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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Scena uno: “Si salvi chi può!”. Motore… Azione! *** Capitolo 2: *** Scena due: "Dalla padella nella brace". Motore... Azione! *** Capitolo 3: *** Scena tre: “Per finire in bellezza”. Motore… Azione! ***
Nota:
La storia qui presente è stata pensata, scritta ed elaborata da due autrici che
hanno deciso di collaborare. Frutto di un anno di lavoro intenso siamo
finalmente giunte alla conclusione di quella che, inizialmente, doveva essere
una One-Shot. I capitoli saranno dunque pochi, ma intensi. Speriamo che il
nostro lavoro sia di vostro gradimento.
IL BELLO DELLA DIRETTA
Scena uno: “Si salvi chi può!”. Motore… Azione!
L’immenso centro commerciale, addobbato da molteplici ornamenti e decorazioni,
quel giorno era gremito di gente. Nonostante l’orario, vicino alla chiusura, una
gran folla sembrava ancora alacremente indaffarata nelle compere dell’ultimo
minuto. Non tutti, però, apparivano elettrizzati all’idea di trovarsi in mezzo a
una tale confusione e non tutti, soprattutto, parevano assorbiti così
serenamente in quell’atmosfera allegra e frenetica. Un Saiyan dall’aspetto
minaccioso stazionava infatti davanti alla vetrina di un negozio ormai da
qualche minuto, evidentemente contrariato, e la sua posa irrigidita, nonché la
sua espressione estremamente incupita, parevano contrastare con l’intorno come
una nota terribilmente stonata.
Quella maledetta donna l'aveva incastrato ancora una volta; perché diavolo c'era
il bisogno che ci andasse proprio lui a comprare il regalo alla mocciosa?! E
perché diavolo una mocciosa di un anno avrebbe avuto bisogno di un regalo, poi?!
Il Principe dei Saiyan ridotto a fare shopping come un comune terrestre, tsk;
che assurdità! Vegeta aveva indugiato, intento in simili pensieri, per un tempo
imprecisato; frenato dalla sua estrema riluttanza, o meglio dal suo nervosismo;
gli servì una forte dose di autocontrollo soltanto per decidersi, finalmente, a
mettere piede all’interno del negozio. Il tempo di un ennesimo sguardo
irrequieto all’ambiente tuttavia, e le sue vaghe preoccupazioni finirono
immancabilmente per concretizzarsi, oltre le sue più nefaste previsioni,
nell’offensiva fulminea e determinata di una delle commesse, che lo assalì,
letteralmente, sfoderando un sorriso smagliante come fosse la più letale delle
tecniche combattive.
“Posso esserle utile?”
lo apostrofò cordiale la giovane donna, attendendo che l’uomo, ai suoi occhi un
cliente indeciso, le rivolgesse la parola.
L'indeciso cliente, in realtà, si voltò appena con un'espressione terribilmente
accigliata e tutt’altro che cordiale.
“No” rispose
lapidario. Mentre pronunciava quel secco rifiuto però, lo sguardo di Vegeta finì
per concentrarsi, suo malgrado, sull’esposizione di vestitini colorati, in bella
mostra vicino all’ingresso; ognuno abbellito con svariati nastrini, paillettes e
altre appariscenti amenità rendeva, nell’insieme, la parete del negozio una
variopinta e abbagliante formazione d’attacco, i cui guerrieri in miniatura
incombevano in tutta la loro potenza color pastello. Troppo, anche per uno tra i
guerrieri più forti della Galassia! Il Principe dei Saiyan si trovò a trattenere
a stento un moto di disgusto; era quello dunque, il negozio che gli aveva
consigliato così caldamente Bulma?! Quella donna aveva voglia di scherzare!
Sentendo la risposta dell’uomo, la commessa si ritrasse intimorita e fece due
passi indietro, osservandolo stralunata per alcuni secondi. Scrutando incredula
l’espressione del suo strano cliente, concluse però, secondo una logica più
rassicurante, che la sua fosse proprio indecisione piuttosto che istinto
omicida, come a prima vista poteva apparire. Insistette
quindi con coraggio.
“Vuole provare a vedere un po’ di vestitini?”.
L'espressione di Vegeta, in effetti, era visibilmente tutt'altro che indecisa; o
meglio, sembrava indeciso fra la possibilità di eliminare la donna o di
ignorarla semplicemente. Parve rifletterci per un istante, ad ogni modo, e
optare per una terza soluzione. “Li
vedo anche da qui”
replicò minaccioso e un tantino sarcastico, sperando in cuor suo di togliersela
dai piedi una volta per tutte, senza spargimenti di sangue.
Proprio in quel momento, intanto, una distinta signora ingioiellata era entrata
nel negozio, accompagnata da un bambino sui quattro anni, che la seguiva
stringendo tenacemente l’orlo della sua gonna. Incuriosita all’istante
dall’amabile conversazione tra il Saiyan e la commessa, o più propriamente
attratta dall’uomo affascinante che fissava con sguardo truce il campionario di
abitini per bambina, si convinse che stava assistendo ad un normale consulto e
che intromettendosi avrebbe reso un servigio utile... e soprattutto competente.
Si sa, gli uomini non hanno gusto per queste cose, pareva comunicare la sua
espressione divertita e affascinata, e di certo quell’uomo avrebbe gradito
l’intervento di un’esperta.
“Ma se preferisce vederli più da vicino posso mostrarglieli”
si offrì nuovamente la commessa, facendo cenno di seguirla.
La donna si avvicinò con il palese intento di ficcanasare. “Deve
comprare un vestitino per la sua bimba?”
intervenne come nulla fosse, osservando sognante l'individuo che aveva tutta
l’aria di essere un bravo, impacciato e, soprattutto, attraente papà.
Vegeta, sul punto di liquidare definitivamente la commessa con qualche simpatica
e ben più risolutiva frase di commiato, fu anticipato di un soffio dalla
gentile signora. La squadrò da capo a piedi oltremodo seccato e disgustato,
maledicendo il giorno in cui aveva messo piede sulla Terra in modo fin troppo
convinto e, soprattutto, rimpiangendo come non mai il giorno in cui avrebbe
potuto distruggerla. Dopo aver posato il suo sguardo ostile anche sul moccioso,
che si agitava strattonando le sottane della sua nuova seccatura, fu tentato per
un istante di incenerire perlomeno quel centro commerciale, ma parve decidersi
per una soluzione più indolore. Pensò bene di ignorare bellamente anche la
seconda donna, nella speranza di vederla desistere, com’era solita fare la
maggior parte dei terrestri che aveva a che fare con i suoi modi. Andarsene in
tutta fretta da quel detestabile posto e mandare al diavolo l’intera faccenda
cominciava ad essere, dal suo punto di vista, una possibilità più che concreta.
“Se la sua bimba è bella quanto lei, le consiglio di comprarle quello
nell'angolo.”
insistette la donna ammiccando palesemente, sotto lo sguardo perplesso del
figlio, più interessato al reparto giocattoli che s’intravedeva al di là dei
passeggini.
“Ha ragione la signora, la sua bambina starà sicuramente benissimo con
quell'abitino!” rincarò
la dose la commessa, immaginandosi una bella bimba somigliante all'uomo, con
indosso l’abitino rosso.
Appena fuori del negozio intanto, un uomo dall’aria trasandata si era trovato ad
assistere involontariamente al dialogo; si guardò attorno e gettò un’occhiata
distratta all’interno del locale, attraverso la vetrina. Dopo una lieve
esitazione però, apparentemente poco interessato agli abitini per bambina, tornò
sui suoi passi lungo il corridoio, sogghignando divertito. Vegeta lo notò
appena; stava ormai facendo appello a tutto il suo autocontrollo, per non
trovarsi a risolvere troppo radicalmente i suoi problemi senza bisogno di
ulteriori sollecitazioni. Tuttavia, mentre l'istinto gli suggeriva ancora più
insistentemente di mandare al diavolo quelle due seccature e tutto il resto del
pianeta, compresi gli idioti che trovavano la cosa divertente, l'immagine di
Bulma e di come avrebbe potuto reagire nell’eventualità si fosse presentato a
mani vuote lo costrinse a farsi forza.
Quell’immagine, ciò nondimeno, aveva finito immancabilmente per irritarlo
all'inverosimile, nonostante fosse riuscita invece nell’intento di salvare le
due da morte certa. Il suo sguardo vagò dapprima sulla commessa, poi sulla
signora ed infine sul moccioso, “Perché
non se lo compra lei quell'inutile straccio?!” sbottò
brusco, ormai al limite della sopportazione.
Le due donne raggelarono all’unisono, costernate e spiazzate dalla reazione del
Saiyan. “S...
se non le piace posso consigliarle un altro paio di abiti”
balbettò impacciata la commessa, mentre la signora continuava a fissarlo
confusa.
Ok, ora era veramente arrivato al suo limite! Maledizione! Perché le donne di
quel pianeta dovevano essere tutte così insistenti e insopportabili?! Vegeta era
ormai palesemente sul punto di replicare qualcosa di ben più drastico ed
efficace, ma all'improvviso,
l'uomo che passava nei paraggi appena qualche secondo prima si ripresentò,
varcando deciso la soglia del negozio con tutt’altra espressione rispetto alla
precedente; impugnava una pistola.
“Fermi tutti, questa è una rapina!”
intimò avanzando di qualche passo. Lo seguivano alcuni complici, anch’essi
armati, che si disposero in altrettanti punti strategici. La clientela atterrita
e sconvolta si raggelò per un secondo immobile e improvvisamente silenziosa,
paralizzata dalla paura, e il malvivente si trovò a minacciare le persone a lui
più vicine. Colto da un improvviso senso di colpa però, non riuscì a prendersela
con donne e bambini
e
la sua scelta ricadde dunque sulla persona meno indicata in tutta la Galassia:
Vegeta.
I clienti, realizzata in un lampo la situazione e presi dal panico, si gettarono
a terra gridando
“Ha una pistola!!!”. L’amabile
signora strinse a sé il bambino in un moto istintivo e si avvicinò spaurita alla
commessa; entrambe si appiattirono tremanti sul pavimento cercando di sembrare
invisibili e cominciarono a singhiozzare.
Vegeta, dal canto suo, si era limitato a reagire alla cosa con una certa
indifferenza. Quella rapina pareva solo l'ennesima seccatura della giornata.
Fissò l'uomo con un’espressione estremamente infastidita e, ovviamente, non
indietreggiò nemmeno di un passo. Pensando distrattamente ad un modo sbrigativo
e non troppo problematico per liberarsi anche di quest'ennesimo
scocciatore, ormai
stufo di tutta quella storia, la sua preoccupazione principale pareva piuttosto
quella di comprare il primo inutile pezzo di stoffa che gli fosse capitato a
tiro e di tornarsene definitivamente a casa. Il suo sguardo infatti, aveva
cominciato istintivamente a vagare fra i vestitini esposti sulla parete con un
certo nervosismo.
I malfattori, in postazione, continuavano intanto a minacciare i clienti inermi
e terrorizzati. Solo l'uomo ad aver varcato per primo la soglia restò immobile;
lanciò un'occhiata spazientita a Vegeta e gli poggiò, non proprio gentilmente,
una mano sulla spalla. “Ehi
tu, stenditi a terra!”
ordinò puntandogli l'arma contro. Il Saiyan, del tutto impassibile, si voltò
appena a fissare la mano dell’uomo, per neanche una frazione di secondo. Un
attimo dopo, il rapinatore, senza avere nemmeno il tempo di rendersene conto, si
ritrovò a impattare con violenza contro qualcosa di estremamente solido e finì
fracassato contro il muro, sommerso da vestitini colorati e tutine per neonati.
L'intera clientela osservò la scena in un generale, incredulo mutismo, mentre i
complici dell'uomo, allibiti e sconcertati, si voltarono a guardarlo in preda ad
una certa indecisione, non del tutto certi di quello che era appena accaduto.
L’unica cosa che appariva loro lampante e fuori da ogni dubbio era il loro
compare, che giaceva al suolo in una posa scomposta, inequivocabilmente privo di
sensi.
Uno dei rapinatori si riscosse dopo pochi istanti e si precipitò in aiuto del
malcapitato. Gli altri due, completamente ignari del pericolo, si scambiarono
invece un’occhiata complice e si avvicinarono all'uomo che aveva osato reagire,
ostentando una certa sicurezza nella convinzione di spaventarlo. Persuasi che il
loro collega fosse stato sicuramente colto di sorpresa, mostravano tutte le
intenzioni di riprendere il controllo della situazione.
Vegeta sembrò non curarsene ancora una volta, anche se appariva a questo punto
più che evidente che la sua pazienza fosse agli sgoccioli. Questa storia
cominciava a dargli decisamente più seccature del previsto e la sua espressione,
sempre più infastidita, che tornò a vagare sconsolata sul variopinto display di
abitini ormai devastato e sparpagliato per tutto il pavimento, s’incupiva di
minuto in minuto.
Continuando a minacciare la clientela con le armi, nel frattempo, i rapinatori
obbligavano i presenti a restarsene a terra, cercando di contenere l’agitazione
causata da quello sfortunato imprevisto, ma l’atteggiamento di quello strano
individuo non era comunque passato inosservato, tanto che qualcuno tentò di
dissuadere Vegeta dal reagire ulteriormente. “Ma
che fa, è pazzo?! Faccia come le dicono!”
urlò un uomo steso al suolo.
Uno dei malfattori puntò infine la pistola verso il Saiyan. “Ehi tu, hai
sentito? Come hai osato?! Sdraiati a terra, muoviti!” gli intimò, facendo cenno
con l'altra mano di stendersi. “Come sta?” domandò l'altro, all'indirizzo
dell'uomo corso in aiuto dell'amico. “Ẻ soltanto svenuto… ma f… forse ha
qualcosa di rotto” rispose il terzo, notevolmente confuso, che si stava
assicurando sommariamente dei danni subiti dal compagno con una certa
incredulità.
Vegeta guardò distrattamente l'orologio sulla parete del negozio, si stava
facendo tardi e la cosa di certo non contribuiva in alcun modo ad aumentare il
suo buonumore. Afferrò un vestitino a caso con l’intento di passare, ignorando
bellamente i due malviventi di fronte a lui. “Toglietevi dai piedi, buoni a
nulla!” esclamò severo e al culmine dell’irritabilità.
I due uomini lo guardarono sempre più esterrefatti, mentre dalla clientela
cominciavano a levarsi cori di stupore e meraviglia. “Dove
pensi di andare tu?!” lo minacciò uno di loro. Si voltò nervoso verso gli
ostaggi un secondo dopo. “State zitti voi!” urlò, tornando immediatamente a
puntare la pistola verso l'uomo. “Torna al tuo posto e straiati!” ordinò ancora,
ormai palesemente spazientito e nervoso.
Vegeta lo fissò imperturbabile; per un momento sembrò riflettere svogliatamente
su qualcosa e parve giungere alla conclusione che quei tizi non avevano alcuna
intenzione di farlo passare. Sbuffò esasperato, sfogando una certa insofferenza,
come a chiosare il suo breve ragionamento. Eliminare quegli idioti non era
auspicabile; di certo gli avrebbe procurato più problemi che altro e soprattutto
avrebbe fatto infuriare Bulma, l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Sempre più
seccato, avrebbe voluto soltanto prendere il dannato vestito e andarsene di lì.
