Cuore di ghiaccio

di yizu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


<< Ehi, mi ascolti? >>disse quella voce così famigliare. Mi voltai notando che Armin si era fermato in modo abbastanza scocciato guardandomi con le braccia conserte. << No, scusami. >>. << Ma cos' hai? >> chiese avvicinandosi a me mettendomi una mano sulla spalla. << Sono preoccupata per il concorso di matematica. >> dissi abbassando lo sguardo. << Tranquillizzati su, sei sempre stata la migliore in matematica, e la migliore rimarrai. Dopo di me ovviamente. >> rise dandomi una leggera pacca sulla spalla. Reagii ridendo leggermente e riprendendo il percorso verso scuola. Armin aveva la media del 5, e colsi il sarcasmo nelle sue parole, ma non quel giorno, non in quella situazione. E' vero, avevo quell' importante concorso, ma non era quella la causa della mia tensione. Avrei incontrato mio padre dopo 13 anni che mi ignorava. Dopo 13 anni che si era separato da mia madre, lasciandomi così vivere la mia vita senza una presenza paterna. Avevo 6 anni quando successe, non capivo cosa succedesse e pensavo fosse tutto un gioco. All' epoca non ero quella brava a scuola. Non ero quella ribelle, Non ero quella seduta all' ultimo banco. Non ero emarginata e neanche la più popolare. Non ero quella con mille ragazzi ai propri piedi, ma il mio cuore ne soffriva. Ero semplicemente Elena. La ragazza mora che non aveva mai pensato che quella sarebbe stata l' ultima volta che avrebbe visto il padre e che questo non l' avrebbe minimamente toccata. Io ero diversa. A 17 anni ero già totalmente indipendente. Non avevo mai sofferto per amore. A scuola avevo voti ragionevoli. Di amici ne avevo abbastanza, e anche se mi tradivano io rimanevo impassibile. Mia madre è presente poco e niente, ma non do peso a questo. Non avevo mai pianto. Non avevo mai avuto fobie. Non mi ero mai ammalata. Eppure, papà mi lasciò a mamma, scappando dalla realtà e senza rendersi conto che io, semplice bambina, quel giorno, smisi di avere emozioni negative. E per quanto possa essere vantaggioso, questo mi rese il pezzo di ghiaccio della situazione. Io ero per tutti la ragazza di ghiaccio. Ma mi andava bene così , perchè non riuscivo a essere triste. Avevo imparato a essere tesa, preoccupata, ma non delusa o triste. E non volevo impararlo.

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Capitolo 2
*** Cap. 1 ***


<< Bene, il tempo è finito! Consegnate i vostri test in ordine alfabetico. >> Disse la voce squillante del professore mentre trascrivevo il risultato dell' ultima equazione. Mi alzai lentamente e consegnai sicura di aver fatto pochi errori. All' uscita aspettai come sempre Armin, che però non uscì. Restai una mezz'ora buona a cercarlo, ma senza risultati. Sembrava dissolto nel nulla. Così mi diressi verso casa, decidendo di chiamarlo più tardi. << Sono a casa! >> annunciai appena entrata, sentii solo dei mormorii provenire dalla cucina e così andai verso quella stanza. Appena entrai notai un uomo sulla cinquantina con pochi capelli in testa, una corporatura non troppo robusta e dei occhi verde smeraldo come i miei. Furono questi ultimi a farmi comprendere chi fosse la persona in questione. Notò solo dopo la mia presenza, insieme a mia madre che mi sorrise leggermente. << Ciao