No, I don't want no scrubs

di ophelia_5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This is no big deal, this is how we do. ***
Capitolo 2: *** We'll be talking ***



Capitolo 1
*** This is no big deal, this is how we do. ***


C H A P T E R     I
No, I don't want no scrubs


*
 

«Mamma io sto andando, non credo di fare in tempo a fare colazione» disse Georgette scendendo di fretta le scale con lo zaino di pelle nero in mano.
«Ma Georgie lo sai che la colazione è il pasto più importante della giornata, sopratutto oggi che è il primo giorno, poi come farai a scuola? se ti senti male? quante volte te lo devo dire? sempre fare colazione la matt..»
«Mamma è
tardi, tardi, TARDISSIMO! Non ho tempo di fare colazione! La farò li a scuola in caso, prenderò qualcosa alle macchinette al cambio dell'ora non lo so, in qualche modo farò ma devo andare! Ti chiamo appena esco, buona giornata, Je t'aime maman!»

Lasciò un bacio sulla guancia della madre e uscì a malincuore da casa, lasciando sua madre da sola a godersi la colazione. Suo padre era rimasto in Francia per questioni di lavoro quando loro se ne erano venute in Inghilterra, almeno questo era quello che le era stato detto da sua madre, ma sapeva benissimo che in realtà i suoi genitori si erano "separati" da tempo e avevano ricominciato le loro vite senza farsi nessunissimo problema
.

Ma Gette si era abituata subito al clima Londinese, aveva sempre sognato da bambina di vivere in quella grande città e quando a 14 anni si ci era trasferità beh.. non si era dovuta sforzare più di tanto per abituarsi, anzi, aveva trovato subito il suo gruppo di amiche inseparabili, con le quali dandava in classe dal primo giorno in cui si era trasferita senza mai separarsi.
Georgette era la tipica ragazza francese: snob, orgogliosa, con la "puzza sotto il naso" ma allo stesso tempo curatissima e sempre raffinata nei modi. Alta, longilinea, mora, verdi occhi luminosi, un sorriso da fare invidia e quel suo accento così irresistibile, inutile a dirsi, era una delle ragazze più popolari della scuola insieme al suo gruppo di barbie.
La classica ragazza che non si faceva problemi a rispondere (con raffinatezza ovvio), e a fare lei la prima mossa (anche se raramente accadeva), quella che non ha paura di niente. Nessuno le diceva cosa fare, era lei che faceva le regole. E quanto le piaceva insultare tutti in francese senza che loro se ne rendessero conto, era il suo sport preferito, tutto sembrava più fine in francese. Tutti a scuola facevano la fila per sedersi accanto al suo gruppo, ragazzi e ragazze, anche se i posti erano riservati a pochi. Non che lei facesse preferenze sulle amicizie, magari solo un po', ma alla fine il suo "circolo" si era formato da solo; si sa "popolare attira popolare" e viceversa. Ma al contrario di quello che si ci può immaginare c'è sempre il rovescio della medaglia: lei era la classica oca giuliva, per tutti. Certo davanti la elogiavano con i migliori complimenti, neanche fosse la regina d'Inghilterra, ma dietro le dicevano le cose più svariate. Ovviamente lei ne era a conoscienza ma era "il prezzo da pagare" per la fama, diceva.
Era, però, sempre circondata da quell'alone di mistero, nessuno sapeva cosa pensava, nessuno sapeva cosa faceva quando era sola, nessuno riusciva nemmeno ad immaginare cosa sognava, i suoi interessi, le sue abilità, o forse più semplicemente a nessuno era mai interessato davvero.

Ad ogni modo, la nostra storia inizia proprio da qui: Georgette uscì di casa e cominciò a camminare come faceva sempre verso la scuola, lungo la strada avrebbe incontrato le sue amiche. Mentre camminava sentì da una finestra una canzone che non aveva mai sentito prima, un ritmo convolgente, si, ora che ci pensava bene la voce del cantante non le era nuova, un gruppo, si ora ricordava! Aveva ascoltato qualche loro canzone ma questa non le era mai capitato di sentirla, così sorrise pensando che doveva essere destino, sentire quella canzone in quel momento che la colpì così tanto. Cominciò a camminare a tempo e a battere leggermente le mani sulle coscie per riprodurre i bassi muovendo la testa, senza nemmeno rendersene conto.

« Georgette cosa stai facendo? »
« Mandy! Hem.. niente stavo ascoltando quella canzone, bella vero?»   si ricompose

« Si ma qui in mezzo alla strada..»

