Soulmates

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** 1. Miss You Night ***
Capitolo 3: *** 2. Pictures in my head ***
Capitolo 4: *** 3. Obvious ***
Capitolo 5: *** 4. Unbreakable ***
Capitolo 6: *** 5. Swear It Again ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

Prologo
Swear it Again

*** I see a love that burns eternelly ***

Storia ispirata dal prompt 219 Desiderare, chiedere, credere, ricevere della community di lj 500themes_ita

Luglio 2002

La pioggia scendeva senza sosta da alcune ore ma ai due ragazzi sembrava non importare. Erano stretti in un abbraccio da alcuni minuti e le gocce d'acqua sui loro visi si mischiavano a quelle dello loro lacrime.

Shane baciò la guancia di Ellen e le scostò i capelli bagnati dal viso. «Ti amo.» le sussurrò prima di baciarla sulle labbra.

«E allora perché...» mormorò lei indietreggiando di un passo. «Eravamo d'accordo che lo avresti fatto... me lo avevi promesso!»

Shane sospirò e si passò una mano sul viso e si appiattì contro il muro della vecchia casa. «Lo so che ti avevo fatto una promessa.» disse prendendo il viso di Ellen fra le mani, «Ma non mi aspettavo che Gillian rimanesse incinta...» Shane sospirò ed Ellen lo abbracciò, stringendosi a lui e tremando dal freddo.

«Devo sposarla.» sussurrò il ragazzo, «Devo farlo, anche se ti avevo promesso che l'avrei lasciata.»

Ellen annuì fra le sue braccia. «Anche se la lasci potresti occuparti lo stesso del bambino...» disse, «è una cosa che fanno tante persone.»

Shane sospirò e le baciò la testa. «Sai come sono i miei genitori, tesoro.» mormorò passandole una mano fra i capelli castani. «Secondo loro devo sposare Gillian perché stiamo insieme da tanto, perché, secondo loro, è la donna giusta per me... e perché l'ho messa incinta.»

Ellen sospirò rumorosamente fra le sue braccia cercando di nascondere un singhiozzio. «Ma tu non la ami!» esclamò alzando la testa per guardarlo, «Vero?» pigolò pregando che lui dicesse di sì, che non l'amava.

Shane sorrise e le baciò la fronte. «Amo solo te.» sussurrò contro la sua pelle. «Siamo anime gemelle, siamo destinati a stare insieme.» disse e sorrise prima di baciarla sulle labbra, stringendola a sé quasi con disperazione. «Riusciremo a stare insieme, non oggi o domani...» sussurrò prima di baciarla di nuovo, «Ma staremo insieme. Lo giuro.»

Posò la guancia sulla testa di lei e le accarezzò la schiena, «I'm never gonna say goodbye 'cos I never wanna see you cry, I swore to you my love would remain and I'd swear it all over again, and I. I'm never gonna treat you bad 'cos I never wanna see you sad I swore to share your joy and your pain and I'd swear it all over again.» canticchiò.

Ellen respirò a fondo e si staccò da lui quel tanto che le bastava per poter alzare il viso e guardarlo negli occhi. «Ma io voglio stare con te adesso, non chissà quando!» si lamentò.

Shane fece un sospirò e le accarezzò una guancia. «Lo so, tesoro. Lo so.» mormorò e cercò di fare un sorriso ma le sue labbra si piegarono in una smorfia. «Mi dispiace.» disse, «Mi dispiace, mi dispiace.» mormorò.

Ellen si strinse a lui, «Lo so.» disse contro la sua spalle.

Shane sorrise e la guardò, la prese per mano e aprì la porta della vecchia casa — in realtà era una baracca vera e propria — e condusse Ellen all''interno, chiuse con un calcio la porta e riprese a baciare Ellen con passione, come se fosse l'ultima volta che lo potesse fare. I due arrivarono al vecchio divano e ci si sdraiarono sopra, incuranti della polvere che aveva sollevato il peso dei loro corpi, dell'odore di muffa e di legno marcio, della pioggia che entrava da alcuni buchi sul tetto... c'erano loro due e basta.


Shane si chinò sopra Ellen e si appoggiò alla portiera dell'auto. «Vai a casa e fatti un bel bagno caldo.» le disse, «Non voglio che ti ammali prima di partire per New York.»

Ellen annuì e strinse la chiave. «Potrei rinunciare a New York, se solo me lo chiedessi.» mormorò fissando il volante.

Shane le sfiorò i capelli e sorrise, «Non potrei mai farlo, lo sai.» esclamò e alzò il viso per guardare il cielo, aveva smesso di piovere da qualche minuto. «Non potrei mai chiederti di rinunciare al tuo sogno.»

«Lo so.» mormorò lei e respirò a fondo prima di guardare Shane. «Mi mancherai.» sussurrò

Shane l'abbracciò e le baciò la testa. «Anche tu.» disse. Si staccò da lei e fece scivolare le mani dalle spalle alla vita continuando a sorridere. Velocemente si tolse uno dei bracciali che portava al polso sinistro e lo fece indossare a Ellen.

Lei spalancò gli occhi dalla sorpresa, aveva riconosciuto quel bracciale, glielo avevano regalato i suoi genitori quando aveva firmato il contratto con i Westlife. «Ma te lo hanno regalato i tuoi genitori...» mormorò osservando il bracciale troppo grande per il suo polso sottile.

Shane sorrise e le baciò la fronte. «Lo so.» disse, «E io voglio darlo a te.» sorrise.

Ellen si fissò il bracciò e sfiorò il braccialetto. «Grazie.» disse. Si tolse un sottile braccialetto d'argento e lo mise al polso di Shane, ridacchiò quando si accorse che era troppo piccolo per lui.

Shane strinse il braccialetto nella mano destra e si sporse per baciare le labbra di Ellen. «Lo conserverò con cura.» sussurrò, «Non lo perderò, lo prometto.»

Lei sorrise e si passò una mano sugli occhi, asciugandosi le lacrime. «Ti amo.» mormorò, «Tantissimo.»

Shane sorrise e la baciò ancora. «Ti amo tantissimo anche io.» sussurrò sulle sue labbra e la baciò ancora, «Ci vediamo, Ellie.» disse e si rialzò in piedi, chiuse la portiera dell'auto e la guardò allontanarsi, avendo solo due certezze: avrebbe amato Ellen per sempre e sarebbero riusciti a stare insieme, un giorno.

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Capitolo 2
*** 1. Miss You Night ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

1.
Miss You Night
*** Are the longest ***

Shane si sedette sulla panchina e sospirò appoggiando il mento sul palmo sinistro e guardò il lago di Cavazzo che s'intravedeva in lontananza. Era stato Frank, un suo amico di Sligo a consigliargli quel posto in Italia e lui aveva deciso di andarci, per allontanarsi da tutto quanto.

Shane sospirò nuovamente domandandosi il perché la sua vita fosse andata a rotoli: prima la bancarotta, poi Gillian che lo aveva lasciato; anzi Gillian lo aveva lasciato un attimo prima che riuscisse a capire di essere alla frutta. Shane si guardò le mani e giocherellò con il piccolo braccialetto, era quello che gli aveva regalato Ellen. Lo aveva tirato fuori il giorno in cui aveva scoperto che Gillian lo tradiva e lo aveva indossato, intrecciandolo con gli altri per non perderlo.

Ellen gli mancava da morire e si era pentito un sacco di volte per non aver lasciato Gillian quando era ancora in tempo o quando aveva scoperto quella bugia.

Respirò a fondo e chiuse gli occhi ricordando l'ultima volta che aveva visto Ellen. Erano passati almeno quattro anni da quando lui era andato a New York e aveva bussato alla porta di Ellen. Ricordava ancora il suo sguardo, duro, carico di rancore ma, in un certo senso, anche vuoto. Ricordava ancora le sue parole, “È troppo tardi, Shane.” dette con lo stesso tono con cui avrebbe annunciato che andava a fare la spesa. Poi gli aveva sbattuto la porta in faccia.

Solo mesi dopo avrebbe capito perché Ellen gli era sembrata così pallida e magra e così strana.

E quel giorno sua madre gli aveva detto che aveva fatto bene a smettere di frequentarla, visto che era diventata una “cattiva ragazza.” Ma a Shane non importava nulla delle scelte sbagliate di Ellen, lui voleva solo stare con lei, ma lei non voleva stare più con lui. Non voleva neppure vederlo o sentirlo.

Sospirò e chiuse gli occhi per riaprirli subito dopo quando sentì qualcuno che si avvicinava. Guardò sorpreso la figura che correva davanti a lui. «Ellie...» mormorò alzandosi, «Ellen!» gridò inseguendo la ragazza.

Corse dietro di lei fino a quando la vide fermarsi davanti a una fontanella, prese un respiro profondo e le sfiorò la spalla. La ragazza si tolse gli auricolari e lo guardò.

«Shane!» esclamò lei sorpresa quanto lui.

Shane sorrise e si mosse da un piede all'altro nervosamente. «Ciao, Ellen.» mormorò.

Lei sorrise e si asciugò il viso con il dorso della mano. «Ehi, come stai?» domandò.

Shane non rispose e si limitò a fissarla incantato. Era bella come la ricordava, forse ancora di più. «Bene.» rispose e infilò le mani in tasca per impedirsi di abbracciare Ellen.

«Ci sediamo?» domandò lei indicando una panchina a qualche passo di distanza, «Così chiacchieriamo un po'.»

Shane annuì e la seguì in silenzio.

«Sei qui in vacanza?» domandò con voce tremante e si vergognò di quella voce strozzata, voleva apparire sicuro davanti a lei.

Ellen rise e Shane si accorse di non aver mai dimenticato quella risata, «Oh, no. Io vivo qui.»

Shane la guardò sorpreso. «Credevo che fossi a New York!»

Lei alzò le spalle e slacciò il marsupio posandolo accanto a lei, «Non faceva più per me.» disse,

Shane annuì e si guardò le mani, inspirò lentamente  e si voltò verso di lei. «Capisco.» mormorò, «Da quanto vivi qui?» domandò.

«Un paio d'anni.» rispose lei, «Da quando sono uscita dalla clinica.»

Shane annuì nuovamente, indeciso —  di nuovo — su cosa dire o fare. 

«Scommetto che tua madre avrà avuto il pretesto buono per sparlare di me.» disse, «Mi odia.»

Shane scosse la testa. «Non è vero!» esclamò, «Lei ti adorava!»

Ellen rise, «Lo hai detto, mi adorava.» disse e sospirò, «Non ho mai capito perché ad un certo punto abbia iniziato ad odiarmi...» sospirò.

Shane si morse le labbra sapendo che sarebbe stato inutile ribattere, Ellen aveva ragione e lui lo sapeva.

«I bambini come stanno?»

Shane guardò Ellen con sorpresa, non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere. «Bene.» rispose. «Sono con Gillian. Abbiamo divorziato.»

Ellen annuì, «Lo so.» disse, «Mi dispiace.»

«Ti... di-dispiace?» balbettò incredulo Shane.

Ellen alzò le spalle. «Bhe..sì.» disse, «Sei rimasto con lei per dieci anni, sicuramente l'avrai amata.»

«Non quanto te.» sussurrò lui, «Non quanto amo te.» specificò guardando le scarpe sporche di terra.

«Non mi avresti lasciato se fosse stato vero.» replicò Ellen e sorrise voltandosi verso di lui. «Non sono più arrabbiata con te.» esclamò. «Oh, lo ero. E pure tanto. Sono arrivata a detestarti.» 

Shane rimase in silenzio, deluso. Forse sperava che lei lo  guardasse e gli dicesse che anche lei lo amava.

«Ma ora...» continuò Ellen, «Mi è passata. Non provo più nulla.»

Shane sentì qualcosa che si rompeva dentro di lui. «Io... Ellen..» mormorò, «Io non volevo che stessi male.» disse, «Mi dispiace. Io ti amavo, ti amo sul serio. Non ti ho mai dimenticato.» esclamò e le fece vedere il braccialetto che lei gli aveva regalato più di dieci anni prima.

«Lo hai ancora.» disse lei e sfiorò il filo d'argento.

Shane smise di respirare per un istante nell'esatto momento in cui le dita di Ellen sfiorarono il suo polso. «Sì.» mormorò, «L'ho sempre portato con me ovunque andassi, non posso separarmene.»

Ellen sorrise e continuò ad accarezzare il polso e la mano di Shane. «Pensavo che l'avessi buttato.» mormorò e lasciò la mano.

«Mai!» esclamò lui, «Non potrei mai farlo!» disse quasi indignato. «Era l'unica cosa che mi rimaneva di te.» aggiunse abbassando la voce.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, Shane guardava Ellen e lei davanti a sé. «Vuoi vedere dove vivo?» chiese lei.

Shane annuì, «Sì, mi farebbe piacere.» disse.

Ellen sorrise e infilò il lettore mp3 nel marsupio. «La mia auto è nel parcheggio.» disse alzandosi. Anche Shane si alzò e la seguì fuori dal piccolo parco e in breve salirono sulla piccola utilitaria di Ellen.

Rimasero in silenzio durante il breve viaggio e Shane passava dal guardare fuori dal finestrino a guardare Ellen. Non sapeva cosa pensare, aveva sempre immaginato il loro re-incontro come qualcosa di magico e invece lei gli aveva detto che non provava più nulla per lui, nemmeno un po' d'odio.


«Fai pure come se fossi a casa tua, io vado a farmi una doccia veloce!» esclamò Ellen entrando in casa. Shane annuì e si guardò attorno mentre Ellen spariva dietro una porta. Si sedette sul piccolo divano a due posti e guardò l'ambiente piuttosto spoglio. C'erano solo due quadri appesi ed erano entrambi dei puzzle, uno  di uno scorcio di una spiaggia tropicale e l'altro delle montagne innevate. Su un mobile basso c'erano diverse cornici d'argento, Shane ne prese in mano una e sfiorò il vetro e sorrise guardando la foto di Ellen che stringeva un grosso gatto rosso. Guardò le altre foto e si stupì nel vedere che ritraevano tutte lo stesso soggetto: Ellen e il gatto o solo il gatto, si chiese dove fosse in quel momento il grosso micio. E perché non ci fossero altre foto in quella stanza, poi sospirò e andò a sedersi.

«Si chiamava Red.» esclamò Ellen entrando nella stanza che fungeva da cucina e salotto, «Ma io lo chiamavo Ciccione.»

Shane sorrise, «In effetti è un po'... grasso.» disse.

«È morto tre mesi fa.» mormorò lei strofinandosi i capelli con un asciugamano giallo. 

«Mi dispiace.» disse Shane alzandosi in piedi. 

Ellen sorrise e lo guardò, «Grazie.» esclamò, «Vado a vestirmi, torno subito!»

Shane annuì e non sapendo cosa fare si sedette di nuovo chiedendosi come mai Ellen lo avesse invitato lì se non provava più nulla per lui. “Forse lo ha fatto solo per gentilezza.” pensò e sospirò posando la testa sullo schienale del divano e chiuse gli occhi.

«Vuoi del caffè?» 

Shane aprì gli occhi di scatto. «Cosa?» domandò, «Sì, certo, va bene.» esclamò sentendosi stupido e si alzò in piedi, raggiunse Ellen nel piccolo angolo cottura e si sedette al tavolo. «Mi piace casa tua.» disse.

«È piccola.» replicò Ellen mettendo la caffettiera sul fornello acceso.

«Bhe...» incominciò Shane, «Per una persona sola va bene.» disse.

Ellen sorrise e si voltò verso di lui. «Mi stai chiedendo se esco con qualcuno?»

Shane boccheggiò, «Io... no... non intendevo questo!» si giustificò anche se sì, voleva sapere se ci fosse qualcuno nella sua vita.

Ellen rise, «Comunque, no, non ho nessuno.»

Shane si sentì sollevato e si alzò in piedi, «Ellen,» disse avvicinandosi a lei, «torna con me in Irlanda.» mormorò prendendole il viso fra le mani. «Torna con me, per favore. Dieci anni fa ti avevo fatto una promessa...» continuò guardando gli occhi verdi di Ellen, «e ho tutta l'intenzione di mantenerla.» 

Shane sospirò e le baciò la fronte, «Dimmi di sì, Ellie.»

Elle sospirò. «Shane... io non lo so.» disse e abbassò gli occhi per evitare lo sguardo di Shane. «Io sto bene qui, sul serio.»

Shane la fissò per un istante e chiuse gli occhi, «Ellie... per favore.» supplicò.

Ellen alzò il viso e lo guardò, «Shane, io...» prese un profondo respiro e posò le mani sui polsi di lui, «Non credo sia il caso.» mormorò e si sentì sollevata quando sentì il borbottio della caffettiera, si scostò da lui e versò il caffè in due tazze. 

Shane non disse nulla e tornò a sedersi, posò le mani sul tavolo e le fissò. Sfiorò il bracciale che Ellen gli aveva dato e sospirò prendendo la tazza. «Ellen... io...» borbottò fissando il liquido scuro, «Mi sei mancata tanto.» disse.

«Ti ho pensato ogni singolo giorno.» aggiunse dopo aver sorseggiato il caffè, la guardò e sperò che anche lei dicesse che lui gli era mancato e che lo aveva sempre pensato invece Ellen si limitò a una breve occhiata prima di concentrarsi sul suo caffè. Guardò Ellen bere e si pentì di quello che aveva fatto e, sopratutto, di quello che non aveva fatto. Si chiese se dovesse dire a Ellen tutto quanto, aveva paura di perderla di nuovo ora che l'aveva ritrovata.

«Sai, Ellen...» mormorò, «Quella volta Gillian...» incominciò, «Io l'ho scoperto solo un paio di anni fa...» disse e si fermò, non sapendo come continuare.

Ellen posò la tazza sul tavolo e guardò Shane, «Cosa hai scoperto?» domandò.

Shane sospirò e abbassò la testa. «Che non era veramente incinta, quella volta.» mormorò in risposta. «Me lo ha urlato durante una lite.»

«Cosa?» gridò, «Era una bugia?»

Shane si limitò ad annuire e si morse le labbra. «Sì.» sussurrò e alzò il viso per guardare Ellen. «Se non fosse stato per quello staremo ancora insieme, io e te.»

«Lo ha fatto di proposito...» mormorò lei e chiuse gli occhi. «Stronza.»

Shane fece un sorriso. «Sì, è stata una vera stronza.» disse e sfiorò la mano di Ellen, accarezzandole il dorso della mano con il pollice. «Sentiva che mi stavo allontanando da lei e aveva paura di perdermi, per questo ha finto sia di essere incinta e di aver abortito.»

Rimasero in silenzio per qualche istante, «Mi dispiace tanto. Avrei voluto scoprirlo prima.» disse senza smettere di accarezzare la mano di Ellen, «Le cose sarebbero andate in maniera diversa.» le strinse la mano e si sporse verso di lei, «Mi dispiace, Ellen. Mi sento terribilmente in colpa.»

Lei annuì e afferrò con la mano sinistra la tazza e sfiorò il manico. «Non è colpa tua.» disse, «Lo hai scoperto troppo tardi.»

«È ancora troppo tardi?» mormorò Shane, il cuore che batteva forte in attesa della risposta.

Ellen sospirò e lo guardò, «Non lo so, Shay.» disse, «Io... non sono quella che conoscevi.» sussurrò e cercò di spostare la mano destra ma Shane gliela strinse ancora di più.

«Non m'importa, Ellie.» disse lui, «Sul serio, non m'interessa.» esclamò e sorrise.

Ellen fece un sospiro e abbassò la testa, «Ma a tua madre sì.» disse, «E tu non sei il tipo che ama contrariare o deludere la propria madre.»

Shane la fissò e pensò a cosa dirle per farle cambiare idea ma sapeva che era inutile; Ellen quando voleva sapeva essere testarda, in realtà sapeva che lei aveva ragione. Una delle ultime cose che Shane voleva era deludere sua madre.  Abbassò la testa e sospirò. «Non succederà, lo prometto.» disse e alzò la testa, «Sarà diverso, questa volta.» promise e avrebbe fatto di tutto per mantenere la parola.

Ellen lo guardò e fece un piccolo sorriso. «Non lo so.» disse.

***

Shane si alzò dal letto e si guardò attorno e cercò di capire dove fosse poi si ricordò. Era a casa di Ellen. Aveva prenotato l'hotel per quattro giorni e, volendo rimanere lì più a lungo, aveva cercato di restare in albergo ancora un po' ma non c'era più posto, così Ellen gli aveva detto che poteva restare lì da lei.

Andò in cucina e bevve un bicchiere d'acqua e si avvicinò al divano, si chinò e sfiorò il viso di Ellen. Sorrise e pensò che fosse bellissima anche nella posizione scomoda in cui si trovava. Aveva insistito per lasciare il letto a Shane visto che il divano era troppo piccolo per lui, ma lo era anche per lei.

Le baciò la fronte e fece scivolare un braccio sotto le spalle e l'altro sotto le ginocchia e l'alzò, portandola nel letto matrimoniale. La coprì e si sdraiò accanto a lei abbracciandola. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che avevano dormito insieme. Le baciò una guancia e chiuse gli occhi.


«Buongiorno.» sussurrò Shane baciando la guancia di Ellen. «È così che avrei voluto svegliarmi negli ultimi anni.» confessò, «Con te fra le mie braccia.»

Ellen sorrise e sbadigliò. «Perché sono qui?» domandò passando le mani su viso, «Credevo di essermi addormentata su divano.»

«Lo avevi fatto.» rispose Shane e le scostò i capelli dal viso, «Ma mi sembravi scomoda e così ti ho portato qui.» spiegò.

«Sei bellissima.» mormorò dopo un po' e spostò il viso accanto  a quello di Ellen e chiuse gli occhi respirando il profumo di lei. 

Ellen sbadigliò e si voltò sul fianco sinistro dando le spalle a Shane e piegò le ginocchia portandole al petto.

«Ellie?»

«Mhh... sì?» 

Shane rimase un attimo in silenzio pensando a cosa dire, le passò una mano fra i capelli  e chiuse gli occhi. «Sei arrabbiata con me?»

«No.» rispose lei, «Dovrei esserlo?» domandò e voltò piano la testa.

«Per quello che è successo fra di noi...» mormorò lui.

Ellen sorrise e scosse piano la testa. «No.» disse, «Te l'ho già detto: non sono arrabbiata con te.»

Shane sorrise e le baciò la testa. «Grazie.» sussurrò e continuò ad accarezzarle i capelli.

***

Shane era lì da cinque giorni e, da altrettanto tempo, ogni sera Ellen si addormentava sul divano e lui la portava nel letto nel mezzo della notte.

Il ragazzo aprì gli occhi e guardò gli occhi chiusi, le ciglia lunghe e folte, le labbra dischiuse di Ellen. In quella manciata di giorni si erano riavvicinati molto. Passavano il tempo chiacchierando, facendo passeggiate e cucinando. 

Shane si chinò su Ellen, arrivando a pochi centimetri dalle sue labbra e rimase così, indeciso se fare come al solito —  svegliarla con un bacio sulla guancia —  oppure osare un po' di più. Si chinò ancora di più e sentì il respiro di Ellen contro le sue labbra e chiuse gli occhi, rimase fermo in quella posizione per qualche minuto.

«O mi baci o ti sposti.»

Shane aprì gli occhi di scatto e, spaventato, si spostò. «Cosa?» mormorò e guardò Ellen che lo stava fissando con una sorriso. «Sei sveglia?» squittì.

«Sei rimasto nella stessa posizione per diversi minuti... non sapevo se ridere o stare ferma, eri talmente buffo!» lo prese in giro lei.

Shane abbassò la testa, imbarazzato; si fissò le mani e temette che Ellen lo cacciasse ed era l'ultima cosa che voleva. Chiuse gli occhi quando sentì la mano di Ellen contro la sua guancia. Respirò lentamente e si strinse le mani. Ellen lo attirò a sé e lui tremò mentre si sdraiava accanto a lei.

«Tremi.» mormorò lei.

Shane aprì gli occhi e sorrise, tremava perché non si aspettava una cosa del genere da lei, né che lo toccasse né che lo abbracciasse; respirò piano e posò la mano sinistra sullo stomaco di lei. «Lo so.» disse.

«Sai cosa mi ricorda?» domandò Ellen accarezzando la testa di Shane.

«Cosa?» soffiò Shane chiudendo gli occhi.

«La prima volta che abbiamo fatto l'amore.» mormorò Ellen e sorrise.

Shane sorrise «Sì, mi ricordo.» disse e posò la testa sulla spalla di lei. «Lo ricordo perfettamente.» mormorò stringendosi di più a lei.

«Ti amo, Ellie.» disse dopo qualche minuto di silenzio.

Lei rimase zitta e continuò ad accarezzare la testa di Shane, chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo sospiro che Shane interpretò come un brutto segno e cercò di alzarsi ma Ellen lo strinse di più e posò la mano su quella di lui, intrecciando le dita sottili con quelle più grandi di Shane. Lui sorrise e si sistemò meglio vicino a lei e chiuse gli occhi.

«Eravamo in camera tua, aveva appena smesso di piovere.» mormorò Shane, «Profumava di lavanda, avevi il vaso sopra il cassettone. Le tende erano rosa, le pareti rosa chiaro, sul letto c'era la trapunta lilla...» continuò ricordando quel giorno di diciassette anni prima.

«In un angolo il pupazzo che ti aveva regalato Mark per il tuo tredicesimo compleanno.» disse Shane. «Quel pomeriggio tremavo perché avevo paura, paura di non riuscirci, di fare brutta figura, di farti del male... ero terrorizzato!» continuò e fissò il profilo di Ellen. «Avevo paura di farti del male. Che avessi un brutto ricordo della nostra prima volta.»

«Non ho un brutto ricordo.» sussurrò Ellen, «È stato meraviglioso. Non lo scorderò mai.»

Shane sorrise, felice di quella confessione e le strinse la mano, chiuse di nuovo gli occhi e si rilassò.

«Allora...» mormorò Ellen, «Mi dai questo bacio oppure no?»

Shane aprì gli occhi e si alzò leggermente per poterla guardare, si morsicò il labbro inferiore e fece un piccolo sorriso. «Sicura?» domandò con un sussurro.

Ellen sorrise e gli accarezzò il viso, sfiorandolo con la punta delle dita, tracciò i contorni degli zigomi e, con lentezza, scese sulle labbra. «Sì.» rispose.

Anche Shane sorrise e si chinò su di lei, le mani posate sul cuscino, vicino al viso di Ellen. Chiuse gli occhi e abbassò la testa, sentì il respirò di Ellen e si chinò ancora di più, sfiorò le labbra di lei con le proprie e rimase fermo qualche secondo, sentendo le labbra morbide di lei contro le sue.

Sorrise e sfiorò le labbra di Ellen con la punta della lingua e sospirò quando lei dischiuse le labbra; attese qualche secondo, assaporando quel bacio che desiderava da anni. Prese il labbro inferiore di Ellen e lo succhiò piano, le labbra di lei non gli erano mai sembrate così morbide.

Ellen lo sorprese ancora una volta e portò una mano sulla sua nuca, spingendolo contro di lei. Shane scivolò su di lei senza smettere di baciarla o accarezzarle il viso. Lasciò una scia di baci dalle labbra al collo, «Ti amo.» soffiò tenendo gli occhi chiusi quasi temesse che fosse solo frutto della sua immaginazione.

Ellen  giocò con i suoi capelli e sorrise, «Mi sei mancato.» sussurro, spostò il viso e cercò le labbra di Shane, le trovò e le baciò. Shane gemette e si mosse su di lei, senza smettere di baciarla.

***

Shane fissò Ellen. «Sei sicura?» domandò per l'ennesima volta, «Mi piacerebbe tanto che tu venissi con me...»

Ellen fece un passo verso di lui e posò le mani sui fianchi di Shane «Sicura.» disse, «Non me la sento.» continuò, giocherellò con i bottoni della camicia di Shane e sorrise. «Non ancora, per lo meno.»

Shane la fissò sorpreso e piegò le labbra in un sorriso, «C'è una speranza, allora?» domandò mentre il suo cuore accelerò il battito.

Ellen annuì piano. «Si può dire di sì.»

Shane si sporse in avanti e le baciò la fronte, stringendola in un abbraccio. «Grazie.» sussurrò. Inspirò il suo profumo e sorrise. «Mi mancherai tantissimo.» disse e la strinse ancora di più e le prese il viso fra le mani; posò la fronte contro quella di lei e chiuse gli occhi. Le accarezzò le guance con i pollici e aprì gli occhi, sorrise e posò un bacio sulle labbra di Ellen. 

«Mi mancherai.» ripeté.

Ellen sorrise, «Anche tu.» disse.

Shane sospirò e chiuse gli occhi, voleva che lei lo seguisse. Voleva che lo baciasse, voleva fare l'amore con lei ma in quei cinque giorni si erano solamente baciati e a lui la cosa andava più che bene, era sempre meglio di niente; la abbracciò e posò la testa sulla spalla di lei e le sfiorò il collo con le labbra.

Il campanello della porta suonò ed Ellen si tirò indietro, «È arrivata la pizza.» disse, baciò velocemente la guancia del ragazzo e, dopo aver preso il portafoglio dalla borsa, andò ad aprire. Shane la osservò un po' deluso.

Le aveva detto più volte che l'amava ma lei non aveva mai ricambiato. Desiderava disperatamente che lei si voltasse e gli dicesse “Ti amo Shane, voglio tornare a Sligo con te!”; invece pagò il fattorino e rientrò in casa.

«Mangiamo?» domandò lei e Shane si limitò ad annuire e la seguì in cucina, si costrinse a sorridere —  dopotutto sarebbe partito il giorno dopo mentre Ellen sarebbe rimasta lì — e si sedette mentre Ellen sistemava i cartoni delle pizze; afferrò una fetta di pizza —  era già tagliata —  e la osservò per un istante prima di staccarne un morso.  

Shane mangiò in silenzio perché  se avesse parlato avrebbe ripetuto le solite cose. Voleva avere la certezza che Ellen tornasse in Irlanda o sapere che lo amava. Voleva solo essere sicuro perché si stava stancando dei silenzi e delle parole non dette.

«Ellie...» disse dopo un po', «mi prometti che ci penserai sul serio?»

Ellen posò il bicchiere e lo guardò. «Penserò a cosa?»

Shane sospirò e guardò la ragazza, «Sul fatto di tornare in Irlanda.» rispose.

Ellen fissò la sua pizza ormai a metà e fece un piccolo sorriso. «Ci penserò.» disse, «Sul serio.» disse e allungò una mano per posarla su quella di lui.

Shane fissò la mano di lei, così piccola contro la sua, e la strinse fra le sue prima di portarla alle labbra e baciarla con dolcezza. Le sorrise, felice di quella promessa e la guardò senza smettere di stringerle la mano. «Grazie.» sussurrò, «Grazie.» ripeté.

Anche Ellen sorrise, un sorriso luminose che fece ben sperare Shane.

«Shane...» disse lei.

«Mmh?» mormorò lui baciandole ancora la mano.

«Mi lasci la mano?» chiese, «Mi serve per mangiare.» sorrise e ridacchiò. Anche Shane rise e dopo averla baciata un'ultima volta, liberò la mano della ragazza.

«Sì, giusto.» disse lui e le sorrise, sentendosi —  finalmente —  sereno. Ellen sarebbe tornata, ne era certo, sarebbero stati insieme, per sempre —  era sicuro anche di questo —  e avrebbero avuto un paio di bambini con le stesse fossette che Ellen aveva sulle guance e i suoi occhi verdi, che sembravano cambiare colore quando c'era più luce, diventando più chiari. Sorrise e continuò a mangiare.


Erano a letto, vicini, abbracciati e Shane sperò e pregò che Ellen gli desse un segnale, perché lui non resisteva più. Voleva baciarla, ovunque, e accarezzarla, ovunque. Baciarle la pelle morbida e sensibile del collo, sfiorarle i fianchi, posare la testa sul suo seno... 

Shane le sfiorò la pancia da sopra la maglietta, giocando con il tessuto di cotone lilla, pizzicandolo e lisciandolo, con il desiderio di infilare la mano sotto la stoffa e sfiorarle il ventre.

«Ellie...» mormorò dopo un po' e la guardò, fissando i giochi d'ombra sul viso, lei si girò  verso di lui e lo guardò, sorridendo. Shane inspirò a fondo e si chinò, e posò le labbra su quelle di lei, con dolcezza, respirando il profumo di lei, socchiuse gli occhi e sorrise, guardando Ellen che sorrideva, e la baciò ancora, con dolcezza, prima di sfiorarle le labbra con la lingua e approfondire il bacio.

Si sdraiò su di lei, gemendo al contatto dei loro corpi e le sfiorò i fianchi, Shane prese coraggio e infilò la mano sinistra sotto alla maglia di Ellen, sfiorandola con la punta della dita, tracciando cerchi, righe e ghirigori, sulla pelle di lei. Si fermò, quando sentì Ellen muoversi sotto di lui, smise di baciarle il collo e alzò il viso, guardando Ellen e incominciando a sentirsi preoccupato. «Ellie...» sussurrò, fissandole gli occhi chiusi.

«Perché ti sei fermato?» domandò lei aprendo gli occhi verdi.

«Co... cosa?» fece lui, sorpreso ed Ellen sorrise, mentre gli posava una mano sulla nuca e lo attirava su di sé.

«Non fermarti, Shay,» soffiò lei sulla bocca di lui, «Non farlo.» mormorò prima di baciarlo.

Shane sorrise e si strinse a lei, e spostò verso l'alto la mano, sfiorando il bordo del top, infilò le dita sotto l'elastico e le sfiorò il seno, gemette a quel contatto e si alzò, mettendosi in ginocchio, si tolse la maglia e la gettò via, prima di togliere la maglia e il top di Ellen, lanciandoli da qualche parte. Ellen lo voleva e lui non poteva chiedere di meglio. Anzi, voleva che lei gli dicesse che lo amava, ma sapeva che Ellen non si sarebbe lasciata andare in quel modo, se non avesse provato qualcosa per lui.

Con questi pensieri, si chinò nuovamente su di lei, senza smettere di sorride e la baciò. «Ti amo, Ellie.» sussurrò nel suo orecchio prima di baciarlo.

«Anche io.» mormorò lei.

Shane sorrise mentre le baciava il collo, felice di quella confessione, e si lasciò andare, baciandola e accarezzandola come non faceva da dieci anni. La sua Ellen era tornata nella sua vita, e sperò che questa volta fosse per sempre.

Mentre le baciava le labbra cambiò idea: questa volta sarebbe stato per sempre, ne era sicuro.

Lui ed Ellen erano anime gemelle.

***

Shane incrociò le dita sotto la testa e fissò il soffitto della sua stanza, erano passati quasi due mesi da quando aveva salutato Ellen e gli mancava da impazzire. Si girò sul letto, sdraiato sul fianco sinistro e sospirò. Da alcuni giorni Ellen era evasiva e liquidava in fretta le sue chiamate. Lui la voleva, lì con lui, avrebbe comprato una casetta per loro due con i pochi soldi che gli erano rimasti  —  al momento era tornato a vivere con i suoi —  e sarebbero stati felici, insieme. Invece lei negli ultimi quattro giorni era stata distante. Di scatto si mise seduto, per poi correre alla scrivania. Accese il portatile e sbuffò impaziente mentre il sistema operativa si caricava.

Una volta connesso a internet andò sul sito della compagnia aerea —  voleva andare da Ellen e capire cosa stava accadendo e riportarla in Irlanda con la forza, se necessario.

Stava per completare l'acquisto del biglietto —  doveva solo inserire il numero della carta di credito —  quando il campanello suonò, si alzò sbuffando e andò ad aprire. «Ciao Mark.» disse.

«Ehi, Shane.» esclamò l'altro e lo seguì in casa, «Ti ricordi di Ellen? Pare che sia tornata...» la voce di Mark sfumò, alla vista della faccia pallida di Shane.

«Cosa?» gracchiò lui, «È tornata? Sei sicuro?» la voce di Shane era ad un passo dallo strillo.

Mark annuì, «Sì, ci ha parlato mamma.»

Shane deglutì e inspirò a fondo. «Aspettami qui.» disse e corse nella sua camera, chiuse il portatile, afferrò il portafogli, le chiavi dell'auto e il cellulare. «Andiamo.» disse afferrando la manica della giacca di Mark.

«Dove?» chiese lui guardando Shane chiudere a chiave la porta d'ingresso.

«Da Ellie.» rispose Shane trascinando Mark verso la macchina.

«Ellie?» domandò Mark, «E da quando è tornata ad essere Ellie e non Ellen?» continuò e fece per ridere, ma l'espressione di Shane lo fece desistere.

«Devo spiegarti alcune cose.» sospirò Shane infilando le chiavi nel blocco dell'accensione, «Sai quando sono andato in Italia?» chiese e Mark annuì,«È iniziato o meglio, è re iniziato tutto da lì.»


