Tutto accade per caso

di violet_harmon
(/viewuser.php?uid=627812)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E se ... ***
Capitolo 2: *** Piccoli particolari ***
Capitolo 3: *** Storie che tornano a galla ***
Capitolo 4: *** Idee chiare ***
Capitolo 5: *** Orfeo e Euridice ***
Capitolo 6: *** Orfeo e Euridice ***
Capitolo 7: *** Strane sensazioni ***
Capitolo 8: *** Verità ***
Capitolo 9: *** Violazioni ***
Capitolo 10: *** Un punto a tutto ***
Capitolo 11: *** Tate James Harmon ***



Capitolo 1
*** E se ... ***


Aprì gli occhi e rimasi sdraiata sul letto a fissare il soffitto, ci misi un po’ per riconoscerlo, anche se avevamo cambiato città da due settimane quel soffitto non riusciva ad essermi familiare.

Mi alzai controvoglia, mi vestì più lentamente del solito e scesi per andare a scuola.

<  Mi raccomando Violet,  cerca di farti dei nuovi amici. Lo so che può sembrare una cosa impossibile i primi giorni,  ma tu sei una ragazza speciale,  devi solo farti conoscere >  stare davanti a mia madre e ascoltarla dire tutte quelle cazzate era lo sforzo più grande che potessi fare, lei neanche si rendeva conto che se le persone mi avessero conosciuta davvero,  come diceva lei , non avrebbero esitato a fuggire a gambe levate.
Mio padre si offrì di accompagnarmi e appena arrivammo davanti alla scuola uscì di fretta dalla macchina per evitare un altro discorsetto su quanto io potessi essere bella,  simpatica e tutte quelle cose che un genitore dice per compassione e per auto convincersi.

L’aria era frizzantina,  per fortuna mi ero armata di un cappotto bello pesante;  questo periodo dell’anno era il mio preferito,  si ondeggiava tra l’autunno e l’inverno,  foglie che cadon ,  colori caldi ovunque.
Non avevo voglia di entrare,  e poi mia madre mi aveva detto che se avessi voluto avrei potuto cominciare anche qualche giorno più tardi ,  quindi ero lì solo per un giro di ricognizione.

Mi sedetti su un muretto completamente imbrattato da disegni osceni, tirai fuori il mio libro e mi accesi una sigaretta;  ero così presa dal mio libro che non mi accorsi del ragazzo alto e biondo che si era fermato proprio di fianco a me,  fino a che non si schiarì la voce.
< ciao >  lo guardai con aria interrogativa  < io sono Tate >  non avevo ben capito se era uno scherzo oppure se fosse lui ad essere proprio fuori  < io sono Violet >  la cosa più strana a questo punto,  fu che lui mi sorrise come se fossimo amici da un’eternità  < senti … Tate,  hai bisogno di qualcosa ?  >  <  no no, sto bene così,  grazie lo stesso  >  a quel punto mi rimisi a leggere .

Passarono alcuni minuti, e con la coda dell’occhio mi accorsi che quello strano ragazzo era ancora lì, impalato.

< Tate >  < dimmi, Violet  >  <  io sono nuova qui, non ho idea di chi tu sia, quindi è scortese importunarmi in questo modo,  chiaro ?  > lui mi guardò con un’ espressione strana, come se fosse scioccato, mortificato e divertito allo stesso tempo,  < oh dio.  Mi dispiace tantissimo,  io non volevo importunarti , è solo che …  >  < che cosa ? dai avanti parla > lui prese un mezzo respiro  < è solo che il muretto dove sei seduta è un muro commemorativo,  e non ci si potrebbe sedere > mi crollò il mondo addosso, anche se non conoscevo questo tizio mi sentivo così imbarazzata che sarei voluta scomparire, < cazzo. Tate mi dispiace,  i-io non pensavo , anzi non ne avevo idea  >  lui mi sorrise e questa volta mi fece piacere,  almeno ero sicura che non fosse incazzato,  < non ti preoccupare,  tu sei nuova, è normale.  > senza dire altro,  presi la mia borsa e me ne andai il più velocemente possibile.

Quando venne mio padre a riprendermi ancora mi portavo dietro quel senso di vergogna che quello schizzato mi aveva fatto provare,  e iniziai ad odiarlo.

< Ti vedo turbata > disse mio padre ed io per risposta  alzai gli occhi al cielo e guardai fuori dal finestrino dell’auto  < Violet,  lo sai che con me puoi parlare di tutto vero ?  Andiamo, dimmi che cosa ti turba  >  < papà potresti evitare di psicoanalizzarmi in macchina per piacere ? > < come vuoi tu, ma vedi io e tua madre siamo molto preoccupati per te Violet;  vorremmo che almeno questo volta riuscissi ad ambientarti per bene,  senza avere tanti problemi  >  <  e perché dovrei farlo ? per permettervi di andare in giro a spettegolare con i vostri amici di quanto sia perfetta vostra figlia e di tutti gli hobby che ha ? >  <  Violet  ti prego, non dire così,  lo sai che non è vero  >   <  certo che non lo è, da quando  ti sei scopato quella sciacquetta tu e la mamma non avete più amici  >  < ADESSO BASTA!  HAI CAPITO VIOLET ? LA DEVI SMETTERE DI COMPORTARTI COSì ! IO E TUA MADRE STIAMO PROVANDO A RIALLACCIARE IL NOSTRO RAPPORTO MA TU NON SEI DI ALCUN’AIUTO !  > fortunatamente, mentre quel coglione di mio padre mi stava urlando contro, ci eravamo fermati ad un semaforo e questo mi permise di scendere e di lasciarlo lì come un povero idiota.
Non avevo idea di dove andare, quella città era così grande che mi sarei potuta perdere in un batter d’occhio, quindi decisi di seguire i cartelli che indicavano la presenza di un parco.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Piccoli particolari ***


Quando arrivai davanti al cancello del parco rimasi sbalordita da quanto potesse essere grande, anche a Boston c’erano  dei bellissimi parchi,  ma di sicuro non come questo.

Decisi di sedermi su una panchina sotto una gigantesca quercia, l’aria era molto calda ma all’ombra tirava un venticello piacevole, presi il mio libro ed iniziai a leggere.
Ad un certo mi sentì osservata, alzai gli occhi dalla pagina e quel ragazzo schizzato di qualche ora prima era apparso magicamente accanto a me.
<  ciao  >  <  ma si può sapere che cazzo vuoi  ? > lui mi guardò con aria interrogativa   < ah non lo so , forse perché sono già due volte in un giorno che mi perseguiti ! > < ehi vacci piano con le parole, io non ti sto perseguitando. Questa mattina era venuto ad avvisarti che ti eri seduta su una specie di lapide in onore di un ragazzo morto solo il mese scorso, quindi se non fossi venuto io ti saresti trovata addosso tutti i suoi amici che ti avrebbero presa a calci, adesso invece ho pensato di venirti solo a salutare > < non stai per dirmi che questa è una panchina commemorativa vero ? >  < beh sarebbe alquanto divertente,  ma no. >  tirai un sospiro di sollievo e improvvisamente mi accorsi che quella strana sensazione mista alla rabbia e alla vergogna non mi aveva abbandonata del tutto .
Lo strano ragazzo si sedette affianco a me,  e solo allora mi accorsi di alcuni particolari che non avevo notato affatto la mattina prima.
Prima di tutto Tate aveva due occhi neri, ma non di una nero freddo e insensibile,  erano gli occhi neri più espressivi che avessi mai visto, erano neri come il caffè che mi preparavo ogni mattina  e come  il cielo di quelle notti passate con la sola compagnia di un libro e di una sigaretta,  accompagnate da buona musica.
I suoi capelli non erano del tutto biondi ma avevano dei ciuffi caramellati qua e là, erano parecchio scompigliati ma ordinati allo stesso tempo.
Aveva un buffo e minuscolo neo  sul naso che si vedeva soprattutto quando ci batteva il sole.
Le sue labbra avevano un bel colorito, come quando si va in montagna e per il freddo le labbra diventato praticamente rosse, ecco le sue erano esattamente così, rosse come il sangue.