In effetti era vero, stava quasi ballando in mezzo la strada, imbarazzante, sentì le farfalle nello stomaco rendendosi conto di quello che stava facendo, ma si limito a dire "e chi se ne frega?" e ovviamente Mandy rimase compiaciuta della risposta, era ciò che si ci aspettava da Georgette. La musica si fermò, e dopo pochi secondi scattò la porta della casa da dove quest'ultima proveniva, ma non riuscì neanche a vedere chi uscì  poichè l'amica la trascinò via in un secondo

« E' tardissimo dobbiamo muoverci, le altre sono già in classe hanno detto che non potevano aspettarci, ti rendi conto che stronze? Noi le avremmo aspettate di certo!»
« Umh .. infatti, proprio stronza» disse senza nemmeno pensarci «Sai chi abita in quella casa da dove veniva la musica?»
« No non ne ho idea, ma chi se ne frega no? ahahah»

Georgette rise alla battuta, per circa tre secondi, poi si voltò con una faccia esasperata, odiava quando cercavano di fare le simpatiche a tutti i costi.
Arrivarono a scuola dopo poco e si precipitarono in classe

«Buongiorno professor Martin, scusi il ritardo» disse Gette e si sederono nei due banchi rimasti vuoti
Il professor Martin insegnava letteratura, una materia che piaceva particolarmente alla ragazza che infatti aveva i voti migliori della classe, cosa per cui la elogiavano sempre anche se lei non se ne era mai vantata, non prendeva voti alti per sbatterli in faccia agli altri, ma solo perché scriveva bene, scriveva se stessa, ci metteva tutta se stessa, almeno una volta alla giornata poteva essere lei e scrivere quello che le pareva senza che nessuno leggesse, che nessuno sapesse ( a parte il professore ovviamente) e sopratutto senza aspettative particolari.
Era il primo giorno di scuola, non il primo in assoluto ovvio, ma il primo di ritorno dalle vacanze estive e c'era molta calma nell'aria, tutti erano rilassati e nessuno aveva in mente di cominciare a studiare o a spiegare in quel giorno.

« Allora ragazzi, come avete passato le vacanze? Mary Elizabeth? Josh? Mandy?»
Georgette si voltò a guardare dalla finestra, non che non le importasse sapere cosa avevano fatto i suoi compagni durante le vacanze, beh in effetti non le importava.. ma più che altro era presa dai suoi pensieri, stava pensando a quell'estate passata con suo padre e sua madre che fingevano di essere ancora una famiglia unita, e che la sera litigavano come sempre, oppure quando lei aveva le cuffie e pensavano che non stesse ascoltando, o ancora quando suo padre si faceva qualche goccetto, non era ubriaco ma cominciava a fare discorsi come un pazzo sul fatto che lui le aveva abbandonate e che meritava di morire per questo, per tutto quello che aveva fatto. Lei non sapeva bene cosa era successo, o meglio lo sapeva ma non aveva mai approfondito ma quello che diceva le faceva paura, la morte, anche solo il pensiero. Fuori dal vetro c'era un ragazzo che stava entrando dai cancelli, capelli neri, un po di barba barba, occhiali da lettura, jeans, una maglia nera con dei lupi sopra. Georgette sorrise soffermandosi sulla maglia, suo padre gliene regalava tante di quel genere quando era piccola, infatti lei aveva una sorta di fissazione con la luna e i lupi, e la notte.

«E tu Georgette? sei stata anche quest'anno in Francia?» 
Si riprese dai suoi pensieri e si schiarì la voce
«Hem.. si sono stata in Francia, ho passato le vacanze con mio padre e mia madre..» si accorse che tutta la classe la stava guardando e sentì di nuovo quella sensazione di imbarazzo nello stomaco
«E con i miei amici di lì ovvio, feste quasi tutte le sere, aperitivi sotto la torre Eifelle, cavalcate, eccetera, una figata»
Tutti sembrarono soddisfatti della risposta, si senti anche un sospiro sognante di una ragazza.

La giornata proseguì senza intoppi, la gente fermava Georgette per i corridoi chiedendole come erano andate le vacanze, i ragazzi la salutavano ammiccando, le sue amiche le raccontavano delle loro vacanze da sogno, e tutto era al suo porto.  A pranzo si sedettero tutti insieme al solito tavolo, che era sempre vuoto perché "riservato" per una sorta di gerarchia scolastica che non era scritta, ne mai stata pronunciata, ma tutti ne erano a conoscienza. Le sue amiche mangiarono i loro schifosi pasti dietetici mentre lei prese un pasto completamente normale, il solito. Al suono della campanella tutti si alzarono dai propri tavoli per la penultima ora di lezione, ora in cui Gette avrebbe fatto matematica, non era proprio il suo corso preferito, tralasciando il fatto che lo seguiva da sola, senza nessun amico, ma era una delle materie più importanti quindi pur contro voglia si avvio sola soletta nel corridoglio, verso la classe. Guardava le sue scarpe nere con i lacci bianchi e pensò a quanto fossero anonime, eppure davano quel tocco in più ad ogni abbinamento, erano perfette nella loro semplicità, cosa che lei non era mai riuscita ad essere. Ad un tratto si trovò davanti un muro e andò a sbattere, ma no aspetta.. non era un muro era una persona.

