Cognati si diventa, non si sceglie

di Mirty_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A casa Weasley-Granger ***
Capitolo 2: *** Alla Tana ***
Capitolo 3: *** Al negozio Tiri Vispi Weasley ***



Capitolo 1
*** A casa Weasley-Granger ***


k

1.    A casa Weasley-Granger

 

 

Avrei voluto un’altra donna,

avrei voluto un altro amore.

Una ragazza con la faccia pulita

con gli occhi grandi e l’aria delicata,

quello che non è mai stata lei.

 

 

Un buon profumo di arrosto aleggiava nella piccola cucina della villetta a schiera dove Ron e Hermione erano andati a vivere da quando si erano sposati, otto mesi prima.

La giovane donna, mentre cucinava, canticchiava fra sé una canzone babbana che aveva sentito quel pomeriggio a casa dei genitori. Aveva colto l’occasione per andarli a trovare essendosi concessa alcuni giorni di permesso dal suo impiego al Ministero. Si sentiva un po’ spossata e in ansia in quel periodo. Nascondeva un segreto, Hermione. Un segreto che, aveva deciso, quella sera avrebbe finalmente confidato a Ron. Dopotutto ormai ne era sicura.

Ron, invece, era ancora al lavoro, di servizio come Auror. Hermione guardò l’orologio sulla parete sopra la credenza dove, all’estremità delle due lancette, vi erano il suo ritratto e quello del marito. Era stato un regalo dei signori Weasley per il loro matrimonio. Molly riteneva che fosse l’oggetto più utile che avesse mai avuto e così aveva deciso di farne fare uno apposta per ognuno dei suoi figli. Sorrise guardando l’immagine di Ron che si era appena spostata nel quadrante In viaggio, mentre la sua era fissa sul quadrante A casa. Erano le sette e Ron sarebbe rientrato di lì a poco, stanco e affamato. Affamato come sempre, come a Hogwarts. Hermione si ricordava la voracità di Ron e un sorriso le nacque spontaneo sulle labbra. Quel semplice pensiero bastò un po’ a distrarla e per un attimo sembrò quasi dimenticare l’ansia che provava. Ron sarebbe stato felice dopo aver saputo la notizia che lei gli avrebbe dato. Ne era quasi certa. Anche se, quel quasi, la impauriva non poco.

Il rumore di una porta che si apriva e che sbatteva nell’ingresso, fece sobbalzare Hermione.

“Hermione, sono tornato.” Un Ron tutto trafelato comparve sulla soglia della cucina, si tolse il mantello da viaggio e andò ad abbracciarla.

“Ciao, Ron.” Hermione si lasciò baciare teneramente sulle labbra. “Come è andato il lavoro?”

“Bene, anche se oggi mi è toccato stare in ufficio a compilare un mucchio di scartoffie mentre Harry è andato a controllare qualcosa di illegale a Notturn Alley. Tocca sempre a lui tutto il divertimento.” Ron sbuffò come un ragazzino. Lei gli fece una carezza. “Tranquillo, la prossima volta toccherà a te.”

Ron le sorrise fiducioso. Hermione aveva sempre le giuste parole di conforto.

“Ah, a proposito Hermione, ho incontrato Fred al Ministero oggi -non so cosa ci facesse lì, era di fretta- e ho invitato lui e George a cena stasera. Era da un po’ che li volevamo invitare, ricordi? Per te va bene?”

“Cosa?” Hermione si scostò appena dall’abbraccio del marito per guardarlo con un cipiglio severo. “Ronald Weasley! Quante volte devo dirtelo di avvisarmi prima di invitare gente a casa! Ho preparato l’arrosto ma mi sa che per quattro non sarà sufficiente” si lamentò la ragazza.

“Dai, Herm. Si tratta dei miei fratelli. Mangeranno tutto quello che c’è.”

Appunto, Ron! Il problema è che non ce molto d’altro. Ho solo del pasticcio di carne, del risotto ai funghi e…”

Ron scoppiò a ridere. “E questo ti pare niente? Tranquilla. Andrà tutto bene.” Ron sciolse l’abbraccio non prima però di averle depositato un bacio in fronte. “Arriveranno alle 8. Vado a cambiarmi e a fare la doccia” e la lasciò incredula e un po’ scocciata in mezzo alla cucina.

Il suo piano di una cenetta romantica con suo marito era appena andato in fumo a causa dell’invito inopportuno di lui, senza contare il fatto che anche il suo segreto avrebbe dovuto attendere. E poi, come se in quei giorni non fosse stata già abbastanza in ansia e stressata, ci si mettevano anche le parole di Ron dette in riferimento al fratello.

Ho incontrato Fred al Ministero oggi, non so cosa ci facesse lì, era di fretta. Quelle dannate parole continuavano a rimbombargli nella testa. Cosa era andato a fare Fred al Ministero? Di solito, per le pratiche da sbrigare legate al negozio, ci andava sempre George. Fred odiava il Ministero! In realtà odiava tutti i posti dove, come diceva lui, si sentiva puzza di autorità. E lei sapeva bene quello che Fred Weasley odiava. Lo sapeva perché, per un periodo -quando lei era al quinto anno-, lei e Fred si erano frequentati. La cosa sembrava impossibile persino a lei eppure era accaduto. Solo George aveva saputo di loro; nemmeno Ginny ne era al corrente e, anche se il suo intuito femminile aveva di certo fiutato qualcosa, aveva sempre fatto finta di nulla. Poi tutto era finito. Era finito per l’abissale differenza che c’era tra lei e Fred. Era finito perché Fred aveva voluto fare di testa sua e aveva abbandonato la scuola. Era finito perché Hermione aveva visto quell’abbandono come un modo che Fred aveva usato per allontanarsi da lei senza prendersi alcuna responsabilità. E da allora non c’era stato più nulla. La guerra aveva cambiato molte cose e lei ora era felicemente sposata con Ron che la amava più della sua stessa vita. Ma allora perché era così turbata dall’arrivo di Fred? Sì, perché per quanto quella sera a casa loro sarebbero arrivati entrambi i gemelli Weasley, per Hermione era come se fosse dovuto arrivare solo Fred. Fred che, come George, Ginny, Bill, Percy e Charlie, era suo cognato.

Hermione venne riportata alla realtà da uno sfrigolio sinistro proveniente dalla pentola sul fuoco. Si affrettò ad abbassare la fiamma con un colpo deciso di bacchetta e si costrinse a fare due respiri profondi. Tutta quell’improvvisa ansia non le faceva di certo bene e poi lei era Hermione Granger, la ragazza che sapeva affrontare ogni situazione. E avrebbe affrontato anche quella. Quella sera, giurò a sé stessa che qualunque cosa fosse accaduta avrebbe mantenuto i nervi saldi.

 

Alle 8 in punto si sentì bussare alla porta e Ron andò ad aprire.

“ ‘Sera, Ronnie. Come stai? È da un po’ che non ti fai vedere al negozio.” George salutò allegramente il fratello entrando nel piccolo ingresso di quella che era casa Weasley-Granger.

“Ciao, George. Tutto bene e tu? Beh, ho avuto un sacco da fare al Ministero. I controlli per noi Auror non finiscono mai.” Ron cercò di darsi un tono. Era fiero di essere diventato un Auror.

“Non starai mettendo su delle arie come il vecchio Perce, vero fratellino?” Anche Fred aveva seguito il gemello dentro casa. “Anche perché oggi non ti ho visto propriamente in azione. Hai finito di sistemare l’archivio, a proposito?” e ghignò furbescamente.

Ron divenne rosso in zona orecchie e borbottò: “Non era l’archivio, Fred. Erano le pratiche della settimana.”

“Un mucchio di documenti utilissimi al lavoro di un Auror” lo prese in giro Fred.

Hermione, che aveva seguito l’intero discorso dalla cucina a fianco del salotto, decise che era il momento di intervenire prima che i gemelli, o in questo caso Fred soltanto, provocasse Ron a tal punto da fargli dimenticare le buone maniere e l’invito che lui stesso aveva esteso ai fratelli.

“Buonasera ragazzi.” Hermione esibì un sorriso sincero andando incontro ai gemelli.

“Ciao, Hermione. Come stai?”

“Bene George, grazie. E voi?”

“Non male. I nostri affari vanno alla grande” concluse Fred guardandola.

Hermione, per quanto si fosse ripromessa di stare calma, quando incontrò lo sguardo di Fred -quel dannato sguardo sempre con una punta di malcelata malizia che gli scintillava nelle iridi chiare- si sentì avvampare. Eppure ora non era più una quindicenne. Erano passati sette anni dalla sua pseudo storia con Fred e lei ora era felicemente sposata. Perché avvampava? Attribuì il tutto alla sua neonata condizione. Certo, doveva per forza essere così dato che, in 5 anni da quando Fred l’aveva lasciata, non aveva provato altro che una strana rabbia mista a rancore che si erano infine trasformati, negli ultimi due anni, in serena rassegnazione. Lei si era sposata con Ron e questo era quello che contava. Mentre Fred, da quello che sapeva dalla signora Weasley, sembrava non avesse minimamente intenzione di impegnarsi seriamente. Sapeva che da alcuni mesi frequentava una ragazza ma non conosceva i dettagli e non voleva saperli.

“Hermione, andiamo a cena?” Ron cercò di attirare l’attenzione della moglie.

“Certo. Venite pure” e li precedette in cucina.

Fred e George si scambiarono uno sguardo complice ma non dissero nulla.

“Non ho potuto preparare molto perché Ron non mi ha avvisata prima” si giustificò con i gemelli rifilando un’occhiataccia al marito che si strinse nelle spalle.

“Tranquilla, Hermione. Siamo ragazzi di poche pretese” disse George.

“Se avessimo voluto una cena in grado di sfamare un esercito sicuramente non avremmo accettato il gentile invito e saremmo andati da mamma.” Fred era il solito. Scherzava sempre e soprattutto non la smetteva mai di prenderla in giro.

Hermione alzò gli occhi al cielo. “Hermione cucina tanto. E bene” la difese Ron. La ragazza gli sorrise riconoscente.

“Lo sappiamo Ronnie, si faceva per scherzare” spiegò George prendendo a sua volta le difese del gemello. Ron, da quando era sposato, aveva cominciato ad assomigliare terribilmente a Percy, a parer loro. I quattro si accomodarono a tavola e cominciarono una piacevole conversazione, cosa su cui Hermione non avrebbe mai scommesso. Il tempo passò più velocemente del previsto.