Probabilmente ero completamente immersa nei miei pensieri, perché Tate mi passò una mano davanti agli occhi,  < terra chiama Violet,  Violet rispondi, passo. >  < cosa ? >  <  ti eri incantata  >  < oh,  si scusa, mi capita avvolte  >  <  lo sai, ho letto che le persone che si incantano spesso, sono impegnate ad immaginare la loro vita dei sogni, come se fossero così infelici di quella che sono costretti a vivere che se ne creano una irreale  >  <  molto interessante >  < non essere sempre così fredda con le persone, vivere una vita da incompresi non è una bella cosa >  < lo so, grazie. >  lui fece un sospiro, si alzò dalla panchina e prima di andarsene mi disse : < dovresti aprire gli occhi>.
 Quella notte non riuscivo a prendere sonno, e la cosa mi fece saltare i nervi.

Mi alzai e scesi in cucina, lì trovai mia madre;  < come mai sei sveglia a quest’ora ? > mi chiese lei  < non riuscivo a prendere sonno  >  <  beh dovresti dormire,  domani  io e tuo padre abbiamo deciso che inizierai la scuola  >  <  quando volevate dirmelo ? >  mia madre alzò gli occhi al cielo < sei stata molto scortese con tuo padre, Violet , e pensavamo che sarebbe stato meglio dirti tutto all’ultimo momento,  solo per limitare le tue reazioni >  a quelle parole mi sentì ribollire dentro, < mi avete davvero stufato.  Voi siete scappati in cerca della vita perfetta, ma non avete ancora capito che tutto questo è un incubo per me.  Io volevo rimanere a casa mia nella mia città > mia madre si limitò ad abbassare la testa e a farsi uscire qualche lacrima  < è diventato impossibile parlare con una persona che non fa altro che piangersi addosso senza affrontare la vita > .

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Storie che tornano a galla ***


Il mattino dopo mi alzai e uscì di casa prima che quei patetici individui, che si definivano i miei genitori, si alzassero.

C’era un’aria fredda che scuoteva le cime degli alberi e faceva sollevare le foglie da terra, quella nuova città non mi dispiaceva , era molto bella e piena di vita ma soprattutto era piena di posti particolari, come il negozio di fumetti oppure quel caffè in fondo alla strada in cui ti potevi rilassare prendendo un libro dalla generosa libreria che si trovava direttamente dentro il locale.
Mentre camminavo per la strada che ancora non era molto popolata, vidi un ragazzo che usciva di fretta da una casa piccola e graziosa, non riuscivo a vederlo bene da lontano ma pensai subito che fosse quello schizzato di Tate, deducendolo solo dai capelli biondi e dalla sua camminata.

Solo dopo qualche attimo mi accorsi che appena lui uscì di casa una donna molto bella e curata, avvolta da un bellissimo vestito di seta azzurra, lo stava praticamente rincorrendo, tutti i miei dubbi sull’identità del ragazzo sparirono quando la donna urlò il nome del ragazzo, < Tate! Tate, ti prego torna dentro, devi mangiare qualcosa. Tate! >  la donna urlava e cercava di convincerlo a rientrare, invece lui tirava dritto senza neanche voltarsi, sembrava che le urla della donna non lo toccassero minimamente.
Non ci volle un genio per capire che anche dentro la famiglia di Tate ci fosse qualcosa che non andava.
Controllai che la donna fosse rientrata in casa quando iniziai ad accelerare il passo per assicurarmi che Tate stesse bene , e quando finalmente lo raggiunsi posai una mano sulla sua spalla.

Tate si rigirò di scatto quasi con rabbia, e sinceramente non mi sarei mai aspettata un comportamento del genere, ma quello che vidi dopo fu ancora più scioccante; i suoi occhi neri era gonfi e pieni di lacrime, stava singhiozzando ed era palesemente scioccato, quando mi  vide mi abbracciò e sembrava che non avesse alcuna intenzione di lasciarmi andare per quanto mi stava stringendo forte.

< Tate adesso sarebbe il caso che mi lasciassi > gli sussurrai all’orecchio; lui a quel punto si staccò dall’abbraccio e si voltò per asciugarsi le lacrime come se improvvisamente si vergognasse, < ehi, va tutto bene, non devi vergognarti di me. Piangere è normale, non devi nasconderti > lui si voltò lentamente, io gli presi la mano e lo diressi al parco dove ci eravamo incontrati il giorno prima.
Ci sedemmo per terra, di fianco ad un grande albero, da lì era molto difficile vederci e per questo mi sembrava il posto adatto.
Quando ci trovammo uno davanti all’altro lui se ne stava in silenzio con lo sguardo fisso sul quel pezzettino di legno che aveva trovato per terra, e con cui adesso stava giocherellando.

Decisi di prendere in mano la situazione e di farlo confidare con me.
< Ne vuoi parlare ? > lui scosse la testa < Tate ti farà bene parlarne con qualcuno. Adesso io non so se tu hai qualche amico fidato, anche se sono praticamente sicura che tu ce l’abbia, ma adesso sei  sconvolto, e anche se io non sarei la tua prima scelta penso che ti farebbe bene parlarne subito con qualcuno>  lui alzò lentamente lo sguardo come se avesse paura e poi, prima di parlare, prese un bel respiro < tu sei nuova, non sai nulla, non sai chi sono io e che cosa mi è successo. Tu non te ne sei accorta ma mentre parlavamo a scuola, tutti ci stavano guardando insospettiti > < insospettiti da cosa ? > Tate sorrise, ma non era un sorriso di quelli allegri ma di quelli malinconici e pieni di tristezza < insospettiti dal fatto che qualcuno stesse parlando con me > < tu sei un così bravo ragazzo, perché qualcuno avrebbe dovuto pensare questo ? > < Violet, se vuoi sapere tutto quello che mi è successo,mi devi promettere che se alla fine della storia tu te ne vorrai andare senza mia più rivolgermi la parola, me lo dirai. Intesi ? > feci di sì con la testa.

Passarono le ore e Tate andava avanti con la sua storia senza tralasciare alcun dettaglio come se mi volesse fari rivivere quelle sensazioni.
Mi raccontò del suo primo anno in quella scuola e di quando incontrò Mark, il suo migliore amico.
Mi raccontò che lui e Mark erano diventati come fratelli e tutti e due sapevano che nulla avrebbe potuto separarli, ma poi mi disse che mentre il suo migliore amico era in auto con la madre in ritorno dalla vacanze natalizie, un pazzo con la motocicletta cominciò a sbandare davanti a loro sull’autostrada fino a che non cascò e non si andò a ficcare proprio sotto la loro macchina, facendo sbandare la mamma di Mark, che sbatté violentemente contro lo spartitraffico.
Mi disse che quando arrivarono i soccorsi, trovarono la macchina capovolta e quando arrivarono all’ospedale per Mark c’era ben poco da fare.
Mi disse che quel muretto dove mi ero seduta qualche giorno prima, non era commemorativo per nessun’altro se non per lui, perché quello era il posto in cui lui e Mark passavano praticamente ogni pranzo e ogni momento libero quando erano a scuola.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Idee chiare ***


Quando Tate finì di raccontarmi tutto,  si decise a staccare lo sguardo da quel pezzetto di legno e mi guardò fissa negli occhi come se stesse aspettando una mia reazione.
< è una storia pazzesca  >  <  nessuna l’aveva mai definita così, tu sei la prima  >  <  sono davvero felice che tu abbia deciso di confidarti con me, ma adesso vorrei sapere qualcosa in più sulla tua famiglia > lui si raddrizzò con la schiena come se quello fosse un argomento da trattare con serietà,  e con le sopracciglia leggermente aggrottate mi chiese  <  che cosa vuoi sapere ?  >  <  allora – ci pensai un po’ su – prima di tutto vorrei sapere chi è quella donna che oggi ti stava urlando dietro, poi vorrei sapere se hai fratelli, sorelle o  un padre >  < sono domande banalissime per chiunque altro ma ti devo avvertire che non lo sono per me  >  <  sono pronta a tutto >  < per prima cosa,  quella donna che oggi mi stava inseguendo è mia madre,  è un po’ più in là con l’età rispetto alle altre madri.  Ho una sorella,  si chiama Adelaide,  è affetta dalla sindrome di down ma è una vera forza della natura.  Non ho un padre,  mia madre è passata da un uomo all’altro come se fosse un gioco,  mentre io la supplicavo di farmi avere un papà ma lei non ha mai voluto ascoltarmi;  solo dopo che è nata Adelaide è successo qualcosa di strano,  come se si fosse messa in testa che io fossi il suo figlio migliore e Adelaide un povero scherzo della natura, dal giorno della sua nascita non ha fatto altro che viziarmi e starmi sempre addosso,  non voleva che mi succedesse nulla perché ormai non può avere altri figli.  Questa è la mia famiglia di matti.  >  quello che Tate mi aveva raccontato mi sembrò così irreale che stavo quasi per ridergli in faccia ma poi vidi che il suo viso era pervaso da un’espressione triste e malinconica e capì all’istante che non poteva essere uno scherzo.

