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“Mi scrivi per piacere una cosetta melensissima su quanto Naruto venera Sasuke?”
“Mah, perché no, in fondo lo fa sempre
anche Kishimoto. Dammi uno spunto.”
“Non so, solo…che lo guarda.”
Da queste tre frasi nasce
la one-shot che vado a sottoporvi. È una
scemenza romanticosa e inutile e ciononostante
già li adoro, ufficialmente. Sono il mio potenziale nuovo otp.
A TE, CIA’, insieme a tutto il bene che ti voglio. Ci sono andata molto piano,
considerando la tua scarsa dimestichezza con la tematica.
(FRA’, NON LEGGERE).
A presto, gente.
suni
Konoha,
mattina
Si
sveglia già sbadigliando, già stanco in partenza. È normale,
la mattina del suo giorno di riposo: perché quella particolare mattina
della settimana, qualunque essa sia, è sempre la mattina dopo una notte
trascorsa restando sveglio fino all’alba. Niente, nemmeno una guerra
mondiale, gli potrebbe mai impedire di rimanere tutta la notte avvinghiato a Sasuke
finché non restano entrambi senza forze, stremati, e si addormentano
senza neanche rendersene conto, uno addosso all’altro, dove capita. Non sempre
nel letto.
Quella
mattina, però, la morbidezza del materasso e la freschezza del lenzuolo
sulle gambe gli fanno intuire che hanno dormito nel posto canonico, il che gli
risparmierà almeno il mal di schiena. Strofina la faccia nel cuscino e
nel farlo si gira sul fianco, rimanendo però bloccato a metà del
movimento. Il braccio di Sasuke gli è intorno, ma non appoggiato:
è stretto sul suo torace come se dovesse trattenerlo.
Naruto
sorride tra sé, sfregandosi il viso con la mano.
Come se fossi mai stato io, ad avere
la bella idea di svignarmela.
Solleva
leggermente la testa ed apre gli occhi, convinto di incontrare le iridi nere
dell’altro a mezza strada, imperiose e possessive, ma contrariamente a
quanto pensava Sasuke non lo sta stringendo così perché l’ha
sentito svegliarsi: il genio sta ancora placidamente dormendo, la testa rivolta
dall’altro lato, la schiena scoperta dal lenzuolo.
E
il suo sorriso si allarga, mentre torna a poggiare il mento sul cuscino senza
spostare gli occhi dalla linea dei suoi fianchi.
“Hai
paura che scappi dal tuo pessimo carattere?” mormora divertito.
Sasuke
emette un sottile mugugno, sospirando poi tra sé. Non ha mai avuto un
sonno tranquillo, anzi, è sempre piuttosto agitato. Una volta, anche se
non gliel’ha mai raccontato per non metterlo in imbarazzo, lui si
è svegliato in piena notte perché l’altro, dormendo,
piangeva. E Naruto ha un’idea più che precisa di quali ricordi
tormentino i sogni di Sasuke, ma non ne parla mai. Non fa domande, perché
sa che l’argomento è semplicemente troppo doloroso da affrontare.
Sta
di fatto che Sasuke quando dorme si agita. E’ quasi seccante, perché
spesso scalcia, rotola ad occupare i tre quarti del letto e fa l’arrogante
come suo solito anche se non è cosciente. Dormire con lui all’inizio
era un tormento, da questo punto di vista, ma poi Naruto ci si è
abituato: quando non ha più spazio nel letto gli tira un bel cazzotto e poi
fa finta di essere profondamente addormentato nel suo angolino. Sasuke si
sveglia, intontito, si rende conto che lui non ha più posto e,
borbottando un “idiota”, si fa in là e riprende a dormire. Per
poi ricominciare ad agitarsi dopo un quarto d’ora.
Quasi
a confermare il suo pensiero in quel momento Sasuke sbuffa, voltandosi
lentamente appallottolato nel lenzuolo, senza svegliarsi. Abbandona la presa
sul suo fianco e rotola per rannicchiarsi di lato, rivolto a lui. Naruto sporge
la testa e soffia silenziosamente contro il suo viso, che si contrae in una
smorfia infantile e infastidita, mentre il naso invece gli si arriccia in una
specie di silenzioso starnuto che strappa al jinchuuriki una risata in sordina.
Poi
il viso di Sasuke si ricompone nella naturale armonia che lo distingue. Non sta
sognando – non dorme abbastanza profondamente, forse – perché
la sua espressione è rilassata, serena. A Naruto piace quando è
così, perché quello è il genere di espressione che Sasuke
non sfoggia quasi mai da sveglio. L’abitudine all’essere cupo e
vagamente incarognito non gli e è passata nemmeno con la conclusione
della sua tragica epopea familiare e con la chiusura dei conti con tutti i suoi
fantasmi: Sasuke era ed è rimasto ombroso, taciturno, con l’aria
di essere perennemente sul punto di stare per dare un calcio al primo che
capita e contemporaneamente di strafregarsene di
tutto quel che lo circonda. Soltanto qualche volta, senza che se ne accorga, qualche
incontrollato sorriso gli sfugge, disegnando ai lati della bocca due sottili
rughe d’espressione che rendono ancor maggiore onore al suo bell’aspetto.
È strepitoso, quando sorride, anche perché, Naruto lo sa, ognuno
di quei sorrisi è causato da lui e tutti, indistintamente, appartengono
a lui e lui solo.
Ma
ora, mentre dorme, l’ultimo Uchiha è disteso e il suo volto ha il
morbido abbandono del sonno. Quel bello spettacolo, riservato a Naruto
unicamente, è quel che lui definisce la
ricompensa per la mia sopportazione. Lui tollera le stravaganze, le
paturnie e gli sbalzi d’umore del capriccioso genio, e Sasuke in cambio
esiste. Anche se a molti potrebbe non sembrare conveniente, Naruto è
più che certo del vantaggio insito in quel baratto.
Gli
lancia un’altra occhiata pigra, trovando nei suoi lineamenti la conferma
di quella linea di pensiero. Tutto il volto di Sasuke, per lui, è un
tesoro inestimabile. In quella fisionomia c’è scritta tutta la sua
vita.
Sul
suo naso, piccolo e all’aria, c’è la smorfia di contrarietà
che riserva alle sue scemenze, c’è lo sbuffo della sua
condiscendenza e la morbidezza dello strofinio contro le sue guance, quando
capita – raramente – che Sasuke sia in vena di coccole e allora gli
sfrega il viso contro come una bestiolina.
Sulla
sua fronte, ampia e chiara, coronata dal delicato ricadere delle ciocche
corvine di capelli, c’è la piega profonda della sua
preoccupazione, il giorno in cui lui, Naruto, si è quasi ammazzato per
mettere a punto l’ultimo perfezionamento del rasengan
e al suo risveglio Sasuke è arrivato con quella ruga d'inquietudine, quasi impaurito. C’è
la cupezza della sua rabbia quando la aggrotta, nei combattimenti e nei focosi
litigi che li vedono coinvolti a cadenza più che giornaliera, per
concludersi sempre nella stessa, strepitosa maniera.
Sui
suoi occhi c’è il ricordo delle infinite notti, dei ricoveri, dei
mancamenti dovuti alle ferite. Chiusi, gli occhi di Sasuke gli ricordano spesso
momenti di panico, che però sono stati ugualmente parte di loro due, perché
non hanno avuto una storia facile. Aperti, quegli stessi occhi neri e profondi,
dal taglio elegante, gli parlano di tutti i sentimenti inconfessati, di tutte
le cose che l’orgoglio fa tacere, di ogni prezioso slancio emotivo del
suo gelido compagno. Sono occhi che ha imparato a leggere come libri stampati,
che sa interpretare meglio anche delle parole e che, per lui, sono espressivi
più di qualunque altra cosa. Sono gli occhi in cui ritrova la sfida
silenziosa intrapresa nell’infanzia, la curiosità di quel pomeriggio,
sulla riva dell’acqua, quando bambini si sono guardati senza osare
parlarsi, senza ancora saper superare il muro che li divideva. O in cui legge l’astio
tributatogli ingiustamente durante il loro fatidico scontro alla cascata, la
notte della fuga, e l’indifferenza crudele degli anni a seguire. Sono gli
occhi dello sharingan, gli occhi che controllano Kyuubi, gli occhi che anticipano
i colpi diretti non solo a Sasuke stesso, ma anche a lui. Gli occhi che si sono
quasi spenti per sempre, per salvarlo da Haku.
Le
sue labbra sottili e ben disegnate parlano in silenzio, banalmente forse, di
tutti i baci dati e ricevuti, di quella passione che è entrata nelle
loro vite e le controlla, da anni. Portano ancora su di sé l’eco
delle parole, dei sussurri affannosi, delle confessioni, degli incalcolabili
insulti e delle frasi sprezzanti, della cattiveria sottile e aggressiva che
Sasuke sa avere verso di lui, delle espressioni di scherno quando si stirano gelide,
della risata rara che lasciano scappare fuori qualche volta, illuminandosi del
brillio dei suoi denti. Sono le labbra che ancora, in ogni istante, sembrano
ripetergli quell’unico “ti amo” che il compagno si è
lasciato sfuggire una sola volta, nell’impeto della passione, per poi
tacere con imbarazzo per le successive tre ore, scatenando la sua segreta
ilarità.
Le
labbra che, d’improvviso e senza nessun segno che potesse indicarlo, si
muovono.
“Che
hai da guardare, idiota?”
Naruto
sussulta, sorpreso, mentre gli occhi di Sasuke si aprono, puntandosi sul suo
viso con ironia. Perché lo sa, lo stronzo, che lui non può fare a
meno di rimirarlo come un bel dipinto.
“Hai
una pustola sulla fronte,” risponde Naruto, riuscendo a rimanere serio
grazie all’esperienza negli scherzi accumulata durante l’infanzia. “Enorme,”
precisa con un filo di ribrezzo.
Sasuke
aggrotta le sopracciglia, sollevando leggermente la guancia dal cuscino.
“Dove?”
chiede, portando una mano sulla fronte.
“Proprio
lì in bella vista,” risponde Naruto con un cenno del capo, mentre
lui comincia a far scorrere le dita sulla pelle per rintracciare l’orribile
deturpamento della sua perfezione. “Ah no, aspetta,” aggiunge il
jinchuuriki di soprassalto, socchiudendo gli occhi con attenzione e
avvicinandoli al suo viso. “Non è una pustola, c’è…scritto
qualcosa. Uh… Testa quadra.”