Hermione per tutta la durata della cena, seduta accanto a Ron, non si sentì più nemmeno una volta in imbarazzo guardando Fred nonostante si accorse più volte che il gemello la guardava con aria indecifrabile.

“Hermione devo proprio ricredermi. Non pensavo tu fossi anche un’abile cuoca. Devo ammetterlo.”

“Devo prenderlo come un complimento, George?”

“Ma certamente!” e le fece l’occhiolino.

“In tal caso, grazie. Ma dicci, come sta Angelina? Avete progetti in vista?”

George si schiarì un attimo la gola e assunse un’aria seria che poco gli si addiceva. Fred venne colto da un eccesso di risolini.

“Dai, Georgie. Diglielo” lo spronò dandogli una leggera gomitata nelle costole.

“Certo che glielo dico, Freddie. Strano che non ci abbia già pensato mamma” aggiunse, alzando gli occhi al cielo.

“Che cosa nascondete voi due?” chiese Ron sospettoso e incuriosito.

“Io e Angelina abbiamo intenzione di sposarci.”

Ron e Hermione rimasero a bocca aperta. “Wow. Non è uno scherzo, vero?” chiese Ron incredulo.

“Questa volta mi sa proprio di no” affermò George.

Fred ridacchiò. “L’ho sempre detto io che la Johnson ha del carattere. Fin da quando l’ho invitata al Ballo del Ceppo. Io non mi sono fatto incastrare però.”

“Ohohoh. Questa è bella, Freddie. Stai forse cercando di dire che nessuno ti ha mai rubato il cuore?” lo prese in giro George.

Ad Hermione sembrò che il ragazzo le avesse indirizzato uno sguardo in tralice ma fu una cosa talmente veloce che poteva benissimo esserselo sognata.

“Nessuno, caro mio. Sono uno spirito libero, io. Non come tutti voi” affermò convinto, battendosi una mano sul petto.

“Ah si? E che fine ha fatto Jessica?”

Fred, a quella domanda, fulminò Ron con lo sguardo.

Il fratello minore cercò subito di correre ai ripari. “Me l’ha detto la mamma. È stata lei ad entrare nel discorso. Io non le avevo chiesto proprio nulla.”

Fred annuì. “Ah, è così! La mamma parla di me e non di George. Quella donna parla sempre troppo. Dovrò farglielo presente la prossima volta che la vedo. E comunque io e Jessica non parliamo certo di matrimonio. Dillo pure alla mamma se mai ti capitasse ancora di sparlare con lei dei fatti miei.”

Hermione aveva seguito la conversazione senza proferire parola. Una sola frase l’aveva lasciata di stucco: l’affermazione convinta che Fred aveva fatto in merito a sé stesso. Nessuno gli aveva mai rubato il cuore. Hermione improvvisamente venne trascinata in un vortice di ricordi e un mare di emozioni la travolse ricordando come si sentiva le prime volte che aveva cominciato a vedersi di nascosto con Fred. Lui era audace e intrigante e, solo adesso dopo tanti anni, si ricordò di quello che le aveva detto una volta prima di strapparle uno dei tanti baci mozzafiato che si scambiavano nascosti in un corridoio di un passaggio segreto. “Granger, mi hai rubato il cuore.”

Fred le aveva mentito e lei, illusa, ci aveva persino creduto.

“Hermione, il dolce lo mangiamo in salotto?” ancora una volta fu Ron ha riportarla alla realtà.

“Certo. Andate pure di là. Io preparo tutto e arrivo.”

“Ti do una mano” l’offerta di Fred stupì un po’ tutti. Tre paia di occhi erano puntati su di lui. George lo guardò per un attimo preoccupato, Ron assunse un’aria perplessa ed Hermione si morse le labbra evitando così di spalancare la bocca per la sorpresa.

“Che c’è? Che avete tutti da guardare? Voglio solo rendermi utile.”

“Sei un ospite, Fred. Non è necessario” aggiunse in fretta Hermione.

“Sciocchezze, lascia che ti aiuti.”

L’insistenza di Fred, che nel frattempo si era alzato da tavola e aveva impugnato la bacchetta per aiutare a sparecchiare, convinse George che il gemello aveva qualcosa in mente. Forse aveva bisogno di parlare con Hermione. Era una cosa plausibile. Dopotutto quello stesso pomeriggio lo aveva piantato in asso da solo al negozio dicendo che aveva degli affari da concludere al Ministero. E George sapeva bene che Fred odiava il Ministero. Aveva però anche notato che il gemello aveva cominciato ad odiare quel posto un po’ meno da quando Hermione, due anni prima, aveva cominciato a lavorare lì. Decise perciò di dargli man forte. Se Fred doveva parlare con Hermione da solo, lui doveva aiutarlo.

“Ma sì, Hermione. Lascia che Fred ti aiuti. A casa sono sempre io quello che sbriga tutte le faccende perciò se per una volta vuole fare qualcosa, non proibirglielo. Dai, Ron, io e te ce ne andiamo di là.” Mise un braccio attorno alle spalle di Ron che lo guardò stranito e confuso. “Mi devi raccontare cos’hanno fatto i Cannoni, ultimamente. Hanno acquistato nuovi giocatori?”

George si era giocato la carta Quidditch e Ron abboccò in pieno, notò Fred mentre guardava i due andare in salotto. George riuscì anche a fare un occhiolino veloce al gemello e poi si affrettò ad interessarsi allo sproloquio di un entusiasta Ron che parlava del super battitore che i Cannoni avevano comperato.

Ad Hermione non sfuggì lo sguardo d’intesa tra i due gemelli e arricciò il naso. Senza guardare Fred, prese la propria bacchetta e iniziò a sparecchiare. Fred, dal canto suo, senza dire una parola, cominciò a riempire il lavabo e a far lavare i primi piatti che l’incantesimo di Hermione vi depositava.

“Beh, Granger. Hai intenzione di non parlarmi per il resto della serata? Questo sì che sarebbe scortese da parte di una buona padrona di casa” Fred si era appoggiato spalle al lavandino e, con gambe e braccia incrociate, osservava ghignando la giovane donna.

Hermione che si stava dando da fare nel servire il dolce -una semplice crostata di frutta- sbuffò appena. “Perché mai non dovrei parlarti, Fred? Dopotutto tu sei il fratello di mio marito, nonché mio cognato. Avrei forse motivo di non parlare con mio cognato?” sottolineò con una punta di sarcasmo.

“Come siamo acide e puntigliose, Granger.”

La ragazza poteva vedere il sorriso sghembo di lui anche se gli dava le spalle. Un momento di silenzio e delle parole sussurrate al suo orecchio la fecero sobbalzare.

“Però non hai intenzione di guardarmi, o sbaglio?”

Il respiro di Hermione le si spezzò in gola. Quell’improvvisa vicinanza l’aveva scossa facendole tremare appena la mano che stava tagliando le fette di torta.

Fred, che era da sempre un acuto osservatore, se ne accorse e mise la sua mano su quella della ragazza, aiutandola. Hermione arrossì e deglutì.

“Fred, sono ancora capace di tagliare una torta.” Farfugliò a voce bassa e con una punta di irritazione mentre cercava di tenere a bada le neonate emozioni nel suo petto scatenate dal solo contatto con la mano di Fred.

“Dimmelo guardandomi in faccia” la sfidò.

Hermione racimolò tutto il coraggio che aveva in corpo e si voltò verso Fred, trovandosi a pochi centimetri dal suo viso.

“Sono ancora capace di tagliare una torta” ripeté mostrando una sicurezza che in quel momento era messa davvero a dura prova dallo sguardo provocatorio del ragazzo.

“Sei bella, Granger. Lo sai?” Fred aveva ignorato bellamente l’ultima affermazione della ragazza. “Anche più bella del giorno del tuo matrimonio con mio fratello. Non fraintendermi. Quell’abito bianco ti stava d’incanto e anche il trucco naturalmente. Ma così,” con la mano libera Fred le aveva sistemato dietro l’orecchio una ciocca ribelle che le scendeva sul viso “così, con la faccia pulita, senza trucco su questi tuoi splendidi occhi grandi e con questa tua aria delicata… sei davvero magnifica.”

“Fred… io… perché mi stai dicendo queste cose?” Hermione scorse il suo sguardo sconvolto riflesso negli occhi scintillanti di Fred. Stava succedendo quello che non doveva succedere. Lui la stava ammaliando, ancora una volta. Ma se l’ultima volta erano solo dei ragazzini, ora erano degli adulti. Lei una donna sposata e lui era suo cognato! Non poteva cedere! Lui non poteva farle una cosa così meschina!

“Hermione, tutto bene?” la voce di Ron li raggiunse dal salotto. Fred si allontanò immediatamente da lei annullando ogni contatto tra loro. Hermione fece altrettanto. Per fortuna Ron se ne stava seduto sulla poltrona dalla cui posizione si scorgeva solo una piccola parte di cucina, parte che, era occupata solo da Hermione.

“Si, Ron. Adesso Fred vi porta la torta.” Hermione prese il piatto con l’unica fetta di torta che era riuscita a tagliare e lo porse in malo modo a Fred che, sempre ghignando per l’atteggiamento scontroso di lei, si allontanò verso il salotto senza aggiungere altro.

Quello che doveva dirle gliel’aveva detto e la domanda di lei non si era fatta attendere. Peccato che Ron avesse, proprio in quel momento, pensato di interromperli. O forse era stato meglio così. Fred in realtà non lo sapeva. Mangiarono il dolce tutti insieme. Sia George che Fred si complimentarono più volte con Hermione per l’ottima torta e Ron le sorrise orgoglioso. Alle undici i gemelli decisero che era il momento di andarsene a casa.

“Domani la sveglia suona per tutti” asserì George, cercando di trattenere uno sbadiglio.

“Non per Hermione” disse Ron casualmente.

Due sguardi interrogativi identici si posarono su Hermione. “Cosa sono quelle facce? Mi sono presa alcuni giorni di permesso. Non ne ho forse il diritto?” si affrettò a spiegare la ragazza, indignata.

“Oh, questa sì che è bella! Hermione Granger che si prende dei giorni di permesso” declamò Fred.

“Non si era mai sentito” concluse George.