Restammo ancora per un po’ seduti  sotto quell’albero e le ore si trasformarono in brevi attimi e dopo poco il sole calò e l’aria iniziò a farsi più pungente.

< Forse è meglio andare >  lui fece cenno di sì con la testa,  mi aiutò ad alzarmi e accompagnò davanti casa; quando arrivammo davanti al portone sentì che c’era un po’ d’imbarazzo tra di noi ma tutto svanì quando lui si avvicinò  e mi diede un abbraccio.
Appena mi chiusi la porta alle spalle i miei genitori mi si piazzarono davanti dandomi un caldo benvenuto come al loro solito, mio padre aveva messo su la sua faccia delusa e mia madre lA sua faccia da funerale, facevano un bel quadretto insieme.
<  Violet,  così non possiamo andare avanti, non puoi saltare la scuola per andare dietro al primo mascalzone che ti fa qualche moina > ad ogni parola sentivo la rabbia dentro che ribolliva sempre di più,  ma decisi di stare calma perché se gli avessi di urlato contro mi sarei solo beccata una punizione,  quindi decisi di rispettare le stupide regole di mia madre e non urlai.
Presi un bel respiro e chiusi per un istante gli occhi, < mi dispiace tanto non essere andata a scuola oggi ma voi mi avevate detto di farmi degli amici e allora ho trovato questo ragazzo di nome Tate, è un bravo ragazzo, mi ha fatto fare il giro della scuola mi ha presentato ad altri ragazzi , purtroppo questa mattina avuto una brutta lite con sua madre e mi ha gentilmente chiesto di tenergli compagnia,  così siamo andati a prendere un caffè  > mia madre e mio padre si guardarono tra di loro e poi si concentrarono su di me come se stessero cercando l’imbroglio , <  Violet , ti ringrazio molto per non aver alzato la voce  – disse mia madre –  e ci dispiace essere andati contro di te e al tuo amico senza sapere quello che è realmente successo  >  < accetto le vostre scuse,  adesso se volete scusarmi gradirei salire in camera mia per riposarmi un po’ e per studiare > i miei mi fecero passare e quando iniziai a salire le scale sentivo ancora i loro occhi increduli e adoranti addosso.
 Come entrai in camera mia mi chiusi la porta alle spalle,  accessi lo stereo e mi persi in molteplici pensieri che si susseguivano ad altissima velocità, il primo pensiero era lui, Tate Langdon, ero molto incuriosita da tutto quello che lo circondava, lui non era come gli altri e questo mi faceva impazzire,  ma era davvero inarrivabile,  quando parlava alle volte mi sembrava di non poterlo capire affatto,  come se io non avessi sofferto abbastanza per capire tutto il suo dolore.
Il giorno dopo feci un’altra strada per andare a scuola,  assicurandomi di non incontrarlo.

Quando arrivò la pausa pranzo mi andai a nascondere,  non è che non volessi vedere Tate, solo che avevo bisogno di tempo per capire che cosa lui mi facesse davvero provare,  non volevo innamorarmi di un pazzo come lui che mi avrebbe sicuramente ferita,  quindi fino a che non avessi capito bene quello che stava succedendo decisi che non gli avrei parlato o perlomeno ci avrei provato.

Mentre camminavo per tornare a casa,  intenta a scorrere tutta la mia playlist per decidere quale canzone meritasse di farmi compagnia, sentì una mano posarmisi sulla spalla, mi voltai di scatto e mi ritrovai faccia a faccia con Tate.
< ehi  > disse lui tutto sorridente , < ciao> risposi io senza un briciolo di entusiasmo , < oggi sembrava che mi stessi evitando > ribatté lui, < no, non è vero >  < ho capito perché fai così Violet e gradirei che me ne parlassi > sentì un brivido di terrore che passò per tutto il mio corpo e per un attimo trattenni il respiro, < Tate non è come credi. >  < oh si che lo è, è sempre così, tu ti sei spaventata > < come scusa ? >  < è logico, pensavi che io fossi un ragazzo normale senza tanti pensieri per la testa, invece da quando ti ho raccontato della mia famiglia e di quello che ho passato hai  deciso di starmi alla larga, tranquilla ci sono abituato > non riuscì  a trattenermi nel ridergli in faccia, gli poggiai una mano sulla spalla e gli feci cenno di seguirmi .

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Orfeo e Euridice ***


Passammo il pomeriggio a studiare in camera mia e i miei genitori ne furono molto felici, per loro Tate era solo un povero  ragazzo con mille problemi ed io l’eroina della situazione, ma per adesso mi faceva comodo che la pensassero così.

< chi sei tu ? > chiesi improvvisamente a Tate mentre stavamo rileggendo il nostro capitolo di storia, lui mi guardò con un’aria perplessa < che cosa intendi ? > < vorrei solo sapere se tu sei solo questo  –  dissi indicandolo con la penna  -  o se c’è dell’altro all’infuori del ragazzo con il migliore amico morto e una situazione familiare di merda  >  <  mi piace moltissimo come parli dei miei problemi, li fai sembrare insignificanti e non tendi ad ingigantirli come fanno tutti gli altri, in un certo senso mi aiuti a superarli > <  ti ringrazio, faccio del mio meglio >  <  comunque,  ritornando alla tua domanda,  penso che ci siano moltissime parti di me di cui non sai nulla > < allora parlamene > < beh vediamo, per prima cosa vado pazzo per i cuccioli, lo so che non è una cosa virile ma li adoro, infatti spesso d’estate lavoro per un paio di mesi al canile . Adoro ascoltare la musica e leggere, mi piacciono le lunghe passeggiate e le moto, mi piace vivere ma spesso vorrei morire, adoro respirare a pieni polmoni l’aria di montagna e trattenere il respiro sott’acqua  >  < siamo praticamente uguali >  < benissimo così non ci sarà il rischio che uno si innamori dell’altro > rimasi leggermente scossa da quella affermazione < perché dici questo ? > < lo sanno tutti che due persona uguali di carattere e nei gusti non potrebbero  mai stare bene insieme, alla fine si annoierebbero l’uno dell’altra e la noia è una cosa orrenda ti logora dentro come nessun’altra cosa > < sono pienamente d’accordo con te > Tate mi sorrise e ricominciò a leggere il suo capitolo di storia, io dentro di me avrei voluto prenderlo a schiaffi urlandogli che lui mi piaceva e che quello che aveva appena detto mi aveva ferita e che non glielo avrei mai perdonato.

Dopo aver finito di studiare Tate tornò a casa sua e io rimasi in camera mia, da sola, cercando di capire in che guaio mi stessi cacciando.
Ad un certo punto sentì la porta bussare  , mia madre si sporse per controllare che ci fossi solo io in camera e poi entrò,  si mise a sedere in fondo al letto < è molto carino il tuo amico > < già > < penso che sia anche simpatico, l’ho capito dalla faccia, ha una faccia simpatica > < eh si  > non stavo dando molta importanza a quello che stava dicendo, < ti piace vero ? >a quel punto mi misi seduta sul letto ed ero pronta ad urlarle contro, < no . >  < Violet non ti devi vergognare se un ragazzo ti fa provare certe cose, non vuol dire che tu sia fragile o una femminuccia,  vuol dire solo che sei matura  >  <  in che senso ?  > <  beh io sono sempre stata dell’opinione che per provare amore bisogna essere maturi e con la testa sulle spalle, se ancora si è piccoli non ci si può innamorare > < comunque non mi piace > mia madre sorrise e uscì dalla camera.

Quella sera la passai a pensare a quello che mi aveva detto mia madre, dovevo capire se Tate mi piaceva, dovevo farlo prima che qualcuna me lo portasse via o prima che diventassimo troppo amici.

