HIStory & HERstory

di SmellyJelly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A new day has come... ***
Capitolo 2: *** "Tu vuo fa l'americana!" ***
Capitolo 3: *** Can I see you again? ***
Capitolo 4: *** A fake nice surprise! ***
Capitolo 5: *** Unexpected goodbyes ***
Capitolo 6: *** The show must go on ***
Capitolo 7: *** Accuse, relazioni e Liz Taylor ***
Capitolo 8: *** Inchiostro ***
Capitolo 9: *** Arrivi, Bagagli e Scherzi ***
Capitolo 10: *** Love the way you lie ***
Capitolo 11: *** Prequel ***



Capitolo 1
*** A new day has come... ***


                

A new day has come

-Sono terrorizzata da quella maledetta scritta. Ogni volta che mi ci portano penso che finalmente è la volta buona per andare, ma rimango immobile davanti a quel maledetto cancello, sento le ossa che tremano dentro di me e con gli occhi spalancati lo fisso. Non lo attraverso da due anni e mezzo, non credo di poterlo mai fare- dico stesa sulla morbida poltrona di pelle.
Il signore accanto a me scrive sul taccuino, il riflesso degli occhiali da vista non fa vedere i suoi occhi, odio non vedere gli occhi di una persona.
-Di che cos’hai più paura?-
-Di lui, è ovunque- incrocio le mani sulla pancia.
-Hai paura della tua vita?- chiede con mezzo sorriso.
-Sì, perché lui è la mia vita…- sussurro con le lacrime agli  occhi.
-Puoi raccontarmi tutta la storia?- continua –anche nei particolari se possibile- sorride.
-Beh…- asciugo le lacrime –mettiti comodo-

                                                                         ...
20 giugno 1992.
No. Decisamente non era una giornata come le altre.
Non so… c’era un’aria diversa ed io (stranamente) ero di buon umore.
Una di quelle giornate in cui tua madre o matrigna, come nel mio caso, non ti affibbiano uno dei loro noiosi compiti, tu ascolti musica e tutto va per il meglio da giorni.
Ah e sì avete letto bene, non state dormendo e non siete nemmeno ubriachi. Matrigna.
Anisa era il suo nome, un mostro, la strega di Biancaneve in pratica. L’avevo sempre odiata fin da quando ero piccola, mi aveva sempre trattata da schiava e quindi state tranquilli, l’odio era reciproco. Avevo 17 anni e non vedevo l’ora di scappare via.
Vivevo con lei perché i miei genitori erano morti quando avevo solo 2 anni, tutto per colpa del classico incidente con l’auto, dove per caso solo io ne uscii viva.
Abitavo a Scampia, in uno dei quartieri più degradati di Napoli, gli unici edifici funzionanti a Scampia erano i bordelli e lì regnavano specialmente spaccio di droga e governavano i clan, una volta ci ero persino stata in una di quelle cerchie e anche se guadagnavo un bel gruzzolo sono riuscita a fuggire e infatti ho rischiato parecchie volte la morte… comunque eravamo molto povere e per sopravvivere ero costretta a dedicarmi ad ogni genere di lavoro; come dicevo era una bella giornata, stavo dando una ripulita a quella che io chiamavo stanza, mentre alla mia piccola e affezionatissima radio, che soprannominavo Bezzy, trasmettevano le canzoni di Whitney Houston, la mia cantante preferita.
Una napoletana che ama la Houston, più unico che raro!
Diciamo che ero proprio diversa dai miei coetanei, per esempio parlavo un perfetto italiano, anche se quando mi arrabbiavo parlavo nel mio dialetto, persino il mio nome era inglese… Elizabeth, nel quartiere (visto che mi conoscevano tutti) il mio nome era “L’americana”.
Dopo un po’ il segnale si perse, dopotutto Bezzy era un po’ vecchiotta, non potevo pretendere molto da lei ma l’amavo comunque! E così lasciai perdere le pulizie un minuto per dedicarmi a lei. Si accavallarono due radio…
“Ed è così che la popstar Michael Jackson presenta il suo nuovo tour Dangerous…”
-Ah accidenti! Ridammi la mia musica, stupido “Maicol Gecson”, o come diavolo ti chiami!-
Dopo aver bestemmiato contro di lui per due o tre minuti lasciai perdere e la spensi.
-Stiamo perdendo colpi Bez… è meglio che tu riposi un po’- dissi mentre mi alzavo.
Bussarono alla porta. Feci uno dei miei super salti e con qualche passo in più aprii la porta.
Siria, la mia migliore amica! O semplicemente la dolcezza fatta persona, il mio esatto opposto. Aveva i capelli rossi, le “lenticchie” sul viso, gli occhi neri come la pece e la pelle più bianca di quella di un cadavere.
Non si vedevano certe persone con la pelle così bianca dalle nostre parti, quelli che abitavano vicino a me erano tutti forestieri senza permessi di soggiorno e infatti Siria non era di qui. Lei era un po’ di dappertutto, viaggiava in tutto il mondo per il lavoro di suo padre e di sua madre, alloggiava sempre in alberghi, l’unica casa che aveva era proprio a Napoli centro. Avevo 6 anni quando ci incontrammo per la prima volta, era venuta con i suoi per vedere alcuni cugini che abitavano lì e io la vidi nella sua lussuosa macchina con il suo autista davanti a un palazzo poco lontano dalla mia casa. Ricordo che avevo un cesto di panni in testa, li avevo appena lavati in quello che io chiamavo “lavatoio comunale” e stavo tornando a casa, i nostri sguardi si incrociarono per una frazione di secondo e perciò non ci feci tanto caso.
Ritrovai la stessa bambina qualche decina di minuti dopo in un vicolo scuro e grazie al cielo la sentii piangere, se ti perdevi nei quartieri era la fine. Stavo facendo qualche passo di danza con le mie prime e uniche amiche di allora, Miriam e Scarlett. Erano gemelle. Venivano dal Senegal e quindi pelle scura, capelli scuri, occhi scuri, ma con il carattere opposto!
Siria raccontò che si era persa perché voleva incontrarmi, non aveva mai avuto amiche che per i suoi continui spostamenti lasciava e così io la riportai alla sua auto e vidi sua madre piangere con accanto il padre.
Si riabbracciarono e loro ringraziarono me, Miriam e Scarlett con denaro e vestiti. Poi in particolare la madre si inginocchiò e con quei suoi bellissimi occhi verdi e con le lacrime agli occhi, mi abbracciò e mi sussurrò “Grazie di cuore piccolina, le hai salvato la vita e te ne saremo grati per sempre”.
E così che comprai la mia prima lavatrice. Loro si traferirono definitivamente a Napoli, così io, Siria, Miriam e Scarlett stemmo per sempre insieme.
Bella storia a lieto fine vero?
-Lely!- urlò.
Mi saltò in braccio quasi facendomi cadere, il mio equilibrio non era dei migliori.
-Il mio nome è Elizabeth e va benissimo così grazie!- cercai di dire mentre me la sistemavo meglio in braccio.
-Ah ma dai! È bellissimo- controbatté lei con occhi sognanti.
Io nel frattempo sospirai, dovete sapere che i suoi nomignoli erano tutti bellissimi, nessuno escluso!
La misi giù –Allora come va Siry?-
-Alla grandissima!-
Quella frase voleva dire buone notizie e le buone notizie noi quattro dovevamo dircele insieme, era tradizione… e con noi quattro si intende: Miriam, Scarlett, Siria e io.
Così ci incamminammo.
Era agitata e gesticolava -Adesso ascoltami molto attentamente…-
-Sono tutta orecchi- mi voltai verso di lei.
-Bene! Ora metti insieme concerto e Michael Jackson e ottieni il giorno più bello della mia vita!- urlò quasi tanto dalla felicità, si tappò la bocca subito dopo.
-“Maicol Gecson”? Sì, ne ho sentito parlare alla radio e non mi entusiasma granché, anzi ha interrotto la mia cantante preferita- mormorai incrociando le braccia.
-Di cosa stai…? Aspetta fammi continuare, primo: non stropicciare il suo nome in quel modo- …
-Ehy! Tu puoi farlo e io…- mi bloccò.
-Fammi continuare! Secondo: stiamo parlando della più grande popstar della storia della musica!- alzò le mani al cielo vittoriosa…
-Oh sì e terzo: ha interrotto la mia cantante preferita, non è un buon approccio con me che già sono irascibile di mio!- controbattei io frantumando i suoi sogni come meglio sapevo fare.
-Posso continuare?- domandò semplicemente.
-Prego cara- sorrisi.
-Ho preso quattro biglietti per il suo primo concerto del nuovo tour e Miriam e Scarlett hanno già accettato- disse tutt’ad un fiato.
-Aspetta, che? No, no… non se ne parla! Anisa non mi farà mai venire- spiegai.
-Lely… ci conosciamo da undici anni, la scusa che Anisa non ti fa venire e superata da un pezzo e poi “No Ely, no party” ricordi?- domandò retorica.
Amavo viaggiare, moltissimo, ma sapevo dal principio che tutta la responsabilità l’avrebbero data a me che nonostante avessi la stessa età di Siria, ero la più responsabile delle quattro.
-Siria e come pensi che lo pagherò vitto e alloggio?- domandai rassegnata.
-Papà ha pagato tutto-
-Fai sul serio?- ero senza parole.
-Certo- affermò speranzosa.
Eravamo arrivate dalle gemelle e senza bisogno di bussare aprirono la porta.
Come ho detto prima, Miriam e Scarlett erano state le prime amiche a accogliermi lì e avevano come hobby la danza, che avevano insegnato anche a me. Vivevano in una grande famiglia, composta da cinque sorelle e cinque fratelli, più la loro mamma. Io amavo quella famiglia, seppure vivevano nella povertà avevano sempre il sorriso sulle labbra e lo portavano sulle labbra di chiunque.
Ma la persona che più stimavo era la loro mamma, Ariel, come la sirena. Faceva la maestra in una delle pochissime scuole di quel posto e mi insegnò a leggere e a scrivere, nonostante l’opposizione di Anisa. A Scampia istruzione era sinonimo di intelligenza e avere una mente aperta significava un pericolo, rischiavi la pelle, per questo nessuno andava a scuola lì.
-Beh, Ely verrà con noi- affermò entusiasta.
A volte ancora mi domando… ma io ero l’unica non entusiasta di quella notizia?
-Siria-
Si bloccarono.
-Dove si terrà questo concerto?-
Siria gesticolò un po’ con le dita, mentre si mordeva il labbro –Monaco di Baviera, Germania… Europa- concluse poi.
-Che ritt?! Ma tu over faj?- (Che hai detto? Ma veramente fai?)
La cosa strana era che non lo urlai da sola, ma con Miriam e Scarlett!
-Adesso non mi venite a dire che non lo sapevate-  dissi minacciosa.
-No… nun ce l’aeva ritt- (No, non ce l’aveva detto) si giustificò Miriam.
Io mi schiaffai una mano in fronte per la disperazione, ma andiamo…! Non si può programmare un viaggio senza sapere dove si va!
-E quant or i viagg song?- (E quante ore di viaggio sono?) domandai rassegnata.
-Più o meno dalle tre alle quattro ore- mormorò Siria a testa bassa.
-Almen song poch ore…- (Almeno sono poche ore) mormorai, mi schiarii la voce –e quand’è che dovremo partire?- la cosa cominciava a piacermi.
-Tra sei giorni, il concerto è il 27- rispose Siri speranzosa.
Ci fu silenzio per qualche minuto.
-Sarà bello vedrai, ci divertiremo!- Scarlett cercò di rompere il silenzio e mi sorrise.
-Allora ci stai?- domandò Miriam.
-Tutte per una, una per tutte?- sussurrò Siria.
Ero un po’ riluttante all’idea, ma infondo non era questo che volevo veramente?
E insieme a quelle mani si aggiunse anche la mia, una mano già consumata prematuramente dal detersivo. È così che concludemmo quella “quasi splendida giornata”, con questa frase.
Aspettammo il giorno della partenza con tutta la felicità esistente (Anisa non sapeva niente, ma io sarei partita con o senza il suo permesso), persino io che all’inizio ero contraria… pensavo che quell’esperienza avrebbe portato qualcosa di positivo e poi amavo viaggiare. Ma chi si immaginava che quel viaggio avrebbe cambiato la mia vita per sempre?
Il giorno prima della partenza.
Stavo preparando i bagagli, avevo un telefono un po’ vecchio che mi aveva dato Siria per chiamarla se qualcosa non andava, e squillava ogni cinque secondi. Quando rispondevi dovevi aspettarti di tutto.
Ti potevano urlare facendoti quasi perdere l’udito, chiedere se mettere infradito o tacchi in valigia e varie altre cose, e poi ti attaccavano il telefono in faccia senza nemmeno salutare o dire qualcosa di veramente sensato.
Era divertente, anche se un po’ esasperante. Non capivo perché fossero così preoccupate, tipo se io dovevo scegliere tra infradito e tacchi, preferivo camminare a piedi nudi, ma visto che non potevo li mettevo entrambi dentro.
Come ultime cose, misi in valigia Bezzy e una specie di diario fatto con dei fogli legati da dello spago, delle lettere che tempo fa avevo scritto ai miei genitori e infine una specie di ciondolo ovale che poteva sembrare un orologio da tasca, ma in realtà questo si apriva e si  vedevano dei meccanismi che giravano producendo una dolce sinfonia, era d’oro con degli intarsi particolari, unico ricordo dei miei genitori. Non l’avevo mai mostrato ad Anisa, l’avrebbe sicuramente venduto.
Il pomeriggio del 26 settembre 1992.
Erano le 19 circa e all’aeroporto c’era un gran casino, stavo seguendo il trolley rigorosamente Louis Vuitton di Siria, mentre sotto il braccio avevo il mio borsone da palestra, non vedevo l’ora di salire su quell’aereo e partire. Avevo intenzione di leggere “The new life”, uno dei tanti libri regalatomi dalla madre delle gemelle.
-Lely sbrigati!-  mi gridò Siry in preda a una crisi isterica.
-Eccomi, non mettermi fretta!- salutai i suoi genitori e partimmo.
Mi sedetti accanto al finestrino. Gambe incrociate, sguardo pensante e testa “tra le nuvole”.
Tre pensieri si fecero largo nella mia mente:

 
  1. Stavo andando al concerto di un tizio di cui conoscevo a malapena il nome;
  2. Anisa sapeva soltanto che andavo a cercare una nuova vita (e la cosa non mi dispiaceva);
  3.  … Stavo davvero cambiando vita.
Primo capitolo: A new day has come…
Quattro ore dopo.
La voce del pilota avvisò dell’arrivo, io mi alzai di scatto e pensai a svegliare quelle due. Non avevano il sonno leggero, così pensai di arrivare alle maniere forti… mi sfregai ben bene le mani e…
-Non ci pensare nemmeno!- mi sgridò Siria, a volte era più matura lei che io…
Fuori dall’aeroporto girava un’altra aria rispetto a Napoli, era tutto così maledettamente nuovo e fantastico!
-Ragazze, se dovessimo parlare con qualcuno per strada, o magri dovessimo incontrare Michael, beh è solo un esempio certo ma ricordatevi di parlare inglese!-
Annuimmo, un’altra lingua imparata grazie alla mamma delle gemelle. Lo so che difficilmente si trovano ragazze che sanno più di una lingua a Scampia, ma non è detto che debbano essere tutte così.
Ci apprestammo a chiamare dei taxi che portassero noi e le valigie di Siry in albergo e ovviamente non ci addormentammo prima di aver fatto una lotta con i cuscini, pensavo a quei poveri camerieri costretti a pulire quel disastro…
Poi ci demmo la buona notte e io mi divertii a pensare all’indomani, quattro pazze in Germania!



 

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Capitolo 2
*** "Tu vuo fa l'americana!" ***


"Tu vuò fa l'americana!"

08:03, 27 giugno 1992, Monaco di Baviera, Germania.
Ero in piena fase rem del sonno e stavo facendo un sogno, non un incubo, e quindi non avrebbero mai dovuto svegliarmi. Ma questo fu interrotto da una Siria euforica quanto raggiante che saltellava da un letto all’altro.
-Sveglia ragazze! Il sole è altro nel cielo e una magnifica Germania ci aspetta!-
Continuava a gridare spalancando tutte le finestre facendo sì che la luce accecante del sole s’impossessasse della stanza… io d’istinto mi rivoltai sotto le lenzuola mugugnando contraria a tutto quel fracasso che stava facendo. Poi improvvisamente fu silenzio totale e io ne approfittai per sistemarmi meglio.
Miriam e Scarlett si erano appena svegliate ed erano tutte in bagno a prepararsi, forse si erano scordate di me e avrei potuto dormire tutto il giorno in quel letto stupendo che sembrava mi abbracciasse e mi dicesse di non lasciarlo andare, ma questo bellissimo pensiero fu distrutto da due pesi che mi si buttarono accanto facendomi rimbalzare almeno di mezzo metro. Spostai le lenzuola  dagli occhi per vedere chi dovevo uccidere… e chi poteva essere se non Scarlett e Miriam?
-Dai Lely alzati!- disse Scarlett capovolgendosi su di me.
L’unica cosa che mi interessava veramente in quel momento era sapere dov’era la terza peste. Ed ecco che la risposta arrivò quando sentii Scarlett e Miriam spostarsi, facendo comodamente accomodare Siria che mi fece mormorare un “Ahi” sottilissimo, ma molto, troppo significativo.
-Buondì fiorellino- gridò continuando a saltare sul letto.
-Allora ti svegli o devo usare le maniere forti?- continuò lei.
“Perché non le stai usando già?” mi venne da dirgli, ma mi stetti zitta per non suscitare altre polemiche.
Mi arresi.
Il mio disperato piano di diventare invisibile fallì miseramente e fui costretta ad alzarmi.
-Sit cuntent mo'?! M’ stong aizann!- gridai mentre mi alzavo goffamente dal letto.
-Cosa?- sapevo che non avrebbe capito.
-Sei contenta adesso? Mi sto alzando- spiegarono Miriam e Scarlett.
-Po’ m’ata ricr comm fat a esser accussì allegre a primma matin!- sospirai e mi diressi in bagno –soprattutt tu!- indicai Siria.
-Poi mi dovete dire come fate ad essere così allegre di prima mattina, specialmente tu- chiarirono ancora.
-Dovresti provare l’emozione di andare al concerto del tuo idolo, quella è meglio di cento caffè-
La guardai per un secondo e poi mi chiusi la porta alle spalle.
Da fuori sentii provenire un certo motivetto…
Tu vuò fa l' americana!
mmericana! mmericana
siente a me, chi t' ho fa fa?
tu vuoi vivere alla moda
ma se bevi whisky and soda
po' te sente 'e disturbà.
Tu abballe 'o roccorol
tu giochi al basebal '
ma 'e solde pe' Camel
chi te li dà? ...
La borsetta di mammà!
Tu vuò fa l' americana
mmericana! mmericana!
ma si nata in Italy!
siente a mme
non ce sta' niente a ffa
o kay, napolitan!
Tu vuò fa l' american!
Tu vuò fa l' american!
Comme te po' capì chi te vò bene
si tu le parle 'mmiezzo americano?
Quando se fa l 'ammore sotto 'a luna
come te vene 'capa e di:"i love you!?”
Cantarono così ad alta voce che pensai che i vecchietti nella stanza accanto avevano ballato come matti, risero a squarciagola dopo.
Riaprii la porta –bel motivetto! Siete proprio un bel coro, avrebbe dovuto sentirvi Michael!- risi.
-Scusa, ma non abbiamo resistito- confessò Siria.
Sorrisi e richiusi la porta. La stessa canzoncina che cantavano tutti quando scendevo nei vicoli di Scampia, ci avevo fatto l’abitudine e mi piaceva, mi piaceva davvero. Infondo, infondo… Napoli restava la mia amata “culla”.
Mi guardai allo specchio… ero un completo disastro, reduce di una nottata in bianco. Avevo i capelli arruffati e pieni di piume, le occhiaie e un livido gigante di cui non ricordavo nemmeno l’origine.
-Ma che...- lo toccai e faceva un gran male.
Forse era stata la botta che avevo preso vicino alla spalliera del letto mentre cercavo di scappare dalle cuscinate di Miriam e Scarlett che si erano messe in coalizione contro di me perché gli avevo detto che sapevo ballare meglio di loro due messe assieme; oppure quando Siria mi aveva fatto sbattere vicino alla maniglia della porta perché le avevo detto che il suo adorato Michael non sapeva cantare (anche se non l’avevo mai sentito).
Feci spallucce e iniziai a prepararmi. Mi sciacquai il viso con dell’acqua ghiacciata, poi decisi di farmi una doccia rigenerante e infine cercai di dare un senso ai miei capelli…
Uscii dal bagno e presi i vestiti dalla valigia. Optai per i soliti jeans lunghi e una t-shirt con delle note musicali stampate sopra, un filo di matita e un po’ di mascara prestatomi da Siria e infine mi infilai le scarpe e andai in cucina dove trovai le tre intente a finire la colazione.
-Finalmente ce l’hai fatta- disse Siria con tono scherzoso facendomi notare dalle altre che mi guardarono.
-Tu non devi lottare contro i tuoi capelli per far sì che stiano al loro posto!- gli risposi provocandola.
Lei alzò gli occhi al cielo come risposta –Adesso è tardi, dovrai fare colazione giù al buffè, altrimenti non ce la faremo a completare il programma di oggi… noi ti aspettiamo giù ok?- m’informò.
La vedevo tutta presa nell’arraffare qualsiasi cosa le potesse servire e io ferma sull’uscio della porta cercavo di stargli dietro con lo sguardo, difficile.
-Ok- risposi alla fine.
-Perfetto, sbrigati!- concluse sbattendomi la porta in faccia.
Mi diedi un’ultima guardatina e aggiustai il ciuffo che mi si ritrovava davanti ogni mattina, poi uscii fuori di corsa, anche se non dovevo farlo visto che avevo le scarpe tacco dodici!
Beh non ero una tale idiota da mettermi i trampoli per andare in giro, ma ero disposta a questo sacrificio pur di sembrare più alta.
Mi precipitai nel corridoio a tutta velocità, quando girando l’angolo andai a sbattere contro qualcuno.
-Ahy, accidenti!- mormorai massaggiandomi le natiche.
Guardai quell’essere con tutta la rabbia del mondo. Aveva i capelli neri e riccioluti che gli scendevano sulle spalle, il suo viso non aveva dei lineamenti molto delicati, ma si vedeva da un miglio che era un uomo molto curato, poi aveva i Ray Ban e un naso particolarmente a punta.
Pov Michael.
Nella mia fretta svoltai l’angolo e mi scontrai con una ragazza, la guardai.
Era abbastanza esile, dalla pelle particolarmente abbronzata, quasi mulatta, i capelli neri, lunghi fino ai fianchi e molto, molto vaporosi, le sue labbra erano piccole e tinte da un rossetto rosso scuro, quasi viola, troppo duro per quelle labbra così dolci, infine aveva un paio d’occhi azzurri... quasi blu.
-Mi scusi signorina, è tutta colpa mia- la aiutai ad alzarsi, già pronto a vederla gridare e saltarmi al collo non appena si fosse accorta chi ero.
-Sei impazzito, guarda dove vai!-
Spalancai la bocca, non mi conosceva? Com’era possibile? E subito pensai che era il momento di pescare.
-Scusami tanto, ero sovrappensiero-
-Ma va, non l’avevo capito. La prossima volta scendi dai tuoi pensieri e guarda dove vai!- mi urlò contro –Dio che male-
-Ti prego perdonami, non volevo-
Si sedette a terra per sistemarsi i pantaloni e controllare che tutto fosse a posto..
-Ci mancava solo che volevi- disse ironica mentre si alzava nuovamente, le porsi la mano. Lei la guardò un po’ titubante, poi l’afferrò e si fece aiutare.
-Ti sei fatta molto male, piccola?-
-Sì! E non sono piccola, ho 17 anni!- sbraitò.
-Per me sei piccola- risi.
Lei mi guardò quasi per uccidermi, ma del resto l’avevo voluto io.
-Non puoi prenderti tutta questa confidenza solo perché sei un riccone del cazzo che può permettersi un soggiorno in questo albergo!- spalancò gli occhi e si morse le labbra, ma io mi misi a ridere, e lei insieme a me.
-Doveva restare solo nei tuoi pensieri?-
-Già. La tua risata è contagiosa- sorrise.
-Grazie, tu sei molto dolce- dissi ironico.
-Odio la gente che mi prende per il culo...- incrociò le braccia.
-Guarda che io dico sul serio!- mi misi una mano al cuore.
-Sì, l’innocente. Sarò pure piccola per te, ma mica cretina-
-Ok scusa… per farmi perdonare posso offrirti la colazione?- mi sorpresi io stesso di ciò che dissi.
-Smettila di scusarti, non sono sorda-
-Scusa- risi divertito, ma poi mi ammutolii immediatamente in attesa di una risposta. Avrei tanto voluto che accettasse, avevo una delle rare occasioni di parlare con una persona che non voleva solo i miei soldi, o che si mettesse ad urlare e ad inginocchiarsi solo perché ero il re del pop... adoravo i miei fan, ma a volte sarei voluto essere una persona comune, o sparire magari di fronte a tutto quell’adulare.
Pov Ely.
Ah beh… almeno voleva farsi perdonare.
-Va bene, basta che smetti di scusarti- risposi gesticolando, continuai –forse a stomaco pieno hai una piccola possibilità di essere perdonato- “Doveva restare solo nei miei pensieri!”
Alla mia risposta lo vidi abbassare la testa e sorridere, ma che aveva tanto da ridere? Forse ero io che sembravo un’idiota… ero troppo sincera e le parole mi uscivano di bocca senza che io lo volessi.
-Bene, allora andiamo?-
Ad ogni parola si dondolava quasi, sembrava tanto un bambino timido e impacciato.
-Ehm… ok- gli confermai iniziando a camminare per farmi seguire, ma mi fermai quando lo vidi prendere qualcosa da terra, non riuscii a capire cos’era fin quando non me lo porse.
-Credo tu abbia perso questo-
Lo vidi scrutare quella catenina argentata quasi ipnotizzato, alla fine aveva un ciondolo che continuava ad oscillare. Dopo qualche secondo capii che si trattava del mio prezioso “ciondolo musicale”. Mi portai una mano al collo e con l’altra lo afferrai così velocemente che quando se ne accorse mi guardò con uno sguardo alquanto perplesso.
Infondo era l’unico ricordo dei miei genitori, la cosa più preziosa che avevo, un pezzo della mia vita.
-Grazie…- dissi sincera abbozzando un sorriso, in quel momento mi pentii di averlo trattato così male.
-Andiamo?- chiesi interrompendo quel silenzio imbarazzante. Lui annui mostrandomi uno dei suoi sorrisi che sembravano illuminare l’intero albergo. Ci sedemmo ad una delle sedie al bancone del bar, mi guardai intorno. Era tutto così nuovo per me, che non avevo mai viaggiato se non una volta con Siria e i genitori.
Il barista si avvicinò aspettando di sapere cosa volessimo e mi domandai perché l’uomo accanto a me (di cui non sapevo nemmeno il nome, incredibile!) non avesse ordinato per primo. In quel momento ebbi la sensazione che ci stesse “provando”…
-Che c’è?-
-Prima le signore- rise.
Avrei tanto voluto scomparire…
-Prendo un caffè, grazie- mi rivolsi al barista che annuì voltandosi verso di lui.
-Un semplice caffè? Nient’altro?- domandò stranito.
-No… che c’è di stano?- domandai io ancora più stranita di lui.
-A lei invece cosa porto Mr. J…-
-Un cappuccino- lo interruppe, non riuscii a capire la sua reazione, ma non me ne fregai più di tanto, e mentre stavo per sorseggiare il mio caldo caffè venni richiamata dalla sua voce cristallina.
-Allora, da dove vieni?- domandò.
-Da Napoli, Italia- risposi sorseggiando il mio caffè bollente.
-Napoli… ho sempre desiderato visitarla, mi dicono che è molto caratteristica-
Sorrisi –ah… ti dicono così? Comunque, sì hai ragione-
-E come mai così lontana da casa? Se posso chiedere…-
A quella domanda mi ricordai il futilissimo motivo per cui ero lì e sospirai.
-Ho accompagnato le mie amiche a vedere il concerto di uno stupido cantante che odio- spiegai quasi annoiata –Michael Jackson, conosci?-
Affogò quasi col caffè quando gli rivolsi quella domanda, forse gli faceva schifo pure a lui o forse l’avevo pronunciato male ancora una volta (visto che si mise a ridere dopo essersi ripreso), il che mi sorprendeva visto che Siria me l’aveva fatto ripetere almeno trecento volte.
-Sì lo conosco, non è un granché- rispose smettendo di ridere.
-Sono quelle solite cottarelle che si prendono le ragazzine per i loro idoli- dissi sprezzante.
-Ma tu non sei una ragazzina come loro?-
-Ho vissuto in un ambiente che mi ha fatto crescere troppo prematuramente, a volte dimentico di essere una diciassettenne e mi sento come se avessi già trent’anni, come se nella mia vita avessi già vissuto tutto e adesso nulla ha più senso- mi rattristai e strinsi con forza la tazza ormai vuota –ma questo… questo era solo un… spero di aver reso l’idea, mi sono lasciata un po’ andare, non è mai successo prima...- mi voltai verso di lui e attraverso i Ray Ban intravidi i suoi occhi lucidi. Posò la sua mano sulla mia, ma la scostai subito con la scusa che dovevo andarmene.
-Devo andare-  scesi dalla sedia.
-Aspetta- scese anche lui –non devi mai pensare che la tua vita non abbia senso, c’è sempre qualcosa per cui vale la pena vivere-
-Forse nella tua vita, ma non nella mia- stavo per piangere, ma lui mi abbracciò. Odiavo sembrare debole davanti alle persone, ma sentivo che lui non mi avrebbe preso in giro, sentivo di potermi fidare e il sesto senso di una donna non sbaglia. Poi sentii un campanellino nella mia testa che mi diceva di scappare, un campanello d’allarme, il campanello delle emozioni, dei sentimenti… quell’uomo mi aveva ispirato una tale fiducia, aveva fatto sì che le parole potessero uscire automatiche dalla mia bocca.
-Io adesso devo proprio… beh ciao- corsi via.
-Dimmi almeno come ti chiami-
-Elizabeth!- gli gridai mentre correvo.
Pov Michael.
“Che nome meraviglioso” pensai.
-Elizabeth- assaporai quel nome che amavo, con una tale delicatezza da avere paura di rovinarlo.
Pov Ely.
Monaco era una città molto bella, piena di giardini e castelli.
A pranzo non mangiai niente io, piuttosto mi divertii ad osservare le tre che si ingozzavano con un panino, mentre il padrone del chiosco le guardava come se fossero uscite da un cartone animato!
La sera arrivò presto, troppo presto, la voglia di andare al concerto era pari a zero e mi stavo truccando con una tale lentezza da far invidia a una lumaca, poi mi si affianco Siria e mi misi l’anima in pace  sapendo di ricevere la solita ramanzina.
-Insomma ma ti muovi?! Hai promesso, ricordi?-
-Cosa?! Io non ti ho promesso proprio niente!-
-Ok… non ricordi- disse rassegnata.
Ruotai gli occhi al cielo e continuai nell’intento di fare una linea dritta sugli occhi. Alla dine guardai fiera i miei occhi perché  ci ero riuscita alla grande! Meglio di un’egiziana sapevo truccarmi…
Poi con il taxi arrivammo al concerto, beh da lumaca quale ero sarei volentieri andata a piedi.
Volete sapere come andò il concerto?
Uno schifo.
Uno schifo quando scoprii che Michael Jackson in realtà era il tipo che avevo incontrato in albergo. La mia faccia divenne tipo urlo di Munch e le uniche parole che mi uscirono da bocca furono: “Cazzo! Era Michael Jackson!” e le altre ovviamente lo notarono e la cara Siry cominciò con le domande… seguita dalle altre.
-Eh? Che stai dicendo?- cominciò la Siry.
-Tu…non…non capisci, io… prima mi sono scontrata con un uomo in albergo mentre scendevo da voi, che mi ha offerto la colazione e…-
Non me lo fece finir di dire che mi bloccò –No! Non ci credo, non può essere! Sei una maledetta fortunata!- mi sgridò quasi…
-Credi che lo abbia voluto io?! Mi ci sono persino litigata con quel maledetto…- dissi ripensando a quello che accadde.
-Oh mio Dio, solo tu puoi litigare con Michael Jackson!- mi urlò gesticolando.
-Tranquilla poi abbiamo fatto pace e poi capirai…! Mi aveva quasi spezzato una caviglia! E… e lo odio, tutto qui!-
-Eh capirai, tu odi il mondo cara!-
La nostra discussione fu interrotta da Jackson che si mosse appena, facendo urlare praticamente tutto lo stadio e si ci misero anche le mie vicine.
Passò circa un’ora e mezza prima che il mal di testa che avevo divenne così forte da farmi diventare sorda di fronte a tutto ciò che capitava intorno a me, questa era la prova che odiavo i concerti. Tutta quella gente, quel casino e Jackson che cantava sul palco, una cosa terribile.
Per fortuna stava per finire, ma mi sentivo morire e perciò dissi alle tre che andavo in infermeria, e che anche se non fossi tornata, avrebbero dovuto aspettarmi al parcheggio, dove ci aveva lasciato il taxi. Dopo che ebbero annuito mi incamminai in mezzo alla folla, sembravo Mosè che spartiva le acque, peccato che non tutti erano disposti a farlo e dovetti quasi lottare per passare.
Ma persi il senso dell’orientamento e la vista si sfocò per dei minuti. Caddi su delle scale e visto che non capivo più nulla, non mi restava che salirci. Riuscii ad alzarmi in piedi, vidi una figura confusa davanti a me e alla fine fu buio.



*Angolo autrice*
Ciao dolcezze! Voglio ringraziare coloro che hanno recensito il primo capitolo e chi l'ha messa tra le preferite e le seguite! Sono davvero contenta che vi sia piaciuto l'inizio di questa nuova avventura, eccone a voi un altro piccolo pezzettino.
Allora, vorrei dire che questa storia la tenevo sotto coperta da un bel po' di tempo, ma avevo paura di pubblicarla perchè... dovete sapere che io sono una tipa  un po' insicura e a cui non piace la sua scrittura, già. E temevo non avrei avuto nessun lettore, ma mi sbagliavo! Vi ringraio davvero molto!
I love you all and God bless you!
P.s. Vi posto una piccola (ok, non proprio piccola) immagine delle mie quattro pazzarelle.

 

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Capitolo 3
*** Can I see you again? ***


Can I see you again?