Sogghigna, prima di mettersi a ridere di gusto, sobbalzando. Un braccio scatta
verso l’alto, incastrando il suo collo nell’incavo del gomito e
bloccandogli il fiato.
“Sas…”
esala, dibattendosi senza convinzione.
“Sei
veramente un idiota, dobe,” osserva calmo il
genio, con uno sguardo truce. “Adesso ti uccido, mi sono stufato delle
tue stronzate,” annuncia, lasciando però la presa e permettendo a
Naruto di ricadere sul materasso con un risata.
“Sono
dieci anni che lo ripeti,” lo rimbecca il jinchuuriki, baldanzoso. “Ma
poi non mi ammazzi mai,” aggiunge sornione, mentre le braccia di Sasuke
gli si serrano intorno.
“Ora
invece ti sistemo una volta per tutte,” fa questi, con tono assorto e
contemplativo, prima di iniziare a far scorrere le labbra contro il suo collo,
facendolo rabbrividire.
“Ah
sì?” mormora Naruto socchiudendo gli occhi.
“Certo,”
sussurra Sasuke, raddrizzandosi per sovrastarlo, carponi. “Adesso vedi…che
ti faccio.”
Naruto
ridacchia per appena un secondo o due, prima che le labbra dell’altro lo
zittiscano definitivamente e le sue mani lo invadano.
Non
fate quelle facce. Lo so che è seccante, ma sono ancora qua. Di nuovo.
Vi
presento la seconda parte della mia raccolta su Naruto e Sasuke, che al momento
conta quattro parti ma promette di allargarsi mostruosamente. Le scene in
questione non sono propriamente collegate tra loro, salvo eccezioni (la tre e
la quattro, ad esempio), ma sono compartimenti che fanno parte di un unico,
ipotetico racconto che avrebbe luogo tempo dopo lo Shippuuden.
La precedente, mattina, li vedeva
intorno ai ventitre anni di età, questa direi un annetto dopo, ma non
è importante.
Vorrei
ringraziare in particolare krikka86,
che mi ha suggerito di andare avanti a scrivere proprio mentre mi stavo domandando
se farlo o meno, e mi ha spronata.
Se
vi va, se non vi è troppo disturbo, vorrei sapere cosa ne pensate. Soprattutto
le critiche, i suggerimenti per la resa dei personaggi e anche le stangate, se
ritenete di doverne fare.
Le
accoglierò come se fossero mazzi di rose.
Buona
lettura
suni
Konoha,
pomeriggio
A
volte le ore dei tanti pomeriggi liberi sono lunghe da far trascorrere. Quando
il sole è l’alto nel cielo e l’aria, pigra, risuona di voci
indolenti e passi provenienti dalla strada, per un tempo che sembra
immensamente lungo, l’apatia la fa da padrona.
Sasuke
va sotto il porticato, allora. Nella quiete del cortile interno di casa Uchiha,
dove i suoni giungono lontani e ovattati, si lascia scivolare addosso le ore
studiando i volumi sui jutsu, finché la testa
non comincia a fargli male e lo sguardo gli si offusca, stanco. Allora si
allunga sulla panchina che ha sistemato accanto al ciliegio e sonnecchia,
riposando gli occhi, quegli occhi annebbiati da un offuscamento che non
è malattia, non ha cure né rimedi ma soltanto argini per arrestare
la degenerazione.
Sono
quegli occhi a portarlo a trascorrere troppe delle sue giornate lì,
lontano dal quartier generale. Perché non può quasi combattere,
Sasuke, non può usare lo sharingan: potrebbe perdere definitivamente la
vista per un qualunque sforzo. È un jonin senza incarichi, se non quelli
più semplici e pacifici di incontri tra delegazioni alleate.
Potrebbe
essere lo shinobi più forte di Konoha, magari potrebbe persino tornare a
battere Naruto; potrebbe, forse, se le pupille non lo tradissero. Ma ha dovuto
dire addio a quelle ambizioni quando il combattimento con Kyuubi gli ha quasi distrutto
gli occhi, a monito dell’errore di spingersi troppo oltre i limiti.
Se
n’è fatto una ragione con insolita pacatezza: del resto tra i suoi
è stato pur sempre il più fortunato, è l’unico
ancora vivo. Comunque non aveva più bisogno di proiettarsi oltre: aveva
già combattuto la sua guerra personale per la vendetta, aveva portato a
termine i piani dell’infanzia. Per il resto, nelle ore in cui gli occhi
lo reggono – quelle centrali della giornata, quando la luce naturale
è più forte - studia i jutsu, avendo
inaspettatamente ereditato da Orochimaru quella spiccata passione per
l’apprendimento del maggior numero possibile di tecniche.
Spesso
Sakura lo aiuta. E’ sempre stata una studentessa appassionata e una
teorica sapiente e a volte arriva, nel dopopranzo, con qualche volume raro da
sottoporgli. Hanno trovato lì un vero punto d’incontro, quello che
non avevano da bambini. Ma i loro non sono colloqui molto frequenti
perché Sasuke sa che Sakura, nonostante sia pienamente a conoscenza, da tempo,
della vera natura del rapporto tra lui e Naruto, non ha mai cessato di
guardarlo come lo guardava dieci anni fa, nonostante i tanti tentativi di
spegnere in lei una passione che non sarà mai ricambiata.
Altre
volte, invece, è proprio Naruto a passare di lì: arriva come un
uragano annunciando di avere una mezz’ora libera e comincia a far
chiasso, nella sua tipica maniera. Si porta dietro luci e colori, risate
irrefrenabili e spumeggianti. La sua testa bionda e i suoi incredibili occhi
azzurri – quelli, soprattutto, essendo diversi da tutti gli altri –
sono la cosa che Sasuke vede meglio.
Non ha senso, forse, ma non è che possa farci molto.
Può
giusto mantenere un certo distacco nel rapportarsi col compagno, senza
rinunciare al contegno. Perché non è facile, per un uomo con il
suo carattere, ammettere di dipendere così chiaramente da qualcuno.
Anche lì, sdraiato sulla panca nel silenzio del cortile, con gli occhi
chiusi e le gambe allungate, Sasuke sa di stare soltanto aspettando Naruto; e
forse è la giusta punizione per essersi fatto aspettare per anni, a sua
volta, mentre inseguiva una vendetta confusa e senza senso.
Aggrotta
la fronte, abbandonando i suoi pensieri a se stessi. Come se ci fosse stato un
ritmo concordato, in quel momento sente la serratura scattare e socchiude gli
occhi, come un gatto. Poi ci sono passi saltellanti, energici, e la cascata
della voce squillante di Naruto.
“Teme!
Dove sei?”
Non
ha nemmeno finito di parlare che già spunta dall’accesso al
cortile, ingabbiato nella sua divisa da ANBU e sorridente, individuandolo a
colpo sicuro nel suo pigro sonnecchiare.
“Non
ci credo! Sas’ke, stai di nuovo ronfando,” commenta sgranando gli
occhi, prima di fare una smorfia di scherno. “Di questo passo diventerai
grasso come un porcello,” aggiunge sogghignando.
Lui
alza appena un palpebra, scoccandogli un’occhiata altera mentre lui si libera
della corazza leggera, che getta in un angolo.
“Almeno
io non mi sfondo di ramen ogni santo giorno, idiota,” commenta Sasuke
laconico, arricciando le labbra. Sbuffa, condiscendente, e si volta dandogli la
schiena. Deve aspettare solo una manciata di secondi prima di sentire il
respiro del jinchuuriki contro il proprio collo e poi la sua bocca sfiorargli
un orecchio. Trattiene un sorriso, piegando leggermente il collo verso di lui.
“Ho
un po’ di tempo per fare pranzo,” sussurra Naruto, “e ho una
fame enorme! Tu hai già mangiato?” chiede supplice.
No,
non ha mangiato, come sempre, anche se è già pomeriggio
inoltrato. Lo ha aspettato, lo fa quasi tutti i giorni.
“Sì,
ho mangiato,” risponde freddamente, senza ancora aprire gli occhi.
“Ma magari mangio di nuovo.”
“…Come
un porcello…” canticchia Naruto tra sé, raddrizzandosi.
“Faccio una corsa al chiosco a prendere del ramen.”
Sparisce
rapido com’è arrivato, lasciandosi alle spalle un silenzio che non
è più quiete ma vuoto. Sasuke si alza, entra in casa e mette in
tavola due bicchieri e una brocca dell’acqua; lo fa ogni volta. Si siede
a tavola e aspetta per qualche altro minuto, rilassato, in un iter che si ripete
giorno per giorno.
Quest’esistenza
serena, fatta di piccole consuetudini, è una pace che non si aspettava
di poter ottenere e che ha trovato in Naruto. Nel vuoto succeduto alla guerra
dell’Akatsuki, quando la sua vita si è trovata d’improvviso
senza un senso come un macabro relitto, il jinchuuriki è stato il suo
solo contatto con la realtà e quel legame profondo e incancellabile, che
tanto a lungo lui aveva disprezzato e negato, si è rivelato
l’appiglio indispensabile a rialzarsi e l’unico significato individuabile
nel proprio esistere.
“Ne
ho prese tre porzioni,” urla Naruto dall’ingresso,
“perché ho un po’ fame.”
“Chi
sarebbe il porcello, dobe?” risponde lui con
scherno, mentre l’altro compare sorridendo.
“Bada
a quel che dici, teme,” ribatte solenne, raddrizzando il busto.
“E’ con il futuro Rokudaime Hokage di
Konoha che parli,” fa, pomposo, prima di sedersi di schianto e gettarsi
sul suo spuntino.
Sasuke
sbuffa piano, imitandolo in silenzio. È così che mangiano,
lanciandosi di tanto in tanto qualche sguardo che forse non ha un preciso
contenuto, è solo un bisogno di guardarsi spontaneo, persistente. In
questi momenti più che mai Sasuke vorrebbe che i suoi occhi captassero
ancora ogni sfumatura e ogni infinitesimale dettaglio, per poter cogliere tutte
le microscopiche caratteristiche del viso che ha davanti, anche più del
normale.
“Oggi
Sakura mi ha picchiato di nuovo,” annuncia Naruto, ridacchiando.
“Ha
sicuramente fatto bene,” commenta Sasuke con disinteresse.
“Non
sai nemmeno com’è andata!” protesta Naruto inalberando
un’aria offesa.