“Oh, andiamo ragazzi! Anche Hermione è una persona. E poi ultimamente lavorava un sacco al Ministero, non è così?” Ron le cinse i fianchi con fare protettivo.

Hermione annuì senza però guardare il marito. Lo sguardo di Fred l’aveva nuovamente catturata. La scrutava sospettoso perché, Hermione lo sapeva bene, quelle strane ferie non erano state programmate e Fred probabilmente si stava chiedendo il motivo per cui l’instancabile Hermione Granger, avesse preso un permesso dal lavoro.

“Comunque ora è meglio andare, grazie di tutto e buonanotte a chi si alza domani per andare al lavoro e a chi non si alza.” George fece un inchino sarcastico ad Hermione che scosse il capo, rassegnata di fronte a tanta idiozia.

“Buonanotte anche a voi” salutò la ragazza prima di chiudere la porta di casa.

 

Fred e George percorsero a ritroso il vialetto di fronte a casa Weasley-Granger come indicava la scritta gialla a caratteri cubitali sulla cassetta della posta babbana che Hermione aveva insistito nel voler mettere all’ingresso della villetta. “Allora, Freddie. Serata interessante, no?” esordì George.

“Sì, niente male.”

“Hai parlato con lei?” George andò subito al nocciolo della questione.

“Di cosa?”

“Non fingere con me, fratello. Non sono un idiota. Ti ho anche coperto. Ma ora vorrei sapere cosa dovevi dire alla nostra cara cognata.”

“Nulla di importante, Georgie.” Fred fece spallucce.

“Beh, se le cose stanno così, tieniti pure i tuoi segreti ma ricordati che sei in debito con me. Andiamo a casa ora.”

“No, tu va avanti. Io ho promesso a Jessica che sarei passato da lei, stasera.”

George ghignò furbescamente. “Allora ci vediamo domani mattina in negozio. Puntuale. Certo che sei incorreggibile. Vai a farti consolare da Jessica.”

“Io non ho nulla per cui farmi consolare” asserì convinto e poi con un cenno di saluto e un sonoro crack, si smaterializzò.

 

“Fred, sei tu?” Un crack del tutto inaspettato aveva allarmato la ragazza.

“Certo che sono io, piccola. Aspettavi qualcun altro per caso?” chiese sarcastico.

Fred si era smaterializzato direttamente nella camera di Jessica. La ragazza era già a letto ma accese subito la lampada sul comodino. Una tenue luce verde si diffuse nella stanza illuminando Fred che se ne stava appoggiato all’armadio di fronte al letto di lei e la osservava con un sorriso dannatamente malizioso.
Jessica si era messa a sedere e lo guardava raggiante. Indossava la leggera camicia da notte color pesca che lui le aveva regalato per il suo compleanno, due mesi prima. I capelli lunghi e biondi le ricadevano in curati boccoli sulle spalle. Usava la pozione Super-ricci-perfetti, pozione di cui, sicuramente, Hermione non faceva uso. Aveva gli occhi verdi, Jessica. Sfuggenti e malandrini, un po’ come quelli di Fred. Era sempre perfettamente truccata e il suo volto lasciava trasparire una maturità troppo presto acquisita a scapito di un’innocenza che aveva perso da parecchio tempo. “Come mai questa visita a sorpresa?”
Fred si tolse il mantello, lo abbandonò sulla sedia della scrivania e si avvicinò a lei. “Volevo vederti. Ti dispiace?”
La ragazza negò con il capo e si protese verso di lui avvolgendogli le braccia attorno al collo e trascinandolo sul suo letto, o meglio, sopra di lei. Fred la lasciò fare e si sentì invadere dal profumo di violette che la ragazza usava sempre. Per un attimo, Fred pensò che non era quello il profumo che voleva sentire e che, a dirla tutta, le violette non gli erano mai piaciute ma questi pensieri vennero scacciati dalle labbra di Jessica che cercarono le sue con forza e desiderio.
Fred si lasciò andare. Dopotutto Jessica era la ragazza che frequentava e con lei aveva una certa intesa eppure, per molte ore durante la notte che passò con lei, Fred si ritrovò a pensare che avrebbe voluto un’altra donna. Una donna che apparteneva ad un altro.

Angolo Mirty_92:

Ciao a tutti!! Eccomi qui con una nuova Fremione. Un po’ diversa questa volta visto che i due protagonisti sono ormai grandi e hanno concluso Hogwarts da un pezzo. È un esperimento che a dire la verità non mi convince molto, anzi mi fa sentire un po' in colpa e triste per come ho pensato di sviluppare la storia, però mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! L’idea è nata da una vecchia canzone  (Un’altra donna dei Cugini di Campagna) che fa da sfondo alla FF e della quale riprendo le strofe all’inizio di ogni capitolo. Ho messo la nota OOC perché calando i personaggi in un contesto diverso da quello scolastico, ho pensato che, probabilmente, non sarei riuscita ad attenermi ai loro comportamenti originali. Beh, spero che la lettura non vi abbia annoiato del tutto.

A presto con il seguito.

Mirty

 

 

 

 

 

  

 

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Capitolo 2
*** Alla Tana ***


s

2.    Alla Tana

 


 

Le avrei rubato l’innocenza

come si fa con il primo amore,

strappandole i segreti della sua prima intimità.

Per insegnarle che peccare insieme

non è punito se si vuole bene.

 

Hermione quella mattina si svegliò di soprassalto, tutta tremante e madida di sudore. Aveva avuto un incubo, un incubo che non faceva da anni. Più precisamente da quando Fred l’aveva lasciata, al suo quinto anno ad Hogwarts. Un incubo che l’aveva tormentata per molto tempo ma che poi, come ogni cosa, aveva cessato di invadere il suo sonno. Ed ora eccolo lì. Era tornato. Hermione non voleva pensarci. Si costrinse a respirare normalmente. Tutta quell’agitazione non le faceva di certo bene. Guardò con la coda dell’occhio la sveglia sul suo comodino e sobbalzò. Erano le 10 del mattino. Ron era già andato al lavoro da un pezzo mentre lei aveva dormito più del previsto. Non poteva permettersi di perdere così le giornate di permesso che si era concessa. È vero che doveva riposare, ma la sua idea di riposo ideale era quella di starsene comodamente seduta sul divano immersa nella lettura di un buon libro, non certo quella di dormire così a lungo per poi svegliarsi di soprassalto a causa di un incubo. Il pensiero del brutto sogno stava cercando nuovamente di farsi strada nella sua mente. Hermione doveva fare qualcosa per evitarlo così si alzò dal letto e aprì la finestra. Era una bella e soleggiata giornata di maggio e l’aria fresca che le colpì il viso riuscì un po’ a placare la sua ansia. Decise che una doccia avrebbe fatto il resto, assicurandole un maggior controllo sui suoi nervi così tesi e tremolanti. Si diresse in bagno e lasciò che il gettò d’acqua si scaldasse per bene prima di infilarsi veloce nella doccia. L’acqua calda le scorreva lungo il corpo e portava via con sé non solo l’appiccicaticcio del sudore ma anche i pensieri tristi che continuavano, ad intermittenza, a ricordarle il sogno fatto. Smettila, Hermione. Si disse. È stato solo un incubo, un sogno! Nulla di più. Fred sta bene, fin troppo bene a dirla tutta. L’hai visto ieri sera.
Hermione non poté far altro che ripensare alla sera prima; alle parole che Fred le aveva detto; alla domanda che lei gli aveva rivolto alla quale però lui non aveva avuto il tempo di rispondere. O forse non le avrebbe comunque risposto. Perché Fred Weasley era fatto così. Faceva domande e si aspettava risposte ma quando si trattava di lui… beh, non sempre rispondeva, preferendo liquidare l’argomento con una battuta o un sorriso malizioso. Era fatto così Fred Weasley ed Hermione lo sapeva bene. Non sarebbe mai cambiato. Scosse la testa costringendosi a smettere di pensare a Fred. Uscì dalla doccia e cercò di dare una forma ai suoi capelli crespi. Per fortuna sua madre le aveva regalato di recente due pettinini in avorio che la ragazza sistemò vicino alle tempie in modo da fermare anche solo un po’ quell’ammasso di ricci ribelli che le ricadevano sulle spalle. Asciugò velocemente i capelli con un semplice incantesimo e guardò il suo doppio che le restituì lo sguardo dallo specchio sopra il lavandino. Aveva davvero gli occhi grandi e l’aria delicata come le aveva detto Fred? Hermione aggrottò un sopracciglio e si esaminò, critica. Se doveva essere sincera doveva ammettere che, diventando adulta, era decisamente migliorata anche se sicuramente non si sarebbe mai definita una ragazza bella, cosa che invece Fred le aveva fatto notare la sera prima. Al solo ricordo di quelle parole le brillarono gli occhi. Spaventata e irritata dall’improvviso rossore che le aveva imporporato il viso, distolse lo sguardo e ritornò in camera.

Per poco non si prese un infarto quando vide un gufo bruno che zampettava sulla sua scrivania, spostandosi tranquillamente sulle sue pergamene ordinate e su alcuni suoi preziosi libri aperti.

“Accidenti! E tu che diamine ci fai qui?” Hermione conosceva quel gufo, naturalmente. Il gufo aveva nel becco una lettera: color arancione con una grande W violetta stampata sul retro. Era la classica busta dei Tiri Vispi Weasley e il gufo non era altro che quello di Fred e George. Howard. Che nome assurdo per un animale, aveva pensato la ragazza la prima volta che i gemelli avevano fatto riferimento al gufo. Lei, in un primo momento, aveva pensato addirittura che parlassero di una persona.
Hermione si affrettò a prendere la lettera e ad intimare al gufo di spostarsi sulla voliera vicino alla finestra. Il volatile, per tutta risposta, continuò a zampettare sulle sue carte. “Sei irriverente proprio come i tuoi padroni!” sbottò lei spazientita e il gufo emise un verso acuto e quasi canzonatorio. Aprì la lettera e si mise a leggerla.

 
Cara Hermione,

Come stai? È un po’ che non ci vediamo. Ho saputo da Harry, che ha saputo da Ron, che ti sei presa qualche giorno di riposo dal lavoro. Cosa ne dici se ci vediamo alla Tana oggi pomeriggio verso le due? Potremmo prenderci un thè e parlare un po’. Mi hanno posticipato il prossimo allenamento così ho pensato che sarebbe carino passare un po’ di tempo insieme. Ho un sacco di cose da raccontarti. Aspetto una tua risposta.

