Konoha, mattina, pomeriggio, sera, notte

di suni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Konoha, mattina ***
Capitolo 2: *** Konoha, pomeriggio ***
Capitolo 3: *** Konoha, sera ***
Capitolo 4: *** Konoha, notte ***



Capitolo 1
*** Konoha, mattina ***


“Mi scrivi per piacere una cosetta melensissima su quanto Naruto venera Sasuke?”

“Mah, perché no, in fondo lo fa sempre anche Kishimoto. Dammi uno spunto.”

“Non so, solo…che lo guarda.”

Da queste tre frasi nasce la one-shot che vado a sottoporvi. È una scemenza romanticosa e inutile e ciononostante già li adoro, ufficialmente. Sono il mio potenziale nuovo otp.

A TE, CIA’, insieme a tutto il bene che ti voglio. Ci sono andata molto piano, considerando la tua scarsa dimestichezza con la tematica.

 

(FRA’, NON LEGGERE).

A presto, gente.

suni

 

 

Konoha, mattina

 

 

Si sveglia già sbadigliando, già stanco in partenza. È normale, la mattina del suo giorno di riposo: perché quella particolare mattina della settimana, qualunque essa sia, è sempre la mattina dopo una notte trascorsa restando sveglio fino all’alba. Niente, nemmeno una guerra mondiale, gli potrebbe mai impedire di rimanere tutta la notte avvinghiato a Sasuke finché non restano entrambi senza forze, stremati, e si addormentano senza neanche rendersene conto, uno addosso all’altro, dove capita. Non sempre nel letto.

Quella mattina, però, la morbidezza del materasso e la freschezza del lenzuolo sulle gambe gli fanno intuire che hanno dormito nel posto canonico, il che gli risparmierà almeno il mal di schiena. Strofina la faccia nel cuscino e nel farlo si gira sul fianco, rimanendo però bloccato a metà del movimento. Il braccio di Sasuke gli è intorno, ma non appoggiato: è stretto sul suo torace come se dovesse trattenerlo.

Naruto sorride tra sé, sfregandosi il viso con la mano.

Come se fossi mai stato io, ad avere la bella idea di svignarmela.

Solleva leggermente la testa ed apre gli occhi, convinto di incontrare le iridi nere dell’altro a mezza strada, imperiose e possessive, ma contrariamente a quanto pensava Sasuke non lo sta stringendo così perché l’ha sentito svegliarsi: il genio sta ancora placidamente dormendo, la testa rivolta dall’altro lato, la schiena scoperta dal lenzuolo.

E il suo sorriso si allarga, mentre torna a poggiare il mento sul cuscino senza spostare gli occhi dalla linea dei suoi fianchi.

“Hai paura che scappi dal tuo pessimo carattere?” mormora divertito.

Sasuke emette un sottile mugugno, sospirando poi tra sé. Non ha mai avuto un sonno tranquillo, anzi, è sempre piuttosto agitato. Una volta, anche se non gliel’ha mai raccontato per non metterlo in imbarazzo, lui si è svegliato in piena notte perché l’altro, dormendo, piangeva. E Naruto ha un’idea più che precisa di quali ricordi tormentino i sogni di Sasuke, ma non ne parla mai. Non fa domande, perché sa che l’argomento è semplicemente troppo doloroso da affrontare.

Sta di fatto che Sasuke quando dorme si agita. E’ quasi seccante, perché spesso scalcia, rotola ad occupare i tre quarti del letto e fa l’arrogante come suo solito anche se non è cosciente. Dormire con lui all’inizio era un tormento, da questo punto di vista, ma poi Naruto ci si è abituato: quando non ha più spazio nel letto gli tira un bel cazzotto e poi fa finta di essere profondamente addormentato nel suo angolino. Sasuke si sveglia, intontito, si rende conto che lui non ha più posto e, borbottando un “idiota”, si fa in là e riprende a dormire. Per poi ricominciare ad agitarsi dopo un quarto d’ora.

Quasi a confermare il suo pensiero in quel momento Sasuke sbuffa, voltandosi lentamente appallottolato nel lenzuolo, senza svegliarsi. Abbandona la presa sul suo fianco e rotola per rannicchiarsi di lato, rivolto a lui. Naruto sporge la testa e soffia silenziosamente contro il suo viso, che si contrae in una smorfia infantile e infastidita, mentre il naso invece gli si arriccia in una specie di silenzioso starnuto che strappa al jinchuuriki una risata in sordina.

Poi il viso di Sasuke si ricompone nella naturale armonia che lo distingue. Non sta sognando – non dorme abbastanza profondamente, forse – perché la sua espressione è rilassata, serena. A Naruto piace quando è così, perché quello è il genere di espressione che Sasuke non sfoggia quasi mai da sveglio. L’abitudine all’essere cupo e vagamente incarognito non gli e è passata nemmeno con la conclusione della sua tragica epopea familiare e con la chiusura dei conti con tutti i suoi fantasmi: Sasuke era ed è rimasto ombroso, taciturno, con l’aria di essere perennemente sul punto di stare per dare un calcio al primo che capita e contemporaneamente di strafregarsene di tutto quel che lo circonda. Soltanto qualche volta, senza che se ne accorga, qualche incontrollato sorriso gli sfugge, disegnando ai lati della bocca due sottili rughe d’espressione che rendono ancor maggiore onore al suo bell’aspetto. È strepitoso, quando sorride, anche perché, Naruto lo sa, ognuno di quei sorrisi è causato da lui e tutti, indistintamente, appartengono a lui e lui solo.

Ma ora, mentre dorme, l’ultimo Uchiha è disteso e il suo volto ha il morbido abbandono del sonno. Quel bello spettacolo, riservato a Naruto unicamente, è quel che lui definisce la ricompensa per la mia sopportazione. Lui tollera le stravaganze, le paturnie e gli sbalzi d’umore del capriccioso genio, e Sasuke in cambio esiste. Anche se a molti potrebbe non sembrare conveniente, Naruto è più che certo del vantaggio insito in quel baratto.

