Io e Me

di Niaile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sconosciuti ***
Capitolo 3: *** Ricordando ***
Capitolo 4: *** Colloquio ***
Capitolo 5: *** Sorpresa ***
Capitolo 6: *** Era felice ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Francesca era già con la valigia pronta per andare all’aeroporto, aveva pensato già troppo se era la cosa giusta da fare o no, le parole di Giorgia non facevano altro che confermare i suoi pensieri.


-Giorgia, sai che non è questo il problema!

-E allora? Perchè hai deciso di andartene?

-Perchè non voglio fermarmi qui, voglio arrivare al punto in cui non posso più andare oltre.

-Io non ti capisco, sai che bisogna accontentarsi, e poi non si tratta di accontentarti, volevi diventare qualcuno, e ora lo sei, perchè vuoi continuare, che quando vorrai tornare indietro non potrai più?

-Non credo di voler tornare indietro.

-L’aspirazione è bella, ma ho paura che tu stia perdendo il senso della misura.

-Giò voglio solo vivere una vita che mi permetta di dire “SONO FIERA DI ME”, che poi chiunque è qualcuno, ma chi realmente riesce senza ipocrisia a vivere una vita alla quale aspira?

-Francè non si parla di questo, tu volevi essere una scrittrice, hai studiato e lavorato sodo, tutti apprezzano i tuoi sacrifici, ma capisci che la vita non si ferma solo al lavoro?

-Si, ma voglio essere felice.

- Anch’io sono felice, non sarò diventata una ballerina di successo come da piccola sognavo, ma quando torno a casa, stanca, ad aspettarmi ci sono mio marito e le miei due figlie che mi fanno dimenticare tutto ed essere fiera di quello che sono diventata, di sogni e di aspirazioni, cara mia, non si campa.

-Ognuno è felice a modo suo!

-Quindi hai già preso la tua decisione?

-Si.

-Va bene, arrivederci e buona fortuna.

Non c’era nulla da fare ormai, salutandosi con un sorriso si divisero, ognuno per la sua strada, ognuno col suo modo di vivere la felicità.

Sull’aereo Francesca fu assalita dai suoi soliti dubbi: forse, forse, forse... Era giusto andare via, lasciare la stabilità, la così sudata monotonia, solo per cercare qualcosa che qua, forse non c’era? Ma se non prendeva quella decisione non poteva sapere, cosa l’aspettava oltre quell’orizzonte.

Non riusciva a calmarsi, caffè, acqua, musica, sempre quelle domande e quella rabbia di essere così ipocrita con se stessa, non riuscire ad essere così sicura come quando deve parlare con qualcuno, quella paura di se, di affrontarsi perché sa di perdere. Sapeva che sua sorella aveva ragione, andare via perché qua non c’era più nulla da scoprire non era aspirare a qualcosa ma solo un atto di puro egoismo nei confronti di chi qua l’aveva aiutata. Ma il problema era un altro: voleva andare via da quella città così piena delle sue promesse infantili che le erano costate la liberta di vivere: “da grande farò questo, quell’altro, diventerò così, non sopporterei di diventare un’altra” .

Promesse a cui credeva solo lei e purtroppo sino ad un certo punto, il suo sbaglio più grande, però, è stato quello di continuare a promettere e a mantenere quelle promesse che erano così belle a pensare, anche a vivere, ma che l’avevano imprigionata in uno stile di vita dal quale lei non sapeva più uscire e dal quale oggi, mercoledì 25 agosto, stava scappando

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Capitolo 2
*** Sconosciuti ***


-Ciao, scusa ma non ho potuto far a meno di ascoltarti, secondo me, sempre se ti va di ascoltare l’opinione di un bello sconosciuto, questa tipa di cui tu parli è proprio una strana, non darle troppo retta.- Sfoggiava un bellissimo sorriso, sicuramente uno dei più belli, occhi enormi nocciola con ciglia lunghissime, capelli rossi, ricci come quelli di una bambina, le guance invase da lentiggini come i fiori in un giardino a primavera, un ragazzo mai visto, ma si sà che i migliori incontri avvengono per caso.

