Il Ballo del Ceppo e una Grifondoro con crisi esistenziali

di lumieredujour
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Sabato mattina e farfalle ***
Capitolo 2: *** Stanze delle Necessità e vestiti ***
Capitolo 3: *** Il Ballo e i lenti metodi babbani ***



Capitolo 1
*** 1. Sabato mattina e farfalle ***


Capitolo 1. Sabato mattina e farfalle

 
Svegliarmi e trovarmi davanti agli occhi le pesanti tende cremisi dei Dormitori Femminili mi provocò un brivido lungo la schiena che, diciamolo, non mi fece iniziare la giornata al meglio. Non che non fossi fiera della mia Casa, ma pensavo che il Cappello Parlante avesse semplicemente avuto un abbaglio e mi avesse confuso con qualcun altro.

I cappelli possono avere abbagli? Beh, sicuramente lui sì.

Appena i miei genitori videro, sette anni fa, quel gufo grassottello planare nella nostra cucina, iniziarono a parlarmi di come sarei diventata un’ottima maga, migliore certamente di quello scapestrato di mio fratello Alfred, che aveva deciso di scappare in Francia con la sua ragazza appena terminati i M.A.G.O. e –puf!- li aveva abbandonati al loro misero destino.

Tutti in famiglia erano stati smistati nella casa dei Tassorosso, dove l’odore di cannella e spezie invadeva calorosamente i Dormitori, dove non vi erano stupide faide con le Case rivali, dove ci si aiutava per cooperare ed arrivare assieme ai risultati migliori. Ero stata abituata a pensare che anch’io sarei stata smistata in Tassorosso e che anch’io avrei passato i miei anni ad Hogwarts in totale tranquillità. Quel Cappello Parlante non aveva preso semplicemente un abbaglio, ma direttamente tutto il faro da palcoscenico nell’occhio (metaforicamente parlando, ovvio)

-Vi prego, ditemi che sto sognando- dissi aprendo l’occhio destro e guardando al di fuori del mio letto a baldacchino.

No, era tutto rosso e dorato, segno che il mio non era un sogno. Il tutto venne confermato dal pesante corpo di una delle mie compagne di stanza, la cara Nicole Kipling che si era seduta sul mio piede destro.

-Buongiorno Myra, no non stai sognando anche perché sono le nove e credo che la tua testolina abbia semplicemente finito tutti i sogni a sua disposizione. E’ ora di alzarsi, stai dormendo da dodici ore!- parlava un po’ troppo ad alta voce per i miei gusti.

Le risposi con un verso non meglio identificato e seppellii la mia testa sotto le coperte. Quel sabato non avevo nessuna intenzione di mettere naso fuori la mia stanza. Quel sabato in generale non volevo pensare a niente: né ai M.A.G.O. che dovevo sostenere a giugno, né al fatto che nessun ragazzo mi aveva ancora invitato al Ballo del Ceppo, né al fatto che le persone normali si vestano invece di rimanere tutto il giorno in pigiama.

Forse avrei voluto solo qualche fetta di torta al cioccolato da farmi recapitare in camera, pensai crogiolandomi nel caldo piumino. Calore che svanì immediatamente nel momento in cui Nicole, maledetta ragazza, con un gesto secco di bacchetta fece Levitare le coperte ai piedi del letto, lasciandomi in camicia da notte e imprecazioni.

-Maledizione Nicole, è sabato, lasciami vivere nella mia pigrizia!- gridai, sicura del fatto che la mia amica stesse sorridendo.

Mi voltai verso la suddetta che con nonchalance stava controllando lo stato delle sue unghie, fischiettando per giunta! La divisa quel sabato era stata sostituita da un maglioncino viola a rombi neri e un paio di pantaloni scuri.

-Non rompere. Devi accompagnarmi a Hogsmade e poi ci rintaniamo in Biblioteca a studiare per gli esami- disse prendendomi le mani e mettendomi in piedi.

Cercai di salvarmi in extremis, provando ad impietosirla: occhi aperti e lucidi come quelli di un cucciolo di labrador, labbro inferiore leggermente sporgente. Ad alcuni potevo sembrare ridicola, ma la mia faccia da cucciolo era stato il mio passepartout per tantissime occasioni. Nicole mi fissò attenta, catturando tutti i dettagli del mio viso, mentre il suo veniva trasfigurato dalla dolcezza. Il mio piano malefico stava funzionando. Sempre con quella faccia impietosita, però, disse:

-Sai, la mattina non riesci ad utilizzare appieno i tuoi poteri. Non attacca, bella. E- aggiunse spingendomi in bagno- non sporgere troppo quel labbro inferiore: già è enorme, così rischi d’inciamparci!- chiuse la porta, oltre la quale la sentivo ridere come una iena.

Sconfitta e ormai completamente sveglia, feci andare l’acqua calda e mi fissai assorta allo specchio: avevo una pelle olivastra, nel senso che tendeva un po' al verde il che sicuramente non era un colore sanissimo, il tutto reso ancora più tetro dai miei capelli ed occhi scuri che, un po’ lucidi per il sonno, mi fissavano dubbiosi. Il naso era troppo lungo e così stretto da sembrare quasi affilato, ma almeno le mie labbra piene erano morbide a vedersi. L’unica cosa che mi calmava durante i momenti di nervosismo era passare le dita sulle mie labbra, toccare con mano quella morbidezza insolita e ricordarmi di casa, dei baci di mamma, dei sorrisi di mio papà. Era il tratto distintivo di entrambe le famiglie dei miei genitori, il nostro marchio di fabbrica.

Una doccia calda e, avvolto l’asciugamano attorno al mio corpo, fissai assorta il tempo al di là della finestra. Il vento sembrava soffiare forte e il cielo era una pozza di metallo liquido, pieno di nuvole tipicamente invernali. Eravamo a dicembre, d’altro canto. La voglia di uscire era un po’ come la tipica temperatura invernale scozzese e cioè molto molto bassa, ma la colazione forse mi avrebbe fatto cambiare idea. Forse al tavolo avrei visto la mia cotta.

No, non la torta di cioccolato che ho nominato prima; beh, anche. Intendo solo il ragazzo più carino e intelligente di tutto Grifondoro, colui che sembrava essere nato per entrare in questa Casa e che era meglio conosciuto come William Legrand.

Insomma, uno con quel cognome non poteva certo non essere un Grifondoro, non credete? Era Caposcuola, aveva uno spiccato senso dell’umorismo e due occhi così azzurri che, se li fissavi per troppo tempo, potevi sentire l’aria salmastra che ti scompigliava i capelli. Un vero sogno ad occhi aperti, una delle poche note positive d’essere una Grifondoro.

-Vuoi uscire, piccola megalomane? Non ci sei solo tu in questa stanza- urlò la mia altra compagna di stanza, tale Lucie Rabies.

Aprii subito la porta, facendo entrare la ragazzina riccioluta in bagno. Meglio non far imbestialire Lucie di prima mattina, poteva benissimo Affatturarti senza nemmeno parlare ed era così brava ad occultare le prove, che nessuno avrebbe mai potuto scoprire la sua colpevolezza. Parlavo per esperienza.