Gli lancia un’altra occhiata pigra, trovando nei suoi lineamenti la conferma di quella linea di pensiero. Tutto il volto di Sasuke, per lui, è un tesoro inestimabile. In quella fisionomia c’è scritta tutta la sua vita.

Sul suo naso, piccolo e all’aria, c’è la smorfia di contrarietà che riserva alle sue scemenze, c’è lo sbuffo della sua condiscendenza e la morbidezza dello strofinio contro le sue guance, quando capita – raramente – che Sasuke sia in vena di coccole e allora gli sfrega il viso contro come una bestiolina.

Sulla sua fronte, ampia e chiara, coronata dal delicato ricadere delle ciocche corvine di capelli, c’è la piega profonda della sua preoccupazione, il giorno in cui lui, Naruto, si è quasi ammazzato per mettere a punto l’ultimo perfezionamento del rasengan e al suo risveglio Sasuke è arrivato con quella ruga d'inquietudine, quasi impaurito. C’è la cupezza della sua rabbia quando la aggrotta, nei combattimenti e nei focosi litigi che li vedono coinvolti a cadenza più che giornaliera, per concludersi sempre nella stessa, strepitosa maniera.

Sui suoi occhi c’è il ricordo delle infinite notti, dei ricoveri, dei mancamenti dovuti alle ferite. Chiusi, gli occhi di Sasuke gli ricordano spesso momenti di panico, che però sono stati ugualmente parte di loro due, perché non hanno avuto una storia facile. Aperti, quegli stessi occhi neri e profondi, dal taglio elegante, gli parlano di tutti i sentimenti inconfessati, di tutte le cose che l’orgoglio fa tacere, di ogni prezioso slancio emotivo del suo gelido compagno. Sono occhi che ha imparato a leggere come libri stampati, che sa interpretare meglio anche delle parole e che, per lui, sono espressivi più di qualunque altra cosa. Sono gli occhi in cui ritrova la sfida silenziosa intrapresa nell’infanzia,  la curiosità di quel pomeriggio, sulla riva dell’acqua, quando bambini si sono guardati senza osare parlarsi, senza ancora saper superare il muro che li divideva. O in cui legge l’astio tributatogli ingiustamente durante il loro fatidico scontro alla cascata, la notte della fuga, e l’indifferenza crudele degli anni a seguire. Sono gli occhi dello sharingan, gli occhi che controllano Kyuubi, gli occhi che anticipano i colpi diretti non solo a Sasuke stesso, ma anche a lui. Gli occhi che si sono quasi spenti per sempre, per salvarlo da Haku.

Le sue labbra sottili e ben disegnate parlano in silenzio, banalmente forse, di tutti i baci dati e ricevuti, di quella passione che è entrata nelle loro vite e le controlla, da anni. Portano ancora su di sé l’eco delle parole, dei sussurri affannosi, delle confessioni, degli incalcolabili insulti e delle frasi sprezzanti, della cattiveria sottile e aggressiva che Sasuke sa avere verso di lui, delle espressioni di scherno quando si stirano gelide, della risata rara che lasciano scappare fuori qualche volta, illuminandosi del brillio dei suoi denti. Sono le labbra che ancora, in ogni istante, sembrano ripetergli quell’unico “ti amo” che il compagno si è lasciato sfuggire una sola volta, nell’impeto della passione, per poi tacere con imbarazzo per le successive tre ore, scatenando la sua segreta ilarità.

Le labbra che, d’improvviso e senza nessun segno che potesse indicarlo, si muovono.

“Che hai da guardare, idiota?”

Naruto sussulta, sorpreso, mentre gli occhi di Sasuke si aprono, puntandosi sul suo viso con ironia. Perché lo sa, lo stronzo, che lui non può fare a meno di rimirarlo come un bel dipinto.

“Hai una pustola sulla fronte,” risponde Naruto, riuscendo a rimanere serio grazie all’esperienza negli scherzi accumulata durante l’infanzia. “Enorme,” precisa con un filo di ribrezzo.

Sasuke aggrotta le sopracciglia, sollevando leggermente la guancia dal cuscino.

“Dove?” chiede, portando una mano sulla fronte.

“Proprio lì in bella vista,” risponde Naruto con un cenno del capo, mentre lui comincia a far scorrere le dita sulla pelle per rintracciare l’orribile deturpamento della sua perfezione. “Ah no, aspetta,” aggiunge il jinchuuriki di soprassalto, socchiudendo gli occhi con attenzione e avvicinandoli al suo viso. “Non è una pustola, c’è…scritto qualcosa. Uh… Testa quadra.” Sogghigna, prima di mettersi a ridere di gusto, sobbalzando. Un braccio scatta verso l’alto, incastrando il suo collo nell’incavo del gomito e bloccandogli il fiato.

“Sas…” esala, dibattendosi senza convinzione.

“Sei veramente un idiota, dobe,” osserva calmo il genio, con uno sguardo truce. “Adesso ti uccido, mi sono stufato delle tue stronzate,” annuncia, lasciando però la presa e permettendo a Naruto di ricadere sul materasso con un risata.

“Sono dieci anni che lo ripeti,” lo rimbecca il jinchuuriki, baldanzoso. “Ma poi non mi ammazzi mai,” aggiunge sornione, mentre le braccia di Sasuke gli si serrano intorno.

“Ora invece ti sistemo una volta per tutte,” fa questi, con tono assorto e contemplativo, prima di iniziare a far scorrere le labbra contro il suo collo, facendolo rabbrividire.

“Ah sì?” mormora Naruto socchiudendo gli occhi.

“Certo,” sussurra Sasuke, raddrizzandosi per sovrastarlo, carponi. “Adesso vedi…che ti faccio.”

Naruto ridacchia per appena un secondo o due, prima che le labbra dell’altro lo zittiscano definitivamente e le sue mani lo invadano.

Potesse, “morirebbe” così tutte le mattine.

 

 

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Capitolo 2
*** Konoha, pomeriggio ***


Konoha, pomeriggio

Ahm.

