I'm falling for your eyes but they don't know me yet

di messoftwodreamers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E siamo solo all'inizio ***
Capitolo 2: *** La chitarra ***
Capitolo 3: *** Hai altri draghi da combattere ***
Capitolo 4: *** “Le cose andavano bene ieri” ***
Capitolo 5: *** Ripetizioni di matematica ***
Capitolo 6: *** Non sono geloso. ***
Capitolo 7: *** Primo appuntamento ***



Capitolo 1
*** E siamo solo all'inizio ***


«Buongiorno, scopetta!».
Sospiro. Davvero un gran bell'augurio di inizio anno scolastico. «Buongiorno anche a te, Vanessa», le dico, chiudendo l'armadietto e contemporaneamente nella mia mente, anche tutte le cose decisamente non carine che vorrei dirle.
Vanessa e il suo seguito scoppiano in una fragorosa risata e spariscono dal mio campo visivo. Fortunatamente.
 
Vanessa è il mio demone personale. Da quando mi sono trasferita a Nashville l'anno scorso, non fa altro che farmi dispetti e umiliarmi davanti a tutti e in più aveva convinto tutta la scuola ad escludermi. Da qualsiasi cosa.
Il ricordo del dolore e del senso di inadeguatezza che provai allora, era ancora vivo nella mia mente. Quell'orribile sensazione di sentirsi diversi e discriminati per... qualsiasi cosa, anche la più stupida. Essere oggetto di scherni e pettegolezzi..
 
Chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo e, con un fremito, scaccio via quell'orribile ricordo, cercando di soffermarmi sulle cose positive.
Una di queste era ovviamente Sarah.Grandi occhiali da vista e lunghi capelli ricci castano-rossicci. Dalla corporatura esile e tanta dolcezza e schiettezza! Forse l'unica persona che è stata sinceramente carina con me. È divertente e dannatamente spontanea!
Ricordo ancora l'ottobre scorso, il periodo di Halloween, quando sentivamo le ragazze della scuola volersi travestire da studentesse sexy, poliziotte sexy, insegnanti sexy eccetera. Eravamo in classe, in attesa che la lezione iniziasse e, dopo aver sentito l'ennesima ragazza esprimere il proprio desiderio di volersi travestire da segretaria sexy (un'idea decisamente originale), Sarah si girò verso di me e mi disse: «Sai cosa, Taylor? Noi quest'anno ci travestiremo completamente da Chew Bacca!».
Scoppiai immediatamente a ridere. E così fu. La invitarono (sì, solo lei) ad una festa di Halloween e tra costumi succinti e pezzi di stoffa mancanti, io e Sarah eravamo le uniche ad avere un costume così.. coprente tra le ragazze. Ci divertimmo da morire, anche sembrando ubriache pur non avendo bevuto nulla. 
 
Con una risata sommessa, torno alla realtà da quel piccolo flashback per entrare in classe. Un'occhiata veloce e.. niente Sarah non c'è. Sospiro per quella che sembra la milionesima volta solo nella mattinata. Entro in aula e prendo posto accanto alla finestra, il mio posto preferito. Non so, mi dà un senso di libertà. Senza nemmeno accorgermene, apro la finestra, per sentire la sensazione del vento sul viso. Ancora qualche ora e... 
«Swift! Chi ti ha dato il permesso di aprire la finestra?». 
Ops. «Ah.. ecco.. io..», balbetto, mentre la richiudo, sentendo il sangue colorarmi le guance.
La lezione incomincia e le risatine si smorzano, mentre io mi perdo in un mondo fantastico senza Vanessa o nessun altro a tormentarmi…
 
...
 
L’incubo delle prime due ore di matematica e fisica finalmente finisce, segnato dal suono della campana e a passo svelto esco dall’aula. Sento il telefonino vibrare, e spero che questa volta la sorte sia dalla mia parte. Richiesta accolta: un messaggio di Sarah. Dove sei? Io adesso ho storia, tu che materia hai?. La fortuna mi ride ancora: anche io ho storia e rispondo a Sarah di aspettarmi davanti l’aula. 
Contrariamente a matematica, fisica e ogni altra materia scientifica, storia è una di quelle materie in cui me la cavo meglio. Amo galoppare con la mente in posti antichi, tra colpi di stato e guerre di conquista. Al come siamo arrivati ad oggi, qual è stato il nostro percorso nell’arrivare qui, dove siamo oggi. Trovo il tutto così affascinante, che mi viene la pelle d’oca al solo pensiero.
«Sbrigati, sta arrivando la Bennett», mi avverte Sarah, mentre entriamo in aula.
«Ugh, la odio, ho paura che per colpa sua un giorno odierò la storia». Sarah ride alla mia risposta. «Cambiando discorso, come va con William?», le do un colpetto con il gomito non appena ci sediamo.
«Be’..», ma prima che Sarah mi possa dire qualsiasi cosa, la professoressa entra. «Te lo racconto dopo», mima con la bocca. Annuisco e comincio a prendere appunti.
 
L’ora di storia finisce troppo in fretta. Dannazione, ma non può essere così anche per matematica?
«Cos’hai ora?», mi chiede Sarah, irrompendo nei miei pensieri, mentre lasciamo l’aula.
«Ehm..», controllo il mio orario. «Biologia!.. Aspetta, che?».
«Qualcosa non va?».
«A quanto pare mi hanno messo biologia al posto di artistica, come avevo chiesto».
«Dovresti andare in segreteria, dai ti accompagno».
«Ma poi non arrivi in ritardo per educazione fisica?». Comincio a sentirmi un po’ in colpa.
«Ma dai, fossero questi i problemi!». Così dicendo, mi fa un gran sorriso, tranquillizzandomi.
È la migliore.
 
 Ci incamminiamo alla segreteria, e alla scrivania trovo la gentilissima e dolcissima signorina O’ Connell. L’avevo conosciuta l’anno scorso in una disgraziata circostanza.
Ero in palestra, l’ultima lezione della giornata, in un freddo giorno di gennaio. Mi stavo rivestendo negli spogliatoi, quando improvvisamente Vanessa e altre ragazze cominciarono accusarmi ingiustamente di aver rubato loro i ragazzi. La situazione si surriscaldò, e si fecero sempre più vicine, fin quando una loro non mi buttò a terra e le altre cominciarono a picchiarmi.
All’improvviso, sentii la porta sbattere, delle urla confuse e qualcuno che mi prese in braccio, per poi svegliarmi sul lettino dell’infermeria con la signorina O’ Connell a medicarmi le ferite. Mi spiegò poi che l’infermiera non c’era quel giorno e così, siccome non era niente di grave, decise di curarmi lei.
«Signorina, come sono arrivata qui?», le chiesi, curiosa.
«Oh un ragazzo ti ha portato fin qui. Purtroppo però non so chi sia», mi disse con un sorriso di scuse.
«Oh, non si preoccupi, ha già fatto tanto», la rassicurai, sorridendo anch’io.
 
 
«Taylor!», mi saluta lei. «Qual buon vento! Hai bisogno di qualcosa?».
Le sorrido. «In verità sì. Vede, c’è stato un problema con l’orario. Io avevo chiesto di fare artistica e non biologia», le dico, mostrandole l’orario.
«Capisco, ma per far questo, devo riorganizzare il tuo orario.  È un problema per te, se solo per oggi vai a biologia?».
Sì, io odio biologia! «No nessunissimo problema, grazie per la disponibilità!». La saluto e giro i tacchi verso la porta. In un estremo atto di goffagine, sbatto contro un ragazzo e gli faccio cadere tutti i libri che aveva in mano. Impreca e si inginocchia a terra per raccoglierli. «Scusami, lascia che ti aiuti», dico inginocchiandomi a terra insieme a lui.
Una volta aiutato, mi aspettavo un ringraziamento e invece ottengo un freddo: «La prossima volta guarda dove cammini».
Che razza di maleducato! Mi alzo di scatto senza dire nulla. Esco dalla segreteria a passo svelto, lasciandomi alle spalle quell’odioso ragazzo dai capelli rossi. Quest’anno non poteva iniziare meglio di così.