Shane fermò l'auto e aprì la portiera, uscì e si diresse verso il cancello della casa si Ellen e quasi inciampò in un sasso, dalla fretta e dalla voglia che aveva di rivederla. Premette il pulsante del campanello e rimase in attesa.

«Forse è uscita.» disse Mark.

Shane lo fissò appena e tornò a guardare il campanello e lo premette ancora, più a lungo, tenendo l'indice destro premuto sul pulsante bianco.

«Shane...» lo chiamò Mark, «lo romperai.» disse ma Shane lo ignorò.

«Guarda che se non rispondo forse è perché sono qui e non dentro casa.»

Shane si girò al suono di quella voce e sorrise mentre si avvicinava a Ellen, le prese il viso tra le mani e le baciò la fronte prima di scendere sulle labbra. «Perché non mi hai detto nulla?» domandò.

Lei sorrise e piegò la testa di lato, «Volevo farti una sorpresa.» rispose.

Shane sorrise e le baciò una guancia. «E me l'hai fatta!» disse e la strinse di nuovo.  «Ero così preoccupato...» sussurrò,  «Se non fosse arrivato Mark avrei prenotato un volo per l'Italia...»

Ellen sorrise e fece un passo indietro, «E non mi avresti trovato.» disse e rise, si voltò verso Mark e sorrise anche a lui. «Ciao, Mark.» esclamò allontanandosi da Shane e andando ad abbracciarlo, «Mi fa piacere vederti.»

«Anche a me.» disse lui e fissò Shane, che guardava con adorazione Ellen e seppe che Shane non gli aveva mentito, lui era innamorato sul serio di lei.

«Già che siete qui...» esclamò Ellen e frugò nella borsa, «Ho la spesa nel bagagliaio, mi aiutate?» chiese con un sorriso.

Shane scattò immediatamente, andando verso la vecchia Lancia Y blu scuro e aprendone il bagagliaio, tirando fuori un paio di sacchetti, seguito subito dopo da Mark.

Portarono la spesa in casa e Shane si accorse che era come ricordava, con i bordini di pizzo che decoravano i bordi delle mensole della cucina, le vecchie pentole di rame appese alle pareti giallo chiaro. Solo il piccolo televisore era nuovo.

«Io vado.» disse Mark, rifiutando l'offerta di un caffè. «Mi faccio portare da mia madre da te per recuperare la macchina.» aggiunse rivolgendosi a Shane che annuì prima di tornare a guardare Ellen senza smettere di sorridere. Lei era tornata, era lì, davanti a lui e quello non era un sogno o un'allucinazione.

Ellen era tornata.

«Non è cambiata.» disse Shane quando Ellen gli mise davanti un tazza di caffè, «Casa tua è ancora come l'ultima volta che l'ho vista.»

Ellen sorrise e soffiò sulla sua tazza. «Sì, è vero.» mormorò e sorrise.

«Anche le altre stanze sono rimaste uguali?» domandò Shane, ricordando la camera di Ellen.

«Sì.» confermò lei. «Cioè... sono cambiate ma di poco. Giusto qualche mobile.» aggiunse e fissò Shane. «Ti verrà una paresi, se continui a sorridere.»

«Sorrido perché sono felice.» replicò lui, «Tu sei qui, Ellie.» disse e le strinse la mano, accorgendosi solo allora che lei indossava il bracciale che lui gli aveva dato tanti anni prima. Sorrise ancora di più mentre lo sfiorava con due dita, prima di prenderle la mano e portarla alle labbra e depositarvi un bacio leggero.

«I tuoi dove sono?» domandò dopo un po'.

«Nel Devon.» rispose Ellen e prese un sorso di caffè, «Tornano fra otto giorni.»

Shane rimase in silenzio per un'istante, «Quindi... se vado a casa a prendere alcune cose... poi posso stare qui con te?» mormorò arrossendo e abbassando di un poco la testa.

«Mmh... direi di sì.» rispose lei e Shane alzò lo sguardo e le sorrise, con gli occhi che brillavano dalla felicità.

***

Shane stava chiudendo la cerniera del borsone quando sua madre entrò nella sua camera.

«Dove pensi di andare?» domandò la donna, guardò il borsone sul letto e respirò piano. «Non starai pensando sul serio di andare da quella?»

Shane alzò il viso e la fissò, provando quasi disgusto verso la propria genitrice. «Non vado da quella,» disse, «vado da Ellen.»

«È la stessa cosa.» replicò Mae, «Ellen Green non è una brava persona.»

«Non si droga più.» disse Shane e afferrò il carica batteria del cellulare per poi infilarlo in una delle tasche del borsone. «E comunque io la amo.» esclamò chiudendo la cerniera della piccola tasca.

«Lei non è...»

«Lei è Ellen e io la amo e sto andando da lei.» ribatté Shane senza lasciarle il tempo di finire, «E starò con lei per sempre, che a te piaccia oppure no.» aggiunse e avrebbe voluto che Ellen fosse lì a vederlo, mentre contrariava sua madre.

Mae sospirò piano, «Non sai che dolore mi stai dando.» piagnucolò.

Shane la fissò e per un secondo pensò di andare da lei e abbracciarla dicendole che avrebbe fatto quello che voleva, poi si ricordò che Ellen lo aspettava e che lui stesso aspettava quel momento da dieci anni e scosse la testa. «Mamma... mi dispiace.» disse, «Ma io la amo da quando ho quindici anni.»

«Non è vero!» squittì la donna, «Tu ami Gillian! Potete ricominciare e ritornare ad essere una famiglia!»

«Non è possibile.» replicò Shane, «Lei sta con uno e io sto con Ellen.»

«Ma tu ami così tanto Gillian!» disse Mae e il suo fu quasi un urlo di disperazione.

Shane scosse la testa e si sedette sul letto. «Mamma... io non ho mai amato Gillian.» disse, «Mi sono messo con lei solo perché tu hai insistito.» confessò e si sentì più leggero, si alzò, afferrò il borsone, prese la borsa con il portatile e si avvicinò a sua madre e le baciò la testa , «Ci vediamo presto.» disse ed uscì dalla sua vecchia camera.


«Hai litigato con lei, vero?» gli chiese Ellen appena lui entrò in casa.

Shane la osservò e scosse la testa, «No.» rispose.

Ellen lo osservò e piegò la testa di lato, «Sicuro?» chiese e andò in cucina, prese il bicchiere di succo che aveva lasciato sul tavolo quando Shane aveva suonato il campanello.

Shane sospirò e pensò che Ellen lo conoscesse benissimo, visto che le era bastato guardarlo in faccia per capire che aveva mentito. «È stata solo una piccola discussione.» ammise.

Ellen sorrise e posò il bicchiere, si avvicinò a lui e gli prese il viso fra le mani. «Mi dispiace.» mormorò e lo baciò sulle labbra, prima di staccarsi da lui con un sorriso, accarezzandogli il viso con la punta delle dita, «Vieni, portiamo le tue cose di sopra.»

Shane la seguì e sorrise pensando che, finalmente, sarebbe andato tutto a posto con Ellen e che forse avrebbe fatto pace con sua madre; entrò nella stanza di Ellen e si guardò attorno, la stanza era esattamente come la ricordava, compreso la lavanda sul cassettone, solo che questa volta c'era una piantina, non dei rami recisi.

Sorrise e posò il borsone sulla poltroncina bianca e sistemò il portatile sopra il tavolino bianco che Ellen aveva sempre usato come scrivania. Guardò Ellen seduta sul letto e si avvicinò a lei, sedendosi a sua volta. «Mi sei mancata.» sussurrò baciandole il collo e inspirando il suo profumo, le posò le mani sulla vita e sorrise.

«Anche tu.» mormorò lei abbracciandolo, gli prese il viso con una mano e sorrise prima di baciarlo. «Che ne dici di ricordare i vecchi tempi?» mormorò con voce languida fissandolo.

Shane sorrise e annuì appena prima d'infilarle una mano sotto la camicia e baciarla. «Ti amo.» disse guardandola fra un bacio e l'altro, le slacciò lentamente i bottoni e le fece scivolare la camicia dalle spalle e la guardò, prima di toglierla del tutto e sorridere mentre la spingeva contro il materasso.

«Ti amo.» ripeté.

«Ti amo anche io.» disse Ellen e Shane sorrise mentre si chinava su di lei per baciarla.

***

Shane era di nuovo nella sua stanza per finire di imballare le sue cose —  aveva trovato una piccola villetta per lui ed Ellen —  quando sentì delle voci provenire dal corridoio. Si avvicinò alla porta e ascoltò, riconoscendo la voce di sua madre e di Mark; aprì la porta di pochi centimetri per sentire meglio.

«Glielo dirò, Mae, non si preoccupi.»

«Devi convincerlo che sta sbagliando!»

«Lo farò.»

Shane chiuse la porta e tornò verso il letto, riprendendo a sistemare maglioni nella grossa valigia.

«Se vuoi convincermi che sto facendo una stronzata puoi anche tornartene a casa.» disse quando la porta si aprì.

Mark sospirò, «Non voglio convincerti di un bel niente.» esclamò e si sedette sull'unica sedia. «In verità stavo cercando di convincere tua madre, ma lei non vuole cambiare idea...»

Shane lo guardò per la prima volta da quando era entrato nella stanza e sospirò lasciandosi cadere sul letto. «Lo so, scusa.» disse, «Mia madre detesta Ellie e non ho ancora capito il perché.»

«Forse perché ha sempre pensato che tu e Gillian foste la coppia perfetta.» disse Mark, «Tu ed Ellen siete sempre stati molto vicini...»

Shane sospirò, «Sì, ma ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti da un momento all'altro!» disse e si fissò le mani per qualche secondo, poi guardò Mark.

Lui scrollò le spalle e fece dondolare la sedia da ufficio da una parte all'altra. «L'ha cambiato quando Ellen ha detto che avrebbe fatto il primo servizio fotografico.»

«Ma era la pubblicità di uno smalto!» replicò Shane, «Si vedeva solo la sua mano!»

«Forse non era quello che dava fastidio a tua madre, forse era il fatto che Ellen faceva qualcosa che poteva renderla famosa.» disse Mark.

Shane sospirò e posò una mano nella valigia aperta, posandola su un maglione verde scuro. «Però quando Brian si è messo con Kerry sua madre non ha fatto tutte queste storie e nemmeno Patricia quando Kian ha iniziato a frequentare Jodi.» esclamò alzando la voce, «Solo a mia madre non va bene.» sbuffò, «Gillian le andava bene solo perché non faceva nessuno lavoro che l'avrebbe resa famosa prima che gli altri scoprissero che stavamo insieme.»

Mark osservò lo sfogo dell'amico in silenzio. «Shane, lasciala perdere per un po'.» disse, «Prima o poi tua madre si metterà il cuore in pace.»

«Quando?» chiese Shane.

Mark alzò le spalle. «Non ne ho idea.»

Shane sospirò, «Io amo Ellen.» disse, «Ho già sbagliato una volta, non voglio farlo ancora.» mormorò.

«E allora non farlo.»

«E se mamma non mi parlasse più?» pigolò Shane.

«Non accadrà.» disse Mark. «Quando vedrà che tu ed Ellen siete felici insieme tua madre cambierà idea.»

Shane sorrise, sentendosi più tranquillo. «Dai, aiutami.» esclamò alzandosi, «Ormai ho quasi finito, mancano poche cose.» aggiunse e indicò la cassettiera. Mark si alzò e lo raggiunse e prese gli ultimi maglioni dal cassetto, afferrò il sacchettino profumato e lo posò sul cassettone.

«Hai finito di imballare le tue cose?» domandò.

«Solo i vestiti.» rispose Shane, «Comunque non manca molto, finirò nei prossimi giorni.»

***

«Non puoi impedirmelo!» gridò Shane mentre sistemava l'ultima scatola sul sedile posteriore della sua auto. «Io voglio stare con Ellen, e lo farò, che ti piaccia oppure no!» continuò e chiuse la portiera, che sbatté con violenza.

«Lei non è la donna giusta per te.» esclamò Mae. «Lei... lei si drogava, Shane!» 

Lui la fissò e aprì la portiera dalla parte del conducente, «E quindi?» domandò, «Ha smesso, si è curata, non lo fa più.»

«Non puoi stare accanto a una persona con un passato del genere!» piagnucolò Mae.

Shane inspirò lentamente, «Ti dà fastidio il fatto che si drogava, o che fosse una modella o che noi ci amiamo?» domandò e fece un sorriso quasi sarcastico. «Scommetto che se queste cose le avesse fatte Gillian tu non ci avresti fatto caso, vero?»

Mae non rispose e continuò a fissarlo. «Gillian è una brava ragazza.» disse dopo qualche secondo di silenzio.

Shane rise. «Gillian brava?» esclamò, «Vorrei ricordarti che la cara Gillian mi ha mentito dicendomi che era incinta per poi mentirmi nuovamente quando mi ha detto di aver avuto un aborto spontaneo?» domandò e fece per sedersi quando si bloccò vedendo una macchina fermarsi davanti alla sua. Attese e vide i suoi fratelli maggiori.

«Shane, non puoi...» esclamò Finbarr mentre si avvicinava.

«Ascoltate,» disse Shane, «se siete qui per farmi cambiare idea potete pure tornarvene a casa.» 

«Stai facendo soffrire la mamma.» esclamò Liam, «Vedrai che ti passerà, questa cosa.»

Shane lo fissò e aprì la bocca dalla sorpresa e anche dalla rabbia. Era il più piccolo della famiglia e in quel momento si sentì come quando era piccolo, dove tutti passavano metà del tempo a viziarlo e l'altra metà a dirgli cosa fare o cosa non fare. Inspirò lentamente e fissò i fratelli. «Ho ascoltato mamma per troppo tempo.» disse parlando lentamente, «E ho sofferto  per più di dieci anni.» continuò e strinse le mani a pugno, «Voglio essere felice. Con Ellen, adesso.»

«Lei non è...»

«Io la amo.» Shane interruppe Finbarr e si accorse che la sua voce aveva tremato, «Ellen mi ama, il resto non conta.» disse ed entrò in auto, chiuse la portiera con forza e partì sgommando, per poi fermarsi dopo quasi un chilometro, strinse il volante e posò la testa sulle mani e scoppiò a piangere.


Shane rientrò in casa e sorrise quando vide Ellen davanti al trespolo del pappagallo che avevano comprato due giorni prima.

«Sono Cocco.» disse Ellen, «Mi chiamo Cocco. Ciao, sono Cocco.»

Il pappagallo piegò la testa di lato e spiegò le ali rimanendo in silenzio.

«Non parla ancora?»

Ellen sobbalzò e si voltò verso Shane. «No.» disse, «Cioè... continua a chiedermi il biscotto.» si corresse e sorrise.

«Biscotto!» trillò Cocco.

Ellen lo guardò di traverso e sospiro prima di tornare a guardare Shane con un sorriso che si spense appena lo guardò bene. «Cos'è successo?» chiese avvicinandosi a lui, «Hai pianto.»

«Non è niente.» rispose lui e posò la scatola per terra. «Solo un piccolo litigio.»

«Piccolo litigio?» domandò Ellen inarcando un sopracciglio, «Non avresti gli occhi rossi se fosse solo un piccolo litigio.» aggiunse e gli prese il viso fra le mani. «Hai litigato con tua madre, vero?» 

Shane annuì lentamente e chiuse gli occhi, il sospiro che uscì dalle sue labbra assomigliò a un piccolo singhiozzo.

Ellen chiuse gli occhi. «Mi dispiace.» mormorò, «Non voglio che litighi con lei per causa mia.» sospirò.

Shane fece un piccolo sorriso, «Non è colpa tua.» disse e le baciò la fronte, «È lei che non capisce.» aggiunse e l'abbracciò, affondando il viso nel suo collo e stringendola come se lei potesse scappare da un momento all'altro.

Ellen gli accarezzò la schiena con gesti lenti e si fermò quando lo sentì più calmo e tranquillo. «Vai a lavarti la faccia, le lasagne sono quasi pronte.»

Shane sorrise e annuì, «Va bene.» mormorò, baciò la guancia di Ellen e si allontanò, passando davanti al trespolo dove se ne stava appollaiato Cocco.

«Cocco vuole biscotto! Biscotto!»

Shane sorrise e si fermò, «Ha imparato a dire il suo nome!» disse a Ellen.

Lei scrollò la testa, «Solo perché vuole da mangiare.» replicò lei e si avvicinò al trespolo, aprì un'antina di un mobile e prese un biscotto. «Sei un ruffiano, lo sai?» si rivolse con un sorriso a Cocco e gli porse il biscotto che il volatile afferrò con il becco.

***

Shane accarezzò i capelli di Ellen e le sorrise mentre la guardava. Erano su divano e lei era sdraiata con la testa sulle gambe di lui. Shane le sfiorò il viso e pensò che le cose si stavano finalmente mettendo a posto. Lui ed Ellen vivevano insieme da quasi quattro mesi, i bambini l'avevano accettata e lui avrebbe firmato presto un contratto. Solo con la sua famiglia le cose erano ancora ferme ma sapeva che non poteva farci nulla. Al contrario, i genitori di Ellen e suo fratello Robert lo adoravano —  come avevano sempre fatto —  e non avevano avuto nulla da ridire sulla loro storia.

Il campanello suonò ed Ellen si mise seduta. «Credo che i bambini siano arrivati.» disse e si alzò in piedi, seguita subito dopo da Shane.

«Cocco vuole biscotto!»

«Zitto.» gli disse Ellen mentre Shane andava ad aprire.

«Biscotto. Cocco vuole biscotto.»

Ellen sorrise e scosse la testa, divertita dal cicaleccio del pappagallo.

I bambini entrarono, seguiti da Gillian e dal nuovo compagno di lei, James. I bambini si avventarono su Shane, stringendogli le gambe e allungando le braccia per farsi prendere in braccio.

Ellen li raggiunse e prese gli zainetti dalle mani di Gillian, «Li porto nella loro stanza.» disse con un sorriso e sparì dietro una porta mentre Cocco continuava a chiedere il suo biscotto.

«Andate subito o rimanete per un caffè?» domandò Shane, ci teneva a mantenere i rapporti civili con la sua ex, almeno per i bambini.

Gillian annuì e i tre andarono i cucina, lasciando i bambini in salotto, in compagnia di Cocco e delle sue richieste di biscotti.


Ellen entrò nella stanza che avevano riservati ai bambini e posò gli zainetti sui rispettivi lettini, tirando fuori i pupazzi e sistemandoli sui cuscini. Sfiorò la coperta sopra al lettino di Nicole e sorrise mentre tirava fuori i pigiamini. Li sistemò con cura sotto i rispettivi cuscini e, mentre sistemava un orsetto di pezza — apparteneva a Patrick —,si rese conto che avrebbe voluto un bambino anche lei. Un piccolo neonato da stringere e baciare, da cullare cantando una ninna nanna.

Un piccolo essere da amare.

Deglutì e si sporse per afferrare l'orsetto e lo strinse prima di sorridere e rimetterlo sul cuscino. Uscì dalla stanza sorridendo, voleva un bambino da Shane e lo voleva subito.

In salotto trovò i bambini che osservavano Cocco.

«Volete dargli un biscotto?» chiese con un sorriso e i bambini la guardarono per poi scuotere la testa.

«Biscotto!» trillò Cocco.

Ellen prese un biscotto dal mobile, slegò Cocco liberandolo dalla catenella e lui le volò sulla spalla, chiedendo a gran voce il suo biscotto. Ellen s'inginocchiò davanti ai bambini e porse a loro il biscotto e i bambini indietreggiarono, spaventati, poi il piccolo Shane Jr si fece coraggio, prese il biscotto e lo porse a Cocco, che lo afferrò con il becco per poi tornare sul suo trespolo per mangiarlo in tranquillità.

I piccoli risero e corsero in cucina, Ellen li seguì e si mise accanto a Shane, avrebbe voluto dirgli subito che avrebbe voluto un bambino — ormai aveva trentadue anni — ma pensò che non sarebbe stato carino e decise di rimandare la conversazione a quando sarebbero rimasti soli.


Shane guardò Ellen mentre si sdraiava accanto a lui, nel loro letto. «Stai bene?» le chiese, sei strana da quando i bambini sono arrivati.» notò.

Ellen sorrise, «Sto bene.» rispose lei infilando le gambe sotto alle coperte. «Voglio un bambino, Shane.» disse.

Shane la fissò sorpreso e sorrise, «Veramente?»  chiese e sorrise ancora di più.

Ellen annuì e si girò sul fianco per poterlo guardare, «Sì.» rispose, «E lo voglio fare adesso.» mormorò allungando una mano verso di lui e sfiorandogli il torace.

«Ma prendi la pillola.» fece lui.

«Lo so.» sospirò lei, «Ne mancano cinque e poi avrò il ciclo e poi...» disse e sorrise.

«E poi avremo il nostro bel bambino.» concluse Shane e l'attirò su di sé, senza smettere di sorridere e la baciò.

***

Shane aprì gli occhi e si passò una mano sul viso segnato dalla stanchezza. Fissò il letto d'ospedale davanti a lui e gemette mentre si alzava in piedi. Fissò la figura sul letto e sospirò, desiderando tornare indietro nel tempo, quando era in quello stesso ospedale e Scarlett era appena nata e lui aveva passato tutta la notte a guardarla senza smettere di sorridere neppure per un'istante.

Invece adesso Scarlett aveva otto mesi, due settimane e quattro giorni, e dormiva abbracciata a sua madre. Shane sfiorò il viso di Ellen e si accorse che stava piangendo, come ormai accadeva da sei lunghi giorni, da quando Ellen aveva sterzato bruscamente per evitare di andare contro un'auto che stava facendo un sorpasso azzardato. L'auto di Ellen era finita fuori strada e lei aveva battuto la testa prima che il finestrino si rompesse e un pezzo di vetro le tagliasse un polso. 

Coma.

La sua Ellie era in coma e lui non poteva fare nulla per aiutarla. Shane sospirò e scostò i capelli dal viso della sua fidanzata. Da quando avevano fatto l'amore in Italia erano passati trenta mesi e tre settimane e lui l'amava ogni giorno di più. 

Guardò Scarlett, prese il cellulare e scattò un'altra foto; sfiorò le guance rotonde della bambina e sorrise.

«Dobbiamo lavarla.» esclamò un'infermiera strappandolo dai suoi pensieri.

«Va bene.» commentò lui, prese la bambina e la sollevò per poi posarla contro la sua spalla e uscì dalla stanza.

Si fermò nel corridoio e si lasciò cadere su una sedia, accanto a Robert.

«Vai a casa a dormire.» 

Shane guardò Robert.  Dormire? Ormai non sapeva cosa volesse dire dormire e non perché Scarlett si svegliava almeno due volte per notte, ma non riusciva a dormire perché Ellen non era con lui. Si limitò ad annuire in risposta. «Aspetto che finiscano e saluto Ellie, poi vado.» commentò dopo qualche secondo di silenzio.


Shane entrò in casa e si fermò nel salotto, tolse la figlia dal passeggino e le baciò la testa.

«Cocco vuole biscotto.» esclamò il pappagallo. «Ellie! Biscotto!»

Shane sorrise —  un sorriso amaro —  e prese un biscotto, lo diede a Cocco e lo sfiorò sulla schiena, fra le ali, «Ellie non c'è.» mormorò, baciò ancora la nuca di Scarlett e andò in bagno per cambiare la bambina per la notte.

Venti minuti dopo, dopo aver messo a letto Scarlett —  nel letto matrimoniale, circondata da cuscini perché non cadesse —   e aver liberato Cocco, tornò in cucina. Infilò le lasagne nel microonde, si girò, appoggiandosi al bancone e osservò Cocco che si sistemava sullo schienale di una sedia.

«Manca anche a me.» disse,  «Mi manca tanto.» 

Cocco piegò la testa di lato e spiegò le ali, «Scarlett... non mangiarlo!» gracchiò.

Shane sorrise, «Adesso Scarlett dorme, fai silenzio.»

Il pappagallo ripiegò le ali e si piegò in avanti, verso il cestino del pane. 

«Dopo ti do da mangiare.» gli disse Shane e si girò, le lasagne erano pronte. 

Le tirò fuori e le mise in un piatto, e le guardò come se le vedesse per la prima volta. Con un sospiro si sedette al tavolo e guardò Cocco. «Le lasagne non le puoi mangiare.»

«Ho fame!»

«Dopo ti do da mangiare.» ripeté Shane e, nonostante tutto, sorrise.

***

Shane osservò con orrore i medici che entravano nella stanza di Ellen e l'infermiera che lo spingeva fuori. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo e aveva paura. Tanta paura. 

«La prendo io.»

Shane guardò Mark che gli prendeva Scarlett dalle braccia e non si accorse neanche di aver annuito in risposta. Respirò a fondo e infilò le mani fra i capelli, girando su se stesso e si bloccò, quando vide i suoi genitori.

«Cosa ci fate qui?» gracchiò, sull'orlo delle lacrime.

«Siamo venuti per te.» disse Mae. «Ellen... come sta?»

«Perché siete qui?» chiese Shane, «Sono sei mesi che non mi parlate.»

«Vogliamo starti vicino, e voglio vedere la mia nipotina, sai, se dovesse succedere qualcosa a Ellen...»

Shane osservò sua madre e fece una smorfia disgustata. «Lei starà bene.» mormorò, «Ellen starà bene.» ripeté, più per convincere se stesso che i suoi genitori.

«Signor Filan?»

Shane si girò verso il medico che l'aveva chiamato e lo fissò temendo il peggio, già pronto a buttarsi a terra e scoppiare in lacrime.

«Sua moglie si è svegliata.»

«Tua moglie?» esclamò Mae, «Hai sposato Ellen? Come hai potuto?»

Shane si girò verso di loro con un sorriso sul volto e alzò la mano sinistra su cui brillava la fede. «Vi avrei invitato se non smettevate di parlarci.» rispose e si girò, ed entrò nella stanza di Ellen.


Era un miracolo.

Almeno, era quello che avevano detto i medici. “Il risveglio di Ellen è un miracolo.”

Shane sorrise a sua moglie e posò Scarlett sul letto accanto a lei ed Ellen alzò una mano con fatica —  si era svegliata da sei giorni ma era ancora debole — e sfiorò la testolina della bambina. 

«Cocco ha imparato una nuova frase.» disse Shane e si chinò su Ellen e le baciò la fronte. 

«Quale?» gracchiò Ellen e sorrise senza smettere di sfiorare Scarlett.

Shane ridacchiò, trascinò una sedia vicino al letto e si sedette. «Scarlett! Dai biscotto a Cocco!» rispose cercando di imitare la voce stridula del volatile.

Ellen sorrise e spostò la mano, cercando quella di Shane. «Ti amo.» mormorò.

«Anche io ti amo.» disse Shane stringendole la mano, «Sei la mia anima gemella.» mormorò sulla sua pelle.


Shane sbadigliò e si sedette sulla sedia in corridoio. I medici stavano controllando Ellen per il solito giro mattutino e lui era dovuto uscire, anche se aveva insistito per restare; comunque Ellen sarebbe uscita dopo due giorni e lui era felicissimo. Sbadigliò nuovamente e appoggiò la testa contro la parete. Erano le nove e mezzo  del mattino e lui aveva dormito solo cinque ore —  e neppure di fila —  perché a Scarlett era spuntato un altro dentino e aveva pianto tutta la notte. E in più ci si era messo anche Cocco, che si era svegliato e aveva reclamato il suo biscotto e il cibo in generale.

Però era felice, Ellen stava bene, la sua —  la loro —  bambina cresceva forte e sana  e lui non poteva esserne più che felice. 

Shane sospirò e chiuse gli occhi, sentendosi stanco.

«Shane, svegliati.»

Shane socchiuse gli occhi riconoscendo la voce di Kian. «Che c'è?» biascicò.

«Ma dormi?»

«Secondo te? Sì...» Shane sbadigliò e aprì gli occhi e quasi sobbalzò quando vide Kian davanti a sé, «Ma cosa...»

«Stai bene?» chiese Kian preoccupato.

Shane annuì lentamente, guardandosi attorno. Il corridoio dell'ospedale stava svanendo lasciando posto al camerino. «Stavo sognando...» mormorò. 

«Dobbiamo incontrare le ragazze del meet.» gli ricordò Kian. «Cosa stavi sognando?»

Shane annuì lentamente e si passò le mani sul viso.  «Arrivo.» disse e si alzò in piedi. 



Questa storia è nata diversi mesi fa ed è stata un lunga “gestazione”: ho iniziato a scriverla il 23 Marzo di quest'anno, ed era nata come one shot, ma all'inizio del secondo capitolo mi sono accorta che la storia si stava allungando troppo, così ho deciso di dividerla in capitoli. I titoli sono i titoli di alcune canzoni dei Westlife, giusto per restare in tema xD
Anche perché avevo immaginato scene abbastanza brevi, poi ho iniziato ad aggiungere una frase qui, una lì, e scrivi questo e quello,  aggiungi questa scena, aggiungi quella... le brevi scene sono diventate lunghissime xD
So anche che non ho mantenuto lo stesso pov per tutto il capitolo ma è un mio problema -.- Ah,e so che la storia del coma è un po' campata per aria ma credetemi, c'è una spiegazione a ogni cosa ma dovete aspettare il capitolo sei.
La parte finale di questo capitolo, quella in corsivo, sarebbe l'inizio del secondo capitolo. Se fosse rimasta una one-shot non ci sarebbero stati problemi, ma visto che l'ho trasformata in una long...
Comunque... posto oggi, 22 Giugno, perché, due anni fa, ero al penultimo concerto dei Westlife, a Croke Park, Dublino. In prima fila al Pitch stand, li ho visti da vicino, li ho sfiorati... basta perché altrimenti inizio a piangere.
Spero che vi sia piaciuta e che qualcuno commenti.
Aggiornerò la prossima settimana, connessione permettendo.

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Capitolo 3
*** 2. Pictures in my head ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

2.
Pictures In My Head
*** When you gonna see me ***

Shane annuì lentamente, guardandosi attorno. Il corridoio dell'ospedale stava svanendo lasciando posto al camerino. «Stavo sognando...» mormorò. 

«Dobbiamo incontrare le ragazze del meet.» gli ricordò Kian. «Cosa stavi sognando?»

Shane annuì lentamente e si passò le mani sul viso. «Arrivo.» disse e si alzò in piedi. «Ricordo poco del sogno.» disse mentre prendeva una bottiglietta d'acqua. 

«Ricordo solo che ero rimasto sposato quasi dieci anni con Gillian.» esclamò e svitò il tappo.

Kian inarcò un sopracciglio. «Gillian come mia cugina?» chiese e sorrise, divertito da quell'eventualità.

Shane annuì e sorseggiò l'acqua direttamente dalla bottiglia, «Sì, proprio lei.» confermò e rise, «E stavo con lei anche se ero innamorato di un'altra...» continuò.

Kian scosse la testa. «Tu sposato?» domandò ridendo, «Dovrebbe nevicare in mille colori, prima che tu ti sposi.»

Shane annuì e posò la bottiglietta sul tavolo. «Eh, già.» disse, «Amo la vita da single.» esclamò e prese il pacchetto delle mentine, ne ingoiò una e si guardò allo specchio. «Sono perfetto.» disse con un sorriso. 

Mentre lui e Kian raggiungevano gli altri pensò alla sua vita: era un cantante — una delle tre voci principali dei Westlife, insieme a Mark e Brian — famoso in mezzo modo, aveva un sacco di ragazze che gli si buttavano ai piedi — gli sarebbe bastato schioccare le dita per avere una ragazza diversa ogni sera —, guadagnava un sacco di soldi e il loro secondo e — per ora — ultimo album “Coast to Coast” stava andando alla grande. Quella sera, 12 Marzo 2001, avrebbero cantato per la terza volta a Londra, alla Wembley Arena.

«Speriamo che siano carine.» esclamò Shane.

«Tu pensi sempre alle ragazze.» gli disse Nicky.

Shane rise, «Non è colpa mia se tu sei fidanzato dall'asilo!»  scherzò prima di dargli un'affettuosa pacca sulla schiena.

Louis li richiamò all'ordine e i cinque lo seguirono nella piccola sala dove avrebbero incontrato le fans, fatto autografi e posato per le foto. Da quello che ne sapeva Shane, dovevano incontrare venticinque ragazze, divise in cinque gruppi. Sperò che almeno una di loro fosse bella e che non balbettasse o urlasse davanti a loro.

I primi due gruppi entrarono e uscirono e nessuna delle ragazze attirò l'attenzione di Shane. Lui non cercava una donna per la vita — aveva solo ventidue anni, dopotutto — ma una per la notte sì. Entrò il terzo gruppo e Shane osservò con poco interesse le ragazze che si mettevano in fila, pensando che anche lì non c'era nessuno che attirasse la sua attenzione, ma poi incrociò lo sguardo della quinta ragazza del gruppo e il cuore mancò un battito mentre smetteva per un secondo di respirare.

La ragazza era, secondo lui, bellissima. La più alta del gruppo — comunque più bassa di lui —, con lunghi capelli biondo scuro, quasi castani, e grandi occhi verdi. Si muoveva leggiadra, come se fosse una modella o una ballerina, e aveva un sorriso che le illuminava il volto dai lineamenti sottili e delicati.

Shane si riscosse dalla sua semi-apatia e sorrise, in attesa che fosse il turno di quella ragazza.

«Sono Ellen.» disse lei quando fu il suo turno e Shane sorrise afferrando il pupazzo che lei gli porgeva e si sporse in avanti per baciarle le guance, inspirò piano il suo profumo — di fiori, frutta e qualcosa di dolce che non riuscì ad identificare — e pensò che era ancora più bella da vicino. Voleva conoscerla meglio, e sperò che insieme al pupazzo ci fosse un biglietto con un numero di telefono. Purtroppo il turno di Ellen finì e lei se ne andò, e Shane guardò dove aveva sistemato il pupazzo — un orso di pezza con un grande cuore rosso stretto fra le zampine — per prenderlo dopo e cercare quel benedetto numero perché era sicuro che Ellen l'avesse scritto.

«Non dirmi che ti sei innamorato!» lo prese in giro Mark.

Shane alzò gli occhi al cielo e guardò la porta aprirsi e il quarto gruppo entrare, nessuna bella ragazza — nessuna più bella di Ellen in ogni caso — e tornò a guardare Mark. «Non sono innamorato.» rispose, «È solo che quella ragazza è talmente bella...» mormorò. 

Mark lo guardò appena e sorrise. «Certo, come no.» ridacchiò, «Per me sei cotto.»

Shane non replicò e continuò a sorridere mentre la prima ragazza del gruppo si avvicinava.


«Shane ha una cotta! Shane ha una cotta! Shane ha una cotta!» cantilenò Brian mentre ritornavano nei camerini. 

Il diretto interessato lo ignorò e infilò il pupazzo nella sua borsa.

«Hai una cotta!» squittì Mark.

«Non ho una cotta.» replicò Shane, «Lei è... bellissima.» sospirò sedendosi.

Kian lo guardò con un sopracciglio alzato. «Per me hai una cotta.» disse, «Shane “io non mi innamoro di nessuno” Filan ha una cotta.» ridacchiò. «Aspetta che lo sappiano i giornali...»

Shane gli lanciò un'occhiataccia, «La volete finire?» sbottò per poi sbuffare rumorosamente. «Io non ho assolutamente e categoricamente una cotta per quella ragazza.» specificò, «Voglio conoscerla meglio... a letto.» disse e rise.

***

Shane guardò Mark uscire dalla stanza — dividevano la camera — e si alzò in piedi, attese un minuto e prese il pupazzo di Ellen e lo rigirò alla ricerca di un biglietto.

«Maledizione!» imprecò quando non trovò nessun pezzo di carta e strinse con forza il cuore, rilassò la mano quando sentì qualcosa di metallico contro il palmo. Sorrise e aprì la cerniera del cuore, infilò la mano e prese quella che gli sembrò una busta.

La tirò fuori e la osservò, era giallo chiaro. L'aprì e prese la lettera, dello stesso colore e la spiegò — era piegata a metà — e iniziò a leggerla con un sorriso e sorrise ancora di più quando si accorse che sul retro la ragazza aveva lasciato il suo numero di telefono. Prese il cellulare e lo compose, lo salvò e premette il tasto di chiamata.

«Pronto?» 

«Ellen Green?» chiese lui per sicurezza.

«Sì, sono io.» rispose lei, «Chi parla?»

«Shane Filan.»

Ellen rise, «Tom, non prendermi in giro!»

