Falliti di Revan (/viewuser.php?uid=31149)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Shinigami, dei senza ali ***
Capitolo 2: *** 2. Amici ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** 1. Shinigami, dei senza ali ***
ok
Angolo dell'autrice:
per la seirie "chi non muore si rivede", eccomi qua con l'ennesimo
esperimento. Non disperatevi troppo: tra scuola e altro la
prossima fiction è ancora molto, molto lontana. Per ora vi tocca
quindi sorbirvi questo... coso. Avviso solo che è il parto di un
Agosto dagli alti e bassi frequenti; morale: se riscontrate qualche
-probabilmente grossa- incoerenza non spaventatevi e fatemelo
sapere.
Avrei troppo da scrivere riguardo questa fic, quindi mi limito al silenzio e vi lascio alla lettura.
Ah, ultima cosa e poi vi lascio veramente andare: ho diviso la
storia in due capitoli pubblicati nel medesimo giorno. Personalmente
ritengo meglio riuscito il secondo rispetto al primo. Se vi scocciate
leggendo il numero uno siete quindi autorizzati a volare direttamente
al numero due ^^ .
Prima HinaNejiTen, prima fic con triangolo (o quadrato?): insomma, un esperimento. Tirate le somme e commentate se vi va.
Capitolo 1: Shinigami
"Ci sono molte stanze sotto la Sala, sotto l'intero Posto delle Tombe, anche sotto noi.
C'è un incredibile groviglio di gallerie, un vero e prorpio Labirinto.
E' come una grande città buia, costruita sotto la collina. Piena
d'oro e di spade di antichi eroi e di vecchie corone, piena di ossa, di
anni e di silenzio"
Arha parlava come in trance, rapita.
Manan la guardava.
Il suo volto non esprimeva mai niente, a parte la stolida, cauta tristezza.
Ma in quel momento era più triste del solito.
"Già, e tu sei padrona di tutto" disse.
"Del silenzio e del buio"
[Le Tombe di Atuan - Ursula K. Le Guin]
Una folata
rovente di polvere e sabbia la investì dal corridoio;
immediatamente il boato dell'esplosione sconquassò le pareti
basse e strette, facendole ghiacciare il sangue.
-Dove scappi,
Tenten?!-
Non si voltò
nemmeno; spinse con più decisione sulle gambe, cercando di
mettere quanto più corridoio possibile tra lei e Kankuro.
Uno spiedo
schizzò sibilando di fianco alla sua guancia. Con un tuffo
riuscì a gettarsi dietro l'angolo prima che una pioggia di
aghi le si conficcasse nella schiena.
Tenten si
appiattì contro la parete, ansimando. Poteva sentire la suola
dei sandali dello shinobi sbattere furiosamente sul pavimento. Non
sarebbe riuscita a combattere contro di lui una seconda volta.
Con una mano
andò istintivamente a cercare la tasca dei pantaloni: il
quarzo gelido della chiave le ferì i polpastrelli sudati.
Non poteva perderla; non dopo tutta la fatica che aveva fatto per
recuperarla.
Strinse i
denti, guardandosi attorno, con il cuore che pulsava furiosamente
nelle tempie; le parve di poter già sentire gli ansiti di
Kankuro dentro l'orecchio.
Il corridoio
nudo si srotolava davanti ai suoi occhi, perdendosi nella
semioscurità. A quel punto bisognava giocarsi tutto.
Vide comparire
l'intelaiatura scheletrica della marionetta; subito dopo, a un metro
di distanza circa, il marionettista. Si lanciavano
in avanti, l'una traballando orribilmente sui piedini rachitici,
l'altro arrancando goffamente sulle lastre sconnesse del pavimento. In
un attimo vennero inghiottiti dal buio, sulla scia del suo clone.
Baka, pensò
la kunoichi con un ghigno.
Spezzò i
sottili filamenti di chakra che la facevano aderire al soffitto, e
con un balzo fu a terra.
Ormai anche lo
sferragliare di Karasu si era dissolto.
Bene.
Senza aspettare
oltre si voltò e imboccò correndo la strada che aveva
percorso prima; sebbene Kankuro non fosse un genio non avrebbe
impiegato molto per capire di essere stato fregato.
Per allora Tenten voleva aver già concluso la prima
fase dell'esame.
Sorrise appena,
passandosi una mano sulla fronte: quella era già il suo
secondo tentativo di diventare jonin. Il primo era stato un vero e
proprio disastro: non era nemmeno riuscita a superare gli scontri
individuali.
Una piega amara le attraversò il viso, mentre
ripensava alla penosa sconfitta che aveva ricevuto da Sakura; al
confronto l'eliminazione dalla selezione Chunin non era stata niente.
Adesso, però,
stava andando tutto bene.
L'occhio le
scivolò sulla tasca, e un pizzicorio di compiacimento le
pungolò piacevolmente lo stomaco.
Tutto
perfettamente bene.
Doveva solo
fare l'ultimo sforzo di raggiungere le sale superiori del complesso e
poi l'uscita. Il più era già stato fatto.
Davanti alla
ninja, confisso nel centro della parete scura, si cominciò a
delineare un tassello di luce; un'euforia quasi animale le fluì
al cervello quando sentì il tintinnio metallico dei kunai
giungere soffocato dal quarto di luce al di là dell'apertura.
Shikamaru doveva essere ancora impegnato nel combattimento con
Anko.
Perfetto.
Con un ultima
spinta si lanciò fuori.
Quando ruzzolò
dentro il salone di pietra le sembrò che il sudore le si
rapprendesse sul viso; l'aria satura di sabbia le incendiò i
polmoni. Tossì.
Non fece in
tempo a comprendere cosa accadeva che il frullare vorticoso di un
impermeabile color crema le frustò il ginocchio.
Anko Mitarashi,
a pochi metri di distanza di lei, sfoderò, con un movimento
secco, una carta bomba. Tenten poté solo cogliere il ghigno
divertito che le balenò sulle labbra mentre guardava Shikamaru
aggrappato a una pietra.
Quando sentì
lo sfrigolio dell'ordigno ancora nelle mani della donna si gettò
dietro una colonna, appena in tempo per non venir travolta dall'onda
d'urto che sconquassò l'androne di roccia. Una polvere pesante
si alzò in ampie volute.
Tenendosi un
braccio premuto contro la bocca tentò di sondare le pareti.
C'era. Ne era
sicura.
Mentre fuggiva
da Kankuro era certa di averla vista.
Dov...
Gli occhi della
ninja si inchiodarono al di là della terza colonna di destra;
era poco più di un tratto scuro in mezzo all'alone grigio e
ocra che le danzava convulsamente davanti, ma a lei parve bucasse
tutto il resto.
Una scudisciata
bollente le attraversò la spina dorsale.
Aveva trovato
l'uscita.
Si lanciò
in avanti, trattenendo il respiro per non inalare il pulviscolo. Uscì
di volata, lasciandosi alle spalle i singulti di Nara.
Un'aria fredda
e tagliente le sferzò il viso. Era quello il segno: in
gallerie profonde come quelle l'aria era sicuramente segno di un
passaggio. La porta d'accesso per la seconda e ultima fase dell'esame
era vicina.
Si diede il
tempo di esaminare velocemente attorno: era un corridoio come le
centinaia che aveva percorso in quei giorni. Le pareti scrostate e
piene di crepe erano state ricavate dalla roccia friabile di Suna; a
terra lastre grosse quanto Choji erano incastrate a creare un
pavimento sconnesso e polveroso. Ogni tanto, aggrappate alla volta
arcuata del soffitto, comparivano lunghe e anoressiche sbarre al
neon, tutte indiscriminatamente rotte. Quelle catacombe,
come le aveva chiamate Kakashi illustrando agli aspiranti
jonin il contenuto della prova, si snodavano 95,6 metri sotto il
quartiere fatiscente di Suna, esattamente nella 'zona vecchia', per
un totale di 117,13 km di cunicoli e grotte scavati nella pietra. Si
diceva che anticamente venissero utilizzate dagli abitanti del
villaggio per ripararsi dalle frequenti tempeste di sabbia che
attraversavano stagionalmente la terra del vento.
Tenten chiuse
gli occhi.
Provò a
immaginare la calca che si era dovuta ammassare negli androni
ciclopici durante la stagione invernale, quando lo Shotaku, il
monsone che scendeva dal paese dell'Acqua, spazzava da nord a sud il
deserto del Vento: tentò di pensare alle persone che, a una a
una, si erano dovute far calare all'interno del pozzo, con la
carrucola di legno che danzava pericolosamente nel vuoto. E poi quel
salto nel buio per un centinaio di metri, giù, con gli occhi
chiusi e l'anima impigliata tra il cuore e la gola, il solo cigolio
gracchiante della carrucola a tenere appesa col filo la vita di quel
milione di disperati.