-Tranquillo, e poi certo che mi va di ascoltare l’opinione di uno sconosciuto, di solito è la più sincera.- Anche lei non aveva fatto sconti, il suo sorriso era enormi, e dopo tanto tempo era sincero, sul suo aspetto si poteva discutere, era abbastanza stanca!

-Eih hai dimenticato bello.

- Hai ragione, che sbadata, scusa.

-Eppure è la prima cosa che si nota!

Francesca in quel momento finalmente riuscì a non pensare, a mettere pausa in quello stereo che suonava sempre la stessa canzone, sempre le stesse parole, che non finiva mai di massacrare quella testa già così violentemente massacrata dal passare degli anni e dal procedere degli eventi.

-Comunque si, sto cercando proprio di allontanarmi da lei, ecco perchè sono qui oggi.

-Secondo me invece stai scappando, e le persone grandi non scappano.

-No, non sto scappando, ho solo chiuso un capitolo e non c’era altro modo se non essere qui.

-Ma hai cercato di parlare con lei? E poi scusami ancora, ma ci tieni o no alla vostra amicizia?

-E’ impossibile parlare con lei, è intrattabile, ipocrita, scontrosa , così adorabile. Al centro c’è lei, sempre, e poi tutti gli altri, ma la cosa che odio di più è il fatto che nemmeno ti fa accorgere del suo egoismo! E si, ci tenevo, ma ora ho capito che se c’è lei non posso esserci io, ma la cosa stupida è che lei sarei io, vedi, quello di cui tu mi hai sentito parlare non era altro che un rimprovero alla mia stupida personalità. E ora ti sto pure facendo paura , e non so perchè continuo a parlare con te e a pressarti, scusa!

-No, tranquilla, fai pure, ho un cugino psicologo e mi sto mettendo nei suoi panni.

-Ecco, uno psicologo, hai ancora una volta ragione, scusa.

Riprese le cuffie si girò dall’altra parte. Non c’era tanto da dire, lui aveva ragione, uno psicologo sarebbe stato l’ideale, uno di quelli che fanno il loro mestiere solo per portare soldi a casa, che non ti ascoltano veramente, che non gliene frega niente di quello che gli stai raccontando, che alla fine ti dice la solita frase e che poi ti chiede i soldi. Ecco, uno così e tutti i problemi si risolvono, non era stata una buon idea pensare con le cuffie!

-No scusa, non volevo dire quello che tu hai capito, non volevo offenderti, nemmeno ti conosco, anzi, ecco cosa mancava, piacere Ri...

-No, ti prego, non presentarti se vuoi davvero aiutarmi, perchè poi saprei chi sei e allora non starò più parlando con uno sconosciuto, e allora va a finire che tanto per cambiare io parlo, tu fai finta di ascoltare, io capirò che ti sto stancando mi alzerò e mi andrò a sedere da chissà quale altra parte, no per favore!

-... Si, ma io non voglio essere solo uno sconosciuto con cui passare del tempo sull’aereo, dai ti ho anche fatto sorridere!- Aveva ragione, sorridere così, da tempo ormai non capitava, ma era l’effetto sorpresa che rendeva ciò più bello!

-Allora, ti va di fare una cosa? Dimentichiamo i miei problemi da psicologo e ricominciamo, piacere Francesca.

-Riccardo, piacere mio. Io però non volevo dire che i tuoi problemi erano da psicologo, e se vuoi possiamo parlarne per tutto il tempo.

-Dai per favore, preferisco ridere che parlare.- Si tutto sommato era vero. Ridere sarebbe stato più utile, alla fine molte persone l’ascoltavano, ridere invece le mancava, quindi quel viaggio sarebbe finito con qualche risata iniziata per caso.

-Avevi detto che eri egoista.

-Si, ma avevo anche detto che lo nascondevo bene.