Non fate quelle facce. Lo so che è seccante, ma sono ancora qua. Di nuovo.

Vi presento la seconda parte della mia raccolta su Naruto e Sasuke, che al momento conta quattro parti ma promette di allargarsi mostruosamente. Le scene in questione non sono propriamente collegate tra loro, salvo eccezioni (la tre e la quattro, ad esempio), ma sono compartimenti che fanno parte di un unico, ipotetico racconto che avrebbe luogo tempo dopo lo Shippuuden. La precedente, mattina, li vedeva intorno ai ventitre anni di età, questa direi un annetto dopo, ma non è importante.

Vorrei ringraziare in particolare krikka86, che mi ha suggerito di andare avanti a scrivere proprio mentre mi stavo domandando se farlo o meno, e mi ha spronata.

Se vi va, se non vi è troppo disturbo, vorrei sapere cosa ne pensate. Soprattutto le critiche, i suggerimenti per la resa dei personaggi e anche le stangate, se ritenete di doverne fare.

Le accoglierò come se fossero mazzi di rose.

Buona lettura

suni

 

 

Konoha, pomeriggio

 

 

 

A volte le ore dei tanti pomeriggi liberi sono lunghe da far trascorrere. Quando il sole è l’alto nel cielo e l’aria, pigra, risuona di voci indolenti e passi provenienti dalla strada, per un tempo che sembra immensamente lungo, l’apatia la fa da padrona.

Sasuke va sotto il porticato, allora. Nella quiete del cortile interno di casa Uchiha, dove i suoni giungono lontani e ovattati, si lascia scivolare addosso le ore studiando i volumi sui jutsu, finché la testa non comincia a fargli male e lo sguardo gli si offusca, stanco. Allora si allunga sulla panchina che ha sistemato accanto al ciliegio e sonnecchia, riposando gli occhi, quegli occhi annebbiati da un offuscamento che non è malattia, non ha cure né rimedi ma soltanto argini per arrestare la degenerazione.

Sono quegli occhi a portarlo a trascorrere troppe delle sue giornate lì, lontano dal quartier generale. Perché non può quasi combattere, Sasuke, non può usare lo sharingan: potrebbe perdere definitivamente la vista per un qualunque sforzo. È un jonin senza incarichi, se non quelli più semplici e pacifici di incontri tra delegazioni alleate.

Potrebbe essere lo shinobi più forte di Konoha, magari potrebbe persino tornare a battere Naruto; potrebbe, forse, se le pupille non lo tradissero. Ma ha dovuto dire addio a quelle ambizioni quando il combattimento con Kyuubi gli ha quasi distrutto gli occhi, a monito dell’errore di spingersi troppo oltre i limiti.

Se n’è fatto una ragione con insolita pacatezza: del resto tra i suoi è stato pur sempre il più fortunato, è l’unico ancora vivo. Comunque non aveva più bisogno di proiettarsi oltre: aveva già combattuto la sua guerra personale per la vendetta, aveva portato a termine i piani dell’infanzia. Per il resto, nelle ore in cui gli occhi lo reggono – quelle centrali della giornata, quando la luce naturale è più forte - studia i jutsu, avendo inaspettatamente ereditato da Orochimaru quella spiccata passione per l’apprendimento del maggior numero possibile di tecniche.

Spesso Sakura lo aiuta. E’ sempre stata una studentessa appassionata e una teorica sapiente e a volte arriva, nel dopopranzo, con qualche volume raro da sottoporgli. Hanno trovato lì un vero punto d’incontro, quello che non avevano da bambini. Ma i loro non sono colloqui molto frequenti perché Sasuke sa che Sakura, nonostante sia pienamente a conoscenza, da tempo, della vera natura del rapporto tra lui e Naruto, non ha mai cessato di guardarlo come lo guardava dieci anni fa, nonostante i tanti tentativi di spegnere in lei una passione che non sarà mai ricambiata.

Altre volte, invece, è proprio Naruto a passare di lì: arriva come un uragano annunciando di avere una mezz’ora libera e comincia a far chiasso, nella sua tipica maniera. Si porta dietro luci e colori, risate irrefrenabili e spumeggianti. La sua testa bionda e i suoi incredibili occhi azzurri – quelli, soprattutto, essendo diversi da tutti gli altri – sono la cosa che Sasuke vede meglio. Non ha senso, forse, ma non è che possa farci molto.

Può giusto mantenere un certo distacco nel rapportarsi col compagno, senza rinunciare al contegno. Perché non è facile, per un uomo con il suo carattere, ammettere di dipendere così chiaramente da qualcuno. Anche lì, sdraiato sulla panca nel silenzio del cortile, con gli occhi chiusi e le gambe allungate, Sasuke sa di stare soltanto aspettando Naruto; e forse è la giusta punizione per essersi fatto aspettare per anni, a sua volta, mentre inseguiva una vendetta confusa e senza senso.

Aggrotta la fronte, abbandonando i suoi pensieri a se stessi. Come se ci fosse stato un ritmo concordato, in quel momento sente la serratura scattare e socchiude gli occhi, come un gatto. Poi ci sono passi saltellanti, energici, e la cascata della voce squillante di Naruto.

“Teme! Dove sei?”

Non ha nemmeno finito di parlare che già spunta dall’accesso al cortile, ingabbiato nella sua divisa da ANBU e sorridente, individuandolo a colpo sicuro nel suo pigro sonnecchiare.

“Non ci credo! Sas’ke, stai di nuovo ronfando,” commenta sgranando gli occhi, prima di fare una smorfia di scherno. “Di questo passo diventerai grasso come un porcello,” aggiunge sogghignando.

Lui alza appena un palpebra, scoccandogli un’occhiata altera mentre lui si libera della corazza leggera, che getta in un angolo.

“Almeno io non mi sfondo di ramen ogni santo giorno, idiota,” commenta Sasuke laconico, arricciando le labbra. Sbuffa, condiscendente, e si volta dandogli la schiena. Deve aspettare solo una manciata di secondi prima di sentire il respiro del jinchuuriki contro il proprio collo e poi la sua bocca sfiorargli un orecchio. Trattiene un sorriso, piegando leggermente il collo verso di lui.

