Tsunami e le leggende dei Guardiani

di Amika_Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amicizia e nuovi inizi ***
Capitolo 2: *** novità - Ken ***
Capitolo 3: *** Nuovi amici ***
Capitolo 4: *** ricordi ***
Capitolo 5: *** dolore e lacrime ***



Capitolo 1
*** Amicizia e nuovi inizi ***


Avevo sette anni, correvo ridendo a piedi scalzi sul prato del parco insieme al mio migliore amico.
Riuscivo a vedere la scodella di capelli castani muoversi verso di me, tentando di tenere il passo. Io ero un po’ più avanti e lo stavo aspettando con le braccia incrociate: ero molto veloce, lui un po’ meno … si beh diciamo che era davvero un tipo imbranato e poco coordinato.
Mi raggiunse dopo qualche istante e iniziammo a ridere come pazzi, rotolandoci nel prato.
Eravamo talmente felici a quei tempi, nessuno avrebbe mai potuto separarci.
Poi tutto divenne sfocato e poi il buio.
 
Mi svegliai di colpo, con le lacrime agli occhi e una profonda tristezza nel cuore.
Ormai erano passati nove anni da quei ricordi e le cose erano cambiate.
Una sola decisione per distruggere l’amicizia che ci aveva accompagnati fino a quel momento, una maledettissima decisione che non potevamo cambiare, che non avremmo potuto neanche mettere in discussione.
Il trasferimento dei miei genitori era previsto per fine Agosto ed io sarei dovuta andare con loro, frequentare un’altra scuola, in un’altra città e lasciare tutto quello che in sedici anni mi ero costruita, guadagnata con fatica e amore.
Avrei dovuto abbandonare Ken in quel mare che era la vita e che per lui era particolarmente dura.
Soprattutto quando si è magrolini, non particolarmente dotati di qualche caratteristica interessante o di un aspetto diverso da ciò che si aspetta la gente, come nel caso del mio amico.
Che poi Ken era uno dei ragazzi più dolci e teneri sulla faccia della Terra, conoscendolo meglio non si faceva più caso al suo aspetto, dal tanto che si era presi da lui.
Tutti a scuola lo prendevano in giro, lo trattavano male, dandogli il titolo di “sfigato”, lo picchiavano e gli rubavano ciò che potevano portare via.
Toccava a me proteggerlo, almeno quello che potevo fare lo facevo volentieri.
E se io me ne fossi andata cosa avrebbe fatto? Come avrebbe fatto a sopportare tutti loro? Le prese in giro e i furti?
Non sapevo neanche come qualche giorno prima avevo trovato la forza di dirgli che me ne sarei andata insieme ai miei genitori.
E nella mia nuova camera quella sera pensai solamente a lui e a come il giorno che stava arrivando sarebbe andato per entrambi: primo giorno di scuola, io in quella nuova città di cui conoscevo solo il nome e lui a quella vita tanto triste e terribile.
Il sole si alzò nel cielo, la luce iniziò ad entrare dalla finestra dietro alla testata del mio letto.
Trovai la forza di alzarmi e prepararmi per la scuola.
Mi vestii, pettinai i capelli, lavai denti e faccia e mi truccai com’era mio solito fare.
Mi guardai allo specchio.
Indossavo una canottiera nera con delle borchie argentate sulle spalline larghe, dei pantaloni a righe verticali bianche e nere e degli anfibi neri.
Diciamo che la gente, oltre all’abbigliamento mi guardava perché avevo un taglio di capelli un po’ particolare e avevo deciso di essere ciò che mi sentivo, non ciò che dovevo essere.
Avevo i la parte destra della testa rasata e nell’altra metà dei capelli lunghi fino a metà schiena blu elettrico, gli occhi erano sempre contornati di eye-liner nero e matita nera, che facevano risaltare i miei occhi chiari e sulla faccia avevo qualche piercing.
Presa la mia amata giacca a righe dall’appendiabiti uscii di casa salutando mia zia.
Andai alla fermata del pullman, con le cuffiette nelle orecchie ed ascoltando un gruppo Svedese.
Rimasi seduta sulla panchina di acciaio ad aspettare il pullman che mi avrebbe accompagnato a scuola per dieci minuti buoni, girando tra le mani il cellulare.
Che faccio? Cosa gli scrivo a Ken?
Ero ferma con il suo numero digitato e per la prima volta non sapevo come parlare con lui.
Negli ultimi giorni c’eravamo sempre sentiti ed ora?
Scrissi inviando prima di poterci ripensare.
In bocca al lupo Ken, stai attento. <3
mi rispose qualche secondo dopo.
‘Crepi. Auguri per il primo giorno e vedi di non metterti nei guai Nami J
Continuammo a messaggiare fino a quando salii sul pullman, pieno di gente.
Sentivo tutti gli occhi puntati addosso, anche quelli che non potevo scorgere dal punto in cui ero.
Appena arrivai a scuola scesi dall’autobus velocemente, avrei voluto non dover rincominciare tutto daccapo.
Arrivai davanti al Dolce Amoris, il mio nuovo liceo.
Era enorme, con un parco gigantesco e con molte piante.
Aprii la porta d’ingresso ed entrai in quell’edificio.
La sala delegati era il mio obbiettivo, dovevo trovare il delegato che mi aveva parlato al telefono riguardo l’iscrizione.
Mancavano solo una fototessera, il modulo e la tassa d’iscrizione,che tenevo in una busta di plastica trasparente nella tracolla in pelle che portavo sempre con me e che quella mattina aveva rischiato di farmi rubare sul pullman da una rossa.
Sentivo lo sguardo di tutti sulla schiena, l’ansia cresceva e in più mi ero persa. Non sapevo dove fosse la sala delegati, ne tanto meno che faccia avesse l’uomo con il quale avevo parlato il giorno prima.
Dopo circa dieci minuti mi decisi a chiedere informazioni.
Trovai un gruppetto di ragazze, mi avvicinai a passo deciso, almeno fino a quando capii che tipo di ragazze erano.
Una delle tre era bionda, con i capelli lunghi e l’aria di chi pensa di essere la regina del mondo, parlava con le altre due, una cinese e una con la pelle chiarissima.
<< Non so se l’avete visto ma giuro che prima o poi si innamorerà di me, come tutti del resto … anche Cass è un maschio e nessun maschio riesce a resistere al mio fascino …>>
Bene, dopo questo discorso potevo girarmi e andarmene via.
E fu quello che feci.
Mi voltai di scatto, cercando di andare via il prima possibile, ritrovandomi con il sedere per terra e gli occhi di tutti puntati addosso.
 Mi osservai attorno, con ancora le cuffie nelle orecchie, per capire cosa fosse accaduto.
Un ragazzo dai capelli rossi era steso per terra qualche centimetro lontano da me e aveva tutta l’aria di essere uno di quei bulletti da quattro soldi delle serie TV.