-Hai ragione. Vai a Roma?

-Si, tu?

-Pure, a fare cosa?

-Non so, qualcosa penso.

-Vedo che hai le idee molto chiare.

-Abbastanza devo dire.

-Ma conosci almeno qualcuno?

-No, a quanto pare mi stai dando ragione su tutto, non hai ascoltato una parola di quello che ho detto.

-Invece si, stavi scappando da te, ma se arrivi a Roma da sola che concludi? Sarai sempre con te stessa.

-Si, ma quando parlerò con qualcuno non dovrò rimanere fra quelle linee in cui da tanto sono intrappolata.

-Ma non conosci nessuno!

-Anche all’università non conoscevo nessuno, ma non mi sono mica demoralizzata, sono arrivata in camera, sono andata a dormire e l’indomani mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a studiare!

-Sai, ti ammiro.- E quegli occhi bellissimi potevano solo confermare quello che stava dicendo, era uno sguardo pieno di ammirazione, e forse qualcosa di più.

-Grazie.- Anche Francesca non si era fermata solo a sorridere in quel momento, quel ragazzo era stato veramente un dono divino, peccato che non credeva ancora al destino, ma in quel momento gli stava lanciando una bella sfida:”vediamo che combini stavolta, magari inizieremo a diventare amici io e tu”.

E Riccardo non aveva risposto, forse troppo occupato a pensare Roma sotto un altro aspetto adesso, e lei non si aspettava una risposta, non c’era più nulla da dirsi. Quell’incontro avvenuto per caso aveva fatto il suo dovere, era meglio concluderla lì.

La vocina che ti prepara all’atterraggio stava parlando, era ora di scendere.

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Capitolo 3
*** Ricordando ***


All’aeroporto Riccardo non c’era più, e ora ritornava di nuovo a essere da sola con i suoi pensieri, cosa che la spaventava terribilmente, ma finalmente un rumore, le stava squillando il cellulare.

-Pronto

-Sei arrivata?

-Si

-Sei sempre molto loquace eh?

-Giò sono stanca dai! Sono appena arrivata, appena sono a casa ti chiamo io.

-Va bene.

Terminata la chiamata e rimesso il cellulare in tasca, si incamminò per andare a prendere la valigia e tornare a casa. Di Riccardo nessuna traccia!

Si trovava fuori dalla porta, doveva solo girare la chiave e sarebbe entrata, e poi tutto sarebbe ripiombato, la sua infanzia, suo padre, la prima cotta, il primo bacio rubato dietro casa sua, e poi l’aereo e il bel sole della Sicilia.

Entrata!

La casa non era cambiata, a parte la polvere che ormai era la padrona, ma tutto sommato con un giorno da Cenerentola sarebbe ritornata pulita.

Accese la radio e iniziò a pulire l’armadio, almeno quello per sistemare poi la valigia, era tardi per pulire e sistemare altro, decise quindi di mangiare e poi andare a dormire.

Finito di sistemare la camera da letto, accese la tv e si sedette sul divano mangiando un panino, non stava tanto attenta alla pubblicità che passava, pensava a come anche questa volta il destino si era tirato indietro, le aveva fatto conoscere quel ragazzo che l’aveva fatto sorridere e con la stessa facilità l’aveva fatto andare via, ma l’attenzione era presa da una foto messa sul camino: suo padre l’abbracciava mentre lei piangeva; doveva andare a lavorare la notte della vigilia di natale e lei non voleva lasciarlo, era piccola, e come tutte le bambine voleva passare quella notte ad aspettare Babbo Natale abbracciata nel letto con suo papà. Una delle poche foto con suo padre la riprendeva mentre piangeva, non era una bella cosa, ma quella foto aveva un qualcosa di sensibile che la faceva stare bene, quelle bracci la coprivano tutta, e sua padre aveva un sorriso così triste che, seduta sul divano, mentre qualcuno in tv stava ripetendo qualcosa sulla Divina Commedia, la fece piangere. E piangendo si addormentò .