Inspirò
più profondamente. L'odore fermo e acre della polvere le entrò
nei polmoni, facendola lacrimare.
Chissà
quanti erano morti lì dentro, schiacciati dall'umidità
e dalla mancanza d'ossigeno.
Un getto di
aria fredda diradò i pensieri che le si erano affollati nei
timpani. A destra, percepì la presenza di un'apertura.
Si ritrovò
in una sala più piccola di quella in cui aveva visto Anko e
Shikamaru; una fiaccola si dondolava tristemente, appesa al centro
del soffitto.
Col respiro
mozzo e la bocca socchiusa accarezzò la parete.
“una volta
conclusa la prima fase della prova doverete accedere ai livelli
superiori del complesso; per farlo vi servirà una di queste”
aveva detto Kakashi, mostrando due sfere perfettamente identiche,
delle dimensioni di una noce; nella luce accesa della sera le chiavi,
sia quella nera che quella bianca, avevano preso riflessi cupi.
“La seconda
fase consisterà in un duello a tre: un jonin e due chunin”
“In che
senso? La prova non era individuale?” aveva chiesto Lee.
“Nel senso
che per uscire bisogna essere in due. Non uno di più né
uno di meno.”
“Mi pare di
avere già vissuto una situazione del genere” aveva
sussurrato ironicamente Sakura.
“In altre
parole”, aveva continuato Kakashi “una persona verrà
eliminata, sia che si tratti dello jonin, sia che si tratti di uno
dei due chunin”
“Ma come...”
aveva cercato di insistere Lee.
“Tutto vi
verrà spiegato dal jonin che seguirà la vostra ultima
prova”
Il mozzicone di
candela tremò nell'aria fredda quando Tenten, con il negativo
della piccola sala ancora impresso nelle iridi, si accostò
alla nicchia. Da dentro, nell'oscurità, la testa di un drago
scrutava la parete, pietrificata nel ruggito che non avrebbe mai
emesso.
La kunoichi
toccò delicatamente le fauci della bestia, seguendo il taglio
netto dei canini; sotto la sua mano la fiamma rossa vibrò di
piacere.
Doveva essere
quello il luogo, si disse.
Con lo sguardo
scorse le tre colonne al centro della stanza, interamente ricamate di
quelli che, a prima vista, le erano parsi scarabocchi. Avvicinandosi
aveva capito invece che si trattava di un complesso arabesco di
ideogrammi e simboli; tra ogni segno poi spiccavano, scolpite nella
pietra viva, squame dalle più varie tonalità del rosso.
Rimase ancora
qualche secondo ad ammirare il soffitto ricoperto di fumose,
sbiaditissime lingue di fuoco, prima di voltarsi con uno scatto verso
l'entrata. Non poté nemmeno estrarre un kunai che la volta si
era richiusa con uno schianto.
Rimase
immobile, col cuore che le sbatteva furiosamente nel petto. Le sembrò
di sentire una risata soffocata al di là del muro.
Si morse il
labbro inferiore; i denti le rigarono la pelle come la lama di un
coltello.
Calma. Doveva
restare calma.
Un ronzio
soffocato, una sorta di tosse rugginosa, la fece girare: proveniva da
dietro le tre colonne.
Gli occhi di
Tenten si spalancarono dallo stupore quando vide che, incastrato
nella roccia, stava un terminale. Dallo schermo polveroso una
schermata fissa, quasi fosse stata incisa nel plastiglass, le
riverberò tenuemente il viso.
Si chinò
sul vetro per pulirlo dalla sabbia.
Si trattava di
una mappa: quattro stanze rettangolari, probabilmente gemelle, erano
ordinatamente disposte una di fianco all'altra. Nell'ultima a destra
pulsava un puntino blu.
Poi lo vide:
infossata nell'angolo della plancia comandi, lucida e perfetta, stava
una conca sferica non più grande di una moneta; la sfiorò,
lasciando scivolare l'indice lungo il cerchio pulito dei bordi con
gli occhi che le brillavano dall'emozione. Quando accostò la
chiave nera che aveva tenuto in tasca per una notte alla piccola
cavità, non riuscì a trattenere un sorriso: la
serratura era quella.
Con una leggera
pressione la pietra trovò posto nell'alveo.
Tenten
trattenne il respiro.
La candela
dondolò nella nicchia.
Il terminale
sbuffò.
Non accadde
nulla.
-Cosa?-
La ninja si
rialzò, squadrando l'apparecchio che borbottava quietamente
nell'ombra.
-Non posso aver sbagliato...- mormorò appoggiata alla
tastiera.
-Avanti:
muoviti-
Il vetro le
rispose con un pigolio divertito.
-Muoviti!-
Il grido
rimbombò tra i massi di tufo; la luce dietro lo schermo
vacillò un istante prima di spegnersi con lo sfrigolio aspro
di un cavo reciso.
-Brutto...-
ringhiò la maestra d'armi levando un pugno a mezz'aria.
Il terminale
riprese vita all'improvviso fischiando come una pentola a pressione.
Un secondo puntino, di un blu acceso, palpitava nell'angolo
dell'ultima sala.
Il cuore di
Tenten parve pulsare al ritmo dei pixel, mentre con gli occhi
sbarrati osservava i puntolini trasformarsi da cobalto a verdi.
Con un boato
assordante si aprì un varco nella parete.
La testa di
drago rimase a ghignare sola, con la bocca orrendamente spalancata
sul buio.
°°°
L'aria si era
fatta più fredda, poteva percepirlo dentro le ossa.
Tenten si
strinse nelle spalle, rannicchiata contro la parete di quel salone
immenso, mentre soffiava distrattamente nelle mani chiuse a coppa.
Quando aveva
visto, dalla cima delle scale alte e ripide, lo spazio vuoto le gambe
avevano ceduto: era stato allora che aveva percepito tutta la
stanchezza accumulata in quei giorni di supplizio.
Puntò lo
sguardo in alto; la volta di roccia si perdeva nell'oscurità.
Quanto tempo
fosse passato da quando era stata calata nel pozzo che conduceva alle
gallerie proprio non avrebbe saputo dirlo.
Chiudendo gli
occhi le parve di poter risentire il legno della carrucola
scricchiolare sotto il suo peso, mentre veniva ingoiata dalla sabbia.
I tre giorni di
buio le erano sembrati solo un lunghissimo, rovente incubo. Le grida
soffocate che riecheggiavano in ogni corridoio, l'aria secca e
rugginosa che penetrava fino in fondo ai polmoni, i corpi bianchi e
rigidi abbandonati sulle lastre di pietra: tutto questo un jonin,
aveva spiegato Kakashi, doveva essere disposto a sopportarlo.
Tenten si morse
il pollice.
La fame, la
sete, la sofferenza e ogni altra cosa che dominava la guerra lei
l'aveva accettata; quell'esame non era che la prova finale
attraverso la quale testare il grado di assimilazione di tali
concetti. Eppure, la scatola giocattolo in cui erano stati rinchiusi
aveva qualcosa che andava ben oltre la concezione della morte.
Il terrore che
le era fluito nelle vene come veleno la fece improvvisamente tremare
nella stoffa chiara della giacca.
Era la mancanza
di sonno e lucidità a uccidere in quel luogo. Nella
solitudine, al buio, si faceva strada un pensiero sottile, acuminato
come le zanne di una serpe; strisciava piano, accarezzando la
coscienza con quell'idea di velluto.
Un passo
leggero le fece sollevare la testa e allontanare il peso granitico dei suoi pensieri: nel fondo della sala, esattamente
là dove era l'apertura opposta a quella da cui era entrata
lei, si muovevano due ombre.
La kunoichi si
rialzò aiutandosi con la parete.
L'uomo -doveva
essere un uomo a giudicare dalla larghezza delle spalle-, seguito da
una figura minuta, si diresse con passo deciso verso di lei. Quando
furono abbastanza vicini perché potesse distinguerne i
contorni, Tenten sentì il proprio cuore perdere un battito.
°°°
-Salve, Tenten
san...-
Quando le
labbra di Hinata Hyuuga, a un soffio dalla guancia di Neji Hyuuga, si
schiusero in un sorriso, Tenten sentì ringhiare nello stomaco
una sensazione che aveva sperato di dimenticare.
-Hinata...-
Quello che le
uscì dai denti somigliava a un sibilo.
-Sei arrivata
prima del previsto- disse piattamente Neji, facendo un passo verso la
compagna di squadra.
Lei storse il
naso in una smorfia ironica.
-Mi stavate
aspettando?-
-No-
Il sorrisetto
sul volto di Tenten ghiacciò.
-In ogni caso,
ora che ci siete tutte due possiamo iniziare la seconda fase della
prova. Prima però è meglio che vi spieghi-
Lo shinobi le
scorse con lo sguardo.