Con affetto,
Ginny

P.S.: Non farti ingannare dalla lettera. In realtà è la prima che ho trovato alla Tana. Fred e George lasciano sempre in giro un sacco di cose e sì, anche se la Tana non è più casa loro, stai tranquilla che avranno sempre qualcosa che gli appartiene qui.

 
Hermione rimase per un attimo perplessa. In quella storia c’era qualcosa che non quadrava. Non prendendo nemmeno per un attimo in considerazione il Post Scrittum, pensò che, il solo fatto che Ginny avesse usato la lettera distintiva dei gemelli, non quadrava. La rilesse alla ricerca di qualcos' altro di anomalo ma non riuscì a trovare nulla. Decise così di confrontare la scrittura della lettera ricevuta con una che sapeva per certo essere di Ginny. Aprì una grande scatola dove teneva tutta la sua corrispondenza magica e prese una pergamena della cognata, nonché migliore amica. Non c’erano dubbi: la scrittura era la stessa eppure qualcosa non la convinceva affatto. Uno strillo acuto di Howard la fece sobbalzare. Quella giornata era cominciata decisamente male e se avesse continuato a quel modo, una morta prematura a causa di infarto non gliel’avrebbe levata nessuno. “Ecco cos’è che non quadra! Perché Ginny avrebbe dovuto usare il gufo di Fred e George se scriveva dalla Tana?” Hermione sorrise per la sua stessa intuizione. “Fred Weasley, se proprio volevi fingere di essere Ginny avresti dovuto essere più furbo” disse, parlando come se Fred fosse lì nella stanza con lei. Il gufo reclamò ancora la sua attenzione. “Oh, per Merlino! Un momento!” Hermione scribacchiò una veloce risposta affermativa sul retro della lettera e la riconsegnò al volatile che planò fuori dalla finestra perdendosi all’orizzonte.

“E così vuoi vedermi, Fred? Beh, sappi che mi devi una risposta per quanto mi hai detto ieri e anche per tutta questa farsa della lettera.” In Hermione era rinato lo spirito combattivo da vera Grifondoro. Aprì l’armadio e si vestì in fretta prima di scendere in cucina.

 

La giovane donna aveva veramente sprecato tutta la mattinata e in men che non si dica era già mezzogiorno. Solitamente, lei e Ron, non tornavano a casa per pranzo, preferendo mangiare, a volte insieme ad Harry, in un pub babbano vicino al Ministero. Ma in quei giorni che Hermione non era al lavoro, Ron preferiva tornare a casa e pranzare con lei.

“Hermione, stai bene?” Ron la guardò con aria preoccupata quando la vide prendere un cucchiaio e tentare di inforcare una patatina fritta.

“Sì, Ron. Perché?” gli chiese stupita. Ron indicò il cucchiaio che teneva in mano.

“Oh, accidenti! Ecco perché non riuscivo a prenderla” sorrise un po’ confusa.

“Hai dormito bene stanotte?”

“Certo. Perché tutte queste domande, Ron?” scattò sulla difensiva.

“Mi sembri strana. E stanotte continuavi ad agitarti nel sonno” le spiegò semplicemente.

Hermione si costrinse a stare calma. Dopotutto Ron si preoccupava solo per lei. “Va tutto bene. E ti assicuro che stamattina ho riposato a sufficienza. Mi sono svegliata alle dieci.”

“Ma dai?? Non ci credo!”

“Certo! E non ho concluso nulla qui a casa.”

Ron si avvicinò a lei e le posò un tenero bacio sulla tempia. “Devi stare un po’ tranquilla. Riposarti. Ti vedo un po’ provata ultimamente. Vedrai che un paio di giorni a casa basteranno a farti tornare di nuovo in gran forma.”

“Forse” mugugnò sottovoce la ragazza. Ma Ron non la sentì. “Ora devo andare. Ci vediamo stasera, Herm.” Ron aveva già recuperato il mantello per uscire.

“Ron, aspetta.”

Ron si voltò a guardarla, sorpreso dal tono apprensivo di lei. Che cosa stava facendo? Voleva rivelargli il suo segreto così, di punto in bianco? Era forse impazzita? No, doveva trattenersi. Una simile notizia meritava un momento speciale da condividere insieme. Non poteva rivelarglielo mentre era sulla porta, pronto a tornare al lavoro.

“Niente. Volevo solo dirti che ti voglio bene, Ron. Ci vediamo stasera.”

“Anche io ti voglio bene. A stasera.” Ron sorrise felice. Hermione era sicuramente la miglior persona che avrebbe mai potuto incontrare in tutta la sua vita. Era davvero un uomo fortunato.

 

“Signori Weasley, è appena arrivato Howard con una lettera.”

“Grazie Verity. È mia.” Fred prese la lettera che la commessa dei Tiri Vispi Weasley gli porse prima di tornare al bancone del negozio.

“E sentiamo, Freddie. Chi ti scrive?” chiese George fingendo indifferenza mentre continuava a riordinare le scatole di Orecchie Oblunghe.

“Attendevo una risposta dalla Granger.”

George per poco non cadde dalla scala sulla quale stava già in precario equilibrio. “Una risposta da Hermione? E cosa volevi da nostra cognata?”

“Le ho chiesto di incontrarci oggi pomeriggio alla Tana e lei ha accettato. Perciò per oggi il negozio è tutto tuo ma mi raccomando, voglio ritrovarlo quando torno domani.” Fred si stava già allontanando verso il reparto delle Puffole Pigmee che, quel giorno più che mai, scorrazzavano a più non posso nella loro teca.

“Ehi, non penserai davvero di liquidarmi a questo modo? Insomma, sei in debito con me, ricordi? O forse te ne sei già dimenticato?”

Fred sbuffò mentre George l’aveva raggiunto con ancora due scatole di Orecchie in mano.

“Mi ricordo, Georgie. Per fortuna nessuno mi ha ancora fatto un Oblivion” scherzò.

“Ok, quindi dimmi che diavolo ti passa per la testa! Invitare Hermione alla Tana proprio oggi che è giovedì, per giunta! Lo sai che la mamma il giovedì viene sempre a Diagon Alley a fare compere e passa a salutarci invitandoci a cena stasera. Cosa devo dirle quando non ti troverà?”

“Quando arriverà la mamma le dirai una bugia. Ti inventerai qualcosa, ne sono sicuro.”

“Fred! Allora, o mi dici cosa stai combinando o giuro che non ti lascerò uscire di qui!” George aveva appoggiato le Orecchie su uno scaffale e guardava Fred con uno strano cipiglio severo.

“Ehi, stai per caso imitando Percy?”

“No, in realtà imitavo Angelina, lei fa sempre così quando vuole farmi dire qualcosa che io non voglio rivelarle.” I gemelli si guardarono e scoppiarono a ridere. Verity li guardò perplessa dal bancone, certa di avere proprio due capi molto bizzarri.

“Ok, Freddie. Non dirmi nulla ma lascia che ti dia un consiglio.”

“Sarebbe?” chiese Fred alzando un sopracciglio.

“Vacci piano con lei. È sposata. E con nostro fratello per giunta! È nostra cognata. Ricordalo sempre.”

“Non sono così stupido, George” disse con una punta di risentimento nella voce. “E nel caso tu non te lo ricordassi, io sono fidanzato.”

“Oh, certo! Jessica! Come ho fatto a dimenticarla.” George si batté una mano sulla fronte in modo estremamente teatrale. “Eppure sai una cosa. Sono convinto che non avresti dovuto lasciare andare Angelina. I mesi in cui sei uscito con Hermione ti hanno fatto male, fratello. O, per essere più precisi, ti ha fatto male il post-Hermione. Con Angelina non avresti mai avuto tutti questi problemi. Però devo ringraziarti altrimenti se tu non l’avessi lasciata, lei non sarebbe mai venuta da me a farsi consolare.” E rise di gusto, seguito a ruota da Fred.

“Vedi, alla fine sei ancora tu in debito con me. E non preoccuparti che conosco benissimo i limiti di una donna sposata. Soprattutto se la donna in questione è la Granger.”

“D’accordo, d’accordo. Ora però smettila di pensare a lei e vai a dare da mangiare alle povere Puffole altrimenti i prossimi clienti che verranno a comprarle non le vedranno più così reattive ma solo rachitiche e maltenute e i nostri affari ne risentirebbero.” George diede una pacca sulle spalle a Fred prima di recuperare le due Orecchie dallo scaffale e tornare ad arrampicarsi sulla scala traballante per sistemarle.
Fred, dal canto suo, seguì la seconda parte del consiglio di George e diede da mangiare alle Puffole ma non riuscì a togliersi dalla testa Hermione. Lei gli aveva detto di sì; sarebbe andata alla Tana nel pomeriggio. Possibile che avesse veramente creduto che fosse stata Ginny a mandarle la lettera? In tal caso il loro ultimo prodotto era davvero un’ottima invenzione se era riuscito ad ingannare persino la Granger. Eppure, in cuor suo, Fred pensava solo a lei e al momento in cui l’avrebbe nuovamente rivista da sola.

 

Hermione era sempre stata una ragazza puntuale e da grande non era di certo cambiata. Alle due in punto comparve nel giardino della Tana e andò a suonare alla porta. Il suono della campanella si propagò attraverso le colline verdeggianti circostanti la casa dei suoi suoceri. Le era sempre piaciuta la Tana. Era il posto che le ricordava la sua adolescenza. A dire il vero, negli anni che aveva frequentato Hogwarts, Hermione aveva soggiornato più volte alla Tana che a casa sua. Un po’ se ne rammaricava per i suoi genitori, ma d’altra parte, il fatto che la Tana fosse una casa di maghi, la faceva sentire sempre a suo agio. Suonò un’altra volta perché nessuno era ancora venuto ad aprirle. Aspettò ancora un momento sentendosi per un attimo presa in giro. Possibile che non ci fosse nessuno? Nemmeno Fred? Hermione abbassò piano la maniglia e si accorse che la porta era aperta.

“Ehi, c’è nessuno?” chiese rimanendo sulla soglia. Era sempre stata una ragazza ben educata e anche se quella casa era ormai come se fosse una seconda abitazione per lei, non si sarebbe mai azzardata ad entrare senza permesso.