Aveva i capelli rossi sicuramente tinti abbastanza lunghi da coprirgli il collo e si stava alzando con fare alquanto arrabbiato.
Essendo di schiena non vedevo la sua espressione ma dalla folla che ci osservava divertita mi fece capire che presto mi sarei trovata con un occhio nero.
Mi alzai con la mia solita calma, in fondo se avesse voluto picchiarmi mi avrebbe preso anche se fossi corsa via.
Anche lui si era alzato nel frattempo ed ancora era girato, con i pugni chiusi.
Decisi che quello era il momento di chiedere scusa e andarmene senza dover fare a botte con nessuno.
Nell’arco del tempo avevo praticato molti sport di autodifesa come il karate e taekwondo, che mi erano sempre serviti per difendermi dai bulli e per aiutare Ken. Modestia a parte, ero diventata molto brava e non mi spaventava fare a botte con un tipo del genere ma preferivo evitare, il mio primo giorno di scuola.
Così tentai di scusarmi, con la voce di Ruki che mi invadeva le orecchie sulle note di Derangement.
<< Emh, scusami ero di fretta e ….>>  dissi con voce calma e sicura.
Si girò di scatto e notai solo in quel momento quanto fosse bello, per fortuna che non fossi una di quelle ragazze che arrossisce ogni volta che qualcuno le parla.
I capelli rossi di lui mettevano in risalto i due pozzi di onice nera che erano i suoi occhi, il profilo della mascella e il fisico asciutto davano un senso di cupo e tristezza al tempo stesso.
<< E un cazzo, ringrazia che oggi sia di buon umore carina altrimenti … >> mi interruppe di scatto avvicinandosi con un pugno alzato, come avviso.
<< Altrimenti cosa?! Chi ti ha dato tutta questa confidenza, rosso? Uno: non chiamarmi più carina perché non lo sopporto. Due: non sei il Padre Eterno quindi non atteggiarti che tanto non fai paura a nessuno. Ora scusa, ma dovrei andare ad iscrivermi, con permesso. >> e detto questo lo sorpassai con una spallata e andai verso il portone dal quale ero entrata, verso l’unico posto che avevo visto della scuola: il parco.
Non mi voltai indietro.
Almeno fino a quando sentii qualcuno tirarmi una manica della giacca.
Mi voltai e mi trovai immersa in due occhi color miele, così caldi e così diversi da quelli dell’altro ragazzo che mi persi per qualche secondo.
Tolsi una delle cuffie e aspettai.
<< Ciao, tu devi essere Tsunami Kamashi, la ragazza nuova … >> disse con un tono che mi ricordò molto quello di Ken quando parlava con gente nuova, passandosi la mano libera nei capelli biondi.
<< Sì, ma non credo di averti mai visto … Ci conosciamo? >> chiesi sorridendo.
Il suo viso divenne color pomodoro prima di rispondermi.
<< no, cioè, ci siamo conosciuti ma al telefono. Sono il segretario delegato … >>
E io che mi aspettavo un signore quarantenne calvo e con i baffi …
<< Oh, in questo caso piacere, emhhh? >>
<< emh, Nathaniel, il piacere è tutto mio. Ho assistito allo scontro che hai avuto poco fa con Castiel e ti ho riconosciuta subito. Se vuoi seguirmi, così sistemiamo tutte le scartoffie >> disse indicandomi la via e affiancandomi andammo nella sala delegati.
Sistemammo tutti i documenti e mi chiese gentilmente se volevo che mi mostrasse la scuola.
Accettai di buon grado e dopo che mi ebbe fatto visitare la scuola tornai a casa, pronta a iniziare il giorno seguente.
Feci la strada a piedi, avendo un grande senso dell’orientamento, pari a quello di un pesce in decomposizione mi persi nell’arco di dieci minuti.
Mi ritrovai a vagare per un parco senza meta, non sapendo dove andare.
Approfittai del fatto che fossero le cinque del pomeriggio e non essendo ancora tardi mi sedetti sul prato ascoltando i The Gazette e tirai fuori il mio materiale da disegno.
Matite e fogli erano sempre con me, dovunque io andassi, un po’ come la mia giacca.
Iniziai a tracciare segni che man mano diventarono occhi, che divennero a loro volta parte di un volto femminile, di una ragazzina con la faccia completante ricoperta da squame e sul collo delle branchie.
Iniziai a colorare quando un’ombra mi si piazzò davanti oscurandomi la luce.
Alzai lo sguardo e mi trovai davanti ad un cane gigantesco che stava seduto a scodinzolare proprio davanti a me.
Era un Beauceron che aveva tutta l’aria simpatica.
Mi sporsi in avanti e iniziai ad accarezzarlo, lasciando per un attimo i miei fogli sul prato.
Dopo un po’ qualcuno arrivò a disintegrare la quiete che si era creata.
Una testa rossa spuntò da dietro un albero e si avvicinò a passo spedito a noi.
<< Demon, vieni qui, cane. Ti ho cercato dappertutto e tu stai qui a farti coccolare da una ragazza?>>
<< Aspe, tu sei la tipa tutta pepe di oggi! Prima mi fai cadere e poi porti il mio cane contro di me?! Stai organizzando un complotto contro la mia persona e non ne so nulla? >> disse facendo un mezzo sorriso di beffa, mentre metteva il guinzaglio al cane.
<< Magari, stai attento. >> dissi io rimanendo al suo gioco.
La sua espressione divertita mi fece capire che probabilmente non era abituato a ricevere risposte simili.
Poi fece una cosa inaspettata.
Si sedette accanto a me, spostando i fogli e osservandoli curioso.
<< Comunque io sono Castiel, principessa >>
Perché si ostinava a darmi soprannomi stupidi? Dalla mia faccia, con un sopracciglio inarcato probabilmente capì che mi dava fastidio e perciò continuò a chiamarmi così per tutto il tempo. Non so perché rimasi con lui a parlare, o meglio farfugliare frasi ogni tanto quel pomeriggio, forse perché lì non avevo nessuno con cui parlare, forse per l’alone di mistero che avvolgeva quel ragazzo o forse per la tristezza che avevo notato nei suoi occhi la prima volta che lo avevo visto quella mattina.
***
okk, ecco il primo capitolo, in cui vediamo Tsunami, la nostra protagonista.
è un po' particolare ehh, comunque fatemi sapere cosa ne pensate e se avete qualche idea per dei nuovi personaggi.
mi servirebbero cinque personaggi nuovi da inserire nella storia, abbastanza fuori dagli schemi e che siano ragazze, capirete più avanti il perchè.
se qualcuno volesse darmi una mano in questa avventura sono ben accetti consigli purchè siano nei messaggi privati.
rigrazio vivamente chiunque sia giunto fino a questo punto della storia e spero di conoscerlo presto lol
bando alle ciance
vi saluto esseri umani
Amika