papà. >> dissi a bassa voce, perchè non ero sicura che lui fosse chi pensavo. << E-Elena!? >> disse con gli occhi lucidi e con un sorriso stampato sul viso. Annuii leggermente mentre lui si avvicinava a me e mi abbracciava. Ricambiai l' abbraccio semplicemente. Ogni persona avrebbe avuto rancore, ma non io. E questo non mi dispiaceva. Quando si staccò mi accarezzò il viso con il pollice, mentre io accennavo un piccolo sorriso. Dopo ore di conversazione, aperte grazie a mamma che non faceva altro che parlare dei miei meriti, lui si alzò e salutandomi amorevolmente se ne andò. Verso le 19 il campanello suonò a andai ad aprire io. Una volta aperto mi si parò davanti un Armin arrabbiato che si gettò sul divano dove pochi minuti prima ero seduta io, avvolta dalle coperte e con la tv accesa a guardare Glee. Chiusi la porta guardandolo sconcertata. << Ciao anche a te Armin. >> dissi avvicinandomi e rimettendomi sotto le coperte come nulla fosse accanto a lui. Lui mi imitò, per poi rimettersi a vedere con me Glee. Per noi era normale comportarci in quel modo. Avevo capito che stava male, e conoscendolo non ne avrebbe parlato subito. Aveva bisogno, prima di tutto, di pace, cosa che, a quanto pare, Glee gli stava dando. Dopo qualche minuto poggiò il suo braccio sulla mia spalla stringendomi a lui, e consentendomi di potermi poggiare sul suo petto. Quando la puntata finì, mi voltai verso di lui e sorrisi leggermente, lui ricambiò. << Grazie El >> disse con tono calmo e riposato. << Ti va di raccontarmi cosa succede ora e perchè all' uscita non c'eri? >> << Ho litigato con mamma per il mio disordine >> disse alzando le spalle. << Ah capisco, quando hai intenzione di dirmi la verità fammi uno squillo >> dissi fingendo di posare la mia attenzione sulla pubblicità, poichè presa a pensare a cosa turbasse Armin. << Ti è mai piaciuta qualcuna così tanto da diventare pazzo? >> Se ne uscì lui dopo un pò. Mi voltai cercando di leggere quelle iridi azzurre in cui sempre più spesso mi imbattevo. Restai a fissare i suoi lineamenti, più morbidi rispetto a prima. Quando se ne accorse mi sorrise. Io mi decisi a rispondere. << Non sono lesbica, ma se lo fossi penso possa succedermi. Chi è la fortunata? >> Ridacchiai per sdrammatizzare. << Debrah Olsen, ma ho scoperto che è fidanzata con un certo Castiel. E l'ha baciata davanti a me. >> disse lacerando di rabbia quei suoi occhi di ghiaccio e facendomi capire la successione dei fatti. << Quella ragazza castana e bassa di terza? >> chiesi alzando un sopracciglio. << Sì, la conosci? >> << Frequento con lei il corso di arte, se vuoi ci parlo io. >> << Non penso che tu riesca a convincerla. E' abbastanza chiusa e non siete neanche amiche. >> << Uhm, qualcosa mi dice che tra qualche settimana mi dovrai un grosso favore >> dissi maliziosa, mentre lui non capiva. << Spiegati >> << Diventerò la sua migliore amica, e quando starete insieme potrò allontanarmi tranquillamente. >> Ricevetti un sospiro come risposta. <> Dissi in modo convincente. << Spara >> << Se riesco a farti uscire con Debrah, tu mi aiuti con storia dell' arte. Ho un' insufficienza che devo recuperare. >> Allungai la mano in attesa di una stretta che confermasse il tutto. Chi l' avrebbe mai detto che quello sarebbe stato solo l' inizio dei miei guai.