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Capitolo 2
*** La chitarra ***


Sto semplicemente entrando in segreteria per chiedere in quale aula piena di teste di cazzo devo andare, quando una ragazza alquanto sbadata mi viene addosso facendomi cadere tutti i libri che avevo in mano. Modo perfetto per iniziare l'anno scolastico no?
Sembra la scena di uno di quei soliti copioni da film in cui la ragazza inciampa andando a finire sul ragazzo, lo aiuta a raccogliere i libri e puff..nasce l'amore. Ho sempre odiato quel genere di film o storie, mi sembrano stupide e patetiche.  Ho idee ben diverse del romanticismo, non mi piacciono le cose scontate o che farebbero tutti.  Do sempre il meglio di me in ogni cosa che faccio, che sia per una ragazza, per un amico o per un conoscente.  Mi sono innamorato una sola volta nella mia vita e ne sono uscito ferito e con il cuore a pezzi, ma non ho ancora trovato la ragazza che è in grado di rimetterli insieme.
I miei pensieri hanno fine quando alzo lo sguardo e la vedo..una ragazza dai capelli ricci e biondi, occhi color oceano e quel viso familiare che mi sembra di aver già visto da qualche altra parte, solo che preso così alla sprovvista non riesco a ricordare.

''Scusami, lascia che ti aiuti.'' Si china insieme a me per raccogliere i libri, mentre impreco mentalmente.

''La prossima volta guarda dove cammini.'' Le rispondo così, in modo freddo e distaccato. Lei si alza di scatto, riesco a notare un leggero rossore sulle sue, per quel che sembrano, morbide guance lasciando la segreteria. Forse ho esagerato, ma sono troppo nervoso.

Frequentavo questa scuola già lo scorso anno, ma per problemi familiari sono dovuto andare in Inghilterra così ho terminato lì l'anno scolastico. Ora invece sono di nuovo qui, non è cambiato molto a parte il fatto che ci sono un sacco di persone nuove, ma del resto è normale, succede in ogni scuola.
Esco dalla segreteria, finalmente so in che classe andare e mi incammino nei corridoi pieni di studenti, ragazze che si fanno assurdi complimenti, ragazzi che parlano di serate fuori e calcio, io semplicemente proseguo il mio cammino lasciandomi alle spalle quella nube di monotonia e superficialità.
Entro in classe e della prof nemmeno l'ombra, intravedo William tra gli ultimi banchi così vado a sedermi vicino a lui.

''Ehi rosso, i capelli oggi ti stanno uno schifo.'' Ha sempre avuto questa sottospecie di gentilezza nei miei confronti.

''Oh grazie, i tuoi complimenti mi migliorano la giornata.'' rispondo abbozzando un lieve sorriso.

''Allora, ben tornato a Nashville.'' come se fosse davvero una cosa entusiasmante.

''Si certo,il traffico che mi fa arrivare con un'ora di ritardo, una segretaria che ci mette tre ore per dirmi in che classe devo andare e una fottutissima ragazza che mi urta facendomi cadere tutti i libri a terra..oh si, un bell'inizio.'' dico in modo sarcastico e vedo William che scoppia in una fragorosa risata.

''Aspetta aspetta..una ragazza hai detto? Racconta.'' sapevo che mi avrebbe fatto questa domanda.

''Si, ero in segreteria, si gira e mi viene addosso. Che poi mi sembra di averla già vista ma non riesco a ricordare dove.''

''Ah si? Com'è fatta?'' non capisco cosa possa interessargli, ma magari la conosce.

''Occhi azzurri, capelli ricci e biondi, alta e..bella.'' ho esitato un po' sull'ultimo aggettivo, ma quella ragazza è davvero bellissima.

''Mh..ho una vaga idea di chi possa essere, magari Taylor'' bene..non ho la minima idea di come si chiami quindi il nome non credo mi aiuti più di tanto.


Non ho il tempo di rispondere perchè arriva la prof di matematica per iniziare la sua noiosa spiegazione e mentre gli altri sono concentrati nel perdersi in quel mondo fatto di numeri e operazioni assurde io sono preso dai miei pensieri, cerco di sforzarmi il più possibile per ricordarmi di quella ragazza e la mia mente fa capolino a quello che è successo oggi in segreteria, la scena dei suoi occhi nei miei si ripete milioni di volte, senza sosta.
Suona la campanella e nemmeno me ne accorgo, infatti William mi da una gomitata per farmi tornare alla realtà, ci avviamo verso la mensa, una delle tante cose che odio della scuola. E' piena di gente, il cibo fa schifo e le signore dietro i banconi non hanno un minimo di educazione nei nostri confronti.
Dopo aver messo qualcosa nei vassoi, ci sediamo ad un tavolo occupato da alcuni nostri amici, è da un pò che non li vedo, iniziamo a parlare, a scherzare e cose così. Poi arrivano tre ragazze, prendo un sorso d'acqua e quando mi giro per guardare chi ho difronte sputo quasi tutto quello che avevo in bocca, non posso crederci.

''Ehi Ed, che ti succede?'' finisco di tossire e mi giro verso William.

''Nulla, mi è..andata l'acqua di traverso.''

''O la vista di Taylor ti ha sconvolto?'' scoppiano tutti in una fastidiosa risata, odio essere messo in ridicolo davanti a tutti.

''Perchè devi fare il coglione? Ti odio in questi momenti.'' non mi ero ancora girato per gaurdare negli occhi..Taylor.

''Tu? Non ci credo. William da quando frequenti gente maleducata?'' cosa? Io maleducato? Oh, dev'essere per la risposta che le ho dato in segreteria.

''Cos..Taylor di che parli?'' William si gira verso di me con un'espressione interrogativa sul volto, sto per rispondere ma una ragazza si avvicina a taylor e le sussurra qualcosa.

''Ehi, scopetta forse dovresti dare una controllata alla tua bellissima chitarra.'' Vedo Taylor sgranare gli occhi e sbiancare di colpo, poi si alza e a passo svelto esce dalla mensa.
In un primo momento sono tentato di seguirla, ma resto seduto a fissare il tavolo mentre la parola ''scopetta'' si ripete nella mia mente. Poi all'improvviso ricordo, Taylor è la ragazza che un anno fa, prima che io me ne andassi, ho salvato dai bulli che la stavano picchiando e ricordo benissimo che una ragazza la chiamò così.
Dopo quel flash-back mi alzo quasi di scatto dalla sedia trascinando con me William e vado a cercarla, era al centro del corridoio e seguendo il suo sguardo vedo in fondo, vicino ad un armadietto che credo sia suo, una chitarra rotta.

''Taylor..ne potrai comprare un'altra.'' Sarah cerca di consolarla, ma non credo stia ottenendo i risultati che vuole.

''Era un regalo della mamma, che le racconto adesso? Darà a me la colpa.'' Non conosco Taylor e dovrebbe starmi anche antipatica ma se potessi e sei lei me lo lascerebbe fare l'abbraccerei.

''Si può aggiustare, di certo non avrebbe un bell'aspetto, ma potresti usarla fino a quando non ne compri una nuova.'' le dico, e lei si gira guardandomi male.

''Tu fatti gli affari tuoi, e vedi di imparare le buone maniere.'' ecco, mi aspettavo una risposta del genere, per questo abbasso la testa sorridendo un po'. Le persone sanno essere così prevedibili.


Ad un certo punto la vedo correre via, non ho la più pallida idea di dove stia andando ma voglio seguirla. E l'avrei raggiunta se Sarah non mi stesse tenendo fermo per un braccio.

''Ed lasciala stare, la conosco e in questi momenti ha bisogno di stare da sola.'' credo abbia ragione, poi soprattutto la mia presenza non credo le farebbe piacere.

''Chi le ha rotto la chitarra?'' dico continuando a gaurdare la chitarra rotta.

''No lascia stare, non è la prima volta che le fanno cose del genere e qualunque cosa tu voglia fare non li fermerà.'' si vede che non conoscono Ed Sheeran.

''Chi le ha rotto la chitarra?'' ripeto con calma.

''E va bene, credo siano stati Vanessa e i suoi stupidi amici.''

''Okay, grazie.''  dico e le sorrido.


Sono a casa, non vedo quella ragazza da oggi a pranzo e non so nemmeno perchè continuo a pensarla. Domani penserò ai tizi che le hanno distrutto la chitarra, credo che gli parlerò semplicemente dato che non sono mai stato amante delle risse o cose del genere, preferisco di gran lunga ferire con le parole e da esperienze passate, so che mi riesce bene. Odio ferire qualcuno, per questo sono quasi sempre disponibile e gentile con tutti, ma se qualcuno ferisce me o persone a cui tengo, io ferisco loro. In questo caso Taylor è una persona che ho visto due volte in tutta la mia vita e con la quale ho scambiato solo qualche parola, e penso anche che non mi sopporti. Quindi domani cercherò di farmi perdonare.



