Fear Is The Heart of Love

di prettypunk369
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 1

(Prima persona P.O.V.)
Il giorno che l’ho scoperto era il giorno in cui mi ero confessato a Saga-senpai. Febbre emorragica dell’ebola, o ebola, mi dissero i dottori. Ancora ricordo il giorno in cui miseramente il mio mondo finì e mi crollò addosso.
 
~Flashback~
 
Guardavo i petali cadere dagli alberi di ciliegio che crescevano fuori dalla mia finestra. Sentivo i singhiozzi di mia madre, ma non mi provocavano alcuna reazione. Guardavo in modo esanime fuori dalla finestra del mio letto d’ospedale, i miei occhi verde brillante insolitamente cupi e assenti. Il dottore disse le sue notizie freddamente, così come doveva fare.
 
“Ha contratto la febbre emorragica dell’ebola, meglio conosciuta come virus dell’ebola. So che questa malattia è comparsa nella vostra famiglia, e probabilmente l’ha contratta in questo modo. Non c’è cura per l’Ebola, e vostro figlio probabilmente non vivrà oltre i trent’anni. Esiste un trattamento, ma dubito che farà effetto a causa dello stadio che ha raggiunto la malattia.”
 
Mia madre era in preda ad un attacco d’isteria e per poco non collassava, mio padre invece non si mosse né parlò. Il dottore se ne andò, lasciando la famiglia Onodera ad affrontare questa notizia da sola.
 
‘E’ divertente, vero?’ pensai amaramente.
 
~Fine Flashback~
 
Quel giorno a scuola, mi sentivo bene. Una rarità fin dalla fine della scuola primaria, non ero tormentato da dolori o febbre.  Anche la sicurezza in me stesso era migliorata, perché mi ero confessato al mio primo amore; Saga-senpai. Ma presto ricaddi nella stretta del dolore e della malattia quel giorno e fui mandato all’ospedale dopo che svenni a scuola.
Quello fu il momento in cui ricevetti la notizia della data della mia condanna a morte.
 
Mio zio aveva l’Ebola, ma era troppo tardi quando lo scoprimmo. Morì quando avevo solo sette anni. Trascorrevo spesso del tempo con lui quando non viaggiava in giro per il mondo come missionario. Contrasse il raro e mortale virus da qualche parte in Africa, e alla fine me lo ha trasmesso. Quando raggiunsi gli ultimi anni di scuola elementare, iniziai a sentire le sofferenze della morte, ma senza che lo realizzassi. Spesso non andavo a scuola a causa della febbre alta e dei dolori, i dottori ogni volta si grattavano la testa e facevano spallucce, dicendomi che avevo un sistema immunitario debole e che prendevo facilmente i raffreddori.
 
Quando raggiunsi le superiori, peggiorai. Quasi ogni giorno, stavo in qualche modo male. Ovviamente, mi innamorai. Amaramente e senza speranza ero innamorato, lo sapevo ero stupido. Non sarei mai stato in grado di realizzare il mio amore visto che la morte si avvicinava. Non si aspettavano che vivessi oltre i trent’anni, eppure io continuai la mia relazione con lui; Saga-senpai. Ovviamente non gliene parlai mai, così egoisticamente mi aggrappavo a lui con il mio amore sincero e ineffabile.
 
Ma lo shock della rottura e del pensiero che per lui era tutto un gioco, mi fece lasciare la scuola per il resto dell’anno. Corsi a casa, con le lacrime che lasciavano una scia dietro di me e con un battito intenso. Arrivai, collassai davanti ai miei genitori e venni trasportato nuovamente in ospedale.
 
I miei genitori non potevano sopportare di vedermi soffrire, così mi mandarono in Inghilterra per ricevere le cure  appena l’anno scolastico terminava. Quando andai all’estero, fui curato ma inutilmente. Ritornai in Giappone per trovare un accordo con i miei genitori. Un accordo che sapevo li avrebbe feriti alla lunga. Volevo lavorare, ma mi avevano proibito di trovarmi un lavoro. Usai le lacrime come mie alleate e acconsentirono. Naturalmente mi misero nella compagnia di mio padre per tenermi d’occhio e mi diedero dei bravi autori per il mio benessere e il mio divertimento.
 
Presto però, iniziai ad odiare lavorare lì. Gli editori gelosi mi tormentavano e mi sentivo inutile. Di nuovo, mi rivolsi ai miei genitori e loro riluttanti e dispiaciuti, acconsentirono. Ma avevano delle condizioni. Quando sarebbe giunto il momento in cui sarei rimasto prevalentemente  tormentato a letto, dovevo lasciare il lavoro e tornarmene a casa con loro se non avessi avuto qualcuno che si prendesse cura di me. Credo che intendessero che se fossi stato sposato o fidanzato, la mia compagna si sarebbe presa cura di me,  ma avevo giurato di non innamorarmi mai più così sapevo che sarei ritornato dai miei genitori. All’inizio volevano che tornassi a casa solo dopo un anno, ma li pregai con la scusa di voler realizzare un desiderio prima di morire. Gli dissi che volevo lasciare la mia eredità dopo la mia morte senza l’aiuto della mia famiglia.
 
Andai alla Marukawa, all’inizio non sapevo che era soprattutto grazie alle conoscenze di mio padre in quell’azienda. Ironicamente, finì nel reparto di shoujo manga. Solo per avere, ancora una volta, lo shock della mia vita.
 
Il mio capo era un uomo brutale e maniaco del lavoro chiamato Takano Masamune, che tempo si chiamava Saga Masamune. Saga-senpai. Conclusi che l’universo doveva odiarmi.
 
Mi veniva dietro nel periodo in cui lavoravo lì, giurando che mi avrebbe fatto innamorare di lui di nuovo. Questo ovviamente era in contraddizione con la mia tenace promessa di non innamorarmi mai più, soprattutto non con lo stesso uomo.
 
Ma sapevo che mi stavo lentamente indebolendo, nel cuore e nel corpo.
 
Mi avvicinavo alla morte ogni giorno, l’ebola mi stava divorando. Le medicazioni, nascondevano i miei sintomi all’esterno e mi aiutavano a tenere la febbre e i dolori a freno, ma diventavo sempre più debole e la malattia più forte. Anche il mio cuore sta cedendo, ma ad un altro virus chiamato Takano. Quest’uomo è determinato e sta inconsapevolmente andando dietro ad una causa senza speranza, perché ancora non gli ho detto che la fine è vicina per me. Come potrei? Non sono affari suoi, penso in modo provocatorio, ma so che infondo il vero motivo per cui non gliel’ho detto è per non ferirlo. Merita qualcosa di meglio di un uomo morente che lo manda via e lo rifiuta sempre, per il bene di entrambi. So che lo ferisco ogni volta che lo faccio, ma lui non sa perché lo faccio. Non conosce il vero motivo per cui mi comporto in questo modo, così lui continua e incrina la mia determinazione sempre più.
 
Ma so che mi sto lentamente indebolendo, nel cuore e nel corpo.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link primo capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/1/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
Eccomi qui col primo capitolo di questa fantastica storia. Appena l'ho letta ho pensato che doveva essere tradotta. Così ho chiesto all'autrice di poterla tradurre, lei ha acconsentito e mi sono messa subito a lavoro. Be', in questo capitolo non succede quasi nulla, ci viene solo presentata la situazione del povero Ritsu.
Non spoilero nulla, ma vi dico solo di preparare i fazzoletti :'( vi commuoverete (e ve lo dice una che non piange tanto facilmente :D)
Spero vi piaccia,
alla prossima ^_^
P.S. all'inizio tra parentesi ho messo che la storia è scritta in prima persona come nel capitolo originale, questo perché nel corso dei capitoli capiterà che si passi dalla prima persona alla terza e viceversa.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 2

(Prima persona P.O.V.)

“Onodera-san?”
 
Mi girai, la mia mano sulla maniglia della porta.
 
“Stia attento, per favore. Se continua con questo stile di vita, non farà altro che peggiorare. Lei è già in pessime condizioni. Per favore, faccia le scelte giuste.” Il dottore mi diede uno sguardo di compassione. Uno sguardo che avevo ricevuto da tutti nel corso degli anni. Uno sguardo che avevo iniziato ad odiare.
 
Forzai un sorriso tirato e dissi, “Lo farò. Grazie”
 
Nel business dei manga, bisogna fare sacrifici e non si ha il tempo per prendersi cura di sé in modo adeguato. Dovevo morire a prescindere, quindi che importava?
 
Aprì la porta e vidi Isaka e… Takano? Sgranai gli occhi e divenni nervoso.
 
‘Cazzo, perché LUI è qui?! Non me la sento proprio di avere a che fare con lui, mi sento una merda’, continuai a distogliere lo sguardo mentre lui mi fissava severamente.
 
“Onodera? Cos’è successo?”
 
“S-sono svenuto dalla stanchezza, per aver trascurato la mia salute, per il troppo lavoro, e per m-malnutrizione” aggiunsi una risatina nervosa alla fine, ma si accigliò.
 
“Troppo lavoro? Malnutrizione?”
 
Ingoiai il groppo in gola. Sapevo che la malnutrizione era il problema peggiore. Il mio dottore in Inghilterra mi aveva informato riguardo l’importanza del mangiare bene, e qui ero svenuto per la malnutrizione.
 
Gli passai velocemente avanti verso il distributore automatico, la mia gola era assetata. La mia lingua sembrava troppo grande per la mia bocca mentre premevo i numeri per una soda. L’afferrai e me la trangugiai, ignorando la conversazione tra Takano e Isaka.

.
.

Il viaggio in macchina era avvolto da un silenzio imbarazzante. Guardai fuori dal finestrino i colori e il paesaggio confondersi. Il cielo grigio piangeva mentre le gocce di pioggia cadevano all’esterno del finestrino. Takano girò a sinistra in una zona dove pioveva particolarmente forte e sorrisi un po’.
 
Avevo sempre amato la pioggia. Mi ricordava memorie agrodolci del passato. Il giorno in cui Saga-senpai mi ha preso per la prima volta la mano e io corsi a casa in preda al panico, pioveva. Pioveva spesso in Inghilterra e quando il dolore era insopportabile, la pioggia mi cullava come una ninnananna per dormire in quelle notti. Quando ero raggomitolato sotto le lenzuola e la febbre e il dolore tormentavano il mio corpo e sudavo, la pioggia urtava lievemente la mia finestra e mi addormentavo tra i sospiri della notte umida.
 
“Oi Onodera, siamo arrivati”
 
Mi risvegliai dai miei pensieri e mi guardai attorno. Ci trovavamo nel parcheggio sotto il palazzo. Scesi e a stento raggiunsi l’ascensore, troppo stanco per preoccuparmi del fatto che Takano mi seguiva.
 
Mi preoccupai invece quando dimostrò di voler venire nel mio appartamento.
 
“Takano-san! Che stai facendo?” gli urlai appena oltrepassò la porta e andò dritto in cucina.
Si lanciò alla porta del frigorifero e io congelai. Girò il suo freddo sguardo verso di me e gridò, “Che diavolo è?! Cibi pronti del minimarket e bibite energetiche? Hai qualcosa di salutare?”
 
“Ho un paio di barrette di cereali e una mela! Va bene!” Sapevo che era inutile discutere perché entrambi sapevamo che sbagliavo.
 
“Onodera!”
 
“Sto bene, Takano-san! Comunque non sono affari tuoi!”
 
Takano mi prese il polso e mi portò nella mia stanza. Provai a rompere la sua presa sul mio braccio magro, ma era inutile. Mi gettò sul letto e mi ordinò come un generale, “Tu, riposa!”
 
“Idiota…” borbottai, ma rimasi sul letto. Mi voltai verso il muro e pregai che se ne andasse presto. Ma ovviamente non lo fece.
 