“Non
ne ho bisogno, idiota,” lo riprende Sasuke con fare superiore.
“Comunque si siano svolti i fatti, aveva ragione a dartele.”
Naruto
si infila nelle fauci un altro sproporzionato boccone, scrutandolo torvo.
“Adesso
ti rompo la testa,” minaccia aggressivo.
“Provaci,
dobe” replica Sasuke con sfida, sorridendo
dentro di sé.
Naruto
assottiglia gli occhi, scrutandolo minaccioso con una smorfia malevola. Allunga
di scatto il braccio sopra il tavolo e lo afferra per il bavero della casacca,
tirandolo verso di sé. Sasuke non fa nemmeno in tempo a prendere fiato
prima che le labbra dell’altro si incollino alle sue, con urgenza.
Protende la testa in avanti e allunga la mano a sfiorare il contorno del viso
di Naruto.
“Sei
odioso, teme,” mormora poi il jinchuuriki, allontanandosi d’un
soffio.
Sasuke
storce il naso, scettico, facendosi sfuggire un sorriso canzonatorio.
“Potevi
fare a meno di inseguirmi per anni, allora,” osserva sostenuto.
Naruto
lo fissa ostile, solleva la testa e la volta, offeso.
“L’ho
fatto solo perché avevo promesso a Sakura che ti avrei riportato
indietro,” illustra con stizza.
Sasuke
lo guarda con indulgenza, sospira tra sé.
“Come
no…”
Naruto
svuota la ciotola con un’ultima zappata
decisa, ignorandolo volutamente.
“Domani
vado in missione a Suna,” annuncia allegro,
presumibilmente per l’idea di vedere Gaara. “Starò
via tutta la settimana.”
“Oh,
grazie,” bofonchia Sasuke, ingoiando un sorso d’acqua. “Qualche
giorno di pace, finalmente.”
Non
lo pensa affatto, anzi. E anche Naruto lo sa: lui ci ha anche provato, a
convincerlo che di lui non gliene frega un accidente, ma non deve essere stato
abbastanza convincente. O, più che altro, Naruto ha la testa dura come
il marmo, e per fortuna.
Il
jinchuuriki lo guarda imbronciato, mimando un ringhio con i denti.
“Stai
dicendo che ti do fastidio, teme?” domanda bellicoso.
Sasuke
distende la fronte in un’espressione di sublime indifferenza.
“Credevo
di avertene parlato, quella notte alla cascata. E quando sei venuto a cercarmi
nel covo di Orochimaru. E quando…”
“Vai
a cagare, Sas’ke,” lo zittisce Naruto, con scintille di rabbia
negli occhi aggrottati. Ma non ce la fa a mantenere la mascherata, gli sfugge
una risata come un rantolo e poi sghignazza.
Sasuke
dovrebbe per lo meno irritarsi per quel suo palese e sfacciato ridergli in
faccia. Dovrebbe, se non fosse un’immagine tanto piacevole da guardare. Perché
alla fine una cosa che ha capito – se mai ha capito qualcosa,
eventualità sulla quale, con il passare del tempo e l’allungarsi
dell’elenco di errori di valutazione che ha commesso, comincia a nutrire
qualche dubbio – è che ci sono poche cose che contano davvero
nella vita. Quasi nessuna è una questione di principio; sono le piccole
cose a fare la differenza. La risata di Naruto, che piega la testa e gonfia le
guance come palloncini, è la prima della lista.
“Hai
finito di fare l’idiota, sì?” lo apostrofa acrimonioso.
Il
jinchuuriki gli lancia contro una bacchetta, ancora ridacchiando.
“Sei
tu l’idiota,” replica con una specie di pernacchia.
Sasuke
resta impassibile, poggiando i gomiti sul tavolo e portando le mani incrociate
davanti al mento.
“Teoria
interessante,” commenta truce. Naruto sogghigna, stringendosi nelle
spalle.
“Comunque,
sarò a Suna per almeno sette o otto giorni,
tra viaggio e permanenza. Con Shikamaru, Neji e Lee,”
continua imperturbabile.
“Ti
ho chiesto precisazioni?” ribatte Sasuke annoiato.
Naruto
sbuffa rumorosamente, spostando la sedia per alzarsi.
“Che
musone insopportabile,” strepita indignato. “Me ne vado.”
Non
fa nemmeno un passo: Sasuke sta al gioco, gli è addosso in un secondo e
lo blocca, circondandolo in un abbraccio deciso. E lo scemo ghigna soddisfatto,
piegando la testa perché lui possa affondare il viso nel suo collo. Sasuke
gli strofina contro le labbra, con la gentilezza che riserva unicamente a
Naruto.
“Stasera
dormi qui?” sussurra contro il suo orecchio.
“Ci
penserò su,” borbotta Naruto, beato. “Adesso però
devo andare davvero, non solo perché sei antipatico,” puntualizza,
poggiando le mani sulle sue, che lo stanno ancora intrappolando. Non le sposta,
anzi le stringe leggermente e storce indietro la testa, fino a riuscire a
raggiungere le sue labbra con impeto. È forse è tutto quel
trasporto che mette in quel che fa, e nel loro rapporto in particolare, che l’ha
contagiato come una malattia. Sasuke non ne ha idea, ha anche smesso di
chiederselo. Perciò si limita a accoglierlo, socchiude le labbra e fa
scorrere la mano intorno al suo fianco, per invitarlo a voltarsi. E quando
Naruto lo fa e gli si spinge contro, afferrandosi alla sua schiena, lui gli
cinge il volto con entrambe le mani e lo allontana leggermente, guardandolo con
un mezzo sorriso.
“Allora
devi andare subito?” mormora serio.
“Tra…poco,”
esala Naruto con malizia, poi lo spintona verso la panchina.
Che,
anche se non è particolarmente comoda, è ormai abituata a momenti
del genere.
nemesi06: grazie. Non so se quest’altra e le prossime
ti possano piacere altrettanto, ma me lo auguro. Bye
ryanforever: …in effetti è melassosa
questa venerazione da parte di Naruto, ma che vuoi farci…è canon.^__^
krikka86: wow! Stavo appunto pensando all’idea di
continuare con i momenti della giornata, e quando ho visto che lo suggerivi
anche tu mi sono detta che è un segno del destino. Speriamo bene ^__^. Per
i titoli ho fatto esattamente come dicevi, mo’ vediamo che ne esce. Grazie.
retsu89: ahm,
non esagerare… hehe. Grazie. Dubito che il
manga possa davvero finire così, ma noi sappiamo che è la
verità. Sìsì.
Ed
eccoci con la terza parte. Non ho molto da dire in merito, se non che spero la
lettura sia piacevole e interessante. Se vorrete farmi avere una conferma nell’uno
o nell’altro senso, positiva o negativa, ne sarò lieta.
Se
no, divertitevi e basta.
A
presto.
suni
Konoha, sera
“Ancora
auguri, Neji,” esclama Naruto di slancio, sollevando il bicchierino in
direzione dello Hyuuga. Lo sposo sorride con insolita allegria, gli occhi
bianchi scintillanti di una gioia che la sua compostezza non può celare.
“Grazie,
Naruto,” risponde, ricambiando il brindisi.
Il
rinfresco è ancora nel pieno svolgimento, gli invitati sostano a
gruppetti, chiacchierando animatamente e scambiandosi di tanto in tanto, in un
andirivieni ridanciano e animato. Tenten, radiosa nell’abito da sposa,
è una macchia candida intorno a cui ruotano le ragazze, con risolini e
strilli di entusiasmo.
“E’
stata una festa strepitosa,” continua Naruto gettando una distratta
occhiata intorno, che Sakura intercetta con una smorfia scherzosa a cui lui
risponde con una linguaccia. “E il menu era fantastico!” continua
scherzoso, con aria discola.
Neji
gli allunga il suo elegante sorriso, divertito.
“Sapevo
che avresti apprezzato,” commenta ironico, mentre Kiba passando gli
allunga una pacca sulla spalla. Quindi si guarda intorno discretamente, poi
torna a osservare l’espressione di gioia leggermente forzata del
jinchuuriki. “Sas’ke-san è già andato a casa?”
chiede vago.
Neji
è uno dei pochi a Konoha, tranne gli amici più stretti, a non
serbare particolare diffidenza verso il traditore del villaggio. Forse
perché la sua storia non è del tutto dissimile. Conosce gli
svantaggi dell’essere un genio, la rabbia e la sete di rivalsa del
sentirsi vittima di un’ingiustizia universale.
Naruto
sussulta leggermente, poi lo imita, voltando lo sguardo.
“No,
è…qui da qualche parte, credo,” risponde, senza riuscire a
individuare la sagoma aristocratica dell’Uchiha in questione.
“Sarà rintanato in un angolo con quell’orso del sensei. Un
bel duo di eremiti,” commenta, con un risata paziente.
“Immagi…”
“Scusate,
scusate!”
È
Shikamaru che, la voce alta e per una volta energica, attira l’attenzione
degli astanti con un bicchiere levato. Ha l’aria di aver bevuto un
po’ più sakè del necessario, gli occhi lucidi e
l’espressione un po’ vacua.
“Scusate,
voglio fare un annuncio,” continua, mentre pian piano si fa il silenzio.
“Prima di tutto, mi congratulo ancora una volta con gli sposi. Neji,
Tenten… auguri da tutti noi.” I compagni alzano i bicchieri, Ino
già applaude leggermente il migliore amico.
“E
poi,” continua Shikamaru, schiarendosi la voce. “Volevo sapeste che
mi sono messo davvero nei guai, stavolta. A fine mese Temari verrà a
vivere a Konoha, insieme a me. Che seccatura,” annuncia, senza che la sua
espressione scontenta risulti minimamente convincente. Scaturisce una risata
scrosciante dal capannello di amici che lo circondano, quindi un breve
applauso.
“Grande
Nara!” strepita Lee, gonfio d’entusiasmo.
Naruto
applaude a sua volta, ridendo della faccia appesa sfoggiata
dall’intelligentissimo shinobi. Ma la sua allegria non è spontanea
come al solito e l’euforia lo abbandona rapidamente, com’è
arrivata, mentre questo e quell’altro amico si avvicinano a Shikamaru,
con intesa, per scambiare qualche parola.
A
venticinque anni, Naruto comincia a vedere i suoi amici sistemati. Kiba e
Hinata si sono sposati da sei mesi, oggi è stato il turno degli Hyuuga,
presto Shikamaru convivrà con l’affascinante sorella del Kazekage.
