Tutta colpa del lago dorato

di germangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 - Vita a San Diego ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 - Miracolo di Natale ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 - Vita a San Diego ***


In un mite pomeriggio californiano di inizio dicembre la Corvette fiammante si fermò di fronte a una graziosa villetta a un piano situata nel quartiere di Carmel Valley, uno dei più prestigiosi di San Diego. Un uomo affascinante in divisa militare uscì dall’auto e si diresse velocemente verso l’abitazione, come se fosse ansioso di raggiungere l’interno della dimora e chiunque essa contenesse.

Inserì la chiave nella serratura, aprì la porta e mentre appoggiava il cappello e la ventiquattrore sul mobile dell’ingresso gridò: “Maaaaaaac, sono a casa!”

Non ottenne risposta.

Sua moglie doveva essere stata trattenuta in ufficio per qualche grana dell’ultimo momento. Quelle non mancavano mai. Recandosi in cucina in cerca di qualcosa di fresco da bere, gli cadde l’occhio sulla cornice appoggiata sulla credenza. Racchiudeva una bellissima foto che li ritraeva sorridenti, mentre danzavano occhi negli occhi il giorno del loro matrimonio. Prese in mano il portaritratti e con la mente tornò a quella data. Avevano celebrato le nozze a metà ottobre, un paio di settimane dopo essersi trasferiti entrambi a San Diego. Il cielo aveva benedetto la loro unione regalando una splendida giornata di sole, con un clima decisamente primaverile e un cielo terso, di un azzurro quasi accecante, tanto che erano riusciti a organizzare la cerimonia nel giardino della casa di Frank e Trish Burnett a La Jolla.

Trish aveva curato l’allestimento e si era superata, creando un ambiente semplice e raffinato. Ma era così felice che suo figlio avesse finalmente aperto gli occhi che sarebbe andata a prendere anche un pezzo di luna per lui e per Mac.

Harmon Rabb jr aveva indossato l’alta uniforme ed era l’uomo più affascinante sulla faccia della terra. Non era certo la divisa delle grandi occasioni a renderlo così irresistibile, bensì quella luce negli occhi che si accendeva ogni volta che posava lo sguardo sulla sua bellissima sposa. Sarah aveva optato per un semplice abito di raso color crema, che le lasciava le spalle e la schiena scoperte e le accarezzava il corpo scendendo morbidamente fino ai piedi e mettendone in risalto le curve armoniose. I capelli, raccolti in uno chignon, erano adornati da gelsomini odorosi che riprendevano il bouquet e avvolgevano la donna di un profumo inebriante, specialmente per il suo sposo.

Visto che lo zio di Mac era ancora in prigione, AJ Chegwidden aveva accolto con gioia e immenso orgoglio la richiesta di accompagnare la sposa dal Cappellano Turner e da un trepidante Harm, che li attendevano al centro del giardino dei Burnett. Le altre persone fondamentali della loro vita li avevano raggiunti in California: appena saputa la notizia, Chloe si era precipitata dalla sorella maggiore, vantandosi con tutti per essere stata la prima ad averli visti come coppia, quando Harm era andato a trovare Mac alla casa di sua nonna sul lago dorato. Da Washington erano arrivati Galindez, il generale Cresswell e sua moglie Dora, Bud, Harriett, AJ e Jimmy Roberts. Harriett aveva smosso mari e monti per poter volare nonostante la gravidanza avanzata, per di più gemellare. Ma quando la signora Roberts si metteva in testa qualcosa, non c’erano ostacoli insuperabili per lei, né tantomeno per il suo pancione. Jennifer Coates era già a San Diego, poiché Mac l’aveva voluta nel suo team, con buona pace del Generale. Mancava solo Sturgis, cui era stato affidato l’incarico offerto inizialmente a Rabb a Londra e che purtroppo non era riuscito a liberarsi per il matrimonio. Il regalo più grande per Harm, però, era stato avere Mattie e Sergei con sé: suo fratello aveva rivestito orgogliosamente il ruolo di  testimone dello sposo, dopo aver ottenuto il visto a tempo di record, e Mattie, nonostante non fosse più una bambina, si era offerta di fare la damigella, accompagnata dal piccolo AJ Roberts, elegantissimo nel suo mini frac, portando il cuscino con gli anelli e distribuendo petali di rose. Costituivano una coppia meravigliosa mentre avanzavano nel giardino, precedendo Sarah e l’Ammiraglio, e il bambino era rimasto abbagliato dalla sua accompagnatrice, tanto da continuare a fissarla con lo stesso sguardo adorante che di solito riservava alla zia Mac.