Sentii il letto scricchiolare quando si sedette sul bordo del letto e il suo sospiro di stanchezza mi era chiaro. Il rimorso accumulato nel fondo del mio stomaco crebbe quando sentii quel sospiro. Ero davvero io la causa di così tanto stress e stanchezza? Sapevo che non sarei mai stato in grado di ripagarlo, per quanto negassi di dovergli qualcosa. Si prendeva cura di me e mi ha guardato fin dall’inizio, qualcosa che io non avrei mai fatto per lui. Sotto la sua maschera impassibile e sotto il suo atteggiamento freddo, sapevo che mi amava sinceramente e che si preoccupava per me. Quindi perché lo trattavo così? Come se fosse la peggiore persona vivente? Perché ero così egoista?
 
‘Perché devo’. La dura verità si fece sentire e le lacrime sgorgarono dai miei occhi. Improvvisamente sentii il calore lasciare il mio corpo e mi raggomitolai. Bloccai le mie debole lacrime quando Takano parlò.
 
“Troppo lavoro, huh? Forse ti stavo assegnando troppi incarichi” Takano sospirò ancora e io mi morsicai duramente il labbro inferiore. Gli stavo causando più problemi. Perché faccio questo? Perché Takano ama una persona come me? Una persona orribile, egoista che potrebbe morire in qualsiasi momento, e lui non saprebbe mai il perché. Lo lascerei qui a soffrire, solo e confuso. Confuso sul perché lo abbia lasciato, perché non gliel’abbia mai detto, e se lo avessi mai amato.
 
‘Non posso. Non posso dirglielo. Lo ferirei ancora di più’
 
“… Non è colpa tua” dissi finalmente.
 
“Eh?”
 
Rimasi per un attimo in silenzio prima di rispondere “Studi extra”
 
“Studi extra?”
 
“F-facevo molto lavoro extra a casa e credo di aver perso il controllo della mia vita. Volevo raggiungerti il prima possibile così che potessi svolgere meglio il mio lavoro” ammisi tutto, un po’ imbarazzato. Sapevo che le mie azioni erano state ridicole, ma il mio orgoglio non cessa mai di stupirsi di quanto testardo e ambizioso posso diventare.
 
“Stupido!” urlò Takano e facendomi sobbalzare, non aspettandomi quella reazione.
 
“Ho molti più anni di esperienza rispetto a te! E’ chiaro che sia più avanti, idiota! Credevi davvero di poter raggiungere in qualche mese ciò che io ho fatto in anni?”
 
“N-no! So di non poterlo fare! Ma vorrei diventare esperto il prima possibile!”
 
“Be’, probabilmente non lo sapevi perché lo hai fatto comunque!” Takano sospirò, scuotendo la testa. Anche se il motivo era diverso, lo stavo ancora guardando. Ancora provavo ad eguagliarlo. Ancora provavo a farmi notare da lui.
 
“Quindi? Che c’è di sbagliato?” dissi a bassa voce, quasi a me stesso. Mi nascosi ancora di più tra le lenzuola, non volevo guardarlo.
 
Sentii la sua risata silenziosa di nuovo e la sua grande mano che mi scompigliava i capelli. Il mio cuore sussultò alla sensazione delle sue fredde dita che sfioravano la mia testa e arrossì senza volerlo. La pressione sul letto si alleggerì appena Takano si alzò e il mio petto i strinse dolorosamente al pensiero di lui che se ne andava. Mi mossi prima che potessi pensare e le mie dita si strinsero attorno al tessuto. Tirai il bordo della sua giacca, quasi trascinandolo con me mentre cadevo per terra.
 
“Che diavolo…?!” lo sentii gridare mentre mi buttai di nuovo sul letto.
 
“S-scusa! N-non imp-importa!” ero seduto sulle mie gambe con le mani in grembo. Torturai la stoffa dei miei jeans e arrossì di un rosso cremisi. Percepii le sue dita scorrere tra i miei capelli di nuovo e mi rispose con calma “ Vuoi che me ne vada?”
 
Serrai gli occhi e la mia mano tremante trovò la sua. Nervosamente, le mie dita annaspavano mentre circondavano il suo caldo palmo e scossi lievemente la testa.

..

Mi ritrovai circondato dal calore di Takano. Una delle sue braccia era poggiata sui miei fianchi, l’altra mi reggeva la testa. La sua mano mi accarezzava i capelli e il mio volto era premuto contro il suo petto. Inalai profondamente, prendendo il profumo della sua camicia. Caffè, sigarette e qualcosa di familiare. Una combinazione che poteva solo essere Takano.
 
Per una volta, mi lascerò essere egoista. Per una volta, mi permetterò di essere debole. Per una volta, mi permetterò di aggrapparmi a qualcosa che volevo da dieci anni.
 
“Ti amo, Ritsu” Takano mormorò mentre sentivo le sue labbra toccarmi la fronte.
 
Ma il mio unico pensiero fu, ‘Takano profuma come la pioggia’.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link secondo capitolo: https://www.fanfiction.net/s/9801745/2/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
Eccomi qui col secondo capitolo^^
Se avete letto il manga ricorderete che in un capitolo Onodera si sentiva male e Takano se ne è preso cura amorevolmente. Da qui parte la storia che è venuta in mente all'autrice. Ritsu è un malato terminale e proprio per questo non vuole accettare l'amore di Takano. Ha paura di farlo soffrire :'(
Riuscirà Ritsu a dimenticare le sue paure, e soprattutto riuscirà a dire a Takano di avere l'ebola?
Spero che vi piaccia questa traduzione e ricordate di lasciare una recensioncina ;)
Alla prossima :D

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 3
 

Mi svegliai con la nausea. Sentivo la sensazione di calore crescere e aumentare velocemente nel letto. Provai ad alzarmi. Un braccio mi circondava in modo stretto e immediatamente mi ricordai di Takano.
 
‘Merda, deve lasciarmi andare se non vuole che gli vomiti addosso!’ mi divincolai e mi tolsi il braccio di dosso, fino a che non fui libero. La bile saliva lungo la mia gola, feci una corsa furiosa verso il bagno. Rilasciai i contenuti del mio stomaco nel water, facendomi venire i conati di vomito quando l’odore mi punse le narici. Dopo aver vomitato più volte, continuai a calmare i conati per un paio di minuti. Quando l’orribile conato di vomito sembrò essere finito, chiusi il coperchio del water e tirai lo sciacquone. Appoggiando la fronte sulla fredda seduta, provai a sgomberare la testa e respirai pesantemente. Pregavo affinché Takano non mi avesse sentito. Sapevo che si sarebbe preoccupato inutilmente come una mamma oca.
 
Feci una risatina mentre immaginavo Takano con le piume grigie e con il becco che agitava le ali e starnazzava. Però le risate morirono e ritornai alla realtà. Improvvisamente, il dolore crebbe nel mio addome e mi strinsi lo stomaco. Tutto mi faceva male e la mia testa era confusa. Non riuscivo a ricordare l’ultima volta in cui presi la medicina per l’ebola.
 
‘E’ passata quasi una settimana. Dovrei prenderla ogni tre giorni’, lentamente mi alzai, usando il muro come supporto. Mi inginocchiai vicino il lavandino e rovistai nel mobiletto sotto di esso. Nascosta in una piccola scatola nera in un angolo, presi le tre bottigliette. Le piccole pillole uscirono disordinatamente sul mio palmo, fissandomi in modo canzonatorio. Dovevo prendere sei pillole, due da ogni bottiglietta. Studiai le pillole, chiedendomi cosa sarebbe successo se avessi smesso di prenderle. Sarei morto? Sarei morto velocemente o lentamente e dolorosamente, soffrendo a causa della mia decisione? Non importava cosa facessi, soffrivo. Scuotendo la testa per liberarmi di questi pensieri, ingoiai seccamente le medicine. Nascosi di nuovo le confezioni e dolorante uscii fuori dal bagno.
 
Takano era ancora a letto, sembrava addormentato. Camminai verso il bordo del letto, analizzando il bel volto sotto di me. I suoi capelli scuri come la notte erano scompigliati e le lunghe ciglia riposavano sulle sue guance. Appariva sereno e innocente, un’espressione che non gli avevo mai visto. Raggiunsi i suoi capelli e glieli accarezzai. La sua bellezza mi faceva sentire male al cuore. Un uomo devoto e testardo, non cessava mai di meravigliarmi per come era determinato ad avermi. Avevo l’opportunità di averlo tutto per me, ma io lo rifiutavo costantemente. Portai la mano sulla sua guancia e con dolcezza la lasciai lì, mentre i miei occhi divoravano il suo volto. Solitamente si sarebbe già svegliato a questo punto, ma per fortuna rimase addormentato. Volevo godermi questo momento il più a lungo possibile. Uno dei pochi momenti in qui lo avevo solo per me, tutto tranquillo e sereno. Tutto chiaro e affettuoso, non contorto e amareggiato come ero io. Perché era così dannatamente difficile?
 
Gocce d’acqua caddero sulla mia mano e alzai lo sguardo aspettandomi un buco nel soffitto.  Sentì le mie guance umide e capì che erano le mie lacrime.
Riportai lo sguardo in basso, mentre mi infilavo sotto le lenzuola. Mi sentivo freddo e piccolo, non amato e non voluto, solo e distrutto. Tolsi la mano dalla calda guancia di Takano e mi strofinai gli occhi come un bambino. Il dolore nel mio addome era diminuito, ma avevo un acuto dolore nel petto. E questo dolore non poteva essere curato con le medicine.
 
Prendendo un respiro profondo, uscii fuori dalla stanza prima che mi abituassi a quella serenità. Iniziai a preparare il caffè e mi sedetti al tavolo, aspettando la mia dose quotidiana di caffeina. Qualche momento dopo sentii la porta della mia stanza aprirsi e una voce familiare chiamarmi, “Onodera?”
 
“Sì, Takano-san?” risposi appena entrò in cucina. Sbadigliò e disse, “Che stai facendo?”
 
“Sto facendo il caffè. Ne vuoi?”
 
“No, me lo farò da solo. Dovresti tornare a letto.”
 
“Posso prendermi cura di me stesso da solo” sospirai esasperato. Lui mi fissò e ringhiò, “Onodera”
 
“Ugh, va bene!” alzai le mani platealmente. Mi alzai e andai in camera da letto, buttandomi sul letto. ‘Stupido Takano-san’ pensai mentre mi tiravo le coperte fin sopra il mento. Ma sapevo che si stava solamente prendendo cura di me, come al solito. La porta si aprì e sentì la sua voce profonda rimbombare, “Ecco”.
 
Mi sedetti e mi diede una tazza di caffè. Mormorai qualche ringraziamento e bevvi il caldo liquido marrone. Sentivo già qualche energia tornare e mi sentivo rinfrescato. La mano calda di Takano mi sfiorò la fronte e disse, “Bene, non hai la febbre”
 
Allontanando la sua mano, borbottai, “Visto? Sto bene. Ora puoi andare.”
 
Incrociò le braccia e disse, “Non me ne vado”
 
“C-cosa? Perché?”  farfugliai. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che rimanesse.
 
“Perché la tua casa è una stalla e ha bisogno di essere pulita. Dal momento che sei malato, tu riposerai mentre io pulisco.”
 
“N-no! Posso pulire da solo! Non c’è bisogno che tu lo faccia!”
 
“Onodera, da quanto tempo è che non pulisci casa tua? Dubito fortemente che tu lo abbia mai fatto”
 
“Lo avrei fatto, solo che non ne ho avuto il tempo” appoggiai la tazza vuota sul comodino affianco a me.  Mi alzai ma immediatamente ebbi un capogiro. Mentre cadevo, Takano mi prese e sospirò.
 
“Visto? Torna a letto” mi fece stendere e mi coprì con le coperte. Lottai per sedermi, ma lui mi tenne giù con una mano finché non mi arresi.
 
“Ok. Fai quello che vuoi” misi il broncio e mi portai le lenzuola sopra la testa. Non volevo vederlo o sentirlo in quel momento. La sua grande mano mi arruffò i capelli sotto le coperte e i suoi passi pesanti si allontanarono. Appena sentii la porta chiudersi, mi misi in posizione eretta. Fissai la porta, pensando se sarei dovuto uscire e affrontare la collera del demone che si trovava nel mio soggiorno, o se stare al sicuro nel rifugio della mia stanza. Scelsi la seconda e mi calmai, rannicchiandomi nella sicurezza delle mie coperte.
 