Velocemente mi vestii, optando per un paio di jeans chiari e un maglione rosso, ultimo regalo di compleanno da parte di mio fratello. Sulla parte posteriore del maglione vi era l’immagine della Tour Efeil, una delle mie opere babbane preferite. Alcune volte i babbani erano persino più bravi di noi perché, voglio dire, quale mago sarebbe stato capace di creare un enorme coso di metallo senza nemmeno l’ausilio della magia? Mi chiedevo quale fosse la sua utilità, perciò decisi che alla prossima lezione di Babbanologia avrei chiesto sicuramente alla professoressa Burbage delucidazioni a riguardo.

-Smettila di estraniarti o giuro che ti schiaffeggio con un pancake- disse Nicole sedendosi di fronte a me in Sala Grande, prendendo una forchetta e agitandola con fare minaccioso –odio quando il criceto che c’hai al posto del cervello inizia a lavorare-

Alzai gli occhi al cielo senza nemmeno risponderle e mi accinsi a riempirmi il piatto con tutto il ben di dio che avevo attorno. Torte al cioccolato, pancake, uova, pancetta e salsicce si stagliavano davanti a me, pronti per essere mangiati.

Ero sempre stata una ragazza particolarmente attenta alla linea, ma da quando ero arrivata ad Hogwarts, la mia buona forchetta era stata viziata. Avevo con successo deciso di stringere amicizia con qualche elfo domestico cercando di sporcare di più la mia parte della stanza e parlando ogni tanto con quei cari elfi che, all’occorrenza, riempivano il mio letto di leccornie dolci e salate che mangiavo durante lo studio. In altre parole, mangiavo sempre. Anche se poi passavo periodi di magra, cercando così di fare ammenda per la mia golosità. Addentai decisa una succosa salsiccia, sporcandomi per di più tutto il mento col suo caldo succo.

Mentre, tra piccole maledizioni, stavo pulendo la parte inferiore del mio viso, una mano si appoggiò sulla mia spalla. Era una mano pesante e, bloccandomi immediatamente col fazzoletto a mezz’aria, un profumo di legno entrò in contatto con le mie narici. Solo un ragazzo profumava di legno affumicato.

-Ehi Myra, posso parlarti?- chiese la voce calda e un po’ bassa di William.

Non osai girarmi, ma annuii mentre il mio sguardo era rimasto fisso su Nicole che, con la forchetta a mezz’aria, m’indicava rabbiosa d’alzarmi.

-Sì certo, fammi solo poggiare le posate- dissi portando il fazzoletto al mento e pulendomi frettolosamente. O almeno pensai d’essermi pulita, mentre invece avevo spalmato inconsciamente tutto il succo sul mio mento. Bene, pensai alzandomi e seguendo il ragazzo al di fuori della Sala Grande, il mio alito sapeva di carne. Se lui avesse provato a baciarmi, avrebbe sentito la puzza di salsiccia.

William ed io non uscivamo insieme, semplicemente eravamo due studenti dello stesso anno. Scherzavamo ed eravamo compagni di calderone durante le temibili lezioni di Pozioni del Professor Piton, ma negli ultimi mesi i sentimenti che nutrivo nei suoi confronti si erano evoluti, diventando più profondi. Ora anche solo la sua presenza vicino a me rischiava di chiudere quella voragine che avevo come stomaco e di riempirla di farfalle.

Arrivammo alla base della scala, dove due ragazzini stavano parlando animatamente. Erano Ron Weasley ed Hermione Granger, notai distrattamente, i due amici del mitico Harry, entrambi studenti del Quarto anno.

-Senti Myra, volevo parlarti riguardo ad una cosa- disse William voltandosi verso di me e guardandomi dritta negli occhi.

La sua voce era regolare come sempre, ma i suoi occhi brillavano di una luce particolare, notai passandomi un dito sulle labbra.

-Dimmi tutto- parlare risultò difficile, le farfalle stavano andando in avanscoperta all’interno del mio corpo ed ora avevano assalito la mia gola.

-Stavo pensando che quest’anno è il nostro ultimo anno. E che forse non ci rivedremo mai più-

-Già, che cosa desolante – al solo pensiero le mie farfalle iniziarono a guaire sofferenti (ma le farfalle guaiscono? Mah)

-Però abbiamo l’occasione di festeggiare la nostra scuola, siamo comunque nell’anno del Torneo Tremaghi!- dichiarò sorridendomi apertamente.

Come poteva sorridere così tanto il sabato mattina? Le mie labbra si tirarono in una smorfia che, in teoria, doveva sembrare un sorriso, ma che molto probabilmente sembrò solo un ghigno.

-Che fortuna! Mi dispiace solo per i problemi che si sono creati fra le Case. Sai, per il fatto di Cedric ed Harry-  dissi, mostrando la mia filantropia simil-Tassorosso.

-Già quei meschini  dei Serpeverde hanno fatto in modo che le Case litigassero fra di loro. Dovrebbero essere severamente puniti- disse con voce tagliente William, mostrando così da buon Grifondoro il suo odio per la Casa rivale- ma non volevo parlarti di quello. Volevo dirti che una delle cose buone che il Torneo offre a noi studenti è la possibilità di avere un ballo, il Ballo del Ceppo!-

I miei occhi lo fissarono sorpresi mentre la mia mente stava andando a duemila. Cosa voleva dirmi? Stava cercando d’invitarmi? Ovvio, altrimenti perché avrebbe dovuto parlarmi del Ballo? O no? Però l’aveva presa da lontano, insomma aveva iniziato a parlare del nostro settimo anno. Forse voleva dirmi che saremmo dovuti andare come amici tutti assieme, magari voleva chiedermi se per caso Nicole e Lucie  erano ancora disponibili e forse…

-… quindi che ne dici?- concluse il ragazzo fissandomi speranzoso e appoggiandosi un po’ all’enorme scala di marmo.

Lo fissai confusa e un po’ in colpa perché avevo completamente staccato le orecchie dal cervello e mi ero persa parte del suo discorso. Ed ora pretendeva anche una risposta, quindi dovevo assolutamente tirarmi fuori da quella situazione senza però risultare una stralunata (cosa che invece dovevo essere).

In quel momento dalla scala stava scendendo Harry Potter, raggiungendo i suoi amici che lo stavano aspettando. I suoi capelli erano completamente spettinati e gli occhiali pendevano un po’ sul naso. Affrontava gli scalini con movimenti veloci e stava torturandosi le mani. Ancora una volta, pensai che quel ragazzo era troppo giovane per partecipare al Torneo e che fosse una pazzia farlo concorrere.

-Terra chiama Myra! Myra, ci sei? Hai sentito cosa ho detto?- chiese di nuovo William, avvicinandosi.

Il ragazzo stava fissando non più i miei occhi, ma le mie labbra che stavo tormentando col solito dito.

-Cosa? No, scusa, ero sovrappensiero. Sai com’è, con i M.A.G.O quest’anno sono più esaurita che mai!- ridacchiai isterica continuando a fissare i suoi occhi sulle mie labbra ed immaginando un mio possibile incontro con le labbra di William.