“Ho un po’ di tempo per fare pranzo,” sussurra Naruto, “e ho una fame enorme! Tu hai già mangiato?” chiede supplice.

No, non ha mangiato, come sempre, anche se è già pomeriggio inoltrato. Lo ha aspettato, lo fa quasi tutti i giorni.

“Sì, ho mangiato,” risponde freddamente, senza ancora aprire gli occhi. “Ma magari mangio di nuovo.”

“…Come un porcello…” canticchia Naruto tra sé, raddrizzandosi. “Faccio una corsa al chiosco a prendere del ramen.”

Sparisce rapido com’è arrivato, lasciandosi alle spalle un silenzio che non è più quiete ma vuoto. Sasuke si alza, entra in casa e mette in tavola due bicchieri e una brocca dell’acqua; lo fa ogni volta. Si siede a tavola e aspetta per qualche altro minuto, rilassato, in un iter che si ripete giorno per giorno.

Quest’esistenza serena, fatta di piccole consuetudini, è una pace che non si aspettava di poter ottenere e che ha trovato in Naruto. Nel vuoto succeduto alla guerra dell’Akatsuki, quando la sua vita si è trovata d’improvviso senza un senso come un macabro relitto, il jinchuuriki è stato il suo solo contatto con la realtà e quel legame profondo e incancellabile, che tanto a lungo lui aveva disprezzato e negato, si è rivelato l’appiglio indispensabile a rialzarsi e l’unico significato individuabile nel proprio esistere.

“Ne ho prese tre porzioni,” urla Naruto dall’ingresso, “perché ho un po’ fame.”

“Chi sarebbe il porcello, dobe?” risponde lui con scherno, mentre l’altro compare sorridendo.

“Bada a quel che dici, teme,” ribatte solenne, raddrizzando il busto. “E’ con il futuro Rokudaime Hokage di Konoha che parli,” fa, pomposo, prima di sedersi di schianto e gettarsi sul suo spuntino.

Sasuke sbuffa piano, imitandolo in silenzio. È così che mangiano, lanciandosi di tanto in tanto qualche sguardo che forse non ha un preciso contenuto, è solo un bisogno di guardarsi spontaneo, persistente. In questi momenti più che mai Sasuke vorrebbe che i suoi occhi captassero ancora ogni sfumatura e ogni infinitesimale dettaglio, per poter cogliere tutte le microscopiche caratteristiche del viso che ha davanti, anche più del normale.

“Oggi Sakura mi ha picchiato di nuovo,” annuncia Naruto, ridacchiando.

“Ha sicuramente fatto bene,” commenta Sasuke con disinteresse.

“Non sai nemmeno com’è andata!” protesta Naruto inalberando un’aria offesa.

“Non ne ho bisogno, idiota,” lo riprende Sasuke con fare superiore. “Comunque si siano svolti i fatti, aveva ragione a dartele.”

Naruto si infila nelle fauci un altro sproporzionato boccone, scrutandolo torvo.

“Adesso ti rompo la testa,” minaccia aggressivo.

“Provaci, dobe” replica Sasuke con sfida, sorridendo dentro di sé.

Naruto assottiglia gli occhi, scrutandolo minaccioso con una smorfia malevola. Allunga di scatto il braccio sopra il tavolo e lo afferra per il bavero della casacca, tirandolo verso di sé. Sasuke non fa nemmeno in tempo a prendere fiato prima che le labbra dell’altro si incollino alle sue, con urgenza. Protende la testa in avanti e allunga la mano a sfiorare il contorno del viso di Naruto.

“Sei odioso, teme,” mormora poi il jinchuuriki, allontanandosi d’un soffio.

Sasuke storce il naso, scettico, facendosi sfuggire un sorriso canzonatorio.

“Potevi fare a meno di inseguirmi per anni, allora,” osserva sostenuto.

Naruto lo fissa ostile, solleva la testa e la volta, offeso.

“L’ho fatto solo perché avevo promesso a Sakura che ti avrei riportato indietro,” illustra con stizza.

Sasuke lo guarda con indulgenza, sospira tra sé.

“Come no…”

Naruto svuota la ciotola con un’ultima zappata decisa, ignorandolo volutamente.

“Domani vado in missione a Suna,” annuncia allegro, presumibilmente per l’idea di vedere Gaara. “Starò via tutta la settimana.”

“Oh, grazie,” bofonchia Sasuke, ingoiando un sorso d’acqua. “Qualche giorno di pace, finalmente.”

Non lo pensa affatto, anzi. E anche Naruto lo sa: lui ci ha anche provato, a convincerlo che di lui non gliene frega un accidente, ma non deve essere stato abbastanza convincente. O, più che altro, Naruto ha la testa dura come il marmo, e per fortuna.

Il jinchuuriki lo guarda imbronciato, mimando un ringhio con i denti.

“Stai dicendo che ti do fastidio, teme?” domanda bellicoso.

Sasuke distende la fronte in un’espressione di sublime indifferenza.

“Credevo di avertene parlato, quella notte alla cascata. E quando sei venuto a cercarmi nel covo di Orochimaru. E quando…”

“Vai a cagare, Sas’ke,” lo zittisce Naruto, con scintille di rabbia negli occhi aggrottati. Ma non ce la fa a mantenere la mascherata, gli sfugge una risata come un rantolo e poi sghignazza.

Sasuke dovrebbe per lo meno irritarsi per quel suo palese e sfacciato ridergli in faccia. Dovrebbe, se non fosse un’immagine tanto piacevole da guardare. Perché alla fine una cosa che ha capito – se mai ha capito qualcosa, eventualità sulla quale, con il passare del tempo e l’allungarsi dell’elenco di errori di valutazione che ha commesso, comincia a nutrire qualche dubbio – è che ci sono poche cose che contano davvero nella vita. Quasi nessuna è una questione di principio; sono le piccole cose a fare la differenza. La risata di Naruto, che piega la testa e gonfia le guance come palloncini, è la prima della lista.