NOTE: Ciaaao. Sono tornataaa ahahha. Scusate la mia amica che nello scorso capitolo non vi ha detto che siamo in due a scrivere questa fan fiction.
Benee, questo è il secondo capitolo, speriamo vi piaccia. Noi torneremo presto, evviva i Sweeran. *^*

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Capitolo 3
*** Hai altri draghi da combattere ***


Non appena apro l’armadietto, cado sulle ginocchia, incapace di reggermi in piedi.
La mia chitarra era stata chiaramente presa a pugni e buttata a terra sul fianco. Ha ammaccature un po’ ovunque, ma fortunatamente le corde sono intatte. Continuo a fissarla, senza vederla davvero. Tutto che vedo invece è la rappresentazione del mio cuore, ammaccato e spezzato davanti a me.
 
«Taylor..ne potrai comprare un’altra», mi dice Sarah, ma la sua voce mi sembra lontana, come se provenisse da un altro mondo.
«Era un regalo della mamma, che le racconto adesso? Darà a me la colpa», sento la mia voce dire. Ma non è vero nulla. Se spiegassi a mia madre quello che è successo, mi capirebbe. Ma comunque molto probabilmente non ne avrò una nuova per un po’. L’ultima cosa che voglio fare è pesare sulle spalle dei miei. Quella chitarra era la mia unica via d’uscita. Da Vanessa, la scuola, i giorni grigi. Era la mia ancora di salvezza, ora rotta.
 
«Si può aggiustare, di certo non ha un bell’aspetto, ma potresti usarla fino a quando non ne compri una nuova».
Che diavolo ci fa Ed qui? Tra questo casino, lui è l’ultima persona che voglio vedere. 
«Tu fatti gli affari tuoi, e vedi di imparare le buone maniere». La mia voce trema, e sento che sono sul punto di piangere. Mi alzo di scatto e corro via, mentre sento già le lacrime rigarmi il viso.
 
Esco fuori dall’edificio, e mi rintano all’ombra di una quercia e lì piango, caccio tutto fuori.
So che la chitarra non è ridotta malissimo, e so che la posso ancora suonare. Ma.. cosa succederà in futuro? Cos’altro si inventerà Vanessa per farmi del male? Ho sinceramente paura di quello che mi succederà e in quel momento, mi ritrovo a digitare il numero dell’unica persona che mi riesce a tranquillizzare.
 
«Pronto?», la voce tranquilla e gentile di mia madre gracchia dall’altro capo del telefono.
«Mamma..», singhiozzo, la mia voce rauca di pianto.
«Tesoro stai piangendo? Cos’è successo?», mi chiede inutilmente. Sa chi mi riduce così. 
«Vanessa..», singhiozzo, «mi ha rovinato la chitarra», altre lacrime mi scorrono. «Mamma non ce la faccio più! Oggi la chitarra, domani io! Ho paura mamma.. ho tanta paura», continuo a singhiozzare, senza sosta.
La mamma continua ad ascoltare i miei singhiozzi in silenzio, finché il peso che ho nel petto sparisce e smetto di piangere.
«Va meglio ora?», mi chiede dolcemente.
«Sì, grazie».
«Bene ora rimettiti in sesto e sciacquati la faccia. Poi quando torni a casa ne parliamo okay?».
«Va bene mamma, grazie. Ci vediamo dopo. Ti voglio bene».
«A dopo. Ti voglio bene anche io», detto questo, riattacca e io mi dirigo nei bagni a darmi una sistemata.
 
Devo andare da Sarah. A quest’ora si starà chiedendo dove sono finita, dato che le lezioni stanno per ricominciare. Non me la sento proprio di tornare lì dentro.
Sospiro e mi do una bella rinfrescata al viso, sperando di essere quantomeno decente.
 
Si può aggiustare, di certo non ha un bell’aspetto, ma potresti usarla fino a quando non ne compri una nuova.
 
Le parole di Ed riecheggiano nella mia mente, ricordandomi quanto sia stato gentile a cercare di tirarmi su di morale e quanto io invece sia stata brusca con lui. Forse mi sono sbagliata sul suo conto. Ma sì, se oggi non lo incontro, domani gli chiederò scusa.
Sorrido pensando al mio buon proposito e torno in classe.
Il professore non è ancora arrivato, per mia fortuna, così con tutta calma mi siedo al mio posto cercando di non pensare alla chitarra nel mio armadietto.
Il resto della giornata scorre lento e dopo la scuola io e Sarah facciamo la strada insieme e per un po’ mi dimentico di questo terribile primo giorno di scuola.
 
Entro in casa e getto lo zaino a terra come se fosse un rifiuto radioattivo e invece poso con cura la mia povera chitarra parallela al muro. «Mamma?», la chiamo a gran voce.
«Sono in cucina, Taylor!».
La raggiungo a passo svelto. «Cosa fai di buono?».
«Avevo pensato di fare dei biscotti. Mi aiuti?», mi propone la mamma, con un largo sorriso. Sa quanto io adori cucinare.
«Volentieri!», mi tuffo letteralmente in cucina e indosso il mio solito, tenerissimo grembiule rosa decorato da altrettanto tenerissimi gatti.
La mamma ride del mio entusiasmo. «Prendi la farina nella credenza», mi dice e io obbedisco.
La poso sul tavolo e lei comincia a mettere insieme gli ingredienti. Biscotti al cioccolato e cocco, ottimi per riprendersi da una giornataccia.
 
«Com’è andato il primo giorno di scuola?», mi chiede e mentalmente aggiungo: a parte Vanessa.
«È stato un inizio burrascoso. Vanessa, troppa matematica e fisica. Biologia, che non avevo proprio voglia di fare e Vanessa di nuovo. Insomma, un casino», rido, per alleggerire il tutto.
La mamma si aggiunge alla mia risata. «Almeno hai conosciuto qualcuno nuovo?», mi chiede, mentre affonda le mani nell’impasto.
Mi passa la palla di cioccolato e le rispondo. «Diciamo di sì», le dico, mentre mi concentro nell’impastare. «Ed, Ed Sheeran. Un maleducato con le braccia tatuatissime e coloratissime che devo ammettere ha cercato di consolarmi quando..». Sento il mio sorriso abbandonare il mio viso e l’immagine della mia chitarra malridotta mi avvolge.
 
Il tutto viene risucchiato dalla mano confortante e silenziosa della mamma che sento sulla spalla. Aveva capito a cosa mi riferivo. «Si, insomma è stato molto gentile anche se l’ho trattato un po’ male», le rivolgo un sorriso di gratitudine.
«Ho un’idea! Perché non gli porti un po’ di questi biscotti, in segno di scuse?».
«Ottima idea! Sembra proprio il tipo che ami i biscotti, non so ha un viso dolce!». Detto questo scoppiamo a ridere insieme.
I biscotti sembrano buoni anche solo a guardarli, con quella polvere di cocco sopra, e il profumo di cioccolato che ha preso possesso della stanza. Ne ho messi un po’ da parte per Ed, sicurissima che gli piaceranno.
 
«Buonanotte, mamma! Grazie per oggi», le dico, mentre le avvolgo le braccia intorno al collo.
Lei ride piano e ricambia l’abbraccio, accarezzandomi la schiena. «Di nulla. Ora va’ a dormire, domani dovrai combattere altri draghi!», scherza. Sciogliamo l’abbraccio e rido alla sua battuta.
Felice e soddisfatta, mi trascino in camera, sentendomi decisamente più leggera di quando avevo messo piede a casa questo pomeriggio.
 
 
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Saaaalve. Si io sono l’altra, quella che  si è dimenticata di aggiungere le note a fine capitolo *sigh* sono molto sbadata sopportatemi.
Comunque, questo capitolo è piuttosto cortino ma mi rifarò con il prossimo ahahah cercheremo di aggiornare il più frequentemente che possiamo, anche perché l’altra autrice è già impegnata a scrivere un’altra ff (è bravissima e molto coinvolgente questo è il suo profilo).
Spero vi piaccia la storia **

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Capitolo 4
*** “Le cose andavano bene ieri” ***


Sento per l’ennesima volta la sveglia del cellulare, grugnisco e decido di alzarmi. Quegli occhi blu come il mare in tempesta non mi hanno abbandonato per tutta la notte, come se li avessi stampati nel retro delle palpebre. Fanculo.
Sono le 7:35, rischio di fare tardi come ieri così mi preparo velocemente e scendo di sotto, per salutare mia madre.

