Her Name Is...

di Yume Kourine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I - Inseguendo il ricordo di un suono ***
Capitolo 2: *** Parte II - La tua voce affoga in me ***
Capitolo 3: *** Parte III - La mia rima ***



Capitolo 1
*** Parte I - Inseguendo il ricordo di un suono ***


Her name is...


Parte I


Non riesco a spiegarlo ma sento il bisogno di farlo: andare via da qui, non importa dove. Allontanarmi da ogni certezza e familiarità.
“Ragazzi, io esco”
“Dai Dan! Dove te ne vuoi andare a quest'ora? Non lo sai che si aggira il Gatto Mannaro che mangia gli uomini che hanno in testa i porcospini?”
Ecco... Kyle è già ubriaco. Faccio un cenno a Woody che capisce al volo; nelle sue mani Kyle e gli altri non faranno sciocchezze... o almeno spero.
“Mi raccomando non fare tardi!” borbotta Will. Gli do le spalle.
“Non preoccuparti, sarò di ritorno presto” cerco di rassicurarlo con un tono allegro ma la mia voce si increspa.
Senza pensarci due volte chiudo la porta: i suoni ormai sono confusi e li percepisco a malapena. Cedo alla tentazione di uno sbuffo, poi mi allontano. Di solito sono una persona frenetica e mi lascio trasportare dalla mia andatura lesta e decisa, questa sera invece procedo lentamente e tengo la testa fissa sui miei piedi.
A guardare in alto si rischia di inciampare, di prendere qualche brutto colpo. Lo ripeteva sempre mio padre quando ero piccolo, così presi l'abitudine di tenere lo sguardo basso, per essere sicuro del terreno su cui camminavo.
A volte però questo senso di sicurezza ti priva di molti eventi, come ammirare il cielo stellato quando si è insicuri.
Le strade brulicano di gente, per un attimo ho l'impressione che alcuni ragazzi si stiano lentamente avventando su di me con i loro volti e le loro conversazioni. Mi sento troppo esposto, ho bisogno di uno spazio intimo per riflettere.
Mi guardo intorno e scorgo subito un parco, poco distante da un sentiero diretto verso il bosco. Ecco la mia meta.
Più mi avvicino più la vita urbana si fa lontana, solo la solitudine accompagna il mio percorso. Sono bastati quei brevi istanti di silenzio e di deserto a far emergere i miei dubbi.
È da poco che è nato il gruppo dei Bastille e devo ammettere che stiamo avendo un inaspettato successo; un successo che non continuerà.
Ho troppe idee per la testa e non riesco a metterne una decente su carta o su piano: la mia mente è invasa da mille parole e da note musicali particolari eppure non riesco a combinarli insieme, manca qualcosa che le tenga unite.
Non posso condividere questo problema con gli altri, non ancora almeno. Ho bisogno di restare un attimo da solo con me stesso.
A volte preferivo restare nel silenzio, le parole diventavano futili, i suoni fastidiosi e la natura spaventosa.
I miei dubbi vengono interrotti da un'improvvisa raffica di vento che trasporta alcune foglie secche.
Mi adagio su una panchina e resto con lo sguardo fisso verso il cielo che lentamente sta colorando di notte. In pochi istanti vengo inghiottito nell'oscurità del luogo e del mio cuore.
Ancora una volta cerco di dare un senso alle mie creazioni strampalate e a trovare un ritmo orecchiabile e allo stesso tempo unico.
Ancora una volta sono da solo con i miei dubbi.
Ancora una volta cedo alla mia debolezza.
È inutile, che senso ha andare avanti?
Senza rendermene conto passano ben quaranta minuti. Ho offerto tempo prezioso al nulla: nessuna parola, nessuna azione... Persino il flusso dei miei pensieri si era interrotto.
Non ho ottenuto niente.

Solo vuoto.

Vuoto, come questi quaranta minuti. Vuoto, come le mie canzoni. Dovrei chiamarmi morto che respira.
Mi arrendo all'idea di combinare qualcosa e cedo alla stanchezza. Mi alzo, pronto per tornare a casa.
Poi, all'improvviso, un suono insolito attira la mia attenzione.
Mi volto ma non c'è né una radio né un qualunque oggetto in grado di produrre un tono così preciso e brillante.
Sarà la stanchezza.
Uno, due, tre passi. Di nuovo. Le mie orecchie percepiscono quel suono particolare.
Che cos'è?
Preso dalla curiosità mi incammino in cerca della fonte, a quanto pare più mi avvicino al bosco più il rumore si fa forte e chiaro.
Forse non dovrei vagare da solo di notte e in un bosco sconosciuto, ma quella armonia senza corpo mi ha come rapito.
Cammino lentamente, facendo attenzione ad ogni minimo particolare e nel frattempo quel suono si è fatto più profondo, ricorda tantissimo una percussione.
Inizio a correre.
Alzo lo sguardo, mi guardo intorno. Sono così preso che non mi accorgo di una radice che sbuca dalla terra così inciampo maldestramente e per poco non cado.
Ecco, mai alzare troppo la testa.
Riacquisto equilibrio ma il suono sembra essersi dissolto lasciandomi in compagnia di alberi maestosi quanto tetri mentre un intenso odore di erba umida mescolato alle tenebre della notte pervade le mie narici.
Tutti i miei sensi sono attivi, tutti tranne l'udito... Non c'è più nulla che stuzzica le mie orecchie. Niente, soltanto il silenzio più intimo.
Chiudo gli occhi in attesa che accada qualcosa ma invano.
Che idiota, cosa speravo di ottenere? Guardo troppi film...
Infilo le mani in tasca e, dopo un ultimo sguardo a quel palcoscenico notturno, mi allontano mentre un gufo bubola in lontananza rompendo il silenzio e la solitudine che mi circondavano.


Ormai sto camminando da parecchi minuti, possibile che la città sia ancora lontana?
Mi volto e mi accorgo di un sentiero quasi nascosto dalle radici e dalla terra. Fiducioso lo seguo e finalmente giungo fuori da quel bosco misterioso. Ma come riprendo fiato la speranza si dissolve nei miei respiri. Mi fermo: è cambiato qualcosa, o meglio è cambiato tutto.
Mi ritrovo in una città a me sconosciuta e in un attimo l'agitazione mi paralizza.
Dove sono finito? Che posto è questo? Che sia uscito da tutta altra parte? Devo stare calmo, la miglior cosa da fare è chiamare gli altri.
Prendo il telefono ma questo non sembra dare segni di vita. E poi mi dicono di non essere pessimista, ma se me ne capitano di tutti i colori?
Inizio a camminare con passo moderato sperando di trovare una cabina telefonica o un passante che possa aiutarmi.
Non mi era mai capitato di perdermi in un modo così... stupido? Assurdo.
Le case sono completamente abbracciate all'intima oscurità. Il pesante vuoto attorno a me comincia a rendermi nervoso.
Mi guardo intorno. È una piccola città, le case distano molto l'una dall'altra e sono separate da lunghi marciapiedi o da prati estesi.
All'improvviso il mio occhio nota una luce non molto lontano da qui. In questa oscurità anche la più fioca delle luci accende la mia fiducia.
Perdo il controllo del corpo e inizio a correre verso la luce, che si rivela provenire da un piccolo locale. Sembra uno di quei cafè tipici americani, ce ne sono tanti in questa zona dell'Inghilterra.
Entro e vengo travolto da un insolito blues e dalle correnti d'aria dei condizionatori. Mi sembra di soffocare in un ambiente artificiale. Non c'è molta gente, solo un gruppo di ragazzi e un'anziana signora seduta al bancone.
Mi avvicino lentamente e mi siedo. Provo ad avvicinarmi alla signora ma questa sembra ignorarmi completamente.
“Cosa vuoi?”
Punto lo sguardo davanti a me, verso il cameriere. Dal suo tono di voce e dalla sua espressione sembra scocciato di vedermi.
“In realtà vorrei chiedere delle indicazioni...”
“Ti sembro forse un addetto alle informazioni? O ordini qualcosa o te ne vai”
“Ti prego, vorrei solo sapere che posto è questo dato che mi sono perso...”
“Questo è un bar, idiota. E se non prendi qualcosa ti sbatto fuori a calci in culo”
Vorrei poter prendere qualcosa ma in questo momento sono senza soldi e non mi va di finire nei guai con questo omone, anche perché è il doppio di me. Sicuramente la cosa finirebbe male.
“Non ti preoccupare, non recherò più disturbo. Grazie per la tua cortesia” rispondo freddo.
Mi allontano abbattuto e scoraggiato.