Sembravano particolarmente invitanti e, la curiosità di sapere come fossero i suoi occhi a distanza bacio, per poco non mi fece sporgere verso il suo corpo.

-Stavo dicendo- e qui abbassò un po’ la voce, costringendomi ad allungare il collo verso la sua bocca, verso la sua voce, come una falena attratta dalla luce – vorresti venire al Ballo del Ceppo con me?-

Le farfalle che avevo nominato precedentemente avevano preso a vorticare velocemente all’interno del mio stomaco e della mia testa. Stavo sognando o davvero il ragazzo per cui avevo una cotta mi aveva appena invitata al Ballo? E, cosa molto più importante, perché non stavo già gridando un entusiastico sì?

-Mi piacerebbe moltissimo- dissi con voce ancora più bassa della sua, per poi ripeterlo con voce normale.

Era una mia paranoia, o stavo davvero tremando? Le sue dita lasciarono il passamano avvicinandosi alla mia persona e, per un attimo, sperai in una carezza. Il ragazzo però poggiò semplicemente il pollice sul mio mento e, con movimenti circolari, lo toccò.

Il suo tocco, lo ammetto, fu come una scossa elettrica. Da un lato non volevo assolutamente staccare gli occhi dai suoi, dall’altro quel contatto iniziava a bruciare e rischiava di farmi morire per autocombustione. Non ero semplicemente cotta, ero carbonizzata ormai.

-Eri un po’ sporca, scusami- disse scostandosi distrattamente da me, mentre le farfalle nel mio stomaco avevano ricominciato a girare placidamente, creando un turbine di piacevole movimento – ora devo andare, ho gli allenamenti di Quidditch-

Si allontanò velocemente ed io rimasi alla base della scala, cercando una qualsiasi cosa su cui poggiare lo sguardo, conscia del fatto che le mie guance fossero in fiamme. I miei occhi si poggiarono su Nicole e Lucie che stavano avvicinandosi a passo di marcia. In men che non si dica le due iniziarono a tempestarmi di domande, cercando d’estorcermi la verità.

-Cosa è successo?- chiese Nicole toccandomi il braccio

-Ti ha baciata? Perché hai quella faccia da pesce lesso?- chiese Lucie

-Oddio è andata in catalessi, l’ha baciata- disse Nicole, voltandosi verso la nostra compagna di stanza.

Da qualche parte sentii la mia voce dire un “invito” e “Ballo del Ceppo”, ma i miei neuroni erano ancora troppo sovraccaricati (e sovraeccitati) per poter creare una frase di senso compiuto. Grazie a Morgana, le due capirono al volo e, tutte e tre, iniziammo a saltellare giulive e a gridare frasi stupide da femmine del tipo “oddio non ci credo”. Non che io fossi una femmina giuliva, ma diamine il ragazzo per cui ero carbonizzata mi aveva invitata al Ballo e mi aveva anche pulito il mento e aveva degli occhi particolarmente…

-Miseriaccia!- gridai allarmata, facendo fermare immediatamente le mie amiche –ragazze ho fatto una pessima figura! William mi ha pulito il mento perché ero sporca. Ecco perché aveva quella strana luce divertita negli occhi. Oddio gli sarò sembrata una bambina deficiente- mormorai sconfitta, sgonfiandomi come un palloncino.

Lucie e Nicole si guardarono complici prima di tirarmi verso le scale in direzione del nostro Dormitorio.

-Lo sai cosa farà dimenticare a te d’essere una completa cretina e a lui il fatto che tu sia attenta come una bambina di cinque anni?- chiese la prima strattonandomi un po’

-Cosa?-

-Un vestito assolutamente perfetto- rispose l’altra aprendo la porta della nostra Sala Comune e scostando il mio gatto Edgar dall’entrata oltre la Signora Grassa.

-Prendi il cappotto, dobbiamo andare a comprare qualcosa ad Hogsmade!- gridò eccitata la mia amica.
Io non ero tipa da shopping, né avevo uno stile ben definito. Non mi truccavo nemmeno! Fissai sconsolata quel gattone nero che era Edgar e, a ben pensarci, credo d’aver visto una nota di compassione passare nei suoi occhi. I suoi enormi occhi chiari furono l’ultima cosa che vidi prima d’uscire dalla Sala Comune dove il gatto, ritornato di nuovo padrone indiscusso della stanza, potè poltrire piacevolmente vicino al caminetto, beandosi della compagnia degli altri gatti della Casa Grifondoro.

Perfino il mio gatto era più Grifondoro di me! 


*lumos*
Salve gente, come va? Questa storia partecipa al contest "OC mania!" di ColeiCheDanzaConIlFuoco, per il quale dovevo creare un nuovo personaggio e collocarlo nel magico mondo di Harry Potter ed è così che è nata Myra! ( Piccola citazione di Edgar Allan Poe nel nome di William). Fatemi sapere cosa ne pensate (se dovete lanciare frutta, che sia almeno matura)
tanti cuori,
Em
*nox*

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Capitolo 2
*** Stanze delle Necessità e vestiti ***


Capitolo 2. Stanze delle Necessità e dei vestiti


Hogsmade, si sa, non offre molta varietà di vestiti e quella sera tornammo tutte e tre a testa china nella nostra stanza.

-Odio questo maledetto paese dimenticato da Merlino!- urlò frustrata Nicole, tornando per un attimo la bambina undicenne viziata e spocchiosa dei primi anni e spaventando tutte le ragazze all’interno del Dormitorio che, come per magia, sparirono in tempo record.

Alzai gli occhi al cielo, ma una punta di delusione l’avvertii anche io: era tutta colpa delle mie amiche, ovviamente, che avevano riempito il mio povero cuore di vane speranze.

Lucie, l’unica che con coraggio non si era data per vinta, era rimasta zitta per tutto quel tempo, ridacchiando un po’ e la cosa mi insospettì. Quella ragazza era una persona seria, di quelle tutte d’un pezzo che non si scompongo davanti a nulla e che ti guardano stranite se ridacchi per più di 5 secondi (cosa che io faccio sempre, visto che ho la risata facile!).

Girandomi, notai che anche Nicole aveva smesso di lamentarsi e che, stranita, stava fissando la nostra amica con la testa un po’ piegata di lato e gli occhi a fessura, forse perché stava cercando di capire cosa fosse successo a Lucie. O forse perché era furiosa del fatto che stesse ridendo.

-Cosa diavolo hai da ridere?- chiese la mia amica in un tono aggressivo.

Ecco dimostrato che l’opzione giusta fosse la seconda. Come conosco bene le mie amiche!

Come facessero le ragazze ad agitarsi così tanto per nulla, questo ancora non lo capivo. La verità era che io non ero mai stata molto “femminile”. Avevo sempre un’aria trasandata perché semplicemente ero troppo stralunata per interessarmi a certe cose. Avevo scoperto l’esistenza degli ormoni solo da poco e cioè alla vista di William!
Lo so, amichevolmente lui mi aveva chiesto di chiamarlo Will, ma il suo nome era così regale, così elegante che era un peccato utilizzare un volgare dimi..

-Ahia!- gridai scioccata mentre dolorante mi tastavo la testa, guardando male il pesante cuscino che aveva cozzato con il mio cranio.