.
.
 
Non sapevo di essermi addormentato prima di sentire qualcuno scuotermi e chiamare il mio nome. La confusione mentale si chiarì e la voce di Takano arrivò alle mie orecchie, “Onodera, svegliati”.
 
“Nnghh…Hmm?” mormorai mentre mi sforzavo di aprire gli occhi. Takano era in piedi vicino a me, con una mano sulla mia spalla.
 
“Ho fatto la cena. Alzati e vieni a mangiare” si voltò e uscì dalla stanza. L’odore del cibo entrava nella camera e mi venne l’acquolina. Mi alzai barcollando, sbadigliando e strofinandomi gli occhi. Takano aveva acceso le luci e ansimai quando mi guardai attorno. La stanza era stranamente immacolata! Aveva perfino spolverato e spazzato il pavimento!
 
Grugnii e borbottai, “Perfezionista. Sempre a ostentare le proprie abilità.”
 
Ero geloso della sua abilità di fare tutto, ma apprezzavo l’aiuto che mi dava sempre. Non che volessi MAI dirglielo. Non aveva bisogno di me per infiammare il suo ego già fin troppo infiammato.
 
Mi stavo avvicinando alla cucina con la promessa di cibo per riempire il mio stomaco. Ammiravo il lavoro che Takano aveva fatto all’appartamento nelle poche ore che dormivo. Tutto era pulito, organizzato e perfetto. Mi sedetti e aspettai che arrivasse il cibo. Takano arrivò e posò un piatto di riso, salmone e salsa di miso sul tavolo. Non ricordavo l’ultima volta che avevo avuto un vero pasto, sospirai alla bellezza del piatto di fronte a me.
 
“Itadakimasu!” presi le bacchette  e le infilai nel piatto. Takano era seduto di fronte a me, mangiava con calma il suo cibo.
 
“Hai fatto una bella dormita” accennò un sorriso, mentre io sentivo il calore attraversare le mie guance. Lo ignorai e continuai a mangiare.
 
“Uhh… quanto ho dormito?” domandai con la bocca piena di riso.
 
“Circa sei ore. Ho pulito mentre dormivi.”
 
“Sì, ho visto.”
 
“Non potresti credere a quanta polvere ho trovato sotto il tuo divano. Seriamente, hai mai pensato almeno a spolverare?”
 
“S-sta zitto! Mi spiace non sono Mister Perfezione con una casa pulita e un pasto cucinato a casa ogni sera!” lo indicai con le bacchette quando dissi Mister Perfezione. Prese la cosa come un complimento e sorrise.
 
“Se vivessi con me, non avresti questi problemi”
 
Arrossii di nuovo e fissai il cibo, ignorandolo per il resto della cena.
 
.
.
 
“Onodera, me ne vado. Devo lavorare durante la mattina. Chiamami se ti serve qualcosa.”
 
“Ma io andrò a lavorare domani”
 
“No, non andrai. Resterai a casa almeno per un altro giorno.”
 
“Cosa! Takano-san, sto bene!” mi asciugai velocemente la mano visto che stavo lavando i piatti e mi piazzai difronte a lui. Lui semplicemente mi fissò e io incrocia le braccia.
 
“Domani ci spostiamo nel nuovo edificio! Non posso mancare, è super importante! Isaka-san mi ucciderà” sibilai ma lui alzo le spalle.
 
“Posso dirgli che sei malato; capirà. E’ stato lui a vederti svenire dopotutto, perché dovrebbe forzarti ad andare a lavoro?”
 
“Takano-san!” sbattei il piede. Sapevo di essere infantile.
 
“Onodera!” disse in modo autoritario e io chiusi la bocca. Discutere con lui era inutile perché sapevo che avrei perso comunque. Sospirò e mi accarezzò i capelli.
 
“Come ho detto prima, chiama se ti serve qualcosa”
 
Annuì semplicemente, continuando a fissare il pavimento. Lo sentii sospirare e infilarsi la giacca. Improvvisamente sentii il mio petto stringersi al pensiero di lui che andava via. Alzai lo sguardo velocemente per vedere la sua mano sula maniglia della porta.
 
“Um, Takano-san!”
 
Si voltò verso di me, con la curiosità sul volto a causa della mia chiamata improvvisa. Lottai per trovare le parole, non conoscendo il motivo esatto per cui lo avevo chiamato. Decisi di esprimergli la mia gratitudine.
 
“Um, be’… g-grazie” dissi come uno sciocco. Mentalmente mi prendevo a schiaffi a causa del mio estremo imbarazzo. Ma lui sorrise genuinamente, un’altra rarità che fece aumentare il battito del mio cuore. Il calore si accumulò nel mio petto e salì sulle mie guance quando lo vidi sorridere. Come poteva avere questo effetto su di me?
 
Sentii le sue labbra sulle mie prima che potessi accorgermene. Rabbrividì quando le sue mani si posarono sui miei fianchi. Questo bacio era dolce e gentile, pieno d’amore. Non urgente o lussurioso; solo puro ed innocente come un primo bacio. Per una volta non protestai né gli urlai. Questo era un altro momento che volevo godermi e ricordare prima di morire. Questi brevi momenti meravigliosi.
 
Quando le sue labbra di soffermarono, mi sentii stordito. Misi delicatamente una mano sul suo petto, allontanandolo. Lui arretrò, aspettandosi i miei soliti insulti e proteste. Ma scossi soltanto la testa mormorando, “Mi gira la testa.”
 
Vide il mio sguardo oscurato e annuì. Sentì il calore delle sue labbra sfiorarmi la guancia prima che le sue mani si allontanassero dal mio corpo, lasciando calde le zone in cui mi aveva toccato. Aprì la porta e uscì, lasciandomi lì da solo. Mi girava la testa e il mio cuore batteva forte nel petto. Già mi mancava la sua presenza. Tornai meccanicamente a letto, mi stesi e chiusi gli occhi. Mi rannicchiai, desiderando che il calore di Takano mi avvolgesse.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link terzo capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/3/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
 Capitolo forte da leggere e abbastanza difficile da tradurre. Alzerò il rating ad arancione, visto che capiterà ancora di trovare descrizioni abbastanza dettagliate dei sintomi di Ritsu. La dolcezza di Takano però riesce a portare un po' di serenità nella vita di Ritsu (e anche nel capitolo XD).
Ringrazio chi mi ha recensito, spero continuerete a seguire questa fanfiction^^
Già che ci sono vi auguro un buon Ferragosto ^_^
A presto <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 4


“Ricchan! Sono felice che tu sia tornato!”
 
“Kisa-san, potresti evitare di soffocarmi?”
 
“Oh, scusa Ricchan!”
 
“Oi, tornate a lavoro!” una pinzatrice volò attraverso la stanza. Istintivamente ci abbassammo, l’oggetto metallico ci volò sopra le nostre teste. Ruotai gli occhi e seguì Kisa-san alla mia nuova scrivania. Anche se tutti erano stressati e prossimi alla morte, io ero pieno di energia e pronto ad aiutare. Probabilmente era perché avevo dormito tutto il giorno ieri, ovviamente per ordine del demoniaco Capo Editore. Takano venne a controllarmi dopo il lavoro e finì… per restare la notte. E chiaramente, finimmo per andare insieme al lavoro la mattina.
 
“Siamo seduti di nuovo di fianco! Veramente le postazioni sono le stesse”, Kisa ridacchiò. Iniziai ad aiutare a scaricare, buttando le scatole vuote fuori dalla porta. Dopo qualche ora, Isaka venne per controllare i nostri progressi.
 
“Whoa, mica male! Ragazzi, Takano-san vi sta facendo lavorare troppo?” Isaka rise, mostrando il suo solito sorriso a trentadue denti.
 
“Isaka-san, cosa vuoi? Stai interrompendo il nostro lavoro!” ringhiò Takano.
 
“Sono venuto per vedere come vanno le cose. Forse dovresti dargli una pausa pranzo Brontolone”, Isaka rise di nuovo, chiaramente era l’unico divertito dal nomignolo che aveva dato a Takano. Takano mormorò qualcosa tra  sé e sé, ma disse, “Bene. Ragazzi prendetevi mezz’ora. Se non tornate in orario, il vostro sedere sarà in guai seri!”
 
Sapevamo di dover prendere quella minaccia seriamente, così andammo via prima che potesse cambiare idea. Sentii il telefono suonare sulla mia scrivania e lo presi. Sullo schermo c’era scritto Dott. Yukue.
 
‘Perché sta chiamando?’ mi accigliai. Era il mio dottore personale da quando ero tornato dall’Inghilterra, che si occupava della mia malattia. Era un uomo gentile e provava sempre a fare il meglio per me, ma mi sentivo ancora soffocato con tutte le visite mensili e le medicine. Andai nella hall, assicurandomi che Takano non mi vedesse. Schiacciai il tasto di risposta e mi portai il cellulare all’orecchio.
 
“Pronto?”
 
“Onodera-san? Dove era ieri?”
 
“Ieri?”
 
“Aveva  un appuntamento ieri pomeriggio! Sa che ha una visita ogni mese.”
 
‘Merda’,  mi misi una mano in faccia, rimproverandomi per essermene dimenticato. Era stato così distratto da altre cose, che mi era totalmente sfuggito di mente.
 
“Mi dispiace moltissimo, Dott. Yukue. Stavo male ieri e sono stato a casa a riposarmi; l’ho completamente dimenticato” controllai dietro di me per vedere se ci fosse Takano. Mi avrebbe ucciso se mi avesse visto al telefono invece di mangiare per poi filare dritto al lavoro.
 
“Bene, vorrei che venisse oggi, se possibile. Ho ricevuto la notizia che lei è svenuto recentemente, ma non per colpa dell’ebola. Abbiamo bisogno di discuterne”, potevo sentire un debole disappunto nella sua voce. Sapeva che non mi prendevo cura di me stesso. Mi sentivo ancora più patetico.
 
“Sì, andrebbe bene. Verrò dopo il lavoro. Mi scuso ancora, arrivederci”, chiusi il cellulare e andai al distributore automatico. Comprai uno snack, assicurandomi di nuovo che Takano-san non mi vedesse. Lo mangiai rapidamente e tornai al dipartimento con solo uno snack nello stomaco.
 
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“Me ne vado ora, ciao!” dissi mentre chiudevo la borsa. Tutti tranne Takano e Mino erano andati via. Mi guardai intorno, vedendo solo Takano. Diedi un’occhiata all’orologio. Dovevo essere lì in mezz’ora.
 
“Aspetta Onodera. Vengo con te”, Takano spostò qualche scatola mentre parlava.
 
“N-no!” la parola saltò fuori dalla mia bocca. Lui alzò lo sguardo, con un sopracciglio sollevato.
 
“V-voglio dire… ho qualcosa da fare prima di tornare a casa.”
 
“Allora vengo con te!”
 
“No! E’ qualcosa di personale! Per favore, posso andarci da solo”, provai la mia migliore espressione disperata. Apparentemente funzionò dal momento che si arrese.
 
“Bene. Ma ti aspetto nel mio appartamento dopo.”
 
“C-cosa? P-perché?”
 
“Perché sto facendo la cena. Mangerai almeno una pasto con me ogni giorno”, si mise in piedi, tenendo in mano una coppia di orsacchiotti.
 
“Eh? Perché?!” mi lamentai. Mise i peluche sulla sua scrivania, sistemandoli finché non fossero stati perfettamente allineati.
 
“Perché mi sto prendendo carico della tua nutrizione. Se sento un’altra parola di protesta dalla tua bocca, ti farò vivere con me stabilmente.”
 
Mi serrai la bocca velocemente, sapendo che era dannatamente serio. Gli lanciai un’occhiata veloce mentre mi giravo e andai via.
 