Mentre la porta si chiude prendo un bel respiro. L'aria pura, l'insolita melodia della notte e le tenebre alleviano la mia mente e per qualche secondo l'ansia e il risentimento svaniscono.
Le strade sono silenziose e deserte, nemmeno un gatto solitario o un cane randagio si aggirano tra le ombre dei muri degli edifici cosa che mi inquieta parecchio.
Mi arrendo. Non so più cosa fare.
Merda, e adesso?
“Ciao”
Il solo sentire quella voce mi consola. Senza pensarci due volte mi volto e la seguo raggiungendo una giovane ragazza. Il buio mi impedisce di vederne meglio i lineamenti, ma dentro di me cresce il presentimento che si tratti di una brava persona.
Un sorriso si forma sul volto rotondo della ragazza che si avvicina con passo fiero e sciolto.
“Non ti ho mai visto da queste parti”
“No infatti... non sono di qui. Ho smarrito la strada.”
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto mentre un lieve soffio di vento ci scompiglia i capelli e spazza via ogni mio intimo pensiero: la mente è completamente libera, mi sento così leggero da potermi confondere con l'aria serale.
“Stai sempre sulle tue?”
“Come?”
“Prima ti ho visto parlare con il barista e mi sembravi spaesato. Hai sempre quest'aria da bimbo sperduto?”
“Spero proprio di no”
“Non sei un tipo loquace, eh?”
“In realtà avrei tante cose da dire ma non riesco a trovare le parole” commento sinceramente.
“Vieni con me. Conosco un posto perfetto per rifornirsi di parole... e mi piacerebbe ascoltare queste cose che devi dire” rompe il silenzio la ragazza superandomi e indicandomi un sentiero. È tutto così assurdo, eppure in pochi secondi mi ritrovo a correre su una lunga distesa d'erba tinta di notte senza sapere dove sia diretto né perché lo stia facendo.
Ma sento crescere un desiderio insolito in me... è come se volessi conoscere a meglio quella ragazza misteriosa quanto affascinante.

Dopo una lunga e straziante corsa raggiungiamo una strada deserta e buia; in lontananza si intravede un lampione che illumina le case con una luce sfocata; solo un pallido raggio raggiunge sull'asfalto screpolato da cui qualche ciuffo d'erba ribelle sbuca e danza dolcemente accompagnata dal vento e dalle sue correnti sinfoniche.
La ragazza si siede per terra e alza la testa verso il cielo rimanendo in silenzio; dopo un attimo di esitazione mi avvicino.
“Questo è il mio posto, vengo sempre qua quando voglio restare da sola e al sicuro. A volte sento il bisogno di fuggire dalla solita realtà e rifugiarmi in quella delle mie parole.”
“Perché dici una cosa del genere? Non mi sembra un luogo tanto pericoloso, certo magari qualche individuo risulta una brutta persona però la mia prima impressione è stata... normale"
La ragazza scoppia in una risata nervosa.
“Ogni città ha i suoi punti oscuri: magari sono ben nascosti e invisibili agli occhi di molti, ma ci sono, sempre. Ed emergono quando meno te lo aspetti, magari da persone che tu ritieni comuni... ” conclude la giovane, masticando le ultime parole. “Ti capita mai di sentirti... insicuro dei tuoi pensieri?”
Non sai quanto. Queste parole si perdono fino a confondersi con un sospiro.
In questo istante un suono si forma, è appena accennato. Mi ricorda qualcosa.
Sì, ne sono sicuro... è lo stesso di poco fa!
Mi alzo di scatto e mi guardo intorno in cerca della fonte di quella melodia stravagante ma al tempo stesso travolgente e enigmatica.
“Non lo senti anche tu questo picchiettare? Come se ci fosse un tamburo nelle vicinanze... Anche prima di venire qui l'ho sentito. Potrebbe essere la causa del mio smarrimento.”
La ragazza chiude gli occhi, sembra essersi concentrata.
“No, non sento niente.”
Getto lo sguardo a terra deluso e nel frattempo quella melodia è ormai fuggita.
Stufo mi avvicino al prato e mi sdraio sull'erba umida: l'ansia sale e il corpo inizia a scaldarsi per la vergogna. Sono proprio un idiota, come ho potuto dire cose del genere davanti a una persona che non conosco nemmeno? Poco dopo la ragazza mi raggiunge: non sembra affatto sorpresa o spaventata e la cosa mi lascia confuso:
“Non ti biasimerei se te ne volessi andare. Sono proprio una persona strana”
La ragazza si volta verso di me: ora la luce illumina il suo viso pallido e mi accorgo della sua unica e rara bellezza. Ciò che mi ha subito affascinato sono i suoi occhi: limpidi e splendidi come il cielo, anzi di più, sembrano due stelle brillanti e libere.
“Sì, hai ragione... lo sei quanto lo sono io” mi risponde sorridendo. Si siede vicino a me tenendo lo sguardo verso la città. È talmente aggraziata nei movimenti che resto rapito, sono completamente attratto dalla sua postura, dalla sua voce e dal suo sguardo proiettato lontano. Poi riprende il discorso mantenendo il tono chiaro e caldo di poco fa.
“Lo sai, mi piaci. Non so spiegarmelo ma mi sento al sicuro se sto vicino a te... nella tua voce percepisco sincerità e meraviglia” mi confessa sorridendo.
Si vede che non mi conosce bene, sono solo un ragazzo come tutti gli altri. Meraviglia e sincerità... sono parole troppo importanti, non credo possano caratterizzare uno come me.
Però... non so perché ma in questo momento mi sento strano e allo stesso tempo bene. É come se questa ragazza comprendesse ciò che provo. Come fa? Vorrei tanto risolvere l'enigma nascosto dietro a quella voce calda, a quegli occhi puri e a quel viso da bambola.
Guardandola meglio avverto qualcosa, come se la avessi già vista da qualche parte o addirittura la avessi già incontrata.
Siamo rimasti a fissarci per parecchi minuti senza dire una parola. Provo una sensazione particolare, mai vissuta... Comunichiamo non con parole o con i gesti bensì con gli occhi e con i respiri. Può sembrare sciocco ma in questo modo mi sembra di essermi avvicinato a lei. Di solito quando incontro nuove persone sento come formarsi un grande abisso a me insuperabile, da una parte ci sono io e dall'altra la persona. A volte impiego mesi o addirittura anni prima di poter superare quel grande abisso e arrivare a conoscerle, a toccare i loro cuori. Invece con questa ragazza, è come se l'abisso abbia un fondo in cui toccare e ci sia un collegamento ravvicinato, come se la distanza non esistesse. È meraviglioso, vorrei tanto rimanere così per tutta la notte.


Ad un tratto il suono di un clacson interrompe il nostro gioco di sguardi e attira l'attenzione della mia compagna.
“Papà?”
“Mi hai fatto preoccupare! Sono ore che ti cerco. Una studentessa non dovrebbe girare da sola a quest'ora di notte.”
Cavolo... mi sento davvero un maniaco in questo momento.
“Forza torniamo a casa” borbotta l'uomo avvicinandosi alla ragazza e la prende per il braccio, pronto per riportarla a casa. È ben vestito e curato sia nell'aspetto che nei movimenti.
“Aspetta. Il mio amico si è perso, non posso lasciarlo da solo” esclama la giovane indicandomi. Non riesco a credere che mi abbia disegnato come amico, ci siamo conosciuti solo da una ventina di minuti.
L'uomo mi squadra per qualche istante. Occhi grandi e chiari, proprio come quelli della ragazza, solo che questi mi mettono soggezione. Se quelli della ragazza catturano l'attenzione come il cielo, i suoi sono talmente freddi da ibernare i miei pensieri e i miei movimenti. .
“Mi sembra abbastanza maturo, può cavarsela da solo”
A quanto pare non sono ben gradito in questo posto. Tutte queste frecciatine mi stanno facendo impazzire.
“Non ha idea di dove si trovi! Non possiamo ospitarlo?”
“Neanche per sogno” sbraita il padre, evidentemente mi trova una minaccia; non mi avrà per caso scambiato per il suo fidanzato?
“Allora facciamo così... Lo accompagniamo un pezzo con la macchina e poi lo lasciamo proseguire a piedi, va bene? Ti prego papà, mi sentirei una bestia senza averlo aiutato”.
L'uomo mi scruta da cima a fondo poi sospira e passa una mano tra i morbidi capelli della ragazza.
“Va bene, ma lo faccio solo perché è il desiderio del mio tesoro. Sei sempre così altruista”
La ragazza corre verso di me e prendendomi per mano mi trascina verso la macchina: naturalmente il padre non ha approvato l'idea che io e sua figlia ci sedessimo vicini così lei è rimasta nel sedile posteriore mentre io mi sono ritrovato vicino al padre. A volte mi lancia sguardi simili a dardi di ghiaccio: ho la pelle d'oca soltanto a sentirmeli addosso.
Dopo un lungo tratto riconosco il bosco da cui sono sbucato e così l'uomo mi fa scendere, anzi meglio dire scaricare, in quel luogo buio.
Saluto i due e mi incammino verso la strada coperta da alberi.
“Aspetta”
Dal finestrino sbuca la testa bionda della ragazza che mi invita ad avvicinarmi.
“Ci rivedremo ancora?”
“Chi lo sa. Per incontrarti dovrei perdermi di nuovo, e credimi è una cosa che mi riesce molto bene”
Una nuova risata si dipinge sul volto della giovane contagiando anche le mie labbra.
“Se proprio vuoi perderti, ricordati di farlo qua. D'accordo?” mi sussurra con tono dolce. “Vorrei tanto parlare ancora con te. Hai ancora le tue cose da dire, giusto?”
Scoppio a ridere abbassando lo sguardo. Poi mi concentro nuovamente sul suo volto.
“E tu hai le tue”
Un colpo di tosse da parte del padre ci interrompe e mi vedo costretto ad allontanarmi da lei. Dopo un ultimo sorriso da parte della ragazza osservo la macchina sfrecciare veloce sull'asfalto.
Tuttavia in quel sorriso ho notato qualcosa di insolito... sembrava più una smorfia triste.
Rimango fermo per qualche secondo e poi riprendo la mia camminata sperando di non perdermi di nuovo; certo non sarà facile data l'estensione del bosco.