Anche se la sposa l’aveva invitata, Deanne MacKenzie aveva preferito non partecipare alla cerimonia. Aveva addotto la scusa di non essere in grado di volare per problemi di salute, ma probabilmente non si era voluta arrogare alcun diritto di far parte della vita di sua figlia dopo averla abbandonata nelle mani di un padre violento e alcolizzato. Erano state dunque le altre matrone di casa Rabb a occuparsi di lei: nonna Sarah, in particolare, l’aveva accolta fra le sue braccia ringraziando il cielo che quel testone del nipote avesse finalmente trovato il coraggio di dichiararsi alla donna della sua vita.

Avendo appena assunto i rispettivi incarichi, gli sposi avevano deciso di rimandare il viaggio di nozze all’estate successiva, così da non doverlo limitare a un semplice fine settimana.

E adesso Rabb non vedeva l’ora che sua moglie – ancora si emozionava all’idea di poterla finalmente chiamare in questo modo – rientrasse a casa per poter condividere con lei una notizia che aveva ricevuto quella mattina e che sperava l’avrebbe resa felice.

Nelle ultime settimane l’aveva vista particolarmente stanca. Mac aveva dato la colpa al cambiamento di lavoro e al trasloco dall’altra parte del paese, ma Harm la conosceva bene e sapeva che il vero motivo era un altro. Nonostante le avesse ribadito più volte che ciò che contava per lui era stare con lei, sapeva che Sarah si crucciava per non essere ancora riuscita a dargli un figlio. Giusto poco tempo prima gli aveva detto, con le lacrime agli occhi, che si sarebbe dovuto trovare una compagna più giovane, ancora nel pieno della fertilità, ma lui l’aveva stretta fra le braccia e le aveva sussurrato che ci aveva messo nove anni per capirlo ma ora era sicurissimo di avere accanto a sé l’unica donna che avrebbe potuto renderlo felice. Inoltre, c’erano molti modi alternativi per formare una famiglia e lui era intenzionato a non precludersi alcuna strada. Mattie, che era tornata da poco da suo padre, gli aveva regalato l’anteprima di un’esperienza genitoriale che avrebbe voluto condividere con la sua sposa.

Aprì il frigo e prese una bibita. In casa non tenevano alcolici e lui si concedeva solo una birra ogni tanto quando usciva con Frank. Da quando si erano trasferiti in California, aveva recuperato il rapporto con il suo patrigno e dovette ammettere che sua madre era stata fortunata ad averlo incontrato. Si sedette sul divano e bevve un lungo sorso, soddisfatto per la piacevole sensazione di fresco regalatagli da quella bevanda. Scosse la testa al pensiero che in questo periodo dell’anno a Washington avrebbe avuto voglia piuttosto di una tazza di caffè o di tè bollente. Sì, la sua vita era decisamente cambiata. Non poteva certo lamentarsi di come si fossero sistemate le cose, ma il JAG gli mancava molto e avrebbe occupato per sempre un posto speciale nel suo cuore.

Il rumore della porta di ingresso che si apriva gli fece capire che Sarah era finalmente tornata a casa.

“Ciao marinaio” lo salutò, appena lo vide, prima di posargli un bacio leggero sulle labbra e sedersi stancamente accanto a lui.

“Ciao marine, come è andata oggi? Ti vedo un po’ provata…” le chiese, prendendole una mano e portandosela al volto.

“Un paio di casi un po’ delicati da trattare, il maggiore Smith e il colonnello Henderson da rimettere in riga, perché continuano a pensare che sono una donna e non il loro capo, il SecNav da tenere buono…normale amministrazione, insomma” snocciolò lei, terminando con un sospiro profondo, con il quale voleva liberarsi della tensione accumulata durante la giornata e che si faceva sentire su collo e spalle.

“Ho una proposta da farti che sono sicuro ti piacerà molto” le disse Harm, accompagnando questa frase con il suo collaudato sorriso.

“Un bagno caldo seguito da un massaggio con gli olii profumati?” propose speranzosa Sarah.

“Anche quello, se vuoi. Sai che sono sempre disponibile! Ma non mi riferivo a un futuro così immediato…”

“Stupiscimi, marinaio!”

“Che ne diresti se tornassimo a Washington per Natale? Oggi sono stato invitato a partecipare a un incontro alla sede NATO della capitale la mattina del 24 dicembre. Se non hai altri impegni, potremmo fermarci lì fino al 25 e rientrare a San Diego il giorno successivo…”

Per tutta risposta, Mac abbracciò forte suo marito. Sì, l’idea le era piaciuta molto. Non la sorprese nemmeno che ci fosse una riunione in quella data: nel mondo militare, cui entrambi appartenevano da una vita, anche il 24 dicembre era un giorno lavorativo come tutti gli altri.