-Per accedere a
questa fase- iniziò, distogliendo velocemente l'attenzione dal
collo di Tenten -avete dovuto sottrarre a un jonin una delle due
chiavi che aprono i passaggi per queste sale. Le chiavi, come sapete,
sono di due colori: bianche o nere-
La mano della
maestra d'armi volò alla tasca; la sfera bruna le premette
rassicurante contro la palma.
-L'esame-
continuò Neji -è strutturato in modo tale che, giunti a
questa fase, si svolgano scontri “due contro uno”. Per uscire di
qua, infatti, bisogna essere in due e possedere tutte e tre le
chiavi-
L'espressione
perplessa di Hinata lo fece sbuffare spazientito.
-In sostanza:
ora dovremo combattere tra noi per poter collezionare tutte le sfere-
-Non era uno
scontro “due contro uno”?-
Tenten sostenne
l'occhiata di fuoco che le lanciò il ragazzo.
-Se mi
lasciassi finire di spiegare forse riusciresti a capire. Comunque,
stavo dicendo...- sospirò, chiudendo gli occhi -...il colore
delle chiavi decreterà la coppia che si dovrà formare:
chi le possiede dello stesso colore formerà la coppia contro
cui combatterà il ninja rimasto, sia che si tratti di me o di
una di voi due-
Per Tenten quelle parole ebbero l'effetto di un pugno nello stomaco.
Esattamente come le era successo cinque anni prima, quando il tabellone
elettronico affacciato sul palco di cemento aveva deciso che la sua
avversaria sarebbe stata Sabaku no Temari: prima ancora di staccare la
mano dalla ringhiera, prima ancora di incontrare lo sguardo
incoraggiante di Lee, aveva capito che il suo esame si sarebbe concluso
lì, sulle lastre sbeccate e anonime dell'arena. Il ghigno
che aveva scorto sulle labbra di Temari, negli istanti in cui
l'esaminatore riassumeva tossendo le regole dell'incontro, aveva solo
suggellato un patto già scritto.
Allo stesso modo, ora, mentre alzava la testa e incontrava gli sguardi
lattei di Neji e Hinata puntati su di lei, ebbe la precisa, identica,
dolorosissima sensazione di impotenza.
Il sangue le si ghiacciò nelle vene.
°°°
Si dice che gli
Shinigami, gli antichi dei della morte, avessero la capacità di
leggere, impresso sulla fronte, quanto a ogni persona restasse da
vivere. Si dice anche che gli Shingami potessero trasfigurarsi in
qualsiasi creatura, vivente e non, ma che adottassero le sembianze
umane per scendere nel mondo degli uomini; tutto ciò che
rimaneva del loro originale aspetto, sotto i visi dagli ovali perfetti,
erano gli occhi: due orbite vuote di un bianco accecante.
Di quegli dei dimenticati dall'incenso e dal fuoco ne erano rimasti due, e guardavano Tenten coi loro occhi pietrificati.
-Nera?-
Quello che le uscì dalle labbra fu un soffio. Il volto di Neji sembrava scolpito nel marmo quando le rispose.
-No. Bianca-
Fu allora che
Tenten lesse la propria morte riflessa nei suoi occhi. Le parve che
baluginasse come una data scolpita su una lapide.
Strinse i pugni, inghiottendo il magone che le si era piantato in gola. Avrebbe voluto mettersi a piangere.
-Anche la mia è bianca, Tenten san-
Hinata prese
posizione a fianco del cugino. Il loro stile gemello, la pelle chiara
che pareva cesellata, la delicata nitidezza dei lineamenti: tutto
in loro pareva proporzionato e perfetto. Tenten, nella sua tuta lacera
e sudicia, impregnata di sudore da far schifo, coi suoi quattro kunai e
qualche giochetto da prestigiatore, si sentì orrendamente fuori
posto; uno squarcio nel mezzo della tela.
Notò quanto i fianchi di Hinata e Neji fossero vicini: si sfioravano appena nella penombra.
-Tenten san?-
Non avrebbe saputo dire da quanto
tempo i sorrisi di Hinata si fossero spenti per Naruto; sapeva
però che era da tanto, tantissimo tempo che si erano
riaccesi per Neji. D'altronde aveva capito subito. Il
leggero rossore che le impreziosiva le guance delicate ogni volta che
si faceva il nome del cugino, gli sguardi fugaci e timorosi che gli
lanciava di nascosto: tutto questo Tenten aveva notato sin da quella
rapida visita a villa Hyuuga, avvenuta l'inverno scorso.
La bestia assopita nel suo stomaco cominciò a muoversi, sibilando tra le zanne.
Neji era finito semplicemente per accorgersi delle sempre più
frequenti attenzioni di Hinata. Hiashi aveva solo dato una vigorosa
spinta al destino che teneva le fila del suo augusto clan.
Tenten si sentì soffocare dalle lacrime.
-Tenten?- chiese nuovamente Hinata con una punta di preoccupazione.
I suoi occhi di bambina si macchiarono di paura quando un lume di puro odio lampeggiò nelle iridi della maestra d'armi.
Non poté nemmeno muovere un muscolo che un kunai le si
conficcò a due centimetri dal piede destro. Lo sfrigolio della
carta bomba incollata al manico dell'arma la colse di sorpresa.
-Spostati!-
Schizzò di lato prima che l'esplosione la travolgesse. Un fumo denso l'avvolse.
°°°
Genma sbuffò. Il grande schermo di latta, che osservava svogliatamente
masticando il senbon, gli sorrise ghignante in
risposta, piatto e grigio come non lo era stato da tre giorni.
-Che palle...-
-Se non te ne stessi tutto il tempo a tirarti le dita potresti
sperare di non annoiarti, Genma. C'è così tanto da
fare...-
Il vetro del computer rifletté sulla polvere il sorriso di scherno che era balenato sulle labbra dello jonin castano.
-Leggere giornaletti è contemplato nel tuo 'tanto da fare' , Ebisu?-
-C-certo che no!- balbettò l'uomo con gli occhiali, facendo
sparire maldestramente un libro dalla sgargiante copertina arancione
che fino a un istante prima troneggiava sulla scrivania a fianco
del ventilatore.
-Allora non mi sembri un granché impegnato...-
-Non capisco di cosa tu stia parland...-
-Tu no. Shizune, invece, se vede questo capisce benissimo-
ridacchiò Kotestu, che aveva prontamente tolto di mano Icha Icha
Pradise a Ebisu.
-Ehi, ridammelo!-
Mentre l'insegnante tentava di riprendersi con una curiosa torsione del busto
il prezioso volumetto, Izumo entrò dal vano scavato nella
pietra. Genma lo vide e lo salutò svogliatamente con
un'alzata di mano; l'altro fece solo un cenno del capo nella sua
direzione prima di sparire nel ripostiglio.
-Ti ho detto: ridammelo!-
-Suvvia, Ebi chan, non scaldarti in questo modo. Non lo rovino mica se ne leggo due pagine...-
-Kotestsu, dammi immediatamente quel libro!-
Genma si scostò un ciuffo dagli occhi mentre guardava il
giornalino frullare impazzito da un lato all'altro della stanza. Le
urla poi del collega che brandiva una matita per intimorire il
Guardiano delle Porte di Konoha gli fecero storcere il naso e riportare
l'attenzione alla tastiera.
Venduti per Icha Icha paradise, pensò con un moto di
irritazione, mentre rievocava il simpatico scherzetto che Kakashi aveva
fatto a tutti loro per incastrarli nell'esame di selezione jonin.
Lanciò un'occhiata alla bacheca sgangherata che lui ed Ebisu
avevano costruito con gli stecchi dei dango in un momento di pura noia;
nell'angolo destro, sotto i vari avvisi lasciati dagli organizzatori
della prova e la gigantografia di Tonton che, con zampetta accusatrice
e sguardo truce, recitava "Shizune ti vede", spiccava un post-it
scritto a caratteri cubitali: Kill Hatake Kakashi.
Quella volta aveva decisamente superato ogni limite. Una serata tra
vecchi compagni, un bicchierino di troppo con la promessa di regalare a
ciascuno di loro la collezione originale di Jiraia san per due ryo, una
pacca sulla spalle e il gioco di Kakashi era stato fatto: il giorno
dopo erano stati tutti convocati dalla Godaime e avevano scoperto, non
senza una certa sorpresa, di essersi proposti come addetti all'esame di
selezione. Quindi bravi, mi complimento con voi per questa scelta, e
poi via, spediti con un pugno di marmocchi a Suna, per onorare una volta
di più le amicizie tra Villaggi.