Eccomi qua, di nuovo solo in cerca di un sentiero sicuro da prendere.
La stanchezza si fa sentire sentire molto più intensamente rispetto a prima e ha la meglio sul mio corpo, soprattutto il volto. Mi siedo per un istante su un tronco e chiudo gli occhi cercando di resistere alla tentazione di addormentarmi.
Ad un tratto una vibrazione mi costringe a riaprirli e la speranza prende vita quando mi accorgo che proviene dalla tasca della giacca: il telefono si è acceso!
Guardo lo schermo e noto tre chiamate da parte di Will. Oh, cavolo. Adesso ho paura della sua reazione. Prendo coraggio e lo richiamo.
“Ehila”
“Ma si può sapere dove sei finito? Ho provato a chiamarti un sacco di volte e mi dava sempre irraggiungibile!”
Irraggiungibile... Ecco la parola giusta per descrivere la mia attuale posizione.
È come se fossi scomparso per qualche ora, ogni cosa attorno a me aveva perso definizione. Eravamo solo io e la ragazza misteriosa.
“Dan!” L'urlo di Will giunge al mio orecchio come un pugno violento e mi risveglia dai miei pensieri.
“Scusa mi sono inoltrato nel bosco e...”
“Ma tu sei scemo o cosa? Sono le tre del mattino! Prendi il sentiero cinque, dovrebbe portarti qua vicino. Ti vengo a prendere. Una passeggiata nel bosco di notte, sei proprio pazzo”
“Okay, hai ragione. Stai tranquillo, arrivo.”
“Tranquillo sto ca...”
Interrompo la conversazione e dopo essermi tirato due schiaffi sul volto, mi alzo e riprendo il sentiero.

Dopo una lunga camminata raggiungo l'uscita, fortunatamente mi sono ricordato di qualche dettaglio che ha aiutato il mio viaggio di ritorno. Will sta a pochi passi da me con le mani incrociate e sembra essere pronto per darmi una bella strigliata.
“Scusa sono distrutto. Ne riparliamo domani mattina, ok?” lo supplico per poi superarlo.
“È già mattina idiota e...”
Non riesco più a distinguere le parole e la vista si annebbia. Voglio solo accasciarmi sul letto e dormire. Non mi sono mai stancato così prima d'ora, eppure sono abituato a stare sveglio fino a certe ore.
Basta pensare, non ne posso più... Voglio essere lasciato in pace.
In questo momento vorrei che quella ragazza fosse qui con me. La sua presenza mi rilassava, era come se fosse una cura per la mia mente piena di stramberie, idee e pensieri.

Voglio rivederla...

Non so nemmeno il suo nome.

Io...
Sento che devo rincontrarla

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Capitolo 2
*** Parte II - La tua voce affoga in me ***


Parte 2

 

Se proprio vuoi perderti, ricordati di farlo qua.

Farlo Qua...

Qua

 

“Dan! Sveglia!”
Sento dei colpetti rapidi e fastidiosi arrivare dritti sulla schiena che mi svegliano, per così dire: i miei occhi fanno fatica ad aprirsi e quando finalmente riescono nel loro intento, sentono il bisogno di richiudersi e lasciarsi avvolgere dal buio.
“Guarda che sono già le dieci! Mancano solo trenta minuti all'esibizione” canticchia Kyle.
Oh mio...
“Cosa?! E me lo dici con questa tranquillità?” urlo prima di buttarmi letteralmente giù dal letto.
“Guarda che è da parecchio che cerco di svegliarti, sono dovuto ricorrere a mezzi estremi” scherza lui mentre si massaggia le mani.
Il tempo è veramente poco, non so proprio come farò.
E così mi lavo peggio di un selvaggio, mi vesto senza far caso a ciò che metto, mi caccio in bocca due fette di bacon e mando giù in un colpo le uova, nel frattempo Woody e Kyle mi riempono di domande su cosa abbia combinato ieri sera e con chi sia stato.
Bel modo per iniziare una nuova giornata.
Will entra in questo esatto momento e dai suoi occhi sembrano partire frecce infuocate pronte a colpire chiunque faccia un passo falso.
“Ti vuoi muovere Daniel Campbell Smith?!”
Non so se considerarla una fortuna, per aver fatto tacere quei due ficcanaso, o l'inizio di una tragedia: quando Will mi chiama con il nome completo significa che sta per perdere la pazienza.

“Un attimo! Devo sistemarmi i capelli!” dico mentre mi precipito in bagno.
“Ti stai comportando da bambino...”
“Non posso uscire così!”
Kyle si siede come per godersi la scena mentre Woody annuisce comprendendo la mia necessità di avere i capelli in perfetto “ordine”.

“Voi due preparatevi!” tuona Will agli altri che si allontanano fingendosi spaventati.
Poi si volta verso di me ma invece di predicare, come è solito fare, prende il gel e lo caccia sulla mia testa, poi mi scompiglia i capelli con un asciugamano. Guardo il mio riflesso con orrore: sembra che una mucca abbia sputato sulla mia testa.
Faccio per ribattere ma lui si avvia verso la porta esclamando: “E adesso andiamo, signorine! Non possiamo essere in ritardo per ogni cosa! Mi fate fare brutta figura!”
Inutile dirlo: Will sa essere un uomo pericoloso, un vero boss!
“Non sa divertirsi...” dice Kyle a Woody.
“Come?” chiede il diretto interessato, voltandosi verso lentamente.
“Niente!”

 

È stato entusiasmante! Ogni volta che salgo sul palco insieme agli altri è sempre un'esperienza indimenticabile.
Ammetto che all'inizio mi agito, forse troppo, ma quando parte la base, iniziano i cori dal pubblico e le mani dei giovani vanno a tempo con le mie parole... È meraviglioso, non si può descrivere una certa emozione.
In momenti come questi mi convinco che anche se non siamo famosi e ci conoscono in pochi non importa: scrivo perché amo la musica e mi piace sperimentare nuovi generi e musiche alternative. E con i miei compagni di viaggio ho scoperto una parte di me che mai avrei pensato di possedere e un lato del mondo a me sconosciuto.
Peccato che questi siano pensieri fugaci, svaniscono in un battito di cuore.
Ogni volta che poso il microfono ho come l'impressione che l'esperienza appena vissuta sia soltanto un sogno. Una meraviglia che svanisce non appena “apro” gli occhi sulla realtà. A volte mi chiedo se le mie canzoni abbiano lasciato un segno nei cuori di quelle persone venute ad assistermi quasi per caso.
Vorrei che il mio amore per la musica possa raggiungerli e coinvolgerli...
“Terra chiama Dan!”
Alzo lo sguardo e mi ritrovo seduto ad un tavolo nel locale dove abbiamo suonato qualche ora fa e accanto a me ci sono Kyle, Will, Woody e parecchie bottiglie di alcolici.
Cavolo, mi distraggo troppo facilmente.
“Vuoi un bicchierino?” chiede Kyle oscillando una bottiglia mezza piena, anzi sarebbe più corretto dire mezza vuota, ma forse sono io che tendo a sminuire ogni cosa.
“No, grazie”
“Dan che rifiuta l'alcol? Okay, qua c'è qualcosa che non va. Che ti succede?” Guardo Woody perplesso e lui continua: “Non so, è da ieri sera che ti comporti in modo strano... Sembri diverso”
“E poi com'è che sei rimasto fuori per tutto quel tempo? Non ce la racconti giusta...” Kyle si avvicina e mi tira per il braccio mentre il suo alito odorante di alcol mi tormenta le narici.
“Che dovrei raccontare? Ho solo fatto una passeggiata” mi difendo. Afferro un bicchiere e inizio a rotearlo, tenendo lo sguardo fisso.
“Avanti Dan, puoi condividere con noi le tue scappatelle sessuali. E credo ti sia servito perché negli ultimi giorni eri veramente insopportabile, l'astinenza ti rende più nevrotico di quanto tu non lo sia già, sai?”
Sgrano gli occhi mentre Woody scoppia a ridere.
“Primo. Non so come ti possa venire in mente una cosa del genere! E secondo, quand'è che sarei nevrotico?!”
“Che ho detto di male? E poi è normale che un uomo della tua età si diverta con una ragazza. Com'è? Bionda o mora? Inglese oppure straniera?"
"Kyle!"