“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui! Buon pomeriggio.”

Decisamente quella giornata non era giornata. Qualcuno doveva volerla morta, sì, proprio morta d’infarto! “Ehi, ti ho fatto spaventare?” Fred, che naturalmente l’aveva vista sobbalzare, la guardava con il suo classico sorriso sghembo dal pianerottolo del primo piano.

“No, Fred. Mi hai fatto solo prendere un accidente!” spiegò sarcastica. Fred rise e la raggiunse. “Non stare lì sulla porta. Entra pure. Che bella sorpresa! A cosa debbo l’onore della sua visita, ex Prefetto-perfetto?”

Hermione lo guardò torva. “A che gioco stai giocando, Fred? Mi hai scritto tu di venire qui questo pomeriggio.”

“Io?” Fred assunse un’aria incredula. “Io non ho scritto nulla a nessuno.”

Hermione, che nel frattempo si era chiusa la porta alle spalle, aveva incrociato le braccia al petto con fare risoluto. “Certo, come no! Allora la lettera che ho ricevuto stamattina non era tua ma guarda caso tu sei qui alla Tana.”

La ragazza aveva assunto un’espressione di disappunto così comica che Fred scoppiò a ridere. “Così hai capito che non era di Ginny. E come hai fatto se posso saperlo? Il Post Scrittum non ti ha convinto?”

“Ti facevo più furbo, Fred. Hai mandato Howard. Perché mai Ginny, che abita ancora alla Tana, avrebbe dovuto mandare Howard che è il gufo personale tuo e di George?”

“Perspicace conclusione, Granger. Ho voluto mettere alla prova la tua sagacia. Un ex Prefetto deve mantenere certi standard. Complimenti, mi hai scoperto. Ma vorrei chiederti una cosa. Non hai pensato nemmeno per un momento che potesse essere davvero una lettera di Ginny?”

“Beh, la scrittura era identica.”

“Ah, allora hai controllato!” esclamò Fred con fare indagatore.

“Certo che ho controllato. Ginny che scrive una lettera con la vostra posta personale. Mica sono stupida, Weasley.”

“Sei sempre riuscita a tenermi testa, Granger. Anche a Hogwarts, devo ammetterlo.”

“È per questo che mi hai lasciata?” Hermione si morse la lingua un attimo dopo che quelle parole erano uscite dalla sua bocca. Cosa diavolo le era preso? Fred la guardò per un attimo, stupito. Non pensava che lei sarebbe mai tornata sull’argomento dopo così tanto tempo. Fred Weasley preferì non rispondere. Le diede le spalle ed entrò in cucina invitandola a seguirlo.

“Se non sbaglio ti avevo invitata per un thè o preferisci una tisana?”

Bene. Lui non voleva risponderle e lei lo avrebbe accontentato ripagandolo con la stessa moneta. “Dov’è Molly?” disse non rispondendo di proposito alla sua stupida offerta. Fred corrugò per un attimo la fronte. Aveva del carattere, la Granger.

“Mia madre è a Diagon Alley. Sai, è giovedì oggi.” Hermione capì all’istante. Sapeva esattamente che il giovedì per Molly Weasley era sacro. Passava a Diagon Alley a fare spesa per la settimana e poi immancabilmente passava dai gemelli al negozio, per salutarli e per invitarli a cena la sera stessa. Naturalmente era un’abitudine che si era consolidata con gli anni e tutta la famiglia Weasley ne era al corrente. “Allora, thè o tisana?”

“Tisana, grazie” si arrese la ragazza.

“Al karkadè, presumo.”

“Come fai a ricordartelo?” chiese stupita. Fred fece spallucce. “Sei l’unica in questa casa che riesce a bere quella brodaglia. Mamma compra quelle tisane apposta per te, quando vieni a trovarla.”

Hermione non aggiunse altro. Lei e Fred rimasero in silenzio mentre il ragazzo si dava da fare a preparare un thè e una tisana. “Allora, Granger. Non sei curiosa di sapere come ho fatto a scriverti quella lettera?” le chiese mentre le porgeva una tazza enorme di tisana che emanava un buon profumo.

“Dovrei esserlo, Fred?” Poi le balenò in testa un’idea improvvisa. “Non è che per caso hai coinvolto davvero Ginny in questa storia inducendola a scrivermi da parte tua?”

“Mi stai forse accusando di aver usato un Imperius su mia sorella?” Fred rise di gusto.

“Dai, dimmi come hai fatto. Vedo che muori dalla voglia di raccontarmelo” disse rassegnata la ragazza.

“Mi conosci bene, Granger” le rispose soddisfatto.

“Più di quanto vorrei, purtroppo” aggiunse lei, questa volta sottovoce. Fred non la sentì o, forse, fece finta di non averla sentita. Estrasse quella che sembrava una comune penna a sfera dalla tasca della sua giacca color melanzana e la mise sotto gli occhi di Hermione.

“Ammira, Granger. L’ultima brillante invenzione dei gemelli Weasley.”

La ragazza guardò l’oggetto perplessa. “A me sembra una comunissima penna babbana.”

“Ed è proprio questa la genialità! Non è quel che sembra! Questa è un a penna a sfeba!”sentenziò convinto il gemello. Hermione non riuscì a trattenere un sorriso. Gli Weasley erano tutti uguali: non riuscivano proprio a non storpiare i nomi degli oggetti babbani. “Una penna a sfera, vorrai dire” lo corresse lei, paziente. “E io cosa ho detto?” chiese, piccato.

Hermione scrollò il capo. C’era poco da fare con gli Weasley e ancor di più con Fred. Era dannatamente testardo.

“Ok, lasciamo stare e dimmi cosa ci fai con una penna. Avete abbandonato le Piume Autocorreggenti in favore delle penne babbane?”

“Questa non è una comune penna babbana. Cioè, lo era prima che io e George gli facessimo qualche piccola modifica” un ghigno soddisfatto si fece largo sul suo volto. “Guarda, ti faccio vedere come funziona.” Fred recuperò al volo una pergamena vuota e una lettera che aveva scritto Ginny. Usando la penna, scarabocchiò sulle parole scritte dalla sorella ma nessuna traccia di inchiostro scese a deturpare la bella e minuta grafia della ragazza. Fred guardava di sott’occhi Hermione che attendeva la magia, pazientemente. Fred lasciò passare di proposito qualche secondo e poi si mise a scrivere sulla pergamena bianca che improvvisamente si riempì della grafia di Ginny. Hermione non riuscì a trattenere un’espressione colpita.

“Stupita, vero Granger?” ammiccò il ragazzo. Era troppo tardi per Hermione fingere  che quell’incantesimo non l’avesse sbalordita. “Niente male, Weasley. Devo ammetterlo. Ed è già in commercio?”

“Non sarai mica interessata seriamente ad un nostro prodotto, Granger? Altrimenti ti assicuro che ti potremmo assumere subito come ragazza per gli sponsor ufficiali. Ne stiamo giusto cercando una.”

“No, grazie. Ho già un lavoro” affermò convinta e risentita. Fred si accorse della punta di acidità trapelata dalle sue parole “Ehi, mica ti ho proposto un lavoro disonorevole! Comunque tornando alla tua domanda… no, non è ancora in commercio. La lanceremo in estate, prima che inizi la scuola. Nessuno sarebbe interessato adesso ad una chicca del genere, ti pare?”

“E perché contate che l’inizio della scuola farà avere successo a questa penna?”

“Granger, stai perdendo colpi. Immagina di possedere un simile tesoro. Niente più lettere di rimprovero insegnanti-genitori. Solo, se necessario, lettere di elogio. Per non parlare di voti cambiati”.

Hermione sgranò gli occhi. “Fred! È illegale questa cosa e lo sai!”

Fred fece spallucce. “Noi vendiamo solamente. Sta a chi la compra farne buon uso. Io ad esempio l’ho sfruttata in modo positivo.”

“Per farmi giungere qui con l’inganno.” La ragazza incrociò le braccia al petto, indispettita.

Fred scoppiò a ridere. “Dai, Granger. Non dirmi che davvero non avevi capito che venendo qui oggi avresti trovato me! Me l’hai confermato tu stessa quando sei entrata.” Hermione era arrossita. Fred aveva ragione. Sapeva esattamente che quel pomeriggio non avrebbe incontrato Ginny eppure aveva deciso di recarsi comunque alla Tana.

“Ok,” ammise “allora dimmi perché mi hai fatto venire qui. Non sarà solo mica per mostrarmi una stupida penna, vero?”

“Ehi, la penna a sfeba non è stupida!” protestò Fred, fingendosi offeso. “Comunque no. non ti ho fatto venire qui per questa. Volevo vederti, Granger. Voleva stare un po’ da solo con te.” La schiettezza disarmante di Fred le fece trattenere il respiro. Fred era scaltro e lei lo sapeva bene.

“E perché volevi stare da solo con me? Ieri non ti è bastato?” L’unico modo che Hermione conosceva per tenere a bada Fred in questi suoi momenti di irresistibile e disarmante franchezza era giocare la carta della studiata indifferenza. Hermione assunse così un’espressione di ostentata superiorità.

“Mi è forse proibito passare del tempo con mia cognata, da solo?” Fred, dal canto suo, rispondeva ad una domanda con una domanda. Era chiaro che non voleva risponderle.

“No di certo. Ma ci sarà un motivo. D’altra parte, avrei anche altro da fare, se permetti.”

“Smettila, Granger. Dì la verità. Te lo aspettavi questo invito.” Hermione si morse il labbro inferiore. Se l’aspettava davvero? Fred continuava a guardarla con il suo consueto sorriso sghembo.

“Questo non ha importanza. Ma tu non mi hai risposto. E nemmeno ieri sera, se vuoi proprio saperlo. Perché mi hai detto quelle cose?” Hermione ripartì all’attaccò, ricordando lo scopo che si era prefissata nel momento stesso in cui aveva risposto affermativamente all’invito. Doveva scoprire cosa voleva Fred da lei.

Fred alzò gli occhi al cielo. “Uffa. Possibile che uno per fare dei complimenti ad una ragazza debba per forza avere un motivo nascosto?”

“Sì, non sei tipo da complimenti, Weasley. E lo so bene.”

“Ehi, vacci piano. Una volta, se non ricordo male, ti feci un complimento a scuola che costò molto ad entrambi.”