Visto che Harm sarebbe stato impegnato per lavoro, Mac ne aveva approfittato per fissare un appuntamento dalla sua ginecologa a Bethesda. Non avevano accantonato l’idea di concepire un figlio naturalmente, ma nonostante i numerosi tentativi, peraltro estremamente piacevoli, non erano ancora riusciti nell’impresa e i sei mesi che la dottoressa le aveva detto di aspettare prima di optare per terapie o interventi più invasivi stavano ormai per scadere. L’ultima volta il ciclo non era stato particolarmente doloroso ed era durato solo un paio di giorni, e Sarah sentiva l’orologio biologico ticchettare in maniera sempre più assordante nel suo cervello.

Inoltre, con l’occasione avrebbero continuato volentieri la tradizione della cena di Natale dai Roberts e della messa, seguita dalla visita al Vietnam Memorial, un appuntamento cui Harm teneva moltissimo.

Senza considerare che il clima mite della California strideva terribilmente con lo spirito natalizio.

Erano felici per l’opportunità lavorativa che avevano avuto entrambi, grazie anche all’intervento del Generale Cresswell, e San Diego era una città dinamica e accogliente, ma Harm e Mac erano indissolubilmente legati a Washington e a ciò che il JAG aveva significato per loro, sia dal punto di vista lavorativo che personale.

I coniugi Rabb giunsero alla capitale la sera del 23 dicembre, respirando l’aria frizzante e finalmente in linea con la stagione cui erano abituati. Nonostante i Roberts li avessero invitati a stare da loro, avevano preferito prenotare una stanza in un albergo, poiché erano riusciti entrambi a subaffittare i propri appartamenti prima di trasferirsi a San Diego. La residenza dei loro amici era già sufficientemente affollata con i due bambini e Mickey, e non volevano dare troppo disturbo ad Harriett che era ormai al termine della sua gravidanza gemellare.

La mattina della vigilia fecero colazione insieme in albergo, poi si diressero ognuno verso la propria destinazione. Harm aveva chiesto a Sarah di posticipare la visita al pomeriggio, in modo da potersi liberare dall’impegno lavorativo e accompagnarla dalla sua ginecologa, ma lei aveva tirato fuori il suo lato marine e gli aveva risposto piuttosto piccata che avrebbe potuto affrontare la cosa anche da sola. Si sarebbero incontrati dopo pranzo per comprare gli ultimi regali insieme o al più tardi dai Roberts, per cenare con loro prima di recarsi alla messa.

Fiocchi di neve danzavano ballerini nell’aria quando Sarah uscì dall’ambulatorio di Bethesda. Sollevò lo sguardo verso il cielo, intenta ad osservare quello spettacolo. Avevano fatto bene ad approfittare dell’impegno professionale di Harm a Washington: non sarebbe stato Natale senza la neve. Abbassò di nuovo il volto e prese un grande respiro. Ciò che aveva appena saputo l’aveva sconvolta fin nel profondo.

 

Nota dell’autrice

Non chiedetemi cosa c’entri una storia natalizia a settembre perché non ne ho idea… forse è per colpa di questa estate pazzerella o del fatto che non sono ancora andata in ferie!

Comunque, temendo di vedermi arrivare a casa Rocky – come qualcuno aveva minacciato di fare se non avessi scritto il seguito del Lago Dorato – ecco un paio di capitoli per sbirciare ancora una volta nella vita di Harm e Mac.

Grazie al mio angelo custode che si è letta la storia in anteprima anche in vacanza e grazie a chiunque di voi mi abbia regalato il proprio tempo e sia arrivato fino qui.

Baci,

Deb

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 - Miracolo di Natale ***


Frugò nella borsa e accese il cellulare che aveva spento prima di entrare nell’ambulatorio della sua ginecologa. Un breve trillo la informò di aver ricevuto un messaggio. Era di Harm che si scusava perché la riunione si sarebbe protratta più a lungo di quanto pensava, pertanto l’avrebbe raggiunta direttamente dai Roberts. Toccava dunque a lei occuparsi di comprare i regali per Trish e Frank. Agli amici di Washington avevano già pensato acquistando i doni in California, così da portare loro un po’ di aria del sud.