“Secondo me è bionda e francese!” scommette Woody dando una gomitata al vicino che ride a squarciagola.
“Ti ci metti anche tu ora?”
“D'accordo amico, calmati! Stiamo solo scherzando. Comunque potresti almeno farci sapere dove dove vi siete incontrati e che tipo sia questa ragazza” continua Kyle senza smettere di agitare il bicchiere.
“Non vedo perché dovrei raccontarvi certe cose”
“L'hai ammesso! Quindi c'entra una ragazza!” esclama Woody soddisfatto e battendo il cinque con Kyle. WIll mi lancia una delle sue occhiate da saputello e poi scuote il capo.
Ormai non c'è più niente da fare: meglio togliersi subito il problema piuttosto che subirmi tutto il giorno le loro domande.

Così inizio a raccontare tutto ciò riguardo alla mia avventura notturna e dell'incontro con la bellissima ragazza.
“E poi cosa avete fatto?” chiedono Kyle e Woody all'unisono, mostrando un'improvvisa serietà e molto interesse.
“Abbiamo parlato”
“Certo che è strano...” Woody sembra piuttosto pensieroso.
“Per me te lo sei sognato...” Ecco a voi la voce della coscienza, Will Farquarson! “Insomma... è una vicenda alquanto bizzarra.”
“Quindi intendi dire che ho immaginato tutto? Che sono pazzo?”
“Sì, in sintesi sì. Ma questo si sapeva già, no?” dice lui riprendendo a bere.
Mi passo una mano sulla testa attraversando i miei capelli, più scompigliati del solito, lo faccio sempre quando sono pensieroso o teso.
Forse ha ragione... chi mi garantisce che non sia stata la mia immaginazione? Potrei essermi addormentato di colpo; poi quella ragazza era troppo perfetta, quasi surreale.
Sono talmente immerso nei miei pensieri che non mi accorgo che Kyle si è alzato in piedi e, dopo un ultimo sorso, annuncia quasi con tono fiero.
“Beh, non ci resta che scoprirlo”
“Cos'hai in mente?” chiede Woody preoccupato e chi può dargli torto? Kyle è sempre stato quello più loquace, è l'anima e l'energia del gruppo e a volte gli passano per la testa tante idee strane ma divertenti. Spesso anche “pericolose”.
“Andiamo a cercare questa città! E soprattutto la ragazza che ha affascinato il nostro Dan”
“Perdere tempo a cercare una città che probabilmente non esiste? Io...” Will non riesce a finire la frase perché Kyle gli si avvicina e riprende il discorso senza smettere di indicarmi.

“Avanti! Non capita mai che facciamo qualcosa del genere! E poi è da tanto che una persona dell'altro sesso non colpisce questo qui” dice lui scompigliandomi i capelli. “E tu lo sai bene” Kyle sembra preoccupato per me.
Will sospira nuovamente e ci squadra con lo sguardo. La cosa mi agita parecchio.

“Non mi hai lasciato finire, scemo! Volevo dire che sono d'accordo; Dan è da tanto tempo che non si affeziona a una ragazza”
Ma ce l'hanno proprio con questa storia!
“Comunque sarà divertente risolvere un mistero e poi potrebbe servirci”
“E per cosa?” gli chiedo curioso di sapere cosa potremmo guadagnare da una simile esperienza.
“Questo devi capirlo tu” sussurra lui alzandosi seguito da Woody e Kyle.
Ancora non riesco a crederci, i miei compagni di band che cercano di aiutarmi in una cosa banale e misteriosa. Mi sembra di essere finito in un racconto sovrannaturale.
Ma tanto cosa ho da perdere?
Lasciamo il locale carichi e determinati a comprendere il mistero che lega il bosco alla città sconosciuta e alla ragazza dagli occhi blu.
“I nostri eroi partono per una nuova avventura! Riusciranno i Bastille a scoprire il segreto celato nel bosco e a ritrovare la ragazza misteriosa? Restate sintonizzati!”
“Oh piantala Kyle”


Una foglia secca atterra dolcemente sulla mia spalla e, affascinato quanto un bambino, inizio a giocarci lanciandola in aria per farla volteggiare. La riprendo per farla esibire un'altra volta in una sfrenata piroetta; la faccio girare, ancora, ancora... Un po' come noi. Ormai è da due ore che giriamo nel bosco, non abbiamo trovato un sentiero che conduca a quella città dal nome sconosciuto; comincio a temere il peggio.
“Secondo me è da questa parte!” indica Woody verso un incrocio.
“Ma non ci abbiamo già controllato?” gli fa notare Kyle.
“Sul serio? Ah, non ci sto capendo più niente!”

Will si avvicina e poggia la sua mano sulla mia spalla e scuote il capo.
“Non ti ricordi neanche il nome? Se almeno avessimo questa informazione potremo cercarla sulle mappe o sul navigatore! Non sappiamo nemmeno che strada prendere!”
Sospiro, ormai non credo che sia esistita veramente.
Will alza il capo e si accorge che il sole si sta lentamente nascondendo tra alcuni rami degli alberi che la sera prima furono testimoni della mia im-probabile avventura.
“Se solo potessero parlare...” sussurro al vento mentre gli altri prendono la strada del ritorno.
“Dai Dan torniamo a casa! Vedrai che ci verrà in mente qualcosa” mi consiglia Kyle cercando di tranquillizzarmi e dopo un momento di esitazione lo raggiungo mentre mi sistemo il colletto della giacca per ripararmi dal vento. Sembra che stia per arrivare un temporale.


Ed eccoci qua. Afesteggiare la nostra esibizione. Non sono proprio in vena di festeggiare, mi sento come se avessi subito una pesante sconfitta.
Alcolici e bottiglie colmano quello che è sempre stato un pavimento vuoto e scialbo mentre molte persone camminano per la sala, viziando l'aria di un tepore al sapore di birra.
Per rendere la serata ancora più speciale Kyle ha pensato di invitare i nostri amici e colleghi, i To Kill A King.
È da poco giunta mezzanotte eppure ho come l'impressione che sia già tarda notte. Non riesco a smettere di pensare a tutto quello che è successo, la mia mente non riesce a sconnettersi e a lasciarsi trasportare dall'ebbrezza e dal movimento. Sono sempre fermo allo stesso punto, fisicamente e mentalmente parlando. Will si avvicina a me e mi passa una bottiglia di birra ghiacciata e il suo odore è così invitante quanto nauseante, è come se il mio stomaco si fosse contratto e annodato. O forse quello è il mio cuore.
“Sono un caso disperato” mormoro mentre afferro la bottiglia.
“Guarda il lato positivo."
"C'è un lato positivo dietro questa storia?" gli chiedo abbattuto.
"Certo. Hai una grande fantasia e molte idee e questo può servirti per scrivere nuove canzoni. Forse era un segno; qualcuno lassù ha voluto farti sognare o anche vivere, se proprio ne sei convinto, questa esperienza affinché ritrovi la voglia e la passione di creare qualcosa di speciale e in grado di sconvolgere le menti degli ascoltatori e persino di noi che ti accompagneremo”
Sono totalmente sorpreso: non è la prima volta che Will fa un discorso così profondo e consolante, anzi, a dir la verità, questa è una delle sue doti che mi ha spinto a chiedergli di far parte della band.
“Forse quella ragazza ti sta chiamando in questo momento e ti sta chiedendo di raccontare di lei e di farla vivere.”