Bussai alla porta, una signora di bell’aspetto mi venne ad aprire e mi fece accomodare sul divano, mi si sedette vicina e da quella distanza potevo riconoscere sul suo volto quello di Tate.
< allora cara, tu devi essere Violet  >  < si sigonora , sono io >  < Tate mi ha parlato di te, mi ha detto che eri una ragazza molto bella e adesso che ti vedo non posso dargli torto >  non sapevo che cosa dire perciò le mie guancie presero fuoco e la signora sorrise, < sai cara, Tate non ha molti amici, anzi nessuno.  Lui è un ragazzo davvero particolare ma capace di dare tanto a chi se lo merita > annuì senza neanche prestare molto attenzione a quello ce mi stava dicendo,  proprio mentre la conversazione giungeva inesorabilmente ad un punto morto, Tate entrò nella stanza.
Rimase  fermo a guardarci senza dire nulla per  qualche secondo,  era molto seccato glielo leggevo in faccia, < mamma puoi lasciarci soli ? > la madre  uscì dalla stanza con la testa bassa come un cagnolino ammaestrato < Violet, non puoi stare qui,  se mi devi parlare andiamo fuori  >, mi prese la mano e mi trascinò quasi con  forza fuori di casa sua non facendomi  neppure a salutare sua madre.
< Perché sei venuta qui ? >  < perché dovevo parlarti e non rispondevi al telefono > < ok scusa, la prossima volta cercherò di rispondere, ma se non dovessi farlo tu comunque evita di venire qui >  < ma perché ? che cosa c’è di così brutto lì dentro ? è per tua madre ? perché se è per lei devi stare tranquillo,  l’ho conosciuta proprio adesso e mi è sembrata adorabile >  < no Violet,  tu non hai capito.  Se io ti chiedo di non venire a casa mia tu dovresti rispettare le mie decisioni,  la mia famiglia è un tasto dolente che ho deciso di raccontarti ma non di mostrarti ! > mi accorsi che si stava agitando e che stava alzando la voce, anzi che mi stava urlando contro e questo mi fece incazzare come una bestia,  quindi mi avvicinai ancora di più alla sua faccia per guardarlo bene e gli risposi tenendo i denti serrati < vaffanculo Tate, se vuoi stare da solo non incasinarmi la vita. > me ne andai, resistendo alla tentazione di voltarmi.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Orfeo e Euridice ***


Passammo il pomeriggio a studiare in camera mia e i miei genitori ne furono molto felici, per loro Tate era solo un povero  ragazzo con mille problemi ed io l’eroina della situazione, ma per adesso mi faceva comodo che la pensassero così.

< chi sei tu ? > chiesi improvvisamente a Tate mentre stavamo rileggendo il nostro capitolo di storia, lui mi guardò con un’aria perplessa < che cosa intendi ? > < vorrei solo sapere se tu sei solo questo  –  dissi indicandolo con la penna  -  o se c’è dell’altro all’infuori del ragazzo con il migliore amico morto e una situazione familiare di merda  >  <  mi piace moltissimo come parli dei miei problemi, li fai sembrare insignificanti e non tendi ad ingigantirli come fanno tutti gli altri, in un certo senso mi aiuti a superarli > <  ti ringrazio, faccio del mio meglio >  <  comunque,  ritornando alla tua domanda,  penso che ci siano moltissime parti di me di cui non sai nulla > < allora parlamene > < beh vediamo, per prima cosa vado pazzo per i cuccioli, lo so che non è una cosa virile ma li adoro, infatti spesso d’estate lavoro per un paio di mesi al canile . Adoro ascoltare la musica e leggere, mi piacciono le lunghe passeggiate e le moto, mi piace vivere ma spesso vorrei morire, adoro respirare a pieni polmoni l’aria di montagna e trattenere il respiro sott’acqua  >  < siamo praticamente uguali >  < benissimo così non ci sarà il rischio che uno si innamori dell’altro > rimasi leggermente scossa da quella affermazione < perché dici questo ? > < lo sanno tutti che due persona uguali di carattere e nei gusti non potrebbero  mai stare bene insieme, alla fine si annoierebbero l’uno dell’altra e la noia è una cosa orrenda ti logora dentro come nessun’altra cosa > < sono pienamente d’accordo con te > Tate mi sorrise e ricominciò a leggere il suo capitolo di storia, io dentro di me avrei voluto prenderlo a schiaffi urlandogli che lui mi piaceva e che quello che aveva appena detto mi aveva ferita e che non glielo avrei mai perdonato.

Dopo aver finito di studiare Tate tornò a casa sua e io rimasi in camera mia, da sola, cercando di capire in che guaio mi stessi cacciando.
Ad un certo punto sentì la porta bussare  , mia madre si sporse per controllare che ci fossi solo io in camera e poi entrò,  si mise a sedere in fondo al letto < è molto carino il tuo amico > < già > < penso che sia anche simpatico, l’ho capito dalla faccia, ha una faccia simpatica > < eh si  > non stavo dando molta importanza a quello che stava dicendo, < ti piace vero ? >a quel punto mi misi seduta sul letto ed ero pronta ad urlarle contro, < no . >  < Violet non ti devi vergognare se un ragazzo ti fa provare certe cose, non vuol dire che tu sia fragile o una femminuccia,  vuol dire solo che sei matura  >  <  in che senso ?  > <  beh io sono sempre stata dell’opinione che per provare amore bisogna essere maturi e con la testa sulle spalle, se ancora si è piccoli non ci si può innamorare > < comunque non mi piace > mia madre sorrise e uscì dalla camera.

Quella sera la passai a pensare a quello che mi aveva detto mia madre, dovevo capire se Tate mi piaceva, dovevo farlo prima che qualcuna me lo portasse via o prima che diventassimo troppo amici.

Bussai alla porta, una signora di bell’aspetto mi venne ad aprire e mi fece accomodare sul divano, mi si sedette vicina e da quella distanza potevo riconoscere sul suo volto quello di Tate.
< allora cara, tu devi essere Violet  >  < si sigonora , sono io >  < Tate mi ha parlato di te, mi ha detto che eri una ragazza molto bella e adesso che ti vedo non posso dargli torto >  non sapevo che cosa dire perciò le mie guancie presero fuoco e la signora sorrise, < sai cara, Tate non ha molti amici, anzi nessuno.  Lui è un ragazzo davvero particolare ma capace di dare tanto a chi se lo merita > annuì senza neanche prestare molto attenzione a quello ce mi stava dicendo,  proprio mentre la conversazione giungeva inesorabilmente ad un punto morto, Tate entrò nella stanza.
Rimase  fermo a guardarci senza dire nulla per  qualche secondo,  era molto seccato glielo leggevo in faccia, < mamma puoi lasciarci soli ? > la madre  uscì dalla stanza con la testa bassa come un cagnolino ammaestrato < Violet, non puoi stare qui,  se mi devi parlare andiamo fuori  >, mi prese la mano e mi trascinò quasi con  forza fuori di casa sua non facendomi  neppure a salutare sua madre.
< Perché sei venuta qui ? >  < perché dovevo parlarti e non rispondevi al telefono > < ok scusa, la prossima volta cercherò di rispondere, ma se non dovessi farlo tu comunque evita di venire qui >  < ma perché ? che cosa c’è di così brutto lì dentro ? è per tua madre ? perché se è per lei devi stare tranquillo,  l’ho conosciuta proprio adesso e mi è sembrata adorabile >  < no Violet,  tu non hai capito.  Se io ti chiedo di non venire a casa mia tu dovresti rispettare le mie decisioni,  la mia famiglia è un tasto dolente che ho deciso di raccontarti ma non di mostrarti ! > mi accorsi che si stava agitando e che stava alzando la voce, anzi che mi stava urlando contro e questo mi fece incazzare come una bestia,  quindi mi avvicinai ancora di più alla sua faccia per guardarlo bene e gli risposi tenendo i denti serrati < vaffanculo Tate, se vuoi stare da solo non incasinarmi la vita. > me ne andai, resistendo alla tentazione di voltarmi.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Strane sensazioni ***


Non ne volevo più sapere nulla di quell’idiota ossigenato e la cosa era reciproca, infatti il girono dopo a pranzo Tate mi passò davanti abbassando lo sguardo e io feci lo stesso, ci sedemmo ognuno per conto suo e non ci rivolgemmo la parola.