Il risultato di quella rapida riflessione fu semplicemente un
impercettibile aumento della sua aura; e i due si ritrovarono a fare la stessa
fine del loro compare, senza nemmeno accorgersene.
La cassiera fissò sgomenta il Saiyan, mentre si avvicinava con un’aria oltremodo
truce e un vestitino rosa fra le mani. Il suo sguardo smarrito si ritrovò
involontariamente a posarsi, subito dopo, sul quarto rapinatore, ormai
visibilmente spaventato.
Afferrando finalmente che l'uomo davanti a sé aveva steso tutti i suoi compagni
con estrema facilità, questi si spalmò inizialmente sulla parete, tremando a dir
poco terrorizzato. “A... a... aiutoooooooo!” gridò uscendo di corsa un secondo
dopo, sbraitando come un ossesso.
Proprio in quel momento, un ragazzino dai capelli lilla, apparentemente un
qualunque ragazzo sui tredici anni, stava varcando la soglia del negozio.
Vagamente distratto dal sacchetto che teneva in una mano e che faceva roteare
soprappensiero, il ragazzino non si accorse dell’uomo che stava correndo nella
sua direzione e il poveretto finì per rovinargli contro. Il violentissimo
impatto col nuovo arrivato lo tramortì e, senza nemmeno capire come avesse fatto
a finire contro un muro di cemento, si ritrovò al suolo stordito e incapace di
muoversi. Il ragazzo, al contrario, non pareva essersene nemmeno reso conto; si
guardò intorno, evidentemente alla ricerca di qualcuno. Osservò distrattamente
l’uomo steso a terra semisvenuto, ma dopo appena un istante parve però
interessato a qualcos’altro. Solo quando riconobbe la sagoma del padre, si
addentrò nel locale. Sembrò non badare nemmeno alla confusione generale e, senza
fare una piega, scavalcò un altro individuo sdraiato a terra, che gli era
d'intralcio. “Papà!” chiamò ad alta voce, nel tentativo di attirare l’attenzione
di Vegeta.
Il Saiyan osservò turbato la cassiera, svenuta a causa di un improvviso
mancamento, affacciandosi oltre il bancone in un misto d’irritazione e
perplessità. Che diavolo le era preso adesso?! Di certo il suo buonumore non
accennava a migliorare in alcun modo, anzi, non gliene andava bene una!
Si voltò appena a guardare Trunks con un’espressione seccata, mentre il ragazzo
si avvicinava sorridendo.
Frattanto, passato ormai lo spavento, i clienti stavano cominciando a rendersi
conto dello scampato pericolo e a rialzarsi; e avevano preso a vociare rumorosi.
Alcuni tra i più coraggiosi si erano subito apprestati a controllare che i
rapinatori fossero davvero fuori combattimento e avevano allontanato le pistole.
Altri uscirono dal negozio in cerca di aiuto, mentre qualcuno era ancora
impegnato a soccorrere i più spaventati. Padre e figlio, al contrario,
sembravano non fare alcun caso al caos. Trunks infatti, assunse improvvisamente
un'aria soddisfatta mostrando al padre il piccolo sacchettino, che aveva smesso
di far volteggiare individuato il genitore. “Trovato!” esclamò orgoglioso,
mentre la gente concitata lo oltrepassava per uscire dal negozio.
Vegeta si limitò a replicare con una smorfia contrariata. Osservò la busta
tentando di sbirciare per intravederne il contenuto, dopo aver constatato, non
senza una certa impazienza, che qualche cliente accanto a lui stava finalmente
provando a far riavere la cassiera, ancora sotto shock.
Il giovane Saiyan scostò il misterioso sacchetto, ritirando la mano appena in
tempo per suscitare un’ennesima smorfia ancora più irritata nel suo
interlocutore, che non era riuscito a vedere nulla. “Sono sicuro che a Bra
piacerà tantissimo, secondo me le starà benissimo!” esagerò, assumendo un’aria
da bravo fratello maggiore.
Vegeta cominciò, a quel punto, ad apparire visibilmente infastidito perfino
dall'atteggiamento del figlio. Un moccioso non poteva essere più bravo di lui
nel comprare uno stupido regalo, tutta quella storia aveva del ridicolo! Ci
mancava solo questo! Osservò sconsolato la cassa vuota e la cassiera semisvenuta
che non accennava a rialzarsi. Ma quanto accidenti ci voleva?! E dove diavolo
erano finiti tutti?!
Trunks sbirciò nuovamente all'interno del sacchetto continuando a parlottare tra
sé su quanto fosse perfetto il regalo, infine si girò verso il genitore. “A te
papà com'è andata?” s'informò tutto tranquillo.
Un'ombra di estremo disappunto calò inesorabile sul volto del Saiyan, che fissò
il figlio con uno sguardo truce. “Non ho ancora comprato nulla” borbottò torvo
guardandosi ancora intorno e cercando la noiosa seccatrice di prima. Il negozio
pareva ormai immerso nello scompiglio più totale, il continuo via vai di gente
che vociava eccitata si era spostato ormai anche all’esterno e nessuno sembrava
più interessarsi a lui.
Possibile che un minuto fa non riusciva a togliersela dai piedi e ora non voleva
saperne di vendergli quello stupido vestito?!
Trunks sbiancò visibilmente quando notò lo sguardo del padre, segnale
inequivocabile d’imminente pericolo. “Ehm... ” bofonchiò tra sé in cerca di una
risposta appropriata, ma a salvarlo arrivò provvidenziale un avviso di chiamata
sul suo cellulare. Lo estrasse dalla tasca leggendo il nome sul display e
sospirò sommessamente appoggiandosi lo strumento all'orecchio. “Pronto, mamma...
” rispose allontanandosi.
Alla parola "mamma", Vegeta impallidì appena; come se si fosse riavuto
improvvisamente, cominciò con più decisione a cercare qualcuno per porre fine a
tutta quella farsa. Guardandosi attorno però, notò che il negozio si stava
facendo sempre più affollato. Era arrivata anche la polizia; e Trunks sembrava
all’improvviso sparito nel nulla. La sua espressione s’incupì in preda ad un
istintivo disagio. Quel moccioso ovviamente non c'era mai quando serviva e
adesso chissà dove diavo…
“Eccolo, è lui!”. Sentì una voce provenire dal fondo, che in qualche modo lo
mise automaticamente in allarme. “Quello lì, con i capelli strani!”. In un
attimo fu il caos; poliziotti, giornalisti e una massa di persone comuni lo
accerchiarono sbraitando e strepitando, agitando microfoni, taccuini e altri
oggetti contundenti. Vegeta si trovò, colto di sorpresa, ad indietreggiare
appena, istintivamente, sgranando gli occhi incredulo. Ognuno gli gridava contro
frasi concitate, sovrapponendosi in un coro sconclusionato e incomprensibile. Se
da quel vociare eccitato, sarebbe stato difficile per chiunque estrapolare una
frase di senso compiuto poi, meno di tutti riuscì a capirci qualcosa il Principe
dei Saiyan, che per un istante restò letteralmente di stucco di fronte alla
scena. Gli ci volle poco tuttavia, per comprendere che la situazione era
degenerata. Decisamente!
Mentre veniva assalito dai giornalisti e dai poliziotti che se lo litigavano per
fargli domande, si dileguò senza pensarci un secondo di più a super velocità...
ovviamente, il vestitino rosa fu l’ultimo dei suoi pensieri.
Uscito da lì, non poté fare a meno di fissare nervosamente l'orologio nella hall
del centro commerciale, che a caratteri cubitali incombeva su di lui come un
fatale conto alla rovescia. Cominciò a cercare un negozio simile a quello,
guidato più dall’angoscia che dal serio proposito di fare shopping, ma ormai
iniziava davvero ad essere preoccupato per le sorti del suo regalo e la
situazione che si era venuta a creare non pareva suggerirgli molte vie di
scampo. Se già inizialmente avrebbe volentieri fatto a meno di tutta quella
confusione, ora le cose erano, se possibile, peggiorate ulteriormente e in modo
drastico. Come a sottolineare quelle funeste considerazioni, in quel momento, un
giornalista si accorse che si era allontanato, scorgendolo da lontano. “Eccolo,
sta scappando!” gridò agli altri, che si precipitarono agguerriti al suo
inseguimento in massa. Tra urla e strepiti riuscirono a raggiungerlo,
approfittando un'altra volta dell’effetto sorpresa, e un’accozzaglia di domande
e un concitato vocio a stento comprensibile lo accerchiarono di nuovo in pochi
istanti.
Preso dal panico, Vegeta cercò di oltrepassare con lo sguardo la folla urlante
che gli si era parata davanti per individuare una via d'uscita. Soltanto dopo
aver constatato con estremo disappunto che tutti i negozi stavano chiudendo e
che aveva fallito miseramente, riuscì infine a scorgere anche Trunks, in un
angolo. Il giovane Saiyan era ancora al telefono; troppo impegnato ad ammirare
il suo sacchetto per accorgersi della tragedia che si stava consumando alle sue
spalle, pareva l’unico in tutto il centro commerciale a non aver notato la
confusione.
Vegeta concluse alla fine di non avere ormai alcuna possibilità. Per un momento,
un velato sadismo sembrò attraversargli fugace lo sguardo, segno che, invece, la
possibilità di radere al suolo il centro commerciale l’aveva concretamente
considerata come una possibile e radicale soluzione a tutti i suoi
problemi. Ma finì per usare di nuovo la super velocità per raggiungere Trunks.
Anche se la fuga non era una strategia degna del Principe dei Saiyan, convenne
con una certa riluttanza che era probabilmente l’unica soluzione praticabile; la
sola idea lo disgustava oltremisura, ma doveva assolutamente fuggire da lì!
Il ragazzo, ancora convinto che suo padre si trovasse nel negozio, sussultò
spaventato nel momento in cui si sentì afferrare non proprio delicatamente per
un braccio. “Aaahhhh”.
“Da dove diavolo si esce da questo maledetto posto?!” gli chiese molto
gentilmente Vegeta, evidentemente in preda all'ansia.
Trunks lo osservò senza nascondere una certa agitazione. “Per di là.” Rispose
esitando per un momento, limitandosi ad additare una delle uscite. Una voce, al
telefono, sembrò richiamare nuovamente la sua attenzione; ma Vegeta aveva già
raggiunto l'uscita. “Muoviti, Trunks!” urlò dietro al figlio, che non si era
ancora mosso, intento a giustificarsi in qualche modo con la persona all’altro
capo del telefono, che pareva risoluta almeno quanto Vegeta.
Costretto infine a salutare frettolosamente la madre e cominciando ad agitarsi
di riflesso senza conoscerne neanche la motivazione, Trunks infilò velocemente
in tasca il cellulare e finì per correre dietro al padre.
Un branco di giornalisti e poliziotti continuava intanto a vagare confuso per il
centro commerciale.
Il salotto della Capsule Corporation pareva la versione allegra e variopinta di
un campo di battaglia. Il pavimento era tappezzato di palloncini colorati di
svariate fattezze e dimensioni; vagavano leggeri, ondeggiando da una parte
all’altra della stanza sospinti da una corrente invisibile, urtando mobili,
varie attrezzature e le scale di diverse estensioni appoggiate lungo le ampie
pareti. Sui muri, alcune ghirlande e diversi striscioni pendevano in attesa di
trovare una sistemazione definitiva e, fra tutti, campeggiava il più grande e
appariscente, che occupava l’intera parete esposta a est e recitava Buon
Compleanno Bra!,a caratteri cubitali. Bulma, in equilibrio su una
scala, era intenta a fissare una delle estremità con aria assorta.
Dopo aver sistemato l’ultima applicazione, scese in fretta i pioli raggiungendo
un punto d’osservazione più conveniente e si allontanò di qualche passo per
esaminare il risultato; sul viso, la stessa espressione concentrata e scrupolosa
che riservava ai suoi calcoli. Soddisfatta del progresso del suo lavoro, gettò
un’occhiata distratta all’orologio e si ritrovò ad inarcare perplessa un
sopracciglio.
Si era fatto piuttosto tardi e di Vegeta e Trunks ancora nemmeno l’ombra. Chissà
che cosa stavano combinando quei due al centro commerciale?! Ormai avrebbero
dovuto essere a casa da un pezzo. Al telefono, Trunks l’aveva rassicurata sul
buon esito dei suoi acquisti. Sembrava fosse tutto ok, ma non le era sfuggito un
piccolo particolare; le era parso di sentire la voce di Vegeta, tutt’altro che
calma e distesa. Poi Trunks aveva riattaccato in tutta fretta e la cosa le era
sembrata a dir poco sospetta. Chissà che cosa era successo? Non c’era verso di
stare tranquilli nemmeno un momento con quei due, accidenti a loro!
Proprio mentre si era ormai decisa a non saltare a conclusioni affrettate e a
riprendere a lavorare ai suoi addobbi senza farsi inutili paranoie, un rumore
all’ingresso attirò improvvisamente la sua attenzione. Sono tornati,
finalmente! Senza pensarci un secondo, Bulma posò in tutta fretta gli
attrezzi che aveva appena raccolto da terra e si precipitò fuori dalla stanza,
con l’intenzione di intercettare i due Saiyan e di ricevere notizie.
Trunks aveva appena oltrepassato la porta d’ingresso leggermente voltato di
spalle, rivolto alla persona che era dietro di lui. In apparenza sereno, stava
chiacchierando tranquillamente col suo interlocutore, che lo seguiva a debita
distanza. Vegeta, al contrario, palesemente scuro in volto, aveva fatto il suo
ingresso alla Capsule fissando un punto non meglio identificato sul pavimento;
seguitando a bofonchiare frasi incomprensibili e presumibilmente senza senso,
pareva una pentola che bolliva sul fuoco.
Il primo dei due ad accorgersi della presenza della donna, fu il giovane Trunks.
“Ciao mamma” la salutò sereno. La parola mamma indusse Vegeta a sollevare
lo sguardo verso Bulma e a distoglierlo immediatamente. Illividito in un
istante, evitò accuratamente di incrociare gli occhi apprensivi della compagna
per un secondo di troppo, sprofondando in un mutismo evidentemente inquieto e
ancor più nervoso.
L’apprensione di Bulma si dissolse, in ogni caso, non appena udì il tranquillo
saluto del figlio “Ciao tesoro” rispose sorridente, spostando solo dopo lo
sguardo verso Vegeta. Mm… Non le sfuggì che c’era senz’altro qualcosa che
non andava. Nonostante ostentasse sicurezza, la donna non aveva evidentemente
scordato la telefonata e l’espressione accigliata del compagno la mise vagamente
in allarme. “Allora? Come sono andati gli acquisti?” chiese al ragazzino,
continuando a sorridere come nulla fosse.