È sempre stato il più maturo tra noi e, nonostante fosse contrario a qualche mia idea, mi ha sempre appoggiato. Gli devo molto e per questo non ho intenzione di deluderlo.
“Grazie 'Papà' Will” gli dico prima di sorseggiare la mia birra e lui sbuffa seccato, anche se qualcosa mi dice che è sollevato.
Senza rendercene conto la festa continua tra risate e qualche pazzia: ormai una fitta tela nera si è estesa sopra di noi e le luci delle stelle si scorgono da dietro le quinte delle possenti nuvole che si avvicinano lentamente pronte per annunciare l'arrivo di un temporale.
Sfioro la finestra con la mano e un freddo pungente la contagia, probabilmente sarà una fredda notte d'estate.
“Dan...”
Una voce sicura e possente attira la mia attenzione e nel vetro vedo il riflesso della persona che è in grado di aiutarmi ma allo stesso tempo mettermi in difficoltà.
“Ralph, secondo te le stranezze sono segno di decadenza?” chiedo senza voltarmi mantenendo lo sguardo fisso verso il mio riflesso.
Lui sorride, come se sapesse che avrei iniziato un discorso complicato e particolare.
“Dipende dalle persone. Solitamente chiamiamo strano ciò che è lontano dal nostro modo di agire, di fare e di pensare. Molti non riescono a concepire uno stile di vita diverso dal proprio. Nel tuo caso invece è la situazione è differente, tu ritieni strano il tuo essere”
“Cosa?” Non mi aspettavo una simile risposta.
“E non devi aver paura di te stesso e di quello che riesci a fare. È vero, la gente ti potrebbe definire strano perché hai idee caotiche ma non per questo devi sentirti diverso o inferiore. In realtà sono queste idee particolari che ti rendono unico e geniale, sono il cuore e l'anima di te e della tua personalità! Quelle che tu definisci stranezze sono la tua normalità Dan. E prima te ne renderai conto prima le tue stranezze diventeranno parte delle tue storie”
Noto che Ralph ha alzato un po' il tono della voce, i nostri occhi si incontrano nel nostro riflesso permettendo così una particolare conversazione faccia a faccia. La sua risposta mi ha messo un po' a disagio e anche in imbarazzo. Mi sono sempre sentito una nullità, il pessimismo fa parte della mia natura di Smith. Eppure sentire quelle cose da parte di Ralph, non solo mio coinquilino ma anche figura modello e “fratello” maggiore, mi rasserena.
“Forse dovremmo riposarci. Siamo sempre impegnati e a furia di organizzare feste ogni sera rischiamo di stancarci troppo e di non realizzare niente. Cavolo, è proprio dura certe volte” dico e poco dopo uno sbadiglio si forma sulla mia bocca e contagia anche Ralph.

“Vivere è difficile, ma è questa difficoltà che ci spinge a dare il massimo; alla fine questa fatica porta risultati strabilianti, soprattutto se fai la cosa che più ti piace” conclude il suo discorso da brillante - e brillo- filosofo . “Ti voglio in forma Dan!” riprende inaspettatamente “Ora anche tu hai la responsabilità di tenere in vita un gruppo!”
“Sì, ma non sono bravo ed esperto come te.” gli dico sinceramente. Ralph è una persona straordinaria e un compositore in gamba, vorrei tanto essere come lui. “Inoltre tu sei portato per essere un leader mentre io...”
“Smettila di fare lo zombie! Hai dei compagni straordinari che meritano un leader straordinario, non depresso! Mi hanno raccontato quello che ti è successo e ci hanno costretto a venire qui per tirarti su.”
Cosa?
“Hanno organizzato questa festa per distrarti notando che eri sempre giù di morale: vogliono vedere il Dan sorridente e ispirato, il Dan che loro hanno deciso di seguire”
Hanno fatto questo per me?
“Tengono molto a te perciò non deluderli affermando che non sei in grado di essere un capo. I tuoi pensieri influenzano i loro, i tuoi testi diventano canzoni grazie a loro, la loro passione cresce perché tu sei appassionato. Questo perché siete un gruppo, non dimenticarlo mai. ” conclude lui, sorridendomi.
Mi volto verso Kyle, Woody e Will che stanno cercando di intonare una canzone ma il loro stato di ebbrezza li porta solo a balbettare e a produrre versi ambigui.
Sento il cuore tremare, quasi stesse scoppiando a piangere. Quei ragazzi non smettono mai di stupirmi, anche questa volta sono riusciti ad arrivare a toccare il mio cuore fragile e a colmarlo di sentimenti meravigliosi.
Mi sento così idiota in questo momento.
“Ralph! Se vuoi avere la forza per suonare davanti a un pubblico di trecento persone bisogna andare a letto ORA!” dice Ian entrando di soppiatto nella sala.
“Arrivo! E poi non te la devi prendere con me! Sono stati questi quattro pazzi a farci perdere tempo” gli risponde Ralph indicando Kyle mezzo addormentato e Will che in quel momento stringeva tra le braccia tre lattine di birra mentre Woody si era sdraiato sul divano con la faccia immersa nel cuscino.
Si allontana pronto per lasciare l'appartamento ma prima che raggiunga l'uscita lo chiamo e gli mimo un sincero “Grazie” mentre lui, di risposta, sorride.
“Hai le qualità per diventare un grande artista”
Rimango immobile e anche stupito, poi però lo sbadiglio di Woody mi fa capire che anche gli altri vogliono buttarsi nel letto e dormire. In effetti è stata una giornata faticosa e la stanchezza ultimamente si fa sentire più del dovuto.
E così dopo aver pulito le pozzanghere e i resti dell'alcol e aver sistemato le ultime cose, mi avvio in camera e mi abbandono al letto ma, prima di addormentarmi, mi scolo altre due bottiglie di birra.

Lentamente socchiudo gli occhi e ripenso alle parole di Ralph e, dopo qualche riflessione, e pensieri assurdi a causa del mio stato di ebrezza, mi addormento cullato dalla tetra melodia del vento che accarezza le persiane.
È tutto tranquillo... fino a quando non percepisco un suono.
È lontano... e così misterioso.

Pian piano lo sento avvicinarsi e aumentare sempre di più. Non ci sono dubbi: è il rumore che ho sentito l'altra sera. È molto più intenso, sembra che mi stia chiamando.
Apro gli occhi e mi alzo cercando di capire da dove provenga: sembra giungere dall'esterno.
Una parte di me vuole tornare a letto e ignorare quel tormento che mi ha complicato la giornata e che mi ha incasinato la testa ma la curiosità e la mia passione per i misteri mi spinge a raggiungere la porta e a uscire nel bel mezzo della notte mentre il cielo comincia a piangere qualche goccia.
Che follia... SÌ, è una grande follia. Ma tanto io sono un folle, giusto?
Prendo la macchina di Woody e mi avvio lontano, senza una meta precisa. L'unica “bussola” è il crescendo del misterioso tamburo. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri il suono svanisce lasciandomi spaesato in una strada deserta non molto distante da quel bosco oscuro. Scendo dalla macchina, con la speranza di riuscire a comprendere quello che sta accadendo.

Una raffica di gelo si precipita su di me facendomi tremare e spaventare. Ad un tratto sento qualcos'altro puntarsi sul mio corpo, ma non era freddo, anzi era una sensazione piacevole.
Mi volto e mi accorgo di qualcosa che si accende tra l'oscurità della strada e il cielo rossastro: e di nuovo mi sono perso in due diamanti scintillanti color del cielo.

 

 

La strada era il nostro palcoscenico

gli abbaglianti della macchina i riflettori

e i nostri sospiri erano le battute...

Mi sembrava di essere diventato il protagonista di uno spettacolo incredibile...

ma dentro di me sapevo che sarebbe presto giunto l'epilogo.


 

 

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Capitolo 3
*** Parte III - La mia rima ***


Ti ho mostrato la parte di me che mai avrei pensato di ritrovare, nel mio cuore corrotto pulsa l'immagine di te.
Come prigioniera di una tempesta mi manca il fiato a ricordare il suono della tua voce: sono segni che non posso ignorare, e tu lo sai.

É giunta l'ora di concludere questa storia in cui l'eroe e il cattivo si contendono lo stesso personaggio.
A te porgo l'inchiostro: scrivi la parola “fine” sotto il mio nome.
Sarà la mia tomba, sarà la tua rima.

 

 

Parte III

 
“Perché hai scelto di fare il cantante?”

Quante volte mi hanno posto questa domanda. E tutte le volte abbasso lo sguardo e cambio discorso, per il semplice fatto che non sono sicuro di potermi descrivere come un cantante.
Mi piace cantare, certo, ma dovrei definirlo il mio mestiere?
Guardandomi attorno mi accorgo che la figura del cantante viene fraintesa, viene confusa con un modello da imitare, una persona affascinante e dal timbro particolare che delizia l'udito.
Più mi guardo, più credo di essere lontano dallo stereotipo di cantante: ditemi, una persona timida, insicura ma allo stesso tempo sarcastica e pigra come me potrebbe essere una figura importante?
Siamo seri, direi proprio di no: la mia voce non è particolare, come potrei definirla? Normale.
Nonostante riesca a raggiungere note alte credo di non avere una voce bella, ho giusto quel che basta per poter cantare intonato ma non di più.
E poi... bello? Perché bisogna essere obiettivi: molti fan seguono un artista per la sua bellezza o per una particolare caratteristica della sua natura, non posso definirmi né bello né speciale, sono un ragazzo come tanti e nel mondo dello spettacolo bisogna farsi notare per poter andare avanti. Che dico, anche nel mondo reale. Devo smetterla di limitare queste caratteristiche nel campo musicale, oggi le cose funzionano così.
Perché illudermi che un giorno qualcuno ascolterà le nostre canzoni, attenderà i nostri album con trepidazione e curiosità e magari spenderà soldi, tempo e fatica per assistere ad un nostro concerto?
Allora perché... perché ho scelto di essere di cantante?