Aprii gli occhi, sentii qualcuno che mi teneva stretta, qualcuno che mi stava ehm “sfiorando le labbra”.
Gli diedi un ceffone dei migliori e poi mi alzai ancora traballante.
-Ma dico, sei impazzito?! Come ti permetti stronzo?!- gli urlai contro.
-Stavo solo cercando di aiutarti, sembravi morta e... ho pensato di farti la respirazione bocca a bocca- disse massaggiandosi la guancia, gli erano rimaste le cinque dita.
-Dovrei crederci?- alzai un sopracciglio.
-Dico davvero, puoi credermi, non mi permetterei mai di baciare un cadavere- rise.
-Spiritoso direi! Bene... non devi mai più toccarmi, ti ringrazio, sei un bugiardo... ma sono una stupida anch’io...- abbassai la testa.
Poi caddi sulle ginocchia, sentivo il mio cuore battere a ritmi diversi, mi faceva mancare il respiro. Michael si avvicinò a me senza esitare un secondo.
-Elizabeth, tutto bene?! Che ti succede?! Chiamate un medico presto!- ordinò all’uomo accanto a lui.
-No Michael, no! Non ne ho bisogno, sto bene- dissi mettendomi una mano al cuore.
-Ne sei sicura?-
-Certo, non posso mentirmi da sola-  risi e lui mi segui a ruota.
-Non mi svenire qui che altrimenti non posso salvarti- disse scherzoso.
-Ma dai, smettila… senti mi dispiace per prima, cioè io non volevo dire che sei stupido, solo…- mi riavviai una ciocca dietro l’orecchio –solo io, non avrei dovuto giudicarti senza conoscere la tua musica, mi sono dovuta ricredere, ti amo, no cioè amo la tua musica, non te, la musica insomma… hai capito no?- divenni rossa.
-Sì, ho capito- mi sorrise.
-E comunque tu sei un bugiardo, mi hai mentito tutto il tempo! Ma perché l’hai fatto?-
-Vedi, è un evento più unico che raro per me, conoscere persone come te… sincere, persone che non si fanno scrupoli a dire quello che pensano, senza ipocrisia- spiegò lui.
-Oh… poi cos’era l’altra cosa?-
-Era… non devo toccarti mai più-
-Ah giusto! Non farlo mai più! Questi uomini...- risi, poi mi misi la mano sul cuore –preferisco non essere salvata piuttosto che...- stava sghignazzando, ma dai! –almeno confessa che ci avevi preso gusto!-
Scoppiò a ridere –Oh my God, non penserai davvero che… no, non mi permetterei mai Elizabeth- si mise una mano sul cuore.
-Comunque ti ringrazio, se non mi avessi vista tu sarei morta-
-Ti capita spesso?-
-È solo un attacco di panico, mi è capitato solo una decina di volte in tutta la mia vita... meglio che vada adesso- mi girai.
Stavo per andarmene, ma mi fermò.
-Posso rivederti?-
-Non lo so, dipende se vuoi conoscere anche i lati cattivi della mia sincerità-
-Voglio conoscerli- rispose di scatto.
-Ne sei sicuro? No perché, sai di solito sto bene nel mondo del “chi se ne importa”, ma tu mi hai salvato la vita e io vorrei fare lo stesso- ridacchiai.
Rise insieme a me –Sì sono sicuro, non posso mentirmi da solo- ripeté lui.
-Uomo avvisato, mezzo salvato!- ridemmo ancora di più.
-Cavolo è come se ci conoscessimo da una vita!- gli dissi ancora mentre ridevo.
-Già... è una cosa bella- mi guardò per un secondo con il suo sguardo da bambino innocente, che poi distolse subito.
-Mi sono prolungata abbastanza, allora ci vediamo signor Jackson- esclamai sottolineando particolarmente il suo cognome, che ormai avevo preso in simpatia.
Poi corsi via e mi diressi verso il parcheggio, lì incontrai le mie pazze e formando una catena di abbracci tornammo in albergo.
Non raccontai nulla a loro, temevo una delle loro pericolose reazioni esplosive… così dopo un’altra lotta con i cuscini ci addormentammo, o almeno si addormentarono, io non riuscivo a chiudere occhio.
Continuavo a pensare alla discussione con Michael, mi aveva letteralmente spiazzato. Cioè… io mi odiavo da sola per il mio carattere, le parole uscivano automatiche dalla mia bocca, come se la mia lingua avesse una vita tutta sua. Ferivo le persone involontariamente, avete mai dato una pugnalata per sbaglio? Io sì.
Eppure a lui piaceva. Forse era perché non mi conosceva ancora bene, ma la mia sincerità gli piaceva. Era assurdo!
Ma del resto un uomo che non mi colpiva nei primi cinque minuti, non l’avrebbe mai più fatto…
A volte però pensavo che infondo non era colpa mia, forse era del mondo che mi circondava, del posto in cui vivevo, della realtà. Poi qualcosa mi distolse dal pensare, uno squillo. Era il telefono della stanza, le mie amiche dormivano beate e in un certo senso quello squillare mi inquietava.
Mi avvicinai con cautela e poi alzai la cornetta portandola all’orecchio con uno scatto repentino.
-Pronto?!- domandai quasi stranita.
-Pronto... Elizabeth?- rispose una voce cristallina, che mi sembrava di aver già sentito.
-Sì sono io… chi diavolo sei?- chiesi poi infastidita... ma quale persona sana di mente chiamava a quell'ora di notte?
-Elizabeth s.. sono Michael...- rispose.
-Michael?- chiesi incredula, forse era impazzito… ma si era accorto di che ore erano!?! –ti si è rotta la sveglia?...ti sei accorto di che ore sono?-
-Sì… stavi dormendo?- mi chiese quasi impaurito della mia risposta.
-In un certo senso… ma si può sapere perché mi hai chiamata? Volevi vedere se andavo a letto presto o c'è qualcos'altro?- lo stuzzicai.
Si mise a ridere –Ma certo che no! Avevo solo bisogno di sapere come stavi, mi sono preoccupato oggi-
-Mi stai dicendo che non riuscivi a dormire perché oggi ti ho spaventato e non riuscivi ad aspettare a domani per chiedermi come stavo?- domandai tutt’ad un fiato.
-Ehm no, cioè insomma…- era leggermente confuso, come adoravo mettere in imbarazzo le persone, mi divertii ad immaginare la sua faccia in quel momento.
-Michael rilassati, stavo solo scherzando- risi ancora divertita e sentii ridere anche lui imbarazzato dall'altra parte del telefono.
-Comunque sto bene, sono solo svenuta non c'è motivo di allarmarsi- risposi sbrigativa... odiavo le persone che si facevano tutti ‘sti problemi –un sacco di persone svengono ai tuoi concerti, non sono né la prima ne l'ultima. Ti do un consiglio: non ti conviene chiamarli tutti, specialmente a quest'ora, qualcuno potrebbe attaccarti il telefono in faccia o gridarti contro- continuai.
Lo sentii ridere ancora –ok, accetterò con piacere il tuo consiglio, ma le persone svengono per me, tu no… almeno credo-
-No! È improbabile- affermai infastidita -ma sta tranquillo, mi capita a volte e comunque sono sicura che ti troverai benissimo con il mio consiglio- gli risposi per cambiare discussione, poi sentii Siria muoversi al mio fianco forse un po’ infastidita dal mio parlare, così presi il telefono e mi allontanai sedendomi a terra, vicino la porta con le gambe al petto.
Sentii Michael tirare un sospiro di sollievo -le… le tue amiche stanno dormendo?- mi chiese poi...
-Sì… e credo che se continuo a parlare le sveglierò e inizieranno a rompere- sbuffai.
-Oh capisco... scusami se ti sto trattenendo a telefono- seguì una lunga pausa -ti... andrebbe di fare due chiacchiere?-
-Ok, quando?- domandai aspettandomi una risposta tipo “Tra due anni” o “Quando avrò tempo”, o magari “Aspetta che controllo l’agenda, ti va bene il 10 dicembre del 2049?”
-Adesso- se ne uscì lui lasciandomi spiazzata.
-Adesso?! Ma sei impazzito? Per curiosità, sul serio ti si è rotta la sveglia?- lo sentii ridere per qualche secondo.
-È meglio che non ci vedano insieme- si rattristì mentre diceva quelle parole.
-Oh.. ok, allora dove ci vediamo?- chiesi.
-Sul tetto-
Entrai in crisi, dopo un “ok” gli attaccai il telefono in faccia senza pietà.
Poi mi dissi “Cosa? E che m’importa che lui è il re del pop?”
Vi dico solo che andai in pigiama, mi scocciavo di vestirmi e allora?! Sbadigliai e mi diressi di sopra. Arrivata fui felice di vedere che anche lui era in pigiama.
-Che carini gli orsacchiotti- misi le mani sui fianchi mentre un ghigno malefico si dipingeva sul mio volto.
-Anche i tuoi non sono male. Orsacchiotti rosa, non l’avrei mai creduto... una tipa tosta come te porta questo pigiama?-
Le mie certezze crollarono. Cominciavo ad odiarlo, ma nonostante tutto sorrisi.
-Allora, come ti senti?-
-Una chiavica- dissi in napoletano.
Ovviamente lui non capì.
-Cosa?-
-Bene, sto alla grande-
Abbassai lo sguardo e mi rinchiusi. Ma non sapevo perché non mi sentivo bene, non lo sapevo. Era la sera, micidiale per me.
-Elizabeth… ma che ti succede? Perché fai sempre così?- domandò con una certa preoccupazione.
Silenzio.
-Michael non è niente, sono così… lasciami perdere- gli risposi affacciandomi dal tetto con aria disprezzante.
Lui sospirò, forse non avrei mai dovuto accettare di incontrarci, parlare a telefono con una persona è totalmente diverso che parlarci dal vivo, devi guardarli negli occhi… e certi occhi sono micidiali.
-E poi non puoi dire che faccio sempre così, non mi conosci! Io non direi mai che tu sei timido.. sei totalmente diverso quando sei sul palco- continuai voltandomi verso di lui.
Si mise a ridere. L’unica cosa che non mi sarei mai aspettata in quel momento, una risata.
-Lo sa tutto il mondo che sono timido- affermò quasi come se fosse stata una cosa ovvia...
-Io non sono il mondo, io non so niente di te e non posso certo dire che sei timido...- controbattei con noncuranza.
-Anche io ho avuto un’infanzia difficile Ely... ho sofferto molto anch’io e continuo a farlo, vedi... ci chiudiamo un po’ tutti in noi stessi, solo che abbiamo altri modi di mostrarlo agli altri tutto qui- mi spiegò sorridendo.
“Aspetta... ma come diavolo fa a saperlo?”
Mi voltai immediatamente verso di lui e continuavo a dirmi “No, lui non può aver sofferto quanto me... lui è una star, le star non soffrono”.
-Cos’è? Per te soffrire significa non aver abbastanza soldi per comprare il mondo o magari l’universo?!- domandai furiosa.
Sembrò infuriarsi, ma non riuscivo a vedergli bene gli occhi.. s’era infilato gli occhiali, poi mi rispose –No! Per me soffrire significa essere picchiato a cinque anni perché non si ha voglia di lavorare, ma di giocare-
-Perché ti sei infilato gli occhiali? Hai freddo agli occhi?- domandai ironica.
Non rispose. Avevo esagerato come al solito, in quel momento mi odiai da sola… la prima persona che credeva avessi un bel carattere l’avevo persa in partenza. Ancora una volta avevo giudicato qualcuno senza conoscerlo, è per questo che pensai direttamente di andarmene e lasciarlo in pace.
Ma incredibilmente quando afferrai la maniglia della porta fui bloccata dalla sua mano che stringeva forte il mio polso.
Mi voltai verso di lui con un groppo in gola…
-Faccio schifo lo so, ma io ti avevo avvertito- affermai con le lacrime agli occhi.
Il gesto che fece mi sorprese più di ogni altra cosa vista fino ad allora, si tolse gli occhiali. E quando vidi i suoi occhi sorridenti ma velati dalle lacrime mi venne subito l’istinto di abbracciarlo, ma non lo feci perché lui mi anticipò.
Lasciai che il cuore mi guidasse la prima volta nella mia vita, quel cuore che mi sembrava un blocco di ghiaccio cominciava a vivere e così ricambiai l’abbraccio.
-È sempre difficile parlare dopo un abbraccio, quindi non sorprenderti se adesso ce ne scendiamo per le scale e ognuno torna nella propria stanza senza dire una parola- dissi io scherzando imbarazzata e contemporaneamente sciogliendo l’abbraccio.
-Vuoi tornare in stanza?- domandò sorpreso.
-No, stavo solo scherzando, non me la sento di lasciarti così..!-
Non volevo essere cattiva con lui, ma di solito quello era un modo di dire… evidentemente lui non lo sapeva.
-Così come?-
Appunto…
-Così come… come un’idiota!- risi e lui insieme a me.
-Se fossi come te avrei già eliminato metà del mio staff… sai potresti servirmi- disse con un pizzico di furbizia.
-No, no… non ci pensare nemmeno! Non farei mai un lavoro che consiste nell’eliminare delle persone, lo faccio già troppo nella mia vita- affermai incrociando le braccia.
-Se già lo fai nella vita non ti sarà difficile farlo nel lavoro- affermò questa volta con un pizzico di divertimento.
-Ok, ammetto di essere stata tremenda con te, ma io non volevo, insomma… non pensavo che una star famosa come te avesse potuto avere un’infanzia così difficile- dissi abbassando la testa.
-Già… nessuno lo pensava quando ero piccolo, ma è questa la triste realtà- sussurrò.
-Ho sempre pensato che i genitori dei famosi tenessero i figli su dei piedistalli d’oro- dissi a testa bassa.
-Beh mia madre mi voleva molto bene, ma ovviamente non poteva fare nulla contro mio padre e… ricordo che quando non volevo lavorare lui mi sbatteva violentemente contro il muro e lei continuava a dire “Joe basta, finirai per ammazzarlo, smettila!”… era terribile, anche se semplicemente lo vedevo mi sentivo male e quando voleva picchiarmi io scappavo, ero molto veloce così la maggior parte delle volte non riusciva a prendermi, ma lo perdono nonostante ciò- mi raccontò.
-Oh- ero senza parole –ti ho ferito molto prima? Non volevo toccare quest’argomento, mi… dispiace- in quel momento diventai un misto tra rabbia e imbarazzo, mi sentivo una stupida.
-Non è colpa tua- rispose.
-Ah no? E di chi è?- domandai sentendomi un’idiota al quadrato.
-Mia. Non sono riuscito ad arrivare sino a te con la mia musica, ma sono arrivato a te quasi spezzandoti una caviglia, scusa- disse sorridendomi come un ebete.
Rimasi un attimo a bocca aperta, poi mi resi conto che era la millesima volta che mi chiedeva scusa..  -Oddio non voglio più sentire una scusa da parte tua! È l’ennesima volta che te lo dico… e poi sei troppo timido per dire che è mia la colpa-
Ridacchiò. Si sedette su una delle sdraio a bordo piscina, sì lo so. Una piscina su un tetto? Nemmeno io l’avevo mai vista e per quanto ne sapevo nei racconti dei viaggi di Siria non mi aveva mai parlato di una piscina su un tetto. Lo seguii e mi sedetti sulla sedia accanto alla sua.
-Caspita parlare con te è come andare a fare una guerra senza essere preparati, sai di perderla però ci vai lo stesso- affermò ancora ridacchiando.
Anch’io risi –Lo so credimi… io di solito consiglio alle persone di figurarsi un discorso con me prima di averlo direttamente, anche io lo faccio ma incredibilmente vinco sempre-
-Ah grazie del consiglio, lo farò sicuramente, anche se credo non servirà a nulla- smise di ridere.
Io nel frattempo mi stesi su quella sdraio, con tanto di cuscini… non avevo mai visto tanto lusso in tutta la mia vita.
-Ci sono poche stelle in questo cielo- indicai il cielo e Michael tirò su la testa, così da farmi ammirare ancora di più il suo naso a punta, avrei voluto tanto giocarci, era troppo carino e a punta!
-Hai notato anche tu la stessa cosa? Io l’ho fatto qualche sera fa, credo sia per il fatto che c’è troppo inquinamento, poi siamo in centro città- affermò ancora con la gli occhi al cielo.
-Sì hai ragione- smisi di fissare il suo naso prima che se ne accorgesse e poi chiusi gli occhi per rilassarmi un po’, chissà che ore erano… avevamo parlato per un bel po’ di tempo.
-Ti va di cantarmi una canzone Michael?- gli domandai. Poi con la coda dell’occhio vidi il suo viso alquanto rosso…
-Ho cantato tutto quel tempo, non voglio tornare sotto i riflettori… sono timido- disse sorridendo e contemporaneamente guardando a terra, sapevo che non voleva che vedessi il suo rossore.
-Hai cantato davanti a cinquantamila persone e non vuoi cantare per una sola?- feci il broncio.
Mi guardò dolcemente -Accetto la sfida… ci provo, quale vuoi che ti canti?-
-Sai, una delle canzoni che mi ha colpito di più quando hai cantato prima… era “Man in the mirror”- dissi titubante.
-Un’ottima scelta senza dubbio- disse con un sorriso.

 
“I'm gonna make a change, for once in my life
It's gonna feel real good, gonna make a difference
Gonna make it right...
 
As I, turn up the collar on my favorite winter coat
This wind is blowin' my mind
I see the kids in the street, with not enough to eat
Who am I, to be blind?
Pretending not to see thier needs
A summer's disregard, a broken bottle top
And a one man's soul
They follow each other on the wind ya' know
'Cause they got no where to go
That's why I want you to know
 
I'm starting with the man in the mirror
I'm asking him to change his ways
And no message could have been any clearer
If you wanna make the world a better place
Take a look at yourself, and then make a change
 
Na na na, na na na, na na, na nah...”
 
Pov Michael
Avevo quasi terminato, essere ascoltati da Elizabeth mi faceva sentire sotto i riflettori, il suo giudizio era vero, imparziale, proprio come quello di un bambino. Sincero insomma.
Ma la canzone non avrebbe avuto alcun giudizio, lei si era addormentata.
Sorrisi, era incredibile come sembrasse un angioletto quando dormiva, nessuno avrebbe mai voluto scoprire quel suo lato oscuro, che poi io non trovavo così oscuro. Il suo pigiama non aveva le tasche e quindi dedussi che non aveva nemmeno le chiavi della sua stanza… perciò la portai nella mia di stanza e la feci dormire nel mio letto.
Giudicate pure. Ma chi avrebbe mai avuto il coraggio di svegliare un piccolo demonio come lei? Io no di certo.
...

 

*Angolo autrice*

Ciao bei bambini! Eccolo qua il nuovo capitolo... ho avuto gli esami in questi giorni, tre giorni di seguito, proprio a freddo! Se devi morire fallo oggi, ma io ho ancora un sacco di cose da fare nella mia vita v.v!
E per tutti quelli che dicono che ha trattato Michael troppo male, beh... è Elizabeth! Lei è cattiva, ma prima o poi il suo cuore si scioglierà tranquilli ;)
L'ultima cosa! Anche se con un giorno di ritardo, vorrei festeggiare con tutti voi il Victory Day! Michael nove anni fu assolto da tutte le 14 accuse, IL NOSTRO RE, IL NOSTRO GUERRIERO HA VINTO! Ovunque lui sia in questo momento facciamoglielo sentire, siamo tutti con lui, sempre!
This is a promise Michael.
Adesso vi lascio alla lettura, alla prossima cari lettori!

I love you, and God bless you all <3
SJ

 

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Capitolo 4
*** A fake nice surprise! ***


A fake nice surprise!

Pov Elizabeth
Mattina.
Quanto odiavo il sole che mi svegliava la mattina presto, quei raggi erano così fastidiosi e se aprivo gli occhi mi incendiavo le iridi, per non parlare dei miei capelli neri che rischiavano di diventare biondi!
Decisi di scattare dal letto e mi alzai, senza fare troppo caso a dove mi trovavo o in che stato ero. Ma mi resi conto di cosa stava succedendo quando calpestai qualcosa di morbido, troppo morbido, Michael.
-Stavi tendando di uccidermi?- sussurrò lui tutto assonnato.
-Che diavolo ci fai nella mia stanza?! Hai.. hai dimenticato le chiavi?!- urlai in preda a una crisi.
-Questa è la mia stanza e tu hai dimenticato le chiavi- rivelò serio, troppo serio per stare scherzando.
-Aspetta, che?! Perché non mi hai svegliata?- domandai con la più assoluta confusione…
Sorrise, come faceva a sorridere così spesso non ne avevo idea… -Dormivi come un piccolo ghiro-
Mi arrabbiai e con i nervi a fior di pelle tornai nella mia stanza…

-Elizabeth! Mi hai fatto prendere un colpo, dove sei stata?!-
La solita, ennesima predica di Siria.
-Non si direbbe visto che… non credo mi saresti venuta a cercare in pigiama, ti conosco troppo bene mia cara Siria Peter Angelina Rosenberg- affermai furbamente ancora con mani e piedi attaccati alla porta, ancora scombussolata e ancora in preda ad una crisi…
-Non.. non parlarmi con quel tono signorina, io stavo vendendo a cercarti e… non chiamarmi con il mio nome intero… per favore- sussurrò a bassa voce.
-Per favore? È il massimo che sai dire?- ottenni solo un suo sguardo che passò da triste (sottofondo di violini) ad un’espressione alquanto buffa… era quello il suo massimo!
Continuai –Beh non m’interessa veramente e ci tengo a dirti che… ho passato tutta la notte, anzi metà più o meno a chiacchierare con il tuo idolo, ovvero…-
Mi staccai dalla porta e mi avvicinai al tavolo con la colazione e ne approfittai per dare un morso ad una deliziosa mela rossa che sembrava mi stesse chiamando.
-Lo scherzo è di pessimo gusto Lely- mi spiazzò, non ci credeva. Meglio per me!
-E poi mia cara Lely- sottolineò il mio nome ormai irrecuperabile –tu lo odiavi e se tu odi una persona… è a vita-
Stavo per dare un altro morso a quella mela del colore del sangue, ma letteralmente mi cadde dalle mani e finì a terra con un tonfo sordo.
-Cosa… cos’hai detto?! Wow mi piace questa tua aggressività improvvisa e ti premierò col dirti che ci siamo incontrati anche al concerto, mentre voi eravate ad urlare il suo nome. Mi ha fatto riprendere dal mio “mal di testa” e lo odio ancora, abbiamo parlato quasi tutta la notte e visto che mi ero addormentata (ma tanto non avevo le chiavi) mi ha fatto dormire nel suo letto per non svegliarmi e lo odio ancora, ah e… lui ha dormito a terra- feci il sorriso più falso della mia vita e…–Una cosa! Lo odio ancora, giusto per ricordatelo- occhiolino e di corsa a svegliare quelle altre due.
Lasciarla a bocca aperta mi bastava come tortura perciò pensai di andare da Scarlett e Miriam e fargli un bel trattamento di solletico, come avevano fatto loro con me.
-Ely sappi che stiamo per ucciderti- cercò di dire Scarlett tra una risata e l’altra, bloccare mani e piedi di due persone non mi era così difficile, il problema era la terza che per fortuna non c’era questa volta.
-Oh sì, liberatevi di me- seguì una risata malefica da parte mia e poi… la porta bussò.
Il mio terrore più grande…
Non trovate anche voi terrificante quando bussano la porta?! Dalle porte possono entrare sorprese, dispiaceri, delusioni, buone notizie e cattive notizie… ma soprattutto delle persone che non avresti mai voluto vedere in tutta la tua vita. In quel momento avrebbero potuto trovarsi ovunque… e invece no! Poi si giustificano con “Oh, ero passato di qui e pensavo di venire a fare un saluto”, la cosa che mi fa più arrabbiare è che lo dicono con una tale innocenza da spiazzarti completamente!
-Merda- l’unica cosa che riuscii a dire, per poi correre alla porta come un missile.
Aprii la porta e tirai un sospiro di sollievo, il cameriere o almeno credevo.
-Il signor J. ha voluto che le portassi questo-
Mi mostrò un semplice bigliettino con la firma di Michael sopra, lo presi.
-Quando avrà finito di scrivere la risposta…-
Gli chiusi la porta in faccia, ma in realtà non mi ero accorta che stava parlando, “OPS!”
-… potrà ridarmi il bigliettino, io aspetterò qui- mi disse alquanto seccato.
“Scusa per lo spavento di ‘sta mattina, non hanno ancora inventato le ciabatte viventi e troppo chiacchierone”
Disapprovai con la testa e risposi dietro.
“Non scuso facilmente le persone, ma visto che tu sei ancora un quasi sconosciuto ti perdono… ma ti auguro di non conoscermi nel profondo se vuoi essere perdonato così facilmente
P.S. hai una pessima scrittura, oh e scusa per la sincerità”
Aprii la porta e consegnai il biglietto al “cameriere/postino” e per tenermi le sue grazie (se ne erano rimaste) gli sorrisi come un’ebete, almeno mi facevo credere simpatica…
Dopo circa una ventina di secondi arrivò la risposta e feci più attenzione a non chiudere la porta in faccia a quel signore tanto paziente che mi sopportava.
“Mi piacciono le persone sincere, anzi più sincere sono meglio è… mi piacciono anche le sfide e grazie per avermi dato del pessimo scrittore, non per nulla i testi delle mie canzoni sono famosi in tutto il mondo”
Risposi, rimanevo sempre più sorpresa di come riusciva a diventare così aperto all’improvviso, forse era perché non mi guardava negli occhi.
“Oh come siamo modesti… dov’è finita la tua timidezza? E ti dispiace se la smettiamo di parlare con i bigliettini, sai l’inchiostro della penna sta per finire”
Attesi un po’ di più, forse era rimasto troppo sorpreso dalle mie parole.
Ed ecco che arrivò la “mail”, con tanto di penna.
“Scusa se sono stato maleducato, vediamoci così non rischieremo di consumare tutte le penne dell’albergo…
P.S. che le canzoni sono famose in tutto il mondo è la verità!”
Basta! Era ufficiale che era strano!
“Ok, vienimi a prendere tu visto che io non conosco il numero della tua stanza. Aspetta! Come fai a conoscere il mio di numero?!”
Ovviamente la risposta non arrivò, così pensai di vestirmi… che significava: il tempo di farmi una doccia, il tempo di infilarmi un pantaloncino nero e una camicia bianca, il tempo di aggiustarmi i capelli,  il tempo di truccarmi ed il tempo per… non avevo più tempo, qualcun altro bussò alla porta. La andai ad aprire con la speranza che fosse il “postino” e invece era il mittente.
-Aspetta qui!- gli dissi senza nemmeno dargli il tempo di aprire bocca…
Una delle gemelle (Scarlett, la più curiosa dopo Siria che era troppo impegnata a mangiare) mi domandò chi era.
-Il cameriere che voleva la mancia- urlai per far intendere a Jackson di non bussare un’altra volta...
E lì trovai il tempo di infilarmi le scarpe.
-Ragazze io devo andare a comprare gli assorbenti… sta per venirmi il ciclo- sussurrai.
-Ma tu hai perennemente il ciclo- disse ancora Scarlett quasi volendolo soffiare per non farsi sentire, le altre due non si sarebbero mai permesse di dirlo.
-Ti ho sentito tesoro, ma ti perdono perché adesso sono troppo impegnata ad uscire, a dopo!- gli feci l’occhiolino e chiusi la porta alle mie spalle e mi ci attaccai vicino per un momento di respiro… che non ebbi perché mi ritrovai un naso troppo a punta e due occhi castano scuro che mi fissavano come se fossi appena uscita dall’inferno.
Però non ci feci troppo caso appena vidi quel ricciolino ribelle che gli scendeva sulla fronte. Glielo allungai per un momento per poi vederlo tornare alla sua normale forma, come una molla o… come il ciuffo che avevo io ogni mattina.
-Oh lo adoro, posso giocarci?- domandai innocentemente.
-No, perché adesso ti porto a fare un giro- mi afferrò la mano prima che potessi tornare al suo riccio e mi trascinò con lui –ah e… il cameriere che voleva la mancia?-
Feci una finta risata per la disperazione, la mia idiozia a volte prendeva il sopravvento –Già… dovresti ringraziarmi, l’ho fatto per la tua incolumità- come quando mi girai un momento indietro, osservai i quattro omoni che ci seguivano e dissi a uno di loro…
-Ehy ciao postino!-

Ok, dopo questa potevo buttarmi dalla finestra dell’albergo per non fare un’altra delle mie figure di cacca da collezione. Ma mi era uscito spontaneo!
Si limitò a girare il viso, era troppo imbarazzato… poi mi concentrai su Jackson che procedeva sempre più veloce e rischiava di farmi inciampare.
-Quante volte hai ringraziato il signor postino per averci fatto da tramite, Jackson?- domandai seccata quando mi ricordai di come era lui...
-Non ho tenuto il conto- rispose semplicemente, troppo impegnato a trascinarmi ovvio!
Sospirai e alla fine ce la facemmo ad arrivare alla macchina… se così potevo chiamarla.
-Cavolo è meglio di una reggia! Potrei viverci qui dentro- esclamai, mi guardavo tutt’intorno… era così bella, la mia casa in confronto alla macchina era niente.
Curiosai tutt’intorno e Michael restava a guardarmi.
-Sei una curiosona- disse dolcemente.
Io mi rimisi subito al mio posto e arrossii.
-Io non volevo… stavo solo…- mi riavviai una ciocca dietro l’orecchio e girai la testa per tenere quel goccio di orgoglio che mi era rimasto in quel momento.
Lui rise –Anch’io sono un tipo curioso, se verrei a casa tua guarderei dappertutto- continuò a ridere e io mi unii a lui.
-Temo che rimarrai deluso, nella mia casa non c’è niente da vedere…- dissi con un filo di voce, ricordai cos’era veramente la mia vita e mi rattristai.
-Ah, hai pochi gingilli- sorrise.
-No, non voglio dire questo… solo…- esitai.
-Solo cosa?-
-Nulla lascia perdere… allora, dove siamo diretti?- domandai scacciando i brutti pensieri.
-Ci dirigiamo al mercato, uno dei pochi della città che funzionano da lunedì a sabato, devo prendere un paio di souvenir-
-D’accordo-
L’autista si fermò, mi apprestai ad aprire la porta ma…
-Aspetta, devo fare una cosa- disse prendendo certi arnesi accanto a lui.
-Che stai facendo?-
Si era infilato baffi, occhiali, cappello e denti finti… ecco cosa stava facendo.
-Scusa è che devo travestirmi per uscire-
Scoppiai a ridere, che razza di travestimento era quello?!
-Oh mio Dio, ma potevi travestirti un po’ meglio no? Sembri mio nonno!-
-Ok, allora se ti domanderanno chi sono diventerò tuo nonno- affermò infilandosi i guanti.
-I… i guanti?! Ma io sono a mezze maniche- mi ignorò totalmente… -ok, io la smetto di farti domande e tu la smetti di fare cose strane, intesi?-
-Dipende cosa intendi per strano- mi rispose intento ad infilare il secondo.
-Ah già… allora la smetto di farti domanda e basta, su muoviti!-
Scendemmo dall’auto che era parcheggiata parecchio lontana rispetto al ponte e ci incamminammo.
Per la strada c’erano vari artisti, tra cui alcuni che ballavano la sua musica, così il “nonnino” si volle fermare a vedere.
-Nonno questa musica non fa per te- affermai ironica.
-Ah… guarda che mi muovo abbastanza bene per la mia età tesoro-
Soffocai la mia risata e costrinsi Michael ad andarcene se non volevamo farci scoprire, oh mio Dio avreste dovuto sentire la sua voce da anziano… uno spettacolo! Avrebbe potuto ingannare anche una macchina della verità.
-Che cosa si prova a sentire la propria musica?- ero sempre stata curiosa di saperlo…
-Niente di speciale, per me è come sentire musica normale, anche se sono un perfezionista e vorrei correggere ogni cosa sempre- disse impegnato a guardare qualcosa di più interessante di me.
-Quindi sei un perfezionista… eh bravo il nostro Jackson-
Ridemmo insieme, ma sempre un po’ sottovoce, dopotutto non si poteva nascondere una risata e la sua era ben conosciuta.
Poi pensammo ai souvenir… beh ricordo solo che dove puntava il dito là andavamo e quello che vedeva comprava, anche la cosa più stupida. Non  servivano due braccia per tenere quella roba e siccome era troppo timido per chiedermi aiuto, lo feci io di mia spontanea volontà.
Poi prima che potesse puntare qualche altro fortunato venditore, lo tirai per un braccio e lo riportai alla auto.
-Mah… giuso un paio di souvenir eh? Ma c’è tutto ‘sto spazio nella tua casa?-
-Vanno in diverse case, non solo in una-
-Lo dici come se fosse una cosa normale!- risi.
-Sì hai ragione- rise.
-… Michael tu non esci mai di casa, insomma… devi travestirti per forza vero?- domandai con una certa esitazione.
-È  il prezzo da pagare per essere una star, Elizabeth- continuò –un prezzo alto persino per me-
-Immagino-
-Ma ci sono anche i lati positivi: viaggiare, incontrare persone, vedere cose nuove…- disse lui.
-E hai tutto ciò che vuoi o meglio… tutte le donne che vuoi per esempio, e non è questo ciò che ogni uomo desidera?- dissi con un fintissimo sorriso.
-Ma non ho te- girò la testa verso il finestrino e sorrise, come se io non lo vedessi certo…
-Solo perché io non posso essere comprata con il denaro, solo perché non sono una puttana-
-Solo perché non lo sei? È molto questo- il sorriso scomparì.
Mi infuriai, ma di brutto, mi venne altamente voglia di scendere dalla macchina all’istante. Ma dove cazzo era la timidezza?!
-Ricorda che non si può avere tutto nella vita e soprattutto io non sarò mai di nessuno- guardandolo con occhi di sfida.
-Sei uno spirito libero- il sorriso ricomparì. Però faceva presto a comparire e scomparire il suo sorriso, una magia!
-Molto libero… forse troppo per te da quello che ho capito-
Stava per controbattere, ma eravamo arrivati e così cercai di raggiungere la maniglia più velocemente possibile, solo che la sua voce fece morire tutte le mie speranze…
-Mi dispiace Elizabeth-
Strinsi forte la maniglia -E ti pareva che ti dispiaceva… stai tranquillo, mi hanno dato della “donna di facili costumi” anche altre volte-
-Quando ti ho detto quella cosa non intendevo questo sai?-
-E cosa intendevi?- domandai rassegnata –no aspetta! Non m’interessa cosa pensi, anzi sai che ti dico?! Le puttane sono meglio delle altre, dopotutto i rapporti sono solo una perdita di tempo!-
-Nessun rapporto è una perdita di tempo, se non ti ha portato quello che vuoi, ti ha insegnato quello che non vuoi e poi si è amati,  è questa la cosa più importante- disse tranquillo.
-Niente è più ingannevole dell’essere amati…- scesi dalla macchina e siccome non avevo nessun diritto di rompergliela, chiusi la porta con “moderazione” e me ne tornai in stanza.
-Ma non hai comprato niente?- domandò Miriam.
-Erano chiusi…- sussurrai.
-Nella piena dei turisti chiudono?...Ohi ma va tutto bene?- chiese Siria preoccupata.
-Ho solo bisogno di una dormita, oh e… se volete uscire fate pure, ma assicuratevi di chiudere bene la porta-
-Chi vuoi che venga a rubarti in un albergo a cinque stelle?- ovviò Siria.          
-Fidati… è sempre meglio prevenire- dissi in procinto di ciò che sarebbe potuto succedere… (e penso abbiate capito di cosa stavo parlando).

Sentii delle risate provenire dal salone e mi svegliai. Sbirciai dalla porta e vidi Michael con le ragazze gli stavano attaccate come delle formiche su un picnic (ma che razza di paragone…) –Oh fantastico-
Socchiusi la porta sbuffando, ma avevo una sete, mi si era seccata tutta la lingua.
-Ah ma che diavolo…! Questo doveva essere un bel viaggio e invece no! Devi incontrare Michael Jackson, ma quante probabilità ci sono..?!- mi rassegnai, non avevo speranze. Solo a me capitavano queste cose, eppure non avevo mai rotto uno specchio in tutta la mia vita!
Decisi di andare comunque in cucina, tanto si trovava un po’ prima del salone e quindi potevo passare inosservata. Mi voltai verso lo specchio e vidi che ero in intimo, in quel momento ricordai di aver lasciato i vestiti sulla poltrona dove era seduto Michael.
“L’ha fatto apposta” unica spiegazione plausibile secondo me…
Per la prima parte era tutto ok, solo che l’ultimo sorso d’acqua (che bevvi come fosse stata vodka), mi ricordò di come ero bastarda e così per recuperare i vestiti, andai  in salone comunque…
Camminai con decisione facendoli zittire tutti, cavolo era un ottimo metodo, avrei dovuto farlo più spesso! Mi fermai davanti a lui che era diventato di un colorito che non era il suo e aveva i muscoli tesi.
Lo fulminai con uno sguardo e come risposta si allargò il colletto della camicia cercando aria da respirare…
-Dietro di te- ero una di poche parole… a volte.
Si voltò timidamente e quando vie i vestiti si alzò immediatamente e si scusò solo tremila volte, poco da parte sua.
-Girati- non capì –girati, mi devo vestire!-
-Oh, sì… sì è vero- si voltò.
Con la coda dell’occhio notai le tre che avrebbero voluto sicuramente uccidermi e poi continuai a vestirmi.
-Allora… che cosa ti fa pensare che io ti voglia qui Jackson?- domandai quasi divertita.
-Nulla, so che non sei felice di vedermi- rispose lui ugualmente divertito e ancora girato.
-Ma Lely, non essere maleducata, Michael è venuto per farci una bella sorpresa- mi disse Siry un po’ infastidita.
-Io odio le sorprese…- mormorai.
-Ti sentiamo- urlarono in contemporanea.
-Lely, è il tuo soprannome?- domandò, mentre le altre risero.
-Sì, uno dei tanti- ecco, ci si metteva pure lui.
-Lely, Michael voleva invitarci alla prossima tappa del suo tour, Rotterdam, Paesi Bassi, dietro l’angolo insomma- mi sorrise Siry.
-Cosa?! No, non ci pensare nemmeno! Dobbiamo tornare a casa, che cosa diranno i tuoi?- la sgridai –e comunque puoi girarti Jackson-
-Niente, che vuoi che dicano? È soltanto una minuscola deviazione, ci inventeremo una scusa- era troppo ingenua.
-Posso parlarti in privato?- sussurrai.
-No! Quello che devi dire lo puoi dire a tutti noi!-
Sospirai –va bene. Sai che io non volevo venire già qui, figuriamoci ad un altro concerto! Se vuoi tu ti inventerai una scusa, io devo tornare a casa…-
-Siria, ascoltami… Elizabeth ha ragione, non puoi mentire ai tuoi genitori, loro ti hanno fatta venire qui e devi essergli grata- le prese le mani.
-Sì, avete ragione… allora non ci rivedremo mai più?-
Lui esitò e abbassò la testa. Poi guardò me e io gli abbozzai un piccolo sorriso.
-Credevo che il tuo sogno fosse incontrarlo, bisogna accettare la realtà, non tutte le sue fans hanno questa fortuna- le misi una mano sulla spalla.
Lui sorrise -Ci terremo comunque in contatto! Sentite.. questa sera dovrò partire, se vi va potrete salutarmi-
-Sì, questo possiamo farlo!- saltò di gioia.
Il resto del pomeriggio le pazze lo passarono a fare shopping, io feci un bel pranzo e mi rilassai con una bella doccia fresca. Poi mi sedetti sul marmo della finestra a leggere un po’ il libro e a giocare con il mio piccolo ciondolo/carillon.
Sesto capitolo: A fake nice surprise!
Finii di leggere il sesto che arrivarono le tre con tanti pacchi in mano.
-Lely, abbiamo preso un regalo per Michael!- urlò Scarlett.
-E tante belle cose per noi…- disse Miriam –… e per te- continuò prendendo un vestitino bianco attillato dalla busta.
Siria prese la busta con il regalo di lui e mi mostrò una camicia arancione con una fascia bianca sul braccio.
-Sarebbe questo il regalo?- domandai affacciandomi dietro la camicia che teneva davanti a me.
-Non ti piace? L’arancione va di moda e la fascia sul braccio è uno dei simboli di Michael- rispose soddisfatta.
-Se lo dici tu- tornai a guardare il libro.
-Sguardo a me, sguardo a me- ripeté schioccando le dita.
Sospirai –Che c’è?-
-Devi provarti i vestiti che ti abbiamo preso-
-Oh no…-
Ed è così che cominciò la tortura, io continuavo a ripetere che non avrebbe dovuto spendere soldi per me e lei mi ignorava totalmente. Ma come potevo non volerle bene?
Quando arrivò la sera ero sfinita, per provare tutti quei vestiti mi avevano fatto girare come una trottola ed ero così stanca da non avere la forza per togliere l’ultimo vestito, quello bianco attillato e corto di cui vi parlavo prima.
-Tienitelo, ti sta alla grande- disse Miriam indicandomi.
-Sì, e dovrei crederti…-
-Davvero, ti si addice, contrasta con la pelle abbronzata e si abbina agli occhi blu- continuò Siria.
-Smettetela di illudermi- risposi annoiata.
*Toc toc*
Si alzarono tutte e tre dal divano e si guardarono per decidere chi doveva aprire.
-Vado io- disse una.
-No, io!- controbatté l’altra.
E infine si misero a litigare per chi doveva aprire la porta.
-Ma quando Michael chiederà ad una di voi di uscire, che cosa farete? Vi dividerete in tre parti?-  mi intromisi io sorridente.
Alla fine andarono tutte e tre…
-Che spreco di manovale…- mormorai io.
-Sta zitta!- urlarono incazzate.
Risi. Presi una mela dalla cucina e appena aprirono iniziai a mangiarla, all’insegna di ciò che mi aveva detto Siria.
Flashback
-Sai, il suo soprannome è “Applehead” e a te piacciono le mele, quindi lui ti piace- sorrise.
-Certo! Mi piace così tanto che lo mangerei!- dissi scattando verso di lei mostrandogli gli artigli e ridendo malefica.
Fine flashback
Risi ancora più forte e Michael che lo notò mi sorrise.
-Vieni a salutarmi?-
-No-
Notai gli sguardi assassini delle tre e dovetti per forza cambiare idea.
Sbuffai –Sì…-
Scesi dalla finestra e andai a gettare l’altra metà della mela.
-Ti sta bene questo vestito sai?- se ne uscì lui.
Sentii le pazze ridere, le odiai in quel momento.
-Certo… lo so-
Infilai le ciabatte e ci dirigemmo nel piazzale dov’era il jet.
Miriam e Scarlett lo abbracciarono e lui le baciò sulla nuca, Siria lo baciò accanto alla bocca e lui imbarazzato la baciò sulla guancia e infine toccò a me.
Cercò di abbracciarmi ma io lo scostai, ancora quella specie di voce/campanello che mi diceva di allontanarmi. La voce più brutta che io avessi mai sentito.
-Allora ci vediamo piccola scrittrice di romanzi-
Lo guardai.
-Hai letto i miei… Non farlo mai più!- lo spinsi.
-Non lo farò, una domanda, solo una- si riavvicinò.
-Parla-
-Perché non c’è mai una fine? Perché c’è la stessa trama ma non una fine?- domandò gesticolando.
Io rimasi un po’ perplessa. Mi portavo quei fogli inutili ovunque, tutte le storie che tentavo di scrivere avevano la stessa trama ma non una fine, non una. Era tutta colpa della mamma delle gemelle che da quando mi conosceva mi diceva sempre “Metti i tuoi sentimenti su un foglio, non vuoi esternarli? Bene, esprimiti sui fogli. È il modo migliore per sfogarsi”
Quando ero piccola uscivano solo scarabocchi, la mia vita era una totale confusione ma… ma pian piano riuscivo a scrivere la trama della storia, solo non riuscivo a scrivere la fine… perché non c’era una fine! Non ancora no…
-Non ne ho idea, ma… adesso perché non te ne vai?!- la mia voce oscillava tra la dolcezza e la rabbia e non sapevo il perché. Cioè continuava a farmi riflettere su ciò di cui non volevo nemmeno parlare.
Mi accarezzò il viso.
-Ho letto… ho letto una delle lettere che hai scritto ai tuoi genitori, mi sono commosso, era molto bella-
-Michael vattene via!-
-Mi dispiace, io non volevo curiosare tra le tue cose ma… quello che scrivi è molto, molto bello e…-
-Io odio quello che scrivo, i miei sentimenti mi uccidono! Quello che amo mi uccide! Ma perché… perché continuo a parlare con te?! Tu mi fai tirare fuori cose che ho già dimenticato da tempo e che non voglio ricordare!- mormorai arrabbiata ma a bassa voce.
Michael si avvicinò un po’ troppo, ma io non lo spostai, aspettai che fosse lui a farlo. Sentii per un attimo il suo respiro sulle mie labbra che poi se ne andò lasciandomele inumidite.
-Scusami-
Non dissi nulla e non gli diedi uno schiaffo per sua fortuna, restai ferma a fissarlo.
-Sei scusato, ancora una volta- risposi semplicemente.
-Ho due debiti con te allora- si allontanò di un passo pronto ad andarsene.
-Sì esatto-
Rimasi quasi estasiata da quegli ultimi minuti, poi mi salutò e salì sul jet per partire.
Mi ripresi e risvegliai anche quelle tre, che lo salutarono per alcuni minuti anche quando si vedeva solo una piccola luce nel cielo dalle poche stelle.
-Ma insomma andiamo? Ho sonno e domani mattina dobbiamo partire- urlai.
Tornate all’albergo, mi accorsi che nella tasca del mio smanicato c’era un foglietto con il numero di Michael, che faccia tosta! Lo accartocciai arrabbiata, ma poi lo rimisi in tasca.
-Allora che vi siete detti?- domandò improvvisamente Siria facendomi saltare.
-Ci siamo salutati- risposi cercando di farglielo credere davvero…
-Sì come no…- disse lei incredula.
Quando le altre andarono a dormire mi accorsi che uno dei miei fogli era fuori posto, era una delle lettere che avevo scritto ai miei, ed intuii che era quella che aveva letto Michael.
Quella era una lettera un po’ particolare, dove non facevo intendere che erano morti e infatti ero sicura che lui non l’avesse capito.
La lessi.