Trunks sfoderò il misterioso sacchetto senza riuscire a nascondere una punta
d’orgoglio. “Tutto bene, l'ho trovato” annunciò allegro. Il Principe dei Saiyan
intanto, dissimulando un certo disinteresse, non era riuscito a non osservare
con la coda dell’occhio l’oggetto di tanto entusiasmo. Un impercettibile moto di
curiosità lo aveva spinto a spiare la singolare busta variopinta e, in un
secondo momento, il volto della donna, interessato alla sua reazione. Facendo
appello ad una notevole dose di autocontrollo tuttavia, si limitò a incrociare
le braccia e attendere in silenzio l’inevitabile.
Bulma osservò il pacchetto, poi Trunks, esibendo infine un sorriso soddisfatto.
“Evviva!” esclamò accennando un gesto di esultanza. “Bravo, Trunks! Hai avuto
proprio una bella idea, lo sapevo che l'avresti trovato! Tua sorella ne sarà
entusiasta!” si congratulò.
Lo sguardo di Vegeta si fece impercettibilmente più seccato di quanto non fosse
già, mentre continuava ad osservare il figlio, intento a ricambiare il sorriso
della madre. “Eheh... è stato facilissimo trovarlo, spero tanto che a Bra vada
bene” dichiarò il piccolo Saiyan, sbirciando ancora nella borsa.
A quelle parole, Vegeta non riuscì infine a trattenere una sorta di commento
realmente infastidito. Ignorando però il motivo di tale irritazione, che a Bulma
e Trunks doveva apparire come null’altro che l’ennesima e incomprensibile
manifestazione del carattere scontroso del Saiyan, i due parvero a prima vista
ignorare quel ringhio sommesso. A Bulma tuttavia,
ormai avvezza ad interpretare l’umore del compagno, la particolare reazione di
Vegeta non era affatto sfuggita. Per nulla incline a soprassedere sull’incarico
che aveva assegnato anche a lui e sui suoi sospetti, focalizzò infine la sua
attenzione sull’uomo. Il suo sguardo vagò alla ricerca di un eventuale
pacchetto che potesse indicare la presenza di un regalo e, successivamente,
sbirciò nuovamente il sacchetto del figlio, per assicurarsi che dentro non vi
fosse qualcos’altro. Alla fine si rivolse a Vegeta “Dov'è il tuo regalo, tesoro?
Voglio vedere che cosa hai comprato, avanti!” lo esortò curiosa, nascondendo al
contempo una punta di scetticismo. Trunks si voltò
similmente ad osservare suo padre; sul volto era apparsa un’espressione
interrogativa e improvvisamente incuriosita. L’ultima volta che glielo aveva
chiesto, infatti, non aveva ancora comprato nulla. In seguito aveva finito per
dimenticarsene, uscendo dal centro commerciale con quella fretta improvvisa.
Chissà se nel frattempo era riuscito a trovare qualcosa? Anche il ragazzo, a
quel punto, si ritrovò a fissare Vegeta con una domanda simile stampata in viso,
in attesa di una risposta.
Il Saiyan, d’altra parte, era ormai visibilmente seccato e irritato oltre misura
e quella domanda non fece altro che peggiorare il suo umore, peraltro già
pessimo. I due sguardi inquisitori nondimeno, ben peggiori di uno solo,
contribuirono ulteriormente ad accrescere il suo nervosismo. Sottoposto dal suo
personale punto di vista ad un vero e proprio interrogatorio, Vegeta non riuscì
a far altro che borbottare l’ennesima imprecazione incomprensibile, questa volta
in tono più alto.
Fu a quel punto che Bulma cominciò seriamente ad insospettirsi e rivolse la sua
attenzione a Trunks con fare interrogativo, intuendo in breve che anche il
ragazzino non era molto informato sulla situazione. “Be', che cos'è un
segreto?!” chiese leggermente spazientita all’indirizzo di Vegeta. “Tanto prima
o poi glielo dovrai anche dare, non ti pare?”, sottolineò l’ovvio, in attesa di
una risposta migliore.
Sibilando l’ennesimo brontolio decisamente poco comprensibile, Vegeta evitò
accuratamente di incrociare lo sguardo della donna, ancora una volta. A Bulma
tuttavia, tra le varie imprecazioni e gli insulti rivolti a qualcuno di non
meglio identificato, non sfuggirono alcune sporadiche parole. Tra tutte aveva
riconosciuto un niente, oltremodo frustrato. La vaga perplessità e
insofferenza con cui aveva ascoltato il Saiyan, a quel punto, sfociarono ben
presto in vera e propria irritazione, nel momento in cui le cose cominciarono ad
apparirle chiare e lampanti. Per un istante si voltò verso Trunks, riservando al
ragazzo un’espressione di rimprovero per nulla rassicurante. Se questo era il
modo in cui pensava di assicurarsi che quello zuccone di suo padre comprasse un
regalo, aveva fatto proprio un bell’affare a mandarlo con lui! Lo sguardo che
riservò a Vegeta un attimo dopo pareva invece, se possibile, ancora più
minaccioso e incollerito.
Assumendo la sua classica posa battagliera, le mani ben piantate sui fianchi,
scrutò il compagno con aria severa e inquisitoria. “Non dirmi che non hai
comprato nulla?!” domandò brusca, mentre il suo tono iniziava ad incrinarsi
pericolosamente.
“No! Non ho comprato nulla! Ora smettila di seccarmi!” Vegeta sbottò
all’improvviso scattando a squadrarla minaccioso e assumendo, a sua volta, una
posa altrettanto bellicosa; serrando la mascella in uno scatto nervoso, le
mostrò un pugno chiuso con forza, con tutta l’aria di chi non ammetteva
repliche.
Con un’espressione colpevole, Trunks si era limitato ad abbassare leggermente lo
sguardo, comprendendo quasi alla perfezione il rimprovero silenzioso della
madre. La reazione improvvisamente furiosa del padre tuttavia, lo costrinse
subito dopo a scrutare con una certa preoccupazione i due genitori.
Bulma restò spiazzata per un momento; nonostante ci avesse sperato fino
all’ultimo, ormai la verità era venuta a galla. La sua espressione si contrasse
in una smorfia ostile. “Non posso crederci, Vegeta!” sbottò esasperata a sua
volta “E sentiamo, che razza di scusa avresti?! Non dirmi che non sei riuscito a
trovare niente, non ci provare!” sibilò additandolo “Siete usciti più di due ore
fa e ti ho dato precise istruzioni sul negozio!” continuò la sua sceneggiata
sbattendo un piede nervosamente.
Vegeta digrignò i denti sempre più indispettito. Grandioso, grandioso davvero!
La sua magnifica giornata aveva giusto bisogno di questo toccasana… “Non sono
affari che ti riguardano!” proruppe oltremodo irritato.
Ormai completamente ignorato da entrambi, Trunks sembrò farsi piccolo piccolo.
Mimetizzandosi con l’arredamento ed approfittando del fatto che non era a quel
punto più tenuto in considerazione alcuna, decise di allontanarsi senza dare
nell’occhio, abituato da anni a cogliere il momento opportuno per dileguarsi.
Sua madre d’altra parte, ormai arrabbiata sul serio, non si accorse neppure
della fuga. Il volto era paonazzo e lo sguardo fisso su Vegeta. “Come sarebbe
non sono affari che mi riguardano?!” urlò inviperita, alzando di qualche decina
di decibel la tonalità della voce “Il compleanno di tua figlia è oggi, te lo sei
scordato?!” sbraitò, ponendo particolare enfasi sulle parole tua e
figlia, “Sbaglio o sei stato tu a promettermi che avresti comprato un
maledetto regalo!”. Anche il tu e il mi della parola ‘promettermi’
furono eccessivamente sottolineati.
“Ti stai sbagliando!”. Ora ad urlare erano in due. “Io non ho promesso
nulla. La colpa è solo tua! Ho di meglio da fare che sprecare il mio
tempo in uno stramaledetto centro commerciale terrestre!” ringhiò frustrato
Vegeta, dando sfogo a tutta la collera e la tensione accumulata durante la
giornata.
“Ah, ma bene!” rispose sarcastica la donna senza diminuire il volume, “Ora è
colpa mia, bravo!”. La sua espressione s’incupì appena; oltre alla rabbia,
un sottilissimo velo di amarezza cominciò a trasparire sul suo volto. “Certo,
come no? In effetti, il Principe dei Saiyan ha di meglio da fare che dimostrare
un po' di affetto alla sua famiglia!”. Che fosse furiosa era evidente, anche i
primi cenni di delusione tuttavia, si mostrarono ormai palesemente e
inesorabilmente senza che riuscisse a nasconderli. “Certo se ti avessi chiesto
di picchiare qualcuno magari non ci avresti pensato due volte” insistette con
una leggera punta di sarcasmo, guardandolo con aria di sfida.
Vegeta si limitò a fissarla evidentemente pensieroso, ma l’idea che sopraggiunse
alla sua mente in quel momento produsse solo l’effetto di innervosirlo ancora di
più, suscitandogli un’espressione maggiormente adirata. “Dacci un taglio! E non
coinvolgermi nelle vostre stupide usanze!” concluse drastico, muovendo
subito dopo un passo in avanti deciso, con tutta l’intenzione di andarsene.
“Accidenti a te, Vegeta!”. Bulma si piazzò di fronte a lui per impedirgli la
fuga. Era ormai lampante che, oltre alla rabbia, un profondo sconforto l’aveva
scossa, soprattutto dopo le ultime cose che le erano state dette. “Qui non si
tratta delle nostre usanze, stiamo parlando di tua figlia, anzi,
di nostra figlia”. La voce s’incrinò a causa del nervosismo, o meglio, a
causa di quello che solo esteriormente appariva come nervosismo. “Possibile che
non te ne importi nulla?!” gli sbraitò contro.
Vegeta digrignò i denti indispettito, la guardò per un solo secondo incrociando
le braccia al petto e scostò lo sguardo subito dopo. “Mi hai davvero seccato”
replicò laconico e distaccato, ad un volume improvvisamente normale, quasi
disinteressato.
“E va bene, fai come ti pare!” concluse Bulma esasperata, nel tentativo di darsi
un tono, nonostante l’evidente tentativo di non piangere. “Tanto è quello che
fai sempre”. Pronunciate quelle ultime parole, si scansò e si voltò dall’altra
parte con un gesto nervoso, con l’intenzione di evitare di guardarlo. In
apparenza sdegnata e arrabbiata, in realtà quello pareva più un tentativo di
dissimulare indifferenza; il tentativo di non fargli intravedere una reazione
così infelice.
Il Saiyan le osservò le spalle per un paio di secondi senza muoversi. Subito
dopo, con passo deciso e inquieto, si allontanò ringhiando. Bulma seguitò a non
voltarsi, fino alla fine, forse nella speranza di sentirgli aggiungere altro;
infine si rassegnò. Solo quando lo sentì allontanarsi definitivamente cominciò
davvero a piangere, in silenzio.
La voce della signora Brief giunse tuttavia squillante tra i corridoi, appena un
attimo dopo. “Bulma tesoroooo, ho portato i pasticcini per la festa, dove seeeei?
Vieni ad assaggiarne uno!”. Bulma si asciugò rapidamente le lacrime, riavendosi
improvvisante. “Arrivo, mamma!” gridò, incamminandosi nella sua direzione, non
prima di aver borbottato tra sé e sé un ‘maledetto testone!’.
Scena due: “Dalla padella nella brace”. Motore… Azione!
Il peso di una creatura così piccola, nelle braccia di un giovane Saiyan, non
doveva essere che appena percepibile. Ciò nonostante, Trunks, sebbene stesse
adoperando una parte infinitesimale della sua straordinaria forza e apparisse il
ritratto della serenità, sorreggeva la sorellina con un’espressione quasi rapita
dalla concentrazione, nella quale l’affetto che traspariva in modo tangibile
pareva rasentare a momenti la devozione. Con passo non troppo spedito, stava
percorrendo i corridoi della Capsule Corporation, ormai illuminati dalla luce
fioca del sole al tramonto; senza alcuna fretta, riservava di tanto in tanto
alla minuscola Saiyan uno sguardo sorridente.
Assorto nell’osservare lo sguardo curioso della sorellina, che scrutava il
tragitto in cerca di qualche indizio sul luogo verso il quale era diretta, notò
una piccola ciocca di capelli che le ricadeva sul viso e delicatamente, con una
mano, la scostò per liberarla da quel fastidio. “Allora Bra, sei contenta?
Stiamo andando alla tua festa!” le annunciò al contempo, come se la bambina
potesse quasi comprendere le sue parole.
Lo sguardo della piccola si sollevò sul volto del fratello maggiore con un moto
di curiosità mista a perplessità e, per un breve momento, mentre era intenta a
fissare concentrata i lineamenti del ragazzo, le minuscole labbra si piegarono
appena in maniera singolare. Solo in un secondo tempo, parve intuire dal sorriso
del suo interlocutore che ciò che l’era appena stato detto fosse qualcosa di
bello e, di riflesso, cominciò a sorridere a sua volta, agitando le manine e
farfugliando qualche parola sconnessa, apparentemente senza senso.
Il giovane Saiyan continuò a sorridere, dialogando con la bimba come fosse
realmente capace di capire, “Vedrai che bei regali riceverai! La mamma ha
riempito il salotto di palloncini, pensa!”. Il ciuffo ricadde nuovamente sul
visino della piccola e Trunks si limitò a scostarla sorridendo, questa volta tra
sé e sé. “Indovina un po', ti stanno aspettando tutti!” continuò.
Il movimento della mano del ragazzo suscitò nuovamente l’interesse di Bra e gli
occhi della piccola tentarono di seguire, non senza qualche difficoltà, la
direzione di quel movimento al di sopra del suo campo visivo. Lo sguardo confuso
e non pienamente cosciente del significato di quel gesto, che il fratello
continuava a ripetere, le conferì un’espressione dubbiosa e titubante per un
istante. Quell’azione apparentemente incomprensibile tuttavia, aveva il potere
di far scomparire ogni volta una fastidiosa sensazione di disturbo e la bambina
pareva essere invece pienamente consapevole di questo strano avvenimento. Scostò
lo sguardo sul viso del fratello, infatti, apprestandosi a ricambiare ancora una
volta il sorriso di lui. A frenarla fu però la figura poco distante che
intravide e che, nonostante l’età, riconobbe al volo. “Papà!” esclamò
improvvisamente, sporgendosi in direzione del genitore con l’intento di
afferrarlo.
Apparentemente senza scomporsi troppo, Trunks rivolse appena lo sguardo in
direzione dell’uomo appoggiato indolentemente alla parete, a qualche metro di
distanza, rivolgendo un secondo dopo lo stesso sguardo decisamente sorpreso alla
sorellina. Tornando infine nuovamente su suo padre, come a volersi accertare che
Bra avesse realmente parlato con lui e non lo avesse nominato in uno dei
suoi soliti monologhi senza senso, la sua espressione si fece quasi incredula.
Accortosi già da tempo della presenza silenziosa di Vegeta, la sua sorpresa era,
infatti, dettata più di ogni altra cosa dalla reazione inaspettata della
sorella. Nell’avvicinarsi alla figura assorta del padre tuttavia, il suo sguardo
aveva tradito per un momento anche una lieve preoccupazione; considerato il
pessimo umore di lui, sperava di non trovarsi malauguratamente ad infastidirlo
senza un valido motivo.