“Buongiorno Ed”, mi saluta con un gran sorriso. È sempre così felice e solare, mi chiedo come faccia.

“Ciao mamma”, dico semplicemente, senza incontrare il suo sguardo. Di solito sono decisamente molto più affettuoso con lei, ma oggi non mi va proprio.

“Stai bene? Sembri strano”. Sapevo che se ne sarebbe accorta, è una donna alla quale non sfugge mai nulla. Alzo semplicemente le spalle, mentre prendo una mela dal tavolo.

“Nonna ha chiamato?”. Sinceramente, sapere come stava mio nonno era più importante del mio umore. Sospira al mio cambiamento del discorso.

“No, ma credo che il nonno stia bene, sai benissimo che se fosse successo qualcosa ci avrebbe avvertiti”. Il suo tono è tranquillo e rilassato, ma c’è qualcosa dietro che non mi torna.

“Oggi dopo scuola vado a trovarlo”, dico, più a me stesso che a lei, per fugare ogni dubbio. Mio nonno è una delle persone più importanti che ho. Lui è la mia casa, è la mia famiglia, molto più di mia madre o di chiunque altro. Non potevo perderlo così.

“No, oggi aveva delle visite mediche da fare, non credo abbia tempo per vedere i parenti, puoi andarci domani pomeriggio”, mi dice in tono ammonitore.  Le rispondo con un freddo 'okay' ed esco di casa.
Arrivo davanti a scuola e trovo William e Sarah, da quel che sembra sono presi da una seria conversazione, così li raggiungo per salutarli. Non siamo rimasti molto fuori perché era già tardi, non ho ancora visto Taylor.
Dopo la seconda ora vado al mio armadietto, sto cercando di trovare un fottuto libro che sembra essere sparito.

“Merda, l’ho dimenticato”, lo chiudo con troppa violenza, ma non me frega più di tanto. Subito dopo sento qualcuno che mi tocca la spalla, sembra un tocco delicato, leggero come quello di una piuma. Mi giro e mi ritrovo Taylor a due centimetri da me.

“Ehm.. ciao Ed”, mi dice, sorridendo appena.

“Ciao..Taylor”, le dico lentamente, per rendermi conto bene di quello che sta succedendo. Sono confuso, non capisco perché sia qui.

“Mi dispiace per come ti ho risposto ieri..solo che ero arrabbiata per la chitarra e per come mi hai risposto in segreteria”, dice tutto d’un fiato, guardando a terra, arrossendo. Mi sorprendo a desiderare di metterle la mano sotto il mento per specchiarmi nei suoi occhi azzurri da gattino smarrito.
Scaccio via quel pensiero, agitato, mentre il mio cuore accelera i suoi battiti.

“No.. cioè.. tranquilla. E scusami per, ehm.. come ti ho risposto ieri mattina ma ero arrivato in ritardo, la segretaria che mi ha fatto esasperare.. ero nervoso”. Okay Ed, che cazzo ti succede? Nessuna mi ha fatto sentire così impacciato in tutti i miei 19 anni di vita.

“Oh tranquillo. L’ho già dimenticato”, mi dice con il sorriso più brillante del mondo. “Ti piacciono i biscotti fatti in casa?”.

Corrugo la fronte a questa domanda così casuale. “Uhm.. sì, certo. Come mai me lo chiedi così.. all’improvviso?”. Merda, mi devo dare una calmata e smetterla di incespicare nelle parole.

Taylor non mi risponde, invece mi porge una busta bianca che probabilmente ha tenuto in mano per tutto il tempo, ma della quale non mi ero proprio accorto.

“Sono al cioccolato, li ho preparati ieri e ho pensato di portartene alcuni per scusarmi”, mi sorride, mi guarda negli occhi per un attimo e poi abbassa lo sguardo imbarazzata. Io, invece continuo a sentirmi un cretino, ma dettagli. È davvero un bel gesto il suo, quasi nessuno ha mai fatto una cosa simile per me.

“Oh.. grazie mille, ma non.. dovevi..”, dico piano, interdetto. Ho quasi voglia di scappare da quel bellissimo sorriso.

Taylor scuote la testa leggermente. “Spero solo che ti piacciano”, mi sorride ancora, timidamente, mentre io continuo a pensare che il suono della sua voce sia dolcissimo e non va bene. Ed, per favore, concentrati.

“Sono sicuro che saranno buonissimi, adesso vado in classe o quella psicopatica mi sclera contro. Ci vediamo dopo in mensa”, ci salutiamo mentre mi dirigo velocemente in classe. La prof era già lì ma la lezione non era cominciata ancora.

“Sheeran, aspettavamo solo te”, sento la prof dire dietro le mie spalle.
“Le persone importanti si fanno attendere”, sogghigno, sedendomi al primo banco libero che trovo. La classe scoppia a ridere e la lezione comincia.

Ho seguito per i primi trenta minuti, poi mi sono perso di nuovo negli occhi di Taylor. Così magnetici e trasparenti. Poi il viso, bianco, non pallido, come quello di una bambola di porcellana. E le labbra rosa e piene, sipario di un sorriso così aperto e solare.
Potrei restare ore a fissarla senza stancarmi.

Non mi è ancora chiaro il motivo per cui balbettavo. È tutto troppo facile e allo stesso tempo difficile con Taylor. Da quando ho lasciato Athina, ci penso due volte prima di innamorarmi. Ma non ho di certo deciso di 'non innamorarmi più perché l’amore fa schifo'. Si sa che per quanto ci si può star male la prima volta, continueremo sempre ad innamorarci. Non è il sentimento in sé a far schifo, ma sono le persone di cui ci innamoriamo ad essere sbagliate per noi, a renderlo pesante da vivere. Quindi sarei più che felice di innamorarmi di nuovo, solo non ora.
Il tempo sembra scorrere velocemente, e mentre io e William parliamo del più e del meno andando in mensa mi squilla il cellulare. Sono sopreso di veder apparire il nome di mia madre sul display. Non mi aveva mai chiamato durante la giornata scolastistica.

“Ehi mamma, dimmi”.

“Tesoro, forse non dovrei dirtelo ora, sei a scuola ma..”. Il suo tono di voce è agitato, nonostante si stia sforzando di rimanere calma. Inizio a preoccuparmi, non promette nulla di buono, la maggior parte delle volte.

“Mamma, che diavolo succede?!”. Mi fa sempre innervosire perchè deve sempre girarci intorno alle cose. Mia madre prende un respiro profondo, soffiandomi nell’orecchio.

“Tuo nonno.. ha avuto delle complicazioni durante una visita.. pare che non riuscisse a respirare. Io sono bloccata a lavoro ma tuo padre è già lì con tua nonna”, scoppia in singhiozzi silenziosi, subito dopo aver finito la frase e io sento come se il mondo mi fosse crollato addosso all’improvviso.

Non le do il tempo di dirmi altro che chiudo il telefono e inizio a guardarmi intorno, sto impazzendo.

“Ed, che succede?”, mi chiede William guardandomi preoccupato.

“Cazzo, non è possibile. Non di nuovo”. Sento già gli occhi pizzicarmi e le lacrime che premono per poter uscire. Sono uno che piange difficilmente, ma quando si tratta di mio nonno.. la paura, la tristezza e tutto il bene che gli voglio sono troppo grandi da soffocare.

“Ed, per favore dimmi cosa succede”, mi chiede in modo calmo, ringraziandolo silenziosamente per il suo tentativo di non farmi agitare ulteriormente.

Prendo un respiro profondo prima di parlare. “Mio nonno si è sentito male, devo andare in ospedale”, dico semplicemente mentre inizio a dirigermi verso l'uscita.