«Scusami non ti avevo vi..»
«MA VUOI STARE ATTENTO BAISE» disse Gette senza nemmeno guardarlo, quando alzò lo sguardo lo riconobbe
«Si vabbe ma stai calma, ti ho chiesto scusa non serve fare tutta questa scena» era il ragazzo con la maglietta con i lupi
«Si ma...» lei che non riusciva a trovare una risposta? cosa?
«Et ce que l'enfer!» disse ringhiando la ragazza senza alzare lo sguardo
« Si si, che diavolo..» disse il ragazzo allontanandosi senza darle peso, un momento, sapeva il francese?

Georgette, si sedette ad una delle panche che erano nel corridoglio, non riusciva proprio a contemplare il fatto di non essere riuscita a rispondere nient'altro che "Eh che diavolo!" cosa le era successo. Si alzò rimettendosi a posto la maglia e infilando le spalline dello zaino e riprese la sua via verso la classe col mento in alto. Entrò in classe, c'era molta più gente di quanta ne ricordasse negli anni precedenti, e tra le tante persone chi non poteva mancare? Esatto, la fortuna volle che l'unico posto libero fosse proprio vicino a quel ragazzo.

«Oh mon Dieu.. ok..» disse tra se e se avvicinandosi al posto vuoto, il ragazzo che stava tirando fuori il suo libro le lanciò un occhiata e fece una smorfia, lei prese posto nella sedia e si mise comoda. Dopo un po' tirò fuori i libri anche lei e li posizionò ordinatamente sul tavolo bianco. Restò a guardare dritto davanti a se per un minuto o due.

« Ok senti, mi dispiace per prima, non sapevo che parlassi francese»
« Il fatto che io parli francese non è proprio il problema»
« Si e forse non dovevo gridarti contro ecco, è stata anche colpa mia, non guardavo dove andavo, scusa..»
« Scuse accettate» disse il ragazzo sorridendo, lei sorrise tranquillizata. Stava li a guardarlo aspettandosi una presentazione un "come va?" qualcosa.. di solito erano sempre gli altri a fare il primo passo. E non capiva di nuovo cosa stava succedendo. Il ragazzo si volto a guardarla distrattamente poi, accortosi che lei lo stava fissando, si volto nuovamente
« C-cosa c'è? qualche probelma?» le disse a bassa voce guardandosi intorno dubbioso
« È? No niente.. comuqnue, piacere io sono Georgette Moreau..» disse la ragazza porgendo incerta una mano
Non le era mai successo di trovarsi due volte di seguito in una situazione di imbarazzo con la stessa persona.
«Ah, piacere mio Daniel Campbell Smith, ma puoi chiamarmi Dan» disse lui stringendole la mano e guardandola negli occhi, poi tornò al quaderno. Lei lo osservò di nuovo in attesa, era.. strano.
« Quindi sei francese? Mi sembrava di averlo intuito in effetti» aggiunse lui dopo un po' senza staccare gli occhi dal professore che nel frattempo aveva cominciato a scrivere qualcosa alla lavagna.
«Si, si sono nata e vissuta in francia fino a qualche anno fa in effetti» rispose Georgette sorridendo e guardandosi le mani
«Forte! Mi piace la francia, non ci sono mai stato ma deve essere bella, io sono di qui invece»
« Si è bella.. molto bella anche se sono di parte»
Lui sorrise alla battuta. Per il resto della lezione un silenzio tombale, un silenzio che la costrinse a stare attenta alla lezione nonostante fosse la penultima ora, pensò che magari quello era il metodo per seguire, stare vicino ad uno che non ti rivolge nemmeno uno sguardo, una parola, niente.
Suonò la campanella e tutti si avviarono verso l'uscita della classe. Dan si alzò dalla sedia e cominciò a riporre i libri e Georgette fece la stessa cosa.
Il ragazzo si stava avviando verso la porta quando ad un tratto si fermò
«Ah comunque ho visto che la canzone stamattina ti è piaciuta, bei gusti»
Lei alzò di botto la testa, era lui allora che aveva messo quella canzone! Dan uscì dalla stanza sorridendo.
Gette infilò tutti i libri nella borsa alla rinfusa e corse fuori dall'aula dietro a Daniel.
« Hey Dan, aspetta!» disse raggiungendolo «Come si chiama quella canzone?»
« Ah allora ti piace proprio! -disse lui ridendo- no, non te lo dico, sei così brava puoi trovarla anche da sola»
« Ma brava di cosa, no aspetta dai dimmelo!»
« Aaah no! Non se ne parla, fammi sapere se la trovi» concluse lui correndo via, probabilmente aveva un ora buca perché si dirigeva verso il parco.
Georgette si recò nell'aula di scienze sbuffando, avrebbe voluto seguirlo e costringerlo a sputare fuori il titolo di quella canzone, ma ce l'avrebbe fatta da sola ok? era in grado di trovarla.
L'ultima ora volò via in un secondo e tutti i ragazzi furono liberi di uscire finalmente da quella prigione. All'uscita Georgette accese il telefono e inviò un messaggio a sua madre "Je suis enfin libre, maman! ahah xx", alzò lo sguardo e vide Dan con altri tre ragazzi che non aveva mai visto prima che si avviavano verso la via di casa sua. Fece per raggiungerli con faccia determinata quando venne afferrata per i fianchi.