“Cari mamma e papà…
Non basteranno mille anni perché io dimentichi ciò che avete fatto per me, perché nessun’amore può rimpiazzare il vostro. Genitori non si nasce, ma voi siete riusciti a fare questo lavoro alla perfezione, ed è grazie a voi che oggi sono una “bambina” più adulta. Dico bambina perché per voi lo ero stata e lo sono ancora e anche se a volte ci penso e mi arrabbio perché bambina in realtà non ci sono mai stata, poi mi dico che è giusto così e che in fondo mi piace essere pensata così, come una bambina.
Mamma e papà, così forti, così invincibili agli occhi dei figli, ma in realtà anche voi avete avuto i vostri litigi e le vostre preoccupazioni, ma la cosa incredibile è che voi non avreste mai mostrato le vostre debolezze, per dare sicurezza alle persone amate.
Cari mamma e papà… vi ho amato, vi amo e vi amerò per sempre, parole e non fatti lo so, non sono una che dimostra amore, perciò per me le parole valgono molto, vi amo di bene quindi e non vi scorderò mai,
la vostra cara “bambina” Elizabeth.”


*Angolo autrice*


Cari lettori, volevo confessarmi con voi... forse conoscete la storia Sunshine, bene. Secondo me quella è la storia più bella e meravigliosa che esista, ed è scritta alla perfezione.
Io conosco l'autrice, che però non ha aggiornato più per vari problemi, ma non riesco più a rintracciarla, forse per via degli impegni... bene, io vorrei chiedervi... che ne dite se pensassimo qualcosa di carino da mandarle? Magari una bella lettera con tutti i nostri pensieri sulla storia, che ne dite?
Fatemi sapere e buona lettura! Grazie ancora a coloro che hanno recensito, o messo la storia tra le preferite e le seguite!


SJ

 

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Capitolo 5
*** Unexpected goodbyes ***


Unexpected goodbyes

Eravamo in super ritardo! Stavamo per perdere l’aereo e ricordo di non aver mai corso più veloce in tutta la mia vita.
-Corri, corri, corri!- continuavo a dirmi.
Tirai uno, due, tre… dieci sospiri di sollievo quando presi il posto accanto alla finestra sull’aereo. Ci addormentammo di colpo e ci risvegliammo all’atterraggio.
-Mi sento stanca ragazze- disse sbadigliando Scarlett, mentre Miriam si stiracchiava.
-Scendiamo, ci riposeremo a casa- mormorò Siria mezza addormentata.
Mi cadde il borsone a terra quando vidi che in realtà non eravamo a Napoli, ma a Rotterdam… proprio dove si sarebbe tenuto l’altro concerto.
-Che diavolo ci facciamo qui?!- gridai io inginocchiata a terra.
-Però… il destino gioca brutti scherzi- disse Miriam con le mani sui fianchi.
-Mmh, io direi piuttosto il sonno gioca brutti scherzi- intuii Scarlett.
-Niente di tutto questo a quanto pare…- intervenne Siria.
-Sì è ovvio! Ma che ti ho fatto di male io?!- urlai al cielo.
Mi alzai e mi pulii per bene le gambe.
Io, Miriam e Scarlett restammo a discutere per un po’ mentre uscivamo dalla pista degli aerei, fin quando ci accorgemmo di Siria che era stata (stranamente) in silenzio tutto il tempo.
-Ma non sei preoccupata?!- domandò Miriam.
-Potremmo assistere al suo concerto che si terrà domani sera- rispose lei.
-Che?! Non ci pensare nemmeno!- controbattei.
Lei mi guardò arrabbiata –Tu razza di testa di rapa non hai voluto accettare! Quindi scegli: o resti qui o noi andiamo lì!-
-E come andiamo se lui non sa che siamo qui? Chissà dove sarà in questo momento…- disse Miriam.
-Ehm no, veramente ci sarebbe una soluzione-
Tirai fuori dalla tasca il biglietto con su scritto il numero di Michael.
-Ah ce lo tenevi nascosto eh?- s’intromise Scarlett.
-No, ma che dici! Me l’ha infilato in tasca ieri sera senza che io me ne accorgessi!- mi arrabbiai.
Siria prese il suo telefono che io chiamavo scatolone perché era enorme e pesava quasi cinque chili e digitò il numero con un’ansia tremenda, io non avevo intenzione di rispondere e restai con il broncio fino a quando un “Hello?” non fece capolino dall’altra parte del telefono.
Lei rimase bloccata per almeno 2 minuti e non riusciva a parlare così le strappai letteralmente il telefono da mano e parlai con Michael.
-Senti Jackson… sono Elizabeth, quella che hai fatto cadere facendole quasi prendere una storta e la stessa ragazza che è svenuta davanti a te e che hai baciato…-
Mi accorsi di ciò che avevo detto quando Siria mi diede un leggero pugno sul braccio e mi guardarono tutte con un misto di curiosità e rabbia, mix letale da parte loro.
-…Voglio dire che hai salvato con la respirazione bocca a bocca, comunque io e le mie amiche abbiamo sbagliato aereo e adesso siamo a Rotterdam-
-Come avete fatto a…-
-Niente domande! Ho deciso di accettare la tua offerta e quindi verremo al tuo concerto- finii di dire.
Rise a quell’affermazione e poi rispose.
-D’accordo, manderò un autista a prendervi, vorrei accogliervi di persona ma…-
-Sta tranquillo! La tua privacy lo so… ti abbiamo recato abbastanza disturbo…- e attaccai senza che lui potesse dire qualcosa.
Mi voltai leggermente verso le tre che si stavano avvicinando pericolosamente e maleficamente verso di me. Cominciai a correre con il mio borsone fino ad arrivare fuori l’aeroporto dove trovai già l’autista che ci aspettava. Le tre mi arrivarono dietro e mi fecero cadere, gli sorridemmo come ebeti e dal suo sguardo quasi annoiato potevo dedurre che ci riteneva bambine di tre anni…
-Mr. Jackson vi aspetta- sussurrò per non farsi sentire dagli altri.
“Mmh aspetta… la cosa mi puzza” pensai.
Arrivati in albergo, il signor postino (sì, era proprio lui) ci accompagnò alla stanza e nel frattempo Siry si apprestava a chiamare i suoi genitori per informarli dell’accaduto.
-Michael!- gridarono le gemelle andando ad abbracciarlo.
Siria attaccò e corse anche lei da lui, solo un bacio in più.
-Elizabeth, è un piacere rivederti!-
Mi abbracciò e solo allora notai il suo profumo. Ci eravamo abbracciati molte volte ma forse non ero così interessata a lui da sentire quel profumo.
Orchidea. La conoscevo bene, erano i miei fiori preferiti e mi piaceva metterle nella mia stanza per dare un tocco di eleganza, beh… solo quando me li regalavano a San Valentino, arrivavano più di dieci mazzi di fiori in quel periodo e quando trovavo le orchidee le prendevo e buttavo il resto del mazzo senza vedere nemmeno da chi arrivavano, dicevano che ero la ragazza più ambita di Napoli, anche se io non ci credevo affatto. Era orchidea ma anche cioccolato. Amavo il profumo del cioccolato, lo mangiavo rare volte ma lo adoravo.
Non ero solita poggiare la testa sulla spalla di una persona quando mi abbracciavano, ma sta volta ebbi il desiderio di farlo, probabilmente il gesto più dolce di tutta la mia vita.
-Michael- interruppe Siria.
Ci staccammo.
-Michael dove alloggeremo?- domandò.
-Ma qui ovvio- sorrise –è una stanza molto grande-
-Affitti stanze così grandi di solito?- m’intromisi io.
-Beh… in un certo senso sì- si grattò la nuca.
Parlammo del più e del meno tutta la giornata, tra un delizioso pranzo e una magnifica cena come in una famiglia, fino a quando non sopraggiunse l’argomento “canzone nuova di Jackson”, cioè… immaginatevi il mio interesse.
-Mi servirebbe una ragazza per un nuovo video-
-Io non so ballare- disse Siria.
-Noi siamo in due- dissero le gemelle.
Mi fissarono.
-Cosa? No! Io sono bassa- cercai di dire.
-Tu saresti perfetta-
Siria. A volte ci odiavamo a vicenda.
-Non se ne parla!- urlai io.
-Ma perché?!- domandò lei.
Sospirai –sapete? Sono stanca, ho fatto un viaggio in aereo e ho bisogno di dormire- mi alzai dalla sedia.
-Aspetta, lascia che ti accompagni- si alzò anche lui.
Mi accompagnò per un piccolo corridoio dove alla fine c’era una porta con tre letti.
Tre letti.
-Tre letti?-
-Oh accidenti!- si mise una mano fra i capelli.
-Non è colpa tua, non sapevi di certo che avremmo perso l’aereo-
“O forse sì?”
Lo guardai con gli occhi assottigliati, sospettosa di ciò che quell’uomo così brillante avrebbe potuto fare…
No… troppo innocente dite?
-Vuol dire che qualcuno dovrà dormire insieme a Michael!- urlò Siria dal salotto.
-Sì, tu!- risposi.
Andai in cucina e mi avvicinai a Siria, sembrava che un fulmine ci collegasse… tipo cartone animato, avete presente?
-Ragazze, ragazze per favore- si avvicinò e ci mise le mani sulle spalle.
-Io dormirò nel letto singolo e farò spostare gli altri due singoli nella mia stanza, che dite?- domandò dolce lui.
-Sì, è perfetto- dissi io.
-No, no… io non credo che sia giusto così. Michael ci ha ospitate e noi lo ripaghiamo così?-
Anche se odiavo dirlo, Siria aveva ragione.
-Ma no state tranquille, l’ho fatto con piacere, credete davvero che io inviti cani e porci a stare con me? Siete state molto gentili e siete divertenti, siete un gruppo piacevole, mi piace la vostra compagnia- sorrise.
-No Michael, Siria ha ragione-
-Come.. come hai detto? No ti prego fammelo registrare, mai successo che ti sei arresa così in fretta- mi sorrise Siry.
-Ma dai smettila- risi.
Ed è così che facevamo sempre pace, dopo due secondi.
-Lely non voglio farti arrabbiare ma… sai come reagirebbero i miei-
-D’accordo allora io dormo con Michael, non che sia un sacrificio per carità, è un piacere per me, no cioè...- era la terza volta che fraintendevano.
-Abbiamo capito tranquilla- ridemmo tutti insieme.
-Michael allora domani c’è il tuo secondo concerto?- domandò contenta Siria.
-Già… sono un po’ in ansia- rispose timidamente.
-Ah tu sei fantastico! Andrà tutto bene vedrai!- disse Scarlett.
-Non vedo l’ora che arrivi domani… saremo dietro le quinte di un concerto, che sballo!- Miriam saltò di gioia.
-Dopo quello che è successo a Elizabeth non la farei stare mai in mezzo al pubblico, non rischierò ancora che mi svenga davanti agli occhi, come la salvo poi?- rise.
-Le è piaciuto anche se non lo ammetterà mai-
Ridemmo a squarcia gola tutti, si stava rivelando un lato ancora migliore di quel viaggio.
-Ma che dici! Avrei voluto vedere te che ti saresti finta morta tutto il giorno purché continuasse a baciarti!-
Temevo che morissimo dalle risate, c’era Michael che si era letteralmente piegato in due e si teneva una mano sulla pancia, le gemelle che si abbracciavano per non cadere e io e Siria prese in una battaglia divertentissima a botta e risposta!
-Sì, ammetto che è vero, oddio doveva restare nei miei pensieri!- gridò divertita Siria.
-Basta, basta sto per morire- affermò Michael.
-No, non vogliamo uccidere il re del pop! Morto dalle risate, vi immaginate?- fantasticò Miriam.
-Ok, basta, davvero non ce la faccio più- mi aggrappai alla sedia.
Dopo qualche minuto smettemmo, ma poi ci guardammo tutti e scoppiammo ancora in una grande risata.
-Io credo sia ora di andare, domani Michael deve fare pur sempre un concerto no?- disse Siria.
-Giusto, sentite ragazze, ci sono due bagni quindi… io vado in uno e voi andate nell’altro e Lely la mia stanza è accanto a quella delle ragazze-
-Ok, ho afferrato- gli feci l’ok con la mano.
-Buona notte Michael- dissero in coro le tre.
-Buona notte ragazze- si avviò verso la sua stanza.
Entrammo in bagno.
-Datti da fare ‘sta notte Lely…- mi stuzzicò Siria.
-Sto per commettere un omicidio, tenetemi- ordinai alle gemelle.
-Andiamo! Ma hai visto quanto è bello? Ed è anche ricco, sai che a te servirebbero un po’ di soldi-
-È vero, ma non in questo modo, scherzi?! Non mi vendo per dei fogli di carta verdi con le facce dei presidenti sopra…- mi arrabbiai.
-Aspetta tu sei ancora… dico, non hai mai…?- domandò stupita lei.
-… perché tu sì?- dissi di rimando.
-No- abbassò il capo.
Risi soddisfatta –bene-
-Ti aveva offerto di lavorare alla sua canzone! Ma perché no?- chiese invece Scarlett.
-Non lo farò mai, basta così, vado a fare una doccia-
Mi svestii di tutto ed entrai in un’estasi ghiacciata che mi rilassò per una decina di minuti. Quando uscii le altre erano occupate a struccarsi, poi Siria si girò all’improvviso e mi venne incontro.
-Ci vediamo domani allora- mi salutò.
-Certo…-
-Non volevo provocarti prima, perdonami- si scusò.
-È la gelosia che parla- la stuzzicai.
Chiusi la porta e mi avviai nella “mia” stanza, sospirai un minuto ed entrai. Era ancora in bagno. Mi sentivo in imbarazzo, essere da soli nella stanza di un uomo che è in bagno e aspettare che questi venga a dormire, beh poteva mettere tutti a disagio…
Sentii aprire la porta ed ecco che uscii lui in accappatoio.
La sua faccia variò dal rosa al viola al rosso in una frazione di secondo -Oh Elizabeth, io credevo che tu stessi ancora… insomma voi donne non ci mettete poco per…- cercò di dire imbarazzato.
-No, ho fatto una doccia al volo, per questo… ma se vuoi posso andare- nel tentativo di indietreggiare urtai una sedia e mi dovetti sedere per calmare il dolore.
-Ti sei fatta male?!- si avvicinò.
-No, no, no- misi le mani in avanti per far sì che si allontanasse –tranquillo non è niente-
-Potresti…- con la mano mi fece segno di voltarmi, io lo feci di scatto anche perché ero un totale rossore, si stava vestendo dietro di me, chi non avrebbe provato imbarazzo?!
Deglutii e dopo qualche secondo mi disse che potevo girarmi.
Ci mettemmo sul letto. Si era creato un silenzio imbarazzante e tutti e due stavamo zitti senza far niente; io non sapevo se parlare, prendere direttamente il mio libro per leggere o mettermi a dormire e basta.
Poi lui ruppe il ghiaccio –allora Elizabeth, io e te abbiamo cominciato col piede sbagliato-
-Io direi piuttosto con la caviglia sbagliata, o quanto meno il tacco sbagliato- risi e lui insieme a me.
-Hai ragione…- abbassò gli occhi –raccontami la tua vita, io l’ho fatto e credo che ora tocchi a te-
-Ecco, la mia vita…- divenni titubante.
Mi prese la mano –tranquilla di me puoi fidarti- sorrise.
-Non mi sono mai fidata di nessuno, nemmeno delle mie migliori amiche a volte- mi intristii.
-Mi dispiace, non voglio costringerti- lasciò la mano.
Pensai per un attimo ad Ariel, la madre delle gemelle che mi diceva: “A volte sfogarsi fa bene, parlare con delle persone della tua vita può liberarti, in quel momento è come se diventassero degli psicologi e tu sai di potergli dire tutto perché loro ti staranno ad ascoltare… non credo che il tuo sfogo sia piangere Elizabeth, tu non piangeresti nemmeno per l’effetto naturale della cipolla perciò… prova a fidarti, ma lo devi sentire dentro capisci? Devi saper trovare la persona giusta, è una cosa che capirai dentro di te, nel tuo cuore”.
Mi misi una mano sul cuore, il battito era accelerato e manteneva lo stesso ritmo, era questo il segnale?
-Michael io… odio parlare della mia vita, ma una mia amica mi disse che confidarmi fa bene, ti va di ascoltarmi?- chiesi timidamente.
Pov Michael.
Era incredibile come dall’acidità del giorno riusciva a diventare quasi amore e timidezza la sera, ‘sta volta era lei ad abbassare gli occhi e non io.
-Certo che mi va Lely- sorrise.
Lasciò tralasciare il suo nome e parlò –vivo nei quartieri di Scampia… Napoli, in Italia-
Cosa?! Come faceva una ragazza bella come lei a vivere in un posto così degradato?! Adesso capivo perché si era arrabbiata tanto quando ne parlammo la scorsa sera.
-So… dove si trova Napoli, ma… continua-
Fece un grosso sospiro -sono stata cresciuta da una donna che mi tratta come fossi una schiava, un po’ come tuo padre, solo che a differenza tua io devo lavorare diversamente. Poi ho conosciuto Siria, lei è ricca e mi invita spesso a casa sua, e spesso mi aiuta con il denaro o con i vestiti… ma testarda come sono spesso li rifiuto e cerco di lavorare per conto mio…-
Rimasi letteralmente sconvolto, non riuscivo davvero a crederci.
Continuò –la madre delle gemelle fa la maestra in una delle poche scuole che ci sono lì e mi ha insegnato a leggere, a scrivere e a fare i conti e mi ha prestato tutti i libri che aveva sulla storia e sulla geografia e varie altre materie così ho potuto acculturarmi un po’, per questo riesco a parlare l’inglese così bene, almeno credo…-
Stetti un minuto in silenzio, presi il suo viso e lo voltai verso di me.
-Adesso capisco cosa intendevi l’altra sera, Elizabeth io non immaginavo che tu avessi avuto un passato così difficile, sei così brava a parlare la mia lingua e scrivi alla perfezione, sono sconvolto e mi… mi dispiace moltissimo per ciò che hai passato-
-Benvenuto nella mia vita- mi sorrise.
-Perché non vieni a lavorare con me?-
-Michael io non so niente di musica- rise –l’unica cosa che so è che Whitney Houston è un mito e che amo sia lei e sia la sua musica-
-Anche a te piace? Io l’ho incontrata sai? È una persona molto dolce e comprensiva… è davvero un mito come dici tu- risi anch’io -comunque intendevo come domestica a casa mia, anzi nelle mie case perché sono molto grandi e anche adesso ne ho bisogno, come hai visto io prendo stanze molto grandi e c’è sempre qualcosa fuori posto-
-No adesso non devi avere pietà di me, non voglio che tu lo faccia… odio le persone che mi trattano come una poveraccia o come se chiedessi elemosina! Per mantenere me e Anisa, che sarebbe la donna che mi ha cresciuta, mi dedico a ogni lavoro, ho fatto di tutto nella mia vita e se dovessi scrivere un curriculum non credo che basterebbe un quaderno intero e poi come farei? Sono troppo lontana da casa-
-Elizabeth io non ti sto dando soldi per nulla, voglio che tu lavori per me e so che sarai un’ottima domestica! Siria mi ha raccontato che quando lei era in viaggio e aveva lasciato la casa a te al suo ritorno sembrava nuova, splendeva come se tu l’avessi lustrata con i diamanti-
-Oh fantastico, ti ha detto anche questo! Per lei la mia vita è come un film…- sorrise -e comunque non posso-
-Se devi mandare i soldi ad Anisa glieli farò recapitare io-
-E come? Non so nemmeno se quel posto ha un nome e le case tutto sommato sono uguali, come pensi di farlo? È impossibile…-
-Tranquilla a questo ci penso io- le sorrisi, lei mi guardò triste.
-Non posso… mi dico sempre che voglio scappare da quel posto, dalla mia vita, ma è soltanto un sogno, non posso farlo, io vorrei ma…- strinse i denti.
-Puoi, adeso puoi farlo, vieni con me Elizabeth-
Pov Elizabeth.
Mi prese le mani -perché vuoi che venga con te?-
-Perché voglio gente sincera intorno a me e non avrei potuto trovare persona migliore-
-Come fai a fidarti di me?-
-C… come?-
-Voglio dire… io vengo da quel posto dove la criminalità è molto frequente, troppo… come fai a sapere che non prenderò niente da casa tua? Oppure… come fai a pensare che io non dirò nulla ai mass media? Dopotutto ho solo 17 anni- lo guardai quasi con rabbia.
-Proprio perché mi dici così posso fidarmi- sospirò –credi che io inviti persone qualunque nella mia casa? Nella mia vita anzi… io non posso fidarmi di nessuno e ne sono consapevole, ho imparato a riconoscere certe persone-
-E su cosa ti basi per farlo?- avvicinai le gambe al petto.
-Sulle cose semplici Elizabeth, dal carattere, dalle persone conosciute, dal passato, persino dalle strette di mano e dagli abbracci- continuò –per esempio Nelson Mandela è un uomo dolcissimo e ha una stretta di mano decisa ma allo stesso tempo delicata capisci? Le sue mani sono morbide… invece la tua è molto forte e mi piace come guardi negli occhi quando stringi una mano, è uno sguardo come per dire “Chiunque tu sia, io non ho paura di te”-
-Sì, sì è proprio così- risi.
-È molto efficace questo metodo, le persone di cui mi fido e che mi vogliono bene e che non mi tradirebbero mai si possono contare sulle dita di una mano-
-Immagino… è bello che una persona possa capire le tue sofferenze, non che io abbia una vita particolarmente interessante come la tua ma credo che quando due persone sofferenti si incontrano una può curare il male dell’altro, a vicenda capisci?-
-Sì, è giusto il tuo ragionamento, allora accetti?-
Esitai. Girai la testa alla mia sinistra e sentivo gli occhi scrutatori di lui notare ogni mio singolo particolare e ogni mia singola mossa, come per prevedere la mia risposta.
-Devi promettermi che questi soldi arriveranno ad Anisa- dissi persa nei miei pensieri.
-Susciti odio per lei eppure… eppure vuoi che quei soldi gli arrivino, perché?- domandò con un mezzo sorriso.
-Per lo stesso motivo per cui tu hai perdonato tuo padre, lei mi ha cresciuta, avrebbe potuto uccidermi e farla finita e invece…- annuii e continuai –e invece sono ancora qui, a chiacchierare forse con la più grande star del mondo e la cosa più incredibile è che ormai è diventata una cosa normale… oh mio Dio non ci ho mai pensato!- risi a squarciagola.
-Sì me ne sono accorto!-
Io gli feci una faccia tipo “Cosa?!” e gli buttai un cuscino in faccia, lui ricambiò e cominciammo una battaglia senza fine. Modestamente ero preparata, mi ero allenata tutte le sere con le tre e non potevo non vincere; ma alla fine vinse lui che mi bloccò le braccia e io non riuscii più a muovermi.
-Hai vinto, hai vinto, mi arrendo!- dissi disperata io, continuai –sei un mago! Io mi alleno sempre eppure…- cercai di dire mentre riprendevo fiato.
-Non pensavo ti piacesse combattere- affermò lui sorpreso mentre si asciugava un velo di sudore dalla fronte.
-Ci sono tante cose che non sai di me, mai persa una battaglia… beh ad eccezione di questa, tsk! Tutta fortuna per te- mi ricomposi.
-Ah e non ti piace perdere, accettalo baby- disse troppo soddisfatto lui.
-Baby ce la chiami tua madre!- lo guardai sfidandolo.
-Vuoi la rivincita? Non voglio che tu perda di nuovo…- finse pietà…
-Da parte tua mi aspettavo un minimo di gentilezza da gentiluomo! Ti stai rivelando per quello che sei oppure è la tua parte oscura che parla…?- risi.
Fece una risata malefica –hai svelato il mio segreto e adesso ne pagherai le conseguenze- e tra una parola e l’altra aveva cominciato a farmi il solletico, solo non trovò il mio punto debole e così ne approfittai per saltare su di lui e buttarlo giù dal letto.
-Ti ho atterrato, ho vinto io!- incrociai le braccia soddisfatta.
-Andiamo fammi alzare, sei pesante!- mi stuzzicò.
-Aspetta, che?! Stai dicendo che sono grassa?!- e così ebbe il tempo di distrarmi (ovviamente io sapevo che era una finta!) per simulare un altro attacco che finì miseramente con la sua sconfitta.
-Oh ti ho atterrato di nuovo… quanto mi dispiace piccolo delinquente che non sei altro!- gli sussurrai mostrando gli artigli!
Mi fece la linguaccia, poi ci fu un minuto di silenzio e sentimmo delle piccole risate provenire dalla stanza accanto… dalla stanza dov’erano le tre…
-Credo… credo abbiano frainteso- mormorò lui diventando nuovamente rosso…
-Cazzo è vero...!- mi levai da sopra lui immediatamente ed entrambi ci mettemmo sul letto.
Riprendemmo fiato, poi ci guardammo entrambi e scoppiammo in una grossa risata; lui si poggiò a me per cercare di riprendersi (potevo dire che ci sostenevamo a vicenda) e infine facemmo un lungo respiro cercando di riprendere il controllo.
-Adesso basta, è ora di smetterla…- sussurrai ancora sorridente.
-Sì hai ragione, domani sarò stanchissimo accidenti!-
Sospirai e spensi la luce velocemente, poi mi misi le lenzuola addosso e mi poggiai sul cuscino sentendo Michael fare lo stesso.
Ero contenta di ciò che era accaduto, non ridevo in quel modo da tempo… in un certo senso mi sentivo felice e non riuscivo ad addormentarmi. Sentii il suo respiro dietro di me, pensavo fosse felice anche lui ma dovevo dormire altrimenti non mi sarei svegliata e quelle tre avrebbero sicuramente sospettato cose che non erano mai accadute…
Dopo una trentina o forse più minuti la luce si riaccese, era Jackson.
-Elizabeth non riesco a dormire- mormorò alzandosi.
-Neanche io…- mi alzai anch’io.
Si preoccupò e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza –oh… cavolo, come faccio io? Domani devo cantare!-  si coprì il volto con le mani.
Lo vidi sedersi nuovamente sul letto, era di spalle a me e tremava leggermente.
-Adesso stai calmo! Fai concerti come se non fosse nulla e adesso hai paura? È solo un po’ di euforia, capita a tutti… beh non che la gente faccia concerti tutti i giorni ma…- feci un mezzo sorriso.
Si voltò. Mi fissava e io fissavo lui, poteva sembrare divertente ma in realtà non capivo perché tutta quell’ansietà morbosa.
-Sì… sì hai ragione, adesso t… torniamo a dormire- tremava, seppur leggermente tremava ancora…
-D’accordo… io… Michael tutto bene?- mi avvicinai a lui spaventata in un certo senso, ma mi rassicurai quando vidi il suo viso illuminato dal suo famoso sorriso a trentadue denti.
-Certo tutto bene, era solo un po’ di agitazione, buonanotte Lely-
-Non chiamarmi Lely, è assurdo che ti ci sei abituato pure tu!- mi misi di spalle a lui.
-Ah non arrabbiarti! Ti troverò un altro soprannome allora…-
-Qualsiasi cosa… aspetta! Non dev’essere imbarazzante, non deve stropicciare il mio nome, non orribile ma nemmeno troppo carino, niente codici con numeri tipo CIA e nessun…- sbadigliai –cavolo sto sbadigliando… mai successo, ci vediamo domani-
Crollai, ma non sarebbe durato a lungo.

Erano le quattro e mezza di mattina circa, mi svegliai di scatto e sentii il materasso modellarsi secondo i movimenti di Michael che nell’assoluto silenzio si alzò, aprii il cassetto e prese qualcosa… nessun rumore particolare, solo una specie di carta metallica e un bicchiere d’acqua che lui bevve. Ingoiò il tutto mentre sentivo lui fare un leggerissimo sospiro, quasi impercettibile, classico rumore dopo una bevuta soddisfacente e rinfrescante, solo non ero sicura che avesse bevuto solo acqua…
Non osai fiatare, solo ascoltare il mio vicino distendersi accanto a me, eccessivamente vicino per i miei gusti. Si poggiò letteralmente alla mia schiena, mani a posto però!
Pensava che la mattina seguente, anzi quella mattina perché erano quasi le cinque, mi sarei svegliata e avrei creduto che nella notte si fosse spostato involontariamente in quel punto e invece il fato volle che io mi svegliassi quella notte e che sentissi tutto ciò nella speranza che glielo avrei chiesto, sì certo.
Tornai a dormire, quella notte continuai quel fantastico sogno che bloccarono le tre la mattina del 27… il sogno in cui si avverò il mio desiderio di fuggire dalla mia casa, dalla mia vita! Ah aspetta! Quel sogno era diventato realtà…

-Elizabeth- sentii sussurrare –Elizabeth…- ancora.
Era in lontananza questa persona, fuori la porta.
Mi alzai di scatto –chi è? Aspetta… che cosa vuoi?!-
-Ti ho svegliata chick?-
Chick? Io a prima mattina non volevo nessun soprannome… ah che cavolo…!
-No, no, no, no!- mi apprestai a dire in fretta –fa niente! Sono sveglia da ore- “fidati, ti sto prendendo per il culo alla grande” pensai.
Mi poggiai nuovamente sulla mano per recuperare tutto il sonno possibile, crollai di nuovo.
-Elizabeth!- lo disse con più “vivacità”.
-Chi è?-
“Ma che cavolo sto dicendo?! Io so chi è…” Mi strofinai le mani sugli occhi per svegliarmi definitivamente.
Sospirò –sono sempre io, Michael-
-Oh cazz…- mormorai senza farmi sentire, e dire che mi ero completamente dimenticata di esser stata insieme a lui la notte precedente –arrivo!-
-Posso entrare? Sai è la mia stanza se ti ricordi…- lo sentii poggiarsi alla porta, troppo annoiato di tutto ciò che stava accadendo, così decisi di fargli una bella sorpresa.
Mi arrabbiai e gli aprii la porta facendolo cadere a terra di schiena, poi la richiusi.
-Mi hai preso per una ritardata?! Certo che so che è la tua stanza!- gli urlai contro.
-Non si direbbe dal tuo stato attuale- mi fece un lungo esame guardandomi dalla testa ai piedi.
-E poi cos’è questo chick?! Non sono mica un pulcino io!- arraffai i mie vestiti e cominciai a metterli, noncurante di lui che guardava ogni singola parte del mio corpo.
-Avevi detto che dovevo trovarti un nuovo soprannome- rise.
-Ti ho detto anche che non doveva essere troppo carino! E questo fidati… è molto carino, troppo! Non va bene per me e lo sai anche tu!- mi girai in modo che non potesse vedermi la schiena, solo… mi vide in reggiseno, per qualche secondo però.
Diventò subito rosso e si alzò per poi voltarsi, consapevole che mi avrebbe visto anche in mutante se saremmo andati avanti così.
-Hai ragione, ti ci chiamerò solo quando non ci sarà nessuno intorno…-
-Non migliora le cose! Non… non… ah, non c’è speranza con te vero? Esattamente come non ce n’è con le altre tre…- rise lui, anche se non c’era nulla da ridere per me!
-A proposito… stanno ancora dormendo?- domandai divertita quasi mentre nella mia mente frullava chissà cosa…
-Sì, a meno che non siano uscite- rispose.
-No non credo, hanno ascoltato troppo ieri notte- mi diressi fuori, lui mi seguì.
Entrai nella loro stanza furtivamente e pensai a qualcosa per svegliarle. Mi voltai verso Michael per qualche suggerimento e lui mi fece segno di urlare come se non ci fosse stato un domani.
Mi schiarii a gola e poi ne seguii un urlo spaventoso, neanche ci fosse stata la fine del mondo.
Loro si alzarono di scatto e quando cominciarono ad urlare anche loro io mi fermai. Quando si accorsero che non era nulla divennero rosse accorgendosi che c’era anche Michael con me. Ne seguii un suo “Auw!” con tanto di “movimento di bacino”…
-Che ti salta in mente?! Sei pazza!- urlò Siry tra imbarazzo e rabbia.
-Che c’è? Vi ho ripagato con la stessa medicina che mi avete “offerto” l’altro giorno… vendetta! Siamo pari ora, potete stare tranquille- incrociai le braccia.
Jackson e io ci mettemmo a ridere, lui cercò di nasconderlo con una mano davanti alla bocca, con poco risultato però.
Poi doveva sopraggiungere lei, Siry con le sue domande imbarazzanti…-vi siete divertiti molto ieri sera?-
Io mi arrabbiai –sì! Sì e anche molto- me ne andai in cucina dove c’era una fantastica colazione sulla tavola.
-Dai non volevo farti arrabbiare! Stavo solo scherzando!- gridò lei dall’altra stanza.
Non curante addentai il mio cornetto quando arrivò Michael che prese una sedia e si sedette accanto a me, usò la sedia al contrario però.
-Grazie della colazione- gli sussurrai girando la faccia così che lui non potesse vedermi.
-È il minimo che abbia potuto fare per voi, mi avete dato un attimo di sollievo dalla mia vita, grazie… chick- sussurrò assicurandosi che non ci fosse nessuno intorno.
Sorrisi, non si arrendeva mai.
-Come la prenderanno quando sapranno che verrai con me?- domandò tutt’ad un tratto.
-Non ne ho idea, diciamoglielo ‘sta sera, così non me lo rinfacceranno tutto il giorno- risposi annoiata.
-D’accordo-
Stava per dire qualcos’altro quando arrivarono le tre che si sedettero per mangiare.
-Allora che vi state dicendo?- domandò sempre Siria.
-Stiamo discutendo su quanto fossero buoni questi cornetti- feci un finto sorriso.
-Sì… in effetti sono parecchio buoni- disse famelica Scarlett.
-Ragazze tra poco devo andare a visionare gli ultimi dettagli del concerto, venite con me?-
-Sì- risposero all’unisono.
Poi guardarono tutti me –se dico no secondo voi chi vincerebbe?- risero –appunto-
In assoluta segretezza ci dirigemmo in macchina e stemmo tutto il pomeriggio lì a vedere Jackson cantare e ballare senza sosta. Aveva molta energia e me ne meravigliai vista la notte prima… la formula magica era il famoso bicchiere d’acqua?
Ci ragionai su fino al momento di Will You Be There, una canzone meravigliosa che non poté far a meno di trascinarmi. Mi avvicinai al palco per sentire meglio quella fantastica melodia, lui mi fece segno di salire e io non mi feci pregare…
“In our darkest hour
In my deepest despair
Will you still care?
Will you be there?
In my trials
And my tribulations
Through our doubts
And frustrations
In my violence
In my turbulence
Through my fear
And my confessions
In my anguish and my pain
Through my joy and my sorrow
In the promise of another tomorrow
I'll never let you part
For you're always in my heart”
Si mise una mano al cuore e poi indicò me per un attimo; vidi l’angelo abbracciarlo, mi commossi quasi ma l’orgoglio mi permise di mantenere il controllo.
Ci riposammo qualche istante dietro le quinte, poi Michael fece il concerto e tutto andò bene per fortuna…
-Siamo noi le privilegiate- disse improvvisamente Miriam –vedere tutte quelle fan che darebbero qualsiasi cosa per stare qui, al posto nostro… in un certo senso mi dispiace-
-Sì però non è questo che abbiamo sognato davvero fin dall’inizio del nostro viaggio?- domandò di rimando Scarlett.
“No” avrei tanto voluto rispondere. Solo… forse mentivo a me stessa, avevo trovato un lavoro come mi ero promessa di fare, ma dentro di me sentivo che la mia decisione come tutte le altre prese in tutta la mia vita avrebbe portato solo guai e dolore. Perché?
Loro esitarono. Io ero davanti a loro e mi godevo il concerto, anche se rischiavo di essere vista. Il nostro compito era aspettare Michael arrivare, loro dovevano asciugargli il sudore e io dovevo dargli l’acqua e ogni volta c’era una specie di… bisogno ecco, ci cercavamo con gli occhi, poi mi sorrideva e tornava alla ribalta.
-Già- concordarono insieme.
Al termine tornammo in albergo, dovevo restare con Michael e la cosa mi metteva una certa preoccupazione…
-Allora, pronta per partire Lely?- domandò nostalgica Siry.
Guardai Michael che come risposta mi fece sì con la testa.
-Siria io non verrò-
Miriam e Scarlett mi attaccarono con lo sguardo.
-Come non vieni?-
-Michael mi ha offerto un lavoro e ho accettato, ne ho bisogno lo sai-
-Che lavoro?-
-Domestica-
-Capisco- corse da me abbracciarmi, reazione inaspettata.
-Non ci vedremo più?- domandò con la voce rauca per via delle lacrime.
-Ci terremo in contatto Siry-
-Mi mancherai-
Le gemelle prese da un’improvvisa tristezza vennero ad abbracciarmi.
-Ci… ci mancherai-
-Fate i bravi mi raccomando- ironizzò Siria.
Sciolsero l’abbraccio ed io mi diressi nella “mia” stanza a leggere un po’ del mio libro.
Nono capitolo: Unexpected goodbyes…
Qualcuno aprii la porta, Jackson. Io mi voltai subito per far sì che non mi vedesse.
-Elizabeth…-
-Che vuoi?!- domandai piangendo.
Mi strinse la mano e si inginocchiò accanto a me.
-Scusami, stavi leggendo?-
-Sì! Devi interrompermi sempre in questi momenti?!- non ce la feci più e mi girai verso di lui.
Un ciuffo di capelli copriva metà del mio viso così lui me lo spostò e mi asciugò le ultime gocce d’acqua e sentimenti che mi colavano giù.
-È dura lasciare i propri amici- sorrise.
-È più una famiglia per me… io le voglio bene- abbassai la testa.
-Quindi è la prima volta che sei così lontana da casa?- domandò lui passandomi una mano tra i capelli.
-Sono andata tre giorni a Londra con Siria, ero piccola e non mi ricordo niente… ma ero con lei e con i suoi genitori capisci?-
Prese il mio mento con due dita e mi costrinse a guardarlo -Un pulcino deve lasciare il suo nido prima o poi, deve affrontare il mondo-
-Lo sai, mi è sempre sembrato di aver lasciato il nido da un pezzo e invece…-
-Hai solo 17 anni, sei ancora così giovane…- mi accarezzò una gota mentre sussurrava dolcemente quelle parole e io ferma, senza muovere un muscolo a godermi quel suo tocco impercettibile…
Gli presi la mano e la spostai, sempre il famoso “campanellino dei sentimenti”, è così che lo chiamai da quel momento in poi, era diventata una brutta abitudine –scusa, vado un attimo di là-
Andai in bagno, mi fermai davanti allo specchio e mi guardai attentamente.
Osservai i lineamenti del mio viso, non vedevo nulla di particolare, i miei capelli erano a mo' di leone e neri come le ali di un corvo, ma questo non contava. Gli occhi? Azzurri, come quelli di una qualunque altra ragazza, le labbra, forse leggermente carnose e il naso all’insù, con una punta particolarmente arrotondata, e allora? Che c’era che non andava? Eppure ero diversa, per tutti lo ero. Dicevano “Sei diversa, la tua vita sarà diversa perché tu lo sei, tu sei diversa…”, ma cosa c’era di diverso?
Non lo sapevo, ma avevo capito che la mia vita cominciava a cambiare, stavo lasciando il nido e stavo per affrontare la vita.