“Vengo con te, andiamo”. William sa quanto io sia legato a mio nonno e si è sempre offerto di aiutarmi. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

Qualche mese fa abbiamo dovuto ricoverare d’urgenza mio nonno in ospedale. E da lì non è più uscito. Non so che diavolo gli hanno trovato ma continuavano a dargli cure su cure ma non aveva nessun miglioramento. E oggi è addirittura peggiorato. Ho così tanta voglia di piangere, proprio come un bambino.
Sento qualcuno che chiama il mio nome e mi ritrovo Taylor proprio davanti. Ha un tempismo perfetto questa ragazza. Fa’ per dirmi qualcosa, ma la fermo.

“Non ora Taylor”, le dico, freddo come il ghiaccio, mi sposto e continuo a camminare.

Arriviamo fuori e mi rendo conto che l'ospedale è lontano da qui e di certo non posso andarci a piedi.

“Will, hai la macchina?”, chiedo dirigendomi già verso il parcheggio.

“Sì, è qui vicino”, mi dice indicandomi il posto in cui è parcheggiata.

“Dammi le chiavi, guido io”, gli prendo le chiavi dalle mani e apro la macchina.

“Ah no, te lo scordi”, dice con un sorriso, riprendendo possesso di nuovo delle sue chiavi. “L’ultima volta stavi per ammazzarci. Guido io”. Faccio una mezza risata e gli dico che può portare lui la macchina, a patto che si sbrighi.
In quindici minuti di macchina, arriviamo all’ospedale e raggiungiamo il reparto dove era ricoverato mio nonno. Vedo mia nonna seduta su una di quelle scomode sedie da sala d’attesa, con lo sguardo perso nel vuoto e mio padre, che non appena ci nota, cammina verso di noi.

“Ragazzi ma che fate qui?!”. È ovvio il motivo, ma so che si riferisce al fatto che non saremmo dovuti uscire da scuola.

“Papà risparmiati le domande per dopo, dov’è nonno adesso?”. Prima che mio padre possa parlare, ci passa vicino una dottoressa e ne approfitto per sapere qualcosa in più.

“Mi scusi, il signor Sheeran, è ricoverato qui e-”. La dottoressa mi interrompe subito, non appena capisce cosa le voglio dire.

“Sì, stamattina ha avuto un malore e ora non è permesso a nessuno di vederlo”.

“Che vuol dire che non posso vederlo?!”. Mi accorgo di aver alzato la voce solo dall’espressione sbigottita della dottoressa, che arretra spaventata dal mio scatto.

“Ed dai, vieni qua. È inutile che ti arrabbi, restiamo qui fin quando non ci permettono di vederlo”. Sbuffo dal naso mentre William mi tira per un braccio, guardando la donna in camica bianco allontanarsi da noi e ci sediamo.

Sono passate ore, ormai. Mio padre dopo aver accompagnato a casa la nonna stanca, è tornato qui ma non è rimasto molto. Siamo rimasti io e William. Non me ne vado da qui finché non mi dicono che posso vederlo. E se mi dicono che è morto? Che cosa faccio io? La mia mente inizia a vagare tra questi orrendi pensieri, quando all'improvviso il telefono del mio amico vibra.

“È Sarah.. che le dico?”. Bella domanda, non lo so proprio.

“Inventa una scusa, ma non dirle che siamo qui”. Non voglio attirare attenzioni inutili su di me o Will.

Dopo pochi minuti, infila di nuovo il telefono in tasca. Non so che scusa si è inventato e nemmeno mi interessa saperlo in questo momento.
Sono le dieci, sono stanco e sto ancora cercando di trattenere quelle lacrime da quando mia madre ha chiamato. William ha cercato in tutti i modi di convincermi per farmi tornare a casa ma non ci è riuscito, così lui è andato via e sono rimasto solo.

“Signore, non può più stare qui, deve tornare a casa”. Qualcuno mi mette una mano sulla spalla, gentilmente. Ma non è niente rispetto al tocco di piuma di Taylor. Come cavolo mi è venuta in mente lei? Alzo lo sguardo e incontro il viso della dottoressa di questo pomeriggio.

“Ma voglio vedere mio nonno, solo due minuti e vado via”. La sto praticamente supplicando.

La dottoressa si rimette dritta, sospirando. “Solo per questa volta, non ci si abitui”. Mi alzo e lei mi fa cenno di seguirla

Ringrazio la dottoressa e la seguo prontamente. Quando entro in camera del nonno, il silenzio è quasi opprimente, spezzato solo dal regolare 'bip' dei tanti macchinari ai quali è attaccato.
È incredibile che siano quelli a tenerlo in vita. Mi avvicino lentamente e il più silenziosamente possibile, prendo la sedia lì vicino e mi siedo accanto a lui.
Ed eccole.. le lacrime che trattengo da stamattina, scendono una dopo l'altra e non provo nemmeno a fermarle, sarebbe inutile. Vorrei dirgli tante cose in questo momento, ma sarebbero solo parole buttate al vento dato che non può sentirmi. Poi però guardo l’orologio e mi accorgo che non mi resta molto tempo, allora decido di parlare.

“Ehi, nonno. So che non puoi sentirmi, ma non ha importanza. Non mi resta molto tempo, è già tanto se la dottoressa mi ha dato il permesso di vederti per due minuti, quindi non starò qui a farti un monologo. Solo.. svegliati”. La mia voce si spezza e scoppio a piangere, con tanto di singhiozzi. “E non lasciarmi, almeno non così. Devo dirti un sacco di cose, ho bisogno di parlarti e se non lo faccio con te non so con altro potrei farlo. Voglio vedere il verde dei tuoi occhi brillare sotto le luci di questa stanza e ascoltare la tua voce mentre mi parli della tua squadra di calcio preferita, anche se del calcio non mi interessa. Svegliati, perché ti voglio bene e non voglio che tu te ne vada..”. Mi lascio andare e mi accascio sul suo letto, fin quando non sento sempre lo stesso tocco cortese che mi ricorda tanto Taylor ma è totalmente diverso. Ancora, ma perché penso a lei?

Esco da quel posto, che in realtà ho sempre odiato ma dove ormai passo quasi la maggior parte del mio tempo. Torno a casa, i miei stanno già dormendo, poggio sul tavolo i biscotti che mi ha dato Taylor, penso che mangerò domani mattina per colazione, e salgo di sopra per mettermi al letto.
In teoria doveva essere una giornata normale e decente, in pratica è stata una giornata di merda. Era iniziato tutto alla grande, avevo addirittura chiarito con Taylor, ora ho un’ansia assurda per mio nonno e a Taylor starò di nuovo antipatico. Perfetto.
Devo ancora farla pagare a quei coglioni che hanno rotto la sua chitarra, ma non mi va di pensarci adesso. Mi addormento quasi subito, pensando a quei bellissimi occhi azzurri..


NOTE: Hiii, sono tornata ahhaha.
Volevo precisare che questo capitolo non è stato scritto solo da me, la mia amica lo ha modificato visto che io non avevo tanta..come dire..ispirazione. Quindi lo abbiamo scritto insieme. Niente, spero vi piaccia hahha, ciao. (;

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Capitolo 5
*** Ripetizioni di matematica ***


«Basta Sarah! Non ci capisco niente!», dico ad alta voce mettendomi le mani nei capelli.
«Taylor, se non ti impegni, il compito andrà male. Prenderai l’ennesima F e tuo padre te le suonerà. Ancora», spiega Sarah con calma.
Sbuffo e incrocio le braccia al petto. «Ma non è colpa mia se la matematica è incomprensibile!».
Sarah sospira, sconfitta. «Facciamo una pausa, vieni di là in cucina». Non finisce nemmeno la frase che sono già in piedi.
Sarah sta cercando di illuminarmi all’oscuro mondo della matematica, cosa di cui non sono molto entusiasta, ma visto il compito imminente non mi rimane altra scelta che “studiare” e di prendere almeno una B. Sospiro ancora. Odio la matematica, con ogni atomo che mi compone.
«La mamma ci ha preparato la torta paradiso», mi dice Sarah con un sorriso consapevole, mentre accende la luce di quella piccola accogliete cucina dai colori caldi.
«Adoro la torta paradiso di tua madre», dico, adorante. Ho già l’acquolina in bocca.
Sarah ride. «Sto ancora cercando di scoprire cos’è che non adori», ride, porgendomi una fetta di Paradiso. In tutti i sensi.
Le faccio una risata sommessa. «Soprattutto quando si tratta di dolci fatti in casa da tua madre», le rispondo.