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Capitolo 3
*** Cap. 2 ***


<< Ma sei sicura di volerlo fare? >> chiese per l' ennesima volta Armin mentre attraversavamo il cancello della scuola. << Ti ho già detto di sì un milione di volte >> dissi sbuffando, avvistando una figura bassa, castana, ma molto famigliare ai miei occhi. Salutai con un cenno Armin, che ricambiò con un bacio sulla guancia mentre si dirigeva verso i suoi amici che io non avevo mai provato a conoscere per il mio puro menefreghismo. Dopo qualche secondo riuscii a fare il più credibile dei miei falsi sorrisi e mi avvicinai a lei con passo sicuro. Era appoggiata al muro con un libro in mano, e questo subito mi incuriosì. Amavo leggere, e se anche lei amava farlo sarebbe stato tutto molto più facile. << Ehi >> dissi in modo cordiale. Lei non mi rispose, troppo presa a leggere probabilmente. << Ehii >> dissi alzando leggermente la voce. Ancora nulla. A meno che io non sia diventata un fantasma non capivo il suo non rispondere. La sua era pura indifferenza e questo mi stava facendo innervosire. << Oh, ma mi vuoi rispondere!? >> dissi alterata. Già alla prima parola avevo fatto sobbalzare Debrah, che mi guardò con sguardo confuso. Ad un tratto la vidi toccare il suo orecchio, nascosto dalla folta capigliatura e sganciare un auricolare. Brava Elena, iniziamo bene. << Scusa, non ti stavo ascoltando per via di questi >> disse mostrando i suoi auricolari, che subito dopo tolse definitivamente posandoli all' interno del suo borsone. << Volevo solo chiederti che cosa stai leggendo >> dissi cercando di apparire con la mia solita " innocienza ". << Leggevo Nicholas Spark, " la risposta è nelle stelle ". Lo conosci? >> Disse dolcemente. << Sì, l'ho finito di leggere qualche giorno fa, è davvero sorprendente come ogni volta Spark riesca a trasparire così tante emozioni in un libro >> Dissi pensando al finale di quel magnifico capolavoro. << Tu frequenti con me il corso di arte, giusto? >> Chiese lei, più agevolata dalla mia risposta precedente. << Sì, che ne dici se oggi ci mettiamo vicine così ascoltiamo qualcosa insieme? Ho dimenticato a casa gli auricolari. >> Dissi con la prima scusa che mi venne in mente. << Certo, io vado che alla prima ora ho storia, ci vediamo. >> disse allontanandosi facendomi un leggero cenno che io ricambiai. Mi appoggiai anche io al muro lasciandomi cadere a terra per la troppa stanchezza che avevo nel sorridere così falsamente e nel recitare la parte della brava ragazza socievole. Non che non lo fossi, ma quei pochi amici che avevo mi bastavano, e odiavo farmi i cosiddetti ' nuovi amici ' che poi ti mollano alla prima richiesta d' aiuto. I miei pensieri furono interrotti da Armin che si sedette vicino a me. << Fammi indovinare, non ti ha cagata minimamente e per questo stai pianificando la tua vendetta. >> Sghignazzò lui pensando di aver ragione, gli sorrisi di rimando. << Oggi ad arte disegneremo insieme ascoltando ciò che piace a lei, credo mi abbia cagata. Non pensi? >> << Okok, non ti sottovaluterò mai più >> Disse sorridendomi anche lui. << Ricordati il patto però. >> Dissi tornando seria. << Certo che lo ricordo. Io avrò lei. >> << E io il mio 6 in storia dell' arte. >> << Perfetto >> disse dandomi il cinque. Ad un tratto passò un ragazzo alto e con i capelli rossi che lanciò un' occhiataccia ad Armin, mentre io lo squadravo. Quando se ne andò, notai che le nocche del ragazzo accanto a me erano diventate bianche. Doveva essere lui Castiel. Gli accarezzai il dorso della mano, che però non si ammorbidiva. Armin stava andando in pezzi per quella ragazza, e la causa era quel coglione. << Giuro che lo ammazzo. >> disse con i denti stretti, come se stesse pianificando un omicidio. << Calmati, mi occupo io di lui >> dissi senza pensarci. << Ma cosa stai dicendo? Quello è il doppio di te! >> disse guardandomi sconcertato. << Ricordi quando mi dissi che l' amore distrugge le persone? >> << Sì, ma lui è fidanzato. >> disse tornando ai suoi lineamenti duri. << Non per molto. >> Sorrisi maliziosa. Anche se il mio piano equivaleva a fare la figura della puttana, non avrei mai permesso a nessuno di far soffrire il mio migliore amico. Non con me nei paraggi.