Qualche giorno fa Sai è passato da lui, insolitamente farneticante e
tutto preso dalla scelta dei mobili con cui arredare il suo nido d’amore
con Ino. È stato decisamente strano – si tratta di Sai, non di una
persona che ti aspetteresti sentir parlare di tavoli e di quante ante dovrebbe
avere un armadio – ma mentre parlavano di colori delle tende e di cosa il
suo indecifrabile amico vorrebbe vedere appeso alle pareti, ripromettendosi ad
ogni nuova ipotesi di consultarsi con la compagna, Naruto si è reso
conto di essere gonfio di malinconia.
Non
farà mai niente di tuttoquesto,
lui. Casa sua sarà sempre soltanto casa sua, continuerà a
spostare il pigiama da un posto all’altro di sera in sera, in funzione
del dormire da Sasuke o meno, passando a prendere i vestiti per cambiarsi
quando si ferma dal compagno e dimenticandosi di volta in volta magliette,
mutande, documenti. Nessuno, com’è stato per tutta la vita,
dividerà davvero la vita quotidiana con lui.
“Naruto.”
La
voce bassa e profonda di Sasuke lo riscuote, come se l’avesse evocato.
Sposta lo sguardo di lato, sul genio che fa ondeggiare pigramente il bicchiere
in mano. Caso strano, anche Kakashi è ricomparso in sala e sta
chiacchierando indolente con Kurenai.
“Vi
scambiavate gli sharingan?” chiede Naruto ironico, ridacchiando sotto i
baffi. “Giocavate a biglie coi bulbi oculari?”
Sasuke
gli scocca un’occhiatina superiore, scuotendo leggermente la testa.
“Avevamo
conversazioni troppo elevate per il tuo quoziente intellettivo, dobe,”
risponde, con la consueta gentilezza. “Allora, Nara si sistema con quella
della Sabbia,” aggiunge, senza interesse.
“Temari,”
lo corregge Naruto meccanicamente, annuendo. Sasuke fa spallucce: evidentemente
ai suoi occhi la definizione quella della
Sabbia era perfettamente adatta e calzante. “E Sai con Ino,”
continua, vago.
“Se
non fosse così odioso mi dispiacerebbe quasi per lui,” commenta
Sasuke noncurante. “La Yamanaka è una palla al piede.”
Naruto
lo guarda storto, scrollando la testa. Effettivamente, all’epoca, Ino era
piuttosto stressante con Sasuke. Come tutte quante, più o meno.
“Sei
il solito musone, teme,” commenta dispettoso. “Non ha più
dieci anni, sai?”
“Nemmeno
tu, ma sei rimasto scemo come allora,” ribatte l’altro, con fare
superiore. Allunga una mano a sfiorare la sua spalla, in un gesto che potrebbe
tranquillamente sembrare amichevole ad occhi esterni. “Vado a casa. Tu
stai ancora qui?”
Naruto
esita, stringe la presa sul bicchiere.
“Una
mezz’ora, sì,” risponde, fissando Sakura che chiacchiera
fittamente con Lee.
Gli
occhi di Sasuke saettano intorno per un istante, prudenti.
“Passi
più tardi?” continua, la voce sempre più bassa.
Naruto
si stringe nelle spalle, incerto.
“Non
so. Mi devo alzare all’alba, domani,” osserva pensoso.
“Comunque ho le chiavi, semmai ti sveglio,” conclude, con un
sogghigno minaccioso.
Sasuke
annuisce, fa un cenno e gli volta le spalle, per raggiungere gli altri membri
del team sette e salutarli.
“Naruto,”
fa poi, fermandosi a un paio di metri da lui. Il jinchuuriki si gira a
guardarlo, anche se Sasuke gli dà la schiena. “Tutto a
posto?”
Lui
socchiude le labbra, preso in contropiede, mentre un sorriso disarmato gli
arcua gli angoli della bocca. Non gli basta sghignazzare come se niente fosse
per ingannare gli occhi di Sasuke, che nonostante tutto sanno ancora sondare a
fondo, soprattutto quando si tratta di lui.
“Sì,”
risponde di slancio.
Non
è vero, e sa che neanche Sasuke prende per buona quella risposta.
Però il genio annuisce, riprendendo ad allontanarsi.
Lo
guarda scivolare in mezzo agli ospiti che per la maggioranza lo ignorano
– una volta Sasuke era seguito dallo sguardo ammirato di tutti, ora quasi
nessuno osa apertamente mostrare interesse nei suoi confronti - con la sua
andatura sinuosa, le spalle larghe e il portamento altero. Sakura lo blocca con
un cenno, facendoglisi vicina e cominciando a parlare sommessamente, e Sasuke
volta il capo verso di lei, ascoltandola in silenzio con un’ombra di
sorriso sulle labbra. Naruto li guarda, Sakura con i suoi verdissimi occhi da
fata e la pelle diafana, Sasuke che la sovrasta di tutta la testa, annuendo
lentamente.
Sarebbero
stati belli, insieme. Almeno loro si sarebbero sposati, sarebbero stati una
vera famiglia e avrebbero avuto dei bambini, il clan Uchiha sarebbe rinato. Lei
lo avrebbe sommerso di attenzioni e Sasuke sarebbe stato troppo preso dalle
responsabilità e dai figli per avere il tempo di continuare a essere
infelice.
“Yo,
Naruto,” lo chiama Shikamaru, affiancandolo. “Sei taciturno,
stasera. Lavorare negli ANBU ti stanca così tanto?” domanda, con
tono familiare. “Lo capisco, eh. Dev’essere una sfacchinata davvero
seccante.”
Lui
forza un sorriso, annuendo con finto imbarazzo.
“Sono
un po’ stanco, già,” ammette ridacchiando. “Ma non
credere che basti così poco a stendermi, eh? Altrimenti che Hokage
sarei…” scherza, tronfio.
Shikamaru
sorride, cacciando una mano in tasca.
“Tsunade
hime parla di ritirarsi, ultimamente,” osserva assorto.
“Sarà presto il tuo momento, Naruto. Non ti invidio nemmeno un
po’.”
Lui
ride, stavolta sinceramente. Non gli è davvero difficile immaginare che
per l’amico gli impegni e le responsabilità di un capovillaggio
sarebbero un peso insopportabile.
Ma
non riesce a sentirsi coinvolto dalla conversazione, nemmeno quando Ino, Choji
e Sai li raggiungono. Ride meccanicamente e commenta qualche sciocchezza delle
sue, per non dare nell’occhio, ma i pensieri maturati durante le ultime
ore lo martellano, serrandogli lo stomaco e lasciandolo apatico, demoralizzato.
Se si trattasse di un combattimento o di una missione recupererebbe la consueta
determinazione, ma la sfera dell’intimo è decisamente più
complessa, e nella sua vita in particolare.
Se
ne va poco dopo, salutando con qualche urlo scoppiettante che ha il potere di
imbarazzare mortalmente Neji e far sghignazzare chiunque altro, Tenten
compresa, mentre Sakura gli allunga un leggero cazzotto. Kakashi è
l’unico che lo congeda con un’occhiata penetrante, quasi
interrogativa.
Konoha,
fuori, è silenziosa e tranquilla nella luce fioca delle lanterne. Naruto
esita e tentenna, incerto sulla direzione da prendere, poi si lascia portare
dai piedi verso il quartiere sempre deserto degli Uchiha. Quando vi giunge si
ferma, osservando defilato la dimora del compagno.
Le
luci sono spente, tutto è immobile e muto. La grande casa con lo stemma
del clan sembra dormire a sua volta, annegata nella quiete che la circonda.
Naruto si trattiene per un paio di minuti, ma non ha voglia di entrare. Per la
prima volta da quando si ricorda non ha voglia di vedere Sasuke, di parlargli o
di toccarlo, perché servirebbe solo ad aumentare la confusione e il
malessere. Stringe amaramente le labbra e si volta, prendendo ad allontanarsi.
“Naruto,”
sente chiamare, sussultando ed alzando lo sguardo verso il tetto:
c’è Sasuke, appollaiato là sopra, che lo guarda con la
fronte leggermente corrugata. “Guarda che la porta è dall’altra
parte,” annuncia con sufficienza.
Lui
mette insieme una risatina sciocca, grattandosi i capelli biondi.
“Sì,
ma poi ho pensato che devo davvero alzarmi presto e che fosse meglio rientrare,”
blatera, gesticolando.
Sasuke
lo guarda impassibile, senza rispondere. Poi si sporge con un gesto minimo e
salta giù, atterrando silenziosamente a qualche metro da lui.
“Ormai
sei qui,” osserva pragmatico. “Entra e dormi.”
Naruto
reprime la smorfia di disappunto prima che gli si formi sulle labbra, annuendo
distrattamente. Segue Sasuke verso la porta, prima che questi si blocchi con
uno sbuffo.
“Non
ho preso le chiavi,” osserva, con rimprovero.
“Meno
male che sono io l’idiota,” sogghigna Naruto, porgendogli le
proprie.
“Taci,
dobe,” replica l’altro maestoso, spalancando la porta. “Taci
e vattene a dormire,” continua, avanzando senza nemmeno aspettarlo.
“E quando ti andrà di dirmi cos’hai magari avrò
ancora voglia di perdere tempo a starti a sentire,” aggiunge, iniziando a
salire le scale.
“Non
ho niente!” sbotta Naruto con enfasi, punto sul vivo. Sasuke si volta a
guardarlo dall’alto, accigliato.
“Non
trattarmi come un imbecille, sai che non lo sopporto,” intima bellicoso.
“Tu
non sopporti niente,” osserva il jinchuuriki irritato, sentendo
un’agitazione che non ha ragioni definite crescergli nello stomaco.
Sasuke
sbuffa, tornando a voltargli le spalle.
“Ci
ho ripensato, non mi va di darti retta,” annuncia freddamente.
Naruto
deglutisce, stringendo i pugni prima di parlare.
“Voglio
vivere con te.”
Le
parole gli sono sgorgate quasi da sole, senza difficoltà, risuonando nel
silenzio successivo. Non solleva lo sguardo, non può, rimane solo fermo
con i pugni stretti e il respiro bloccato nei polmoni.
“Scusami?”
C’è
sbigottimento nella voce di Sasuke, ma ormai è fatta.