Genma scrutò il minuscolo locale che trabordava di
computer, pratiche e referti medici, barelle, strumenti di primo
soccorso, scatoloni, lattine di birra; il tutto era equamente spalmato
su quei sette per cinque metri in cui avevano dovuto vivere tre
lunghissimi giorni, gestendo le squadre mediche che venivano inviate a
recuperare dalle gallerie chi non era in grado di continuare la prova.
-Che merda...-
-Hai proprio ragione- gli fece eco Izumo che si era gettato su una
sedia a fianco. Si passò stancamente una mano sul viso.
-Chi avete recuperato questa volta?-
-Un altro dei nostri-
-Un altro?-
-Già- sospirò il secondo Guardiano di Konoha scuotendo la
testa -Quest'anno è stato un disastro: quasi tutti quelli che si
erano iscritti li abbiamo dovuti portare all'ospedale centrale in
condizioni gravissime. Naruto, per esempio-
Lo sguardo che si scambiarono i due jonin ricordò a entrambi lo
stato in cui avevano trovato Uzumaki: incastrato tra gli spuntoni
di una trappola a parete, coperto di tagli ovunque, con la mascella
spappolata come un prugna, ma ancora vivo e con la voglia di fare lo
spaccone.
-Chi...-
-Shino Aburame-
Genma abbassò la testa.
-Anche lui...-
Non riuscì a finire la frase che la copertina del giornalino lo
colpì in piena faccia. Kotestu, col braccio ancora proteso nello
slancio, sbiancò di colpo, ed Ebisu, aggrappato al collo
dell'amico, rimase con gli occhiali storti sul naso e la bocca
semiaperta. L'unico rumore che rompesse il silenzio denso
improvvisamente calato sulla piccola stanza era il cigolio del
ventilatore appollaiato sulla scrivania.
Sotto lo sguardo impaurito di Izumo e quello severo di Tonton, Genma si
massaggiò la fronte, serrando le labbra in un'espressione
indecifrabile.
-Genma, io...-
-Quante volte ti ho detto- lo interruppe lo jonin più anziano -di fare meno casino, Kotetsu?-
-Io...-
-E quante volte ti ho detto, in questi tre giorni, di agitarti meno e
di usare un po' più la testa?- continuò lui.
Sbattendo con violenza il libro sul tavolo, la voce gli tremò di
rabbia.
-E tu mi hai mai ascoltato? No di certo! No di certo, visto l'
atteggiamento da bamboccio che hai! E' decisamente troppo pretendere un
comportamento umano da te!-
Ebisu si raddrizzò cautamente le lenti, cogliendo così
l'opportunità di asciugarsi il sudore gelido che gli si era
rappreso a livello narici.
-Genma, calmati, non è successo nulla...-
-Nulla? Nulla?! E' da tre giorni che mi tocca tener dietro a una
masnada di incapaci, chiuso qui dentro, accollandomi quei mocciosi che
non sembrano saper far altro che prendere calci nel culo! E intanto
Kakashi se la spassa da organizzatore, girando per i migliori locali di
Suna. Non lo sopporto!-
-A dir la verità anche tu te la spassi- disse Kotetsu con tono
ferito e offeso -Lo sanno anche i muri che quando non sei in servizio
ti trovi con Shizune e che poi all'ospedale...-
-Genma, fermo!-
Ma Genma si era già lanciato addosso a Kotetsu, e tutti e
due si rotolavano sul pavimento dandosele di santa ragione.
Urtando la gamba della scrivania si rovesciarono tutti i fogli
accuratamente impilati in quattro ore di lavoro; i due uomini vennero
sommersi da una cascata di carta, che si riversò poi sulle
lastre color ocra, allagando la piccola stanza.
-La documentazione!- trillò Ebisu. Si lanciò per tentare di salvare quel mare di dati e annotazioni.
-Ebisu, aiutami!-
-Aiutami tu, invece!- abbaiò il ninja con gli occhiali a Izumo,
che disperato tentava di dividere i due shinobi -Che sfoghino pure la
tensione e gli ardori! Se non consegnamo questa roba intatta ti dico
io, invece, come si sfoga Shizune!-
E detto questo ricominciò ad afferrare pagine di pratiche e cartelle, scavalcando i colleghi.
-Ti spacco...-
-Coglione!-
Il pugno che Kotestu aveva indirizzato allo zigomo di Genma si
abbattè sul naso di Izumo, ancora piegato nello sforzo di
staccarlo dall'altro.
-Porco Kaze...!- urlò Izumo, contorcendosi in una smorfia di dolore.
Kotestsu slanciò preoccupato una mano verso l'amico, completamente dimentico dello scontro.
-Kami, Izu! Ti sei fatto male?-
-No, mi hai fatto bene, brutto idiota!-
Una sottile striscia di sangue colò tra le dita dello shinobi.
-Scu...-
La ginocchiata di Genma gli mozzò il fiato.
Il jonin col senbon afferrò l'altro per il colletto della tuta.
-Ti sbriciolo le ossa- ringhiò a pochi centimetri dal naso dell'amico.
-Provaci-
-Kotetsu!-
-Genma...-
-Driiiiiin!!-
Il trillo acuto del computer centrale zittì tutti all'istante.
Quattro teste si voltarono in direzione dello schermo che lampeggiava
intermittente nell'aria rovente della stanza.
Ebisu si sistemò le lenti, tenendo con la mano destra una risma di fogli stropicciati.
-Cosa diamine...-
Genma si liberò sgarbatamente dalla presa del Guardiano di
Konoha e afferrò una sedia senza staccare gli occhi dalla
macchina. Gli altri due rimasero fermi.
Il ticchettio meccanico delle dita di Genma sulla tastiera e il respiro
pesante di Kotetsu parevano forare l'umidità stagnante
dell'ufficio.
-Cosa succede?-
In un ronzio la schermata divenne più scura. Il ninja al computer si sporse in avanti, assottigliando gli occhi.
-Non...-
-Qualcosa è sicuramente stato. Guarda un po' se...-
-Lo sto già facendo, Ebisu!- sbottò Genma senza voltarsi vero il compagno.
Frammenti di corridoi si susseguivano senza fine, impressi negli occhi
scuri dello shinobi. Ogni tanto, dall'alto,si spalancavano saloni
immersi nell'ombra.
-E' arrivato un segnale da una delle grotte della area 3, ma non riesco a capire di quale si tratti-
-Sarà finito un incontro?-
-Probabile...-
A Genma morì lo voce. Si buttò in avanti quasi
volesse entrare nello schermo con la testa; le iridi gli danzarono
freneticamente da un lato all'altro del vetro.
-Porco...-
-Genma, cosa...-
-Vai a chiamare una squadra medica, Izumo. Presto!- tuonò da dietro la spalla.
Il secondo guardiano di Konoha sparì, lanciato per la scala che conduceva alle sale di deposito e ristoro.
-Kotestsu, la barella!-
-Subito!-
Ebisu si chinò sul computer.
-Genma, cosa succede?-
-Ora non c'è tempo: lo vedrai quando raggiungete il salone 19-
L'insegnante si fece cupo.
-Devo andare anche io?-
-Sì-
-Non bastano Kotestu e Izumo per portare il ferito?-
L'occhiata che gli lanciò il collega ebbe l'effetto di una
scossa elettrica. Con un veloce cenno del capo si voltò.
La voce rauca di Genma lo fece voltare quando era già sul primo gradino.
-Porta con te un'altra barella, Ebisu-
°°°
Il volto di Hinata era contratto dalla paura, la stessa che aveva
letto nei suoi occhi prima di lanciare quella carta bomba. Tenten
poteva sentire il respiro rotto e irregolare dell'altra a pochi
centimetri dal viso.
La bestia dentro di lei gioì di quell'espressione di puro terrore prima che il dolore le esplodesse nel petto.
Sentì l'aria nei polmoni bruciare e la polvere raggrumarsi
nella gola. Tossì a fatica. Il sangue che le uscì dalle
labbra macchiò la felpa chiara di Hinata.
-Troppo lenta-
La mano di Neji Hyuuga premette di più sulla sua schiena.
Tenten cadde con un tonfo ai piedi di Hinata.
Quando il suo naso si abbatté sulla lastra di pietra,
percepì che qualcosa si era rotto. Il sangue cominciò a
colarle lungo la guancia.
Il freddo della roccia sotto la sua tempia, il caldo del sangue
che lentamente le rigava gli zigomi, il dolore lancinante che le
mozzava il fiato e le faceva vomitare una poltiglia rossa e
filamentosa: tutto venne annebbiato dalle lacrime. Tremò scossa
da uno spasmo e singhiozzando disperatamente per strappare altro
ossigeno inalò la sabbia spessa di Suna.
La sagoma si un piccolo piede le invase la vista prima di
ritirarsi sulla destra. I movimenti di Hinata le giungevano ovattati e
lontanissimi.
La voce di Neji parve frustarla.