Il padre, in realtà, non sembrò prestare loro molta attenzione e Trunks cominciò
vagamente a preoccuparsi, vedendosi costretto ad avvicinarsi. “Sì” farfugliò
leggermente in imbarazzo alla sorellina, “E’ papà, hai visto?” confermò, nella
speranza che Bra si accontentasse di rivolgere uno dei suoi sorrisi anche a
Vegeta e non sperasse di ottenere chissà che cosa.
“Papà, Papà!” Bra cominciò ad agitarsi tra le braccia del fratello maggiore, si
allungò verso il padre aprendo e chiudendo le manine con il chiaro proposito di
aggrapparsi a lui. “Papà!” insistette.
Soltanto in quel momento, quando erano ormai non molto distanti, Vegeta diede
segno di essersi accorto dei figli e posò per un momento, quasi senza volerlo,
lo sguardo sulla più piccola. Solo dopo si rivolse anche al maggiore, senza però
proferire parola. Sul suo volto, infatti, era ancora visibile il palese
nervosismo che il litigio con la compagna e la pessima giornata gli avevano
suscitato.
Leggermente spiazzato per la reazione della sorellina, che continuava ad
agitarsi e che era stato costretto a contenere con più energia, Trunks aveva
appena notato l’espressione accigliata di suo padre. Finì per incrociare il suo
sguardo solo in un secondo momento, istintivamente, e ciò che vi lesse in modo
fin troppo chiaro lo indusse a sua volta ad incupirsi. In realtà, anche il
fatto stesso che Vegeta si trovasse così seriamente assorto in qualche pensiero,
proprio lì in corridoio, non appariva agli occhi del ragazzino come un buon
segno. Gli innumerevoli litigi tra i suoi genitori, a cui aveva assistito molte
volte ormai, normalmente si risolvevano con qualche scenata isterica di sua
madre all’indirizzo di terzi e con le fughe di suo padre nel trainer o da
qualche parte sul pianeta, ad allenarsi. Sua madre, invece, era stata
stranamente tranquilla quella sera, mentre Vegeta ora se ne stava in corridoio,
senza fare nulla e con un’espressione decisamente scura in volto; e la cosa non
gli era sembrata del tutto normale.
L’ostinazione di Bra tuttavia, costrinse Trunks a concentrare su di lei la sua
attenzione. Si accorse dell’ennesima ciocca che nuovamente era ricaduta sul viso
della piccola e, con delicatezza, si premurò di scostarle ancora una volta il
fastidioso ciuffetto, sorridendole in maniera naturale. “Ciao papà” salutò poi,
mentre era ancora rivolto alla sorella. Solo dopo pochi istanti, sollevò lo
sguardo per osservare il padre con l’espressione più serena che gli riuscì di
esibire.
Vegeta guardò il figlio di sottecchi, le sopracciglia aggrottate e la mascella
serrata indicavano un notevole fastidio, “Ciao” rispose tetro, tornando a
volgere la propria attenzione al di là del vetro.
Nel frattempo, la piccola Bra continuava ad agitarsi, diventando sempre più
inquieta con l’avvicinarsi al padre. “Papà” mormorò con più tranquillità dopo
averlo finalmente raggiunto.
“Che vuoi, mocciosa?!” brontolò brusco l’uomo, sbirciando l’espressione della
figlia che, a discapito del cipiglio paterno, continuava a sorridere ignara del
suo umore. Lo sguardo di Vegeta subì un leggero scatto nervoso e la sua
espressione, benché immancabilmente imbronciata, si tinse di una leggera punta
d’imbarazzo.
Quell’impercettibile reazione non sfuggì a Trunks, che sembrò tranquillizzarsi
di colpo, enormemente. A pochi passi da Vegeta, aveva mostrato una lievissima
esitazione, indeciso se proseguire come nulla fosse o assecondare la sorella. Le
parole di Vegeta rivolte alla piccola Bra peraltro, in cui aveva riconosciuto un
tono decisamente familiare, avevano avuto ormai del tutto il potere di fargli
ritrovare un atteggiamento realmente sereno.
Deciso a fermarsi un momento si affiancò al genitore, riservandogli un’occhiata
affettuosa “Non vieni alla festa papà?” gli chiese con un tono del tutto
naturale.
Lo sguardo che Vegeta rivolse a suo figlio, d’altra parte, dalle tonalità
chiaramente sarcastiche, parve una risposta fin troppo eloquente, che non
lasciava dubbi rispetto a una possibile interpretazione; nella fattispecie
suonava in tutto e per tutto come un ‘neanche morto!’.
Bra, non esattamente interessata al dialogo, seguitava nel frattempo a
dimostrare un inequivocabile interessamento nei confronti dell’uomo. “Papà!!” lo
reclamò ancora una volta, senza smettere di cercare di attirare la sua
attenzione.
“Sta un po’ zitta!” sbottò improvvisamente Vegeta, stufo dei continui richiami
della figlia.
Il risultato di quella brusca intimidazione non fu però quello sperato da
Vegeta, né quello ipotizzato da Trunks. La piccola Saiyan, dapprima fattasi
seria e silenziosamente concentrata sull’espressione severa del genitore, si
sciolse un secondo dopo in un nuovo e raggiante sorriso, cominciando ad agitarsi
maggiormente tra le braccia del fratello e ad applaudire in maniera scomposta.
Senza nemmeno avere il tempo di incassare l’occhiataccia sarcastica e pungente
di Vegeta, né di replicare, l’attenzione di Trunks finì per essere catturata di
nuovo dalla sorellina. Preoccupato per come avrebbe potuto reagire alla risposta
dura e incollerita del padre, si ritrovò all'opposto a trattenere un risolino
divertito, dopo aver assistito alla scena. “Ok” rispose prontamente per
togliersi dall’imbarazzo, “Beh, noi andiamo” annunciò con l’intento di
proseguire verso il salotto.
“Tsk” fu la sola reazione che ebbe il Principe dei Saiyan. Un attimo dopo tornò
a volgere la sua attenzione fuori dalla finestra, non prima di aver incrociato
le braccia al petto con un gesto d’indifferenza.
“Papà?” si lamentò invece languida la piccola Bra, vedendosi allontanare sempre
di più dal padre. Nel distanziarsi da lui, la bimba cercò di sbirciare oltre la
spalla del fratello; non senza difficoltà, giacché un’insistente ciocca
perseverava a coprirle fastidiosamente il viso. Trunks si ritrovò a dover
riposizionare la sorella in una posizione più gestibile sistemandole, ancora una
volta, i capelli, ma nel farlo non riuscì a non notare il suo faccino
improvvisamente triste. Spiazzato dagli occhioni lucidi della bambina, il
giovane Saiyan cercò subito di farle tornare il sorriso, “Papà ha molto da fare
adesso, non vuoi andare dalla mamma?” spiegò ad alta voce e con una tonalità
allegra, intuendo il motivo che aveva indotto la piccola a cambiare così
improvvisamente umore. Bra si limitò a scrutare suo fratello con un’aria
vagamente perplessa. Osservandolo sorridere tuttavia, in pochi istanti finì per
fare altrettanto.
Soltanto quando i due figli si furono definitivamente allontanati, Vegeta gettò
un’occhiata sfuggente in direzione del salotto della Capsule.
“Dannata mocciosa!” farfugliò tra sé, definitivamente attratto dal paesaggio
esterno alla casa.
Il mare di palloncini colorati sul pavimento del salotto ondeggiava quieto e
festoso, increspandosi di tanto in tanto, sospinto dai movimenti veloci e
aggraziati di Bunny Brief, che si spostava da una parte all’altra della stanza,
apparecchiando l’enorme tavolo con ogni bendiddio e fischiettando con fare
allegro. Suo marito le rivolgeva ad intervalli irregolari un’occhiata distratta,
non più interessata di quelle che riservava alla tv, accesa a volume basso sul
canale dei notiziari, che osservava con l’aria di chi stesse ingannando il tempo
con la prima occupazione che gli era capitata a tiro. Bulma pareva invece
intenta a fissare un punto non meglio identificato al di là dal vetro della
finestra; assorta in qualche pensiero, il suo sguardo sembrava lontano milioni
di chilometri da quel luogo. La voce di Trunks, in corridoio, la riscosse
tuttavia in un lampo; in meno di un istante la sua espressione si fece
sorridente e distesa, si voltò e si diresse verso la porta, facendosi largo a
grandi falcate tra i palloncini, che cominciarono a scuotersi in preda ad
un’allegria frenetica per tutta la stanza.
“Ecco la festeggiata!” annunciò Trunks, varcando la soglia del salotto ed
esibendo al resto della famiglia la sorellina, che reggeva ancora saldamente tra
le braccia. Bulma si avvicinò al figlio reclamando la piccola Bra e stringendola
con delicatezza. “Hai visto Bra? Tutto questo è per te” spiegò mostrandole le
decorazioni e portandosi al centro della stanza, dove c’erano i nonni ad
attenderla.
La piccola Bra spalancò per un momento gli occhi confusa, investita dai colori
della stanza e dai cinguettii allegri della nonna, che si era avvicinata in
tutta fretta trillando allegra qualche moina. Fissò poi lo sguardo lievemente
smarrito in quello della madre, che continuava a sorriderle raggiante.
Contagiata dall’allegria generale, finì per ricambiarla con un sorriso
ugualmente luminoso e felice, e cominciò quindi a riservare altrettante
espressioni di gioia e di eccitazione a tutti i presenti.
Bulma la sistemò sul suo seggiolone, avendo cura di mostrarle l’immensa tavola
imbandita di dolci e di regali e facendo in modo che la piccola avesse un punto
di osservazione privilegiato sull’intera stanza e sulla colorata varietà di
palloncini e decorazioni, che le donne della Capsule avevano allestito con tanta
cura. L’espressione sorridente di Trunks, che si era unito al gruppo attorno
alla festeggiata, pareva non meno entusiasta e felice di quella della bambina.
“Ti piacciono i palloncini, tesoro?” domandò Bulma alla piccola, scostandole una
piccola ciocca di capelli che le ricadeva sul viso.
Il volto della bimba si fece ancora una volta esitante, in qualche modo
lievemente delusa di non essere più tra le braccia della madre. Il gesto di lei,
tuttavia, che le aveva inspiegabilmente e nuovamente donato sollievo, e il tono
interrogativo con cui le era stata rivolta una qualche affermazione che pareva
aspettare una risposta, la ipnotizzarono nuovamente per qualche istante. I
colori brillanti tutt’intorno e i volti sorridenti dei presenti finirono di
nuovo per distrarla e contagiarle una reazione allegra. Fissò nuovamente lo
sguardo in quello del fratello maggiore, sorridendo radiosa.
Continuando a sorridere, allungò le mani verso di lui con il chiaro intento di
tornare tra le sue braccia, “Papà!” esclamò rivolta al ragazzo.
Il volto di Trunks si fece sul momento assorto; le regalò un altro sorriso,
questa volta un po’ impacciato, e si avvicinò a lei, chinandosi per guardarla
negli occhi. “No piccola, papà non viene alla festa. Ha altro da fare” cercò di
spiegarle in tono tranquillo e diplomatico.
L’espressione di Bulma si rabbuiò invece all'istante, divenendo seria in un
lampo e irrigidendosi. La donna serrò i muscoli del viso come se avesse appena
ingoiato un boccone amaro e si fece silenziosa, limitandosi ad osservare i figli
con uno sguardo assente.
La piccola Bra manifestò nuovamente un’aria perplessa e confusa. Fissò il
fratello con un’espressione concentrata, come se tentasse davvero di capire che
cosa le aveva appena detto. Un momento dopo riservò la stessa espressione
confusa e assorta a sua madre. “Mamma?”, la chiamò.
L’intervento di Bunny, che s’intromise col suo solito tono spensierato come
nulla fosse, fu a quel punto provvidenziale. “Perché non iniziate a mangiare
questi deliziosi pasticcini?” domandò allegra dall’altro capo del tavolo,
afferrando un portavivande ricolmo di dolci e apprestandosi ad offrirne ai
presenti.
Anche il
Dottor Brief, distratto dalla televisione, si voltò e
sorrise alla moglie che lo invitava a servirsi.
Bulma, in realtà, appariva ancora completamente immersa nelle sue riflessioni e
Trunks, intuendo il flusso dei pensieri materni, intervenne prontamente,
cogliendo l’occasione, e cambiò definitivamente argomento. “Oh, io voglio un
pasticcino, nonna!” proclamò attirando l’attenzione della donna bionda e
affrettandosi a rubare il vassoio da sotto il naso di suo nonno; poi tornò a
rivolgersi alla madre nel tentativo di distrarla, “Tu mamma? Vuoi un
pasticcino?” le domandò cordiale.
Bulma si ridestò di soprassalto e mutò improvvisamente espressione tornando a
sorridere. “Ehm, sì certo” acconsentì. Afferrò distrattamente un pasticcino e si
rivolse alla figlia “Vuoi un pasticcino anche tu?”.
Bra parve dimenticarsi in un lampo della strana espressione di sua madre e di
suo fratello, completamente rapita dal tono di voce della donna e da quella che
le appariva una proposta simpatica, nonché dall’oggetto interessante che sua
madre aveva in mano. Rispose con un ennesimo sorriso felice e cominciò ad
allungare le manine e a scalciare eccitata.
“Certo che ne vuole uno!” esclamò Bunny, avvicinandosi e riappropriandosi del
portavivande con una mossa repentina.
Il tono di voce della donna suscitò nella piccola un’espressione ancora più
allegra, mentre Trunks, improvvisamente a mani vuote, arraffò una manciata di
pasticcini dal vassoio che si stava allontanando e se li infilò in bocca con
avidità. “Afriamo i fregafi?” bofonchiò in una lingua non comprensibile o
quantomeno non apparentemente terrestre.
“Trunks! Non parlare con la bocca piena!” lo rimproverò sua madre, lanciandogli
un’occhiataccia bieca. Quello sguardo sfuggente e la mano appoggiata sul fianco
con fare minaccioso suscitarono immediatamente un certo imbarazzo nel ragazzo,
che si vide costretto a deglutire alla svelta.
Nel frattempo, Bulma era riuscita anche a porgere, con aria tutt’altro che
minacciosa, il dolcetto alla bambina, che lo aveva afferrato molto più
interessata alla sua forma e al suo colore che non al suo reale utilizzo e lo
fissava con sguardo rapito dalla concentrazione.
“Mangialo, tesoro, è buono!” la invitò sua nonna. La piccola Bra portò
istintivamente il pasticcino alla bocca e la sua espressione incantata fu la
conferma a quelle ultime parole della donna, che annuì soddisfatta beandosi
dell’ottimo suggerimento.
Il Dottor Brief, l’unico ad aver colto la proposta di Trunks, si avvicinò a quel
punto alla bambina con una scatola colorata. “Guarda cosa ti ha costruito il
nonno, tesoruccio”. Il cofanetto, una volta appoggiato sul tavolo, si aprì di
scatto e ne uscì una specie di mostriciattolo a molla. Bra, per un momento
sbalordita, sembrò subito dopo molto divertita e cominciò a ridere e ad
applaudire entusiasta, dimenticandosi all’istante del dolcetto e abbandonandolo
al suo destino. “Papà!” esclamò poi, all'improvviso sull’onda dell’entusiasmo.