“Voglio
che viviamo insieme,” ripete lui, fissando il pavimento. “Sai, come
le persone che stanno insieme e a un certo punto…”
“Sì,
ho capito il concetto,” lo interrompe Sasuke, spazientito. Lui lo sente
riscendere le scale e passargli accanto, infilandosi poi in cucina per accendere
la luce. Lo segue a testa bassa, rimanendo fermo sulla soglia.
“Guardami,
Naruto. Guardami.”
Solleva
la testa controvoglia: Sasuke è in piedi dall’altro lato del
tavolo, piegato ad appoggiare le mani su di esso e sporto in avanti, verso di
lui.
“Vorresti…stai
dicendo che vuoi venire a vivere qui,” afferma lentamente, atono.
L’espressione del suo volto, come capita spesso, è insondabile.
“Non
necessariame…non per forza qui,” ribatte Naruto, parendogli
già di sentire fisicamente la disapprovazione delle mura stessa della
casa del clan per quella relazione indecorosa. “Possiamo andare da
un’altra parte. Non sei costretto a vivere qui in eterno,
Sas’ke!” sbotta nervoso.
“Questa
è la casa della mia famiglia,” risponde l’altro, aggressivo.
Naruto scuote la testa, corrucciato.
“Questa
è casa tua. Non c’è nessun altro, qui,” osserva
rigido. “Questo dannato quartiere è completamente deserto, ci sei
soltanto tu. Ti sembra una cosa normale?”
Sasuke
allarga le palpebre, indispettito.
“Una
cosa normale? Perché, invece io sono normale?” osserva malevolo,
con voce tagliente. “Dimmi di un giorno normale della mia vita. Dimmelo,
dai, o sommo Hokage.”
Naruto
si acciglia ulteriormente.
“Non
c’entra niente. Non stavo parlando di…”
“Naruto,
ma ci hai visti?” lo interrompe l’altro, iroso. “Siamo due
uomini, lo sai, sì, o sei completamente idiota? Ti sei accorto di chi
sono io? Sono Uchiha Sasuke, ricordi? Quello che ha tradito il villaggio,
quello di cui nessuno si fida. Perché mai…” sbuffa,
infastidito. “Va tutto bene così. Non c’è niente da
cambiare.”
“Va
bene per te,” ribatte lui, facendo un passo avanti con animosità.
“Come al solito, Sas’ke, l’unica cosa che conta sei tu, il
tuo rispettabile cognome e queste scemenze!”
E
poi si sente afferrare al collo d’improvviso e spingere indietro.
“Razza
di idiota,” ringhia Sasuke, strattonandolo con violenza. “Il mio
cognome, ma cosa stai dicendo? Io sono un traditore, la gente per strada mi
indica, cosa vuoi che me ne freghi ancora di queste cazzate?” lo investe,
aggressivo. “Naruto, tu credi davvero di poter diventare Hokage se stai
con me? Ma allora sei veramente un totale idiota!”
conclude in un sibilo sprezzante, spingendolo via.
“Questo
non c’entra niente con l’essere Hokage!” sbotta Naruto di
slancio. “Sono cose completamente diverse!”
Sasuke
sospira con sprezzo, scrollando la testa.
“Cresci,
Naruto, cresci. Apri gli occhi,” osserva sarcastico. “Non lo
vorranno mai, un Hokage così. Ti guarderanno con disgusto e ti
rimanderanno a casa a calci. Penseranno che non bisogna aver fiducia nemmeno in
te, che ti lasci circuire da un bastardo come il sottoscritt...”
“No,
invece!” bercia lui, infiammandosi e dando un colpo al muro. “Mi
farò rispettare anche per questo, come ho fatto fino ad ora! Ero
soltanto un mostro, il compagno di squadra imbecille del genio di casa Uchiha,
e guarda! Sono il jonin più forte della Foglia, ho salvato il villaggio
una miriade di volte, è questo che serve per essere Hokage,
Sas’ke!”
Sasuke
fissa il muro, immobile e cupo, mentre lui riprende fiato.
“Tutti
quelli che lo sanno non…”
“Tutti
quelli che lo sanno sono i tuoi amici,” lo interrompe Sasuke seccamente.
“ma il villaggio non sono loro. Io e te non abbiamo mai visto le cose
nello stesso modo, Naruto, è inutile che adesso stiamo qui a raccontarcela.”
“Dimostrerò
loro che posso essere comunque un grande Hokage, dovessi metterci
vent’anni!” ribatté lui con fervore, serrando poi le labbra.
“Oh,
bell’idea. Lanciati in un’altra delle tue guerre sante senza senso.
Riprenderò Sas’ke, quattro
anni a rompere le scatole a chiunque ti stesse intorno,” fa
l’Uchiha, con spregio. “Questa volta io ne voglio stare
fuori.”
Naruto
china lo sguardo, amareggiato e stanco.
“E’
questo il punto. È per te che non ne vale la pena, non per me,”
mormora dolente.
Sasuke
osserva a terra per qualche istante, poi alza gli occhi neri nel vuoto, di
fronte a sé.
“E’
vero,” risponde fermo. “Per me non vale la pena di mettere tutto
sottosopra a questo scopo.”
Non
c’è altro da dire; Naruto si domanda perché mai abbia
sollevato l’argomento, visto che sapeva benissimo dall’inizio quali
sarebbero state le conclusioni. Ma forse è che non poteva più
tenerselo dentro, semplicemente.
“Ho
capito, Sas’ke,” dice piano, annuendo.
“Possiamo
dormirci su?” sospira l’altro, leggermente nervoso, avvicinandosi
alla porta, e a lui.
Naruto
scuote negativamente la testa, tardando a parlare perché non ci riesce.
“No?
Come no? Non devi alzarti all’alba?” commenta Sasuke,
condiscendente.
Lui
annuisce, stringendo le labbra per impedire che tremino.
“No,
intendevo…” emette, faticosamente. “Non dormire qui, almeno
io.”
L’altro
aggrotta la fronte, infastidito.
“Va
bene. Tienimi il muso,” commenta freddo. “Ci vediamo domani.”
Fa
un solo passo, mentre Naruto stringe le palpebre sugli occhi.
“Non
ti tengo il muso, quello sei tu semmai,” commenta il jinchuuriki, con una
tristezza che non è da lui. “Non cambia niente se ci dormo su,
è comunque tutto sbagliato. Sas’ke, finiamola qui.”
Pensa,
incoerentemente, che si ricorderà a lungo l’espressione
sconcertata e completamente smarrita di Sasuke in questo momento. I suoi occhi
un po’ sgranati, luminosi di un panico che nemmeno la sua padronanza di
sé può nascondere, le labbra socchiuse da cui non sta passando
aria.
“Finiamo
cosa?”
E
lui non risponde, abbassando soltanto la testa.
“Cosa,
ma…perché? Non…” Il genio sospira, rigido. “Va
bene, come vuoi,” afferma, la voce sorda.
“No,
non è come voglio,” lo contraddice Naruto, pacato. “Ma tu
vuoi passare la vita a giocare all’eroe maledetto e incompreso e invece
io voglio qualcos’altro.”
“Certo,”
commenta l’altro senza nemmeno ascoltarlo più, allontanandosi
verso il piano superiore. “Ah, Naruto, Tsunade Hime mi ha offerto una
missione a Iwa, come ambasciatore nella Terra. Ho intenzione di accettare, quindi
ti dico da ora che starò via parecchio. Sai, per evitare che poi ti
metta a cercarmi in tutte le nazioni,” termina sprezzante, voltandogli le
spalle e sparendo per le scale.
Naruto
rimane per qualche secondo immobile, come inebetito. Sbatte le palpebre
più volte, guardandosi intorno confusamente. Deglutisce a fatica, muove
un passo tremante alla cieca e ingoia aria, con lo stomaco serrato. A distanza
di pochi secondi la mancanza gli sembra già insopportabile,
intossicante. Stringe le palpebre perché le lacrime premono per scappare,
raggiunge la porta alla cieca e all’ultimo si volta, buttando la sua
copia delle chiavi su un gradino, prima di uscire e inspirare profondamente
l’aria fredda della sera, che non gli dà comunque alcun sollievo.
E
pensa, mentre gli occhi gli si fanno umidi e il respiro si spezza in gola, che
domani sarà di nuovo un giorno senza Sasuke.
Come
tutti quelli a venire.
____________________________
ryanforever: grazie mille! Mi fa molto piacere che anche la
parte due sia stata di tuo gradimento. La vena fanciullesca…beh, i “miei”
personaggi non la perdono mai. Forse perché in me è ancora
spropositatamente sviluppata e tendo ad affibbiarla anche a loro. ^__^ E poi
sono Sasuke e Naruto, saranno sempre un po’ baka…hihi. Alla prossima.
nemesi06: siiic. Anche io ci sono rimasta malissimo per
quella scena della vista. Cioè, Sasuke è un cretino e se le
cerca, però dai, un solo essere umano non può avere così
tante sfighe… bah. Detto questo e proclamata la mia indignazione ti
lascio, nella speranza che anche questa parte ti possa essere piaciuta. E grazie
dell’apprezzamento.
VavvyMalfoy91: Poesia?...mah. ^__^ più che altro è
un dato di fatto. Sono molto lusingata che ti piaccia il mio stile. Speriamo che
duri… Alla prossima.
krikka86: Allora: stando alle mie scarsissime conoscenze in
giapponese il nome Sasuke è pronunciato Saske. O comunque è così che lo dicono in Naruto. Poi,
non so se sia una mia psicosi o un dato reale, ma io ci sento comunque un’intonazione
da parola troncata nella seconda “s”, come se ci fosse un
apostrofo, un accento brusco (sì, passo il mio tempo libero a far caso a
come esattamente i doppiatori pronunciano le parole. Oh, ognuno ha le sue turbe…^__^).
E quindi nei dialoghi, per rendere l'effetto del parlato, ci metto un apostrofo: Sas’ke. Poi, ora potrei ringraziarti per
avermi ringraziata per averti ringraziata, ma rischiamo di non finirla mai
più…hehe. Quindi dico solo che spero che anche questa ti possa
piacere (e se ti avanzano consigli non lesinare). A presto.
Vi
ringrazio per aver seguito finora e prometto – che le vogliate o meno,
precisiamolo – nuove parti della raccolta suddetta prossimamente sui
vostri schermi. Yo.
Come
sempre, le vostre opinioni saranno gradite.
A
presto.