-Prendile la chiave-
-S-sì, Neji kun-
Le unghie di Tenten cozzarono contro la roccia e si spezzarono.
Di tutti i pensieri che le affollavano convulsamente il cervello
solo uno era chiaro e nitido, gelido come se fosse stato scolpito nel
marmo: aveva perso.
Altre lacrime le scivolarono lungo la guance, offuscandole gli occhi.
Aveva perso la battaglia, l'onore, il rispetto per se stessa. Ma
soprattutto, aveva perso contro Hinata. Quella sottile speranza che era
rimasta nascosta per lungo tempo era morta: non avrebbe mai avuto Neji.
Mai.
La mano di Hinata si protese verso la sua tasca.
La pietra scura, incastrata nella stoffa dei pantaloni parve forarle la gamba.
Una rabbia nera la colse; la sentì ruggire ed echeggiare in ogni angolo del suo corpo.
Rabbrividì e il cuore mancò un battito.
Fu una disperazione che non pensava di possedere a muovere il suo
corpo: guidò la sua mano fino alla borsa, le fece estrarre un
kunai, le fece serrare il braccio proteso di Hinata in una morsa
d'acciaio.
Gli occhi chiari si spalancarono dallo smarrimento quando
videro baluginare il rosso cupo di una carta bomba incollata al manico
del pugnale.
Con un guizzo la lama lacerò le carne di Hinata.
Lei gridò.
Tenten gridò.
Il rombo di un tuono sconquassò la sala.
Ogni cosa si dissolse nel buio.
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Capitolo 2 *** 2. Amici ***
ok 2
Capitolo 2: Amici
-Mmm...-
La donna in camice strinse le labbra
e assottigliò gli occhi, riducendoli a due fessure.
-A quanto sembra- esordì,
scostando col pollice e il medio destri le sottili ciocche castane
dalla nuca di Tenten -la ferita si è rimarginata
completamente-
La ragazza annuì debolmente,
mentre guardava l'infermiera sistemarsi le lenti sulla punta del
naso.
-Per qualche giorno però è
meglio che tu prenda ancora dei rigeneranti: il tuo cuore ha subito
un bel trauma, sai?-
Trafficò per un istante col
cassetto del comodino a fianco del letto, sibilando qualche
imprecazione alla maniglia d'ottone.
-C'è mancato davvero
pochissimo- grugnì la ninja medico, tirando con forza verso di
sè -che tu abbia avuto un arresto cardiaco. Quella tecnica
-ju...jukin? Juice? Ah, non mi ricorderò mai come si chiama!-
è davvero letale. Oh, finalmente!-
Con uno strappo secco il cassetto si
era aperto, cozzando contro l'anca della donna.
-Tre di queste ogni giorno
dovrebbero bastarti. Mi raccomando: una alla mattina, appena prima di
colazione, una dopo pranzo e...-
-E una prima di andare a letto.
Grazie mille- concluse Tenten, prendendo il barattolo di pillole che
le veniva porto.
L'infermiera rimase interdetta, col
braccio ancora levato a mezz'aria.
Era davvero difficile rapportarsi
con quella kunoichi della foglia, si disse mentre con un rapido
inchino si congedava.
Non che facesse storie per il
trattamento dell'ospedale -come invece erano soliti fare certi
chiassosi ninja del villaggio-, o che si lagnasse dei punti i
sutura, per l'amor dei Kami: non si era lamentata nemmeno quando le
avevano dovuto pulire con l'alcool lo squarcio che le si era aperto
sotto il ginocchio destro.
-C'è bisogno di te nel
reparto 17, Kuri-
-Agli ordini, Shizune san!- rispose
con gesto marziale alla donna che correva trafelata per il corridoio
dell'ospedale, carica fin sopra alla testa di voluminose cartelle.
Quando anche il curioso porcellino che la collega di Konoha soleva
sballottare per l'intero complesso medico fu scomparso dietro
l'angolo, Kuri tornò ai propri pensieri, prendendo le scale
per la sala infermieri.
Ripensò agli occhi della
ragazza chini sul lenzuolo bianco, il vuoto che vi aveva scorto
dentro ogni volta che le fasciava le ferite.
Un brivido ghiacciato le percorse la
spina dorsale.
Quella sua assoluta indolenza poi,
quella voragine che sembrava averle tolto ogni voglia di reagire, la
inquietava.
Il calore umido e solido della sala
infermieri l'avvolse come una bolla di sapone.
Scorse alcuni addetti del reparto
riabilitazione intenti a polleggiare attorno alla caraffa del caffè,
che fumava quietamente sul tavolo delle riunioni, nell'angolo della
stanza.
Quando entrò il capo reparto
alzò svogliatamente lo sguardo dal “Sunagakure times”.
-Kuri chan che diamine ci fai qui?
Dovresti essere in zona 17-
-E tu dovresti essere lì a
sorvegliare che io faccia il mio lavoro, caporeparto san-
Quello roteò gli occhi con
uno sbuffo e si rituffò nella lettura del quotidiano, mentre
le risate degli altri infermieri rimbalzavano per le pareti del
locale.
-Vuoi una tazza di caffè?-
-Cosa farei senza di te, Hideki?-
sospirò scherzosamente Kuri, afferrando il bicchiere di
plastica colmo fino all'orlo che le porgeva un giovane in camice.
-Grazie...-
-Hai sentito l'ultima, Kuri?-
-Mm... a dir la verità no.
Raccontami tutto, Manami-
Sorseggiò la bevanda
bollente, mentre la collega si esibiva nella sua più teatrale
espressione di dolore.
-Nel reparto riabilitazione ne hanno
combinata un'altra delle loro-
-Ma dai-
-Ed ero di sevizio io. Quei
ragazzini di Konoha mi fanno esasperare!- gemette Manami.
-Pensa che questa volta hanno
giocato alla mummia con le bende. Quando sono entrata nella loro
camera non ti dico che paura! Mi sono ritrovata davanti uno di loro
completamente fasciato, dalla testa ai piedi. Ho fatto un salto
che... è vero Hideki?-
L'uomo annuì divertito.
-E poi gli altri che ridevano.
Soprattutto quello con i segni rossi sulle guance e il biondo...-
-Chi era il poverino?-
-Il poverino chi?-
-Quello che hanno fasciato dalla
testa ai piedi-
-Era il ragazzo che hanno portato
qui pieno di ustioni; quello con la calzamaglia verde, per
intenderci-
Un sorriso collettivo riempì
la stanza.
-Mi hanno detto che ti occupi della
sua compagna di squadra- disse Hideki, addentando un dango.
Kuri fece di sì con la testa
mentre finiva la sua tazza di caffè.
-Come mai non è nella zona
17?-
-Ha riportato delle ferite anomale;
scorrendo la sua cartella clinica ho scoperto che il cuore è
stato attaccato dall'interno attraverso il sistema circolatorio del
chakra. A quanto pare si tratta di una tecnica che usa un clan della
foglia. Jukin, mi pare si chiami...-
-Juken-
-Ah, giusto. Juken. Grazie
caporeparto san-
-Ma ora...- esordì Manami,
inarcando le sopracciglia da dietro la tazza
-Ora è fuori pericolo. Mi
preoccupano però le sue condizioni psicologiche-
Per un attimo ricordò
l'ostinazione con cui la ragazza aveva rifiutato di farsi curare il
taglio sopra l'occhio destro.
-Come mai...-
-Non lo so. Sembra caduta in uno
stato depressivo: praticamente non ha aperto bocca da quando si è
ripresa, circa tre giorni fa-
-Potrebbe essere effetto dello
shock- ipotizzò Hideki, riempiendosi un secondo bicchiere.
-Forse. Però...-
Uno scalpiccio di passi zittì
la ninja medico, che puntò interrogativa lo sguardo al vano
della porta.
Quattro paia d'occhi si appuntarono
sulla sagoma verde che, trafelata, si era aggrappata allo stipite di
pietra.
-Dov'è Tenten?- gracchiò
il ragazzo in camicia da notte e dalle spessissime sopracciglia nere,
sorreggendosi come meglio poteva a una stampella troppo bassa.
-Cosa...-
-Dove posso trovare Tenten Ama?-
ripeté con più decisione.
-A-al terzo piano, ala nord, stanza
213-
-Prendi le scale a destra e poi vai
dritto. Non puoi sbagliare- suggerì burberamente il
caporeparto, riemerso dai fogli del giornale.
Gli occhi tondi dello shinobi si
gonfiarono di gratitudine.
-Arigatò- urlò, prima
di scomparire dalla cornice della porta.
-Non...- iniziò allibita
Kuri, scuotendo appena la testa.
Un ticchettio inviperito di tacchi
le fece ingoiare le parole; quando poi la testa scura di Shizune fece
capolino nella stanza le sembrò che fossero morte a livello
trachea.