Trunks si avvicinò alla sorella, “No, pap…”. Con lo sguardo seguì la direzione
presa dagli occhi della bambina e notò la figura adagiata contro la parete in
fondo alla stanza, “Papà!” esclamò incredulo, attirando l’attenzione degli altri
membri della famiglia; soprattutto della madre, che si voltò sgranando gli occhi
nel constatare la presenza del Saiyan. “Vegeta” mormorò in un sussurro appena
percettibile.
Il Principe dei Saiyan, appoggiato al muro accanto alla porta, a braccia
conserte, aveva a malapena mostrato un’impercettibile, vaga manifestazione
d’interesse di fronte alla reazione della figlia. Consapevole che non avrebbe
potuto passare inosservato per tutta la sera, non aveva tuttavia immaginato di
apparire in modo così plateale e, soprattutto, non aveva considerato di essere
una fonte di attrazione così sensazionale per la mocciosa. La cosa non aveva
mancato ovviamente di contrariarlo, ma finì per limitarsi, nonostante tutto, a
ignorare la rumorosa accoglienza dei suoi figli e a riservare uno sguardo
impassibile a Bulma. La sua espressione imperturbabile, d’altra parte, lasciava
chiaramente intuire che il suo umore non era per niente migliorato.
“Oh Vegeta, sei arrivato” lo accolse calorosamente Bunny, “Vieni a prendere un
dolcetto!” lo invitò.
Una statua di sale avrebbe sicuramente avuto una reazione più evidente, Vegeta,
infatti, si limitò a fissare un punto non meglio identificato nella stanza,
senza dare alcun segno di aver udito la donna, né di aver percepito la sua
presenza.
Bulma, dal canto suo, aveva appena ricambiato lo sguardo di lui, sciogliendo la
tensione in un piccolo sorriso, più che altro rivolto a se stessa, che le aveva
impercettibilmente addolcito i lineamenti del volto. Distolse lo sguardo solo
dopo qualche momento, però, evitando di rivolgergli la parola, nonostante il
gesto inaspettato dell’uomo avesse ormai dissipato quasi del tutto ogni ombra
sul suo viso. Intanto il
Dottor Brief aveva preso a parlottare da solo,
commentando i regali adagiati sul tavolo e Bulma, non volendo, finì per
rivolgere quello stesso sorriso, ormai divertito, a suo padre.
“Papà, devi mangiare questi dolci, la nonna ha superato se stessa!” lo accolse
Trunks andandogli incontro.
“Non m’interessa!” rispose bruscamente Vegeta, sfoderando l’ennesima espressione
seccata. Per un istante parve pentirsi di aver varcato quella soglia; il suo
interesse, tuttavia, fu attratto quasi contro la sua volontà da Bulma, che
sorrideva con un’espressione intenerita e divertita allo stesso tempo, alla
quale riservò uno sguardo apparentemente soprappensiero, con la coda
dell’occhio.
Bra,ormai contagiata dalla confusione che la circondava, appariva
assolutamente allegra ed eccitata e cominciò a pronunciare una sequela di parole
sconnesse ad alta voce. Come fosse la copia in miniatura di suo nonno, era
assolutamente compresa in un assorto e curioso dialogo a senso unico col pupazzo
regalatole dallo scienziato, cui sembrava intenta a riferire alcune informazioni
di vitale importanza, tra cui comparivano concetti di spicco quali ‘papà’
e altri argomenti.
Se Trunks rimase leggermente deluso dalla reazione di Vegeta, non lo diede a
vedere per più di un secondo. Non aspettandosi nulla di diverso, sembrò non
badare al suo tono brusco e scostante e si limitò a fare spallucce come nulla
fosse e a rivolgere la sua attenzione al vassoio dei dolci. Bulma, d’altra
parte, aveva ritrovato in un istante una certa fermezza. Decisa a non dare a Mr.
Scimmione-Zuccone più attenzioni di quante secondo lei ne meritasse, rivolse
definitivamente il suo interesse a suo padre, che si dedicava a Bra, ormai
persuasa ad ignorare l’atteggiamento scorbutico del compagno. Tuttavia, quella
particolare increspatura delle labbra che assomigliava a un sorriso non era
ancora scomparsa del tutto dal suo volto.
L’unico che non aveva smesso di prestare ancora attenzione alla bambina,
all’entrata in scena di Vegeta, era, infatti, suo nonno. “Vuoi aprire un altro
regalo cara?” propose.
L’interesse della piccola fu nuovamente catturato dalla voce dell’anziano
scienziato. Ancora una volta, la bimba si ritrovò a sorridere, in attesa, a
quella che le sembrò l’ennesima domanda simpatica della serata. Lo sguardo di
Vegeta si posò a quel punto, spinto da qualche forza inspiegabilmente potente,
sull’espressione felice della figlia e, subito dopo, guidato da un istinto
altrettanto incomprensibile, il Saiyan rivolse nuovamente lo sguardo alla
compagna, che osservava la bambina con un’espressione indescrivibile. I
lineamenti del volto dell’uomo sembrarono distendersi appena, senza un motivo
apparente.
Il Dottor Brief sorrise nel notare la reazione della nipotina, si appoggiò una
mano al mento osservando i regali ancora da scartare, “Mm, vediamo un po’”
farfugliò pensieroso.
“Prendi il mio nonno, il mio!” esclamò Trunks raggiungendolo e pescando nel
mucchio il sacchetto che conteneva il suo regalo.
Bulma, che si era limitata ad osservare la scena sorridendo, si avvicinò alla
figlia e le scostò con un gesto affettuoso la ciocca di capelli che continuava a
ricaderle sugli occhi.
“Oh, ma quello è Vegeta!” esclamò improvvisamente Bunny, “Come sta bene in
televisione!” aggiunse con aria sognante.
Le attività dei presenti parvero congelarsi improvvisamente a quella semplice
frase. Il tempo si fermò in un attimo di stupore e silenzio innaturale. Trunks e
suo nonno si volsero come al rallentatore verso lo schermo e Bulma, la fronte
aggrottata in un’espressione dubbiosa e meravigliata, sollevò con altrettanta
lentezza lo sguardo sul gigantesco plasma. Sgranò gli occhi e dischiuse
leggermente le labbra, in procinto di dire qualcosa che non riuscì a
pronunciare, non appena riconobbe la figura che appariva sul video.
Istintivamente, si voltò con la stessa espressione sbalordita verso il compagno,
incapace di aggiungere una sola parola a quello che gli stava già comunicando
senza parlare.
L’espressione che era invece apparsa sul volto del Saiyan tradiva la stessa
improvvisa sorpresa, ma pareva pervasa dallo sgomento. Gli occhi sbarrati e
fissi sullo schermo, s’irrigidì in una posa nervosa, non appena comprese di
trovarsi di fronte alla scena che aveva vissuto di persona, con non meno
sgomento, qualche ora prima.
Il Dottor Brief afferrò il telecomando e alzò il volume dell’apparecchio,
sistemandosi comodamente sul divano davanti allo schermo. Un annunciatore del
notiziario stava parlando di una tentata rapina, avvenuta nel tardo pomeriggio
nel centro commerciale, sventata da un eroico cittadino con notevole sprezzo del
pericolo.
L’eroico e sprezzante cittadino, che non riusciva a capacitarsi di quello
che stava accadendo e a staccare gli occhi dallo schermo, parve attraversato da
una gamma di emozioni tra le più svariate. Nonostante cercasse di mantenere il
più assoluto contegno, ad un occhio esperto la sua espressione avrebbe rivelato
quasi il panico. Come se ne fosse consapevole, Vegeta aveva incrociato solo un
istante lo sguardo di Bulma, per poi distoglierlo in meno di una frazione di
secondo.
Tanto era bastato alla donna per riuscire a leggervi l’incredulità e il terrore,
in realtà, e tutto ciò non aveva fatto altro che generare un risolino divertito
che non era riuscita a trattenere. “Potevi dirmelo, che era per questo” si
lasciò sfuggire, pentendosi appena un secondo più tardi.
Vegeta si limitò ad osservare Trunks e la nonna, che si accomodavano sul divano
per gustarsi lo spettacolo, in preda a qualche pensiero omicida, mentre
istintivamente passava in rassegna tutte le possibili giustificazioni che
aveva a disposizione.
“Vegeta, perché non ci hai detto che andavi in televisione?” chiese candidamente
Bunny Brief. “Oh accidenti, erano addirittura in quattro!” bofonchiò accanto a
lei il marito.
Ormai visibilmente in imbarazzo, Vegeta si trovò suo malgrado a grugnire qualche
parola sconnessa all’indirizzo della compagna, in tono estremamente seccato.
Considerando che far saltare in aria il televisore avrebbe aggravato
probabilmente la sua posizione, non gli era rimasta altra soluzione che quella
di sperare, totalmente impotente, che quella pagliacciata finisse in fretta.
Scappare, a quel punto, sarebbe stato un gesto da vigliacchi, questo era certo.
La piccola Bra, nel frattempo, cominciò a rendersi conto che qualche particolare
avvenimento aveva distolto l’attenzione dei presenti dalla sua persona. Intenta
ad aprire il pacchetto che era stato abbandonato fra le sue mani, con non poca
difficoltà, sollevò lo sguardo perplessa, in cerca di aiuto, notando ben presto
che l’unica persona che non sembrava intenta ad osservare con attenzione
l’enorme quadrato colorato era suo padre. La soluzione ai suoi problemi le
sembrò ovvia e lampante e sollevò con slancio il pacchetto in direzione del
Saiyan.
“Papà!” lo invitò candidamente ad aprire il pacchetto.
“Lasciami in pace!” borbottò ancora più seccato lui, senza sapere più che pesci
pigliare.
“Sei stato grande papà! Li hai stesi!” esultò il figlio alzando un pugno al
cielo e ignorando l’irritazione del genitore, a cui dava le spalle. Nel
frattempo, quello che era un iniziale risolino, si tramutò ben presto in una
sonora risata; Bulma si ritrovò ormai letteralmente piegata in due dal ridere,
“Non prendertela tesoro, in fondo hai fatto una bella cosa, no?” cercò di
tranquillizzarlo, peraltro senza un minimo di credibilità.
L’imbarazzo di Vegeta si era ormai tramutato in vera e propria irritazione. Alla
risata di Bulma reagì irrigidendosi ancora di più e serrando i pugni all’estremo
della sopportazione. La voce del telecronista, che si profondeva elogiando la
modestia di quell’eroico cittadino che non aveva voluto apparire e lasciare
dichiarazioni, preferendo restare nell’anonimato e servire la città con
abnegazione e umiltà, sì assommò al commento della donna come un’ulteriore presa
per i fondelli, strappandogli infine un brontolio terribilmente truce.
“Sai Vegeta, il blu ti dona veramente molto” continuò imperterrita Bunny.
Inarrestabili, i commenti degli spettatori continuavano a piovere sul
malcapitato uno dopo l’altro, ad ogni parola del cronista. E l’ilarità di Bulma
era ormai altrettanto inarrestabile. La donna, con una mano davanti alla bocca
nel tentativo inutile e disperato di fingere un contegno, non riusciva a questo
punto nemmeno a parlare per tentare di arginare in qualche modo la collera
dell’uomo. Il suo unico risultato fu quello di contagiare anche la più piccola
del gruppo, che rideva ormai di gusto imitando sua madre e senza intuirne il
motivo.
Vegeta, ormai oltre ogni limite di sopportazione e a un soffio dal generare
un’esplosione ben più potente di quella che aveva ucciso Majin-Bu, tra
un’occhiata assassina e l’altra ai membri della famiglia e sul punto di mandarli
se non altro al diavolo senza troppi complimenti, cominciò a considerare
seriamente l’ipotesi di riabilitare la sua reputazione soprattutto agli
occhi di quel maledetto cronista, che non faceva che ritrasmettere la sua faccia
terrorizzata in mezzo ai giornalisti. Forse, una breve dimostrazione di chi
fosse realmente il Principe dei Saiyan a quel detestabile idiota lo avrebbe
ripagato di quell’umiliazione. Non aveva pensato nemmeno per un momento, però,
che stava per fare i conti con qualcosa di addirittura peggiore.
La carrellata d’immagini si concentrò infatti sul volto della donna accompagnata
dal moccioso, incontrata al negozio appena qualche ora prima. “Un signore per
bene, era qui per comprare un regalo per la sua bambina…” affermò evidentemente
affascinata e ammirata, riempiendo lo schermo con il suo faccione incipriato e
imbellettato a puntino. “Sì” fu poi il turno della commessa, “Aveva scelto
questo vestitino rosa” confermò mostrando sorridente l’indumento alle
telecamere.
Bulma aveva oltrepassato da tempo un altro tipo di limite riguardo al suo
contegno e non pareva nemmeno preoccuparsi di frenare le sue reazioni.
Nonostante ciò che dicevano alla televisione avrebbe dovuto dissipare
definitivamente ogni suo dubbio sul comportamento del compagno, la sua mente non
percepiva ormai più le parole. Il gesto compiuto da Vegeta era stato già
relegato in secondo piano, come qualcosa a cui avrebbe pensato in seguito; tutto
quello che aveva di fronte non faceva che accrescere il suo divertimento, che a
questo punto non si curava più di nascondere. Anche Trunks, che non riusciva a
staccare gli occhi colmi di ammirazione dalla scena che appariva in tv, non era
riuscito a non voltarsi per un momento verso suo padre con l’aria di chi
finalmente avesse cominciato a capire qualcosa che gli era sfuggito fino a quel
momento.
Il Dottor Brief, invece, si limitò a dare una boccata alla sua sigaretta con
movenze flemmatiche. “Ottima scelta, Vegeta” rincarò la dose il vecchietto,
alludendo al vestitino mostrato in televisione.
“Oh che grazioso!” esclamò di rimando Bunny dando man forte al marito.
“Stanno mentendo!” sbottò infuriato Vegeta all’indirizzo delle due donne sullo
schermo, agitando un pugno ormai in preda alla collera.
Bulma si riscosse per alcuni istanti, non senza sforzo, tossendo leggermente con
l’intento di riacquistare compostezza e fissando l’uomo negli occhi, “Cosa c’è
di male? In fondo… quel colore a Bra sta benissimo” la sua serietà si concluse
miseramente in quel frangente, tornando a ridere più di prima.
E infine il vaso traboccò. Decisamente aveva subito troppo. Non solo aveva
dovuto sopportare una maledetta giornata in un centro commerciale, coinvolto in
idiozie terrestri della peggior specie; non solo aveva dovuto sopportare le
lamentele isteriche di quella maledetta donna. Ora, come se tutto quello non
fosse già di per sé intollerabile, doveva anche starsene lì a farsi prendere in
giro. E tutto per quella dannata mocciosa!