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Arrivato nell’ufficio del dottore giusto in tempo, entrai per vedere il dott. Yukue che mi aspettava. Lo seguii in silenzio. Mi stesi sul lettino, la carta si spiegazzava sotto di me.
 
“E’ da parecchio che non ci vediamo Onodera-san. Come sta?” sorrise e si sistemò gli occhiali.
 
“Sto bene, dott. Yukue. Occupato col lavoro”, gli sorrisi anch’io, ma non mi sentivo a mio agio.
 
“Questo è un bene, penso. Ma come le dissi prima, stia attento quando lavora. Il suo corpo può a mala pena sopportare lo stress e gli sforzi, ne abbiamo avuto la prova l’altro giorno. E’ svenuto, vero?”
 
“S-sì”, improvvisamente mi sentii il cuore pesante. Ecco, stavo deludendo un’altra persona che si fidava di me.
 
“Potrebbe non essere colpa dell’ebola, ma certamente ha le sue conseguenze sulla malattia. Devo prendere un po’ di sangue e controllare il virus. Vedremo se è peggiorato. E’ preparato per un risultato del genere?”
 
‘Perché non dovrei esserlo? Ho già un limite alla mia vita, quale sarebbe la differenza se si accorciasse ancora di più?’ ma annuii semplicemente. Si infilò i guanti e mi sollevò la manica. Prese una siringa dal cassetto di un armadietto della stanza. Mentre strofinava l’interno del mio gomito con un antisettico, chiusi gli occhi preparandomi per la dolorosa puntura di un ago nella mia vena. Odiavo gli aghi e non aiutava il fatto che spesso dovessi fare esami del sangue.
 
“Fatto”, mise la siringa piena del mio sangue in una busta di plastica e si tolse i guanti. Io riaprii gli occhi e tirai un sospiro di sollievo. Premette un batuffolo di cotone sul gomito e io lo tenni fermo.
 
“Potrebbero volerci un po’ di minuti. Ha fretta?”
 
“No”, mi ricordai di Takano, ma cacciai via il pensiero scuotendo la testa.
 
“Bene, sarò comunque il più veloce possibile. Può andare nella sala d’aspetto, se vuole” sorrise di nuovo e uscì dalla porta. Uscii anch’io, andando nella sala d’aspetto. Mi sedetti e mi presi un giornale. Grazie al cielo la stanza era vuota perché era quasi l’orario di chiusura, così sospirai e iniziai a leggere.
 
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Mezz’ora dopo sentii chiamare il mio nome. Sollevai lo sguardo e vidi il dott. Yukue all’ingresso della sala d’aspetto. Sembrava desolato e stanco, i suoi occhi erano infossati e la bocca serrata. Il mio cuore sprofondò quando lo vidi in quelle condizioni. Aveva delle notizie. Brutte notizie. Mi alzai esitante e presi un respiro profondo.
 
Di cosa ero spaventato? Non mi aspettavo questo da tutta la vita? Sapevo che non sarei vissuto, quindi da cosa ero così spaventato?
 
“Si sieda, per favore”, mi accompagnò ad una sedia del suo ufficio, difronte alla sua scrivania. Mi sedetti e mi strinsi le mani  sul mio grembo. Lui si sedette sulla sua sedia, dietro la scrivania di legno. Il silenzio attraversò la stanza per qualche momento prima che lui prendesse un ampio respiro e parlasse, “Onodera-san, ho delle notizie.”
 
Meccanicamente annuii. Ero pronto a questo… vero?
 
“Il virus dell’ebola… si è diffuso più rapidamente di quanto ci aspettassimo. Circa l’ottanta percento del suo corpo è infettato dalla malattia; si sta diffondendo con una velocità pericolosa. Questo ci si aspetterebbe da un paziente agli stadi finali della malattia, ma il suo virus si sta diffondendo più velocemente del previsto.”
 
Le mie orecchie fischiavano. La mia testa pulsava. Il petto mi faceva male. Ero un morto che camminava, ma più di quanto mi aspettassi.
 
“…Quanto?” deglutii a fatica. Le mie mani tremavano e le strinsi ancora di più. Guardavo il dott. Yukue aspettando la sua orribile risposta. Sapevo che aveva capito ciò che intendevo.
 
Fece uscire un sospiro tremolante e disse, “Probabilmente meno di un anno.”
 
Un anno. Un anno per vivere. Un anno per morire.
 
Mi alzai e feci un inchino. Mi morsicai le labbra, vergognandomi di far uscire del sangue prima di dire, “Grazie per avermelo detto. Non posso vivere all’oscuro per sempre, vero?” rimasi in piedi e sorrisi desolatamente. Ero seppellito in profondità nel dolore, urlando per un po’ d’aria. Ma sapevo che nessuno mi avrebbe sentito, così dovevo reagire con i sorrisi tristi e le poche lacrime. Nemmeno il dott. Yukue capì il mio comportamento e sospirò, “Onodera-san, posso darle altre medicine. Potrebbero allungarle la vita di qualche mese.”
 
“No. Ma la ringrazio. Non ho molto da vivere ad ogni modo, quindi perché sprecare il mio tempo a prendere medicine?”
 
“Onodera-san…”
 
Presi le mie cose e sorrisi di nuovo, stavolta per il suo interesse.
 
“Va bene così. Mi aspettavo di morire presto comunque, quindi qual è la differenza?” mi inchinai di nuovo e mi ne andai troppo frettolosamente. Mi guardò andare via con lo sguardo triste e il cuore pesante.
 

 
Non mi fece alcun effetto finché non raggiunsi la casa di Takano. Ero arrivato al nostro complesso di appartamenti quando improvvisamente quelle parole comparvero nella mia testa.
 
‘Probabilmente meno di un anno…’
 
Mi fermai immediatamente. Non mi ero accorto che stavo ancora sorridendo a causa dello shock fino a quando non sparì dal mio viso e i muscoli delle guance cominciarono a farmi male. Le piastrelle dell’ingresso mi fissavano, guardando le mie emozioni e le mie paure venire a galla. Le mani tremavano furiosamente e fecero cadere la borsa. Il tonfo della borsa mi fece svegliare da quello stato e ritornai alla realtà. Qual era il mio problema? Non avevo reagito così quando scoprii di avere l’ebola. Quindi cos’è che mi rende così adesso?
 
Qualcosa pizzicò il fondo della mia mente prima che una parola si mostrasse prepotentemente. Amore.
 
Non mi accorsi di averla detta ad alta voce. Battei gli occhi e presi un profondo respiro dal naso. Derisi la mia stupidità e presi la borsa da terra.
 
‘Amore? Io non amo… Non posso amare… Nessuno mi ama, quindi perché dovrei?’
 
Ma sapevo che era una bugia.
 
Ero davanti alla sua porta. Bussai continuando a fissare il pavimento. Quasi istantaneamente la porta si aprì e sentii una voce forte, “Dove sei stato?”
 
Non risposi. Sembrava avessi perso la voce. Mi strinsi la bocca quando sentii l’impulso di piangere.
 
“Onodera? Stai bene?” sentii la sua mano sulla mia fronte per vedere se avessi la febbre. Debolmente alzai il braccio e allontanai la sua mano. Aprii la bocca e una voce venne fuori, “Sto bene.”
 
“Bene, la cena è quasi pronta. Puoi aspettare in salotto.” Si allontanò dalla porta e lo seguii dentro. Mi tolsi le scarpe e appesi la giacca al muro. Il rumore nelle mie orecchie sembrava aumentare mentre mi addentravo sempre più nell’appartamento di Takano. Poggiai la borsa sul divano e mi sedetti in mezzo ai cuscini. Da allora, non sentii nulla tranne le onde di dolore e la preoccupazione scontrarsi dentro di me. La parola ‘un anno’ rimbalzava beffardamente dentro di me, andando sempre più in profondità nel mio cuore ogni volta che ci pensavo. Strinsi la stoffa dei miei jeans. Il mio respiro si trasformò in singhiozzi, ma riuscii a mantenerli silenziosi. Improvvisamente, le mie lacrime straboccarono. Scendevano dalle mie guance sulla camicia e sull’addome. Non provai nemmeno a fermarle, le lasciai semplicemente cadere. Non mi importava più se ero nella casa di qualcun altro. Non m’importava più di nulla. Volevo solo raggomitolarmi in un angolo e sparire per sempre. Il mio corpo tremava violentemente  mentre le lacrime scendevano.
 
“Ritsu?” nemmeno mi resi conto che Takano mi stava chiamando fin quando non apparve accanto a me. La mia mano andò verso la stoffa della sua camicia e la strinse. Affondai il mio volto nella sua spalla e lasciai uscire i singhiozzi dalla mia gola. Erano rumorosi e costanti, e non potevo più trattenerli. Avvertii la sensazione della sua mano che si muoveva su e giù lungo la mia schiena. L’altra mano la lasciò sui miei fianchi mentre io tremavo tra le sue braccia. Le mie unghie affondavano nella sua camicia.
 
Non sapevo esattamente il motivo per cui piangevo. Non sapevo se era perché stavo per morire in meno di un anno. Non sapevo se era perché non avrei mai più visto la mia famiglia. Non sapevo se era a causa dell’uomo che mi teneva tra le braccia in quel momento, confortandomi.
 
Mentre piangevo tra le sue braccia, capii il perché. 


Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link terzo capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/4/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
La storia inizia ad entrare nel vivo. Dopo una prima parte abbastanza leggera, con il ritorno di Onodera a lavoro; nella seconda parte il nostro protagonista riceve la terribile notizia di avere meno di un anno di vita. La cosa peggiore per lui di tutta la faccenda è non riuscire a rivedere il suo amato Takano.
La truduzione è stata più semplice questa volta, anche se il capitolo è abbastanza lungo.
Ringrazio chi legge, segue, preferisce e soprattutto LORVETTINA91 e Cotton_Dreams che sono così gentili da lasciarmi le loro recensioni ♥
Bene, detto questo vi saluto :D
alla prossima :)

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 5



Piansi. E piansi. E piansi.
 
Avrei bagnato la camicia di Takano a quest’ora. Ma lui non disse mai niente; mi abbracciava soltanto. Mi aggrappai a lui con fermezza, le mie dita si intorpidirono a furia di stringere con così tanta forza. I miei singhiozzi si trasformarono in mugolii e sospiri mentre passava il tempo. Le mie dita lasciarono la sua camicia e  poggiai le mie mani sul suo petto. Le sue mani scesero sui miei fianchi e li circondarono, stringendoli leggermente. Sollevai leggermente il mio volto per vedere la sua espressione. Guardava davanti a sé con gli occhi aperti e il volto assente. Ma i suoi occhi mi dissero tutto. Odiava vedermi piangere, specialmente in quel modo così disperato. Sembrava triste e perso perché non sapeva il motivo per cui stessi piangendo.
 
Dovevo andarmene. Non potevo ferirlo mai più. Il suo aspetto mi aveva spezzato il cuore più di quanto me lo avesse spezzato in passato.
 
Lo allontanai. I capelli mi coprirono gli occhi, la mia espressione era indecifrabile mentre guardavo verso il basso. Deglutii cercando di trovare le parole, ma non uscì fuori nulla.
 
“Ritsu?”
 
Tremai appena chiamò il mio nome. Le mie mani scivolarono via dal suo petto e incrociai le braccia. Provai di nuovo a parlare, per dire solo “Scusa”
 
“Per cosa?”
 
“…Per aver pianto. E’ inutile.”
 
“Ritsu… che succede?”
 
Deglutii di nuovo e mi morsi il labbro inferiore. Strinsi le mie mani attorno alle mie braccia finché le nocche non divennero bianche.
 
“Niente. Solo stress.”, mormorai.
 
“Hai pianto parecchio solo per lo stress” non mi ero accorto che anche la sua voce era triste.
 
“Non è nulla. Vado a casa ora” feci per alzarmi, ma la sua mano mi trattenne  e circondò il mio polso. Mi tirò giù, la mia schiena contro di lui e le sue braccia attorno il mio petto. Ero troppo stanco per protestare.
 