Suni
Konoha, notte
Naruto
“Allora
ci vediamo domani all’assemblea plenaria,” conclude svogliatamente
Shikamaru, incamminandosi per allontanarsi.
“Ple…?” borbotta Naruto, con una smorfia
perplessa.
“Generale,
scemo,” lo riprende Sakura a denti stretti, con uno strattone.
“L’assemblea generale.”
Ino
ridacchia apertamente, mentre Sai sorride silenzioso, socchiudendo gli occhi.
“Oltre
al pisello hai anche il cervello piccolino, senpai,”
commenta poi, pacifico.
Kiba
sghignazza di gusto, mentre Naruto, imbronciato, spintona l’amico.
“Akamaru, andiamo,” esclama poi l’Inuzuka, mettendosi in marcia scortato dal cane.
“Ah… Per Naruto Hokage hip, hip, hip…” si sgola
poi, con entusiasmo.
“Urrà!”
grida tutto il gruppetto. Anche Shikamaru, ormai dall’altro lato della
piazza, si unisce al coro, poi si mettono tutti a ridere. Naruto compreso, che
si passa la mano tra i capelli con imbarazzo.
Tsunadehime ha annunciato pubblicamente che rinuncerà
all’incarico alla fine del mese e a quel punto nominerà il suo
successore: forse tra due settimane Uzumaki Naruto, a ventisette anni di
età, sarà il Rokudaime Hokage del
villaggio di Konoha.
E
i suoi amici, ovviamente, non perdono un’occasione per riderci su.
“Buffoni…”
borbotta a disagio, senza tuttavia smettere di sorridere.
“Senti
chi parla!” trilla Ino, fingendosi
scandalizzata.
“Io
vado,” annuncia poi Sakura, ridacchiando. “Buonanotte a
tutti!” continua, prima di allontanarsi.
“Ciao,
fronte spaziosa!” scherza l’amica, afferrando poi un braccio di Sai.
“Andiamo anche noi, sono un po’ stanca,” continua dolcemente.
“A domani, Naruto.”
“Ciao
a tutti, buonanotte,” risponde lui, voltandosi a sua volta per tornare
verso casa. “E ricordatevi che io sono Uzumaki Naruto, e diventerò
Hokage!” conclude, quasi minaccioso, scatenando qualche ultima risata
prima di imboccare la via laterale.
Hanno
dovuto rimanere tutti e sei al quartier generale fino a tardissimo e hanno
finito per mangiare un boccone insieme alla veloce, troppo stanchi, tutti
quanti, per pensare di dover cucinare una volta arrivati a casa. Lui, comunque,
mangia quasi sempre fuori, al chiosco di Ichiraku o
inventandosi qualcosa alla meglio.
Naruto
sbadiglia in faccia alla strada deserta, grattandosi un fianco pigramente. Sta
già sognando di sprofondare tra le coperte, nella morbidezza del suo
letto, per perdere conoscenza e recuperare un po’ di energie. Anche se,
come al solito, l’idea della casa vuota che lo aspetta gli regala una
leggera tristezza. È sempre stato così, e da quando Sasuke se
n’è andato di nuovo, un anno e mezzo fa, la cosa si è
leggermente amplificata.
“Naruto,”
lo riscuote un bisbiglio d’urgenza, dalle sue spalle. “Psst, Naruto!”
Si
volta, corrugando la fronte, per poi sorridere alla sagoma parzialmente
occultata dietro l’angolo del palazzo.
“Konohamaru!” esclama perplesso. “Che ci fai in
giro a quest’ora?”
Il
ragazzo si avvicina, guardingo.
“Stavo
venendo a cercarti,” annuncia serio. “Per avvertirti.”
Naruto
lo osserva scettico, storce le labbra.
“Avvertirmi
di cosa?” domanda condiscendente.
“C’è
qualcuno a casa tua! Stavo passando lì davanti e ho visto uno shinobi
arrivare molto velocemente. Credo ti stia facendo la posta,” afferma Konohamaru, con tono cospiratorio. Torna a guardarsi
intorno, prudente. “Hai nemici da qualche parte?”
Naruto
incrocia le braccia, sbuffando.
“No.
Solo amici che non mi lasciano andare a dormire,” afferma asciutto, prima
di sorridere. “Sarà stato qualcuno che passava di lì, Konohamaru.”
“No,
ti dico!” protesta l’altro indignato. “Ti sta tendendo
un’imboscata! Chiamiamo gli ANBU, oppure andiamo…”
“Io
sono un ANBU,” gli ricorda
Naruto, sostenuto. Poi sospira stancamente, assonnato. “Non ti
preoccupare, Konohamaru. Se un mostro mi sta
aspettando me lo mangio con le tagliatelle,” afferma, con un sorriso
sbruffone.
“Vengo
con te?” propone il più giovane, titubante.
“No,
grazie, sono già accompagnato,” scherza Naruto battendosi la mano
sulla pancia, dove dorme Kyuubi. “A domani, Konohamaru,”
conclude, prima di rimettersi in marcia. Ridacchia tra sé, divertito dal
bizzarro rivale. A volte è più strano di lui.
Salendo
le scale sospira, rabbuiandosi. Il momento di andare a dormire è sempre
il più difficile della giornata, quello in cui la mancanza di Sasuke si
fa sentire con più intensità. Può passare la notte soltanto
a ripensare alle tante trascorse con lui, amandosi o non facendo niente di
particolare, solo scambiando qualche frase e sonnecchiando. Lo rivede
nitidamente, al momento di mettersi a letto, avvilupparsi nelle lenzuola
stretto come faceva sempre e allungare il braccio per cercare lui lasciandogli
la mano sul fianco o sulla schiena, come se fosse finita lì per caso. E
gli manca, sempre, ogni giorno, ogni notte. Costantemente. È come dover
rinunciare a un pezzo di sé, ma uno troppo importante per farne a meno.
Ha
pensato un’infinità di volte di cercarlo, mandargli un messaggio,
contattarlo in qualche modo, ma è sempre riuscito a trattenersi. Ha
sperato che fosse il genio a dargli un segno, ma da quando è partito
Sasuke non gli ha mai fatto avere sue notizie. Quel poco che sa – che
è stato relativamente bene accolto, che sta svolgendo ottimamente
l’incarico, che mesi fa c’è stata una brutta vicenda di
rivolte e insurrezioni nella regione di Iwa e che
anche lui è stato coinvolto, cosa che ha sprofondato Naruto
nell’angoscia fino a quando non è arrivata la conferma che
l’ambasciatore di Konoha era in ottima salute – è stata Tsunade a dirglielo, di propria iniziativa. Ma succede
raramente e al jinchuuriki non riesce di fare domande dirette su di lui.
Ma
gli manca immensamente.
Imbocca
l’ultima rampa frugandosi le tasche per cercare le chiavi, con un altro
sbadiglio insopprimibile. È così che s’immobilizza, con le
fauci spalancate e la mano a mezz’aria, folgorato dall’apparizione.
Ha
lo zaino abbandonato a fianco, la divisa da jonin regolamentare sgualcita,
sporca di terra e polvere, e il coprifronte
scheggiato - quello che alla cascata gli aveva lasciato accanto quando era
partito abbandonandolo esanime - ben allacciato sulla fronte. Dorme accoccolato
a terra, la testa appoggiata di lato allo stipite della porta. Sasuke.
Naruto
avverte per un istante la certezza che non sia reale, che sia un’immagine
partorita dalla sua mente ossessionata. Scuote vigorosamente la testa e si
precipita in avanti, esitando solo per un istante prima di toccarlo per vedere
se è vero. E lo è, la sua spalla è solida e morbida sotto
le dita dell’ANBU.
A
quel tocco lo shinobi addormentato si riscuote, aprendo faticosamente gli occhi.
Per un secondo sembra disorientato, poi il suo viso torna al sussiegoso contegno
che gli è proprio.
“Yo, Naruto.”
Il
futuro Hokage di Konoha lo guarda a bocca aperta, senza nemmeno pensare di
mantenere un fare distaccato e indifferente. Abbandona le braccia lungo i
fianchi e lo fissa allucinato, con il cuore che rimbomba in testa.
“Cosa…ci
fai qui, Sas’ke?” balbetta, incredulo.
L’altro
si imbroncia lievemente, bizzoso.
“Sono
tornato da Iwa. Non era previsto che ci restassi per
sempre, sai, anche se sospetto che quando mi hanno proposto per
l’incarico i consiglieri di Tsunadehime lo sperassero,” commenta ironico.
Naruto
scrolla ancora la testa, senza riuscire a mettere insieme pensieri logici.
Spalanca le braccia e inspira a vuoto.
“Sì,
beh…cosa ci fai qui, davanti a casa mia?” riesce a chiedere, con un
certo sforzo.
È
Sasuke a non parlare, adesso. China lo sguardo e giocherella con il lato di un
sandalo, stringendosi nelle spalle.
“La
gente quando torna da un lungo viaggio va a salutare i familiari, no?”
borbotta infine, a disagio.
Naruto
spalanca leggermente gli occhi, trattenendo un insensato sorriso. Non dice
altro, prolungando quel silenzio imbarazzante finché, non potendone
più, si lascia scivolare lentamente a terra accanto all’altro,
osservando il cielo nella speranza che questo gli riporti la lucidità. C’è
Uchiha Sasuke, seduto di fianco a lui di sua spontanea volontà, che lo
aspetta forse da ore.
“Sei
arrivato da molto?” chiede, serrando la gola per sembrare noncurante.
“Ho
varcato i cancelli di Konoha che era già buio,” risponde
l’altro, spiccio. “Volevo esordire con adesso distruggerò il villaggio ma non sapevo se i chunin di
guardia avrebbero colto l’ironia,” continua, distratto. Ha
appoggiato di nuovo la testa indietro contro il legno della porta e guardafisso avanti. Naruto lo conosce troppo
bene per non sapere che si sente impacciato quanto lui.
Ridacchia
forzatamente, annuendo.
“E
a Iwa com’è andata?” aggiunge,
tamburellando inconsciamente una mano a terra. Sasuke segue il muoversi delle
sue dita spostando soltanto la direzione dello sguardo, ancora senza muovere un
solo altro muscolo.
“Sono
riuscito a non litigare quasi che non nessuno. Beh, con non molte
persone,” annuncia, soddisfatto. “Sono famoso persino lì,
sai?” aggiunge con un sorriso aspro. “Non ho fatto in tempo a
presentarmi che già sussurravano Orochimaru.”
