Il bello della diretta

di fusion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scena uno: “Si salvi chi può!”. Motore… Azione! ***
Capitolo 2: *** Scena due: "Dalla padella nella brace". Motore... Azione! ***
Capitolo 3: *** Scena tre: “Per finire in bellezza”. Motore… Azione! ***



Capitolo 1
*** Scena uno: “Si salvi chi può!”. Motore… Azione! ***


Nota

Nota: La storia qui presente è stata pensata, scritta ed elaborata da due autrici che hanno deciso di collaborare. Frutto di un anno di lavoro intenso siamo finalmente giunte alla conclusione di quella che, inizialmente, doveva essere una One-Shot. I capitoli saranno dunque pochi, ma intensi. Speriamo che il nostro lavoro sia di vostro gradimento.

 

IL BELLO DELLA DIRETTA

 

Scena uno: “Si salvi chi può!”.  Motore… Azione!

 

L’immenso centro commerciale, addobbato da molteplici ornamenti e decorazioni, quel giorno era gremito di gente. Nonostante l’orario, vicino alla chiusura, una gran folla sembrava ancora alacremente indaffarata nelle compere dell’ultimo minuto. Non tutti, però, apparivano elettrizzati all’idea di trovarsi in mezzo a una tale confusione e non tutti, soprattutto, parevano assorbiti così serenamente in quell’atmosfera allegra e frenetica. Un Saiyan dall’aspetto minaccioso stazionava infatti davanti alla vetrina di un negozio ormai da qualche minuto, evidentemente contrariato, e la sua posa irrigidita, nonché la sua espressione estremamente incupita, parevano contrastare con l’intorno come una nota terribilmente stonata.

Quella maledetta donna l'aveva incastrato ancora una volta; perché diavolo c'era il bisogno che ci andasse proprio lui a comprare il regalo alla mocciosa?! E perché diavolo una mocciosa di un anno avrebbe avuto bisogno di un regalo, poi?! Il Principe dei Saiyan ridotto a fare shopping come un comune terrestre, tsk; che assurdità! Vegeta aveva indugiato, intento in simili pensieri, per un tempo imprecisato; frenato dalla sua estrema riluttanza, o meglio dal suo nervosismo; gli servì una forte dose di autocontrollo soltanto per decidersi, finalmente, a mettere piede all’interno del negozio. Il tempo di un ennesimo sguardo irrequieto all’ambiente tuttavia, e le sue vaghe preoccupazioni finirono immancabilmente per concretizzarsi, oltre le sue più nefaste previsioni, nell’offensiva fulminea e determinata di una delle commesse, che lo assalì, letteralmente, sfoderando un sorriso smagliante come fosse la più letale delle tecniche combattive.

“Posso esserle utile?” lo apostrofò cordiale la giovane donna, attendendo che l’uomo, ai suoi occhi un cliente indeciso, le rivolgesse la parola.

L'indeciso cliente, in realtà, si voltò appena con un'espressione terribilmente accigliata e tutt’altro che cordiale. “No” rispose lapidario. Mentre pronunciava quel secco rifiuto però, lo sguardo di Vegeta finì per concentrarsi, suo malgrado, sull’esposizione di vestitini colorati, in bella mostra vicino all’ingresso; ognuno abbellito con svariati nastrini, paillettes e altre appariscenti amenità rendeva, nell’insieme, la parete del negozio una variopinta e abbagliante formazione d’attacco, i cui guerrieri in miniatura incombevano in tutta la loro potenza color pastello. Troppo, anche per uno tra i guerrieri più forti della Galassia! Il Principe dei Saiyan si trovò a trattenere a stento un moto di disgusto; era quello dunque, il negozio che gli aveva consigliato così caldamente Bulma?! Quella donna aveva voglia di scherzare!

Sentendo la risposta dell’uomo, la commessa si ritrasse intimorita e fece due passi indietro, osservandolo stralunata per alcuni secondi. Scrutando incredula l’espressione del suo strano cliente, concluse però, secondo una logica più rassicurante, che la sua fosse proprio indecisione piuttosto che istinto omicida, come a prima vista poteva apparire. Insistette quindi con coraggio. “Vuole provare a vedere un po’ di vestitini?”.

L'espressione di Vegeta, in effetti, era visibilmente tutt'altro che indecisa; o meglio, sembrava indeciso fra la possibilità di eliminare la donna o di ignorarla semplicemente. Parve rifletterci per un istante, ad ogni modo, e optare per una terza soluzione. “Li vedo anche da qui” replicò minaccioso e un tantino sarcastico, sperando in cuor suo di togliersela dai piedi una volta per tutte, senza spargimenti di sangue.

Proprio in quel momento, intanto, una distinta signora ingioiellata era entrata nel negozio, accompagnata da un bambino sui quattro anni, che la seguiva stringendo tenacemente l’orlo della sua gonna. Incuriosita all’istante dall’amabile conversazione tra il Saiyan e la commessa, o più propriamente attratta dall’uomo affascinante che fissava con sguardo truce il campionario di abitini per bambina, si convinse che stava assistendo ad un normale consulto e che intromettendosi avrebbe reso un servigio utile... e soprattutto competente. Si sa, gli uomini non hanno gusto per queste cose, pareva comunicare la sua espressione divertita e affascinata, e di certo quell’uomo avrebbe gradito l’intervento di un’esperta.

“Ma se preferisce vederli più da vicino posso mostrarglieli” si offrì nuovamente la commessa, facendo cenno di seguirla.

La donna si avvicinò con il palese intento di ficcanasare. “Deve comprare un vestitino per la sua bimba?” intervenne come nulla fosse, osservando sognante l'individuo che aveva tutta l’aria di essere un bravo, impacciato e, soprattutto, attraente papà.

Vegeta, sul punto di liquidare definitivamente la commessa con qualche simpatica e ben più risolutiva frase di commiato, fu anticipato di un soffio dalla gentile signora. La squadrò da capo a piedi oltremodo seccato e disgustato, maledicendo il giorno in cui aveva messo piede sulla Terra in modo fin troppo convinto e, soprattutto, rimpiangendo come non mai il giorno in cui avrebbe potuto distruggerla. Dopo aver posato il suo sguardo ostile anche sul moccioso, che si agitava strattonando le sottane della sua nuova seccatura, fu tentato per un istante di incenerire perlomeno quel centro commerciale, ma parve decidersi per una soluzione più indolore. Pensò bene di ignorare bellamente anche la seconda donna, nella speranza di vederla desistere, com’era solita fare la maggior parte dei terrestri che aveva a che fare con i suoi modi. Andarsene in tutta fretta da quel detestabile posto e mandare al diavolo l’intera faccenda cominciava ad essere, dal suo punto di vista, una possibilità più che concreta.

“Se la sua bimba è bella quanto lei, le consiglio di comprarle quello nell'angolo.” insistette la donna ammiccando palesemente, sotto lo sguardo perplesso del figlio, più interessato al reparto giocattoli che s’intravedeva al di là dei passeggini.

“Ha ragione la signora, la sua bambina starà sicuramente benissimo con quell'abitino!” rincarò la dose la commessa, immaginandosi una bella bimba somigliante all'uomo, con indosso l’abitino rosso.

Appena fuori del negozio intanto, un uomo dall’aria trasandata si era trovato ad assistere involontariamente al dialogo; si guardò attorno e gettò un’occhiata distratta all’interno del locale, attraverso la vetrina. Dopo una lieve esitazione però, apparentemente poco interessato agli abitini per bambina, tornò sui suoi passi lungo il corridoio, sogghignando divertito. Vegeta lo notò appena; stava ormai facendo appello a tutto il suo autocontrollo, per non trovarsi a risolvere troppo radicalmente i suoi problemi senza bisogno di ulteriori sollecitazioni. Tuttavia, mentre l'istinto gli suggeriva ancora più insistentemente di mandare al diavolo quelle due seccature e tutto il resto del pianeta, compresi gli idioti che trovavano la cosa divertente, l'immagine di Bulma e di come avrebbe potuto reagire nell’eventualità si fosse presentato a mani vuote lo costrinse a farsi forza.

Quell’immagine, ciò nondimeno, aveva finito immancabilmente per irritarlo all'inverosimile, nonostante fosse riuscita invece nell’intento di salvare le due da morte certa. Il suo sguardo vagò dapprima sulla commessa, poi sulla signora ed infine sul moccioso, “Perché non se lo compra lei quell'inutile straccio?!” sbottò brusco, ormai al limite della sopportazione.

Le due donne raggelarono all’unisono, costernate e spiazzate dalla reazione del Saiyan. “S... se non le piace posso consigliarle un altro paio di abiti” balbettò impacciata la commessa, mentre la signora continuava a fissarlo confusa.

Ok, ora era veramente arrivato al suo limite! Maledizione! Perché le donne di quel pianeta dovevano essere tutte così insistenti e insopportabili?! Vegeta era ormai palesemente sul punto di replicare qualcosa di ben più drastico ed efficace, ma all'improvviso, l'uomo che passava nei paraggi appena qualche secondo prima si ripresentò, varcando deciso la soglia del negozio con tutt’altra espressione rispetto alla precedente; impugnava una pistola.

“Fermi tutti, questa è una rapina!” intimò avanzando di qualche passo. Lo seguivano alcuni complici, anch’essi armati, che si disposero in altrettanti punti strategici. La clientela atterrita e sconvolta si raggelò per un secondo immobile e improvvisamente silenziosa, paralizzata dalla paura, e il malvivente si trovò a minacciare le persone a lui più vicine. Colto da un improvviso senso di colpa però, non riuscì a prendersela con donne e bambini e la sua scelta ricadde dunque sulla persona meno indicata in tutta la Galassia: Vegeta.

I clienti, realizzata in un lampo la situazione e presi dal panico, si gettarono a terra gridando “Ha una pistola!!!”.  L’amabile signora strinse a sé il bambino in un moto istintivo e si avvicinò spaurita alla commessa; entrambe si appiattirono tremanti sul pavimento cercando di sembrare invisibili e cominciarono a singhiozzare.

Vegeta, dal canto suo, si era limitato a reagire alla cosa con una certa indifferenza. Quella rapina pareva solo l'ennesima seccatura della giornata.  Fissò l'uomo con un’espressione estremamente infastidita e, ovviamente, non indietreggiò nemmeno di un passo. Pensando distrattamente ad un modo sbrigativo e non troppo problematico per liberarsi anche di quest'ennesimo scocciatore, ormai stufo di tutta quella storia, la sua preoccupazione principale pareva piuttosto quella di comprare il primo inutile pezzo di stoffa che gli fosse capitato a tiro e di tornarsene definitivamente a casa. Il suo sguardo infatti, aveva cominciato istintivamente a vagare fra i vestitini esposti sulla parete con un certo nervosismo.

I malfattori, in postazione, continuavano intanto a minacciare i clienti inermi e terrorizzati. Solo l'uomo ad aver varcato per primo la soglia restò immobile; lanciò un'occhiata spazientita a Vegeta e gli poggiò, non proprio gentilmente, una mano sulla spalla. “Ehi tu, stenditi a terra!” ordinò puntandogli l'arma contro. Il Saiyan, del tutto impassibile, si voltò appena a fissare la mano dell’uomo, per neanche una frazione di secondo. Un attimo dopo, il rapinatore, senza avere nemmeno il tempo di rendersene conto, si ritrovò a impattare con violenza contro qualcosa di estremamente solido e finì fracassato contro il muro, sommerso da vestitini colorati e tutine per neonati.

L'intera clientela osservò la scena in un generale, incredulo mutismo, mentre i complici dell'uomo, allibiti e sconcertati, si voltarono a guardarlo in preda ad una certa indecisione, non del tutto certi di quello che era appena accaduto. L’unica cosa che appariva loro lampante e fuori da ogni dubbio era il loro compare, che giaceva al suolo in una posa scomposta, inequivocabilmente privo di sensi.

Uno dei rapinatori si riscosse dopo pochi istanti e si precipitò in aiuto del malcapitato. Gli altri due, completamente ignari del pericolo, si scambiarono invece un’occhiata complice e si avvicinarono all'uomo che aveva osato reagire, ostentando una certa sicurezza nella convinzione di spaventarlo. Persuasi che il loro collega fosse stato sicuramente colto di sorpresa, mostravano tutte le intenzioni di riprendere il controllo della situazione.

Vegeta sembrò non curarsene ancora una volta, anche se appariva a questo punto più che evidente che la sua pazienza fosse agli sgoccioli. Questa storia cominciava a dargli decisamente più seccature del previsto e la sua espressione, sempre più infastidita, che tornò a vagare sconsolata sul variopinto display di abitini ormai devastato e sparpagliato per tutto il pavimento, s’incupiva di minuto in minuto.

Continuando a minacciare la clientela con le armi, nel frattempo, i rapinatori obbligavano i presenti a restarsene a terra, cercando di contenere l’agitazione causata da quello sfortunato imprevisto, ma l’atteggiamento di quello strano individuo non era comunque passato inosservato, tanto che qualcuno tentò di dissuadere Vegeta dal reagire ulteriormente. “Ma che fa, è pazzo?! Faccia come le dicono!” urlò un uomo steso al suolo.

Uno dei malfattori puntò infine la pistola verso il Saiyan. “Ehi tu, hai sentito? Come hai osato?! Sdraiati a terra, muoviti!” gli intimò, facendo cenno con l'altra mano di stendersi. “Come sta?” domandò l'altro, all'indirizzo dell'uomo corso in aiuto dell'amico. “Ẻ soltanto svenuto… ma f… forse ha qualcosa di rotto” rispose il terzo, notevolmente confuso, che si stava assicurando sommariamente dei danni subiti dal compagno con una certa incredulità.

Vegeta guardò distrattamente l'orologio sulla parete del negozio, si stava facendo tardi e la cosa di certo non contribuiva in alcun modo ad aumentare il suo buonumore. Afferrò un vestitino a caso con l’intento di passare, ignorando bellamente i due malviventi di fronte a lui. “Toglietevi dai piedi, buoni a nulla!” esclamò severo e al culmine dell’irritabilità.

I due uomini lo guardarono sempre più esterrefatti, mentre dalla clientela cominciavano a levarsi cori di stupore e meraviglia. “Dove pensi di andare tu?!” lo minacciò uno di loro. Si voltò nervoso verso gli ostaggi un secondo dopo. “State zitti voi!” urlò, tornando immediatamente a puntare la pistola verso l'uomo. “Torna al tuo posto e straiati!” ordinò ancora, ormai palesemente spazientito e nervoso.