Sospirò di nuovo e si strinse nel cappotto, trattenendo un brivido di freddo e allacciando anche l’ultimo bottone. Il clima di Washington era decisamente molto diverso da quello di San Diego! Giusto due giorni prima lei e suo marito – quanto le piaceva poter dire che Harm era suo marito, finalmente! – si erano concessi una lunga passeggiata sulla spiaggia, indossando solo una giacca leggera. Ma non sarebbe stato Natale senza lo scoppiettio del fuoco nel camino, una calda sciarpa di lana al collo, la neve che scende dal cielo e una bella tazza di cioccolata fumante.

“Mmmm, cioccolata… è proprio ciò di cui ho bisogno adesso!” pensò Mac e si recò a passo veloce verso un bar sull’altro lato della strada, in compagnia dei suoi pensieri.

Poche ore più tardi, rinfrancata dalle endorfine messe in circolo dal cacao (Dio benedica i maya!) e dallo shopping, Mac raggiunse la residenza dei Roberts e venne accolta dal vociare allegro dei suoi figliocci, che la coinvolsero immediatamente nei loro giochi prendendola in ostaggio fino all’ora di cena.

Harm arrivò in ritardo come suo solito: le vecchie abitudini sono dure a morire. Appena vide sua moglie, si rese conto sin dalla prima occhiata che stava rimuginando su qualcosa. Le chiese sottovoce come fosse andata la visita e lei lo liquidò con un freddo “ne parliamo dopo”, pertanto decise di rimandare la conversazione a quando sarebbero stati da soli in albergo. L’ambiente era affettuosamente affollato al momento. Oltre Bud e Harriett, infatti, c’erano anche Mickey, suo padre e altri colleghi del JAG. Tutti fecero onore all’ottima cena preparata come sempre dalle sapienti mani della signora Roberts, che continuava a sfornare prelibatezze gastronomiche nonostante l’ingombrante pancione.

Come da tradizione, dopo il lauto pasto si recarono alla messa, dove il reverendo Turner parlò ai loro cuori del miracolo di Natale e del dono della Vita che non solo Maria e Giuseppe avevano ricevuto, ma con cui l’umanità intera era stata benedetta.

C’era un appuntamento cui Harm teneva particolarmente la vigilia di Natale e che era felice di poter onorare anche quell’anno, nonostante il trasferimento a oltre 5000 miglia di distanza. Suo padre lo aspettava al Vietnam Veterans Memorial. E questa volta non avrebbe compiuto il pellegrinaggio da solo: finalmente sua moglie sarebbe stata accanto a lui.

Il viaggio verso il monumento trascorse in silenzio. Mac guardava fuori dal finestrino della macchina, persa nei suoi pensieri. Rabb aveva imparato a conoscere Sarah e sapeva che, insistendo, non avrebbe ottenuto nulla da lei. Si ripromise perciò di riservarle una dose speciale di coccole appena arrivati in albergo. A quelle – ne era sfrontatamente sicuro – sua moglie non avrebbe resistito.

Appena arrivati davanti al muro, l’uomo si sfilò un guanto e sfiorò delicatamente con le dita le lettere incise che ricordavano il sacrificio di Harmon Rabb sr. Poi cominciò a parlare, a voce bassa, incurante dei pochi altri visitatori: “Ciao papà, ti ricordi di Sarah? Sì, è Mac, ti ho parlato tante volte di lei…. Beh, vedi papà, molte cose sono cambiate dalla mia ultima visita qui. Per fartela breve, ho finalmente trovato il coraggio di dirle che la amo con tutto il mio cuore e sai una cosa? Inspiegabilmente lei ama me. Tanto da volermi sposare. Sì, papà, ci siamo sposati poche settimane fa a La Jolla, a casa di mamma. Mi sarebbe piaciuto averti lì accanto a me, ma sono sicuro che da lassù hai vegliato su di noi. Mac era così bella quel giorno che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso… Da poco più di un mese siamo entrambi a San Diego. Io sono stato trasferito alla NATO e mia moglie – ah, quanto mi piace poterlo dire! – invece è a capo dello staff legale della sede congiunta della Marina e dei Marines. Li fa rigare dritto tutti quanti, dovresti vederla. Adesso lei è qui con me” si rivolse a sua moglie e le strinse affettuosamente una mano.

“C’è un’altra cosa che dovresti dire a tuo padre” aggiunse Sarah.

Harm la osservò corrugando la fronte, non riuscendo a capire cosa avesse dimenticato di raccontare.

“Dovresti informarlo che diventerà nonno” spiegò Mac, con voce tremante per la commozione.