“Perché
sei un idiota, teme. Ti sta bene.”
È
una bella parola, teme, che lo fa sorridere mentre la pronuncia.
“E
qui?” aggiunge Sasuke incerto.
Naruto
solleva il capo, baldanzoso.
“E’
quasi il momento, forse,” annuncia contento. Sasuke lo guarda con un
sopracciglio sollevato, senza capire. “Tsunadehime si ritira a fine mese,” continua lui con un
ampio sorriso.
Gli
occhi neri del genio si spalancano leggermente per la sorpresa, fissandosi
finalmente su di lui. Naruto li sente puntati addosso e sa che era
l’unica cosa di cui avesse veramente bisogno, da mesi.
“Ci
siamo, allora,” mormora l’altro. “Stai per diventare
Hokage.”
“Non
è detto,” si schernisce Naruto, senza davvero crederci ma non
osando ancora festeggiarsi. “Potrebbe scegliere qualcun altro, magari il
sensei. Potrei essere il prossimo ancora, o…”
“Dacci
un taglio, dobe,” lo interrompe Sasuke netto.
“Sappiamo tutti che sei tu.”
Naruto
si lascia ad andare ad un sogghigno vittorioso, la mano tra i capelli.
“D’accordo,
sono io,” ammette, mettendosi a ridere senza motivo. Soltanto adesso che
anche Sasuke è lì riesce a sentire la scarica di euforia del
pensiero di stare finalmente per vedere il proprio sogno che si avvera.
Soltanto adesso che gli occhi dell’Uchiha lo osservano percepisce
finalmente la gioia assoluta di quel pensiero glorioso. E ride, di cuore, senza
riuscire a fermarsi.
“Che
ti prende, idiota?” lo apostrofa Sasuke, mostrandosi distaccato come lui
non riuscirebbe a fare. “Guarda che non ti nominano se fai capire che sei
matto. Non ci posso credere che Konoha stia veramente per avere un Hokage del
genere.”
Naruto
sgrana gli occhi indignato, allungando istintivamente un braccio verso di lui
in un cazzotto misto spintone.
“Dannatissima
testa quadra!” bercia, ignorando bellamente il sonno dei vicini di casa.
“Io sarò il migliore di tutti gli Hokage!”
“Ma
per favore… Un dobe come te non potrà
mai nem…” replica Sasuke, impermeabile
alla sua animosità.
“Sas’ke!”
starnazza Naruto offeso, dandogli un’altra spinta. “Ti farò
rimangiare ogni parola a calci!”
Ed
è strano, ma bello, stare a battibeccare in quel modo tanto consueto che
risale all’infanzia, come se il tempo non fosse mai passato e la vita non
li avesse allontanati. Ma forse non l’ha mai fatto veramente
perché, sospetta Naruto assaporando quell’intatta
familiarità, la cosa che
c’è tra lui e Sasuke è immutabile e resistente a qualunque
colpo, perfetta e eterna nella sua staticità. È splendido e
terrificante al tempo stesso sapere che, ovunque lo condurrà la sua
vita, con chiunque, quella reciproca appartenenza non potrà dissolversi.
“Ho
fame,” annuncia intanto Sasuke, apparentemente distante anni luce da quel
genere di pensieri e per nulla impressionato dalle sue proclamazioni.
Naruto
lo osserva di nuovo, è impolverato e stanco, probabilmente ha viaggiato
tutto il giorno. Inclina la testa, pensoso.
“Devo
avere qualcosa in dispensa,” afferma incerto.
“Sarà
tutta roba scaduta,” commenta il genio con sufficienza.
“Così
vedremo se il tuo stomaco è resistente come il mio,” replica Naruto
con un sorrisetto vittorioso. Sasuke solleva un sopracciglio, guardandolo
storto.
“E’
una sfida?” domanda serio, come se si trattasse di una prova di infinito
valore.
“Io
non l’ho detto,” sogghigna Naruto, incrociando le mani dietro la
nuca con fare innocente.
“Va
bene, dobe, l’hai voluta tu,” afferma l’altro dopo un secondo
di silenzio, per poi scattare in piedi.
“Stai
per mostrarmi l’abilità innata dell’apparato digerente del
clan Uchiha?” domanda Naruto scherzoso, imitando il suo movimento.
“Ho già avuto qualche dimostrazione quando eravamo genin,”
aggiunge, aprendo la porta.
Sasuke
non è entrato spesso lì. Anche durante la loro relazione era
piuttosto lui a recarsi nella grande magione degli Uchiha e, riflettendoci, gli
pare che l’altro non abbia mai nemmeno trascorso una notte intera a casa
sua. È strano vederlo adesso varcare la soglia, senza sembrare
minimamente intimidito da quel fatto.
“All’epoca
le mie capacità non erano ancora al massimo del loro sviluppo,” lo
informa Sasuke con alterigia. Avanza spedito al suo seguito, senza nemmeno
guardarsi intorno. Si direbbe quasi che abbia passato la sua vita a percorrere
quel pavimento, tanto che, raggiunto l’angolo della cucina, si siede al
tavolo senza attendere di essere invitato.
“Allora,
cosa mangio?” domanda spiccio.
“La
tua dannata presunzione, sacco di boria,” borbotta Naruto rassegnato,
avvicinandosi alla dispensa per mettersi in caccia di qualcosa di commestibile.
Gli volta le spalle, spalancando le antine e
mettendosi a frugare.
Cucinare
non è mai stato e mai sarà il tuo forte, ma dopo due giorni di
viaggio probabilmente Sasuke non ha voglia di cibo in scatola. Così si
dedica alacremente alla delicata missione di mettere dell’acqua a
scaldare e far cuocere un po’ di riso con qualche verdura.
“Un
momento, eh,” esclama, nel bel mezzo della complessa manovra. “Non
è semplice.”
“Mh-mh,” bofonchia Sasuke, con quello che potrebbe
essere disinteresse o scherno indifferentemente. Naruto la prende per una
risposta affermativa e solo quando, dopo un paio di minuti, si volta indietro e
lo trova col busto piegato in avanti e la testa appoggiata sul tavolo realizza
che probabilmente Sasuke ha mugugnato perché si stava addormentando. Gli
si avvicina con un mezzo sorriso, studiando il profilo elegante del suo volto e
quell’irritante naso all’aria. Ha il respiro profondo, regolare; dev’essere davvero stanco. Conoscendolo, irrequieto
com’è, avrà percorso il lungo tragitto da Iwa in una frettolosa tirata, senza quasi fare soste.
“Sas’ke,”
chiama a bassa voce, chinandosi verso di lui. “Teme, non volevi
mangiare?”
Sasuke
inspira rumorosamente, muovendo la testa.
“Sssì,” borbotta, sbattendo le palpebre prima
di raddrizzarsi. “Ma forse ho più sonno che fame,” ammette
trattenendo uno sbadiglio.
“Vai
a casa e dormi,” suggerisce Naruto, senza convinzione.
Sasuke
tace per qualche istante, fissando intorpidito il tavolo.
“Dormo
qui,” annuncia, come se la decisione spettasse a lui solo. “Sul
tatami andrà benissimo,” puntualizza, per negare ogni
implicazione. Ma è una finta, Naruto lo sa ed è certo che l’altro
è consapevole anche di questo.
Trattiene
il fiato per un istante, poi scuote la testa.
“Non
mi sembra una buona idea, teme,” commenta, a fatica. “Se…se
dormi qui non dormirai sul tatami e lo sappiamo tutti e due,” continua,
recuperando la sua franchezza abituale.
Sasuke
sposta lo sguardo su di lui, calmo.
“E
sarebbe un male?” domanda serio.
Per
un momento Naruto non ha nemmeno il fiato per respirare, riesce solo a
guardarlo: il contorno allungato degli occhi neri, gli zigomi alti e raffinati,
la linea decisa del mento e quella slanciata del collo chiaro. E no, non
sarebbe un male.
Si
tormenta le mani per qualche secondo, prima di fare l’unica cosa che al
momento gli sembri avere un senso: piegarsi in avanti e baciarlo, infilando una
mano nel nero dei suoi capelli. L’altra, che appoggia sul tavolo per
mantenere l’equilibrio, finisce avvolta in quella leggera del genio, che
piega la testa per lasciargli approfondire il bacio, dischiudendo le labbra.
Poi
è una corsa affannosa, frenetica. Gli strattoni pieni d’urgenza
verso il letto, respirando uno nell’altro, i vestiti di Sasuke strappati
via bruscamente che atterrano dappertutto – “dovrei lavarmi,”
prova a mormorare il genio con un ansito, prima di precipitare sul materasso
sotto la sua spinta – scoprendo la sua pelle chiara, il torace agile e la
vita sinuosa. La sua lingua sul corpo, le sue mani ovunque, il suo sesso che
sembra illuminarlo dall’interno e i suoi gemiti, la sua voce profonda e
roca che mormora spezzata una sola parola, che stranamente non è dobe né idiota ma soltanto Naruto, soffiando contro
il suo orecchio. Naruto, Naruto, Naruto, non è mai sembrato un nome
così bello come nel momento in cui Sasuke quasi lo urla per poi
abbandonarsi a un lungo gemito mentre si svuota dentro di lui, prima che la sua
mano lo porti lassù in alto, facendolo gridare mentre viene a sua volta.
Le
braccia di Sasuke che gli si stringono intorno, nel silenzio turbato solo
dall’affanno dei loro respiri mischiati, lo serrano con decisione e la
sua testa scura si annida contro il suo collo.
Naruto
sospira, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Poi le parole gli premono
contro il palato, scivolando fuori stentatamente.
“Sas’ke,”
mormora pianissimo, “non te ne andare più.”
Il
genio rimane in silenzio, poi gli strofina impercettibilmente la guancia
contro.
“No,”
risponde infine, sicuro. “Non me ne vado più.”
Sasuke
“Non
me ne vado più.”
È
un riscontro, più che una rassicurazione. Lì, con Naruto e il suo odore addosso, risulta un dato di fatto più chiaro e evidente
che mai. Perché può negare, può chiudersi nella sua
corazza solitaria di superstite e proclamare il suo non avere davvero bisogno
di lui, andandosene lontano, ma ogni volta è da Naruto che ritorna.
Sempre. E non ha senso nemmeno affermare di non essere disposto a fare
sacrifici e correre rischi per il loro legame perché, alla fine,
è l’unica cosa che davvero conti.