Shane fece una smorfia offesa, «Non sono Tom, sono Shane.» replicò, «Ieri sei venuta al meet, eri l'ultima del terzo gruppo, avevi dei jeans chiari e una maglietta azzurra a maniche lunghe, mi hai regalato un orsetto di pezza con un cuore rosso, la lettera era dentro di esso. È giallo chiaro, con una spiaggia e una palma nell'angolo in basso a destra, hai quasi ventun anni, abbiamo... nove mesi di differenza e sei nata e cresciuta a Londra.» disse guardando il foglio.

«Oh.» mormorò lei, «Oh! Cacchio!»

Shane rise. 

«Mi dispiace!» squittì lei, «Oddio, che figuraccia!» gemette.

«Non preoccuparti.» disse lui.

«È che i miei amici sono stupidi e mi fanno scherzi ancora più idioti.» spiegò lei. 

Shane sorrise, «Ne so qualcosa.» disse ripensando per un breve momento agli altri che avevano continuato a dirgli che aveva una cotta, «Comunque... sei libera adesso? Per un caffè?» propose.

Ellen si schiarì la voce. «Cosa?» strillò, «Sei... sicuro?» chiese.

Shane sorrise, «Sicurissimo.» rispose e guardò l'orologio, erano le otto e mezza. «Devo solo essere indietro per mezzogiorno.»

«Va benissimo!» cinguettò lei e Shane sorrise, i due si misero d'accordo e si salutarono.

Shane gettò il cellulare sul letto e corse a prepararsi.


Shane si sedette sulla panchina e si guardò attorno, era in anticipo di un paio di minuti. Sospirò e afferrò la rivista che qualcuno aveva dimenticato sulla panchina e iniziò a sfogliarla girando le pagine senza vederle fino a quando il suo sguardo non fu catturato da una pubblicità. Fissò lo sfondo rosa shocking e la ragazza che lo guardava ridendo dalla pagina, con un cappellino color carta da zucchero con una striscia di un tono più scuro calato in testa, i lunghi capelli castani che le incorniciavano il viso appena abbronzato mettendo in risalto gli occhi verdi. La mano sinistra era sul viso, le dita aperte, uno smalto diverso per ogni unghia.

Shane deglutì piano, continuando a fissare la pubblicità.

«Ciao! Sei qui da molto? Non volevo farti aspettare, quello stupido non la piantava di parlare...»

Shane alzò lo sguardo, incrociando quello divertito di Ellen, guardò la pubblicità e di nuovo Ellen.

«Ops! Beccata!» ridacchiò lei sedendosi accanto a lui.

«Sei tu?» domandò Shane, «Sei una modella?» chiese e si domandò perché una modella dovesse pagare un meet per incontrarlo, quando le sarebbe bastato andare in uno dei locali più famosi di Londra per trovarlo.

«Fotomodella.» lo corresse lei e sorrise,  «Niente d'importate, solo foto per smalti, rossetti, occhiali da sole e creme corpo...» spiegò.

Shane annuì lentamente, «Non pensavo che fossi famosa.» disse.

Ellen rise, «Non sono famosa!» esclamò guardando Shane e lui si perse per un'istante nei suoi occhi, «Qui vicino c'è una caffetteria, andiamo?» propose.

Shane annuì lentamente sentendosi stupido perché non riusciva a dire una parola. Si alzò e si schiarì la voce, «Da quanto tempo fai questo lavoro?» chiese.

«Due anni e qualche mese.» rispose Ellen fermandosi sul ciglio delle strisce pedonali, «Ecco, la caffetteria è lì.» disse e indicò un edificio all'angolo della strada.

Shane annuì e pensò che avrebbe voluto baciare quel braccio che Ellen gli aveva sventolato sotto al naso, per vedere se la pelle fosse così morbida come sembrava.

La caffetteria aveva di tavolini all'esterno, in un vicolo, e i due si sedettero e ordinarono due caffè.

«Dove abiti?» chiede Shane.

Ellen sorrise — un sorriso bellissimo, pensò Shane — e indicò il palazzo di cinque piani alle sue spalle. «Lì, nell'attico.»

Shane mise le mani in grembo, indeciso — per la prima volta — su cosa fare. «Vivi da sola?» 

Ellen scosse la testa. «No.» rispose, «Con i miei.» rispose, «Mio fratello Rob vive con la sua ragazza in fondo alla strada.»

Shane annuì nuovamente e si sentì stupido, era la prima volta che si sentiva così insicuro con una ragazza, così tanto da fare domande scontati e banali, così tanto insicuro da annuire solamente invece di ribattere con qualcosa d'intelligente. «Come mai non vivi da sola?» chiese e quando arrivò il cameriere lo ringraziò e strinse la tazza.

«Perché mi piace stare con la mia famiglia.» rispose lei e Shane sorrise — anche a lui piaceva stare con la sua famiglia — «E perché è bello quando torni alle tre di notte dopo un viaggio transoceanico trovare il tuo tramezzino preferito e del latte sul tavolo, e essere svegliate al mattino con la colazione al letto.»

Shane annuì e per una volta lo fece perché era d'accordo e non perché non sapesse cosa dire. «Hai ragione.» disse, «Dove sei stata di bello? Hai parlato di voli transoceanici.»

Ellen sorseggiò il suo caffè, «A New York.» rispose stringendo la tazza, «Per un paio di servizi per un catalogo di costumi da bagno...»

Shane portò la tazza alle labbra, nella sua mente si stava formando l'immagine di Ellen con addosso uno striminzito bikini colorato.

«Erano solo un paio di foto, alla fine, ma mi sono divertita.» finì Ellen.

Shane sorrise, «Bello.» commentò, «Dev'essere stata... una bella esperienza.» disse e respinse l'impulso di chiederle di quale catalogo si trattasse.

Ellen annuì, «Sì, bellissima.» confermò. 

Shane le stava per chiedere com'era la Grande Mela quando un fattorino, con uno scatolone in mano, si avvicinò a Ellen.

«La razione mensile.» disse il fattorino posando la scatola su una sedia libera, Ellen firmò la ricevuta e lo salutò.

«Reazione mensile?» chiese Shane senza accorgersi di aver parlato ad alta voce e che quello non era un solo pensiero.

«È il cibo per Cocco.» rispose lei.

«Cocco?»

«È il mio animaletto domestico.» spiegò Ellen, «Adorabile quanto rompi palle.»

Shane sorrise, più rilassato di prima e bevve un sorso di caffè prima di posare la tazza sul tavolo. «Bello.» commentò e si sentì un po' stupido — meno di prima, comunque —  e riprese in mano la tazza.

«Vuoi vederlo?» chiese lei e Shane quasi si strozzò con il caffè, «Tanto devo portare la scatola di sopra, non posso andare in giro con questa per mezzo quartiere.»

Shane si limitò ad annuire, incapace di dire qualcosa, alzò il braccio, fermò il cameriere e pagò, anche se Ellen insistette per offrire lei, finì il caffè in un sorso e aspettò che Ellen facesse altrettanto.

«Spero che non ti dia fastidio se entriamo dal retro.» commentò Ellen mentre cercava le chiavi nella borsa — impresa difficile con una scatola sotto a un braccio e una borsa che sembrava quella di Mary Poppins.

Shane le sorrise e le prese la scatola, «Nessun fastidio.» disse mentre Ellen trovava le chiavi. 

In due minuti furono davanti alla porta dall'appartamento di Ellen.

«Sai che se mi padre avesse detto di sì al trasferimento quando avevo tre anni a quest'ora vivrei a Sligo?» commentò Ellen mentre apriva la porta di casa.

Shane aprì la bocca per chiederle di essere più chiara quando si bloccò alla vista dell'enorme — almeno per lui — pappagallo che troneggiava nel salotto. Era bianco, con la punta delle ali e della coda marrone, con una spruzzata di giallo qua e là.

«Cocco vuole biscotto!»

«Lui è... Cocco?» balbettò il ragazzo mentre Ellen chiudeva la porta.

Lei gli sorrise e posò la scatola sul tavolino davanti al divano blu scuro, «Sì, lui è Cocco.»

«Biscotto!» gracchiò l'animale, «Biscotto!»

«Un attimo, brontolone.» esclamò Ellen, prese un paio di forbici dal cassetto del tavolino e aprì la scatola, rivelando diverse confezioni di cibo per il pappagallo. Andò verso l'animale e slegò la catenella che assicurava Cocco al trespolo.

«Lo... liberi?» chiese Shane.

«Sì.» rispose Ellen mentre Cocco volava sulla sua spalla, «Shane... hai paura?»

Lui inspirò a fondo, «Non è paura... è che... sono sorpreso, ecco.» rispose. «Pensavo a un gatto, un cane o un coniglietto...»

Ellen sorrise, «Cocco è buono.» disse e gli grattò la testa e il pappagallo sembrò gradire, «Ogni tanto è un po' rompi ma è adorabile.»

Shane si limitò ad annuire e fece un passo di lato quando Ellen si avvicinò a lui per prendere una confezione dalla scatola, l'aprì, scartò un biscotto e Cocco lo afferrò con il becco per poi volare sul suo trespolo.

«Non ti ha mai beccato?» domandò Shane osservando Cocco che mangiava. 

«No.» disse Ellen e sistemò la scatola in un mobile basso, «Nemmeno una volta. Cocco si diverte solo a rompere, chiedendo da mangiare.» rise, «Ogni tanto penso che un giorno mi troverò la protezione animale davanti alla porta, che mi accusa di tenere a stecchetto il povero Cocco.»

Shane rise, «Ho capito.» disse, «Ma spiegami meglio quello che mi stavi dicendo prima di tuo padre e del trasferimento.»

Ellen annuì, «Vuoi qualcosa? Acqua?» chiese.

«Sì, dell'acqua andrà benissimo.» rispose Shane e si sedette sul divano girandosi per guardare Cocco.

Il volatile lo fissò, aprì le ali e piegò la testa, prima da un lato e poi dall'altro. «Ho fame!» strillò, «Sono in ritardo! Ho fame!»

Ellen tornò in salotto con due bicchieri d'acqua, «In realtà quello che ha fame è mio padre, lo ripete sempre.» disse e fece una risatina.

«E tu sei quella in ritardo?» 

«No!» rispose lei, «Quella è mia madre.» spiegò e fece un respiro profondo. «Mio padre è direttore di banca. Quando avevo tre anni era il segretario o qualcosa del genere del vice direttore e gli avevano proposto di andare nella filiale di Sligo.» disse.

Shane annuì e sorseggiò l'acqua, «E perché non siete venuti?»

Ellen scrollò le spalle, «Perché sua madre ha smosso mari e monti, ha insistito così tanto che alla fine papà rifiutò, anche se lui le promise che avrebbe mandato me e Rob alla scuola cattolica.»

«Vuol dire che avresti frequentato la Summerhill?» gracchiò Shane.

Ellen annuì, «Probabilmente sì.» disse, «Papà poi si è vendicato: nonna pensava che avremmo frequentato la scuola cattolica che voleva lei, ma papà ci ha spedito in una scuola che era tutto tranne che cattolica.» ridacchiò.

Anche Shane rise e si fermò, posò il bicchiere sul tavolino accanto a quello di Ellen e la guardò, «Bhe... non ci siamo conosciuti quando eravamo piccoli, ma ci siamo conosciuti adesso.» disse, ritrovando la sua sicurezza.

Ellen lo fissò, sorpresa, e a Shane piacque quell'espressione stupita, gli occhi verdi sgranati e quello che sembrava un sorriso, «Ehm... sì.» gracchiò e Shane sorrise ancora di più, finalmente i ruoli su erano invertiti: ora era lui quello che parlava con sicurezza, senza balbettare o dire cose ovvie.

Shane si avvicinò ancora di più a lei e posò la mano sullo schienale del divano, le sorrise e la fissò, «Chissà, magari a quest'ora io e te staremmo insieme...» mormorò, la voce bassa e roca, e si piegò verso di lei, pronto per baciarla, quando un rumore, come un frullio d'ali, lo fece fermare. Shane si girò verso sinistra, per capire da dove venisse il rumore e per poco non urlò quando si ritrovò Cocco a meno di mezzo metro dalla faccia.

«Cocco!» esclamò Ellen, «Sei un guastafeste!» 

Il pappagallo volò sopra le loro teste e planò oltre il tavolino, sul morbido tappeto.

«Shane... stai bene? Sei pallido.» esclamò Ellen guardando il ragazzo.

Lui annuì lentamente e staccò gli occhi dal volatile e li posò sulla ragazza, «Me lo sono trovato davanti...» disse, «Mi ha fatto prendere un colpo.»

Ellen sorrise e gli sfiorò la testa, e Shane si bloccò nuovamente e la guardò, sorpreso, prima di sorriderle.

«Ciao! Sono Cocco!» trillò il pappagallo aprendo le ali e zampettando sul tappeto, «Sono in ritardo! Sono in ritardo!» 

Shane sorrise e fissò la mano di Ellen che si spostava dalla sua testa al bicchiere e lo portava alle labbra — né troppo grosse né troppo sottili — dall'apparenza morbida, e inspirò a fondo, lentamente.

«Come mi sta?» continuò Cocco, si fermò, ripiegò le ali e piegò la testa, prima da un lato poi dall'altro, «Come mi sta? Mi fa il culo grosso!»

Shane lo fissò e sorrise, poi rise. «Questa sei tu, vero?»

Ellen fece una smorfia offesa e scoppiò a ridere. «Sì, sono io.» disse e posò il bicchiere sul tavolino e fissò Cocco che li fissava. «Stupido pennuto.»

Shane la guardò e vide che sorrideva, nonostante l'insulto rivolto a Cocco, Ellen lo fissava con dolcezza, affetto — amore — e sorrise, finì la sua acqua, poi guardò l'orologio a cucù e sobbalzò, «Sono già le undici meno un quarto.» esclamò, sorpreso, non si era accorto che fosse passato così tanto tempo. «Devo andare.»

Ellen annuì e si alzò in piedi, «Ti accompagno di sotto.» disse, Cocco volò sopra la sua spalla e sorrise quando Shane fece un passo indietro; andò al trespolo e legò Cocco, tornò da Shane e prese le chiavi di casa.

Entrarono nell'ascensore, «È stato un piacere incontrarti.» disse Shane quando le porte si chiusero.

Ellen sorrise, «Anche per me.» disse, «Non pensavo che mi avresti chiamato.» ammise e arrossì appena e Shane pensò che fosse ancora più bella con le guance colorate di rosso. «Di sicuro saranno tante le fans che ti lasciano il numero, oltre che a lanciarti i reggiseni durante i concerti.»

Shane sorrise e la guardò, socchiudendo gli occhi per un'istante, prima di fare una risata divertita, «Diciamo che mi hai colpito.» disse.

Ellen lo guardò e sorrise mentre l'ascensore si fermava al piano terra.

«Ci vediamo, Ellen.» esclamò Shane sul portone, «Ti chiamo nei prossimi giorni.» disse e si sorprese — o forse no — nel constatare che era vero, che l'avrebbe richiamata appena avesse avuto cinque minuti liberi.

«Ciao, Shane.» disse lei, «Grazie per il caffè.»

Lui le sorrise e le posò la mano destra sul fianco, per poi posare anche l'altra sull'altro fianco e chinarsi appena, le baciò la guancia destra, inspirando il suo profumo, lo stesso del giorno prima. Strinse leggermente le mani mentre le baciava anche l'altra guancia, e sentì sotto alla dita la morbidezza della stoffa e il calore della sua pelle dove l'indumento si era alzato. «A presto.» le mormorò prima di sorridere nuovamente.

Anche Ellen sorrise, «A presto.» disse.

Shane le sorrise un'ultima volta, le sfiorò il viso con due dita, si voltò e se ne andò alla ricerca di un taxi.

***

«Shane ha una cotta!» strillò Brian.

Shane lo guardò appena e gli lanciò il tovagliolo di carta che aveva appena appallottolato e lo colpì. «Non ho una cotta.» sibilò.

«Io direi di sì.» replicò Nicky, «Sei andato a casa sua!» esclamò, «Dicci cosa avete fatto.» ordinò.

Shane sospirò, «Niente.» disse, «Non abbiamo fatto nulla.»

Mark, seduto accanto a lui lo fissò e inarcò un sopracciglio, «Niente di niente?» chiese, «Nemmeno un bacetto?»

Shane lo guardò appena e fissò quello che rimaneva della sua insalata. «Stavo per baciarla ma quello stupido di Cocco ha interrotto tutto quanto e mi ha fatto venire quasi un infarto.»

«Chi è Cocco?» chiese Kian.

«Il suo pappagallo.» rispose Shane. «Prima era sul suo trespolo, due minuti dopo era sulla spalliera del divano che mi fissava con i suoi occhietti neri... c'è mancato poco e mi sarei messo a strillare come una femminuccia.»

Kian rise, «Un pappagallo che rompe sul più bello... peggio di una madre!» scherzò.

«Non prendermi in giro!» sbottò Shane, «È enorme e mi fissava come se volesse staccarmi il naso con una beccata sola.»

Kian rise, «La tua cotta ha una guardia del corpo ed è un pennuto!» lo prese in giro e Shane fece una smorfia offesa.

«Ellen è una fotomodella.» disse Shane dopo qualche secondo. 

Mark si girò verso di lui. «Fotomodella?» ripeté, «Wow.» esclamò.

«Mi ha detto di essere stata a New York per un servizio fotografico per un catalogo di costumi da bagno.» sospirò Shane.

«Quale catalogo?» chiese Brian. «Sono curioso.» continuò e Shane gli lanciò un'occhiataccia e non rispose. «E dai, non tenerti le cose per te!» protestò Brian. «O forse sei... geloso?»

«Shane ha una cotta ed è geloso!» cantilenò Kian.

«Non sono geloso.» protestò il diretto interessato. «È che non so che catalogo abbia fatto.»

«E non potevi chiederglielo?» chiese Nicky, «Certe volte bisogna spiegarti tutto!»

Shane sbuffò, «Me ne sono dimenticato.» disse, «Sapete com'è, ero troppo preso a immaginarla con addosso solo uno striminzito bikini.» aggiunse e sorrise, ritrovando il suo solito sorriso.

«Bhe, a quanto ricordo la tua Ellen ha davvero un bel corpo.» disse Kian.

Shane annuì, «Già, un corpo bellissimo.» sospirò, «Aspetta...» mormorò guardando l'amico, «Ellen non è mia!» protestò, «Lei non mi piace, non nel senso che intendete voi!»

Gli altri quattro si guardarono per qualche secondo prima di sorridere, «Certo, la tua Ellen non ti piace...» disse Kian. «Allora perché sorridi come un'idiota?»

Shane sbuffò, «Non sto sorridendo come un'idiota!» protestò e sorrise.

***

Shane sorrise all'uomo ed entrò nel palazzo dove viveva Ellen. Erano passati tre mesi da quando era andato da lei, tre mesi in cui avevano parlato al telefono praticamente tutti i giorni, anche se non erano mai riusciti a vedersi per via dei reciproci impegni.

Entrò nell'ascensore e sospirò nervosamente mentre premeva il pulsante per l'ultimo piano. Alla fine avevano avuto ragione gli altri: Ellen gli piaceva e in quei tre mesi non aveva fatto il galletto con nessuna, sorprendendo gli altri — oltre che se stesso —, non era andato a letto con nessuna, aveva passato il tempo a pensare a Ellen.

Le porte dell'ascensore si aprirono e Shane respirò a fondo e uscì, fermandosi davanti alla porta di Ellen. Sospirò ancora e schiacciò il campanello e rimase in attesa, dicendosi che magari non c'era nessuno in casa e che, quell'idea, — di fare una sorpresa a Ellen — fosse stupida, soprattutto se lei non fosse stata in casa.

«Tu sei...»

Shane sobbalzò e alzò la testa, aprendo la bocca nel ritrovarsi davanti una versione più vecchia di Ellen — ma non meno affascinante — e ingoiò la saliva. «Io sono Shane. Shane Filan, sono un amico di Ellen... è in casa?» disse e si rese conto che doveva essere sembrato idiota. “Perfetto!” pensò. “Mi sto comportando come un idiota di fronte a sua madre!”

«Sei il cantante, vero?» chiese la donna e Shane annuì e per un attimo temette che la donna volesse mangiarlo, o fargli chissà cosa, lì, sulla soglia di casa.

«Buh!»

E Shane urlò, spostandosi verso destra, finendo contro lo stipite della porta e ansimò portandosi una mano al petto. Aprì gli occhi — non si era accorto di averli chiusi — e fissò Ellen che lo osservava con un sorriso divertito. «Mi hai... mi hai spaventato.» biascicò.

Ellen rise, «Hai fatto un salto.» disse, «Pensavo che avresti bucato il soffitto!» ridacchiò. «Dai, entra.» aggiunse e lo spinse mentre sua madre apriva completamente la porta.

Shane si ritrovò nel soggiorno e fissò Cocco che lo osservava, tranquillamente appollaiato sul suo trespolo.

«E tu chi sei?»

Shane sbiancò quando si ritrovò davanti quell'uomo che lo fissava con aria minacciosa. «Papà, lui è Shane, un mio amico.» lo presentò Ellen e Shane agitò la mano in segno di saluto.

«Andiamo, Trevor, siamo in ritardo.» disse la donna e il padre di Ellen sorrise, baciò la nuca della figlia, afferrò i due trolley e seguì la moglie fuori dall'appartamento.

Shane rimase fermo, imbambolato, mentre Ellen salutava i suoi genitori, e si sentì stupido: aveva fatto la figura dello scemo di fronte alla madre di Ellen, era sbiancato di fronte a suo padre e si era spaventato per un semplice “buh!”.

«Allora... come mai sei qui?»

Shane fissò Ellen e sorrise, «Siamo a Londra per finire di registrare l'album... ho pensato di farti una sorpresa.»

«Sono Cocco!» 

Ellen sorrise, «Porto queste in camera» disse indicando le borse che aveva abbandonato sul divano «e torno subito.»

Shane si limitò ad annuire e la guardò allontanarsi, incominciando a rilassarsi. Fu solo un secondo perché poi si bloccò quando sentì qualcosa posarsi sulla spalla destra.

Spostò appena la testa e vide Cocco, tremò appena e s'irrigidì, spaventato.

«Se ti mostri nervoso lui lo sente.»

«Non è facile non essere nervosi.» replicò Shane, «Vuole mangiarmi la faccia, lo so.»

Ellen rise e si avvicinò a lui e posò le mani sulle sue braccia. «Cocco non è cannibale.» rise, «Non mangia le persone.»

«Sei sicura?» chiese lui ed Ellen annuì prima di fare un passo indietro e alzare il braccio sinistro, Cocco volò sulla spalla di Ellen e Shane respirò dal sollievo e si concesse un sorriso.

«Cocco non fa del male a nessuno.» disse Ellen avvicinandosi al trespolo, «È solo curioso.» Cocco saltò sul trespolo, spiegò le ali ed emise uno strillo.

«Biscotto!» trillò.

Shane lo guardò e sorrise, «Allora... ti ho sorpreso?» chiese.

Ellen sorrise e annuì. «Sì.» rispose, «Molto.» aggiunse e si voltò, fissò Shane e fece due passi verso di lui. «Siedi.» gli disse indicando il divano, «Vuoi qualcosa?»

“Baciarti.” pensò, «Un caffè.» disse mentre si sedeva.

Ellen gli sorrise e sparì in cucina, Shane incominciò a rilassarsi da quando era entrato in quel palazzo; si girò per osservare Cocco e scoprì che il pappagallo lo stava fissando, distolse lo sguardo e scosse la testa mentre faceva vagare lo sguardo nel salotto arredato con cura. 

Ellen tornò dopo pochi minuti con un piccolo vassoio con le tazze e lo posò sul tavolino. «Non devi avere paura di Cocco.» disse mentre apriva la bustina di zucchero e Shane notò che era dello zucchero bianco, non un dolcificante. 

«Io non ho paura.» disse lui, «È che Cocco mi fissa come se volesse... mangiarmi.» esclamò e zuccherò il suo caffè.

Ellen rise e Shane la fissò sorpreso e quasi offeso. «Ti mangerebbe solo se fossi fatto di semi e biscotti.»

Shane si rilassò, «Forse hai ragione.» ammise, «Non sono abituato ai pappagalli, me la cavo di più con i cavalli, adoro cavalcare...» aggiunse e guardò Ellen e pensò di aver detto qualcosa di stupido o che lei avesse frainteso quel “cavalcare”, non che lui non desiderasse cavalcare con lei, ma non glielo avrebbe mai proposto in quel modo. «Hai paura dei cavalli?» chiese dopo aver preso due sorsi di caffè.

Ellen scosse la testa, troppo velocemente e Shane sorrise. «Non ho paura!» squittì, «Sono solo così... alti!» gemette e guardò Shane, sorrise e soffiò sul suo caffè. «Da piccola sono salita su un pony. Era davvero carino, marroncino chiaro con qualche macchiolina più scura qua e là. Per i primi venti minuti è andato tutto bene, poi lui ha deciso di fermarsi improvvisamente perché aveva visto dell'erba che non poteva non mangiare, così sono scivolata in avanti, sul suo collo, mentre lui faceva tranquillo il suo spuntino.» confessò fissando la sua tazza.

Shane sorrise, intenerito dal racconto di Ellen, «Un pony è basso.» disse, «Sei caduta?»

Ellen scosse la testa. «No.» sospirò, «Però sono rimasta lì in quella posizione per qualche minuto, perché i miei genitori stavano... ridendo.» ricordò, «Poi papà è venuto a salvarmi e mi ha tirato giù.» si fermò e guardò Shane, «Intanto quello stupido ingordo di un pony non aveva smesso di mangiare!»

Shane posò la tazza — aveva bevuto metà del contenuto — e posò la mano sulla spalla di Ellen. «Che pony maleducato!» esclamò sorridendo alla ragazza, «Bhe... vedila così: sarebbe stato peggio se fosse stato un cavallo, probabilmente saresti caduta e ti saresti fatta male.»

Ellen scoppiò a ridere, «Tu sai come si tirano su le persone, non è vero?»

Shane aprì la bocca per ribattere ma la richiuse e distese le labbra in un sorriso, spostò la mano dalla spalla sinistra a quella destra di Ellen. «Ma è la verità!» rise, riprese in mano la tazza e finì il suo caffè, la sua mano scivolò sulla seduta del divano quando Ellen si sporse in avanti per riprendere in mano il cucchiaino. Rimasero in silenzio mentre Ellen raschiava dalle pareti della tazza — in ceramica gialla — i rimasugli della panna e Shane la fissò, quasi affascinato, mentre Ellen infilava in bocca il cucchiaino e lo succhiava lentamente.

«Ehm... volevi anche tu la panna?» chiese lei girandosi improvvisamente verso Shane per poi posare la tazza con dentro il cucchiaino sul tavolino.

Lui la fissò per un istante come se non avesse capito le sue parole poi scosse la testa. «No.» rispose, «Grazie.» aggiunse e la osservò finire gli ultimi sorsi della bevanda, le posò di nuovo la mano sulla spalla e strinse leggermente senza smettere di guardarla e di sorridere. «Allora...» disse dopo qualche secondo di silenzio, «Piaciuta la sorpresa?» le domandò senza staccare lo sguardo dal suo.

Ellen annuì e sorrise, «Molto.» soffiò sporgendosi appena verso di lui. Anche Shane sorrise, alzò la mano sinistra e le sfiorò il viso prima di baciarla.

Ellen lo sorprese stringendosi a lui e reclinandosi, finendo sdraiata sul divano. Shane sorrise mentre spostava le labbra sulla gola di Ellen e si sdraiò su di lei, per poi tornare sulle sue labbra, infilando le mani sotto la maglietta di Ellen, che inarcò la schiena spingendosi ancora di più verso di lui.

Shane sospirò di piacere mentre baciava le labbra — che erano morbide come aveva sempre pensato — e che sapevano di caffè, panna e zucchero, e pensò con quel poco di lucidità che gli era rimasta, che fosse tutto perfetto. Si staccò dalle labbra di Ellen e si spinse in ginocchio, afferrò il bordo della maglia e se la tolse, gettandola sul pavimento e guardò Ellen, pronto a baciarla nuovamente quando si fermò, sentendosi osservato, e si girò verso la spalliera del divano, ritrovandosi faccia a faccia con Cocco, che emise uno strilletto prima di spiegare le ali.

«Cocco!» sbuffò Ellen e si mise seduta, fissando per un istante il torace di Shane, «Guastafeste.» disse.

«Mi farà venire un infarto.» borbottò e osservò Ellen alzarsi e pensò che il momento se ne era andato.

«Puoi controllare se ho chiuso la porta?» domandò Ellen, «Per favore.»

Shane annuì e si alzò in piedi e andò a controllare la porta, che era chiusa, e si limitò ad agganciare la catenella; si girò e vide Ellen che sistemava Cocco sul trespolo per poi legargli la zampina alla catenella, riempì la mangiatoia con i semi e un biscotto fatto a pezzi. Si riavvicinò al divano e afferrò la maglietta, pronto per indossarla.

«Vieni.» disse Ellen avvicinandosi a lui con il braccio destro steso verso di lui e un sorriso sul volto, Shane le prese la mano e la seguì, sentendosi un pochino confuso ma, quando entrò nella stanza di Ellen sorrise e gettò la maglietta — l'aveva ancora in mano — e seguì la ragazza vicino al letto e la guardò. 

«Allora...» soffiò Shane stringendo i fianchi di Ellen e sporgendosi verso di lei.

«Allora...» mormorò lei chiudendo gli occhi. Shane sorrise e si piegò verso di lei, prima di stringerla e baciarla sulle labbra, e la spinse verso il letto per poi spingerla a sdraiarsi. 

Shane le baciò a lungo le labbra mentre l'accarezzava e gemeva sentendo le mani di Ellen sul torace, scese a baciarle il collo e alzandole la maglietta per poterle accarezzare la pancia piatta, «Ellen... non hai idea di quanto tu mi piaccia.» le  mormorò mordicchiandole l'orecchio.

Ellen sorrise con gli occhi chiusi, «Oh lo posso immaginare...» mormorò spingendo il bacino verso quello di Shane e gemette. Lui sorrise e riprese a baciarla prima di levare la maglia e chinarsi per baciarle i seni e pensare che era tutto perfetto.

***

«Non puoi dire che lei non ti piaccia.» disse Kian fissando Shane, per poi sorridere alla cameriera che gli mise davanti il piatto con la bistecca.

Shane lo guardò e sorrise. «Infatti non lo nego.» esclamò, «Ellen mi piace e pure tanto.» ammise lasciando gli altri di stucco.

«Cosa avete fatto oggi?» chiese Nicky spezzando in due un pezzo di pane e sorrise guardando Shane, «Sei diventato rosso!» esclamò divertito, «La seconda volta che la vedi e ci vai a letto...» lo prese in giro, «Sei proprio cotto, di solito non aspetti così tanto!»

Shane non replicò e infilzò due foglie d'insalata, «Grazie, Nicky.» borbottò, «Mi stai facendo passare come se fossi un maniaco malato di sesso!»

Nicky guardò Mark e ridacchiò, «Malato di sesso no, anche perché sei rimasto per ben tre lunghi mesi a stecchetto... però ti piace sul serio se per tutti questi mesi non sei andato con nessun'altra!» osservò.

Shane non disse nulla per qualche istante, anche perché stava masticando, poi bevve un sorso di birra e inspirò a fondo. «Sì, okay, va bene, avete vinto: Ellen mi piace tantissimo, fin dalla prima volta che l'ho vista, e mi sembrava brutto andare a letto con un'altra mentre pensavo a lei.» ammise. «Ed ora... la volete smettere di parlare di me ed Ellen?»

Mark ridacchiò, «Sei già passato al “io e lei”?» lo prese in giro.

«Shane è innamorato!» esclamò Brian.

Shane alzò gli occhi al cielo e sbuffò, lanciò una breve occhiata agli altri — che si stavano divertendo un mondo a prenderlo in giro — e riprese a mangiare decidendo di non dire più nulla su lui ed Ellen.

***

Shane spalancò le braccia e abbracciò Ellen, stringendola forte e respirando il suo profumo, «Mi sei mancata.» le sussurrò baciandole la guancia. 

«Anche tu.» mormorò lei e alzò il viso sorridente per guardarlo e gli sfiorò la guancia, per poi baciare le labbra del ragazzo.

Mancavano due settimane a Natale e i due non si erano visti per dieci giorni, giorni in cui Shane non aveva fatto altro che dire a chiunque — Nicky, Brian, Mark, Kian e ai suoi genitori — quanto gli mancasse Ellen mentre lei aveva sospirato davanti a Cocco quanto volesse che Shane fosse lì. 

«Vieni.» le disse risistemandosi il berretto sulla testa, afferrò il trolley di Ellen e, tenendosi per mano, uscirono dall'aeroporto a qualche chilometro da Strandhill, e rimasero in silenzio mentre arrivarono alla macchina. Shane avrebbe voluto solamente baciarla e stringerla a sé senza pensare a nessun'altra cosa ma, ovviamente, non poteva farlo nel parcheggio del piccolo aeroporto, non se non voleva rischiare di essere su tutti i giornali il mattino dopo. Così si limitò a mettere la valigia di Ellen nel bagagliaio e a salire in macchina dove la baciò ancora, prima di mettere in moto, diretto a casa.


Shane si sedette sul letto e osservò Ellen che indossava una felpa grigio perla e le sorrise quando la testa di lei spuntò, «Sei bellissima.» le disse.

«Ho su solo una felpa.» rise lei e tirò fuori i capelli, si sedette accanto a Shane e lo guardò. «Io sono pronta.» mormorò spingendosi verso di lui e scoccandogli un bacio sulla guancia. «Cosa facciamo?» 

«O andiamo a farci un giro o ci prendiamo una cioccolata calda al ristorante.» rispose lui, «Oppure, ancora meglio, ce ne stiamo qui...» sussurrò prima di baciarle il collo, scostò i capelli e lo baciò nuovamente.

«Non è che poi tua madre entra?» chiese lei e chiuse gli occhi, Shane mormorò un “no” fra un bacio e l'altro, «Magari uno dei tuoi fratelli...»

Shane sospirò e si staccò da lei, «Hai ragione.» disse e le baciò velocemente le labbra. «Cosa vuoi fare?» chiese sorridendo.

«Direi che la cioccolata va benissimo.» esclamò Ellen e Shane sorrise, si alzò in piedi e le tese la mano. Ellen si alzò e si sistemò la felpa, lisciandola sui fianchi, afferrò la borsetta prima che Shane la trascinasse, ridendo, fuori dalla stanza.


Mae posò due tazze di cioccolata calda davanti a Shane ed Ellen — liscia per lui, con panna montata per lei — insieme a un piattino di biscotti fatti in casa — la donna sorrise e tornò dietro al bancone, lasciando i due giovani da soli.

Ellen strinse il cucchiaino e prese un ciuffo di panna e lo mangiò, poi fissò Shane e gli sorrise. «È buona.» disse prima di prendere altra panna.

«Devi dirlo a mamma, non a me.» disse Shane e sorrise girando il cucchiaino nel liquido scuro; Ellen non disse nulla, si limitò a prendere altra panna, allungare un braccio e imboccare Shane che rimase sorpreso per un istante poi sorrise e mangiò la panna, per poi ridere e pulirsi il labbro superiore con la mano. Prese un po' di cioccolata e allungò il braccio verso Ellen.

«Oh, chi si vede!»

Shane si bloccò, il braccio fermo e la mano a pochi centimetri dalle labbra di Ellen, i due si girarono trovandosi davanti Gillian.

«Cosa ci fai qui?» gracchiò Shane ritirando il braccio, lasciando Ellen con la bocca semi aperta.

Gillian scrollò le spalle e gettò la borsa sul tavolo, si sedette accanto a Shane e lo guardò. «Sono venuta a trovarti, Shax.» disse, «Sei sempre bellissimo.» cinguettò guardandolo, sorridendo e sbattendo le ciglia.

Ellen la fissò e tossicchiò, richiamando l'attenzione di Gillian e Shane.

«E tu chi sei?» le domandò l'altra.

«Ellen Green.» rispose, “Quella che appare sui giornali per un buon motivo, non perché va in giro a dire di essere uscita con Shane per qualche settimana!” pensò e le venne voglia di dirlo, ma le bastò guardare Shane per rimanere zitta.

«Lei è la mia ragazza.» disse Shane, «Credevo che la conoscessi di già.» aggiunse, «Eravamo sulla copertina di “Ok!” del mese scorso.»

Gillian sospirò con fare teatrale, poi posò i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani. «Credevo che fosse solo una roba da una botta e via!»

Ellen strinse il cucchiaino con forza e fissò Shane, con il desiderio di prendere la tazza e rovesciarne il contenuto in testa a Gillian ma quella cioccolata era troppo buona per farlo.

«Di dove sei?» le chiese Gillian. 