Come spaesato, il mio sguardo si è perso nella mia ombra proiettata dagli abbaglianti della macchina sulla strada umida. La seguo, quasi impulsivamente, nei suoi contorni sfocati, fino a raggiungere i piedi della ragazza.
È qui, davanti a me.
Stringe forte le maniche della sua giacca, nera come la notte; i suoi capelli sono così bagnati che le si stampano sulle guance tonde e rosee mentre nelle sue bellissime iridi azzurre si accende un opaco chiarore, come se le gocce di pioggia avessero bagnato i suoi occhi contagiandoli con la loro lucentezza.
Non parliamo, non ci muoviamo. Restiamo fermi ad accogliere il suono della pioggia, che cade fiera e leggiadra, e a nutrirci del suo effluvio unico e magico. Mi piace sentire ogni tipo di fragranza che la pioggia produce a contatto con l'ambiente: quando scivola sulle nervature delle foglie o dipinge ogni filo d'erba si diffonde nell'aria un sapore di freschezza, mentre le volte in cui inumidisce la ghiaia l'odore della terra si fa più acre, ma l'insieme di aromi che più adoro è quello dell'asfalto bagnato di pioggia, l'unione perfetta tra natura e artificialità.
Non so come spiegare, ma quel profumo inebriante e allo stesso tempo persistente mi lascia sempre una strana sensazione nel corpo, credo che non esista espressione per poter descrivere un odore tanto particolare quanto abituale.
Mi sistemo il cappuccio della felpa per ripararmi ma resto comunque in silenzio. Nella mia testa si fanno chiare mille domande e preoccupazioni: cosa dovrei dire? Come devo agire? Perché sta accadendo tutto questo? Perché me e lei?
“Non credo tu voglia avere a che fare con me...” ha tenuto la voce bassa e chiusa, tuttavia sono riuscito a sentire e a rimanere sconvolto da quella frase. In un attimo i miei dubbi si moltiplicano e pulsano convulsamente nella mia testa.
“Ti sbagli. Ci eravamo promessi di rivederci, ricordi?” rispondo dopo una breve pausa.
Ride, ma non è una vera risata. Ho percepito agitazione, paura, anche incredulità in quel movimento delle labbra e in quel acuto forzato, la finzione era troppo evidente da poter essere scambiata per allegria.
“Rivedere una sconosciuta?” questa volta sta gridando. Non credevo che il suo timbro potesse risultare così alto e pieno “Mi stai giudicando dalle apparenze ma in realtà non sai niente di me! Non sai chi sono né tanto meno quello che ho fatto...”
Ha ragione. Come ho potuto pensare a tutte quelle cose se non so nemmeno il suo nome?
Eppure...
“Allora dimmelo”
Alza lo sguardo, apre leggermente la bocca, segno di chiaro stupore.
“Voglio conoscerti, poterti chiamare con il tuo nome, anche esserti vicino e consolarti. Per tutto questo tempo mi sono fatto un'idea di te che mi ha completamente travolto e condotto in un oceano di emozioni e convinzioni mai provate prima. Tutto questo basato su una mia immagine di te, quindi avvicinarmi alla tua, di immagine, non mi spaventa, anzi richiama la mia attenzione e il mio desiderio di volerti vicina”
“Come puoi dire queste cose?!” la sua voce sta tremando e le sue mani si muovono lungo le maniche della giacca, un continuo su e giù. “Stai cercando di abbindolarmi per potermi scopare?”

Sgrano gli occhi non appena conclude la frase; non è quello che intendevo dire, il fatto che lei abbia pensato a una simile ipotesi mi turba.
“Spiegami una cosa...” faccio un passo in avanti ma lei retrocede, intimidita.
Non è la stessa ragazza che ho incontrato ieri sera.
“...Dici che non dovrei parlare così perché non ti conosco, ma nemmeno tu mi conosci. Eppure...”
“Non vuol dire niente. Tu sei un ragazzo come tanti...” c'è freddezza nelle sue parole.

Ha smesso di piovere e si è alzata una fastidiosa umidità che mi pizzica il naso.
Mi sento al sicuro se sono vicino a te” pronuncio quelle che erano state le sue parole. Parole che non ho dimenticato e che, a giudicare dal movimento rapido e confuso dei suoi occhi, anche lei rammenta.
Forse mi sto comportando da egoista, però non capisco il perché di un simile cambiamento e per questo voglio andare a fondo di questa complessa situazione. Quelle parole, quel volto, quelle sensazioni... è come se fossero rimaste là, in quel tratto di strada buio che si affacciava su un prato d'erba scura e con loro anche due giovani a noi sconosciuti, ormai lontani da quelli che siamo adesso.
Un ragazzo in cerca di una motivazione e una ragazza che fugge dai fantasmi della sua città.

“Per tanto tempo avevo in mente solo una cosa: sapere il tuo nome. Ma alla fine ho capito che non è importante, perché in un modo o nell'altro ci siamo trovati e ci siamo conosciuti senza l'aiuto dei nostri nomi. Siamo andati oltre alla parola che ci definisce, abbiamo superato le apparenze.”
Sgrana gli occhi e cerca di proferire parola ma invano. Sembra confusa, esita nei movimenti e deglutisce per smorzare il respiro in gola.
“Ho paura”
La mia attenzione e il mio sguardo si risvegliano dalla trance e si concentrano nuovamente sulla giovane, che respira affannosamente.
“Non voglio coinvolgere anche te in questo casino che ho causato... Non voglio perdere anche te” conclude. I suoi occhi si sono di nuovo illuminati di lacrime.
Mi guarda.
La guardo.
Di nuovo quella sensazione: un dialogo silenzioso costruito di sguardi che comunicano ciò che proviamo e che teniamo nascosto alla coscienza.
È una situazione assurda, lo ammetto, però non posso scappare: no, non me ne andrò.
Perché di una cosa sono certo, cioè che non la lascerò. È il mio cuore che me lo ordina, mi sta incatenando a un sentimento surreale, sfumato alla malinconia e a tratti al piacere.
Non è amore... ma ha la sua stessa potenza.
“Ormai sono coinvolto. È umano commettere errori ma è più umano perdonare e soccorrere una persona, perciò permettimi di aiutarti”
“È complicato... Una persona mi sta inseguendo. Ho cercato di ignorarla, pensando fosse la cosa giusta da fare, vivere come se nulla fosse; ma non posso, non dopo essermi accorta che quella persona, la stessa che mi ha cambiata, fa parte della mia vita. Nessuno riesce a capirmi, perciò l'unica soluzione è scappare, andare lontano. Lasciare alle spalle il passato e il dolore”
Tutto ciò che ho appena udito non ha alcun senso.
“Prima ti ho detto che non mi conoscevi, che non dovresti starmi vicino...” riprende la ragazza avanzando verso di me; il suo volto è teso infatti sta forzando un sorriso per tranquillizzarmi ma invano; è evidente la disperazione in quell'incurvatura delle sue labbra, tremanti. “Ho mentito sia a te che a me stessa. In realtà sono io che non mi conosco affatto. Sono la brava ragazza o sono una cacciatrice di piacere e di pericoli? Forse sono entrambe... o nessuna delle due. Non lo so... Ma non importa perché ormai non posso più salvarmi, tanto vale restare una condannata ed esiliarmi lontano da qui”
Vederla piangere mi lascia completamente sconcertato, come se una scheggia di ghiaccio sia entrata nel mio corpo e lo abbia contagiato col suo freddo tocco fino a congelarlo. I suoi occhi sono completamente sbarrati e vuoti... no, mi sbaglio: c'è qualcosa in quelle pupille oscure. È paura, ed è la peggiore tra tutte: non sapere chi sei. Ciò che siamo davanti agli altri, ciò che crediamo di essere, ciò che la mente dice che siamo: tutte queste forme di “essere” ci confondono e creano un'illusione di noi da cui si genera l'inquietudine.
La paura si manifesta in noi quando siamo in pericolo e con essa possiamo difenderci, è un metodo assurdo che l'uomo sviluppa per sopravvivere; ma questo tipo di paura colpisce al centro della nostra consapevolezza e del nostro credo, ci frena e lentamente arriva a immobilizzarci, impedendo così di poterci liberare. È un colpo che ci infliggiamo da soli, con le nostre mani, per questo è la più pericolosa.
Ci sono mille segreti nascosti tra le sue parole che non riesco a dedurre eppure, nonostante questo, sento la necessità di fare qualcosa.
Di scatto mi getto verso di lei e senza darle il tempo per continuare a parlare né per fare un fugace movimento, la avvicino a me e la stringo forte tra le mie braccia.
Non è il motivo del suo discorso ma il modo in cui lo ha pronunciato a spingermi a quella azione così impulsiva e al tempo stesso intima.
Mi sembra di stringere una piccola fiamma che sta per estinguersi a causa del dolore gelido che la avvolge.
“Andrà tutto bene” le sussurro all'orecchio.
“Non puoi capire...” balbetta e singhiozza, come una bambina insicura e indifesa.
“Hai ragione... non so nulla di te né tanto meno so quello che hai provato; non ero presente quando sei inciampata e quindi non ho potuto prenderti al volo, ma ora sono qua e ti aiuterò a rialzarti”