Gli occhi della ninja medico si
appuntarono sulla sua sottile montatura come carboni ardenti.
-Non mi sembra sia il tuo turno di
pausa, Kuri. E nemmeno il suo, Hateru san- sibilò, rivolta al
caporeparto.
-Al lavoro!- gridò, puntando
un dito imperioso verso il corridoio.
Mentre Kuri e il caporeparto
seguivano borbottando la kunoichi di Konoha, Manami si protese vero
il “Sunagakure times”.
-Comunque, riguardo alla ragazza che segue Kuri- iniziò, sfogliando con
decisione gli articoli di cronaca, rivolta a un perplesso Hideki
-penso proprio che abbia avuto una delusione amorosa-
E data la sua sibillina sentenza
prese a leggere le pagine del quotidiano dedicate alle avventure
sentimentali del neo Kazekage.
°°°
Tenten sentì la porta
chiudersi alle spalle della ninja medico.
Il silenzio della camera iniziò
a ronzarle nei timpani.
Da quando si era svegliata dallo
stato semi comatoso, non più di quattro giorni prima, non
aveva ricevuto nemmeno una visita.
Lanciò uno sguardo al letto
vuoto poco distante dal suo; le lenzuola erano ancora intatte, e un
profumo di bucato si diffondeva per la stanza dalla stoffa chiara. Lo
stesso odore che sua madre aveva sulle mani nei pomeriggi d'estate,
aveva pensato quando la donna di servizio era venuta a cambiare le
coperte.
Si guardò le mani, che
giacevano inerti sulle ginocchia. Tutta la palma destra era stata
fasciata, e ora, se provava a chiuderla, o anche solo a distenderla,
sentiva mille aghi conficcarlesi nella pelle. La rilassò, in
modo da osservare meglio l'intersecarsi delle bende sulle dita; il
mignolo, così come il polso, avevano una sottile stecca di
legno a immobilizzali.
Stanca di vedere il suo corpo in
frantumi, spostò l'attenzione sulla luminosa finestra
incassata tra le pareti spesse della parete.
Era una giornata come quella quando
li avevano calati nel pozzo: azzurra, secca e profumata di vento.
Scrutò il terrazzo dell'ala
est del complesso, dove gli infermieri, durante il tempo libero,
amavano accendersi una sigaretta e godersi i tetti squadrati di Suna
incendiati dal sole della sera. Dalla sua stanza Tenten vedeva
soltanto i muri color ocra dell'ospedale e le sue finestre cieche;
solo una volta, quando il cielo si era striato di nubi viola, aveva
visto, tra il comignolo di una casa e lo spigolo del complesso est,
una fetta di tramonto. Si era allora appuntata piattamente di dire a
Temari che, sì, aveva ragione: i tramonti di Suna erano i
migliori di tutti.
Ora sul terrazzo frusciavano
lenzuola e federe; si gonfiavano di vento per poi svuotarsi con un
guizzo. Una scintilla di curiosità le pizzicò le spalle
quando vide la botola, incastrata nel pavimento, apririsi con
circospezione. Un attimo dopo era aperta e dal quadro scuro rotolava
fuori una zazzera castana, seguita a ruota da una bionda.
Kiba e Naruto, sghignazzando tra i
denti e premendosi l'indice contro le labbra, aiutarono Choji a
disincastrarsi dal buco della botola. Fece capolino anche il codino
disordinato di Shikamaru.
Uzumaki e Inuzika richiusero
attentamente il coperchio, zittendosi vicendevolmente con gridi
striduli.
L'attenzione di Tenten si fece un
po' più acuta quando, sempre dalla botola, comparve la testa
di Sakura, appena in tempo per poter scorgere i quattro ragazzi che
si abbassavano i pantaloni e facevano pipì sul bucato.
Distolse lo sguardo. Le urla di
Sakura, i passi concitati sul cemento, le risate sguaiate di Kiba, il
tonfo metallico del coperchio che sbatteva, un ultimo pigolio
impaurito di Naruto e il colpo sordo sulla sua testa: tutto venne
spazzato via dalla porta che si era aperta con un ululato.
Tenten si ritrovò, prima che
potesse rendersene conto, tra le braccia robuste di Rock Lee.
-Tenten! Kami Tenten come sono
felice di vederti!-
La voce acuta del ragazzo le era
esplosa a pochi centimetri dall'orecchio e lei, così abituata
alla calma delle stanze ospedaliere, era rimasta stordita.
Riuscì solo a sentire le
proprie sottili scapole venire strizzate da un abbraccio intenso.
-Tenten! Non sai...-
-Lee...- esalò, contorcendosi
appena con la testa pulsante -...il mio piede...-
-Cosa?-
-Il mio piede: ci sei seduto sopra-
La bestia della foglia guardò
interrogativo oltre la spalla della compagna.
-Oh, scusami!- esclamò,
alzandosi velocemente da lei.
-Che impiastro...-
Lee si perse a guardarla mentre si
massaggiava mestamente l'alluce destro. Era passata solo una
settimana da quando si erano dovuti dividere, eppure la trovava
cambiatissima: i polsi, segnati dalle bende, erano così magri
che, ne era sicuro, li avrebbe potuti prendere entrambi tra pollice e
medio; gli occhi castani erano cerchiati da un alone grigio, e tutto
il viso era segnato in maniera impressionante. La camicia
dell'ospedale poi sembrava di tre taglie più grande, tanto che
Tenten pareva navigare nella stoffa verde acqua.
Sorrise all'espressione corrucciata
della compagna, godendosi il calore fremente delle iridi color
castagna.
-Sono così contento di
vederti, Ten-
Tenten lo fissò per un
secondo; l'espressione dura si stemperò in un sospiro
rassegnato.
-Anche io-
Un silenzio tiepido e vuoto riempì
la camera.
Dalla finestra aperta giungevano
ovattati i mugugnii doloranti di Naruto; chissà quante ne
aveva prese da Sakura...
-Chiudiamo la porta, che dici?-
domandò Lee, voltandosi ancora raggiante verso la parete che
dava sul corridoio.
-Così almeno chiacchieriamo un
po' tranquilli-
La kunoichi si tirò su,
guardando l'amico gettarsi sul letto vuoto.
-Allora: dimmi tutto!-
-Penso che abbia più tu da
raccontare, Lee- suggerì Tenten.
-Oh, non so proprio da dove
iniziare! Anzi sì: sai cosa mi è successo ieri?-
Lee parlava, seduto a gambe
incrociate sul materasso sfondato. Coi gesti ampi delle mani recitava
ogni cosa, spalancando gli occhi quando esprimeva stupore e paura,
assottigliandoli quando mimava concentrazione, sospetto, gioia. Ogni
tanto cadeva a gambe all'aria, rialzandosi poi con l'esplosione di
una risata; l'energia che metteva in ogni movimento scaldava anche le
pareti di tufo. Era una gioia per Tenten poter vedere quella
scodella bruna agitarsi a destra e a sinistra, sentire quella voce da
bambino seguire tutta la scala dell'emozione. Eppure si sentiva
triste; triste e terribilmente fredda.
Percepì i grattare rugginoso
delle lacrime contro la trachea.
-...e poi Naruto mi ha afferrato da
dietro e Kiba mi ha tutto avvolto con le bende. Pensa che se non ci
fosse stato Shikamaru sarebbero arrivati a soffocarmi, tanto
stringevano. Poi mi hanno appeso al soffitto, e mi hanno lasciato lì
finché non è arrivata l'infermiera, che quando mi ha
visto per poco non è svenuta. Poi mi hanno tirato giù.
Le abbiamo fatto prendere proprio un bello spavento!-
Rise di gusto, pensando alla faccia
sconvolta della donna mentre sbraitava di rimetterlo a terra.
-L'esame invece non è stato
altrettanto felice: ho avuto una sfortuna nera-
Tenten si mosse nelle coperte.
-Com'è andata?-
La sua voce era forzata e nervosa,
ma Lee non se ne accorse.
-Uno schifo- borbottò.
-Ho dovuto combattere contro tre
jonin prima di trovarne uno che non si fosse già fatto
prendere la chiave. Quando poi sono riuscito a battere Temari san e a
sottrarle la pietra era già troppo tardi: la prova è
terminata mezz'ora dopo-
-Proprio sfortuna...-
-Già-
Tenten strinse le lenzuola sotto i
pugni chiusi. I legamenti del polso destro sembrava che si stessero
spezzando mentre affondava più profondamente le dita nel
cotone, ma non ci fece caso: da quando Lee era piombato in camera sua
si torturava dal desiderio di chiedergli come si fosse concluso
l'esame. Aveva però il terrore della risposta.
Si morse l'interno della guancia,
raccogliendo il coraggio necessario; tanto, si disse, prima o dopo
avrebbe dovuto affrontare la realtà.