«Gette, non mi saluti nemmeno più?»
«Paul, hey.. ciao..»
« Dove vai con questa fretta..?»
« In realtà stavo raggiumgendo quei..»
« Non starai mica veramente frequentando quei tizi? Uno più schizzato dell'altro a partire dal loro "leader", sempre con quelle magliette ridicole e quel quaderno nero, poi quello con i capelli lunghissimi, quello con i baffi, e quello che si veste sempre di nero.. ma dai ti prego»
«Credo che "quello", "quello" e "quello" abbiano dei nomi, e anche il "leader" ne ha uno.»
«Piccola non ti mischiare con questa gente, tu sei migliore» disse lui posizionando il suo braccio palestrato attorno alla schiena della ragazza
« Migliore per cosa? Lasciami in pace Paul et vas te faire encule!» disse lei girandosi dall'altra parte e tornando verso la via di casa
« Mi piace quando parli francese!»

Si diresse allora verso casa visto che ormai Dan e gli altri erano andati, passando sotto la sua finestra sentì delle voci maschili e delle risate. Sorrise pensando alla canzone di quella mattina, cercando di ricordare le parole così da poterla rintracciare più facilmente, ormai era diventata una missione personale, l'abrebbe rovata a qualsiasi costo.


☯  Note dell'Autrice  ☯

Ok buonasera a tutti, come sempre mi è venuta una cosa enorme e senza nessun filo logico CHE BELLO!
Detto questo volevo scusarmi se ci sono alcuni inprecisioni o errori, ho riletto ma potrebbe essermi sfuggito qualcosa
Poi volevo ringraziarvi per aver letto questo primo capitolo, fatemi sapere cosa ne pensate, e lasciatemi qualche commento se vi va, fatemi sapere se volete leggere il seguito insomma.
Inoltre volevo precisare tre cose:
  1. La canzone di cui tanto si parla la scoprirete nel prossimo capitolo eheh
  2. Se non capite qualche cosa in francese ditemelo, anche se sono cose molto basilari insomma
  3. Il fatto che Paul non capisca il "et vas te faire encule" che mi pare molto semplice da intuire, era solo per sottolineare la stupidita del tizio, ecco
  4. La protagonista è una mia omonima, ma non sono io, solo che mi piaceva il nome quindi
  5. mi piace fare i punti
Detto ciò, fatemi sapere mi raccomando, e spero con tutto il mio cuore che vi sia piaciuto! Un bacio enorme a tutti!
Georgette

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Capitolo 2
*** We'll be talking ***


C H A P T E R  II
No, I don't want no scubs

*
 

Tornata a casa Georgette tentò in tutti i modi di liberarsi dalla mole di lavoro che sua madre le aveva lasciato da fare ma non appena finì tutti i lavori domestici ecco che..