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Dopo le mie 5 ore, tra cui quella di arte con Debrah, me ne tornai a casa insieme ad Armin, invitato da mia madre il giorno prima a pranzo. << Ancora non ci credo che tu l' abbia convinta a darti il suo numero di telefono e a farla venire a casa tua sabato sera >> disse toccandosi la fronte come se controllasse di avere la febbre. << L' ho fatto invece, ed è solo l' inizio. >> Gli feci l' occhiolino mentre lui sorrideva guardando il marciapiede. << Dimmi di più su questo Castiel. >> dissi guardando in lontananza la mia casa. << Fa il quarto anno, come me, diciamo che è uno che fa incantare facilmente, ma non voglio che tu abbia a che fare con lui... Finiresti per metterti nei guai anche solo parlandoci. >> disse serio, posando una mano su una delle tasche del suo zaino estraendone la PSP. << Qual è il problema se lo faccio? >> << Tu non sei così crudele da far male a qualcuno, tanto meno da prendere in giro tanta gente. E Castiel ti spezzerebbe il cuore alla fine... e poi non è questa la Elena che conosco. >> << Tutti abbiamo una parte buia. >> << Ma è come se tu non l' avessi mai avuta, e vederti in questo stato di cattiveria pura è strano. >> disse cercando di avvicinarsi, io non opposi resistenza. << So che sto sbagliando, ma voglio solo aiutarti... per favore, lasciami fare. >> dissi con occhi da cucciola. << Ti odio stronza >> disse riferendosi ai miei occhi da cucciola che ogni volta riuscivano a persuaderlo. << Anche io ti voglio bene >> dissi abbracciandolo, mentre lui ricambiava dolcemente. Erano passate due ore ormai che Armin continuava a giocare alla PSP, mentre io me ne stavo allungata sul suo stomaco a giocare con il telefono. Quando mi accorsi dell' ennesimo scatto d' ira di Armin sghignazzai. << Rinunciaci >> dissi togliendo il videogioco dalle sue mani per poi giocare anche con quello. << Posso riuscirci, lo giuro. >> disse come un bambino che cercava di convincere la mamma che avrebbe subito iniziato a fare i compiti, nonostante ci fosse Dragon Ball in tv. << Hai mai parlato con Debrah? >> me ne uscii dopo che anche il gioco aveva iniziato a scocciarmi. << No, diciamo che l' ho conosciuta attraverso Castiel. Ma quando ho detto a Castiel di essermene innamorato, nonostante non la conoscessi, ho litigato con lui. >> disse buttando il cellulare sul letto. Lo guardai sconcertata. << Tu e Castiel eravate amici? >> << Sì, perchè? >> disse attratto dal giochino che avevo appena perso per guardarlo. << Se le cose stanno così, è tutto più semplice. >> dissi ammiccando, mentre lui fingeva di non aver sentito perchè non gli teneva di farmi ulteriori domande. << Ehi Deb! >> dissi aprendo la porta ad appunto Debrah. La settimana era volata, e il weekend si era presentato come al solito piovoso. Quindi cosa c'era di meglio che stare con una miss perfettina, a vedere film deprimenti, e mangiare schifezze che ti fanno ingrassare mille chili al minuto? Nulla, infatti. << Ciao El. >> Mi sorrise lei leggermente. In quella settimana ci eravamo sentite poco e niente poichè entrambe impegnate con la scuola, ma comunque molti parlavano di lei a scuola e mi ero fatta una mezza idea sul suo carattere. La feci entrare mentre mamma la accoglieva con la tipica sceneggiatura di una madre quando incontra una nuova amica di sua figlia. << Mamma, noi andiamo in camera mia >> dissi strattonando per un braccio Debrah che in modo perplesso non obiettò e mi seguì. Quando entrammo le mostrai la mia stanza, e 10 minuti dopo eravamo già pronte con i pacchetti di haribo e patatine giganti. Al contrario di quanto pensavo, aveva portato " un weekend da bamboccioni ". Ovvero il miglior film comico che avessi mai visto. Aveva buoni gusti la ragazza. A metà film controllai l' orologio, mentre le battute di Adam Sendler facevano morire dalle risate Debrah. Proprio come programmato, 5 minuti dopo sentimmo bussare