“Hai finito di fare l’idiota, sì?” lo apostrofa acrimonioso.

Il jinchuuriki gli lancia contro una bacchetta, ancora ridacchiando.

“Sei tu l’idiota,” replica con una specie di pernacchia.

Sasuke resta impassibile, poggiando i gomiti sul tavolo e portando le mani incrociate davanti al mento.

“Teoria interessante,” commenta truce. Naruto sogghigna, stringendosi nelle spalle.

“Comunque, sarò a Suna per almeno sette o otto giorni, tra viaggio e permanenza. Con Shikamaru, Neji e Lee,” continua imperturbabile.

“Ti ho chiesto precisazioni?” ribatte Sasuke annoiato.

Naruto sbuffa rumorosamente, spostando la sedia per alzarsi.

“Che musone insopportabile,” strepita indignato. “Me ne vado.”

Non fa nemmeno un passo: Sasuke sta al gioco, gli è addosso in un secondo e lo blocca, circondandolo in un abbraccio deciso. E lo scemo ghigna soddisfatto, piegando la testa perché lui possa affondare il viso nel suo collo. Sasuke gli strofina contro le labbra, con la gentilezza che riserva unicamente a Naruto.

“Stasera dormi qui?” sussurra contro il suo orecchio.

“Ci penserò su,” borbotta Naruto, beato. “Adesso però devo andare davvero, non solo perché sei antipatico,” puntualizza, poggiando le mani sulle sue, che lo stanno ancora intrappolando. Non le sposta, anzi le stringe leggermente e storce indietro la testa, fino a riuscire a raggiungere le sue labbra con impeto. È forse è tutto quel trasporto che mette in quel che fa, e nel loro rapporto in particolare, che l’ha contagiato come una malattia. Sasuke non ne ha idea, ha anche smesso di chiederselo. Perciò si limita a accoglierlo, socchiude le labbra e fa scorrere la mano intorno al suo fianco, per invitarlo a voltarsi. E quando Naruto lo fa e gli si spinge contro, afferrandosi alla sua schiena, lui gli cinge il volto con entrambe le mani e lo allontana leggermente, guardandolo con un mezzo sorriso.

“Allora devi andare subito?” mormora serio.

“Tra…poco,” esala Naruto con malizia, poi lo spintona verso la panchina.

Che, anche se non è particolarmente comoda, è ormai abituata a momenti del genere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

nemesi06: grazie. Non so se quest’altra e le prossime ti possano piacere altrettanto, ma me lo auguro. Bye

ryanforever: …in effetti è melassosa questa venerazione da parte di Naruto, ma che vuoi farci…è canon.^__^

krikka86: wow! Stavo appunto pensando all’idea di continuare con i momenti della giornata, e quando ho visto che lo suggerivi anche tu mi sono detta che è un segno del destino. Speriamo bene ^__^. Per i titoli ho fatto esattamente come dicevi, mo’ vediamo che ne esce. Grazie.

retsu89:  ahm, non esagerare… hehe. Grazie. Dubito che il manga possa davvero finire così, ma noi sappiamo che è la verità. Sìsì.

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Capitolo 3
*** Konoha, sera ***


Konoha, sera

Ed eccoci con la terza parte. Non ho molto da dire in merito, se non che spero la lettura sia piacevole e interessante. Se vorrete farmi avere una conferma nell’uno o nell’altro senso, positiva o negativa, ne sarò lieta.

Se no, divertitevi e basta.

A presto.

suni

 

 

 

 

Konoha, sera

 

“Ancora auguri, Neji,” esclama Naruto di slancio, sollevando il bicchierino in direzione dello Hyuuga. Lo sposo sorride con insolita allegria, gli occhi bianchi scintillanti di una gioia che la sua compostezza non può celare.

“Grazie, Naruto,” risponde, ricambiando il brindisi.

Il rinfresco è ancora nel pieno svolgimento, gli invitati sostano a gruppetti, chiacchierando animatamente e scambiandosi di tanto in tanto, in un andirivieni ridanciano e animato. Tenten, radiosa nell’abito da sposa, è una macchia candida intorno a cui ruotano le ragazze, con risolini e strilli di entusiasmo.

“E’ stata una festa strepitosa,” continua Naruto gettando una distratta occhiata intorno, che Sakura intercetta con una smorfia scherzosa a cui lui risponde con una linguaccia. “E il menu era fantastico!” continua scherzoso, con aria discola.

Neji gli allunga il suo elegante sorriso, divertito.

“Sapevo che avresti apprezzato,” commenta ironico, mentre Kiba passando gli allunga una pacca sulla spalla. Quindi si guarda intorno discretamente, poi torna a osservare l’espressione di gioia leggermente forzata del jinchuuriki. “Sas’ke-san è già andato a casa?” chiede vago.

Neji è uno dei pochi a Konoha, tranne gli amici più stretti, a non serbare particolare diffidenza verso il traditore del villaggio. Forse perché la sua storia non è del tutto dissimile. Conosce gli svantaggi dell’essere un genio, la rabbia e la sete di rivalsa del sentirsi vittima di un’ingiustizia universale.

Naruto sussulta leggermente, poi lo imita, voltando lo sguardo.

“No, è…qui da qualche parte, credo,” risponde, senza riuscire a individuare la sagoma aristocratica dell’Uchiha in questione. “Sarà rintanato in un angolo con quell’orso del sensei. Un bel duo di eremiti,” commenta, con un risata paziente.

“Immagi…”

“Scusate, scusate!”

È Shikamaru che, la voce alta e per una volta energica, attira l’attenzione degli astanti con un bicchiere levato. Ha l’aria di aver bevuto un po’ più sakè del necessario, gli occhi lucidi e l’espressione un po’ vacua.

“Scusate, voglio fare un annuncio,” continua, mentre pian piano si fa il silenzio. “Prima di tutto, mi congratulo ancora una volta con gli sposi. Neji, Tenten… auguri da tutti noi.” I compagni alzano i bicchieri, Ino già applaude leggermente il migliore amico.