Il futuro padre spalancò gli occhi per la sorpresa e cominciò a balbettare: “Nonno? Significa che… Mac… tu… io… noi…”

“Esatto, marinaio. Aspettiamo un bambino!” gli venne in soccorso Sarah.

Fu solo dopo averlo rivelato a Harm che Mac afferrò l’effettiva portata di quella notizia. Appena la dottoressa gliel’aveva detto era rimasta scioccata dalla sorpresa: quello che credeva essere stato il suo ultimo ciclo in realtà erano solo delle piccole perdite che non avevano inficiato sulla salute del nascituro. Poi aveva cominciato a pensare a come informarne suo marito, ma non voleva farlo davanti ai loro amici: voleva che questo momento fosse privato, solo per loro due. Aveva serbato quella notizia nel suo cuore per l’intera giornata, senza aver la possibilità di condividerla con nessuno perché desiderava che il primo a saperlo fosse lui. E adesso, dopo aver pronunciato per la prima volta ad alta voce quella frase, aveva compreso pienamente ciò che stava succedendo: avevano battuto ogni statistica.

Avevano vinto la battaglia contro il 4%.

Lei e Harm aspettavano un bambino.

Sarebbero diventati genitori.

Lei sarebbe stata mamma!

E avrebbe dato un figlio all’uomo della sua vita!

Un bambino che avrebbe avuto la bellezza della madre e il cervello del padre. O viceversa, sarebbe andata bene in ogni caso. Proprio come avevano detto quasi scherzando quando avevano stipulato il patto di avere un figlio insieme, alla nascita del piccolo AJ Roberts.

Dentro di lei stava crescendo il dono della vita, nato dall’amore reciproco che nutrivano l’uno per l’altra.

Harm abbracciò sua moglie con tutta la forza che aveva, mentre lacrime di gioia gli riempivano gli occhi. Poi la lasciò andare e chiese: “Ma come è potuto succedere?”

Sarah iniziò a ridere e commentò: “Accidenti, Harm, credevo che tua madre ti avesse spiegato come nascono i bambini o che tu ci fossi arrivato da solo alla tua età…”

Lui le lanciò un’occhiataccia e riprese: “Maaaaac, mi riferivo all’endometriosi… ma non importa. Come stai? Quando nascerà? Sai già se è un maschio o una femmina? Cosa ha detto la dottoressa? Devi stare a riposo? Oh mio Dio, qui fa troppo freddo per il bambino, perché non me lo hai detto prima? Sei sempre la solita testarda. Saremmo rimasti al caldo invece di venire qui. Anzi, andiamo subito in albergo, così ti puoi sdraiare e domani torniamo a casa… ma sarà pericoloso volare nelle tue condizioni?”

“Harm, calmati e respira. Sto bene e il bambino nascerà fra sette mesi. E’ ancora troppo presto per sapere se è un maschio o una femmina, comunque sta bene anche lui. O lei. Ora mi prometti che non ti farai prendere dall’ansia?” lo interruppe Sarah. Quando suo marito entrava in modalità iperprotettiva era difficile da gestire.

“Non posso farlo. C’è tutto il mio mondo qui e io devo prendermene cura!” protestò lui.

“OK, ma almeno stanotte possiamo festeggiare senza farci sopraffare dalla preoccupazione?” propose Mac.

“Ci posso provare… però tu mi prometti che starai attenta da ora in poi? E che la prossima volta che vai dalla ginecologa fai venire anche me? Mi piacerebbe vedere nostro figlio…” le chiese timidamente, abbassando il tono della voce.

“Starò attenta, parola di marine. Se vuoi vedere il nostro bambino ho una ecografia nella borsa… ma qui non c’è abbastanza luce, te la mostrerò appena arriviamo in albergo” gli disse, accarezzandogli una guancia.

Tu hai una foto di mio figlio e non me l’hai ancora fatta vedere?” si risentì Harm.

Sarah alzò gli occhi al cielo. Sarebbero stati sette mesi lunghissimi. “Su, marinaio, andiamo nella nostra stanza, così posso raccontarti per filo e per segno cosa mi ha detto la dottoressa e mostrarti la prima foto del piccolo Rabb. E poi abbiamo un miracolo da festeggiare!”

Si incamminarono mano nella mano.

Era stato davvero un miracolo. Il loro miracolo di Natale.

 

Nota dell’autrice

Mi sono fatta prendere la mano ed è uscito un finale più sdolcinato della cioccolata calda bevuta da Mac!

Grazie per avermi seguito anche in questo episodio.

Un abbraccio,

Deb

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