alla porta della mia stanza, e feci cenno alla mora di aprire al posto mio. << Ehi! >> disse notando il "piccolo" casino fatto da noi, per poi concentrarsi sugli occhi di Debrah che lo scrutavano curiosi. << Armin, che ci fai qui? >> domandai bloccando il film e raggiungendolo maliziosa. Tutto andava liscio come l' olio. << Ero venuto a riportarti la tua giacca, l' hai dimenticata in classe. >> disse fingendo indifferenza nei confronti di Debrah, e porgendomi la giacca che avevo lasciato a lui apposta. << Debrah, lui è Armin. Armin, lei è Debrah >> dissi notando l' imbarazzo di quest' ultima. Armin si avvicinò a lei sicuro porgendole la mano che lei strinse nervosa. << Non mordo, tranquilla >> Risero leggermente entrambi, mentre io guardavo addolcita la situazione. << Io vado allora, è stato un piacere conoscerti Debrah, ci vediamo domani El. >> Se ne andò con gli occhi che gli brillavano mentre io cercavo di trattenere le risate salutandolo. Quando il film finì ci misimo a parlare un pò di tutto, finchè non toccammo l' argomento ragazzi, come da me sperato. << Allora moretta, passiamo alle domande serie. Come stai messa in amore? >> Risi, mentre lei arrossiva dall' imbarazzo. << Sono fidanzata da poco con un ragazzo che si chiama Castiel, non so se lo conosci. >> disse con il nervoso addosso. << Ne ho sentito parlare. >> ammiccai. << Tu invece? >> Sospirai leggermente, per rendere più drammatico ciò che volevo dire. << Mi piace Armin da 4 anni. Ma lui è il mio migliore amico e non prova nulla per me, se non amicizia. >> dissi fingendo di starci male, mentre vedevo comparire sul viso di Debrah un sorriso. Segno che, il mio piano, stava funzionando alla grande.

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Capitolo 5
*** 5. ***


<< Assomigli molto a me prima che mi mettessi con Castiel, perchè non glielo dici semplicemente? >> Domandò deludendo la mia aspettativa. << Come? Non lo sai? Lui ha una ragazza. >> Dissi con la prima scusa che mi venne in mente. << Allora invitalo a uscire da soli e vedi che succede. >> Disse con un' alzata di spalle. << Mi vergognerei a chiederglielo. >> Ammisi con la mia recitazione da oscar. << E se facciamo un' uscita di coppia? >> Domandò facendo proseguire il piano come volevo. << Lo faresti davvero? >> Sorrisi dolcemente. << Certo, tutto per le mie amiche. >> Rimasi sorpresa dalla sua affermazione, ma finsi l' ennesimo sorriso della serata. << Ti vuoi calmare? Andrà tutto bene. >> Dissi scocciata ad Armin, che si lamentava del fatto che avessi detto a Debrah che lui era fidanzato, via telefono, un' ora prima dell' appuntamento. << Ok, ma non mi sta bene questa cosa. Avresti potuto chiedermelo. >> Disse facendo respiri profondi, come se fosse lui quello che deve uscire con persone che manco sopporta. << Sai che non ti sopporto per niente, vero? Piuttosto ringraziami. >> Dissi mantenendo la calma come al mio solito. << Fatti trovare pronta alle 9 o ti lascio a piedi, ciao. >> disse con la sua solita " dolcezza ". Riattaccai sentendo lo stomaco punzecchiarmi dal nervoso. Neanche mi aveva ringraziato dopo tutti gli sforzi che avevo fatto per permettergli un' uscita con Debrah. Neanche sapevo perchè stavo lì ad aiutarlo invece di starmene a guardare la tv facendomi i cazzi miei. Ma ormai ero troppo dentro, e quindi, o continuavo il piano, o avrei dovuto spiegare mille perchè a tutti. Misi quei vestiti che non metto mai perchè troppo femminili. Misi una linea di eye-liner impercettibile, e lasciai i miei capelli castani sciolti cadere sulle spalle. Li avevo lunghi e mossi alle punte, e si adattavano perfettamente al vestito nero con la fascia bianca appena sotto il seno. Solo quando sentii il campanello suonare mi accorsi dell' orario. Erano le 9 e 5. Uscii dalla mia stanza e salutai mamma che mi fece il solito interrogatorio, prima di raggiungere Armin. Indossava un pantalone nero aderente e una