Vegeta lo fissò imperturbabile; per un momento sembrò riflettere svogliatamente su qualcosa e parve giungere alla conclusione che quei tizi non avevano alcuna intenzione di farlo passare. Sbuffò esasperato, sfogando una certa insofferenza, come a chiosare il suo breve ragionamento. Eliminare quegli idioti non era auspicabile; di certo gli avrebbe procurato più problemi che altro e soprattutto avrebbe fatto infuriare Bulma, l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Sempre più seccato, avrebbe voluto soltanto prendere il dannato vestito e andarsene di lì. Il risultato di quella rapida riflessione fu semplicemente un impercettibile aumento della sua aura; e i due si ritrovarono a fare la stessa fine del loro compare, senza nemmeno accorgersene.

La cassiera fissò sgomenta il Saiyan, mentre si avvicinava con un’aria oltremodo truce e un vestitino rosa fra le mani. Il suo sguardo smarrito si ritrovò involontariamente a posarsi, subito dopo, sul quarto rapinatore, ormai visibilmente spaventato. Afferrando finalmente che l'uomo davanti a sé aveva steso tutti i suoi compagni con estrema facilità, questi si spalmò inizialmente sulla parete, tremando a dir poco terrorizzato. “A... a... aiutoooooooo!” gridò uscendo di corsa un secondo dopo, sbraitando come un ossesso.

Proprio in quel momento, un ragazzino dai capelli lilla, apparentemente un qualunque ragazzo sui tredici anni, stava varcando la soglia del negozio. Vagamente distratto dal sacchetto che teneva in una mano e che faceva roteare soprappensiero, il ragazzino non si accorse dell’uomo che stava correndo nella sua direzione e il poveretto finì per rovinargli contro. Il violentissimo impatto col nuovo arrivato lo tramortì e, senza nemmeno capire come avesse fatto a finire contro un muro di cemento, si ritrovò al suolo stordito e incapace di muoversi. Il ragazzo, al contrario, non pareva essersene nemmeno reso conto; si guardò intorno, evidentemente alla ricerca di qualcuno. Osservò distrattamente l’uomo steso a terra semisvenuto, ma dopo appena un istante parve però interessato a qualcos’altro. Solo quando riconobbe la sagoma del padre, si addentrò nel locale. Sembrò non badare nemmeno alla confusione generale e, senza fare una piega, scavalcò un altro individuo sdraiato a terra, che gli era d'intralcio. “Papà!” chiamò ad alta voce, nel tentativo di attirare l’attenzione di Vegeta.

Il Saiyan osservò turbato la cassiera, svenuta a causa di un improvviso mancamento, affacciandosi oltre il bancone in un misto d’irritazione e perplessità. Che diavolo le era preso adesso?! Di certo il suo buonumore non accennava a migliorare in alcun modo, anzi, non gliene andava bene una! Si voltò appena a guardare Trunks con un’espressione seccata, mentre il ragazzo si avvicinava sorridendo.

Frattanto, passato ormai lo spavento, i clienti stavano cominciando a rendersi conto dello scampato pericolo e a rialzarsi; e avevano preso a vociare rumorosi. Alcuni tra i più coraggiosi si erano subito apprestati a controllare che i rapinatori fossero davvero fuori combattimento e avevano allontanato le pistole. Altri uscirono dal negozio in cerca di aiuto, mentre qualcuno era ancora impegnato a soccorrere i più spaventati. Padre e figlio, al contrario, sembravano non fare alcun caso al caos. Trunks infatti, assunse improvvisamente un'aria soddisfatta mostrando al padre il piccolo sacchettino, che aveva smesso di far volteggiare individuato il genitore. “Trovato!” esclamò orgoglioso, mentre la gente concitata lo oltrepassava per uscire dal negozio.

Vegeta si limitò a replicare con una smorfia contrariata. Osservò la busta tentando di sbirciare per intravederne il contenuto, dopo aver constatato, non senza una certa impazienza, che qualche cliente accanto a lui stava finalmente provando a far riavere la cassiera, ancora sotto shock.

Il giovane Saiyan scostò il misterioso sacchetto, ritirando la mano appena in tempo per suscitare un’ennesima smorfia ancora più irritata nel suo interlocutore, che non era riuscito a vedere nulla. “Sono sicuro che a Bra piacerà tantissimo, secondo me le starà benissimo!” esagerò, assumendo un’aria da bravo fratello maggiore.

Vegeta cominciò, a quel punto, ad apparire visibilmente infastidito perfino dall'atteggiamento del figlio. Un moccioso non poteva essere più bravo di lui nel comprare uno stupido regalo, tutta quella storia aveva del ridicolo! Ci mancava solo questo! Osservò sconsolato la cassa vuota e la cassiera semisvenuta che non accennava a rialzarsi. Ma quanto accidenti ci voleva?! E dove diavolo erano finiti tutti?!

Trunks sbirciò nuovamente all'interno del sacchetto continuando a parlottare tra sé su quanto fosse perfetto il regalo, infine si girò verso il genitore. “A te papà com'è andata?” s'informò tutto tranquillo.

Un'ombra di estremo disappunto calò inesorabile sul volto del Saiyan, che fissò il figlio con uno sguardo truce. “Non ho ancora comprato nulla” borbottò torvo guardandosi ancora intorno e cercando la noiosa seccatrice di prima. Il negozio pareva ormai immerso nello scompiglio più totale, il continuo via vai di gente che vociava eccitata si era spostato ormai anche all’esterno e nessuno sembrava più interessarsi a lui. Possibile che un minuto fa non riusciva a togliersela dai piedi e ora non voleva saperne di vendergli quello stupido vestito?!

Trunks sbiancò visibilmente quando notò lo sguardo del padre, segnale inequivocabile d’imminente pericolo. “Ehm... ” bofonchiò tra sé in cerca di una risposta appropriata, ma a salvarlo arrivò provvidenziale un avviso di chiamata sul suo cellulare. Lo estrasse dalla tasca leggendo il nome sul display e sospirò sommessamente appoggiandosi lo strumento all'orecchio. “Pronto, mamma... ” rispose allontanandosi.

Alla parola "mamma", Vegeta impallidì appena; come se si fosse riavuto improvvisamente, cominciò con più decisione a cercare qualcuno per porre fine a tutta quella farsa. Guardandosi attorno però, notò che il negozio si stava facendo sempre più affollato. Era arrivata anche la polizia; e Trunks sembrava all’improvviso sparito nel nulla. La sua espressione s’incupì in preda ad un istintivo disagio. Quel moccioso ovviamente non c'era mai quando serviva e adesso chissà dove diavo…

“Eccolo, è lui!”. Sentì una voce provenire dal fondo, che in qualche modo lo mise automaticamente in allarme. “Quello lì, con i capelli strani!”. In un attimo fu il caos; poliziotti, giornalisti e una massa di persone comuni lo accerchiarono sbraitando e strepitando, agitando microfoni, taccuini e altri oggetti contundenti. Vegeta si trovò, colto di sorpresa, ad indietreggiare appena, istintivamente, sgranando gli occhi incredulo. Ognuno gli gridava contro frasi concitate, sovrapponendosi in un coro sconclusionato e incomprensibile. Se da quel vociare eccitato, sarebbe stato difficile per chiunque estrapolare una frase di senso compiuto poi, meno di tutti riuscì a capirci qualcosa il Principe dei Saiyan, che per un istante restò letteralmente di stucco di fronte alla scena. Gli ci volle poco tuttavia, per comprendere che la situazione era degenerata. Decisamente!

Mentre veniva assalito dai giornalisti e dai poliziotti che se lo litigavano per fargli domande, si dileguò senza pensarci un secondo di più a super velocità... ovviamente, il vestitino rosa fu l’ultimo dei suoi pensieri.

Uscito da lì, non poté fare a meno di fissare nervosamente l'orologio nella hall del centro commerciale, che a caratteri cubitali incombeva su di lui come un fatale conto alla rovescia. Cominciò a cercare un negozio simile a quello, guidato più dall’angoscia che dal serio proposito di fare shopping, ma ormai iniziava davvero ad essere preoccupato per le sorti del suo regalo e la situazione che si era venuta a creare non pareva suggerirgli molte vie di scampo. Se già inizialmente avrebbe volentieri fatto a meno di tutta quella confusione, ora le cose erano, se possibile, peggiorate ulteriormente e in modo drastico. Come a sottolineare quelle funeste considerazioni, in quel momento, un giornalista si accorse che si era allontanato, scorgendolo da lontano. “Eccolo, sta scappando!” gridò agli altri, che si precipitarono agguerriti al suo inseguimento in massa. Tra urla e strepiti riuscirono a raggiungerlo, approfittando un'altra volta dell’effetto sorpresa, e un’accozzaglia di domande e un concitato vocio a stento comprensibile lo accerchiarono di nuovo in pochi istanti.

Preso dal panico, Vegeta cercò di oltrepassare con lo sguardo la folla urlante che gli si era parata davanti per individuare una via d'uscita. Soltanto dopo aver constatato con estremo disappunto che tutti i negozi stavano chiudendo e che aveva fallito miseramente, riuscì infine a scorgere anche Trunks, in un angolo. Il giovane Saiyan era ancora al telefono; troppo impegnato ad ammirare il suo sacchetto per accorgersi della tragedia che si stava consumando alle sue spalle, pareva l’unico in tutto il centro commerciale a non aver notato la confusione.

Vegeta concluse alla fine di non avere ormai alcuna possibilità. Per un momento, un velato sadismo sembrò attraversargli fugace lo sguardo, segno che, invece, la possibilità di radere al suolo il centro commerciale l’aveva concretamente considerata come una possibile e radicale soluzione a tutti i suoi problemi. Ma finì per usare di nuovo la super velocità per raggiungere Trunks. Anche se la fuga non era una strategia degna del Principe dei Saiyan, convenne con una certa riluttanza che era probabilmente l’unica soluzione praticabile; la sola idea lo disgustava oltremisura, ma doveva assolutamente fuggire da lì!

Il ragazzo, ancora convinto che suo padre si trovasse nel negozio, sussultò spaventato nel momento in cui si sentì afferrare non proprio delicatamente per un braccio. “Aaahhhh”.

“Da dove diavolo si esce da questo maledetto posto?!” gli chiese molto gentilmente Vegeta, evidentemente in preda all'ansia.

Trunks lo osservò senza nascondere una certa agitazione. “Per di là.” Rispose esitando per un momento, limitandosi ad additare una delle uscite. Una voce, al telefono, sembrò richiamare nuovamente la sua attenzione; ma Vegeta aveva già raggiunto l'uscita. “Muoviti, Trunks!” urlò dietro al figlio, che non si era ancora mosso, intento a giustificarsi in qualche modo con la persona all’altro capo del telefono, che pareva risoluta almeno quanto Vegeta.

Costretto infine a salutare frettolosamente la madre e cominciando ad agitarsi di riflesso senza conoscerne neanche la motivazione, Trunks infilò velocemente in tasca il cellulare e finì per correre dietro al padre.

Un branco di giornalisti e poliziotti continuava intanto a vagare confuso per il centro commerciale.

 

Il salotto della Capsule Corporation pareva la versione allegra e variopinta di un campo di battaglia. Il pavimento era tappezzato di palloncini colorati di svariate fattezze e dimensioni; vagavano leggeri, ondeggiando da una parte all’altra della stanza sospinti da una corrente invisibile, urtando mobili, varie attrezzature e le scale di diverse estensioni appoggiate lungo le ampie pareti. Sui muri, alcune ghirlande e diversi striscioni pendevano in attesa di trovare una sistemazione definitiva e, fra tutti, campeggiava il più grande e appariscente, che occupava l’intera parete esposta a est e recitava Buon Compleanno Bra!, a caratteri cubitali. Bulma, in equilibrio su una scala, era intenta a fissare una delle estremità con aria assorta.

Dopo aver sistemato l’ultima applicazione, scese in fretta i pioli raggiungendo un punto d’osservazione più conveniente e si allontanò di qualche passo per esaminare il risultato; sul viso, la stessa espressione concentrata e scrupolosa che riservava ai suoi calcoli. Soddisfatta del progresso del suo lavoro, gettò un’occhiata distratta all’orologio e si ritrovò ad inarcare perplessa un sopracciglio.

Si era fatto piuttosto tardi e di Vegeta e Trunks ancora nemmeno l’ombra. Chissà che cosa stavano combinando quei due al centro commerciale?! Ormai avrebbero dovuto essere a casa da un pezzo. Al telefono, Trunks l’aveva rassicurata sul buon esito dei suoi acquisti. Sembrava fosse tutto ok, ma non le era sfuggito un piccolo particolare; le era parso di sentire la voce di Vegeta, tutt’altro che calma e distesa. Poi Trunks aveva riattaccato in tutta fretta e la cosa le era sembrata a dir poco sospetta. Chissà che cosa era successo? Non c’era verso di stare tranquilli nemmeno un momento con quei due, accidenti a loro!

Proprio mentre si era ormai decisa a non saltare a conclusioni affrettate e a riprendere a lavorare ai suoi addobbi senza farsi inutili paranoie, un rumore all’ingresso attirò improvvisamente la sua attenzione. Sono tornati, finalmente! Senza pensarci un secondo, Bulma posò in tutta fretta gli attrezzi che aveva appena raccolto da terra e si precipitò fuori dalla stanza, con l’intenzione di intercettare i due Saiyan e di ricevere notizie.

Trunks aveva appena oltrepassato la porta d’ingresso leggermente voltato di spalle, rivolto alla persona che era dietro di lui. In apparenza sereno, stava chiacchierando tranquillamente col suo interlocutore, che lo seguiva a debita distanza. Vegeta, al contrario, palesemente scuro in volto, aveva fatto il suo ingresso alla Capsule fissando un punto non meglio identificato sul pavimento; seguitando a bofonchiare frasi incomprensibili e presumibilmente senza senso, pareva una pentola che bolliva sul fuoco.

Il primo dei due ad accorgersi della presenza della donna, fu il giovane Trunks. “Ciao mamma” la salutò sereno. La parola mamma indusse Vegeta a sollevare lo sguardo verso Bulma e a distoglierlo immediatamente. Illividito in un istante, evitò accuratamente di incrociare gli occhi apprensivi della compagna per un secondo di troppo, sprofondando in un mutismo evidentemente inquieto e ancor più nervoso.

L’apprensione di Bulma si dissolse, in ogni caso, non appena udì il tranquillo saluto del figlio “Ciao tesoro” rispose sorridente, spostando solo dopo lo sguardo verso Vegeta. Mm… Non le sfuggì che c’era senz’altro qualcosa che non andava. Nonostante ostentasse sicurezza, la donna non aveva evidentemente scordato la telefonata e l’espressione accigliata del compagno la mise vagamente in allarme. “Allora? Come sono andati gli acquisti?” chiese al ragazzino, continuando a sorridere come nulla fosse.