«Mon Cheries! Sono tornata a casa e indovina? Ho portato la pizza! Non sei contenta?»
«Maman, non possiamo aspettare una ventina di minuti? dovrei salire un secondo a..»
«Ma no! La pizza si fredda, le bibite si scaldano, no no su a tavola di corsa»

Sbuffando la ragazza si trascinò fino al tavolo e si sedette al suo solito posto, di fronte a sua madre che nel frattempo, facendoli uscire dalla busta di plastica, le posizionò davanti un cartone della pizza che emanava un'odore a dir poco delizioso ed una lattina di coca. Gette aprì l'imballaggio e fece scattare la lattina e cominciò a mangiare con una foga che non si addiceva molto ai suoi modi ma a mali estremi...
Dopo aver rischiato di strozzarsi per due o tre volte, finì tutta la cena mentre sua madre era ancora a metà pizza.

«Ora posso andare maman?»
«Ma.. ma.. ok, va su dai, chissà che cos'hai di tanto importante da fare»

La ragazza si stava precipitando su per le scale quando si rese conto che il tono della madre era dovuto al fatto che la stava lasciando a mangiare da sola, dopo che lei le aveva riportato anche la pizza per cena, e si sentì in colpa, così tornò indietro e la abbracciò promettendole che ne sarebbe valsa la pena e che sarebbe tornata di sotto non appena finito per raccontarle tutto.
Così si ri-precipitò su per le scale e si chiuse alle spalle la posta della camera. Accese il tuo portatile e infilò le cuffie. Sulla barra di ricerca scrisse le parole che ricordava, ma non riuscì a trovare gran chè, dopo di che cercò di ricordare il nome del gruppo ma neanche quello fu un successo. Allora decise di aprire una domanda: qualcuno sarebbe pur riuscito a decifrare il suo linguaggio contorto per riuscire a capire di che canzone si trattava. Aspettò quella risposta aggiornando la pagina circa ogni 5 secondi e andando su e giu per la stanza. Non aspettò tanto, un'oretta circa, un'ora che sembrava un'eternità. Sembravano anni passati alla ricerca di una canzone. La risposta arrivava da un certo KyMmons "Ciao :) Dalla descrizione che hai fatto la canzone sembra proprio Naive, dei The Kooks. Dovrebbe essere lei, se è così fammi sapere e se è lei ottimi gusti! ;)". Scrisse quel nome così freneticamente nella barra di ricerca che sbagliò quattro o cinque lettere, cancellando e riscrivendo, spinse sul tasto invio con il cuore che batteva all'impazzata. Cliccò sul primo risultato e chiuse gli occhi incrociando le mani e ripetendosi "ti prego, ti prego, dimmi che sei tu!".
La musica iniziò.. in modo diverso da quando l'aveva sentita dalla finestra di Dan, la voce era la stessa, anche il ritmo ma non era ancora sicura. La reazione però fu inconfondibile. Cominciò ad ondeggiare con la testa a tempo di musica e sorrise
. Arrivata più o meno a metà la riconobbe, era lei! Stesso pezzo, stesse emozioni, non poteva sbagliarsi. Tornò sulla pagina della domanda "Ti stò adorando oltre ogni limite, sono ore che la cerco, grazie mille mi hai salvata!". Chiuse il pc e lo stacco dal caricatore.
Scese le scale salterellando.

«Mamma! Mamma l'ho trovata, dimmi tu se non è bellissima»
«Ma cosa? Di cosa stai parlando Georgie calmati!» rispose ridendo sua madre

Georgette fece ripartire la canzone da capo, salì sul divano prendendo per mano sua madre e cominciò a ballare. Quest'ultima non la smetteva più di ridere, salì sul divano anche lei, se pure con molta meno facilità, si agitava impacciata al suono della musica ma era felice, come non lo era da tempo, e lo era anche sua figlia non solo perché aveva trovato quella canzone ma anche perché era riuscita a far sorridere di cuore sua madre.

*

Il giorno dopo Gette si svegliò prima del solito, si fece la doccia, mise il suo profumo preferito. C'era il sole fuori dalla finestra, una giornata insolitamente brillante. Mise un vestito grigio con stampate su delle grandi rose a maniche corte che aveva comprato qualche tempo prima e degli stivali neri, poco più alti della caviglia. Scese al piano di sotto e per una volta fece colazione con sua madre. Poi raccolse i capelli in una treccia e si guardò allo specchio prima di uscire di casa con lo zaino sulle spalle.
Appena fuori dal vialetto Laura, una delle sue amiche la salutò dall'altra parte della strada con sotto braccio Mandy e Sara, le altre due. PIANI ROVINATI.

«Ragazze hey!»
«Georgette, stavamo giusto per venire a chiamarti, andiamo! Per una volta che siamo in orario» disse Sara "Certo, come no!" pensò Gette
«No ragazze andate senza di me, devo... devo prendere una cosa per mia madre dalla mia vicina prima»
«Ah ok... allora ci vediamo in classe piccola, a dopo»
Quanto odiava essere chiamata piccola.