maglietta bianca, semplice ma efficace. << Ciao >> dissi fingendomi incantata. << Ciao >> disse scocciato, capendo che mi stavo allenando a mentire. Nel tragitto casa-ristorante non parlammo, tranne per qualche occhiatina che ci fece comprendere che bene o male, almeno per quella sera avremo dovuto fingerci come sempre. Una volta arrivati, mi fece un sorriso e mi aprì con un inchino la portiera della macchina di suo padre. Risi leggermente, mentre ci dirigevamo all' entrata del ristorante dove Castiel e Debrah avevano visto tutta la scena abbracciati. Vidi le nocche di Armin irrigidirsi come l' ultima volta, e gli strinsi la mano per calmarlo regalandogli uno dei miei migliori sorrisi. Ok, ero arrabbiata con lui. Ma rimaneva il mio migliore amico, e se non gli stavo accanto io, chi lo faceva? << Elena ti presento il mio ragazzo, Castiel ti presento la ragazza di cui ti ho parlato. >> Disse Debrah cordiale. Castiel mi porse la mano e io gliela strinsi dolcemente, sforzandomi di far diventare rosse le mie guance. Appena sciogliemmo il saluto, fece l' occhiolino ad Armin, che sorrise. Anche se falsamente. Appena entrammo Castiel ci fece sedere al tavolo da lui prenotato. Ero seduta vicino ad Armin e di fronte avevo il don Giovanni di Deb. Una volta ordinato, Castiel cominciò a chiederci come ci eravamo conosciuti. << In prima media, stessa sezione, compagnie diverse. Siamo diventati amici solo quando sono entrata in prima superiore. >> Dissi inventandomi una cazzata sul momento, a cui Armin rispose con un leggero calcio da sotto il tavolo. Lo guardai fingendomi felice, ma lui riusciva a leggere il mio fastidio nei suoi confronti in quel momento. << E voi invece? >> Continuò Armin. << Diciamo che mi ha aiutato senza che glielo chiedessi a smettere di essere un puttaniere, facendomi innamorare. >> Rispose il rosso guardando la sua ragazza che gli strinse la mano. Distolsi lo sguardo un attimo e mi sembrò di vedere mio padre. Chiusi gli occhi un attimo e subito dopo sparì. Ora avevo anche le allucinazioni, bene. << Scusatemi un attimo. >> dissi alzandomi e uscendo fuori. Mi serviva una boccata d'aria. Armin mi guardò perplesso uscire, per poi raggiungermi con estrema calma. << Tutto ok? >> Chiese cercando di analizzare il mio sguardo perso. << Sì, cercavo solo di non vomitare lì dentro. Sembrano usciti da una storia della Disney. >> Risposi fingendo di avere la nausea e facendogli scappare un sorriso. << In effetti stavo pensando la stessa cosa. >> Rise scuotendo leggermente i capelli per tenerli più in alto. << Avete legato molto tu e Debrah in questo periodo. >> Disse con tono perplesso, come se insicuro della mia risposta. << Quella santarellina non è tanto male, è quasi accettabile. >> Feci uscire dalla mia bocca senza starci troppo a pensare. << Ora che ti è passata la nausea, che ne dici di rientrare? Si gela qui fuori. >> Mi sorrise, io ricambiai e rientrammo come se nulla fosse. Il resto della serata la passammo normalmente, a parlare dei nostri hobby, le materie a scuola, e tutte le cose di cui sinceramente non me ne importa assolutmente nulla. Armin e Debrah avevano legato quella sera e io cominciai ad avvicinarmi a Castiel. Armin era stato uno stronzo, ma non l' avevo mai visto così felice, e a me bastava questo. Mentre quest' ultimo mi riaccompagnava a casa, avvistai un nuovo bar, e visto che la mattina non me ne teneva di stare sempre con mia madre, pensai che provare a mangiare lì non era una brutta idea, alla fine. Scendemmo dall' auto ancora un pò arrabbiati uno con l' altro, ma quando arrivammo sulla porta fu inevitabile fare un piccolo sorriso. << Grazie della bellissima serata, sei un' amica. >> Mi lasciò un bacio sulla guancia prima ancora che potessi rispondergli male, poi se ne risalì nell' auto e con un cenno se ne andò mentre sorridendo rientravo in casa. Ho il migliore amico più lecchino del mondo, ma lo adoro comunque.