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Capitolo 2
*** novità - Ken ***


NOVITÀ
 Sono sempre stato un ragazzo timido ed impacciato, di quelli goffi e che hanno paura della propria ombra.
Solo Lei riusciva a tirarmi su di morale, solo Nami, la mia migliore amica aveva il coraggio di mettersi contro tutti per difendere il povero sfigato della situazione.
Eppure lei se ne era andata, mi aveva abbandonato.
Lo so, non per sua volontà, è stata costretta.
Ma già mi manca tutto di lei, dal suo sguardo rossastro alla pelle bianca, dai capelli blu a tutti i suoi piercing che si era fatta nel corso degli anni.
Eh,già. Credo che io sia una delle pochissime persone che possono dire di aver conosciuto davvero Tsunami Kamashi, ma non la ragazza strana e irascibile che gli altri credono.
Quella che conosco io è una ragazza dolce, insicura e terribilmente sola.
Nessuno conosceva quella parte di lei, tranne me.
L’avevo vista crescere e passare dall’essere una bambina con problemi di relazione con gli altri, fino a diventare una donna, non solo per l’aspetto.
Inutile dire che ero, anzi sono, innamorato pazzamente di lei da quando avevamo circa dodici anni.
Insomma, posso essere uno sfigato ma ho gli occhi, anche se nascosti da degli occhiali troppo spessi, e la vedo. E anche come la guardano gli altri.
Una volta, un ragazzo più grande mi aveva seguito per quasi tre giorni per sapere come convincerla ad uscire con lui, per poi guadagnarsi un pugno in faccia dalla suddetta quando aveva cercato di baciarla in corridoio a scuola.
Quella volta è stato davvero esilarante.
Ed ora mi trovo a vagare solo per i corridoi, sotto lo sguardo di beffa di tutti.
Poi arriva lui, Dake, il bello e figo della scuola.
Mi si avvicina, con un sorriso tirato sulle labbra.
<< Dov’è finita la tua amichetta Blu, sfigato? Ha capito di perdere tempo e ti ha piantato da solo? >> e ride, quella risata che mi fa tanto arrabbiare torna a intrufolarsi nella mia testa.
Non posso rimanere in silenzio, non più ora che Nami non c’è più.
<< Dakota, geloso perché almeno io sono stato oggetto di attenzioni che ha te ha negato? >>
Ora sono pronto per essere picchiato, me lo sento.
Infatti il pugno non tarda ad arrivarmi sul naso, talmente forte che mi fa cadere a terra.
La solita storia, Dakota e la sua banda di teppisti da quattro soldi mi conciano come uno straccio con l’unica differenza che non c’è più Nami a mettersi tra lui e me.
Forse è meglio così, in fondo una volta Dakota aveva tentato di baciarla, con fini poco leciti e lei dopo averlo respinto gli aveva sputato in un occhio, facendolo infuriare. La mattina dopo aveva i polsi neri, dal tanto che lui glieli aveva stretti.
Non volevo che si facesse male per colpa mia, non lo avevo mai voluto.
Eppure lei si era sempre fatta avanti, spesso prendendole per difendere me.
Ora che non c’è più devo imparare a difendermi.
Ma contro Dake e la sua banda non posso fare niente, mi prendo un pugno nello stomaco, calci dappertutto, insulti e chi più ne ha più ne metta.
Quando finalmente mi lasciano in pace mi alzo da terra, dolorante e pieno di lividi, come al solito.
È il primo giorno di scuola e già mi sono guadagnato un occhio nero. Almeno questa volta gli occhiali non sono stati distrutti da quegli energumeni.
Mi vibra il cellulare, è Nami.
In bocca al lupo Ken, stai attento <3
Cerco di mantenere la calma, senza tremare ma senza riuscirci.
‘Crepi. Auguri per il primo giorno e vedi di non metterti nei guai Nami J
non voglio che stia male a causa mia, non le dirò nulla di Dake.
Nami è sempre stata una ragazza difficile da avvicinare , sia per il suo aspetto che per il suo carattere diffidente e poco socievole.
Vado in classe, le ore passano lente e terribilmente monotone, senza Nami e i suoi disegni magnifici che faceva sul banco, spesso occupandolo completamente.
Finalmente suona la campanella di fine lezioni.
Raccolgo la mia roba il più in fretta possibile, esco dalla scuola e inizio a camminare verso casa mia.
Cammino per circa dieci minuti, prima di arrivare al cancello.
Entro, appendo il giubbotto e cerco di salire il più silenziosamente possibile le scale, senza farmi sentire.
Un gradino, un altro ed un altro ancora.
<< Com’è andata la scuola Kentin? >>
Mi giro di scatto, verso mia madre,che aspetta una mia risposta.
Tengo la testa bassa, lo sguardo fisso sul pavimento.
<< Bene mamma, tutto bene. >>
Riesco a dire con voce tremolante per poi fuggire di corsa in camera mia e chiuder mici dentro.
Non ce la faccio più a trattenere le lacrime.
E piango, sfogo la tristezza di tutti quei giorni senza di lei, la rabbia del primo giorno di scuola più brutto di tutta la mia vita. 
Rimango in camera mia per tutto il pomeriggio a versare lacrime in silenzio, fino a quando mia madre mi chiama per la cena.
Faccio scattare la serratura, apro la porta e vado in sala da pranzo.
Sono già tutti lì: mia madre e mio padre parlottano animatamente.
<< Kentin, siediti. >>
Dice lui con la sua solita calma e freddezza.
<< Abbiamo preso una decisione molto importante. >> continua mia madre pallida in volto e torturandosi le mani.
Mi siedo, sapendo già cosa vogliono dirmi.
A loro non è mai piaciuta Nami, l’hanno sempre considerata una poco di buono violenta ed irascibile.
Hanno sempre cercato di separarci.
<< Vedi, dato che non sei capace di difenderti senza la tua amichetta …>> inizia a dire lui lasciandomi in sospeso.
<< abbiamo deciso che andrai all’accademia militare per tutto il semestre >>
Le posate mi cadono dalle mani, inizio a sudare freddo e tremare.
Come possono farmi questo? Togliermi da quel poco che mi sono costruito in questi sedici anni per buttarmi in un luogo che non sarei mai riuscito a chiamare casa?
Ancora una volta corro via, in fondo è quello che so fare meglio, scappare dai problemi.
L’ho sempre fatto .
Mi chiudo nuovamente in camera.
Ma non riesco a piangere davvero.
Penso.
Penso a quello che sono. Un ragazzino sfigato sedicenne che sembra un bambino di dieci anni, con un taglio di capelli improponibile e gli occhiali troppo grossi.
Un ragazzino che le prende ogni santo giorno da dei bulli perché amico di una ragazza stupenda che a causa della sua debolezza è costretta a difenderlo ogni volta e subire lei stessa trattamenti analoghi.
Sono un povero sfigato.
Mi addormento tra quei pensieri.
Forse è un bene andare all’accademia militare.
Forse così riuscirò a prendermi cura io di lei e non il contrario.
Magari un giorno potrei diventare abbastanza forte da stringerla tra le braccia e portarla in camera ogni volta che si addormenterà vedendo un film.
Perché quando ci trovavamo, fino a qualche settimana prima, ed io rimanevo a dormire da lei, vedevamo sempre film lunghissimi e lei raramente li aveva visti finire, dato che tutte le volte si addormentava accanto a me sul tappeto del salotto.
Ed io non ero abbastanza forte per spostarla anche solo sul divano.
Sì, ormai ho deciso.
Andrò all’accademia militare e metterò fine a questa vita d’inferno.