Mi guarda. Poi sorride.
“Allora fuggi con me...”
La mia mente si perde in quelle parole.
“Scappiamo insieme. Lontano dai nostri problemi, con le nostre cose da dire. Ci terremo compagnia”
Trattengo il respiro.
“È vero... sarebbe la soluzione più semplice. Ma non posso. C'è qualcosa che voglio raccontare. Non voglio andare via senza prima averla detta.”
“Le puoi raccontare a me”
“Non posso... gli altri mi aspettano, contano su di me per creare altre storie. Solo insieme possiamo farlo.”
“Una storia non può salvarti...” leggo confusione nelle sue pupille umide e dilatate.
“Dipende da come vuoi che la storia prosegua”

“Che intendi dire?”
“Che senso ha inventare una scusa per scappare? Non vuoi porre fine a tutto questo dolore? Non puoi fuggire per sempre, prima o poi quella persona ti troverà o peggio... il ricordo di quella persona ti troverà e tormenterà il tuo animo fino a quando i tuoi sentimenti di dolore, paura, agitazione repressi prenderanno il controllo ed esploderanno così violentemente che tu non potrai gestire una tale situazione. Hai il potere di cambiare le cose, non gettare questa occasione al vento”
Mi stringe forte e appoggia la testa sul mio petto; aumenta la presa e nello stesso istante il tamburo riprende la sua sinfonia, questa volta il suono ha una propagazione quasi subsonica. Finalmente ho capito il segreto di quello definito come un rumore di tamburi, ciò che mi ha guidato in queste due notti folli.
Lo percepisco perfettamente...

tum tum tum...

“È strano... per la prima volta, mi sento bene. Come riesci? Come riesci a comprendermi nel profondo, senza avermi mai incontrata e senza sapere cosa mi porto sulle spalle e sulla coscienza?” si interrompe e abbassa lo sguardo. "Sono una ragazza troppo strana"
"
Sì, lo sei. Quanto lo sono io"
Si stacca e si alza in punta di piedi per raggiungere l'altezza del mio volto. Mi soffia un delicato bacio sulla guancia e, alla fine, ricambia il mio abbraccio, cingendomi le spalle.

“Eravamo due anime vaganti e adesso abbiamo ritrovato il sentiero. Forse il nostro incontro non è stato un caso...” mi sussurra.
Il suo volto è nascosto, ma sono sicuro che sta sorridendo. Questo abbraccio è il più caldo che abbia mai ricevuto: il suo tepore mi fa sentire al sicuro, ricorda l'affetto materno.
“Hai ragione, l'unico modo per poter essere libera è tornare indietro. Non mi importa a cosa vado incontro, devo liberarmi di questo torbida colpa”
Si stacca da me e si volta: la fine di questo nostro contatto mi fa intuire che si sta avvicinando la nostra separazione. Probabilmente non la rivedrò mai più, ho questo presentimento.
“Abbiamo le nostre cose da dire prima di poter andare avanti. No?”
Poso lo sguardo su di lei, che inizia ad avanzare verso una meta sconosciuta ma che al tempo stesso ho ben presente nella mente.
Prosegue per quel sentiero che sarebbe dovuto diventare uno squarcio nella sua memoria e invece è tornato a essere il punto d'inizio e la fine; non dice nulla, ormai la parola è diventata superflua.
Vorrei rispettare la sua volontà, ma non posso. Non può finire così, con questo silenzio:
“Il nome...” grido lasciando che il vento amplifichi il suono della mia richiesta e la conduca fino alle sue orecchie. “Ti prego, dimmi almeno il tuo nome”
Si ferma e volta il capo leggermente indietro. I suoi folti capelli le coprono il viso.
“Il mio è Daniel!”
Sorride e muove le labbra. Una forte raffica di vento si fa spazio nella strada e copre quello che doveva essere il fonema del suo nome.
Chiudo per un attimo gli occhi, infastiditi da quell'improvvisa folata, e avanzo di qualche metro.
Quando li riapro scruto la ragazza che corre lontano immergendosi nell'oscurità della notte.
Un insolito senso di malinconia si impadronisce di me, sembra quasi che ella abbia portato via con sé una parte di me. Ma forse questa è solo la mia egocentrica impressione.
Ormai non ha più senso restare qui fermo ad attendere chissà quale miracolo, chissà quale stravolgimento.
Sospiro e raggiungo la macchina. Di nuovo quella sensazione mi divora l'animo.
Non devo pensarci, devo restare concentrato per poter tornare a casa e soprattutto devo restare sveglio: questa conversazione mi ha distrutto fisicamente e spiritualmente.

Passano alcuni minuti e finalmente riconosco la strada e proseguo senza problemi fino a raggiungere casa.
Entro cercando di non fare rumore, l'ultima cosa che voglio è svegliare gli altri. Mentre raggiungo la mia stanza avverto di nuovo quella sensazione non classificata. Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi cercando di svuotare la mente e rilassarmi ma invano.
Tengo gli occhi chiusi ma non mi addormento: tutte queste immagini, pensieri e ricordi scorrono ancora precisi nella mia mente, bussano alla porta della mia immaginazione, fanno intorpidire il mio cuore colmo di impulsi.
E di nuovo emerge quel suono... ma questa volta nella mia testa: sussulta con insistenza, come se volesse prendere di nuovo il volo, seguire le correnti delle onde sonore.
Vuole vivere.
Apro gli occhi e mi tiro su anche se con fatica: il corpo si sta ribellando ai miei comandi infatti sta accogliendo il fastidio e la stanchezza, ma il mio istinto da scrittore è più forte e mi spinge a sopportare, a prendere carta e penna per incidere quel continuo battere.
Riempire la carta con il suono: sembra assurdo, eppure è questo il compito di un musicista.
In questa notte nuvolosa affogo nella memoria di un battito, attorno a me non esiste altro: nessun suono, nessuna presenza. Siamo soltanto io e il foglio. Ovviamente la natura è più forte dello spirito di un uomo e così mi ritrovo costretto ad abbandonarmi al sonno e alla sua cura.

Ma prima che possa addormentarmi profondamente sento nella testa l'eco di un nome.
Il suo nome.

 

È un raggio di sole a svegliarmi, cosa alquanto strana dato che solitamente sono Kyle o Will a inventarsi strani trucchi per condurmi alla sveglia.
Trascino con fatica il corpo giù dal letto e noto un bigliettino vicino al comodino:

Per questa volta ti abbiamo lasciato dormire, ma non vuol dire che appena ti vedo ti risparmio la ramanzina. Will

Sorrido e mi avvio verso il bagno: è da due giorni che non mi cambio e la cosa è imbarazzante e alquanto preoccupante.
Dopo una doccia calda e rigenerante mi precipito in camera e raggiungo il guardaroba per scegliere il look del giorno, per modo dire. Devo dire che sono molto scialbo nel modo di vestire.
La prima maglia che ho pescato è quella dei Ghostbusters, una delle mie preferite, poi ho preso il primo paio di jeans sotto tiro.
Sto per raggiungere la sala quando tre starnuti mi obbligano a fermarmi. Fantastico! Mi sono preso il raffreddore! Ma non dovrei stupirmi, dato che sono stato sotto la pioggia per quindici minuti abbondanti.
Così mi sono trovato costretto a indossare nuovamente la mia fedele felpa grigia: sono molto affezionato a questo capo, pur essendo una semplice felpa. L'avevo comprata qualche anno prima ad un mercato vicino casa mia e avevo usato la mia paghetta guadagnata con fatica e sudore, insomma è stato il mio primo vero acquisto.
Mai avrei detto che sarebbe stata con me in così tante occasioni ed eventi: la prima esibizione come Bastille, il Leeds Festival, il furto della mia pianola, la mia prima festa da sobrio e altre ancora...
In questa felpa i fili di cotone si sono intrecciati a tanti ricordi, il mio impegno e le mie lacrime sono diventate le sue fibre, quando la avvicino al mio volto aspiro tanti odori diversi, come se questo tessuto assorbisse le fragranze che mi circondano: la polvere del palco, il sudore delle mie mani quando suono la tastiera, l'arsura delle luci che si concentrano su di noi e l'esaltazione del pubblico quando salta insieme a me e tante altre.
Esco dalla stanza e trovo Kyle seduto sul divano intento a leggere mentre Woody e Will discutono. Quando finalmente si accorgono della mia presenza, esultano e intonano un coro da stadio.
“Era ora! Credo che tu non voglia sapere quanto hai dormito” si lamenta Will incrociando le braccia.
“In realtà sei tu che non vuoi sapere quanto abbia realmente dormito questa notte” scoppio a ridere e mi avvicino al divano per potermi sedere accanto a Woody.
Will inarca il sopracciglio, è apparentemente curioso.
“Cosa stai tramando?” chiede Kyle, precedendomi e occupando il mio posto, per poi socchiudere gli occhi e allungare le labbra in un sorriso così largo da farmi scappare una risata. Kyle è molto espressivo e certe sue facce mi fanno sempre morire dal ridere.
“Ho scritto una canzone. Certo, bisogna perfezionarla però ho già in mente buona parte della melodia”
Tutti sgranano gli occhi e si esibiscono in una standing ovation con tanto di inchini e di borbottii tipici dei critici.
“Che simpatici...” cantileno per poi scuotere il capo.
“Fammi indovinare... è dedicata alla ragazza che non esiste?” domanda Woody, un istante dopo si scusa per essere stato poco delicato.
Annuisco, non dando troppo caso al parere di Woody. Gli altri si scambiano sguardi d'intesa.
“Perfetto! Non vedevo l'ora di lavorare” esclama Kyle facendo scrocchiare le dita.
“Oggi ci concentriamo più sull'acustica. Will vai a prendere la chitarra!”
Will cerca di nascondere il suo entusiasmo ma la luce dei suoi occhi lo incastra, come sempre.
“Per il momento mi arrangio con quello che ho, tanto la parte della batteria si può definire anche dopo...”
“In realtà Woody le percussioni sono la parte più importante.” gli confesso senza nascondere l'esaltazione.
“Davvero? E come mai?” mi chiede stupito.
Mi volto a guardare la finestra e sorrido.