«Ti piacciono i biscotti fatti in casa? … Sono al cioccolato, li ho preparati ieri e ho pensato di portartene alcuni per scusarmi».
«Oh.. grazie mille, ma non.. dovevi..». Era così tenero quando balbettava.. «Sono sicuro che saranno buonissimi».

«Non ora, Taylor».


Alla luce di quello che è successo poco prima, mi rifiutavo di pensare che ce l’avesse di nuovo con me.
Dev’essere successo qualcosa.
Ma cosa?
Ecco. Perfetto. Sono in ansia.
«TERRA CHIAMA TAYLOR!».
Sobbalzo per lo spavento e prendo fiato. «Mi hai fatto prendere un colpo!».
«Io? Sei tu quella che è andata in trance! A cosa pensavi?».
Solo ad uno stupido lunatico Ed Sheeran. «Niente di importante ma noi due abbiamo un discorso in sospeso», cerco di cambiare argomento, mentre mi pulisco le mani dallo zucchero a velo.
Sarah riduce gli occhi ad una fessura. «Hmm. Sarebbe?», mi dice sospettosa, lasciandosi distrarre.
«Tu e William. Sono rimasta a quando vi ho lasciati soli il 4 Luglio». Le faccio un sorriso consapevole. Cosa sia successo quella sera era abbastanza ovvio, ma naturalmente volevo i dettagli.
«Oh. OH. Allora ti devo raccontare tutto!». Sarah prende posto e io rido, contagiata dal suo entusiasmo.
Il 4 luglio io, Sarah, William ed un suo amico, siamo andati a vedere i fuochi d’artificio per la celebrazione del Giorno dell’Indipendenza. C’era un sacco, decisamente troppa gente. Mi sentivo una sardina e stavo squagliando dal caldo.
In mezzo a tutto questo macello, com’era prevedibile, ci dividiamo e per chissà quale miracolo Sarah e William si ritrovano assieme. Tra i due già c’era già alchimia, ricordo quando Sarah si girava di scatto non appena scorgeva alla fine del corridoio “il ragazzo dagli occhi azzurri”. (avevo in mente qualche altro soprannome più originale per lui ma Sarah non voleva saperne..).
«Anche se quella sera ci siamo baciati non era ancora tutto chiaro. Poi però abbiamo continuato ad uscire e..». La mia amica innamorata arrossisce di colpo e affonda il viso nelle sue mani.
«Aww, ma che carina! Però il tuo essere tenera, non ti salverà», la avverto, sogghignando.
Sarah sposta la testa leggermente di lato, aggrottando la fronte. «Da cosa?».
«Come hai potuto tenermi allo scuro per così tanto tempo?». Comincio ad attaccarla con il solletico, alla vita e ai fianchi. Era ipersensibile, e questa era la tortura più efficace per lei.
Sarah prende a ridere in modo incontrollabile, finché il suo viso non diventa rosso, supplicandomi di smetterla.
Così ci dimentichiamo della matematica per il resto del pomeriggio (TAYLOR 1 MATEMATICA 0 HA) e ci mettiamo a guardare Love Actually, per mia gioia e gaudio.
Quando torno a casa, il pensiero di Ed mi fulmina la mente come un flash, ma decido di ignorarlo e di non farmi torturare dall’ansia. Tanto domani mi parlerà di nuovo.. vero?

«Oggi Ed non è venuto a scuola, se vuoi saperlo Taylor», mi avverte William notando che continuo a guardare la porta della mensa.
Cerco di non affogarmi con il panino. «Non volevo saperlo infatti», dico, mandando giù il boccone lentamente.
Infatti quella mattina non avevo incrociato Ed nemmeno una volta per i corridoi, ma pensavo fosse semplicemente sfortuna.
E quando il giorno dopo torno a scuola Ed.. non c’era. Di nuovo. E così per tutta la settimana. Mentre i miei pensieri girano intorno a lui, il compito di matematica si avvicina e, com’era prevedibile consegno il foglio in bianco.
Giuro che Ed me la paga. Me la pagherà cara!

Qualche ora passata a guardare fuori la finestra più tardi, siamo in pausa pranzo. «Com’è andato il compito?», mi chiede Sarah in mensa.
«Ho consegnato il foglio in bianco», dico, prendendo un altro morso di pizza.
Sarah si limita a scuotere la testa, senza fare commenti.
Quella mattina non c’era nemmeno William a scuola. Il mistero si infittisce. E io ho sempre più domande.
«E se prendessi ripetizioni di matematica e fisica?», propone Sarah, di punto in bianco.
La pizza mi va quasi di traverso. Lei e William hanno un talento nel farmi prendere colpi mentre mangio. «Ma sei impazzita?! I professori mi danno abbastanza filo da torcere a scuola, non ne voglio uno anche a casa!».
Sarah continua, come se non avessi mai aperto bocca. «C’è un ragazzo nel mio corso di matematica e fisica avanzata che impartisce ripetizioni a studenti che hanno difficoltà. Si chiama Lucas. Posso accompagnarti da lui», si gira un attimo verso l’orologio della mensa, «ora». Mi prende la mano e si alza di scatto, trascinandomi con sé.
«Ma perché dobbiamo andarci ora?», mi lamento.
«Primo perché tu da sola non ci andrai mai, e secondo prima è meglio è».
Sbuffo mentre Sarah mi trascina nella biblioteca della scuola. Spero che non ci sia, non voglio fare matematica!

«Oh, eccolo!», sussurra Sara.
Accidenti.
Ci dirigiamo a passo svelto verso  un ragazzo seduto in fondo, il punto più silenzioso della biblioteca, cercando di non far rumore.
Sarah annuncia la nostra presenza schiarendosi la gola piano e il ragazzo alza lo sguardo verso Sarah, mostrando dei bellissimi occhi color nocciola, contornati da ciglia folte e lunghe. Carino, il tipo. «Sarah Evans. Una delle studentesse più brillanti dell’istituto. Qual buon vento?», sorride, cordiale. Carino e anche educato.
«Lei è Taylor e avrebbe bisogno di qualche ripetizione di matematica e fisica. Tu potresti darle una mano?».
Lucas guarda verso di me e mi sorride, a labbra chiuse. «Piacere di conoscerti Taylor. Io sono Lucas. Perché non cominciamo subito?».
Oh, mamma.


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CE L'HO FATTA. Ciao a tutti! Vedo con piacere che questa storia sta avendo pian pianino successo *___* Chiedo scusa per il ritardo, ho avuto dei problemi.. tecnici *tosse* COMUUNQUE. Mi raccomando, recensite anche se trovate che questa storia vi faccia vomitare, siamo brave e non mangiamo nessuno lol. A presto!

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Capitolo 6
*** Non sono geloso. ***


Mi sento uno zombi. Un perfetto esemplare di morto ambulante. Ho passato una settimana d'inferno, tra corse avanti e dietro dall'ospedale per i continui alti e bassi di mio nonno e notti insonni passate a torturarsi con l'ipotesi che il giorno dopo non l'avrei più rivisto. 
In più c'era Taylor, l'immagine di quel sorriso brillante che mi ha fatto l'ultima volta che l'ho vista, mi ha cullato e tranquillizzato quando volevo solo scappare. Mi soprendo a ridacchiare come un idiota ma poi ricordo che per l'ennesima volta l'ho trattata male.
Ho spiegato a mia madre il problema perchè ovviamente si è accorta dei miei tormenti.

''Dovresti regalarle qualcosa che per lei ha un significato, qualcosa a cui lei tiene. Magari non subito, prenditi qualche giorno per conoscerla meglio o chiedi alle sue amiche cosa potrebbe piacerle.'' mi era già balenata in mente qualche idea, ma avevo bisogno conferme da Sarah.

''Finalmente di nuovo tra noi, tutto bene?'' Sarah sembrava felice di avermi di nuovo lì con loro.

''Si, diciamo di si. Nonno sembra stare meglio.'' oggi devo andare assolutamente a trovarlo.

''Menomale, e tu? Tu come stai? Avevamo pensato di venirti a trovare a casa, ma forse i tuoi non avrebbero gradito quindi abbiamo evitato.''

''No, a loro fa piacere vedervi ogni tanto. Solo che erano un po' giù di morale anche loro. Comunque sto bene ma..Taylor?''

''La tua innamorata era seduta su quella panchina con Lucas qualche minuto fa, ora è sparita.'' 

