Io e te, Tre Metri (circa) sottoterra

di zenzero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno, come il mio occhio ancora buono ***
Capitolo 2: *** Due - Come le mie unghie ancora sane ***
Capitolo 3: *** Tre, come i miei simpatici alluci ***



Capitolo 1
*** Uno, come il mio occhio ancora buono ***


Credo di doverlo specificare. I personaggi non sono miei, e nemmeno la storia (e meno male!)Fanfiction senza fine di lucro, fatta per scherzare e senza voler offendere nessuno, dato che a quanto pare non esistono fanfiction comiche di questo libro.


"Cathia ha il più bel culo d'Europa". Il graffito rosso, perchè probabilmente ultima frase scritta da qualche superstite col suo sangue prima di morire, splende sfacciato su una colonna di quel che resta del ponte di corso Francia.
Vicino, un'aquila reale, scolpita tanto tempo fa, ha sicuramente visto il colpevole, ma è stronza e non parlerà mai. Poco più sotto, come un piccolo povero pulcioso aquilotto , pur non assomigliandone affatto, c'è seduto lui.
Capelli corti viola, quasi a spazzolone del water e  un giubbotto Levi's scuro, così le macchie non si vedono. Il colletto tirato su, una Marlboro in bocca, i Ray-Ban semidistrutti agli occhi e altri vestiti di altre marche che non ricordo. Ha un'aria da duro, anche senza sopracciglia. Un sorriso bellissimo coi suoi dieci denti rimasti, ma sono pochi quelli che rimasti in vita hanno avuto la fortuna di apprezzarlo.
Alcune macchine in fondo al cavalcavia sono ferme roboanti al semaforo mezzo scassato. Eccole in riga, come in una gara, uguali se non fossero diverse.
In una Mercedes scolorita ancora piuttosto funzionante, un esile dito semidecomposto da una spinta al suo ipod. Dalle casse ancora funzionanti, la voce di un gruppo rock prende vita, essendo anche l'unica cosa viva lì in mezzo.
Lei vorrebbe sapere davvero, "What makes you beautiful",  ma nel frattempo sua sorella le scassa le scatole e continua a insistere. "Metti Bieber! Voglio sentirlo!".
La Mercedes passa proprio quando quella sigaretta, assieme al dito che la teneva, cade a terra, sospinta dal vento.
Lui sale sulla sua Honda blu e come d'incanto, o forse è solo quel poco di benzina rimasta, si ritrova nel traffico.
Il sole viola sta salendo tra le nubi tossiche, è una bella mattinata.
Lei sta andando a scuola, lui è rimasto immobile come un ebete dalla notte precedente, come tutte le mattine. Ma ora si trovano fianco a fianco.
Il semaforo si impalla. Rosso.
Lui la guarda. L'unica ciocca di capelli verdi scopre a tratti la bluastra pelle rancida del collo. Gli occhi azzurri inespressivi, ascoltano sognanti quella canzone o forse lei è proprio orba. Tanta calma lo colpisce.
"UUUUUGH"
Lei si volta verso di lui, sorpresa dalle sue spalle larghe e ossute, le mani verdi già abbronzate per essere ad aprile.
"Gentile fanciulla, le andrebbe di venire con me?"
"Col caxxo"
"La prego. Sono sicuro si divertirà"
"Ti pare che ci voglio venire cn te, scsa?"
La Mercedes lo supera con una nuvola di fumo pestilenziale. Ma lui non demorde e la affianca.
"Ma che vuole, quello? Lo conosci?" chiede il padre che sta guidando.
"Boh"
"La prego di accompagnarmi. La porterò ad una piacevole gita. Accellereremo colla moto e le pagherò la colazione, per poi riportarla all'ingresso del suo edificio scolastico."
"No. Oggi affronto la tragedia + grossa dela mia vita!!!" dice la ragazza mostrando un libro di latino semimangiucchiato.
"Mi dica almeno se ci rivedremo"
Non fa in tempo a vedere il suo dito medio. Piega leggermente verso destra. Imbocca la curva, scala e poi la moto si ingolfa.
La Mercedes continua il suo viaggio verso la scuola, mentre il motore scoppietta.
"Ma lo sai ki è quello????" la testa della sorella rotola improvvisamente tra i due sedili. "Lo chiamano 0 e spaccato"
"X me è solo 1 hipster"
Poi apre il libro di latino, staccando per sbaglio la pagina dell'ablativo assoluto.
Dopo un secondo smette di leggere e guarda fuori. E' veramente quello il suo unico problema? Certo, la sua memoria non glieli fa ricordare altri. E comunque non lo avrebbe visto mai più, e anche se fosse accaduto non lo avrebbe probabilmente riconosciuto.
"Sì, io non ho problemi e non lo rivedrò mai più"
Non sa, in realtà, di quanto si stia sbagliando. Ma neanche un pochino. Purtroppo per noi.