Trunks sfoderò il misterioso sacchetto senza riuscire a nascondere una punta d’orgoglio. “Tutto bene, l'ho trovato” annunciò allegro. Il Principe dei Saiyan intanto, dissimulando un certo disinteresse, non era riuscito a non osservare con la coda dell’occhio l’oggetto di tanto entusiasmo. Un impercettibile moto di curiosità lo aveva spinto a spiare la singolare busta variopinta e, in un secondo momento, il volto della donna, interessato alla sua reazione. Facendo appello ad una notevole dose di autocontrollo tuttavia, si limitò a incrociare le braccia e attendere in silenzio l’inevitabile.

Bulma osservò il pacchetto, poi Trunks, esibendo infine un sorriso soddisfatto. “Evviva!” esclamò accennando un gesto di esultanza. “Bravo, Trunks! Hai avuto proprio una bella idea, lo sapevo che l'avresti trovato! Tua sorella ne sarà entusiasta!” si congratulò.

Lo sguardo di Vegeta si fece impercettibilmente più seccato di quanto non fosse già, mentre continuava ad osservare il figlio, intento a ricambiare il sorriso della madre. “Eheh... è stato facilissimo trovarlo, spero tanto che a Bra vada bene” dichiarò il piccolo Saiyan, sbirciando ancora nella borsa.

A quelle parole, Vegeta non riuscì infine a trattenere una sorta di commento realmente infastidito. Ignorando però il motivo di tale irritazione, che a Bulma e Trunks doveva apparire come null’altro che l’ennesima e incomprensibile manifestazione del carattere scontroso del Saiyan, i due parvero a prima vista ignorare quel ringhio sommesso. A Bulma tuttavia, ormai avvezza ad interpretare l’umore del compagno, la particolare reazione di Vegeta non era affatto sfuggita. Per nulla incline a soprassedere sull’incarico che aveva assegnato anche a lui e sui suoi sospetti, focalizzò infine la sua attenzione sull’uomo. Il suo sguardo vagò alla ricerca di un eventuale pacchetto che potesse indicare la presenza di un regalo e, successivamente, sbirciò nuovamente il sacchetto del figlio, per assicurarsi che dentro non vi fosse qualcos’altro. Alla fine si rivolse a Vegeta “Dov'è il tuo regalo, tesoro? Voglio vedere che cosa hai comprato, avanti!” lo esortò curiosa, nascondendo al contempo una punta di scetticismo. Trunks si voltò similmente ad osservare suo padre; sul volto era apparsa un’espressione interrogativa e improvvisamente incuriosita. L’ultima volta che glielo aveva chiesto, infatti, non aveva ancora comprato nulla. In seguito aveva finito per dimenticarsene, uscendo dal centro commerciale con quella fretta improvvisa. Chissà se nel frattempo era riuscito a trovare qualcosa? Anche il ragazzo, a quel punto, si ritrovò a fissare Vegeta con una domanda simile stampata in viso, in attesa di una risposta.

Il Saiyan, d’altra parte, era ormai visibilmente seccato e irritato oltre misura e quella domanda non fece altro che peggiorare il suo umore, peraltro già pessimo. I due sguardi inquisitori nondimeno, ben peggiori di uno solo, contribuirono ulteriormente ad accrescere il suo nervosismo. Sottoposto dal suo personale punto di vista ad un vero e proprio interrogatorio, Vegeta non riuscì a far altro che borbottare l’ennesima imprecazione incomprensibile, questa volta in tono più alto.

Fu a quel punto che Bulma cominciò seriamente ad insospettirsi e rivolse la sua attenzione a Trunks con fare interrogativo, intuendo in breve che anche il ragazzino non era molto informato sulla situazione. “Be', che cos'è un segreto?!” chiese leggermente spazientita all’indirizzo di Vegeta. “Tanto prima o poi glielo dovrai anche dare, non ti pare?”, sottolineò l’ovvio, in attesa di una risposta migliore.

Sibilando l’ennesimo brontolio decisamente poco comprensibile, Vegeta evitò accuratamente di incrociare lo sguardo della donna, ancora una volta. A Bulma tuttavia, tra le varie imprecazioni e gli insulti rivolti a qualcuno di non meglio identificato, non sfuggirono alcune sporadiche parole. Tra tutte aveva riconosciuto un niente, oltremodo frustrato. La vaga perplessità e insofferenza con cui aveva ascoltato il Saiyan, a quel punto, sfociarono ben presto in vera e propria irritazione, nel momento in cui le cose cominciarono ad apparirle chiare e lampanti. Per un istante si voltò verso Trunks, riservando al ragazzo un’espressione di rimprovero per nulla rassicurante.  Se questo era il modo in cui pensava di assicurarsi che quello zuccone di suo padre comprasse un regalo, aveva fatto proprio un bell’affare a mandarlo con lui! Lo sguardo che riservò a Vegeta un attimo dopo pareva invece, se possibile, ancora più minaccioso e incollerito. Assumendo la sua classica posa battagliera, le mani ben piantate sui fianchi, scrutò il compagno con aria severa e inquisitoria. “Non dirmi che non hai comprato nulla?!” domandò brusca, mentre il suo tono iniziava ad incrinarsi pericolosamente.

“No! Non ho comprato nulla! Ora smettila di seccarmi!” Vegeta sbottò all’improvviso scattando a squadrarla minaccioso e assumendo, a sua volta, una posa altrettanto bellicosa; serrando la mascella in uno scatto nervoso, le mostrò un pugno chiuso con forza, con tutta l’aria di chi non ammetteva repliche.

Con un’espressione colpevole, Trunks si era limitato ad abbassare leggermente lo sguardo, comprendendo quasi alla perfezione il rimprovero silenzioso della madre. La reazione improvvisamente furiosa del padre tuttavia, lo costrinse subito dopo a scrutare con una certa preoccupazione i due genitori.

Bulma restò spiazzata per un momento; nonostante ci avesse sperato fino all’ultimo, ormai la verità era venuta a galla. La sua espressione si contrasse in una smorfia ostile. “Non posso crederci, Vegeta!” sbottò esasperata a sua volta “E sentiamo, che razza di scusa avresti?! Non dirmi che non sei riuscito a trovare niente, non ci provare!” sibilò additandolo “Siete usciti più di due ore fa e ti ho dato precise istruzioni sul negozio!” continuò la sua sceneggiata sbattendo un piede nervosamente.

Vegeta digrignò i denti sempre più indispettito. Grandioso, grandioso davvero! La sua magnifica giornata aveva giusto bisogno di questo toccasana… “Non sono affari che ti riguardano!” proruppe oltremodo irritato.

Ormai completamente ignorato da entrambi, Trunks sembrò farsi piccolo piccolo. Mimetizzandosi con l’arredamento ed approfittando del fatto che non era a quel punto più tenuto in considerazione alcuna, decise di allontanarsi senza dare nell’occhio, abituato da anni a cogliere il momento opportuno per dileguarsi. Sua madre d’altra parte, ormai arrabbiata sul serio, non si accorse neppure della fuga. Il volto era paonazzo e lo sguardo fisso su Vegeta. “Come sarebbe non sono affari che mi riguardano?!” urlò inviperita, alzando di qualche decina di decibel la tonalità della voce “Il compleanno di tua figlia è oggi, te lo sei scordato?!” sbraitò, ponendo particolare enfasi sulle parole tua e figlia, “Sbaglio o sei stato tu a promettermi che avresti comprato un maledetto regalo!”. Anche il tu e il mi della parola ‘promettermi’ furono eccessivamente sottolineati.

“Ti stai sbagliando!”. Ora ad urlare erano in due. “Io non ho promesso nulla. La colpa è solo tua! Ho di meglio da fare che sprecare il mio tempo in uno stramaledetto centro commerciale terrestre!” ringhiò frustrato Vegeta, dando sfogo a tutta la collera e la tensione accumulata durante la giornata.

“Ah, ma bene!” rispose sarcastica la donna senza diminuire il volume, “Ora è colpa mia, bravo!”. La sua espressione s’incupì appena; oltre alla rabbia, un sottilissimo velo di amarezza cominciò a trasparire sul suo volto. “Certo, come no? In effetti, il Principe dei Saiyan ha di meglio da fare che dimostrare un po' di affetto alla sua famiglia!”. Che fosse furiosa era evidente, anche i primi cenni di delusione tuttavia, si mostrarono ormai palesemente e inesorabilmente senza che riuscisse a nasconderli. “Certo se ti avessi chiesto di picchiare qualcuno magari non ci avresti pensato due volte” insistette con una leggera punta di sarcasmo, guardandolo con aria di sfida.

Vegeta si limitò a fissarla evidentemente pensieroso, ma l’idea che sopraggiunse alla sua mente in quel momento produsse solo l’effetto di innervosirlo ancora di più, suscitandogli un’espressione maggiormente adirata. “Dacci un taglio! E non coinvolgermi nelle vostre stupide usanze!” concluse drastico, muovendo subito dopo un passo in avanti deciso, con tutta l’intenzione di andarsene.

“Accidenti a te, Vegeta!”. Bulma si piazzò di fronte a lui per impedirgli la fuga. Era ormai lampante che, oltre alla rabbia, un profondo sconforto l’aveva scossa, soprattutto dopo le ultime cose che le erano state dette. “Qui non si tratta delle nostre usanze, stiamo parlando di tua figlia, anzi, di nostra figlia”. La voce s’incrinò a causa del nervosismo, o meglio, a causa di quello che solo esteriormente appariva come nervosismo. “Possibile che non te ne importi nulla?!” gli sbraitò contro.

Vegeta digrignò i denti indispettito, la guardò per un solo secondo incrociando le braccia al petto e scostò lo sguardo subito dopo. “Mi hai davvero seccato” replicò laconico e distaccato, ad un volume improvvisamente normale, quasi disinteressato.

“E va bene, fai come ti pare!” concluse Bulma esasperata, nel tentativo di darsi un tono, nonostante l’evidente tentativo di non piangere. “Tanto è quello che fai sempre”.  Pronunciate quelle ultime parole, si scansò e si voltò dall’altra parte con un gesto nervoso, con l’intenzione di evitare di guardarlo. In apparenza sdegnata e arrabbiata, in realtà quello pareva più un tentativo di dissimulare indifferenza; il tentativo di non fargli intravedere una reazione così infelice.

Il Saiyan le osservò le spalle per un paio di secondi senza muoversi. Subito dopo, con passo deciso e inquieto, si allontanò ringhiando. Bulma seguitò a non voltarsi, fino alla fine, forse nella speranza di sentirgli aggiungere altro; infine si rassegnò. Solo quando lo sentì allontanarsi definitivamente cominciò davvero a piangere, in silenzio.

La voce della signora Brief giunse tuttavia squillante tra i corridoi, appena un attimo dopo. “Bulma tesoroooo, ho portato i pasticcini per la festa, dove seeeei? Vieni ad assaggiarne uno!”. Bulma si asciugò rapidamente le lacrime, riavendosi improvvisante. “Arrivo, mamma!” gridò, incamminandosi nella sua direzione, non prima di aver borbottato tra sé e sé un ‘maledetto testone!’.

 

CONTINUA…

 

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Capitolo 2
*** Scena due: "Dalla padella nella brace". Motore... Azione! ***


IL BELLO DELLA DIRETTA

IL BELLO DELLA DIRETTA

 

Scena due: “Dalla padella nella brace”. Motore… Azione!

 

Il peso di una creatura così piccola, nelle braccia di un giovane Saiyan, non doveva essere che appena percepibile. Ciò nonostante, Trunks, sebbene stesse adoperando una parte infinitesimale della sua straordinaria forza e apparisse il ritratto della serenità, sorreggeva la sorellina con un’espressione quasi rapita dalla concentrazione, nella quale l’affetto che traspariva in modo tangibile pareva rasentare a momenti la devozione. Con passo non troppo spedito, stava percorrendo i corridoi della Capsule Corporation, ormai illuminati dalla luce fioca del sole al tramonto; senza alcuna fretta, riservava di tanto in tanto alla minuscola Saiyan uno sguardo sorridente.

Assorto nell’osservare lo sguardo curioso della sorellina, che scrutava il tragitto in cerca di qualche indizio sul luogo verso il quale era diretta, notò una piccola ciocca di capelli che le ricadeva sul viso e delicatamente, con una mano, la scostò per liberarla da quel fastidio. “Allora Bra, sei contenta? Stiamo andando alla tua festa!” le annunciò al contempo, come se la bambina potesse quasi comprendere le sue parole.

Lo sguardo della piccola si sollevò sul volto del fratello maggiore con un moto di curiosità mista a perplessità e, per un breve momento, mentre era intenta a fissare concentrata i lineamenti del ragazzo, le minuscole labbra si piegarono appena in maniera singolare. Solo in un secondo tempo, parve intuire dal sorriso del suo interlocutore che ciò che l’era appena stato detto fosse qualcosa di bello e, di riflesso, cominciò a sorridere a sua volta, agitando le manine e farfugliando qualche parola sconnessa, apparentemente senza senso.

Il giovane Saiyan continuò a sorridere, dialogando con la bimba come fosse realmente capace di capire, “Vedrai che bei regali riceverai! La mamma ha riempito il salotto di palloncini, pensa!”.  Il ciuffo ricadde nuovamente sul visino della piccola e Trunks si limitò a scostarla sorridendo, questa volta tra sé e sé. “Indovina un po', ti stanno aspettando tutti!” continuò.

Il movimento della mano del ragazzo suscitò nuovamente l’interesse di Bra e gli occhi della piccola tentarono di seguire, non senza qualche difficoltà, la direzione di quel movimento al di sopra del suo campo visivo. Lo sguardo confuso e non pienamente cosciente del significato di quel gesto, che il fratello continuava a ripetere, le conferì un’espressione dubbiosa e titubante per un istante. Quell’azione apparentemente incomprensibile tuttavia, aveva il potere di far scomparire ogni volta una fastidiosa sensazione di disturbo e la bambina pareva essere invece pienamente consapevole di questo strano avvenimento. Scostò lo sguardo sul viso del fratello, infatti, apprestandosi a ricambiare ancora una volta il sorriso di lui. A frenarla fu però la figura poco distante che intravide e che, nonostante l’età, riconobbe al volo. “Papà!” esclamò improvvisamente, sporgendosi in direzione del genitore con l’intento di afferrarlo.

Apparentemente senza scomporsi troppo, Trunks rivolse appena lo sguardo in direzione dell’uomo appoggiato indolentemente alla parete, a qualche metro di distanza, rivolgendo un secondo dopo lo stesso sguardo decisamente sorpreso alla sorellina. Tornando infine nuovamente su suo padre, come a volersi accertare che Bra avesse realmente parlato con lui e non lo avesse nominato in uno dei suoi soliti monologhi senza senso, la sua espressione si fece quasi incredula. Accortosi già da tempo della presenza silenziosa di Vegeta, la sua sorpresa era, infatti, dettata più di ogni altra cosa dalla reazione inaspettata della sorella. Nell’avvicinarsi alla figura assorta del padre tuttavia, il suo sguardo aveva tradito per un momento anche una lieve preoccupazione; considerato il pessimo umore di lui, sperava di non trovarsi malauguratamente ad infastidirlo senza un valido motivo.