-Giuro che mi sono rotta dei tuoi voli pindarici, Myra- sbottò Lucie incrociando le braccia – se la prossima volta che parliamo ti permetti di partire verso le nebbie di Avalon che hai in testa, giuro su Merlino che ti prendo a capocciate!-

Se questa volta si era innervosita Lucie, la situazione era davvero grave. Voglio dire, Nicole si lamentava se non la stavi ad ascoltare per tutte le diciotto ore diurne, ma mai avrei pensato di poter diventare così stralunata da infastidire l’altra ragazza. E mai avrei immaginato tanta fantasia nella testa riccioluta di Lucie!

-Scusami- mormorai sconfitta, raccogliendo Edgar e portandolo sulle mie ginocchia.

Il caro gattone fece il suo dovere ed in poco tempo le sue fusa si diffusero soavi nella stanza, come un balsamo per le mie orecchie in fiamme.

-Brava la mia amica, stai crescendo bene!- cinguettò Nicole, battendo il cinque all’altra Grifondoro- ora, ripeti cortesemente cosa hai appena detto in modo tale che tutti- e detto questo mi lanciò uno sguardo assassino- possano ascoltare-

Lucie altezzosamente si mise diritta con la schiena e iniziò a parlare con voce da cospiratrice e con occhi pieni di gioia. Un brivido attraversò la mia spina dorsale, o forse erano semplicemente le fusa di Edgar.

-Stavo dicendo che mia sorella Amelie qualche anno fa raccontò durante il pranzo di Natale che, assieme ai suoi amici, aveva trovato qui ad Hogwarts una stanza che su richiesta poteva diventare qualunque cosa si chiedesse. L’aveva chiamata la Stanza delle Necessità!-

-Non ci crederai davvero?- chiesi guardandola scettica.

Se davvero fosse esista una stanza del genere, sarebbe sicuramente stata famosissima nel castello. In fondo, ognuno di noi aveva bisogno di qualcosa: chi di un luogo in cui studiare in pace, chi di un magazzino, chi di un angolo appartato… Insomma avete capito.

-Ci credo sì! L’altro giorno infatti Kyle ha detto d’esserci entrato e io mi sono fatta dare l’esatta ubicazione della stanza- finì la sua frase con un gridolino eccitato, guardando prima me e poi Nicole.

Kyle, per la cronaca, è  il fidanzato di Lucie nonché uno dei più brillanti Corvonero del settimo anno. A vederli assieme sembrano davvero due persone mature ed adulte. E poi se ne escono con certe corbellerie!

-Okay. Continuo a non capire perché tutto questo dovrebbe interessarci- disse Nicole, guardandomi scettica.

Aveva sicuramente timore d’essere l’unica a non esserci arrivata. Ricambiai il suo sguardo con identico dubbio. Lucie raramente parlava una lingua per noi capibile: molte volte viaggiava su binari diversi dai nostri e cercava inutilmente di spiegarci cose di cui noi non capivamo sinceramente un rospo.

-Certo che non capisci, sei bionda!- rise bonaria la ragazza per poi continuare –questa sera, dopo il coprifuoco, potremo facilmente raggiungere la Stanza delle Necessita e chiedere un enorme armadio pieno di vestiti bellissimi-

In un attimo il silenzio calò come un’ombra sulla stanza. Perfino Edgar aveva smesso di fare le fusa. Molto lentamente però, iniziai a vedere un qualcosa in quel piano, un qualcosa di convincente, un qualcosa di eccitante ed avventuroso.

-Io ci sto- gridai estasiata.

-Voi due siete matte- esclamò invece Nicole – se la McGranitt ci scopre fuori dalla nostra stanza, ci usa come stracci per lavare il pavimento nella Sala Grande e lo sapete quanto io odi fare le pulizie!-

-Dio mio, Nicole, sei una tale fatalista. Tendi davvero al melodrammatico- disse annoiata la mia amica, alzando in modo teatrale gli occhi al cielo.

-Dai Nicky, possiamo divertirci per una volta? O vuoi andartene da questa scuola senza conoscere il brivido della trasgressione?- dissi con una luce divertita negli occhi.

Conoscevo troppo bene i punti deboli di Nicole e la curiosità era tra questi. Un mormorio indicò la sua approvazione e subito tra di noi serpeggiò un brivido di eccitazione.

Passammo tutto il resto del pomeriggio in biblioteca sotto condizione di Nicole.

-Sarò in pace con la mia coscienza solo se riusciremo almeno a studiare qualcosa, oggi- disse mentre con una mano tirava Lucie e con l’altra prendeva i suoi libri.

Tra le tre, Nicole era la studiosa, Lucie la geniale scapestrata e io la via di mezzo. Eravamo in perfetto equilibrio e, a dir la verità, quasi mi annoiavo d’estate senza di loro. Essere così amiche era un qualcosa di unico, a nostro parere. L’amicizia a volte è caotica, imperfetta e chiede anche qualche sacrificio ogni tanto, ma ripaga tutto. Ripaga con i sorrisi, con gli abbracci spontanei, con gli aiuti sinceri e con le critiche costruttive. A mio parere una persona può dirsi completa solo se ha attorno a sé persone valide.

La sera, infine, andammo a cenare come se nulla fosse, mangiando a sazietà e riempiendo qualche fazzoletto con i cosiddetti snack di mezzanotte. Ogni volta che un panino veniva avvolto dalla carta, una risatina isterica ci usciva dalle labbra. Agli occhi dei più attenti osservatori saremmo sembrate tre iene rincretinite, lo ammetto.

-Smettila di riempirti di dolci, Myra, o ti verrà mal di pancia e non potrai partecipare alla nostra missione- sussurrò Lucie, guardandomi furiosa.

-Già e poi ti si gonfierà la pancia e non riuscirai ad entrare nei vestiti- mi ricordo Nicole, tirandomi una gomitata nello stomaco.

Perché ispiravo così tanta violenza, questo era un mistero. Capivo perfettamente le cose anche senza bisogno del loro doloroso contatto fisico!

A mezzanotte, dopo un’eccitante ed estenuante attesa, uscimmo tutte e tre dal nostro dormitorio munite di bacchette ed incantesimi.

-Ragazze, dove credete d’andare a quest’ora della notte?- chiese la Signora Grassa appena uscimmo dalla Casa.

Mi girai allarmata verso Lucie, il cuore che mi batteva a mille. Avevo completamente dimenticato quel quadro impiccione!

-Salve, come sta oggi?- chiese Lucie a suo agio, scostando leggermente i capelli dalla sua spalla – noi stavamo andando nella Stanza delle Necessità per trovare qualche bel vestito per il Ballo. Come vanno i suoi esperimenti canori?-

La Signora Grassa ci fissò sbalordita perché, sicuramente, non si aspettava una tale reazione. E nemmeno io e Nicole, a dir la verità. Il quadro ci sorrise complice e fece finta di tornare a sonnecchiare mentre un ghigno le illuminava il viso.

Senza perdere tempo, Lucie trascinò me e Nicole davanti un orribile arazzo e iniziò a camminarci avanti e dietro per tre volte, mormorando una frase indecifrabile. Rimanemmo ad aspettare, ma niente accadde.