“E poi,” continua Shikamaru, schiarendosi la voce. “Volevo sapeste che mi sono messo davvero nei guai, stavolta. A fine mese Temari verrà a vivere a Konoha, insieme a me. Che seccatura,” annuncia, senza che la sua espressione scontenta risulti minimamente convincente. Scaturisce una risata scrosciante dal capannello di amici che lo circondano, quindi un breve applauso.

“Grande Nara!” strepita Lee, gonfio d’entusiasmo.

Naruto applaude a sua volta, ridendo della faccia appesa sfoggiata dall’intelligentissimo shinobi. Ma la sua allegria non è spontanea come al solito e l’euforia lo abbandona rapidamente, com’è arrivata, mentre questo e quell’altro amico si avvicinano a Shikamaru, con intesa, per scambiare qualche parola.

A venticinque anni, Naruto comincia a vedere i suoi amici sistemati. Kiba e Hinata si sono sposati da sei mesi, oggi è stato il turno degli Hyuuga, presto Shikamaru convivrà con l’affascinante sorella del Kazekage. Qualche giorno fa Sai è passato da lui, insolitamente farneticante e tutto preso dalla scelta dei mobili con cui arredare il suo nido d’amore con Ino. È stato decisamente strano – si tratta di Sai, non di una persona che ti aspetteresti sentir parlare di tavoli e di quante ante dovrebbe avere un armadio – ma mentre parlavano di colori delle tende e di cosa il suo indecifrabile amico vorrebbe vedere appeso alle pareti, ripromettendosi ad ogni nuova ipotesi di consultarsi con la compagna, Naruto si è reso conto di essere gonfio di malinconia.

Non farà mai niente di tutto  questo, lui. Casa sua sarà sempre soltanto casa sua, continuerà a spostare il pigiama da un posto all’altro di sera in sera, in funzione del dormire da Sasuke o meno, passando a prendere i vestiti per cambiarsi quando si ferma dal compagno e dimenticandosi di volta in volta magliette, mutande, documenti. Nessuno, com’è stato per tutta la vita, dividerà davvero la vita quotidiana con lui.

“Naruto.”

La voce bassa e profonda di Sasuke lo riscuote, come se l’avesse evocato. Sposta lo sguardo di lato, sul genio che fa ondeggiare pigramente il bicchiere in mano. Caso strano, anche Kakashi è ricomparso in sala e sta chiacchierando indolente con Kurenai.

“Vi scambiavate gli sharingan?” chiede Naruto ironico, ridacchiando sotto i baffi. “Giocavate a biglie coi bulbi oculari?”

Sasuke gli scocca un’occhiatina superiore, scuotendo leggermente la testa.

“Avevamo conversazioni troppo elevate per il tuo quoziente intellettivo, dobe,” risponde, con la consueta gentilezza. “Allora, Nara si sistema con quella della Sabbia,” aggiunge, senza interesse.

“Temari,” lo corregge Naruto meccanicamente, annuendo. Sasuke fa spallucce: evidentemente ai suoi occhi la definizione quella della Sabbia era perfettamente adatta e calzante. “E Sai con Ino,” continua, vago.

“Se non fosse così odioso mi dispiacerebbe quasi per lui,” commenta Sasuke noncurante. “La Yamanaka è una palla al piede.”

Naruto lo guarda storto, scrollando la testa. Effettivamente, all’epoca, Ino era piuttosto stressante con Sasuke. Come tutte quante, più o meno.

“Sei il solito musone, teme,” commenta dispettoso. “Non ha più dieci anni, sai?”

“Nemmeno tu, ma sei rimasto scemo come allora,” ribatte l’altro, con fare superiore. Allunga una mano a sfiorare la sua spalla, in un gesto che potrebbe tranquillamente sembrare amichevole ad occhi esterni. “Vado a casa. Tu stai ancora qui?”

Naruto esita, stringe la presa sul bicchiere.

“Una mezz’ora, sì,” risponde, fissando Sakura che chiacchiera fittamente con Lee.

Gli occhi di Sasuke saettano intorno per un istante, prudenti.

“Passi più tardi?” continua, la voce sempre più bassa.

Naruto si stringe nelle spalle, incerto.

“Non so. Mi devo alzare all’alba, domani,” osserva pensoso. “Comunque ho le chiavi, semmai ti sveglio,” conclude, con un sogghigno minaccioso.

Sasuke annuisce, fa un cenno e gli volta le spalle, per raggiungere gli altri membri del team sette e salutarli.

“Naruto,” fa poi, fermandosi a un paio di metri da lui. Il jinchuuriki si gira a guardarlo, anche se Sasuke gli dà la schiena. “Tutto a posto?”

Lui socchiude le labbra, preso in contropiede, mentre un sorriso disarmato gli arcua gli angoli della bocca. Non gli basta sghignazzare come se niente fosse per ingannare gli occhi di Sasuke, che nonostante tutto sanno ancora sondare a fondo, soprattutto quando si tratta di lui.

“Sì,” risponde di slancio.

Non è vero, e sa che neanche Sasuke prende per buona quella risposta. Però il genio annuisce, riprendendo ad allontanarsi.

Lo guarda scivolare in mezzo agli ospiti che per la maggioranza lo ignorano – una volta Sasuke era seguito dallo sguardo ammirato di tutti, ora quasi nessuno osa apertamente mostrare interesse nei suoi confronti - con la sua andatura sinuosa, le spalle larghe e il portamento altero. Sakura lo blocca con un cenno, facendoglisi vicina e cominciando a parlare sommessamente, e Sasuke volta il capo verso di lei, ascoltandola in silenzio con un’ombra di sorriso sulle labbra. Naruto li guarda, Sakura con i suoi verdissimi occhi da fata e la pelle diafana, Sasuke che la sovrasta di tutta la testa, annuendo lentamente.