Il padre, in realtà, non sembrò prestare loro molta attenzione e Trunks cominciò vagamente a preoccuparsi, vedendosi costretto ad avvicinarsi. “Sì” farfugliò leggermente in imbarazzo alla sorellina, “E’ papà, hai visto?” confermò, nella speranza che Bra si accontentasse di rivolgere uno dei suoi sorrisi anche a Vegeta e non sperasse di ottenere chissà che cosa.

“Papà, Papà!” Bra cominciò ad agitarsi tra le braccia del fratello maggiore, si allungò verso il padre aprendo e chiudendo le manine con il chiaro proposito di aggrapparsi a lui. “Papà!” insistette.

Soltanto in quel momento, quando erano ormai non molto distanti, Vegeta diede segno di essersi accorto dei figli e posò per un momento, quasi senza volerlo, lo sguardo sulla più piccola. Solo dopo si rivolse anche al maggiore, senza però proferire parola. Sul suo volto, infatti, era ancora visibile il palese nervosismo che il litigio con la compagna e la pessima giornata gli avevano suscitato.

Leggermente spiazzato per la reazione della sorellina, che continuava ad agitarsi e che era stato costretto a contenere con più energia, Trunks aveva appena notato l’espressione accigliata di suo padre. Finì per incrociare il suo sguardo solo in un secondo momento, istintivamente, e ciò che vi lesse in modo fin troppo chiaro lo indusse a sua volta ad incupirsi.  In realtà, anche il fatto stesso che Vegeta si trovasse così seriamente assorto in qualche pensiero, proprio lì in corridoio, non appariva agli occhi del ragazzino come un buon segno. Gli innumerevoli litigi tra i suoi genitori, a cui aveva assistito molte volte ormai, normalmente si risolvevano con qualche scenata isterica di sua madre all’indirizzo di terzi e con le fughe di suo padre nel trainer o da qualche parte sul pianeta, ad allenarsi. Sua madre, invece, era stata stranamente tranquilla quella sera, mentre Vegeta ora se ne stava in corridoio, senza fare nulla e con un’espressione decisamente scura in volto; e la cosa non gli era sembrata del tutto normale.

L’ostinazione di Bra tuttavia, costrinse Trunks a concentrare su di lei la sua attenzione. Si accorse dell’ennesima ciocca che nuovamente era ricaduta sul viso della piccola e, con delicatezza, si premurò di scostarle ancora una volta il fastidioso ciuffetto, sorridendole in maniera naturale. “Ciao papà” salutò poi, mentre era ancora rivolto alla sorella. Solo dopo pochi istanti, sollevò lo sguardo per osservare il padre con l’espressione più serena che gli riuscì di esibire.

Vegeta guardò il figlio di sottecchi, le sopracciglia aggrottate e la mascella serrata indicavano un notevole fastidio, “Ciao” rispose tetro, tornando a volgere la propria attenzione al di là del vetro.

Nel frattempo, la piccola Bra continuava ad agitarsi, diventando sempre più inquieta con l’avvicinarsi al padre. “Papà” mormorò con più tranquillità dopo averlo finalmente raggiunto.

“Che vuoi, mocciosa?!” brontolò brusco l’uomo, sbirciando l’espressione della figlia che, a discapito del cipiglio paterno, continuava a sorridere ignara del suo umore. Lo sguardo di Vegeta subì un leggero scatto nervoso e la sua espressione, benché immancabilmente imbronciata, si tinse di una leggera punta d’imbarazzo.

Quell’impercettibile reazione non sfuggì a Trunks, che sembrò tranquillizzarsi di colpo, enormemente. A pochi passi da Vegeta, aveva mostrato una lievissima esitazione, indeciso se proseguire come nulla fosse o assecondare la sorella. Le parole di Vegeta rivolte alla piccola Bra peraltro, in cui aveva riconosciuto un tono decisamente familiare, avevano avuto ormai del tutto il potere di fargli ritrovare un atteggiamento realmente sereno.

Deciso a fermarsi un momento si affiancò al genitore, riservandogli un’occhiata affettuosa “Non vieni alla festa papà?” gli chiese con un tono del tutto naturale.

Lo sguardo che Vegeta rivolse a suo figlio, d’altra parte, dalle tonalità chiaramente sarcastiche, parve una risposta fin troppo eloquente, che non lasciava dubbi rispetto a una possibile interpretazione; nella fattispecie suonava in tutto e per tutto come un ‘neanche morto!’.

Bra, non esattamente interessata al dialogo, seguitava nel frattempo a dimostrare un inequivocabile interessamento nei confronti dell’uomo. “Papà!!” lo reclamò ancora una volta, senza smettere di cercare di attirare la sua attenzione.

“Sta un po’ zitta!” sbottò improvvisamente Vegeta, stufo dei continui richiami della figlia.

Il risultato di quella brusca intimidazione non fu però quello sperato da Vegeta, né quello ipotizzato da Trunks. La piccola Saiyan, dapprima fattasi seria e silenziosamente concentrata sull’espressione severa del genitore, si sciolse un secondo dopo in un nuovo e raggiante sorriso, cominciando ad agitarsi maggiormente tra le braccia del fratello e ad applaudire in maniera scomposta.

Senza nemmeno avere il tempo di incassare l’occhiataccia sarcastica e pungente di Vegeta, né di replicare, l’attenzione di Trunks finì per essere catturata di nuovo dalla sorellina. Preoccupato per come avrebbe potuto reagire alla risposta dura e incollerita del padre, si ritrovò all'opposto a trattenere un risolino divertito, dopo aver assistito alla scena. “Ok” rispose prontamente per togliersi dall’imbarazzo, “Beh, noi andiamo” annunciò con l’intento di proseguire verso il salotto.

“Tsk” fu la sola reazione che ebbe il Principe dei Saiyan. Un attimo dopo tornò a volgere la sua attenzione fuori dalla finestra, non prima di aver incrociato le braccia al petto con un gesto d’indifferenza.

“Papà?” si lamentò invece languida la piccola Bra, vedendosi allontanare sempre di più dal padre.  Nel distanziarsi da lui, la bimba cercò di sbirciare oltre la spalla del fratello; non senza difficoltà, giacché un’insistente ciocca perseverava a coprirle fastidiosamente il viso. Trunks si ritrovò a dover riposizionare la sorella in una posizione più gestibile sistemandole, ancora una volta, i capelli, ma nel farlo non riuscì a non notare il suo faccino improvvisamente triste. Spiazzato dagli occhioni lucidi della bambina, il giovane Saiyan cercò subito di farle tornare il sorriso, “Papà ha molto da fare adesso, non vuoi andare dalla mamma?” spiegò ad alta voce e con una tonalità allegra, intuendo il motivo che aveva indotto la piccola a cambiare così improvvisamente umore. Bra si limitò a scrutare suo fratello con un’aria vagamente perplessa. Osservandolo sorridere tuttavia, in pochi istanti finì per fare altrettanto.

Soltanto quando i due figli si furono definitivamente allontanati, Vegeta gettò un’occhiata sfuggente in direzione del salotto della Capsule.

“Dannata mocciosa!” farfugliò tra sé, definitivamente attratto dal paesaggio esterno alla casa.

 

Il mare di palloncini colorati sul pavimento del salotto ondeggiava quieto e festoso, increspandosi di tanto in tanto, sospinto dai movimenti veloci e aggraziati di Bunny Brief, che si spostava da una parte all’altra della stanza, apparecchiando l’enorme tavolo con ogni bendiddio e fischiettando con fare allegro. Suo marito le rivolgeva ad intervalli irregolari un’occhiata distratta, non più interessata di quelle che riservava alla tv, accesa a volume basso sul canale dei notiziari, che osservava con l’aria di chi stesse ingannando il tempo con la prima occupazione che gli era capitata a tiro.  Bulma pareva invece intenta a fissare un punto non meglio identificato al di là dal vetro della finestra; assorta in qualche pensiero, il suo sguardo sembrava lontano milioni di chilometri da quel luogo. La voce di Trunks, in corridoio, la riscosse tuttavia in un lampo; in meno di un istante la sua espressione si fece sorridente e distesa, si voltò e si diresse verso la porta, facendosi largo a grandi falcate tra i palloncini, che cominciarono a scuotersi in preda ad un’allegria frenetica per tutta la stanza.

“Ecco la festeggiata!” annunciò Trunks, varcando la soglia del salotto ed esibendo al resto della famiglia la sorellina, che reggeva ancora saldamente tra le braccia. Bulma si avvicinò al figlio reclamando la piccola Bra e stringendola con delicatezza. “Hai visto Bra? Tutto questo è per te” spiegò mostrandole le decorazioni e portandosi al centro della stanza, dove c’erano i nonni ad attenderla.

La piccola Bra spalancò per un momento gli occhi confusa, investita dai colori della stanza e dai cinguettii allegri della nonna, che si era avvicinata in tutta fretta trillando allegra qualche moina. Fissò poi lo sguardo lievemente smarrito in quello della madre, che continuava a sorriderle raggiante. Contagiata dall’allegria generale, finì per ricambiarla con un sorriso ugualmente luminoso e felice, e cominciò quindi a riservare altrettante espressioni di gioia e di eccitazione a tutti i presenti.

Bulma la sistemò sul suo seggiolone, avendo cura di mostrarle l’immensa tavola imbandita di dolci e di regali e facendo in modo che la piccola avesse un punto di osservazione privilegiato sull’intera stanza e sulla colorata varietà di palloncini e decorazioni, che le donne della Capsule avevano allestito con tanta cura. L’espressione sorridente di Trunks, che si era unito al gruppo attorno alla festeggiata, pareva non meno entusiasta e felice di quella della bambina.

“Ti piacciono i palloncini, tesoro?” domandò Bulma alla piccola, scostandole una piccola ciocca di capelli che le ricadeva sul viso.

Il volto della bimba si fece ancora una volta esitante, in qualche modo lievemente delusa di non essere più tra le braccia della madre. Il gesto di lei, tuttavia, che le aveva inspiegabilmente e nuovamente donato sollievo, e il tono interrogativo con cui le era stata rivolta una qualche affermazione che pareva aspettare una risposta, la ipnotizzarono nuovamente per qualche istante. I colori brillanti tutt’intorno e i volti sorridenti dei presenti finirono di nuovo per distrarla e contagiarle una reazione allegra. Fissò nuovamente lo sguardo in quello del fratello maggiore, sorridendo radiosa.

Continuando a sorridere, allungò le mani verso di lui con il chiaro intento di tornare tra le sue braccia, “Papà!” esclamò rivolta al ragazzo.

Il volto di Trunks si fece sul momento assorto; le regalò un altro sorriso, questa volta un po’ impacciato, e si avvicinò a lei, chinandosi per guardarla negli occhi. “No piccola, papà non viene alla festa. Ha altro da fare” cercò di spiegarle in tono tranquillo e diplomatico.

L’espressione di Bulma si rabbuiò invece all'istante, divenendo seria in un lampo e irrigidendosi. La donna serrò i muscoli del viso come se avesse appena ingoiato un boccone amaro e si fece silenziosa, limitandosi ad osservare i figli con uno sguardo assente.

La piccola Bra manifestò nuovamente un’aria perplessa e confusa. Fissò il fratello con un’espressione concentrata, come se tentasse davvero di capire che cosa le aveva appena detto. Un momento dopo riservò la stessa espressione confusa e assorta a sua madre. “Mamma?”, la chiamò.

L’intervento di Bunny, che s’intromise col suo solito tono spensierato come nulla fosse, fu a quel punto provvidenziale. “Perché non iniziate a mangiare questi deliziosi pasticcini?” domandò allegra dall’altro capo del tavolo, afferrando un portavivande ricolmo di dolci e apprestandosi ad offrirne ai presenti.

Anche il Dottor Brief, distratto dalla televisione, si voltò e sorrise alla moglie che lo invitava a servirsi.

Bulma, in realtà, appariva ancora completamente immersa nelle sue riflessioni e Trunks, intuendo il flusso dei pensieri materni, intervenne prontamente, cogliendo l’occasione, e cambiò definitivamente argomento. “Oh, io voglio un pasticcino, nonna!” proclamò attirando l’attenzione della donna bionda e affrettandosi a rubare il vassoio da sotto il naso di suo nonno; poi tornò a rivolgersi alla madre nel tentativo di distrarla, “Tu mamma? Vuoi un pasticcino?” le domandò cordiale.

Bulma si ridestò di soprassalto e mutò improvvisamente espressione tornando a sorridere. “Ehm, sì certo” acconsentì. Afferrò distrattamente un pasticcino e si rivolse alla figlia “Vuoi un pasticcino anche tu?”.

Bra parve dimenticarsi in un lampo della strana espressione di sua madre e di suo fratello, completamente rapita dal tono di voce della donna e da quella che le appariva una proposta simpatica, nonché dall’oggetto interessante che sua madre aveva in mano. Rispose con un ennesimo sorriso felice e cominciò ad allungare le manine e a scalciare eccitata.

“Certo che ne vuole uno!” esclamò Bunny, avvicinandosi e riappropriandosi del portavivande con una mossa repentina.

Il tono di voce della donna suscitò nella piccola un’espressione ancora più allegra, mentre Trunks, improvvisamente a mani vuote, arraffò una manciata di pasticcini dal vassoio che si stava allontanando e se li infilò in bocca con avidità. “Afriamo i fregafi?” bofonchiò in una lingua non comprensibile o quantomeno non apparentemente terrestre.

“Trunks! Non parlare con la bocca piena!” lo rimproverò sua madre, lanciandogli un’occhiataccia bieca. Quello sguardo sfuggente e la mano appoggiata sul fianco con fare minaccioso suscitarono immediatamente un certo imbarazzo nel ragazzo, che si vide costretto a deglutire alla svelta.

Nel frattempo, Bulma era riuscita anche a porgere, con aria tutt’altro che minacciosa, il dolcetto alla bambina, che lo aveva afferrato molto più interessata alla sua forma e al suo colore che non al suo reale utilizzo e lo fissava con sguardo rapito dalla concentrazione.

“Mangialo, tesoro, è buono!” la invitò sua nonna. La piccola Bra portò istintivamente il pasticcino alla bocca e la sua espressione incantata fu la conferma a quelle ultime parole della donna, che annuì soddisfatta beandosi dell’ottimo suggerimento.