-...poi sono riuscito a strapparle
il ventaglio di mano, e allora le ho tirato...-
-Lee-
-Sì?-
-Chi ha passato l'esame?-
La bestia verde la guardò.
-Non lo sai?- domandò. Il
tono accigliato con cui pronunciò quelle parole le fecero
perdere un battito.
Scosse titubante la testa.
-Pensavo che ormai la voce si fosse
diffusa- sbottò, inarcando le sopracciglia, chiaramente
sorpreso.
-Nessuno di noi ha passato la prova-
Il respiro di Tenten tremò
tra le corde vocali.
-Nessuno...?-
-Assolutamente nessuno!- confermò
Lee annuendo vigorosamente col testone scuro.
-Quest'anno Konoha ha fatto proprio
una figura magra: Hinata è finita in rianimazione, in
condizioni gravi, mentre la maggior parte di noi non ha superato
nemmeno la prima prova. Soltanto Sakura è riuscita a...-
Tenten sentì il sangue
scorrere prepotente dentro le vene, il cuore batterle ferocemente nel
petto: c'era riuscita.
Ripensò al boato che aveva
udito prima di perdere i sensi. All'improvviso, come se le avessero
lanciato una secchiata di acqua fredda, riuscì a comprendere
cos'era successo in quei secondi di semi incoscienza.
La sua carta bomba era esplosa.
Conficcata nel braccio di Hinata.
Lontano, dentro di lei, qualcosa di
bestiale ruggì la sua compiuta vendetta. A lei parve solo un
verso disgustoso.
Si premette le mani contro la bocca
per non vomitare.
Poi, calde, salate e amarissime, le
lacrime cominciarono a rigarle il volto. Trattenne un singulto
spingendo di più le palme contro le labbra.
Lee interruppe bruscamente il suo
racconto.
-Tenten...-
I suoi occhi vagarono preoccupati
sul viso di lei contratto dal dolore.
-Tenten, cosa...?-
-L'ho quasi uccisa...- singhiozzò,
affondando la testa tra le ginocchia.
-Ten... Cosa stai dicendo?-
-Io l'ho uccisa!- gridò
Tenten, allontanando con uno schiaffo il braccio che Lee le aveva
posato sulle spalle. Gli occhi rossi e gonfi baluginarono cupamente
dietro ai ciuffi scuri che erano sfuggiti dagli chignon sfatti.
-Sono io che l'ho quasi uccisa...-
sibilò con un filo di voce.
La guardò con occhi sbarrati,
senza capire.
-Io... loro erano così
perfetti, così, così... così belli
insieme. Io invece...-
La mano della kunoichi volò
tremante alla cicatrice che, se ne accorgeva solo ora Lee, le
tagliava a metà l'arcata del sopracciglio destro.
Lo shinobi guardò la diagnosi
medica appesa alla testata del letto. In cima al foglio, in
inchiostro rosso, era scritto: “...ferite da arma da taglio e da
fuoco; arresto cardiaco indotto tramite sistema circolatorio del
chakra”.
E Lee capì. Capì e
sentì una profonda tristezza stringergli la gola.
La vide tremare nel camicione
dell'ospedale, artigliando i lembi della stoffa, mentre le lacrime le
colavano lungo il naso.
-...io ero ridicola. Ridicola in
confronto a lei che è bella, e forte, e...-
Le braccia calde di Rock Lee le
mozzarono il fiato; rimase a boccheggiare coi pensieri che si
accavallavano uno sull'altro.
Si aggrappò con tutte le sue
forze alla schiena dell'amico. In quel momento, mentre aveva le dita
di Lee tra i capelli, pensò che doveva essere bellissimo
potersi abbandonare a un abbraccio forte come quello.
-Tu gli vuoi tanto bene, vero?
Sprofondò ulteriormente il
mento nella sua spalla, annuendo.
-Lo ami, vero?-
Non era una domanda.
-Sì-
Lee sospirò, mentre le
accarezzava delicatamente la testa.
Neji lo batteva in tutto. Era sempre
stato così, da quando erano matricole dell'Accademia
Tenten singhiozzò, con la
guancia premuta contro la sua clavicola; poteva sentire ogni suo
fremito nell'orecchio.
Anche ora lui era lo sconfitto; in
fin dei conti, si disse, l'appellativo perdente gli calzava come una
calzamaglia.
-Sono così stupida...-
-Non sei stupida Tenten-
-Io... Ho sempre sperato di... che
mi notasse. E lei è così meglio di me...-
La voce le si spezzò in un
pianto disperato.
Lo shinobi si morse le labbra quando
le unghie corte e poco curate della compagna gli graffiarono le
scapole.
-Non sarò mai la ragazza che
lui vuole, nemmeno se dessi tutta me stessa- sussurrò,
schiudendo gli occhi inondati di lacrime -Nemmeno se dessi tutta me
stessa... e ha già chi desidera...-
-Non è vero-
-Sì...-
-Lo sai anche tu che non è
così-
-S...-
-Neji non sarebbe mai felice senza
te.
La voce di Rock Lee era diventata
improvvisamente dura; i suoi occhi fiammeggiavano mentre la stringeva
per le spalle. Tenten non osò guardarlo in faccia. Si limitò
a bofonchiare qualcosa riguardo la sua goffaggine, mentre si passava
una mano sul collo.
-La tua sbadataggine, Tenten, la
tua... goffaggine, fa parte di te: non devi vergognartene. Tu sei...-
Notò
quanto le guance della compagna fossero arrossate dallo sfogo.
L'aggettivo sembrava impresso a fuoco sul suo viso delicato:
bella.
Le labbra di
Lee tremarono. Infine, con un sospiro, sorrise; la curva rassicurante
della bocca nascondeva una punta di malinconia.
-...giusta così
come sei. E, credimi: Neji non è così scemo da non
essersene accorto-
Tenten se ne
stava semplicemente seduta sul letto, con la camicia che pendeva
tutta sulla spalla destra; guardava Lee, e intanto pensava a Neji e
al suo sguardo da dio della morte, alla linea netta del suo mento, al
suo naso greco. Ripensò anche ai rari, preziosissimi momenti
di felicità che le aveva donato, alla gioia che aveva
conservato sotto la pelle, in attesa del prossimo sorriso.
-Se ha scelto
Hinata- continuò lui -vuol dire che ancora non è libero
delle sue catene: il suo “destino” gli è rimasto attaccato
come un collare-
Cosa lo
spingesse a dirle quelle cose, ad appoggiare Neji, il suo rivale,
quando avrebbe potuto proporsi lui, consolarla... proprio non lo sapeva.
Incontrò lo sguardo grato di
Tenten.
-Grazie, Lee- mormorò,
asciugandosi gli occhi con una manica.
Le porse un fazzoletto.
Sapeva benissimo, invece, che cosa
gli facesse fare tutto quello. Ma non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno
a se stesso; farlo sarebbe stata una resa al suo essere
fallito.
-Di niente, Ten-
Rimasero in silenzio, ognuno
guardandosi le dita dei piedi nude nuotare nelle lenzuola sfatte.
-Vedrai che ti verrà a
trovare-
Lei sorrise.
-Non penso...-
Le parole si confusero col battere
leggero di nocche contro la porta.
-----------------------------------------------
Tenten
è decisamente uno dei miei personaggi preferiti. Sarà
che, non sapendo praticamente nulla riguardo la sua personalità
e il suo passato, ci si può sbizzarrire e adattarla alle
situazioni come meglio si crede: simpatica, goffa, isterica, gentile,
romantica, insomma, tutto siò che si vuole.
Neji penso che in questa fic abbia un ruolo del tutto marginale; un po'
come nei romanzi Gotici, nei quali l'oggetto del desiderio (solitamente
la dolce pulzella) aveva sì e no un nome e un volto
xD!
Le critiche sono richieste e, ovviamente, le recensioni ben accette.
Ok, probabilmente c'è il seguito, ma non assicuro assolutamente nulla: non prendetemi in parola. Mai.
Avviso che è stato indetto un contest Hinata x Neji x Tenten;
chi fosse interessato può dare un'occhiata a questo indirizzo
>>
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=7801773
. Scarseggiano scrittrici NejiHina!
Grazie a chi leggerà, e un grazie ancor più speciale a chi recensirà. Alla prossima!
Revan
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Capitolo 3 *** Epilogo ***
EPILOGO
What have I become,
my sweetest friend,
everyone i know,
goes away in the end
Ti devo confessare una
cosa, caro amico: non so assolutamente come concludere questa storia.
Ho pensato e ripensato a innumerevoli finali, cercato spunti tra
canzoni e film, ma davvero non sono riuscita a trovare nulla che mi
convinca. Fidati, qualunque cosa abbia potuto raccattare non
convincerebbe nemmeno te.