Si avviò verso la casa della vicina aspettando che le sue amiche fossero abbastanza lontane.
Ma ovviamente il suo obbiettivo non era la casa della vicina, ma quella di Dan, bingo! Si avviò a passo deciso verso la sua posta e busso tre volte sulla porta di legno. Appena si rese conto del gesto cominciò a pensare che magari poteva essere già uscito, oppure poteva disturbare, magari gli avrebbe aperto sua madre, suo padre, suo fratello, sua sorella, il suo canee cosa gli avrebbe detto? ho sbagliato casa? Forse doveva cominciare ad essere un po' meno impulsiva.
Si spalancò la posta e da dietro sbucò un Dan tutt'altro che pronto per la scuola, con i capelli arruffati e uno sbadiglio in corso. Non appena mise a fuoco che di fronte a lui c'era qualcuno si riprese e si appiatti i capelli.

«Oh Ge-Georgette.. co-cosa ci fai qui?»
«Hey Dan, no, ciao, scusa se mi sono piombata qui, magari avrei potuto dirtelo anche a scuola ma..»
«No figurati -represse uno sbadiglio- dirmi cosa? Ah che maleducato, entra e.. scusa, scusa per il disordine non ospito ragazze o persone nuove da non so quanto» disse ridendo e facendole spazio tra se e la porta.

Gette entrò e si guardò intorno con sguardo curioso, lo stile era molto classico, un arredament fatto in gran parte da elementi in legno, con un grande camino al centro della sala, che era direttamente collegata alla cucina che era anche la sala da pranzo, e poi delle scale di marmo con un tappeto rosso al centro portavano al piano superiore di cui si intravedeva solo il parapetto in legno e una porta semi apera.

«Cosa dovevi dirmi?» disse lui mentre metteva dei libri, che prima erano buttati alla rinfusa sul pavimento, all'interno della sua borsa a tracolla, senza degnarla di attenzioni particolari.
«Che l'ho trovata!» terminò la frase Georgette in tono trionfante
«Oh! Hai fatto in fretta, sapevo che ce l'avresti fatta» perse improvvisamente interesse per i libri e la guardò in viso, finalmente. Cominciòad osservarla da capo a piedi, la ragazza si guardò a sua volta in imbarazzo
«Bel vestito a proposito!» disse distogliendo lo sguardo con noncuranza, tornò ai libri.

Georgette fece qualche passo per la stanza in attesa di qualcosa e si guardò intorno, era arredata molto bene come casa e lei era una che ci teneva a certe cose, le piaceva l'architettura, sopratutto quella d'interni, era una delle sue passioni fin da bambina in quanto suo padre era un architetto e le piaceva leggere tutte quelle riviste che comprava lui e che anche lei aveva continuato a comprare dopo il trasferimento. C'è chi compra vogue, lei comprava A10 o area ad esempio. Sul camino c'era una foto di Dan e quelli che sembravano essere suo padre e sua madre, i due da giovani, lui da piccolo due o tre volte, e poi lui con quei ragazzi con cui lo aveva visto andar via il giorno prima. Sorridevano e sullo sfondo avevano due tastiere. Pensò che fosse un caso, forse si trovavano a una serata di caraoche, un festival, o che so io.

«Ok possiamo andare, o vuoi restare ad ammirare com'è stata costruita e arredata la casa ancora per un po?» disse ironico e leggermente seccato
«No, andiamo, altrimenti faremo tardi» arrossì leggermente e si affrettò verso la porta.

Usciti dal vialetto camminarono per alcuni metri in silenzio
«Non mi hai detto che ne pensi, della canzone intendo»
«E' bellissima! Penso proprio che approfondirò quel gurppo, mi piace proprio tanto»
«Non sono esperto ma è davvero una bella canzone»

Mentre si avvicinavano alla scuola comicniarono a parlare delle cose più svariate, della casa di Dan, della casa di Georgette, di quella che aveva a Parigi. Lui le chiede perché fosse così interessata all'architettura, per la prima volta qualcuno si era accorto di quel particolare di lei senza che lei nemmeno glielo dicesse, e addirittura se ne interessava. Si sentiva al centro dell'attenzione, per la prima volta in senso buono, sentiva che Dan era interessato a sapere cosa le passava per la testa. Era inteligente, e simpatico in fondo, faceva battute un po' tristi a volte ma la faceva comunque ridere.
Arrivati davanti ai cancelli Gette trovò le sue amiche che la stavano, insolitamente, aspettando.