Hermione non se l’era dimenticato. Era lo stesso complimento che, la sera prima, Fred aveva spassionatamente negato di aver mai, non solo detto, ma anche "subìto". Nessuno mi ha mai rubato il cuore. Quelle parole fecero montare la rabbia ad Hermione.

“Ti riferisci per caso a quel Mi hai rubato il cuore, Granger che ieri hai prontamente smentito con il tuo Nessuno mi hai mai rubato il cuore?”

“Vedo che ti ricordi.” Fred non sembrava affatto turbato dal tono minaccioso della ragazza. Anzi, pareva divertito.

“Qualcosa mi è rimasto in mente.” sbottò  sarcastica.

“Anche quello che seguì?” Fred la stava facendo dannare e la stava conducendo, un passo alla volta, sulla via di ricordi dolorosi che lei pensava di essere riuscita orami ad archiviare. A quanto pareva però non si trattava propriamente di un capitolo interamente chiuso. Hermione si sentì percorrere da un brivido quando ricordò quello che era accaduto quel giorno tanto tempo prima e si ricordò anche di come avesse mentalmente, maledetto prima e benedetto poi, l’entrata inopportuna di Cho Chang in quel corridoio nascosto dove l’aria era satura di baci e sospiri.
Fred la osservava attentamente. Le guance di Hermione si erano tinte improvvisamente di rosso e lo sguardo di lui si era fatto ad un tratto più malizioso.

“Noto con piacere che hai buona memoria, Granger” le disse, commentando il suo evidente imbarazzo.

“L’ho sempre avuta. Ma Fred, ora basta. Dimmi cosa vuoi da me?”

“Che tu sia sincera con me.”

Hermione lo guardò stupita. “In che senso?”

“Se la Chang non ci avesse interrotto quella volta, saresti arrivata fino in fondo con me?”

Le pupille di Hermione si dilatarono per la sorpresa e sulle sue guance probabilmente avrebbe potuto friggerci due uova. Accidenti a Fred Weasley e alla sua stramaledetta schiettezza!

“Che importanza può avere ora? Sono passati tanti anni.” Hermione cercava di costringersi a respirare normalmente. Per fortuna Fred gli era seduto di fronte e non a fianco. Il tavolo tra loro era un’opportuna barriera.

“Molta” disse con disinvoltura il ragazzo, bevendo un sorso di thè. “Perché se tu mi rispondi a quest’unica domanda io ti dirò perché ieri ti ho detto quelle cose e perché oggi ti ho invitata qui.”

Hermione vide qualcosa di strano scintillare negli occhi del ragazzo ma sperò ardentemente di essersi sbagliata. La sua sanità fisica e mentale cominciava a vacillare. Rifletté per un istante e vagliò tutte le opzioni. Poteva mentire e andarsene da quella casa chiedendo a Fred di stare lontana da lei, oppure poteva dire la verità e mettere in pericolo il suo matrimonio perché, quello che Hermione aveva letto negli occhi di Fred, era chiaramente desiderio. Desiderio di lei. Valeva la pena rischiare? La parte più incosciente di lei prevalse.

“Sì, Fred. Sarei arrivata fino in fondo.” Non smise di guardarlo negli occhi, anche se farlo gli costò molta fatica. Fred, contrariamente a quanto si era aspettata, non fece commenti ma si limitò a rispondere alle sue domande.

“Ieri ti ho detto quelle cose perché ho sentito il bisogno di dirti la verità. Ho capito di averti persa per sempre quando hai sposato mio fratello. Finché uscivate insieme non mi era mai passato per la testa che tu potessi davvero sposarti con lui ma poi… quando ti ho vista andare verso l’altare… Dannazione, Granger! Ho realizzato davvero che avresti trascorso la tua vita lontano da me e che non sarei stato io la tua prima volta. E oggi ti ho chiesto di venire qui perché volevo che tu sapessi tutto questo. Sono stanco di fingere. Ho aspettato fin troppo: otto mesi. Anche se non te l’ho mai detto io ti amo e ti amerò sempre.”

Hermione a stento tratteneva le lacrime. Mai aveva sentito Fred parlarle in modo tanto appassionato e malinconico ad un tempo.

“Fred, io… io non posso tradire Ron. Io… gli voglio molto bene. Non posso distruggere quello che abbiamo costruito per una cosa che ci è quasi successa da ragazzi e di cui nessuno capirebbe l’importanza che per noi avrebbe potuto avere.” Ora le lacrime le scendevano copiose sul volto. Fred strinse i pugni e si costrinse a rimanere seduto. Non si sarebbe avvicinato a lei. Per quanto potesse desiderarla, entrambi in quel momento erano vulnerabili. Lei più di lui e lui, non poteva approfittare così della situazione e di lei. Sua cognata. Non avrebbe mai fatto questo torto a Ron, suo fratello.

“Lo so, Hermione. E ti capisco. Anche io voglio bene a mio fratello e so che lui ti renderà felice.”

Hermione continuava a singhiozzare in maniera incontrollabile e si chiese perché Fred non la consolasse ma restasse lì, seduto di fronte a lei, distante anni luce dal suo dolore. Eppure anche Fred soffriva. Soffriva in silenzio. Aspettò che i singhiozzi di lei si calmassero da soli, poi, come se entrambi avessero capito di non avere più nulla di cui parlare, si alzarono e Fred la accompagnò alla porta.

“Abbi cura di te, Granger. Sei una ragazza forte. Sopravviverai alla mia smielata confessione e andrai avanti” abbozzò un sorriso che era solo l’ombra di uno dei suoi soliti ghigni. Le diede un bacio sulla fronte e poi la guardò, ancora con il volto rigato di lacrime, smaterializzarsi dalla Tana, da lui e da un sogno ormai infranto.

 

Fred si lasciò cadere sulla poltrona del salotto e si prese la testa fra le mani. La consapevolezza di averla persa ancora una volta, gli cadde addosso come un macigno. E questa volta l’aveva persa per sempre. Lei l’aveva rifiutato, lui si era reso conto che, comunque fossero andate le cose, non avrebbe mai potuto compiere un atto così meschino nei confronti di suo fratello. Il loro peccato magari non sarebbe stato punito perché si volevano bene ma il peso di ciò che avrebbero potuto fare li avrebbe logorati ed infine distrutti. Hermione l’aveva capito così se n’era andata via. Lontano da lui.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Al negozio Tiri Vispi Weasley ***


3

3.    Al negozio Tiri Vispi Weasley

 

 

 

Avrei voluto che tremasse

solo al pensiero di esser madre

e come fanno gli altri l’avrei sposata prima o poi,

perché non debba credere al sospetto di averla amata senza darle affetto.

 

“Fred, caro, ti senti bene? Sei piuttosto silenzioso questa sera.” Molly Weasley guardava preoccupata il volto teso di Fred.

“Sì, mamma. Sto bene” gli rispose con voce atona. George continuava a lanciargli delle occhiate furtive. Non aveva avuto modo di parlare da solo con Fred di quanto accaduto quel pomeriggio perciò non era al corrente di quello che era successo con Hermione. Molly, dal canto suo, guardava Fred apertamente. Da quando lui e George erano arrivati alla Tana per la cena, aveva subito notato che Fred aveva qualcosa che lo turbava.
Quella sera, a cena erano solo in quattro: Molly, Arthur e i gemelli. Ginny era uscita con Harry per una cenetta romantica. Mangiarono chiacchierando di un po’ di tutto: del lavoro al Ministero di Arthur; degli affari del negozio che, come sempre, andavano a gonfie vele; di George che si sarebbe sposato; di Fred che invece non sembrava intenzionato a farlo; di George che non aveva ancora stabilito una data; di Fred che forse non l’avrebbe mai stabilita… insomma, parlarono di tutto ciò di cui una famiglia può parlare durante una cena.

“Fred, mi dai una mano a sparecchiare?” la richiesta di Molly non arrivò del tutto inaspettata alle orecchie di Fred. Sapeva che la madre non lo avrebbe mai lasciato andare via senza prima aver indagato a fondo sul suo muso lungo.

“Certo, mamma” Fred non si prese nemmeno la briga di protestare e questo lasciò un po’ tutti alquanto perplessi.

“George, vieni nel capanno. Devo farti vedere un oggetto babbano davvero interessante che tu e Fred potreste proporre al negozio.” Arthur era già sulla porta e stava indossando il lungo mantello scuro. George guardò per un attimo Fred. Fred, come se avesse letto nella mente del gemello, gli fece un lieve cenno d’assenso. Non aveva di certo paura del terzo grado che Molly gli avrebbe sicuramente fatto così George uscì con il padre mentre lui iniziava a sparecchiare.

Molly resistette solo due minuti. “Fred, se hai qualche problema lo sai che con me puoi parlarne.”

“Mamma, è tutto apposto. Davvero.” Il ragazzo cercò di rivolgerle un sorriso rassicurante.

“Con Jessica come va? George mi ha detto che oggi sei andato a casa sua per farle una sorpresa.”

Ah, ecco cosa si era inventato George per coprire la sua assenza! Era una scusa plausibile, dopotutto. Era stato bravo, doveva ammetterlo. Ogni tanto anche la sua copia-stupida aveva delle idee geniali.

“Sì, ho voluto farle una sorpresa perché domani sono cinque mesi dal giorno in cui ci siamo conosciuti” buttò lì, padrone della bugia.

Molly lo guardò per un attimo sbalordita. “Non lo sapevo, Freddie. Che belle cose! Devi stare davvero bene con lei se le prepari una sorpresa per un evento del genere!”
Fred era furbo e si accorse che sua madre in realtà non pensava davvero quello che gli aveva detto. Tutti sapevano che Molly non approvava molto la relazione di Fred con Jessica perché riteneva che lei non fosse la ragazza giusta per lui. E Molly, in questioni di cuore, non aveva mai sbagliato e questo, purtroppo, Fred lo sapeva.

“Sì, io e Jessica andiamo d’accordo.” Non era una totale bugia, dopotutto. Era vero che in cinque mesi che si frequentavano non avevano litigato mai nemmeno una volta, ma era altrettanto vero che la loro relazione avrebbe potuto continuare a quel modo per anni e forse per sempre senza mai arrivare ad una svolta significativa. Fred non avrebbe mai chiesto a Jessica di sposarlo e lei non ci avrebbe mai nemmeno pensato. Odiava i legami eterni come gli aveva detto un giorno in cui, per sbaglio, Fred aveva menzionato il matrimonio di Ron e Hermione.