“Non mentirmi. Davvero non ti fidi abbastanza di me?” la sua voce risuonò nelle mie orecchie.  Tremai di nuovo.
 
‘Ti amo troppo.’
 
“Takano-san, è solo stress. Lavoro e casa possono davvero stancare, sai?” feci una risata forzata, cercando di sembrare naturale. Non potevo vedere la sua faccia, quindi non sapevo cosa stesse pensando.
 
“Ritsu-,”
 
Riiing! Riiing! Riiing!
 
Il mio telefono squillò dalla borsa sul pavimento. Mi liberai da Takano e andai a prenderlo. Lo schermo mi diceva che era mia madre.
 
“Scusa, devo rispondere. Ci vediamo domani”, presi la borsa e camminai velocemente verso la porta. Acchiappai il cappotto, mi rimisi le scarpe, uscii e andai verso il mio appartamento. Chiusi bene la porta dietro di me e scivolai per terra. Avevo perso la chiamata, ma sapevo che mi avrebbe richiamato presto. Presi qualche respiro, calmando il battito del mio cuore. Quando il cellulare suonò per la seconda volta, provai a non farle notare di aver pianto per venti minuti.
 
“Ciao mamma.”
 
Rimase in silenzio per un momento, prima che dicesse, “Ritsu… è ora di tornare a casa.”
 
‘Cosa?’
 
“Eh? A casa? Che vuoi dire, mamma?” finsi di ridere un po’, sembrava che mi stessi strozzando.
 
“Il dott. Yukue mi ha chiamato poco fa”, sembrava che avesse appena pianto.
 
 
“Oh.”
 
“Torna a casa Ritsu, per favore. Lasciaci prendere cura di te. Anche An-chan ti starà vicino”, sembrava disperata. Mi portai le gambe al petto e poggiai la testa sopra di esse. Sentivo il mio intero corpo debole. Ogni arto era come se fosse fatto di piombo. Mi facevano male le orecchie e la gola mi pizzicava. Una sensazione di bruciore cresceva nel mio addome. Mi sentivo stanco e senza vita come una bambola.
 
“…No, mamma. Sto bene qui. Amo il lavoro e il posto dove vivo. Ho dei colleghi meravigliosi e sono felice”, odiavo ferirla ancora di più. Odiavo prendere pezzi di lei. Odiavo farle aspettare il giorno della mia morte. Ero il suo unico figlio e la sua più grande gioia, e stavo per morire. Stavo per lasciarla senza luce e senza gioia; bloccata tra il rimorso e la sofferenza.
 
Avevo sempre ferito le persone che amavo. Forse meritavo questo destino. Un destino di dolore e pena, soffrendo fino alla fine. Le persone che amavano sopportavano questa condizione, quindi perché io non dovrei sopportare lo stesso peso? Dopotutto, io ero quello che stava per morire.
 
“Per favore, Ritsu…” sapevo che i suoi occhi si stavano riempendo di lacrime. La sua voce si ruppe e respirò precariamente.
 
“Mamma”, forse ero un pessimo figlio per il fatto che non facevo ciò che voleva. Mi aveva sempre lasciato fare ciò che volevo, cedendo velocemente ai miei desideri e sogni. Forse era arrivato il momento che io la ascoltassi.
 
‘Ma, per quanto riguarda Takano-san?’ una piccola voce risuonò nella mia testa. Cosa dovevo fare con lui? Cosa dovevo fare con l’uomo che mi aveva abbracciato mentre piangevo? Cosa dovevo fare con l’uomo che amavo così tanto che mi faceva più male della mia malattia? Non potevo lasciarlo così, ma non potevo nemmeno dirgli che stavo morendo.
 
Una frattura si aprì dentro di me. Ero perso in essa. Incastrato tra la famiglia e l’amore. La famiglia dovrebbe venire prima, giusto? Ma ero così amato da Takano, che sembrava superasse tutto l’amore della famiglia. Dovrei restare con Takano e permettergli di starmi vicino o dovrei tornare a casa per finire i miei ultimi giorni?
 
Le lacrime sgorgarono ancora. Mi maledissi per essere così piagnone. Perché il mio cuore era così spaccato tra le due opzioni? Questa era anche la mia casa ora, quindi casa o casa?
 
“Almeno vieni a trovarci presto. Ti prego Ritsu caro, per favore” sussurrò mia madre. Se non sceglievo la mia casa precedente, almeno potevo fare qualcosa che rendeva felice mia madre per una volta.
 
“…Ok. Che ne dici di questo sabato?”
 
“Mi sembra perfetto. Grazie Ritsu” percepì un leggero sorriso nella sua voce. Dopo aver chiacchierato per pochi minuti, chiudemmo la conversazione. Appoggiai la nuca sulla porta, fissando il soffitto bianco. Non mi importava se mi fossi addormentato di nuovo nel genkan*. Volevo solo chiudere gli occhi e dimenticare tutto. Lasciarmi tutto alle spalle e allontanarmi in qualche posto più tranquillo e perfetto. Un posto senza dolore, pene e sofferenze. Da qualche parte dove posso essere con la persona che amo, senza niente che ci possa fermare dal creare ricordi per sempre. Ma non esisteva un posto del genere. Era un mondo freddo e crudele, che ti segnava ad un destino che non era interamente tuo.
 
Il dolore aumentò nel mio corpo e feci un suono di sofferenza. Finalmente notai che ero debole, troppo debole. Mi toccai la fronte; bruciava. Dolorosamente mi alzai, usando il muro come leva. Mi appoggiai al muro mentre camminavo verso il bagno, muovendomi lentamente e dolorosamente. Da quanto tempo soffrivo? Ero troppo intorpidito dallo shock e dalla tristezza da non rendermene conto?
 
Le ginocchia quasi mi cedettero appena mi staccai dal muro. Afferrai il lavandino per reggermi e mi guardai allo specchio. La faccia era tirata e bianca come un lenzuolo. Le occhiaie circondavano i miei occhi e sembravo trasandato. Avevo il respiro affannato e sudavo un po’. Takano se ne era accorto?
 
Tossii forte; un suono rimbombante e ruvido proveniva dal mio petto.  Mi stavo piegando sul lavandino, il mio corpo tremava a causa dello sforzo di tossire così forte. Mi tolsi la mano dalla bocca e la guardai.
 
‘Bene, non c’è sangue. E’ in qualche modo un buon segno. Ma questa febbre non lo è’ la mia crisi di tosse finì piano piano. Aprii il rubinetto e mi bagnai il viso con l’acqua fredda. Alleviò per un momento il calore mentre cercavo nel mobiletto le mie medicine per l’ebola. Finalmente presi le tre bottigliette e ingoiai le pillole velocemente.
 
Scivolai completamente per terra dopo che rimisi apposto le bottigliette. Appoggiando la testa sulla vasca, sospirai pesantemente mentre ricordavo gli eventi di quel giorno. Era stata una giornata da ricordare.
 
La mia vista si appannò e poi sbiadì appena mi addormentai.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link quinto capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/5/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
Eccomi qui col quinto capitolo^^ Be' è stato un capitolo decisamente triste, forse quello più triste fin ora. Ritsu è ancora combattuto sul dire o no la verità a Takano, il quale inizia ad intuire che c'è qualcosa che non va e che quel qualcosa di sicuro non è stress.
Abbiamo anche incontrato sua madre, una donna forte che nonostante tutto accetta le decisioni del figlio e lo lascia libero di vivere come meglio crede (al contrario di quello che succede nel manga/anime... XD)
Il prossimo capitolo sarà motlo forte e darà uno scossone agli eventi...
Bene questo è tutto^^, ringrazio sempre chi legge/segue/preferisce/recensisce :)
Un bacio :*
*Genkan: ingresso delle case giapponesi dove si lasciano le scarpe.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 6

“Senpai, ti amo”
 
Sentii il calore attraversare il mio volto e sapevo di stare arrossendo. Mi ero appena confessato al ragazzo che stavo stalkerando da anni? Potevo sopportare di essere rifiutato, perché onestamente, quella era la reazione più prevedibile a questo amore non ricambiato.
 
“Vuoi uscire con me?”
 
Eh?
 
“C-cosa?”
 
La mano di Saga-senpai mi toccò improvvisamente la testa, facendomi arrossire ancora di più. Mi scompigliò i capelli e disse, “A me andrebbe bene”
 
.
.
 
Tornai a casa, ripensando ai recenti eventi della giornata.
 
Saga-senpai mi aveva chiesto di uscire insieme?! Cosa?! Perché?!
 
Ma sapevo che non mi importava. Il mio piccolo cuore sarebbe bruciato se davvero fossi uscito insieme al mio primo amore non ricambiato. La mia faccia era ancora calda, ma non era a causa del mio rossore causato da quei pensieri. Ero stanco e dolorante, il mio corpo pulsava con quel leggero dolore.
 
‘Grandioso, sta iniziando di nuovo’ pensai aspramente. Mentre stavo camminando attraverso il cancello della villa Onodera, avevo il respiro affannoso e sudavo molto. Piegato in due dal dolore, inciampai sui gradini e debolmente attraversai la porta d’ingresso. Tossii duramente e ansimai per respirare. Sentii le voci dei miei genitori nel vicino soggiorno. Barcollai verso la stanza e feci pressione sulla porta. Si aprì, rivelando i volti sconvolti dei miei genitori quando videro in che condizioni ero ridotto.
 
“Ritsu?!” esclamò mia madre disperatamente.
 
Tutto quello che vidi fu il pavimento che si avvicinava e poi un’oscurità imperscrutabile. Sentii mia madre urlare il mio nome e mio padre gridare alle cameriere di chiamare un’ambulanza.
 
.
.
.
 
Mi svegliai col sudore freddo. Le piastrelle del pavimento premevano sulla mia schiena mentre ricordavo di essermi addormentato nel bagno. Mi sollevai sui gomiti e allontanai la mia stanchezza. La mia spina dorsale era indolenzita a causa del pavimento duro. Mi toccai di nuovo la testa e sentii che era ancora calda.
 
“Cavolo” maledissi sottovoce. Sobbalzai quando sentì picchiare la porta e una voce forte che urlava il mio nome.
 
“Onodera! Apri questa dannata porta!”
 
Cazzo…
 
Mi alzai dalla vasca e arrancai verso l’ingresso. Perché stava urlando così presto la mattina?! Diedi un’occhiata all’orologio e mugolai rumorosamente. Erano le 11.
 
“Merda!” mi incavolai e corsi verso la porta. Mi lanciai per aprirla e vidi un arrabbiato, no, meglio dire un furioso Takano.
 
“Dove DIAVOLO eri?! Sono venuto qui dal lavoro! Sai che ora è?!”
 
“Scusa! Non mi ero svegliato! Per favore scusami” mi inchinai più e più volte, “Mi sistemo subito, per favore scusami! Sarò pronto in cinque minuti.”
 
Tentai di chiudere la porta ma una scarpa nera si mise di mezzo. Aprii di nuovo e un Takano meno nervoso disse, “Stai bene?”
 
“S-sì ovviamente! Haha, che stupido che sono! Ora puoi andare per favore!” non potevo nascondere la sottile irritazione nella mia voce. Se era così incazzato nel non vedermi a lavoro, stava solo perdendo ancora più tempo.
 
“Puoi prenderti un giorno libero, se ne hai bisogno.”
 
“Cosa? Ho appena preso un giorno libero! Sto bene, Takano-san” allontanai velocemente la mano che stava per toccarmi la fronte. Se avesse notato che avevo la febbre, non mi avrebbe fatto uscire di casa.
 
“Bene. Ma se ricevo una lamentela o se ti vedo fiacco, ti prendo a calci nel sedere!”
 
“Ne prenderò nota! Ora devo prepararmi, quindi puoi tornare a lavoro.”
 
“Ho portato la macchina, quindi ti aspetto” Takano entrò senza il permesso e si sedette sul divano. Sapevo che era inutile discutere, così corsi nella mia stanza e rovistai nell’armadio.
 