NOTE DI ME
salve salve, eccomi di nuovo qui per la gioia di tutti voi ....
*grilli che cantano*
peeeeeeerfetto, data questa accoglienza calorosa vi lascio andare in pace.... dopo che vi ho parlato un attimo del capitolo.
quindi per non trattenervi oltre.
1 il capitolo è scritto al presente poichè credo che rendano molto di più le emozioni di Ken.
2 il capitolo di Ken è questo e solo questo (al massimo ce ne saranno altri due o tre mooolto più avanti) perchè mi serviva per far capire cosa succede a sto poveretto d'ora in avanti.
3 chiedo scusa se la fic non rispetta il gioco ma mi serve per la trama lol
4 ringrazio tutti quelli che sono riusciti a leggere fino a qui, healy_clhoe che ha inserito la storia tra le seguite,esmer17 che mi ha lasciato una recensione al primo capitolo e in particolar modo Susuki_chan che mi sta dando un sacco di idee, davvero grazie mille :)
 Ami

 

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Capitolo 3
*** Nuovi amici ***


Mi svegliai di malumore, come quasi tutti i giorni da quando sono qui.                             
Era passato un mese da quando avevo iniziato a frequentare il Dolce Amoris ed ero abbastanza contenta della mia nuova vita.
Castiel da quel pomeriggio al parco era diventato mi amico e mi aveva presentato un ragazzo di nome Lysandre, con il quale andavo molto d’accordo.
Per il resto non avevo altri amici, solo molte nemiche, partendo da Ambra, la bionda del primo giorno e le sue due amichette che la seguivano come cagnolini. Mi sarebbe stata del tutto indifferente se il secondo giorno di scuola non fosse venuta ad accusarmi di averle portato via il ragazzo e darmi della troia ( a quel punto sia chiaro le ho tirato un ceffone che l’ha ribaltata).
Avevo poi scoperto che quella smjnejwyqhegafdbgiqv di Ambra era la sorella del segretario delegato, quel tale Nathaniel che mi aveva fatto visitare la scuola il primo giorno e che da quando parlavo con Castiel non mi aveva più rivolto la parola se non per salutarmi.
E poi Kentin.
Lo avevo sentito per l’ultima volta il primo giorno di scuola e poi stop.
Non un messaggio da parte sua, non una chiamata.
Avevo cercato in tutti i modi di rintracciarlo ma niente.
E alla fine avevo chiamato a casa sua e i suoi genitori mi avevano detto che non mi voleva parlare, che la nostra amicizia era finita per sempre.
Mi avevano accennato al fatto che fosse andato all’accademia militare e che non lo avrei più rivisto.
Il giorno seguente mi ero sfogata con Castiel, che mi aveva ascoltato senza dire nulla,per poi abbracciarmi e consolarmi.
Avevo scoperto che eravamo più simili di quanto pensassi e forse l’aveva capito anche lui.
Era diventato un po’ come il fratello che non avevo mai avuto. In quel periodo mi ero affezionata anche a Lysandre, dopo aver capito un po’ il suo carattere e i suoi gusti e presto era diventato il mio migliore amico.
Kentin ormai era un ricordo doloroso, troppo per farlo rimanere nel mio cuore, dal quale tentavo inutilmente di cacciare via ogni suo ricordo.
Ormai si era fatto abbastanza tardi, così mi vestii ed uscii di casa.
Arrivai in classe mentre la campanella suonava e mi sedetti in ultima fila, accanto a Lysandre, che stava scrivendo sul suo squadernino nero, probabilmente il testo di una nuova canzone da proporre a Castiel per il loro duo.
Arrivò il professore di storia, del quale ancora non ricordavo il nome ed iniziò a fare l’appello.
Finì e cominciò a spiegare la rivoluzione Francese quando dalla porta comparve Castiel, in ritardo come al solito. Il professore lo guardò malissimo e lo mandò dalla direttrice.
Poi tornò a spiegare, fino al suono della campanella, segno che era iniziato l’intervallo.
<< Lys, vado a cercare Castiel. Vieni anche tu? >> dissi al ragazzo che mi sedeva accanto.
<< preferirei rimanere qui a finire, oggi sono particolarmente ispirato, scusami. Saluta Castiel da parte mia Nami >>
lo guardai sorridendo e gli lasciai un bacio sulla guancia, poi uscii a cercare il rosso.
Lo trovai seduto su una panchina nel parco della scuola, con le cuffiette nelle orecchie.
Mi avvicinai silenziosamente, tanto era di spalle e non mi avrebbe visto arrivare.
Appoggiai le mani sullo schienale della panchina,aspettando qualche secondo per poi levargli una cuffietta dall’orecchio.
<< Ehi >> mi disse girandosi verso di me, con la sua faccia da duro.
<< Ehi >> risposi io imitandolo e strappandogli un mezzo sorriso.
Poi saltai accanto a lui, sedendomi con le gambe incrociate sulla panchina.
<< Castiel, non puoi entrare sempre tardi quando c’è quello. Sai che non ti sopporta…. >> cominciai io cercando di convincere il mio amico.
<< Ti stai forse preoccupando per me, principessa? >>
E sorrise, facendo ridere anche me.
<< Ehi, anche se fosse sei mio amico è normale che mi preoccupi per te >>
Poi lui fece una cosa alquanto strana.
Mi abbracciò forte, prendendomi alla sprovvista.
<< Shhh, ti prego assecondami Nami, ti giuro che poi ti spiego >> mi bisbigliò in un orecchio.
<< Ehmmm ok >>
Mi guardai un po’ in giro, ancora stratta nell’abbraccio del rosso e notai Ambra con un aria abbastanza arrabbiata girare i tacchi e andarsene come una furia.
<< Castiel, se il tuo problema è una testa bionda sappi che se ne è andata>> avvisai il ragazzo che tirando un sospiro di sollievo sciolse l’abbraccio.