La notte passò in fretta, senza un sogno, un immagine, una voce. Buia e silenziosa. Frencesca si alzò e ricordò di non aver chiamato sua sorella come promesso. Il cellulare segnava due chiamate perse: Giorgia. Guardò l’orologio, le 10:45, a quest’ora era al panifico a lavorare, e mentre beveva il caffè-latte la chiamò.

- Eri così impegnata ieri sera che non hai potuto chiamare? Una festa con nuovi amici per brindare alla casa?

- Buon giorno anche a te!

- Come stai?

- Non mi lamento, anche se devo ancora iniziare a pulire.

- Mi dispiace!

- Verresti ad aiutarmi?

- Stavo proprio pensando questo!

- Che sei simpatica! Come sta mamma?

- Bene, stiamo tutti bene, quì è tutto apposto, tu invece?

- Te l’ho detto non mi lamento, anche perchè non ho ancora fatto nulla, appena inizio ti faccio sapere.

- Bene, allora datti da fare, sei ritornata lì per continuare il tuo futuro, continua allora.

  • Parlare con te mi riempie sempre di gioia! Ci sentiamo dopo, ciao! Salutami tutti!

  • Buona giornata!

Giorgia, sempre la solita, aveva sbagliato a chiamarla proprio all’inizio della giornata, almeno avrebbe potuto sperare in un inizio migliore. Ora, però, si accende lo stereo e si inizia a lavorare e poi sarebbe andata a comprare qualcosa per rendere accogliente la casa, ma soprattutto per mangiare e pomeriggio sarebbe andata a quel colloquio.

Piano piano stava finendo, il bagno la cucina, la sala pranzo, e la sua cameretta. Ieri sera non era entrata nella sua cameretta, le cose si devono affrontare poco alla volta, era già entrata a casa, la camaretta e gli altri ricordi dovevano aspettare. Ma ora era lì, seduta su quel letto toccando quel cuscino e guardando quelle foto che, quando andò via lasciò lì proprio per dimenticare. C’erano tutte, quella del battesimo, con i nonni, con la zia, con i cugini e poi con le sue amiche, a scuola, al McDonald’s, a casa sua o delle altre, al cinema, al mare, due pareti piene della sua vita che però lei voleva ad ogni costo cancellare, e ora le apparivano tutte così, diverso da come prima le guardava. Ritorna guardare il cuscino, era ancora sporco di quel rimmel colato, trascinato dalle lacrime di quella notizia, suo padre, quel camion, quell’incidente, quella sera, quel Natale!

No, non doveva piangere, non doveva ricordare, era andata così, aveva dimenticato tutto, doveva aver dimenticato tutto, sennò quegli anni via da quella città a cosa avrebbero serviti? Suo padre non c’era più, lei lo sapeva aveva superato il momento della negazione, del non voler capire, già da tempo, ma le lacrime, come un atto non controllato, iniziarono a scendere e d’improvviso ritornò a quella sera: mangiava con sua madre e Giorgia e guardava in tv i soliti film di Natale che passano alla Vigilia, poi quella chiamata, quello sguardo vuoto, perso, di chi con la mente si ferma e inizia a ricordare, le lacrime e il silenzio, papà era sulla macchina e stava andando con gli altri a spegnere un incendio, ma un camion,guidato da chissà quale mal capitato non contento di quel turno, va a finire, per errore aveva detto, incontro la macchina dove si trovava suo padre e per un errore la vita di quattro uomini si spense, un errore!

Inutile ricordare la sua reazione, e quella di sua madre e Giorgia, a cosa sarebbe servito? Erano andate a vivere in Sicilia per dimenticare e perchè così nonna sarebbe stata più contenta, e alla fine vivevano a Roma solo per stare con suo padre, dopo ‘’quell’errore’’ continuare a vivere lì non sarebbe servito a nulla. Ma ora era ritornata per ricominciare e doveva farlo. Il passato è solo un arco di tempo già vissuto, ora si deve vivere il presente e allora Francesca chiuse la cameretta e andò a lavarsi.