Questo teatrino andò avanti per settimane e  a me andava bene, solo qualche volta mi mancava parlare con lui e sentirlo vicino proprio come un vero amico, ma riuscivo facilmente a liberarmi da quei pensieri e andavo avanti.
Un mattino mi svegliai e percepivo che nell’aria c’era qualcosa di strano, sentivo che stava per accadere qualcosa.
< buongiorno Violet  > < buongiorno mamma > < c’è qualcosa che ti disturba ? > mi chiese mentre sorseggiava la sua tisana < no, tutto normale > < se ci dovesse essere qualcosa vorrei davvero che tu ne parlasi con me e tuo padre,  abbiamo creato il cerchio della fiducia appositamente per queste cose > alzai gli occhi ali cielo, quella mattina non ne volevo proprio sapere delle stronzate di mia madre.
Mentre camminavo per andare a scuola sentivo che quella sensazione si stava facendo più forte e adesso mi stringeva la bocca dello stomaco come in una morsa,  se camminavo troppo velocemente mi  mancava il fiato, avevo paura che stessi per sentirmi male visto che già in passato era capitato che svenissi in mezzo alla strada; presi il telefono e digitai i miei sintomi,  aspettai impazientemente che la pagina di ricerca si caricasse e poi aprì uno dei link più quotati, “ stanchezza, giramenti di testa e forti mal di stomaco possono essere i sintomi di un improvviso calo di pressione , recatevi nel centro ospedaliero più vicino e fatevi visitare” sembrava che l’articolo fosse finito invece quando scesi ancora più giù vidi una frase, scritta in grassetto “  DEVI SBRIGARTI VIOLET, NON C’E’ MOLTO TEMPO” strizzai gli occhi scioccata, e quando gli riaprì la scritta era svanita.

Quella mattina non riuscì a stare attenta in classe, era tutto così strano, come se non fossi mai stata in quel posto, come se fosse tutto nuovo.

Quando suonò la campanella per il pranzo mi sentì sollevata a terrificata allo stesso tempo,  avevo paura dello scorrere del tempo e quella sensazione di angoscia si faceva sempre più forte, ormai non riuscivo neanche più a guardare il mio pranzo senza sentirmi male.
Mi sedetti ad un tavolo cercando di restare calma leggendo un libro e ascoltando un po’ di musica; alzai il volume così tanto che non sentivo più il vociare di centinaia di ragazzi, li vedevo e basta, vedevo chi sorrideva e immaginavo il suono di una risata, vedevo chi era triste e immaginavo la sensazione che si prova ad essere tristi, mi piaceva non poterli sentire e poter solo immaginare che cosa gli stesse succedendo.
Mi rimisi a leggere non badando al tempo che scorreva, ad un certo punto con la coda dell’occhio vidi prima uno, poi tre, quattro, venti, trenta persone che si alzavano e correvano verso il prato che si estendeva davanti ai tavoli da pranzo, alzai gli occhi dal libro e vidi le espressioni scioccate e preoccupate  sul loro volto; decisi di alzarmi anche io e lentamente mi avvicinai al punto dove tutti quei ragazzi si erano radunati, mi tolsi le cuffiette e tutte le loro riempirono in un solo istante le miei orecchie, “ CHIAMATE UN’AMBULAZNA !” , era l’unica frase che colsi di colpo, la sensazione che non mi aveva abbandonata per tutto il giorno adesso mi esplodeva dentro, sentivo lo stomaco bruciare, mi faceva male, non avevo mai provato così tanto dolore in vita mia, iniziai a correre, dovevo vedere con i miei occhi che cazzo stesse succedendo, mi feci spazio tra la gente, spinsi svariate persone e alla fine arrivai.
Rimasi immobile a guardare Tate, svenuto a terra, con un rigolo di sangue che gli scendeva dal naso e dalle orecchie, era più pallido del solito, mi inginocchiai di fianco a lui, non riuscivo a dire nulla, non capivo più nulla;  sentì che qualcuno mi stava allontanando, era un paramedico ,< mi lasci! >, l’uomo continuava a tenermi e a portarmi via con una forza tale che sapevo di non poter combattere, < ho detto di lasciarmi testa di cazzo ! lasciami ! >  < signorina si calmi > l’uomo mi mise a sedere su una panchina e mi si parò davanti impedendomi di vedere mentre portavano via Tate, < adesso voglio che si calmi e che guardi me, mi guardi > spostai il mio sguardo su di lui  feci un piccolo cenno con la testa  < il suo amico sta male e ha bisogno di cure mediche, non possiamo farla avvicinare fino a che non scopriremo che cos’ha,  però lo stiamo portando al Memorial Hospital > dopo avermi dato quell’informazione il paramedico se ne andò.

Corsi a casa, presi un po’ di soldi e mi feci portare da un taxi in ospedale.

Quando entrai un’infermiera si diresse verso di me sorridendo, < come posso aiutarti cara ? > da quando avevo visto il corpo di Tate a terra e il suo volto pieno di sangue non riuscivo a parlare, avevo solo gli occhi gonfi di lacrime, l’infermiera mi poggiò una mano sulla spalla < ehi tesoro, calmati, fai un bel respiro e dimmi di che cosa hai bisogno ok ? > seguì il suo consiglio, < s-sto cercando T-Tate Langdon > lei mi chiese di aspettare un minuto, sfogliò la cartella che aveva in mano, scorse con il dito una lista che sembrava non finire mai, < eccolo qui, è al terzo piano, se vuoi ti accompagno > feci di si con la testa.
Quando arrivammo davanti la sua stanza l’infermiera mi lasciò da sola.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Verità ***