“Rappresentano il suo cuore palpitante...”

 

 

Perché il cantante?
Sinceramente, non lo so. Forse perché considero la musica un'arte per interagire con gli altri, per narrare un racconto diverso dai soliti scritti su carta: la voce e il suono degli strumenti danno una forma più concreta alla storia, la rendono viva.
Credo che quando si ascolta una canzone si diventi protagonista di un mondo astratto e misterioso che dura solo poco più di tre minuti; eppure in quei piccoli minuti ogni cosa diventa più bella.
Che tu sia in compagnia o in solitudine, esposto in piazza o nascosto sotto le coperte, seduto in autobus o al cinema, essa ti accompagna, diventa la tua partner, ti rende partecipe della sua meravigliosa esistenza.
Ho scelto di essere un cantante per questo, condividere con il mondo i doni che la musica mi ha fatto, far sentire alle persone una melodia piacevole che potesse rassicurarli, coinvolgerli e, chissà, magari ispirarli.
La musica è commerciale, dicono. Non sono d'accordo... certo, ovviamente l'ambito musicale consiste nel rapporto vendita-acquisto, però credo che vi sia molto di più che un contratto e il mercato: è qualcosa di più profondo. Perché quando scrivi, indipendentemente dal tema che tratti, c'è sempre qualcosa che ricorda te stesso anche se pur accennato.
La musica può unire, creare un saldo legame. Così è successo a noi.
Woody, Will e Kyle sono speciali: sono la mia famiglia, i miei migliori amici, compagni di tour e di strumenti, sono coloro che mi convincono a dare il meglio di me.
Se sono arrivato fin qui è solo grazie alla loro presenza, alla loro fiducia, alla loro passione.
Perché ho scelto di fare il cantante?
No, non è stata una scelta, ma un desiderio... io voglio essere un cantante.
“Dan? Per una volta riesci a stare con la testa sulle spalle?”
In un secondo il buio sparisce e torno a vedere la stanza e tutto ciò che mi circonda. Già, stiamo scrivendo la canzone. Sorrido.
“Scusa Will... stavo pensando a quanto voi siate importanti per me. Sono veramente contento e orgoglioso di essere vostro compagno”.
Per un attimo tutto sfocia nel silenzio. Mi rendo conto dai loro respiri bruscamente interrotti e dai movimenti fievoli delle loro labbra che sono stupiti e imbarazzati.
“Ma senti questo, non cominciare a fare il romanticone altrimenti rischio di innamorarmi” Kyle distrugge quest'atmosfera imbarazzante e poi mi cinge le spalle con il braccio, scuotendomi un po'.
Woody si appoggia con le braccia sulla mia testa mentre Will si limita a sorridere.
“Anche noi ti vogliamo bene, scemo. Ma adesso dobbiamo mettere da parte queste smancerie e concentrarsi per concludere questa maledetta
canzone.”

“Non capisco come tu abbia la fidanzata”chiede Woody scuotendo il capo.
“Già... come fa a sopportarti?”
“Faccio cose che con voi non farei mai” puntualizza strizzando l'occhio a Kyle. “Forza, riprendiamo altrimenti Dan si offende” conclude il nostro bassista.

“Guardate che siamo già a buon punto. Sono state due settimane produttive: la musica c'è, il testo pure dobbiamo solo sistemare i cori, la parte finale e provare!” affermo mentre sistemo gli spartiti e le bozze.
“La fai facile tu. Guarda che i cori sono importanti!”
“Solo perché li fai tu, Will” mi piace provocare Will sui cori, ne va molto fiero.
“E non dimentichiamoci che nel finale ci serve un bel assolo di archi, bisogna chiamare le nostre “tre moschettiere”!” aggiunge Kyle.

“Dan, stavo pensando di aggiungere un ulteriore tamburo per dare più enfasi, potresti suonarlo tu”
Mi volto verso Woody e sorrido. Suonare le percussioni, dare ritmo a quel tamburo che mi ha fatto vivere quell'avventura: che ironia.
“Piuttosto...” continua Woody “...manca il titolo! Qualcuno ha qualche idea?”
Restano un attimo in silenzio a riflettere, li guardo divertito.
“Perché fai quella faccia? Guarda che è importante! Forza, sentiamo cosa vuoi utilizzare per questa canzone dedicata alla ragazza misteriosa che ti piace tanto!” dice Kyle agitando le mani per stuzzicarmi.

“Veramente avrei già scelto il titolo” annuisco.
“Senza consultarci? Questa è nuova! Deve piacerti proprio tanto!” esclama Woody sorpreso.
Abbasso lo sguardo sul testo mentre nella testa intono la melodia:
“Diciamo... che ho accolto l'ispirazione senza alcun timore”

 

~~~~~~~

Tempo fa mi è accaduta una vicenda strana e surreale, indescrivibile.
Non so spiegare perché sia successo, né perché sia stato scelto io. Che sia stata la mia fervida immaginazione, non lo so e credo che non lo saprò mai...
Quella notte però incontrai una ragazza che ha lasciato un segno indelebile nella mia mente e nel mio cuore. Mi ha insegnato la più grande delle lezioni: mi ha insegnato a vivere. Non potevo permetterle di svanire, così le ho dato nuova vita con la mia canzone.
Le percussioni riprendono il battito del suo cuore, lo stesso che mi ha portato da lei. Quel palpitare concitato era il suo grido, il suo desiderio di essere salvata.

Ciao, siamo i Bastille e oggi vi presentiamo un nuovo brano...”

É vero, a volte ho idee stravaganti.
Ma senza queste idee probabilmente non sarei qui. La loro stranezza riesce a confondere l'interlocutore, il loro mistero lo coinvolge nella realizzazione di una spiegazione logica. Da ogni parola ne scaturisce un'altra in un susseguirsi di interpretazioni, suoni e immagini. Questa è il significato di melodia, una melodia che io creo.
Grazie ragazzi, per avermelo fatto capire.
Non canto per la fama, per me stesso o per dimostrare al mondo che esisto... canto per gli altri, per raccontare una storia.
È così che mi vedo, un cantastorie. Quell'incontro è la dimostrazione che non devo celare i miei pensieri perché rischio di affogare in essi e diventare loro vittima; potrebbero esplodere all'improvviso e a quel punto non riuscirei a controllarli né a domarli e si dissolverebbero in un respiro.
Perciò ti ringrazio...
Mi hai salvato, come io ho salvato te.

Perché i nostri cuori si sono connessi, in un modo che la mente umana non potrà mai capire.
E finché suonerò questa melodia, finché avrò fiato per cantare queste parole, finché nella mia mente ripeterò il nome che egoisticamente ho affidato al ricordo di te,

saremo sempre connessi.

 

 

 

This is your heart

Can you feel it? Can you feel it?

Pumps through your veins

Can you feel it? Can you feel it?




 

Così si conclude "Her Name Is"
 

Ho riscritto alcune parti e migliorate alcuni dialoghi, spero vi piaccia!
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia,

ringrazio i Bastille per avermi ispirata e motivata.

Grazie di cuore

Spero con questo ultimo capitolo di avervi lasciato qualcosa.

Buona fortuna per tutto!
alla prossima,

Yume

 

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