Bra, continuando a ridere contagiata dalle espressioni dei suoi famigliari, di
sua madre in particolare, porse nuovamente il pacchetto, che ancora non era
riuscita ad aprire, a suo padre. “Pà?” lo invitò, ma
Vegeta riuscì sorprendentemente a mantenere il controllo, ignorandola e
lasciando la stanza senza fare vittime. Tra le ultime terrificanti minacce che
pronunciò prima di uscire, inframmezzate da ringhi dal suono atroce, i presenti
riuscirono a distinguere qualcosa come ‘dannata mocciosa!’; ma le risate
non si placarono, neanche quando era ormai lontano.
CONTINUA…
vivvina: Grazie mille,
speriamo che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo.
LeftEye: Noi due? Ops, ci
hai già riconosciuto? Ad ogni modo ti ringraziamo, ma per evitare eventuali
battibecchi tra di noi preferiamo essere chiamate Joker e Venom XD. Comunque
ecco a te il nuovo capitolo del tipo con i capelli strani.
ka93: Sfortunati loro,
sfortunato lui ^^. Il povero Vegeta non ha avuto una bella giornata, e come vedi
peggiora.
CHiBI cHU: Due delle più
brave scrittrici? Mm forse non ci hai riconosciuto XD. Magari la fusion riesce a
migliorarci ^^. Un sentito grazie da parte di entrambe
Sweet Memole 87:Cominciamo col dire che quella
di destra declina ogni responsabilità sulla FanArt, mentre quella di sinistra…
beh, lei non si esprime! Ad ogni modo dovrai accontentarti, niente filmato,
Vegeta ne ha avuto abbastanza di telecamere XD. Grazie mille ^^.
Scena tre: “Per
finire in bellezza”. Motore… Azione!
I festeggiamenti erano proseguiti fino a tardi,
ovviamente senza il Principe dei Saiyan, tempestivamente dileguatosi prima di
porre fine non solo alla festa, ma all’intera razza umana. Con tutta
probabilità il pensiero l’aveva a dir poco sfiorato, a giudicare dall’occhiata
minacciosa che aveva riservato alla sua famiglia, uscendo dal salotto un paio
d’ore prima; tuttavia, considerata la situazione, tutto lasciava credere che
avesse al contrario reagito fin troppo bene.
Il sorrisetto divertito sul volto di Bulma, che
camminava per i corridoi della Capsule a tarda sera, visibilmente assorta in
qualche riflessione, pareva rivelare proprio un pensiero del genere. La donna
appariva piuttosto provata dalla lunga giornata appena trascorsa; ciò
nonostante, la sua espressione era invece distesa e assolutamente serena.
Quell’abbozzo di sorriso, poi, che non accennava a scomparire, aveva assunto
pian piano una sfumatura sempre meno beffarda, fino a trasformarsi in un
sorriso felice, semplicemente; allo stesso modo in cui le “notizie del giorno”,
esaurito l’effetto comico che avevano suscitato in un primo momento, avevano
finito per assumere un significato ben più importante.
Bulma si era ritrovata ad ammettere di avere un
po’ esagerato con Vegeta, quel pomeriggio, quando gli aveva rivolto quelle
accuse così categoriche. La sua sola presenza alla festa aveva avuto già di per
sé il potere di risollevarle del tutto il morale, ma le notizie del
telegiornale le avevano dato la conferma incondizionata che, in fondo, lui ci
aveva seriamente provato; e probabilmente non si era presentato alla festa
spinto soltanto da qualche specie di senso di colpa. Ora era lei a sentirsi
vagamente in colpa per quello che gli aveva urlato contro. Conoscendolo, doveva
essergli costata un’enorme fatica tutta quella storia; e in quel momento, visto
il particolare epilogo di quella strampalata avventura, il suo umore doveva
essere decisamente pessimo.
Senza troppa fretta, Bulma si era infine decisa
a cercarlo, dopo aver considerato che probabilmente sarebbe stato meglio andare
a vedere dove si fosse cacciato e, soprattutto, in che stato versasse davvero
il suo umore, prima che peggiorasse irrimediabilmente.
Sovrappensiero, fu solo in quel momento che si
accorse che la piccola Bra stava piangendo, quando svoltò istintivamente verso
la zona in cui si trovavano le camere da letto. Si riscosse all’improvviso e si
diresse a passo spedito verso la stanza della piccola, ipotizzando che avesse
avuto qualche incubo e convinta di risolvere la questione in pochi minuti. La
mano sospesa a mezz’aria, nell’atto di afferrare la maniglia della porta e
spalancarla, si bloccò però in un istante, non appena sentì la voce di Vegeta.
Trasalì lievemente per la sorpresa, prima di ritrarre istintivamente la mano e
fermarsi accanto alla porta socchiusa. La sua espressione, in un primo momento
assolutamente sbalordita, assunse in meno di un secondo una sfumatura
evidentemente incuriosita. Non riuscì a fare a meno di restarsene in disparte e
di mettersi a sbirciare, decisamente interessata a quello che stava succedendo
in quella stanza.
“Insomma! La vuoi smettere di piangere?! Dannata
mocciosa! Ho detto di piantarla!” sbraitò Vegeta, in piedi accanto alla culla
della bambina. Il suo stato emotivo era evidentemente ancora pessimo; in
aggiunta a ciò, l’agitazione e l’imbarazzo dovuti al panico, visto che non
aveva idea di come tappare la bocca della piccola peste, erano chiaramente
leggibili sul suo volto.
Bra pareva proprio non volerne sapere di
smettere di piangere. Gli occhioni tristi e colmi di lacrime fissarono il padre
letteralmente in preda alla disperazione. Tuttavia non sembrava affatto il tono
di lui la causa di tanta infelicità; era piuttosto evidente che la bambina si
trovasse alle prese con ben altri, gravosi problemi. Appoggiata in equilibrio
precario alle sbarre della culla, a cui si reggeva a malapena sussultando tra
un singhiozzo e l’altro, tornò a fissare insistentemente un oggetto sul
comodino, troppo distante. Pareva intenta nel disperato quanto inutile sforzo
di allungare le braccine attraverso le sbarre. Con i lineamenti del visetto
paffuto concentrati e tesi, seguitava a piangere inconsolabile e a stendere le
braccia, per poi tornare a disperarsi ancora più intensamente, farfugliando
qualche parola con la voce rotta dal pianto. Tra queste, un orecchio allenato
avrebbe potuto distinguere un suono simile a unksss.
“Che accidenti…” parlottò tra i denti il padre,
nettamente in difficoltà. Dove sono i nemici come Majin-Bu quando servono?!?
Sostenere un combattimento all’ultimo sangue era sicuramente meno problematico
che dover affrontare una mocciosa isterica.
Ringhiò frustrato, colto quasi dalla
disperazione, non sapendo più come risolvere la situazione. Infine, dopo
diversi istanti, si accorse che l’attenzione della figlia era rivolta al
comodino. Scostò lentamente lo sguardo, scoprendosi ad osservare un pacchetto.
Lo riconobbe subito, ma nonostante la famigliarità di quel particolare
involucro non riuscì immediatamente a comprenderne la provenienza. Fu solo dopo
qualche secondo che si ricordò quale fosse l’origine del misterioso pacchetto.
Il regalo di Trunks. “Dacci un taglio, mi hai sentito?” sbottò all’indirizzo
della bimba, afferrandolo.
Quel semplice gesto sembrò avere l’efficacia di
un Final Flash. Il pianto disperato della piccola scemò di colpo e la sua
espressione mutò improvvisa e in un istante, ritrovando un’intensa
concentrazione. Cominciò ad agitarsi notevolmente, seguitando a protendersi
verso l’oggetto con più foga di prima. Lo sguardo che rivolse a suo padre,
umido di pianto, si illuminò speranzoso.
“Pà?”. Sembrava gli stesse chiedendo
insistentemente, ancora tra i singhiozzi, proprio ciò che il Saiyan reggeva tra
le mani.
Vegeta si ritrovò ad osservare la
figlia per alcuni secondi, studiandone la reazione improvvisa; rivolse poi la
sua attenzione al pacchetto che teneva fra le mani, per tornare di nuovo a
scrutare la bambina un attimo dopo. Nel momento in cui abbassò nuovamente lo
sguardo sul pacchetto la sua espressione si rabbuiò leggermente.
Il regalo. Ecco la fonte di tutti i
suoi guai, proprio lì nelle sue mani.
La confezione pareva essere stata
già aperta e richiusa con cura, probabilmente da Bulma, e Vegeta sembrò
associare definitivamente quel ridicolo involucro a suo figlio maggiore. La
voce di Trunks prese improvvisamente a risuonargli nella testa e tutti gli
elogi su quell’insignificante oggetto in cui si era profuso suo figlio gli
tornarono alla mente in una sola volta. Sollevò per un momento lo sguardo per
guardarsi intorno, con un’espressione tutt’altro che determinata; sembrava
vagamente preoccupato di essere visto da qualcuno, quasi fosse un ladro. Solo
dopo alcuni istanti, ancora titubante e con un’aria decisamente sospettosa, si
decise ad aprire il pacchetto e ad osservarne il contenuto. Ciò che a detta del
figlio avrebbe dovuto essere il “regalo perfetto”, si rivelò infine essere un
banale elastico per capelli, abbellito da due piccole, semplicissime palline
rosse.
“Hn, e questo sarebbe lo stupido
regalo del moccioso?!?” bofonchiò tra sé senza più prestare attenzione alla
figlia.
La piccola Bra cessò definitivamente di
singhiozzare, focalizzando il meraviglioso manufatto colorato fra le mani di
suo padre. Non aveva smesso però di agitarsi e tendere le manine verso
l’oggetto dei suoi desideri, ormai evidentemente ansiosa di ricevere finalmente
attenzione. Se l’espressione della bambina appariva ormai sorridente e felice,
dopo qualche secondo cominciò a manifestare una certa impazienza, accorgendosi
che il padre non si decideva a porgerle il regalo. L’ennesima sequela di parole
sconnesse della piccola assunse a quel punto un tono allegro ma ansioso, che
pareva sottolineare una certa sorpresa riguardo agli indugi del Saiyan,
considerato come fosse ormai evidente che l’uomo avesse capito ciò che voleva.
La parola papà, che riuscì a pronunciare con estrema chiarezza, aveva
assunto un’inflessione quasi indispettita.
“Che vuoi?” brontolò quasi si fosse appena
ricordato della sua presenza. Nell’osservarla, però, si accorse di una ciocca
di capelli che le ricadeva sul viso. Dimenticandosi di tutto il resto rimase a
fissarla per un po’, per poi rivolgere di nuovo la sua attenzione
sull’oggetto così desiderato, ancora nelle sue mani. Ora tutto aveva un senso.
Decisamente riluttante e impacciato, consegnò l’elastico alla figlia; e quando
la piccola Bra afferrò l’oggetto, non poté fare a meno di ritirare velocemente
la mano, come se rischiasse di bruciarsi.
Non appena Vegeta aveva allungato la mano verso
di lei, in realtà, la piccola Bra si era fatta raggiante di gioia. Con non
poche difficoltà per mantenere l’equilibrio e un’aria estremamente concentrata
e decisa, aveva afferrato goffamente l’agognato elastico, non mancando di
rivolgere un intenso sorriso a suo padre. L’espressione radiosa della piccola
era di certo uno dei migliori “grazie” che il Principe dei Saiyan avrebbe mai
sperato di ottenere, se soltanto mai in vita sua avesse pensato di ottenerne
uno anche solo per sbaglio. Tuttavia, Vegeta si trovò involontariamente a
notare come quel sorriso somigliasse piuttosto ad una manifestazione di
orgoglio; pareva voler semplicemente significare “Non trovi anche tu che sia
bellissimo? Ed è mio!”. Quella vaga sensazione lo costrinse a fermarsi per
un momento ad osservare la piccola, incuriosito da ciò che avrebbe fatto con
quello che a lui pareva un oggetto fondamentalmente inutile, nonostante tutto.
Che cosa la bambina volesse farne di
quell’elastico, in realtà, appariva un mistero anche per lei, visto che la sua
espressione si fece estremamente concentrata e lo sguardo si corrucciò assorto,
mentre studiava l’oggetto nei dettagli. Dopo qualche momento di attenta
riflessione, la piccola tornò a sollevare gli occhi azzurri su suo padre,
sorridendo con un’inflessione lievemente interrogativa. Nel contempo, si
appoggiò l’elastico sulla testolina con fare deciso, cercando intanto di
scorgere l’effetto che aveva ottenuto; sollevò infatti ulteriormente lo
sguardo, assieme al mento, in un goffo tentativo di guardarsi la sommità del
capo. Ovviamente, con sua somma meraviglia e disappunto, l’elastico cadde dopo
appena un istante sul lettino.
Bra non sembrò però scomporsi troppo né darsi
per vinta per un così banale inconveniente, in un primo momento. Con una certa
fatica riuscì a raccoglierlo senza cadere e ripeté l’operazione con la stessa
cura e attenzione; ma la sua espressione perplessa di fronte a quell’identico
fallimento, si fece a quel punto decisamente più marcata. Per un momento si
voltò nuovamente verso suo padre, con uno sguardo che era sulla buona strada
per inumidirsi e rattristarsi in modo irreversibile. Gli occhi della piccola
parvero rivolgergli una domanda implicita la cui risposta appariva tristemente
al di là della sua portata. “Ma perché quando l’ha messo la mamma non
cadeva?” Potendo articolare una frase di senso compiuto, la piccola avrebbe
certamente rivolto questo interrogativo a suo padre, o meglio, all’intero
universo. Agli occhi di Vegeta però, quello sguardo poteva apparire soltanto
come una specie di richiesta incomprensibile.
Il Principe restò in silenzio a fissare l’intera
scena con la netta, pessima sensazione che la cosa sarebbe presto degenerata.
Al solo pensiero, dopo aver incrociato gli occhi della figlia, la sua
espressione si tramutò in una smorfia dal dubbio significato. Che fosse
schifato o semplicemente a disagio non era facilmente comprensibile. “Beh’? Che
accidenti vuoi ancora?” brontolò.
La piccola afferrò l’elastico per l’ennesima
volta e lo fissò per un momento sconsolata. Sentendo le parole di Vegeta glielo
porse con un’espressione interrogativa e turbata. Le piccole labbra della
bambina s’incresparono, tremando sull’orlo del pianto, e i suoi occhi
cominciarono ad inumidirsi di goccioloni salati. Quella domanda cominciò a
trasformarsi in una sorta di disperata speranza. “Forse tu sei bravo come la
mamma, anche se non si direbbe”. Probabilmente, il fatto che la piccola non
riuscisse a riferire esattamente quella riflessione al Principe dei
Saiyan, sarebbe stato da considerarsi un fatto positivo, visto che esisteva
gente nell’universo che aveva passato un brutto quarto d’ora per molto meno. Di
fatto, ancora una volta, quegli occhioni, sul punto di versare copiosamente
calde lacrime di delusione, comunicarono al suo interlocutore soltanto
un’estrema supplica.
Sì, decisamente l’espressione di Vegeta era a
quel punto dettata dal disagio o, più verosimilmente, dal panico.