''Lucas? E che ci faceva seduta su una panchina a parlare con quel coglione di Lucas?'' non capisco sinceramente tutta questa mia preoccupazione, può parlare con chi vuole.

''Non lo so, non lo ha detto ne a me ne a Sarah. Geloso?'' William mi da una gomitata e Sarah ride.

''Perchè dovrei? Nemmeno mi piace. Adesso entriamo che io ho una settimana di lezioni da recuperare.''

''Ah beh..mi sono permessa di segnarmi tutti i compiti e le interrogazioni che devi recuperare, tieni.'' Sarah mi porge un foglietto e non posso credere a quello che c'è scritto.

''Quattro interrogazioni?! Otto capitoli di storia e tutti questi esercizi di matematica? Stai scherzando spero.'' ci sono altre materie ma ne ho dette solo alcune.

''No purtroppo. Ma ehi..puoi farti aiutare da Taylor.'' mi fa un occhiolino e sparisce in classe senza darmi nemmeno il tempo di risponderle.


La prima ora è stata parecchio pesante, ma per fortuna posso prendermi le prossime due per fare una ricerca di storia. Entro in biblioteca, il silenzio più assoluto domina quell'enorme stanza. Mi ha sempre messo un sacco d'ansia, non sono abituato a tutto questo silenzio.
Mi dirigo in fretta ai computer, vecchi più dei miei trisavoli, sperando di riuscire a combinare qualcosa.
Mentre prendo posto, tra gli scaffali pieni zeppi di libri impolverati, intravedo una sagoma molto familiare. Mi alzo di scatto, e mi faccio strada verso di lei a passo felpato.

''Taylor.'' la saluta qualcuno abbracciandola.

Lucas. Lucas Haldane. Merda, non lui! Rimango a guardarli per qualche secondo, poi torno a prendere le mie cose leggermente infuriato.
Al diavolo la ricerca, esco dalla biblioteca e cerco di prendere un po' d'aria.
Ma siccome ho ancora due ore libere  e non so cosa fare, vado nella classe di William per sedermi affianco a lui. 

''Ehi amico, che ci fai qui?'' rimango a fissare una coppietta della fila accanto mentre si baciano con foga senza staccarsi un attimo.

''Ma che cazzo..''

''Ah tranquillo, fanno sempre così. Mi sono abituato, ma dimmi perchè sei qui quando mi avevi detto che avevi una ricerca di storia da fare.''

''Ho scritto qualcosa ma poi mi sono..scocciato e sono venuto qui. Posso continuare la ricerca a casa.'' mi guarda per un attimo con gli occhi ridotti a fessure e poi ride.

''Ma dai..pensi che la beva? Dai vuota il sacco rosso.'' scuoto leggermente la testa guardando un punto non preciso della classe e poi mi volto verso di lui.

''Che palle che sei, non puoi far finta di crederci e basta?'' stava per rispondermi quando sento la voce del prof chiamarmi.

''Sheeran, questa non è la sua classe. La prego di uscire.'' 

''E io la prego di andare, gentilmente, a fare in culo. E ora se non le dispiace io e il mio amico usciamo un attimo fuori, buona lezione.''

Sento l'intera classe scoppiare, usciamo dalla classe e chiudo la porta sbattendola, credo mi metterà una nota se non una sospensione.

''Okay, adesso mi dici cosa succede. Che ti è preso?! Quello non ci pensa due volte a sospenderti.'' come se della sospensione mi importasse qualcosa.

''Sono solo un po' nervoso, tutto qui.'' non mi va di dirgli il vero motivo per il quale sto così.

''Cazzate, andiamo. Ti conosco da una vita Ed, puoi dirmi tutto.'' 

''Bene, sono andato in biblioteca per fare quella dannata ricerca. Ad un certo punto vedo Taylor allora mi alzo per andare a parlarle o per lo meno salutarla, ma arriva quel cazzone di Lucas che l'abbraccia e si siede affianco a lei.'' 

''Così sei uscito dalla biblioteca e sei venuto a cercare supporto morale dal sottoscritto.'' deve sempre mettere una briciola d'ironia in ogni cosa che dice, che cavolo.

''Se la metti su questo piano allora si. Contento adesso?'' credo di starmi innervosendo più ora che non prima in biblioteca.

''Mi hai detto che non sei geloso e che nemmeno ti piace. Allora perchè reagisci così?'' 

''Perchè..Lucas non è una brava persona, sai anche tu che è un puttaniere.  E quella scena mi ha dato fastidio.'' 

''Mh..fammi pensare. Ah, si. Si chiama GELOSIA.'' 

''Ma piantala William, non sono geloso.'' 

La campanella suona e i corridoi si riempiono di studenti, saluto William e corro in classe. Noto che Taylor è seduta al mio stesso banco, bene.

''Ehm..ciao Taylor.'' la saluto e le sorrido leggermente.

''Ciao, prima ti ho visto in biblioteca. Stavi venendo da me?'' merda.

''Io..si insomma, ti avevo vista e stavo venendo a salutarti ma poi ho visto che eri con Lucas e ho preferito non interr-''

''Devo dirti una cosa.'' perchè ho l'impressione che non mi piacerà per niente questa cosa?

''Oh, ehm..dimmi.''  si gira completamente verso di me e noto uno strano luccichio nei suoi occhi.

''Lucas mi ha invitata ad uscire domenica, e gli ho chiesto dove andremo ma mi ha detto che sarà una sopresa. Sono così felice.'' ecco, vaffanculo. Fingo un sorriso e cerco di sembrare felice.

''Ah..ma che bello, sono felice per te..'' giuro che lo uccido, un giorno di questi lo uccido.

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Capitolo 7
*** Primo appuntamento ***


Mi sveglio e senza nemmeno aprire gli occhi, allungo il braccio verso il comodino per prendere il telefono. Accendo lo schermo e un immediato sorriso da pesce lesso mi si stampa sul volto.
Oggi è domenica. Oggi esco con Lucas. Il solo pensiero mi fa arrossire e mi copro il viso con le mani.
Di solito nel finesettimana voglio solo starmene a letto a dormire e guai a chi mi sveglia. 
Invece, stamattina mi sento tipo Cenerentola, che canta, si alza tutta contenta dal letto, chiacchiera con gli uccellini e si veste di mattina presto.
Danzo giù per le scale, facendo una piroetta quando scendo l'ultimo scalino.
«Oggi è il gran giorno, eh?», si prende gioco di me mia madre. Ma non ci casco. «SI!», canto io.
Mia madre scoppia a ridere, un suono gioioso e divertito. «Sai già dove andrete?».
Scuoto la testa, versandomi del latte in una tazza con i cereali. «Sarà una sorpresa a quanto pare», faccio un gran sorriso, trattenendo a stento l'entusiasmo. Non vedo l'ora!

Dopo aver fatto colazione, vado di sopra a studiare. Ho ancora tre saggi di letteratura da fare, ripetere per il test di storia e degli esercizi di matematica che grazie agli insegnamenti di Lucas, sono finalmente in grado di capire (amen).
Ho la testa da tutt'altra parte, non riesco a concentrarmi e non posso fare a meno di fantasticare su stasera. Il cuore prende a battere velocemente, ma scuoto la testa, nel tentativo di tornare ai miei compiti e concentrarmi.
I saggi hanno richiesto più tempo di quanto avevo immaginato: mia madre mi ha chiamato più volte per il pranzo ma devo ancora finire. Che strazio. Ma non posso tornare a scuola senza aver finito. «Così impari a ridurti alla domenica per fare i compiti, Taylor», ricordo a me stessa.
Dopo una merendina (MERITATISSIMA) e un bicchiere d'acqua torno ai miei saggi e li completo. Finalmente. E adesso la parte più semplice: storia e matematica. Faccio una risatina.  Chi l'avrebbe mai detto che trovassi matematica facile?

Dopo aver finito l'ultimo esercizio, mi lancio di scatto dalla scrivania, con la mia piccola sedia da studio. Mi stiracchio e do un'occhiata all'orario. Sono appena le 5 e mezzo, giusto il tempo per farmi la doccia e prepararmi. Non perdo un secondo di più e mi fiondo in bagno. Devo fare in fretta, ripeto tra me come un mantra.
Una volta lavata e asciugata, mi infilo il vestito che io e Sarah abbiamo preso ieri quando siamo uscite a fare shopping. Un semplice vestitino di pizzo bianco con le maniche a tre quarti decorato alla vita con un cinturino di pelle lucida nera. È più corto di quello che indosso solitamente io, e il pensiero che le mie gambe siano così in vista mi fa arrossire, ma Sarah ha insistito tanto.. non avevo altra scelta.