«Londra.» rispose Ellen e sorseggiò la cioccolata e lanciò un'occhiataccia a Shane che la guardò prima di sussurrarle un “Scusami”. Lei gli sorrise — lo sapeva che non era colpa sua — e continuò a mangiare la cioccolata.

«Cosa ti porto?» domandò Mae — e Shane capì che avrebbe voluto buttarla fuori dal Carlton Cafè con un calcio nel sedere.

«Un caffè senza zucchero.» rispose Gillian. «Sai, non voglio ingrassare.» aggiunse guardando brevemente Ellen. Mae non disse nulla limitandosi ad andare a preparare quello che aveva ordinato Gillian.

«Allora... Ellen, cosa fai nella vita?» le chiese Gillian.

Ellen prese i rimasugli della cioccolata con il cucchiaino e la guardò, «Fotomodella.» rispose, «Ho appena firmato un contratto per una linea di cosmetici,» disse e la guardò, «iniziamo gli scatti a gennaio.» finì e sorrise omettendo di dire che era una linea nuova di cosmetici e per questo mezza sconosciuta se non totalmente.

Gillian la guardò corrucciando le sopracciglia. «Ah.» commentò, poi guardò Shane, «Allora... sei libero questa sera?» chiese.

«C'è Ellen, ceniamo in famiglia.» 

Gillian sobbalzò e si girò mentre Mae posava la tazza di caffè davanti a lei. «E tu non sei invitata.» continuò prima di andarsene.

«Che peccato...» borbottò Ellen e alzò lo sguardo su Shane che le sorrise. 

Gillian trangugiò il caffè e se ne andò dopo aver messo sul tavolo qualche moneta per pagare quello che aveva preso.

«Credo che si sia offesa.» disse Shane.

«Ti dispiace?»

«No!» rispose lui e rise, allungò un braccio sul tavolo e strinse la mano di Ellen. «Andiamo a fare una passeggiata?» propose ed Ellen sorrise e annuì.


Shane s'infilò sotto le coperte, spense la luce e si strinse a Ellen, le baciò la pelle dietro l'orecchio. «Vorrei che tu fossi qui a Natale.» sussurrò e le sfiorò le braccia, inspirando il suo profumo.

«Lo vorrei anche io.» disse lei, «Ma se lo faccio i miei non mi parleranno più.» sospirò chiudendo gli occhi e stringendo le mani di Shane, lui non replicò e rimase in silenzio,  guardando il suo profilo e pensando quanto fosse fortunato ad aver trovato Ellen.

«Sposami.» sussurrò Shane e per un secondo fu sorpreso della sua proposta ma poi sorrise.

«Cosa?» fece Ellen girandosi fra le sue braccia.

Shane sorrise e la fissò anche se la luce era spenta — c'erano solo i led della tv e del videoregistratore che rischiaravano la stanza —  e la vide sorridere. «Sposiamoci.» disse e le sfiorò il viso.

«E dove staremo?» chiese lei toccandogli il collo.

«Qui a Sligo.» rispose, «O a Londra.» 

«E Cocco?» chiese lei ridacchiando.

Shane chiuse gli occhi, «Starà con noi, se vuoi.» rispose. Quel pennuto non aveva perso l'abitudine di fissarlo e farlo spaventare, ma Ellen gli voleva bene e lui avrebbe chiuso un occhio. 

«Sligo va benissimo.» disse lei e Shane sorrise, felice. «Tanto la mia agenzia ha una sede anche a Dublino.»

Shane la baciò, felice, e la strinse mentre sorrideva e faceva scivolare le mani sotto la canotta di Ellen. «Direi che è perfetto.» sussurrò baciandola sotto l'orecchio, «Magari potremmo fare una cena a Londra con i nostri genitori e dirglielo.» propose. 

«Perfetto.» disse e sorrise accarezzandolo sulla schiena. «Non vedo l'ora.»

***

Ellen sbuffò e si piegò in avanti per raccogliere il cucchiaino che Ryan aveva fatto cadere, le sue dita avevano appena stretto il manico azzurro quando un urletto e un qualcosa che le si rovesciava in testa la fecero sobbalzare. Drizzò la schiena e afferrò un tovagliolo per pulirsi.

«Ryan no!» strillò Cocco.

«Dovevi dirlo prima, non dopo!» esclamò lei e guardò suo figlio di sette mesi che la fissava con un sorriso furbo. «Se scopro chi ti ha insegnato a rovesciarmi le cose in testa, giuro che...»

«Che cosa?»

Ellen si girò e fissò Shane, «Che lo prendo a calci.» rispose. «E prenderò anche te a calci se non pulisci e gli dai la mela grattugiata mentre io vado a farmi una doccia veloce. Questa roba è appiccicosa!»

Shane le baciò una guancia e rise, divertito, poi prese la vaschetta della mela e l'aprì mentre Ellen si allontanava. Si erano sposati nell'estate del 2004, subito dopo la fine del Turnaround Tour, e Ryan era nato il 4 marzo 2006. Lui si sarebbe sposato anche prima, ma Ellen aveva ricevuto la proposta per lavorare tre settimane a New York e lui non aveva voluto che lei ci rinunciasse, dopo era stato lui ad essere impegnato, con la registrazione del cd, servizi fotografici, interviste, promozioni varie e i tour. Ma alla fine ci erano riusciti e si erano sposati e avevano avuto un bel bambino, con i lineamenti di Shane e gli stessi occhi verdi di Ellen.

Imboccò il piccolo e gli aveva dato l'ultimo cucchiaio quando Ellen ritornò. «Ma ha mangiato?» chiese Shane, «Credo che voglia mangiare anche me.»

«Mi ha versato la pappa in testa, non l'aveva ancora finita, per questo ha ancora fame.» disse lei e prese una spugna dal lavandino e iniziò a pulire la sedia.

Shane non disse nulla e allungò al bambino un grissino.

«Biscotto!» esclamò Cocco saltando da uno schienale di una sedia all'altro, Ellen si avvicinò a lui e il volatile saltò sul suo braccio. 

«Controlla le pizze, devono essere pronte.» disse lei, «Io vado a portare Cocco sul suo trespolo.» 

Shane si limitò ad annuire, si alzò, gettò i cucchiaini e il piattino nel lavandino, la confezione della mela nella pattumiera e aprì lo sportello del forno.

Cinque minuti dopo, mentre Cocca sgranocchiava il suo biscotto e Ryan spandeva in giro pezzetti di grissino, Shane ed Ellen iniziarono a mangiare.

«Tuo figlio sta riempiendo di briciole il pavimento.» disse Ellen tagliando una fetta di pizza. 

«Dopo pulisco.» esclamò Shane. «E poi perché è mio figlio quando combina disastri?» chiese con un sorriso e afferrò un pezzo di wusterl che era caduto.

«Perché anche tu da piccolo combinavi disastri.» rispose Ellen e sorrise, «E anche se vuoi che iniziamo a darci da fare per dare a Ryan una sorellina o un fratellino.»

Shane non replicò e sorrise, «Come vuoi.» disse e sorrise prima d'infilare in bocca un pezzo di pizza.


«Aveva perso il ciuccio.» sbadigliò Shane sedendosi sul letto, «Adesso dorme di nuovo.» aggiunse e si sdraiò tirandosi la coperta sulle spalle.

«Mmh.» fece Ellen e Shane l'abbracciò, scoprendo con piacere che non si era rivestita, fece scendere la mano lungo il fianco e sfiorò il bordo delle mutandine.

«Ti amo, Ellie.» sussurrò Shane baciandole la guancia. 

«Ti amo anche io.» mormorò lei e strinse la mano del marito. «Ti amo ancora di più quando ti alzi e vai da Ryan.»

Shane non disse nulla e si strinse a lei, sorrise e chiuse gli occhi, stringendosi a lei, pensando a quanto fosse stato fortunato ad aver trovato Ellen. 



E anche il secondo capitolo è andato! E visto che sono più di settemila parole — 7697 secondo Open Office — direi che ho fatto bene a dividerla in capitoli.
Se non ci avete capito nulla non preoccupatevi, credo che sia normale. Per capire il senso di questa storia dovrete aspettare il capitolo cinque. Comunque, alcune cose presenti nel capitolo scorso sono presenti anche in questo, tipo Cocco, che io adoro, fra l'altro xD
Questo capitolo è abbastanza "puccioso", in realtà non doveva essere così, quando Shane propone a Ellen di vivere a Sligo lei doveva lamentarsi che sarebbe stata lontana dalla sua agenzia. Ci doveva essere un litigio. Ma dato che il capitolo scorso è stato "pesante" e lo sarà anche il prossimo, ho deciso i personaggi hanno deciso di fare diversamente.
Ho trovato il soprannome che Gillian usa con Shane, “Shax” in alcune fanfiction inglesi, alternato a Shay, che è quello che preferisco.
come il capitolo scorso, l'ultima frase - quella in corsivo - è riferita al prossimo capitolo che posterò appena l'avrò sistemato. Ho altre storie che hanno la precedenza!

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Capitolo 4
*** 3. Obvious ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

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3.
Obvious
*** I'll say it in a love song ***

Shane non disse nulla e si strinse a lei, sorrise e chiuse gli occhi, stringendosi a lei, pensando a quanto fosse stato fortunato ad aver trovato Ellen.

La conosceva da quasi vent'anni ed era la sua migliore amica da quando l'aveva conosciuta. Le baciò una guancia e sorrise prima di fare un passo indietro e guardarla ancora, «Ti trovo bene.» le disse, «Hai tagliato i capelli?» le domandò scostandole il ciuffo dalla fronte.

Lei sorrise e annuì, «Sì, li ho accorciati un pochino.» rispose, «Solo un paio di centimetri. Li ho scalati.» spiegò, «Come sto?» 

«Bene.» disse lui e sorrise e lo fece anche lei. «Ti fa il viso più magro.» 

Ellen lo guardò e fece un passo indietro, incrociò le braccia al petto e tornò a sedersi al tavolo del ristorante dei genitori di Shane. «Sei uno stronzo, lo sai?» borbottò.

Shane sorrise e scosse la testa, sedendosi di fronte a lei. «Te la prendi sempre.» disse e sorrise divertito dalla reazione di Ellen. «Lo sai che scherzo.»

«Non è divertente dire a una ragazza che è grassa.» replicò lei, «Soprattutto se fa un lavoro come il mio.» 

Shane alzò gli occhi al cielo, «Dai, Ellie, lo sai che mi diverto a punzecchiarti.» disse, «E sai anche che non penso che tu sia grassa.»

«Smettila di tormentare Ellen!»

Shane abbassò istintivamente la testa quando sentì la voce della madre, «Scusa, mamma.» mormorò.

«Gli altri sono arrivati.» disse lei, «Adesso vi preparo il pranzo.» aggiunse Mae e si voltò.

«Sei sempre il solito, ti fai riprendere ancora da tua madre!» esclamò Ellen e fece una risatina.

Shane la fissò e notò qualcosa negli occhi di lei, come un velo di tristezza. «Ellie... stai bene?» domandò e le prese le mani, stringendole e guardandola negli occhi; capì di aver ragione quando lei abbassò il viso per rialzarlo dopo un secondo.

«Sto bene, Shane.» rispose Ellen, «Non preoccuparti.»

Shane annuì e sorrise anche se un qualcosa gli diceva che Ellen non gli stava dicendo tutta la verità, poi pensò che Ellen era una ragazza, che magari aveva mal di pancia e si rilassò, dicendosi e convincendosi che non ci fosse nulla che non andasse in lei.

Cinque minuti dopo arrivarono anche Mark e Kian e Mae portò loro hamburger e patatine.

I quattro chiacchierarono e Shane smise di preoccuparsi, Ellen lo guardava e gli sorrideva ed era felice, e lui era contento di essere tornato a casa — non che gli dispiacesse essere una pop star — dalla sua famiglia e, sopratutto, da Ellen. Lui le voleva bene — più di quanto fosse disposto ammettere con gli altri — e le mancava terribilmente quando erano lontani; fortunatamente lei poteva raggiungerlo ogni tanto e passavano più tempo possibile insieme, e ora avrebbero passato insieme quasi tre settimane insieme e Shane non poteva desiderare di meglio.

Mae portò loro i dolci, delle zuppe inglesi.

«Mangia piano.» disse Shane guardando Ellen, «Ti stai abbuffando.» fece notare.

Ellen alzò gli occhi al cielo e sbuffò prima d'infilarsi in bocca un altro pezzo di dolce. «Non mi sto abbuffando.» replicò e mangiò ancora, quasi con foga, notò Shane.

«Guarda che se mangi così rischi di diventare grassa.» esclamò lui.

Ellen lo fissò, lasciò il cucchiaino sul piatto e si pulì la bocca con il tovagliolo. «Cosa hai detto?»

«Se t'ingozzi diventi grassa.» rispose Shane e fissò sorpreso Ellen che si alzava e gli passava accanto. «Ellen! Aspetta!» la chiamò, «Ho detto qualcosa di brutto?» chiese guardando Kian e Mark.

«Le hai detto che diventerà grassa.» rispose Mark, «Non è la cosa più carina da dire a una ragazza.»

«Ma io mi preoccupo per lei!» ribatté Shane, «È una fotomodella, non può ingrassare.» aggiunse guardando Ellen che parlava con sua madre. Si avvicinò a loro ma Ellen lo vide e se ne andò, uscendo dal locale. 

«Cosa le hai detto?» 

«Niente!» disse Shane a sua madre, «Le ho solo detto di non ingozzarsi perché poi ingrassa... l'ho fatto per lei, deve andare in America per quel servizio...» la voce sfumò quando si accorse dello sguardo della madre. «Cosa c'è?» pigolò.

«Non l'hanno presa.» rispose Mae, «L'hanno scartata dicendole che doveva perdere almeno due chili e hanno scelto un'altra ragazza al suo posto.»

Shane si sentì un idiota totale, un cretino insensibile. «Non lo sapevo.» mormorò, «Perché non me lo ha detto?» domandò, più a se stesso che a sua madre. Respirò a fondo e guardò fuori dalla vetrata. Ellen stava raggiungendo la sua auto. Uscì dal locale, ignorò qualcuno che lo stava chiamando e raggiunse Ellen un attimo prima che lei chiudesse la portiera. 

«Scusami! Perdonami, Ellie, sono un idiota.» le disse e fece forza, bloccando la portiera evitando che lei la  chiudesse.

«Vai via, Shane.» disse lei afferrando la maniglia della portiera con due mani e tirando. «Lasciami.»

«No.» esclamò lui, «Ti prego, Ellie, ascoltami: non lo sapevo di New York! Non volevo offenderti! Scusami, scusami, scusami. Sono un idiota totale.»

Ellen lo fissò e sospirò abbassando la testa, spostò di scatto la mano e pizzicò quella di Shane poco sopra il polso. Il ragazzo tolse la mano e la guardò, capendo che era inutile insistere.

«Mi dispiace, Ellie.» sussurrò e fece un passo indietro, respirò a fondo e la guardò andarsene. Tornò nel ristorante dei suoi genitori e si sedette accanto a Kian.

«Allora... cos'hai combinato questa volta?» gli chiese Kian.

Shane sospirò, sentendosi sempre più stupido, «Non l'hanno scelta per New York.» disse, «Hanno preferito una più magra. E io le ho detto che rischiava d'ingrassare! Quanto posso essere idiota?» 

«Bhe... non lo sapevi.» disse Mark finendo la sua zuppa inglese, guardò quella che aveva avanzato Ellen, la prese e iniziò a mangiare. «Anche se potevi evitare di dirle che poteva ingrassare, eh.»

Shane annuì piano. «Lo so.» mormorò, «Ma io mi preoccupavo per lei...»

«Lasciala stare per adesso.» disse Kian, «Poi vai da lei con un bel mazzo di fiori, una scatola di cioccolatini, le dici quanto le vuoi bene e che sei il più grande coglione della terra.»

Shane annuì e finì il suo dolce, in silenzio, senza guastarlo veramente, sentendosi sempre più in colpa per aver offeso Ellen anche se quella era l'ultima cosa che voleva.

«Allora.. quando hai intenzione di dirlo a Ellen?» chiese Kian.

«Dirle cosa?» sospirò Shane.

«Dire a Ellen che tu la...» Kian si fermò e guardò Mark che gli aveva appena tirato un calcio sotto al tavolo e lo guardava. «Dire a Ellen che sei uno stupido e che le chiedi scusa.» disse e lanciò un'occhiataccia a Mark che, invece, sorrideva con l'aria innocente.

Shane parve non accorgersi dello scambio di sguardi degli altri due, «Fra un paio d'ore.» rispose Shane, «Voglio che si calmi un pochino.»

«Perfetto.» disse Kian, «Devi dirle tutto quanto.» aggiunse e spostò le gambe per evitare un altro calcio da parte di Mark, «Parlale con il cuore in mano.»

Shane annuì. «Sì, lo farò.» disse, anche se non era sicuro che le avrebbe detto proprio tutto quanto.


Shane inspirò a fondo e riaprì gli occhi, bussò alla porta e attese.

«Cosa vuoi? Insultarmi?»

Shane fissò Ellen e respirò a fondo. «Volevo... voglio chiederti scusa.» disse e le porse la torta alla crema cotta — l'aveva fatta Mae apposta per Ellen — e una composizione floreale — lavanda e rose, i fiori preferiti di Ellen — «Mi dispiace, Ellie.» esclamò mentre Ellen prendeva la torta e i fiori. «Sono stato... un coglione.» disse.

Ellen lo fissò a lungo e Shane temette che gli sbattesse la porta in faccia, «Entra.» disse. Shane sorrise e la seguì nella piccola cucina.

«Perché non me l'hai detto?» domandò. «Siamo migliori amici, avresti dovuto dirmelo.»

Ellen scrollò le spalle, «Non volevo annoiarti.» rispose e sistemò la composizione floreale in un vaso. «A te le cose vanno bene, non volevo intristirti.»

Shane sospirò, «Non devi pensarle nemmeno, queste cose.» le disse e l'aiutò a scartare la torta. «Se c'è qualcosa che non va voglio che tu me lo dica.»

Ellen annuì e aprì pensili e cassetti, prese due piattini, un coltello e due forchettine; posò tutto sul tavolo e inspirò a fondo. «Va bene.» disse, «Non volevo sembrare una fallita ai tuoi occhi.»

Shane la fissò, sorpreso e anche un pochino furioso, guardò Ellen che tagliava due fette di torta e le metteva nei piattini. «Tu non sei una fallita.» le disse. «Certe stronzate... non devi pensarle neanche.» esclamò e si alzò, prese due bicchieri e li riempì con del latte. «Tu non mi hai mai deluso.» mormorò sfiorandole la testa, «Ricordalo.» sussurrò baciandole la fronte.  

Ellen annuì e sorrise, prese i piattini e andò in salotto seguita da Shane, posò i piattini sul tavolino e si sedette. «È che ci tenevo così tanto ad andare a New York.» sospirò infilzando la forchettina nel dolce.

Shane non disse nulla e prese un sorso di latte. «Lo so.» disse dopo qualche secondo. «Ci andremo insieme, appena avremo un po' di tempo libero.» aggiunse sorridendo e guardando Ellen. Lei gli regalò un sorriso e lui si sentì felice, come ogni volta che Ellen gli sorrideva.

«Grazie.» disse lei, «Sai sempre come farmi sentire meglio.» aggiunse.

«Scusami ancora per prima.» esclamò lui, «Sono un coglione.»

Ellen sorrise e mangiò un pezzo di torta. «Eh, già.» disse, «Ogni tanto ti dimentichi di collegare la lingua al cervello.»

Shane annuì, «Ogni tanto capita.» rise e guardò la ragazza, «Ellie... hai lo zucchero a velo su tutta la faccia.» disse e le sfiorò una guancia con la mano.

Ellen rimase bloccata, sorpresa, «Oh.» fece, «Vado a prendere un tovagliolo.» disse e si alzò in piedi e Shane la guardò andare in cucina e sorrise pensando a quanto fosse bella e speciale per lui. 

Shane sospirò e pensò che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle tutto quanto e si diede dello stupido. Ellen era bella, dolce, gentile... perfetta e presto avrebbe trovato qualcuno con cui stare e lui l'avrebbe persa, forse per sempre. Si passò una mano sul viso e sorrise quando Ellen ritornò e si sedette accanto a lui.

«Andiamo via, un paio di giorni, solo io e te.» le propose d'impulso.

Ellen lo guardò sorpresa e bevve un sorso di latte, «Dove vorresti andare?»

Shane scrollò le spalle, «Dove vuoi.» rispose e le sfiorò i capelli, le baciò una guancia che sapeva ancora di zucchero e sorrise. 

Lei sorrise, «Così su due piedi non saprei cosa dirti.» esclamò, «Devo pensarci.»

Shane annuì. «Va benissimo.» disse, «Intanto domani possiamo andare a fare una passeggiata sulla spiaggia.» propose.

Ellen annuì, «Va bene.» esclamò, «Che hai? Perché mi guardi così?»

Shane sorrise, «Perché non riesco a capire come tu faccia a spargerti in quel modo lo zucchero su tutta la faccia.» rispose e afferrò il tovagliolo, posò la mano sinistra sul viso di Ellen e iniziò a pulirla, ripetendosi di non tremare, di non dire nulla, di non far trasparire niente. Le pulì la guancia sinistra e la tempia, si bloccò quando scese alle labbra. «Ecco.» borbottò e posò il tovagliolo sul tavolino.

Ellen sorrise, «Grazie.» disse e lui annuì piano e sorrise per poi concentrarsi sulla fetta di torta. 

Shane non disse nulla e mangiò, stringendo la forchetta e impedendo alla sua mano di tremare nonostante non fosse la prima volta che sfiorava il viso di Ellen. Ma da quando aveva quella consapevolezza tutto era diverso. Inspirò a fondo e bevve un sorso di latte, sentendo ancora sotto le dita la sensazione del calore e della morbidezza della pelle di Ellen, il suo respiro caldo sulla mano...

«Stai bene?» chiese Ellen, «Hai la faccia bianca e rossa...»

«Sto bene.» disse, «Non preoccuparti.», Shane sorrise e scompigliò i capelli di Ellen che rise, Shane si sentì più tranquillo sapendo che lei non aveva capito nulla.

***

Shane fremette mentre l'auto si avvicinava a casa sua. Era stato lontano per più di tre mesi e non vedeva l'ora di rivedere i suoi famigliari e, soprattutto, Ellen. Gli era mancata da impazzire, il non averla potuta avere tutta per sé per più di un'ora lo aveva quasi fatto diventare matto. L'auto si fermò e lui scese e corse in casa, voleva farsi una doccia, cambiarsi e correre da Ellen.

Salutò i suoi genitori con baci e abbracci, «Mi cambio e vado da Ellen.» esclamò, felice.

«Lei lo sa che stai andando o è una sorpresa?» gli chiese sua madre.

«È una sorpresa!» rispose lui, «Spero solo che sia a casa!» disse, baciò la guancia della donna e corse in camera sua, non facendo caso allo sguardo preoccupato di Mae.

Mezz'ora dopo Shane era davanti a casa di Ellen e suonò il campanello, impaziente. 

«Ehi, Shane.» esclamò Robert, il fratello di lei.

«Ciao, Rob.» disse Shane, «Ellie è in casa? Sono appena tornato e volevo farle una sorpresa.

Robert aprì la bocca e la richiuse. «Non c'è, mi dispiace.» rispose, «Lei è... uscita.» spiegò.

Dal viso di Shane sparì il sorriso, «Ah, capisco.» disse deluso, «È fuori con Emily e Sarah?» chiese, perché in quel caso sapeva dove trovarla.

Robert lo fissò per un istante, quasi fosse incerto su cosa dire. «No.» rispose, «Non so con chi è uscita, non me l'ha detto.»

Shane annuì e si sentì deluso. «Ah, ho capito.» disse, «Bhe... grazie lo stesso, passerò più tardi, magari.» esclamò e si voltò e se ne andò, senza aggiungere una parola. Stancamente salì in auto e tornò verso casa sua. Ci teneva tanto a rivedere Ellen e invece...

Girò per qualche ora per le strade di Sligo, ma di Ellen non c'era nessuna traccia. Sospirò e, mentre posteggiava l'auto davanti a casa, pensò che forse era meglio se le avesse mandato un messaggio per farle sapere che era tornato, invitandola quella sera a bere un caffè al ristorante. Lui avrebbe voluto invitarla a cena ma sua madre gli aveva fatto notare che era appena tornato e che lo aveva visto solo per pochi minuti.

“Ehi Shane, bentornato! Certo che ci sono! Devo anche dirti una cosa importantissima! Allora ci vediamo stasera!”

Shane sorrise nel leggere il messaggio di Ellen e si rilassò, chiedendosi cosa dovesse dirgli. Pensò che magari era un qualcosa legato al suo lavoro, sicuramente era un qualcosa di allegro.


Shane fissò Mark, seduto davanti a lui. «Cosa intendi dire?» domandò. 

L'altro scrollò le spalle, «Intendevo dire che...» si bloccò e bevve due sorsi di birra, «Intendevo dire che magari Ellen non vuole parlare di lavoro...» disse, «Insomma, non c'è solo quello nella sua vita.»

Shane annuì piano e sorrise, «Sì, giusto.» esclamò, sentendosi più rilassato. Ellen doveva dirgli una cosa molto importante, che magari non riguardava il lavoro, magari riguardava altro, magari lui... Shane sorrise a quella prospettiva. Guardò Mark che aveva smesso di bere birra e mangiare patatine e fisso i suoi occhi azzurri che fissavano qualcosa dietro di lui, voltò la testa e sentì la testa girare alla vista di Ellen che avanzava con un ragazzo, alto, con la pelle che ricordava il caramello, lunghi capelli neri e grandi occhi scuri. Ringraziò che fosse seduto perché altrimenti sarebbe di sicuro caduto a terra dallo shock.

Era quella la notizia importante? Forse sì, ma per lui non era per niente bella.

«Ciao ragazzi!» esclamò Ellen, «Lui è Jarod!» cinguettò stringendo il braccio del ragazzo che l'accompagnava.

Shane lo fissò e deglutì la saliva prima di biascicare un “ciao” poco convinto. Mark, Kian e Shane si presentarono e Jarod ed Ellen si sedettero accanto a Mark.

Shane fissò Ellen che sorrideva felice al ragazzo, guardandolo sbattendo le ciglia. Inspirò a fondo e sorseggiò la birra, chiedendosi se quel pomeriggio lei fosse uscita con lui e cosa avessero fatto in quel caso.

Ogni volta che Ellen sorrideva a Jarod Shane si sentiva morire, perché a lui non aveva mai regalato uno di quei sorrisi e, quando Jarod posò un braccio sulle spalle di Ellen si trattenne a stento dall'alzarsi in piedi e dargli un pugno.

Aveva immaginato in modo diverso il suo ritorno a casa e di sicuro non si sarebbe aspettato che Ellen gli presentasse il suo ragazzo!


«Ma l'avete visto?» sbraitò Shane rivolgendosi a Mark e Kian, «Cosa ci avrà visto Ellie in quel tizio?»

Gli altri due si scambiarono un'occhiata, «Sicuramente gli piace, altrimenti non ci uscirebbe.» disse Mark, «E sicuramente deve essere un pochino importante se ce lo ha presentato.»

Shane lo guardò male, «È solo uno stupido!» abbaiò, «La farà soffrire, lo so.» disse, «Anzi, spero che lo faccia, così Ellie si accorgerà che è uno stronzo!» esclamò e strinse il bicchiere di birra, «Così io la consolerò e tornerà tutto come prima.»

«Ehm... Shane, non è carino augurare a Ellen di soffrire solo perché a te lui non piace.» esclamò Kian, «Perché se Ellen lo venisse a sapere s'incazzerebbe con te, e allora non la consoleresti.»

Shane incrociò le braccia al petto, «Cos'è, vi sta simpatico? Che razza di amici siete?» gridò.

Mark sospirò, «Shane, lo conosciamo appena, ma Ellen sembra felice con lui e a me va bene.» disse e alzò una mano per far capire a Shane di tacere, «Se lui la farà soffrire non ci saremo ma da qui a dire che speriamo che lui la faccia soffrire ce ne passa!»

Shane sbuffò, «Voi non capite.»

Kian guardò brevemente Mark, «Non puoi pretendere che lei rimanga single a vita, eh.» disse, «Dovresti essere felice per lei, perché se continui a essere così ostile con lui, Ellen si allontanerà da te.»

«Io ci tengo a lei.» disse Shane, «Io...» sospirò e abbassò la testa, «Io non voglio che stia con lui e con nessun altro.» ammise.

«Bhe... se non le dici nulla di quello che provi per lei...» esclamò Mark e Kian lo fissò, sorpreso. «Tira fuori le palle e dille che sei innamorato di lei, che sono stufo di vederti con quell'aria da cane bastonato!»

Shane lo guardò e spalancò gli occhi, «Come...» sussurrò.

Mark sbuffò, «Come lo so?» chiese e Shane annuì, «Non è difficile da capire, eh. Parli sempre di lei, sono mesi che non commenti il culo o le tette di una, mesi che piagnucoli di quanto ti manca... non sono, non siamo, scemi, è chiarissimo che sei innamorato di Ellen.»

Shane sospirò, «Non posso dirglielo, rischierei di perderla per sempre.»

Gli altri due rimasero in silenzio. «Non la perderai.» disse Kian, «Se ti comporti da scemo, facendo lo stronzo con Jarod... allora sì che la perderai.»

Shane sospirò e annuì, «Lo so.» mormorò, «Ma io lo odio e non posso farci nulla.»

***

Shane gettò il telefono sul letto e si passo una mano sugli occhi. Da quando era a casa aveva passato poco tempo solo — quasi niente, in realtà — con Ellen che era sempre impegnata con Jarod. Shane sentì l'impulso irresistibile di prenderlo a calci e rimandarlo a Londra a suon di sberle. Sospirò e decise di uscire e andare da Ellen, fregandosene se lei gli aveva detto che era impegnata con Jarod. Lei era la sua migliore amica e lui avrebbe fatto di tutto per non perderla.

Venti minuti dopo bussò alla porta di Ellen. 

«Shane... ti avevo detto che stavo con Jarod oggi, visto che parte dopo domani.» disse lei quando aprì la porta. 

«Io torno a Londra fra tre giorni.» esclamò Shane più duramente di quanto volesse, «Se abbiamo passato tre ore insieme, da soli, è tanto.» disse.

«Shane... lui è...»

«Il tuo ragazzo, lo so, non ricordarmelo.» esclamò lui, «Però io sono il tuo migliore amico e mi stai praticamente ignorando da quando sono tornato!» gridò stringendo le mani a pugno, «Non puoi abbandonarmi solo perché adesso stai con quello lì!»

«Si chiama Jarod.» replicò Ellen. «Ed è il mio ragazzo e io lo amo.»

Shane chiuse un attimo gli occhi a quella rivelazione. «Però mi stai mettendo da parte...» mormorò, «La mamma di Mark ti ha invitato a pranzo, prima le hai detto di sì, poi di perché Jarod sarebbe stato in imbarazzo... ci è rimasta male, lo sai? Anche Mark.» disse, «Stai ignorando tutto e tutti solo perché c'è lui!»

«Shane, non fare così, quando sarà andato via passeremo del tempo insieme, lo prometto!» esclamò Ellen e prese le mani di Shane.

Lui le fissò per qualche secondo, «Un giorno solo?» domandò ironicamente e fece un passo indietro, «Non sono un ripiego, Ellie!» disse, «Non puoi venire da me quando quello lì non c'è!» gridò, «Non puoi fare così... perché?»

«Perché adesso c'è lui, Shane.» rispose lei e gli sorrise.

Shane scosse la testa. «È più importante di me? Del tuo migliore amico?»

Ellen annuì e Shane sentì il suo cuore spezzarsi e indietreggiò quando lei tentò di prendergli di nuovo le mani. 

«Ti prometto che passeremo tutto il Giovedì insieme, lo giuro!» disse, «Ma Jarod è il mio ragazzo, non posso ignorarlo solo perché tu vuoi passare un po' di tempo con me.»

Shane la guardò chiedendosi dove fosse finita la “sua” Ellie, perché quella che aveva davanti non era la stessa persona che aveva visto prima del World of our own tour. Inspirò a fondo e incrociò le braccia al petto. «Non ho bisogno di te se vado bene solo quando Jarod non c'è.» disse, «Quindi... giovedì non ci sarò, non per te, almeno.» continuò a dire sentendosi male per quello che stava dicendo e per quello che aveva detto Ellen, «Regala i tuoi ritagli di tempo a qualcun altro, non a me. Se devo supplicarti per stare con te non lo farò. Sei... sei la mia migliore amica, Ellie, e lo sarai per sempre, ma evidentemente non è la stessa cosa per te. Quindi... se è non riesci a staccarti dal lui nemmeno per un paio d'ore... puoi fare a meno di chiamarmi.» disse.

«Shane! Non fare così, per favore!» esclamò Ellen, «Adesso dico a Jarod che esco con te!»

Shane scosse la testa. «Ti ho detto che non voglio i tuoi ritagli di tempo!» gridò, «Devi uscire con me perché lo vuoi, non perché te lo chiedo! Se devi fare così... è meglio se non mi chiami più!» aggiunse e si voltò, percorrendo a grandi passi la distanza che lo separava dalla sua auto. Una volta che  fu in macchina guardò Ellen e la vide ferma che lo guardava, poi lei avanzò di un paio di passi e lui mise in moto e partì, mentre Ellen raggiungeva la strada gridando il suo nome.


«Che cosa hai fatto?» gridò Mark, «Oh, Shane, sei proprio stupido alcune volte!» disse e si sedette sul letto.

«Le ho solo detto la verità.» replicò Shane affondando la testa nel cuscino, «Da quando siamo tornati l'avremo vista sì e no tre volte!» disse, «Anche tu ci stai male, lo so!» aggiunse girandosi sulla schiena.

Mark annuì, «Sì.» ammise, «Ma non ti pare di aver esagerato? Le hai detto di non farsi più sentire!»

«Magari è quello che serve a Ellen per capire che non può fare così.» disse Kian, «Anche Fenella ci è rimasta male perché dovevano andare a fare shopping e poi Ellen ha cambiato idea.» aggiunse e sospirò sedendosi sulla poltroncina ai piedi del letto, «È la prima volta che fa così.»

Shane sospirò, «Lo so.» disse, «Andiamo a berci qualcosa.» aggiunse e si alzò in piedi.

Dieci minuti dopo erano nel ristorante, al solito tavolo, con tre birre davanti a loro.

«Lo odio!» sputò Shane, «Quel coglione stronzo.»

«Che cazzo hai detto alla mia Ellie?»

Shane, Kian e Mark fissarono Jarod, non si erano accorti che era arrivato, troppo presi a sparlare di lui.

«Niente.» rispose Shane, «Solo la verità.» disse, «Da quando sei qui ha passato più tempo con te che con la sua famiglia o i suoi amici...»

Shane non finì la frase e balzò indietro quando Jarod lo colpì con un pugno, «Chi cazzo se ne frega di voi? Lei è la mia ragazza, non la vostra!»

Shane lo fissò e si massaggiò la guancia dolorante, «Noi siamo i suoi amici e la consociamo meglio di te, stupido imbecille!» sibilò, «Credi che sarebbe contenta di sapere che mi hai dato un pugno?»

Jarod sorrise, «Forse no, ma sono io che la consolo, adesso. Voi non servite più» rispose e si piegò verso Shane, «E sono io quello che va a letto con lei...» sussurrò nell'orecchio del ragazzo.

Mark afferrò Shane, impedendogli di alzarsi e colpire Jarod. «Lascialo stare, è solo un gran coglione.» esclamò. Shane annuì e inspirò a fondo e si calmò o cercò di farlo, perché quello che gli aveva sussurrato Jarod lo aveva fatto infuriare e sentire inutile. Ellen stava con Jarod, lui era più importate di qualsiasi cosa.

E poteva baciare Ellen ogni volta che voleva.

***

Shane inspirò a fondo e sorrise quando Ellen aprì la porta. «Sono solo passato per un saluto.» disse, «Parto domani mattina alle sette.»

Ellen annuì, «Ho capito.» mormorò, «Vuoi entrare?» chiese aprendo completamente la porta.

Shane la fissò con il desiderio di entrare ma sapendo che non poteva tirarsi indietro, aveva deciso di essere un po' distaccato. «Io... no, grazie.» rispose, «Devo finire di preparare le ultime cose.»

Ellen abbassò la testa e Shane si trattenne dal dirle che aveva cambiato idea. «Nemmeno cinque minuti? Ci facciamo un caffè.»

Shane la guardò e notò gli occhi umidi, deciso a dirle di sì, poi si ricordò di quello che era successo un paio di giorni prima. «Non posso.» disse.

«Shane... per favore.» pigolò lei, «Solo cinque minuti! Per favore!» supplicò.