-Non capisco. Perché non compare?-

-Forse perché non esiste? Ragazze andiamo a letto, non possiamo rimanere qua. Questo arazzo mi fa impressione- disse Nicole, voltandosi per tornare alla Torre.

-Forse dobbiamo farlo tutte e tre?- chiesi indecisa, leggendo le istruzioni attentamente.

Chiunque fosse passato di là, avrebbe sicuramente pensato che fossimo delle cretine che, mano nella mano e nel cuore della notte, stavano passeggiando di fronte ad un arazzo mormorando la parola “vestiti”, ma incredibilmente una porta apparve sul muro di fronte, lasciandoci tutte e tre basite.

Una specie di sussulto concitato fece muovere Nicole per prima che, dimenticata ogni precedente reticenza, aprì la porta. Entrammo in un locale molto grande e illuminato da torce appese al muro. Il soffitto era fatto di stoffa blu e, attorno a noi, vi erano solo vestiti.

-Sono in paradiso. Ragazze, questo posto è fantastico- gridò Lucie iniziando ad afferrare tutti i vestiti che le si ponevano davanti.
La ricerca durò un bel po’: Nicole trovò un vestito lungo color blu notte molto elegante, mentre Lucie optò per un vestitino da cocktail verde smeraldo. L’unica che non aveva trovato niente ero io, ovviamente.

-Dio mio, ci sono così tanti vestiti che anche Nick-Quasi-Senza-Testa ne troverebbe uno adatto a lui. Deciditi Myra, non abbiamo tutta la notte- ringhiò spazientita Nicole, girando con me in quei corridoi di vestiti.

Non era colpa mia, era la mia essenza eternamente indecisa a non volerne sapere. Tutti mi sembravano belli e assolutamente eleganti, ma non giusti per me. Stavo cercando di spiegarlo a Nicole, quando sentimmo Lucie urlare.

Allarmate, iniziammo a correre verso di lei, le bacchette sguainate e pronte a tutto pur di salvarla.

-Che c’è? Cosa hai visto? Ti prego dimmi che non è un troll di montagna come quello di tre anni fa- gridai io.

Lucie era ferma in un piccolo spiazzo nel cui centro si trovava un manichino. Questo manichino stava indossando uno dei vestiti più belli che io avessi mai visto.

Era color ambra, un colore che mi ricordava tanto il miele, con una scollatura a cuore e un tessuto ricamato che arrivava fino in vita. Le maniche erano ampie e il colore andava schiarendosi verso le estremità divenendo quasi bianco, mentre la gonna era lunga e larga. Lo fissai basita per un momento di entusiastica estasi, prima di girarmi verso la ragazza riccioluta.

-Myra penso d’aver trovato il vestito per te- mi sorrise eccitata

-Non potrei mai indossare questo vestito. E’ bellissimo, davvero, ma non è da me. E’ troppo bello, troppo femminile. Se indossassi questo vestito…-

-Se tu indossassi questo vestito- disse Luce minacciosa –finalmente ti vedresti come ti vediamo noi: bellissima ed elegante. Faresti rimanere tutti a bocca aperta e ritroveresti Will ai tuoi piedi in men che non si dica-

-Myra, questo vestito sembra essere nato per te- disse Nicole togliendo il vestito dal manichino.

Lo presi delicatamente in mano notando il ricamo minuzioso della stoffa. Era incredibilmente pesante la parte superiore, ma leggera come una nuvola quella inferiore.
Se fossi stata in me, avrei cercato di convincere le ragazze a non farmelo provare, sicura del fatto che non starei stata bene con quello addosso, ma in quel momento prese il sopravvento la parte orgogliosa di me, quella che voleva vedermi al meglio, un lato del mio essere che molte volte cercavo d’azzittire, perché pensavo fosse sbagliato sentirsi bene nella propria pelle.

-E’ pesante, come potrei ballare con questo addosso?- dissi portandomi il vestito dietro un piccolo paravento e iniziando a spogliarmi.

-Non c’è problema. Le cose belle sono sempre  un po’ pesanti- gridò Lucie al di là del paravento- guarda Nicole: è bellissima, ma lo sappiamo io e te che pietra sullo stomaco è-

Non riuscii nemmeno a ridere, che sentii subito un rumore forte, come quello di uno schiaffo. Sicuramente Nicole aveva risposto al complimento della nostra amica.

Infilai il vestito e solo dopo mi accorsi del fatto che la chiusura prendeva tutta la schiena. Non volendo chiedere aiuto, iniziai a contorcermi per chiudere tutti i bottoni, imprecando leggermente. Stavo per chiudere gli ultimi bottoncini, quando misi accidentalmente il piede sullo strascico del vestito e, molto elegantemente, caddi sul paravento e poi per terra.

Urlai frustrata e iniziai a rotolarmi a terra, sempre cercando di abbottonarmi il vestito.

-Merlino Myra, tra le imprecazioni e quel vestito non so se considerarti un troll o una principessa- disse esasperata Nicole sollevandomi.

-Entrambe, amica mia. Ora che l’ho provato siete soddisfatte? Possiamo andarcene?- chiesi fissandole negli occhi.

Entrambe le ragazze stavano guardando ammirate il mio vestito e, lo ammetto, quegli sguardi mi diedero fastidio. Odiavo essere al centro dell’attenzione, sentivo sempre un peso calarmi sul petto assieme alla consapevolezza di non essere perfetta. Distolsi lo sguardo da loro e iniziai a torturarmi le mani.

-Myra, non puoi nemmeno comprendere quanto tu sia bella in questo momento- disse la bionda, abbracciandomi.

-Avresti bisogno di una taglia in più di seno, ma si può dire un risultato eccellente per te- aggiunse Lucie unendosi all’abbraccio.

Chiusi gli occhi e risi, perché da una parte loro sapevano quanto io odiassi sentire complimenti a mio avviso immeritati, ma comunque me li facevano lo stesso. Forse perché eravamo amiche e una piccola vocina nella mia testa aggiunse che forse ci credevano davvero.

Dopo quel minuto di silenzioso affetto, mi aiutarono a togliermi il vestito di dosso e lo riponemmo assieme agli altri nella borsetta magicamente Ingigantita di Nicole. Come tre piccoli gatti, uscimmo furtivamente dalla Stanza, due di noi a fare la guardia ai corridoi.

Stavamo per entrare nel corridoio che portava alla Torre, quando un miagolio ci fece voltare completamente terrorizzate. Mrs Purr stava fissandoci coi suoi occhi spaventosi e continuava a miagolare. Eravano entrate nel panico.

Prima che potessimo anche solo gridare, sentimmo i passi concitati di Gazza e, soltanto allora, iniziammo a correre.

Corremmo a perdifiato per raggiungere la Signora Grassa e, facendo il minor rumore possibile, dicemmo la parola d’ordine ed entrammo nella Sala Comune.

Mi stesi sul divano di pelle affianco al fuoco, stringendomi un fianco dolorante.

-La mia milza- mi lagnai mettendomi a sedere e guardando le mie amiche che, con un leggero affanno, scoppiarono a ridere.