Non riuscivo ad entrare e quindi rimasi a guardarlo attraverso la vetrata che circondava la stanza, era immobile proprio come nel parco, era pallido e pieno di tubi che partivano dalle braccia e dal petto e finivano in sacche piene di liquidi e in strani macchinari.
< puoi entrare  se vuoi > mi girai di scatto e riconobbi subito il viso del paramedico di prima, < mi dispiace averla chiamata testa di cazzo > lui sorrise e si mise a sedere su una poltroncina blu davanti la stanza di Tate < sono abituato alle fidanzate che danno di matto > io mi si a sedere vicino a lui < io non sono la sua ragazza > < beh di sicuro dovete essere qualcosa >  < penso che amici sia il termine più azzeccato > rimanemmo in silenzio, ma non era uno di quei silenzi imbarazzanti di quando si parla con uno sconosciuto, era un silenzio tranquillo, ora che ci facevo caso tutto lì dentro ispirava tranquillità, < puoi dirmi come sta ? > < teoricamente no, praticamente sta bene > < beh, credo che dovrebbe essere lui a dirtelo > il paramedico sorrise < quelle medicine non lo faranno dormire, guarda tu stessa > mi indicò di guardare verso la sua stanza e quando girai lo sguardo mi accorsi che Tate stava guardando verso di noi e mi sorrise.
Entrai lentamente nella stanza, mi sedetti sul letto di fianco a lui e gli strinsi la mano.
< ehi > mi disse lui debolmente, lo stavo odiando in quel momento, lo odiavo perché per un attimo avevo pensato di perderlo e non glielo avrei mai perdonato, < Violet non devi piangere per me > < ah no ? > < no > < sei un fottuto idiota Tate, lo sai ? >  mi alzai dal letto e feci per andarmene, ma la sua voce mi bloccò < non andartene Violet, ti prego > < io non voglio andarmene, ma non ce la faccio a rimanere qui > < spiegami , ti prego fammi entrare nel casino che c’è dentro la tua testa e cerca di farmi capire > < sarebbe troppo pericoloso per entrambi > < beh allora rimani qui e parliamo un po’, non voglio stare da solo, mi hanno sempre terrorizzato gli ospedali, per non parlare degli aghi > mi sfuggì un ghigno < tu hai paura degli aghi ?> < si > rispose lui ridendo < è imbarazzante come cosa, quindi non dirla a nessuno >  < tranquillo rimarrà un segreto > .
Passai  tutto il pomeriggio seduta affianco a lui a parlare di tutto e di niente come ai vecchi tempi.
< non volevo farti arrabbiare quel giorno, mi dispiace, sono stato un’idiota a dirti quelle cose e un codardo per non essere venuto a chiederti scusa prima > < non ti preoccupare, è acqua passata ormai,  ho capito che a te da fastidio mostrare la tua famiglia alle altre persone, e rispetto la tua scelta > .
Per i successivi cinque giorni non feci altro che andare dall’ospedale a casa e da casa a scuola, andavo a trovare Tate praticamente due volte al giorno e ogni volta portavo un gioco da tavolo nuovo , non mi andava che si sentisse solo.
Il week-end seguente i miei non sarebbero stati in casa quindi avevo pensato di passare la notte ,in ospedale, con Tate; preparai una borsa mettendoci dentro una maglietta pulita e qualche libro , chiamai un taxi e andai in ospedale.
Quando arrivai l’infermiera che seguiva Tate mi bloccò per il corridoio, < non adesso cara > < che cosa succede ? > < sua madre è venuta a trovarlo e ha detto che preferisce stare da sola con lui per un po’ >  < lo so Violet ma non posso farti entrare comunque, fino a prova contraria  Tate è minorenne e sua madre ha tutto il controllo su di lui qui , puoi  aspettare che esca qui > e mi indicò una sedia che si trovava abbastanza di stante dalla sua camere, in mezzo ad un corridoio.
Aspettai per due ore e poi vidi la signora Langdon mentre percorreva la strada per dirigersi all’uscita con le lacrime agli occhi , non potevo lasciarla andare così, quindi decisi di fermarla prima che se ne andasse, mi alzai e l’afferrai per il braccio , lei si girò di scatto e mi guardò con un’aria sconcertata.
< sono Violet > < oh si, Violet, la graziosa e dolce Violet , cosa ci fai tu qui ? > < vengo qui tutti i giorni da quando suo figlio è stato ricoverato, noi due siamo amici e io voglio stargli vicino > < Violet non pensavo che queste parole potessero mai uscire dalla mia bocca, ma devi stargli lontano ,no puoi essegli amica ora, lui non ha bisogno di amici in questo momento > < non è quello che voglio, puoi stare con lui questa sera ma da domani non ti permetterò di rovinargli ancora la vita, hai già fatto abbastanza, vai a dirgli addio perché questa sarà l’ultima volta che lo rivedrai >  non potevo fare scenate nel corridoio di un ospedale quindi la guardai con tutto il disprezzo che provavo in quel momento, mi girai e andai velocemente nella stanza di Tate.
Quando arrivavo nella sua stanza avevo sempre paura di disturbarlo o di svegliarlo, quindi entravo sempre di soppiatto.
< non devi entrare sempre come una ladra > < scusa, pensavo che dormissi – mi guardai in torno – come mai hai spento tutte le luci ? > < mia madre mi ha fatto venire il mal di testa a forza di sparare stronzate, avevo bisogno di un po’ di pace  > < se vuoi posso passare più tardi > < ti ringrazio > .
Restai con Tate fino all’ora di cena fino a che non arrivò l’infermiera per dirmi , puntualmente, che dovevo andare via ; < puoi darci solo un istante ? > < va bene ragazzi , ma fate in fretta, intesi ? >
< allora ci vediamo domani ? > mi chiese lui < no > < perché no ? dai ti prego, chiedo all’infermiera di farti rimanere di più così non dovrai fare avanti e indietro > < non è questo il problema >  andiamo Violet, puoi dirmi tutto , lo sai. Altrimenti a cosa servono  i migliori amici > < Tate … è per tua madre, l’ho incrociata in corridoio prima di venire qui e mi ha detto che da domani non mi permetterà più di venirti a trovare > lui non si mosse e non rispose, aveva solo le sopracciglia aggrottate ,< avrei bisogno di una tua risposta o almeno di sapere se sei d’accordo con lei o no >  < lei non è cattiva come sembra, ha bisogno di dare la colpa a qualcuno per quello che mi sta succedendo e tu sei stata la prima persona che le è capitata a tiro > < aspetta ma  che cosa ti sta succedendo ? pensavo che quello che ti è successo non fosse nulla di grave, tu mi hai detto che non era nulla di grave > < ti ho mentito > < che cazzo stai dicendo Tate ? > < Violet mi dispiace ok ? avevo paura che dicendoti la verità te ne saresti andata e mi avresti lasciato qui da solo, mi dispiace per averti detto tutto fin dall’inizio > < dall’inizio ? mi stai dicendo che questa cosa va avanti da quando ci siamo conosciuti ? > lui abbassò la testa < si …> io mi alzai dal letto, non riuscivo a guardarlo negli occhi, mi sentivo tradita dall’unica persona a cui tenevo veramente in quel periodo < adesso tu mi dirai una volta per tutte quello che sta succedendo , altrimenti io uscirò da quella porta e non mi rivedrai mai più e su questo ci puoi giurare > < ok, però adesso calmati > < non finché non mi dirai la verità > Tate prese un respiro profondo, si sfregò le mani, si mise e sedere in modo da stare completamente dritto sulla schiena < ho il cancro Violet >, il mondo si spense, vidi tutto nero e tutto finì, così in un solo istante.


Vorrei davvero sapere che cosa ne pensate di questo colpo di scena, capirò se qualcuno vorrà fare delle critiche, perchè sinceramente so che sarà stato un duro colpo, ma lo è stato anche per me mentre scrivevo.
fatemi sapere che cosa ne pensate, o magari che cosa " speravate " fosse successo a Tate prima di scoprire la vera diagonsi ? 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Violazioni ***


Quando riaprì gli occhi ero in camera mia, per un istante mi dimenticai di tutto persino di Tate, solo per un secondo ero in pace e pensai che si dovessero sentire così gli angeli.
Ma poi il silenzio e la pace furono turbati dal bussare alla porta di mia madre
 
< posso entrare ? > < avanti >, si presentò in camera con un vassoio stracolmo di cose da mangiare e da bere, alcune delle quali non avevo mai visto in vita mia .
< ti ho portato qualcosa da mangiare >   < beh si, forse ho esagerato un po’ , ma il dottore ha detto che devi assumere il doppio degli zuccheri e che non devi affaticarti troppo > < mamma, non sono svenuta perché ero affaticata, sono svenuta perché il mio migliore amico, l’unico che io sia mai riuscita a farmi da quando ho iniziato ad andare a scuola, ha il cancro> lei sospirò alzando leggermente le spalle < sai cara, non tutti i mali vengono per nuocere e poi puoi parlarne con me e tuo padre, il cerchio della fiducia serve per questo> , mi alzai dal letto presi la prima borsa che mi capitò davanti, la riempì di libri e una coperta e uscì di fretta dalla stanza, prima che qualcun altro mi dicesse di confidarmi in quel fottuto cerchio della fiducia.

Quando arrivai in strada sembrava che tutto fosse più tranquillo ma probabilmente ero io che non mi accorgevo di nulla visto che la mia mente era presa da tutt’altro; non mi accorsi che camminando ero arrivata fino all’ospedale e quindi decisi democraticamente di entrare.

< Violet ! > l’infermiera di Tate, Rosmary , mi sorprese alle spalle e quando mi girai la vidi avvicinarsi a me con un passo frettoloso, < non puoi stare qui Violet > < che cosa ? > Rosmary iniziò a giocherellare nervosamente con le dita e le sua mani iniziarono palesemente a sudare, < la madre di Tate ha detto che non puoi vederlo > < spero vivamente che tu stia scherzando. > < mi dispiace tesoro, non posso farci nulla, già averti fatto avvicinare così tanto potrebbe farmi mettere nei guai > presi un respiro profondo per non perdere le staffe < non voglio metterti nei guai Rosmary , mi stai simpatica e non me lo perdonerei, ma io e Tate siamo amici , e lui ha il cancro, e non sta bene, non posso lasciarlo lì da solo > gli occhi dell’infermiera si riempirono di compassione e pensai di essere riuscita ad arrivare al mio obbiettivo < mi dispiace Violet, anche Tate, quando gliel’ho detto, ha dato di matto, si vede che ci tiene a te, ma sua madre è stata categorica > < allora ascoltami, lui ha un telefono, digli di tenerlo sempre vicino a se > Rosmary fece di sì con la testa per circa quindici volte di fila, si girò e se ne andò facendo finta di nulla.
Quella sera andai nel parco dove io e Tate andammo a parlare le prime volte, presi il telefono dalla tasca e lo chiamai, aspettai che facesse tre squilli e al quarto sentì la sua voce e tutto andò meglio.

< ciao > < ciao Tate > < pensavo che non avresti più chiamato > < scusa se ci ho messo tanto, avevo bisogno di un po’ di tempo per capire che cosa dirti > < adesso lo sai ? > < credo di si > < spara > < vorrei solo sapere come stai, cosa dicono i medici,  guarirai oppure ti dovrei portare dietro questa cosa per tutta la vita ? > lo sentì bisbigliare qualcosa come se stesse ripetendo le mie parole < che cosa hai detto ? > < no nulla, stavo riflettendo su quello che hai appena detto > non riuscivo a rispondere e questo Tate lo capì perché continuò a parlare solo lui , < i medici hanno detto che il cancro è troppo esteso, già da quando ci siamo conosciuto stavo prendendo delle medicine, ma non erano molto forti ecco perché l’effetto praticamente non si notava, ero solo un po’ più pallido e magro del solito. Due settimane fa mi hanno aumentato le dosi ma avevano detto che era la prassi e comunque sarei dovuto rimanere tranquillo e condurre una vita normale, loro dicevano che avevo un “ cancro fantasma” c’era e dovevo curarlo ma non mi avrebbe dato altri problemi; poi mi sono sentito male e quando mi hanno portato in ospedale quella mattina, dalla TAC è venuto fuori che il cancro era aumentato drasticamente di volume e in queste situazioni non c’è molto da fare > avevo capito quello che mi aveva detto non ero idiota, ma non volevo accettarlo, era successo tutto troppo velocemente, non avevo avuto il  tempo di fare nulla e lui non ne aveva avuto per vivere e questa era un’ingiustizia bella a buona .
< violet ci sei ancora ? > mi ripresi un attimo dai miei pensieri < s-si, eccomi. > < potrai mai perdonarmi ? > < non ho tempo per comportarmi da ragazzina arrabbiata e permalosa > < ti ringrazio >.