«Gette! Ce l'hai fatta e.. ciao» dissero rivolte a Dan con una linea di "e questo chi è?"
«Ragazze lui è Dan, Dan loro sono Sara, Laura e Mandy»
«Ciao.» disse lui in tono cupo, era tornato quello che avevo conosciuto in classe
«Georgette io... vado. Ci vediamo a matematica, ciao, grazie della visita» e se ne andò senza nemmeno guardarla
«Ciao Dan..»

La cosa brutta era che quel giorno non ci sarebbe stata matematica, quindi era un "quando ci vediamo ci vediamo" non un "appena è possibile ci vediamo" come lei sperava

«Perché giri con quell.. non lo starai mica frequentando spero»
«Mi spiegate cos'avete tutti contro Dan?»
«Ma è uno sfigato non lo vedi? Ed oltre a ciò è anche musone, non fa un sorriso nemmeno a pagarlo»
«Si vede che non lo conosci, è molto simpatico in realtà mi ha fatto..»
«Tu non frequentarlo e tutto sarà normale, o se devi, fallo in segreto almeno non davanti a tutta la scuola, ora andiamo, abbiamo tempo per trovare posti vicini»

A pranzo Georgette incrociò Dan che stava con i ragazzi dell'altro giorno, gli sorrise calorosamente salutandolo con la mano, ma lui si limitò a farle un cenno e per tutta la mattina più lei lo cercava e cercava di avvicinarsi, più lui la ignorava o si nascondeva.

«Georgie oggi pomeriggio shopping in centro? Ho visto su una rivista che questo periodo vanno i jeans tagliati a mezza gamba, no non con il risvolto Sara ho detto tagliati, ma li leggi i giornali? dove vivi? Comuqnue stavo dicendo, dobbiamo andare in quel negozio che ha sempre tutto e devo comprarne come minimo 3 pa...»
«No Mad, non posso, devo accompagnare mia madre al negozio di musica, devo comprare le corde nuove per il violino, e qualche spartito»
«Tua madre rompe proprio eh! Ma da quando suona il violino?»
«Mandy.. Io suono il violino, da anni»
«Ma si lo sapevo, stavo solo scherzando..»

Dopo questo, Georgette decise che era arrivato il momento di finire la giornata scolastica, il suo limite di sopportazione nei confronti di quelle tre diminuiva giorno dopo giorno. Così le salutò "calorosamente" e se ne tornò sola verso casa, infilando le cuffiette. Aveva scaricato quella canzone la sera prima, così la mise in riproduzione e subito alle prime note un sorriso spontaneo le invase il viso.
Passò sotto casa di Dan. Era affacciato dalla finestra, stà volta non si sarebbe fatta prendere in giro, così gli fece solo un cenno con l'angolo della bocca, ma lui le disse qualcosa.

«Cosa?»
«Mi ero dimenticato che oggi non c'era matematica»
«Sei molto sveglio mi dicono»
«Hey sei tu che mi sei entrata in casa quando mi ero appena svegliato stamattina»
«Ah ah»
«Cosa fai oggi?» co-cos'era? una proposta? voleva sapere cosa avrebbe fatto nel pomeriggio per invitarla?
«Hem.. devo fare alcuni giri con mia madre, credo, forse, e tu invece?»
«Io niente, mi vedo con i miei amici e lavoriamo, dove vai con tua madre?» o forse non era per invitarla
«A... a fare dei giri, niente di importante, tu? a cosa state lavorando?»
«Aaaah non si può dire, mi dispiace, c'est un secret »
«Il francese è un mio diritto riservato, e comunque perché è sempreto? dai! Non posso scoprirlo in altri modi»
«Quando tu mi dirai cosa devi fare oggi, veramente, io ti dirò il mio segreto»
«Fa come vuoi, non dirmelo -fece una linguaccia e rise- ora devo andare, mia madre mi aspetta per andare»
«Ok ragazza mattiniera, ci vediamo» disse lui salutando con un sorriso
«Ciao!» ricabiò il sorriso, il "ci vediamo" già era qualcosa di meglio