“Maledizione! Non riesco a trovare niente ora che è tutto pulito e organizzato” pensai mentre buttavo a casaccio le camice e le scarpe, rovinando il mio perfetto armadio. Un’ondata improvvisa di nausea mi colpì e mi misi una mano sulla bocca. In qualche modo riuscii ad ingoiare la bile che stava salendo. Scuotendo la testa per allontanare lo stordimento, finalmente trovai una camicia e dei pantaloni decenti. Me li infilai e mi aggiustai i capelli in dieci secondi, corsi verso il genkan e mi misi le scarpe. Sentii Takano che mi seguiva silenziosamente mentre agguantavo giacca e borsa e uscivo dalla porta.
 
.
.
 
“Oooh, Ricchan non ha sentito la sveglia~?” una voce allegra ridacchiava.
 
“Sta zitto, Kisa-san” mi sedetti e iniziai immediatamente a lavorare.
 
Circa un’ora dopo, arrivò l’ora di pranzo. Pensavo di saltarla per continuare a lavorare, ma una mano pesante si poggiò sulla mia spalla e una voce familiare mi domandò, “Oi, o mangi con me ora o dovrai cenare a casa mia”
 
Sentii una vena pulsare alla sua testardaggine di tiranno e sospirai. Davvero non volevo finire a casa sua stanotte, perché sapevo cosa sarebbe accaduto dopo. Questo lasciava l’opzione pranzo col capo.
 
“Mangerò il pranzo con te… aspetta solo un po’” mormorai mentre continuavo a guardare lo schermo del computer.
 
“Bene. Cosa vuoi per pranzo?”
 
“Umm-,” mi fermai appena la familiare sensazione di bruciore ritornò nella mia gola e giù nel mio stomaco.
 
“Aspetta un attimo-!” mi alzai e filai verso il bagno come un topo. Andai verso il primo bagno libero e vomitai immediatamente nel water. Il suono del vomito e della tosse circondò il bagno mentre i contenuti viscidi scorrevano nella mia gola e fuori dalla mia bocca nel water sotto di me.
 
‘Gesù, lo zio vomitava così tanto quando aveva l’ebola?’ mi lamentai dentro di me prima che rimettessi per la quarta volta. Sentii bussare alla porta e Takano dire, “Onodera.”
 
Merda!
 
“Taka-!” la mia frase fu interrotta di nuovo dal vomito. I puntini ballavano nella mia visuale mentre cresceva la disidratazione dal troppo rimettere.
 
“Onodera? Apri la porta” sentii una leggera disperazione nella sua voce mentre bussava al mio bagno. Feci del mio meglio per ingoiare il resto e sbloccai la porta lentamente. Tutto scomparve dalla mia vista quando vidi la preoccupazione nel volto del mio capo.
 
“Cosa?” dissi con voce rauca.
 
“Ti porto in ospedale” sentii la sua mano prendere il mio braccio. L’allarme crebbe sul mio volto e lo allontanai, “No!”
 
‘Perché scoprirai il vero motivo per cui sto male’
 
“Onodera! Guardati! Hai bisogno di un dottore!”
 
“No! Per favore Takano-san, no! Andrò a casa a riposare!”
 
“Perché sei così spaventato?”
 
“N-non lo sono! E’ solo che non è necessario! Gli ospedali sono sempre così affollati, e probabilmente aspetterei per ore solo per sapere che ho la febbre o qualcosa del genere!”
 
Gli passai avanti, ma il mondo girò e per poco non caddi per terra. Ma lui mi prese e mi rimise in piedi mentre allontanavo i puntini che ballavano nella mia visuale. I contorni si facevano scuri sapevo che avrei perso conoscenza presto se non mi calmavo.
 
“Onodera, tu ci andrai” ringhiò. Iniziò a camminare tenendo il mio polso, ma io piantai fermamente i miei piedi per terra e continuai a protestare.
 
“Maledizione Onodera, accetta un piccolo aiuto qualche volta!” mi disse ancora più forte e io sbandai. Prima che lui attraversasse la porta, lo raggiunsi e gli presi la parte posteriore della camicia. Questo lo fermò bruscamente e mi guardò.
 
“Per favore Takano-san, no” lo pregai. Non mi importava se era sospettoso del mio comportamento, ma avevo bisogno che se ne dimenticasse.
 
“Mandami a casa. Prometto che riposerò tutto il tempo necessario e mangerò la cena con te ogni notte. Solo non mi portare in ospedale” se pensava che avevo paura degli ospedali, non m’importava. Fin quando non avesse saputo la verità.
 
Lo sentii girarsi e sospirare lentamente. Mi mise una mano in testa e disse tranquillamente, “Va bene, ma se non starai almeno un minimo meglio stanotte, andrai in ospedale”
 
Annui impercettibilmente mentre mi arruffava i capelli. Tolse la mano dai capelli e riprese il mio polso. Lo sentii piegarsi in avanti e premere le sue labbra sulla mia fronte calda. Il rossore attraversò le mie guance e i miei occhi si allargarono. Si tirò indietro e io mormorai senza convinzione, “Non fare queste cose a lavoro”.
 
Udii il suo petto fremere a causa della piccola risata che fece e disse “Ti porto a casa.”
 
.
 
Il dolore crebbe nel lato sinistro del mio stomaco quando mi sedetti nella macchina. Trasalii, ma nascosi velocemente la mia espressione dolorante appena Takano si sedette sul sedile accanto a me. Uscì dal parcheggio e io mi raggomitolai sul sedile, premendo una mano sul mio fianco. Era come se qualcuno mi avesse trafitto in profondità per qualche centimetro con un coltello, lentamente lo affondava e strappava il mio stomaco. Cresceva mentre guidava, ma non mostrai alcun segno di sofferenza, a parte la mia mano che premeva il fianco così forte da perdere la sensibilità. Fortunatamente l’uomo accanto a me era troppo distratto dalla guida per notarlo. La mia visuale era ancora annebbiata e il nuovo mal di testa non aiutava.
 
Finalmente, raggiungemmo l’appartamento. Sentivo così tanto dolore che quasi non riuscivo a muovermi ma mi sforzai di alzarmi. Digrignai i denti così forte che scricchiolarono. Soffrendo atrocemente uscii dalla macchina e quasi gemetti per il dolore. Mi piegai un po’ in avanti, stringendomi ancora il fianco. Takano prese il mio braccio e mi aiutò con l’ascensore, credendo alla mia farsa. Posso essere un pessimo bugiardo con le parole, ma posso riuscire a non mostrare il mio dolore facilmente. Mi aiutò fino alla porta e gli augurai una buona giornata e lo ringraziai. Mormorò qualcosa riguardo il venire più tardi ma ero troppo tormentato da accorgermene.
 
Chiusi la porta e aspettai che i passi sparissero. Appena non li sentii più, caddi sulle mani e sulle ginocchia. Ora pareva che il coltello mi avesse trapassato lo stomaco orizzontalmente aprendolo in due, e aspettai che le mie viscere uscissero fuori. Feci un piccolo lamento di tortura. Gattonai agonizzante verso il bagno, tutto confuso e  lento. Percepii una nauseante dolcezza nella mia bocca e lo sputai sulle piastrelle del bagno.
 
Questa volta era tutto sangue.
 
Mi spaventai e provai ad alzarmi, ma immediatamente collassai di nuovo, urlando dal dolore. Gemevo mentre il sangue mi usciva dalla bocca e scivolava sul mio mento, finendo sul pavimento. Lacrime di dolore e paura scendevano sulle mie guance e si mescolavano col sangue sul mio mento. Avevo bisogno di chiamare qualcuno. Takano apparve immediatamente nella mia testa.
 
Mi girai, gattonando con estrema lentezza fuori dal bagno. Mi aggrappai al divano, sollevandomi leggermente e sforzandomi a stare in piedi. Ignorai le mie urla di dolore e un po’ gattonavo, un po’ camminavo verso la fine del soggiorno usando il divano come supporto. Crollai immediatamente sulle mie gambe. I miei arti erano incredibilmente pesanti mentre mi trascinavo in avanti, la mia testardaggine non cedeva al dolore. Raggiunsi la borsa per terra e mi ribaltai, cadendo di faccia insieme alla borsa. Non riuscivo più a vedere, scossi la testa mentre tutti i miei sensi si affievolivano. Il mio corpo stava cedendo, lo avevo capito.
 
‘Takano-san… scusami. Avrei dovuto dirtelo… Masamune,”  diedi un ultimo colpo di tosse e il sangue uscì fuori e scese sul mio mento, “Ti amo.”
 
Il mio ultimo pensiero mentre sentivo le mie dita circondare il cellulare.
 
.
.
.
 
(Terza-Persona P.O.V.)
 
Qualcosa non andava bene, secondo Takano. Credette di aver sentito un suono dalla casa di Onodera mentre lui raggiungeva l’ascensore alla fine della hall. Sembrava quasi un lamento. Ma cacciò via quell’idea pensando fosse la sua immaginazione. L’ascensore scese giù al parcheggio sotto l’edificio, ma un’inquietante sensazione di disagio continuava ad esserci nel suo stomaco.
 
Qualcosa non andava bene. Lo sapeva.
 
Uscì dall’ascensore con il volto accigliato. Aveva dimenticato qualcosa? Aveva lasciato qualcosa a casa di Onodera in qualche modo?
 
Onodera.
 
Sapeva che aveva qualcosa a che fare con Onodera. La sua naturale abilità di sapere che qualcosa non andava bene con Onodera non sbagliava mai. Takano capiva sempre quando il suo primo amore aveva bisogno di lui. Quando succedeva qualcosa a Ritsu, lui sentiva una sensazione di disagio. Come in quel momento.
 
Si allontanò immediatamente dalla sua auto e tornò all’ascensore. La sua preoccupazione aveva avuto la meglio e premeva furiosamente il bottone per richiamare l’ascensore per riportarlo al loro piano. L’ascensore sembrava salisse più lentamente del solito. Batteva i piedi mentre aspettava. Finalmente sentì il campanellino che lo informava dell’arrivo. Uscì fuori dalle porte prima che si aprissero completamente e camminò per la hall.
 
‘Probabilmente sto esagerando e lui mi urlerà contro appena mi vedrà’ Takano non poté evitare di sorridere al pensiero del suo piccolo uke che urlava. Bussò alla porta ma non sentì nessuna risposta.
 
Controllò la porta e vide che non era chiusa. ‘Lo ucciderò’ pensò Takano. Aprì cautamente la porta e chiamò, “Onodera?”
 
Guardò in basso e vide il suo amante steso sul pavimento, senza vita e col sangue che usciva dalla bocca.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link sesto capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/6/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
Wow, mi stupisco della mia velocità *si appalude da sola*. Questa storia mi piace moltissimo ed è un piacere tradurla, questi capitoli poi sono molto emozionanti *-*
Be', vi avevo detto che sarebbe stato un capitolo forte e che sarebbe stato l'inizio della svolta in questa fanfiction. Nell'ultima parte abbiamo anche avuto il punto di vista di Takano, non oso immaginare cosa abbia provato appena ha visto il suo amore in quelle condizioni :'(
Ringrazio sempre chi recensisce/legge/segue/preferisce/ricorda :)
A presto :D

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 7
 
La vaga sensazione di sentire qualcosa…
 
Un urlo… una serie di passi poi qualcuno che crolla accanto a me… una presenza e un odore familiare…
 
Takano-san…
 

 
Aprendo leggermente i miei occhi, tutto quello che vedevo era una luce offuscata. Sentivo il sangue nella mia gola e il dolore lancinante nell’addome, sembrava come se qualcuno mi avesse sparato e poi avesse conficcato un bastone nella ferita. Sono sorpreso di non essere morto ancora.
 
‘Ma questo non è il modo in cui dovrei morire… l’ebola non ti uccide all’improvviso… avevo un anno…’
 
Anche se intensificava il mio dolore, mi forzai ad aprire gli occhi solo un po’ di più. La luce si chiarì e notai la figura accanto a me.
 