Eravamo nel letto io e Michael, lui stava controllando dei documenti e io presa a leggere il mio libro; stavo finendo il nono capitolo, quello che aveva interrotto lui, poi arrivai giusto il tempo di leggere il decimo che posò i documenti e mi guardò. Io chiusi il libro, pensai che volesse andare a dormire e per rispetto lo misi a posto, ma le sue idee erano ben altre.
Per carità! Nessuna brutta intenzione, solo parlare. La cosa che più temevo fare con lui! Riusciva a risvegliare in me delle cose che non avrei mai voluto smuovere, i sentimenti, il passato.
-Ti piace leggere a quanto vedo-
-Sì,  una passione che ho fin da piccola- cercavo di tenere la discussione più fredda possibile, per sicurezza.
-Anche a me piace tanto, una volta ho letto tutto il dizionario- sorrise.
-Wow- pensavo ce l’avesse qualcosa da fare ogni tanto.
Si poggiò sul cuscino con le braccia incrociate dietro la testa –libro preferito?-
-Non ricordo, ne ho letti tanti… il tuo?-
-Il dizionario- ridemmo –scherzo, scherzo… anch’io ne ho letti tanti, non so, a casa mia ho una libreria enorme, li ho letti quasi tutti-
-Hai parecchio tempo libero-
-In questo momento se starei a casa mia mi troveresti che sto leggendo-
Mi stesi a pancia in giù, stava per venirmi il torcicollo a forza di parlargli girata.
-Invece io scrivo-
-Hai un grande talento, scrivi meravigliosamente-
-Grazie, non mi rendo conto di cosa riesco a fare quando scrivo, mi sembra tutto così scontato… a volte mi rassegno ed è anche per questo che non c’è mai un finale-
“Ho detto anche”.
-Non bisogna mai sottovalutare un talento, è un dono di Dio, i doni non si sprecano-
-Una cosa la si apprezza più quando non si ha…-
-Vero-
Per un attimo sospettai che volesse arrivare alle lettere dei miei genitori così cambiai argomento.
-Quando dovrò iniziare a lavorare?- domandai.
-Puoi cominciare già da domani se vuoi, se devi organizzarti fai pure… la prossima tappa del tour sarà tra…- ci ragionò un momento -tre giorni-
-Ok, dove siamo diretti?-
-Roma, Italia, Stadio Flaminio se non sbaglio…-
-Fantastico! Mi sentirò vicino casa, e c’è il Colosseo vero?- sorrisi emozionata.
-Sì esatto- rise insieme a me –come stipendio che ne dici di… tremilacinquecento dollari al mese? Naturalmente per iniziare…-
-D… davvero? Non sono troppi? Non che mi dispiaccia per carità! Solo… sei sicuro?-
-Certo, è anche per tua madre-
-Lei non…!- mi arrabbiai –lei è… no, scusa hai ragione, io ecco vorrei tanto che non fosse quella che è…-
-Tua… madre-
-… Sì…- cercai di dire –diciamo che volevo essere cresciuta da un’altra donna-
-A volte penso che anch’io arei voluto un altro padre, ma… è mio padre e non posso cambiarlo-
-Già, almeno non ho preso niente da Anisa, se avessi preso qualcosa da lei sarebbero stati i denti storti, un naso enorme e forse anche il brufolo sulla fronte… tipo indiani hai presente?- gesticolai.
Ridemmo.
-Elizabeth da che è nato il tuo soprannome Lely? Non si addice molto al tuo nome-
Misi una mano davanti alla bocca per coprire le risatine che ne stavano uscendo, era una domanda lecita solo che non sapevo la vera risposta.
-Non ne ho idea, quando Siria di mette in testa un qualcosa è inutile che tu gli chieda il perché, non te lo spiegherebbe mai, quando le chiesi del perché voleva venire al tuo concerto lei mi disse…
“Niente, sento che ci dobbiamo andare tutto qui” e poi mi sorrise-
-Come il famoso pittore Salvator Dalì, soltanto lui sapeva il significato dei suoi quadri- disse guardando il soffitto.
-Beh… paragone assurdo ma sì, può andare-
-Stavo pensando alle tue lettere sai?-
Ecco, alla fine c’eravamo arrivati… sapevo che avrei dovuto tagliare corto, un taglio sordo!
“Zac!”
-E cosa pensavi?-
-Quando ho letto quella che ho messo fuori posto proprio per fartela vedere io… ci sono delle parole che mi sono rimaste impresse e che vorrei farti notare… quando parlavi dell’essere sempre una bambina per i tuoi,  nonostante i 17 anni, hai scritto se non erro “[…] bambina in realtà non ci sono mai stata, poi mi dico che è giusto così e che in fondo mi piace essere pensata così, come una bambina…”, perché dici pensata come una bambina e non chiamata?- domandò curioso, si alzò e mi fissò negli occhi in attesa di una risposta…
Presi la lettera e lessi quel pezzo, mi riavviai una ciocca dietro l’orecchio e disapprovai con la testa per poi voltarmi verso di lui –nulla, solo un semplice errore di scrittura-
-Non avresti mai fatto un errore simile, non mentirmi Elizabeth, c’è qualcosa in più…- diventò serissimo.
Mi girai verso la lettera, accarezzai la carta come fosse stato un tessuto prezioso –perché lo vuoi sapere?-
-Ci sono troppo dentro ormai, ho letto cose che non avrei dovuto leggere, potrei rimanere una vita intera su quest’argomento e morire dalla curiosità magari-
-Stai esagerando… e se non volessi dirtelo?-
-Lo verrei a scoprire comunque, con la forza e altro…-
Mi pare troppo strano quel comportamento da parte sua, cominciavo a preoccuparmi -non arriveresti mai alla violenza, andiamo è assurdo! Ti ho detto che è un semplice errore, nient’altro!- urlai arrabbiata.
-D’accordo, ho capito-
Si era rassegnato. “Di  già? Meglio così” pensai; posai la lettera, mi poggiai sul cuscino, lui continuava a fissarmi.
-Smettila di fissarmi-
Non smise. Io feci un sorriso malizioso, mi alzai e mi diressi verso la porta.
Stavo allungando la mano verso la maniglia ma lui si mise davanti come avevo previsto.
-Ah vuoi la guerra…- sussurrai.
Mi spostai prima a destra e poi con uno scatto gli passai sotto il braccio che lui teneva alzato per cercare di afferrarmi, aprii la porta e passo per passo a piedi nudi per non fare rumore (con Michael che faceva lo stesso) mi diressi nei corridoi dell’albergo come una furia. Ero veloce al pari della luce, ma non riuscivo a liberarmi di lui.
Mi uscii una forte risata (non ce la facevo più a trattenermi!) e persi terreno, lui allungò la mano ma inciampò quasi perché ripresi a correre in fretta e furia; riuscii a frenare in tempo e per fortuna non andai a sbattere contro la porta di una stanza, stavo svegliando tutto l’albergo… Svoltai in un corridoio molto lungo e ad un certo punto sentii una mano afferrarmi la maglia e tirarmi indietro.
Capitombolai a terra insieme a Michael rotolando fino alla fine del passaggio. C’era riuscito.
Ridemmo fino allo sfinimento ma sempre con una mano che tappava le nostre bocche altrimenti le persone sarebbero scese con i forconi e i focolari tipo mostro di Frankenstein, mi teneva ancora la maglia che ormai si era addirittura allargata perché quando mi aveva preso cercai di opporre resistenza fino a quando non mi misi una mano al petto tentando di respirare come una persona normale…
-Cavolo… sei un razzo- cercò di dire lui.
-Lo so, pensi che quand’ero piccola non cercavo di scappare dalle urla di mia madre?! Anche se la ciabatta boomerang vinceva sempre accidenti!- ridemmo ancora. Gli tappai la bocca e lui la tappò a me, la sua risata era troppo conosciuta e se avrebbero sentito la mia il giorno dopo mi avrebbero assassinato credo…
-Anche io, mio padre cercava di prendermi ma ero troppo veloce!-
-Hai le gambe lunghe e le mani grandi, è ovvio che ci riesci!-
-Cerchi di trovare una scusa per la sconfitta eh?!- mi diede dei pugnetti sulla testa.
-Ahy!-
-Che?! Ma se non ti sto quasi toccando!-
-Le tue mani sono troppo grandi!- dissi prendendolo per i polsi e scuotendole… continuai –che mani grandi che hai!- dissi “fintamente meravigliata”.
-Per abbracciarti meglio- mi abbracciò alla sprovvista, non riuscivo a respirare talmente dell’ “amore” che ci stava mettendo.
-Sto soffocando, aiuto!-
Rise per via di come l’avevo detto, come se pensasse “sei divertente quando scherzi!”, solo stavo soffocando davvero… sì, dal ridere!
Ridere e ridere… ciò che facevamo da un buon quarto d’ora, almeno allungava la vita! Per via della caduta di prima adesso le nostre gambe erano attorcigliate e io non me le sentivo più.
-Non mi sento più le gambe, non me le sento più!- toccai quelle che mi capitarono a tiro.
-Quelle sono le mie di gambe-
-Ah… ecco perché sono così lunghe…- e ancora una volta ridemmo, solo ‘sta volta la bocca non ce la tappammo e d’improvviso una figura oscura e macabra si avvicinò a noi nell’oscurità.
-Signori, vi prego di fare silenzio… i miei clienti stanno dormendo…- disse quello che dedussi che era il padrone dell’albergo.
Ci sciogliemmo subito dal nostro “abbraccio di gambe” e Michael (ovviamente) si scusò immediatamente col signore.
-Mi scusi signore, ma… ha cominciato lei!-
Certo, e io che mi aspettavo facesse tutto il serio, invece alla fine avevo cominciato io, che bambino… -non è vero, è… è lui che ha cominciato con le domande!- …sì, e io non ero da meno.
Ci mettemmo a ridere ancora una volta, sentimmo l’uomo sospirare e poi dire –tornate nella vostra stanza subito!- urlò, anzi voleva farlo intendere, non poteva svegliare altri clienti…
Andammo in stanza e camminando passo per passo come quando ne eravamo usciti entrammo in camera da letto, da lì scoppiammo di nuovo a ridere.
-Sono stata io?! Sono stata io?!- cominciai a fargli il solletico, ma smisi subito, avremmo svegliato anche le tre che il giorno dopo sarebbero dovute partire. Continuai –ma l’hai sentito? “Dovete tornare in stanza subito!”- lo mimai –io gliene avrei dette quattro! Sei tu che lo paghi!-
-No dai, per una parte aveva ragione…-
-E per l’altra?-
-Per l’altra… per l’altra io gliene avrei detto otto! Anzi no, dodici!- fece il broncio.
-E smettila!- risi, mi morsi il labbro –quindi era tutto uno scherzo quello di prima?- domandai titubante ritornando alla questione “lettera”.
-Certo- sorrise –avevo voglia di giocare-
-Tu hai sempre voglia di giocare delinquentello!- gli pizzicai la guancia e lui rise, proprio come un bambino dolce e innocente –adesso credo sia meglio dormire, buonanotte Jackson…- mi poggiai sul cuscino e lui insieme a me, ero di fronte a lui, fingevo di dormire per non guardarlo negli occhi, sentii lui accarezzarmi nuovamente e un brivido mi attraversò la schiena.
Riaprii gli occhi –Michael-
-Scusa è stato più forte di me…- abbassò gli occhi.
-Mettiti a dormire… “che è meglio”!- mimai Quattrocchi dei puffi.
Ridemmo per l’ultima volta, poi senza dire niente ci mettemmo a dormire, il giorno dopo sarebbe stato il dì dell’addio.

-Lely- m’abbraccio col bagaglio affianco –ti voglio bene, non scordartelo mai- *lacrimuccia*.
Le altre mi avevano già salutato perciò salirono sull’aereo, sempre dopo aver salutato Michael ovvio…
-Ciao bella gente! Ci sentiamo ragazze…-
Tornai con Michael nell’albergo. Eravamo soli adesso, la casa sembrava così vuota senza le mie adorate tre… mi mancavano già.
-Siamo io e te adesso- disse lui.
-Sì…-



*Angolo autrice*
Ciao dolcezze! Allora ho messo un capitolo bello lungo perchè mi assenterò un po' di più.. diciamo che sono appena passati gli esami e mi godo un po' l'estate, nel frattempo vorrei dirvi che chi vuole scrivere un pensiero a Springtime per la storia Sunshine è ancora in tempo, aspetto altre proposte! Comunque grazie ancora per le recensioni e grazie di cuore per aver messo le storie tra le seguite o le preferite!

I love you and God bless you!

SJ

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Capitolo 6
*** The show must go on ***


The show must go on

Passò qualche mese, era il 16 settembre, eravamo a Tolosa, Parigi.
L’amicizia tra me e Michael si era intensificata moltissimo e il lavoro stava andando alla grande, solo alcune date del concerto cancellate per problemi di salute di lui (ero diventata anche la sua dottoressa visto che quando stava male me ne occupavo io). Andavo insieme a lui ovunque, di notte visitavamo gli ospedali e mentre lui donava tanti giocattoli a bambini malati io mi divertivo a fare amicizia con questi bambini, però nelle altre stanza perché non potevo farmi vedere insieme a lui.
Inoltre usò con mio grande piacere la camicia arancione con la fascia bianca che Siria gli aveva regalato per girare il video di Jam, io mi divertii tantissimo a vederlo mentre cercava di insegnare a Michael Jordan il ballo e non rifiutai una bella partita con quest’ultimo. Non vinsi però… c’ero quasi!
Diventavo sempre più presente nella sua vita, voleva che ci fossi alle visite con i medici e stavamo sempre insieme, qualche notte ci divertivamo a raccontarci storie con dei bambini, uno di loro era Frank Cascio, con cui ero diventata molto, molto amica… con lui e con tutta la sua adorabile famiglia (pensavo che il fratello Eddie si fosse preso una cotta per me, me lo diceva Frank!). Ci divertivamo a fare scherzi a Michael e allo staff di Dangerous, ballerini, truccatori, costumisti… a tutti. Poi c’era Jordan Chandler, un ragazzino un po’ timido ma quando si ci metteva era un demonietto, si inventava gli scherzi più divertenti.
Sapevo della sua malattia, la vitiligine, aveva faticato molto a raccontarmelo e si vedeva che stava malissimo con quella malattia, non si piaceva, si odiava e mi rendeva triste anche a me…
Questo era il lato negativo della mia vita: sapere che la persona che “amavo” di bene stava male per qualcosa che non esisteva in realtà, perché per me lui era l’uomo più bello e buono del mondo, perché la dolcezza e la bontà d’animo rendono bellissima una persona anche fuori.
Poi mi sentivo sempre con quelle tre, che mi chiamavano almeno una volta ogni due o tre giorni… costavano le chiamate all’estero e così andava avanti la mia vita.
-Com’è andata ‘sta sera?- domandai mentre finivo di pulire il tavolo.
-Benissimo, tu tutto bene? Frank dov’è?- si girò intorno.
-Bene sì… sta dormendo, si è stancato troppo-
-Che avete fatto?- chiese malizioso.
Risi -Niente, abbiamo fatto i compiti e mi ha aiutato a pulire-
-Elizabeth devo dirti una cosa…-
-Dì pure…- dissi distratta.
Esitò -Domani verrà una donna qui, si chiama Lisa ed è la mia ragazza-
La sua ragazza. Quelle parole mi rimbombarono nella mente un paio di volte e poi capii…
-Che? Davvero? E da quando vi state conoscendo?- smisi di pulire e gettai la pezza sul tavolo, come per provocazione.
-Da un po’…- girò il volto.
-Oh… ok-
Fantastico. Sarebbe venuta una donna il giorno dopo ed era la fidanzata di Michael Jackson.
Sorriso a trentadue denti e… -fantastico! Sono felice per te- andai nell’altra stanza per posare gli “attrezzi da lavoro”.
Mi misi dietro la porta e lo guardai. Sembrava arrabbiato e strinse i pugni, poi si sedette. Non capii la reazione, era la sua fidanzata, sarebbe dovuto essere felice…
Andai da Frank, dormiva ancora e io mi tolsi la bandana da testa che mettevo per pulire e per coprire le ciocche di capelli che mi ricadevano puntualmente sul viso, altrimenti non ci avrei visto niente. Mi sciolsi i capelli che erano legati in una specie di cipolla e mi sedetti sul letto.
Mi massaggiai le tempie, ero esausta.
Michael mi raggiunse.
-Sei stanca vero?-
Annuii.
-Riposati- si sedette accanto a me e mi accarezzò i capelli –stai benissimo con i capelli a mo' di nido d’uccelli- rise.
-Shh! Sta zitto, non vedi che dorme?- risi anch’io –e non è vero! Sei cattivo…- ridemmo insieme.
-Vieni di là- disse indicando con la testa l’altra stanza.
Sospirai e lo seguii, ci sedemmo sul divano. Mi tolsi le ciabatte e misi le gambe al petto, lui si tolse i mocassini e il cappello.
-Elizabeth sono così stanco… io odio andare in tour-
-Sì, hai ragione… l’ho fatto per poco e già sono stanca io… figurati-
Si affiancò a me.
-Sei gelosa?-
Lo guardai –Eh?-
-Sei gelosa di Lisa?-
-Perché dovrei esserlo? Io e te siamo amici, mica fidanzati…- ovviai -sono felice per te- sorrisi.
-Lo dici come schifata-
-E come lo devo dire?! Michel non cominciare a farti i film mentali per favore!-
Abbassò la testa.
-Scusa, ma la tua domanda non era… normale Michael… non volevo arrabbiarmi, a volte non capisco proprio che ti viene in mente in quella testa diabolica- risi.
Fu una frazione di secondo. Mi guardò, si avvicinò e mi baciò.
“Oh mio Dio, oh. Mio. Dio, oh Cristo Santo, no!” riuscii a pensare unicamente a quello. Zero pensieri, solo emozioni e la cosa faceva capire che veniva tutto dal cuore e non dal cervello. Ero un misto tra amore, rabbia, piacere e gelosia. Amore perché provavo qualcosa per lui ed era chiaro, rabbia perché l’indomani avrebbe visto la sua fidanzata e la stava tradendo, piacere perché stavo provando la cosa più bella del mondo e anche perché in un certo senso mi sollevava sapere che stava tradendo lei e… gelosia perché sapevo che non era mio. Stavo rubando l’amore di qualcun’altro.
La sua mano coprì tutto il mio viso, io non osavo sfiorarlo e avevo i muscoli tesi. Poi mi concentrai sul sapore, erano così dolci e morbide… dolci e morbide come lui. Il mio primo bacio, con Michael Jackson… beh non avrei potuto trovare persona migliore. La star più famosa del mondo mi stava baciando e non mi stava facendo la respirazione bocca a bocca, ‘sta volta ne ero sicura…
I muscoli mi si sciolsero e stesi le gambe, con le mie piccole mani gli presi il viso e lo attirai verso di me costringendolo a trovare una posizione più comoda sul mio corpo, le sue mani scesero lungo le spalle e poi lungo i fianchi fino ad arrivare alle cosce… e dopo qualche secondo ci staccammo per riprendere ossigeno.
-Che cazzo hai fatto? Che cazzo è successo?!- domandai tra un respiro e l’altro…
-Mi dispiace non ce l’ho più fatta… è stato più forte di me-
-Questa frase non mi è nuova, Michael domani arriva Lisa!-
Si prese il volto tra le mani –lo so, lo so… cazzo! Mi dispiace io dovevo farlo… dovevo, non riuscivo più a resisterti! Sei una tentazione per me...-
Lo provocai –sarebbe colpa mia alla fine?! E… oh la prima parolaccia del signor Jackson… allora sei una persona normale-
-Smettila, sto cercando di fare il serio per una volta… assecondami- sorrise.
Eravamo un misto tra preoccupazione e divertimento, eravamo consapevoli di ciò che era appena accaduto, ma infondo… che male c’era?
-Che male c’è?- chiese ingenuo lui.
-Niente! Mi hai solo baciato e domani verrà la tua ragazza, che vuoi che sia? Michael stai dicendo sul serio?!-
-No, sono troppo disperato per dire che hai ragione- sospirò –ma infondo è solo un bacio, non è una cosa tanto grave…-
Me lo scrollai di dosso e mi alzai dal divano –Michael ricordi i due favori di quando ti perdonai due volte? Ecco fammi un favore… non dovrà succedere più, ti sei tolto lo sfizio e adesso è tutto ok… vero?-
Non ci fu mai risposta a quella domanda, si dice “Chi tace acconsente” ma ero certa che quello non era il nostro caso.
Andammo a dormire e il fatto che Frank ancora era nel meglio dei sogni non mi quadrava, ma lasciai perdere perché c’era qualcosa di più grave a cui dovevo pensare al momento. Non chiusi occhio, il senso di colpa mi divorava eppure continuavo a dirmi “Solo un bacio, è solo un bacio… niente di più”, era davvero così?
Per me sì.

Il giorno dopo mi misi subito a lavoro, cominciai con lucidare il pavimento e togliere la polvere dai mobili, doveva essere tutto perfetto per quando sarebbe arrivata Lisa, volevo che avesse una buona impressione su di me.
Michael non c’era e Frank si svegliò.
-Elizabeth-
-Frank! Ieri hai dormito proprio tanto… manco t’avessi ucciso con quelle faccende!- ridemmo.
-Non ho dormito tutto il tempo, vi siete divertiti a succhiarvi la faccia?- si girò e fece finta di star baciando qualcuno.
Io andai da lui e lo girai –tu hai visto tutto?!- rise e io gli diedi un ceffone dietro la testa –dimentica tutto quello che hai visto altrimenti ti tiro per le orecchie!-
-Perché?! Non è colpa mia se vi ho colti sul fatto e dopo… ehi dopo viene Lisa!-
-Lo so! Frank ci ho pensato tutta la notte… come faccio io?!-
Frank era anche una specie di miglior amico/consigliere per me, gli volevo tanto, tanto bene.
-Siete fottuti… tutti e due-
-So anche questo, non mi sei di aiuto!- sospirai mentre prendevo lo straccio per pulire le finestre.
-Sai almeno a che ora verrà?- domandò Frank.
-No…-
E fu in quel momento che sentimmo la porta aprirsi e un paio di tacchi a spillo con tanto di occhi azzurri e rossetto rosso fuoco entrarono in camera, e ovviamente dietro c’erano quei timidi mocassini che avevo imparato a riconoscere alla perfezione.
Frank si alzò immediatamente dalla sedia e si mise accanto a me, come se stesse passando un generale che doveva giudicare il suo esercito.
-Buongiorno- dicemmo all’unisono io e lui.
-Buongiorno…- sospirò lei.
Lisa mi si avvicinò e mi guardò negli occhi, ma gli occhi di una tigre potevano ben sconfiggere quelli di un misero micetto.
-Allora sei tu Elizabeth…- affermò sottolineando in particolar modo il mio nome.
-Sì-
-Michael mi ha parlato molto di te-
Guardai lui che arrossii subito e girò la testa, io sorrisi ma dovetti tornare subito a guardare lei che sembrò volesse uccidermi con lo sguardo per via di quel sorriso.
-Quanti anni hai?-
-17-
-Oh sei una bambina- sorrise.
-Bambina non mi sembra il termine adatto signora…-
-Jackson, chiamami signora Jackson e… non contraddirmi-
Alzai un sopracciglio.
Jackson? Mi salì la nervatura, forse Michael non gli aveva ancora detto che provocarmi era molto pericoloso, e poi come poteva chiamarmi bambina?! Già cominciava a non piacermi.
-Ah… non sapevo foste sposati- s’intromise Frank.
-Non lo siamo infatti- disse Michael cercando il mio sguardo.
-Ma lo saremo presto…- aggiunse Lisa cercando invece il suo di sguardo, per levarmi la certezza e la speranza che non si sarebbero mai sposati.
Poi tornammo a fissarci. Sperai che in quel momento riuscisse a vedere la rabbia e l’odio che c’era in me, anche se non era proprio una buona idea mostrarlo… lei era la signora Jackson (o perlomeno lo sarebbe diventata) e io dovevo accettarlo.
-E quindi… vivi a Napoli, nei quartieri di Scàmpia… sei povera vero?- domandò con un pizzico di superbia. Si girò e si sedette a gambe incrociate; sbagliò anche a pronunciare Scampia.
-Si pronuncia Scampia e sì, Michael vi ha raccontato tutta la mia storia vedo-
-Esatto, è tipico di lui aiutare le persone come te… vero tesoro?-
Sembrò svegliarsi in quell’istante –certo chick-
Pulcino… colpo basso e troppo poco furbo da parte sua.
-Se non vi dispiace, io continuerei il mio lavoro- stavo per voltarmi quando…
-Aspetta, tu dormi qui vero?- chiese ancora lei, troppe domande per i miei gusti.
-Sì-
-Bene, io ti ho preso una stanza al piano di sotto, d’ora in poi starai lì, comincerai alle dieci di mattina e terminerai alle sei di sera,  farai un break dalle due alle tre, sono stata chiara?-
-Secondo il mio contratto dovrei obbedire al mio capo, non alla ragazza del capo- stesi le labbra in un sorriso sadico.
-Elizabeth, la decisione l’abbiamo presa entrambe e ti consiglio di non mancare di rispetto a Lisa Marie, sono stato chiaro?- si rivolse a me lui serio, lo sfidai.
-Cristallino signore-
I due si chiusero in camera da letto.
Pov Michael.
-Michael è piccola, una bambina! Sai che non dovresti tenerla con te…- si arrabbiò lei.
-È una bambina, è piccola e me la cresco io-
-Fai come vuoi!-
Le presi le mani e la guardai dolcemente.
-Lisa tesoro, io ho occhi solo per te… è di questo che ti preoccupi?- la provocai.
-Ma che vai dicendo?! Spero che non farai mai l’errore di innamorarti di una bambina come lei, è povera inoltre e scommetto che non ha mai letto un libro…- sospirò –Michael lo dico per il tuo bene, non può vivere in quest’ambiente qui dove ci sono persone di un livello più alto, la faresti soltanto sentire in imbarazzo!-
-Per tua informazione è una ragazza istruita e molto preparata, vive a Napoli e allora? È una persona come tutti noi… ascolta lei mi serve adesso!-
-… D’accordo… adesso ci sono io per te e nessun altro-
-Certo- mi abbracciò.
-Oh Mike… non immagini nemmeno che cosa farei per te, io ti amo così tanto…-
-Anch’io Lisa… anch’io….-
Pov Elizabeth.
-Ma l’hai vista?!- gridò Frank.
-Shh, stai zitto altrimenti ci sentono- sorrisi.
-Hai presente Hitler? È la sua copia solo senza baffi e con i tacchi… non ci posso credere, ma da dove è uscita quella?-
-Frank devi accettarla, da bravo bambino- ci guardammo e ridemmo come due idioti per la frase che era appena uscita dalla mia bocca –ok, ok… ho detto una cazzata enorme-
-Sì, puoi dirlo forte! A volte mi sembrava voler dire “Non ti resta che un monosillabo per affermare e obbedire!” Vedrai che ci parlo io con Michael-
Sorrisi mentre continuavo a dare una ripulitina alle finestre.
Una sera poi, dopo qualche ora che era passato il mio turno di lavoro, arrivò Michael fuori al balcone che mi sorprese a guardare le stelle.
-Elizabeth...-
Mi voltai immediatamente dato che non ero neanche in una posizione idonea, ero poggiata alla ringhiera con i gomiti, mentre il mio sedere era un po’ troppo “sporto”.
-Michael, che cosa vuoi?- domandai un po’ infastidita.
-Mi dispiace se ti sto… trascurando in questo periodo, scusa se sono stato così assente e scusa anche perché ti ho trattato male e per Lisa- aveva lo sguardo fisso al cappello tra le sue mani che stava torturando per allentare la tensione.
-Ancora? Ti ho detto che è tutto apposto, non preoccuparti-
Ad un certo punto alzò il capo e si avvicinò in fretta –mi dici sempre di non preoccuparmi! Devi essere sincera con me Elizabeth! Perché continui ad evitarmi? Credi che sia così stupido da non accorgermene?!- gridò arrabbiato.
-Vuoi che sia sincera, è così?! Molto bene, ma poi non ti incazzare se ti tratto di merda! Michael, ti evito perché mi hai ferito per farti piacere dalla tua fidanzata, cazzo! E questo che sono per te? Una poveraccia?! Una sguattera?! Cosa sono io per te?! Un potenziale pericolo ecco… sei un fottuto bugiardo! Tu menti a me e io ricambio con la stessa moneta- gli diedi le spalle.
-Sì hai ragione, sono stato uno stronzo a farti trattare così da Lisa, ma tu non immagini nemmeno come mi sono sentito in colpa tutto questo tempo! Non starei qui a parlarti se non per farmi perdonare, giusto?- spiegò mettendosi una mano in tasca.
-Ok, scuse accettate. Anche se non sono sicura nemmeno che tu mi stia dicendo la verità adesso, e sappi che se continuerò ad evitarti sarà solo per il tuo bene Michael!-
Poi ad un tratto sentii le sue mani sulle mie spalle, sentii stringermele.
Sospirò –d’accordo, però…-
Detestavo quando si bloccava proprio sul più bello.
-Però?- lo incitai quasi ridendo incredula.
-Però devi promettermi che il nostro rapporto rimarrà intatto- mi abbracciò da dietro.
-Non posso farlo Michael, non posso perché potrei mandare la tua relazione in frantumi… dalle mie parti un bacio non vuol dire essere solo amici- mi dileguai dall’abbraccio e mi girai per guardarlo.
-Ti ricordi vero?- sorrise.
Annuii.
-Ti è piaciuto?- chiese arrossendo.
-Si, e anche troppo- beh, dovevo essere sincera, no?
Sorrise ancora di più e mi accarezzò il viso.
-Anche a me- si guardò intorno e una volta sicuro che non ci fosse nessuno mi baciò.
Allacciai le braccia al suo collo e mi lasciai cullare dolcemente dalle sue morbide labbra.
Poi ci staccammo sempre delicatamente e continuammo a fissarci per un po’.
-Vedi che non siamo solo amici?- dissi io assottigliando lo sguardo –devo evitarti per forza, non per volere… ma devo farlo-
-Tu non capisci, io voglio tenere questo rapporto qui, non intendevo mica di amicizia, sai?- mormorò abbracciandomi.
-Ah mi fa piacere- risi.
Rimanemmo in quello stato per poco, e poi tornai ancora una volta alla realtà –no Michael, no… non si può- mi staccai e mi dileguai da lui lasciandolo lì, in balia di pensieri…
Come promesso lo evitai, sempre. Anche se i nostri sguardi si incrociavano spesso.
La mia vita andava a tratti, momenti sì e momenti no, felicità e tristezza si alternavano in quello scarabocchio che era la mia vita. Ma tutto sommato stavo meglio… perché non ero più a casa mia. Perché non stavo nello stesso posto, non respiravo la stessa aria e soprattutto non vedevo la stessa persona che tormentava i miei giorni… Anisa. Speravo solo che quei soldi gli arrivassero. Era giusto così.
The show must go on.



*Angolo autrice*

Salve ragazzi! Che felicità risentirvi! Ho passato due giorni di vacanza quasi completamente da schifo, quindi immaginatevi la mia felicità nel tornare nel mio bel mondo fantastico... comunque come avrete sicuramente notato, il raiting della storia è cambiato dal rosso al giallo, spero non vi dispiaccia, ma ho dovuto farlo per vari motivi... troppa perversione!
Sta di fatto che io vi amo lo stesso AHAHAHAHHA! No, seriamente... dovrei chiamarlo angolo sclero, ma sul serio... l'ho fatto per dei motivi veramente importanti, scusate ma ad un certo punto mi è sembrato tanto di mancare di rispetto a Michael...
Spero che continuiate a seguire la storia comunque e spero che il capitolo vi piaccia!

I love you and God bless you!


SJ

P.S. se volete aiutarmi ancora con la lettera per l'autrice si Sunshine siete in tempo, scrivetemi in privato, grazie.

 

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Capitolo 7
*** Accuse, relazioni e Liz Taylor ***


Accuse, relazioni e Liz Taylor

Passarono anche questi mesi, Frank tornò a scuola e io continuavo il mio lavoro. Non sapevo ancora che una notizia terribile stava per sconvolgere ancora di più la mia vita.
-Elizabeth!- Michael si catapultò nella mia stanza nonostante il mio lavoro fosse finito e lui non si sarebbe ma permesso di venire da me senza preavviso dopo l’orario di lavoro.
-Michael, che succede?- mi alzai dalla sedia.
Lui non fece niente, corse ad abbracciarmi e cominciò a piangere.
-Elizabeth aiutami ti prego- disse tra un singhiozzo e l’altro.
-Che succede?- gli accarezzai i capelli.
-Una cosa terribile, terribile…-
-Cosa? Che cosa?!-
Pianse ancora più forte e singhiozzava in un modo spaventoso, sembrava che non respirasse –Elizabeth! Perché mi è accaduto questo perché?! Perché?! Non voglio andare in tribunale, non voglio! Salvami tu, ti prego…- sospirò –aiutami…-
-In… in tribunale? Michael  che cazzo succede?! Non posso aiutarti se non me lo dici!- lo staccai dalla stretta ferrea del suo abbraccio.
-Ricordi Jordan Chandler? Te lo ricordi?-
-Certo che me lo ricordo…-
-Mi ha… sono stato accusato di pedofilia da lui…-
Quelle parole rimasero fisse nella mia mente per alcuni minuti, tutto si fece confuso, non mi accorsi nemmeno che Michael stava rompendo tutto, cominciava a spaccare specchi, lanciare sedie e tutto quello che gli capitava a tiro.
Insieme al suo pianto sinonimo di tristezza, si aggiunse la rabbia.
Tornai alla realtà. Corsi da lui e lo frenai prendendolo per le braccia. Lo guardai per un attimo davanti a me e poi vedendo le sue lacrime scendere senza sosta solcando le linee precise del suo viso, lo abbracciai e lo strinsi con tutta la forza che avevo in corpo.
Gli creai una sorta di parcheggio sulla mia spalla e respirava affannato sul mio collo, eppure le sue lacrime scendevano come un fiume bagnandomi tutta la spalla e scendendo giù fino alla schiena.
Rabbrividii sentendo quei sentimenti scivolare lentamente sulla mia pelle, era una sensazione così strana…
-Non è possibile… non può essere vero- sapevo che per Michael i bambini erano una delle cose principali nella sua vita, lui li amava perché lo rappresentavano. Lui era un bambino. Era la purezza, la dolcezza, la sincerità, l’Amore. Quelle cose che in un adulto, soprattutto in una persona famosa non c’erano.
-La vita è così ingiusta con me… perché mi odiano tanto?-
Non potevi odiare Michael Jackson, non potevi perché lui era amore e lui diffondeva amore, non faceva altro che bene… forse per questo era tanto scomodo –la gente è cattiva, non sopportano che tu faccia del bene… non sopportano che tu sorrida e perciò… perciò tu non smettere mai di farlo, solo per il gusto di farli star male-
Cominciò a giocare con i miei capelli –Elizabeth… adesso che cosa devo fare?-
-Devi affrontare la realtà-
-Ne varrà della mia reputazione, i mass media mi tormenteranno, tutti mi odieranno e i miei fans? Non posso fargli questo… li ho delusi-
-Non hai deluso nessuno! I tuoi fans sanno che sei innocente! Adesso tu devi affrontare la situazione, combattere-
-Non so andare in guerra come te, chissà quanti anni durerà… e immagino adesso tutti i telegiornali ne staranno parlando, tutti penseranno che sono un…-
-Basta!-
-Voglio lasciarmi in balia delle onde, la mia vita non ha più senso…-
-Smettila!-
-Io sono fragile Elizabeth… io non sono te, non ce la farò mai, voglio morire, ti prego uccidimi…- ed ecco che arrivava il terzo stato: la disperazione e la rassegnazione.
-Sei fuori di te!-
-No… sto solo affrontando la realtà come hai detto tu! Sono come un fantino caduto da cavallo e incapace di rialzarsi… incapace di “saltare l’ostacolo” e tutti ridono di me…-
-Davanti un ostacolo non si piange, si salta! E quando vedrai la luce dell’altra parte ti accorgerai che ne è valsa la pena- sorrisi.
-È un ostacolo così alto che copre di buio anche l’altra parte… perché devo affrontare la realtà sapendo che dopo la mia vita sarà uguale ad ora?!-
-Per il gusto di sconfiggerli- gli accarezzai il viso –non trovi mai soddisfazione nell’avere ragione nonostante dicano l’opposto? Non provi soddisfazione nel poter ridere un faccia ad una persona perché non sei tu ad avere torto?-
-Sì…-
-Loro non hanno prove! Non possono accusarti per nulla!-
-Eppure…- la sua voce cambiò, era rauca e triste. Si staccò da me e sprofondò sul divano –mi sbatteranno in galera… anche senza prove-
-Ma questo è impossibile-
-Sì, ma io sono Michael Jackson… sono sbiancato, gay e pedofilo… merito la sedia elettrica per loro- l’ultima lacrima scese sul suo viso.
Mi inginocchiai davanti a lui –Michael- sospirai –perché fai così? Che ti importa se la gente pensa questo di te? Tu sai di essere innocente, tu non sei né gay, ne sbiancato e qualsiasi altra cosa pensino di te… hai milioni di persone che ti amano e non crederebbero mai a queste cose, hai la coscienza pulita e perché dovresti prendere le loro parti?-
Non rispose.
-Mi prometti che… starai vicina a me?- i suoi occhi erano tanto belli, anche lucidi di lacrime, erano un insieme di dolcezza che io amavo.
-Promesso- ci demmo il mignolo, come bambini, perché i bambini sapevano mantenere promesse meglio degli adulti… -adesso riposati un po’ che ti fa bene, io sto qua-
-Riposati insieme a me- mi sedetti accanto a lui e gli feci da cuscino, la sua testa era poggiata appena sotto il mio collo, così che anche io potessi “usarla” come sorta di cuscino, ma come potevo usare una  testa di mela come cuscino?
-Sei una persona molto speciale per me Elizabeth- disse alla fine mentre esplorava la mia mano.
Lasciai che quella frase giacesse nella mia mente per un po’, mentre mi divertivo a giocare con i suoi riccioli, specialmente con quello che puntualmente gli ricadeva sulla fronte.
Non sperai di essere qualcosa in più in quel momento, perché sapevo che la “persona speciale” era molto più intima dell’amica di letto e così con un sospiro lo lasciai stare e chiusi gli occhi. Certo la mia mente non si fermava, anzi, più cercavo di non pensare e più vagava in cielo e in terra.
Quello era un bel traguardo per me, anche se a pensarci bene c’era stato più di un bacio tra di noi e allora era come se non ci fossero stati. Chissà se a più di mille miglia di distanza dal mio paese poteva significare solo amicizia, non come si pensava da me… mmh che razza di idea ridicola!
Provate a biasimarmi, avanti! Vorrei vedervi nei miei panni… Michael era fottutamente fidanzato con quell’uccellaccio del malaugurio di Lisa, io dovevo pur trovare un modo per sdrammatizzare!

