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di Annrose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La luce del sole filtra dalla piccola finestra della camera, posta a est per raccogliere i raggi mattutini, e inonda la stanza. E’ una bella giornata di primavera: i fiori colorano il piccolo giardino del cortile dell’orfanotrofio. Sono le 7:30. Inizio a prepararmi, ho una fame da lupi.
Prendo un paio di jeans dal cassetto dell’armadio: sono vecchi, e scuciti sull’orlo. Mi metto la mia solita camicia, quella celeste con il simbolo di Hoedow sul colletto.
Apro la porta: non c’è nessuno in corridoio, ma acute e dolci risate risvegliano il mio umore, facendomi sorridere. Mentre scendo gli scalini, mi raccolgo i capelli con noncuranza in una coda di cavallo. Anche se, per via del loro colore, sembrano la coda di un corvo.
“Buongiorno”. Esclama Keyla. Una curva le nasce in volto, le rughe si raggruppano sotto gli occhi. “Dormito bene?”.
Annuisco tenendo una tazza di tè fra le mani. Brucia leggermente e mi riscalda le dita.
“Corinne!”. Una bambina di cinque anni mi corre incontro, canticchiando una canzone con il mio nome in mezzo. Probabilmente l’ha inventata lei, ha molta fantasia. Si chiama Annrose, due treccine bionde le scivolano sulle spalle.
“Annie!” dico, prendendola fra le braccia. La tengo stretta per qualche secondo, facendola roteare, e la sua risata mi riempie di gioia.
“Keyla ha detto che sono cresciuta stanotte!”. Gli occhi le brillano per la felicità, mentre la mia mano viene stritolata fra le sue dita.
“Stai diventando un gigante!”
Ridacchia, e corre verso il tavolo per afferrare un biscotto al cioccolato.
Sulla poltrona accanto alla finestra, Alys, Melanie e Lynn giocano con delle strane bambole di pezza. Una di loro, Miss Jennifer, viene lanciata in aria, seguita dai leggeri urli delle bambine. Appena mi vedono, vengono a salutarmi.
Alys ha dieci anni, Lynn e Melanie sette.
“Saluta Miss Applepie” dice Melanie sventolandomi davanti al naso una piccola bambola. Ha dei bottoni al post degli occhi, ed è abbastanza inquietante.
“Buongiorno a lei, Miss Applepie” esclamo, imitando l’accento francese. Non sono mai stata in Francia ma Keyla dice che si parla così a Parigi.
La seguo con lo sguardo mentre saltella verso la poltrona. Era così bello essere piccola. Quando avevo ancora la possibilità di essere adottata.
Scaccio i pensieri dalla mia mente, e mi incammino verso la porta che da sul giardino, e lascio che la luce mi schiarisca gli occhi. Sento il sole scorrermi nelle vene, sono una torcia umana che brucia. Un giorno mi spegnerò, ma non voglio pensarci. Poi un brontolio mi riporta alla realtà: il mio stomaco probabilmente mi starà insultando in una maniera orrenda. Torno dentro e inizio a riempirmi di biscotti. Ora lo stomaco mi starà ringraziando.
Un suono interrompe la mia colazione, facendomi sussultare: il campanello. E se… no. Non essere stupida. Penso. Nessuno verrà a prenderti. Nessuno ti amerà mai. E nessuno ti vorrà mai.
I pensieri mi colpiscono come pugnalate. E fa male.
“Signora Stanley?” chiede una voce. Proviene dall’ingresso, un tizio mi sta fissando. Scuoto la testa, e Keyla risponde annuendo.
“Sono venuto per un controllo medico”. Mi accorgo solo ora che indossa un camice bianco.
Per circa venti minuti esegue esami, con aghi e siringhe. A Hoedow l’ultimo ospedale è stato distrutto parecchi anni fa, a causa di una bomba lanciata nel posto sbagliato. E non ci sono i soldi per ricostruirlo, quindi i dottori fanno le visite in casa dei pazienti.
Esce soddisfatto dalla porta, un ghigno si disegna sul suo viso.
“Controllo medico per cosa?È stato qui venti minuti per fare esami a caso?” chiedo, con un po’ troppa foga.
“P49-a. Quaranta anni fa, in ottobre..…” inizia, ma si blocca subito. “Mi sono ricordata che devo cucire un lenzuolo per la Signora Kathe entro stasera, meglio che mi sbrighi”.