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Capitolo 4
*** Colloquio ***


Roma era diversa, e muoversi non era facile, ma riuscì ad arrivare in un centro commerciale. Comprò da mangiare e qualcosa per la casa. Prima di tornare a casa vide ina vetrina un abito stupendo, era verde chiaro, con una cintura marrone in vita, scollato, ma non troppo, non era provocante, solo semplice, in quella calda giornata sarebbe stato l’ideale, una coda di cavallo e giusto un filo di matita ed era già pronta per il colloquio.

Ritornata a casa cucinò e iniziò a mangiare guardando un pò di tv. L’incontro era per le 18:00 ed erano ancora le 14:40, aveva tempo per sistemare le carte e fare il punto della situazione, ma anche per uscire e visitare quella città apparentemente nuova.

Doveva andare in una casa editrice a portare il suo nuovo romanzo finito due mesi fa, in Sicilia la sua casa editrice le aveva detto che per un pò non avrebbero pubblicato i suoi libri perchè dovevano dare spazio ai giovani, non aveva capito bene il senso di quella affermazione ma aveva comunque capito che rimanendo là non avrebbe lavorato più, aveva provato con altre case editrici ma non aveva concluso nulla, non si dava pace, come può essere che una scrittrice che scriveva ormai da dieci anni non aveva nessuno che le pubblicava i suoi libri, aveva comunque fatto un buon lavoro durante quegli anni, vendevano i suoi libri che era una meraviglia, solo una cosa lei si rimproverava e forse era per questo che nessuno voleva più lavorare con lei, ultimamente per il suo nuovo libro aveva perso più tempo, circa tre anni, aveva deciso che questo doveva essere un capolavoro, la storia dei due gradi imperi antichi, Roma e Grecia, un tempo grandi potenze che hanno fatto parlare di se, hanno fatto la storia, loro l’inizio di tutto e ora in declinio, l’Europa ride di loro nascondendo tutto in un aiuto ipocrita che non porta da nessuna parte. Eppure quello che per lei era un capolavoro, diverse case editrici lo rifiutavano perchè bisogna dare spazio ai giovani. E allora una a trent’anni è vecchia? Non può più scrivere? Ecco, lei non aveva capito cosa stava succedendo e così provò a telefonare a Roma, chissà magari nella grande capitale qualcuno avrebbe accettato quel suo ‘’capolavoro’’.

Erano le 17:30 si era già vestita e truccata, un pò di profumo ed era pronta. Il vestito nuovo le stava benissimo, poi con l’abbronzatura quel verde risaltava ancora di più, era entrata un pò in crisi per le scarpe e alla fine aveva scelto un paio di sandali marroni e la solita borsa ‘’porta fortuna’’che portava ogni volta che doveva andare a presentare il suo lavoro finito, una tracolla avana di sua nonna, abbastanza avanti con gli anni,non proprio alla moda e oggi non si abbinava per niente, ma mai interrompere le proprie usanze e avere sempre qualcosa di fortunato con se in un colloquio.

Uscì di casà e girò un pò in centro, niente di che, c’era traffico, era tradi e si trovava lontano dal posto di lavoro, riuscì comunque ad arrivare dieci minuti prima che la segretaria pronunciasse il suo nome.

L’uffico del signor Menoni era piccolo ma ben arredato, le pareti erano celesti, il lampadario era a forma di lampadina enorme, vari quadri e attestati riempivano quelle pareti, c’era un tavolo al centro con un computere, un portacenere e vari libr accatastati l’uno sopra l’altro- bella quest’idea- attorno ad esso due sedie e dietro la porta un attaccapanni argentato e accanto la finestra un piccolo albero di mandarini. Proprio un bell’ufficio. Dopo circa 5 minuti entrò il signor Menoni.