I mesi seguenti furono davvero l’inferno per Michael e pensare che si avvicinava anche il periodo natalizio, ma di aria di Natale non se ne vedeva proprio.
Era passato più di un anno dal nostro primo incontro e tra noi non c’era stato quasi niente fortunatamente… forse perché era stato così impegnato con il suo lavoro e con le accuse che quasi non mi vedeva il giorno, ed era positivo, anche se dal momento che Lisa era fuori Michael dormiva nella mia stanza e io nella sua a volte, per confortarci a vicenda, come due persone che alleviano i propri dolori.
Ormai non potevo più evitarlo… ma infondo, infondo sapevo che la nostra amicizia non sarebbe finita nonostante Lisa, perché la nostra non era una comune amicizia, ma l’amicizia tra Michael Jackson ed Elizabeth Nastro.
Tornò a Neverland e io con lui. Oltretutto il 22 dicembre 1993 via satellite si dichiarò assolutamente innocente ed era giusto.
Neverland… seppi cos’era solo in quel momento.
Entrammo con la limousine dentro il cancello con lo stemma dorato e quando entrai ero tutta un “Wow” generale.
-Oh mio Dio, questa non è una casa, è un paradiso- dissi mentre mi giravo intorno con Michael che mi guardava e rideva perché avevo paura di mettere piede su quell’erba che sembrava uscita da un quadro di Michelangelo.
Era tutto così paradisiaco che avevo veramente paura di rovinarlo (anche se non c’era il motivo), sembrava la dimora di Peter Pan. Ah… era la dimora di Peter Pan.
-Io non… dammi un pizzico così sarò sicura di non stare sognando…- beh detto fatto –ahi! Facevo per dire!- gli diedi un “amorevole” schiaffo sul braccio.
-L’hai chiesto tu, che vuoi da me!- rise.
E io insieme a lui –idiota-
Quando entrai lì dentro non poté far a meno di notare che quell’ingresso era stracolmo di quadri e statue. Grandi tappeti rossi rivestivano il pavimento come fossero stati messi apposta per me. Il maggiordomo Gail ci condusse lungo una scala di legno fino ad arrivare ad uno dei saloni dove di solito stava Michael.
-Non si vede che ti piacciono i quadri-
-Sì lo so… dovrei mettercene qualcun altro non credi?-
Risi e disapprovai con la testa.
-Caspita è gigantesca, dovrò darmi da fare-
-Non ci sarai solo tu-
-Ah no?-
-Ti farò conoscere una persona molto fidata, la definisco caposquadra delle pulizie… si chiama Emilia, ma io la chiamo Emily, è una donna sui 50, è molto premurosa e gentile- sorrise mentre lo raccontava.
-Perché dici sui 50? Non sai quanti anni ha?-
-Non si chiedono gli anni ad una donna…- chiuse gli occhi sentendosi il figo del momento...
-Oh che gentiluomo- dissi sarcastica –ma è la tua domestica di preciso da quanto?-
-Non ne ho idea, da anni- fece spallucce.
Mi portò a vistare Neverland…
In tutta la proprietà era diffusa musica classica delle colonne sonore dei film Disney, c’erano file di alberi ordinati, milioni di fiori e decine di fontane. C’era anche una stazione ferroviaria e a sinistra un lago.
C’erano statue di bambini in bronzo ovunque, era tutto sbalorditivo!
Feci un giro sul treno (non potevo farne a meno, era troppo divertente!), poi era tutto perfetto… i guardiani e gli assistenti apparivano all’improvviso e spesso mi ritrovavo addosso a Michael quando uno di loro veniva a chiedermi facendomi sobbalzare “Signorina desiderate?”, era un’esperienza esaltante e spaventosa allo stesso tempo e mi veniva da ridere!
Poi il cinema.
-No, cioè… hai anche il cinema personale?!- imprecai quasi contro di lui.
-Non ci posso andare normalmente perciò…-
-Perciò te lo sei fatto costruire in casa tua, magnifico!-
Oltrepassammo un viale lastricato e vidi una bellissima fontana creare giochi d’acqua con tanto di illuminazione. Davanti a noi una porta a due ante che conduceva al teatro e sulla sinistra Michael si era fatto costruire alcune statue di personaggi animatronici Disney tratti da Pinocchio.
C’era anche la sua figura animatronica a grandezza naturale vestita da Smooth Criminal e quando ci passammo accanto una voce diceva “Guarda, c’è Michael” e il “robot” prendeva vita magicamente danzando in cerchio al passo di moonwalk.
E poi andando dritto c’era un banco pieno zeppo di dolci, tutti i tipi di caramelle possibili e immaginabili, dove c’era anche un distributore di gelato.
Un tappeto rosso conduceva al cinema, con diciamo… un centinaio di poltrone rosse.
C’era anche un “bungalow per gli ospiti” e mi disse che c’era anche la suite Elizabeth Taylor che sarebbe venuta a trovarci nei prossimi giorni.
E infine (infine?) lo zoo. La mia parte preferita!
Io amavo gli animali e non sopportavo il bracconaggio, ero totalmente contro, un’eterna sostenitrice del WWF.
C’erano tantissimi animali, elefanti, giraffe (Michael ne era allergico, anche ai cavalli però), orsi, scimmie, uccelli, rettili e tanti altri. Alcuni a volte scorrazzavano liberi in giro, mi innamorai anche dei fenicotteri, meravigliose creature…
C’era anche un reparto dove c’erano tutti i serpenti, i coccodrilli, i piranha e i ragni e aggiungo che non lo volli vedere in alcun modo. Continuava a dirmi “Stai tranquilla, sei al sicuro, loro sono chiusi in gabbia” e io “Scordatelo non m’interessa, non lo farò mai!”
E poi mi fece vedere le tigri, i miei animali preferiti in assoluto!
-Wow… posso?-
-Certo-
E come al solito un addetto agli animali mi venne accanto e Michael gli ordinò (sempre con un per favore) di farmi accarezzare le tigri. Mi piaceva guardarle negli occhi, mi ci vedevo tanto in loro… mi sembravano forti, fiere e affascinanti, non che io fossi affascinante per carità! Solo… pensavo che i miei occhi fossero simili ai loro, in grado di spaventare qualsiasi essere vivente, mi piacevano davvero tanto.
Passeggiammo un po’ per Neverland.
-Perché ti piacciono tanto le tigri?- chiese d’improvviso lui.
-Mi ci vedo-
-Anch’io ti ci vedo…-
-Visto?- sorrisi.
-Elizabeth…- abbassò la testa.
Sospirai. Sapevo che quando pronunciava il mio nome intero non si preannunciava mai qualcosa di buono.
-Che c’è?-
-Che ne pensi di Lisa?-
-Perché lo vuoi sapere? Il mio parere non è importante… se tu la ami io non mi metterò mica a dire che lei non è la donna giusta per te-
-Io non ho dimenticato quei baci...- mi accarezzò il viso.
Mi aveva letto nella mente.
-Non si direbbe dal modo in cui la chiami!-
-Mi dispiace-
-Eh mi pare il minimo, non funziona sempre il “mi dispiace” Michael… non te l’hanno mai detto di non andare in giro a spezzare i cuori delle persone? E non parlo di me, lo dico per le prossime malcapitate-
-Non ci saranno delle prossime!-
Risi –sì certo… sei divertente… perché per te sarei io la “prossima”?-
Non rispose.
-Solo perché ho 18 anni non vuol dire che io sia una stupida, e tu lo sai! E poi non c’è stato niente tra di noi, quei baci erano solo uno sfizio…-
-No… non lo erano, in effetti io te l’avevo detto-
Mi fermai –anche io ti avevo detto una cosa! Che non è possibile Michael, non si può fare. Ma ti innamori così facilmente di una persona?-
Arrossì.
Continuai –dimenticami Michael, sono un’amica, non un’amante-
-Lisa non mi ama veramente, è soltanto un matrimonio a convenienza, è tutto un accordo per un contratto con un emiro che vuole trattare con padre di famiglia-
-Primo: non sei padre di famiglia, secondo: Lisa è una donna intelligente e non vi sareste mai fidanzati se lei non ti amasse, credi che un rapporto sia un gioco? Forse è meglio che tu la smetta di essere così bambino con lei…-
-Adesso… adesso devo pensare al processo…-
Pensai a ciò che avevo appena detto e confesso che l’imbarazzo non mancò quando mi accorsi di star giocherellando con i sentimenti e con i rapporti di una persona che stava vivendo un periodo difficilissimo e mi resi conto che dovevo assecondarlo in quel brutto momento, poi sarei potuta anche andarmene in tutta tranquillità.
-Sì… sì hai ragione, preoccupati del processo e di nient’altro, ce la farai-
-Ce la faremo…-
Lo guardai. Lui si avvicinò pericolosamente, mi accarezzò una gota ma io lo scostai e per la prima volta stetti ad ascoltare quel famoso campanellino che bombardava la mia mente e che finalmente poteva calmarsi…
… forse.

Era il 24 dicembre 1993.
Non sapevo ciò che mi aspettava quel giorno, ma l’avrei scoperto presto. Stavo per conoscere una delle persone più fantastiche della terra.
Non dovevo lavorare tutti i giorni lì e siccome Michael aveva detto che dovevo “abituarmi” a quella casa me ne andai un po’ in giro quando in lontananza vidi una signora che ordinava qualcosa a degli addetti. Era sui 50, corporatura massiccia ed era bassina, aveva dei capelli molto ribelli, vestiva un pantalone che arrivava largo ai piedi nero e una specie di scialle molto colorato diciamo… adoravo osservare i particolari esterni di una persona, spesso rispecchiavano ciò che erano dentro.
Mi misi poggiata ad un albero per vedere di cosa si trattava, pensai fosse Emilia e da come dava ordini non mi sembrava una persona tanto sociale… mi notò.
-Signorina, scusate… ma voi chi siete?- domandò con una certa “arroganza”.
-Ehm… tu chi sei?- chiesi di rimando.
-Ma… come vi permettete?-
Dimenticai per un attimo che quella non era casa mia.
-Oh scusi… voi chi siete?-
-Glielo chiesto prima io- affermò mettendo le mani ai fianchi.
Nonnine… il rispetto la cosa principale per loro –come volete… mi chiamo Elizabeth e sono una domestica ma… oggi è il mio giorno libero-
-Bene, potete aiutarmi con le valigie grazie?- indicò col dito le milioni (no, non sto esagerando) di valigie che erano accanto a delle auto.
-Non mi avete ancora detto il vostro nome-
Mi guardò alquanto sorpresa –come prego?-
-Non mi avete ancora detto il vostro nome- sorrisi fintamente.
-Elizabeth Taylor- allungò la mano.
La strinsi –ah ho sentito parlare di voi, non guardo la tv… anche perché non la ho ma comunque… Michael mi aveva detto che voi sareste venuta-
Sorrise –quanti anni hai?-
-18-
-Sei molto giovane, come hai conosciuto Michael?-
-È una lunga storia- roteai gli occhi.
-Sono tutta orecchi-
Stavo per parlare quando all’improvviso dietro di me apparve Michael.
-Elizabeth-
-Tesoro!- l’abbracciò.
Tesoro? Sapevo che Michael amava le donne mature ma non credevo fino a quel punto…
-Liz cara… vi siete conosciute?- chiese lui guardandomi per un secondo.
-Sì certo, è una ragazza molto impertinente- mi sorrise.
-Sì… ha diciamo… un carattere molto forte-
-Mi assomiglia molto allora-
Ah… mi aveva messa alla prova, però… mi piacevano le persone con quel carattere, capire quando ti mettevano alla prova era difficile perché sbagliare era facile. Bisognava entrare nelle “grazie” ma non sembrare degli allocchi pronti ad obbedire a tutti!
-Scusate io sono qui, parlate in prima persona grazie- alzai la mano.
-Elizabeth lei è una mia carissima amica- prese la mia mano e mi avvicinò all’altra Elizabeth.
-Forse abbiamo cominciato con il piede sbagliato… piacere mi chiamo Elizabeth Nastro, ho 18 anni e sono la domestica di Michael- tesi la mano.
Prese la mano –Piacere tesoro, io sono Elizabeth Taylor, non ti dico la mia età altrimenti ti spaventeresti- rise –e sono una cara amica di Michael-
Ridemmo –sì, adesso… Liz resterà qui per qualche giorno, sei riuscita a dare un’occhiata alla sua camera?-
-È tutto ok, ho messo tutto in ordine e non c’è un filo di polvere-
-Grazie cari, vado a sistemare le mie cose- si apprestò ad andarsene.
Mi ricordai delle milioni di valigie –Liz… ehm una mano?-
-No ti ringrazio, ci penseranno i poveri malcapitati- sorrise.
Si allontanò.
-Brava Elizabeth, nessuno è riuscito a farsi chiamare tesoro da lei più velocemente di te-
-Era tutta una trappola, voleva vedere se non ero una leccaculo- incrociai le braccia.
-Come l’hai capito?- chiese curioso.
-L’ho osservata da lontano-
-Ti è bastato così poco?-
-Sì- misi le mani in tasca e continuai la mia esplorazione, seguita ovviamente da lui che cercò di tenere il passo.
Camminava all’indietro per guardarmi negli occhi, voleva scoprire se la mia era rabbia o altro.
-La smetti di seguirmi grazie?!-
-Perché? Questa è casa mia e ci faccio quello che mi pare-
Mi fermai e indietreggiando cadde su un sasso… come avevo previsto.
Sorrisi beffarda –contento adesso?-
-Ti ringrazio, sei così gentile… devo cadere per parlare con te?- si rialzò.
-Ah parliamo troppo per i mie gusti, vai dalla tua Lisa…- lo allontanai con le mani.
-Non c’è bisogno… viene lei domani sera- disse levandosi la terra dai pantaloni.
-Fantastico, una notizia meglio dell’altra…-
-Ho una buona notizia però!-
Alzai le mani al cielo –Era ora! Cosa?-
-Dopodomani viene a trovarti Siria-
Non sapevo se urlare di gioia o disperarmi.
-Sarebbe questa la buona notizia?! Io pensavo qualcosa tipo “Domani torni a casa” o “La smetto di seguirti e ti lascio in pace” o magari “Manderò Lisa dall’altro capo del mondo così non vi vedrete!”, Michael adesso basta! Perché non ci comportiamo come due persone normali eh?! Io la domestica e tu il padrone! Semplici conoscenti, ci conosciamo da pochissimo e mi sembra che siamo sposati da una vita! Che cavolo…!- diedi un calcio al sasso che volò a circa dieci metri da me… quando i nervi sfioravano la pelle, soprattutto la mia… lì sì che era fottuta qualsiasi cosa mi capitasse davanti.
-Hai ragione, hai ragione… anche se ci conosciamo più da un anno?-
-E allora? Non per forza due persone che si conoscono da un anno sono culo e camicia!- gridai.
Sospirò –calma… mi dispiace ma ci sei troppo dentro ormai!-
Camminammo un po’ avanti indietro senza fiatare. Mi sedetti poggiando la schiena all’albero accanto.
-Proviamo… proviamo solo a stare lontani per circa ventiquattro ore ok? Vediamo cosa succede- ipotizzai.
-Impossibile, come faccio a non vederti per ventiquattro ore se abiti nella mia stessa casa?-
Mi ticchettai le labbra con l’indice –giusto… allora proviamo a parlarci come cameriera e padrone, basta. Nessuna amicizia e nessun contatto-
Ci ragionò un po’ su –ci sto- ci demmo la mano in segno di accordo e poi mi diressi dentro per cominciare le pulizie, dato che il giorno dopo sarebbe arrivata Lisa.
In circa quattro ore avevo fatto tutto nelle camere principali e di Michael (per fortuna) nessuna traccia… buon segno.
-Elizabeth-
Tranquilli, tranquilli. Era una voce femminile.
-Liz, felice di vederti-
-Hai fatto un ottimo lavoro nella mia stanza, brava, nemmeno un filo di polvere e ti assicuro… ti assicuro che sono molto scrupolosa su queste cose- si sedette –ti dai parecchio da fare-
-Sì specialmente adesso… domani sera dovrebbe arrivare Lisa e cerco di fare tutto alla perfezione-
Annuì ad occhi bassi –domani è Natale e… pensavo di organizzare un bell’albero di Natale con tanto di regali per Michael, una sorpresa, che ne dici?-
“Che bel regalo di Natale, povero Michael” pensai sorridente.
-Certo, ti darò una mano con piacere-
-Ti ringrazio, sei davvero un tesoro-
-No… dovresti conoscermi meglio per scoprire che non lo sono- sorrisi.
-Anch’io lo dicevo e sai… mi hanno fatto ricredere, quando dicono che sono un tesoro rispondo “sì lo so”- rise –prima stavi dicendo di come vi siete conosciuti- rise sotto i baffi –sono molto curiosa di sentirla-
Lasciai perdere le pulizie e la guardai negli occhi, erano… viola –i tuoi occhi sono…-
-Viola-
-Magnifico… e comunque ci siamo conosciuti anzi… noi non ci siamo conosciuti perché quando l’ho incontrato in realtà non sapevo che era Michael Jackson e per tutto il tempo non mi ha detto nemmeno il suo nome…-
E così raccontai la nostra buffa storia, si divertii tanto ad ascoltarmi perché sapevo rendere le cose comiche anche quando non lo erano ma non c’era granché da fare lì visto l’inizio del nostro incontro… il 27 giugno 1992… lo ricordavo benissimo!
-Non ci posso credere, è davvero incredibile!- ridemmo.
-Già!-
-Adesso ti dico che… Michael mi ha parlato tanto di te e dice sempre che sei una ragazza fantastica, piena di risorse e che hai un carattere fantastico…- gesticolava poi si fece più seria, mi prese le mani –prima ti ho messo alla prova, l’ho fatto per il bene di Michael, per essere sicura che tu non sei una che vuole solo i suoi soldi… sai con la tua bellezza tutta da sfruttare sarebbe stato facile visto che lo fanno spesso con lui… e io ho constatato che tu sei…- cercò le parole –forte, determinata e affronti le cose di petto come si dice… io lo so perché riconosco le persone come te e c’è ne sono ben poche stanne certa, Michael mi ha anche detto della tua infanzia che è diversa dalla mia e dalla sua solo perché non sei famosa ma poco ci manca…-
-Beh non esageriamo, lui ha pur sempre gli occhi del mondo addosso!-
-Eh vabbè, comunque dicevo… lui è fragile in questo periodo specialmente, ma allo stesso tempo è forte perché non si affrontano queste cose con il sorriso come fa lui e…-
-Dove vuoi arrivare Liz?-
Abbassò lo sguardo –mi ha detto anche del vostro rapporto e lo sai vero che lui è pazzo di te?-
-Te l’ha detto di persona? Sai io le conosco le persone che fanno accoppiate segrete che poi ovviamente vanno a finire con le figure di merda…- ricordai Siria!
-Non me l’ha detto, ma si vede da come parla di te-
-È fidanzato- girai la faccia –lui ama lei e poi come puoi dirlo?!-
-Ah per favore! Si vede da un miglio, ti segue ovunque e mi parla sempre di te! Non contando il fatto che ho visto come ti guarda…-
Roteai gli occhi.
-Sì, sì lo sai anche tu! Ti spoglia con gli occhi! Michael è un osservatore e al solo pensiero di quelle cose arrossisce perché lui non è quel tipo di uomo!- mi rimproverò lei.
-E che dovrei fare ora?- incrociai gambe e braccia, ero proprio curiosa di sapere la risposta…
-Elizabeth, spesso i nostri errori ci procurano dei guai… Michael si è dovuto fidanzare con Lisa, si conoscevano da molto e lui era innamorato di lei, non sapeva che saresti entrata tu nella sua vita ma… non è mai stato così innamorato di una donna come lo è di te, vi conoscete da un anno e non credo sia una delle sue cotte passeggere…- mi guardò.
-Mi dispiace ma io non sono stata, non sono e non sarò l’amante di nessuno- cercai di alzarmi.
-No, no… ascoltami tesoro, devi smetterla di farlo soffrire! Tu lo ferisci dicendo che vuoi stargli lontana-
-Lo faccio soltanto per il suo bene! Noi siamo solo…-
-Amici? E i baci non sono più niente? Li hai dimenticati?-
-Ah ti ha detto anche questo! No, non li ho dimenticati e per questo deve starmi lontano, cosa dirà Lisa? Già si fa chiamare signora Jackson e lui la chiama chick, chiamava me così! Andiamo Liz, lui la ama!-
-Ma ama te un miliardo di volte in più-
-Se io mi allontano da lui amerà Lisa dieci miliardi di volte in più- sorrisi.
-Non ora… ti prego, lui ha bisogno di te ora più che mai, c’è il processo e sta soffrendo come un cane! Devi aiutarlo adesso-
-Come puoi dirlo? Mi conosci sì e no da qualche ora!-
-Ti conosco come ti conosce Michael, lui mi ha detto tutto e poi chi è amico di Michael è anche amico mio- sospirò.
-Tu non mi dirai che cosa devo fare… tu non sei mia madre!- la guardai disprezzante.
-No, ma mi comporto come tale… specialmente per lui e per le persone che gli stanno intorno, perché se i suoi amici stanno bene, lui starà meglio di conseguenza-
-Allora comportati da mamma con Lisa- incrociai le braccia.
-Lisa non è…-
-Ah! Lisa non è questo e Lisa non è quello… provaci, anche lei ha un cuore!-
-Un cuore di ghiaccio…-
Me ne andai senza proferire parola, nessuna risposta, solo un’entrata di troppo nella vita di qualcun altro.
Andai in stanza e presi Bezzy dalla valigia.
-Non mi sono dimenticata di te tranquilla- risi.
La accesi e cominciai a ballare a ritmo di Houston, riuscivo sempre a trovarla in radio, fortuna, caso o destino? Sapevo solo che l’amore per Bezzy era contraccambiato e non c’era spiegazione più logica.
Non sapevo perché… ma mi muovevo sempre più come Jackson, mi veniva spontaneo e la cosa non mi dispiaceva perché adoravo il suo modo di ballare…
Ad un certo punto la porta si aprii (non da sola, di certo non c’erano i fantasmi), e indovinate che era? Michael.
Si schiarì la voce –ti ho interrotta?-
Arrossii –beh… sì!-
-Mi scusi signorina Elizabeth, volevo solo avvertirla che la sua amica Siria dormirà in questa stanza insieme a lei quando arriverà- si stava sforzando proprio tanto da come tratteneva le risate…
Ricordai ciò che mi aveva detto Liz –Michael smettila di fare il cretino-
Si lasciò andare –scusa ma non ce la faccio proprio, mi sento un idiota!-
-Ma tu sei un idiota- sorrisi.
-Sempre gentile!- alzò le mani –non posso parlare come se… ah! Hai capito no?-
-Sì… mi rassegno, non posso ordinare a te che devi parlarmi come una persona normale, tu non sei normale ma… non diventarci mai, rimani il Michael che adoro…- lo abbracciai –ti voglio bene testa di mela-
-Anche se sono un idiota?- sorrise.
-Sì, anche se sei un idiota- ridemmo.
Eravamo una continua oscillazione tra pace e guerra, solo per colpa mia però… fosse stato per lui saremmo stati in continua pace, ma come si dice “L’amore non è bello se non è litigarello”, aspetta! L’amore?
Dato che eravamo nella mia stanza, decidemmo di andare a fare una piccola passeggiatina per Neverland (cioè… non è mica una cosa da tutti i giorni passeggiare in un posto che si chiama Neverland! Soprattutto in quel posticino).
-Domani abbiamo una serata in un locale io e Lisa, ti andrebbe di venire?- domandò.
-Stai scherzando vero?! Sarà una serata romantica a lume di candela fra voi due- dissi maliziosa.
-Non scherzo! E poi è un incontro tra amici, conoscerai tante persone-
-Sbagliato, non conoscerò nessuno, perché non verrò- incrociai le braccia.
-Ti prego non lasciarmi solo, mi annoio così tanto a quelle cene, il cibo arriva dopo ore e a razioni minuscole e io ho fame, ho fame!- m’implorò.
-Cosa ti fa pensare che io dica ai cuochi di portarti più cibo?- scoppiammo in una fragorosa risata.
-Me lo fa pensare la tua continua voglia di dolci, ho chiesto all’addetto delle caramelle un rapporto di quante ne consumi ogni giorno, guarda che ti vengono le carie!-
-Io… beh…- arrossii. Ci trovavamo vicino alla piscina così con uno spintone lo gettai nell’acqua –ecco te lo meriti!- mi pulii le mani soddisfatta.
Bastò una manciata di secondi e mi ritrovai al bordo della piscina perché non lo vedevo risalire, quando le sue mani mi afferrarono il colletto della camicia e mi tirarono giù, feci una capriola e finii in acqua.
L’acqua era a dir poco gelata o forse ero io la freddolosa, risalii immediatamente e cominciai a tremare, lui si scosse per rimuovere la maggior parte dell’acqua (anche dalle scarpe) e poi mi si avvicinò con un sorriso da ebete.
-Tu! Ti sei appena guadagnato una profonda fossa sotto terra, o meglio… sott’acqua- lo rilanciai in acqua e scappai.
Mi nascosi dietro ad un albero. Attesi più meno dieci secondi quando sentii le sue scarpe intrise d’acqua venire a cercarmi. Ma come poteva pensare minimamente di trovarmi con tutto quel fracasso?
Me lo ritrovai davanti –sai di ragazza bagnata- sorrise.
-Tu mi farai morire di crepacuore! Come hai fatto?!-
-Pensi che sia così stupido da camminare con quelle scarpe? Ho finto il rumore tutto qui- rise.
Da cantante professionista quale era dovevo aspettarmelo, ottima imitazione!
-E allora? Ci sono mille alberi, perché proprio questo?-
-Perché sai di ragazza bagnata-
Mi annusai la maglia –non è vero!-
-Invece sì…- mi sfiorò le labbra.
Diventava sempre più difficile resistergli, perciò lasciai che l’amore facesse il suo corso e le sue labbra dolci e morbide si unirono alle mie. Mi prese le mani e le incrociò dietro le sue spalle, io mi accasciai pian piano a terra con la schiena poggiata all’albero.
Cominciò a baciarmi il collo –sei una fottuta tentazione- sussurrò.
-Lo so… per questo devi stare lontano da me- la mia lucidità stava leggermente svanendo.
-Non posso, sappi che tu mi stai dando la forza di andare avanti, tu e i miei fans-
Decisi di usare ancora quel minimo di dignità che ancora avevo –no Michael, basta così-
-Scusa, mi sono fatto prendere la mano-
-Lo so, fattela prendere da Lisa la mano! Ma perché succedono sempre prima del suo arrivo queste cose?-
Sospirò –non ne ho idea-
Sciolsi le mani dal suo collo e le rimisi al loro posto –ci sarà un motivo- lo guardai.
Ci fu qualche minuto di silenzio, da una situazione tanto seria quanto imbarazzante a… -Elizabeth quand’è il tuo compleanno?- chiese tutt’ad un tratto.
-Come mai questa improvvisa domanda?- domandai di rimando.
-Rispondi prima alla mia di domanda-
-Ok, il mio compleanno è il 26 giugno-
-Oh… te l’ho chiesto perché avremmo dovuto festeggiarlo, mi dispiace-
-Ti stai scusando senza motivo, io non ho mai festeggiato il mio compleanno… quando arriva quel giorno compio un nuovo anno e dovrei esultare perché sto invecchiando?-
Rise divertito –non ti piace ricevere regali?-
-Non li ho mai ricevuti e non credo che qualcuno me li farebbe e poi perché le persone devono spendere soldi per me? Mi basta anche una piccola parola, non di più- feci spallucce.
-Posso fartelo io un bel regalo?-
-No- risposi secca.
-Lo sapevo, ma io te lo farò comunque-
-Ti dimenticherai…-
-È un evento importantissimo per me- mi guardò dolcemente.
-Eccolo il latin lover… il compleanno della tua cameriera è un evento importantissimo?- non dovevo illudermi.
Mi baciò la mano –sì e tu sei la mia aiutante/segretaria/dottoressa/migliore amica, non una semplice domestica e non si dice cameriera-
-Ma smettila, non cambia quasi niente tra cameriera e domestica! E so benissimo che dici questo a tutte le tue ragazze preferite- sorrisi soddisfatta.
-Dico a tutte le ragazze che sono le mie domestiche, segretarie e tutto il resto…?- rise.
-No, ma magari fanno altri mestieri- ridemmo insieme.
Sembrava stesse per piovere perché si levò un fulmine nel cielo.
-Andiamoci ad asciugare, se non vogliamo beccarci una broncopolmonite- guardai le nuvole venire verso di noi.
-Sì forse è meglio-
E tra Liz Taylor, belle e brutte notizie e un bel nascondino con tanto di bagno in piscina si era fatta sera, e che sera!
Ci dividevamo il fon a vicenda per asciugarci i capelli, poi giunse il momento di una doccia e poiché eravamo nella mia stanza era ovvio che toccasse prima a me.
-Adesso te ne vai di là- presi la chiave del bagno.
-Che fai chiudi la porta a chiave?-
Lo guardai con occhi di sfida.
-Ma dai! Non penserai mica che…!-
Lo bloccai –sfido chiunque…-
Sospirò e seguii il mio consiglio, da bravo bambino obbediente! Ma soprattutto i bambini combinano le marachelle…
Pov Michael.
Ed ecco che mi ritrovavo su un letto a girarmi i pollici, mentre c’era una bellissima ragazza nell’altra stanza che stava aspettando solo me. Ma la realtà voleva il contrario e per la prima volta c’era qualcosa, anzi qualcuno che non potevo avere.
Aprii il cassetto (era meglio non fare piani diabolici su come “ottenerla”) e trovai innumerevoli fogli di carta; ne presi uno e lo sfogliai delicatamente, come fosse stata seta.
Un’altra lettera.

“Mamma e papà, siete andati via senza una parola, senza un saluto. La speranza di rivedervi ancora ormai svanisce sempre più.
La mia vita è cambiata, il dolore è la causa. Sono sì forte, ma la mia fragilità traspare sempre più poiché ogni giorno viene meno la mia esuberanza sconfitta dal dolore che mi porto dentro.
Che vita è questa? Ha un senso avervi costantemente nei miei pensieri? Sono passati quindici anni eppure rimanete incastrati nel mio cuore, entrandovi sempre di più, così tanto che questa notte vi ho sognato, come se davvero la mia mente riuscisse a ricordarvi e voi mi avete guardata e con un sorriso ho rivisto i vostri occhi.
Ma che significato devo attribuire a tutto questo se è un’illusione? In che modo potete aiutare vostra figlia a sopportare questo cuore gonfio di voi, che siete sinonimo di dolore? Dentro di me avete lasciato un grande vuoto e di gran lunga avrei preferito morire io al vostro posto…
Al mondo non esiste persona che possa riportarmi alla serenità.
La mia anima è cresciuta troppo in fretta da quando ve ne siete andati e adesso mi ha lasciato un corpo da bambina, è tutta colpa vostra che senza un pizzico d’egoismo avete voluto salvarmi, vi odio!
Visto? Quando vi penso mi vengono fuori queste assurde parole perché io vi amo in realtà e mi mancate molto, intanto vivo la mia vita strattonata continuamente tra amore e odio, anzi senza amore, perciò la mia vita cade nell’abisso dell’odio, in attesa che qualcuno venga a salvarmi…
vostra Elizabeth.”
 

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Capitolo 8
*** Inchiostro ***


Inchiostro

La porta si aprì di colpo e non feci in tempo a nascondere la lettera che me la vide tra le mani e intanto le lacrime avevano macchiato l’inchiostro che si stava schiarendo.
-Che stai facendo?! Michael ti ho detto che non devi leggere queste cose!- me la strappò da mano e la ripose nel cassetto, chiudendolo con un forte tonfo.
-Mi dispiace Elizabeth… io non pensavo che…- si coprì il viso con le mani.
-Ti piace così tanto entrare nella vita privata di una persona?! Che cosa ha cambiato sapere che i miei genitori sono morti, cosa?! Più pietà per me forse?!- e scoppiò in lacrime, dalla rabbia alla tristezza in un secondo.
Cadde a terra in ginocchio e io non aspettai a gettarmi accanto a lei per rialzarla; la feci sedere accanto a me sul letto e lasciai che mi abbracciasse mentre le nostre lacrime fondevano in un’unica fitta al cuore.
-Scusami davvero…-
-La mia vita non è un film, Michael! Sono fottutamente stanca delle persone che stanno lì come se stessero…! Dio, vi odio!- gridai tra le lacrime, in preda ad un attacco di isteria mista a dolore.
-Ma io non sto dicendo questo Elizabeth, smettila di piangere ti prego… non mi piace vederti piangere- si asciugò il viso e poi mi guardò teneramente.
-Certo… perché io devo essere sempre forte, mi dispiace ma non ce la faccio- mi alzai dal letto nervosamente –io non posso essere sempre la fortezza degli altri, non posso… sono solo un’umana-
-Lo so, lo so… hai ragione- si alzò anche lui e mi spostò una ciocca di capelli fuori posto, poi sorrise –io sono qui e ci sarò sempre, sarò la tua spalla, sostituirò la tua forza ogni volta che vorrai-
-Davvero?-
-Puoi contare su di me- fece l’occhiolino e io lo abbracciai, sfiancata da tutto ciò che la mia mente aveva risvegliato.
In quel momento avevo la sensazione come se l’uomo volesse fare amicizia con il leone.
Sì, proprio così. Cautamente, piano, perché la fiducia reciproca era un obiettivo incredibilmente difficile da raggiungere tra due persone completamente diverse, proprio come l’umano e la belva.
Infondo però… l’animale non era aggressivo all’inizio, purtroppo era l’uomo che accecato dall’avidità ha preferito far incattivire l’animale, piuttosto che lasciare le cose com’erano…
E se ci fosse stato il doppio scopo?
“Le persone sono cattive” continuava a ripetere la voce di Ariel nella mia testa. “Mai fidarsi troppo” diceva anche.
-Accidenti!- mi staccai subito.
-Che succede?-
-Niente, ma… ho bisogno di dormire- strinsi gli occhi dal dolore lancinante alla testa che stavo provando.
-Sicura di stare bene?- inclinò un po’ la testa preoccupato.
Mi passò dopo qualche secondo –ok, va meglio… sto bene, sto bene, ma… non devi mai più farlo Michael! Non permetterti mai più di ficcare il naso in cose che non ti riguardano- dissi riluttante.
-Cosa? Ma che ti prende all’improvviso?!- cominciò ad innervosirsi.
-Michael! Io non mi fido delle persone che vogliono per forza risvegliare i fantasmi del mio passato… tu lo sai anche meglio di me, lo sai benissimo- ad un tratto divenni quasi commossa pensando a ciò che entrambi avevamo passato.
Sospirò –certo che lo so, e mi dispiace. Nascondi meglio le tue cose, io voglio solo aiutarti- disse leggermente impacciato. Si rigirò le dita.
-Ho imparato la lezione- feci spallucce –scusa per cinque secondi fa comunque, è che…-
-Non ti preoccupare-
-No, solo che mi hanno insegnato a non fidarmi mai, nella mia esperienza gli uomini fingono di starmi vicino e poi spariscono- spiegai distratta.
-Cosa?-
-Ah… niente, a volte penso troppo… penso così tanto che ad un certo punto i pensieri non ci entrano più nella mia testa ed escono dalla bocca, diavolo!- risi nevrotica.
Lui rise di seguito.
Continuammo a guardarci negli occhi per un bel po’ di tempo, ed era così strano! Era come se parlassimo ancora, in realtà ci stavamo squadrando nel fondo delle nostre anime, perché alla fine gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Ad un certo punto i nostri pensieri si spostarono per dare il tempo ai nostri occhi di osservare anche le altre parti del corpo, attentamente. Gli accarezzai la camicia.
Infondo era già abbastanza il fatto che lui non si era troppo interessato al mio corpo fin dall’inizio, un uomo avrà pure bisogno di soddisfare i propri bisogni fisici, no? Infatti subito dopo i miei occhi ricaddero ancora sui suoi, che però stavano scorrendo tutt’altri lineamenti.
-Oh Elizabeth… tu non hai idea di quanto possa amarti- mi sfiorò il viso.
-Veramente?- chiesi ironica.
Si limitò ad annuire, ovviamente troppo occupato a continuare la sua strada dal mio collo in giù.
-Ok, ho capito che hai altro da fare, ma… non ti scordare di Lisa- gli attaccai le mani alla schiena, lui si fermò all’istante.
-Voglio restare con te quest’ultima notte- disse deciso.
-Non mettermi in difficoltà-
-È  troppo tardi oramai, io voglio te- mi prese le mani.
-Io…- avvicinammo i nostri visi fino a farli combaciare –io… ti amo così tanto-
Dopo un po’ mi alzai e lo trascinai con me fino al posto dove si allenava nel ballo, che miracolosamente trovai vista la grandezza di quel posto.
-Che cosa ci facciamo qui?-
Affilai lo sguardo –voglio farti sentire a tuoi agio sotto i riflettori e poi voglio rischiare una volta tanto, voglio vedere cosa si prova, almeno questa sera…-
-Pensavo che la tua vita fosse un completo rischio-
-Lo è! Ma di solito non ci penso troppo prima di far “inciampare” le persone… adesso è diverso, perché ci tengo a te e non voglio che tutto vada a rotoli per colpa mia, però allo stesso tempo voglio essere io la tua prima volta-
-Come sai che sono vergine?-
Risi sotto i baffi –sarai anche fin troppo affascinante per non farmi ingelosire… ma ci avrei messo la mano sul fuoco mister latin lover- lo sfidai.
Scoppiò a ridere e poi mi stese sul lucido parquet senza fare troppi complimenti e…
***
-La vedo molto interessato all’argomento dottore- sorrido.
-Non pensavo si ricordasse questi particolari signorina, e soprattutto non pensavo volesse raccontarli proprio a me- dice stupito.
-Ogni storia ha bisogno di un pizzico di pepe, si sa. Ma se non è importante per me è uguale, sono a mio agio quando racconto della mia storia, è come se mi perdessi nei ricordi e tornassi a quel momento, una sensazione meravigliosa- rispondo sognante.
-Se ve la sentite…-
Mi volto verso di lui incredula per la risposta –mi dispiace deludervi, ma lui era un vero mago, era molto esperto sebbene fosse la sua prima volta-
Comincia a ridere, e poi il resto del racconto.
***
Non ebbi nulla da dire, lo chiamai con il resto della voce che rimaneva, tale che era la mia stanchezza. Un bagliore mi accecò, erano tutte le luci dei riflettori puntate su di noi, ed era dannatamente vero il fatto che Michael si sentiva più a suo agio sul palcoscenico.
-Tesoro mio- rispose.
Sussultai quando pronunciò quelle parole.
-Michael, voglio che tu mi chiami così…- arrossii.
-Ti piace?- sorrise.
-Mi rassicura, è cosi una strana sensazione- dissi contenta –ma voglio che tu lo faccia solo quando siamo da soli- gli spiegai.
Si sollevò. Io gattonai accanto a lui e presi ad accarezzargli il braccio.
-Sei felice?- domandò ad un tratto.
-Mi chiedi se sono felice?- chiesi di rimando –sai, credo di amarti- dissi semplicemente.
Rise.
-Non c’è niente da ridere! È una cosa seria per me che non ho mai amato, certo che però è strano l’amore… è come se all’improvviso ti sfondasse la porta di casa e ti portasse dove cazzo gli pare, da chi cazzo gli pare, quando cazzo vuole! È una cosa terribile!-
Mi prese il viso e mi baciò teneramente. Oh quanto amavo il suo modo di fare con me… era una persona cosi pacifica, sarebbe riuscito a calmare l’animo disastroso di Lucifero (a cui somigliavo). Riusciva a trascinarti nell’estasi totale.
-Per una parte hai ragione, per l’altra direi che è una cosa fantastica, per esempio io ti ho amata la prima volta che ti ho vista-
-Ne sei sicuro? Perché non me l’hai detto?- domandai curiosa.
-Sono timido- arrossì.
-Non si direbbe da cosa hai fatto più o meno cinque minuti fa- sorrisi maliziosa.
Arrossì ancora di più.
Risi –e io che pensavo avessi un milione di donne tu!-
Scoppiò a ridere –in effetti è così-
-Ah, davvero?!- gli tirai l’orecchio come una mamma fa con il suo bambino che ha appena combinato una marachella.
-Scherzo, scherzo! Non uccidermi!- pregò ridendo.
-Stupido- abbassai la mano e abbracciai il suo braccio –e quindi… ho avuto io l’onore- arrossii anch’io.
-Oh my God! Io… sono sconvolto! Volevi dire che io ho avuto l’onore, sono un gentiluomo, dì la verità- mi punzecchiò.
-La tua modestia mi lusinga- soffocai una risata –comunque sì, direi che sei un gentiluomo-
Rise insieme a me –ma sul serio era anche la tua prima volta?-
-Sì- assottigliai lo sguardo, poi tornai seria –Michael e se… se Lisa lo venisse a sapere?-
-Ti prego non pensare a lei adesso, pensa a noi, pensa a questi momenti- si poggiò a me.
-Momenti? Dici che ce ne saranno altri?-
Sorrise malizioso –se lo desideri…- mi baciò la mano –ah sto così bene qui, sotto tutte queste luci, potrei dire di essere nato sul palco- si guardò intorno.
-Lo so-
-Questo sarà il nostro posto-
-Anche se il letto non sarebbe un dispiacere eh…- mi stiracchiai.
Rise –forse hai ragione!-
-Facciamo che questo è il nostro posto speciale, il nostro rifugio, usiamolo solo nelle occasioni speciali- gli baciai la guancia.
-Sono d’accordo-
-Adesso andiamo che domani ci aspetta una lunga giornata- mi alzai. Poi notai Michael, con il suo sorriso da ebete –che hai da guardare?-
-Sei bellissima- si alzò.
-Anche tu sei bellissimo- gli misi le braccia al collo e lo baciai, dolcemente, ero serena, senza preoccupazioni, mi sentivo leggera come una piuma.
Ci vestimmo e andammo fuori, pioveva.
-Accidenti lo sapevo! Corri!- lo presi per mano e corremmo fino alla mia stanza.
Entrammo dentro mentre ridevamo, io mi scossi i capelli e feci cadere una gran quantità d’acqua a terra.
-Oh cavolo… sono fradicia! E anche tu!- lo indicai –bagni il mio pavimento sai?- mi avvicinai con le mani ai fianchi.
-Tu mi tenti troppo- si avvicinò, ma io lo allontanai con un dito sul naso.
-Sta buono Michaelino… adesso vado a farmi la doccia e tu starai buono, buono qui- mi ticchettai le labbra.
-Come desiderate voi, vostra maestà- fece l’inchino.
In realtà non finì realmente così. Ci facemmo la doccia insieme, e ci divertimmo molto ancora una volta. Dopotutto era l’ultima sera che potevamo stare insieme… poi chissà quanto tempo sarebbe passato prima che potessimo stare ancora da soli a coccolarci.
Finiti di asciugarci crollammo sul letto, e ci addormentammo in pochi minuti, eravamo sfiniti. Manco avessimo fatto due o tre concerti tutti assieme!