Il mio sguardo è un insieme di curiosità e paura, condito con un pizzico di delusione. Cosa mi tiene nascosto? Aveva detto di non avere segreti con me. Ma adesso ne ha uno, che sembra importante.
Un momento. Quaranta anni fa. Potrei andare in biblioteca a cercare i documenti e i giornali ricorrenti a quell’ottobre. Lo scoprirò.
P49-a. Memorizzo quella che sembra la password di qualche strano congegno elettronico, e decido di indagare. Ma avrò bisogno di una mano.
Alys mi sembra abbastanza affidabile, quindi le racconto tutto. Sembra entusiasta, finalmente un’avventura. Ed è così che inizia.     
 

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Sono passati ormai tre anni da quando io e Alys cercavamo risposte. Eravamo pure andate in altri orfanotrofi alla ricerca di persone disposte ad aiutarci. Noah e Nathan sembravano entusiasti, ma da quando la polizia ci ha scoperti abbiamo deciso di lasciare perdere. Non volevamo guai.
È notte fonda, e non riesco a dormire. Stringo il cuscino fra le braccia chiudo gli occhi. Li apro di scatto: un rumore. Nella stanza di Keyla. Mi alzo dal letto con uno scatto, e sento un urlo: Annrose. Corro per il corridoio buio inciampando a ogni passo. Scendo gli scalini e mi precipito nella sua stanza. È in fondo al corridoio, dopo gli scalini, sulla destra.
Keyla giace sdraiata, il petto è immobile e Annrose e Melanie la guardano, fissano i suoi occhi vitrei. Mi avvicino a lei e le controllo i battiti del polso: troppo lenti. Un brivido mi percorre tutta la schiena: mi sento come ieri mattina, quando l’uomo mi fissava dalla porta. Cerco di mandare via le lacrime e digito il numero del pronto soccorso. Nel frattempo Alys e Melanie mi raggiungono, e mi fissano. Nel giro di pochi secondi il colore della loro pelle è passato dal rosa al bianco. Descrivo la situazione singhiozzando e i soccorsi arrivano subito. Troppo tardi.
Annrose si nasconde fra le mie braccia, gli occhi chiusi e le guance lucide. Singhiozza sulla mia spalla. Io sono paralizzata sulla sedia, non riesco a pensare e allo stesso momento penso troppo.
“E’ morta” sussurra Lynn incredula. Continua a balbettare e si accuccia in un angolino assieme a Alys e a Melanie. Si tengono per mano, e mi guardano spaventate.
 “Annie ha solo otto anni” penso stringendola fra le braccia.
“Mi dispiace molto” dice addolorato l’infermiere. “Abbiamo fatto tutto il possibile… e a proposito, abbiamo trovato questa”. Mi sorride timidamente e se ne va, il corpo di Keyla in una bara. È ancora sul letto, e la sua stanza è gremita di poliziotti. Fuori dalla porta i curiosi si aggrappano ai cellulari e alle fotocamere, tentando di documentare l’accaduto. Matite e cappelli spuntano da quella massa di gente.
Mi porge una busta bianca, i nostri nomi scritti sul retro. La apro e inizio a leggere:
Care bambine,
da qualche giorno non mi sento bene. Non volevo farvi preoccupare, quindi non ho detto niente. Mi dispiace, avrei dovuto riferirvi tutto, ma non ce l’ho fatta.
Corinne, hai sedici anni e sei abbastanza grande da capirmi. Prenditi cura delle ragazze, come se fossero tue sorelle. Loro dopotutto sono tue sorelle, in un certo senso.
Alys, tu hai tredici anni, ma ti prego perdonami. Voi non vi meritate tutto questo dolore, ma le brutte esperienze a volte fanno diventare tutto più semplice: si cresce e si diventa più forti.
Lynn, Melanie, Annrose, siete ancora piccole e le mie parole non significheranno nulla per voi. Vi voglio bene, ora Corinne baderà a voi, e mi raccomando non fatela arrabbiare. Ci penserà lei a cantarvi la ninna nanna per farvi dormire, terrà a bada i vostri incubi.
Dopotutto siamo solo tessere di domino: prima o poi cadiamo tutti, ma voi rimarrete in piedi a vedere gli altri soccombere, e voi rinascere. Siete delle guerriere e niente potrà distruggervi. Niente e nessuno. Siete i muri in mezzo alle macerie, le stelle fra le nuvole.