-Avresti dovuto vedere la tua faccia, Myra- disse Lucie mettendosi una mano davanti la bocca

-Già, sembrava te la stessi facendo addosso- rise Nicole sedendosi affianco a me.

-E, giuro, non ti vedevo correre così tanto e così bene da quando, nel nostro Quarto anno, il Troll entrò a scuola-

-Siete ingiuste, avevo seriamente paura- dissi, sfoggiando la mia solita faccia da cucciolo.

-Myra oggi è una giornata no, i tuoi poteri non stanno proprio funzionando- mi disse dolcemente Lucie, spingendomi su per le scale del nostro Dormitorio.

Mi addormentai così, vestita e al di sopra delle coperte, russando leggermente per tutta la notte.

 

 

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Capitolo 3
*** Il Ballo e i lenti metodi babbani ***


Capitolo 3. Il Ballo e i lenti metodi babbani


Nei giorni che precedettero il Ballo del Ceppo, un vago sentore di eccitazione si sparse per tutta la scuola. Tra ragazze che avevano già pianificato il conto alla rovescia e poveri ragazzi che, con forza, avrebbero dovuto sopportare chi avevano invitato c’ero io e la mia terribile paranoia.

-E se non volesse più venire con me al Ballo?- chiesi a Lucie durante la lezione della Cooman, spaventandola a morte e facendola cadere a terra.

Con uno sguardo assassino, si voltò verso di me e mi rispose in maniera davvero poco carina.

-Cosa ti fa pensare ciò?- chiese Nicole, molto più pazientemente, usando un tono così stanco e rasseganto che, per un momento, mi fece infuriare.

-Forse il fatto che mi parla il meno possibile da quando me l’ha chiesto? Oppure perché c’è quella aspirante meretrice Corvonero di Ariadne che lo punta neanche fosse l’ultima fetta di torta al cioccolato in tutta la scuola? Oh no, forse perché quando abbiamo fatto le prove con la Professoressa McGrannit lui non è venuto e a me è toccato ballare con un cretino del quarto anno che non faceva altro che pestarmi i piedi- la mia voce si alzò un poco, ma fortunatamente erano tutti troppo impegnati a seguire la lezione per sentirmi vaneggiare.
Sentivo le guance andarmi a fuoco e la base del naso continuava a pizzicarmi, segno che da un momento all’altro mi sarei messa a piangere. Stava andando tutto bene, sembrava davvero che fossi in pace con me stessa, eppure quello che avevo ottenuto non mi aveva portato a niente. William era ancora troppo distante e ora si stava mettendo in mezzo quello stupido lato del mio carattere che vedeva complotti e lati negativi in ogni cosa. Pestai frustata un piede a terra e alzai la mano per chiedere una boccata d’aria, quando la campanella suonò.

Senza nemmeno aspettare la fine, Lucie e Nicole mi presero per le spalle e mi portarono in un angolo del corridoio, ben consce del fatto che fossi ad un passo dall’esplosione.

-Guardami dritto negli occhi Myra. Cosa c’è?- chiese Nicole, quegli occhi così chiari e così grigi mi calmarono un poco, perché li sentivo un porto sicuro contro la tempesta in cui mi stavo perdendo.

-Io non sono pronta. E’ uno stupido ballo e io non so ballare. Dovrei andarci con un ragazzo e lui raramente si fa vivo. Io non sono pronta per una delusione, non sono forte abbastanza per poter sopportare tutto ciò e, lo sappiamo entrambe, se dovesse succedere un qualcosa di spiacevole, non avrei mai il coraggio di guardare più nessuno negli occhi- deglutii con forza- non sono mai stata una persona coraggiosa-

Lucie mi prese la mano, evitando di parlare, sicura del fatto che non l’avrei ascoltata. Lentamente andammo verso l’arazzo della Stanza delle Necessità ed entrammo in quello che sembrava un tipico salottino da tè.

Un enorme lampadario pendeva solenne dal soffitto e uno scoppiettante fuoco riposava nel camino. Ci sedemmo tutte e tre su un divano, mangiammo dei pasticcini e bevemmo tè, proprio come se non fosse successo niente. Ero un po’ stranita.

-Non mi dite niente? Io ho fatto l’isterica e a voi va bene?-

-E’ una tua scelta. Possiamo andare ora da William e dirgli che non vuoi più andare con lui al Ballo- disse pragmatica Nicole

-Possiamo anche Affatturare Ariadne  se vuoi- aggiunse con un sorriso sadico Lucie

-Eppure sai che tutto ciò non aiuterebbe a farti stare meglio- sospirò Nicole – qui il problema non è quel ragazzo, qui il problema sei tu-

Fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Erano loro i miei pilastri, ogni cretinata che avevo detto era sempre stata sminuita e messa da parte da loro, eppure ora mi stavano tradendo.

-Non capisco- mormorai, guardandole entrambe negli occhi.

Come potevano farmi questo?

-Invece secondo me hai capito. Tu non stai bene con te stessa. Ti sminuisci sempre, cerchi sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa per la tua paura nei confronti delle situazioni, semplicemente perché sei troppo insicura per pensare di potercela davvero fare- continuò la bionda

-Né Nicole né io potremo proteggerti per sempre da te stessa. Pensi davvero di non essere coraggiosa? Più che dirti che ti sbagli, cos’altro potremmo fare? Tocca a te e solo a te l’arduo compito di accettarti così come sei- Lucie mise una mano sulla mia.

-Ci sono cose che non cambieranno mai. Io te e Lucie saremo amiche per sempre. Siamo tre Grifondoro, tre ragazze che devono affrontare degli esami e tu sei una ragazza che deve affrontare il primo amore, bene o male che vada. Nessuno può dirti cosa fare o no, ma io ti consiglio di partire da quello che sai e che non puoi modificare, per poi cercare di trovare una soluzione alla tua felicità. Okay?-

Nicole prese l’altra mano e io scoppiai a piangere –ti ricordi quando, durante il quinto anno, vedesti uno dei novellini di Serpeverde prendersela con un altro di Tassorosso?- io annuii, pur non riuscendo a vedere chiaramente il suo viso attraverso quella coltre di lacrime –ecco, io ricordo che andasti dritta da quel novellino, lo prendesti per la divisa e gli dicesti in tono tranquillo che o spariva e smetteva di fare il bulletto, o lo avresti rispedito a casa sua con mezzi molto babbani e molto violenti. Il coraggio è questo Myra-

Le sorrisi grata e le abbracciai entrambe, sicura che potessero sentire i miei silenziosi singhiozzi dal movimento delle spalle.

Non saprei dire se quelle fossero lacrime di felicità, o di tristezza, o semplicemente di rassegnazione, so solo che quando uscimmo dalla Stanza, io mi sentivo stranamente in pace con me stessa. Che avessi iniziato ad accettarmi? Forse.

Sulla scalinata verso la Torre incontrai William.

-Possiamo parlare?- la mia faccia doveva essere abbastanza seria, o forse aveva seguito gli sguardi glaciali delle mie amiche, fatto sta che annuì.