Shane sospirò. «Solo cinque minuti.» acconsentì, «Ho molte cose da fare.»

Ellen sospirò e sorrise, «Va bene.» disse. Shane la seguì in casa pentendosi di essere stato brusco con lei. In pochi minuti il caffè fu pronto, come se Ellen lo avesse preparato, quasi sapesse che Shane stava arrivando e lui si sentì quasi in colpa.

«Mi dispiace averti ignorato.» esclamò Ellen.

Shane annuì e sorseggiò il caffè, «Lo spero.» disse, «Non mi hai praticamente guardato...»

Ellen abbassò la testa. «Scusa.» mormorò, «Mi dispiace... ma Jarod è il mio ragazzo e stava qui, non potevo ignorarlo...»

«Quando stavo con Gillian il tempo per te lo trovavo sempre, anche a costo di litigare con lei!» esclamò lui, «Avresti potuto lasciarlo due ore con Rob e stare con me!»

«Shane... non torniamo su questo discorso...»

«Invece sì che ci torno.» disse lui, «Io sono sempre corso da te quando mi chiamavi, tu invece... neppure due minuti hai trovato.»

«Shane...» pigolò Ellen, «Per favore! Ti ho già chiesto scusa!»

«L'ho sentito.» disse lui, «Però... Ellen, io ho litigato più volte con Gillian perché tu mi avevi chiamato dicendomi che mi volevi vedere! Io l'ho fatto per te! Perché sei la mia migliore amica! Tu, invece...» si fermò e guardo Ellen, «Tu non l'hai fatto. E quelle due volte che ci siamo visti hai passato metà del tempo al telefono con lui o a scambiarvi messaggi! Io ero lì e tu mi hai ignorato!»

«Shane, non fare così!» disse lei, «Scusami, mi sono comportata male! Perdonami, per favore!»

Shane la guardò e pensò che l'avrebbe perdonata, poi il telefono suonò e lei andò a rispondere.

«Ciao Jarod!» cinguettò Ellen, «Puoi richiamarmi fra cinque minuti? No? E va bene, aspetta un secondo.» posò la mano sul ricevitore e guardò Shane, «Non ci metto tanto, due minuti.» disse.

Shane posò la tazza sul tavolo e si alzò in piedi. «Vedi? Ho ragione, ormai non conto più nulla.»

«Solo due minuti!» gridò Ellen, «È Jarod!»

«Ellen! Io sono qui! Parla con me!» esclamò Shane sentendo che sarebbe scoppiato a piangere da un momento all'altro.

«Due minuti.» disse Ellen, Shane la guardò e sospirò.

«No, Ellen.» esclamò e se ne andò. In macchina posò le mani sul volante e lo strinse con forza, ingoiando il groppo che aveva in gola. Infilò la chiave e fece per girarla quando la portiera si aprì ed Ellen gli si buttò contro.

«Scusa, scusa!» 

Shane la scostò, «Hai litigato con lui?» domandò.

Lei scosse la testa, «No! Doveva solo dirmi che ha prenotato una vacanza per la prima settimana di luglio, a New York.»

«Dovevamo andarci insieme.» replicò Shane, «Perché fai così?» esclamò, «Ellen, non ti riconosco più!»

«Jarod è il mio ragazzo!» gridò Ellen, «È normale che vada in vacanza con lui!» 

«Avevamo deciso che ci saremmo andati insieme!» replicò Shane. 

«Non è colpa mia!» ribatté lei, «Lui vuole andarci e me lo ha proposto!»

Shane inspirò a fondo e si passò una mano sul  viso. «Avevamo deciso che ci saremmo andati insieme!»

«Andremo lì anche noi! Lo giuro!»

«Certo!» esclamò Shane e fece una risata, «Io, te e Jarod l'onnipresente!»

«Shane! Non fare così!»

«E come dovrei fare?» disse lui, «Mi ignori, non mi parli, lui c'è anche se non è presente fisicamente... cosa dovrei fare, secondo te? Sono stufo, Ellen! Stufo di doverti dividere!»

«Mi stai chiedendo di scegliere fra te e lui?» pigolò Ellen inginocchiandosi accanto all'auto.

Shane scosse la testa, «Non ti sto chiedendo di scegliere!» rispose, «Ti sto solo dicendo che non puoi passare del tempo con me solo se lui non c'è e passarlo tutto al telefono con lui!»

«Scusa.»

«Le scuse non servono più, Ellen. Ho aspettato troppo.»

«Ellie...»

«Cosa?» fece Shane.

«Mi stai chiamando Ellen.» pigolò lei, «Mi hai sempre chiamato Ellie...»

Shane sospirò, «Ti chiamerò in quel modo quando rivedrò quella che era la mia migliore amica.» disse, «Adesso sei Ellen.»

«Non fare così, per favore!» esclamò lei, «Ti ho chiesto scusa! Rientra, per favore!»

Shane sospirò, «Va bene.» disse e scese dall'auto e arrivarono in silenzio alla porta, il cellulare di Ellen squillò e lei lo tirò fuori dalla tasca dei jeans.

«Non rispondere.» esclamò Shane leggendo il nome di Jarod sul display.

«Devo rispondere.»

«Lo hai sentito due minuti fa!» urlò Shane, «Se vuoi parlare con me spegni quel cazzo di cellulare!»

Ellen fissò lui e il cellulare, «Non posso, Shane. Si preoccupa se non rispondo.»

«Gli mandi un messaggio e gli dici che sei impegnata!» gridò lui, «Cazzo, Ellen, non puoi fare così!» esclamò e guardò il dito di Ellen spostarsi sul tastino verde. Il cellulare smise di squillare per riprendere dopo pochi secondi. «Sai cosa ti dico?» disse Shane, «Che non sei tu a dover scegliere, ma io.»

«Cosa?»

«Me ne vado.» spiegò lui, «Me ne vado e quando Jarod ti farà soffrire... io non ci sarò.» disse, «Non ci sarò in nessun caso.» aggiunse e si voltò, tornando alla macchina e salì, partendo senza guardarsi indietro.

***

Shane sospirò, «Non la chiamo.» disse, «Se vuole lo fa lei!» aggiunse, erano passati quasi cinque mesi dall'ultima volta che aveva visto Ellen. Mesi in cui lui non l'aveva chiamata e lei non si era fatta sentire.

«Le manchi.» replicò Mark.

«Si vede.» disse Shane, «Infatti mi chiama ogni due minuti.» aggiunse, «Se ci tiene così tanto come dice... perché non si fa sentire?» chiese e Mark non rispose. «Lo vedi? Ho ragione io! Sei tu che la chiami, perché se aspettassi lei... diventeresti vecchio!»

«Ehm... ma quello non è l'Imbecille?» chiese Kian e indicò un ragazzo che baciava una ragazza tenendola stretta in un abbraccio.

«Oh, cazzo, sì!» rispose Mark, «È Jarod!»

Shane sorrise — aveva avuto ragione, Jarod avrebbe fatto soffrire Ellen — e prese la telecamera dalle mani di Nicky che protestò appena — aveva appena messo una nuova cassetta —  e filmò la coppietta.

«Cosa fai?» chiese Kian. 

«Li sto riprendendo.» rispose Shane, «E abbassa la voce, non voglio che ci veda!»

«Perché lo stai facendo?» chiese ancora Kian.

Shane sospirò e riprese Jarod e la sconosciuta che si allontanavano dal bar dell'hotel, «Mi procuro le prove che Jarod è uno stronzo traditore.»

«E come pensi di farle avere a Ellen? Le mandi il filmato per posta?» domandò Nicky. «Infili la cassettina nella buca delle lettere con un post-it con scritto “Guardami”?»

Shane sorrise e spense la video camera. «Non sarebbe una pessima idea.» esclamò. «Ellen deve sapere che sta con uno stronzo che le mette le corna!»

«Potresti dirglielo, eh.» fece Mark.

Shane sospirò, «Certo, come no.» replicò, «Ciao, Ellen, sono quasi sei mesi che non ci vediamo. Come stai? Io bene. Ah, prima che me ne dimentichi: ho visto Jarod esplorare con la lingua l'esofago di una.»

disse, «Come minimo mi prende a sberle.»

«Magari ti crede.» esclamò Nicky.

«Magari no.» replicò Shane e inspirò a fondo, «Devo pensare a come dirglielo.»

***

Shane sospirò e guardò la  borsa con la  video camera che aveva posato sul sedile del passeggero; aveva visto Jarod più volte mentre era a Londra, sempre in compagnia della stessa ragazza e lui lo aveva filmato quasi ogni volta, quasi mezz'ora di prove che Jarod non era il ragazzo perfetto che Ellen credeva. Afferrò la borsa e scese dall'auto. Bussò alla porta di Ellen e attese.

«Shane.» 

«Ciao, Ellen.» disse lui e cercò di sorridere, «Sono passato per un saluto... e per dirti una cosa.»

Ellen annuì, «Entra.» esclamò e aprì la porta per farlo entrare. Lui la seguì in cucina chiedendosi, ancora una volta, come avrebbe fatto a dirle di Jarod. «Vuoi un caffè?» chiede lei e Shane annuì.

Ellen gli sorrise. «Allora... come vanno le cose?» domandò mentre accendeva la macchina del caffè.

«Bene.» rispose lui, «Fra poco inizia il tour... verrai, vero?» 

«Penso di sì...» 

Shane si sedette e non disse nulla. «Tu come stai?»

Ellen alzò le spalle, «Bene.» rispose. Bevvero il caffè in silenzio e Shane si chiese perché fossero arrivati a quel punto, avevano sempre parlato molto e, invece, in quel momento erano in silenzio. Un silenzio che a Shane non piaceva per nulla.

«Devo dirti una cosa.» esclamò Shane, «Sai... quando ero a Londra ho visto Jarod.»

«Oh, non mi ha detto nulla.»

«Lui non mi ha visto.» disse lui e respirò a fondo, «Era in compagnia di un'altra. Si baciavano. Li ho visti, anzi, io, Kian, Mark, Nicky e Brian lo abbiamo visto diverse volte in compagnia di quella.»

«Perché mi dici questo?» pigolò lei, «Perché dici queste cose cattive? Lui non lo farebbe mai!»

Shane sospirò, «Non dico cose cattive.» disse, «È la verità!» esclamò e aprì la borsa, prese la cassettina e la spinse verso di lei. «Qui ci sono le prove.»

Lei scosse la testa, «Non ti credo.» disse, «Sarà uno che gli somiglia! E poi quando eri a Londra lui era a Parigi per un servizio!»

«Ti ha mentito, Ellen.» replicò Shane, «Era lui, ed era a Londra, non a Parigi! Ti tradisce!»

Ellen scosse ancora la testa, «Non è vero!» gridò, «Lui mi ama e non lo farebbe mai!»

Shane le prese le mani, Ellen cercò di divincolarsi ma lui le strinse più forte. «Lui non ti ama.» le disse dolcemente, «E mi dispiace sul serio, perché tu non meriti questo. Tu meriti più di uno che ti tradisce.» aggiunse e la fissò, «Guardala, guarda il video, Ellie. Non ti sto raccontando una bugia. Non avrei voluto farlo ma devi sapere la verità. Lo devi lasciare perché lui non merita una persona meravigliosa come te.»

Ellen riuscì a liberarsi della presa di Shane, «Non ti credo!» gridò, «Tu odi Jarod, lo so! Quanto hai pagato quella tizia per baciare uno che assomiglia a Jarod? Eh? Sei uno stronzo!»

Shane sospirò, «Non ho pagato nessuno, Ellie.» disse, «Non lo avrei mai fatto! Siamo amici, ci conosciamo da così tanto tempo... credimi, Ellie, lui ti tradisce!»

Lei scosse ancora la testa. «Vattene!» strillò, «Vai via! Vattene! Perché mi dici tutte queste cose orribili? Ti odio! Vattene! Sparisci!» gridò colpendo Shane con le mani,

«Non ti sto mentendo!» disse lui cercando di prenderle le mani, «Credimi, Ellie!»

Lei lo colpì ancora e gli diede uno schiaffo, «Perché fai così? Perché mi odi?»

«Io non ti odio! Io... io...»

«Sì, invece! Mi odi e odi Jarod! Vattene! Perché mi fai questo?»

Shane sospirò, «Perché non te ne accorgi?» pigolò.

«Accorgermi di cosa?» chiede lei, «Io so solo che mi odi, se mi dici tutte queste cose cattive sul mio ragazzo!» gridò e riprese a colpirlo sul torace e sulle braccia. «Vai via! Non ti voglio più vedere! Sparisci per sempre!»

Shane scosse la testa e strizzò gli occhi e sentì le lacrime scivolargli lungo le guance, «Non ti accorgi dell'ovvio.» disse, «Non ti accorgi di nulla.» pianse, «Io non ti odio Ellie, anzi, è il contrario! Io ti amo! Ti amo Ellie! Più di quanto tu possa immaginare!»

Ellen spalancò gli occhi. «Tu cosa...»

Shane aprì la bocca, rendendosi conto di quello che aveva appena confessato. «Non volevo dirtelo così!» si difese, «Ellie... per favore, credimi!»

Lei scosse la testa, afferrò la cassetta e gliela lanciò contro, per poi afferrare la borsa e buttarla contro Shane. Lui prese le cose al volo e la guardò, «Ellie...»

«Non chiamarmi Ellie! Non meriti di farlo!» strillò lei, ricominciò a colpirlo e a spingerlo verso la porta, «Vattene via! Sparisci! Non voglio più vederti! Vattene!» 

Shane non disse nulla e se ne andò, voltandosi a metà del vialetto in tempo per vedere Ellen che chiudeva la porta con forza.


Shane non sapeva da quanto tempo stesse piangendo, singhiozzando rumorosamente e bagnando il cuscino di lacrime. Sapeva che sua madre gli aveva portato un panino per merenda, che Kian e Mark erano entrati in camera sua e che erano usciti quando si erano accorti che lui non avrebbe risposto.

Mae entrò nella camera. «Shane, tesoro, sto preparando il passato di verdura... lo vuoi? Te lo porto qui?» chiese e Shane si limitò ad annuire, Mae si sedette sul letto e accarezzò la testa di Shane.

«Perché Ellie non mi ama?» singhiozzò Shane, «Cosa ho di sbagliato?»

Mae fece un sorriso triste, «Non hai nulla di sbagliato, tesoro.» mormorò accarezzandogli i capelli, «È solo che Ellen è innamorata di Jarod.»

«Dovrebbe fidarsi di me!» piagnucolò Shane, «Perché non mi crede?»

Mae sospirò, «Non lo so.» rispose e baciò la testa del figlio. «Fra venti minuti ti porto la cena.» aggiunse e Shane si limitò a sospirare.

***

Erano passati altri sette mesi, l'Unbreakable Tour era finito da qualche settimana e Shane era di nuovo a Sligo. Sette mesi in cui non aveva sentito Ellen, e lei non aveva chiamato neanche Kian o Mark, avevano sue notizie tramite i genitori di Ellen, che informavano le loro madri su come stava la ragazza. Lei e Shane avevano trascorso lontani il Natale, il Capodanno, San Valentino, San Patrizio, il compleanno di Ellen, quello di Mark e di Kian, quello di Shane. E lui non sapeva più cosa fare o cosa pensare. Kian era quello più arrabbiato con lei, infuriato per quello che aveva fatto a loro tre. Mark era quello che aveva ancora una speranza che Ellen tornasse come prima e Shane... lui era quello più pessimista del gruppo. Per lui Ellen non sarebbe mai cambiata, troppo presa com'era da Jarod.

Sospirò e si sdraiò sul letto, pensando a com'erano diverse le cose un anno e mezzo prima, quando Jarod non c'era ancora nella loro vita. Avrebbe voluto uscire e correre da lei, stringerla e dirle quanto l'amava e ci teneva a lei. Ma non poteva farlo. Con un altro sospiro si alzò, deciso ad andare a Hazelwoods. Quel parco aveva sempre avuto il potere di calmarlo.

Dopo un'ora di passeggiata Shane era più rilassato e anche stanco, si sedette sulla prima panchina che trovò. Inspirò a fondo e chiuse gli occhi e, quando li riaprì, vide Ellen, da sola, che camminava. Si alzò in piedi e la raggiunse. «Ellen!» la chiamò e lei si girò.

«Shane.» disse lei e lui notò lo sguardo gelido e la voce tagliente.

«Come stai?» domandò lui guardandola e lei gli sembrò più magra.

«Bene.» rispose lei, «Tu?»

«Bene.» disse Shane e sorrise, i suoi occhi si posarono sulla mano destra, attratti dal luccichio. Gliela prese e osservò l'anello in oro giallo con il piccolo rubino. «E questo?» domandò.

Lei ritrasse la mano, «Me l'ha regalato Jarod.» disse lei.

«Vi siete fidanzati?» chiese lui e sentì la gola secca.

Ellen annuì e sorrise, trionfante. «Sì.» disse, «Me lo ha chiesto il cinque...» aggiunse e Shane sentì un brivido correre lungo la schiena, «luglio.»

Lui si limitò ad annuire. «Bene.»

«Niente congratulazioni?» chiese Ellen, «Dovremmo sposarci il prossimo autunno.»

Shane la guardò, «Ah... sì, giusto.» sospirò, «Congratulazioni, allora.» disse senza sorridere. «Spero che sarai felice con Jarod.»

Lei sorrise, «Certo che sarò felice con lui.» esclamò, «Io sono felice con Jarod.»

«In quale chiesa vi sposerete?» chiese Shane. 

Ellen scrollò le spalle. «Non lo so.» disse. «Forse ci sposiamo a New York...»

«In America?» squittì Shane, «I tuoi parenti sono tutti in Inghilterra! I tuoi amici qui in Irlanda!» esclamò.

Ellen ridusse gli occhi a due fessure. «Io non ho amici in Irlanda.» sibilò, «Mi avete voltato le spalle!»

«Solo perché l'hai voluto te!» disse Shane cercando di non alzare la voce.

Ellen incrociò le braccia, «Io non volevo un bel nulla.» esclamò, «Volevo solo avere i miei amici e il mio fidanzato,» disse e sorrise a Shane, «ma voi, ma tu... non eravate molto d'accordo, vero? Volevate che scegliessi fra lui e voi... e siete stati voi a scegliere, noi io.»

«Ellen... noi non abbiamo avuto altra scelta perché tu non ci hai dato nessun'altra possibilità!» esclamò Shane, «Tu ci hai ignorato! I tuoi amici, la tua famiglia... credi che non lo sappia che passi più tempo a Londra che a casa? Che litighi con i tuoi genitori e con Rob perché li stai praticamente ignorando?»

Ellen fece una smorfia. «Non sono affari tuoi!» gridò.

«Invece lo sono!» disse lui e sospirò passandosi la mano sul volto, «Lo sono se tua madre viene dalla mia  piangendo perché tu non le parli quasi più!»

«Non sono affari tuoi!» ringhiò lei e fece un passo indietro. «Io amo Jarod! Se non mi capite non è un problema mio!»

«Vuoi sposarti in America perché sai che i tuoi non approverebbero.» disse e la guardò e il silenzio di Ellen  gli fece capire che aveva visto giusto, «Sei cambiata...»

«Non è vero!» replicò lei, «Siete voi che siete cambiati! Jarod mi ama!»

«Ti ama ma ti mette le corna, ti ama ma non sa che non ti piace l'oro giallo, che non ti piacciono i rubini, che hai sempre voluto sposarti nella chiesa dove andavamo sempre da bambini...» disse Shane e si sentì più stanco di quando era uscito. «Io non ti tradirei mai e so cosa ti piace e cosa odi...»

«Mi hai tradito nell'esatto momento in cui hai inventato quella palla sul mio fidanzato...» disse alzando il mento. «E lui mi conosce...»

«Non come ti conosco io!» replicò Shane, «Io ti conosco! Lui no!»

«Smettila!» strillò lei, «Perché sei qui? Perché?»

«Perché questa è casa mia.» disse lui, «Oh... Ellen... torna come prima, per favore.»

«Io sono la stessa.» esclamò Ellen.

Shane scosse la testa. «No, non lo sei.» sospirò, «Non lo sei... e mi dispiace tanto. Non sei la Ellen con cui ho passato dei momenti meravigliosi.»

«E che cosa sarei?» chiese lei facendo un passo verso di lui, «Eh, cosa?»

«Una stronza.» rispose lui ancora prima di accorgersi di averla solo pensata, quella parola.

Ellen fece una smorfia. «Anche tu lo sei.» replicò, «E non ti aspettare l'invito. Non sei il benvenuto. Né tu, né la tua famiglia.» disse, «E neppure Kian o Mark.»

«Spero che almeno i tuoi genitori e tuo fratello l'inviterai.» replicò lui mentre un altro coltello s'infilzava nel suo petto. «Ci rimarrebbero molto male se non lo facessi.»

«Guarda che non sono così idiota.» disse lei, «È ovvio che li inviterò.»

«Credevo che volessi sposarti in primavera o in estate...» sospirò Shane, «Me lo dicevi sempre.»

«La gente cambia opinione, Shane.» disse Ellen. «E poi cosa t'importa? Tanto non vieni.»

Shane alzò le spalle, «Io ci verrei.» sussurrò e alzò la testa, «Sei tu che non mi vuoi.» disse, «Io torno a casa. Ellen... se vuoi parlare... sai dove trovarmi.» aggiunse e si voltò, fece due passi e si girò nuovamente, raggiunse Ellen, le posò le mani sulle spalle e le baciò la fronte, poi si voltò e se ne andò.

***

Shane infilò il cd nella busta e rilesse il biglietto che aveva scritto. Erano solo due parole: ”Ascoltalo. Shane.”

Lo infilò nella busta e la chiuse, l'avrebbe infilata nella cassetta della posta della casa d Ellen, sperò che lo avrebbe ascoltato e capito ma non aveva molte speranze, Ellen passava più tempo a Londra che a casa sua, e se era a Sligo faceva di tutto per non incrociare lui, Mark e Kian. Se l'incontro era inevitabile lei li ignorava, passando oltre. Shane sospirò e si alzò, sapeva che in quel momento Ellen non era a casa, così avrebbe potuto agire indisturbato. Prese la busta, il cellulare e le chiavi della macchina e andò da Ellen.

Rimase fermo alcuni minuti davanti alla cassetta della posta, poi prese un respiro profondo e infilò la busta nella fessura, si girò e quasi urlò quando si trovò davanti Mark. «Cacchio, mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò.

Mark sorrise, «Eri così assorto che non mi hai sentito arrivare.» disse, «E comunque... cosa ci fai qui?»

«Ho portato una cosa per lei.» rispose Shane, fissò il cd fra le mani di Mark e sorrise, «Abbiamo avuto la stessa idea.»

«Oh.» fece Mark e scrollò le spalle. «Magari se le invadiamo la cassetta di cd almeno uno lo ascolterà.» disse infilando il cd nella fessura. «Andiamo a prenderci un caffè?» propose.

Shane annuì, «Sì, ne ho bisogno.» rispose e girò la testa quando sentì dei passi e sorrise quando riconobbe Kian. 

«Come posto per una riunione segreta è un po' troppo in vista e scontato...» rise Kian.

«Anche portare Turnaround lo è.» replicò Mark.

Kian arrossì, «Ehm... cosa?»

«Ellen si troverà tre cd uguali nella casetta della posta.» spiegò Shane e Kian aprì la bocca, sorrise e scosse la testa divertito, «Noi andiamo a prenderci un caffè.» disse mentre Kian aggiungeva il suo cd agli altri due.

«Va bene.» disse Kian. I tre s'incamminarono, diretti alla caffetteria in fondo alla strada. «Credete che lo sposerà sul serio?» chiese una volta che si furono seduti.

«Spero di no!» esclamò Mark, «Lui è un'idiota!»

«Io spero che Ellen veda con i suoi occhi quanto sia coglione il suo... il suo...» si fermò e respirò a fondo, «Jarod.» finì. «Anzi, spero che lo becchi mentre se ne fa un'altra.»

«Soffrirebbe tantissimo...» sospirò Mark.

«Almeno capirebbe che sta con un cretino.» replicò Shane e sopirò. «Non voglio che soffra.» ammise.

«Nessuno di noi lo vuole.» disse Kian. «Speriamo che rinsavisca.»

Nessuno dei tre disse altro mentre bevevano i loro caffè, «Mi manca così tanto da farmi rimanere senza respiro.» ammise Shane, «Poi mi ricordo cosa mi ha fatto e la odio. Poi mi sento uno stronzo perché lei non lo merita e allora mi manca... poi la odio di nuovo, mi pento di nuovo.... un circolo senza fine.» 

Gli altri due rimasero in silenzio poi Mark diede una pacca affettuosa sulla schiena di Shane. «Andrà tutto bene.» lo consolò.

«Non riesco a capire come fai a essere così... positivo.» biascicò Shane.

Mark alzò le spalle. «Non è che sono positivo.» disse, «È che... spero solo che le cose vadano in maniera diversa per lei. Perché sarà lei a soffrirci di più, alla fine.»

Shane annuì. Mark aveva ragione. Se fosse continuato così, Ellen si sarebbe trovata senza amici e senza famiglia, però avrebbe avuto Jarod. Che l'aveva tradita e probabilmente l'avrebbe fatto ancora e quella era l'ultima cosa che voleva.

***

Ma cavano due settimane all'inizio del Turnaround Tour e Shane, Kian, Mark erano a casa del primo, per un pomeriggio rilassante, stavano decidendo a quale video game giocare quando suonò il campanello e Shane si alzò dal divano sbuffando. Aprì la porta reprimendo uno sbadiglio e fissò, sorpreso, Ellen. «Ellen!» gracchiò, «Cosa ci fai qui...» borbottò, «Cioè... ciao.»

Ellen mostrò il pacco che aveva in mano. «Mia madre ha preparato due torte alla zucca per Mae.» disse lei, «Io faccio solo la consegna.» aggiunse. «Per cui...»

Shane annuì e si fece da parte, «Puoi metterle sul tavolo.» disse e si girò per guardare Mark e Kian. Ellen sbuffò ed entrò in casa, posò il pacco con le torte sul tavolo e si girò verso la porta. 

«Puoi anche salutare.» esclamò Kian.

Ellen sbuffò e incrociò le braccia al petto. «Ciao.» disse, «Devo andare.» aggiunse.

«Non vuoi fermarti per un caffè?» propose Mark, «O bere un bicchiere d'acqua...»

Ellen sospirò, poi annuì. «Un bicchiere d'acqua sarebbe l'ideale.» esclamò e Shane prese l'acqua dal frigo e un bicchiere dal mobile e lo riempì.

«Allora... come vanno le cose?» chiese Kian.

Ellen strinse il bicchiere e alzò le spalle, «Bene.» rispose, «E comunque... bastava un solo cd.»

«Lo hai ascoltato?» chiese Shane quasi sorpreso e sorrise quando Ellen annuì. 

«Devo proprio andare, adesso.» disse Ellen e svuotò il bicchiere in un paio di sorsi.

«Non puoi rimanere ancora un po'?» chiese Shane.

Lei scosse la testa. «Non posso.» replicò, «Devo chiamare Jarod. Lo chiamo sempre alle quattro.»

Kian sbuffò, «E certo! Se salti di dieci minuti la chiamata un fulmine vi colpirà entrambi.» disse.

Ellen fece una smorfia. «Non fare così.» esclamò, «Nessun fulmine ci colpirà se tardiamo, però non vogliamo tardare, ecco.» spiegò, «Adesso devo proprio andare.» esclamò e si voltò.

«Puoi chiamarlo anche da qui, se vuoi.» propose Shane, sperando che dicesse di sì.

Ellen lo fissò per un'istante. «No.» disse, «Se sapesse che sono qui si incazzerebbe.»

Shane sospirò, deluso e guardò gli altri due. «Già, Jarod il cornificatore s'incazza se sei a casa di un amico.» fece Kian, «Magari quando ti chiama lui si è appena scopato una.» aggiunse e Shane lo fissò, sorpreso dal suo tono cattivo.

«Jarod ha ragione.» disse Ellen, «Siete solo degli scemi invidiosi perché nessuna ragazza vi vuole.» sputò, «E ho fatto bene a ignorarvi...» aggiunse, «Siete solo dei cretini invidiosi perché nessuna ragazza vi vuole.»

«Vattene.» sibilò Shane, «Esci da casa mia. Subito!» 

«Cos'è, la verità che brucia?» fece Ellen sorridendo ironicamente, «Le ragazza vengono con voi, se ci vengono,  ovvio, solo perché siete famosi, altrimenti andreste in bianco... siete dei perdenti.»

Shane si sfilò il bracciale che aveva al polso. «Vattene!» gridò, «Subito. Non ti voglio in casa mia. Non voglio avere nulla a che fare con te.» esclamò e si sfilò il bracciale e notò che Ellen lo stava fissando e che aveva capito. Strinse il bracciale e lo lanciò sopra il mobile della cucina, si udì un piccolo tonfo seguito da un altro quando il monile scivolò fra il mobile e il muro.

«È quello che ti ho regalato io!» strillò Ellen.

«Lo so.» disse Shane, «Ma tanto neppure tu porti il bracciale che ti ho regalato io, quindi...» esclamò guardandola, «quindi... vattene, subito.»

Ellen annuì e uscì di casa. Shane sentì una portiera sbattere e l'auto che partiva. «Cosa ho fatto?» mormorò sedendosi sulla sedia più vicina.

«L'hai cacciata dopo che ci aveva offeso.» rispose Kian, «E hai fatto benissimo.»

Mark annuì, «Già.» confermò. «Ormai non è più la Ellen che conoscevamo.»

***

Mark aprì la porta che per poco non sbatté contro il muro. «Si sono lasciati!» esclamò.

«Eh?» biascicò Shane e masticò la caramella alla menta.

«Mi ha chiamato mia madre, mi ha detto che ha incontrato Robert che le ha raccontato che Ellen è stata lasciata da quell'imbecille.» spiegò Mark, le guance rosse dall'eccitazione.

Shane aprì la bocca dalla sorpresa, «Sul serio?» domandò.

«Oh, nonostante tutto mi dispiace per lei.» disse Kian mentre Mark annuiva in risposta a Shane.

«Forse dovrei chiamarla...» borbottò Shane.

«Sono tre mesi che non ci parli.» gli fece notare Kian.

Shane alzò le spalle. «Lo so.» disse, «Ma ha bisogno di un amico.» esclamò e si alzò in piedi, oltrepassò la porta che divideva le due stanze e la chiuse prima di sedersi sul letto e prendere il cellulare. Sospirò e compose il numero che conosceva a memoria.

«Pronto?»

La voce di Ellen spezzò il cuore di Shane, la ragazza stava piangendo. «Ellie, sono Shane.»

«Immagino che la notizia si sia sparsa.» piagnucolò Ellen, «Cosa vuoi? Dirmi che avevi ragione?»

Shane sospirò nuovamente e si sdraiò sulla schiena. «No.» rispose, «Volevo dirti che mi dispiace.» sussurrò. «Non voglio che tu soffra, lo sai.»

«Bhe, genio, anche tu mi hai fatto soffrire!» disse lei.

«Lo so.» mormorò Shane. «E mi dispiace tantissimo di averlo fatto, tesoro. Scusa.»

Ellen sospirò, «Cosa vuoi?»

«Fare quello che facevo prima.» disse, «Esserti amico e consolarti.» mormorò, «Dimmi cos'è successo, Ellie. Ti ascolto.»

Ellen singhiozzò, «Stavamo organizzando il matrimonio.» pigolò, «Solo che sembrava più il matrimonio di Jarod e sua madre, le mie idee e proposte erano tutte delle merde...»

«Oh.» fece Shane, «Mi dispiace.»

«Io volevo Rob come testimone e Grace come damigella d'onore...» continuò lei riferendosi a suo fratello e alla sua fidanzata. «E volevo che la sua sorellina Bonnie facesse da damina dei fiori...» disse e si fermò per singhiozzare rumorosamente, «Ma Jarod e sua madre non erano d'accordo! Non potevo neppure scegliere il testimone o la mia damigella!»

«Ho capito.» fece Shane, «Che brutta situazione.» commentò, non volendo dire cosa pensava sul serio di Jarod e sua madre.

«E quando la madre mi ha detto che non voleva bambini al matrimonio e che stavo facendo i capricci non ci ho visto più e le ho dato della strega.»

Shane sorrise, «Sul serio?» domandò trattenendosi dal ridere.

«Sì.» rispose Ellen, «E quella vacca mi ha dato due schiaffi e quando ho detto a Jarod di dirle qualcosa...»

«Cosa ha detto?»

Ellen inspirò, «Che me lo meritavo perché ero una bambina capricciosa.»

«Oh, Ellie.»

«E mi ha detto che non voleva più sposarmi.» mormorò Ellen e riprese a singhiozzare. «Io lo amo! Lo rivoglio!»

«Ellie...» sospirò Shane, «Non dire così, Jarod vuole imporsi sulla tua vita. Vuole scegliere il tuo testimone, la tua damigella... ti ha allontanato da tutti.» disse, «Non ti merita.»

«Ma io lo amo!» piagnucolò lei e Shane ingoiò il groppo che aveva in gola dovuto a quello che aveva detto Ellen e al suo tono di voce, e alla voglia che aveva di saltare sul primo aereo e correre da lei.

«Ellie... calmati.» sussurrò dolcemente lui. «Dio... quanto vorrei essere lì, con te, e abbracciarti e consolarti...» mormorò, «E dirti quanto sei meravigliosa, bellissima e intelligente...»

«Perché mi dici tutte queste cose carine?» disse lei, «L'ultima volta non eri così...»

«Perché ti voglio un bene immenso e se tu soffri sto male anche io.» rispose Shane e chiuse gli occhi, «Sei la mia anima gemella.»

Ellen rimase in silenzio per qualche secondo. «Anima gemella?» pigolò, «Non mi odi?»

«No!» esclamò Shane, «Non ti ho mai odiato.» disse, «Neppure per un solo istante.»

«Ah...» sospirò lei, «Grazie.» mormorò, «Devo andare, adesso. Rob urla che è pronto il pranzo.»

«Va bene.» esclamò Shane, «Ellie... io sono qui. Se hai bisogno... chiamami.»

«Sì, grazie.» disse lei, «Ciao.»

Shane sospirò quando udì il click che segnava la fine della chiamata e rimase fermo qualche minuto prima di trovare le forze per alzarsi e tornare dagli altri e raccontare tutto quanto.

***

Shane avrebbe voluto saltare fuori dalla sua pelle dall'eccitazione. Ellen lo aveva chiamato una sola volta, ma lei e Mark si sentivano spesso e lui gli aveva detto che sarebbe andata all'ultima data del tour. E lui non vedeva l'ora di vederla, di abbracciarla e di sussurrarle quanto le volesse bene. 

«Dovrebbe arrivare nel pomeriggio.» disse Mark leggendo il messaggio sul cellulare. «Dice che l'aereo è in ritardo.»

«Stupido aereo.» borbottò Shane, «Odio quando è in ritardo.» sbuffò.

«L'importante è che Ellen venga.» disse Kian, «Anche se in ritardo.» aggiunse.

Shane si limitò a sbuffare, borbottando sottovoce che la voleva lì, subito, possibilmente. Erano in un albergo a Exter, nel Devon, non lontano dalla casa dove vivevano gli zii di Ellen. 

«Non borbottare come una pentola di fagioli!» disse Nicky, «Ellen sta arrivando, sarà qui fra poco, la vedrai, le darai un bel bacio e le dirai quanto la ami.» esclamò, «Sfornerete un paio di marmocchi e vivrete felici e contenti.» aggiunse ridacchiando e strillò quando fu colpito dal cuscino lanciato da Shane.

«Sei un'idiota.» esclamò, «Non siamo proprio in buoni rapporti e lo sai.» sospirò Shane affossandosi sulla poltroncina.

Nicky guardò gli altri e ridacchiò. «Mmh... forse hai ragione.» disse, «Però... però hai fatto smontare mezza cucina per recuperare il bracciale.»

Shane arrossi appena. «Non c'entra nulla.» replicò, «Lo avevo lanciato perché ero arrabbiato, poi mi è passata...»

«Quando Jarod ha lasciato Ellen.» finì Kian.

Shane si limitò a inarcare le sopracciglia e sospirò dal sollievo quando un'assistente entrò e disse che dovevano andare al Powderham Castle per il sound-check.


Obvious era la dodicesima canzone su sedici e Shane l'avrebbe cantata per Ellen, anche se non sapeva in quale punto si trovasse, sperò solo che avrebbe capito. “On my shoulder” finì e Shane chiuse gli occhi e iniziò a cantare.

«We started as friends, but something happened inside me...» cantò e aprì gli occhi, continuando a cantare con tutto l'amore e la passione di cui era capace.

E lo faceva solo per la sua Ellie.