<< Davvero, non la sopporto più. Mi segue ovunque, l’altro giorno me la sono trovata sotto casa che urlava perché mi sono seduto vicino a te a mensa e Castiel non può preferire la compagnia di una come quella al posto che la mia >> mi spiegò lui imitando la voce di Ambra.
<< Pensa che l’altro giorno mi ha invitato ad uscire sei volte, ognuna con una scusa differente ed io l’ho rifiutata per tutte e sei le volte >> disse ridendo il rosso.
<< Sì ma io che centro? >>
<< Ho detto che non posso uscire con lei perché devo già uscire con te e Lys questo sabato, quindi vedi di tenerti libera >>
Uscire con lui e Lys, perché no? In fondo mi mancavano le uscite la sera.
<< Ok ma ora muoviti che sennò la Villa mette due ad entrambi >>
E detto questo scattai in piedi prendendolo per una manica del giubbotto di pelle e lo tirai verso la classe.
Iniziammo a correre per i corridoi per arrivare in tempo in classe, prima della prof d’italiano.
Che poi, a cosa serviva l’Italiano? Il Francese, l’Inglese e il Giapponese mi bastavano e avanzavano pure.
Arrivammo in classe con il fiatone e ci sedemmo ai nostri posti: Castiel vicino alla finestra, io accanto a lui e Lys vicino a me.
La lezione fu abbastanza interessante, dato che analizzammo la Divina Commedia.
Finite le lezioni della mattina andammo in cortile, sulla solita panchina, per pranzare.
<< Quindi per domani sera tutto ok? >> chiese Castiel ancora agitato per la storia dell’uscita.
<< Io posso, tu Nami? >> mi chiede Lys, sorridendo.
<< Credo di sì, insomma sì posso. Ma che facciamo? >>
<< Venite a casa mia? >> propose il rosso, dopo averci riflettuto un po’.
<< Sì ma Cass non è il caso … insomma … hai capito …. No? >> disse Lysandre cercando di far capire qualcosa all’amico e indicandomi con la testa cercando di non farsi notare troppo. Purtroppo per lui ci vedevo piuttosto bene.
<< Ah già … perché solitamente Nami, io e Lys quando ci troviamo a casa mia rimaniamo a provare fino a tardi, vediamo film abbastanza pesanti e dormiamo sul divano … se ti va bene però fai tu, insomma non ti obbligo a far nulla …>>
<< Non preoccupatevi, mi adeguo a quello che volete voi. Non mi faccio sti problemi >> ed era vero, in fondo ero curiosa di capire cosa facessero quei due prima che arrivassi io.
Discutemmo ancora fino alla fine della pausa pranzo e per le due ore successive, per poi uscire insieme da scuola.
Come al solito io e Lys salutammo Castiel all’angolo del parco e poi continuammo a camminare.
Io e Lysandre abitavamo a circa cento metri di distanza e da quando lui l’aveva scoperto mi accompagnava sempre a casa, per poi tornare indietro un pezzetto ed arrivare a casa sua.
Salii di corsa le scale e mi chiusi in camera mia.
I miei come al solito non erano in casa e ne approfittai per farmi una lunghissima doccia.
Aprii l’acqua calda e mi spogliai, per poi buttarmi sotto il getto bollente.
Mi era sempre piaciuto fare la doccia, mi serviva per pensare.
Ed anche in quel momento pensai molto.
La mia vita.
I miei vecchi amici.
Quelli nuovi.
Le persone che mi odiano e quelle che mi trattano come una diversa.
Riflettei per circa mezz’ora sotto l’acqua, poi chiusi tutto e uscii dalla doccia avvolgendomi nell’accappatoio nero che avevo lasciato a scaldare sul termosifone.
Misi la biancheria e  mi levai quel poco che era rimasto del trucco e tornai in camera.
Presi un maglione largo color pesca e dei leggins neri, me li infilai e legai i capelli in una treccia, misi gli anfibi e uscii di casa, diretta al mercato per comprare qualcosa per cena.
Passai fuori tutto il pomeriggio, comprando un po’ di tutto e tornando a casa carica come un mulo.
Levai gli scarponi, sciacquai le mani e cominciai a tagliare le verdure per preparare qualcosa.
Mi sedetti a tavola e come quasi tutte le sere mangiai da sola.
Andai a letto presto e mi misi a leggere “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde cercando di prendere sonno.
Il mattino seguente mi svegliai alle undici e un quarto, con il libro aperto sulla faccia.
Feci tutto con estrema calma, fino alle quattro del pomeriggio, quando iniziai a prepararmi per quella sera.
Presi la mia borsa in pelle e ci infilai dentro portafogli, un DVD, e una matita per gli occhi nera.
Poi andai nuovamente in doccia, mi vestii e mi asciugai i capelli.
Ridendo e scherzando erano già le sei e mezza e alle sette meno un quarto sarebbe arrivato Lysandre a prendermi.
Quel ragazzo era davvero una delle persone più educate che avessi mai conosciuto.
Andai in bagno per l’ultima volta e mi truccai, sistemai per bene i piercing e uscii di casa nell’esatto momento in cui Lys arrivò alla porta.
<< Eccomi qui Lys, così non potrai dire a Castiel che siamo arrivati tardi per colpa mia >> dissi mentre lui faceva il baciamano.
Chiusi la porta ed insieme andammo a casa del nostro amico rosso.
Quando fummo davanti al portone mi stupii.
La villetta aveva un cortile molto curato e sembrava molto accogliente.
Trovammo aperto ed entrammo.
<< Ehi, Demon >> saluta il cane scodinzolante sedendomi sul pavimento ed iniziando a coccolarlo.
Intanto Lysandre andò a cercare il padrone di casa e dopo un attento esame arrivò alla conclusione che non ci fosse.
  Così appoggiai la borsa sul divano e tornai a fare le coccole a Demon, che si era sdraiato a terra,con il muso sulle mie gambe, mentre Lys ci guardava sorridendo.
 
