Diario di una ragazza

di SerenitaDolce95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Mi chiamo Chiara ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo: Mi chiamo Chiara ***


Mi chiamo Chiara vivo a Torino e ho quasi diciannove anni. Sono nata il 16 Aprile alla clinica Bidone, ma non sono nata in un bidone, questo sia ben chiaro. Ho un carattere molto strano: non sono una ragazza aperta, socievole e estroversa, ma sono le tre cose al contrario ovvero, una ragazza timida, chiusa e introversa. Per essere una ragazza della mia età ho sempre avuto dei gusti particolari in tutto, pure nella musica. Adoro le canzoni francesi di qualsiasi artista ma la mia cantante preferita è una certa ZAZ. Appena ho sentito per radio il suo pezzo più bello, ovvero una canzone intitolata Je Veux mi sono subito innamorata della sua voce. Un'altra artista che mi piace moltissimo, ma che purtroppo non è molto ammirata dai giovani di Torino (e che non è neanche francese di origine) è Lady Gaga. Se fosse per me uscirei tutti i giorni di casa vestita come lei, nonostante i chili di troppo in eccesso perché non sono mai stata magra, anzi sembro un bel prosciutto dalla testa ai piedi.

Mia madre dice che sono una bella ragazza per via della mia altezza e i miei capelli biondi al naturale, ma io mi vedo sempre come un bel prosciutto con il marchio Rovagnati inciso sulla pancia. Per il resto come artisti musicali adoro anche Elvis Presley passione che ho ereditato dal mio nonno materno. Purtroppo i miei nonni materni sono morti quando ero molto piccola ma molte cose me le ricordo. Ricordo che la mia nonna materna mi dava sempre la cioccolata e il mio nonno materno mi chiamava scherzosamente "terremoto" perché quando avevo cinque anni ero una bambina agitata e di biricchinate ne ho fatte tante, ma ancora adesso, non perdo l'occasione di ridere sulle azioni che compio anche quando non c'è niente su cui poter scherzare. Questa è una cosa che non sopporto di me: ridere sulla drammaticità di alcune azioni. Vedo tutto come uno scherzo, ma le regole e le critiche non le sopporto. Non capisco il perché bisogna sempre vivere rispettando le regole. Vai a scuola e devi comportarti come gli altri, vai in spiaggia e devi rispettare le regole imposte per buona parte, dai bagnini.

Non so voi, ma io ho sempre pensato che i bagnini si fanno la bella vita; il fatto che li vedo sempre seduti su una scala ad aspettare che capiti qualcosa sotto i loro occhi quando poi non succede niente, mi ha portata a pensare queste cose. La mia vita ideale, sarebbe come quella di un film western. Vorrei essere uno sceriffo western nonostante io sia una femmina. Mi piacerebbe andare a caccia di criminali, cavalcando cavalli con una banda di cinque o sei cowboy e poi, se sono belli c'è anche più gusto a cavalcare. La vita che proprio non vorrei fare è quella di una regina dato che disprezzo le regole e nell'ambito nobile ce ne sono fin tante. A tavola sono molto educata non sporco mai la tovaglia e mangio con la schiena dritta e non gobba, come fanno certe persone che sembrano imitare il Gobbo Di Nôtre Dame, non appena si siedono a tavola. Vorrei però tornare nell'Antica Roma per mangiare con le mani e magari, vivere come Giulio Cesare. Vorrei poter scegliere come lui, il diritto di vita o di morte per alcune persone; se fossi io al suo posto, le persone false, ignoranti e invidiose della vita di altri sarebbero le prime a morire, questo lo garantisco immediatamente.

Riguardo al mangiare, mangerei sempre al Mc Donald's e me ne fregherei una buona volta di tutte quelle persone che sono fissate con le diete dimagranti, che ti rendono il mangiare una cosa stressante perché se una persona deve eliminare dalla propria alimentazione i dolci, le schifezze, la pizza, la pasta, i carboidrati, le bibite gasate ecc... allora una persona farebbe prima, a non mangiare niente per tutta la vita e io me ne frego di questo, al massimo preferisco prendermi il diabete e stare male, invece che seguire una dieta che ti fa passare la voglia di mangiare.

Infine, non sopporto le regole del vestirsi bene. Con tutte le cose che si possono riempire di regole non capisco il perché, dovremmo vestirci rispettando il buon gusto, che io in diciannove anni di vita, non ho mai capito cosa fosse. La cosa mi pare normale, se viene detta da una ragazza come me che andrebbe in giro, vestita come Lady Gaga. Una notte ho sognato che dovevo presentarmi al primo colloquio di lavoro con il capo e mi presentavo vestita con un vestito zebbrato, capelli lisci, stivali con le borchie, collare borchiato al collo e occhiali da sole alla John Lennon tanto da apparire un soggetto da evitare. Penso che sarei una lavoratrice eccezionale come collaudatrice di materassi oppure, mi piacerebbe vivere in convento e celebrerei la messa, ogni domenica mattina.