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Fu il suono del telefono a sconcentrarmi dal mio pc che sembrava essere più lento del solito. Mi allungai con la mia solita pigrizia, prima di impugnarlo e rendermi conto che il messaggio essendo di Facebook potevo visualizzarlo anche dal pc. Ma alle 3 del mattino ero poco lucida per ragionare. Era un messaggio di Armin. << Sei sveglia? >> No guarda, sto su Facebook nel sonno. << Sì >> Risposi semplicemente per non fargli notare come a quest'ora sia irritabile. << Apri skype, mi annoio. >>. Posai il telefono sul comodino e aprii la finestra di skype. Pochi secondi dopo il suono di Skype mi fece sobbalzare, e risposi alla chiamata. << MI SENTIII? >> Urlò con una voce più squillante del solito. << Sì, ma abbassa la voce, mamma pensa che stia dormendo! >> Dissi scocciata, mentre lo vedevo assumere un sorriso malizioso. << E adesso che ti prende? >> Dissi scocciata incrociando le braccia al petto. << Sei in reggiseno. >> Ridacchiò lui. << è come se stessi in costume eh, e poi fa caldo, cosa ti aspettavi? Che indossassi un maglione di lana? >> Alzai gli occhi al cielo, mentre ascoltavo Armin darmi ragione. << Siamo acide eh. >> Rise ancora, contagiandomi alla fine. << Guarda che non ti ho mica perdonato. >> Dissi facendo la finta offesa. << Ti va di fare una minchiata pazzesca? >> Disse subito dopo come non avessi detto nulla. << Tipo rompere il tuo specchio? >> Risi mentre mi lanciava un' occhiataccia. << Intendevo qualcosa di bello. >> Risi di nuovo, mostrandomi interessata a ciò che stava dicendo. << Andiamo nella piscina dei nuovi vicini? >> Sorrise a 360°. << E quando? >> Domandai poco convinta. << Ora, sono le 3 del mattino, non si accorgeranno di nulla. E torneremo prima che qualcuno si accorga della nostra assenza. >> Disse alzandosi e spostando il suo pc alla finestra in modo da mostrarmi la villa dei suoi vicini ricchi. << Non lo so, e se ci beccano poi... >> Dissi abbassando lo sguardo. << Ho capito, hai paura. >> Sorrise. << Certo che no, Elena non ha paura di nulla. >> Dissi senza pensarci due volte. << Allora vieni con me. >> Disse in tono di sfida. << Ci vediamo lì, non tardare. >> Sorrise. << Ricordati di indossare una maglietta, bad girl. >> Risi anche io, terminando la chiamata e andando verso l' armadio mettendo le prime cose che capitavano. << Quindi voi siete andati alle 3:30 di notte, nella casa dei vostri vicini, nella loro piscina, a fare porcherie, per puro caso? >> Chiese l' agente di polizia, mentre Armin sparava cazzate per cacciarci fuori dai guai. Sospirai facendogli cenno di smettere di parlare poichè stava solamente peggiorando la situazione. Il poliziotto ci aveva visti mentre ci abbracciavamo bagnati e aveva pensato che stessimo facendo porcherie in una proprietà privata, quindi ci aveva portati al Commissariato per interrogarci e trovare una punizione. Il problema si presentò, però, quando scoprimmo che avrebbero chiamato i genitori. Fu li che Armin cominciò a sparare cazzate a gogò, che però peggiorarono tutto. << Senta agente, lei ha frainteso. Sì, io e i mio amico abbiamo invaso una proprietà privata, ma senza malizia. Volevamo solo divertirci, e alla fine siamo giovani, di errori ne commettiamo continuamente e lo so che non è una scusa, ma se i nostri genitori scoprissero tutto questo, probabilmente staremo " al fresco " chiusi in casa per mesi e addio libertà. Abbiamo fatto una stupidaggine, ma faremo tutto ciò che i proprietari vorranno per rimediare. La prego solo di non avvisare i nostri genitori, in fondo è la nostra prima trasgressione. Ci dia un'altra chance. Faremo tutto il possibile per evitare problemi del genere >> Dissi sincera e tranquilla, più per Armin che per me. Mia madre si sarebbe incazzata e fine della storia, ma la sua lo avrebbe messo in gattabuia. << Come ha detto lei, è la vostra prima trasgressione quindi lascerò passare. Ma dovrete andare ogni pomeriggio per una