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Capitolo 5
*** Sorpresa ***


Grande fu la sorpresa vedendo entrare Riccardo, si quell’uomo che l’aveva fatta sorridere in aereo, quello con cui lei aveva parlato dei suoi problemi quello che poi non aveva più visto. Ed eccolo lì, davante a lei in giacca e cravatta pronto ad ascoltarla prare del suo libro. Che strana la vita, forse il destino non si era tirato indietro!

- Tu?

- Si, buon giorno anche a lei!

- Si, si, buon giorno, ma che ci fai qui?

- Secondo te? Vorrei che lei pubblicasse il mio libro.

- Lei? Dai non c’è bisogno che mi dai del lei, ci conosciamo, abbiamo già parladto.

- Sono qui per farle vedere il mio libro.

- Francesca per favore.

- Ora stiamo lavorando, in aereo era semplicemente uno sconosciuto, scusa un bello sconosciuto, qui invece è il mio futuro, spero, datore di lavoro, il lei ci sta tutto.

Riccardo rideva, Francesca invece tentava di essere seria e se la cavava bene ma riccardo insisteva.

- Bello soprattutto, dai per favore, rilassati.

- Sinceramente mi vergongo-. E sorrise rilassandosi un pò.

- E di che? È solo una situazione strana, ma se il destino ci ha fatti incontrare di nuovo allora..

- Se già siamo arrivati al destino, se continui così ritorno al lei.

Si misero a ridere e poi iniziarono il colloquio. Davvero strano però, il giorno prima Francesca gli parlava dei suoi problemi e il giorno dopo lui glieli risolve. La vita sembrava riprendere il giusto verso.

- Perfetto allora, io prendo il libro e tra qualche giorno ti so dir che ne penso, ma se ti può rendere felice sono sicuro che il libro lo pubblicheremo, se l’ha scritto tu sarà sicuramente un bel libro.

- Un capolavoro ti ho appena detto.

- Si, scusa. Un capolavoro.

Ridendo si salutarono, ma Riccardo la fermò proprio un attimo prima che lei aprisse la porta

- Stavo dimenticando di chiederti il numero.

Francesco lo guardò un pò male e lui subto riprese

-Naturalemte per fini strettamente legati al lavoro.

Ridendo gli diede il suono e si salutarono.

Non c’era tanto da fare, non conosceva nessuno, l’ideale sarebbe stato mandargli un messaggio e uscire, ma aveva paura, alla fine era stata lei a sottolineare che lui era solo il suo ‘’datore di lavoro’’. Niente da fare, nessun messaggio o chiamata nemmeno da parte sua. Erano le 22:37, una giornata a non far nulla, decise di chiamare Giorgia augurarle la buona notte e poi andare a dormire, domani sarebbe stata una giornata diversa. Sperava.

La sveglia suona, irrompe nel suo sonno così tranquillo, e solo adesso si chiede perchè l’avesse appuntata visto che non doveva andare da nessuna parte. Si alza, prende il cellulare e vede un messaggio, numero sconosciuto. ‘’Buon giorno, ho pensato che visto la tua ‘’solitudine’’ magari oggi potremmo pranzare insieme. Ti va? Baci Riccardo’’

E senza accorgersene sorrise. ‘’Alla faccia dei fini strettamente legati al lavoro, comunque non so avrei da fare, devo sistemare un pò casa.’’

La risposta arrivò subito. ‘’Parleremo anche di lavoro se ti rende felice. Dai vengo da te appena finisco qui in ufficio, ti aiuto a sistemarti così poi usciamo e ti faccio vedere un pò di posti.’’