Comincio a sentirmi un po' nervosa, via via che i minuti scorrono. Prendo un bel respiro per calmarmi e faccio la messa in piega ai capelli, senza applicarmi più di tanto. Dopo varie idee decido di portarli semplicemente su una spalla: non ho la pazienza per pettinarli in modo elegante.
Metto le parigine di vernice e prendo la borsa. Sono pronta. Il cuore sta per uscire fuori dalla cassa toracica. Sarò abbastanza carina? E se faccio figuracce? Devo stare superattenta ora che ho i tacchi. Oh no, e se mi bacia? Cavolo, non so baciare per niente! Oh, povera me.
Qualcuno suona al campanello e i battiti accelerano. Ancora.
«È per me mamma, ci vediamo dopo!», grido fiondandomi alla porta.
Con grazia, Taylor, con grazia.
Faccio un respiro profondo (cavolo, a forza di farne finirò l'aria sull'intero globo) e apro la porta.
«Ehi», mi sorride Lucas sicuro di sé, ma dolce al tempo stesso. I capelli spettinati e uno sguardo quasi arrogante mentre stringe tra le mani un piccolo mazzo di fiori di campo. Semplici e delicati.
«Ciao», dico, prendendogli il mazzo dalle mani. «Grazie sono bellissimi», ricambio il suo sorriso.
«Mai quanto te stasera. Fatti guardare», fa un passo indietro, facendomi fare delle piroette. Non posso fare a meno di ridacchiare come l'imbecille perfetta che sono.
«Sei da mozzare il fiato», sussurra tirandomi a sé, mordendosi il labbro.
Arrossisco. Vorrei scappare a nascondermi dall'imbarazzo. Invece abbasso la testa e dico: «Ehm.. vogliamo andare?». La mia voce è appena un sussurro.
Sento Lucas ridere tra sé. «Certo», dice, intrecciando le sue dita alle mie. Ah, cavolo. Se continua così, non arriverò nemmeno a metà serata.

Mi accompagna alla parte del passeggero di una BMW rossa. Ha l'aria di essere molto costosa.. non mi aspettavo che Lucas fosse anche ricco, oltre che bello (e dolce e cortese e perfetto) ma non mi sorprende nemmeno più di tanto.
Mi infilo dentro, dopo che lui con tanto di inchino e un dolce: «Dopo di te», mi apre la portiera.
Rispondo con un sorriso, incapace di spiccicare parola.
Una volta sistemato anche lui, fa partire la macchina e intreccia di nuovo la sua mano alla mia. Arrossisco di nuovo sentendo il suo sguardo su di me.
«Cos'hai fatto oggi?», mi chiede all'improvviso. 
Vorrei filarmela. Ma non voglio allo stesso tempo. Oh, santo cielo. «I compiti per domani. Ho fatto gli esercizi di matematica. Mi trovo in tutti», dico con una punta d'orgoglio.
«Davvero?», esclama entusiasta.
Annuisco vigorosamente. Piano piano, sento il nervosismo scivolare via. «Si! Non è fantastico?! Quasi non mi sembra vero! La matematica non è più una sconosciuta per me».
«Vola basso Swift, il merito è tutto mio», sghignazza.
Alzo un sopracciglio, dandogli una gomitata. «Ma smettila! Sono una brava alunna apprendo in fretta», ghigno anch'io. Scoppiamo a ridere entrambi.
Dopo dieci minuti arriviamo al cinema. Stavo per scendere, ma Lucas mi precede aprendo di nuovo la portiera per me. «Che galante», commento scherzosamente, ridacchiando (proprio non riesco a fare a meno di ridere come un'idiota. Perfetto).
Lui mi sorride e mi cinge la vita con un braccio. Ah, cavolo.

«Che film vorresti vedere?», mi chiede una volta dentro.
«Ah.. non saprei. Per me va bene qualsiasi cosa, tranne gli horror», aggiungo con un brivido. «Mi spavento facilmente e avrò gli incubi per tutta la notte. Non vorrai avermi sulla coscienza, vero?», ghigno, guardandolo con la coda dell'occhio.
«Ti starei accanto finché gli incubi non vanno via». Detto questo mi prende la mano e la bacia, tenendo sempre gli occhi fissi nei miei.
Arrossisco di colpo e tiro via la mano, distogliendo lo sguardo. Mi sta mandando in pappa il cervello.
Lui fa una risata sommessa e mi prende per mano.
Dopo aver preso i biglietti, ci avviciniamo al mini bar per prendere una ciotola enorme di pop corn e delle coca cola. Ottima distrazione dal film, nel caso sia terribile.
Lo vedo destreggiarsi a fatica con tutte le cose che porta in mano, quindi intercedo e prendo la mia coca cola e i pop corn.
«Chiedere aiuto non ti rende meno figo, sai?», dico alzando un sopracciglio.
Lucas si limita a ridere, facendo entrare prima me in sala. Gli faccio un sorriso di gratitudine, ed insieme scegliamo i posti dove accomodarci.
È appena iniziata la pubblicità e pop corn mi stanno praticamente supplicando di mangiarli tentandomi con il loro odore. Devo resistere.
Lucas accanto a me fa per prenderne un po' ma scaccio via la mano. «Ah no, caro, aspetta che inizia il film».
Lucas alza le mani in segno di resa. «Mi scusi, sergente Swift», dice trattenendo a stento una risata.
«Scuse accettate».

Il film parla di ladri, rapine, tradimenti, sparatorie e c'è decisamente troppo sangue. Impercettibilmente, mi avvicino a Lucas tenendolo per il braccio e nascondendomi dietro la sua spalla. «S-scusa..», mi sposto dall'altra parte, coprendomi il viso con le mani.
Lucas mi cinge le spalle e mi avvicina a lui. «Sshh, non è nulla», mi sussurra in un orecchio. I suoi sussurri mi mandano brividi lungo la schiena, mentre dagli altoparlanti, sento il rumore degli spari fermarsi.
Mi rimetto dritta, avvampando, e la scena si ripete ancora, finché non rimaniamo così, lui che mi stringe a sé, per tutta la durata del film.

Le luci finalmente si accendono ed emetto un sospiro di sollievo.
«Oh andiamo, non era così terribile!», esclama Lucas, il suo braccio ancora intorno a me.
«Lo era. Il novanta per cento del film era sangue», dico imbronciata.
Lucas fa una risatina. «Andiamo, mi farò perdonare offrendoti la cena».
Mi aggiungo alla sua risata, guardando l'orologio. «Sarà meglio che mi porti a casa. Ti farai perdonare la prossima volta».
«La prossima volta? Vuol dire che ci vedremo per un secondo appuntamento?», esclama lui, sorpreso ed entusiasta.
Arrossisco alla sua reazione, abbassando lo sguardo.
«Lo prendo per un si», sussurra, prendendomi di nuovo per mano, lasciandola solo per entrare di nuovo in macchina per poi riprenderla nella sua e posarla sulla sua gamba mentre guida.

«Ti accompagno alla porta». Stavo per dirgli che non ce n'era bisogno, ma me lo ritrovo improvvisamente dal mio lato della macchina.
«Grazie», mormoro, chiudendo lo sportello alle mie spalle.
Ci fermiamo davanti la mia porta, i suoi occhi fissi nei miei. Si avvicina con lentezza calcolata al mio viso e di colpo so cosa sta per succedere. «Ehm.. ci vediamo domani a scuola», mormoro abbassando la testa. Il cuore mi batte così forte che temo che riesca a sentirlo.
«Ah.. certamente. Buonanotte Taylor», fa qualche passo indietro.
«Buonanotte..», sussurro, entrando in casa, con il cuore pulsante di gioia.

 
------------
Dopo secoli e secoli (amen), finalmente aggiorno. Quasi non riesco a crederci. Probabilmente se non fosse stato per la mia amica che mi spingeva a scrivere, probabilmente ora non sarei qui xD quindi la ringrazio. Ebbene, spero che non ci abbiate già abbandonato, e spero che il capitolo vi piaccia. ** A bien tou ~
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