“Sono contenta, Fred. Nonostante tu sappia cosa io pensi di quella ragazza, se ritieni che per te sia quella giusta, non posso che accettarlo.”

Fred ridacchiò appena di fronte alla resa di Molly. “Quella giusta” borbottò poco dopo.

Molly, alla quale ovviamente non sfuggiva nulla, prese l’occasione per intervenire nuovamente. “Tu non pensi che sia quella giusta?” chiese con far indagatorio e speranzoso.

“Penso che non sempre siamo destinati a trovare la persona giusta.”

“Non è quello che ti ho insegnato, Freddie. Dovete sempre combattere per il vostro amore.” Molly aveva in mano il mestolo di legno e lo brandiva in segno di ammonimento verso il figlio.

“Mamma, combatto una battaglia persa ormai. Lascia perdere.” Il sorriso che solcò il volto di Fred era così mesto che mise davvero in allarme Molly. La donna, abbandonò il mestolo sul tavolo e andò ad abbracciare il figlio dall’altra parte della cucina.

“Ehi, mamma!” protestò il ragazzo. Lei per tutta risposta lo tenne stretto ancora un po’ a sé e poi lo scrollò appena per le spalle. “Fred, te l’ho già detto. A me puoi dirlo. Di chi ti sei innamorato?”

Fred non aveva intenzione di cedere e non lo avrebbe mai fatto. “Mamma, è troppo tardi ormai. Credimi. Ma stai tranquilla. Se con Jessica davvero non dovesse funzionare, non diventerò gay, se è questo che ti preoccupa, d’accordo?”
Molly gli diede un leggero buffetto sulla guancia e scosse la testa, rassegnata. Fred era testardo come tutti i suoi figli perciò se diceva che non gliel’avrebbe detto, voleva proprio dire che… non gliel’avrebbe detto.
George e Arthur rientrarono in cucina. “Ehi, mi sono forse perso qualche avvenimento strappalacrime?” George guardò incuriosito sua madre che ancora teneva Fred per le spalle.

“Sì, Georgie. Ho appena detto a mamma che sono gay.”

Poco mancò che ad Arthur venisse un infarto. “Arthur, sta scherzando!” Molly aveva guardato con aria di rimprovero il figlio prima di andare a rassicurare il marito.

“Oh, mamma. Ma ero stato così credibile!!” si lamentò. “Potevi lasciare che ci credesse anche solo per un po’.” Fred sembrava aver recuperato il suo solito fare scherzoso. George si tranquillizzò. Forse, pensò, parlare con la mamma gli ha fatto bene. Perché George sapeva perfettamente che, per certe cose, solo una mamma poteva dare consigli. A lui era capitato circa due settimane prima quando aveva chiesto ad Angelina di sposarlo. Ne aveva parlato parecchio con Fred ma il gemello gli aveva semplicemente detto di dirglielo così, come capitava. George invece aveva sentito l’inspiegabile bisogno di fare qualcosa di più così aveva chiesto consiglio alla madre. Certo doveva ammettere che Molly, quando le aveva rivelato che voleva chiedere la mano di Angelina, era come impazzita dalla gioia. Ma, a parte il fatto che aveva saltellato in giro per la Tana per tutto il giorno come se fosse stata una quindicenne al suo primo appuntamento, doveva ammettere che il consiglio della madre su come fare la proposta era stato davvero esilarante. Angelina si era emozionata a tal punto da mettersi persino a piangere prima di accettare la proposta. Sì, i consigli della mamma erano sempre i migliori.

“Ehi, Georgie andiamo o vuoi restare a dormire qui come ai vecchi tempi?” Fred lo riportò tra loro distogliendolo dai pensieri del matrimonio.

“Che bella idea, Fred! Potreste davvero restare se vi va?” Molly sembrava entusiasta e speranzosa.

“Ma no, mamma. Io scherzavo” aggiunse in fretta.

“E perché no.” George aveva sfoderato un sorriso felice. “Dai, Freddie. Restiamo qui per stanotte e domani andiamo direttamente al lavoro. Sarà fantastico far prendere un colpo a Ginny quando tornerà.”

Fred, a quell’ultima considerazione del gemello, ghignò. “Ok, allora ci sto. Mamma, papà, possiamo restare?”

“Oh, ma certo, tesori miei!” e Molly li strinse entrambi in un abbraccio stritola-costole mentre Arthur sfoderava un sorriso degno di Gilderoy Allock.

“Bene, andiamo a sistemare la camera allora” disse Fred.

“E a preparare una bella sorpresa per il ritorno di Ginny” concluse George con un sorriso malandrino.

“Geeeeooorge!” l’urlo della signora Weasley si perse su per le scale della Tana mentre i due gemelli correvano dritti filati verso la loro vecchia camera.

 

Molte risate più tardi -dopo che i gemelli avevano fatto rizzare i capelli in testa a Ginny facendole uno stupido scherzo quando, all’alba dell’una di notte, la sorella si era decisa a rientrare a casa- e dopo un lunghissimo sclero che Ginny non aveva risparmiato loro, i gemelli erano tornati a letto nella loro vecchia stanza.

“Freddie, sei sveglio?”

Fred mugugnò, segno che, poteva esserci come poteva non esserci. George però lo prese come un consenso per continuare a parlare.

“Non è bello essere qui stasera?”

Un altro mugugno.

“Fred?” chiamò George. Questa volta il gemello non rispose. George provò ancora. “Fred, c’è un gufo alla finestra.”

Fred si girò indispettito verso il gemello con lo sguardo annebbiato dal sonno. “Ma che stai dicendo, George? Te lo starai immaginando. Dai, dormiamo che è tardi.” E senza aggiungere altro si coprì la testa con il lenzuolo.
George sbuffò. Possibile che una volta che diceva una cosa seria, nemmeno Fred gli credeva? C’era davvero un gufo là fuori!  George spalancò la finestra, lasciò che il gufo depositasse la lettera sulla scrivania per poi riprendere il volo prima di prendere la lettera e rimettersi a letto.
Quando George lesse il mittente sgranò gli occhi allucinato. Era una lettera di Hermione e, ovviamente, era indirizzata a Fred.

 

Caro Fred,

mi dispiace per quello che è successo oggi pomeriggio. Ho sbagliato a dirti la verità. Probabilmente sarebbe stato meglio per entrambi se ti avessi mentito in merito a quel giorno a Hogwarts. Ormai te l’ho detto e non posso più rimangiarmi una cosa simile, specie perché è tutto dannatamente vero. Vorrei però dirti una cosa importante perciò ho pensato che domani potrei passare in negozio e parlarti un momento. Spero che per te non sia un problema. Non aspetto risposta. Verrò comunque, che tu lo voglia o no.

A domani.

Con affetto,

tua cognata Hermione

 

George prese in seria considerazione l’idea di svegliare Fred e fargli leggere la lettera di Hermione ma alla fine decise che non era il caso. Mentre progettavano e mettevano in atto lo scherzo per Ginny, lo aveva visto così sereno e tranquillo che non ebbe cuore di turbarlo come sapeva che quella lettera avrebbe sicuramente fatto. Decise che non avrebbe detto nulla. Tanto Hermione il giorno dopo si sarebbe presentata in negozio comunque. Quella ragazza era davvero testarda, proprio come lui, proprio come Fred.

 

Il negozio dei Tiri Vispi Weasley aprì alle 9 in punto come ogni mattina. Fred e George quel giorno indossavano un completo blu notte molto elegante, dal taglio ricercato ed eccentrico abbinato con una camicia gialla e una cravatta grigia. Per tutta la mattinata ebbero un gran daffare e non ebbero il tempo di parlare se non per consultarsi su questioni legate ai loro prodotti. George era irrequieto: ogni volta che il campanello sulla porta suonava, indicando così l’entrata nel negozio di un nuovo cliente, sobbalzava e spiava se si trattava di Hermione. All’ennesimo squillo George sporse la testa oltre una pila di Torroni Sanguinolenti che stava portando verso l’espositore e vide la persona che stava aspettando. Hermione era finalmente arrivata.
La ragazza rimase un attimo sulla soglia, poi, quando lo scorse, gli fece un cenno di saluto e gli si avvicinò. “Ciao, George. C’è per caso Fred in giro? Dovrei parlargli.”

“Di quanto è successo ieri?”

Hermione lo guardò un attimo incerta. Doveva immaginarselo che Fred avrebbe raccontato tutto a George. Dopotutto tra loro non c’erano segreti.

“Ho letto io la tua lettera, Hermione. Ieri abbiamo dormito alla Tana e Fred era già nel mondo dei sogni quando è arrivato il tuo gufo. Era un bel po’ tardi in effetti. Così, siccome hai scritto che saresti venuta comunque, ho pensato di non dirgli nulla. Gli parlerai tu direttamente. Era solo per avvisarti.”

Hermione era rimasta basita. Contava sul fatto che Fred la stesse aspettando ma in questo modo… le cose si facevano più complicate.

“Comunque Fred è in magazzino. Vuoi che ti accompagni io o vai da sola?” George le sembrò un po’ strano. Pareva non apprezzare molto il fatto che lei fosse lì.

“Vado io. Non mi tratterrò molto.”

Hermione superò velocemente George e arrivò nel magazzino, situato nel retrobottega. Spiò dentro la porta aperta e vide Fred intento a sistemare della roba negli scatoloni. Guardò meglio e vide le famose penne a sfera il cui funzionamento magico l’aveva tanto stupita il giorno prima. Non riuscì a trattenere un sorriso.

“Ehi, Granger!” Fred, sentendosi come osservato, si era voltato e l’aveva vista sulla porta. Hermione sobbalzò.

“C-Ciao” lo salutò titubante.

“Ciao, che sorpresa! Che ci fai qui?” Il ragazzo in effetti era davvero rimasto a bocca aperta. Non si aspettava di certo una simile visita. Hermione soppesò per un attimo la domanda. Se Fred non sapeva nulla della lettera poteva dirgli che era passata per un semplice saluto, per caso.

“Sono passata a salutare. Ero in giro e così…”

“Ah sì? Beh, devo ammetterlo. Pensavo che dopo ieri pomeriggio non ci saremmo visti per un bel po’ di tempo. Invece mi sono sbagliato” Fred le sorrise allegro.