Istintivamente allungò la mano verso la piccola, ma un attimo prima di raggiungere
l’oggetto che gli veniva offerto, la ritirò e si pietrificò fissando sua
figlia, immobile. Ripeté l’operazione pochi secondi dopo, ma solo al terzo
tentativo riuscì ad afferrare il fermaglio. Lo osservò per un momento,
palesemente disgustato e perplesso.
Come diavolo funzionava quel coso?!
All’atto pratico, le competenze del Principe dei
Saiyan sull’argomento “fermagli per capelli” erano se possibile pari a quelle
della piccola Bra; più verosimilmente piuttosto, la bambina ne sapeva di gran
lunga più di lui sull’utilizzo di quell’affare. Questa era la drammatica
verità.
Nonostante tutto però, un sorriso carico di
aspettativa si stampò all’istante sul volto della piccola, ignara delle perplessità
del Principe, nel momento in cui Vegeta afferrò l’elastico. La bambina
farfugliò nuovamente qualche parola confusa, chiaramente all’indirizzo di suo
padre, tra cui la parola “papà”, questa volta sussurrata appena, aveva un tono
estremamente dolce. L’espressione con cui lo fissò, in evidente attesa, pareva
la celebrazione stessa dell’amore incondizionato e della fiducia.
Vegeta si rese conto troppo tardi che guardare
sua figlia negli occhi sarebbe stato un grave, gravissimo errore. Se ne accorse
quando ormai quegli occhioni colmi di affetto l’avevano totalmente catturato,
mentre i suoi tradivano ormai il panico più totale.
Insomma, quel coso era un dannato problema!
L’unica cosa che il Principe dei Saiyan era riuscito ad afferrare con certezza
era solamente il fatto che servisse per i capelli. Ma, ok… Ok. Ragionare con
calma poteva essere una soluzione. Accidenti! Non doveva poi essere così
difficile se anche Trunks sapeva a che diavolo serviva! Con calma, giusto…
Capelli, ciocche… Forse…
Il volto del Saiyan tradì per un attimo un
guizzo impercettibile nei lineamenti. Vegeta sembrò riflettere per un paio di
secondi ancora, prima di ripiombare in uno stato di notevole disagio. La sua
espressione lasciava intendere che, probabilmente, l’aver intuito il corretto
utilizzo di quell’elastico per capelli non l’avesse messo in una posizione
migliore rispetto a qualche istante prima. Osservò la piccola Bra deglutendo
sonoramente e fece un passo nella sua direzione, manifestando peraltro in modo
evidente l’intenzione esattamente contraria di trovarsi altrove, possibilmente
molto lontano da quella stanza. Afferrò una ciocca di capelli della bambina con
notevole imbarazzo, con due dita soltanto, e la fece passare attraverso
l’elastico, reggendolo come se la sua temperatura avesse superato i mille
gradi. Fortunatamente tuttavia, quel modo goffo e stravagante di procedere
riuscì ad essere comunque efficace e a rimuovere, definitivamente, i capelli
che ricadevano sul volto della bambina.
Nemmeno fosse stata in gioco la sua vita, non
appena terminò la delicata operazione, il Principe dei Saiyan si allontanò di
scatto con un passo indietro. La sua espressione ancora turbata rivelava senza
ombra di dubbio che avere a che fare con Freezer, o chi per lui, sarebbe stato
decisamente qualcosa di meno problematico e, soprattutto, qualcosa da
affrontare con molto più coraggio.
La reazione di Bra, per tutta risposta, fu
invece a dir poco entusiasta. La piccola, lasciando la presa sulle sbarre della
culla per rivolgere un caloroso applauso al suo eroe personale, finì per cadere
goffamente seduta sul lettino. Con il suo meraviglioso elastico fra i capelli,
mentre era intenta a ritrovare una posizione relativamente stabile, riuscì a rivolgere
a suo padre un sorriso talmente raggiante e colmo di gioia che non aveva
bisogno di essere interpretato ulteriormente. L’espressione che comparve sul
suo volto un secondo dopo pareva l’immagine della soddisfazione. “Papà” fu
ancora una volta la parola più comprensibile fra quelle che fu capace di
pronunciare, ma il tono del suo discorso era inequivocabilmente permeato
di gratitudine e di affetto, ed aveva chiaramente l’inflessione di chi era in
attesa di una risposta.
La smorfia che le rivolse Vegeta appariva però
tutt’altro che l’emblema della felicità. Con un gesto nervoso incrociò le
braccia, tornando ad assumere un atteggiamento fiero e composto, tipico del
Principe dei Saiyan, quantomeno per nascondere il totale disagio. “Che vuoi
ancora?” domandò con distacco.
Per nulla turbata dall’espressione burbera del
padre, la piccola si limitò a sorridere ancora più intensamente. Se non fosse
stata una bambina di appena un anno, la sua espressione soddisfatta si sarebbe
potuta quasi scambiare per una manifestazione di amor proprio. “Sono bella
con questa cosa meravigliosa sulla testa!” Parevano comunicare quegli occhi
azzurri, letteralmente raggianti, fissi in quelli di suo padre.
Vegeta scrutò la bambina per alcuni secondi. Ok,
quel coso le stava bene, per quanto relativamente potesse saperne lui.
“Tsk, a che ti serve essere così vanitosa?” mormorò in una tonalità asettica.
Bulma non aveva perso nemmeno una sillaba, un
gesto, di ciò che era appena avvenuto in quella stanza. Era rimasta ad
osservare la scena dal sottile spiraglio della porta socchiusa, in silenzio,
come ipnotizzata. Per tutto il tempo, un sorriso intenerito e a tratti
divertito aveva accompagnato il dialogo fra Vegeta e la loro figlia in
ogni parola, sguardo, movimento; senza osare quasi respirare per non turbare
quel momento, Bulma se ne stava immobile, completamente rapita da ciò a cui
aveva appena assistito.
Fu quell’ultima frase che la riscosse
improvvisamente e in modo inaspettato. La riconobbe, identica quella che era
stata rivolta a lei non troppo tempo prima, dallo stesso uomo. La ricordò con
un tuffo al cuore, mentre i suoi ricordi si tuffavano a loro volta in quel
passato recente. No, non l’aveva dimenticata.
“…stavo
pensando che potevamo rifare la camera qui accanto. Tu cosa ne pensi? In fondo
non la usiamo mai, sarebbe perfetto, non trovi?” propose, concentrata in un
discorso apparentemente insignificante e privo di ogni logica. I suoi occhi si
posarono sullo specchio e sulla sua immagine riflessa. Una mano scostò una
piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre, con l’altra, reggeva
saldamente un oggetto, che aveva continuato ad agitare insensatamente durante
l’intero discorso. Le sue parole denotavano un certo entusiasmo; confermato,
peraltro, da un intenso sorriso che le illuminava il volto. “Mi stai
ascoltando?” chiese poi, a prima vista rivolgendosi al vento. “Sarà sufficiente
ridipingere le pareti, non credo ci vorrà molto, non sei d’accordo?” continuò
imperterrita nel suo discorso, “Tesoro?”. Si affacciò infine dalla porta
del bagno, osservando la camera adiacente e passando in rassegna tutta la
stanza con lo sguardo. I suoi occhi si fissarono poi in un punto con
un’espressione interrogativa, chiedendo conferma, lì dove una figura se ne
stava seduta, immobile. “Cosa ne pensi, Vegeta?” domandò al diretto
interessato.
Lui era
comodamente seduto sul bordo del letto, con le braccia incrociate sul petto, in
apparenza disinteressato. La sua espressione sembrava lievemente annoiata, ma a
un attento osservatore avrebbe comunicato più che altro un’assoluta
tranquillità. “Fa quello che ti pare” rispose, sollevando lo sguardo solo
leggermente, quel tanto che bastava a soffermarsi sulla figura di lei. Il tono
con cui pronunciò quella frase, piatto e atono, sembrò voler liquidare la
faccenda il più in fretta possibile.
Lo osservò ancora per un momento, interpretando il suo sguardo.
Sorrise raggiante, per poi tornare automaticamente a rivolgersi all’oggetto che
reggeva ancora tra le dita sottili; con delicatezza, quasi con la paura di
romperlo. Il test di gravidanza, inequivocabilmente positivo, rifletté ancora
una volta un sorriso sereno e felice sul suo volto. Sparì un attimo dopo dietro
la porta del bagno e ne uscì definitivamente dopo appena un altro istante,
giusto il tempo di separarsi da quell’oggetto, con l’intento di continuare il
discorso a tu per tu col suo interlocutore.
“Non sarà un problema comprare dei mobili nuovi…” riprese a
parlare, assolutamente certa di avere l’attenzione di lui. Entrò
definitivamente nella camera da letto, soffermandosi a osservare lo specchio
accanto alla porta del bagno. I suoi occhi scrutarono nuovamente la sua
immagine, questa volta riprodotta per intero, e si trovò a smettere di
parlare, senza un apparente motivo. Una mano si posò, con un gesto automatico,
sul grembo.
Lui si
era alzato, intanto, intenzionato piuttosto a tornare alle sue occupazioni.
Visibilmente poco interessato a mobili, colori delle pareti e simili argomenti
di conversazione, pareva sul punto di andarsene, manifestando implicitamente
che, da parte sua, il discorso non aveva alcun motivo di proseguire. Aveva
esitato solo un momento tuttavia, indugiando anch’egli sulla figura di lei
nello specchio; pareva non avesse potuto farne a meno. La sua espressione, come
sempre imperscrutabile, aveva tradito nonostante tutto un susseguirsi
impercettibile di emozioni diverse. Il suo sguardo si era posato sulle gambe
nude di lei, percorrendole con una lentezza e con un’espressione inequivocabile
fino all’orlo della minigonna, ma aveva esitato su quella mano, assorto per un
attimo in qualche riflessione di tutt’altra natura.
“Vegeta…”
il suo tono di voce, che fino a pochi istanti prima rappresentava l’emblema
della felicità, cambiò decisamente tonalità. Una leggera inclinazione
malinconica tradì una punta di tristezza. Non aveva distolto lo sguardo dalla
sua immagine riflessa, nemmeno per un istante; continuava a scrutarla con
attenzione. L’età non era più quella di una ragazzina, lo si leggeva
chiaramente nei lineamenti del suo viso; di certo non era più nel fiore degli
anni. Lentamente il suo sguardo si posò sulla mano, ancora stretta sul grembo,
indugiando per diversi secondi. Infine la sua attenzione fu catturata dalla
figura del compagno rispecchiata alle sue spalle. “E se… non ci riuscissi?”
ebbe il coraggio di dire, dopo qualche momento.
Il
volto di lui aveva tradito immediatamente una reale sorpresa. Il lieve
inarcarsi di un sopracciglio denotò infatti, sul volto del Saiyan, una certa
perplessità. Nonostante ciò, lui, si limitò a fissarla tramite lo specchio,
senza manifestare alcuna emozione evidente. “Che ti prende adesso?” chiese
leggermente seccato.
Lei
rispose abbassando malinconicamente lo sguardo per un momento, “E se non
riuscissi a tornare più come sono adesso? Non sono più una ragazzina, Vegeta”
mormorò solo qualche istante dopo, voltandosi a guardarlo. Era sul punto di
piangere. “Se andasse tutto storto? Io… non voglio diventare grassa e brutta”.
Quelle
ultime parole sembrarono conferire all’espressione di lui un maggiore fastidio
e una palese irritazione. Di nuovo, un occhio più attento avrebbe notato invece
un lieve moto di preoccupazione in quello sguardo seccato, che non era riuscito
a nascondere del tutto.
Una
piccola lacrima solcò il suo candido visto, “E… e tu cosa ne sai?” piagnucolò
tra i singhiozzi, interpretando quello sguardo “N… non sono un Saiyan come
voialtri… io…” continuò. Intanto, quella che doveva essere solo una lacrima
solitaria, si tramutò ben presto in un pianto isterico e incontrollato. Svelta,
si passò una mano sugli occhi, nel vano tentativo di controllarsi ed eliminare
almeno i segni delle lacrime. “Potrei non avere più questa forma fisica…
ingrasserò, diventerò una palla, e tu… tu non mi capisci… andrà tutto storto,
già lo so…” si lagnò tra i singhiozzi, sempre più convulsi. Una ciocca di
capelli le cadde sul viso, e lei la scostò con un gesto nervoso. “Insomma,
guardami Vegeta… sta già cominciando ad andare tutto male… guarda… lo vedi?!”
insistette, portandosi anche l’altra mano nella folta chioma celeste. “Questi
maledetti capelli! Non li ho mai avuti così brutti!” piagnucolò ancora.
Lui
aveva ascoltato quello sfogo in silenzio, fissandola corrucciato e con le
braccia incrociate sul petto, senza distogliere lo sguardo. Dopo quella che
poteva sembrare la conclusione del discorso, aveva continuato a fissarla per
qualche istante ancora, impassibile, come volesse tacitamente accertarsi che
avesse finito davvero. La squadrò poi da capo a piedi; sembrava quasi cercasse
di imprimere la sua immagine nella memoria, senza fretta. Solo dopo, fece un
passo verso di lei. Le afferrò i polsi con un gesto brusco e improvviso, che la
fece trasalire, e le abbassò deciso le mani lungo i fianchi, senza allontanarsi
né allentare la presa. I suoi occhi, fissi in quelli di lei, la sfidarono
letteralmente a ribattere a ciò che stava per dire.
“Sei
una stupida!” affermò deciso, senza distogliere lo sguardo. Lei smise di
singhiozzare senza volerlo.
“Tsk”
sbuffò, lasciandole le mani e facendo un passo indietro, “A cosa ti serve
essere così vanitosa?” quella domanda suonò come un’affermazione; aveva un tono
quasi di rimprovero e di sdegno, ma il suo sguardo, che aveva percorso
lentamente la sua figura per poi tornare sui suoi occhi, esprimeva
eloquentemente tutt’altro che disprezzo. Infine, come se nulla fosse, uscì
dalla stanza.
Lo
osservò scomparire oltre la porta e tornò lentamente alla calma. Ripensò al
comportamento dell’uomo e un piccolo sorriso si fece largo sul suo viso,
“Grazie” mormorò dolcemente.
Un rumore improvviso all’interno della cameretta cancellò in un
istante il riflesso di quel sorriso sul volto di Bulma, ridestandola dai
suoi ricordi. Intuendo che Vegeta era sul punto di uscire dalla stanza di Bra,
fu presa vagamente dal panico e si guardò intorno nervosa, passando in rassegna
un milione di possibili scuse per giustificare la sua presenza nel corridoio.
Lo scatto repentino con cui si allontanò istintivamente dalla porta tuttavia,
non fu abbastanza fulmineo per evitare di essere beccata a spiare impunemente,
da un Saiyan che faceva dell’essere costantemente diffidente e all’erta il suo
stile di vita. Al Saiyan in questione peraltro, che finì inevitabilmente per
notare la donna e la sua strana espressione, non era servito che un semplice due
più due per intuire la situazione, conoscendo fin troppo bene le abitudini
della sua compagna.
Bulma si era sentita rivolgere una sorta di ringhio sommesso, ma
nulla di più. Vegeta infatti, che si era limitato ad augurarsi mentalmente di
non essersi reso troppo protagonista dei divertimenti della donna, si fermò
solo per un secondo a fissarla con la coda dell’occhio, incamminandosi lungo il
corridoio e ignorandola come se nulla fosse.