Mi sarebbe piaciuto
sapere con che note avresti voluto chiudere questa ballata
melodrammatica; mi sarebbe piaciuto anche raccontarti quelle bozze
che ogni tanto ho buttato giù, giusto per fissare su carta il suono
delle parole. Ma per stasera non va così: la ballata si chiude con
una nota un po' stonata, sulle nocche dell'infermiera che bussa alla
porta di Tenten. Perciò... no, caro amico: questa, fino alla fine, è
una storia patetica. Patetica è Tenten, che non ha saputo accettare
la sconfitta, patetico è Lee che non ha avuto il coraggio di
guardarla negli occhi e dirle che è innamorato di lei; patetico è
Neji, che ha anteposto l'onore e il potere a tutto il reso. Hinata...
forse lei è stata solo ingenua, soprattutto in quell'abito bianco
che la fa sembrare tanto una bambola di porcellana.
Hai tutto il diritto
di
pensare qualsiasi finale tu voglia: il ritornello rimarrà comunque
quello.
E' sul “If I
could
start again, a million miles away” che i toni si smorzano, le
note si spezzano, le corde vibrano ancora per un attimo nel silenzio
della stanza.
La nota stonata. Oh
yeah.
L'ultima strofa, per
come
ho pensato fino all'ultimo fosse la storia, suonerebbe più o meno
così:
La storia che
ti ho
raccontato non fu stata ricordata da nessuno. Gli avvenimenti di
quell'epoca (la grande battaglia ai margini della Foglia, la
sconfitta di Akatsuki e Suono, la disastrosa guerra civile che in
seguito devastò le Nazioni) cancellarono dalla memoria le
insignificanti vicende private. Perciò non devi sorprenderti se
persino i protagonisti di questo melodramma dimenticarono quanto
accaduto: c'era talmente tanto da fare, talmente tante forze da
impegnare in ogni istante della giornata, che l'affetto, l'invidia,
l'amicizia, il rancore e tutti gli altri sentimenti cambiarono, col
tempo, colore e consistenza. Il grigiore della fatica e del tedio
sbiadì i ricordi, sfumò i contorni; ogni cosa si dissolse in una
macchia informe.
Io potrei
però
raccontarti tutto di quella particolare vicenda privata. Potrei
raccontarti ad esempio quanto fosse bianco l'abito di Hinata la
mattina d'inverno in cui venne celebrato il suo matrimonio, e quanto
fosse radioso il suo sorriso; potrei raccontarti quanto fossero belle
le ghirlande di fiori appesi agli alberi del cortile di villa Hyuuga,
o quanto Neji fosse elegante nel suo kimono nero. Potrei anche
raccontarti con quanta rabbia e frustrazione Tenten decise di partire
per Suna, e quanto Lee sentì improvvisamente la vita meno giovanile,
quando l'amica gli disse che non sarebbe più tornata. Ma non ti
racconterò nulla di tutto ciò: come ti ho già detto queste cose
persero importanza molto tempo fa, e ora come ora valgono un pugno di
mosche.
Perciò buona
notte,
caro amico: il sipario si chiude, le luci si spengono, in sala l'aria
si fa più fredda. E' ora di tornare a casa: lo spettacolo è finito.
[ If I could
start
again, a million miles away,
I will keep
myself,
I woul find a
way ]
Hurt,
Jhonny Cash
***
Angolo
Rev: finale deludente, lo so. Ma davvero non avevo
idee. No,
balla: ne avevo troppe. Ho buttato giù pezzi di circa quattro
possibili finali, tutti identici ma da prospettive e momenti diversi.
Ognuno di questi però dava solo parzialmente idea di ciò che avevo
in mente. Cosa poi abbia in mente... beh, questo rimane un'incognita
anche per me ù__ù .
Comunque,
per chi avesse interesse per la questione, in ordine per il finale
avevo scritto:
1.
un capitolo incentrato su Neji e i suoi ricordi legati al
Team Gai
degli esordi. I due capitoli precedenti sono rispettivamente dedicati
a Tenten e Lee. Ne mancava uno per Neji, che in questa fiction
compare decisamente poco, e caratterialmente penso sia piuttosto
piatto. Perciò... vigilia del matrimonio tra Hinata e Neji,
riflessioni malinco-drammatiche (??) by Neji e partenza di Tenten per
Suna. Brrr >_< !
2.
capitolo post-matrimonio Neji\Hina. Lee,
a distanza di un'anno dalla partenza di Tenten riflette su quanto
velocemente sia trascorso il tempo, e su quanto l'assenza di Tenten
abbia reso la sua vita meno giovanile. Di ritorno da un allenamento
decide di scriverle una lettera. E anche qui il contenuto della
suddetta rimane un mistero °__° .
3.
capitolo che precede temporalmente quelli pubblicati: la fatidica
visita inveranale a villa Hyuuga in cui Tenten
intuisce i
sentimenti che Hinata prova per il cugino. Putroppo non ho mai
trovato tempo e voglia per buttare giù la bozza, ma era quello che
più mi ispirava.
4.
Neji da anziano e sfacelo del suo casato. Probabilmente è il finale
più “strano”, perchè si concentra sulla figura del capo
famiglia ormai vecchio e del suo potentissimo clan che collassa a
causa della guerra. Insomma, non un capitolo romantico,
ma
che si accompagna perfettamente alla canzone che fa da filo
conduttore un po' a tutta la storia -o quanto meno agli ultimi due
capitoli-, Hurt by Jhonny Cash. Mi piace immaginare
Neji che
dal suo studio,sommerso dalle pratiche, dalle carte, dalle
responsabilità, dalla sfiducia, osservi il cortile di villa Hyuuga
ormai buio. Lo ammetto: Neji coi capelli bianchi e radi, con mille
rughe e con l'intramontabile espressione di astio stampato in volto
non è propriamente quello a cui sono abituata. Però mi piace
davvero pensare che questo vecchio, una volta considerato la punta di
diamante del clan, si guardi per una sola volta indietro, solo nel
suo studio. Non credo si redimerebbe, e nemmeno si ricorderebbe del
volto di Tenten. Però... chissà: forse proverebbe, per un attimo,
il desiderio di tornare indietro, di riavvolgere il filo della
propria vita. Per un attimo.
Ok,
sclero-bozza finito ù__ù .
Passiamo
ai ringraziamenti
!
BrideOfTheWind:
grazie davvero, Joan. Però hai davvero esagerato coi complimenti xD!
Sono contena che tu abbia percepito l'ansia e la frustrazione provate
da Tenten quanto si è trovata occhi negli occhi coi due Hyuuga: vuol
dire che qualcosa di questo minestrone è comprensibile xD!
Inoltre... grazie per l'appoggio. Sebbene tu sia Yin Yang hai avuto
il coraggio di leggere comunque. Grazie davvero! Scusami se i miei
ringraziamenti sono ruvidi come quelli di un carrettiere.
Uki:
anche io adoro Chimera in Blue Jeans: penso che le sue fiction siano
tra le più belle e le più ricche di tutto il fandom. Ha una grinta,
un'energia incomparabile il suo stile: in particolare il suo Neji è
realissimo, più “vero” di quello di Kishimoto, direi. Mi
piacerebbe sapere come avevi immaginato il finale, e mi piacerebbe
anche sapere perchè non scrivi più ^^ . Baci, la Rev.
AnnaSukaSuperFan:
Ten K, mi dispiace. Temo dovrai farmi fuori. Sempre che tu riesca a
prendermi xD °comincia a scappare
con lo scolapasta calcato in testa° .
Kleos:
lo so, lo so: ti sarebbe piaciuto un finale meno melenso. Ad essere
sinceri anche a me. Però... diciamo che l'intero “capitolo”, se
così lo vogliamo chiamare, è un po' la risposta a quelle tue due
righe (quoto qui: “Però,
insomma, mi piace pensare che Tenten Ama un giorno ricomincerà una
nuova vita, come piace a lei. Una vita in cui non ci sarà bisogno di
elemosinare l'amore per ottenerlo. Insomma, che andrà avanti”).
A questo punto la question: Tenten è andata avanti? Per me sì.
Forse non alla grande, forse non proprio come se lo immaginava lei,
però in un qualche modo ce l'ha fatta.
Prof:
grazie per la recensione curatissima e molto analitica. E' bello
vedere che c'è ancora gente in grado di recensire come si deve ^^ .
RagazzaInnamorata:
ebbene sì, sono una traditrice. Ed è così dolce il sapore della
trasgressione. XD! Cavolate a parte: adoro ancora il NejiTen, ma
penso che questa storia vada “terminata” in questo modo. Un lieto
fine la snaturerebbe, penso. Comunque un bacio anche a te, mia
piccola ammazza-WE xD!
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