Il Dottor Brief, l’unico ad aver colto la proposta di Trunks, si avvicinò a quel punto alla bambina con una scatola colorata. “Guarda cosa ti ha costruito il nonno, tesoruccio”. Il cofanetto, una volta appoggiato sul tavolo, si aprì di scatto e ne uscì una specie di mostriciattolo a molla. Bra, per un momento sbalordita, sembrò subito dopo molto divertita e cominciò a ridere e ad applaudire entusiasta, dimenticandosi all’istante del dolcetto e abbandonandolo al suo destino. “Papà!” esclamò poi, all'improvviso sull’onda dell’entusiasmo.

Trunks si avvicinò alla sorella, “No, pap…”. Con lo sguardo seguì la direzione presa dagli occhi della bambina e notò la figura adagiata contro la parete in fondo alla stanza, “Papà!” esclamò incredulo, attirando l’attenzione degli altri membri della famiglia; soprattutto della madre, che si voltò sgranando gli occhi nel constatare la presenza del Saiyan. “Vegeta” mormorò in un sussurro appena percettibile.

Il Principe dei Saiyan, appoggiato al muro accanto alla porta, a braccia conserte, aveva a malapena mostrato un’impercettibile, vaga manifestazione d’interesse di fronte alla reazione della figlia. Consapevole che non avrebbe potuto passare inosservato per tutta la sera, non aveva tuttavia immaginato di apparire in modo così plateale e, soprattutto, non aveva considerato di essere una fonte di attrazione così sensazionale per la mocciosa. La cosa non aveva mancato ovviamente di contrariarlo, ma finì per limitarsi, nonostante tutto, a ignorare la rumorosa accoglienza dei suoi figli e a riservare uno sguardo impassibile a Bulma. La sua espressione imperturbabile, d’altra parte, lasciava chiaramente intuire che il suo umore non era per niente migliorato.

“Oh Vegeta, sei arrivato” lo accolse calorosamente Bunny, “Vieni a prendere un dolcetto!” lo invitò.

Una statua di sale avrebbe sicuramente avuto una reazione più evidente, Vegeta, infatti, si limitò a fissare un punto non meglio identificato nella stanza, senza dare alcun segno di aver udito la donna, né di aver percepito la sua presenza.

Bulma, dal canto suo, aveva appena ricambiato lo sguardo di lui, sciogliendo la tensione in un piccolo sorriso, più che altro rivolto a se stessa, che le aveva impercettibilmente addolcito i lineamenti del volto. Distolse lo sguardo solo dopo qualche momento, però, evitando di rivolgergli la parola, nonostante il gesto inaspettato dell’uomo avesse ormai dissipato quasi del tutto ogni ombra sul suo viso. Intanto il Dottor Brief aveva preso a parlottare da solo, commentando i regali adagiati sul tavolo e Bulma, non volendo, finì per rivolgere quello stesso sorriso, ormai divertito, a suo padre.

“Papà, devi mangiare questi dolci, la nonna ha superato se stessa!” lo accolse Trunks andandogli incontro.

“Non m’interessa!” rispose bruscamente Vegeta, sfoderando l’ennesima espressione seccata. Per un istante parve pentirsi di aver varcato quella soglia; il suo interesse, tuttavia, fu attratto quasi contro la sua volontà da Bulma, che sorrideva con un’espressione intenerita e divertita allo stesso tempo, alla quale riservò uno sguardo apparentemente soprappensiero, con la coda dell’occhio.

Bra, ormai contagiata dalla confusione che la circondava, appariva assolutamente allegra ed eccitata e cominciò a pronunciare una sequela di parole sconnesse ad alta voce. Come fosse la copia in miniatura di suo nonno, era assolutamente compresa in un assorto e curioso dialogo a senso unico col pupazzo regalatole dallo scienziato, cui sembrava intenta a riferire alcune informazioni di vitale importanza, tra cui comparivano concetti di spicco quali ‘papà’ e altri argomenti.

Se Trunks rimase leggermente deluso dalla reazione di Vegeta, non lo diede a vedere per più di un secondo. Non aspettandosi nulla di diverso, sembrò non badare al suo tono brusco e scostante e si limitò a fare spallucce come nulla fosse e a rivolgere la sua attenzione al vassoio dei dolci. Bulma, d’altra parte, aveva ritrovato in un istante una certa fermezza. Decisa a non dare a Mr. Scimmione-Zuccone più attenzioni di quante secondo lei ne meritasse, rivolse definitivamente il suo interesse a suo padre, che si dedicava a Bra, ormai persuasa ad ignorare l’atteggiamento scorbutico del compagno. Tuttavia, quella particolare increspatura delle labbra che assomigliava a un sorriso non era ancora scomparsa del tutto dal suo volto.

L’unico che non aveva smesso di prestare ancora attenzione alla bambina, all’entrata in scena di Vegeta, era, infatti, suo nonno. “Vuoi aprire un altro regalo cara?” propose.

L’interesse della piccola fu nuovamente catturato dalla voce dell’anziano scienziato. Ancora una volta, la bimba si ritrovò a sorridere, in attesa, a quella che le sembrò l’ennesima domanda simpatica della serata. Lo sguardo di Vegeta si posò a quel punto, spinto da qualche forza inspiegabilmente potente, sull’espressione felice della figlia e, subito dopo, guidato da un istinto altrettanto incomprensibile, il Saiyan rivolse nuovamente lo sguardo alla compagna, che osservava la bambina con un’espressione indescrivibile. I lineamenti del volto dell’uomo sembrarono distendersi appena, senza un motivo apparente.

Il Dottor Brief sorrise nel notare la reazione della nipotina, si appoggiò una mano al mento osservando i regali ancora da scartare, “Mm, vediamo un po’” farfugliò pensieroso.

“Prendi il mio nonno, il mio!” esclamò Trunks raggiungendolo e pescando nel mucchio il sacchetto che conteneva il suo regalo.

Bulma, che si era limitata ad osservare la scena sorridendo, si avvicinò alla figlia e le scostò con un gesto affettuoso la ciocca di capelli che continuava a ricaderle sugli occhi.

“Oh, ma quello è Vegeta!” esclamò improvvisamente Bunny, “Come sta bene in televisione!” aggiunse con aria sognante.

Le attività dei presenti parvero congelarsi improvvisamente a quella semplice frase. Il tempo si fermò in un attimo di stupore e silenzio innaturale. Trunks e suo nonno si volsero come al rallentatore verso lo schermo e Bulma, la fronte aggrottata in un’espressione dubbiosa e meravigliata, sollevò con altrettanta lentezza lo sguardo sul gigantesco plasma. Sgranò gli occhi e dischiuse leggermente le labbra, in procinto di dire qualcosa che non riuscì a pronunciare, non appena riconobbe la figura che appariva sul video. Istintivamente, si voltò con la stessa espressione sbalordita verso il compagno, incapace di aggiungere una sola parola a quello che gli stava già comunicando senza parlare.

L’espressione che era invece apparsa sul volto del Saiyan tradiva la stessa improvvisa sorpresa, ma pareva pervasa dallo sgomento. Gli occhi sbarrati e fissi sullo schermo, s’irrigidì in una posa nervosa, non appena comprese di trovarsi di fronte alla scena che aveva vissuto di persona, con non meno sgomento, qualche ora prima.

Il Dottor Brief afferrò il telecomando e alzò il volume dell’apparecchio, sistemandosi comodamente sul divano davanti allo schermo. Un annunciatore del notiziario stava parlando di una tentata rapina, avvenuta nel tardo pomeriggio nel centro commerciale, sventata da un eroico cittadino con notevole sprezzo del pericolo.

L’eroico e sprezzante cittadino, che non riusciva a capacitarsi di quello che stava accadendo e a staccare gli occhi dallo schermo, parve attraversato da una gamma di emozioni tra le più svariate. Nonostante cercasse di mantenere il più assoluto contegno, ad un occhio esperto la sua espressione avrebbe rivelato quasi il panico. Come se ne fosse consapevole, Vegeta aveva incrociato solo un istante lo sguardo di Bulma, per poi distoglierlo in meno di una frazione di secondo.

Tanto era bastato alla donna per riuscire a leggervi l’incredulità e il terrore, in realtà, e tutto ciò non aveva fatto altro che generare un risolino divertito che non era riuscita a trattenere. “Potevi dirmelo, che era per questo” si lasciò sfuggire, pentendosi appena un secondo più tardi.

Vegeta si limitò ad osservare Trunks e la nonna, che si accomodavano sul divano per gustarsi lo spettacolo, in preda a qualche pensiero omicida, mentre istintivamente passava in rassegna tutte le possibili giustificazioni che aveva a disposizione.

“Vegeta, perché non ci hai detto che andavi in televisione?” chiese candidamente Bunny Brief. “Oh accidenti, erano addirittura in quattro!” bofonchiò accanto a lei il marito.

Ormai visibilmente in imbarazzo, Vegeta si trovò suo malgrado a grugnire qualche parola sconnessa all’indirizzo della compagna, in tono estremamente seccato. Considerando che far saltare in aria il televisore avrebbe aggravato probabilmente la sua posizione, non gli era rimasta altra soluzione che quella di sperare, totalmente impotente, che quella pagliacciata finisse in fretta. Scappare, a quel punto, sarebbe stato un gesto da vigliacchi, questo era certo.

La piccola Bra, nel frattempo, cominciò a rendersi conto che qualche particolare avvenimento aveva distolto l’attenzione dei presenti dalla sua persona. Intenta ad aprire il pacchetto che era stato abbandonato fra le sue mani, con non poca difficoltà, sollevò lo sguardo perplessa, in cerca di aiuto, notando ben presto che l’unica persona che non sembrava intenta ad osservare con attenzione l’enorme quadrato colorato era suo padre. La soluzione ai suoi problemi le sembrò ovvia e lampante e sollevò con slancio il pacchetto in direzione del Saiyan.

“Papà!” lo invitò candidamente ad aprire il pacchetto.

“Lasciami in pace!” borbottò ancora più seccato lui, senza sapere più che pesci pigliare.

“Sei stato grande papà! Li hai stesi!” esultò il figlio alzando un pugno al cielo e ignorando l’irritazione del genitore, a cui dava le spalle. Nel frattempo, quello che era un iniziale risolino, si tramutò ben presto in una sonora risata; Bulma si ritrovò ormai letteralmente piegata in due dal ridere, “Non prendertela tesoro, in fondo hai fatto una bella cosa, no?” cercò di tranquillizzarlo, peraltro senza un minimo di credibilità.

L’imbarazzo di Vegeta si era ormai tramutato in vera e propria irritazione. Alla risata di Bulma reagì irrigidendosi ancora di più e serrando i pugni all’estremo della sopportazione. La voce del telecronista, che si profondeva elogiando la modestia di quell’eroico cittadino che non aveva voluto apparire e lasciare dichiarazioni, preferendo restare nell’anonimato e servire la città con abnegazione e umiltà, sì assommò al commento della donna come un’ulteriore presa per i fondelli, strappandogli infine un brontolio terribilmente truce.

“Sai Vegeta, il blu ti dona veramente molto” continuò imperterrita Bunny.

Inarrestabili, i commenti degli spettatori continuavano a piovere sul malcapitato uno dopo l’altro, ad ogni parola del cronista. E l’ilarità di Bulma era ormai altrettanto inarrestabile. La donna, con una mano davanti alla bocca nel tentativo inutile e disperato di fingere un contegno, non riusciva a questo punto nemmeno a parlare per tentare di arginare in qualche modo la collera dell’uomo. Il suo unico risultato fu quello di contagiare anche la più piccola del gruppo, che rideva ormai di gusto imitando sua madre e senza intuirne il motivo.

Vegeta, ormai oltre ogni limite di sopportazione e a un soffio dal generare un’esplosione ben più potente di quella che aveva ucciso Majin-Bu, tra un’occhiata assassina e l’altra ai membri della famiglia e sul punto di mandarli se non altro al diavolo senza troppi complimenti, cominciò a considerare seriamente l’ipotesi di riabilitare la sua reputazione soprattutto agli occhi di quel maledetto cronista, che non faceva che ritrasmettere la sua faccia terrorizzata in mezzo ai giornalisti. Forse, una breve dimostrazione di chi fosse realmente il Principe dei Saiyan a quel detestabile idiota lo avrebbe ripagato di quell’umiliazione. Non aveva pensato nemmeno per un momento, però, che stava per fare i conti con qualcosa di addirittura peggiore.

La carrellata d’immagini si concentrò infatti sul volto della donna accompagnata dal moccioso, incontrata al negozio appena qualche ora prima. “Un signore per bene, era qui per comprare un regalo per la sua bambina…” affermò evidentemente affascinata e ammirata, riempiendo lo schermo con il suo faccione incipriato e imbellettato a puntino. “Sì” fu poi il turno della commessa, “Aveva scelto questo vestitino rosa” confermò mostrando sorridente l’indumento alle telecamere.

Bulma aveva oltrepassato da tempo un altro tipo di limite riguardo al suo contegno e non pareva nemmeno preoccuparsi di frenare le sue reazioni. Nonostante ciò che dicevano alla televisione avrebbe dovuto dissipare definitivamente ogni suo dubbio sul comportamento del compagno, la sua mente non percepiva ormai più le parole. Il gesto compiuto da Vegeta era stato già relegato in secondo piano, come qualcosa a cui avrebbe pensato in seguito; tutto quello che aveva di fronte non faceva che accrescere il suo divertimento, che a questo punto non si curava più di nascondere. Anche Trunks, che non riusciva a staccare gli occhi colmi di ammirazione dalla scena che appariva in tv, non era riuscito a non voltarsi per un momento verso suo padre con l’aria di chi finalmente avesse cominciato a capire qualcosa che gli era sfuggito fino a quel momento.

Il Dottor Brief, invece, si limitò a dare una boccata alla sua sigaretta con movenze flemmatiche. “Ottima scelta, Vegeta” rincarò la dose il vecchietto, alludendo al vestitino mostrato in televisione.

“Oh che grazioso!” esclamò di rimando Bunny dando man forte al marito.

“Stanno mentendo!” sbottò infuriato Vegeta all’indirizzo delle due donne sullo schermo, agitando un pugno ormai in preda alla collera.

Bulma si riscosse per alcuni istanti, non senza sforzo, tossendo leggermente con l’intento di riacquistare compostezza e fissando l’uomo negli occhi, “Cosa c’è di male? In fondo… quel colore a Bra sta benissimo” la sua serietà si concluse miseramente in quel frangente, tornando a ridere più di prima.

E infine il vaso traboccò. Decisamente aveva subito troppo. Non solo aveva dovuto sopportare una maledetta giornata in un centro commerciale, coinvolto in idiozie terrestri della peggior specie; non solo aveva dovuto sopportare le lamentele isteriche di quella maledetta donna. Ora, come se tutto quello non fosse già di per sé intollerabile, doveva anche starsene lì a farsi prendere in giro. E tutto per quella dannata mocciosa!