Takano era sulle sue mani e sulle sue ginocchia, visibilmente tremante e gli occhi incredibilmente spalancati. Era più pallido di me, fissava il mio corpo sanguinante e senza vita sul pavimento. È la cosa più spaventosa che abbia mai visto.
 
Provai a parlare, a fare un suono, qualcosa che gli facesse capire che ero ancora vivo. Ma mi uscì solo una tosse debole, spessa e umida. Sembrava più simile ad uno strozzamento a causa del liquido nella mia gola, e sentii qualche goccia di sangue colpire il pavimento sotto la mia bocca. Questo lo risvegliò dallo shock e si avvicinò.
 
“Ritsu…Ritsu, va tutto bene. Vado a chiamare aiuto, ma ho bisogno che tu ti giri di fianco così che non soffochi” la sua voce era piena di paura e estrema ansia. I miei occhi si spostarono sulla sua faccia, prendendo l’ultima immagine che probabilmente avrei visto.
 
Mi mise le mani sul mio fianco, provando a girarmi. Ma feci un altro suono di soffocamento, questo più forte, perché toccò esattamente il punto che mi faceva più male. Apparentemente capì, così spostò le mani in una posizione differente. Una mano sul bacino e l’altra sulla spalla, mi girò dallo stare steso sulla pancia allo stare steso sul lato destro. Non potevo muovermi per niente, e iniziavo a sentirmi svenire di nuovo. La mia visuale si offuscò, feci un ultimo suono, questo più debole dei precedenti.
 
Era davvero l’ultima volta che avrei visto la luce del giorno? L’ultima volta che avrei visto Takano? Era davvero così che dovevo morire; di fronte all’uomo che amavo e forse senza che lui sappia il perché?
 
Non avrei mai visto la mia famiglia per l’ultima volta. Mamma, papà, e An-chan…tutti. Non avrei mai più lavorato, vissuto ancora, amato ancora. Masamune non saprà mai che l’ho amato. Non saprà mai che l’ho sempre amato, non volevo semplicemente ammetterlo. E non saprò mai come è essere amati sinceramente e appoggiati da qualcun altro, non solo la tua famiglia.
 
Ero vagamente consapevole delle lacrime che scendevano sulle mie guance. Scendevano dai miei occhi quasi chiusi, le gocce si facevano beffe del mio dolore mentre attraversavano le mie guance. Takano vide le mie lacrime e mise una mano sulla mia fredda guancia.
 
“Non piangere, Ritsu. Tu vivrai. Tu ce la farai e vivrai. Resta con me.” Si alzò velocemente e corse verso il telefono nel soggiorno. Fece il numero delle emergenze e iniziò disperatamente a parlare nel ricevitore. Non riuscivo a capire cosa stesse dicendo perché la mia mente era troppo annebbiata. Mentre i secondi passavano, sentivo i miei occhi chiudersi e il mio respiro rallentare. Credo che sia arrivato il momento; ciò che stavo aspettando, ciò per cui mi ero preparato. Quindi perché ero così esitante nell’andarmene?
 
Improvvisamente sentii la sua dolce, bassa voce accanto a me. Sentii le ultime parole prima di perdere completamente i sensi.
 
“Per favore non morire, Ritsu. Non mi lasciare di nuovo.”
 
.
.
.
 
Un leggero dolore, più che un dolore forte. Le voci intorno a me paiono un ronzio. Risuonano da qualche parte lontano. Un leggero calore mi copre, ma non è familiare. C’è odore di pulito.
 
Sono consapevole di respirare e che il mio cuore sta battendo. Sento voci distanti e suoni attorno a me. Stacco le mie labbra per aprirle, prendendo un respiro profondo. Sono… vivo?
 
Non mi sono mai sentito così sollevato in vita mia. Ho sufficiente forza per aprire i miei occhi, e così faccio. Tutto ciò che vedo è un soffitto bianco e delle luci. Giro gli occhi a destra e vedo una finestra. Due querce crescono fuori, le loro foglie sfiorano il vetro. Sollevo lo sguardo e vedo una macchina che mi è troppo familiare; un monitor cardiaco. Sono in un ospedale.
 
Giro la testa a sinistra, i miei occhi seguono il movimento. Si posano sull’uomo che siede su una sedia accanto al mio letto. I suoi gomiti sono sulle ginocchia ed è piegato in avanti, il volto tra le mani. Riconosco l’uomo e so che è Takano.
 
Non riesco a togliergli gli occhi di dosso mentre lo guardo. Vedo una goccia d’acqua apparire e scendere sul polso, scomparendo sotto la sua manica. Takano sta piangendo. Lui sta piangendo.
 
Sbatto le palpebre per allontanare l’umidità che si sta formando nei miei occhi. È la scena più straziante a cui abbia mai assistito. E so di esserne la causa. Goffamente mi schiarisco la gola e la sua testa si solleva. Vedo le scie lasciate dalle lacrime sulle guance, ma è veloce ad asciugarle. Mi vede e i suoi occhi si spalancarono.
 
“Ritsu” sussurra sorpreso. Si alza, direttamente accanto la mio letto. Sollevo lo sguardo verso di lui e improvvisamente sono circondato da un abbraccio stretto. Lo sento tremare lievemente e un respiro leggero mi sfiora l’orecchio.
 
“Ritsu” ripete, questa volta con un tono più triste. Sollevo le mie braccia debolmente per circondare la sua schiena e sospirai a mia volta. Lo sento allontanarsi lievemente per premere le sue labbra contro le mie, le sue mani sul mio volto. Rimaniamo così. Non mi importa se qualcuno ci vede, sono solo felice che lui mi stia abbracciando, che mi stia baciando, che io sia vivo. Siamo nel nostro mondo, solo noi e nessun altro. Questo è il tipo di mondo che cercavo. Felice e tranquillo, senza dolore o sofferenza. Un mondo con Masamune e Masamune solo.
 
Ci separiamo solo quando sentiamo che qualcuno entra nella stanza e si schiarisce la voce. È il dottore, lo riconosco dal modo in cui è vestito.
 
“Onodera-san, si è svegliato! Iniziavo a preoccuparmi dal momento che ha dormito per quasi quattro giorni. Ma non sono sorpreso visto quello che il suo corpo ha dovuto affrontare. È fortunato ad essere sopravvissuto con così tanti danni”
 
“D-danni?” sono consapevole che Takano mi sta tenendo la mano, fissando il pavimento mentre noi parliamo.
 
“Ha avuto una considerevole perdita di sangue nella milza e nel lato sinistro dello stomaco. Abbiamo dovuto rimuovere metà della sua milza perché il danno era troppo esteso e le abbiamo dato una trasfusione di sangue. Lei ha perso molo sangue e la maggior parte si era accumulata nella parte inferiore del suo addome. Lei è un uomo fortunato, Onodera-san.”
 
Fortunato? Fortunato di avere l’ebola, che forse mi ha causato questi problemi? Accadrà di nuovo?
 
Ma forzai un sorriso triste e risposi, “Grazie. Mi ha salvato la vita.”
 
“Non sono stato io. Il giovane uomo accanto a lei lo ha fatto. Se non l’avesse trovata o se fosse arrivato qualche minuto dopo, lei non sarebbe qui ora”
 
Guardai di nuovo Takano, ma la sua espressione era illeggibile dal momento che i suoi capelli coprivano i suoi occhi. Mi girai verso il dottore vedendolo che usciva dalla stanza lasciandomi in un atmosfera pesante.  Rimanemmo così in silenzio, lui che mi teneva la mano guardando lontano da me, mentre attendevo che lui dicesse qualcosa.
 
Finalmente disse, “Sai perché hai avuto un emorragia interna?”
 
Il mio respiro si fermò e il mio sangue si congelò. Sapeva? Decisi di mentire.
 
“S-sinceramente non lo so. Forse troppo stress a lavoro…?”
 
“Mi hanno detto perché. Era un possibile effetto collaterale delle medicazioni. Ma non mia hanno detto che perché tu prendi medicine.”
 
Improvvisamente mi ricordai le parole del dott. Yukue di parecchio tempo fa quando mi prescrisse le medicine per l’ebola. Mi disse degli effetti collaterali e che l’emorragia interna era uno dei più frequenti. Mi aveva detto di stare attento. Se avevo dolori improvvisi o se vomitavo sangue, dovevo filare dritto in ospedale. Penso di averlo dimenticato perché dovevo morire a prescindere, quindi perché importava?
 
“Quindi, perché?” finalmente mi guardò, dritto negli occhi. Vidi tristezza, paura, e delusione nei suoi occhi. Era deluso perché gli avevo mentito, non dicendogli di essere malato. Il mio cuore era in un blocco di ghiaccio mentre lo guardavo. I suoi occhi color ambra scavavano i miei verdi e io ero senza parole. Cosa dovevo dire?
 
Non posso dirglielo, non potrei dirglielo. Entrambi i nostri cuori si sarebbero spezzati e io non sarei più l’unico a soffrire. Non sapevo nemmeno come avrebbe reagito se glielo avessi detto. Mi avrebbe lasciato? Sarebbe stato così angosciante stare accanto a me, così mi lascerebbe solo? Ero rimasto sveglio, innumerevoli volte, fissando il muro e chiedendomi queste cose. Non mi avrebbe più amato, dal momento che stava per perdermi a prescindere? Non potevo sopportare la perdita. Non era giusto. Perché? Perché io? Perché non posso essere felice per una volta?
 
Ma lui meritava di saperlo. Mi aveva salvato la vita. Se mi avesse lasciato, non importava. Che cosa ho da perdere? Sto per morire nel giro di un anno, quindi non perderei né guadagnerei nulla. Lo amo, lo amo più di qualsiasi altra cosa. Lui dice di amarmi più di qualsiasi altra cosa, quindi non dovrebbe amarmi anche se lo sapesse? Ma sapevo che non potevo attendere fino al giorno della mia morte. Lo avrebbe dovuto sapere prima o poi. Se tu stessi morendo, lo diresti alla persona che ami?
 
Avevo capito che era la cosa giusta da fare. Doveva esserlo. Poi avremmo potuto affrontare la cosa insieme e io non sarei stato più solo. Mi avrebbe seguito nell’oscurità. Mi avrebbe aiutato, pianto con me, amato con me. Capii che ero rimasto solo per tutto questo tempo solo per colpa mia. Non volevo dirglielo perché ero egoista. Non volevo essere ferito, ma immaginavo il dolore che avrebbe provato se non lo avesse saputo. Che cosa farei se fosse Takano a morire? Lo vorrei sapere, ovviamente. E mi resi conto che la paura era il cuore del mio amore*.
 
“Perché ho l’ebola” mi uscii  prima che potessi fermarlo. Ma lui mi guardò confuso. Ovviamente non poteva sapere cosa fosse, era rara.
 
“Ho l’ebola. È una malattia rara ed incurabile. Una malattia incurabile che mi ucciderà” sembravo così rilassato mentre lo dicevo. Sgranò gli occhi quando sentì che era incurabile. Ma lo sentì ansimare brevemente quando dissi che mi avrebbe ucciso. Rimase a fissarmi e io fissavo lui. Stringeva la ringhiera del letto così strettamente che le sue nocche divennero bianche e le sue mani tremavano. Non parlò nessuno dei due, per un tempo che sembrava ore. Stavamo aspettando che digerisse la rivelazione. Smisi di fissarlo e mi portai le ginocchia al petto, circondando le gambe con le braccia e inizia a fissare le mie ginocchia. Lo sentii prendere un ampio respiro. A malapena lo udii quando sussurrò.
 
“Quanto?”
 
Sapevo cosa intendeva, ma non potevo rispondergli. Qualche lacrima cadde sul lenzuolo che copriva le mie ginocchia e sospirai tremando. Provai ad ingoiare, ma avevo un groppo in gola.
 
“Un…Un anno.”
 
“…Perché non me l’hai detto?”
 