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Capitolo 6
*** Era felice ***


Troppo simpatico il tipo, ma Francesca aveva paura, era venuta a Roma per trovare lavoro, sistemare quel suo mondo, non certo per trovare altro, anche perchè da anni aveva ormai smesso di cercare ‘’quell’altro’’, stava bene con i suoi fogli e le sue penne, con la sua fantasia, stava benissimo proprio perchè viveva di fantasia e questo è quello che Giorgia le rimproverava da sempre, quel vivere immaginando e non vivendo, ma Giorgia non la capiva, non capiva che era quella fantasia, quella sua voglia di immaginare che la faceva star bene, da sempre, da quando suo papà se ne andò ancora di più, e lei solo scrivendo riusciva a sorridere, si rifugiava in quelle righe, correva tra quelle frasi, era libera quando si sdraiava tra quelle parole. Ma ora le si presentava un datore di lavoro simpatico che poteva risolvergi entrambi i problemi o nemmeno uno. Che fare? ‘’Sai dove abito. Ti aspetto’’

Rispose con una faccina e Francesca andò a fare colazione. La giornata procedeva bene. Riccardo, quel sconosciuto, rendeva tutto divertente e nonostante era a casa sua con lui a sistamere un pò di cose non c’era imbarazzo, si respirava aria tranquilla, e questo era qualcosa di bello per una persona che da un pò di anni non trovava la tranquillità necessaria per star bene. Mangiarono a casa sua, pulirono e visto che fuori c’era caldo decisero di andare al mare.

- Sai quando sull’aere avevi iniziato a parlare ti avevo presa per pazza, ma è stata la curiosità di vedere il tuo sorriso che mi ha fatto parlare.

- Non sorrido spesso, non ne ho mai avuto motivo di farlo, di solito dovevo lavorare sodo per avere qualsiasi cosa e quando poi la ottenevo nessuno era felice, bensì si arrabbiavano se non ci riuscivo, perchè per loro era normale.- Riccardo la ascoltava, ma guardava il mare preso forse più dal volo di quegli ucceli che liberi abitavano il cielo che dal discorso di Francesca, e allora lei si ferma e si siede sullasabbia calda di un pomeriggio di sole di Agosto, guardando anche lei gli uccelli e ascoltando il rumore delle onde.

- Perchè ti sei fermata? Ti ascoltavo.

- Preferisco ascoltare il rumore delle onde che inguinare l’aria con le mie parole.

- Le onde. Che magia! Sono stupende, piena metafora di una vita dura. Si infrangono perchè portati dal vento, perchè controllati dall’alto perchè abitano un posto sbagliato, ma non fanno indietro, non sono loro a fermarsi e il vento che guardandole si calma e decide di regalargi un pò di pace.

- Questa è pura fantastia.

- Questa è la realta vista dal mio punto di vista!

- Affascinante.- così dicendo gli sorrise e alzandosi andarono via a prendere un gelato. Ritornarono a casa sua, Roma è bellissima quando la si vive in due.

I giorni passarono tranquilli. Riccardo pubblicò il libro di Francesca , la vendita procedeva bene, iniziarono a vedersi spesso anche fuori il lavoro, lei si fece degli amici, persone nuove che conoscevano quello che lei di se, finalmente, fece uscire fuori, non c’erano chissà quali aspettative da parte sua nè tanto meno da parte deglia ltri. Quella vita condizionata dal quelle promesse finì, lei si staccò dalla sua infanzia, Giorgia, sua madre, sua nonna erano felici di come le cose le stessero andando e curiosi di conoscere quel ragazzo che fece star bene la loro Francesca, magari un giorno sarebbe ritornata in Sicilia, ma per adesso era l che doveva stare, aveva ragione lei, non voleva tornare indietro, aveva fatto la cosa giusta prendendo quell’aereo e il destno finalmente le era diventato amico. Non c’era nient’altro per adesso che lei voleva avere, Aveva trovato di nuovo il modo di continuare il suo lavoro e forse anche qualcosa di più. Era felice! 

Pensieri e Parole:

Questa è una storiella che ho scritto un paio di anni fa, era piccola e l'unica completa. stavo sistemando il mio cassetto e l'ho vista e allora ho voluto farvela conoscere.. Cosa ne pensate?? Le recensioni sono sempre gradite e desiderate <3

Grazie di tutto e sempre :3

Sempre vostra Nia <3

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