Bra, continuando a ridere contagiata dalle espressioni dei suoi famigliari, di sua madre in particolare, porse nuovamente il pacchetto, che ancora non era riuscita ad aprire,  a suo padre. “Pà?” lo invitò, ma Vegeta riuscì sorprendentemente a mantenere il controllo, ignorandola e lasciando la stanza senza fare vittime. Tra le ultime terrificanti minacce che pronunciò prima di uscire, inframmezzate da ringhi dal suono atroce, i presenti riuscirono a distinguere qualcosa come ‘dannata mocciosa!’; ma le risate non si placarono, neanche quando era ormai lontano.

 

CONTINUA…

 

vivvina: Grazie mille, speriamo che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo.

 

LeftEye: Noi due? Ops, ci hai già riconosciuto? Ad ogni modo ti ringraziamo, ma per evitare eventuali battibecchi tra di noi preferiamo essere chiamate Joker e Venom XD. Comunque ecco a te il nuovo capitolo del tipo con i capelli strani.

 

ka93: Sfortunati loro, sfortunato lui ^^. Il povero Vegeta non ha avuto una bella giornata, e come vedi peggiora.

 

CHiBI cHU: Due delle più brave scrittrici? Mm forse non ci hai riconosciuto XD. Magari la fusion riesce a migliorarci ^^. Un sentito grazie da parte di entrambe

 

Sweet Memole 87: Cominciamo col dire che quella di destra declina ogni responsabilità sulla FanArt, mentre quella di sinistra… beh, lei non si esprime! Ad ogni modo dovrai accontentarti, niente filmato, Vegeta ne ha avuto abbastanza di telecamere XD. Grazie mille ^^.

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Capitolo 3
*** Scena tre: “Per finire in bellezza”. Motore… Azione! ***


IL BELLO DELLA DIRETTA

IL BELLO DELLA DIRETTA

 

Scena tre: “Per finire in bellezza”. Motore… Azione!

 

I festeggiamenti erano proseguiti fino a tardi, ovviamente senza il Principe dei Saiyan, tempestivamente dileguatosi prima di porre fine non solo alla festa, ma all’intera razza umana. Con tutta probabilità il pensiero l’aveva a dir poco sfiorato, a giudicare dall’occhiata minacciosa che aveva riservato alla sua famiglia, uscendo dal salotto un paio d’ore prima; tuttavia, considerata la situazione, tutto lasciava credere che avesse al contrario reagito fin troppo bene.

Il sorrisetto divertito sul volto di Bulma, che camminava per i corridoi della Capsule a tarda sera, visibilmente assorta in qualche riflessione, pareva rivelare proprio un pensiero del genere. La donna appariva piuttosto provata dalla lunga giornata appena trascorsa; ciò nonostante, la sua espressione era invece distesa e assolutamente serena. Quell’abbozzo di sorriso, poi, che non accennava a scomparire, aveva assunto pian piano una sfumatura sempre meno beffarda, fino a trasformarsi in un sorriso felice, semplicemente; allo stesso modo in cui le “notizie del giorno”, esaurito l’effetto comico che avevano suscitato in un primo momento, avevano finito per assumere un significato ben più importante.

Bulma si era ritrovata ad ammettere di avere un po’ esagerato con Vegeta, quel pomeriggio, quando gli aveva rivolto quelle accuse così categoriche. La sua sola presenza alla festa aveva avuto già di per sé il potere di risollevarle del tutto il morale, ma le notizie del telegiornale le avevano dato la conferma incondizionata che, in fondo, lui ci aveva seriamente provato; e probabilmente non si era presentato alla festa spinto soltanto da qualche specie di senso di colpa. Ora era lei a sentirsi vagamente in colpa per quello che gli aveva urlato contro. Conoscendolo, doveva essergli costata un’enorme fatica tutta quella storia; e in quel momento, visto il particolare epilogo di quella strampalata avventura, il suo umore doveva essere decisamente pessimo.

Senza troppa fretta, Bulma si era infine decisa a cercarlo, dopo aver considerato che probabilmente sarebbe stato meglio andare a vedere dove si fosse cacciato e, soprattutto, in che stato versasse davvero il suo umore, prima che peggiorasse irrimediabilmente.

Sovrappensiero, fu solo in quel momento che si accorse che la piccola Bra stava piangendo, quando svoltò istintivamente verso la zona in cui si trovavano le camere da letto. Si riscosse all’improvviso e si diresse a passo spedito verso la stanza della piccola, ipotizzando che avesse avuto qualche incubo e convinta di risolvere la questione in pochi minuti. La mano sospesa a mezz’aria, nell’atto di afferrare la maniglia della porta e spalancarla, si bloccò però in un istante, non appena sentì la voce di Vegeta. Trasalì lievemente per la sorpresa, prima di ritrarre istintivamente la mano e fermarsi accanto alla porta socchiusa. La sua espressione, in un primo momento assolutamente sbalordita, assunse in meno di un secondo una sfumatura evidentemente incuriosita. Non riuscì a fare a meno di restarsene in disparte e di mettersi a sbirciare, decisamente interessata a quello che stava succedendo in quella stanza.

“Insomma! La vuoi smettere di piangere?! Dannata mocciosa! Ho detto di piantarla!” sbraitò Vegeta, in piedi accanto alla culla della bambina. Il suo stato emotivo era evidentemente ancora pessimo; in aggiunta a ciò, l’agitazione e l’imbarazzo dovuti al panico, visto che non aveva idea di come tappare la bocca della piccola peste, erano chiaramente leggibili sul suo volto.

Bra pareva proprio non volerne sapere di smettere di piangere. Gli occhioni tristi e colmi di lacrime fissarono il padre letteralmente in preda alla disperazione. Tuttavia non sembrava affatto il tono di lui la causa di tanta infelicità; era piuttosto evidente che la bambina si trovasse alle prese con ben altri, gravosi problemi. Appoggiata in equilibrio precario alle sbarre della culla, a cui si reggeva a malapena sussultando tra un singhiozzo e l’altro, tornò a fissare insistentemente un oggetto sul comodino, troppo distante. Pareva intenta nel disperato quanto inutile sforzo di allungare le braccine attraverso le sbarre. Con i lineamenti del visetto paffuto concentrati e tesi, seguitava a piangere inconsolabile e a stendere le braccia, per poi tornare a disperarsi ancora più intensamente, farfugliando qualche parola con la voce rotta dal pianto. Tra queste, un orecchio allenato avrebbe potuto distinguere un suono simile a unksss.

“Che accidenti…” parlottò tra i denti il padre, nettamente in difficoltà. Dove sono i nemici come Majin-Bu quando servono?!? Sostenere un combattimento all’ultimo sangue era sicuramente meno problematico che dover affrontare una mocciosa isterica.

Ringhiò frustrato, colto quasi dalla disperazione, non sapendo più come risolvere la situazione. Infine, dopo diversi istanti, si accorse che l’attenzione della figlia era rivolta al comodino. Scostò lentamente lo sguardo, scoprendosi ad osservare un pacchetto. Lo riconobbe subito, ma nonostante la famigliarità di quel particolare involucro non riuscì immediatamente a comprenderne la provenienza. Fu solo dopo qualche secondo che si ricordò quale fosse l’origine del misterioso pacchetto. Il regalo di Trunks. “Dacci un taglio, mi hai sentito?” sbottò all’indirizzo della bimba, afferrandolo.

Quel semplice gesto sembrò avere l’efficacia di un Final Flash. Il pianto disperato della piccola scemò di colpo e la sua espressione mutò improvvisa e in un istante, ritrovando un’intensa concentrazione. Cominciò ad agitarsi notevolmente, seguitando a protendersi verso l’oggetto con più foga di prima. Lo sguardo che rivolse a suo padre, umido di pianto, si illuminò speranzoso.

“Pà?”. Sembrava gli stesse chiedendo insistentemente, ancora tra i singhiozzi, proprio ciò che il Saiyan reggeva tra le mani.

Vegeta si ritrovò ad osservare la figlia per alcuni secondi, studiandone la reazione improvvisa; rivolse poi la sua attenzione al pacchetto che teneva fra le mani, per tornare di nuovo a scrutare la bambina un attimo dopo. Nel momento in cui abbassò nuovamente lo sguardo sul pacchetto la sua espressione si rabbuiò leggermente.

Il regalo. Ecco la fonte di tutti i suoi guai, proprio lì nelle sue mani.

La confezione pareva essere stata già aperta e richiusa con cura, probabilmente da Bulma, e Vegeta sembrò associare definitivamente quel ridicolo involucro a suo figlio maggiore. La voce di Trunks prese improvvisamente a risuonargli nella testa e tutti gli elogi su quell’insignificante oggetto in cui si era profuso suo figlio gli tornarono alla mente in una sola volta. Sollevò per un momento lo sguardo per guardarsi intorno, con un’espressione tutt’altro che determinata; sembrava vagamente preoccupato di essere visto da qualcuno, quasi fosse un ladro. Solo dopo alcuni istanti, ancora titubante e con un’aria decisamente sospettosa, si decise ad aprire il pacchetto e ad osservarne il contenuto. Ciò che a detta del figlio avrebbe dovuto essere il “regalo perfetto”, si rivelò infine essere un banale elastico per capelli, abbellito da due piccole, semplicissime palline rosse.

“Hn, e questo sarebbe lo stupido regalo del moccioso?!?” bofonchiò tra sé senza più prestare attenzione alla figlia.

La piccola Bra cessò definitivamente di singhiozzare, focalizzando il meraviglioso manufatto colorato fra le mani di suo padre. Non aveva smesso però di agitarsi e tendere le manine verso l’oggetto dei suoi desideri, ormai evidentemente ansiosa di ricevere finalmente attenzione. Se l’espressione della bambina appariva ormai sorridente e felice, dopo qualche secondo cominciò a manifestare una certa impazienza, accorgendosi che il padre non si decideva a porgerle il regalo. L’ennesima sequela di parole sconnesse della piccola assunse a quel punto un tono allegro ma ansioso, che pareva sottolineare una certa sorpresa riguardo agli indugi del Saiyan, considerato come fosse ormai evidente che l’uomo avesse capito ciò che voleva. La parola papà, che riuscì a pronunciare con estrema chiarezza, aveva assunto un’inflessione quasi indispettita.

“Che vuoi?” brontolò quasi si fosse appena ricordato della sua presenza. Nell’osservarla, però, si accorse di una ciocca di capelli che le ricadeva sul viso. Dimenticandosi di tutto il resto rimase a fissarla per un po’, per poi  rivolgere di nuovo la sua attenzione sull’oggetto così desiderato, ancora nelle sue mani. Ora tutto aveva un senso. Decisamente riluttante e impacciato, consegnò l’elastico alla figlia; e quando la piccola Bra afferrò l’oggetto, non poté fare a meno di ritirare velocemente la mano, come se rischiasse di bruciarsi.

Non appena Vegeta aveva allungato la mano verso di lei, in realtà, la piccola Bra si era fatta raggiante di gioia. Con non poche difficoltà per mantenere l’equilibrio e un’aria estremamente concentrata e decisa, aveva afferrato goffamente l’agognato elastico, non mancando di rivolgere un intenso sorriso a suo padre. L’espressione radiosa della piccola era di certo uno dei migliori “grazie” che il Principe dei Saiyan avrebbe mai sperato di ottenere, se soltanto mai in vita sua avesse pensato di ottenerne uno anche solo per sbaglio. Tuttavia, Vegeta si trovò involontariamente a notare come quel sorriso somigliasse piuttosto ad una manifestazione di orgoglio; pareva voler semplicemente significare “Non trovi anche tu che sia bellissimo? Ed è mio!”. Quella vaga sensazione lo costrinse a fermarsi per un momento ad osservare la piccola, incuriosito da ciò che avrebbe fatto con quello che a lui pareva un oggetto fondamentalmente inutile, nonostante tutto.

Che cosa la bambina volesse farne di quell’elastico, in realtà, appariva un mistero anche per lei, visto che la sua espressione si fece estremamente concentrata e lo sguardo si corrucciò assorto, mentre studiava l’oggetto nei dettagli. Dopo qualche momento di attenta riflessione, la piccola tornò a sollevare gli occhi azzurri su suo padre, sorridendo con un’inflessione lievemente interrogativa. Nel contempo, si appoggiò l’elastico sulla testolina con fare deciso, cercando intanto di scorgere l’effetto che aveva ottenuto; sollevò infatti ulteriormente lo sguardo, assieme al mento, in un goffo tentativo di guardarsi la sommità del capo. Ovviamente, con sua somma meraviglia e disappunto, l’elastico cadde dopo appena un istante sul lettino.

Bra non sembrò però scomporsi troppo né darsi per vinta per un così banale inconveniente, in un primo momento. Con una certa fatica riuscì a raccoglierlo senza cadere e ripeté l’operazione con la stessa cura e attenzione; ma la sua espressione perplessa di fronte a quell’identico fallimento, si fece a quel punto decisamente più marcata. Per un momento si voltò nuovamente verso suo padre, con uno sguardo che era sulla buona strada per inumidirsi e rattristarsi in modo irreversibile. Gli occhi della piccola parvero rivolgergli una domanda implicita la cui risposta appariva tristemente al di là della sua portata. “Ma perché quando l’ha messo la mamma non cadeva?” Potendo articolare una frase di senso compiuto, la piccola avrebbe certamente rivolto questo interrogativo a suo padre, o meglio, all’intero universo. Agli occhi di Vegeta però, quello sguardo poteva apparire soltanto come una specie di richiesta incomprensibile.

Il Principe restò in silenzio a fissare l’intera scena con la netta, pessima sensazione che la cosa sarebbe presto degenerata. Al solo pensiero, dopo aver incrociato gli occhi della figlia, la sua espressione si tramutò in una smorfia dal dubbio significato. Che fosse schifato o semplicemente a disagio non era facilmente comprensibile. “Beh’? Che accidenti vuoi ancora?” brontolò.

La piccola afferrò l’elastico per l’ennesima volta e lo fissò per un momento sconsolata. Sentendo le parole di Vegeta glielo porse con un’espressione interrogativa e turbata. Le piccole labbra della bambina s’incresparono, tremando sull’orlo del pianto, e i suoi occhi cominciarono ad inumidirsi di goccioloni salati. Quella domanda cominciò a trasformarsi in una sorta di disperata speranza. “Forse tu sei bravo come la mamma, anche se non si direbbe”. Probabilmente, il fatto che la piccola non riuscisse a riferire esattamente quella riflessione al Principe dei Saiyan, sarebbe stato da considerarsi un fatto positivo, visto che esisteva gente nell’universo che aveva passato un brutto quarto d’ora per molto meno. Di fatto, ancora una volta, quegli occhioni, sul punto di versare copiosamente calde lacrime di delusione, comunicarono al suo interlocutore soltanto un’estrema supplica.