-continua





BUONSALVE GENTE
eccomi tornata con questo capitolo bruttissimo! 
presto le cose inizieranno a farsi interessanti...


DAL CAPITOLO 4
La testa mi fa male, sta per scoppiare.
Ricordi di sangue e fuoco. 
E poi, il nulla.




E con questo è tutto, ringrazio tantissimo chi ha recensito e chi ha inserito la stroia tra le seguite/preferite/ricordate.
un bacione
Ami

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Capitolo 4
*** ricordi ***


<< Ehi, Demon >> saluta il cane scodinzolante sedendomi sul pavimento ed iniziando a coccolarlo.
Intanto Lysandre andò a cercare il padrone di casa e dopo un attento esame arrivò alla conclusione che non ci fosse.
  Così appoggiai la borsa sul divano e tornai a fare le coccole a Demon, che si era sdraiato a terra,con il muso sulle mie gambe, mentre Lys ci guardava sorridendo
Andò in cucina, a prendere un bicchiere d’acqua, lasciandomi sola con il cane, ad osservare la casa.
Osservai tutto: dalle pareti color caffelatte al lampadario di cristalli, fino ai mobili antichi in mogano, poi, improvvisamente una fitta alla testa mi fece sobbalzare.
Iniziai a vedere tutto sfocato, fino a non riuscire più a capire nulla. Tutti i colori si mescolavano, le forme non esistevano, i contorni e lo spazio erano confusi.
Iniziavo a sentire la testa pesante e tutto girava.
Misi le mani sopra a testa premendo forte, cercando di far passare il momento, ma fu tutto inutile.
Come al solito, poi, dopo i colori arrivò i buio.
Non sentii più nulla, ne’ la voce di Lysandre che nel frattempo doveva essere tornato dalla cucina, ne’ tantomeno la pressione della testa del cane sulle gambe.
Il buio fitto che mi circondava puzzava terribilmente di marcio, muffa.
Poi un rumore catturò la mia attenzione: sembrava come un sibilo, un miscuglio di suoni di cui non riuscivo a capire la provenienza.
Pian piano i miei occhi si abituarono a quel buio, lasciano intravedere forme scure.
Una piccola luce poco più lontano attirò la mia attenzione, così, mi alzai con non pochi dolori e iniziai a camminare verso la luce che si faceva sempre più forte, circondata da un rumore metallico sempre in continuo aumento.
Fino a quando la luce mi accecò, portandomi a chiudere gli occhi.
Quando li riaprii mi trovai in una stanza, senza finestre o porte.
Era interamente fatta di specchi, che ricoprivano anche il pavimento e il soffitto.
Poi, riflessa nel soffitto, vidi una sagoma.
Mi girai di scatto e mi trovai davanti ad una ragazzina, forse aveva tredici anni, rannicchiata sul pavimento, con i capelli biondissimi e lunghi che le cadevano disordinati sulla schiena. Aveva la pelle diafana ed indossava una canotta rossa molto più larga della sua normale taglia che le arrivava fino a metà coscia.
Le girai attorno per vederla in faccia.
Non riuscii nel mio intento perché due uomini vestiti di bianco aprirono una porta nascosta dagli specchi e la trascinarono via per le braccia, richiudendosi la porta dietro.
Rimasi sola.
Mi sedetti appoggiando la schiena alla parete e aspettai che accadesse qualcosa.
Mi avevano vista?
No, evidentemente no.
Rimasi assorta nei miei pensieri fino a quando il soffitto iniziò a cigolare ed aprirsi a metà, lasciando scendere delle pesanti catene, per poi richiudersi, lasciandole penzolare giù.
Poi la porta si aprì e i due uomini riportarono la ragazzina dentro la stanza.
I capelli erano ancor più in disordine e gli occhi erano coperti da una maschera di ferro, legata dietro la testa da del cuoio, e ai polsi aveva delle cinghie sempre in cuoio.
I due la portarono al centro della stanza e la legarono per i polsi e le caviglie alle catene.
<< Salve numero 10, Maestra Curatrice >>  e detto questo i due uscirono.
Poi il buio.
Mi risvegliai dopo non so quanto tempo.
Ero sdraiata sul divano e Lysandre mi guardava preoccupato, mentre Demon mi leccava la faccia.
Mi alzai di colpo, ricordandomi di essere a casa di Castiel.
Poi vidi tutto nero, di nuovo.
Non mi capitava più da quasi un anno di svenire e fare questi sogni, perché proprio ora dovevano rincominciare?
Lysandre si avvicinò a me e mi appoggiò le mani sulle spalle.
<< Nami, va un po’ meglio? >> mi chiese premuroso come al suo solito.
Aspettai qualche secondo poi risposi.
<< Sì, non ti preoccupare, capita spesso. Ormai sono abituata …. Cambiando argomento … Castiel dove si è cacciato? >>
Un rumore ci fece girare di scatto e dalla porta entrò il padrone di casa.