Passammo tutta la notte a parlare e come sorse il sole ci salutammo.

Quando rientrai a casa l’ira dei miei genitori sfociò in punizioni e faccende da sbrigare in casa, ma per me le loro voci erano lontane, adesso avevo qualcosa di più importante a cui pensare.

Quella sera mi camuffai, mettendomi una felpa decisamente troppo larga un paio di pantaloni in pessimo stato e un cappello di una qualche partita di football a cui era andato mio padre.

Mi  feci lasciare da un taxi davanti l’ospedale, poi mi diressi sul retro e lentamente riuscì a salire dalle scale anti incendio, dovevo cercare di non fare rumore  e sperare che Tate non stesse dormendo, come arrivai davanti la finestra della sua camera, stavo per bussare quando vidi sua madre entrare nella stanza, mi abbassai sperando che non mi avesse vista, ma poi iniziarono a parlare e mi tranquillizzai.
< che cosa hanno detto i dottori ? > < mamma, perché fai sempre la stessa domanda ? non ho parlato cno nessun dottore nei cinque minuti che sei stata fuori dalla stanza > < lo so questo, voglio solo che tu mi ripeta quello che hanno detto > < perché vuoi che io ti faccia questo ? > < tu fallo e basta > Tate sospirò < hanno detto che , data la gravità della situazione posso anche scegliere di non fare la chemio e che non mi restano più di quattro mesi >; Tate e la madre continuarono a parlare, ma ormai non prestavo più attenzione, mi ero soffermata a pensare a quello che aveva detto, quattro mesi, solo quattro mesi di vita e poi sarebbe tutto finito come se tutto non fosse mai successo, eravamo solo io e lui e quando lui non ci sarebbe stato più tutto quello che avevamo pensato l’avrei saputo solo io e non avrei avuto nessun’altro con cui parlarne, aveva solo quattro mesi.

Aspettai pazientemente che la madre se ne andasse, sbirciai se ci fosse ancora qualcuno, bussai debolmente alla finestra , lui girò e venne ad aprire.

Quando si affacciò io balzai in piedi e lo abbracciai , < ehi ! > < oh! Violet, che bello che sei venuta, come mai non ha usato la porta ? > < allora hai qualche novità ? > lui alzò gli occhi al cielo facendo finta di starci pensando < mmmmh … no, non mi sembra e tu ? > in quel momento capì che non era sua intenzione parlarmi del tempo che gli rimaneva, magari aveva paura che l’avrei trattato in modo diverso, quindi feci finta di non sapere nulla e decisi di farlo stare bene per il tempo che gli sarebbe rimasto.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Un punto a tutto ***


I giorni passavano e ormai andare a trovare Tate passando dalla finestra era diventata un’abitudine.
Aspettai che i miei andassero a dormire e verso le 2.30 di quella notte, andai in ospedale.
< hai fatto tardi questa sera > mi disse Tate aprendomi la finestra, lo scorrere del tempo si faceva notare sul suo volto, era un po’ più stanco del solito e decisamente più pallido < scusa, ma adesso fammi entrare che qui fuori si congela >.

Ci mettemmo a sedere sul letto e lui chiuse la porta a chiave per evitare spiacevoli visite.

< allora che mi hai portato oggi ? Risiko ? Monopoli ? > < ti ho portato una via d’uscita > < che cosa intendi ?> < Tate sono passate due settimane da quando sei qui e penso proprio che tua madre ti ci voglia far restare ancora per molto tempo, non voglio che tu passi i tuoi ultimi momenti qui > < ehi, nessuno ha mai parlato di ultimi momenti > < si certo > < c’è qualcosa che vorresti dirmi Violet ? > < in realtà quello che dovrebbe dirmi qualcosa saresti tu, ma visto che non lo fai mai, mi sono arrangiata da me e ho scoperto tutto da sola a tua insaputa > < avresti dovuto dirmelo che lo sapevi > < mi dispiace di non averti informato che sono stata obbligata ad origliare da una finestra per sapere come sta il mio migliore amico > la conversazione cadde in un silenzio forzato, ci saremmo voluti dire molte altre cose ma poi , sicuramente, saremmo finiti per litigare e in quel caso avremmo fatto troppo rumore per far rimanere quelle visite notturne segrete.

Dopo un’ora che stavo seduta sulla poltroncina nella camera di Tate, facendo finta di leggere un libro, decisi di ricominciare a parlare.

< non sono venuta qui per stare seduta e zitta >  < ok, passiamoci sopra, adesso tu sai tutto e questo forse è un bene >  < leva il forse > < come vuoi > presi un bel respiro per cercare di tenere a freno la voglia di schiaffeggiarlo < come ti ho detto prima non voglio che tu passi gli ultimi  tempi chiuso qui > < e che cosa vorresti fare ? >  < vorrei scappare >   < si, hai capito bene. Ho comprato i biglietti per il pullman delle 6  di questa mattina. Devi solo prendere i vestiti che tua madre ti ha portato, io ho preso dei soldi. Andremo via solo per qualche settimana, poi tu tornerai qui > < tornerò qui a morire intendi  > non potevo rispondere ad un’affermazione del genere, ma il concetto era quello, Tate guardò la finestra che era rimasta aperta da prima, poi si voltò verso la porta chiusa ,< ci sto ! passami la borsa >.
Io passai dalla finestra mentre Tate usò l’uscita principale, fortunatamente Rosmary si era addormentata e lui poté uscire senza tate difficoltà.
< allora adesso dove si va ? > < ho chiamato un taxi, ci sta aspettando qui dietro > lui mi guardò e avevo lo sguardo felice , un po’ mi sentivo in colpa per quello che gli stavo facendo fare, insomma sua madre lo amava anche se a modo suo e io glielo stavo portando via, ma era qualcosa a cui ero disposta a passare sopra per vederlo felice, specie in questa situazione.

Il pullman ci mise sette ore per arrivare a Lakewood.

< Tate ? svegliati ! > lui aprì gli occhi lentamente, si stiracchiò e mi abbracciò, era una cosa totalmente inaspettata e strana < buongiorno bella, bellissima Violet > < sei strano il mattino , Tate > < sono solo più sincero > detto questo si avvicinò ancora di più alla mi faccia e mi diede un bacio sull’angolo della bocca , non sapevo come reagire quindi optai per un sorrisetto abbozzato.

Quando scendemmo dall’autobus ci dirigemmo subito in albergo e fu abbastanza imbarazzante quando ci ritrovammo solo un letto matrimoniale al posto di due letti
singoli come avevo specificato.

< dai Violet non ne fare un dramma , non tenterò di violentarti durante il sonno ! >  < molto spiritoso > < non capisco, perché sei così arrabbiata ? > non ce la facevo più, se Tate non riusciva a capire da solo forse gli avrei dovuto sbattere la verità in faccia < perché mi piaci > lui non disse nulla mi guardava e basta con l’espressione più rilassata del mondo < non dici nulla ? ti aspettavi altro ? > < non capisco perché tu ci abbia messo tanto per dirmelo > < per il semplice fatto che tu mi trattavi come se fossi tua sorella ed ero sicura che non avrebbe funzionato tra di noi > < anche tu mi piaci > < ok > < mi piaci anche da un bel po’ di tempo , però io almeno ho la scusa di essere un morto vivente > < sei davvero molto simpatico Tate, non mi piaci quando scherzi su questo argomento > < e che cosa dovrei fare ? lasciarmi andare su un letto d’ospedale  ? era quello che voleva mia madre e tu mi hai fatto scappare da lì, e adesso vuoi che ritorni indietro ?  > < non sto dicendo questo, è solo che mi sembra strano che tu la stia prendendo con così tanta leggerezza > < ho solo raggiunto lo stato prefetto , so che dovrò morire e preferisco farlo da persona sana di mente che da pazzo schizzato > .