Lo
ascolta respirare sotto di sé, senza smettere di stringerlo. Anche se
gli pesa sui polsi e diamine, forse dovrebbe decidersi a smettere di
strafogarsi con quel suo ramen. Sorride tra sé all’immagine, che
si forma in mente, del jinchuuriki con la sua amata ciotola di tagliatelle.
“Qualcuno
dovrebbe spegnere la luce,” fa Naruto, biascicando. Lui solleva la testa
e lo osserva, con tutto il fastidio che riesce a mettere insieme in questo
momento in cui avrebbe solo voglia di baciarlo ancora.
“E
dovrei farlo io?” chiede secco.
“Io
non posso, sono bloccato!” si difende Naruto con innocenza. Lui lo scruta
scettico, con condiscendenza, poi sbuffa sollevandosi sui gomiti.
“Sei
una scocciatura, dobe,” osserva annoiato.
Naruto sogghigna, sornione.
“Ti
piace che lo sia,” afferma con baldanza.
Sasuke
aggrotta la fronte, fosco e pronto a esternare una risposta tagliente,
però quell’idiota è li che se la ride, con quegli occhi
enormi e enormemente azzurri illuminati e la sua faccia da schiaffi e
stupidamente, forse, quello che invece fa è coprire le sue labbra con le
proprie, per un istante solo.
“Idiota,”
mormora, con una dolcezza che quasi lo nausea. Poi allunga un braccio verso
l’esterno, producendosi in uno dei suoi tanto efficaci sorrisetti
maligni, e inizia a concentrare il chakra per il chidori,
aspettando la sicura reazione di Naruto. E difatti il jinchuuriki, nel vedere
le scariche elettriche, lancia una sorta di raglio che quasi lo fa scoppiare a
ridere e si aggrappa bruscamente al suo braccio.
“Cosa
stai facendo?” urla allibito, aggrappandosi a lui.
“Spengo
la luce,” risponde Sasuke mantenendosi impassibile.
“Devi
premere l’interruttore, non tirare giù tutta la parete!”
starnazza Naruto, afferrando la sua mano. Sasuke gliela lascia tenere,
docilmente, perché gli mancava quella stretta.
“Tanto
non ti serve più, la casa,” commenta sibillino, sperando che il
filo di nervosismo nella sua voce sia sfuggito a Naruto. Apparentemente
sì, perché questi, penzolante nella stretta con cui ha cercato di
bloccarlo, lo osserva sconcertato.
Sasuke
vorrebbe quasi scappare, adesso. Non è affatto sicuro di quello che sta
per dire e probabilmente è un errore madornale, ma comunque non
può fare altrimenti; perché tutta la sua vita è un
percorso fatto di passi che l’hanno portato, inevitabilmente, qui e
adesso, con Naruto. Anche volendo è impossibile fermarsi, dopo una vita
a cercarsi uno nell’altro: se non fosse stato così, se Naruto non
fosse la voce e il viso che ha sovrastato ogni suo gesto, anche quando voleva
credere di considerare importante solo tutt’altro, forse adesso potrebbe
continuare ad essere Uchiha Sasuke com’è sempre stato. Ma il tragitto
compiuto fin’ora punta in un’altra direzione.
“Mi
è peggiorata la vista,” mormora, grave.
Naruto
sgrana gli occhi, abbandonandosi sul materasso.
“Cosa?
Perché?” chiede allarmato.
Lui
scrolla le spalle, sbrigativo.
“Ho
dovuto usare il mangekyou,” spiega spiccio.
“Ci sono stati dei problemi a Iwa l’anno
scorso, non so se vi è arrivata la notizia,” continua, sapendo che
è arrivata e che sicuramente Naruto ha avuto paura, vera, perché
lui era lì.
“Non
avresti…” inizia il jinchuuriki inquieto.
“Lo
so, ma non c’è stata molta scelta,” lo interrompe lui,
brusco. “Non ha importanza, non è grave. Però…”
continua, ma è costretto a fare una pausa per riprendere fiato, e
cercare di rimanere impassibile ancora per quanto difficile sia.
“Però secondo i loro medici nella mia condizione non è
consigliabile che viva da solo. Suppongo che Sakura sarà dello stesso parere.”
E
si ferma lì. Non può dire nient’altro, perché tanto
non c’è niente da dire. E perché si è già
scoperto abbastanza e gli trema la mano con cui si sorregge sul letto, ma non
per lo sforzo fisico.
È
sufficiente, comunque, e lo spettacolo del volto di Naruto che da perplesso si
illumina d’improvvisa comprensione, d’incredulità e di
euforia in un susseguirsi velocissimo e cristallino, riverberando nei suoi
occhi celesti ogni fremito delle emozioni, vale quella resa indecorosa e non
solo.
Non
ce la fa: sorride, apertamente, nel vedere le labbra del jinchuuriki che
tremano debolmente, andando a sfiorarle con un dito.
“Respira,
dobe,” sussurra, distogliendo lo sguardo con
imbarazzo.
“Io…io…”
Naruto boccheggia ancora per un momento, scuote la testa come se dovesse
svegliarsi e poi, d’improvviso, scatta a sedere buttandolo quasi per
terra. “Quando posso portare le mie cose da te?” strilla, euforico.
Sasuke
incassa leggermente le spalle, storce il naso un po’ a disagio e lo
guarda di nuovo. E’ una felicità, quella di Naruto, che lo riempie
di riflesso come una sorta di osmosi. Tutta quella vivacità che
c’è nel compagno è la linfa da cui anche lui ha ripreso a
vivere e non saprebbe comunque farne a meno. Ha rinunciato a molte cose, nella
vita, a lungo: ha rinunciato all’infanzia, perché aveva un
obiettivo; ha rinunciato alla spensieratezza che un ragazzino avrebbe dovuto
avere, ha rinunciato all’affetto, all’onore, anche al privilegio
dell’innocenza. Ha detto addio ai suoi cari, tutti, guardando con occhi
offuscati il corpo senza vita di Itachi e al rispetto di se stesso indossando
la cappa dell’Akatsuki. Ha fatto a meno della luce della sua vista superiore
per fermare Kyuubi e dell’orgoglio piegandosi ai provvedimenti
dell’Hokage per il suo tradimento. Naruto è la sua debolezza,
l’unica cosa a cui non è riuscito e non riesce a rinunciare. Lo sa
e non ha più senso nasconderlo.
“Domani?”
borbotta vago.
“Possiamo
farlo adesso? Eh, eh, Sas’ke?”
Sasuke
lo guarda indulgente. Ha alle spalle due giorni di viaggio ininterrotto, devono
essere quasi le quattro di notte e non è certo il momento per un
trasloco.
“Domani,”
ripete, inspiegabilmente a malincuore. Naruto si imbroncia, per un attimo, poi
sorride di nuovo e gli si getta addosso.
“Dormiamo
subito, così possiamo alzarci al mattino presto,” intima euforico.
“E’
già mattino presto,” commenta lui con sufficienza.
“Non
rompere, teme,” ribatte Naruto. “E’ ancora notte.”
Lo
ha premuto sul letto e gli si è accoccolato addosso, quasi schiacciato
contro di lui. Sasuke lo sente respirare ed è tiepido, i suoi capelli
biondi gli solleticano il mento. È troppo tutto insieme, Naruto, per
mettersi a dormire.
“Notte,
mh? Sai,” sussurra, avvicinando le labbra al
suo orecchio, “cosa si fa di notte, dobe?”
Naruto
ridacchia contro di lui, facendogli scivolare la mano sul petto.
“Sono
troppo stupido per indovinare. Dimmelo,” scherza, incrociando una gamba
con la sua.
“Ti
faccio un esempio pratico,” risponde Sasuke prima di ribaltarsi su di lui.
Naruto
ride, e a lui va bene così. Affronteranno quello che verrà.
ryanforever: gesù, quanta
disperazione. Non volevo rattristarvi. Beh, circa. Ahm. Comunque, come vedi, la
felice soluzione è giunta. Non so come mai, ma sono gli unici due al
mondo per cui la mia mente si rifiuta di concepire un finale men che felice. Difatti sgocciolo romanticismo in modo
rivoltante, ma è più forte di me. Beh, grazie mille.
chibimayu: ^__^ Hahahaha. Emo brodo! Bellissimo! Mi sono ribaltata sulla sedia dal ridere
quando ho letto la recensione. Penso che userò quest’espressione
nella mia prossima fic comica, se me lo consenti. Che
altro… mi fa davvero molto piacere che stile e stesura siano di tuo
gradimento. Spero che questa nuova parte non deluda le aspettative. Grazie per
aver lasciato un segno, per giunta così lusinghiero, del tuo passaggio.
Alla prossima.
nemesi06: mah, sai… Sasuke si tormenta
inevitabilmente, credo che nemmeno Naruto possa farci molto. Ne conosco di
gente così e, se devo essere sincerissima, qualche volta capita anche a
me. Assolutamente non a questi livelli ossessivi, sia chiaro ^__^. Per il
resto…mi trovi d’accordo sulle conclusioni da te tratte, e anzi
forse la bellezza di questi due insieme sta nella profonda differenza della
loro visione del mondo e nell’equilibrio che ne scaturisce. Dunque, per
concludere, ti ringrazio molto. A presto.
retsu89: Non c’è bisogno che ti
scusi…commentare non è mica un lavoro! ^__^ Quanto al resto, sai,
trovo sempre affascinante questa capacità di Sasuke di far nascere nel
prossimo una gran voglia di prenderlo a schiaffoni. Io quando leggo di lui nel
manga alterno disperata compassione, frenetiche risate e questo insopprimibile
desiderio di strangolarlo con il fiocco viola. Ahm. Comunque… Dai,
rasserenati, si è risolto tutto per il meglio. Grazie, a presto.
krikka86: vai dalla parrucchiera, che poi finisci pettinata
come Kakashi con i capelli dritti e poveri noi… ^__^ Finito tutto bene,
visto? Per ora, voglio dire, perché di mio sono abbastanza sadica con i personaggi
e li metto sempre nelle rogne. Hihi. Grazie dell’apprezzamento.
VavvyMalfoy91: ahm… ma no, dai, non piangere. Visto che va
tutto bene? Non potrei lasciarli soffrire. Soprattutto Sasuke si fa già
abbastanza del male da solo senza necessitare il mio contributo ^__^ Grazie,
buona vacanza (o quel che è).