Sì, decisamente l’espressione di Vegeta era a quel punto dettata dal disagio o, più verosimilmente, dal panico. Istintivamente allungò la mano verso la piccola, ma un attimo prima di raggiungere l’oggetto che gli veniva offerto, la ritirò e si pietrificò fissando sua figlia, immobile. Ripeté l’operazione pochi secondi dopo, ma solo al terzo tentativo riuscì ad afferrare il fermaglio. Lo osservò per un momento, palesemente disgustato e perplesso.

Come diavolo funzionava quel coso?!

All’atto pratico, le competenze del Principe dei Saiyan sull’argomento “fermagli per capelli” erano se possibile pari a quelle della piccola Bra; più verosimilmente piuttosto, la bambina ne sapeva di gran lunga più di lui sull’utilizzo di quell’affare. Questa era la drammatica verità.

Nonostante tutto però, un sorriso carico di aspettativa si stampò all’istante sul volto della piccola, ignara delle perplessità del Principe, nel momento in cui Vegeta afferrò l’elastico. La bambina farfugliò nuovamente qualche parola confusa, chiaramente all’indirizzo di suo padre, tra cui la parola “papà”, questa volta sussurrata appena, aveva un tono estremamente dolce. L’espressione con cui lo fissò, in evidente attesa, pareva la celebrazione stessa dell’amore incondizionato e della fiducia.

Vegeta si rese conto troppo tardi che guardare sua figlia negli occhi sarebbe stato un grave, gravissimo errore. Se ne accorse quando ormai quegli occhioni colmi di affetto l’avevano totalmente catturato, mentre i suoi tradivano ormai il panico più totale.

Insomma, quel coso era un dannato problema! L’unica cosa che il Principe dei Saiyan era riuscito ad afferrare con certezza era solamente il fatto che servisse per i capelli. Ma, ok… Ok. Ragionare con calma poteva essere una soluzione. Accidenti! Non doveva poi essere così difficile se anche Trunks sapeva a che diavolo serviva! Con calma, giusto… Capelli, ciocche… Forse…

Il volto del Saiyan tradì per un attimo un guizzo impercettibile nei lineamenti. Vegeta sembrò riflettere per un paio di secondi ancora, prima di ripiombare in uno stato di notevole disagio. La sua espressione lasciava intendere che, probabilmente, l’aver intuito il corretto utilizzo di quell’elastico per capelli non l’avesse messo in una posizione migliore rispetto a qualche istante prima. Osservò la piccola Bra deglutendo sonoramente e fece un passo nella sua direzione, manifestando peraltro in modo evidente l’intenzione esattamente contraria di trovarsi altrove, possibilmente molto lontano da quella stanza. Afferrò una ciocca di capelli della bambina con notevole imbarazzo, con due dita soltanto, e la fece passare attraverso l’elastico, reggendolo come se la sua temperatura avesse superato i mille gradi. Fortunatamente tuttavia, quel modo goffo e stravagante di procedere riuscì ad essere comunque efficace e a rimuovere, definitivamente, i capelli che ricadevano sul volto della bambina.

Nemmeno fosse stata in gioco la sua vita, non appena terminò la delicata operazione, il Principe dei Saiyan si allontanò di scatto con un passo indietro. La sua espressione ancora turbata rivelava senza ombra di dubbio che avere a che fare con Freezer, o chi per lui, sarebbe stato decisamente qualcosa di meno problematico e, soprattutto, qualcosa da affrontare con molto più coraggio.

La reazione di Bra, per tutta risposta, fu invece a dir poco entusiasta. La piccola, lasciando la presa sulle sbarre della culla per rivolgere un caloroso applauso al suo eroe personale, finì per cadere goffamente seduta sul lettino. Con il suo meraviglioso elastico fra i capelli, mentre era intenta a ritrovare una posizione relativamente stabile, riuscì a rivolgere a suo padre un sorriso talmente raggiante e colmo di gioia che non aveva bisogno di essere interpretato ulteriormente. L’espressione che comparve sul suo volto un secondo dopo pareva l’immagine della soddisfazione. “Papà” fu ancora una volta la parola più comprensibile fra quelle che fu capace di pronunciare, ma il tono del suo discorso era inequivocabilmente permeato di gratitudine e di affetto, ed aveva chiaramente l’inflessione di chi era in attesa di una risposta.

La smorfia che le rivolse Vegeta appariva però tutt’altro che l’emblema della felicità. Con un gesto nervoso incrociò le braccia, tornando ad assumere un atteggiamento fiero e composto, tipico del Principe dei Saiyan, quantomeno per nascondere il totale disagio. “Che vuoi ancora?” domandò con distacco.

Per nulla turbata dall’espressione burbera del padre, la piccola si limitò a sorridere ancora più intensamente. Se non fosse stata una bambina di appena un anno, la sua espressione soddisfatta si sarebbe potuta quasi scambiare per una manifestazione di amor proprio. “Sono bella con questa cosa meravigliosa sulla testa!” Parevano comunicare quegli occhi azzurri, letteralmente raggianti, fissi in quelli di suo padre.

Vegeta scrutò la bambina per alcuni secondi. Ok, quel coso le stava bene, per quanto relativamente potesse saperne lui. “Tsk, a che ti serve essere così vanitosa?” mormorò in una tonalità asettica.

Bulma non aveva perso nemmeno una sillaba, un gesto, di ciò che era appena avvenuto in quella stanza. Era rimasta ad osservare la scena dal sottile spiraglio della porta socchiusa, in silenzio, come ipnotizzata. Per tutto il tempo, un sorriso intenerito e a tratti divertito aveva accompagnato il dialogo fra Vegeta e la loro figlia in ogni parola, sguardo, movimento; senza osare quasi respirare per non turbare quel momento, Bulma se ne stava immobile, completamente rapita da ciò a cui aveva appena assistito.

Fu quell’ultima frase che la riscosse improvvisamente e in modo inaspettato. La riconobbe, identica quella che era stata rivolta a lei non troppo tempo prima, dallo stesso uomo. La ricordò con un tuffo al cuore, mentre i suoi ricordi si tuffavano a loro volta in quel passato recente. No, non l’aveva dimenticata.

 

“…stavo pensando che potevamo rifare la camera qui accanto. Tu cosa ne pensi? In fondo non la usiamo mai, sarebbe perfetto, non trovi?” propose, concentrata in un discorso apparentemente insignificante e privo di ogni logica. I suoi occhi si posarono sullo specchio e sulla sua immagine riflessa. Una mano scostò una piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre, con l’altra, reggeva saldamente un oggetto, che aveva continuato ad agitare insensatamente durante l’intero discorso. Le sue parole denotavano un certo entusiasmo; confermato, peraltro, da un intenso sorriso che le illuminava il volto. “Mi stai ascoltando?” chiese poi, a prima vista rivolgendosi al vento. “Sarà sufficiente ridipingere le pareti, non credo ci vorrà molto, non sei d’accordo?” continuò imperterrita nel suo discorso, “Tesoro?”.  Si affacciò infine dalla porta del bagno, osservando la camera adiacente e passando in rassegna tutta la stanza con lo sguardo. I suoi occhi si fissarono poi in un punto con un’espressione interrogativa, chiedendo conferma, lì dove una figura se ne stava seduta, immobile. “Cosa ne pensi, Vegeta?” domandò al diretto interessato.

Lui era comodamente seduto sul bordo del letto, con le braccia incrociate sul petto, in apparenza disinteressato. La sua espressione sembrava lievemente annoiata, ma a un attento osservatore avrebbe comunicato più che altro un’assoluta tranquillità. “Fa quello che ti pare” rispose, sollevando lo sguardo solo leggermente, quel tanto che bastava a soffermarsi sulla figura di lei. Il tono con cui pronunciò quella frase, piatto e atono, sembrò voler liquidare la faccenda il più in fretta possibile.

Lo osservò ancora per un momento, interpretando il suo sguardo. Sorrise raggiante, per poi tornare automaticamente a rivolgersi all’oggetto che reggeva ancora tra le dita sottili; con delicatezza, quasi con la paura di romperlo. Il test di gravidanza, inequivocabilmente positivo, rifletté ancora una volta un sorriso sereno e felice sul suo volto. Sparì un attimo dopo dietro la porta del bagno e ne uscì definitivamente dopo appena un altro istante, giusto il tempo di separarsi da quell’oggetto, con l’intento di continuare il discorso a tu per tu col suo interlocutore.

“Non sarà un problema comprare dei mobili nuovi…” riprese a parlare, assolutamente certa di avere l’attenzione di lui. Entrò definitivamente nella camera da letto, soffermandosi a osservare lo specchio accanto alla porta del bagno. I suoi occhi scrutarono nuovamente la sua immagine, questa volta riprodotta per intero,  e si trovò a smettere di parlare, senza un apparente motivo. Una mano si posò, con un gesto automatico, sul grembo.

Lui si era alzato, intanto, intenzionato piuttosto a tornare alle sue occupazioni. Visibilmente poco interessato a mobili, colori delle pareti e simili argomenti di conversazione, pareva sul punto di andarsene, manifestando implicitamente che, da parte sua, il discorso non aveva alcun motivo di proseguire. Aveva esitato solo un momento tuttavia, indugiando anch’egli sulla figura di lei nello specchio; pareva non avesse potuto farne a meno. La sua espressione, come sempre imperscrutabile, aveva tradito nonostante tutto un susseguirsi impercettibile di emozioni diverse. Il suo sguardo si era posato sulle gambe nude di lei, percorrendole con una lentezza e con un’espressione inequivocabile fino all’orlo della minigonna, ma aveva esitato su quella mano, assorto per un attimo in qualche riflessione di tutt’altra natura.

“Vegeta…” il suo tono di voce, che fino a pochi istanti prima rappresentava l’emblema della felicità, cambiò decisamente tonalità. Una leggera inclinazione malinconica tradì una punta di tristezza. Non aveva distolto lo sguardo dalla sua immagine riflessa, nemmeno per un istante; continuava a scrutarla con attenzione. L’età non era più quella di una ragazzina, lo si leggeva chiaramente nei lineamenti del suo viso; di certo non era più nel fiore degli anni. Lentamente il suo sguardo si posò sulla mano, ancora stretta sul grembo, indugiando per diversi secondi. Infine la sua attenzione fu catturata dalla figura del compagno rispecchiata alle sue spalle. “E se… non ci riuscissi?” ebbe il coraggio di dire, dopo qualche momento.

Il volto di lui aveva tradito immediatamente una reale sorpresa. Il lieve inarcarsi di un sopracciglio denotò infatti, sul volto del Saiyan, una certa perplessità. Nonostante ciò, lui, si limitò a fissarla tramite lo specchio, senza manifestare alcuna emozione evidente. “Che ti prende adesso?” chiese leggermente seccato.

Lei rispose abbassando malinconicamente lo sguardo per un momento, “E se non riuscissi a tornare più come sono adesso? Non sono più una ragazzina, Vegeta” mormorò solo qualche istante dopo, voltandosi a guardarlo. Era sul punto di piangere. “Se andasse tutto storto? Io… non voglio diventare grassa e brutta”.

Quelle ultime parole sembrarono conferire all’espressione di lui un maggiore fastidio e una palese irritazione. Di nuovo, un occhio più attento avrebbe notato invece un lieve moto di preoccupazione in quello sguardo seccato, che non era riuscito a nascondere del tutto.

Una piccola lacrima solcò il suo candido visto, “E… e tu cosa ne sai?” piagnucolò tra i singhiozzi, interpretando quello sguardo “N… non sono un Saiyan come voialtri… io…” continuò. Intanto, quella che doveva essere solo una lacrima solitaria, si tramutò ben presto in un pianto isterico e incontrollato. Svelta, si passò una mano sugli occhi, nel vano tentativo di controllarsi ed eliminare almeno i segni delle lacrime. “Potrei non avere più questa forma fisica… ingrasserò, diventerò una palla, e tu… tu non mi capisci… andrà tutto storto, già lo so…” si lagnò tra i singhiozzi, sempre più convulsi. Una ciocca di capelli le cadde sul viso, e lei la scostò con un gesto nervoso. “Insomma, guardami Vegeta… sta già cominciando ad andare tutto male… guarda… lo vedi?!” insistette, portandosi anche l’altra mano nella folta chioma celeste. “Questi maledetti capelli! Non li ho mai avuti così brutti!” piagnucolò ancora.

Lui aveva ascoltato quello sfogo in silenzio, fissandola corrucciato e con le braccia incrociate sul petto, senza distogliere lo sguardo. Dopo quella che poteva sembrare la conclusione del discorso, aveva continuato a fissarla per qualche istante ancora, impassibile, come volesse tacitamente accertarsi che avesse finito davvero. La squadrò poi da capo a piedi; sembrava quasi cercasse di imprimere la sua immagine nella memoria, senza fretta. Solo dopo, fece un passo verso di lei. Le afferrò i polsi con un gesto brusco e improvviso, che la fece trasalire, e le abbassò deciso le mani lungo i fianchi, senza allontanarsi né allentare la presa. I suoi occhi, fissi in quelli di lei, la sfidarono letteralmente a ribattere a ciò che stava per dire.

“Sei una stupida!” affermò deciso, senza distogliere lo sguardo. Lei smise di singhiozzare senza volerlo.

“Tsk” sbuffò, lasciandole le mani e facendo un passo indietro, “A cosa ti serve essere così vanitosa?” quella domanda suonò come un’affermazione; aveva un tono quasi di rimprovero e di sdegno, ma il suo sguardo, che aveva percorso lentamente la sua figura per poi tornare sui suoi occhi, esprimeva eloquentemente tutt’altro che disprezzo. Infine, come se nulla fosse, uscì dalla stanza.

Lo osservò scomparire oltre la porta e tornò lentamente alla calma. Ripensò al comportamento dell’uomo e un piccolo sorriso si fece largo sul suo viso, “Grazie” mormorò dolcemente.

 

Un rumore improvviso all’interno della cameretta cancellò in un istante il riflesso di quel sorriso sul volto di Bulma, ridestandola dai suoi ricordi. Intuendo che Vegeta era sul punto di uscire dalla stanza di Bra, fu presa vagamente dal panico e si guardò intorno nervosa, passando in rassegna un milione di possibili scuse per giustificare la sua presenza nel corridoio. Lo scatto repentino con cui si allontanò istintivamente dalla porta tuttavia, non fu abbastanza fulmineo per evitare di essere beccata a spiare impunemente, da un Saiyan che faceva dell’essere costantemente diffidente e all’erta il suo stile di vita. Al Saiyan in questione peraltro, che finì inevitabilmente per notare la donna e la sua strana espressione, non era servito che un semplice due più due per intuire la situazione, conoscendo fin troppo bene le abitudini della sua compagna.

Bulma si era sentita rivolgere una sorta di ringhio sommesso, ma nulla di più. Vegeta infatti, che si era limitato ad augurarsi mentalmente di non essersi reso troppo protagonista dei divertimenti della donna, si fermò solo per un secondo a fissarla con la coda dell’occhio, incamminandosi lungo il corridoio e ignorandola come se nulla fosse.