«Dov'è?» chiese infilandosi la maglietta dopo essersi fatto la doccia alla fine del concerto.

«Non c'è.» rispose Mark, «Lei è...»

Shane smise di ascoltarlo. Ellen non c'era, non era venuta anche se lo aveva promesso. Il cuore mancò un battito quando il pensiero che Ellen poteva essere ritornata con Jarod si insinuò nella sua mente. «Torno con un taxi.» disse, prese le sue cose e uscì, ignorando gli altri che lo chiamavano e Mark che urlava che aveva capito male e che doveva ascoltarlo.

Shane salì sul primo taxi e si fece portare in hotel dove si rifugiò nel bar e ordinò un whisky che bevve in due sorsi. Ne ordinò un altro e ancora uno.

Poi passò alla vodka e smise quando il bar chiuse. Uscì dall'hotel e si fece portare nel bar più vicino, dove bevve ancora, fino a quando la stanza non cominciò a giragli attorno. Pagò e tornò in hotel, entrò nella sua stanza e sospirò quando la trovò vuota.

Aprì il mini bar e continuò a bere, seduto sul pavimento con la schiena appoggiata alla parete. La testa gli girò e lui si sdraiò sul pavimento, piangendo per Ellen che non c'era e per il dolore che provava in tutto il corpo, come se fosse stato picchiato da più persone.

Chiuse gli occhi e sperò che una bella dormita gli avrebbe fatto passare il dolore fisico, perché per il suo cuore sapeva che non avrebbe potuto fare nulla.

  ***

Shane aprì gli occhi e fissò quelli di sua madre che lo guardavano con preoccupazione.

«Ci hai fatto preoccupare.» mormorò la donna e accarezzò la testa di Shane che richiuse gli occhi e si addormentò nuovamente.

Coma etilico.

Shane aveva bevuto così tanto da finire in coma etilico. Era il pomeriggio del cinque Agosto — il primo anniversario di Nicky e Georgina — e lui era sveglio da prima di pranzo.

Sentì la porta aprirsi e chiudersi ma tenne gli occhi chiusi, non voleva vedere nessuno. Percepì qualcuno accanto al letto e si costrinse a non muoversi, poi un profumo di fiori e frutta gli arrivò al naso. «Ellie...» gracchiò aprendo gli occhi per richiuderli quando Ellen lo colpì con uno schiaffo.

«Sei un'idiota! Imbecille! Stupido! Ma cosa cazzo ti è saltato in mente, razza di cretino? Mi hai fatto morire! Ero in ospedale, stronzo! Sono caduta e mi sono rotta il braccio, per questo non c'ero! Perché non hai ascoltato Mark? Eh? Sei uno scemo, ecco che cosa sei!» strillò lei e Shane si accorse che stava piangendo e che il braccio destro era ingessato. «Stupido cretino! Perché l'hai fatto? Mi hai fatto morire di paura! Idiota! Cretino!»  continuò a strillare e a piangere.

«Mi hai fatto morire di paura!» singhiozzò Ellen e Shane l'attrasse a sé, capendo quello che era successo. Ellen non c'era perché era al pronto soccorso, era quello ciò che Mark gli aveva urlato mentre lui saliva in taxi. Sospirò e si diede dello stupido, e strinse Ellen più forte, ignorando il gesso che gli premeva sullo stomaco e sulle costole.

Shane sospirò e accarezzò la schiena di Ellen. «Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.» sussurrò. «Scusa... pensavo che non mi volessi più.» 

«Sei scemo. Dovevi ascoltare Mark.» mormorò lei, «Io ero al pronto soccorso, mi stavano per fare le lastre al braccio e Mark mi chiama dicendo che tu eri sparito!» disse e si mise seduta sul letto per poi accoccolarsi contro il petto di Shane, «E poi mi richiama dicendomi che ti avevano trovato in camera, svenuto.» piagnucolò mentre lui le accarezzava i capelli, «Hai idea della paura che ho provato?»

«Mi dispiace.» si scusò Shane, «Ma credevo di averti persa per sempre.» ammise.

«Tu non mi perderai.» disse lei, «Mai. Siamo anime gemelle.»

Shane la strinse più forte e le sfiorò il braccio ingessato. «Sul serio?» sussurrò.

«Sì.» disse lei. «Lo hai detto anche tu.» mormorò chiudendo gli occhi.

Shane sorrise e le sfiorò le dita che spuntavano dal gesso. «Mi sei mancata tanto.» disse, «Ogni minuto che ho passato lontano da te è stato... terribile.» mormorò e le baciò la testa inspirando il profumo di lei.

«Non mi odi, allora?» chiese lei rimettendosi seduta, prese con la mano sinistra la mano di Shane e lo guardò, in attesa di una risposta.

«Non ti ho mai odiato, anche se ci sono andato vicino.» rispose, «Ma tu sei qui, ora. Il resto non conta.» sussurrò e le sfiorò il viso per poi attirarla verso di sé, sorrise e chiuse gli occhi prima di baciarle dolcemente le labbra. Smise di baciarla e le sorrise, tenendole le mani sulle guance. «Avevo cantato per te.» disse.

«Cosa?» fece lei, «Cioè... quale canzone?»

Shane sorrise ancora, «Obvious.» rispose.

Le labbra di Ellen si piegarono in un sorriso luminoso, «Sul serio?» chiese, Shane sorrise e l'abbracciò per poi baciarla ancora. 

«Ti amo.» sussurrò Shane.

Ellen posò la testa sulla spalla di Shane, «Ti amo.»

Shane sentì lo stomaco stringersi in una piacevole morsa e sorrise ancora di più. «Mi ami?» domandò.

Ellen annuì e si rimise seduta. «Sì.» sussurrò in risposta.

«E quando l'hai capito?» chiese Shane.

Ellen scrollò le spalle. «Quando hai lanciato il braccialetto che ti avevo regalato.» rispose. «Credo.» disse abbassando la testa e fissando le dita di Shane che le sfioravano il gesso. «Forse l'ho sempre saputo, non so.» disse e alzò la testa e sorrise.

Shane le scostò i capelli dalla fronte e li portò dietro l'orecchio, sorrise e la baci, felice.


Ellen era andata a prendersi un caffè da dieci minuti quando Kian e Mark entrarono nella stanza di Shane.

«Ehi, come va, razza di deficiente?» lo apostrofò Kian.

«Alla grande.» rispose Shane sorridendo, sentendo sulle labbra il sapore di quelle di Ellen.

«Hai la stessa faccia di un gatto che si è mangiato il canarino.» osservò Mark, «Mmh... che è successo?» indagò.

Shane sorrise ancora di più. «Ellie mi ama.» gongolò e osservò divertito le facce sbigottite degli altri due. «Stiamo insieme.»

«Cosa? Tu e lei?»

Si girarono verso Nicky. «Urlalo più forte, non credo che quelli nel seminterrato ti abbiano sentito.» disse Kian.

Shane si limitò ad annuire. «Sì, stiamo insieme.» ripeté. «E sono felicissimo.»

Mark gli si avvicinò e lo colpì su un braccio. «Idiota che non sei altro! Dovevi ascoltarmi! Ci hai fatto venire un infarto, tu e la tua brillante idea di ubriacarti!»

Shane rimase in silenzio. «Sì, lo so.» disse, «Sono stato un vero stupido.» ammise, «Anche Ellie me lo ha detto, dopo avermi dato uno schiaffo da farmi vedere le stelle.»

«Doveva darti un cazzotto dopo quello che le hai fatto passare.» esclamò Kian, «Il dottore le continuava a dire di non piangere mentre le ingessava il braccio. Era così scossa...» disse, «Sei un coglione.»

«Lo so.» sospirò Shane e prese il bicchiere d'acqua. «E mi sono scusato e lei mi ha perdonato. Mi ama, stiamo insieme... non potrei chiedere di meglio.» disse e bevve.

«Mancano solo due marmocchi.» scherzò Nicky, «Speriamo solo che prendano un po' dell'intelligenza di lei, altrimenti...»

«Cosa vorresti dire?» chiese Shane.

«Che non sei stato troppo intelligente l'altra sera.» rispose Nicky.

«Lo so.» disse Shane e sorrise quando la porta si aprì ed Ellen entrò. 

«Qualcuno me la apre?» chiese porgendo la bottiglia d'acqua, Mark la prese e svitò il tappo. «Grazie.» sorrise Ellen riprendendo la bottiglia e sorseggiandola; sorrise a Shane — e lui sentì il cuore fare una capriola nel petto — e si sedette sul letto.

«Ah, Nicky... poi li curerai te i marmocchi, vero?» esclamò Ellen e fece una risatina.

Nicky arrossì e abbassò la testa. «Mi hai sentito?» chiese. 

Ellen posò la bottiglia sul comodino e annuì. «Sì.» rispose. «Tu sei quello sposato, sei tu quello che dovrebbe fare bambini, non io.» lo prese in giro e Shane ridacchiò mentre le prendeva la mano e la stringeva, felice.

«C'è tempo!» borbottò Nicky.

Ellen inarcò un sopracciglio, «Mmh... quindi per te c'è tempo, per me no?» rise.

Shane la guardò e seppe che sarebbe andato tutto bene. Si erano ritrovati, così come doveva essere. 

***

«La stai consumando.»

Shane sorrise e si girò, la bambina, la sua prima figlia, stretta fra le braccia. Era nata alle quattro del pomeriggio e ormai aveva sei ore e mezzo di vita. «Non la sto consumando.» mormorò e sorrise, «È lei che è così bella...» disse fissando la bambina. «Non è colpa mia.»

Ellen sorrise e allungò una mano verso di lui e Shane si sedette accanto a lei. «Dovresti andare a casa, sei in piedi da più di ventiquattr'ore, ormai.»

«Non ho sonno.»

«Invece sì.» replicò Ellen e sfiorò la testolina della figlia, «E Cocco?» chiese, «Lo sai che odia stare solo per troppo tempo.»

«Ci sono i nostri genitori.»

Ellen sorrise e posò la testa sui cuscini. «Chissà come la prenderà.»

«Chi, Cocco?» chiese Shane e baciò la fronte della bimba e la posò nella culletta accanto al letto. Ellen annuì. «La guarderà e poi si metterà a strillare che vuole un biscotto.»

Ellen ridacchiò e poi sbadigliò. «Quel pennuto mangione...»

Shane la baciò e sorrise, «Dormi, tesoro.» le disse, «Domani vado a vedere come sta Cocco.»

Cocco era il loro pappagallo e lo aveva regalato a Ellen il giorno dopo che lei gli aveva detto di essere incinta. All'inizio era Ellen quella più paurosa, poi si era lasciata andare e ora Cocco le volava sulla spalla gracchiando il suo nome e di volere un biscotto. Anche Shane adorava Cocco, anche se ogni tanto si spaventava, sopratutto quando Cocco volava vicino a lui senza fare rumore e lo fissava con gli occhietti neri. 

Ellen sbadigliò di nuovo, «Riposati, amore.» sussurrò Shane e sui chinò su di lei per baciarle la fronte; fece il giro del letto e si sedette sulla poltrona. «Ti amo, Ellie.» sussurrò, «Vi amo, tesori miei.» aggiunse e guardò Ellen addormentarsi. Lui l'amava e amava la piccola Scarlett e non credeva che si potesse amare così tanto una persona. Fissò la fede in oro bianco e sorrise ancora di più. Lui e Ellen si erano sposati, avevano avuto una bellissima bambina ed erano felici. Ellen era la sua anima gemella; pensò che tutto quello che avevano passato era accaduto per una ragione, avevano sofferto entrambi per più di due anni ma adesso erano insieme ed erano felici.

Ed era quello che contava, al momento. Lui, Ellen e la loro bambina.

Sbadigliò e chiuse gli occhi, addormentandosi subito, vinto dalla stanchezza e dalle emozioni di quella giornata.



Ok, lo ammetto, ho diviso la storia in capitoli solo per poter usare “Obvious” e il relativo sottotitolo xD anche se ero indecisa fra quello che ho usato o la prima riga della canzone “We started as friends”. Guardatevi il video che Shane con la maglietta bianca è tanto figo *o*
Comunque ho finito di scrivere il pezzo dell'ospedale dopo che Ben Montague mi ha stellinato e seguito *o*

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Capitolo 5
*** 4. Unbreakable ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

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4.
Unbreakable
*** This love is untouchable ***

Sbadigliò e chiuse gli occhi, addormentandosi subito, vinto dalla stanchezza e dalle emozioni di quella giornata.

Ellen era a casa e il mattino dopo sarebbe partita per New York e lui, forse, non l'avrebbe mai rivista.

Si risvegliò dopo quelli che gli sembravano pochi minuti e guardò la sveglia, sorprendendosi di vedere che aveva dormito quasi undici ore. Si mise supino e inspirò a fondo, non ancora pronto per iniziare una nuova giornata. Si girò sul fianco e sospirò chiudendo gli occhi, si rimise supino e decise di alzarsi. Con passo stanco scese in cucina, si versò una tazza di caffè e si preparò un toast leggero.

«Hai fatto una bella dormita.»

Shane alzò le spalle e addentò il toast. «Ero stanco.» disse e mandò giù un sorso di caffè.

«Ho saputo una bella notizia.» esclamò Mae entrando in casa, Shane la fissò in silenzio, continuando a mangiare il toast. «Marie mi ha detto che ha visto i Green partire questa mattina alle sette, finalmente quella Ellen se ne va da Sligo...» 

Shane s'irrigidì e strinse il toast, sentendo sotto le dita il pane morbido che cominciava a spezzarsi.

«Speriamo che quella non torni più qui a Sligo...» aggiunse la donna, «Non mi piace, non è una brava ragazza, visto che si mette in mezzo. Speriamo che trovi qualcuno a New York e che rimanga sempre lì. Qui non la vogliamo una del genere.»

Shane gettò il toast mangiato a metà nel lavandino e uscì dalla cucina, salì velocemente i gradini e tornò nella sua stanza, gettandosi sul letto con un sospiro di frustrazione. 

«Perché fai così?»

Shane osservò sua madre, «Perché parli di Ellen in quel modo, come se fosse una sgualdrina?»

Mae fece un sospiro e si sedette sul letto. «Perché lo è.» rispose, «Perché si è messa in mezzo a te e Gillian. Fortunatamente adesso sai qual è la cosa giusta da fare.» disse accarezzando la testa del figlio ma Shane si scostò.

«Lei non si è messa in mezzo.» replicò, «E in ogni caso, anche se fosse successo, era segno che le cose fra me e Gillian non andavano.»

«Ma adesso funzionano.»

«No.» disse Shane, «Un bambino non è una colla.» esclamò, «Non amerò mai Gillian o il bambino come amo Ellen o come amerei un figlio mio e suo.»

Sul viso di Mae si dipinse un'espressione quasi disgustata, «Non dire una cosa del genere!» squittì, «Tu ami Gill, lo so, devi solo aspettare che questa fissa per quella ti sia passata.»

Shane respirò a fondo e capì che qualunque cosa avesse detto sua madre non avrebbe cambiato idea, così si girò sul letto, sdraiandosi sul fianco e dando la schiena alla madre. «Tu non capisci.» disse, «Per te Gillian è perfetta per me e vuoi che stiamo insieme. Ma ti sei mai chiesta cosa voglio io? Chi amo io?»

«Sei un ragazzino, hai bisogno di una guida.»

«Ho ventitré anni!» esclamò Shane mettendosi seduto, «Io non amo Gillian e non l'amerò mai!» gridò, «Io voglio solo Ellen e vorrò solo lei, delle altre non me ne frega un cazzo, possono pure sparire tutte, compresa la tua cara Gillian!»

«Shane, bambino mio, non dire così.» mormorò Mae, «Calmati. Fra qualche giorno avrai dimenticato quella.»

«Ellen!» gridò lui, «Si chiama Ellen!» disse, «E ora esci, voglio stare solo.» aggiunse e tornò a sdraiarsi.

Mae non disse nulla e uscì dalla stanza, lasciando Shane a un passo dalle lacrime. Il ragazzo aprì il primo cassetto del comodino e tirò fuori una foto di lui ed Ellen, la strinse al petto e pianse.

***

«Devi andare avanti ancora qualche giorno.»

La voce di Mae sorprese Shane che stava per aprire la porta.

«Tu dici?»

Shane si voltò verso Mark e posò l'indice destro sulle labbra e aprì di uno spiraglio la porta.

«Sì, sì.» riprese a parlare Mae, «Gillian, vai avanti ancora due o tre giorni e poi gli dici che il bambino non c'è più e piangi, ti disperi, fai una sceneggiata così lui ti starà vicino e sarete felici.»

Il cuore di Shane si fermò, e si disse che aveva capito male, che non poteva essere vero.

«Vedrai, il mio piano funzionerà. Tu e Shane tornerete insieme e sarete felici.»

«Come hai potuto?» gridò Shane entrando in casa, «Come hai potuto inventarti una cosa tanto orribile? Dirmi che stavo diventano padre... e poi voler fingere un aborto spontaneo? Sei una persona orribile!»

«Shane, tesoro, l'ho fatto solo per te!» esclamò Mae, «Cerca di capire... quella lì non va bene per te!»

Shane guardò lei e Gillian e si chiese come avesse potuto pensare che forse non era così stronza come pensava. «Hai rovinato la mia vita!» esclamò e corse in camera sua.

Mark osservò le due donne e non seppe cosa fare. «Vado da lui.» disse.

«Cerca di fargli capire che io l'ho fatto per lui!» squittì Mae e Mark annuì in risposta prima di andare da Shane.

«Quale persona fa una cosa del genere?» sbraitò Shane quando Mark lo raggiunse, «Inventarsi un bambino che non esiste, solo per farmi restare con lei!» 

Mark sospirò e si sedette sul letto per poi rialzarsi subito quando Shane  strattonò le coperte.

«Ha finto di essere incinta! E avrebbe finto un aborto!» continuò ad urlare Shane, «Cosa pensava, che avrei smesso di amare Ellen solo perché Gillian era incinta?»

Mark si sedette sulla poltroncina e osservò Shane camminare avanti e indietro per la stanza.

«Mia madre! Mia madre ha inventato tutta questa storia!» esclamò Shane, «Non dovrebbe volere la mia felicità?»

«Lei pensa che Ellen non è la persona giusta.» riuscì a dire Mark. «Ha sbagliato ma lo ha fatto in buona fede.»

Shane lo fulminò con lo sguardo. «In buona fede?» domandò inarcando un sopracciglio con fare sarcastico, «Non è buona fede, è una vera stronzata!» gridò e si avvicinò all'armadio, aprì l'anta all'estrema sinistra e prese una valigia blu scuro.

«Ehm.. sì.» disse Mark, «Cosa fai?» chiese guardando Shane che prendeva alcune magliette da uno dei cassetti del comò.

«La valigia.»

«Lo vedo.» disse Mark, «Perché?»

«Perché vado da Ellen.» rispose Shane. «Vado da lei, le dico tutto, che voglio stare con lei, le chiedo di sposarmi e la riporto qui.»

«Fra dieci giorni dobbiamo essere in studio.» fece notare Mark.

«Non me ne frega un cazzo.» disse Shane e frugò nell'ultimo cassetto del comodino, «Ma dove sono...» borbottò, poi sbiancò, si alzò in piedi e, come una furia, scese al pian terreno.

Gillian era ancora lì, che singhiozzava sulla spalla di Mae; sul tavolino con il ripiano in vetro spiccavano le due scatolette ricoperte di velluto blu.

«Non dovevi prenderle!» esclamò Shane afferrandole, osservò l'anello in oro bianco, con un piccolo smeraldo circondato da due brillantini.

«Pensavo che fossero per Gillian...» si giustificò Mae, «Mi stavo informando se si poteva far cambiare la scritta all'interno...»

Shane strinse le labbra. «L'anello è per Ellen, non per Gillian.» replicò. «E ho tutta l'intenzione di andare a darglielo, che ti piaccia oppure no.»

«Non vorrai andare da lei?» inorridì Mae.

«Sì.» rispose lui, «Anche stasera, se necessario.» disse e tornò di sopra, stringendo le scatolette.

Le infilò subito nella borsa e si ripromise di tenere d'occhio la valigia.

«C'è un aereo che parte domani alle tredici da Dublino.» disse Mark mentre Shane continuava ad aggiungere vestiti nella valigia. «Prenoto?» chiese e Shane annuì. «Passami i documenti e la carta di credito.»

Shane gli lanciò il portafogli, «Grazie.» disse, «Sei un vero amico.»

Mark sorrise, «Di nulla.» sorrise, «E comunque Ellen è mia amica.»

Shane sorrise, «Lo so.» disse, «Mi accompagni?»

Mark annuì e finì di digitare le ultime cifre della carta di credito, «Sì, tanto devo già andare a Dublino da un amico.» rispose.

«Perfetto.» disse Shane e chiuse la cerniera della valigia. «A che ora ce ne andiamo?»

«Alle sette?» propose Mark, «Così facciamo colazione a metà strada.»

«Va bene.»

«Dove pensi di andare?» gridò Mae entrando nella stanza. 

«Da Ellen.» rispose Shane e posò la valigia sul pavimento. «Che ti piaccia oppure no.» aggiunse e si avvicinò alla stampante e prese il foglio con la prenotazione e lo infilò in tasca. 

«Non puoi andare da lei!» strillò Mae, «Non è la persona giusta per te! Non dovresti stare con una che fa la modella, dovresti avere al tuo fianco una persona che rimanga a casa ad aspettarti!»

Shane sospirò e fissò Mark chiedendosi da quando sua madre fosse così ottusa e maschilista. «Ellie può fare quello che vuole.» replicò, «Io posso fare quello che mi piace e lei no? Deve stare per forza a casa?»

Mae annuì, «Sì!» rispose, «Tu meriti una persona che sia a casa quando torni.»

«Io merito una persona che non mi menta in un modo così terribile.» replicò Shane. «E adesso esci, io e Mark dobbiamo parlare.»

«Ma Shane!» squittì Mae, «Come puoi rifiutare Gillian? È una cara ragazza, tanto brava... lei ti aspettava sempre quando eri in tour, mentre quella... era sempre in giro!»

«Per lavoro!» esclamò Shane, «Io faccio quello che mi piace quindi lo può fare anche lei! E non deve chiedere il permesso a me e, tantomeno, a te!» continuò, «Io la amo, andrò da lei e quando torneremo saremo fidanzati! Che ti piaccia oppure no, sono stufo che tu decida della mia vita!» disse e spinse fuori la madre.

«Stai bene?» chiese Mark e osservò la porta, dietro la quale si sentiva Mae singhiozzare.

«Sì.» sospirò Shane, «No.» si corresse, «È tutto un gran casino!» disse sedendosi sul letto. Fece un altro sospiro e si sdraiò, «Spero solo che non sia troppo tardi.»

«Non lo sarà.» disse Mark e si alzò dalla sedia «Bhe... adesso devo andare, allora ci vediamo domani.»

Shane si mise seduto. «Okay.» borbottò, «A domani. Ti accompagno giù.»

Una volta fuori dalla stanza Shane, per la prima volta in vita sua, chiuse la porta della sua camera a chiave.

Accompagnò Mark alla macchina e tornò dentro e trovò suo padre che consolava Mae.

«Cosa gli hai detto?» tuonò Peter.

«Chiedi a lei cosa mi ha fatto.» replicò Shane, «Cosa ha fatto a me ed Ellen.»

Suo padre rimase in silenzio.

«Gillian non è incinta. Non lo è mai stata.» spiegò Shane, «Mamma le aveva detto d'inventarsi di essere incinta, e poi di inventare un aborto spontaneo solo per farmi lasciare Ellen.»

«Ma io l'ho fatto solo per te!» singhiozzò Mae.

«Io domani vado a New York da Ellie.» disse Shane. «E l'unico modo per fermarmi è sparami un colpo in testa.» aggiunse e andò verso le scale; quando aveva ormai raggiunto il piano superiore sentì suo padre chiedere spiegazioni.

Entrò in camera sua e si gettò sul letto, prese la foto di Ellen e la strinse al petto. “Ancora poche ore e staremo insieme, per sempre.” pensò. 


Due ore più tardi scese di nuovo in cucina, aprì il frigo e osservò l'interno, indeciso su cosa mangiare.

«Shane...»

Lui si girò con la ciotola dell'insalata mista in mano. «Che c'è?» sbottò.

Sua madre sospirò, «Non andare, ti prego.»

Shane rimase in silenzio. «Io vado, ormai ho deciso e ho prenotato l'aereo.» disse e posò la ciotola sul ripiano accanto al fornello, prese una piccola scodella dal ripiano sopra al lavandino e una scatoletta di tonno da un altro pensile. «Non riuscirai a farmi cambiare idea.» aggiunse mentre apriva la scatoletta.

«Ma io l'ho fatto per te!»

«Bhe... grazie tante.» replicò Shane con sarcasmo, «Hai quasi rovinato la mia vita, contenta?»

Mae tacque e Shane sentì i suoi occhi sulla schiena mentre prendeva un petto di pollo già cotto dal frigo e rimetteva a posto l'insalatiera — dopo averne versato un po' nella scodella —«Ma Shane... cerca di capire... sono tua madre, voglio il meglio per te!»

Shane sospirò e chiuse lo sportello del frigo. «Quello che tu pensi che sia il meglio per me non lo è.» replicò, «Tu hai voluto fare quello che era meglio per te e Gillian, io avrei dovuto starmene in silenzio.» sospirò e tagliuzzò la carne. 

«Ma tu stavi con lei! La amavi... la ami!»

Shane sospirò nuovamente, «Io stavo con lei solo perché tu hai insistito così tanto... io non ho mai amato Gillian e non l'amerò mai.» spiegò, condì l'insalata, afferrò un pezzo di pane e, senza aggiungere altro, tornò di sopra.

***

Shane controllò di aver preso tutto, strinse il manico della valigia e uscì dalla sua stanza.

«Shane...»

«Ci vediamo fra qualche giorno.» disse lui a sua madre.

«Non andare!» lo implorò Mae.

Shane sospirò, «Ne abbiamo già parlato.» disse.

«Per favore! Non darmi questo dolore!» piagnucolò Mae e strinse il braccio del figlio, «Ripensaci, fallo per me!»

Shane strinse le labbra, «Per te? Dovrei farlo per te, dopo che hai organizzato una roba così... terribile! Hai inventato un figlio che non c'era! Non lo hai fatto per me, ma per te, solo per vedere me e Gillian insieme.» esclamò e si voltò versa la finestra e scorse la macchina di Mark che si fermava davanti a casa. «Devo andare adesso.» aggiunse e si scostò. «Quando arrivo ti chiamo.»

«Shane...»

«Basta, mamma.»

Mae sospirò, «Allora... se esci da quella porta... non sei più mio figlio.»

Shane la fissò in silenzio per qualche secondo, poi strinse la presa sulla  maniglia del trolley. «Ciao, mamma.» disse, vide suo padre arrivare e gli si avvicinò e lo abbracciò, «Ciao, papà.» lo salutò e si voltò, uscendo da casa.

***

Shane sospirò e alzò il braccio destro, chiuse la mano a pugno e bussò, rimanendo in attesa. Sentì dei passi, qualcuno che rideva e poi la porta si aprì, mentre lui sbadigliava.

«Shane!»

Lui sorrise a Ellen. «Sorpresa!» disse e incominciò a sentirsi nervoso.

«Cosa ci fai qui?» chiese lei.

«Sono venuto a trovarti.»

«E Gillian e il bambino?»

«È di questo che sono venuto a parlarti.» rispose Shane, «Mi fai entrare?»

Ellen inspirò a fondo. «Stavo andando da Starbucks.» disse.

Shane la osservò e si sentì un po' deluso, «Ah...» sospirò.

«Metti la valigia dentro e vieni con me.» disse lei con un sorriso. 

Anche Shane sorrise, sentendosi più tranquillo, e sistemò la valigia vicino all'armadio a muro dell'ingresso.

«Come vanno le cose a casa?» chiese Ellen mentre uscivano dal palazzo.

Shane rimase in silenzio  per alcuni secondi, «Bene.» rispose, «Mark a un nuovo amico a Dublino.»

«Mi fa piacere.» disse Ellen. 

Entrarono da Starbucks e Shane si disse che quel silenzio era troppo imbarazzante e innaturale. «Gillian non è incinta.» esclamò mentre si sedevano dopo aver preso due cappuccini e un paio di muffin al cioccolato.

«Mi dispiace.» disse Ellen.

«Non devi.» replicò Shane, «Non è mai stata incinta.»

Ellen lo fissò, sorpresa, e posò il bicchiere sul tavolo e fissò il pezzo di muffin che teneva nella mano sinistra, «Che cosa?» strillò, «Quella stronza si è inventata tutto?»

«Non è stata una sua idea.» disse Shane.

«Di sua madre?»

Shane scosse la testa e l'abbassò, inspirò a fondo, poi guardò Ellen. «È stata... mia madre.»

«Cosa?» chiese Ellen, «Tua madre?»

Lui annuì, «Sì.» disse, «L'ho scoperto per puro caso, ieri. Ero in giro con Mark, siamo andati a casa mia e ho sentito mia madre dire a Gillian di andare avanti ancora un paio di giorni, poi di fingere... di fingere che il bambino non c'era più.» spiegò e guardò Ellen in attesa di una sua reazione.

«È terribile...» mormorò, «Dio mio... perché?»

Shane alzò le spalle, «Perché... perché...» sospirò, «Perché lei crede che io e Gillian siamo perfetti insieme, perché lei non lavora, mentre tu sì.»

«E cosa c'entra il mio lavoro?» domandò lei e sorseggiò il cappuccino, «Sono una foto modella, non un'attrice porno!»

Shane fece un piccolo sorriso. «Credo che ce l'avrebbe con te anche se non fossi una modella... il punto è che non sei a casa ad aspettarmi, quando torno da un tour, da un'intervista...» spiegò e le prese le mano. «Ma a me non importa,» sorrise, «io ti amo.»

Ellen lo fissò e Shane ebbe paura che lo mandasse al diavolo ma lei gli sorrise, «Ti amo anche io ma...»

«Ma cosa?»

«Ma non so se è il caso.» disse Ellen dopo un sospiro. «Forse è troppo tardi...»

Shane fece una smorfia e sentì il cuore dividersi in mille pezzetti. «Ellie... non dire così.» pigolò, «Per favore!»

«Shane...» disse, «Io ti avevo proposto l'alternativa...»

«Non avrei potuto fare quello che proponevi.» replicò Shane, «Mia madre avrebbe avuto il cuore spezzato.»

«Tua madre ha inventato una bugia orribile e tu ancora la difendi?»

Shane la fissò, finì il cappuccino in silenzio e si alzò in piedi, «Non la difendo.» esclamò, «Se vuoi saperlo, quando sono uscito di casa per andare in aeroporto mia madre mi ha detto che se uscivo di casa non sarei stato più suo figlio.» disse, «Bhe... sono qui.» ringhiò e uscì dal locale. Fece due passi e si appoggiò con le spalle al muro e inspirò a fondo un paio di volte per calmarsi.

«Sul serio ti ha detto quello?»

Shane si asciugò le lacrime — non si era neppure accorto di essersi messo a piangere — e annuì. «Sì.» rispose, «Me lo ha detto.»

Ellen lo abbracciò e lui la strinse, forte, come se temesse che potesse sfuggirgli via. Affondò il viso fra i capelli di lei e respirò il suo profumo. 

«Mi dispiace.» sussurrò lei, «Non avrebbe dovuto dirtelo.»

«Non preoccuparti.» disse lui, «Siamo insieme.» sussurrò e le baciò il viso.

Ellen sorrise contro la sua spalla e gli accarezzò la schiena, «Va tutto bene.» mormorò, «Andrà tutto bene.» 

Shane le baciò di nuovo la guancia e sorrise. «Lo so.» disse.

Ellen sorrise, «Vieni.» esclamò, «Ti porto in un posto che ti piacerà un sacco!»

«Dove?» chiese Shane mentre prendeva per mano Ellen e intrecciava le dita con le sue.

«Vedrai.» rispose Ellen con un sorriso.

«Dimmi dove, almeno.» disse Shane e rise mentre Ellen lo conduceva lungo la strada.

«Central Park.» esclamò lei mentre si avvicinavano all'ingresso della metropolitana.


Shane spalancò gli occhi quando capì dove l'aveva portato Ellen, «È un maneggio!» esclamò e si girò per guardare Ellen che sorrideva, felice, mentre osservava i cavalli.

«Ti piace?» chiese lei, «Contento?»

Lui annuì. «Sì.»

«Allora andiamo.» esclamò Ellen.

«Dove?»

Lei alzò gli occhi al cielo, «Secondo te?» fece di rimando, «Non ti ho portato qui per guardare i cavalli!» spiegò e lo condusse verso l'entrata.

Venti minuti dopo stavano cavalcando lungo i viottoli del parco. 

«È bello.» commentò Shane, «Mi piace.»

Ellen sorrise, «Sì, è bellissimo.» disse, «Se posso vengo tutti i giorni.» esclamò, «Anche se lavorando dalle sei del mattino alle dieci di sera è un po' difficile.» spiegò, «Anche se adesso ho quattro giorni di relax.» aggiunse e sorrise a Shane.

«Quattro giorni, eh?» fece lui e sorrise.

«Quando ricominciate a registrare?» chiese Ellen e svoltò a sinistra.

«Lunedì prossimo.» rispose, «Devo essere a Londra domenica, altrimenti Lou e gli altri mi strozzano.»

«Sanno che sei qui?»

«Solo Mark.» rispose Shane, «Mi ha accompagnato lui a Dublino.»

«Hai avvertito che sei atterrato sano e salvo?» 

Shane annuì, «Sì, ho mandato un messaggio a Mark appena sono atterrato.»

«E i tuoi?» chiese Ellen fissando davanti a sé.

Shane sospirò, «No.»

«Dovresti farlo.» replicò Ellen, «Saranno in pensiero.»

Shane guardò Ellen, «Lo farò. Dopo.» borbottò. «Ti amo, Ellie.» esclamò dopo qualche attimo di silenzio. Lei rimase in silenzio e Shane la guardò deluso, «Ellie...»

«C'è uno scoiattolo, lassù, su quella quercia.» mormorò Ellen, «Lo vedi?» chiese voltandosi a guardarlo.

Shane alzò la testa e vide l'animaletto su un ramo e annuì. Aprì la bocca per parlare ma Ellen si voltò nuovamente a guardarlo, «Ti amo anche io.» disse lei.

Shane la fissò, sorpreso, non aspettandosi una cosa del genere. «Co-cosa?» balbettò.

«Ho detto che ti amo, scemo.» rispose lei e sorrise, si girò e guardò la strada davanti a lei.

«Tu... tu mi ami?» chiese sbalordito Shane e all'ultimo scartò a sinistra per evitare un ramo, «Mi ami, sul serio?» domandò, «Non è una bugia?»

Ellen alzò gli occhi al cielo e sospirò, «Sì, ti amo, sul serio e non è una bugia.» esclamò e ridacchiò, «Hai una faccia così buffa... sembra che ti abbia appena detto che ho vinto il primo premio alla lotteria.» disse, «E chiudi la bocca, sembri scemo!»

Shane la fissò e chiuse la bocca, poi sorrise, «La lotteria l'ho vinta io.» esclamò, felice e si sentì leggero quando Ellen gli sorrise.

«Dobbiamo tornare indietro.»

«Cosa?»

«Nove ore di volo ti hanno fatto male.» commentò Ellen e fece un risolino, «Ho detto che dobbiamo tornare indietro, al maneggio. La nostra ora sta per finire.»

«Oh, ah...» Shane si sentì stupido — e innamorato —  «Certo, dobbiamo tornare indietro.» disse, «Ma se rifacciamo la stessa strada ci impiegheremo di più...» notò.

«Non dobbiamo fare la stessa strada, infatti.» replicò Ellen, «Fra poco giriamo a destra, stai dietro di me che il sentiero è stretto.»

«Mia cara Ellen Green, guarda che ti ho insegnato io ad andare a cavallo... non dirmi cosa devo fare, che lo so già!» esclamò Shane e immaginò che Ellen stesse alzando gli occhi al cielo.

«Tu mi hai insegnato a cavalcare, ma sono io che sono qui da tre settimane, e sono sempre io che prendo sempre gli stessi sentieri.» replicò lei e si girò appena e sorrise a Shane, «Quindi... taci e seguimi.»

Shane scosse la testa, divertito, sorrise e non replicò, troppo felice di essere lì con lei.


Shane sbadigliò, «Domani cosa facciamo?» domandò.

Ellen alzò le spalle, «Non lo so.» rispose, «Decidiamo domani mattina.» disse e Shane annuì prima di sbadigliare nuovamente,«Hai sonno?» chiese Ellen.

Lui annuì ancora e posò la testa sulla spalla di lei, «Ti amo, Ellie.» borbottò.