Il giorno dopo mi svegliai di scatto, avevo fatto un bellissimo sogno, io e Michael in pratica… oh! Quella era la realtà. Sorrisi a trentadue denti quando ricordai quella notte, ma la realtà ritornò quando mi accorsi di che ore erano. Ricordai che Michael doveva fare una commissione, così svegliai anche lui.
Non avevo voglia di svegliarlo come facevo di solito, ma cercai di addolcire quella mattina il più possibile. Mi avvicinai al suo orecchio e gli sussurrai –Michael, dolcezza è ora di alzarsi-
Aprì gli occhi e la prima cosa che fece fu incrociare i miei, proprio come un bambino che vede per la prima volta la propria mamma. Sorrise.
-Elizabeth- si stiracchiò e sbadigliò.
-Ben svegliato-
Era il risveglio più dolce e schifosamente smielato che avevo pronunciato in tutta la mia pessima vita.
E mi piaceva, ma non trovavo mai la soddisfazione di quando svegliavo la gente con quegli urli, ti davano la carica!
Si sporse per vedere l’orario ed entrambi saltammo quando ci rendemmo davvero conto… solo…
-Ahi, ma che diavolo…!- imprecai. Mi dovetti immediatamente risedere.
Lui rise compiaciuto –credo sia l’effetto del giorno dopo-
Mi massaggiai i glutei e bestemmiai su tutte le persone del mondo, specialmente al tizio davanti a me che stava ridendo come un pazzo.
-Maledetto…- spruzzavo fiamme dagli occhi.
Ma lui era troppo impegnato a decidere cosa mettersi per rispondere alle mie bestemmie.
Mi alzai tipo vecchia di novant’anni con l’artrosi e andai vicino a lui, dopodiché presi un pantalone nero, camicia rossa e borsalino.
-Ottima scelta- fece l’ok con la mano.
Cercai con il suo aiuto di vestirmi, faceva un male tremendo però alla fine ci riuscii. Sbuffai.
-Che c’è?- chiese.
-Sta sera viene Lisa e domani Siria… te lo dico da adesso: morirò presto!- affermai arrabbiata.
-Tranquilla, ti farò sopravvivere io- disse soddisfatto.
Roteai gli occhi –oh che grande aiuto! Vai dal tuo chick…- lo mandai via con le mani.
-Ah… sei gelosa allora!-
-Lo sapevo! Voi uomini siete tutti così! Appena una donna dice qualcosa, “uh è gelosa!”, ma va là… dico di andare dal tuo pulcino perché credo sia il suo soprannome, o mi sbaglio?-
Non rispose.
-Allora vieni a mangiare con noi sta sera?- domandò cambiando discorso.
-Ma nemmeno se mi uccidono! Ti ho detto che i camerieri non ti porteranno altro cibo!- mi sistemai la camicia.
-È meglio che vada adesso- si alzò.
-Sì, è meglio… cerco di combinare qualcosa-
Venne da me, io lo guardai stranita –che cosa vuoi?-
-Il bacio del buongiorno- facemmo “naso, naso”.
-Non. Ci. Penso. Nemmeno.- risposi scandendo.
Si allontanò quasi arrabbiato –sei acida, eppure non capisco come fai a cambiare umore in così poco tempo, forse la notte dovrebbe durare più del giorno…- sbatté la porta dietro di se.
Litigavamo come una vera coppia sposata, che odio!
Erano circa le otto del mattino e andai da Liz, che stranamente ancora dormiva. Dovevamo preparare l’albero per l’arrivo di Michael. Bussai alla porta della sua camera da letto.
-Liz, ci sei?-
Dopo poco mi aprì.
-Oh tesoro, vieni, dobbiamo cominciare e cerchiamo di finire per l’arrivo di Michael- mi mise la mano sulla spalla.
-Sono pronta!-
Mentre allestivamo l’albero, Liz cominciò a parlarmi.
-Sai… questo è il primo Natale di Michael…- guardò nello scatolo degli addobbi.
-Davvero? Nemmeno io ho mai festeggiato il Natale, non avevamo abbastanza soldi e… quando le mie amiche mi invitavano dicevo sempre di no…- attaccai una colomba all’albero.
-E perché mai?- mi guardò.
-Perché quando andavo e vedevo tutte quelle persone che scherzavano, giocavano e si divertivano, era così bello e io non sopportavo il fatto che quando tornavo a casa era tutto così buio e vuoto… triste-
Lei lasciò stare ciò che stava facendo e si avvicinò a me –magari la tua storia non ha un inizio tanto felice, ma non è questo a renderti ciò che sei, è il resto della tua storia, chi tu scegli di essere-
Rividi la mia brutta storia in un minuto, tutto ciò che avevo fatto, gli errori, le decisioni, l’amore…
Ma quale amore? L’amore di Michael, se si poteva chiamare così. Anche se non lo volevo ammettere alla fine lo ero diventata, l’amante. Beh anche se… di solito l’amante sostituisce l’amore della moglie.
Chissà se un giorno avrebbe avuto un lieto fine.
Allestivo l’albero e quando finimmo anche di mettere i regali ero pronta ad andarmene, ma Liz mi fermò.
-Dove credi di andare?-
-Io veramente… dovevo finire un lavoro- dissi indicando la porta.
-Ma manca la parte più importante dell’albero sai?- sorrise.
-Cosa?-
-Ma come… la stella- rise.
Io la seguii con lo sguardo, prese una sedia e ci salì.
-Vuoi farlo tu?-
Disapprovai con la testa –no, fa pure-
Sotto le luci del lampadario quella stella di cristallo brillava e rifletteva i suoi mille colori, me ne andai senza proferire parola, in silenzio, a pensare.

Michael arrivò il pomeriggio, ma nemmeno mi guardò, andò subito a dormire e non gli chiesi nemmeno perché… sapevo che mi avrebbe risposto male o il classico “Nulla, sono solo stanco”, faceva sempre così e odiavo saperlo perché mi sembrava tanto da mogliettina; io non ero mai stata attenta ai particolari delle persone, ma questo… questo sì, lo trovavo un particolare importante, che improvvisamente non era più un particolare, solo una cosa fondamentale.
Neverland era meravigliosa! Quella sera le stelle erano scese in terra e si erano posate sulla casa di Jackson. Cavolo se era straordinario! Non lo dimenticai mai.
Michael si svegliò la sera, o meglio… fu svegliato da Liz, che tranquillamente andò a bussare alla sua camera da letto con il suo tenero cagnolino, intanto c’era un tizio con la telecamera che stava filmando il tutto, odiavo le telecamere e le luci, avevo sempre vissuto all’oscuro, senza essere nessuno e mi andava bene così. Mi nascosi dietro il cameramen tutto il tempo.
Risi come un’idiota quando aprii tutti quei regali, che alla fine erano tutti Super Soaker, lei che si lamentava perché la stavano fotografando senza trucco, mi divertii come una matta.
Però nel bel mezzo di festeggiamenti lui andò a piangere in bagno, allora seppi che era un Testimone di Geova quando era agli inizi del successo, infatti Michael era una persona molto spirituale, diceva sempre che era grazie a Dio che aveva avuto il dono del canto e che lui era solo un tramite per fare quel giusto poco per aiutare le persone. Infondo era solo un umano.
Tutti insieme appassionatamente, beh… eravamo tre di noi e sinceramente non sentii tanto quella nostalgia, allora chi era all’oscuro del mondo e chi era super famoso avevano qualcosa in comune: la solitudine. La cosa poteva sembrare strana, eppure era così secondo me.
Poi arrivò la sera, non c’era Lisa e ne fui felice; Liz era stanca e andò a dormire, mentre io e Michael rimanemmo da soli, lui giocava tranquillo con la carta da regali e io a girarmi i pollici, rimanevamo in silenzio, nessuno si azzardava a parlare.
Ruppi il ghiaccio –come mai Lisa non è qui?-
-Lisa... non è potuta venire, arriverà domani- guardava in basso.
-Fammi capire, c’è qualcosa che non va?- incrociai le braccia.
Inclinò la testa. Ci avevo azzeccato (come al solito del resto).
-Non voglio parlartene- mi guardò adirato.
-Come desideri- feci spallucce.
-Tuttavia…- si aggiustò il colletto della maglia –ti andrebbe di venire insieme a me a quella famosa uscita, visto che non c’è Lisa? Sai, non mi va di andare senza un’accompagnatrice-
-Trovati un’altra- feci per alzarmi.
-Ti prego!- chiuse gli occhi.
Sospirai –come vuoi, ma come devo vestirmi?-
-A questo non ci devi pensare tu- sorrise –ti aiuteranno alcune ragazze-
Se ne andò lasciandomi interdetta; ma quali ragazze? Almeno sapevano dov’era la mia stanza?
Mi sembrava tutto così strano, non avevo mai visto Michael in quel modo, il suo sorriso era scomparso; ma di sorrisi falsi io me ne intendevo.
Andai in stanza anch’io, mi sedetti sul letto e all’improvviso due ragazze entrarono nella mia stanza e senza dire una parola mi alzarono e cominciarono a spogliarmi.
-Ehi un momento! Ma chi siete, che volete?! Non mi piacciono né le sorprese e né le cose misteriose!- le guardai.
-Mi scusi signorina, ma il signor Jackson ci ha detto che non dovevamo dare… spiegazioni- disse la prima ragazza.
Strano, non era da Michael. O forse si?
-Sono io che devo vestirmi non il signor Jackson… come vi chiamate?-
-Io mi chiamo Celina- disse la seconda ragazza.
-E io mi chiamo Ginevra- commentò l’altra.
-Io mi chiamo Elizabeth e adesso possiamo procedere- misi le mani ai fianchi.
Mi spogliai mentre le due mi raccontavano la loro vita, adoravo socializzare con le persone, spesso potevi vedere alcune cose da altri punti di vista.
Alla fine andai davanti allo specchio e vidi quasi una nuova me; ero truccata molto bene, con un rossetto rosso fuoco, i miei capelli erano legati a mo' di “cipolla” come ero solita dire io, solo molto più perfetta con qualche ricciolo che scendeva sul viso.
Il mio vestito invece sembrava uscito da una delle tante favole che avevo letto…
Era di un verde chiaro, molto leggero. Aveva lo scollo a cuore che s’incrociava dietro la schiena che lasciava quasi completamente scoperta, veniva definito da una cintura dorata molto spessa sotto il seno, poi scendeva morbido e sembrava uno di quei vestiti grechi che si portavano in era antica, solo che aveva uno spacco molto profondo che percorreva quasi tutta la gamba. Mi avevano dato anche una borsa, che avevano chiamato “pochette”, beige che si abbinava alle scarpe, semplici ma con un tacco di dieci centimetri. Infine mi spruzzarono un profumo buonissimo, che aveva una fragranza particolare, orchidea! Mi ricordava Michael…
-Complimenti Elizabeth- le avevo costrette a chiamarmi per nome –sei molto bella, sembri una principessa- mi davano del tu.
-Diciamo che era questa l’idea, devo affiancare il Re del Pop- risi.
Andai alle scale, vidi Michael vestito molto elegantemente che guardava il suo orologio da polso. Si voltò.
Spalancò la bocca –Elizabeth sei… bellissima-
All’improvviso arrivò Liz che disse che era venuta per vedere apposta me.
-Buon Dio, ma che creatura meravigliosa che sei… e tu- si rivolse a Michael –sei un bellissimo raggio di sole con questo stupendo sorriso che hai, siete così una bella coppia!-
-Grazie di cuore Liz- disse lui, mentre io mi limitai a sorriderle.
Mi porse il braccio che accettai volentieri e sorrisi.
Entrammo in limousine.
-Sei molto elegante Michael, ti sta davvero bene questo vestito-
-Oh ricevere un complimento da te non è così facile- rise e io lo seguii –ah dimenticavo…-
Tirò fuori dal taschino una scatola, molto bella, era vellutata e a forma di cuore; la aprì e vidi quell’anello stupendo, con uno smeraldo gigante incastonato dentro e tanti piccoli brillanti attorno.
-Mettitelo, sai dovrai essere la mia ragazza per questa sera- me lo infilò al dito e poi mi guardò, io arrossii e chinai la testa –a meno che tu non voglia esserlo per davvero…- arrossì anche lui.
-Questo credo sia meglio… lasciarlo a Lisa, ne sarà molto felice quando glielo darai, sta sera faremo l’eccezione-
Lui si fece serio immediatamente e non osò guardarmi in faccia per tutto il viaggio, io non avrei mai voluto rifiutare, ma Lisa era la sua ragazza e quell’anello era giusto che lo avesse lei.
Arrivati lui scese, poi mi aprì la porta da perfetto gentiluomo, mi prese la mano e mi aiutò a scendere, dopo mi mise sottobraccio e andammo nel ristorante.
Appena entrammo tutti ci applaudirono e guardare tutta quella gente ebbi un improvvisa voglia di tornare a casa. Lo dimostrai quanto tentavo di frenarlo e lui come risposta mi strinse forte per darmi sicurezza.
-Michael-
-Va tutto bene Elizabeth- rispose freddo.
-Ma che ti succede?- sussurrai.
-Possiamo parlarne dopo per favore?- mi rimproverò.
Scendemmo le scale e partimmo con i saluti.
-Roberto- sorrise.
Gli strinse la mano –Michael ci hai fatto una bella sorpresa-
-È un piacere essere qui con voi- incurvò le labbra.
-E chi è questa meraviglia della natura?- mi baciò la mano.
Risi –mi chiamo Elizabeth, voi siete…-
-Roberto Cavalli, ho creato molti vestiti di Michael- si vantò.
-Ah… allora siete voi che mi avete complicato il lavoro in lavanderia- ridemmo.
-Se avrei saputo che una così bella ragazza si rovina le mani in quel modo…-
-Non si preoccupi, sopravvivrò- assottigliai gli occhi.
Si avvicinò una donna, non era giovane come me, ma era molto bella ed elegante.
-Lei è mia moglie Eva Maria, seconda classificata a miss universo-
-Chissà perché ci tieni tanto a dirlo… comunque sono Eva per gli amici- sorrise e allargò le braccia –Michael, che bello vederti! E lei è la tua dama?-
-Sì, la mia Elizabeth- mi strinse la mano, non me lo sarei mai aspettata in quel momento.
-Vieni con me, ti porto a conoscere un po’ di persone… te la rubo per qualche minuto tesoro, scommetto che diventeremo ottime amiche!-
Pov Michael
-Complimenti Michael, è splendida- sussurrò all’orecchio.
-Grazie Roberto- sorrisi.
-Quanti anni ha?-
-18-
Rimase stupefatto –è così giovane?-
-Ci conosciamo da più di un anno, credo di essermi innamorato-
-Ma sei sicuro che non sia...-
-Ne sono sicuro, lei è… è diversa, io non ho… mai visto una donna come lei, mi ha colpito dal primo momento che l’ho vista e non è stato facile conquistarla, mi ci è voluto un anno e scusa se è poco-
-Mi sembra tanto bella quanto letale, attento Michael-
Risi –farò attenzione- e lui rise insieme a me.
Pov Elizabeth
-Frank- salutò un uomo un po’ grassoccio, basso e con un grosso sigaro spento in bocca.
-Eva!- rise a squarcia gola.
Quel tipo mi sembrava assai simpatico.
-Ma quando la smetterai di tenere quel maledetto sigaro?- sbuffò.
-Quando morirò, anzi, lo terrò anche all’inferno- ridemmo –allora, chi mi presenti?-
-La ragazza di Michael-
Sorrise –ah, il mio amico ha avuto una fortuna incredibile! Piacere mi chiamo Frank Di Leo, vecchio manager di Michael… da rottamare ormai!- rise mettendosi una mano sul grosso pancione che si ritrovava.
-Elizabeth- gli strinsi la mano.
-Stretta ferrea, mi piace-
Sorrisi.
-Adesso andiamo, a più tardi- accennò a un saluto con la mano e via, come due frecce.
La donna più dolce che conobbi quella sera ero io. Sembravano tutte delle serpi velenose, ecco perché Lisa doveva andare quella sera, sarebbe stata in ottima compagnia con le sue coetanee.
Tornai da Michael sfinita. Avevo girato tutta la sala e conosciuto quasi tutte le persone che erano lì e poi con quei tacchi… le altre ci erano abituate, per questo gli riusciva così facile, ma io no!
-Posso portarti in braccio se vuoi- rise.
-Magari, sarebbe l’ideale… e non ridere! Questi tacchi mi uccidono…- mi mantenni alla sua spalla per aggiustarli, poi agitai la mano per il dolore.
-Vieni, andiamoci a sedere- allungò la mano, io sorrisi e l’afferrai.
Pensavo fosse un tavolo per due, invece dovevamo mangiare tutti insieme appassionatamente.
C’erano tipo dieci forchette accanto ad ogni lato del piatto, il cibo arrivava a razioni minuscole e non mangiai quasi niente, mi sembrava tutto così schifosamente trattato, seppi che il caviale erano uova di pesce conservate sotto sale… ma scherziamo? L’unico animaletto che avevo avuto in tutta la mia vita era un pesciolino che avevo pescato io stessa e in quel momento mi sembrò di starlo per mangiare…
Nel frattempo parlavano e io ero persa nei miei pensieri, mentre guardavo il vuoto del mio piatto mi interruppero.
-Elizabeth non hai mangiato quasi niente, va tutto bene?- domandò Eva.
-Tutto bene, stavo solo pensando- risposi.
-A cosa?- chiese curiosa.
-Oh, niente di importante-
-Raccontaci un po’ della tua vita, sono curiosa- se ne uscì Sharon, un’altra super modella uscita da chissà dove.
-Non è di certo piena di successi come la vostra, niente di speciale fidatevi-
-Se la nostra vita è piena di successi come dici tu… allora per una volta ci piacerebbe sentire come vivono le persone diverse da noi, a volte diventa noioso avere tutto questo lusso ogni santo giorno…- disse Roberto.
Guardai Michael, lui sorrise.
Decisi di fare il riassunto del riassunto, del riassunto, del riassunto della mia vita –diciamo che vivevo all’ordine del giorno, nella povertà, beh adesso lavoro grazie a Michael, ma prima… dovevo lanciarmi all’avventura per sopravvivere e come andava, andava- spiegai menefreghista.
-E a te piaceva quest’esistenza priva di radici?- chiese Sharon.
-In un certo senso sì, era difficile sopravvivere, ma svegliarti ogni giorno non sapendo che cosa ti aspetta è inquietante e allo stesso tempo fantastico, perché è un’avventura! Sono sempre stata un’amante del rischio- li stupii.
-Sei stata fortunata ad incontrare Michael- disse Roberto.
-La mia vita è stata una completa botta di culo- scoppiarono a ridere.
-Eh beh, la vita è una partita giocata con la Dea della fortuna…- Frank nel frattempo era diventato rosso per tutto il vino che aveva bevuto.
-Ah e quando inizia con le frasi da Shakespeare, stai sicura che è ubriaco- rise Eva.
-La notte è giovane!- gridò Frank che accese il suo sigaro.
-È  arrivata l’ora delle nuvolette di fumo…- mi sussurrò Michael all’orecchio –ti va di andare?-
-Non vedevo l’ora… sto morendo di fame!- misi una mano sullo stomaco.
-Visto? Te l’avevo detto che qui si muore di fame…- ridemmo.
Ci alzammo dalle sedie.
-Signori, con il vostro permesso io andrei- disse Michael.
-Di già? Avremmo voluto restare ancora un po’ in tua compagnia- lo pregò Sharon, con quella sua voce da oca squillante.
-Anch’io, ma domani mi aspetta una lunga giornata, ci saranno di sicuro altre occasioni-
Salutammo tutti con baci e abbracci, e si complimentarono con me per la simpatia (probabilmente non avevano mai sorriso… non contando quelli finti) e velocemente uscimmo dal locale.
Michael mi prese in braccio e mi baciò la guancia –comoda?-
-Comodissima, guai a te se cado e non fare scherzi!- lo rimproverai.
-Sissignora, al suo servizio signora!- gli feci la linguaccia e ridendo entrammo in limousine, dove mi addormentai tra le braccia di Michael.
Fui risvegliata da un buonissimo odore, la prima cosa che vidi era il buio del cielo, voleva dire che era ancora sera e io avevo ancora quel vestito, i tacchi erano spariti insieme all’acconciatura, poi mi girai verso Michael, che stava addentando qualcosa…
-Ma che…?-
Mormorò qualcosa.
-Ah? Cosa…?- feci una smorfia.
Lui ingoiò –crostata con marmellata di fragole-
-Ah…- mi girai.
-Vuoi?- avvicinò quella tentazione alla mia pericolosa bocca, con un morso la addentai intera lasciandolo sconvolto.
-Ehi! Non intendevo la mia!-
Masticai, alzai un dito in segno d’attesa e poi ingoiai –è colpa tua, avevo fame…-
-Non ti bastano tutte le caramelle che divori ogni giorno? Lasciamene almeno una… ingorda!- sorrise.
Lo fissai –leva quelle delizie da là e io non le mangerò più… o almeno spostale, hai dieci ettari di…-
-Undici…- fischiettò subito dopo.
Risi –perfezionista… ti odio- mi abbracciò.
-Sì… che saranno mai diecimila metri quadrati in più! E comunque mia cara Elizabeth… li hai stregati alla cena-
-Stregare è il mio mestiere- dissi orgogliosa.
Rise.
-Michael… prima eri arrabbiato con me vero?- chiesi titubante.
-Non preoccuparti, non era niente- abbozzò un sorriso. Gli abbozzi non erano da lui.
-Voglio saperlo- insistetti.
-Ti arrabbieresti se te lo dicessi…-
Roteai gli occhi –non lo farò-
Sospirò –ok… allora… quando io ti avevo offerto l’anello beh… io volevo farti la proposta, ma… non ce l’ho fatta, lo sai come sono e io… ho provato a dirtelo in modo indiretto, sperando che tu capissi…- abbassò lo sguardo.
Fui delusa –che… che significa proposta indiretta?! Non esiste la proposta indiretta… come avrei potuto capire…- mi alzai e andai vicino alla finestra.
-Avevi detto che non ti saresti arrabbiata- il suo tono si raffreddò.
-Non te l’ho promesso-
Sbuffò.
-Michael non essere stupido! Ti sei arrabbiato per nulla! A volte sai essere peggio di un bambino!- gridai.
Lo sentii alzarsi e un brivido percorse tutta la schiena.
-Credevo che tu mi amassi per questo- sussurrò.
Tremai –quando arriva Lisa?-
-Smettila di pensare a lei, Elizabeth!- diede un pugno al freddo marmo.
-Dimmelo!- urlai con la voce rotta dalle lacrime.
-Domani mattina-
-Allora sarà meglio che non mi veda qui…- scesero le lacrime. Incrociai per un secondo i suoi occhi severi e poi afferrai il tessuto del vestito per cominciare a correre. Scesi rapidamente le scale e andai fuori, lontano.
E il pensiero che il giorno dopo sarebbe arrivata Siria mi terrorizzava, avrebbe cominciato con le sue domande e io non ce la facevo, non sopportavo le domande, la mia testa era già abbastanza affollata.
Ma decisi di sopportare…
“E sopportiamo, e ancora, e ancora…”

The show must go on.


*Angolo autrice*

Cari lettori eccomi ancora qua dopo un leggero ritardo, comunque devo dirvi che per i prossimi quindici giorni non ci sarò perchè parto e non potrò aggiornare non avendo la connessione internet, comunque mi mancherete molto per tutto questo tempo e spero almeno di riuscire a recensire le vostre storie dal cellulare se il tempo e il denaro lo permetteranno..
Vorrei ringraziare ancora i lettori che recensiscono la mia storia, e anche le persone che l'hanno messa tra le seguite, le preferite o le ricordate, grazie di cuore carissimi perchè senza di voi questa storia non avrebbe motivo di andare avanti! Spero che il capitolo vi piaccia e per la parte del dottore... ricordate l'inizio della storia?
I love you and God bless you!

SJ

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Capitolo 9
*** Arrivi, Bagagli e Scherzi ***


Arrivi, Bagagli e Scherzi

Tutta la notte non avevo chiuso occhio, stesa sul prato a pensare e a guardare le stelle.
Mi alzai, quella mattina dovevo sembrare un pagliaccio con il mascara e il rossetto sbavati, per non parlare del vestito. In alcune parti era strappato e ricoperto di fili d’erba…
Camminai come uno zombie fino a casa, mi facevano male la gambe e avevo i piedi distrutti, poi in lontananza vidi Michael e Lisa che probabilmente era appena arrivata, visti gli innumerevoli bagagli che si era portata appresso.
Si baciarono. Nessuna lacrima, solo rabbia. Del resto era una cosa normale, erano fidanzati.
“Fattene una ragione” pensai.
Ero allo scoperto e mi nascosi subito dietro un albero, ascoltai la discussione.
-Questa casa non è un albergo!- urlò lei.
Che strano… era la stessa cosa che Anisa mi ripeteva sempre, anche se non veniva mai nessuno a casa nostra, infatti le ridevo in faccia ogni volta che lo diceva.
-Non lo è- sospirò –Lisa è soltanto una domestica, la casa è grande e a meno ché tu non ti voglia mettere a pulire… cos’hai contro di lei? Sei gelosa?-
La parola magica scatenò l’inferno.
-Gelosa? Chi, io? Gelosa di un’infatuazione passeggera da parte del mio cosiddetto fidanzato super ricco e super star? Michael, ma perché sei così dannatamente…!- imprecò.
-Cosa?! Coraggio parla! Sappi che se stiamo insieme è soltanto per un accordo, l’hai dimenticato?- strinse i pugni. Non l’avevo mai visto così –e credi che solo io ci vada bene, no? Giusto… tu eri sempre stata così famosa da odiare la stessa fama, per…- no, decisamente Michael non avrebbe mai e poi mai bestemmiato su Dio, anche in questi casi così disperati –o credi che sia merito mio?! Tuo padre era il grande Elvis, non tu! Ti è chiaro adesso?!- a quel punto come faceva spesso si rese conto dell’errore e si risistemò per riprendere il controllo.
-Cristallino direi. Molto bene allora- ovvio, c’era sempre un po’ di commozione pietosa da parte della perfetta attrice bisognosa che nella maggior parte dei film americani veniva definita la “cattiva” della situazione.
A volte mi domandavo se la mia “quasi-relazione” con Michael non fosse tutta una favoletta dove il principe salvava la povera ragazza perfetta dalla regina cattiva. Ma non ero del tutto sicura che alla fine questa storia avesse avuto un lieto fine. Mmh… non credo che in Cenerentola ci fossero altri ostacoli oltre la regina cattiva, del tipo… farmaci da parte di lui, paparazzi, giornali scandalistici, mass media… no, di certo no, e la povera (in questo caso io) non era perfetta, ma aveva i suoi difetti, le sue insicurezze, ma perché no… anche qualche pregio.
Come si dice… I’m only human… a parte chi considerava Michael pari all’Onnipotente. Risi.
Al momento dovevo accettare il fatto che fossi la novità della casa.
Cosa? La novità della casa era Lisa!
-Senti Lisa, pulcino…-
Roteai gli occhi, poi continuò.
-Facciamo come se non sia successo nulla, d’accordo?- alla fine sorrise, prendendole le mani.
-Bene!- rispose.
Lei orgogliosamente entrò in casa accompagnata dal povero facchino.
Michael si massaggiò la fronte, con tutti i problemi che aveva mi ci ero messa pure io, in quel momento mi sentii in colpa… allora era questo il “sentirsi in colpa”? Non era mai successo, era una sensazione strana, forse dovevo cominciare a preoccuparmi, o forse no? Non erano già abbastanza le mie responsabilità?!
-Elizabeth-
-Oddio!- mi misi una mano al cuore che per un attimo ce l’avevo avuto in gola, tanto dello spavento.
-Ti ho spaventata?- incrociò le braccia.
-Perché non si vede?- sospirai.
-Che cos’hai visto e sentito?-
Lo fissai –tutto! Devo andarmene da qui Michael… non posso più restare-
Abbassò il viso –scusami…-
-Ma che scusami? Dici davvero?! Michael è colpa mia, non tua, mia! Lo vuoi capire o no?! È colpa mia se sono entrata nella tua vita, non avrei mai dovuto accettare questo lavoro, maledizione!-
-Non andartene Elizabeth, ti prego non lasciarmi solo- aveva gli occhi pieni di lacrime.
Non risposi, piansi solamente e lui non ci penso due volte a stringermi quasi ad arrivare a farmi mancare il respiro.
-Adesso Michael non facciamoci vedere in questo stato- ci staccammo, poi con mano tremante e bagnata dal sudore freddo gli accarezzai il viso coperto di lacrime –torna da Lisa, d’accordo? E noi ci vedremo dopo…- sorrisi.
Mi asciugai le lacrime col braccio e pensai ad asciugarle per bene anche a Michael, ci sorridemmo e poi entrò dentro. Poco dopo entrai anch’io.
Pov Michael
Andai in stanza, Lisa entrò.
Vidi le scarpe di Elizabeth e con un calcio le nascosi sotto il letto, fischiettavo e mi dondolavo su due piedi per non “destare sospetti”.
-Michael! Che stai facendo?- disse con le mani sui fianchi. Quel suo piede nervoso che ticchettava sul pavimento non era un buon segno.
-Niente, non vedi?- sorrisi.
Mi guardò con astio per poi sbattersi la porta alle spalle.
Feci una smorfia di dolore, pensai a quelle povere porte che dovevano subire la rabbia di una persona e sorrisi.
Elizabeth avrebbe riso… tornai triste. Possibile che mi mancava già?
Pov Elizabeth
Mi buttai sul letto, sbuffai.
Il telefono squillò.
-Che ci fa questo telefono qui?- lo presi, c’era scritto Siria sullo schermo, risposi.
-Pronto-
-Michael?-
-Ma quale Michael, sono Elizabeth babbea!- risi.
-Lely! Perché hai il telefono di Michael?- domandò curiosa.
-Hai ragione… perché ho il telefono di Michael? Ah già! Deve averlo lasciato qui qualche sera fa-
-Mmm… e come mai era lì qualche sera fa?- chiese maliziosa.
In effetti le sue malizie erano più che fondate, anzi era successo proprio quello che stava immaginando in quella sua testolina perversa, ma non era il momento di raccontarlo.
-Ma che vai a pensare?- risi non facendomi sentire –adesso mi vuoi dire perché hai chiamato?-
-Volevo dirti che arriverò domani, dicono che ‘sta notte arriva una bufera di neve e gli aerei non partono- rispose intristita.
Tirai un sospiro di sollievo –oh capisco, tu come stai?-
-Io… me la cavo, e tu?-
-Sono viva- dissi rassegnata.
-Fantastico, stiamo tutte e due alla grande- rise.
-Già… adesso… devo andare, ma promettimi che domani mi dirai tutto-
-D’accordo, anche tu però!-
Sorrisi –ok, ci vediamo domani Siry-
-Ti… ti voglio bene- disse titubante.
-Anch’io, aspetta! Come stanno Miriam e Scarlett?- chiesi in ultimo.
-Stanno bene, anche Ariel-
-Salutamele e digli che le voglio bene e che mi mancano tanto… ciao Siry-
-Ciao…- attaccai.
Sospirai. Dovevo cominciare a lavorare.
Feci una rapida doccia e mi vestii. Sul comodino vidi il mio libro, lo stavo trascurando, ma erano successe così tante cose in quei giorni. Uscii dalla stanza.
Scivolai sul lucido parquet e passai proprio davanti a Michael, che mi guardò divertito.
-Elizabeth- trattenne una risata.
-Perché mi cogli sempre in questi momenti di… follia?-
Rise –non ne ho idea, comunque ti stavo cercando-
-Anch’io dovevo dirti una cosa-
Silenzio.
-Parla prima…- dicemmo all’unisono.
-Parlo prima io!- affermai –Siria verrà domani, dicono che questa sera ci sarà una bufera di neve e l’aereo non parte-
-Oh… mi dispiace- si strofinò il mento –io invece volevo presentarti Emilia, ricordi?-
-La caposquadra delle pulizie?- azzardai.
-Esatto- sorrise.
-Beh? Devi dirmi altro?-
-No, nient’altro-
-E allora perché mi stai fissando come un idiota?-
-Volevo tenerti impressa nella mia mente- rispose.
Non potevo far a meno di sorridere per quello che aveva detto, gli accarezzai il viso e lo abbracciai.
Ricambiò –ti amo Elizabeth-
-Anche…- non riuscivo a dirlo, presi coraggio –anch’io ti amo, ma è un amore sbagliato Michael, dobbiamo accettarlo- ci staccammo.
Prese la mia mano e la baciò –non riuscirò mai a stare lontano da te-
Sospirai –devi farlo, per te e per me- allontanai la mano e andai dove Emilia mi aspettava.
Emily era una donna dolcissima, assomigliava un po’ ad Ariel, era di corporatura robusta, scura di pelle ed aveva i capelli neri e corti. La volli bene dal primo momento del nostro incontro. Lavorava sodo e io apprezzavo questa cosa, dedussi che anche lei era una lavoratrice e non una che va a lavorare solo a parole.
Pensavo a Michael e al processo, mentre intingevo lo straccio nell’acqua per pulire le scale che portavano alle camere da letto.
Che fine aveva fatto la giustizia? Non c’era mai stata, per esempio io non avevo mai creduto nella giustizia, ero scettica sul fatto che la giustizia una volta tanto avrebbe potuto fare qualcosa di buono. Certo, nelle piccole cose tipo furto o cose del genere qualcosa succedeva, ma non c’erano prove per incolpare Michael, eppure…
Se mi fossi trovata una di quelle persone davanti con tutta la rabbia che avevo dentro, come minimo sarebbero finiti all’ospedale, avevo voglia di urlargli contro e farli catapultare direttamente al campo santo.
Occupata nel mio subconscio non mi accorsi che Lisa stava per scendere le scale. Il fatto era che me ne accorsi troppo tardi…
-Lisa, no!-
Sembravo tipo amo viola mentre cercavo inutilmente di “salvarla”, ma scivolò comunque sul pavimento bagnato…
Corsi da lei –tutto bene?-
-No che non va bene! La mia povera schiena…-
-Mi dispiace, ma anche un idiota avrebbe dedotto che stavo pulendo le scale-
-Sparisci!- mi cacciò.
“Strega!”
-Lisa!- arrivò Michael –che diavolo è successo?!-
-Sono scivolata per colpa sua!- m’indicò.
“Viziata!”
-Mi scusi signor Jackson- dissi abbassando la testa, avevo una voglia matta di imbottigliare la mia risata che trattenevo a stento, perché una più grande non ce ne sarebbe stata.
-Non hai visto che stava pulendo?- azzardò lui.
Lei continuava a lamentarsi per non rispondere a quello che aveva detto Michael, avevo ragione, ma l’orgoglio è orgoglio… e io ne sapevo qualcosa.
-Portatela sul letto e fatele un massaggio dietro la schiena- suggerii.
-Certo, è ovvio! Sbrigati Michael…-
“Vummcos…!” (Una che fa i vuommchi, cioè che si lamenta sempre)
La prese in braccio, sapevo che in realtà non si era fatta nulla, lui si girò verso di me e sorrise.
Appena se ne furono andati risi da sola come una scema, mi accasciai al suolo mentre trattenevo la pancia che stava per scoppiare dalle risate.
Se l’era meritato quella strega!
E non vedevo l’ora di raccontarlo a Frank!

Crollai immediatamente di sera, avevo lavorato tanto quel giorno, con la caduta di Lisa poi… anche se sapevo che l’indomani sarebbe stato ancora più stressante!
Tant’è che Emily mi aveva detto che dovevamo fare tutto molto discretamente (al contrario di come facevo io) e infatti si era un tantino innervosita quando lo venne a sapere.
Dovevo concentrarmi e mai sgarrare. Dopotutto quando Siria era fuori potevo agire liberamente nella sua casa, perciò non ci ero abituata.