 << Sono qui principessa. Sai, sono stato trattenuto al negozio di dischi da una tipa strana, che chiedeva di te e dice di conoscerti. >>
 Detto questo si fece da parte, lasciando spazio alla donna di cui stava parlando.
Era alta, molto magra e doveva avere intorno ai 40 anni. I capelli biondi erano tirati tutti in un coda alta e gli occhiali scuri impedivano di vederle gli occhi. Indossava una tuta da motociclista completamente argentata e degli stivali di pelle del medesimo colore.
 La fissai per qualche secondo ma non la riconobbi.
Non l’avevo mai vista, come poteva conoscermi?
<< Ciao numero sette, siamo venuti a prenderti >>
Numero Sette? Cosa stava dicendo?
<< Chi? Mi spiace, se ne deve andare >> Castiel, detto questo, prese per un braccio la donna e la strattonò in malo modo fino alla porta, fino a farla uscire e tornare da me e Lysandre, che nel frattempo mi aveva messo un braccio attorno alle spalle, come per farmi stare dove ero.
<< Ora spiegami che cazzo voleva quella >>
Castiel tornò in sala con aria alquanto arrabbiata, avvicinandosi a me a passo svelto.
Lysandre mi strinse a sé con fare protettivo.
<< Ti giuro, non la conosco! Non ho capito nulla di ciò che ha detto, credimi >> cercai di spiegare al rosso.
A questo seguì una litigata pazzesca tra Castiel e Lysandre, il primo che urlava e l’altro che con calma (sempre tenendomi stretta) rispondeva e tentava di convincerlo che io non sapevo nulla … non capii mai perché Castiel quella sera si era arrabbiato in quel modo, fatto sta che dopo circa dieci minuti di urla il rosso si calmò e si sedette sulla poltrona accanto al divano, dopo essere andato in bagno.
Non sapevo cosa fare, Lysandre ormai mi aveva lasciata andare ed ero seduta accanto a lui, così feci un po’ di spazio tra me e il bracciolo del divano e feci segno a Castiel di sedersi vicino a me.
Lui dopo avermi guardata male si alzò e sbuffando si sedette e iniziammo a vedere il film che avevo portato: “The Rocky Horror Picture Show”, uno dei miei film preferiti.
Dopo un po’ Lys si alzò e andò a prendere da bere e Castiel lo seguì.
Rimasi seduta dov’ero e aspettai. Sentii dei rumori forti di porte che sbattevano e poi un silenzio pesante.
Improvvisamente Castiel tornò ,mi mise un braccio attorno alle spalle e si sedette stringendomi così forte che gli caddi addosso.
<< Scusami per prima, ero arrabbiato e me la sono presa con te e Lysandre … >>
Era così strano ricevere delle scuse da parte di Castiel che rimasi abbastanza sorpresa e soprattutto senza parole. E poi la sua vicinanza era tutt’altra cosa rispetto a quando scherzavamo e la nostra posizione era abbastanza equivoca.
Oddio, cosa mi stava succedendo? Ero imbarazzatissima e Castiel sembrava un’altra persona.
Ero come paralizzata e Castiel evidentemente ne approfittò, facendomi sdraiare sul divano e sovrastandomi completamente.
I nostri nasi si toccavano e la sua bocca era a meno di cinque centimetri dalla mia, poi quattro, tre, due, uno.
La distanza tra le nostre labbra era svanita e il mio cervello smise per un brevissimo istante di funzionare.
Quelle labbra erano stupende, calde e sapevano di fumo.
Le sue mani sui miei fianchi e i gomiti appoggiati al divano.
Ed io ero lì, ferma con gli occhi spalancati.
Forse per il sapore del fumo o per il fatto che avessi iniziato ad avere fitte fortissime alla testa, mi svegliai da quello stato di trans.
Iniziai a dimenarmi ma lui non demordeva.
La testa faceva male, immagini sfocate.
Cercai di spingerlo via da me con le braccia, ma niente da fare.
La testa faceva male, una bambina nel mare.
Mossi i piedi cercando di fargli male, ma non ci riuscii.
La testa faceva male, la bambina è in una rete.
Gli tirai una ginocchiata sotto la cintura e finalmente me lo tolsi di dosso, ma la testa continuava a farmi male e la bambina ormai era stata marchiata: quattro.
Scappai, ma la porta era bloccata e lui si stava rialzando.
Cambiai direzione e salii le scale, cercando Lys che non tornava.
Aprii una porta a caso e mi ci infilai di soppiatto.
<< Sette, lo so che sei qui. Vieni fuori, ti porteremo a casa. >> no, non era la voce di Cass, decisamente.
Anzi, in parte sì era la sua, ma mescolata ce ne erano altre. Sembrava di sentire parlare un fantasma.
Improvvisamente immagini di fiamme mi apparvero come scene di un film.
Fuoco, distruzione, sangue.
Eccoli, i miei ricordi.

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Capitolo 5
*** dolore e lacrime ***