Hermione si sentì per un attimo una stupida. Perché doveva mentire a Fred? Non ne aveva motivo. Lui era Fred, dopotutto. “Fred, in realtà non sono passata per caso. Io ti avevo scritto ma George mi ha detto di aver preso in custodia la missiva perciò…”

“Allora c’era davvero un gufo, ieri notte!” disse pensoso. “E pensare che io avevo creduto ad uno stupido scherzo di George.”

“Nessuno scherzo. Ti ho scritto dicendoti che sarei passata.” Hermione abbassò per un attimo lo sguardo e quando lo rialzò Fred se ne stava ancora lì di fronte a lei con le braccia conserte e uno sguardo interrogativo.

“Devo dirti una cosa, Fred.”

“Vuoi sederti qui?” le indicò uno scatolone capovolto lì vicino. “O preferisci andare da Florian per un gelato?”

“Qui andrà benissimo. Non voglio farti perdere troppo tempo.” Hermione si sedette.

Fred sorrise. “Si vede Granger che sei abituata alla disciplina del Ministero. Io e George ci prendiamo una pausa quando vogliamo e nessuno ci dice nulla. Non abbiamo regole.”

“Voi non siete mai stati alle regole, anche quando c’erano” gli ricordò lei non riuscendo a nascondere un sorriso malinconico.

“Giusto. Ma per cosa sono fatte le regole se non per essere infrante?” Hermione scosse la testa rassegnata. Fred non sarebbe mai cambiato. Non sarebbe mai cresciuto del tutto. "Comunque dimmi. Sono tutto orecchie.” Fred la guardava attentamente, seduto di fronte a lei con i gomiti sulle ginocchia e le mani sotto il mento. Sembrava non ricordare nulla di quanto era successo il pomeriggio precedente. Lui aveva veramente voltato pagina dopo quanto le aveva rivelato? Gli era davvero bastato essere sincero e dichiarare i suoi sentimenti per andare avanti con la sua vita? Hermione stentava a crederci tuttavia Fred non mostrava il minimo senso di imbarazzo per quello che era accaduto. Lei, invece, si tormentava le mani e faticava a tenere lo sguardo fisso su qualcosa. Continuava a guardare da ogni parte pur di non incrociare lo sguardo del ragazzo.

“È una cosa che non ho ancora detto a nessuno, Fred. Quindi…”

“Suvvia, Granger. Di me ti puoi fidare. Cos’è, ti hanno forse promossa? Diventerai vice Ministro della Magia entro fine anno? Se così fosse ricordati di promuovere qualche legge in favore di noi liberi professionisti.” Fred le fece l’occhiolino e lo accompagnò con un sorriso accattivante.

“Fred, io non diventerò vice Ministro a fine anno… diventerò madre a fine anno.” Hermione si era decisa finalmente a guardare Fred negli occhi e, per un attimo, se ne pentì. Negli occhi del ragazzo scorse un lampo di tristezza e incredulità così profondo che quasi si sentì mancare. Perché aveva deciso di rivelare proprio a lui, prima che a chiunque altro, il suo segreto? Forse aveva appena commesso l’errore più grosso di tutta la sua vita. Passarono i minuti ma lo strano silenzio che era calato su di loro sembrava non voler finire mai.

“Per Merlino, Fred! Di qualcosa!” Hermione sbottò in modo isterico.

“Tu sì che sai come zittirmi, Granger” si azzardò a sussurrare Fred. “Non so cosa dirti. Cioè a parte farti gli auguri e le congratulazioni.”

“Fred, dannazione! Io voglio che tu mi dica che andrà tutto bene. Che non devo aver paura! Che Ron sarà felice.” Fred la guardò sorpreso sentendo nelle sue parole rabbia e frustrazione. “Ma certo che andrà tutto bene. Ron sarà felice, tutti saranno felici. Nessuno può essere tanto stupido da non esserlo per una notizia del genere!” Eppure a quelle ultime parole, Fred si sentì incredibilmente stupido.

“Tutti tranne te.”

“Io? Mi stai forse dando dello stupido, Granger?” Ironia e sarcasmo. Ecco come Fred combatteva gli eventi inaspettati e le notizie decisamente assurde come quella di Hermione che, in fin dei conti, tanto assurda non era. “Cosa centro io con questa storia?”

“Oh, smettila di fingere. Lo so che non te l’aspettavi. Beh, nemmeno io e Ron l’avevamo programmato se proprio ci tieni a saperlo.”

Fred la guardò stranito. “Calmati, Granger. Io non ti sto accusando di nulla. Io non voglio sapere nulla della tua vita privata con mio fratello…”

“Ma tu non puoi essere indifferente a tutto questo!” protestò Hermione. La ragazza ora sapeva esattamente cosa voleva da Fred. Se all’inizio non ne era sicura, ora lo sapeva per certo. Stava cercando l’unica cosa che solo lui poteva dargli e che probabilmente non le avrebbe mai dato. Non voleva la sua compassione, voleva solo il suo perdono. Un perdono perché portava in grembo un figlio che non sarebbe mai stato suo.

“Io non sono indifferente a questa notizia, Granger. Io… io…” Fred continuava a fissarla stranito e fu allora che Hermione, infischiandosene di qualunque precauzione, gli gettò le braccia al collo e si lasciò invadere da un pianto liberatorio. Fred, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, prese ad accarezzarle i capelli con gesti affettuosi e dolci e lasciò che lei piangesse, lì fra le sue braccia. Fred non aveva mai pensato a diventare padre. Si riteneva ancora troppo giovane e ribelle per mettere la testa apposto e fare famiglia ma, una piccola parte del suo cuore, sapeva già che l’unica persona che poteva davvero vedere come madre dei suoi figli era lei, lei che ora stava lì fra le sue braccia e piangeva perché era incinta di un altro, di suo marito. Ma le cose forse erano giuste così. Se fosse stato lui l’uomo di Hermione, probabilmente prima l’avrebbe fatta spaventare mettendola incinta e poi l’avrebbe sposata. È vero che sarebbe sicuramente stata la ragazza giusta ma lui avrebbe fatto le cose a rovescio, non con ordine. Ciò che invece, per una volta, Ron era riuscito a fare per Hermione. Perché lei si meritava il meglio. Ron aveva posposto i suoi desideri a quelli della moglie. Prima si erano sposati e ora lei era incinta.
Continuò ad accarezzarle i capelli finché si accorse che il respiro della ragazza era diventato più regolare allora cercò di alzarle il volto.

“Non voglio che tu mi veda così, Fred.”

“Non è la prima volta che ti vedo piangere, Granger” le fece notare.

“Ma non per un motivo così.”

“Non importa il motivo.” Gli occhi di Hermione erano gonfi di lacrime, arrossati e quasi ridotti a due fessure.

“Granger, perché piangi?” La domanda di Fred arrivò così disarmante alle sue orecchie che Hermione si sentì rabbrividire.

“Devo proprio dirtelo?” chiese titubante

“Sai com’è, non vorrei fraintendere. E poi se vuoi che io ti consoli, devo pur sapere perché piangi.”

“Io non voglio essere consolata. Voglio solo essere perdonata. Capisci?” Hermione, di fronte a quell’ammissione si sentì come nuda sotto lo sguardo attento di Fred. Per la prima volta, da quando aveva cominciato ad uscire con Ron, il pensiero di aver sbagliato a fare la scelta più importante della sua vita, la investì come una Firebolt in corsa.

“Io non ti devo perdonare, Granger. Non mi hai fatto nulla.” Aveva cominciato ad accarezzarle piano una guancia ed Hermione, sotto il tocco delle dita di Fred, si sentiva la pelle bollente.

“Invece ho fatto un errore. Io non ti ho mai perdonato per avermi lasciata e poi, potrei aver fatto la scelta sbagliata.” Fred le prese il viso fra le mani e la costrinse a guardarlo negli occhi prima che lei riabbassasse lo sguardo, piena di vergogna. Si stava forse vergognando per aver sposato Ron? Ron che l’amava con tutta l’anima? Lei non poteva davvero essere così meschina di fronte a tanto amore.

“Granger, non hai fatto la scelta sbagliata. Tu e Ron siete davvero perfetti. Io… io non… insomma, ho fatto le mie scelte. Ho scelto di abbandonare Hogwarts e te. Ho anteposto la mia carriera alla famiglia che avrei potuto avere. Ron invece ha saputo pensare prima a te e poi a sé stesso. Lui ti ama. Ciò non toglie che ti ami anche io” aggiunse con un mesto sorriso. “Ma questo, dopo la notizia che mi hai dato, lo so per certo, non cambierà le cose. Tu sarai madre, e io… beh, mi accontenterò di essere lo zio un po’ pazzo di quella che sarà la bambina più bella del mondo.”

“Come farai a sapere che sarà una bambina?” chiese Hermione con un pizzico di curiosità. Fred era sempre stato in grado di stuzzicare il suo interesse, anche nei momenti meno opportuni.

“Lo so e basta.” Sorrise e senza aggiungere altro la abbracciò.

Hermione si strinse con forza a lui e lasciò che le parole che le aveva detto le penetrassero nella pelle, in profondità, fino a raggiungerle il cuore. Era vero, era tutto vero. Hermione si convinse che, nonostante Fred l’amasse, le cose ormai non potevano più cambiare ma questo non le avrebbe impedito di continuare a vivere. Anzi, avrebbe amato di più. Avrebbe amato Ron, suo marito, con tutta l’amorevolezza di una moglie; avrebbe amato il suo bambino -o bambina come le aveva suggerito Fred- con la dolcezza di una neomamma e poi, in fondo al suo cuore, avrebbe amato anche Fred, come un cognato, come un amore che non avrebbe mai dimenticato perché, si disse, cognati si diventa, non si sceglie.

 

 

Angolo Mirty_92:

Ciaooo a tutti. Una lacrimuccia per la fine di questa mini-storia me la lasciate?
Concluso anche questo esperimento. Doloroso, ecco come è stato. Non so se sono riuscita a trasmettere qualcosa con questa FF ma spero anche solo di avervi fatto un po’ emozionare. Certo, devo ancora crescere per quanto riguarda l’esposizione dei sentimenti dei personaggi e per molto altro ancora ma un po’ alla volta tutto si può fare.
A presto,

Mirty

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