Mi raggomitolai un po’. Mi sentivo incredibilmente piccolo e debole. Provavo dolore e disperazione. Si sentiva allo stesso modo? Mormorai silenziosamente, non penso mi abbia sentito.
 
“…Perché… ti amo.”
 
“Cosa?”
 
“Perché ti amo” disse più forte, alzando lo sguardo. Le lacrime scendevano libere ora; giù sulle mie guance poi la mandibola e la gola, fino alle lenzuola. Notai delle lacrime agli angoli degli occhi di Takano, e questo mi fece iniziare a singhiozzare. Singhiozzavo lentamente, respirando pesantemente. Mi portai le mani alla bocca e piansi.
 
“Perché ti amo! Non te l’ho detto perché non volevo ferirti più, perché ti amo! Ti amo, ti amo, ti amo!” ero un rottame. Stavo crollando difronte a Takano, facendo uscire ciò che era stato rinchiuso dentro me per troppo tempo. Non sapevo più nemmeno cosa stessi dicendo. Ero sicuro che stava morendo dentro, anche lui con la voglia di urlare e piangere. Ma lui rimase lì in piedi scioccato, guardandomi crollare. Mi raggiunse e mi abbracciò. Mi strinse di nuovo mentre io piangevo e singhiozzavo nel suo orecchio, stringendo la sua camicia. Sembrava un dejà vu mentre mi aggrappavo a lui come un cucciolo di scimmia, piangendo.
 
Sentii solo un rantolo uscire dalla sua bocca, ma fu un suono che avrei ricordato per sempre.


Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link settimo capitolo:https://www.fanfiction.net/s/9801745/7/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice: 
Salve a tutti, è da parecchio che non aggiorno e chiedo scusa ^^' Purtroppo si sta avvicinando sempre più pericolosamente la scuola e il tempo libero non è più quello che avevo prima :(
Gli aggiornamenti saranno più lenti d'ora in poi, ma farò il possibile per non far pasare troppo tempo :)
Be' Ritsu è sopravvissuto e finalmente ha detto a Takano la verità. La prima parte è stata molto emozionante, quando la lessi piansi :'(
Mi dispiace tantissimo per Takano, non oso immaginare cosa si possa provare a sapere una cosa del genere.
A proposito, l'autrice ha postato finalmente gli utlimi capitoli, vi avviso iniziate a comprare i fazzoletti, vi serviranno...
Ma per arrivare all'ultimo capitolo (sono 21 in tutto) a noi manca ancora un bel po', quindi godiamoci questa fantastica storia :D
* la paura è il cuore dell'amore: è il titolo della fanfiction ma questa frase è anche apparsa in questo capitolo quindi non capendo bene cosa volesse dire, mi sono messa a cercare cosa volesse significare. A quanto mi dice google, sarebbe un riferimento alla cristianità in quanto chi ha timore di Dio, lo ama.
Quindi in teoria anche l'amore di Ritsu si fonda sulla paura (ha paura di parlare della malattia, di ammettere i suoi sentimenti, di essere abbandonato ecc.)
Almeno così l'ho interpretata io XD Magari chiederò direttamente all'autrice cosa volesse intendere.
Come al solito ringrazio chi recensisce/preferisce/segue/ricorda ^_^
Ricordate di lasciare una recensioncia :3
A presto :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Fear Is The Heart of Love
La paura è il cuore dell'amore
Capitolo 8


Lo avevo fatto. Finalmente lo avevo fatto. Avevo detto a Takano che lo amavo, ma non in un momento felice. Gli avevo anche detto la verità. Una verità che lo ha ucciso dentro perché ora sapeva che stavo per morire. A mala pena parlò dopo che glielo avevo detto; si sedette sulla sedia accanto al mio letto, fissando il pavimento. Isaka venne il giorno seguente, preoccupato per me e chiedendo a Takano di tornare a lavoro. Sollevò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi color ambra si spostarono verso i miei. Mi stava silenziosamente chiedendo se mi andava bene che se ne andasse. Io volevo che andasse, affinché si tuffasse nel lavoro e dimenticasse tutto per un po’. Non volevo che ci pensasse mai più.
 
I miei genitori mi fecero visita pochi giorni dopo. Mia madre era stranamente silenziosa, pallida e tesa. Mi disse che potevo andare a trovargli dopo essere stato dimesso e le promisi che lo avrei fatto. Takano non fu in grado di venire spesso perché si trovava in mezzo alla fine del ciclo alla Marukawa, ma ero felice che non potesse venire. Non volevo che cedesse improvvisamente difronte a me; non lo avrei sopportato. La tristezza, il dolore, il passato.
 
Una settimana e mezza dopo, fui dimesso dall’ospedale. Fui obbligato a stare a riposo a letto per almeno un’altra settimana e dovevo stare attento a non stressarmi troppo. Feci un sorriso falso e ringraziai, poi presi il treno per casa. Stavo morendo dentro, e avevo paura del momento in cui avrei rivisto Takano.
 
Raggiunsi casa qualche minuto dopo le cinque. Il mio appartamento mi sembrava strano, quasi alieno. Poi mi ricordai che Takano lo aveva pulito quasi tre settimane fa. Era passato davvero così tanto tempo? In queste tre settimane ho scoperto che ho un solo anno, soffro gli effetti collaterali delle medicine e ho ammesso il mio amore per Takano mentre gli dicevo che stavo per morire. Le migliori tre settimane della mia vita.
 
Non sapevo cosa fare adesso, così mi feci un pisolino sul divano. Non sognai nulla, solo un’incombente oscurità. Quando mi svegliai poche ore dopo, capì che era il mio sogno. Pochi momenti dopo, sentii bussare alla porta. Pregai che non fosse Takano.
 
La aprii lentamente per vedere proprio Takano Masamune. Aveva un’espressione malinconica e distante, come se si fosse perso attraverso il mondo, andando alla deriva senza alcun proposito e solo con la tristezza.
 
“Takano-san…”
 
“Onodera… possiamo parlare?” la sua voce era calma e bassa, diversamente dal suo solito tono acuto e alto. Sapevo dove voleva andare a parare. Aprii la porta completamente, facendogli cenno di entrare. Entrò senza esitazione, andando dritto verso il divano.
 
“Vuoi qualcosa da bere?” lo seguì nel soggiorno, ma a mala pena scosse la testa. Lentamente mi sedetti accanto a lui, dall’altro lato del divano. Sono sicuro che poteva sentire il mio cuore accelerare, ma nemmeno io potevo dire se era per paura o per amore. Restammo seduti per qualche minuto, senza parlare. Finalmente lo sentii prendere un ampio respiro e iniziò.
 
“Da quanto lo sai? Che hai l’ebola?”
 
Battei le palpebre alla sua improvvisa domanda, ma risposi comunque sperando che la conversazione sarebbe stata d’aiuto per abbattere questa nuova barriera.
 
“Dal… dal giorno in cui mi confessai a te al liceo”
 
Vidi la sue mani stringersi attorno alla stoffa dei suoi jeans. Fissava di nuovo il pavimento, i suoi freddi occhi ambra spenti e sfuocati.
 
“Perché non me l’hai mai detto?”
 
“… Ero così felice a scuola con te per distruggere quella gioia. Poi ci lasciammo e pensavo che non ti avrei mai più rivisto. Ma poi ci siamo trovati di nuovo, e non volevo dirtelo perché pensavo che non meritassi di saperlo. Ma poi ho capito che avresti dovuto sapere, ma non volevo dirtelo perché avevo capito che… ti amo”
 
Mi stupii per le mie parole oneste e per come stessi calmo. Un pesante macigno era stato tolto dalle mie spalle, ma sentivo che ero insensibile. L’uomo accanto a me soffriva, mostrandolo apertamente. Anche se piangevo, urlavo e morivo all’interno, non ne mostrai alcun segno. Penso che questo sia il modo in cui mi rapporto alle cose, il modo in cui mi sono sempre rapportato alla mia malattia. Takano non disse nulla, quindi continuai.
 
“Ma Takano-san, spero che questo non cambi troppo il nostro rapporto. Non voglio che mi tratti come se fossi fatto di vetro. Voglio che ci godiamo il tempo rimasto insieme, perché ci amiamo, vero? So che ti potrebbe ferire tantissimo e questa è l’ultima cosa che voglio, ma desidero avere una relazione con te ed essere felice finché possiamo. Non dobbiamo farlo perché… perché presto andrò via, ma perché ho sempre voluto essere felice dal momento che raramente lo sono stato. So che sarei felice con te, ma è una tua decisione”
 
Nervosamente mi portai i palmi sulle ginocchia, appena finì. Ero stato così onesto e aperto che quasi mi ero spaventato. Dovevo davvero fare i conti con la mia morte così all’improvviso? Lanciai uno sguardo e vidi Takano che mi fissava con gli occhi spalancati. Sembrava scioccato, rincuorato e spaventato allo stesso tempo. Le emozioni sparirono presto e si avvicinò, poggiando una mano sopra la mia.
 
“Ritsu, tu non hai idea da quanto io voglia stare con te. Ti ho amato e ti ho cercato per undici anni, giurando che sarei stato con te di nuovo. Tempo fa, mi dissi che non importavano le circostanze, sarei ritornato con te. Anch’io voglio essere felice con te, fin quando è possibile. Voglio che affrontiamo insieme questa situazione, quindi se me lo consenti, per favore lasciami prendere cura di te” fissò intensamente i miei occhi, la sua determinazione e la sue intenzioni erano chiare. Tutto il suo amore e la sua preoccupazione per me brillavano attraverso il suo sguardo, e non potei evitare che i miei occhi si velassero di lacrime. Velocemente battei le palpebre per scacciarle, dicendomi che avevo pianto abbastanza.
 
“M-Masamune… grazie” lo abbracciai, le mie braccia strette attorno alla sua vita. La mia faccia era affondata nella sua spalla e sospirai precariamente, sollievo e una leggera felicità si diffondevano dentro me. Volevo finalmente rendere Masamune felice e volevo essere felice anch’io. Sentivo di aver oltrepassato una tappa fondamentale non solo nella nostra relazione, ma anche nella mia breve vita. Forse avevo davvero un’opportunità di essere fortunato, e guadagnare la felicità che meritavo dopo tutto ciò che ho passato. Non sarei mai più stato solo. Non mi sarei mai più sentito non voluto, vulnerabile, piccolo e insignificante. Masamune mi avrebbe aiutato ad affrontare tutto, e anche se ci avrebbe feriti entrambi, saremmo rimasti insieme. Non potevo dire se  stato diventando troppo confidente, ma in quel momento, non mi importava. Ero seduto qui, le braccia di Masamune attorno a me, e innamorato.
 
Disperatamente, stupidamente, follemente innamorato.



Link autrice: https://www.fanfiction.net/u/4769369/prettypunk369
Link ottavo capitolo: https://www.fanfiction.net/s/9801745/8/Fear-Is-The-Heart-of-Love
Link traduttrice:http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=679553
Note della traduttrice:
Salve a tutti, era da parecchio che non aggiornavo e chiedo scusa a tutti, ma tra la scuola e un'altra fic non ho avuto tempo XD
Prima di spendere qualche parola sul capitolo ci tenevo a fare una precisazione.
Come suppongo vi siate accorti un po' tutti, l'ebola di Ritsu non ha quasi niente a che fare con l'ebola di cui purtroppo si sente così spesso parlare ultimamente.
I sintomi è probabile che siano simili, ma la differenza maggiore è che l'ebola ''reale'' si può trasmettere facilmente da persona a persona.
L'autrice stessa aveva specificato all'inizio che aveva scelto questa malattia senza descriverne i sintomi reali e gli effetti che può avere.
Ritornando al capitolo, Ritsu e Takano si sono finalmente chiariti ed inizia così, o meglio ricomincia, la loro storia d'amore.
Questo capitolo è stato abbastanza semplice da tradurre e anche abbastanza breve, quindi non ho fatto molta fatica XD
Chiedo ancora scusa per il ritardo e ringrazio chi recensisce/legge/preferisce/segue/ricorda :)
Alla prossima :3

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