Non ho mai sopportato la sconfitta.
Non mi è mai piaciuta l’idea che la vita fosse solo uno stupido gioco controllato da qualcuno di più grande.
Non potevo accettare la resa senza la guerra.
Non ho mai amato le persone che dietro una maschera da uomo saggio nascondono codardia e paura.
Eppure in quella situazione io avevo perso ancor prima di iniziare a giocare, il destino era scritto ed io per paura mi ero dimenticata dei miei ideali.
Castiel, o ciò che rimaneva di lui era dietro la porta. Ormai non lo sentivo più parlare ma percepivo ancora la sua presenza.
E tutto ciò faceva davvero molto male.
La testa, il corpo, il cuore.
Mi sentivo tradita, presa a calci.
Sapete, può sembrare strano ma io davvero non sapevo cosa fosse successo.
Poi, di nuovo, il male si fece sentire. Fitte alla testa, dolori allo stomaco e le gambe paralizzate.
Un colpo alla porta.
Un altro.
Poi di nuovo.
E la porta cadde.
E con lei anche ogni speranza che avevo di svegliarmi da quell’incubo.
Castiel si avvicinò.
La luce nei suoi occhi era strana, ed io avevo paura di lui.
Stringeva un oggetto, era abbastanza piccolo da essere tenuto in una sola mano ma non abbastanza per essere confuso con un altro oggetto.
Una siringa.
<< Cass, che ti succede? >> la mia voce risultava talmente bassa e flebile che anche io feci fatica a sentire, eppure lui mi guardò, prima di girarmi il volto con la mano e piantarmi l’ago nel collo.
<< Scusami Nami. >>
E poi il nulla.
***
Caldo.
Sento caldo.
Se non faccio qualcosa per farlo smettere mi ucciderà.
Ho sete.
E non vedo.
Provo a muovermi.
Non ce la faccio e non so il perché.
Non sento le gambe.
E le braccia.
Non ho la minima idea di cosa sta accadendo e neanche del perché.
Ripensandoci, prima che la porta cadesse, ero riuscita a ricordare qualcosa.
Sì, era un ricordo talmente inverosimile che poteva essere benissimo frutto dell’immaginazione.
***
Una mano fredda mi tocca il viso. Non è una carezza, neanche un gesto buono.
Mi solleva da terra tenendomi per il colletto della giacchetta bianca, mi guarda negli occhi e poi mi butta a terra.
Sono solo una bambina di sei anni, piccola e troppo magra, mentre lui è un uomo.
La sua forza è evidente.
I suoi occhi sono neri, la pelle bianca e i capelli grigi.
La testa va a sbattere conto il pavimento e le ferite si riaprono in fretta. In qualche secondo la mia giacca è diventata rosso scarlatto e i miei occhi si chiudono.
Fa caldo, riapro gli occhi sforzandomi fino al limite.
Le fiamme avvolgono la stanza grigia ed io ho paura.
Morirò sola.
Chiudo gli occhi, aspettando che il fuoco mi bruci la pelle.
Poi non sento più nulla.
Questo deve essere il Paradiso.
***
Di nuovo.
Mi sono addormentata di nuovo.
Eppure ciò che ho sognato era apparso ancor più reale di quando mi era venuto in mente quella sera, quella terribile sera a casa di Castiel.
Castiel.
Chissà cosa gli era successo.
Un’immagine terribile mi apparve in mente: avevo dimenticato un dettaglio fondamentale di quella serata, e i miei pensieri si bloccarono.
<< Lysandre >>
Improvvisamente, senza nessun preavviso qualcuno mi prende per la vita.
<< Mina, ti sei svegliata. >>
La sua voce è calda e il tocco gentile che potrei riconoscere fra mille.
<< Lys, che cosa … >>
Non riuscivo a parlare e avevo male dovunque.
Non vedevo.
Eppure con Lys mi sentivo sicura e protetta.
<< Nami, aspetta, ti tiro giù da li >>
Un rumore di catene, cigolii e mugolii.
Mi sentii cadere.
Poi, le braccia di Lysandre mi afferrarono per la vita e mi evitò il dolore di pestare la faccia per terra.
Poi mi fece sedere per terra e portò le mani alla mia testa, slegando un nodo sulla nuca.
Finalmente tornai a vedere.
Forse sarebbe stato meglio tenere gli occhi chiusi ed ignorare ciò che mi circondava.
Con la testa appoggiata al petto di Lysandre riuscivo comunque a vedere parte della stanza.
Era tutta, completamente bianca, il pavimento su cui ero seduta era morbido e grigio fumo.
Cercai di alzarmi, appoggiando le mani sulle spalle di Lys e facendo forza.
Quando fui in piedi mi osservai attorno e sentii Lysandre abbracciarmi da dietro, appoggiando il mento sulla mia spalla.
La stanza era circolare, senza finestre o porte, la luce era abbastanza forte e proveniva dai faretti che c’erano a distanza regolare sul muro, pavimento e soffitto.
Dietro di noi, esattamente al centro della stanza, si trovava un letto gigantesco, con le federe grigie come il pavimento con decori ricamati con del filo bianco.
<< Ehi, riposati. Ti farà male dappertutto >> mi disse sussurrando Lys.
Era la prima volta che mi trovavo in questa situazione con Lys per un tempo così prolungato: solitamente ero io che lo avvicinavo, gli lasciavo un bacio sulla punta del naso o sulla guancia e lo abbracciavo.
E lui puntualmente, dopo pochi secondi, si staccava con qualche scusa.
Improvvisamente il ragazzo sciolse l’abbraccio, mi fece voltare e mi aiutò a salire sul letto, coprendomi e sistemandomi i capelli sul cuscino.
Poi si sedette sul bordo del letto, accanto a me e mi prese per mano.
Solo in quel momento lo guardai davvero da quando mi ero svegliata.
Non indossava più i suoi bei vestiti ottocenteschi, ma una giacca nera senza maniche con il collo alla coreana e dei pantaloni neri.
Posai gli occhi sul suo bel viso e per poco non ebbi un mancamento quando vidi i suoi occhi con profonde occhiaie e lucidi.
Stava tremando, impercettibilmente.
Aveva paura.
Esattamente come me.
Non resistetti all’impulso.
Mi alzai di colpo e lo abbracciai, stringendolo il più forte possibile.
Con il viso appoggiato alla mia spalla iniziai ad accarezzargli la nuca, per calmarlo.
Ma lui non pianse.
Rimanemmo così per qualche minuto, forse un’ora, forse due, fino a quando Lys si addormentò.
Lo feci sdraiare sul letto e mi sdraiai anch’io sotto le coperte, per poi abbracciarlo nuovamente.
Avevo bisogno di qualcuno.
E piansi le mie lacrime in silenzio.




note di me 
konnichiwa popolo di efp..
se qualcuno dovesse leggere questo capitolo mi scuso sia per il contenuto che per i mesi di assenza, ma davvero, sono successe un sacco di cose che vorrei non fossero accadute e la voglia di scrivere era andata a farsi benedire.
d'ora in avanti dovrei riuscire a pubblicare più di frequente quindi spero di rimediare.
ora me ne torno nel mio angolino buio,
sumimasen
Ami_chan

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