Ellen sorrise e infilò il cucchiaino nel barattolo del gelato al cioccolato e panna, «Ti amo anche io.» disse e prese un po' di gelato. «Ti amerei ancora di più se la smettessi di sbavarmi sulla spalla e andassi a letto, ti stai per addormentare.»

«Noo.» brontolò Shane, «Io rimango qui.» disse, afferrò un cuscino, lo posò sulle gambe di Ellen e vi posò la testa. 

Ellen sorrise e scosse la testa, «Hai sonno?» 

«Sì.»

«Vai di là, c'è un bel letto che ti aspetta.»

«Rimango qui.» ripeté Shane, sorrise e chiuse gli occhi.


Shane aprì gli occhi sentendosi confuso, si guardò attorno e non capì dove si trovava, si mise seduto sul divano e ricordò tutto: il giorno prima era andato da Ellen, le aveva raccontato tutto e lei gli aveva detto che lo amava. Sorrise a quel ricordo, poi si chiese come mai fosse sul divano.

Sospirò e si alzò, andò in bagno e poi nella camera. Ellen dormiva al centro del letto e lui la osservò, in silenzio, le labbra piegate in un sorriso. Andò accanto a lei e si sdraiò, l'attrasse a sé e si riaddormentò.

***

«Ma aveva detto dieci giorni!» protestò Shane, «Ne sono passati cinque!»

«Eh, lo so.» disse Mark. «Ci ha preso tutti all'improvviso, ma lui è il capo...»

«Ma io pensavo di rimanere qui di più...» sospirò Shane, «Non voglio!»

«Devi venire.» esclamò Mark, «Altrimenti Louis ti sbatte fuori.»

«Non può farlo.»

«Lo ha detto chiaro e tondo: “se tardate anche di cinque minuti siete fuori!”» disse Mark, «Quindi, Shane, non fare il coglione e prendi quel cazzo di aereo.»

«Voglio stare con Ellie!» protestò Shane e guardò la porta del bagno.

«Ci stai insieme, no?» fece notare Mark, «Tanto lei torna a casa fra due settimane, poi starete insieme tutto il tempo che volete.»

Shane sospirò. «Sì, sì.» borbottò.

«Non dirmi di sì in quel modo.» esclamò Mark, «Sforzati di più, si capisce benissimo che non sei sincero.»

«Devo andare, ora.» disse Shane, «Io e Ellie andiamo a pranzo fuori.»

«Va bene.» sospirò Mark, «Però non fare il coglione.»

«Come vuoi.» disse Shane, «Però adesso devo andare, sul serio. Ciao.» aggiunse e riattaccò.

«Cosa succede?» 

Shane sobbalzò sul divano e si voltò verso Ellen, che era uscita dal bagno e stava aprendo una confezioni di elastici per capelli. «Ehm... era solo Mark.» rispose.

«E cosa voleva?» chiese Ellen, riuscì a rompere la plastica, afferrò uno degli elastici blu e si sedette sul divano. «Shane... ci sono problemi?» 

Lui la fissò, non sapendo se mentirle o dirle la verità. «Hanno anticipato l'inizio della registrazione...» disse.

«Ah.» fece Ellen e si fermò, la mano sinistra che stringeva i lunghi capelli castani in una coda alta, «Quando devi rientrare?»

Shane la ignorò e fissò il televisore, spento, sospirò e si voltò a guardarla. «Dopo domani.» rispose, «Dovrei partire domani...»

Ellen finì di legarsi i capelli. «Dovresti prenotare adesso.» disse, «Mangiamo e poi passiamo all'agenzia viaggi...»

«Io non torno.»

«Cosa?» strillò Ellen, «Tu devi tornare!»

«Aveva detto che iniziavamo lunedì... non giovedì!» protestò Shane.

Ellen sospirò. «Shane... devi andare!»

«No.»

«Shane, tesoro... Louis s'incazza se non vai.»

«Ha detto che chi tarda di cinque minuti è fuori.» disse e incrociò le braccia al petto.

Ellen lo fissò, «Shane!» disse, «Devi andarci!»

«Io voglio stare qui con te!» ribatté lui e si girò verso di lei e le prese le mani. «Non voglio andare a Londra e starti lontano...»

Lei sorrise, «Sei molto dolce...» mormorò, «ma devi prendere quel cavolo di aereo!»

«Non voglio!»

«Mi ami?» chiese Ellen e Shane annuì, «Anche io ti amo.» disse lei e sorrise, «Quindi... se mi ami faresti qualunque cosa che ti chiedo, vero?»

«Sì!» esclamò Shane annuendo.

«Ecco, allora... prendi quel cazzo di aereo, vai a Londra e registra quell'album!»

Shane sospirò. «Ma io...» cercò di protestare ma Ellen gli posò un dito sulle labbra.

«Vai, Shane, registra quelle canzoni, fate uscire il vostro primo greatest  hits e spaccate il culo a tutti quanti!» esclamò Ellen. «Fallo per me, per noi.»

Shane sorrise, «Forse hai ragione.»

«Io ho sempre ragione!» scherzò Ellen «E chiama i tuoi, saranno preoccupati.» aggiunse, «Ma dopo, adesso andiamo a mangiare, altrimenti sarai te il mio pranzo!»

Shane sorrise e si alzò in piedi, attirò Ellen a sé e la baciò.  «Ti amo.» disse e la baciò ancora.

***

Shane sbuffò.

«Devi andare a casa, Shane.» esclamò Mark, «Manchi a tua madre.»

«Lo farò.» disse Shane, «Dopo essere andato da Ellen.»

«L'hai vista tre giorni fa!» replicò Mark. «Devi andare da lei e sentire cosa ha da dirti... siamo amici, ogni tanto potresti anche fare qualcosa per me.»

Shane sospirò e si sistemò meglio sul sedile dell'aereo. «E va bene.» sbottò e guardò Mark che sorrideva, «Ma scordati favori per i prossimi sei mesi!»


Shane entrò in casa, abbandonò le valige nell'ingresso e andò nel soggiorno. «Ciao, mamma.» disse, «Come stai?»

«Ellen ha quell'anello.» replicò Mae, «Gliel'hai dato, alla fine.»

«Io la amo.» disse Shane dopo un sospiro. «Ellie non mi ha mai mentito, non ha inventato storie assurde solo per farmi stare con lei.»

«Ma Gillian ti ama...»

«Gillian mi ama così tanto che ha cercato di incastrarmi.» esclamò e si accorse di essere stato sarcastico, «Ellie, invece... lei mi ha convinto ad andare a registrare l'album, lei mi ha convinto a venire qui e parlarti...» aggiunse e ripensò a tutte le volte che Ellen gli aveva detto di parlare con Mae.

«Ma io...»

«Ma tu... nulla.» ribatté Shane, «Io e Ellen stiamo insieme, ci sposeremo e avremo dei bambini.» disse non accorgendosi che la madre sbiancava sempre di più a ogni parola, «Se ti va bene ne sarò felicissimo, altrimenti...»

«Altrimenti?» pigolò Mae.

«Altrimenti... altrimenti esco da questa casa.» rispose Shane. «Vado a disfare le valige.»

***

Shane si strinse a Ellen. «Rispondi.» borbottò lei, «Altrimenti te lo faccio mangiare.»

«È mia madre, non ne ho voglia.»

Ellen sospirò e si rigirò nel letto, «Rispondi, per la miseria!» esclamò.

Shane si mise seduto e si sedette sul letto, afferrò il cellulare, lesse il nome di chi stava chiamando e rispose. «Ciao mamma.»

«Ciao, tesoro, spero di non disturbare...» disse Mae.

«Io e Ellie stavamo dormendo.» esclamò. «Cosa vuoi?» domandò bruscamente.

«Invitarvi a pranzo.» rispose Mae, «Tu ed Ellen.»

Shane rimase in silenzio per qualche istante, «A pranzo?» chiese, «Io ed Ellen?» continuò e si girò verso Ellen che lo fissava sorpresa.

«Sì.» disse Mae, «Tu e lei. Voglio che le cose cambino.»

Shane rimase qualche secondo in silenzio, troppo sorpreso per pensare o dire qualsiasi cosa. «Che cosa?» domandò, non sapendo cos'altro dire e fissò Ellen che si avvicinava lentamente al cellulare per sentire meglio.

«Voglio invitare te ed Ellen a pranzo.» ripeté Mae, «Sto preparando l'arrosto...»

«Mamma...» disse Shane, non sapendo come declinare l'invito.

«Ellen è vegetariana?» chiese Mae, «Posso prepararle qualcos'altro.»

«Non è vegetariana.» rispose Shane, «Aspetta un attimo.» disse, coprì il telefono con una mano e guardò Ellen. «Che c'è?» chiese.

«Dille di sì.» mormorò lei.

«Ellie...» fece lui e inspirò a fondo quando lei gli pizzicò la pancia.

«Dille di sì, altrimenti non te la do più.» mormorò Ellen e sorrise.

Shane sospirò, «Va bene, mamma.» disse al cellulare, «Io e Ellie veniamo, dimmi a che ora dobbiamo essere lì.»

«Per mezzogiorno va benissimo.» esclamò Mae e Shane si accorse che era felice, «Ci vediamo più tardi.» disse e riattaccò.

«Perché?» chiese Shane posando il cellulare sul comodino. «Perché mi hai costretto ha dire di sì?»

«Perché lei è tua madre.» replicò Ellen e si appoggiò alla testata del letto. 

«Ma è stata una stronza.» disse Shane, «Ha fatto di tutto per dividerci!» fece notare.

«È tua madre.» disse Ellen girando la testa per guardarlo. «E ha fatto un passo verso di noi...»

Shane replicò con uno sbuffo e incrociò le braccia al petto. 

«Shane...» mormorò Ellen.

«Lei ci ha fatto del male!»

«E se non andiamo si convincerà che sono una stronza.» replicò Ellen. «È vero, ci ha fatto del male, ma io non voglio che tu litighi con lei e con tuo padre a causa mia.»

Shane sospirò e strinse la ragazza a sé, «Sei incredibile, lo sai?» disse, «Cerchi sempre di sistemare le cose.» esclamò e le baciò la testa. «Ti amo.»


Il pranzo era finito da qualche minuto quando suonò il campanello, Mae si scusò e andò alla porta.

«Gillian!» esclamò.

«Sono qui per Shane.» disse Gillian.

Shane si alzò in piedi, afferrò Ellen e la strattonò verso la porta. 

«Dove vai? Shane!» esclamò Mae.

«Hai invitato Gillian... dove credi che vada?» replicò Shane, «Via da qui!»

«Io non l'ho invitata!» si giustificò la donna, «Credevo che fosse Marie, doveva venire qui per portarmi una cosa!»

Shane la fissò, domandandosi se fosse sincera, fissò Gillian e poi Ellen, che lo fissava in silenzio. «Giurami che non l'hai invitata.» disse alla madre.

Mae annuì, «Sì! Giuro che non l'ho invitata io!» esclamò, «Io non la vedo e sento da quasi due mesi!»

Shane annuì piano. «Sparisci.» esclamò alla sua ex e chiuse la porta, si avvicinò alla madre e l'abbracciò.

***

«Stupida rivista.» borbottò Shane e lanciò la rivista di gossip dall'altra parte della stanza.

Ellen la raccolse e vide Gillian in prima pagina. «Una ragazza si è messa fra me e Shane.» lesse mentre si avvicinava al letto, «E adesso se ne è accorta?» domandò, «Dopo sei mesi?»

Shane le strappò la rivista dalle mani. «È solo una stronzata, non leggerla.»

Ellen lo fissò, «Stavo leggendo.» disse, «E su quella rivista non c'è solo lei.» fece notare.

«Non voglio che leggi quelle minchiate.» disse Shane, «Sono un mucchio di stronzate.»

Ellen sbuffò e riprese la rivista, si allungò verso il comodino e afferrò una biro.

«Cosa vuoi fare?» chiese Shane, «Fare i baffi a Gillian?» domandò e sorrise.

«No.» rispose Ellen appoggiandosi contro la testiera del letto, «Voglio fare il cruciverba.» disse.

Shane posò la testa sulla spalla di Ellen, «Grotta.» disse.

«Cosa?»

«Il tredici verticale.» rispose Shane, «La definizione è grotta.»

«Grazie.» rispose lei, «Ma lo sapevo anche io.»

«La venti orizzontatale è...»

«Shane!» lo interruppe Ellen, «So farlo anche da sola!»

Lui ridacchiò, «Ma ti sto aiutando!»

«Tu ti stai divertendo a rompermi le scatole.» replicò Ellen con un sorriso.

«Non è vero!» disse Shane, «Voglio solo aiutarti!» si giustificò, «Per esempio, la sei verticale...»

Ellen chiuse la rivista e la posò, insieme alla penna, sul comodino.

«Non vai avanti?» chiese Shane, «Hai scritto tre parole...»

Ellen sbuffò, «No.» rispose, «Non con te che fai il suggeritore.»

Shane sorrise, «Ordiniamo la pizza?» chiese ed Ellen annuì. «Dai, andiamo di là.» disse ed Ellen annuì nuovamente, prima di posargli le mani sul viso e Shane si godette il tepore delle sue mani e la piccola zona più fredda dove si trovava l'anello che gli aveva dato quando era ripartito da New York. Sorrise e si sporse verso di lei e le baciò le labbra.

«Siamo forti.» disse mentre le scostava i capelli dalla fronte.

«Cosa?» chiese lei.

«Ho detto che siamo forti.» ripeté Shane mentre Ellen si sistemava fra le sue gambe, «Ne abbiamo passate tante eppure siamo ancora qui, insieme.» disse, «L'anno prossimo ci sposeremo e siamo felici.»

Ellen sorrise e gli prese le mani, «Lo so.» mormorò e piegò la testa di lato quando Shane le baciò il collo. 

«Prima la bugia di mia madre e Gillian, poi io che per poco non vengo sbattuto fuori dal gruppo...»

«Ma non era colpa tua.» disse Ellen e sfiorò l'anello di Shane, «L'aereo si è fermato a Parigi per maltempo!»

Shane rise, «Lo so!» disse, «E per fortuna che era in ritardo pure Kian!» aggiunse e abbracciò Ellen. «Ti amo, Ellie.» mormorò baciandole la testa.

«Biscotto! Cocco vuole biscotto!»

Entrami risero.

«Stupido pennuto.» esclamò Shane.

«Quel pennuto me lo hai regalato tu!» rise Ellen scivolando fuori dal letto.

«Lo so.» disse lui, «Ma ogni tanto parla a sproposito, e poi mi gira attorno e mi fissa con i suoi inquietanti occhietti neri.»

Ellen rise ancora, «Cocco non è inquietante!» protestò, «È tanto dolce e buono anche se un po' rompipalle.»

«Ogni tanto temo che mi mangi il naso.» disse lui.

«Non ti vuole mangiare il naso ne nient'altro.» replicò Ellen, «E comunque... non dovevamo ordinare la pizza?»

Shane annuì e si alzò in piedi, «Sì.» disse, «Andiamo.» aggiunse, piegò in avanti la testa e baciò Ellen. «Ti amo.»

***

«Dorme?» sussurrò Shane entrando nella cameretta.

Ellen annuì e posò Scarlett — aveva solo tre mesi — nel lettino e la guardò per qualche istante prima di coprirla. «Sì.» mormorò, «Finalmente.» aggiunse girandosi verso Shane.

Lui camminò verso di lei e fissò la figlia, «Sembra un angioletto...» disse sorridendo e sfiorò la piccola mano, «Sai a cosa stavo pensando?»

«No.» disse Ellen e raccolse un sonaglino da terra, «A cosa?»

«Che Scarlett è talmente bella che ne vorrei un'altra come lei.» rispose Shane.

Ellen lo fissò con la bocca aperta, «Sei scemo?» chiese, «Ha solo tre mesi! Non è un po' presto?» 

Shane le sorrise, «Non ho mica detto che voglio un altro figlio adesso,» replicò divertito, «Magari fra qualche mese... quando smetterà di svegliarsi sei volte ogni notte.»

Ellen respirò piano. «Bhe... se è come me ci vorranno almeno un paio d'anni!»

Shane la strinse. «Non essere pessimista.» disse, «Magari fra qualche mese dormirà quattro ore di seguito!» sussurrò e sfiorò la fronte di Ellen con le labbra, «E anche noi riusciremo a dormire quattro ore filate.»

Ellen sorrise e annuì. «E va bene.» disse, «Però forse adesso è il caso che andiamo anche noi a dormire.» mormorò prima di baciare le labbra di Shane.


Shane aprì gli occhi e si sentì confuso, si guardò attorno, intravide Ellen che rientrava in camera e sorrise, chiuse gli occhi e si riaddormentò.

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Capitolo 6
*** 5. Swear It Again ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Soulmates

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5.
Swaer It Again
*** I swore to share your joy and your pain ***

Luglio 2005

Shane aprì gli occhi e si sentì confuso, si guardò attorno, intravide Ellen che rientrava in camera e sorrise, chiuse gli occhi e si riaddormentò.

Shane aprì lentamente gli occhi, le palpebre gli sembravano pesanti, emise un piccolo gemito e cercò di mettere a fuoco l'ambiente, sperando che le ombre che intravedeva su uno sfondo bianco si facessero più nitide. Aprì la bocca per parlare ma, con suo sommo orrore, si accorse di non riuscire ad emettere nessun suono.

«Stai tranquillo.»

Shane si rilassò un poco nel sentire la voce di sua madre e chiuse gli occhi e li riaprì, «Mamma.» gracchiò, spaventandosi per la sua voce rauca.

«Stai tranquillo.» mormorò la donna sfiorando i capelli castani di Shane, «Riposati. Ellen è andata a casa con Ryan, torneranno fra un paio d'ore.»

Ellen? Ryan? Shane si sentì la testa girare e la paura farsi strada dentro di lui quando si accorse di non sapere chi fossero quelle due persone. «Mamma?» pigolò.

«Non preoccuparti, Ellen sta bene, è solo stanca.» disse Mae, «Hai sposato una testona, tuo padre l'ha dovuta portare a casa con la forza, altrimenti sarebbe rimasta qui con vostro figlio.»

Shane sorrise — anche se in realtà fece solo una smorfia — e la paura se ne andò: Ellen era sua moglie, Ryan era il loro bambino.

L'unica cosa che non capiva era perché fosse in ospedale.

***

Shane inspirò a fondo e aprì gli occhi, sorrise quando vide Ellen seduta sulla poltroncina con Ryan in braccio. Adesso sapeva tutto — era stata sua madre a dirgli quello che era successo — e si sentiva più tranquillo, sapendo che, a parte un braccio rotto e un leggero trauma cranico, non aveva nulla di grave.

Era felice anche se era in ospedale, Ellen era lì e gli bastava guardarla dormire per sentire il cuore traboccare di amore e felicità. Certo, finire in ospedale era l'ultima cosa che voleva, dopo quello che lui e Ellen avevano passato ma in quel momento non gli importava.

Con un sospiro chiuse gli occhi e si riaddormentò.


***


Agosto 2002

Shane aprì la porta di casa e si fermò nell'ingresso quando udì le voci di sua madre, di Gillian e della madre di lei. Sospirò infastidito e guardò il pavimento, fissando i pezzetti di fango secco che si staccavano dalle sue scarpe; deglutì la saliva e si diresse nel salotto. 

«Shane! Tesoro!» squittì Gillian alzandosi dal divano.

«Puzzo.» esclamò Shane facendo un passo indietro, «Vado a farmi una doccia.» disse e si girò, andando verso le scale quasi correndo.

Erano quasi cinque settimane che non sentiva Ellen e stava per impazzire. Lei gli mancava, gli manca la sua voce, la sua risata, baciarla, sfiorare il ventre piatto, giocare con i suoi capelli...

Con uno sbuffo Shane si liberò dei vestiti che gettò nella cesta dei panni da lavare e aprì l'acqua calda della doccia.

Non voleva vedere Gillian, non voleva parlare con lei, uscire con lei, sposarla o avere un bambino da lei.

Shane voleva solo Ellen.


«Cosa c'è?» esclamò Shane con cattiveria, «Adesso scendo.» 

Mae respirò a fondo, «Gillian ti aspetta.» disse.

Shane sospirò e lisciò i bordi della maglietta che aveva appena indossato. «Adesso scendo.» borbottò.

«So che sei nervoso per tutta questa storia,» incominciò a parlare Mae, «ma devi stare tranquillo: tu e Gillian vi sposerete e sarete dei bravissimi genitori.»

«Non è per questo!»ringhiò Shane, «È solo che... che...» fece un respiro profondo, «Io non amo Gillian, non voglio sposarla perché è incinta ma lo faccio comunque perché lo volete voi. Io amo Ellie e l'amerò per sempre.»

Mae lo fissò sorpresa ma non ribatté e incominciò a scendere le scale, fermandosi pochi secondi dopo sul tramezzo.

«Mamma? Stai bene?» chiese Shane.

«Shh.» fece la donna, «Stai zitto.» sussurrò e Shane annuì sentendo le voci di Gillian e di sua madre.

«Tesoro, fai come ti dico: piagnucola che ti senti trascurata, che state per diventare genitori, che vuoi che dica a tutti che vi sposerete... lui lo farà, altrimenti si sentirà in colpa!» esclamò la madre di Gillian.

«Sì... ma lui pensa ancora a quella cagna!» squittì Gillian e Shane sussultò a quelle parole.

«Fidati di me.» disse la donna a bassa voce, «Una volta che lui dirà alla stampa che vi sposerete e sarete genitori smetterà di pensare a quella puttanella, poi, quando gli dirai che hai perso il bambino lui si sentirà in colpa... e ti sposerà ugualmente, perché ormai lo ha detto a tutto il mondo.»

Shane rimase fermo, immobile, mentre cercava di capire cosa volessero dire quelle parole, sopratutto “perso il bambino”.

«Speriamo che funzioni...» sospirò Gillian, «Che questa farsa serva a qualcosa.»

«Servirà, servirà.» disse la donna.

Shane sussultò, capendo quello che la sua fidanzata e sua madre si stessero dicendo — anche se non voleva crederci — inspirò a fondo e vide sua madre scendere velocemente le scale.

«Farsa?» strillò Mae, «Vuol dire che non sei incinta?» gridò e Shane la raggiunse, «Vuoi incastrare il mio bambino?»

Shane fissò le due donne sul divano e le vide sbiancare e deglutì, sentendosi deluso e furioso per tutta quella storia.

«Io lo amo.» pigolò Gillian.

«Mi hai mentito.» sibilò Shane. «Mi hai mentito.»

«Non erano vere quelle cose, giusto?» domandò Mae e Shane la fissò confuso, non capendo a chi si riferisse. «Ellen non ha fatto quelle cose con quei ragazzi...»

Gillian abbassò il viso e stropicciò il cuscino.

«Rispondi!» gridò Shane.

Gillian continuò a tenere la testa bassa, «Io ti amo.» mormorò.

«Che cosa hai detto su Ellie?» chiese Shane, «Cosa hai inventato su di lei? Rispondi!» gridò e quasi sorrise quando la vide sobbalzare, «Mamma... cosa ti ha detto?»

Mae sospirò, «Mi ha detto che le avevano detto che avevano visto Ellen...» iniziò a rispondere, «Ad Hazelwoods in compagnia di alcuni ragazzi e che non... non stavano parlando.»

Shane sentì le ginocchia deboli, «Non è vero!» disse.

«E poi mi ha detto che è andata a letto con il suo agente per avere il servizio a New York.» aggiunse Mae.

«Ma il suo agente è una donna!» squittì Shane, «Ed Ellie non è quel tipo di ragazza!»

«Ma io voglio stare con te!» esclamò Gillian guardando Shane, «Scusami se ti ho mentito, ma l'ho fatto per noi!» esclamò, «Non è così grave!»

«Inventare un bambino che non esiste non è grave, è una vera stronzata da psicopatica!» esclamò Mae, «Per colpa tua ho iniziato a detestare Ellen, che è un brava ragazza, almeno non si è inventata una cosa così... orribile.» disse.

«Oh, non fatela così tragica...» buttò lì la madre di Gillian piegandosi in avanti per raggiungere la tazza di porcellana. «Sono solo un paio di innocenti bugie...» aggiunse.

Mae spostò la tazza con veemenza, facendo uscire qualche goccia di te, «Ora voi due ve ne andate.» esclamò, «E se osate dire qualcosa di cattivo su Shane dirò a tutti che vi siete inventate tutto.»

Le due non si mossero, «Ma Shane... io ti amo tanto!» esclamò Gillian mentre alcune lacrime le rotolavano sulle guance.

«Io no.» ribatté Shane, «E adesso... esci da questa casa e dalla mia vita.»  disse stringendo i pugni, anche se avrebbe voluto darli in testa alle due persone sedute sul suo divano, «Andate via prima che chiami la polizia e vi faccia passare per dementi.»

Gillian e sua madre si alzarono in piedi, «Stai sbagliando, lo sai?» disse la madre di Gillian, «La mia Gill è la persona giusta per te, non come quella... Ellen.» aggiunse sprezzante.

Mae sbuffò e spinse le due verso la porta d'ingresso, «Ve ne volete andare?» esclamò e chiuse la pesante porta appena le altre due varcarono la soglia. 

Shane respirò a fondo e rilassò le mani, «Perché?» domandò quando sua madre lo raggiunse, «Perché?»

La donna sorrise, «Perché non sopporto le menzogne, lo sai.» rispose, «E perché prima, quando mi hai detto quelle cose... mi sono accorta che tu ami sul serio Ellen e che non posso impedirti di farlo, e che ti saresti sacrificato solo per far felice me e tuo padre...» continuò e sorrise prima di chinarsi sul tavolino e sistemare le tazze e la teiera sul vassoio di legno decorato con dei fiori colorati, «Sei infelice, lo so, lo vedo...»

«Mamma...» fece Shane.

Le labbra di Mae si piegarono in un sorriso, «Io non voglio che tu sia infelice... quindi se stare con Ellen ti rende felice... lo sarò anche io.»

Shane abbracciò la madre, «Grazie.» mormorò, «Ti voglio bene.»


Shane uscì dalla sua stanza quando sentì i suoi genitori parlare e si fermò all'inizio della scala.

«Andare lì? Ma sei sicura?»

«È l'unica cosa da fare. L'unica cosa giusta da fare.»

«Ma lei...»

«Ma lei nulla.» 

Shane inspirò a fondo e scese in silenzio le scale, domandandosi il significato della conversazione fra suo padre e sua madre. «Ciao, papà.» esclamò, decidendo d'impulso di non dire non chiedere nulla, aprì il frigorifero e prese il cartone del succo alla pesca e riempì un bicchiere; sorseggiò la bevanda lentamente, guardando i suoi genitori. 

«Hai chiamato Ellen?» chiese Mae.

«Eh... cosa?» rispose lui, sorpreso, «Sì, ma non c'era.» disse. Invece Ellen c'era, solo che aveva una voce strana e aveva riattaccato appena aveva sentito la sua voce; aveva chiamato Mark — sapeva che lui si sentiva con Ellen — e lui gli aveva detto che l'ultima volta che aveva sentito la ragazza — quattro giorni prima — aveva una voce strana come se fosse ubriaca o sotto l'effetto di qualche droga — o entrambe le cose.

«Bhe... vorrà dire che le faremo una sorpresa.» esclamò Mae.

«Sorpresa?» squittì Shane.

Mae sorrise, «Ho chiamato Jamie e gli ho chiesto di prenotare tre biglietti per New York.»

Shane tossì, sputacchiando il succo contro la mano. «Andiamo in America?» chiese quando si fu ripreso, «Stai bene?» domandò chiedendosi se sua madre non avesse battuto la testa da qualche parte.

«Certo che sto bene!» rispose lei e fece una smorfia offesa, come se fosse indignata dalle parole del figlio, «Partiamo fra due giorni.»

Shane si limitò ad annuire lentamente mentre il suo cervello registrava quelle parole e il loro significato.

America. New York. Volo. Due giorni.

Ellen.

Avrebbe visto Ellen in poco più di quarantotto ore.

Abbracciò la madre, «Grazie, grazie.» mormorò, la voce tremolante a causa delle lacrime. «Grazie.»

Mae lo strinse a sé e gli accarezzò la schiena fino a che Shane non si calmò e smise di singhiozzare.

«Vado a iniziare a preparare la valigia!» esclamò Shane, non sentendosi così felice da quando Ellen era partita. Shane sorrise a suo padre e lo abbracciò, poi salì di corsa le scale dimenticandosi che la cena sarebbe stata pronta da lì a poco.

Avrebbe rivisto Ellen e al momento era l'unica cosa che gli importava.


«Quanto ti è parsa strana?» chiese Shane sedendosi sul letto, facendosi spazio fra i vestiti.

«Un po' tanto.» rispose Mark, «In dieci minuti di telefonata è passata dall'euforia alla depressione...»

Shane sospirò e strinse il telefono. «Secondo te, lei...» lasciò cadere la frase, non avendo il coraggio di chiedere se Ellen bevesse o si drogasse.

«Non lo so.» rispose Mark, «Spero di no, anche se...»

Shane chiuse gli occhi e guardò la foto di lui ed Ellen, «L'aiuteremo.» disse.

«Bhe, questo mi pare ovvio.» esclamò Mark e sternutì, «Stupida influenza!» sternutì di nuovo, «Verrei volentieri anche io, se solo non fossi inchiodato a letto da questa stupida influenza!» protestò.

Shane sorrise, «Le porterò i tuoi saluti.» disse, «Ci sentiamo.» aggiunse.

«Riportala a casa.» disse Mark.

«Lo farò.» promise Shane, «Ti chiamo quando sarò da lei.» disse, salutò Mark e chiuse la chiamata, gettò il telefono sul letto e chiuse gli occhi con un sospiro. Solo venti ore e sarebbe stato con Ellen.

**

Shane bussò alla porta dell'appartamento di Ellen e guardò brevemente sua madre — Peter era rimasto in albergo a riposare — e bussò di nuovo.

«Arrivo.»

La voce di Ellen arrivò attutita e debole. «Chi è?» domandò.

«Ellie, sono io, Shane.» rispose il ragazzo e sentì il rumore prodotto dal catenaccio che veniva tolto e la chiave girare nella serratura.

La porta si aprì di uno spiraglio e Shane fissò Ellen, rimanendo sorpreso dall'aspetto di lei, dalle carnagione pallida su cui spiccavano delle occhiaie violacee e dai capelli arruffati.

«Entra.» disse lei e aprì completamente la porta. «Oh, signora Filan.» commentò quando vide Mae.

Shane e sua madre entrarono nell'appartamento mentre Ellen si buttava sul divano affondando la testa nel cuscino.

Nonostante l'ambiente fosse in penombra Shane notò il disordine, le bottiglie di alcolici sparpagliate sul tavolino davanti al divano e una ciotola con alcune patatine.

«Ellie..» mormorò, «Cosa...» sospirò e guardò Ellen prendere una bottiglia di vodka mezza vuota. «Ellie, sono le dieci di mattina.» disse, lei lo ignorò e bevve direttamente dalla bottiglia. «Ellie, basta!» esclamò Shane prendendo la bottiglia.

«Ridammela!» piagnucolò Ellen, «Ridammi la mia bottiglia.»

«No.» esclamò Shane e posò la bottiglia su una mensola, lontana da Ellen che se ne stava ancora distesa sul divano.

«Iihhh.» si lamentò quando Mae aprì le tende, facendo entrare la luce del sole nella stanza. «C'è troppo luce.» piagnucolò.

«Ellie... tesoro.» mormorò Shane inginocchiandosi accanto al divano mentre Mae afferrava le bottiglie, «Cosa ti succede?» chiese scostandole i capelli del viso.

«Non puoi capire.» 

«Se non mi dici nulla non potrò mai capire.» replicò Shane.

«Perché non te ne torni dalla tua perfetta Gillian che aspetta il vostro bambino perfetto?» esclamò Ellen aprendo gli occhi.

Shane sospirò, «Perché non c'è nessun bambino.» rispose, «Gillian non è incinta, non lo è mai stata, si è inventata tutto.»

Elle scoppiò a ridere istericamente, «La cara Gillian che mente...»

«Ellie.» la chiamò Shane e alzò la testa, vide sua madre sistemare la cucina e abbassò il viso, «Sono qui perché ti amo e voglio che torni a casa con me.» disse scostandole i capelli dal viso. «Anche Mark vuole che torni a casa.»

Ellen alzò le spalle con fare indifferente. «Non è vero.» mormorò, «Ridammi la mia bottiglia.» 

«No.» disse Shane e la strinse a sé, ignorando il cattivo odore della ragazza, «Adesso ti fai una bella doccia e poi usciamo a farci un giro, va bene?»

«No.» rispose Ellen ma Shane la ignorò, la prese in braccio e la portò in bagno, per poi deporla delicatamente sul tappeto colo crema che si trovava davanti alla vasca da bagno. «Torno subito.»

 disse e le baciò la testa.

«È un vero casino.» disse a sua madre quando la raggiunse in cucina, «Un fottuto casino.»

Mae fece un mezzo sorriso, «Andrà tutto bene.» pronunciò, «Prenditi cura di lei mentre io sistemo la cucina.» aggiunse e Shane annuì. La cucina, escludendo alcuni contenitori d'asporto di cibo cinese, un piatto di plastica con i rimasugli di un dolce e un bicchiere con un dito di succo, era più pulita del soggiorno. Tornò in bagno e trovò Ellen che si lavava le mani.

«Siediti.» disse Shane abbassando il coperchio del gabinetto, prese la spazzola dalla mensola di vetro sotto allo specchio e sorrise a Ellen che fece come le era stato detto.

«Gillian ha mentito sul serio?» domandò lei mentre Shane le spazzolava i capelli.

«Sì.»

«E come l'hai scoperto?»

Shane sorrise e guardò la ciocca che stringeva nella mano sinistra, «Diciamo che lei e sua madre hanno parlato del loro... piano nel luogo e nel momento sbagliato.» rispose, «Nel mio salotto, mentre io e mamma scendevamo le scale.»

«Oh.» commentò Ellen e Shane vide che stringeva le mani a pugno per poi rilassarle e stringerle di nuovo, premendo i pugni contro le cosce coperte dai pantaloncini blu scuro.

«Mamma le ha sbattute fuori.» continuò Shane, «E poi ha prenotato i voli per venire qui.»

«Le ha cacciate?» domandò Ellen, «Avrei voluto vederla.»

«Gillian ha raccontato delle bugie su di te a mia madre, per questo lei ti...» Shane si fermò, non sapendo quale parola usare.

«Odiava?» suggerì Ellen.

«Sì.» disse Shane e finì di spazzolarle i capelli, rimise la spazzola al suo posto e aprì l'acqua della doccia. «Spogliati.»

Ellen scosse la testa. «Solo se prima mi porti da bere.»

«Puoi bere dal rubinetto.» replicò Shane, «Lì c'è il bicchiere.» disse indicando il bicchierino di plastica colorata.

«Non fare il finto tonto.» esclamò Ellen, «Dammi la mia bottiglia.»

«No.»

Ellen sbuffò e si alzò in piedi barcollando, «Faccio da sola.» disse e si diresse verso la porta, Shane l'afferrò per la vita.

«Lasciami!» esclamò lei divincolandosi ma Shane la tenne stretta e la mise dentro la vasca, sotto il getto del soffione.

Ellen lanciò uno strillo e si piegò in avanti. «Stronzo.» sibilò. «Ne ho bisogno.» piagnucolò sedendosi.

Shane inspirò a fondo, non sopportando di vedere la ragazza che amava ridotta in quello stato. Si inginocchiò accanto alla vasca e le tolse lentamente la maglietta. «Togliti i pantaloncini.» le disse scostandole i capelli bagnati dalla fronte.

Ellen singhiozzò un paio di volte e fece come le era stato chiesto, finendo di spogliarsi. «Non volevo, Shane.» piagnucolò, «Lo giuro... non volevo.» mormorò piegando le ginocchia verso il petto e abbracciandole.

«Lo so.» disse lui, afferrò una spugna, ci verso un po' di bagnoschiuma e la strinse nel pugno. «Andrà tutto bene.» disse e sperò di essere risultato convincente perché lui aveva sentito nella sua voce un tremolio.

Ellen singhiozzò un paio di volte mentre Shane le insaponava la schiena, passando la spugna con lentezza. «Perché?» chiese dopo qualche attimo di silenzio.

Ellen alzò le spalle. «Troppa pressione.» rispose dopo qualche istante e sospirò mentre Shane le passava la spugna sul seno con gesti delicati. «Tu come fai?»

«Io ho Mark, Kian, Brian e Nicky.» rispose lui, «E naturalmente te.» sorrise e si fermò, «Il pensiero di tornare a casa e venire da te faceva scorrere i giorni più velocemente.»