“Ah Vegeta, eri qui?” domandò Bulma, fingendo di essere sorpresa ed ostentando naturalezza. Ignorò a sua volta, tra le altre cose, la terribile espressione del Saiyan e il fatto che non si fosse fermato; ma, soprattutto, si sforzò di rivolgersi a lui come se la presenza di Vegeta nella camera della figlia fosse del tutto normale. “Pensavo dormissi già” insistette, parlando ormai al vento, dato che il compagno si era già allontano. Conscia di non essere più ascoltata, decise infine di entrare nella camera di Bra.

Il Saiyan proseguì deciso verso la sua stanza, continuando a non prestarle la minima attenzione, fermamente intenzionato a tornare a fare ciò che stava facendo prima di essere disturbato, cioè dormire; non senza aver rivolto mentalmente qualche maledizione a Bulma e alla sua brillante idea di piazzare la camera della mocciosa a pochi passi dalla loro. A fare le spese dell’evidente nervosismo dell’uomo, furono ben presto sia la porta della sua camera da letto, spalancata con un gesto brusco e richiusa altrettanto delicatamente in meno di un secondo, sia le coperte, che furono scostate dal letto con un certo, malcelato disprezzo. Da ultimo toccò al cuscino, che venne sprimacciato in modo fin troppo energico e dovette cedere ben presto, sotto i colpi di un guerriero Saiyan risolutamente deciso a riprendere sonno al più presto. L’espressione irritata di Vegeta, nel momento in cui aveva chiuso gli occhi, appoggiando finalmente il capo sul povero guanciale, esprimeva chiaramente la sua ferrea intenzione di porre fine immediatamente a quella maledetta giornata.

Non passò che qualche istante, prima che Bulma entrasse a sua volta nella stanza. Gettò un’occhiata all’uomo, in apparenza addormentato, col chiaro intento di saggiarne l’umore. “Bra dorme” annunciò in tono tranquillo, lasciandosi andare ad un vistoso sbadiglio, per poi stiracchiarsi. “Sono stanca, è stata una lunga giornata” continuò parlando in modo naturale. Senza attendere alcuna reazione dal Saiyan, cominciò lentamente a svestirsi, tenendo sempre sotto costante osservazione il compagno, seppur solo con la coda dell’occhio.

Vegeta non si degnò peraltro di dare il minimo segno di vita; che stesse già dormendo o semplicemente avesse deciso di ignorare la donna fingendo di farlo, impossibile intuirlo a un’occhiata distratta. Tuttavia, Bulma non era certo il tipo da lasciarsi distrarre o ingannare, né tantomeno intimidire dall’indifferenza mostratale da Vegeta. Entrò tranquillamente in bagno e, pochi secondi più tardi, si udì chiaramente il rumore dell’acqua scorrere. “Bra era molto felice oggi. È stata una bella festa!” disse a voce alta, affinché anche il suo presunto interlocutore potesse sentirla. L’acqua smise di scorrere poco dopo. “Anch’io mi sono divertita molto” continuò a parlare a distanza. Il tono della voce risultò lievemente allusivo, ma questa volta appariva benevolo; non vi era alcuna traccia di malizia, né di cattiveria. Un istante dopo, uscì dal bagno indossando una sottoveste piuttosto succinta.

Con un gesto tanto istintivo quanto impercettibile, il Saiyan si limitò a partecipare a quella supposta conversazione sollevando appena una palpebra, quel tanto che bastava per osservare, o meglio sbirciare la compagna, mentre si muoveva per la stanza. Nel tentativo di seguitare ad ignorarla tuttavia, tornò quasi subito a chiudere gli occhi.

A Bulma, quella piccola reazione non era di certo sfuggita; ma, nonostante ciò, continuò a parlare con Vegeta come se nulla fosse, afferrando un indumento dal suo cassetto. “Le sono piaciuti tanto i regali! Quello di Trunks soprattutto!” affermò soddisfatta. Nel frattempo, con una serie di movenze studiatamente sexy, la sottoveste lasciò il posto a una camicia da notte ancora più succinta e provocante. Il tono della sua voce contrastava vivamente con i suoi gesti, naturalmente seducenti, che la donna fingeva di compiere con una spontaneità che aveva l’effetto di renderla ancora più attraente. “Pensa, l’aveva ancora in testa quell’elastico! Credo che non riusciremo più a toglierglielo!” affermò ridendo.

Vegeta, ormai avvinto da quelle movenze, si era ritrovato a schiudere gli occhi senza accorgersene, dimenticando completamente la fermezza dei suoi fieri propositi di ignorare la donna. A quelle ultime parole e alla risata di lei, tuttavia, la reazione del Saiyan ripiombò inevitabilmente e altrettanto involontariamente nell’irritazione. Quel dannato elastico non la smetteva di perseguitarlo! E quella maledetta storia non pareva avere fine! Con un immane sforzo rimase in silenzio; serrò la mascella in uno scatto nervoso, corrucciando le sopracciglia in un ennesimo, esasperato tentativo di mantenere la calma.

Bulma si fermò per un momento, quando i suoi occhi si posarono sullo specchio che rifletteva la sua immagine a figura intera, ed esitò un istante. “Sai?” continuò con un tono più pacato, “Era bello il vestito che hai scelto… Credo che domani andrò al negozio e lo comprerò. Sarebbe proprio carina con quel vestito”. Pronunciò quelle parole ancora una volta priva di ogni malizia, senza prenderlo in giro. “In fondo noi donne siamo vanitose!”. Questa volta la sua tonalità risultò divertita; osservò nuovamente Vegeta, un secondo dopo, con la coda dell’occhio.

La calma, a quel punto, era ormai un concetto lontano anni luce dal Principe dei Saiyan. L’impercettibile occhiata che aveva seguito le curve della compagna riflesse in quello specchio aveva acceso d’eccitazione lo sguardo dell’uomo solo per una frazione di secondo; con la stessa rapidità con cui un desiderio inequivocabile si era manifestato sul suo volto tuttavia, quello stesso accenno di turbamento aveva lasciato repentinamente il passo ad un cipiglio corrucciato che l’aveva spazzato via in un istante. A prima vista, lo si sarebbe creduto quasi volontario, tale era stato l’istantaneo cambio d’espressione. In una reazione improvvisa ed estremamente rapida, scattò mettendosi seduto. “Smettila di blaterare a vanvera! Mi hai stufato!” sbottò, visibilmente nervoso e un po’ imbarazzato, a causa dell’ultima frase di lei.

Bulma ignorò completamente la reazione brusca del compagno. Si voltò a guardarlo solo per un momento, con un’espressione perplessa. Infine si rivolse a lui come se gli stesse spiegando una cosa ovvia. “Non si può privare una bella ragazza di un bel vestitino, no, no!” affermò con rimprovero, “E poi, magari, se dico loro che sono la moglie dell’eroe che ha sventato così coraggiosamente la rapina, mi fanno anche lo sconto!”. Quell’ultima frase, infine, non poté evitare l’inevitabile. Le fu impossibile pronunciarla in modo serio e scoppiò in una fragorosa risata, non riuscendo più a trattenersi. Nonostante ciò, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, Bulma si avvicinò e si infilò sotto le coperte subito dopo, sforzandosi di non incrociare lo sguardo di Vegeta e, soprattutto, di smettere di ridere.

Il Saiyan, in realtà, decisamente poco divertito e con un’espressione imbronciata, altrettanto impegnato a controllare tutt’altro istinto, si limitò ad emettere una sorta di ringhio sommesso, voltando di scatto il capo nella direzione opposta e incrociando le braccia al petto nervoso, ormai, in apparenza, irrimediabilmente irritato.

Pian piano la risata di Bulma si tramutò lentamente in un sorriso. Si soffermò ad osservarlo con un’espressione divertita, ma ogni traccia di malizia era di nuovo scomparsa dal suo volto. Dopo qualche istante però, il suo sguardo si accigliò lievemente in un moto di rimprovero esasperato. “Oh avanti tesoro! Sto cercando di chiederti scusa!” sbottò con un tono teneramente scocciato.

Per alcuni istanti, Vegeta sembrò accogliere con la più totale indifferenza quell’affermazione; lo sguardo rivolto di fronte a sé, evitò accuratamente di incrociare quello della compagna, che continuava a scrutarlo in attesa di una qualche reazione. All’attento esame della donna, non sfuggì tuttavia il lieve corrugarsi delle sopracciglia di lui, segno che quelle parole avevano sortito un certo effetto e che il Saiyan stesse riflettendo sul loro reale significato. Lo sguardo dell’uomo si distese impercettibilmente e si fece lentamente meno imbronciato e severo. Apparentemente assorto in qualche pensiero, la sua espressione concentrata finì per tramutarsi infine in una decisamente maliziosa, nel momento in cui si decise a voltarsi verso di lei. “Tsk, c’è modo e modo per chiedere scusa” affermò squadrandola con lentezza, decisamente allusivo e ormai chiaramente concentrato sulla sua camicia da notte.

Anche lo sguardo di lei si tinse per un momento di assoluta malizia; ricambiò l’occhiata carica di desiderio che le aveva rivolto Vegeta con un’espressione tra le più seducenti del suo repertorio. Ciò nonostante sembrò passargli per la testa qualche pensiero diverso, che le restituì quasi all’istante un’aria naturale e distratta. Parve riflettere su qualche cosa velocemente e ricominciò a parlare, come se nulla fosse; intenta nel frattempo ad aggiustare il cuscino, come seguendo meccanicamente con quel gesto le sue riflessioni. “Mica ti ricordi quanto costava quel vestito? Cioè, poi non m’importa quanto costa…” cominciò a farneticare tra sé e sé, immersa ormai nuovamente nelle sue elucubrazioni. Che il suo scopo fosse di fargliela pagare almeno un po’ anche lei o che lo facesse solo per di divertirsi, non sembrava avere poi molta importanza. Il risultato fu in ogni caso il leggero inarcamento di un sopracciglio da parte dell’ormai alquanto impaziente Principe, che la osservò per un momento assolutamente incredulo e quasi del tutto spiazzato. “Chissà se c’era anche in rosso? Bra sta così bene in rosso…” continuò lei, senza sosta, con il chiaro intento di non smettere tanto presto.

Vegeta tornò, inevitabilmente, a corrucciarsi irrequieto per un momento. Quella donna aveva un modo di fare decisamente esasperante! Oltrepassata ormai una molteplicità di stadi di irritazione, nervosismo ed eccitazione e già ben oltre ogni limite umano ed alieno di sopportazione, sul volto del Saiyan aveva finito per palesarsi, al colmo di tutte quelle emozioni, l’unica espressione che riuscisse a contenerne la somma; un’imperturbabilità assoluta. Stufo del modo di fare di lei e ancora fermamente deciso a porre fine a quella giornata, parve convincersi, alla fine, che l’unico modo per uscirne vincitore sarebbe stato l’uso della forza. Le afferrò una spalla non troppo delicatamente, costringendola a girarsi e a guardarlo negli occhi. “Ti ho detto di piantarla!” ripeté minaccioso, accostandosi lentamente a lei.  Il tono di quelle parole suonò lapidario; non ammetteva repliche, così come il suo sguardo severo e inflessibile. Bulma replicò di fatto in silenzio, incatenata a quegli occhi, che incombevano su di lei più prepotenti della sua stretta. Sussultò appena quando lui la baciò, ancora sorpresa nel confondersi di fronte a quel suo modo irresistibile di vincere ogni scontro. Si fermò un secondo a guardarlo… No, lui non avrebbe vinto tanto facilmente… Sorrise.

“Accidenti Vegeta, ce ne hai messo di tempo!” sussurrò dolcemente, con una punta di ironia. “Stai zitta!” rispose lui, prima di metterla a tacere una volta per tutte, cercando nuovamente le sue labbra.

 

FINE…

 

Qualche ora prima…

 

... la rapina poteva trasformarsi in una tragedia, se non fosse tempestivamente intervenuto un eroico cittadino a fermare i malviventi... Non ci ha voluto rilasciare un’intervista, purtroppo, né conosciamo il nome di questo generoso...

Goten osservò lo schermo televisivo con un’espressione sgomenta. Deglutì sonoramente, mandando giù il boccone che stava masticando. “Ehi! Ma quello è Vegeta!” esclamò sbalordito, additando l’elettrodomestico e suscitando lo stupore dei presenti.

Goku si ritrovò involontariamente ad alzare gli occhi dal piatto in un’espressione incuriosita. Senza accorgersene era rimasto immobile, completamente rapito dalla voce dello speaker e dalle immagini che si susseguivano, inequivocabili, sullo schermo; con la mano che reggeva il cucchiaio ferma a mezz’aria, pareva essersi dimenticato perfino di masticare.

è raro trovare un tale esempio di abnegazione, eroismo e… modestia...

Masticare fu l’ultimo dei suoi problemi quando, sgranando gli occhi per la sorpresa e l’incredulità, si ritrovò a sputare in modo inconsulto quello che stava mangiando, nel tentativo di evitare di strozzarsi.

Travolto in pieno dall’inondazione, Gohan si limitò a ripulirsi la faccia col tovagliolo in un gesto meccanico e in preda ad uno stato di trance. Lo sguardo fisso sulla televisione, si accorse a malapena di suo padre.

“Goku! Ti sembra il modo di comportarti a tavola?!” lo rimproverò Chichi, come se nulla fosse. “Mamma?” domandò invece la piccola Pan, strattonando un lembo della gonna della madre, incuriosita e confusa dallo strano comportamento generale.

… un signore così per bene, era qui a comprare un regalo per la sua bambina... La signora ingioiellata,  che riempiva lo schermo col suo sguardo rapito e sognante, raggelò per un momento nel silenzio la quasi totalità dei commensali.

“C… come?” rispose distratta Videl, che a malapena aveva sentito la figlia.

Chichi volse finalmente la sua attenzione alla tv, ascoltando infine le parole del cronista. “Ah, quasi dimenticavo, oggi è il compleanno di Bra” esclamò sorridente, colta dall’improvvisa illuminazione.

 

FINE!

vivvina: Non siamo sicure che a Vegeta piacerebbe essere definito un paladino della giustizia XD. Grazie mille per i complimenti, speriamo che ti sia piaciuto anche il finale di questa storia.

Angelo Azzurro: Grazie per i complimenti e per aver messo la storia tra i preferiti. Riguardo a Vegeta, ha davvero rischiato di esplodere, ma è stato bravo dai. ^_*

lilly81: Lo scopo era quello di divertirci e se così ti è sembrato allora possiamo considerarci più che soddisfatte ^^. Grazie per i tuoi complimenti, da parte nostra cercheremo di crescere ancora.

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