La prima cosa che vidi quella mattina fu Siria che continuava a saltarmi addosso.
-Cosa… Siria!- urlai e la abbracciai.
-Mi sei mancata così tanto!- disse lei.
Aprii gli occhi e dietro alle sue spalle vidi un bellissimo Michael tutto sorridente. Allungai la mano verso di lui che si avvicinò.
Ci staccammo –bella la tua stanza-
-Hai visto?- risi.
-Quindi adesso vivi in un castello…- si guardò intorno.
-Vivo? Non proprio, è solo il mio lavoro-
-Certo! Michael mi ha portato a vedere solo una piccola parte di Neverland comunque, voglio che tu me la fai vedere tutta!-
-Ma se nemmeno io la conosco tutta?-
-Andiamo all’avventura!- alzò le braccia.
Lui si sedette sul letto.
-Allora ragazze, adesso io devo andare e voi avrete tutto il tempo di visitare Neverland- sorrise.
-Devo lavorare-
-Tranquilla, per oggi farai la guida turistica- ridemmo.
-Però è un peccato, sarei voluta andare anche insieme a te- mormorò Siry con leggero imbarazzo.
-Mi dispiace molto Siria…-
-Ah non preoccuparti, scherzavo-
Diede un bacio sulla guancia a Siria, fece il baciamano per me, mi guardò per un attimo, ci sorridemmo e poi si dileguò.
-Mmm... ho perso qualche passaggio della storia?- ecco che spuntava la malizia.
-Devo farti visitare Neverland o no?- sgattaiolai fuori prima dell’interrogatorio di Siria, che sapevo avrebbe fatto comunque…
-Dove credi di andare?! Dai raccontami un po’ di fatti tuoi!-
-Pettegola- risi.
-Non ci vivo mica io con Michael Jackson!-
-Vuoi che ti racconti? Bene, allora… ho una scopa, uno straccio, una spugna, del detersivo e… pulisco, dalla mattina alla sera-
-Stupida!- mi diede uno spintone, ricambiai –comunque so che si è fidanzato con una certa Lisa Marie Presley-
-Sì esatto, quindi?-
-Le mie speranze sono crollate quando l’ho saputo- sospirò.
Pensai a ciò che era successo i giorni prima del suo arrivo e arrossii –già, sospettavi qualcosa che non è mai esistito e che non esisterà mai!-
-Però i giorni prima? Non è successo proprio niente? E comunque ha una certa antipatia quella Lisa, non so… tu come la vedi?- domandò.
-We! Va chian…- (Ehi! Vai piano) –una domanda per volta grazie…-
-Ops, scusa- disse sogghignando.
-Lisa… Hitler secondo, solo al femminile, è tremenda, ma è soltanto una sciocca figlia di papà per me, sai come sono…- spiegai velocemente.
-Lo sapevo! Sai a cosa pensavo?-
-No e non voglio saperlo- risposi secca.
Si mise davanti a me per bloccarmi –puoi ascoltarmi adesso?!-
-D’accordo!- ci sedemmo sotto un albero, accanto ad un laghetto.
-Visto che siamo qui e Michael non c’è pensavo a qualche divertente scherzetto per lei, tanto con la tua esperienza negli scherzi e la mia astuzia nel non farci vedere… che ne pensi? Scapperà da qui a gambe levate!-
Sapevo che era sbagliato… ma  Siria era ingenua, e poi dopo quello che avevo combinato il giorno prima non mi sembrava una buona idea, ma non potevo lasciarlo passare quel litigio, no… Michael non se lo meritava di essere trattato così, e io nemmeno. Non era di certo colpa mia se vivevo in quello schifo. Aveva offeso me, aveva trattato male Michael e in più lui le stava facendo solo un favore e per colpa sua non potevamo amarci come si deve.
Doveva pagarla cara. Per il momento però mi accontentai di uno scherzo.
-È un’ottima idea!- come non detto –forse l’unica povera idea vagabonda che sta nel tuo cervello!-
Rise –non offendere!-
-Ok, da dove cominciamo?- strinsi le mani.
-Da nessuna parte!- se ne uscì lei poi…
-Come?-
-Ely…- sospirò –che c’è che non va?-
-Ora mi dici come diavolo hai fatto a capirlo…- intrecciai le braccia.
-Per favore! Sono la tua migliore amica, è questo il mio compito- sorrise.
-È assurdo quello che è successo Siria, sai del processo vero?- le chiesi malinconica.
-Purtroppo sì… non ho voluto parlarne perché… sai, non volevo renderlo triste… cioè, almeno più di quanto non lo sia già- chinò la testa.
-Hai fatto bene Siria, è molto triste e quel suo sorriso nasconde tutte le sue lacrime, infondo sono accuse false e per lui forse è la cosa più brutta che gli sarebbe mai potuta accadere…-
Restammo per un momento in silenzio.
-Vabbè non pensiamoci, stavi dicendo?-
-Allora… a parte questo noi, diciamo che il nostro rapporto è diventato molto forte e non ti dico quante volte abbiamo litigato perché dicevo che doveva stare con Lisa e non con me…-
Ascoltava, senza dire nulla e questo mi lasciava senza parole, non era suo solito fare così.
La guardai stranita –beh, c’è anche un minuscolo dettaglio ed è anche per questo che litighiamo- deglutii –abbiamo fatto l’amore… due volte in una sola sera per giunta- le sussurrai all’orecchio, meglio stare attenti, che pure gli alberi sentivano.
Spalancò gli occhi.
-Lo so che sei senza parole, prenditi tutto il tempo- per un lato però era divertente!
-Tu ti rendi conto di quello che mi hai appena detto vero? Ma soprattutto ti rendi conto di quello che hai fatto?! Sei lucida, hai preso droghe, alcol…?
-Nun aggia pigliat nu ca… spito- (Non ho preso nulla) sorrisi.
-E me lo dici così? Come fosse niente? Sei impazzita o cosa?! E se… se rimanessi incinta?- lei già fantasticava…
-Mo' ti a calmà!- (Adesso ti devi calmare) mi schiarii la voce –io non lo pensavo nemmeno lontanamente e non lo voglio tutt’ora, è stato così veloce che non me ne sono nemmeno accorta! Quando ci sei dentro non puoi più fermarti Siria, credimi… e poi non riusciamo a starci lontani, e questo non posso sopportarlo- mi poggiai una mano sulla fronte, quando ci pensavo meglio diventava improvvisamente una cosa davvero seria, perché lo era infondo, al contrario di come lo facevamo pensare io e Siria… o io e Michael –ho bisogno del tuo aiuto… ti prego, voglio evitarlo, ma non ci riesco, non ci riesco…-
-Stai tranquilla, non volevo metterti l’ansia addosso, ma sai… la novità del momento e Elizabeth, sono i sintomi dell’amore, non puoi evitarlo o dovresti andartene e dimenticarlo, io ne so qualcosa-
-Se tu potessi trovarmi un lavoro decente a Napoli, io me ne andrei!-
-No Elizabeth, gli faresti solo del male! Almeno non andartene adesso, non ora…- poggiò una mano sulla mia spalla.
-Io… io non… non voglio che la sua vita sia più difficile del solito per colpa mia, non voglio che lui pensi a me e a come proteggermi, non voglio… non glielo permetterò- frenai le parole.
-È inutile il fatto che tu voglia dirglielo. Lui è cotto di te e ti vuole, non ascolterà nessuno tesoro, lui ti ama! L’unica cosa che lo fa vivere adesso sei tu!-
Io? Wow, che sensazione strana che faceva quella frase. Questa volta ero io al centro, da me dipendeva la situazione, e io… beh nella mia mente era vuoto totale, o una completa confusione che apparentemente a me sembrava vuoto totale perché non riuscivo a concentrarmi su niente.
-Ma non credere che per te non sia lo stesso cara!- disse ancora.
Mi venne da ridere. Siria era la perfetta consulente “inter relazionale” o come diavolo si diceva… sapeva tutto sull’amore e aveva perfettamente centrato il concetto!
-Dici che penserei a lui ancora di più se me ne vado?-
-Mi sembra ovvio-
-Ti sembra ovvio, già… accidenti se sei esperta- la guardai come se venisse da un altro pianeta, io ero praticamente una frana in amore!
-Grazie- e lei mi guardò allo stesso modo.
-Ah se non ci fossi tu- appoggiai la testa all’albero.
-Direi che ci completiamo a vicenda allora- sorrise dolcemente.
In quel momento passò Lisa a cavallo sull’altra sponda.
-Non sapevo andasse anche a cavallo- dissi.
Passammo da una situazione ad un’altra in un battito di ciglia.
-Comunque credo che essendo di buona famiglia e quindi non avendo un cavolo da fare… abbia avuto tutto il tempo e il denaro di fare quello che gli pareva- alzai le spalle.
Nel frattempo mi venne in mente un ottimo scherzetto, l’avevo visto in un film e sognavo di farlo da un sacco di tempo anche se lo trovavo improbabile.
Tirai insieme a me Siria e attraverso il ponte arrivammo all’altra riva, avevamo tutto il tempo visto che andava a passo lento.
Non fu facile improvvisare una fionda, ma con il mio elastico per capelli e un ramo ci riuscii; presi un sasso abbastanza grande, lo misi in mezzo alla molla, indietreggiai e…
-Sei crudele, io in confronto a te sono un angelo con cinque aureole…- mi interruppe Siria cercando di farmi stare male, quando poi l’aveva pensata lei l’idea dello scherzo!
-Se facessi tutte le cose che mi passano per la testa quando sono incazzata adesso avrei sette ergastoli da scontare, se non di più- …e lanciai.
Appena il sasso centrò il didietro del cavallo, l’animale impennò e disarcionò Lisa che cadde all’indietro. Il povero cavallo invece corse via mentre scalciava ancora.
Lei quasi pazientemente si alzò e si voltò. Ci abbassammo all’istante, mentre ridacchiavamo sotto il naso, certo che essere mirati da noi due rompiscatole era una tragedia, mi dispiaceva per lei in un certo senso.
Perché nell’altro senso… Dio, che goduria!
-Operazione “Libera il destriero” compiuta- battemmo il cinque e scoppiammo a ridere come due idiote.
Un’ombra improvvisa scese su di noi, lentamente ci girammo.
-Michael!- esclamammo insieme.
-Che state tramando piccole disgraziate?- poggiò le mani sui fianchi.
-Stai giù!- lo tirai immediatamente giù e lo feci stendere –ma un po’ meno alto non potevi esserlo?!-
-Scusa se non sono un nano come te- rise.
Ringhiai e cercai inutilmente di aggredirlo.
-Ferma- Siria ci divise.
-Ok, ok, lasciami!- feci un profondo respiro –sono calma…- gli diedi un pugno sul braccio –sei uno stronzetto!- sussurrai.
Mostrò la lingua.
-Michael che fai già qui?- domandò Siria.
-Dovevo sbrigare una commissione-
-E… per caso hai visto qualcosa?- chiese insicura.
Rise –ho visto tutto-
-Non sei arrabbiato?-
-Perché dovrei esserlo? Uno scherzo come questo è oro per me! Solo che non avrei mai avuto il coraggio di attuarlo…-
Io e Siria restammo sconvolte, ma un sostegno non era mai male, almeno avevamo il complice.
-Avete visto Neverland?-
-Beh, non esattamente- rispose Siry.
-Diciamo che non si può vedere in paio d’ore, minimo in un paio di giorni- ovviai io.
-Ora che ci sei, vieni anche tu- lo pregò.
-Ecco, in verità…-
-In verità niente! Michael sono arrivata questa mattina e tu non ci sei stato nemmeno un minuto!- si sfogò.
-Siria, sai che sono molto impegnato col processo e…-
-È chiaro! Ho capito, mi dispiace non volevo- abbassò il capo.
-Wow, veloce…- mormorai.
-Scusa se all’improvviso ho questi scatti di rabbia, il mio umore cambia molto in fretta da come hai notato- si schiarì la voce.
Sorrisi. Era uno degli aspetti di Siria che amavo, spesso la sfottevo per questa cosa, era uno “sfottere” amichevole però.
E poi era anche lecito che io la provocassi… quando parlavo napoletano avevo l’abitudine di schiarirmi la voce dopo per tornare “italiana” e lei mi provocava col ritornello di “Tu vuò fa’ l’americano”…
Ognuno di noi aveva un particolare aspetto del proprio carattere, ognuno di noi aveva uno spunto per farsi… “punzecchiare”.
-Comunque Lisa è sparita da un pezzo, puoi rialzarti-
-Mi starà cercando- disse ad un certo punto.
-Sì, meglio che vai-
Dalla mia risposta quasi incazzata lui dedusse che c’era qualcosa che non quadrava…
-Elizabeth, tutto bene?-
-Posso parlarti un minuto?- lo guardavo fisso negli occhi, come d’intesa.
-Scusa un momento Siry- ci allontanammo.
-Che c’è?- chiese.
-Tu cos’hai! Michael cosa diavolo sta succedendo?-
-Niente!- tentò di girarsi.
Lo tirai per il braccio –dimmelo!-
-Non è successo niente- scandì bene ogni parola.
-Ti conviene dirmelo adesso e non farmelo scoprire troppo tardi, tanto lo so che lo farai, l’hai già fatto- mi avvicinai, mentre lui indietreggiò.
-Ok, come vuoi. Domani probabilmente troverai una sorpresa…-
-Odio le sorprese… almeno sarà bella?-
Esitò.
-Non voglio saperlo! Lo scoprirò domani…-
-Hai detto a Siria di noi?-
-Sì-
-Come l’ha presa?-
Risi –beh, è la novità del momento, ha detto che da me non se lo sarebbe mai aspettato e che ha paura che io rimanga incinta-
-Le sue parole sono un tantino fondate- fece segno di poco con le mani.
-Ah, no ma scherzi! Avrei già dovuto sentire i primi “segnali” non credi?-
Sembrò rattristarsi e quella reazione mi sembrò strana a dir la verità, poi si avvicinò al mio viso –posso baciarti?-
-Fai un po’ tu- alzai le mani.
Mi baciò. Un bacio rapido e non ebbi nemmeno il tempo di percepire le sensazioni di quello “sfiorare di labbra”, sapevo solo che era veloce. Andò via.
-Elizabeth-
-Vieni, facciamo un giretto-
Camminammo per molti chilometri, parlammo del più e del meno, di Miriam e Scarlett e di Ariel, anche di Anisa e di come stavano i signori Rosenberg, cioè i genitori di Siria e di come stava la mia amata Napoli.
In quel momento capii il cambiamento drastico che era avvenuto, dalle stalle alle stelle nel vero senso della frase. Eppure avevo nostalgia della mia città, non della mia casa, ma della mia città, perché tutto quello sfarzo, quel lusso e quella fama a volte mi davano la nausea.
Forse Napoli era conosciuta maggiormente per la camorra o per l’inquinamento, ma nessuno davvero sapeva la bellezza di quel posto, la meraviglia di quel luogo…

“Napule è tutto 'nu suonno
e 'a sape tutti o' munno ma
nun sanno a verità”
Ed era vero. Napoli la sa tutto il mondo, ma nessuno sa la verità.
Sfinite sprofondammo nel letto, mi era mancata Siria, la sua solarità e la sua dolcezza infinita ci volevano in un abisso di tristezza, sinceramente stavo bene e non avrei mai voluto che se ne andasse, se io ero la spalla di Michael, chi sarebbe stata la mia?
Lei, ovvio. Quando pensavo che i giorni prima non desideravo vederla… adesso avrei rimangiato tutto, ingoiato fino all’ultima parola.
-Siria, quando ieri ti ho sentita sembravi triste ed ero così occupata a pensare a Michael che non ti ho proprio considerata…-
-Ero solo arrabbiata perché papà non voleva farmi venire-
-Davvero?- mi girai verso di lei.
-Sì, infatti sono qui senza il suo permesso, oh cavolo adesso sarà super infuriato- si mise una mano in fronte.
-La prima scappatella, solo di dimensioni stratosferiche… non è così facile passare da Napoli a Santa Barbara in così poco tempo- sorrisi.
-Io ho seguito la mia maestra, Anisa ancora non lo sa ti rendi conto? Sei da un anno qui e non osa nemmeno fare una minima domanda su di te!-
Dai suoi occhi sognanti sembravo essere un’eroina per lei, ma non sapeva lei che ci stavo male e per quanto poteva sembrare facile per me, non lo era neanche un po’.
-Lely, una volta stavo vicino casa tua e ti ricordi vero che la tua finestra si affaccia sulla strada?-
Sorrisi –certo che me lo ricordo, non esageriamo adesso!-
Rise anche lei, poi tornò seria –e ho visto Anisa piangere, aveva un qualcosa in mano, un foglio credo…-
Rimasi a bocca aperta, non poteva essere vero…
Continuò –lo so che sembra strano, cioè è come vedere te piangere, però non credo di essermi sbagliata- si girò verso di me.
Inspirai a fondo –no, non credo sia vero, forse… forse stava sbucciando una cipolla-
-Da quando le cipolle sono fogli di carta? E da quando le sbuccia nella tua stanza?- mi guardò intontita e divertita allo stesso tempo.
Ridemmo. Decisi di pensare ad altro, scacciai via Anisa dalla mia mente.
-Siria, sono innamorata di Michael- dissi tutt’ad un tratto.
-Eppure non riesco a capire quando sia potuto accadere-
-E ch t’aggia ricr…- (E che ti devo dire) schiarii la voce –forse lo sono da sempre, anche perché non posso dirti l’ora precisa, il luogo o le parole che stanno alla base di tutto; mi ci sono trovata dentro prima di accorgermi che fosse iniziato-
-Ti presento l’amore- rise e io insieme a lei.
-Già…-
Il telefonò di Siria squillò.
-Sto cominciando ad odiare questi telefoni!- affondai la testa nel cuscino.
-Pronto?-
-Papà? Che succede?-
Sentivo gli urli del padre da lontano.
-No! Devi lasciarmi libera!-
Voglio la mia libertà.
Quelle parole non mi erano nuove, infatti le avevo pronunciate talmente di quelle volte…
Attaccò.
-Che succede?-
-Papà ha detto che devo tornare a casa, e ha detto che…- cominciò a piangere. Gli misi una mano sulla spalla.
-Siria torna a Napoli, tu non sei la tipa ribelle da poter permettersi di passare dall’Italia all’America in un giorno, hai fatto già tanto-
Parlò tra le lacrime –voglio essere come te-
-E io vorrei essere come te, scambiamoci i caratteri e le vite e abbiamo fatto-
Le strappai un sorriso.
-Siria guarda la mia vita, dimmi la verità: hai cambiato idea all'istante vero?- domandai retorica.
Sospirò –forse hai ragione…-
-Forse? Avrei dato tutto per essere come te, per avere una famiglia come la tua, per avere la stessa sicurezza che hai tu, tutto… apprezza ciò che hai-
-Se non avessi te bambola, io sarei già morta- si lanciò addosso a me.
Scoppiammo a ridere, poi qualcuno bussò.
-Avanti- dicemmo all’unisono.
-Elizabeth, posso parlarti?- era Michael.
-Eccomi. Tu fai la brava e mettiti a dormire Siry!- andai da lui, che mi tirò per la mano.
Chiuse la porta dietro di se.
-Facciamo una passeggiata?- chiese ansioso.
-D’accordo-
Mano nella mano al chiaro di luna.
-Lisa?-
-Si è arrabbiata e ha preso il jet privato per andarsene-
-Wow, irascibile la ragazza- in realtà ero assai contenta.
-Quasi come te-
-Vaffanculo- risi –comunque domani Siria dovrà tornare-
-E perché?- mi guardò.
-È venuta qui senza permesso dei genitori… la vita ribelle non fa per lei- abbassai la testa per guardare il sentiero.
-Immagino che tu ne avrai tante di ribellioni alle spalle-
-Uff! Una marea…- ovviai.
-La più tremenda?-
Ci pensai un istante –di peggiori ce ne sono molte, tipo quando me ne andai di casa un mese perché delle persone volevano uccidermi- feci spallucce.
-Che cosa?!- spalancò gli occhi.
-Sì, tu non sai proprio niente di me!-
-Parlamene allora-
-Diciamo che sono entrata nel giro dello spaccio di droga, e ti assicuro che non è affatto facile uscirne, però io ci sono riuscita e per questo hanno tentato di uccidermi, sapevo troppo… poi hanno capito che non ero una potenziale spia e mi hanno lasciata in pace- spiegai.
-Oh mio Dio, sto camminando con una criminale!- rise.
-E ti scandalizzi per questo? Anzi forse è solo la cosa meno peggiore che ho fatto adesso che ci penso-
-Le hai passate di tutti i colori- sorrise.
Lo guardai –sì, ti ricordi quando ci incontrammo la prima volta e ti dissi che in un certo senso la mia vita non valeva più nulla? Ho vissuto tutto, questo intendevo, niente mi sorprende… a parte te quando mi hai detto che ti piaceva il mio carattere-
-Amo il tuo carattere, vorrei essere forte come te-
-Ma tu sei forte, stai affrontando la cosa più orribile a cui un uomo possa capitare e sorridi, questa è la vera forza e… devo prendere esempio da te- lo abbracciai –dicono tutti che vogliono essere così, come me, ma la mia vita mi ha forgiata in questo modo, gli affiderei volentieri la mia vita, poi voglio vedere! Le persone credono che tutto sia facile…-
-La tua vita ti ha messo davvero alla prova Elizabeth, pensa che adesso sei molto matura e riesci a distinguere il bene dal male, quindi il futuro ti sarà più facile- pensava lui.
-Non è vero che riesco a riconoscere il bene dal male, altrimenti non starei con te- lo indicai.
-Perché? Io ti faccio male?- rise.
-Non in quel senso, io non dovrei stare qui con te, non dovrei avere la mano attaccata alla tua… io non posso stare con te perché tu non puoi e quando ci penso sto male, perché non voglio rovinare la tua vita-
-Rovinare dici? Tu la migliori-
-Michael pensaci; stai con Lisa, lei è famosa, io no. Lei è la tua fidanzata, io no. Tu eri innamorato di lei prima che arrivassi io, per questo mi sento… in colpa, l’unica cosa per cui sto male sei tu-
Sembrava adirato –se ti faccio stare così male, allora lasciami e smetterai finalmente di soffrire-
-È proprio questo il punto! Non riesco a stare lontana da te, perché io ti… amo! Più di quanto abbia mai amato qualcuno in tutta la mia vita-
-Anche io ti amo allo stesso modo, o forse anche di più, darei la vita per te e tu lo sai… ma sei comunque libera di scegliere. Puoi scegliere se amarmi o no- mise in chiaro la cosa.
-Ma non capisci allora? Io non devo scegliere, so già la risposta; il punto è: tu vuoi che ti ami?! Sei disposto a rischiare per me?-
Attese.
Pian piano la certezza che lui voleva stare al sicuro si faceva largo in me, tuttavia gli davo ragione… la sua vita era già un completo disastro e io non volevo complicarla più di quanto non lo fosse già stata.
Stavo per rispondergli, quando lui… -certo che rischierò per te-
-Cosa?- spalancai gli occhi.
Mise una mano sulla mia guancia destra –certo che rischierò tesoro mio- abbassò leggermente il capo, ma lo rialzò subito per incrociare il mio sguardo e sorridermi –se non sono io a rischiare per amore, io che porto l’alta bandiera… chi potrebbe farlo?-
L’unico che era riuscito a stupirmi, Michael.
-Davvero sono così importante per te?- accompagnai la sua mano poggiata sulla guancia con la mia che a confronto poteva essere quella di una bambina.
Annuì –pensavo l’avessi capito-
-Beh… ma io non…-
Sfilò la sua mano dalla mia, e io la tenevo ancora a mezz’aria per lo stupore.
-Lo so quanto sarà difficile per te e mi dispiace, vorrei tanto vivere una vita normale… insomma come tutte le persone, con una famiglia, una casa, una bella moglie…- m fissò e mostrò uno dei suoi sorrisi stellari a trentadue denti… avete capito…
Il bello era che io rimanevo ancora più sconvolta man mano che andava avanti.
-Cosa… no, non era per…-
Rise e mi abbracciò.
-Mmh, ti vedo alquanto sconvolta- disse ironico.
-Sei sicuro di quello che dici Michael?- mi staccai.
-Perché?-
-Perché infondo tu non potrai mai stare con una come me, pensaci un attimo: se qualcuno dovesse chiedermi da dove vengo, cosa rispondo? Dalla miseria? Le persone non si aspettano questo da te- abbassai lo sguardo.
Sospirò –tesoro mio- ancora… -sei stata tu ad insegnarmi che io non devo dare conto agli altri, tu mi hai detto che non devo prendermi le parti degli altri, se io amo una persona non do conto a nessuno-
-Te l’ho detto io?- mi misi una mano al petto.
-Non dirmi che vuoi rimangiarti tutto- fece un risolino.
Sorrisi –no, no… solo che… fai sul serio? Cioè… non mi stai prendendo per il culo vero?- gli chiesi insicura.
-Mai stato più serio, non posso mentirmi da solo- fece l’occhiolino.
-Ancora ti ricordi?-
-Certo che sì! Sono i particolari che rendono una storia interessante- incrociò le braccia.
Eppure stavo là ferma come una baccalà, ero semplicemente incredula!
-Sai, mi sembra tutto un sogno- dissi sognante.
-Non credi al vero amore?-
-No, io non credo che qualcuno possa amarmi-
La mia frase lo sbigottì.
-Davvero credi… perché?-
Sembrava una cosa davvero importante per lui, io invece me ne fregavo quasi. Ero abituata al “non amore” tutto qui, non sapevo nemmeno cos’era il nominatissimo “Amore”.
-Nessuno mi ha mai amata, probabilmente nessuno c’è mai riuscito- feci spallucce.
-O nessuno ci ha nemmeno provato-
Rialzai lo sguardo –non credo- scossi la testa –la colpa è anche mia, non farmi santa-
Mi diede un pizzicotto –ahi! Perché?!-
-Visto che è tutto vero?- rise.
-Spero proprio di sì- massaggiai il braccio –comunque fa male-
-Hm- si avvicinò e baciò la parte “pizzicottata” –va meglio?-
-Più o meno- l’abbracciai.
-Comincia a far freddo- si strofinò le mani addosso.
-Forse sono io che ti sto congelando- risi.
-Strano, dovresti fare l’effetto opposto- continuò –comunque un giorno dovrai raccontarmi la tua vita-
-Certo come no, prenditi un paio di mesi liberi e io te la racconto-
-Qualsiasi cosa per te, Elizabeth-
-Vedi che mi prendi per il culo?- affermai ridendo –comunque…-
-Comunque?- m’incitò a continuare.
-Comunque sai che non amo parlare di me e delle mie esperienze-
-Lasciami conoscere le tue paure e io ti aiuterò a dimenticare, tesoro-
Lo guardai –bene… quando starai meglio tu, non voglio angosciarti adesso-
-Hai promesso-
-Sicuro- gli feci l’ok con la mano.
-Torniamo?-
-D’accordo, è stato bello fare questa chiacchierata- sorrisi.
-Ho cercato in tutti i modi di passare un po’ di tempo con te-
-Oh che tenero! Mi fai quasi commuovere- ridacchiai.
-Sono quasi vicino al traguardo cara mia-
-Non sei sarei così convinto…-
-Dici?-
-Dico, dico-
-Facciamo a chi arriva prima?- domandò rapido.
-Ciao!- iniziai a correre a razzo.
-Sei un’imbrogliona! Disonesta, truffatrice, lestofante!-
-Altro?-
-Non mi viene in mente più niente!-
La porta era aperta e frenai grazie al muro, Michael non mi schiacciò per un pelo.
-Salgo- cercai di riprendere fiato.
Lui annuì, con sua sorpresa però, andai accanto a lui e lo baciai.
-Buona notte- sussurrai mentre lo abbracciavo per inebriarmi del suo profumo.
-Sogni d’oro tesoro- mi baciò sulla fronte.
Sorrisi e salii rapidamente le scale.
Aprii la porta e con mia sorpresa Siria era ancora sveglia.
-Che hai?-
Restavo ferma sulla porta con un sorrisetto malvagio che faceva invidia al diavolo.
-L’abbiamo fatta scappare- incrociai le mani dietro la schiena e la mia espressione s’incrociò tra triste e falso insieme.
Saltò dal letto e si mise a gridare di gioia.
-Ci siamo riuscite, che t’avevo detto!- urlò lei.
-Non pensavo se la prendesse per così poco-
-Ma meglio così, no?-
-Hmm…- mi sedetti sul letto.
-Che hai? Non sei contenta?- domandò sedendosi accanto a me.
-Sì che sono contenta, solo che…-
-Dai! Anche Michael si è divertito- sorrise.
La guardai –hai ragione-
Dentro di me mi sentivo strana. Forse avevo sbagliato, o magari no… Ma di sicuro qualcosa stava per accadere, e presto.
Il giorno dopo, al contrario della sera prima, stavo bene. Avevo un certo senso di leggerezza.
Coprii i capelli con una bandana, misi jeans e t-shirt (voi direte: a gennaio con la t-shirt? Beh… non avevo freddo), poi cominciai a fare una bella ripulita nell’orologio davanti casa. I giardinieri erano in ferie e perché non approfittarne per fare qualcosa di diverso?
-Non sapevo ti intendessi anche di giardinaggio- Michael arrivò all’improvviso.
-Te l’ho detto che tu non sai niente di me! Almeno non ancora…-
Si sedette su uno scalino. Io invece pensavo a strappare le erbacce e tagliare i rami secchi.
-Avrei sempre voluto avere un orticello tutto mio- sorrisi, mentre guardavo una bellissima rosa rossa accanto alle lancette dell’orologio.
-Eccoti accontentata- rise.
-Questo non è un giardinetto, è un pezzo di foresta amazzonica- sorrisi.
 -Puoi venire un attimo e guardarmi in faccia?-
Sbuffai –e tu quando mi lascerai fare il mio lavoro? Non vorrei che tu pagassi per niente-
Scavalcai la siepe e mi sedetti sulle sue ginocchia.
-Vieni anche tu all’aeroporto?-
-Ci puoi andare?- domandai sorpresa.
-Andiamo insieme e poi ci dividiamo in due macchine ad un certo punto… non lo farei ma poi devo andare da una parte-
Tralasciando “da una parte”, non voleva dirmelo… vabbè –no, andate. Poi dovrei venire con questi pantaloni?- erano ricoperti di terreno.
-Che ci vuole a cambiarli?-
Risi –non mi va, tutto qui- feci spallucce.
Mi alzai e tornai a lavorare.
Forse pensava che ero gelosa di Siria perché andavano insieme in macchina… no, no. Aveva capito male.
-Com’è bella questa giardiniera- disse allegramente Siria.
-Visto come sono fashion con questa bandana?-
-Pensi di potercela fare a salutarmi entro domani?- domandò vicino alla siepe.
Andai ad abbracciarla –fai la brava-
-Va bene Lely, mi mancherai…-
-Anche tu bambolina-
La salutai fino a che la macchina non superò il mio campo visivo.
Pov Michael
Sospirai.
-Michael, allora voi due…- fece l’occhiolino.
Sorrisi –sì, quando meno te lo aspetti, anche se… è una relazione difficile-
-Beh è ovvio, venite da due ambienti  diversissimi-
-Non solo per questo, siamo completamente diversi e litighiamo praticamente sempre… ho paura che possa finire male- mi coprii il volto con le mani.
-Michael sei mai stato fidanzato?- chiese cambiando argomento.
-Certo- risposi.
-Adesso non voglio sapere con chi, ma avete mai litigato? Ma litigato proprio forte, forte intendo- strinse i pugni.
-No, non così tanto-
-E invece in una relazione si dovrebbe litigare in modo da far volare sedie e piatti! Altrimenti il legame non sarebbe fortissimo- non ero molto convinto –Michael… come posso spiegarti… Prendi me ed Elizabeth, litighiamo ogni secondo, ogni minuto, ogni ora della nostra vita. Eppure… eppure siamo migliori amiche, vedi questo è l’amore-
-Tu credi?- domandai dubbioso.
-Sì! Le litigate non servono ad altro se non rafforzare un rapporto, poi tu sei fidanzato… insomma non è nemmeno una relazione tanto normale, pensa un po’!- sorrise.
-Proprio per questo non credo possa durare molto- distolsi lo sguardo.
-Eh beh… questo dipende da te- mi prese la mano –saresti disposto a rinunciare a Lisa per lei?-
La fatidica domanda.
-Lo sai Siria… quando Elizabeth non c’era io ero molto innamorato di Lisa, il fatto è che lei mi ha travolto all’improvviso, è entrata nella mia testa come se qualcuno le avesse detto di entrare, come se ci fosse stata la porta aperta!- esclamai.
-Fidati di me, anche lei pensa lo stesso; ma se tu amavi così tanto Lisa, nessuno avrebbe potuto entrare nel tuo cuore al posto suo caro- disse fulminandomi con gli occhi.
-Sì, forse hai ragione-
-Cosa? Dubiti del mio intuito femminile? L’unica volta in cui ho sbagliato in amore è stato quando mi ha avvertito Lely, anche se non l’ho ascoltata e mi sono ritrovata fregata, ma lasciamo perdere!-
Un altro dei suoi scatti… risi –Lely mi ha detto che non è un’esperta in amore-
-È vero! Però lei non è esperta per se stessa, perché non l’ha mai provato giustamente, per gli altri invece è sempre un genio! Io non capisco come faccia…- disse incredula.
Ridacchiai, Siria e Elizabeth erano una coppia di amiche perfetta, diverse fino alla cima dei capelli, ma migliori amiche.
-Siria, posso farti una domanda?-
-Sputa il rospo!-
-Perché Elizabeth ha un carattere così freddo e acido?-
-Credi davvero che Lely abbia il cuore di ghiaccio?- scosse la testa –la sua è solo paura di affezionarsi a persone sbagliate Michael. Purtroppo è un errore che ha già commesso, ma non in amore, è… Anisa; lei ha provato a volerle bene, ma non ha fatto altro che creare un buco doloroso nella sua anima, capisci?-
Annuii –capisco…- ancora più dolore quindi, non le bastava aver perso i genitori… strinsi i pugni.
Lei li guardò –è inutile arrabbiarsi adesso, perché credo che…- si morse il labbro –credo che abbia trovato la persona che saprà colmare quel vuoto- mi sorrise e io a lei.
L’auto frenò.
-Qui c’è il cambio dell’auto- guardai fuori dal finestrino.
-Ah qui? Vabbè, allora io vado- mi abbracciò e io ricambiai, poi mi scoccò un bacio sulla guancia.
-Grazie Siria, spero di saperla amare come merita- la strinsi forte.
Ci staccammo –ritrova la bambina dolce che è in lei, ma stai attento! Se la lascerai andare lei non ci sarà più per te, ha già sofferto abbastanza Michael…- mi fissò, io annuii consapevole.
-Digli che le voglio bene! E voglio bene anche a te sappilo-
Salutò sorridente e chiuse lo sportello.
Poggiai schiena e testa al morbido sedile in pelle a pensare: avevo un compito difficile da svolgere, ma un compito che avrebbe portato grande Amore nella mia vita problematica, avevo finalmente trovato la persona giusta.


*Angolo autrice*

Sono tornata! Prima di tutto vorrei dirvi che mi siete mancati moltissimo! So di essere andata in vacanza, ma i buchi della solitudine lasciano pensare a tante cose, sapete?
Mi è mancata Elizabeth, mi è mancat0 Michael specialmente, e tutto il resto...
Comunque siamo ancora nel bel mezzo delle tensioni della loro vita e perciò spero di esser riuscita ad interpretare bene la loro personalità.
Nelle ultime news ho saputo della vendita di Neverland... Voglio sfogarmi con voi.
Neverland è il nostro sogno. Quale fan non ha mai sognato di sedersi davanti a quella scritta e mettersi a meditare su tutta l'essenza di Michael? Michael è Neverland. Quella è la sua casa, la sua vita, il suo spirito è lì! Peter Pan è cresciuto lì e aveva detto che quella casa era soltanto SUA!
Purtroppo però, per quanto la Michael Jackson's Estate abbia tentato di fermare la vendita, beh... Non c'è riuscita... E ora non potete capire la mia tristezza...
Non mi resta che dire che spero che il capitolo vi piaccia!
I love you and God bless you!