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Capitolo 2
*** Due - Come le mie unghie ancora sane ***


2
La luna è alta e di un pallido verde fra gli ultimi rami di un albero biancastro. Rumori di gente che grugnisce. Al primo piano di un comprensorio cadente una ragazza dai capelli verde chiaro, non molto alta, con gli occhi gialli e la pelle bluastra e squamosa si guarda allo specchio innumerevolmente incrinato.
"Ti serve la maglietta nera, quella rubata ai grandi magazzini, della Onyx?"
"Boh!"
"E i pantaloni blu?" urla più forte Barbi.
"Boh di nuovo"
"E i fuseaux?"
Daniola guarda stupita la strage di vestiti e di cassetti sparsi a terra.
"Allora ti prendo questo" e le frega delle scarpe Superga.
"No, quello no!"
"E invece sì"
"E invece no!"
"E quella gonna? Perchè è così larga?" chiede Daniola.
"Colpa di Cocco Bretelli, l'ha slargata. Vuoi sentire tutta la storia su come ha provato a  sedurmi con un gelato Algida?" chiede Barbi.
"No, a chi interessa una cosa tanto noiosa? Perchè dovrei allungare il capitolo per un motivo tanto inutile?"
Scoppiano a ridere e Dani ne approfitta per rubare ogni cosa possibile dalla stanza della sorella.

Nel frattempo, Clauro, il padre delle due ragazze, cerca di sfogare i suoi istinti davanti ai programmi educativi di Mediaset, ma gli va male perchè sua moglie, Baffaella, lo coglie sul fatto e lo obbliga per punizione ad indossare una cravatta rosa con i coniglietti trovata al negozio dell'usato.
Sempre nel frattempo, nell'olezzante bagno di casa loro, le due sorelle provano a truccarsi. Daniola ha decisamente esagerato con l'eye liner.
Babi ha indosso un vestito a fiori secchi che le stringe quel che rimane della vita.
"Allora cm sto?" chiede alla sorella.
"Beh, a parte il colore, la stoffa, la forma, le spalline, la lunghezza, il motivo a fiori, il modo in cui ti cade, direi che posso ritenere che forse si possa considerare il fatto che probabilmente non ti stia non male." risponde chiaramente Daniola. "E invece, io? Quanti anni mi daresti?"
"Beh.. sembri quasi viva!Forse 85!"
"No, non è abbastanza!" protesta Dani.
"Ok.. sfumando un po' qui.." e Barbi massaggia le palpebre della sorella ottenendo una sfumatura viola sfiga "Ne stai per compiere 86! "
"Ancora troppo poco"
"Ragazze! Siete pronte per andare alla noiosa cena elegante?" chiede loro la mamma Baffaella.
La zombie chiude la porta con lucchetti arruginiti e nell'ascensore a manopola tutti si sistemano, chi i capelli, chi le tette, chi i baffi.
Attraversando gli ultimi piani del condominio tutti si beano nel sentire l'odore dello spezzatino di cervelli della moglie del portiere, che è del sud, quindi è brava a cucinare.
La Mercedes scolorita parte.
"Oh, nn mi hai detto come sto vestita"
Daniola guarda la sorella. Hai i capezzoli che si intravedono solo un pochino e per i suoi gusti è troppo seriosa! "Bene!" mente.
"Non è vero, bugiarda! I capezzoli si vedono solo un po'! Per punizione, il tuo amato Andropausa neanche ti guarderà in faccia."
Daniola vorrebbe rispondere ma Baffaella si intromette. "Basta ragazze, o vi riporto a casa!"
Claurio capisce male, gira il volante e torna indietro.

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Capitolo 3
*** Tre, come i miei simpatici alluci ***


Nota: Qui ho incorporato e riassuntoben tre capitoli, e credo che lo farò di nuovo a seguire. Ma non è che vi siate persi molto…