Forse vi divideranno, ma lottate. Lottate perché ne vale la pena, vale la pena volere bene a qualcuno e vale la pena rimanere insieme. Avete tutta la vita davanti e la vivrete al meglio.
Un ultima cosa: a volte alcuni segreti devono rimanere nascosti, perché se si tirano fuori tutto crolla. La verità fa male, e va tenuta nascosta in certi casi. Ma a volte tutto finisce ancor prima di iniziare.
Perdonatemi (la ricetta dei biscotti è nel cassetto della cucina, sotto ai cucchiai di legno),
Lasciate che la speranza diventi vostra amica: prendetela per mano e lasciatevi guidare da lei.
Con amore,
Keyla.
Le mani mi tremano. Ci divideranno. E non potremo impedirglielo. È vero. Siamo tessere di domino, e noi rimarremo in piedi. Ma Keyla si è dimenticata che basta un tocco per farle cadere.
Consegno la lettera a Alys e, assieme a Lynn e a Melanie, ci nascondiamo in soffitta. Vogliamo stare sole insieme, senza polizia e ambulanze. Vorrei che le sirene  fossero nel mare, non in un cono di plastica che suona. Perché quel suono vuol dire sofferenza. Mi ricorda l’urlo di Annie.
Ci stringiamo in un angolino e iniziamo a piangere, facendoci forza l’una con l’altra.  Suonano alla porta, ma noi rimaniamo su finchè non ci vengono a prendere. Alcuni segreti devono rimanere nascosti, ma a volte anche le persone vogliono nascondersi. E il posto più sicuro adesso, sono le braccia delle mie sorelle.
“Domani pomeriggio verrete portate nella vostra nuova casa” dice un poliziotto e ci manda nelle nostre camere. Ma chi può dormire adesso?
Ci riuniamo in un’unica stanza per creare un piano. Domani nessuno verrà portato nella nuova casa.
È buio, ma la luce della nostra unione e speranza brilla più che mai. Nessuno ci dividerà. Rimarremo assieme, costi quel che costi. Con una penna presa dal cassetto di Keyla inizio a scrivere alcune idee. È incredibile. È successa una cosa terribile e riusciamo a pensare lucidamente.
Abbiamo gli occhi gonfi e appena la luce della lampada ci illumina, iniziamo a ridere: abbiamo la faccia rossa e le guance bollenti.
Meglio ridere che piangere no?
Mi addormento quando il sole inizia a svegliarsi.
Sogno l’orfanotrofio. Sono sola e un piatto di biscotti è sul tavolo. Miss Applepie e Miss Jennifer mi fissano dalla poltrona, gli occhi iniettati di sangue. Si alzano e iniziano a rincorrermi, io scappo tento di nascondermi ma loro mi trovano sempre. Keyla è in fondo al corridoio, ha gli stessi occhi delle bambole e canta una canzone:
Le senti quelle voci? Quelle voci senza eco, le parole morte prima ancora di uscire. Le labbra secche e incapaci di muoversi, la voglia di gridare. Tutto si dissolve e smetto di tremare”.
Chiudo gli occhi: il profumo dei biscotti riempie l’aria, che diventa calda e piacevole sulla pelle.
La verità fa male, e va tenuta nascosta in certi casi. Tutte queste lacrime diventeranno vapore. Piccole nuvole che si aggiungeranno a una tempesta. Fulmini colpiscono il mio cuore, un orologio scocca l’ora esatta. Ora di tornare.” continua.
Un urlo mi si spezza in gola e mi sveglio. Ho le guance bollenti, sono una bomba pronta a esplodere. Un esplosione che non puoi trattenere, un’energia inarrestabile.
Sono inarrestabile. Frugo nel cassetto e trovo gli appunti che ho scritto assieme a Noah e Nathan.
“Articolo numero uno, P49-A” sussurro sfogliando le pagine. I misteri mi attraggono, il pericolo mi attrae. Voglio trovare una risposta a tutti quei punti interrogativi che viaggiano nella mia mente. E la troverò, fosse l’ultima cosa che faccio. Guardo le mie sorelle dormire per qualche secondo, poi lascio un biglietto sul pavimento e esco dalla finestra. Mi aggrappo al cornicione e salto.
 

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