Sarebbero stati belli, insieme. Almeno loro si sarebbero sposati, sarebbero stati una vera famiglia e avrebbero avuto dei bambini, il clan Uchiha sarebbe rinato. Lei lo avrebbe sommerso di attenzioni e Sasuke sarebbe stato troppo preso dalle responsabilità e dai figli per avere il tempo di continuare a essere infelice.

“Yo, Naruto,” lo chiama Shikamaru, affiancandolo. “Sei taciturno, stasera. Lavorare negli ANBU ti stanca così tanto?” domanda, con tono familiare. “Lo capisco, eh. Dev’essere una sfacchinata davvero seccante.”

Lui forza un sorriso, annuendo con finto imbarazzo.

“Sono un po’ stanco, già,” ammette ridacchiando. “Ma non credere che basti così poco a stendermi, eh? Altrimenti che Hokage sarei…” scherza, tronfio.

Shikamaru sorride, cacciando una mano in tasca.

“Tsunade hime parla di ritirarsi, ultimamente,” osserva assorto. “Sarà presto il tuo momento, Naruto. Non ti invidio nemmeno un po’.”

Lui ride, stavolta sinceramente. Non gli è davvero difficile immaginare che per l’amico gli impegni e le responsabilità di un capovillaggio sarebbero un peso insopportabile.

Ma non riesce a sentirsi coinvolto dalla conversazione, nemmeno quando Ino, Choji e Sai li raggiungono. Ride meccanicamente e commenta qualche sciocchezza delle sue, per non dare nell’occhio, ma i pensieri maturati durante le ultime ore lo martellano, serrandogli lo stomaco e lasciandolo apatico, demoralizzato. Se si trattasse di un combattimento o di una missione recupererebbe la consueta determinazione, ma la sfera dell’intimo è decisamente più complessa, e nella sua vita in particolare.

Se ne va poco dopo, salutando con qualche urlo scoppiettante che ha il potere di imbarazzare mortalmente Neji e far sghignazzare chiunque altro, Tenten compresa, mentre Sakura gli allunga un leggero cazzotto. Kakashi è l’unico che lo congeda con un’occhiata penetrante, quasi interrogativa.

Konoha, fuori, è silenziosa e tranquilla nella luce fioca delle lanterne. Naruto esita e tentenna, incerto sulla direzione da prendere, poi si lascia portare dai piedi verso il quartiere sempre deserto degli Uchiha. Quando vi giunge si ferma, osservando defilato la dimora del compagno.

Le luci sono spente, tutto è immobile e muto. La grande casa con lo stemma del clan sembra dormire a sua volta, annegata nella quiete che la circonda. Naruto si trattiene per un paio di minuti, ma non ha voglia di entrare. Per la prima volta da quando si ricorda non ha voglia di vedere Sasuke, di parlargli o di toccarlo, perché servirebbe solo ad aumentare la confusione e il malessere. Stringe amaramente le labbra e si volta, prendendo ad allontanarsi.

“Naruto,” sente chiamare, sussultando ed alzando lo sguardo verso il tetto: c’è Sasuke, appollaiato là sopra, che lo guarda con la fronte leggermente corrugata. “Guarda che la porta è dall’altra parte,” annuncia con sufficienza.

Lui mette insieme una risatina sciocca, grattandosi i capelli biondi.

“Sì, ma poi ho pensato che devo davvero alzarmi presto e che fosse meglio rientrare,” blatera, gesticolando.

Sasuke lo guarda impassibile, senza rispondere. Poi si sporge con un gesto minimo e salta giù, atterrando silenziosamente a qualche metro da lui.

“Ormai sei qui,” osserva pragmatico. “Entra e dormi.”

Naruto reprime la smorfia di disappunto prima che gli si formi sulle labbra, annuendo distrattamente. Segue Sasuke verso la porta, prima che questi si blocchi con uno sbuffo.

“Non ho preso le chiavi,” osserva, con rimprovero.

“Meno male che sono io l’idiota,” sogghigna Naruto, porgendogli le proprie.

“Taci, dobe,” replica l’altro maestoso, spalancando la porta. “Taci e vattene a dormire,” continua, avanzando senza nemmeno aspettarlo. “E quando ti andrà di dirmi cos’hai magari avrò ancora voglia di perdere tempo a starti a sentire,” aggiunge, iniziando a salire le scale.

“Non ho niente!” sbotta Naruto con enfasi, punto sul vivo. Sasuke si volta a guardarlo dall’alto, accigliato.

“Non trattarmi come un imbecille, sai che non lo sopporto,” intima bellicoso.

“Tu non sopporti niente,” osserva il jinchuuriki irritato, sentendo un’agitazione che non ha ragioni definite crescergli nello stomaco.

Sasuke sbuffa, tornando a voltargli le spalle.

“Ci ho ripensato, non mi va di darti retta,” annuncia freddamente.

Naruto deglutisce, stringendo i pugni prima di parlare.

“Voglio vivere con te.”

Le parole gli sono sgorgate quasi da sole, senza difficoltà, risuonando nel silenzio successivo. Non solleva lo sguardo, non può, rimane solo fermo con i pugni stretti e il respiro bloccato nei polmoni.

“Scusami?”

C’è sbigottimento nella voce di Sasuke, ma ormai è fatta.

“Voglio che viviamo insieme,” ripete lui, fissando il pavimento. “Sai, come le persone che stanno insieme e a un certo punto…”

“Sì, ho capito il concetto,” lo interrompe Sasuke, spazientito. Lui lo sente riscendere le scale e passargli accanto, infilandosi poi in cucina per accendere la luce. Lo segue a testa bassa, rimanendo fermo sulla soglia.

“Guardami, Naruto. Guardami.”

Solleva la testa controvoglia: Sasuke è in piedi dall’altro lato del tavolo, piegato ad appoggiare le mani su di esso e sporto in avanti, verso di lui.

“Vorresti…stai dicendo che vuoi venire a vivere qui,” afferma lentamente, atono. L’espressione del suo volto, come capita spesso, è insondabile.