In piazza, quella sera, ragazze vaque e ragazzi muscolosi si divertono a parlare del nulla, e a volte del niente. La serata sta morendo, ma ci pensa l'arrivo di Strep a ravvivarla.
"Urge una qualche forma di divertimento" dice il ragazzo.
"Che ne dite di una gara di sollevamento spazzatura?" chiede il migliore suo amico, Piccione, così chiamato per la pelle grigia, gli occhi rossastri vitrei e la tendenza a scattare ritmicamente la testa.
Tutta la compagnia di amici e amiche noncosìimportantimachefannonumero, come il Saraceno, Mad Lena, Lumacone, Uncino e gli altri esultano.
Strep, Lumacone e gli altri sollevano grosse pattumiere con entrambe le mani.
Pischello, un altro amico che viene presentato solo adesso, scusate, inizia a contare. “Iniziamo! Otto! Ventidue! Undici!”
Strep inizia a pensare, l'attività fisica a volte gli fa mettere in moto il cervello.
Due anni prima....
Avrebbe anche un quadro completo del ricordo, e saprebbe elencare le marche che aveva indosso e ogni dialogo preciso con chi ha parlato, ma il suo cervello arriva a ricordare solo fino a un certo punto. Di quando era ancora solo uno zombetto qualunque , di quelli con sola ciccia e niente muscoli sulle ossa, e si chiamava ancora Streptococco e non aveva un soprannome macho. Si contendeva un umano urlante con Poppo, che invece era il duro del quartiere, nei suoi due metri e trenta d'altezza. Gli aveva spaccato e strappato tutto. Sua madre, dopo avergli dato una ripassata per aver perso lo scontro, lo aveva ricucito per bene con del filo da pesca.
Prima di addormentarsi, tutto rattoppato, un unico pensiero si era infisso come un verme nel suo cervello bacato. Nessun lo avrebbe più ridotto a brandelli. Al massimo, a striscioline.
Così eccolo, pochi giorni dopo, ad iscriversi alla scalcinata palestra Budokat. E' lì che conosce i suoi molti migliori amici, persone profonde addirittura come una pozzanghera, ovvero Piccione, Lumacone, e diventa rivale del Saraceno. Comincia a crescergli il petto, se prima lo scambiavano per un comodino adesso può sembrare un guardaroba. Cambia l'alimentazione. La mattina un frullato d'ossa in polvere, un uovo, del fegato. A pranzo una bistecca d'umano al sangue, birra e germi di grano.
 Si allena e frequenta la palestra tutti i giorni, tanto pagano papino e mammina. Diffonde tra tutti il suo virus, Streptococco, causando svariati casi di faringite e febbre reumatica, che gli valgono il soprannome di Strep.
Ora che la gente per strada chiede dove si può comprare un armadio come lui, tanto per riarredare la stanza, Strep è pronto per affrontare il vecchio Poppo. Ovviamente, mica da solo. Si porta dietro i suoi numerosi amichetti, su cui può contare, e li può contare, come  sulle dita della mano.
Gli tirano capocciate, ginocchiate, sputacchiate e smutandate, come veri signori gli insegnano la lezione che se pesti qualcuno, poi non ti lamentare che quello torni con i suoi amichetty a fartela pagare.
 
Tempo presente.
Strep aveva messo il pilota automatico e faceva sollevamenti senza starci troppo a pensare.
Pischello, un loro amico, continua a contare le pattumiere solevate. "Centordici!"
Il Saraceno è inzuppato di sudore ed emana un piacevole odore di cereale bagnato, Uncino ce la fa ancora nonostante la gruccia che ha al posto della mano non gli faccia reggere bene i cassonetti. Infatti questa, di metallo poco nobile o forse di plastica, si piega, e gli fa cadere l’immondizia in testa tra i giubili del pubblico zombesco maldescritto, che poi si getta a banchettare.
Sono rimasti solo Strep e il Saraceno.
Pischello continua a contare "Centosetterdici!"
Poi il Saraceno inizia ad urlare come se qualcosa dentro di lui stesse scoppiando.O forse è solo il mais che aveva in tasca, ormai divenuto popcorn.
L'mp3 che qualcuno ha messo a tutto volume sembra dare un segno del destino, On the top of Worlds di The Imagine Dragons.
Strep sorride dentro e fuori di sè, sfiora il marmo, lo guarda con occhi pieni di cataratta e poi di nuovo su, tremando e spingendo solo con la destra, con tutta la sua forza, con tutta la sua rabbia. Un rutto di liberazione esce dalla sua gola o forse è solo la digestione. Dove non è arrivata la forza, arriva l’aria dalla pancia.
Rimane immobile così, con la fronte alta verso il cielo, come una statua ruttante, contro il buio della notte, la bellezza delle stelle, il chiarore della luna, la morbidezza delle nuvole, la distruzione dei testicoli di chi sta leggendo, insomma avete capito.
Tutti gridano come pazzi per l’incredibile avvenimento che ha sconvolto la loro serata. Si divertono un sacco a fare baldoria e piccoli scherzi innocenti, come lanciare una molotov in fiamme su un negozio. Ma tanto l’allarme non funziona.
Piccione, Lumacone e gli altri salgono sulle loro moto scassate. A Pischello viene in mente una cosa.
“Ho saputo che c’è una festa sulla Caxxia”
“Ma ci faranno entrare?” chiedono quelli del gruppo.
“Conosco una che sta la, Franpesca”
“Quindi non ci faranno entrare…” Dicono gli amici.
“Tanto ha la porta di casa mezza scassata.”
“Come fai a saperlo?”
“Gliel’ho scassata io”
Ridendo, scalano quaranta quasi tutti insieme, poi frenano, sgommano, accellerano, rallentano, riaccellerano, si fermano, girano a destra, poi sinistra poi indietro, e alla fine prendono la Caxxia, purtroppo per noi.

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