Dopo essere usciti per andare a fare pranzo Tate insistette per tornare in albergo.

< potevamo rimanere ancora un po’ fuori ? > lui neanche mi rispose, era tutto concentrato a cercare qualcosa nella sua borsa, poi tirò fuori un quaderno trasbordante di fogli, < che cosa dovrebbe essere questo ? > < è il mio progetto, purtroppo io non sarò più qui quando arriverà il momento di realizzarlo quindi vorrei che lo facessi tu al posto mio > mi passò il quaderno, io lo aprì lentamente cercando di non far cadere tutti i fogli per terra
 
< non capisco … > lui si mise a sedere di fianco a me < vedi non è difficile, questo è il luogo dove vorrei che venisse celebrata la mia festa d’addio, questa è la lista di tutto il cibo che dovrà essere servito e queste sono le canzoni che dovranno essere eseguite da una band dal vivo  > mi alzai di scatto dal letto, anche solo tenere quei fogli in mano faceva sembrare il tutto più reale e faceva sempre più paura .

< Violet non te ne andare > < io non posso farlo , io non sono abbastanza forte > lui si alzò e venne ad abbracciarmi, tentai di sentirmi meglio ma andava sempre peggio, < io sto per impazzire, non posso pensare che tu non ci sarai più, non posso pensare ad organizzare il tuo funerale, non posso pensarci e basta capisci ? >  lui mi strinse ancora più forte, a quel punto sentì che le lacrime calde e salate mi rigavano il volto e scendevano giù su tutto il collo, sentivo che Tate non era più forte come prima, abbracciandolo mi accorgevo che le sue spalle non erano più tanto possenti e che le sue braccia non erano così tanto grandi, ma io riuscivo comunque a sentirmi al sicuro ; poi lui mi lasciò e tenendomi le mani sulle spalle mi guardò fisso negli occhi < io ti amo Violet Harmon e non potrò mai perdonarmi quello che ti sto per fare, non potrò mai perdonarmi di averti lasciato ma non posso combattere questa cosa, anche se  non immagini nemmeno quanto vorrei  > mi avvicinai a lui così tanto da poter sentire il suo respiro caldo sulla fronte, poi  tutto si sigillò con un bacio, era come se avessi firmato per restargli vicino ,adesso non sarei più potuta andare via e questo mi spaventava a morte ma sentivo che non sarei potuta stargli lontano.

Passammo un mese a Lakewood, poi una mattina quando mi svegliai mi accorsi che Tate non era a letto, mi alzai e mi vestì di corsa, avevo paura che se ne fosse andato, come aprì la porta lo ritrovai davanti a me con due caffè in mano < buongiorno , vedo che ti sei alzata presto > < non ti ho visto e mi sono spaventata > < non devi preoccuparti così tanto per me, so ancora attraversare la strada da solo e andare a comprare qualcosa da mangiare per la mia ragazza > quando mi chiamò così mi venne la pelle d’oca era la prima volta che glielo sentivo dire.

Facemmo colazione , e passammo una bellissima giornata al parco sul lungomare .

< credo che sia il momento di andare >  < cosa ? > < non ti devi arrabbiare Violet, solo che sento che è il momento >  < mancano ancora tre mesi  > < penso che la diagnosi fosse sbagliata > < Tate non è arrivata la tua ora, fattene una ragione, se ti vuoi sbarazzare di me basta dirlo > lui sorrise goffamente, e notai che stava perdendo inevitabilmente peso, tanto che ormai non aveva più quegli zigomi alti e carnosi che gli si alzavano fino a fargli diventare gli occhi piccolissimi quando rideva , < ma se vuoi andare non sarò io a trattenerti > < vorrei solo che tu capissi > < io ho capito, avrei solo voluto che tutto questo non finisse mai e tornare indietro metterà un inesorabile punto a tutto >.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Tate James Harmon ***


Tentai di convincere Tate a non partire ma non potevo impedirgli di tornare a casa, gli mancava sua madre ed era compressibile che volesse passare del tempo con lei.

< Violet Susan Harmon ! > ero appena rincasata quando mia madre mi si parò davanti impedendomi di andare in camera < ciao mamma > < ciao mamma ?!? – il suo viso diventò paonazzo e la vena sulla sua fronte divenne molto più evidente – sparisci per un mese, telefoni solo quando capita, rubi dei soldi e tutto quello che hai da dire è ciao mamma ? > < mi dispiace, avrei voluto avvisarvi, ma Tate aveva bisogno di scappare per un po’ e di passare del tempo lontano da sua madre > < non ti dovresti immischiare in storie di questo genere > < mamma andiamo, calmati. Non ho nemmeno perso giorni di scuola, sono stata previdente e sono partita durante lo spring-braker , non sei contenta ?  > < che cosa pensi di risolvere così ? > < che cosa intendi  ? > non avevo mai visto mia madre così e la cosa mi stava spaventando < che cosa pensi di risolvere restando vicino a quel ragazzo ? lui morirà Violet, e non sarà qui quando tu dovrai affrontare mille difficoltà, lui ti spezzerà il cuore e tu ricomincerai a stare male, proprio come a Boston, devi allontanarti da lui > < vedo che nel tempo in cui sono stata via, la tua mentalità da codarda non ha fatto altro che rafforzarsi > sapevo di averla ferita, ma non me ne sarei pentita, la odiavo, lei non aveva idea di quanto Tate fosse importante per me solo perché lei non era mai stata in grado di trovare una persona così < io e tuo padre abbiamo messo degli allarmi per la casa, ti impediranno di uscire , lui ti accompagnerà a scuola e ti verrà a riprendere e sappi che questa volta non esiteremo a chiamare la polizia se dovessi sparire senza avvisare > < congratulazioni adesso dovrò combattere contro il tempo che si sta per portare via il mio migliore amico e anche contro di voi, ma sappiate che non sarà così facile farmi diventare la figlia buona e adorata che avete tanto voluto ma che per vostra sfortuna non avete mai avuto, a voi è capitata una pazza che non si  fermerà davanti a niente e nessun pur di stare vicino  all’unica persona che conta davvero nella sua vita >.

Dopo quella litigata colossale, che mi vide segregata in casa per due settimane, feci capire a mia madre che non potevo stare lontano da Tate,così lei riuscì a convincere sua madre per farmi stare con lui due ore al giorno; dopo un mese la sua salute peggiorò.

Era una mattina di soleggiata, io mi vestì abbastanza leggera, presi la borsa e andai in ospedale.

< ehi ! > lui girò lentamente il viso e mi sorrise debolmente, era da un po’ che non riusciva a parlare bene , < ti ho portato un classico – tirai fuori dalla borsa “ via col vento” e aspettai che lui mi desse un segno di approvazione  - ok, iniziamo > passai tre ore a leggergli il libro e poi improvvisamente lui mi posò una mano sulla gamba, mi fermai e lo guardai, solo in quel momento mi resi conto di quanto era cambiato, aveva il viso incavato e delle enormi occhiaie viola sotto gli occhi , le labbra erano pallide e screpolate ma non perdevano mai il solito sorriso
< sono pronto > mi avvicinai con la sedia per capirlo meglio , < sono pronto, adesso lo so , non me ne volevo andare perché volevo esserne sicuro > < sicuro di cosa ? > < di amarti > non riuscì a trattenere le lacrime < non puoi restare ancora un po’ ? > < ho ingannato la morte abbastanza, adesso è arrivato il mio momento > cercai di sorridere per smorzare l’attimo < fatti valere là su, intesi ? > lui mi fece segno di avvicinarmi e mi diede un bacio sull’angolo della bocca e poi tutto finì.

Quando  Tate se ne andò io continuai a sentirlo vicino a me, sapevo che c’era e che non m i avrebbe mai abbandonata.

Dopo aver finito il liceo scrissi di lui e della nostra storia e quel racconto fu pubblicato da un giornale e venne premiato , io non credevo che fosse un grande opera ma a quanto pare piacque.

E così, dopo quel piccolo successo continuai a scrivere e adesso posso dire con fermezza di essere diventata una vera e propria scrittrice , sono felice della mia vita;  tutte le domeniche faccio volontariato in un ospedale per dare un mano ai bambini malati di cancro, dopo mille ripensamenti decisi di adottare un bambino anche essendo una mamma single, il suo nome è Tate James Harmon.
Anche questa serie è finita, devo dire che è stata abbastanza sofferta ma sono contenta del risultato finale, fatemi sapere che cosa ne pensate J

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2688941