settimana dai proprietari della villa, e aiutarli in tutto e per tutto, senza eccezioni. >> Disse con esitazione. Armin sorrise come non mai, mentre io sbuffai poichè di lavorare gratis per dei ricchi viziati non mi andava. Ma mi accontentai, e dopo aver salutato il poliziotto mi accorsi del fatto che erano già le 6. Armin mi abbracciò, mentre lo salutai con un cenno cominciando a correre verso casa mia. Entrai giusto in tempo per non destare sospetti, per poi crollare come un sacco sul letto. << Sai che tutto questo è colpa tua, vero? >> Dissi lanciando un' occhiataccia ad Armin che falciava il prato poco più distante da me. A me era toccato pulire tutte le finestre. << Almeno non sei chiusa a casa a far niente, no? Ringraziami acida >> Disse sorridendomi falsamente. In realtà sarei dovuta uscire questi giorni con mio padre, ma dovetti mentirgli per andare a lavorare alla villa. Che fregatura. << Ho troppo da fare Armin, non posso proprio. >> Andai verso il cancelletto mollando gli stracci, quando Armin mi prese la mano con il respiro affannato facendomi voltare. << Da solo non ce la posso fare! >> Disse tirando la mia mano in modo da impedirmi di muovermi, ma feci uno strattone e me ne liberai. Fece in tempo a riprendermi la mano, circondarmi con le sue braccia per poi lasciarmi per due secondi per sistemarsi il ciuffo e poi riprendermi. Ridacchiami mentre lui mi guardava negli occhi sorridendo. << Rimani dai, non ce la farò mai da solo >> Disse indicando il prato gigante e le numerose finestre. << Dio mio, ok! >> Dissi mentre mi abbracciava felice come un bambino a Natale. << Ehm... voi sareste? >> Disse una voce dietro di me. Armin mi lasciò per un momento, cercando di capire la persona che aveva parlato, facendomi girare. Si presentò davanti a me un biondino dagli occhi dorati. Indossava dei pantaloncini blu e una polo bianca, semplice ma efficace per attirare le ragazze. Doveva essere davvero un ragazzo d' oro, lo si leggeva in quel luccichio che aveva negli occhi. Quest'ultimi poi, erano la fine del mondo. Magari li avessi avuti io. << Sei il figlio dei Robinson, giusto? >> Disse indifferente Armin alla domanda del ragazzo. << Mi chiamo Nathaniel, voi siete quei due ragazzi che ieri sono entrati da noi? >> Chiese sorridendomi, senza che io gli avessi dato il minimo di indifferenza. << Sì, siamo Armin e lei Elena. Ma non è come sembra... >> Lo bloccai prima che potesse continuare, perchè conoscendolo avrebbe creato solo altri guai. << Armin, dopo il casino di ieri, meglio che la storia la spieghi io. >> Dissi guardandolo male, mentre il biondo se la ridacchiava per come lo avevo " messo a cuccia ". << Praticamente ieri c'è stato tutto quel casino per una provocazione, il poliziotto ha frainteso e credeva che stessimo facendo chissà cosa, ma ci dispiace comunque per avervi disturbato. Come ha detto il poliziotto anche ai tuoi, per una settimana siamo al vostro servizio per ogni cosa, e stavamo potando l' erba e pulendo le finestre >> Dissi facendogli notare l' attrezzatura sull' erba. << Anche quella era una provocazione? >> Disse riferendosi alla posizione di pochi secondi prima, mia e di Armin che a quanto pare aveva anche lui confuso. << No, no e no. Perchè tutti pensano che io me lo voglia scopare in un giardino mentre lavoro e tutti mi possono vedere? >> Dissi sbuffando, mentre Armin se la rideva e mi metteva il braccio intorno alla vita lasciandomi un bacio sulla guancia. Nathaniel sorrise leggermente guardando la scena. << Quindi non stavate facendo nulla di quel genere? >> Disse sorridendomi ancora. << Era solo un semplice abbraccio tra amici. >> Intervenne Armin. << Meglio, io devo andare. Non fatevi trovare " abbracciati ", come dite voi, da mio padre o sono guai. >> Rise, mentre Armin ed io ci guardavamo imbarazzati. Ci mancava solo che estranei cominciassero a dire che io ed Armin stavamo insieme, che palle.

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