Ellen si concesse un sorriso e stese il braccio destro, posandolo sul bordo  della vasca, «Io sono sola.» mormorò. «Le altre... sono stronze con la puzza sotto al naso solo perché da piccole sono state Miss qualche cosa.»

«Tu sei la più bella di tutte.»

«Non è vero.» replicò lei.

«Sì che è vero.» disse e Shane e abbandonò la spugna nell'acqua — arrivava poco sopra le cosce della ragazza.

«Anche adesso?»

Shane la guardò e sorrise. «Sì.» disse, «Io ti amo sempre e tu per me sei sempre bellissima.» aggiunse e sfiorò i capelli di Ellen. «Lo shampoo?» domandò.

«Sotto al lavandino.»

Shane aprì lo sportello del mobiletto, scostò alcune confezioni di crema corpo e trovò lo shampoo. E una bottiglia di vodka mezza piena, la fissò per qualche secondo respirando lentamente e poi si girò, trovando Ellen che lo guardava, poi lei abbassò la testa e posò la fronte sulle ginocchia. Shane la fissò e decise di non dirle nulla, avrebbe fatto sparire la bottiglia più tardi. Versò lo shampoo sulla testa di Ellen e iniziò a massaggiarlo lentamente. 

«Mi odi?»

Shane si fermò, «Non ti odio, Ellie, io ti amo.» disse ed Ellen annuì, «Non ti ho mai odiato, neppure per un'istante.» continuò Shane, «Odio Gillian, non te.» disse e rimase in silenzio mentre finiva di lavare i capelli di Ellen. «Tira indietro la testa e tieni gli occhi chiusi.» ordinò ed Ellen si limitò ad annuire mentre lo faceva. Shane afferrò il telefono della doccia e iniziò a sciacquare i capelli, prestando attenzione a non far finire la schiuma negli occhi della ragazza.

«Sei dimagrita.» disse quando finì, «Mangi?»

Ellen annuì e sospirò. «Esco molto... fare su e giù per la Quinta strada fa rassodare le gambe.»

Shane sorrise, «Sempre a guardare le vetrine, eh?»

Anche lei sorrise e lo fissò, si scostò i capelli bagnati dal viso e appoggiò le braccia sul bordo della vasca, «C'è anche una piccola palestra nel seminterrato.»

Shane annuì, «Rimani un attimo qui, vado a vedere cosa sta facendo mia madre.» disse e si alzò in piedi, sentendo le ginocchia dolergli per essere rimasto troppo a lungo inginocchiato su uno scomodo tappeto, «A quest'ora potrebbe aver rivoluzionato l'arredamento e ti troveresti la cucina al posto della sala.» aggiunse e si chinò, baciò la testa di Ellen e uscì dal bagno.

«Come va?» domandò Mae quando Shane la raggiunse in cucina.

Lui la fissò e fece un lungo sospiro. «Male.» mormorò, «C'è una bottiglia di vodka nel mobiletto del bagno.»

Mae annuì, «Ne ho trovate altre due.» disse, «Povera Ellen, cosa gli abbiamo fatto? Era così... dolce e carina, adesso, invece...»

Shane la fissò stringendo le labbra, pronto a ribattere a qualsiasi insulto rivolto a Ellen.

«Invece è stata abbandonata da tutti.» finì Mae, «Povera ragazza.» mormorò e si sedette.

«Torno da lei.»

«Bisogna fare la spesa.» disse Mae, «In frigo ho trovato due sedani, un petto di pollo e una bottiglia di latte praticamente vuota.»

Shane annuì, «Sì, andremo dopo pranzo.» disse, «Torno da lei.» aggiunse e tornò in bagno e si fermò sulla soglia e guardò Ellen che si esaminava i piedi. «Qualche problema?» chiese.

«Mi si è rovinato lo smalto.» rispose lei e gli indicò il piede destro, Shane annuì, anche se secondo lui lo smalto non era rovinato. A lui non sembrava né scheggiato ne mancante di qualche pezzo, forse perché era trasparente.

«Dai, esci, altrimenti ti ammali.» le disse e l'aiutò ad alzarsi, afferrò l'accappatoio — profumava di lavanda — e l'avvolse in esso e la fece uscire dalla vasca. In silenzio andarono in camera da letto.

Un armadio a muro, una cassettiera, due comodini con relative lampade e una poltroncina. Shane fissò l'arredamento e accompagnò Ellen al letto e lei si buttò su di esso, raggomitolandosi. 

«Vestiti, Ellie.» disse lui, «Ti ammali.»

«Non rompere.» biascicò lei. «Mi faresti un favore?» domandò dopo qualche secondo, «Shay... per favore.» pigolò mettendosi seduta.

Lui la guardò e inspirò lentamente. «Se è quello che penso... no.» rispose.

«Shay...» mormorò lei allungando una mano verso di lui. «Per favore.»

Lui fissò la mano di lei e la vide tremare, si sedette sul letto e abbracciò la ragazza. «No, Ellie.» disse.

«Shane...»

«Non insistere, Ellen.» esclamò Shane.

«Ma ne ho bisogno!» piagnucolò lei.

Shane sospirò. «Non è vero.» mormorò, «Ellie, ti aiuteremo, verrai fuori da questa situazione.»

«Non è vero.» mormorò lei, il viso contro la spalla di Shane, «I miei pensano che sia una puttana che va a letto con chiunque solo per avere qualche lavoro.»

Shane sospirò. «È stata Gillian a dirglielo.» disse, «Ha detto la stessa cosa a mia madre, per questo non ti sopportava.» 

«Però loro dovrebbero credere a me, non a lei!» esclamò Ellen e scoppiò a piangere. «Perché non mi volete bene? Io non ho fatto nulla!»

Shane la strinse ancora di più e le accarezzò la schiena, sentendosi male al pensiero di quello che avevano fatto le bugie di Gillian. «Io ti amo, Ellie.» disse. «Mi sei mancata tantissimo.» 

Ellen pianse per qualche minuto poi si calmò e si asciugò gli occhi con la manica dell'accappatoio. «Io ti amo.» mormorò.

«Lo so.» disse Shane, «Anche io ti amo.» mormorò, «E ti aiuterò a superare questo momento.»

Ellen annuì lentamente. «Mi ami sul serio?» pigolò.

Shane annuì, «Sì, certo che ti amo, non ho mai smesso di farlo.» disse. «Dai, vestiti.»

Ellen fece un sorriso che rallegrò Shane e si alzò in piedi, prese la biancheria dalla cassettiera, un paio di jeans e una maglietta e si vestì velocemente, Shane tornò in bagno e le prese un asciugamano per i capelli.

«Non tagliarli.» disse mentre glieli tamponava con delicatezza, «Mi piacciono così come sono.» continuò. «Quanto ancora devi rimanere qui?» 

Ellen sospirò, «Dopo domani devo fare un paio di foto per un braccialetto, poi ho finito.» rispose, «L'appartamento è affittato fino a domenica.»

Shane annuì e smise di asciugarle i capelli. «Quindi potresti andartene anche prima, vero?» domandò, «All'appartamento ci pensa l'agenzia, vero?»

Ellen annuì. «Sì.» rispose e Shane sorrise.

«Shane...» mormorò lei dopo qualche minuto

«No, Ellie.» replicò Shane.

«Okay.» disse lei, «Devo andare in bagno.»

«Vengo anche io.»

Ellen fissò Shane e deglutì a vuoto. «Devo fare pipì.» spiegò, «Non puoi entrare.»

Shane annuì lentamente, la superò ed entrò in bagno, prese la bottiglia di vodka e uscì. «Vai pure.» disse, «E no, non guardarmi con quella faccia.» esclamò stringendo la bottiglia, «Io ti voglio aiutare a stare bene, non a...» si fermò, alla ricerca della parola da usare, «Stare peggio.»

Ellen sospirò. «Va bene.» disse, strinse l'asciugamano e guardò Shane. «Come vuoi.» mormorò, entrò in bagno e chiuse la porta.

«Io ho finito.»

Shane fissò la bottiglia e poi la madre. «Buttala.» disse e gliela passò; Mae annuì lentamente e tornò in cucina; Shane si limitò a fissare la porta chiusa davanti a lui e sospirò sentendosi male. Afferrò il cellulare rendendosi conto che non aveva ancora visto Mark, così gli inviò un SMS informandolo brevemente sulle condizioni di Ellen, scrivendogli anche che lo avrebbe chiamato più tardi.

Dieci minuti dopo Ellen uscì dal bagno con i capelli legati in uno chignon disordinato. «Shane...» mormorò lei tormentandosi le mani e tenendo lo sguardo puntato al pavimento, «Solo un sorso, per favore.»

Lui sospirò e sentì il “bip” segno che era arrivato un messaggio, lo lesse e guardò Ellen. «Mark ti saluta.» disse, «Anche lui è preoccupato per te.»

Ellen fece un sospiro, «Shay, per favore.» disse avvicinandosi a lui e gli posò le mani sulle spalle. «Se mi ami davvero...»

Lui le prese le mani, «È perché ti amo davvero che ti dico di no.» replicò dolcemente, «E mi dispiace vederti così.» mormorò e le baciò la fronte prima di stringerla a sé. 

***

Shane scostò le coperte e guardò Ellen che si era rannicchiata dall'altra parte del letto. Erano ormai le undici di sera e lui era stanco.

«Ellie...» mormorò mentre si sdraiava, «Guardami.»

«No.» singhiozzò lei, «Ti odio.»

Shane sospirò. Aveva passato le ore a controllare che Ellen non bevesse una goccia d'alcol, anche se non aveva potuto fare nulla quando  per pranzo aveva ordinato del petto di pollo con salsa al vino bianco. «Lo sto facendo per te, Ellie.»

«Non è vero.» replicò lei infilando la testa sotto alla coperta leggera. «Solo un sorso, Shane, e poi mi fermo, lo giuro.» la voce era ovattata.

«No, amore mio.» replicò lui e le sfiorò la schiena, «Perché tu dici che è solo un sorso, e potrei anche crederti solo che dopo il primo sorso... andresti avanti.» mormorò e le posò una mano sulla spalla e iniziò un lento massaggio. «Io vorrei fidarmi di te ma...» si fermò e sospirò, «Non posso fidarmi.»

Ellen rimase in silenzio e Shane la sentì singhiozzare piano, «Ellie, io ti amo, sto facendo tutto questo per te.» continuò, «Fidati, tesoro mio, non lo sto facendo perché sono cattivo o perché ti odio, anzi, è proprio il contrario.»

«Ho sonno.» mugugnò Ellen.

«Buona notte.» mormorò Shane baciandole la testa e le posò la mano sul fianco.


Shane aprì gli occhi quando sentì del rumore provenire dalla cucina. Si alzò in piedi e uscì dalla camera, camminò nel breve corridoio illuminato dalla luce che proveniva dalla cucina. Entrò nella stanza e vide Ellen inginocchiata davanti a un mobile con le ante aperte, circondata da quattro pentole di diverse dimensioni. Lentamente si avvicinò senza fare rumore e si fermò quando vide cosa stava facendo Ellen.

La ragazza stava trangugiando vodka da una bottiglietta mignon e Shane si chiese dove l'avesse nascosta perché sua madre aveva controllato in tutta la cucina e non aveva trovato nessuna bottiglietta mignon. «Oh, Ellen.» disse e si inginocchiò accanto a lei, «Ellie.» mormorò e le sfiorò la schiena.

Lei abbassò la bottiglietta e scoppiò a piangere, «Scusa, scusa!» singhiozzò buttandosi fra le braccia di Shane che la strinse e chiuse gli occhi. «Mi dispiace!»

Shane le accarezzò la schiena, «Shh, tranquilla.» le sussurrò fra i capelli.

«Non odiarmi anche tu.»

«Non ti odio, Ellie.»

«Scusa.»

Shane sospirò e le baciò la testa, stringendola forte e pensando che era colpa di Gillian se Ellen era ridotta in quello stato; avrebbe voluto andare dalla sua ex e urlargli quanto fosse stronza, egoistica e ancora stronza. «Torniamo in camera.» disse e si alzò, sollevando Ellen dopo qualche passo — continuava a piangere e ad aggrapparsi a lui — e la portò in camera, dove la depositò sul letto e la coprì; rimase accanto a lei fino a quando non si riaddormentò.

Tornò in cucina e controllò che non ci fossero altre bottiglie di alcolici in giro, sistemò le pentole e chiuse le antine. Sospirò e recuperò la bottiglietta dal pavimento e la svuotò nel lavandino per poi far scorrere l'acqua. Guardò il lavandino svuotarsi e strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Sapeva che non sarebbe stato facile ma aveva tutta l'intenzione di prendersi cura di Ellen e di aiutarla a superare quel momento. Tornò in camera, prese il telefono e digitò un SMS: “Cerca qualche clinica di riabilitazione per Ellie, ne ha bisogno.”, e lo inviò a Mark. Guardò ancora Ellen che dormiva su un fianco, rivolta verso di lui e si morse il labbro inferiore, sentendosi sull'orlo delle lacrime. Sospirò e la strinse a sé.

***

Shane guardò Ellen raggomitolata sul suo letto e sospirò. Erano tornati da tre giorni e non era riuscito a risolvere nulla. Gillian continuava ad andare lì, pregando di essere perdonata e ogni volta lui o i suoi genitori o uno dei suoi fratelli le chiudevano la porta in faccia senza che lei potesse finire di parlare. E in più c'erano i genitori di Ellen, Trevor ed Annie, che non volevano starlo a sentire quando diceva che quelle che aveva raccontato loro Gillian erano solo un mucchio di stronzate e che Ellen aveva bisogno di loro. Aveva provato a chiamare Robert, il fratello maggiore di Ellen, ma era in vacanza in una zona sperduta dell'Australia e non era possibile raggiungerlo, però, a quanto gli aveva detto la madre di Mark, Rob doveva tornare quel giorno o quello seguente, anche se sarebbe andato a Londra, nella casa che avevano lì e che non avevano mai venduto da quando si erano trasferiti a Sligo per il lavoro di Trevor.

Shane si sedette accanto a lei e le prese la mano, stringendola piano e sfiorandone il dorso con il pollice. “Se per dopo domani non sento Rob farò di testa mia.” pensò mentre sfiorava il viso di Ellen, con gli occhi gonfi e rossi per il troppo piangere.

Sul comodino c'era una brochure di un centro di recupero a un centinaio di chilometri da Sligo e lui la voleva portare lì perché sapeva che da solo non avrebbe potuto fare nulla.

«Ho sete.»

Shane sobbalzò, «Cosa?»

Ellen aprì gli occhi e lo guardò, «Ho sete.» ripeté, «Voglio dell'acqua o del succo.»

«Ehm... il succo è finito e mamma e papà non sono ancora tornati dalla spesa.» disse, «C'è ancora dell'aranciata, se ti va bene.» propose.

Ellen si mise seduta e premette le mani sulle tempie, «Va benissimo, grazie.» mormorò e sorrise. Shane l'abbracciò e le baciò la testa.

«Torno subito.» mormorò, si alzò in piedi e andò in cucina; aveva appena aperto il frigo quando il telefono squillò. «Casa Filan.» rispose.

«Shane? Sono Robert. Cosa cazzo sta succedendo a mia sorella? Mamma mi ha detto che è una specie di... Dio, non riesco nemmeno a pensarla, una cosa del genere. E poi tu che mi dici che ha bisogno d'aiuto...»

Shane inspirò a fondo. «Quello che hanno detto hai tuoi genitori è una stronzata, è stata Gillian a inventarla.» disse, «E sì, tua sorella ha bisogno d'aiuto.» aggiunse e versò l'aranciata in un paio di bicchieri, spiegò brevemente la situazione a Robert.

«Io la investo quella stronza.» esclamò l'altro, «E poi faccio la retro e la investo di nuovo.» disse, «Oh, la mia sorellina...» sospirò.

«Devi venire qui.» disse Shane. «Ha bisogno di qualcuno della sua famiglia che le stia vicino.»

«Oggi non posso, Grace deve andare da sua cognata che ha partorito tre settimane prima.» esclamò Robert, «Ma domani mattina prendo il primo aereo e arrivo.»

«Va bene.» esclamò Shane, «Adesso devo salutarti, altrimenti Ellen penserà che sia andato a prendere l'aranciata direttamente alla fabbrica.» disse, i due si salutarono e Shane tornò in camera con i bicchieri.

«Cosa fai?» domandò quando vide Ellen inginocchiata sul pavimento.

«Si è rotto il braccialetto di perline.» rispose lei alzandosi in piedi, fece un piccolo sorriso e si sedette sul letto.

«Come si è rotto?» domandò Shane e posò i bicchieri sul comodino, sopra una rivista di auto.

Ellen alzò le spalle, «Ho tirato un po' troppo l'elastico.» rispose, prese uno dei bicchieri e sorrise a Shane. «Grazie.» mormorò prima di bere.

Shane sorrise e si chinò sul tappeto e raccolse qualche altra perlina, «Dove sono le altre?» domandò ed Ellen aprì il pugno sinistro, rivelando una quindicina di perline tonde, di colore lilla perlaceo. Shane le prese, recuperò una scatoletta dalla scrivania e le mise dentro. «Rob arriva domani.»

«Lui mi crede?» pigolò e posò il bicchiere mentre Shane prendeva l'altro.

«Sì.» rispose Shane dopo aver bevuto un sorso della bibita, «Lui mi ha detto che vorrebbe investirla.» sorrise e sfiorò la nuca di Ellen. «Ha detto che la cognata di Grace ha partorito prima, e quindi prende il primo aereo domani.»

Ellen annuì, «Grazie.» pigolò.

Shane posò il bicchiere, «Di nulla.» disse e l'abbracciò, «Andrà tutto bene, vedrai.» sussurrò, «Ci sono io qui con te.» 

Ellen sospirò e Shane pensò che si sarebbe rimessa a piangere da un momento all'altro; si sporse e posò il bicchiere e le accarezzò la schiena per calmarla. «Ti amo.» le disse, le prese il viso fra le mani e la baciò.

Ellen sorrise e lo guardò, «Ti amo.» mormorò.

***

Shane fermò l'auto e e si girò per guardare Ellen, seduta sul sedile posteriore. «Pronta?» le chiese.

Lei sospirò, «Sì...» disse e guardò il cancello della villa, «Devo esserlo anche se non lo sono.» aggiunse.

Shane, Robert ed Ellen scesero dall'auto e il Shane recuperò le valige dal bagagliaio mentre i suoi genitori fermavano la loro macchina accanto alla sua. 

Entrarono nella clinica e Shane strinse la mano di Ellen, sapendo che quella era l'unica cosa giusta da fare. Alla reception parlarono con un'infermiera che li accompagnò nella stana destinata ad Ellen. Mar, Peter e Robert la salutarono con baci e abbracci e uscirono dalla camera, lasciando lei e Shane da soli per qualche minuto.

«Andrà tutto bene.» esclamò Shane, «È un bel posto.»

Ellen annuì appena e si sedette sul letto. «È comodo.» commentò. Shane sorrise e si sedette accanto a lei e le prese le mani fra le sue.

«Andrà tutto bene.» disse, «Mi dispiace solo che devo andare a Londra.»

«Devi registrare l'album.» mormorò Ellen e lo guardò, «Non vai a divertiti senza di me.»

Shane le baciò la fronte e rimase con le labbra contro la sua pelle per qualche secondo. «Lo so, ma vorrei venirti a trovare.» 

«Tanto non può venire nessuno per dieci giorni...» disse Ellen.

«Ma quando potrai ricevere visite io sarà impegnato.» sospirò Shane. «Mi dispiace.»

Lei sorrise e si strinse a lui, posò la testa sulla spalla di Shane e chiuse gli occhi. «Non importa.» disse, «Mi chiamerai.»

«Mi sembra ovvio.» replicò Shane, «Ti amo.» disse dopo qualche secondo di silenzio.

«Ti amo.» mormorò Ellen, alzò la testa e baciò Shane, stringendosi a lui. «Mi mancherai.»

«Anche tu.» sussurrò Shane.

«Mi dispiace disturbarvi, ma la paziente deve rimanere sola, ha la prima seduta.» esclamò un'infermiera entrando nella stanza.

Shane annuì, baciò velocemente Ellen, le diede un breve abbraccio e si alzò. «Ti chiamo appena sarà possibile.» le disse, la baciò ancora e si alzò in piedi. «Ci vediamo presto.» la salutò ed uscì.

***

«Avrò fatto la cosa giusta?» sospirò Shane.

«Sì.» rispose Mark. «È la cosa giusta e lo sa anche lei, quindi non farti tutte queste paranoie!»

Shane sospirò, «Lo so, è solo che avrei voluto fare di più per Ellie.»

«Hai fatto tutto il possibile.» replicò Mark.

Shane rimase in silenzio e finì di bere la birra. «Mi uccide il fatto che dopo domani andiamo a Londra e non la vedrò fino a quando torno.»

«La potrai chiamare.»

Shane fissò Mark, fece un respiro profondo e reclinò la testa, posandola sullo schienale del letto. «Non è la stessa cosa.»

«Lo so.» disse Mark, «Ma è meglio di nulla.» continuò, «E poi stiamo registrando il cd, non andiamo a una festa.» aggiunse.

«Me lo ha detto anche lei.»

Mark sorrise, «Vedi?» disse, «Ho ragione.» gongolò, «E comunque puoi scriverle qualcosa nei ringraziamenti del cd.»

«Credi che sia così stupido da non averci ancora pensato?» sbuffò Shane, «Ho già buttato giù qualcosa.» ammise.

Mark sorrise. «Lo sospettavo.» disse, «Dai, avremo le giornate talmente piene che in un attimo saremo di nuovo qui.» esclamò, «E tu potrai stare con Ellen per sempre.»

Shane sorrise. «Lo so.» mormorò, «Ma mi manca.»

***

«Calmati.» esclamò Mark.

«Non ci riesco.» sbuffò Shane, «Dovevamo essere già a casa, invece siamo bloccati su questo stupido aereo.»

Mark alzò gli occhi al cielo, «Non è colpa nostra se siamo dovuti rimanere due giorni in più.» fece notare, «E pensa che la rivedrai fra poche ore.»

«Io volevo vederla l'altro giorno!» protestò Shane e incrociò le braccia al petto.

Mark ridacchiò e guardò fuori dal finestrino. «La vedi, non è questo quello che conta? E poi lei sa che non è colpa tua.»

Shane sospirò, «Sì, lo so.» disse, «Ma io voglio passare più tempo possibile con lei.»

Mark non disse nulla per qualche minuto. «Hai paura di quello che è uscito sui giornali a causa della tua ex mezza matta?»

Shane lo guardò, poi prese un respiro profondo. «Sì e no.» rispose. «Sa che quella è scema e che ha inventato tutto e per fortuna che nessuno crede a Gillian.» disse e il nome della sua ex ragazza era quasi un sussurro. «Nessuno ci ha mai visto insieme, quindi per le fans è quella che racconta palle.» aggiunse.

«Un po' mi preoccupo, ecco perché voglio vederla il più presto possibile.»

Mark gli sorrise, «Andrà tutto bene.» lo incoraggiò e Shane annuì, desiderando solo essere con Ellen.

***

Shane bussò nervosamente contro alla porta, era davanti alla casa di Ellen e voleva vederla, abbracciarla e baciarla per ore e ore.

«Shane!» trillò lei quando aprì e lui la strinse a sé senza dire una parola e la baciò.

«Mi sei mancata tanto.» sussurrò lui sulle labbra di lei.

«Anche tu.» mormorò lei.

«Scusa se non sono arrivato quando ti ho promesso.» si scusò Shane.

Elle sorrise, «Lo so che non è colpa tua, sciocco!» disse.

Shane sorrise, felice che Ellen non fosse arrabbiata con lui. «Cos'hai? Hai l'occhio tutto rosso.»

«Una ciglia mi è andata dentro.» spiegò lei, prese la mano del ragazzo e andarono verso il divano, «Adesso l'ho tolta.»

Shane annuì e la strinse di nuovo, facendola sedere sulle ginocchia.  «Allora, Ellie... come stai?»

«Bene.» rispose lei, «Sono felice che tu sia qui.» mormorò circondandogli il collo con le braccia.

«Anche io.» disse lui.

«Vieni con me?» domandò Ellen dopo l'ennesimo bacio fra i due, «Devo andare al negozio di animalo ha comprare il cibo per i pesci di Rob.»

Shane annuì, «Sì, certo.»

Ellen sorrise, «Vado a mettermi le scarpe.» cinguettò, baciò Shane e andò in camera sua.

Shane sorrise e si sentì felice. I genitori di Ellen alla fine avevano creduto alle parole di Shane, di Robert e di Mae ed erano tornati dal Devon e lui era felice che Ellen avesse l'appoggio di tante persone. Anche   Kian l'aveva chiamata, dicendosi dispiaciuto per quello che aveva combinato sua cugina Gillian. Ora sperava solo che lei lo seguisse durante il tour perché, per lui, era lontano da Ellen troppo tempo.

«Dormi?»

Shane guardò Ellen. «Stavo solo pensando.» rispose e si alzò. «Andiamo con la mia auto?» domandò.

«Bhe... sì.» rispose Ellen, «I miei sono via con dei loro amici, l'auto di Rob è dal meccanico e ha preso la mia in prestito... quindi...»

Shane annuì. «Vieni, principessa.» le disse dandole la mano.


Shane ed Ellen entrarono nel negozio di animali e lui si bloccò quando vide l'enorme — almeno per lui — pappagallo. 

«Uh, che carino!» commentò Ellen avvicinandosi al trespolo. Il volatile spiegò le ali ed emise uno strillo che sembrava un miagolio. «Shane, non trovi che sia bellissimo?» domandò. «Shane? Hai paura?»

«Io... io...» borbottò lui, «È grosso.»

Ellen alzò le spalle, prese il foglietto su cui Rob aveva scritto quello che serviva per i pesci del suo acquari e si avvicinò al bancone. «Mi piacerebbe tanto avere un pappagallo.»

«Non sarebbe meglio un gattino o un cagnolino?» propose Shane e si avvicinò a lei tenendo d'occhio il pappagallo. «Oppure un coniglietto.» aggiunse, «Tipo quello lì, quello con la macchia grigia sulla schiena.» disse e indicò una gabbia alla sua sinistra.

Ellen alzò gli occhi al cielo, «Mi servono questo cose.» disse al commesso, «Grazie.» sorrise e si voltò verso Shane, «Tu hai paura di quello, vero?»

Shane impallidì, «No ho paura.» replicò, «È solo... grande.»

Ellen gli sorrise. «Va bene.» disse e lo baciò e prese le banconote dal portafoglio. «Comunque, secondo me, tu hai paura.»

Shane non replicò e osservò Ellen che pagava, prese la busta con gli acquisti e si girò verso la porta.

«Comunque è davvero carino.» disse Ellen, «Devi ammetterlo.»

Shane osservò Ellen che sorrideva al pappagallo. «Sì, è carino.» disse.

Ellen sorrise e lo seguì. «Sei tanto tenero quando fingi di non avere paura di un innocuo pappagallo.»

«Ma hai visto che becco che ha? Per non parlare delle zampe... i suoi artigli sono giganteschi!» squittì.

«Shane, è un pappagallo, non un mostro pronto a mangiarti in un sol boccone!» lo prese in giro.

«Mangiarmi no, ma beccarmi il naso sì!» replicò Shane, aprì la macchina e sistemò il sacchetto sul sedile posteriore. «Andiamo in spiaggia?» chiese.

Ellen annuì. «Sì.» rispose e salì in auto. «Andiamo in spiaggia dove ci sono dei grossi gabbiani, pronti a staccarti il naso con due beccate.»

Shane s'irrigidì e guardò Ellen che ridacchiava. «Sei simpatica, lo sai?» commentò.

«Mi ami anche per questo.» disse lei.

Shane sorrise, «Hai ragione.» mormorò e la baciò. «Ti amo anche quando mi prendi per il culo.»


«Verrai con me in tour?» domandò Shane. Erano in spiaggia, seduti su una grande roccia piatta e stavano guardando l'oceano. 

Ellen annuì e infilò le mani nelle tasche. «Sì.» disse, «Tanto al momento non ho nessun lavoro.»

Shane l'abbracciò. «Perfetto.» disse, «Non sul fatto che tu non abbia un lavoro, ma sono felice che tu venga con me.»

Lei sorrise e posò la testa sulla spalla del ragazzo. «Sono felice.» disse. 

Shane le baciò la testa e le accarezzò il braccio destro. «Anche io.» mormorò, «Hai freddo?» domandò.

«Un po'.»

«Vuoi tornare a casa?»

Ellen annuì, «Sì, ma devo passare a casa di Rob e lasciare il cibo.»

«Va bene.» esclamò Shane e si alzò in piedi, aiutò Ellen a fare lo stesso e la prese per mano.

Andarono a casa di Robert e Ellen lasciò il sacchetto con il cibo per i pesci e andarono a casa di Ellen e i suoi genitori.

Shane accese il caminetto e i due si sedettero sul divano e lui sfiorò il polso di Ellen, toccando il bracciale che lui le aveva donato qualche mese prima. «Ellie...» soffiò prima di baciarla, «Non vedo l'ora di sposarti.» disse e sgranò gli occhi quando si accorse di quello che aveva detto.

«Ti stai proponendo?» ridacchiò lei, gli occhi che scintillavano dalla felicità.

Shane sorrise, «Bhe... ormai ho parlato.» ridacchiò, «Vuoi sposarmi?» chiese, «Ce l'ho l'anello, solo che è a casa, nel cassetto del mio comodino.»

Ellen lo abbracciò, «Sì.» rispose, «E non m'importa dell'anello!»

Shane le baciò il viso più volte, «Ti amo tanto.»

«Anche io ti amo.»


***


Agosto 2006

Shane aprì gli occhi e sorrise. Lui ed Ellen erano sposati e avevano un bel bambino con grandi occhi verdi, belli come quelli di sua madre.

«Scusate il ritardo ma qualcuno mi ha rovesciato l'acqua addosso e mi sono dovuta cambiare.»

Shane guardò Ellen e sorrise.

«Sei sveglio.» disse lei avvicinandosi al letto e si chinò per baciare la fronte di Shane. «Come stai?»

«Bene, adesso che siete qui.» rispose Shane e allungò una mano per sfiorare la testa del figlio.

«Ciao Mae, ciao Peter.» esclamò Ellen e posò il piccolo Ryan sul letto. «Se scopro chi gli ha insegnato a rovesciare le cose giuro che lo prendo per le orecchie e gli faccio pulire tutta casa.» continuò e sorrise a Shane.

«Noi andiamo.» disse Mae, «A più tardi.» aggiunse baciando la guancia del figlio, diede un abbraccio a Ellen, fece una carezza al nipotino e, insieme a Peter uscì dalla camera.

Ellen spinse la sedia vicino al letto e si sedette. «Il dottore dice che uscirai fra un paio di giorni.»

Shane annuì, «Lo so.» disse, «Non vedo l'ora.» sorrise, «Non riesco stare troppo lontano da te e da Ryan.»

Ellen sorrise e gli strinse la mano mentre con l'altra teneva Ryan, impedendogli di lanciarsi giù dal letto. «Mark e Kian passano nel pomeriggio.» disse, «Nicky ha detto che vieni con Gina quando sarai a casa.»

Shane annuì, «Va bene.» disse.

Ryan gattonò sul letto fino a raggiungere il torace di Shane e si accoccolò contro il padre che lo strinse con il braccio sano. Ellen sorrise e posò la fronte contro la spalla di Shane.

«Mi dispiace averti fatto preoccupare.» disse Shane dopo un po'.

«Non preoccuparti.» disse lei e gli baciò la spalla, «Stai bene ed è quello che conta, no?»

Shane sorrise, «Sì.» rispose. «L'uccellaccio malefico come sta?»

Ellen ridacchiò, «Bene, direi.» rispose, «Cocco fa quello che fa sempre: strillare all'improvviso, dire il suo nome e chiedere il biscotto. Adesso dice anche “Ryan smettila!”»

Shane sorrise. Aveva regalato Cocco — il pappagallo che aveva visto al negozio di animali quando era andato con Ellen — e, alla fine, aveva deciso di regalarlo ad Ellen per Natale.

«Adorabile pennuto.» disse Shane.

Ellen sorrise e gli sfiorò la fronte con due dita, «Lo so che lo adori!» esclamò divertita, «E in questi anni non ti ha mai beccato il naso.»

Shane alzò gli occhi al cielo. «Potrebbe sempre iniziare quando torno a casa.»

Ellen rise, «Hai ancora paura di lui!» lo prese in giro. «Cosa facciamo per il primo compleanno di Ryan?»

Shane la guardò, guardò suo figlio e sorrise. «Non so, una festicciola con noi, i tuoi, Rob e Grace, i miei genitori, i miei fratelli e i nostri nipotini.»

Ellen annuì, «Va benissimo.»


Shane era di nuovo a casa sua. «Noi siamo anime gemelle.» disse ad Ellen, seduta accanto a lui sul divano.

«Cosa?» fece lei.

Lui alzò le spalle mentre sorrideva. «Sai, mentre dormivo ha fatto un sogno.» iniziò e abbracciò Ellen.

«Cosa hai sognato?»

«Il primo sogno incominciava dieci anni dopo che tu eri partita per New York, io avevo sposato Gillian e avevamo tre bambini, avevo concluso la mia carriera insieme a Mark, Kian e Nicky ed ero in bancarotta, Gillian mi aveva lasciato e io ero in Italia e tu vivevi lì.» spiegò Shane, «Io e te tornavamo insieme, c'era anche Cocco e avevamo una bimba di nome Scarlett.»

Ellen sorrise, «Mi piace il nome Scarlett.» commentò.

«Poi ho sognato che ti conoscevo a un meet, tu abitavi a Londra e non ti eri mai trasferita. Mi hai lasciato una lettera in un peluche e io ti ho chiamato, ci siamo incontrati e mi hai invitato a casa tua e mi sono quasi spaventato quando ho visto Cocco nel salotto.»

Ellen ridacchiò, «Ah, sì?» disse, «Lo sapevo che avevi paura!» 

Shane ignorò quel commento, «Ci sposavamo e poi abbiamo avuto un bimbo di nome Ryan.» disse, «Poi ho sognato che eravamo migliori amici, io ero follemente innamorato di te ma tu stavi con un tizio di Londra che ti metteva le corna ma non ci volevi credere. Abbiamo litigato e non ci siamo parlati per tanto tempo.» si fermò e bevve un po' d'acqua. «Poi abbiamo fatto pace, ma io ho fatto il coglione sono finito in coma etilico. Poi come prima: il matrimonio e una bimba, Scarlett.»

«Che cosa carina.» disse Ellen.

Shane le baciò la testa. «Poi ho sognato che scoprivo che mamma e Gillian si erano messe d'accordo e avevano inventato la stronzata che conosciamo, io sono venuto da te in America, ci siamo sposati e abbiamo avuto Scarlett.» continuò a raccontare, «Per questo sono sicuro che siamo anime gemelle: perché qualunque cosa accada io e te saremmo stati felici, ovviamente insieme.»

«Quindi pensi che siamo anime gemelle?» domandò Ellen, «Mi piace tanto questa teoria.»

Shane la baciò di nuovo, «Sì, lo penso sul serio.» disse, «Io e te, anime gemelle.»

Ellen gli prese la mano. «Ti amo.» disse.

«Ti amo.» mormorò lui.

«Sai cosa sarebbe bello?»

«Cosa?» chiese Shane.

«Provare a vedere se Scarlett arriva.» rispose Ellen e abbracciò Shane prima di baciarlo con dolcezza sulle labbra.

Shane ridacchiò, «Adesso che Ryan dorme sei ore filate per almeno quattro giorni la settimana?»

«Oh, non ho mica detto che deve nascere fra nove mesi!» ribatté lei e si mise a cavalcioni su di lui, «Intendevo dire che possiamo iniziare a fare qualche prova...» mormorò e lo baciò.

Shane rise e la strinse, «Mmh, quest'idea mi piace.» sussurrò, «E mi piacerebbe tanto avere una bimba bella come te.»

«Cocco vuole biscotto!»

Shane si voltò verso il pappagallo. «Andiamo in camera? Il pappagallo mi inquieta, con quei suoi occhietti neri.»

Ellen rise e si alzò, «Per me va benissimo.» disse. «Andiamo, mia anima gemella.»

Shane le posò le mani sui fianchi. «Ti amo, Ellie.»

«Ti amo, Shane.»


Un'altra storia conclusa! *esulta*
Sì, lo so, avevo detto che dovevano esserci cinque capitoli più il prologo e l'epilogo ma mi sono accorta che l'epilogo sarebbe risultato piuttosto corto, così l'ho aggiunto a questo.
Spero che il senso si sia capito. E spero che questa storia sia piaciuta a qualcuno.

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