-Dovresti dirmi qualcosa?- chiese William, poggiandosi pigramente alla scalinata.

-Perché mi eviti?- lo dissi così, dritta al punto e pronta ad ogni tipo di risposta, stanca ormai delle situazioni che avevo complicato con la
mia incertezza.

-Io non ti sto evitando- disse il ragazzo, raddrizzandosi subito con la schiena, come un soldato richiamato all’attenti.

-Davvero?- alzai un sopracciglio- allora perché mi saluti a malapena? E perché durante le ore di Piton fai molta attenzione a non toccarmi nemmeno per sbaglio? Cos’è, hai deciso di non voler venire più al Ballo con me? Guarda che puoi dirmelo…-

-No- strabuzzò gli occhi- io voglio davvero venire al Ballo del Ceppo con te-

-E allora perché tutto questo?- chiesi, mentre la mente cercava di richiamare a sé un paio d’Incantesimi di sicurezza. O per la precisione, Schiantesimi.

-Io penso d’essere innamorato di te- mormorò così piano che, per un attimo, pensai d’averlo solo immaginato – io sono innamorato di te e non è una cosa buona. Tutto il giorno non faccio altro che pensarti e seguirti con lo sguardo nei corridoi e durante le lezioni. Quando pensi che nessuno stia badando a te e inizi a fissare il vuoto, sparendo lì dove non potrei mai trovarti. I miei voti sono scesi e anche il mio impegno verso il Quidditch, perché io ora non ho la testa d’imparare tattiche e schivare  Bolidi. Vorrei solo sfiorare le tue labbra e dirti che sei bellissima quando ridi e non lo posso fare perché tu forse non sei sicura di ciò che provi per me-

Allibita fissai i suoi occhi in cerca di un lampo di umorismo e, quando trovai solo una fragilità disarmante, l’unica cosa che feci fu sporgermi un po’ e baciarlo.

A volte le parole non servono.

Le labbra di William erano calde e leggermente socchiuse dalla sorpresa. Il leggero bacio che gli diedi lo svegliò e ci ritrovammo così a baciarci l’una nelle braccia dell’altro, chiusi nella nostra magica bolla di sapone, un bacio che durò poco- troppo poco per me- perché una voce sgradevolmente offesa ci richiamò sulla Terra.

-Signor Legrand, Signorina Jackson, un po’ di contegno! Vi sembra modo? Avete intenzione di disonorare la vostra Casa facendo questi atti nel bel mezzo del corridoio? Per la vostra faccia tosta venti punti saranno tolti a Grifondoro. E ora sparite dalla mia vista prima che ne tolga di più- gridò la Professoressa McGranitt, facendomi venire un attacco di cuore.

Ridacchiando un po’, William mi tirò velocemente verso la Torre, allontanandomi così da una confermata pessima figura.

Stranamente, non me ne stavo preoccupando molto. L’unica cosa che mi interessava in quell’esatto momento era sapere che la mia mano erano stretta alla sua, che le sue labbra avevano incontrato le mie e che quello che io provavo era vivamente ricambiato.

-Quindi è tutto okay tra di noi?- chiese William facendomi galantemente entrare nella Sala Comune prima di lui.

Cosa si risponde in certi casi? Stavo per cedere al panico, quando il mio criceto cerebrale decise di attivarsi e salvarmi.

-Ci vediamo domani al Ballo- gli dissi, stringendogli un’ultima volta la mano prima di salire verso il Dormitorio nel quale le ragazze stavano aspettandomi.

-Com’è andata?- chiese Lucie, mettendosi subito in piedi.

-Non vedi in che stato si trova? L’ha baciata- gridò felice Nicole, abbracciandomi così forte da togliermi il respiro.

-In realtà sono io che ho baciato lui- dissi, prima d’essere abbracciata anche dalla riccia.

Per la prima volta mi sentii a casa, proprio lì nel Dormitorio femminile della Casa Grifondoro, proprio lì, tra le braccia delle mie due migliori amiche e con il sapore di William ancora sulle labbra.

-Questo vuol dire che andrai con lui al Ballo del Ceppo?- chiese un po’ di tempo dopo Lucie, fissandomi dalle coperte in cui mi ero rintanata.

Tutto quel covare paranoie ed apprensioni mi aveva sfiancata così tanto che, appena appoggiata la testa sul cuscino, ero ben conscia che non sarei mai riuscita ad alzarmi per le successive dodici ore.

-Credo proprio di sì- dissi prima di sbadigliare e sistemarmi meglio sulle coperte.

Molto probabilmente Lucie mi chiese qualcos’altro, ma io ero già scivolata nel sonno più profondo.

La mattina dopo, comunque, mi svegliarono con la solita grazia.

-Buon natale Myra! Alzati, oggi è il grande giorno e tu sei particolarmente orrenda!- gridò spiacevolmente Nicole nel mio orecchio.

-E tu hai la soave voce di uno gnomo ubriaco- le gridai di rimando, prima di ricordarmi che giorno fosse – buon natale- dissi a voce più bassa

-Quando si dice che il buongiorno si vede dal mattino- commentò Lucie entrando in camera con i nostri vestiti e una pesante valigia in pelle.

Ora, io non è che non mi fidassi di Lucie, ma quando Lia, la mia cugina babbana, mi raccontava storie terrificanti di personaggi babbani come Jack lo Squartatore e il dentista, di solito questi erano sempre accessoriati con una valigia di pelle- comoda per trasportare ogni tipo di diavoleria per infliggere dolore- e una luce matta negli occhi.

-Lucie cara, buon natale a te- scelsi le parole con cura, ancora intimidita dal baule – come mai hai quella cosa appresso?-

-Pensavo dovessimo prepararci per farci belle- sorrise dolcemente, aprendola e uscendo una serie di arnesi non meglio identificati – da quando sono entrata in questa scuola, c’è mancato poco che usassi la magia anche per tirare lo sciaquone! Ora, permettetemi di truccarvi e acconciarvi in maniera babbana, bellezze-

La fissai sospettosa. Come si poteva rifiutare una comoda magia, soprattutto se l’alternativa era stare ferma per chissà quanto aspettando che l’altra impiastricci tutto? Stavo per declinare gentilmente l’offerta, quando Nicole mi lanciò uno sguardo indeciso.

Era comunque Lucie, dirle di no sarebbe stato come dirle che non ci fidavamo di lei. Dopo un minuto di silenzio, Nicole disse:

-Dopo la colazione sarò tutta tua. L’unico problema sarà quando dovrai truccarti tu-

-Nessun problema, non mi dispiacerà usare un po’ di magia- l’occhiolino che fece fu l’ultima cosa che vidi prima di trascinarmi con la grazia di un elefante marino in bagno.

Onestamente, cercai di rimanerci il più possibile, sperando di poter saltare la colazione. Non avevo fame e la voglia d’iniziare a prepararmi era troppa. Fu così, un bel po’ di tempo dopo, Lucie entrò in bagno con uno sguardo terrificato.

-Oh grazie a Merlino sei viva- sospirò la ragazza, appoggiandosi pesantemente al lavandino. Io ero seduta a  gambe incrociate nello spazio tra la finestra e il muro, leggendo il libro che avevo fatto Materializzare poco tempo prima.