“Ah Vegeta, eri qui?” domandò Bulma, fingendo di essere sorpresa
ed ostentando naturalezza. Ignorò a sua volta, tra le altre cose, la terribile
espressione del Saiyan e il fatto che non si fosse fermato; ma, soprattutto, si
sforzò di rivolgersi a lui come se la presenza di Vegeta nella camera della
figlia fosse del tutto normale. “Pensavo dormissi già” insistette, parlando
ormai al vento, dato che il compagno si era già allontano. Conscia di non
essere più ascoltata, decise infine di entrare nella camera di Bra.
Il Saiyan proseguì deciso verso la sua stanza, continuando a non
prestarle la minima attenzione, fermamente intenzionato a tornare a fare ciò
che stava facendo prima di essere disturbato, cioè dormire; non senza aver
rivolto mentalmente qualche maledizione a Bulma e alla sua brillante idea di
piazzare la camera della mocciosa a pochi passi dalla loro. A fare le spese
dell’evidente nervosismo dell’uomo, furono ben presto sia la porta della sua
camera da letto, spalancata con un gesto brusco e richiusa altrettanto delicatamente
in meno di un secondo, sia le coperte, che furono scostate dal letto con un
certo, malcelato disprezzo. Da ultimo toccò al cuscino, che venne sprimacciato
in modo fin troppo energico e dovette cedere ben presto, sotto i colpi di un
guerriero Saiyan risolutamente deciso a riprendere sonno al più presto.
L’espressione irritata di Vegeta, nel momento in cui aveva chiuso gli occhi,
appoggiando finalmente il capo sul povero guanciale, esprimeva chiaramente la
sua ferrea intenzione di porre fine immediatamente a quella maledetta giornata.
Non passò che qualche istante, prima che Bulma entrasse a sua
volta nella stanza. Gettò un’occhiata all’uomo, in apparenza addormentato, col
chiaro intento di saggiarne l’umore. “Bra dorme” annunciò in tono tranquillo,
lasciandosi andare ad un vistoso sbadiglio, per poi stiracchiarsi. “Sono
stanca, è stata una lunga giornata” continuò parlando in modo naturale. Senza
attendere alcuna reazione dal Saiyan, cominciò lentamente a svestirsi, tenendo
sempre sotto costante osservazione il compagno, seppur solo con la coda
dell’occhio.
Vegeta non si degnò peraltro di dare il minimo segno di vita; che
stesse già dormendo o semplicemente avesse deciso di ignorare la donna fingendo
di farlo, impossibile intuirlo a un’occhiata distratta. Tuttavia, Bulma non era
certo il tipo da lasciarsi distrarre o ingannare, né tantomeno intimidire
dall’indifferenza mostratale da Vegeta. Entrò tranquillamente in bagno e, pochi
secondi più tardi, si udì chiaramente il rumore dell’acqua scorrere. “Bra era
molto felice oggi. È stata una bella festa!” disse a voce alta, affinché anche
il suo presunto interlocutore potesse sentirla. L’acqua smise di scorrere poco
dopo. “Anch’io mi sono divertita molto” continuò a parlare a distanza. Il tono
della voce risultò lievemente allusivo, ma questa volta appariva benevolo; non
vi era alcuna traccia di malizia, né di cattiveria. Un istante dopo, uscì dal
bagno indossando una sottoveste piuttosto succinta.
Con un gesto tanto istintivo quanto impercettibile, il Saiyan si
limitò a partecipare a quella supposta conversazione sollevando appena una
palpebra, quel tanto che bastava per osservare, o meglio sbirciare la compagna,
mentre si muoveva per la stanza. Nel tentativo di seguitare ad ignorarla
tuttavia, tornò quasi subito a chiudere gli occhi.
A Bulma, quella piccola reazione non era di certo sfuggita; ma,
nonostante ciò, continuò a parlare con Vegeta come se nulla fosse, afferrando
un indumento dal suo cassetto. “Le sono piaciuti tanto i regali! Quello di Trunks
soprattutto!” affermò soddisfatta. Nel frattempo, con una serie di movenze
studiatamente sexy, la sottoveste lasciò il posto a una camicia da notte ancora
più succinta e provocante. Il tono della sua voce contrastava vivamente con i
suoi gesti, naturalmente seducenti, che la donna fingeva di compiere con una
spontaneità che aveva l’effetto di renderla ancora più attraente. “Pensa,
l’aveva ancora in testa quell’elastico! Credo che non riusciremo più a
toglierglielo!” affermò ridendo.
Vegeta, ormai avvinto da quelle movenze, si era ritrovato a
schiudere gli occhi senza accorgersene, dimenticando completamente la fermezza
dei suoi fieri propositi di ignorare la donna. A quelle ultime parole e alla
risata di lei, tuttavia, la reazione del Saiyan ripiombò inevitabilmente e
altrettanto involontariamente nell’irritazione. Quel dannato elastico non la
smetteva di perseguitarlo! E quella maledetta storia non pareva avere fine! Con
un immane sforzo rimase in silenzio; serrò la mascella in uno scatto nervoso,
corrucciando le sopracciglia in un ennesimo, esasperato tentativo di mantenere
la calma.
Bulma si fermò per un momento, quando i suoi occhi si posarono
sullo specchio che rifletteva la sua immagine a figura intera, ed esitò un
istante. “Sai?” continuò con un tono più pacato, “Era bello il vestito che hai
scelto… Credo che domani andrò al negozio e lo comprerò. Sarebbe proprio carina
con quel vestito”. Pronunciò quelle parole ancora una volta priva di ogni
malizia, senza prenderlo in giro. “In fondo noi donne siamo vanitose!”. Questa
volta la sua tonalità risultò divertita; osservò nuovamente Vegeta, un secondo
dopo, con la coda dell’occhio.
La calma, a quel punto, era ormai un concetto lontano anni luce
dal Principe dei Saiyan. L’impercettibile occhiata che aveva seguito le curve
della compagna riflesse in quello specchio aveva acceso d’eccitazione lo
sguardo dell’uomo solo per una frazione di secondo; con la stessa rapidità con
cui un desiderio inequivocabile si era manifestato sul suo volto tuttavia,
quello stesso accenno di turbamento aveva lasciato repentinamente il passo ad
un cipiglio corrucciato che l’aveva spazzato via in un istante. A prima vista,
lo si sarebbe creduto quasi volontario, tale era stato l’istantaneo cambio
d’espressione. In una reazione improvvisa ed estremamente rapida, scattò
mettendosi seduto. “Smettila di blaterare a vanvera! Mi hai stufato!” sbottò,
visibilmente nervoso e un po’ imbarazzato, a causa dell’ultima frase di lei.
Bulma ignorò completamente la reazione brusca del compagno. Si voltò
a guardarlo solo per un momento, con un’espressione perplessa. Infine si
rivolse a lui come se gli stesse spiegando una cosa ovvia. “Non si può privare
una bella ragazza di un bel vestitino, no, no!” affermò con rimprovero, “E poi,
magari, se dico loro che sono la moglie dell’eroe che ha sventato così
coraggiosamente la rapina, mi fanno anche lo sconto!”. Quell’ultima frase,
infine, non poté evitare l’inevitabile. Le fu impossibile pronunciarla in modo
serio e scoppiò in una fragorosa risata, non riuscendo più a trattenersi.
Nonostante ciò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, Bulma si avvicinò
e si infilò sotto le coperte subito dopo, sforzandosi di non incrociare lo
sguardo di Vegeta e, soprattutto, di smettere di ridere.
Il Saiyan, in realtà, decisamente poco divertito e con
un’espressione imbronciata, altrettanto impegnato a controllare tutt’altro
istinto, si limitò ad emettere una sorta di ringhio sommesso, voltando di
scatto il capo nella direzione opposta e incrociando le braccia al petto
nervoso, ormai, in apparenza, irrimediabilmente irritato.
Pian piano la risata di Bulma si tramutò lentamente in un sorriso.
Si soffermò ad osservarlo con un’espressione divertita, ma ogni traccia di
malizia era di nuovo scomparsa dal suo volto. Dopo qualche istante però, il suo
sguardo si accigliò lievemente in un moto di rimprovero esasperato. “Oh avanti
tesoro! Sto cercando di chiederti scusa!” sbottò con un tono teneramente
scocciato.
Per alcuni istanti, Vegeta sembrò accogliere con la più totale
indifferenza quell’affermazione; lo sguardo rivolto di fronte a sé, evitò
accuratamente di incrociare quello della compagna, che continuava a scrutarlo
in attesa di una qualche reazione. All’attento esame della donna, non sfuggì
tuttavia il lieve corrugarsi delle sopracciglia di lui, segno che quelle parole
avevano sortito un certo effetto e che il Saiyan stesse riflettendo sul loro
reale significato. Lo sguardo dell’uomo si distese impercettibilmente e si fece
lentamente meno imbronciato e severo. Apparentemente assorto in qualche
pensiero, la sua espressione concentrata finì per tramutarsi infine in una
decisamente maliziosa, nel momento in cui si decise a voltarsi verso di lei.
“Tsk, c’è modo e modo per chiedere scusa” affermò squadrandola con lentezza,
decisamente allusivo e ormai chiaramente concentrato sulla sua camicia da
notte.
Anche lo sguardo di lei si tinse per un momento di assoluta
malizia; ricambiò l’occhiata carica di desiderio che le aveva rivolto Vegeta
con un’espressione tra le più seducenti del suo repertorio. Ciò nonostante
sembrò passargli per la testa qualche pensiero diverso, che le restituì quasi
all’istante un’aria naturale e distratta. Parve riflettere su qualche cosa
velocemente e ricominciò a parlare, come se nulla fosse; intenta nel frattempo
ad aggiustare il cuscino, come seguendo meccanicamente con quel gesto le sue
riflessioni. “Mica ti ricordi quanto costava quel vestito? Cioè, poi non
m’importa quanto costa…” cominciò a farneticare tra sé e sé, immersa ormai
nuovamente nelle sue elucubrazioni. Che il suo scopo fosse di fargliela pagare
almeno un po’ anche lei o che lo facesse solo per di divertirsi, non sembrava
avere poi molta importanza. Il risultato fu in ogni caso il leggero inarcamento
di un sopracciglio da parte dell’ormai alquanto impaziente Principe, che la
osservò per un momento assolutamente incredulo e quasi del tutto spiazzato.
“Chissà se c’era anche in rosso? Bra sta così bene in rosso…” continuò lei,
senza sosta, con il chiaro intento di non smettere tanto presto.
Vegeta tornò, inevitabilmente, a corrucciarsi irrequieto per un
momento. Quella donna aveva un modo di fare decisamente esasperante!
Oltrepassata ormai una molteplicità di stadi di irritazione, nervosismo ed
eccitazione e già ben oltre ogni limite umano ed alieno di sopportazione, sul
volto del Saiyan aveva finito per palesarsi, al colmo di tutte quelle emozioni,
l’unica espressione che riuscisse a contenerne la somma; un’imperturbabilità
assoluta. Stufo del modo di fare di lei e ancora fermamente deciso a porre fine
a quella giornata, parve convincersi, alla fine, che l’unico modo per uscirne
vincitore sarebbe stato l’uso della forza. Le afferrò una spalla non troppo
delicatamente, costringendola a girarsi e a guardarlo negli occhi. “Ti ho detto
di piantarla!” ripeté minaccioso, accostandosi lentamente a lei. Il tono
di quelle parole suonò lapidario; non ammetteva repliche, così come il suo
sguardo severo e inflessibile. Bulma replicò di fatto in silenzio, incatenata a
quegli occhi, che incombevano su di lei più prepotenti della sua stretta.
Sussultò appena quando lui la baciò, ancora sorpresa nel confondersi di fronte
a quel suo modo irresistibile di vincere ogni scontro. Si fermò un secondo a
guardarlo… No, lui non avrebbe vinto tanto facilmente… Sorrise.
“Accidenti Vegeta, ce ne hai messo di tempo!” sussurrò dolcemente,
con una punta di ironia. “Stai zitta!” rispose lui, prima di metterla a tacere
una volta per tutte, cercando nuovamente le sue labbra.
FINE…
Qualche
ora prima…
... la rapina poteva trasformarsi in una tragedia, se non fosse
tempestivamente intervenuto un eroico cittadino a fermare i malviventi... Non
ci ha voluto rilasciare un’intervista, purtroppo, né conosciamo il nome di
questo generoso...
Goten osservò lo schermo televisivo con un’espressione sgomenta.
Deglutì sonoramente, mandando giù il boccone che stava masticando. “Ehi! Ma
quello è Vegeta!” esclamò sbalordito, additando l’elettrodomestico e suscitando
lo stupore dei presenti.
Goku si ritrovò involontariamente ad alzare gli occhi dal piatto
in un’espressione incuriosita. Senza accorgersene era rimasto immobile,
completamente rapito dalla voce dello speaker e dalle immagini che si
susseguivano, inequivocabili, sullo schermo; con la mano che reggeva il
cucchiaio ferma a mezz’aria, pareva essersi dimenticato perfino di masticare.
…è raro trovare un tale esempio di abnegazione, eroismo e…
modestia...
Masticare fu l’ultimo dei suoi problemi quando, sgranando gli
occhi per la sorpresa e l’incredulità, si ritrovò a sputare in modo inconsulto
quello che stava mangiando, nel tentativo di evitare di strozzarsi.
Travolto in pieno dall’inondazione, Gohan si limitò a ripulirsi la
faccia col tovagliolo in un gesto meccanico e in preda ad uno stato di trance.
Lo sguardo fisso sulla televisione, si accorse a malapena di suo padre.
“Goku! Ti sembra il modo di comportarti a tavola?!” lo rimproverò
Chichi, come se nulla fosse. “Mamma?” domandò invece la piccola Pan,
strattonando un lembo della gonna della madre, incuriosita e confusa dallo
strano comportamento generale.
… un signore così per bene, era qui a comprare un regalo per la
sua bambina...La signora
ingioiellata, che riempiva lo schermo col suo sguardo rapito e sognante,
raggelò per un momento nel silenzio la quasi totalità dei commensali.
“C… come?” rispose distratta Videl, che a malapena aveva sentito
la figlia.
Chichi volse finalmente la sua attenzione alla tv, ascoltando
infine le parole del cronista. “Ah, quasi dimenticavo, oggi è il compleanno di
Bra” esclamò sorridente, colta dall’improvvisa illuminazione.
FINE!
vivvina:
Non siamo sicure che a
Vegeta piacerebbe essere definito un paladino della giustizia XD. Grazie mille
per i complimenti, speriamo che ti sia piaciuto anche il finale di questa
storia.
Angelo
Azzurro: Grazie per i
complimenti e per aver messo la storia tra i preferiti. Riguardo a Vegeta, ha
davvero rischiato di esplodere, ma è stato bravo dai. ^_*
lilly81: Lo scopo era quello di divertirci e se così ti è sembrato allora
possiamo considerarci più che soddisfatte ^^. Grazie per i tuoi complimenti, da
parte nostra cercheremo di crescere ancora.