Sua madre la sorprese con la macchina già fuori dal vialetto, così Gette saltò su.
In pochi minuti furono davanti al negozio di musica e la donna prese qualche banconota dal portafogli e le diede alla ragazza dicendole di comprare quel che le serviva e di non metterci delle ore come sempre.
Spinse la grande porta in vetro, ogni volta che qualcuno entrava si sentiva un suono di una chitarra che suonava azionata dal sensore, le piaceva quel negozio, era uno dei suoi porti preferiti, ci si sarebbe potuta perdere nonostante non fosse così grande. Chiese al commesso le corde che aveva già prenotato (la settimana precedente le avevano terminate) e così mentre il ragazzo le cercava nel retro lei cominciò a curiosare tra le raccolte di spartiti, ne prese uno sulla musica classica italiana che era anche storia dei brani e degli autori, non solo spartiti, era emozionata all'idea di suonare pezzi originali e di artisti così lontani da lei. Poggiò il libro sul bancone e si addentrò nel reparto chitarre, sapeva strimpellare anche un po' di chitarra da auto-didatta, niente di che a dirla tutta ma le piaceva saper suonare uno strumento con cui poteva fare tutte le canzoni che voleva. Ad un tratto sentì due voci femminili ridere, poi il suono di una delle chitarre, una canzone che andava molto in quel periodo fatta in versione acustica. Si avvicinò alle due e le osservò. Una aveva i capelli neri, lunghi e lisci, e stava battendo il tempo sulle gambe in piedi, l'altra seduta, imbracciava la chitarra e suonava, aveva capelli castani che sfumavano verso il biondo e occhi solari che alla luce del sole sembravano di un verde acceso. Nessuna delle due cantava, ma la ragazza seduta suonava così bene la chitarra che era come se parlasse lei per loro.

«Hey sei vuoi puoi avvicinarti, non ci guardare da lì dietro come una stalker» disse la ragazza dai capelli neri
«Scusate non volevo essere invadente»
Anche l'altra ragazza alzò lo sguardo sorridendo
«Ma che invadente vieni, noi siamo Sophie e Joanna piacere»
«Io sono Georgette, piacere, ma potete chiamarmi come volete»

Passai quasi una mezz'ora a parlare con quelle due perfette sconosciute di cui sapevo solo il nome, non so perché ma c'era una certa complicità tra di noi, scoprì che entrambe frequentavano una scuola privata, un po' lontana dal mio quartiere ecco perché non ci eravamo mai viste. Ad un tratto mi resi conto che erano tre quarti d'ora buoni nei quali mia madre era rimasta in macchina ad aspettarmi. Ci scambiammo i numeri di telefono, su mia iniziativa (ero più disponibile del solito ultimamente) e poi scappai via, pagando le corde e il libro. Tornai in macchina e mi giustificai con mia madre raccontandole l'incontro. Poi a casa cambiai finalmente le corde al mio violino che non toccavo da troppo tempo, po accordai al meglio che potevo e aprii il libro sul leggio arruginito. Prima ancora che iniziassi il primo pezzo del libro vibrò il cellulare sul tavolo, le ragazze di oggi avevano fatto un gruppo chiamato "Musicistin" così potevamo parlare, sorrisi pensando a quanto fossero disponibili e in un certo senso affettuose con me che conoscevano da nemmeno due ore. Feci una foto al violino e scrissi "torno tra poco, scusate" sapevo che potevano capire.
Cominciai a suonare, mi mancava sentire le corde sotto i polpastrelli, mi mancava sbagliare una stessa battuta mille volte per poi accorgermi che l'errore stava solo nell'interpretazione, mi mancava appuntarmi le mille cose incomprensibili ai lati dello spartito e infine mi mancava sentirmi ogni volta la protagonista di un concerto privato che mi rendeva felice.


☯  Note dell'Autrice  ☯

Allooooooora, salve a tutte ragazze e (perché no?) ragazzi
E' venuta una cosa enorme? è venuta una cosa enorme si! Comunque sia spero che voi arriviate fino alla fine in un soffio, perché vi piace, ok stò sparando cose a caso lalala
Sono molto felice perché in questo capitolo introduco due persone molto importanti che mi hanno chiesto di esserci e io non potevo rifiutare visto che fanno parte della mia seconda "famiglia" quindi un saluto speciale a Fofi Ezra (Sofia, la nostra apri concerti ufficiale e preferita) e a Jorge (Giorgia, mia omonima e la woody del mio cuore)
.
In fine volevo scusarmi se ci sono introduzioni forzate di aggeggi elettronici e di cose come Yahoo, Whatsapp, computer e telefono che non siamo molto abituate a vedere nelle ff (mi pare).
Fatemi sapere cosa ne pensate con qualche recensione, sia che vi piaccia, sia se avete critiche construttive (le accetto con moolto piacere perché devo migliorare) e un bacio a tutti.
Georgette

p.s. ho scritto tutto ciò alle 00.33 se ci sono errori chiedo venia a voi notturni che leggete, domani riletto tutto e correggo (ho la legge del "a 50 visualizzazioni publico il capitolo" e NON potevo aspettare, no) notte piciolini




 

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