SJ

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Capitolo 10
*** Love the way you lie ***


Love the way you lie

Pov Elizabeth
-Finito!- che soddisfazione era vedere l’orologio ancora più bello di prima, modestamente ero stata io a curarlo. Asciugai il velo di sudore sulla fronte e sfregai le mani per togliere il terreno.
Michael non tornava da ore, improvvisamente vidi il “postino” (ricordate?) correre all’esterno della casa, lo fermai.
-Signor postino dove corri?- sorrisi mettendomi le mani sui fianchi.
Si fermò subito e si allargò il colletto della camicia –signorina Elizabeth, sto andando dal signor Jackson- sembrava preoccupato.
-Ma che è successo?- mi avvicinai.
-Un piccolo problema di “tribunale”, comunque la stavo cercando-
-Per quale motivo mi cercavi?- dissi inquieta.
-Deve venire con me-
Subito cominciai a correre verso l’auto, anche con i pantaloni sporchi di terra non importava, la cosa più importante in quel momento era Michael.
Postino si apprestò ad aprire la porta posteriore e invece con sua sorpresa mi sedetti davanti.
-Signorina perché davanti?- domandò curioso.
-La forza dell’abitudine- feci spallucce.
C’era assai traffico quel giorno, anche perché eravamo nel pieno delle feste di Natale, così postino andava lento, sbuffai. Ero preoccupata, d’improvviso alzai la gamba e schiacciai il piede posato sull’acceleratore.
M’impadronii del volante e guidai a tutta birra facendo slalom tra le macchine.
L’adrenalina era fantastica, parte della mia vita praticamente!
Avevo imparato a guidare a 16 anni, a Scampia le regole erano diverse dalle normali, piuttosto non c’erano regole! C’era persino il maestro per imparare a guidare a quell’età, tutti si rivolgevano a lui… peccato che era un pedofilo, chiedeva rapporti per pagare i costi delle guide e se ne approfittava della povera gente, io questo non lo sopportavo e infatti mi beccai un occhio nero da lui per questo, diciamo che ho dovuto imparare a modo mio.
Comunque io ridevo, mentre mister email cercava di riprendere il controllo dell’auto senza successo; arrivammo al tribunale. Scesi dalla macchina, ma fui fermata dal braccio possente di postino che quasi mi schiacciò lo stomaco.
-Elizabeth meglio che lei non…-
-Dammi del tu- lo rimproverai.
-O.. ok- mi guardò stordito, poi continuò –allora è meglio che tu non vieni, penso che il signor Jackson non voglia che tu esca allo scoperto-
-Va bene, per questa volta te la do buona- tornai in auto.
Pensai che i vetri erano oscurati, perché nessuno sembrava notarmi. Vidi tornare Michael con i bodyguard e attaccai la faccia al finestrino; gli aprirono lo sportello dietro.
-Elizabeth!-
-Michael!- ci abbracciammo immediatamente.
Mi tirò dietro per le braccia, così potemmo abbracciarci meglio. Percepii le sue lacrime bagnarmi la maglia.
-Sono felice che tu sia qui…-
-Che è successo tesoro?- gli accarezzavo i capelli.
-Hanno… prolungato la causa a sette anni-
-Sette anni?!- esclamai.
-Devo decidere se pagare e far tacere tutto o… continuare per altri sette anni, volevo un tuo consiglio- alzò quel suo sguardo dolcissimo che mi sciolse in un attimo.
-Un… un consiglio?- deglutii –ecco io… sette anni… non lo so Michael-
Così passammo le feste, bello vero?
Michael era diventato quasi muto, parlava solo se necessario ed era continuamente sovrappensiero. Non mangiava e non beveva quasi più ed era diventato molto irascibile.
Era il primo dell’anno 1994 e su una vecchia altura fuori Neverland vedevo i fuochi d’artificio esplodere alti nel cielo. Adoravo quei fuochi, io li sparavo sempre con degli amici che ogni anno puntualmente mi invitavano… più che altro perché gli serviva un aiuto visto che sparare i fuochi era un compito pericoloso e considerando che la mia vita non valeva più di una punta di spillo si poteva rischiare.
-Ti piacciono?- mi voltai.
-Sì, li amo-
-Più di quanto ami me?- chiese ironizzando.
-Sei diventato quasi invisibile, sei uno stuzzicadenti ormai e quindi sì, li amo più di te-
-Rassicurante direi- sorrise.
-Già-
-Sono diventato meno attraente, meno ricco e meno potente lo so- incrociò le braccia.
Lo fissai. Ogni cosa che avevo intorno sembrò sparire, tale che era la mia rabbia –che cosa?! Dimmi che stai completamente fumato e io non ti uccido adesso!-
-Ma che cavolo ti prende?!-
-No! A te che cazzo ti prende!- mi avvicinai –sei diventato praticamente inesistente da quando sei uscito da quel cazzo di tribunale!- lui indietreggiava –e pensi davvero che sarei stata con te fino ad adesso per soldi?! Non sono così stupida Michael! Certo che te ne esci con delle cazzate quando stai fatto…- terminai ansimante.
Si sedette –anche tu dici queste… cose quando stai fatta?-
-Che cosa ti fa pensare che io mi sia drogata nella mia vita?- domandai incredula.
-Non lo so, sesto senso-
-Ah fantastico…- mormorai seccata.
“Adesso sembro anche un’alterata”.
-Comunque ho detto e fatto molto di peggio, sei salvo per adesso- avanzai.
Lui si alzò e si avvicinò, poggiò le mani sulle mie spalle –ma davvero… non mi ami più?-
Sospirai –ero troppo arrabbiata per dire che ti amavo… beh… purtroppo ti amo ancora- lo guardai e gli scoccai un bacio sul naso.
Continuammo a gustarci quelle luci finché non finirono e tornammo in stanza; da un po’ di tempo avevo capito cos’era successo quella notte in albergo, quella carta metallica… e il bicchiere d’acqua… le “droghe”.
Mi sedetti sul letto –quando la smetterai di prenderle?!-
Gli tirai la pillola dalla mano e la sbriciolai, ero stanca di avere paura della sua rabbia… andai vicino al tavolo dov’erano tutte le scatolette e con il braccio le spazzai via.
-Ma che fai?!-
-Basta Michael!- gli puntai il dito.
“Però… che presa di posizione!” pensai compiaciuta.
-Allora, stammi a sentire… io non ce la faccio più a vederti ogni cinque minuti con una di queste in mano, cazzo ma non ti accorgi di come sei ridotto?! Stai morendo Michael! Queste cose non ti fanno bene, non ti faranno mai scordare il tuo dolore, mai! E a meno che tu non voglia morire devi smettere di prenderle!- presi un forte respiro –quindi… o lasci che ti aiuti, o continui ad ucciderti lentamente e dolorosamente. Eppure non ti accorgi delle persone che ti amano e ti vogliono bene che stanno soffrendo per te? Per quello che ti sta accadendo, per tutto! Non ci pensi?-
Abbassò lo sguardo, ma i suoi occhi non potevano nascondermi niente, mi inginocchiai e poggiai la testa sulla sua gamba.
Il mio tono s’addolcì –siamo qui per te amore, non ti lasceremo solo vedrai-
-Hai ragione…- sorrise.
-Certo che ho ragione- ovviai –e domani mattina fatti la barba e vestiti per bene, usciamo da questa casa, non resterai rinchiuso qua dentro per l’eternità- mi alzai riprendendo il mio ruolo da super sergente salva vite!
-Usciamo? E dove andiamo?- domandò guardandomi.
-Non lo so, probabilmente in un kebab per un bel panino pieno di grassi e schifezze per te!-
Spalancò la bocca e io stessa mi meravigliai di me… belle le prese di posizione, sorrisi.
Il giorno dopo come promesso facemmo ciò che avevamo deciso e Michael sembrava più affamato di un leone che non mangiava da una settimana. Restai sorpresa e contenta di tutto ciò e qualche giorno lo passammo in pace, solo io e lui in una casetta isolata dal mondo. Era una piccola casa in campagna, senza tv, telecamere, paparazzi, giornali scandalistici, tribunali, avvocati o “pagliacci poco simpatici”.
Tutto andò per il meglio, Michael si riprese un po’ e il 25 gennaio 1994 accettò di pagare Jordan con una cospicua somma di denaro. Si parlava di venti milioni di dollari. Il giorno prima gli avvocati di Michael ritirarono le accuse di estorsione contro Chandler e Rothman (avvocato di Chandler). Del denaro poi andò vincolato in amministrazioni fiduciarie per Jordan e fu pagato sotto la supervisione di un amministratore fiduciario assegnato dalla corte stessa, e Michael non fu mai incriminato penalmente.
-È finita finalmente- si sedette su una sedia esausto.
-Hai visto? Ce l’hai fatta…- sorrisi.
-No, ce l’abbiamo fatta-
Quel giorno persino Lisa si fece viva! Lei che per tutto il processo non c’era mai stata, lui e lei si erano sentiti per tutto quel tempo solo a telefono.
Nel letto pensavo a quanto Michael fosse stato forte tutto il tempo, non aveva mai fatto notare che stava male, forse si era mostrato debole solo a me, quando la sera finalmente poteva ritirarsi nelle sue stanze e piangere… Poi il giorno dopo tornava come prima, sorridente e apparentemente felice. Purtroppo però quelle accuse restarono per sempre, una cicatrice nel petto che non sarebbe mai più guarita completamente, tuttavia le persone che lo amavano, come i suoi amatissimi fans, lo sostenettero per tutta la sua vita e continuarono a farlo per sempre.
Ciò nonostante eravamo tutti più rilassati, meno tesi, solo io forse ero preoccupata per tutte le cose che Lisa e Michael stavano facendo nella loro stanza.
Poi chiamò addirittura Siria e con lei c’erano i suoi genitori, Miriam, Scarlett e Ariel che erano contenti per me che le cose si erano sistemate e anche per la nostra “bella” storia d’amore. Bella perché loro non sapevano in realtà che stava ancora con Lisa, ma comunque ero contenta. Gli raccomandai di tenersi tutto per se e che sapevano già troppo, ma potevo fidarmi, Siria, Miriam e Scarlett continuavano a dirgli “Deve restare tra noi, mi raccomando… altrimenti rovinerete tutto!”.
Non osarono dubitare nemmeno per un minuto dell’innocenza di Michael, e questo mi sorprese, i genitori di Siria erano molto scrupolosi… ma meglio così.
Da seduta caddi sul letto a pancia in giù, i capelli si liberarono dal fermaglio e si distesero su di me. Mi voltai e lo sguardo cadde sulla copertina del libro.
The new life, non lo trovavo originale come titolo, ma era pur sempre accattivante; lo presi e cominciai a sfogliarlo velocemente, persi la presa ed arrivo direttamente dov’ero rimasta.
“La cosa più grande cosa che tu possa imparare è amare e lasciarti amare.”
Ecco come si apriva il nuovo capitolo. Era come se la mia bocca in quel momento si fosse riempita di miele, come sempre di mezzo c’era la storia d’amore, e che diavolo! Ma un libro senza storie d’amore esisteva o dovevo scriverlo io?
Dovevo scriverlo io.
Lo chiusi con un colpo secco, non volevo sentire ragioni. Rotolai al centro del letto e cercai di afferrare qualcosa di inesistente.
Pov Michael
-Michael- Lisa entrò in stanza.
-Lisa, dimmi-
-Vai da qualche parte?- domandò trovandomi in piedi.
-Veramente io dovevo…-
-Ti andrebbe di dedicare un po’ di tempo alla tua ragazza?- chiese dolce.
-Devo firmare dei documenti tesoro, lo sai che il mio lavoro è molto importante per me- lei si sedette accanto a me e io le strinsi le mani.
-Andiamo su… solo questa sera, hai appena finito un processo… ce l’avrai un po’ di tempo- mi supplicò.
-Non posso Lisa, non insistere-
Presi l’acqua che era sul comodino dietro Lisa e bevvi impaziente.
Feci per alzarmi, ma lei mi fermò.
-Come ti senti?-
Chiusi gli occhi, la mia mente si appannò e tutto divenne confuso.
-Non mi sento molto bene, sarà un po’ di mal di testa- poggiai la mano sulla fronte.

-Coraggio Michael, rilassati, adesso che è tutto finito lasciati andare…- mormorò lei.
Facevo sempre quello che non volevo fare, eppure sentivo di doverlo fare, per non far del male a nessuno. Forse però a qualcuno del male lo stavo facendo…
Abbracciai forte Lisa e poggiai la testa sulla sua spalla, velata di sudore.
-Tesoro- mi costrinse a guardarla –c’è qualcosa che non va?- sorrise scaltra.
-Sono solo un po’ stanco- le sorrisi e lei ricambiò.
-Sicuro? Non stai pensando a qualcun altro? Ricorda che adesso devi dedicarti solo e soltanto a me, per il tuo bene-
-Certo chick-
Pov Elizabeth
Con le coperte attorcigliate alle gambe, ancora fasciate dai pantaloni, stavo quasi per addormentarmi quando sentii un urlo, gli occhi si aprirono di scatto e il sonno passò di colpo.
Sembrava provenire dalla stanza di Michael…
-Forse non è una buona idea… farmi i fatti miei?- sorrisi malignamente –non questa volta!-
E chi diceva “Chi si fa i fatti suoi campa cento anni” aveva ragione.
Non c’era niente di bello nello scoprire che Michael si stava scopando Lisa.
Piansi, piansi molto quella notte, e quando mai era successo? Non era mio solito piangere… dopo aver patito, subito e sopportato c’avevo fatto l’abitudine, ma una delusione d’amore, la mia prima delusione d’amore… che poi non era nemmeno una delusione, lui era fidanzato con la presunta “signora Jackson”.
Guardai fuori la finestra: nevicava. La bufera era cominciata, solo che si parlava di un’altra bufera, la bufera del cuore… una tempesta più che altro, con colpi di fulmine, sole a catinelle e i venti dei cambiamenti.
Ebbi la brillantissima idea di uscire fuori, al freddo ed andare dritta nel boschetto (non sapevo nemmeno che Neverland lo aveva davvero, io ci arrivai senza volerlo).
Salii sulla chioma di un albero, più o meno ero protetta, poi tutto si calmò di botto. Il vento sparì e cominciò a nevicare dolcemente.
Non sapevo di avere anche il potere di far calmare i temporali, o forse il cielo voleva solo farmi un piacere, vedermi piangere, mmh… diciamo che era un po’ difficile ed aveva avuto pietà probabilmente.
La mia fortezza era crollata, costruirla con tutte le pietre che mi avevano lanciato non era stato facile, e adesso non l’avevo più, una cosa costruita in così tanti anni… crollata in un attimo. Tutto per colpa della “trappola dell’amore”. “Io non ci cadrò mai” mi dicevo, certo come no, infondo Ariel me lo diceva sempre:
“Sono una donna intelligente e mi sono innamorata come una stupida” diceva ridendo, scherzandoci su. Sì, ridere per non piangere…
Avvicinai le gambe al petto e abbassai la testa sulle ginocchia. “Il vero amore non esiste”, le voci di strada non facevano altro che parlare d’amore e alcune persone erano incredule a quello “vero”, come volevasi dimostrare.
E fu allora che mi svegliai.
Niente più amore “rose e fiori”, dovevo tirare fuori la stronza che era in me e che avevo dimenticato, lasciata in un angolino della mia personalità.
I fiocchi di neve cadevano posandosi delicatamente sul palmo della mano, non aveva mai nevicato a Scampia e nonostante non ci fossi abituata mi sentivo a mio agio, tutto così desolato, freddo, forse solo la neve si poteva paragonare a me, solo il ghiaccio, mai il sole, la luce o il caldo… ed io mi sentivo bene in quel magico deserto bianco.
Flashback
-Se avessi un mondo come piace a me, nulla sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è, e viceversa. Ciò che è non sarebbe e ciò che non è invece sarebbe- dicevo da bambina, seduta sulle ginocchia di Ariel.
-Oh bambina mia, tu hai molta immaginazione!- rise –e quindi tu non vivresti qui, giusto? Ma dall’altra parte del mondo-
-Non solo, dove ci sarebbe una città ci sarebbe un deserto, dove c’è il deserto ci sarebbero cascate, fiumi e ruscelli e qui invece…- il mio sorriso si spense –… e qui invece ci sarebbe la neve e il ghiaccio e… io avrei una famiglia-
Ariel mi accarezzo i capelli già molto folti e lunghi, la abbracciai.
-Ma non sarà mai così, perché io non avrò mai una famiglia e qui non ci sarà mai la neve, mi piacerebbe tanto vedere la neve-
-Piccola, non credi che il ghiaccio sia triste? Così freddo e duro, non pensi?-
-Se ci pensi non sarebbe mai triste perché io avrei una famiglia, qui invece lo sono perché Anisa è cattiva, anzi se ci penso è come se il ghiaccio già ci fosse, nel mio cuore però- feci dondolare i piedi.
Ariel rimase sorpresa da quella mia riflessione, la guardai con i miei grandi occhi vivaci.
Sorrise –hai davvero dei begli occhi, azzurri e…-
-E freddi come il ghiaccio- risi spensierata –adesso vado a giocare, altrimenti si fa tardi, a dopo!- scesi agilmente dalle gambe robuste di Ariel e la salutai con la manina.
Fine flashback
Secondo flashback
-Sono un mostro! Perché non lo ammetti anche tu?!- puntai il dito ad Ariel.
-Ecco io…- spostò lo sguardo.
-Vedi che ho ragione!- diedi un calcio alla sedia accanto a me.
I componenti della famiglia mi guardavano impietriti.
-Perché non sono la ragazza felice della porta accanto?- nessuno rispose, feci per andarmene.
-Perché c’è una storia dietro ogni persona. C’è una ragione per cui loro sono quel che sono, loro non sono così perché lo vogliono… qualcosa nel passato li ha resi tali e alcune volte è impossibile cambiarli- mormorò Ariel.
La guardai –bene. Almeno adesso ho la certezza che il mio cuore sarà un ghiacciaio eterno-
-Noi umani abbiamo sempre bisogno di certezze…- azzardò Ariel.
Me ne andai.
Fine flashback
Io ero il ghiacciaio, per questo mi trovavo bene nel freddo.
Bastavano come parole.
Per me la giusta dose di felicità era: soldi e scarsa memoria, nient’altro.
Decisi di dormire, su un ramo? Sì. Del resto non era la prima volta, quante volte avevo dormito su un albero per evitare di tornare a casa…
Su un albero, sopra una panchina, sul tetto di una casa, in una metropolitana, in un sottopassaggio, sul treno, in una macchina dentro una discarica, in un cartone, sul letto di Michael Jackson… beh di sicuro non capitava tutti i giorni!
Comunque io ero Elizabeth Nastro,  il giorno dopo avrei dimostrato che avevo una dignità da mantenere e nessuno doveva mettermi i piedi in testa!

Andai verso la casa, la porta era aperta e non esitai ad entrare.
-Ti ho cercato tutta la mattinata-
Mi voltai –ah, Michael-
-Dove sei stata?- sembrava nervoso.
-Non riuscivo a dormire e sono andata a fare un giretto- spiegai noncurante.
-Nel bel mezzo di una bufera di neve?-
Sospirai –qual è il tuo problema?- lo guardai arrabbiata.
-Hai sentito tutto ieri notte vero?-
Lo sapeva pure.
-Sì. Sei uno stronzo…- scossi la testa –non pensavo che la gente avesse tanta energia appena dopo un processo così scandaloso… però, ti faccio i miei complimenti- dissi con tanto di applauso.
Restò in silenzio.
-Per la prima volta nella mia vita caro Jackson… la cattiva non sono io, non ti ho tradito io sappilo, non è un particolare insignificante e tu- gli puntai il dito contro –dillo quando lo racconterai-
-Non potevo non farlo-
-Dici? La verità è che ti è piaciuto e che lo volevi, perché se davvero mi amassi avresti trovato qualsiasi scusa esistente al mondo per non farlo. E non sprecare fiato con le scuse, potresti non farcela a dire altre stronzate per qualcun’altra, domani torno a Napoli- feci per andarmene.
Mi afferrò per le braccia –Non vai da nessuna parte se non mi ascolti! Credi che lei non abbia capito che ti amo?! È testarda e non mi avrebbe mai permesso di avere rapporti un’altra, anche se sa che la nostra relazione è a convenienza!-
-Visto? L’avevo detto che dovevi tenerti il fiato per altre stronzate- sospirai –Michael, pensavo che un uomo facesse valere la propria autorità in una coppia!-
-Spiegami come avrei potuto! Mi avrebbe lasciato, l’accordo sarebbe saltato e la mia carriera sarebbe piombata ancora più in basso!-
-Pensavo che per te la nostra relazione valeva di più di un accordo… ma forse siccome la tua vita è un completo scandalo non volevi aggiungere altro- dovevo andarmene, però aspetta! Non avevo finito –io… io ti ho persino aiutato! È questo il ringraziamento? Benissimo, non vedevo l’ora che qualcuno mi riducesse il cuore ad un mucchietto di polvere più di quanto non lo sia già. Tu che dicevi “No, ti amerò per sempre”, tutte stronzate, e io poi sono stata ancora più cretina a credere alle tue scemenze, ricordi quando dicesti “Un rapporto non è mai una perdita ti tempo perché si è amati”, cioè ancora non mi conoscevi e già eri un cazzaro al quadrato- strinsi i pugni –e sai perché adesso me ne vado senza continuare?! Perché non voglio farti mettere a piangere!-
Il bello fu che parlò ancora.
-E tu… tu non ti metti a piangere per aver fatto la puttana con me, nonostante sapessi che c’era Lisa!- si tappò la bocca appena dette quelle cose –Elizabeth, io non… perdonami… io non volevo…-
Sorrisi –no, tu pensi esattamente quello che hai detto, ma tranquillo… ho portato le persone ad un’esasperazione così grande che le cose uscivano automatiche dalle loro bocche e finalmente caro Michael ho saputo cosa pensa la gente di me! E io ti rispondo che non ti darei mai la soddisfazione di vedermi piangere, perché tu non meriti nemmeno di vedere le mie lacrime-
Detto ciò andai in stanza a preparare le valigie.
Dovevo tornare alle vecchie certezze: gli uomini sono tutti stronzi, il vero amore non esiste, l’alcool è una grande cosa e le donne sono delle maledette masochiste.
Siamo così in cerca d’amore che ci facciamo addirittura male da sole per trovarlo! Che stupide.
Almeno pensavo che gli “uomini” (non i maschi) avevano le palle per dire alla fidanzata che amavano un’altra, ma Michael era stato così uomo da dirlo a me (“amante”) e vabbè… le cose in America andavano al contrario.
Certo che era strana la vita, le persone che soffrono devono soffrire ancora di più, mmh curioso come ragionamento. La vita però se ci fate caso è donna, è una maledetta stronza di donna.
Sorrisi prendendo il mio grosso borsone e andare via, dritta verso il cancello per una nuova vita, ed ecco che m’ero levata un altro peso di dosso, una persona in più da mandare a quel paese.
Pov Michael
La persona che amavo stava oltrepassando il cancello della mia casa.
Da fuori la finestra la vidi, corsi immediatamente fuori; aveva davvero il coraggio di andare via senza un posto dove stare.
Ma lei non era una Donna qualunque, Elizabeth Nastro era tutt’un’altra storia. Sembravo una freccia mentre cercavo di raggiungerla, forse non avevo mai corso più velocemente in tutta la mia vita.
La vedevo da lontano, lei si girò e cominciò a correre.
Era troppo veloce, non riuscivo a raggiungerla, ma diedi lo sprint giusto e le afferrai la maglia.
Si dimenava fortissima, mi scappò per un secondo, ma riuscii a riafferrarla e ‘sta volta a costringerla a guardarmi con la forza.
-Elizabeth guardami, ti prego- cercava in tutti i modi di non incrociare il mio sguardo.
Poi si arrese e io le accarezzai il viso –tu mi hai salvato da una fossa che avevano già scavato, lo sai che stavo per crollare, non so come sei riuscita a risollevarmi, ma in qualche modo hai mandato a quel paese quelli che già volevano sotterrarmi- presi aria –ho fatto un errore ieri notte. Non me lo perdonerò mai, sono stato uno stronzo, un bastardo e tutto quello che vuoi tu… io ho perso la ragione ieri ed ero troppo drogato per capire davvero che stavo facendo del male a te, alla mia vita e ti prometto che farò tutto ciò che vorrai… basta che resti con me-
-Amo il modo in cui menti- sorrisi –ma io non ci ricasco… mi hai chiamato puttana e scordatelo che io ti perdonerò… e ricorda che se io sono una puttana tu sei un puttaniere!-
Pov Elizabeth
Gli sputai in faccia –mi fai schifo-
Continuai –ricordi il secondo favore che mi dovevi perché ti avevo perdonato? Bene, non farti mai più vedere- risi e mi voltai per andarmene –la puttana se ne va a fare il suo mestiere!- alzai la mano in segno di “saluto”.

Il giorno lo passai a camminare fino all’aeroporto per comprare un biglietto dritto per Napoli, con lo stipendio che mi aveva dato Michael adesso avevo abbastanza soldi; dopodiché passai tutto il tempo a trovare un posto dove stare la notte, visto che il giorno dopo sarei partita.
La sera la passai in un motel in periferia, uno di quelli con l’insegna quasi fulminata, con i condizionatori rotti e i materassi sporchi. Volevo sentirmi vicina casa e facevo di tutto per esserlo.
Mi affacciai alla finestra per fumare una sigaretta (avevo fumato per un certo periodo della mia vita, poi avevo smesso, ma quando ero nervosa lo facevo spesso) con i gomiti sul davanzale, il fumo nelle narici e gli occhi puntati sulle luci perenni della città di Santa Barbara.
All’improvviso un senso di nausea si fece largo nel mio stomaco, corsi in bagno a vomitare, a vomitare tutto il veleno delle litigate con Michael, o a vomitare qualcosa di inesistente, anche perché non avevo mangiato nulla. Poi fitte alla pancia, seduta sulla tavola del wc ad ansimare dal dolore; ansimare era già assai, di solito il dolore lo sopportavo senza nemmeno fiatare… qualcosa non andava.
Non ci pensai troppo, non era il mio problema più grande al momento, sapevo di avere una salute di ferro nonostante il corpo esile e quindi sottovalutavo i problemi di salute; l’avevo sempre fatto e non era successo niente, perciò perché preoccuparsi… il dolore passò.
Dormii incubi abbastanza tranquilli e il giorno dopo partii con calma.
Cambiavo vita per l’ennesima volta, cosa fatta e strafatta, niente di difficile.
Finalmente dopo secoli continuai il mio amato libro che mi trascinavo ovunque, sfortunato quel povero mucchietto di fogli che era capitato tra le mie mani.
La cosa difficile fu scendere le scale di quell’aereo per tornare a casa con la coda fra le gambe, la seconda volta che dovevo dire addio al mio orgoglio…
Pov Michael
L’amore faceva così terribilmente male… lacerava letteralmente il cuore, il cuore è l’organo della vita, eppure certe persone potevano farne a meno.
Mi voltai a vedere tutto quello che avevo combinato nella mia stanza: specchi rotti, sedie spaccate, mobili sottosopra e vestiti gettati per l’aria. Ero stato io a combinare tutto quel disastro, ma lei avrebbe fatto così, mi aveva insegnato a sfogare la mia rabbia, tenersi tutto dentro faceva male ed infatti io stavo già molto meglio; ma già il fatto che pensavo al suo insegnamento era male, perché mi mancava e dopo la rabbia subentrò la tristezza.
Il telefono squillò. L’unico suono che avrei voluto sentire in quel momento e l’unico strumento rimasto in piedi.
Mi immaginai Elizabeth… che mi chiedeva di andare a prenderla perché ci aveva ripensato e mi aveva perdonato per il male che le avevo fatto. Eppure pensavo che non sarei mai stato in grado di ferire una persona, l’avevo sempre detto che non ero quel tipo di persona, invece in quel momento ero l’artefice della pugnalata al cuore più dolorosa che ad una donna possa essere inflitta.
Lo afferrai frettolosamente e dopo aver risposto… Siria.
-Oh… ciao Siria-
-Ehy che c’è che non va? Non sei contento di sentirmi?- domandò con la sua solita aria allegra e spensierata.
-Oh no, certo che sono felice di sentirti… sono solo un po’ stanco- la mia solita bugia, forse ero in grado di dire solo quella.
-Dov’è Lely?-
No. Io già cercavo di non pensarla, poi lei addirittura mi veniva a domandare proprio di Elizabeth… ma del resto la povera ragazza che ne poteva sapere di ciò che era successo.
-Lely… Lely… lei è…- e come glielo dovevo dire? Come potevo dirle che le speranze poste di me sulla rinascita della fenice erano crollate come un debole castello di carte? Come potevo dirle che le avevo spezzato il cuore? Come dovevo dirle che non era più tra le mie braccia che riposava beata? Come?! –è andata via- ecco, una risposta secca.
-Che cosa?! Stai scherzando vero?! Tu l’hai fatta andare via?! Michael che diavolo ti è saltato in mente, sei impazzito?!!- urlò così forte che dovetti allontanare la cornetta.
-Sì! Sono pazzo… d’amore. Io non avrei mai voluto farlo, ma…- le parole mi si fermarono in gola dalla vergogna.
-Ma?! Che cosa hai fatto di così grave?!!- ancora.
-Siria io… ho fatto sesso con Lisa, ecco tutto!-
-Ecco tutto?! Tu hai fatto una cosa gravissima! La più grave che si possa fare in un rapporto! Pensavo che tu l’avresti resa felice, per una volta nella sua vita!-
-Ma non capisci! Lisa è la mia ragazza!-
-Ma pensavo che avresti avuto le palle di lasciarla! Invece sei come tutti gli altri! Allora Elizabeth ha ragione, gli uomini sono tutti stronzi! Ho visto come sei gentiluomo, sappi che un vero uomo, un vero gentiluomo… rende le altre donne gelosa della propria, tu non hai avuto nemmeno il coraggio di lasciare quello che per te forse era un peso, Lisa. Tu dici che la cosa più importante è amare, in questo momento hai avuto paura di farlo… spero tu ti renda conto-
-Adesso sì…- lacrime –io ero drogato Siria. Sapevo che Lisa era gelosa di Elizabeth e per questo ha messo prima una pasticca nell’acqua e poi mi ha fatto fare tutto ciò che voleva!-
-Se lo sai vuol dire che ne eri consapevole-
-Ti sbagli. Ero così ansioso di andare da Elizabeth che quel giorno mi aveva salvato dal processo e quindi da morte certa, che non mi sono nemmeno accorto di cosa c’era nell’acqua, ma non ha voluto credermi, non potevo obbligarla a restare- spiegai.
-Michael è ovvio che non ti ha creduto. Anche io stento a crederti e probabilmente lei era così confusa e disorientata che non ti ha nemmeno ascoltato- la sentii sospirare dall’altro capo del telefono.
-Che cosa devo fare? Voglio che ritorni, al sicuro tra le mie braccia, nient’altro-
-Dov’è adesso?-
-Non lo so, non ne ho idea e ho paura che le possa essere fatto del male-
-Non devi avere paura che le sia fatto del male a lei, sa difendersi e non così stupida da farsi del male da sola… abbi paura per le persone, pensa a lei come mitragliatrice umana-
-Allora parlale tu, ti prego, dille che è tutto per me…-
-Ma come faccio a rintracciarla?!-
Sospirai –non ne ho idea-

Aprii la porta di casa e con sorpresa trovai Anisa piangendo, su una vecchia poltrona scuoiata.
Si alzò e si posizionò davanti a me.
Inclinai leggermente la testa, i nostri sguardi erano così diversi… il suo forse cercava di ispirare tenerezza, il mio rabbia e dolore.
Ma siccome il tempo è denaro non esitai a scansarla e passare alla mia stanza. Com’era strano rivedere quelle quattro mura, non sembrava più casa mia, ma in un certo modo ne avevo avuto nostalgia.
-Dove sei stata?- la figura ossea e apparentemente timida di Anisa era sull’uscio della porta.
-Non sono affari che ti riguardano- risposi.
-Invece sì… sei mia figlia- sorrise.
La fissai per un attimo, poi giunsi ad una facile conclusione –tu non sei mia madre- scossi la testa.
-Ma ti ho cresciuta-
-Ti sbagli, io mi sono cresciuta da sola, io ero il mio punto di riferimento, io e solo io! Tu non ci sei mai stata e se davvero hai fatto qualcosa di utile per me è stato riempirmi di sberle- distolsi lo sguardo.
-Mi dispiace Elizabeth, io… mi pento di tutto ciò che ti ho fatto, non immagini quante volte ho pianto per te in questi ultimi tempi, ho tentato il suicidio perché mi mancavi troppo e pensavo non saresti più tornata-
-E fai bene a pensare così, avevo bisogno solo di cinque minuti per ricordare l’incubo in cui ho vissuto- continuai –e se davvero ti sono mancata è perché avevi paura di non avere il denaro per mangiare che grazie a me c’era sempre- sorrisi consapevole.
Cominciò a piangere e poi mi fissò.
-Credi di far breccia nel mio cuore con le lacrime? Basta con le sceneggiate Anisa, io ti conosco troppo bene e non c’è scusa per tutto quello che mi hai fatto, questo è l’addio definitivo- andai alla porta.
Lei corse verso di me e si inginocchiò tenendomi stretta la gamba –ti prego Elizabeth, non andartene ancora, non di nuovo, ti scongiuro… piccola mia-
Non più rabbia, pietà per lei.
-Non sono piccola, ne tua. Io non sono di nessuno- strattonai la gamba e mi chiusi la porta alle spalle.
Giù per il quartiere tutti mi guardavano sconcertati, ero lo scandalo, la pecora nera, l’Americana.
-Uardat, è tornat l’American- (Guardate, è tornata l’Americana) rise sguaiatamente un uomo.
-Over, ma pcchè nun t ne vaje, accussì a facim frnut a chella povera mamma toj- (Davvero, ma perché non te ne vai, così la facciamo finita a quella povera mamma tua) disse invece una donna.
Risi mentre un vento disgraziato mi muoveva i capelli –nun v preoccupat signò, tra poc a fernimm sta sceneggiat- (Non vi preoccupate signora, tra poco la finiamo ‘sta sceneggiata) –e chella là nun è a mamma mij, ricurdatavell- (e quella là non è mia mamma, ricordatevelo) dissi soddisfatta infine.
Così li zittii tutti.
Con un treno andai a Napoli e camminai per le strade tutto il pomeriggio in cerca di un lavoro, ma poco trovai. Alla fine giunsi vicino al mare, dove potevo godermi la sua dolce brezza e lasciarmi cullare da quel canto.
Canto. Tutto me lo ricordava, mi mancava così tanto… il suo sorriso, i suoi occhi, il suo nasino. Risi a quel pensiero, che per quanto fosse stato sdolcinato era vero.
***
-E dopo cos’è successo?- mi domanda con le lacrime agli occhi il dottore.
-Beh ho ricominciato una nuova vita, ma al contrario delle altre sarebbe stata per sempre segnata da cicatrici indelebili che giurai di dimenticare… ma che a quanto pare non sarebbero mai guarite, o non del tutto- gli spiego.
-È una cosa terribile- cerca di asciugarsi le piccole lacrime che cominciano a calargli giù –può continuare comunque-
Sorrido al pensiero che almeno quel dottore era una persona molto sensibile, al contrario di come era sembrato all’inizio.
-Bene, la ringrazio- mi schiarii la voce.
***

Te ne starai lì a guardarmi bruciare
Beh va bene perché mi piace il modo in cui fa male
Te ne starai lì a sentirmi piangere
Beh va bene perché amo il modo in cui menti
Amo il modo in cui menti…


*Angolo autrice*

Una pazzia aggiornare quasi alle tre di notte? Non importa. In un certo senso volevo aggiornare oggi pomeriggio, ma non ho avuto tempo come al solito..
Love the way you lie. Come credo sappiate, il titolo del nuovo capitolo è anche il titolo di una famosa canzone di Eminem e Rihanna, e infatti l'ultimo pezzo scritto in corsivo è proprio un pezzo di canzone. Certo, da Michael un tradimento tremendo come quello non ce lo aspetteremmo, ma nella mente di Elizabeth adesso è come se sentisse che a lui piace ferirla, farle del male e alla fine guardarla bruciare. Dopotutto c'è quasi abituata, le hanno fatto così del male che quando le porgono un fiore le ci vuole un po' per capirlo...
Vi dirò anche che questo è il penultimo capitolo, eh già.. Siamo quasi alla fine.
Però c'è anche una buona notizia! Il prossimo capitolo sarà un prequel, una specie di prologo della nuova storia che ho cominciato e che sarà appunto il continuo di questa ^^
Allora, spero che la notizia vi abbia rallegrati e spero che il capitolo vi piaccia :D
I love you and God bless you!
Ve se ama davvero dal profondo gente!

SJ

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Capitolo 11
*** Prequel ***


Prequel

Ora so che abbiamo detto delle cose,
fatto delle cose che non volevamo fare
siamo ricaduti sempre nello stesso schema, nella stessa routine
ma il tuo umore è cattivo proprio come il mio
Siamo uguali, ma quando si tratta di amore sei accecato, tesoro,
ti prego torna da me, non è colpa tua, tesoro, è colpa mia
Forse il nostro rapporto non è così folle come sembra
Forse questo è ciò che accade quando un tornado incontra un vulcano,
Tutto quello che so è che ti amo troppo per andarmene
Vieni dentro, prendi le valige dal marciapiede,
Non senti la sincerità nella mia voce quando ti parlo?


Era il 5 settembre del 1996, erano passati due anni da quando io e Michael ci eravamo separati.
Successero una marea di cose. Siria, Miriam e Scarlett non le vedevo, ne le sentivo da molto più tempo, mi ero trasferita in Francia e avevo dato alla luce una bambina, Katherine, la figlia di Michael, la mia piccolina.
L’avevo concepita la notte di Natale, a Neverland, e quell’errore me lo sarei ricordato tutta la vita. Ma improvvisamente non mi sarei dovuta occupare di lei, non ero più una ragazza madre, non l’avrei vista crescere, non sarebbe andata a scuola, non avrebbe mai avuto la sua prima cotta e non mi avrebbe mai chiesto di suo padre... perché lei non c’era più. Era morta di una violenta malattia ai polmoni e in quel preciso momento camminavo verso al cimitero, diretta alla sua tomba. Aveva quasi due anni e me l’avevano portata via troppo in fretta.
Di Jackson invece sapevo solo che si era sposato con Lisa, quando lo scoprii da una parte ero felice, almeno così avrebbero vissuto una vita felice insieme, ma dall’altra il mio cuore era diviso in due...
Dopo la morte di Katherine ebbi un’altra delle mie certezze: non avrei mai smesso di soffrire, la sofferenza era un optional ormai, normale nella mia vita come lo era mangiare a pranzo.
Ero quasi arrivata al punto cruciale, gli occhi cominciarono a velarsi di lacrime e la pressione delle mie mani sul mazzo di fiori si faceva sempre più forte. I girasoli erano i suoi fiori preferiti, ogni volta che li vedeva sorrideva e li indicava. Mi voltai mentre vedevo passare decine di tombe al mio fianco; c’erano foto di bambini, ragazzi, o addirittura neonati, ma continuavo a pensare che forse ero la sola ad aver avuto un dolore così grande.
Mi fermai. Sfiorai la sua foto, ma nonostante la vista appannata dalle lacrime riuscii a vedere ancora una volta che era tutta suo padre. Aveva la pelle mulatta un po’ come la mia, i riccioli scuri e gli occhioni neri.
I fiori non ebbero il tempo di toccare terra che scoppiai in lacrime, e non mi fracassai le ginocchia sul marmo per miracolo, qualcuno mi aveva presa in perfetto tempismo.
Mi strinsi allo sconosciuto il più forte possibile e piansi, piansi molto, gli bagnai tutta la camicia. Man mano le lacrime scomparivano grazie anche alle sue mani e il respiro si faceva regolare, ma nessuno disse una parola per una buona mezz’ora. Allentai anche la presa alla sua camicia, e alla fine tornai alla realtà.
-Scusatemi, io non so veramente cosa mi sia successo, io...- raccolsi i fiori, poi una ciocca mi cadde sul viso e quando mi rialzai per metterla al suo posto ci penso prima qualcun altro.
Finalmente lo guardai.
Ray Ban, borsalino, mocassini, pantaloni neri e camicia rossa. Poi mi concentrai sul suo viso, solo Dio sapeva quanto mi era mancato. E quant’era bello, con quei suoi riccioli che gli ricadevano sul viso. Avrei voluto baciarlo tutto il tempo, ma la rabbia era più forte dell’amore in quel momento.
Gli tirai uno schiaffo così forte che gli rimasero le cinque dita.
Lui senza dire nulla si tolse il cappello e si inginocchiò.
-Elizabeth forse in questo momento... non sarò neanche degno di parlarti, ma devi sapere che io ti ho cercato in tutto il mondo, in tutti i posti in cui sono stato ho cercato il tuo nome, poi sono arrivato in Francia con Lisa molto tempo fa e finalmente ti ho trovata. Non sono corso da te perché ero ancora sposato con lei- sospirò –adesso il contratto è saltato, abbiamo divorziato perché non ha voluto darmi figli… E se avessi saputo che aspettavi una bambina non avrei perso tempo a sposarti. Io non posso vivere senza di te. Ora ti chiedo Elizabeth, puoi perdonarmi?-
-No Michael, non posso- continuai –tu mi hai fatto soffrire più di qualsiasi altra persona al mondo- mi girai –e io non ti perdonerò mai per questo-
Posai meglio i fiori sulla tomba e poi me ne andai, lasciandolo lì, in ginocchio, e a quel punto si sarebbe reso conto del danno fatto.
Pov Michael
Del resto dovevo immaginarlo, avevo perso i miei più grandi amori della mia vita per colpa mia, e adesso ne stavo pagando le conseguenze.
Ma non era detta l’ultima parola.
La rincorsi fuori dal cimitero fino a un bellissimo prato di fiori.
-Aspetta! Ti prego...-
Si fermò.
“E adesso? Che devo dirle?” lampo di genio... “niente”
“Don’t walk away
 See I just can’t find the right thing to say
 I tried but all my pain gets in the way
 Tell me what I have to do so you’ll stay
 Should I get down on my knees and pray
 
 And how can I stop losing you
 How can I begin to say
 When there’s nothing left to do but walk away
 
 I close my eyes
 Just to try and see you smile one more time
 But it’s been so long now all I do is cry
 Can’t we find some love to take this away
‘Cause the pain gets stronger every day
 
 How can I begin again
 How am I to understand
 When there’s nothing left to du but walk away
 
 See now why
 All my dreams been broken
 I don’t know where we’re going
 Everything we said and all we done now
 Don’t let go, I don’t wanna walk away
 Now why
 All my dreams are broken
 Don’t know where we’re going
 Everything begins to set us free
 Can’t you see, I don’t wanna walk away
 
 If you go, I won’t forget you girl
 Can’t you see that you will always be
 Even though I had to let you go
 There’ nothing left to do
 Don’t walk away”
Pov Elizabeth
Ero quasi sconvolta. Ma mai quanto il bodyguard accanto alla grossa macchina nera qualche metro più avanti.
-Michael... Io non...-
Strinse il suo cappello tra le dita e mi guardò. Poi si avvicinò e mi strinse le mani, io dall’imbarazzo abbassai la testa.
-Forse ho sbagliato io, forse ho torto, forse non avrei dovuto lasciarti… Forse ho reagito senza pensare-
-Non hai sbagliato nulla, ti sei semplicemente difesa tesoro, e io non potevo evitarlo... Sai, per un attimo ho pensato che vivere senza di te sarebbe stata un’idea fattibile, che un giorno avrei avuto una famiglia con Lisa e ti avrei dimenticata...- mi avvicinò a lui –fino a quando non mi sono reso conto che pensavo a te ogni istante delle mie giornate-
-Invece io non l’ho mai pensato. Solo perché avevo Katherine, e quindi un pezzo di te l’avrei sempre avuto con me- lasciai le sue mani.
-Katherine? Come mia madre?- chiese incredulo.
-Esatto- sorrisi –ormai avevo già una parte di te, inoltre Katherine è un bel nome e... Non so il nome della mia mamma- feci spallucce.
-Come lo sai che si chiamava...? Insomma, non te l’ho mai fatta incontrare-
-Molto tempo fa ho letto la poesia che le hai dedicato, ed è meravigliosa, davvero-
Ci fu qualche minuto di silenzio.
-Elizabeth... Tra poco comincerò il mio nuovo tour- disse con una sorta di insicurezza.
-Oh, fantastico... HIStory-
-Già. Ti andrebbe di venire con me? Io e te, di nuovo insieme... Però ‘sta volta per sempre, finché morte non ci separi- rise.
-E la mia casa, il mio lavoro e...- guardai il cancello del cimitero tristemente.
-Alla casa e al lavoro ci penserò io, e verremo qui ogni volta che vorremo. È nostra figlia, il nostro piccolo girasole-
A quelle parole piene di dolcezza non poté fare altro che saltargli in braccio e piangere lacrime di gioia. Restai attaccata a lui tutto il tempo in macchina, fino a quando non mi addormentai; niente più incubi, solo Amore.

The end...?


*Angolo autrice*
 
E già... Siamo arrivati alla fine, per un po' di tempo lascerò a voi l'immaginazione del seguito di questa storia, che ne dite?
Purtroppo agosto è un mese impegnatissimo per me, tra uscite, compere, week end qui e week end lì non ho proprio un po' di tempo, ma direi che dopo Ferragosto le acque si calmeranno, cioè nel senso che mi deprimerò a pensare all'inizio della scuola... No dai, sto scherzando. Meglio non pensare a nessuna scuola, dopotutto manca ancora più di un mese! C'è molto tempo ancora di libertà XD
Spero comunque che questo mini capitolo vi piaccia, e che anche se sembra una specie di fine non è così in realtà ^^"
Vi voglio bene, alla prossima!

SJ

P.S. Avete notato la parte iniziale presa dalla traduzione di Love the way you lie?

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