Ora concludo dicendo che il mio obbiettivo non è raccontarvi come sono fatta, ma volevo raccontarvi alcuni episodi particolari che sono successi nella mia vita in qualsiasi posto in cui mi trovassi anche nei luoghi più banali. Tanto per farvi rendere conto, quanto posso apparire seria in certe situazioni, ma non sempre; per me è difficile mantenere un livello alto di serietà per il fatto che rido su ogni cosa, anche nelle cose più dure e inaccettabili della propria vita. Detto questo, vi lascio alla lettura.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Non ho mai amato studiare, anzi la scuola per me non era altro che una galera piena di carcerati. Per me era un carcere non solo per il fatto che fossi costretta a passarci gran parte della vita, ma anche perché dovevo sopportare pure la professoressa di sostegno. Quando facevo la prima superiore, mi avevano assegnato una professoressa dai capelli grigi, truccata eccessivamente, magra come un grissino e per completare l'opera della sua tale orripilanza, assumeva un carattere scorretto e cattivo, nei miei confronti. La poveretta non sapeva però, che come sua allieva avrebbe avuto una ragazza che non prende troppo sul serio le difficoltà della vita: io. All'inizio pensai che fosse una brava professoressa, ma solo dopo aver trascorso molto tempo con lei, mi sono resa conto che non era poi il massimo della scelta. Si chiamava Anna e aveva una cinquantina di anni. Ricordo che indossava spesso le gonne in jeans e infinite maglie di colore viola prugna, mentre ai piedi indossava sempre delle scarpe con i tacchi alti. A differenza sua, indossavo sempre pantaloni in jeans e la prima maglia che trovavo nei miei paraggi la mattina, non appena mi fossi alzata dal letto. In poche parole, avevo un look poco curato e per niente accettabile.

Una mattina, ricordo che ero entrata nella mia classe che, se la memoria non mi sfugge, era la classe 1^B. I miei compagni erano chiassosi e non mostravano alcun interesse per le lezioni, ma neanche io riuscivo a farmi conquistare dagli argomenti trattati specialmente dalla matematica e quella mattina, ci sarebbero state due ore di fila proprio di matematica. Il destino quella mattina mi aveva giocato un brutto scherzo: la professoressa di matematica aveva deciso di farci fare una verifica a sorpresa. Non avevo preso per niente bene la notizia perché in quel modo, la mia media sarebbe diventata un terribile quattro per niente meritato, ma siccome la professoressa era una vipera, dovevo ammettere che ci avrebbe trovato gusto a scrivere un quattro sul mio compito.

Dovevo escogitare qualcosa, in modo da non prendermi l'insufficenza così ingiustamente; ma non sapevo come fare, per evitare questo malinteso. Non sapevo quali pesci pigliare e tanto meno, come mi sarei tirata fuori dai guai. Poco dopo che fu consegnato il compito, mi ricordai che mia madre non sarebbe entrata al lavoro, fino alle due e mezza del pomeriggio. Ecco, cosa dovevo fare! Per evitare di ricevere la solita insufficienza sarebbe bastato solamente chiamare mia madre con il telefono della scuola. Mi congratulai con me stessa per l'incredibile trovata di prima mattina. C'era solo un piccolo problema: come avrei potuto far credere di essere malata? In un attimo, mi ritrovai persa nei miei pensieri. La mia insegnante di sostegno mi venne incontro, forse per comunicarmi qualcosa che non mi avrebbe fatto piacere oppure, solo per informarmi che ho una media sufficiente per non essere ammessa in seconda superiore. Invece no, mi disse solamente che dovevamo andare in aula vuota e il compito lo avrei svolto con lei. La novità non mi piacque per niente quindi, dovevo trovare un modo per apparire malata, alla svelta. Mentre andavamo alla ricerca di un'aula vuota, ci eravamo ritrovate a camminare nel corridoio. Un ragazzo in lontananza si era messo a correre come un matto, tanto che finì per andare a sbattere contro di me, lasciandomi un bernoccolo sulla fronte. Avevo colto immediatamente l'occasione per fingermi addolorata.

Quel ragazzo scatenato, mi aveva fatto un male cane. Il suo professore di sostegno mi era venuto incontro per dire che il suo allievo non aveva alcun intenzione di farmi male e che la prossima volta, avrebbe cercato di stare più attento. Io non ero poi dispiaciuta che quel ragazzo mi fosse andato a sbattere contro, anzi lo ringraziavo anche, di avermi dato quella testata. Fosse stato per me avrebbe potuto darmi tutte le testate che voleva, ogni volta che ci fosse stata l'ora di matematica. Quaranta minuti dopo, la professoressa di sostegno aveva il cellulare in mano e stava chiamando mia madre, mentre io mi ero messa a far finta di lamentarmi nonostante il dolore che provavo. Una bidella mi aveva dato del ghiaccio da tenere appoggiato sulla fronte. Quando tornammo in classe, la professoressa di sostegno decise che avrei recuperato il compito una settimana dopo, quindi, si era decisa a comunicare alla docente di matematica questa decisione, facendomi sentire a settimo cielo.

 

 

 

 

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