-Viva e vegeta, come mai?-

-Non sei scesa per la colazione e sappiamo che quando la temperatura si alza rischi un calo di pressione- disse apprensiva Nicole.

-Cosa molto più preoccupate, però, è che non sei venuta a colazione- dovette ripetere Lucie –pensavamo volessi evitare qualcosa-

Risi di cuore, rendendomi conto solo in quel momento che, molto probabilmente, avevo dato un’impressione sbagliata.

-No, figurarsi. Semplicemente non avevo molta fame e il calore di questo bagno era così rilassante, non avevo proprio voglia di scendere in Sala Grande- davanti agli sguardi preoccupati delle mie amiche aggiunsi – davvero, sto bene-

-Allora non vuoi un po’ di sformato che ti abbiamo preso?- chiese Nicole mentre, uscendo dalla stanza, vidi dei fazzoletti e delle leccornie poggiati sul mio letto.

Il mio stomaco emise un brontolio traditore e mormorando un sì presi a mangiare di buona lena.

-Faresti bene a mangiare, perché si salta il pranzo oggi!- aggiunse Lucie – abbiamo dei preparativi mia cara-

Ed effettivamente rimanemmo chiuse in quel Dormitorio fino alla sera. Lucie era brava nel truccarci e tutto, ma incredibilmente lenta.

Mi chiedevo, durante l’ora intera in cui rimasi ferma come una statua, come facessero le babbane a sopportare tutto quello. Tra polveri e creme e cose fastidiose e appiccicose sulle labbra, alla fine mi sentivo più un tortino dolce che una ragazza.

Quando mi vidi, però, pensai che ne valeva la pena. Ero io, quel trucco non mi aveva affatto stravolta, ma la mia pelle era rosea e luminosa e le mie labbra color ciliegia. Persino il mio naso alla Professor Piton sembrava starci bene sul mio viso e i miei capelli erano acconciati in maniera meravigliosa: sciolti e mossi, con qualche treccina sparsa.

-Sono brava, lo so- disse Lucie, abbracciandomi da dietro e sorridendomi nello specchio.

Dopo che anche Nicole fu passata sotto le grinfie della riccia, entrambe ci aiutammo ad infilare i vestiti. Il nodo che avevo al posto dello stomaco divenne ancora più stretto per il nervosismo o molto probabilmente per la chiusura asfissiante del vestito.

-Come sto?- Lucie si presentò a noi sfoggiando due occhi magnetici e uno di quei chignon magici, quelli che tengono legati i capelli, ma che comunque lasciano scendere una cascata di ricci sulle spalle.

-Ragazze, devo dirlo, siamo davvero bellissime- disse Nicole abbracciandoci entrambe, facendomi venire l’incredibile voglia di piangere.

-Myra, se inizi a frignare inizio anche io e poi dovremo ripassare quel supplizio che Lucie ci ha inflitto prima- disse, trasformando così la mia orribile smorfia Devo-trattenere-le-lacrime-altrimenti-allago-il-Dormitorio” in una risata sincera.

Scendendo le scale del Dormitorio, notai quanto fossero belle le altre ragazze. Erano tutte particolarmente carine perché le vedevo sorridere e guardarsi con uno sguardo così felice che mi mise buon umore.

-Vedi la ragazza col vestito pervinca?- mi chiese Nicole, fermandosi un attimo davanti l’entrata della stanza delle ragazze più piccole.

Una ragazzina sedeva sul letto vestita di pervinca appunto e, solo dopo un momento di dubbio, riconobbi Hermione Granger. Era davvero diversa- i capelli erano molto più ordinati e luminosi e la sua fronte non era attraversata da nessuna ruga dovuta allo studio. In più, aveva una luce soddisfatta negli occhi.

-Con chi stai andando al Ballo Hermione?- chiesi alla ragazza, fermandomi sullo stipite della porta – Harry o Ron?-

La ragazza si voltò e divenne tutta rossa.

-In realtà con nessuno dei due- disse dopo un attimo di esitazione- Victor Krum li ha battuti sul tempo-

-Bel partito, complimenti!- battè le mani Lucie e, dopo aver salutato la ragazza, finalmente arrivammo in Sala Grande, pronte per il nostro Ballo.

Proprio mentre stavo cercando William tra la folla, un paio di braccia mi circondarono la vita e la voce bassa del ragazzo sussurrò tra i miei capelli.

-Come scusa?- mi girai verso di lui, guardandolo in tutta la sua bellezza.

Lucie lo considerava troppo basso e per Nicole aveva dei tratti del viso troppo marcati, ma per me era meraviglioso.

-Ho detto che sei particolarmente bella stasera. Sembri una regina- sorrise, prendendomi la mano.

-Ragazzi bisogna entrare, è ora- gridò la McGranitt, soffermandosi su me e William – spero che vi comportiate al meglio e che onoriate la vostra Casa – ci disse prima di alzare il naso all’aria e sparire nella Sala Grande.

-Sei pronta?- mi chiese, stringendo la mia mano un po’ più forte.

-Io sì- lo fissai, sembrava quasi teso –hai paura? Non preoccuparti, non mordo. Anche se ho un po’ di fame- gli sorrisi, per poi tirarlo nella Sala senza ulteriori esitazioni.

Nella Sala iniziarono a volteggiare i quattro partecipanti del Torneo.

-Balliamo?- chiesi a William, che aveva iniziato a sudare – stai bene?-

William era diventato bianco come un lenzuolo e iniziò a dire no con la testa, immediatamente terrorizzato.

-Io non so ballare, Myra- lo disse come se mi stesse comunicando chissà che malattia – non sono mai stato bravo-

-Ecco perché non sei venuto alle prove- capii in quel momento, conscia del fatto che anche William potesse avere dei limiti.

-Già, io lo so che in un Ballo le ragazze vogliano ballare, ma io non ci riesco- continuava a parlare di quanto fosse stupido essere l’unico a non saper ballare, quando sapeva fare le capriole mortali su una cavolo di scopa.

-Ho capito, non c’è nessun problema. Nemmeno io sono brava- lo abbracciai, cercando di trasmettergli un po’ di sicurezza – William non me ne frega niente se sai ballare o no. Sono qui con te e per me va benissimo. E’ già una delle serate più belle della mia vita-

E fu davvero una delle serate più belle della mia vita. Alla fine della serata William riuscì a ballare con me un lento,  Lucie e Nicole mi trascinarono a ballare una specie di rock e da quella sera in poi non lasciai più nessuno di loro.

Forse se non fossi stata smistata in Grifondoro non sarei mai riuscita a trovare persone come loro, forse sarebbe stato tutto diverso, eppure ora so che sono sempre stata una Grifondoro. Forse un po’ troppo gentile e non molto impulsiva, ma sicuramente capace di combattere per coloro i quali amo con tutta me stessa.





*angolino* fineeeeeee! Ormai Myra era entrata nel mio cuore e ci ho messo molto a pubblicare perchè non volevo vedere finita questa storia. Cavoli, come sono sentimentale. Ringrazio chiunque sia passato di qui anche per sbaglio.
A presto, spero
Em

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