“Non necessariame…non per forza qui,” ribatte Naruto, parendogli già di sentire fisicamente la disapprovazione delle mura stessa della casa del clan per quella relazione indecorosa. “Possiamo andare da un’altra parte. Non sei costretto a vivere qui in eterno, Sas’ke!” sbotta nervoso.

“Questa è la casa della mia famiglia,” risponde l’altro, aggressivo. Naruto scuote la testa, corrucciato.

“Questa è casa tua. Non c’è nessun altro, qui,” osserva rigido. “Questo dannato quartiere è completamente deserto, ci sei soltanto tu. Ti sembra una cosa normale?”

Sasuke allarga le palpebre, indispettito.

“Una cosa normale? Perché, invece io sono normale?” osserva malevolo, con voce tagliente. “Dimmi di un giorno normale della mia vita. Dimmelo, dai, o sommo Hokage.”

Naruto si acciglia ulteriormente.

“Non c’entra niente. Non stavo parlando di…”

“Naruto, ma ci hai visti?” lo interrompe l’altro, iroso. “Siamo due uomini, lo sai, sì, o sei completamente idiota? Ti sei accorto di chi sono io? Sono Uchiha Sasuke, ricordi? Quello che ha tradito il villaggio, quello di cui nessuno si fida. Perché mai…” sbuffa, infastidito. “Va tutto bene così. Non c’è niente da cambiare.”

“Va bene per te,” ribatte lui, facendo un passo avanti con animosità. “Come al solito, Sas’ke, l’unica cosa che conta sei tu, il tuo rispettabile cognome e queste scemenze!”

E poi si sente afferrare al collo d’improvviso e spingere indietro.

“Razza di idiota,” ringhia Sasuke, strattonandolo con violenza. “Il mio cognome, ma cosa stai dicendo? Io sono un traditore, la gente per strada mi indica, cosa vuoi che me ne freghi ancora di queste cazzate?” lo investe, aggressivo. “Naruto, tu credi davvero di poter diventare Hokage se stai con me? Ma allora sei veramente un totale idiota!” conclude in un sibilo sprezzante, spingendolo via. 

“Questo non c’entra niente con l’essere Hokage!” sbotta Naruto di slancio. “Sono cose completamente diverse!”

Sasuke sospira con sprezzo, scrollando la testa.

“Cresci, Naruto, cresci. Apri gli occhi,” osserva sarcastico. “Non lo vorranno mai, un Hokage così. Ti guarderanno con disgusto e ti rimanderanno a casa a calci. Penseranno che non bisogna aver fiducia nemmeno in te, che ti lasci circuire da un bastardo come il sottoscritt...”

“No, invece!” bercia lui, infiammandosi e dando un colpo al muro. “Mi farò rispettare anche per questo, come ho fatto fino ad ora! Ero soltanto un mostro, il compagno di squadra imbecille del genio di casa Uchiha, e guarda! Sono il jonin più forte della Foglia, ho salvato il villaggio una miriade di volte, è questo che serve per essere Hokage, Sas’ke!”

Sasuke fissa il muro, immobile e cupo, mentre lui riprende fiato.

“Tutti quelli che lo sanno non…”

“Tutti quelli che lo sanno sono i tuoi amici,” lo interrompe Sasuke seccamente. “ma il villaggio non sono loro. Io e te non abbiamo mai visto le cose nello stesso modo, Naruto, è inutile che adesso stiamo qui a raccontarcela.”

“Dimostrerò loro che posso essere comunque un grande Hokage, dovessi metterci vent’anni!” ribatté lui con fervore, serrando poi le labbra.

“Oh, bell’idea. Lanciati in un’altra delle tue guerre sante senza senso. Riprenderò Sas’ke, quattro anni a rompere le scatole a chiunque ti stesse intorno,” fa l’Uchiha, con spregio. “Questa volta io ne voglio stare fuori.”

Naruto china lo sguardo, amareggiato e stanco.

“E’ questo il punto. È per te che non ne vale la pena, non per me,” mormora dolente.

Sasuke osserva a terra per qualche istante, poi alza gli occhi neri nel vuoto, di fronte a sé.

“E’ vero,” risponde fermo. “Per me non vale la pena di mettere tutto sottosopra a questo scopo.”

Non c’è altro da dire; Naruto si domanda perché mai abbia sollevato l’argomento, visto che sapeva benissimo dall’inizio quali sarebbero state le conclusioni. Ma forse è che non poteva più tenerselo dentro, semplicemente.

“Ho capito, Sas’ke,” dice piano, annuendo.

“Possiamo dormirci su?” sospira l’altro, leggermente nervoso, avvicinandosi alla porta, e a lui.

Naruto scuote negativamente la testa, tardando a parlare perché non ci riesce.

“No? Come no? Non devi alzarti all’alba?” commenta Sasuke, condiscendente.

Lui annuisce, stringendo le labbra per impedire che tremino.

“No, intendevo…” emette, faticosamente. “Non dormire qui, almeno io.”

L’altro aggrotta la fronte, infastidito.

“Va bene. Tienimi il muso,” commenta freddo. “Ci vediamo domani.”

Fa un solo passo, mentre Naruto stringe le palpebre sugli occhi.

“Non ti tengo il muso, quello sei tu semmai,” commenta il jinchuuriki, con una tristezza che non è da lui. “Non cambia niente se ci dormo su, è comunque tutto sbagliato. Sas’ke, finiamola qui.”

Pensa, incoerentemente, che si ricorderà a lungo l’espressione sconcertata e completamente smarrita di Sasuke in questo momento. I suoi occhi un po’ sgranati, luminosi di un panico che nemmeno la sua padronanza di sé può nascondere, le labbra socchiuse da cui non sta passando aria.

“Finiamo cosa?”

E lui non risponde, abbassando soltanto la testa.

“Cosa, ma…perché? Non…” Il genio sospira, rigido. “Va bene, come vuoi,” afferma, la voce sorda.

“No, non è come voglio,” lo contraddice Naruto, pacato. “Ma tu vuoi passare la vita a giocare all’eroe maledetto e incompreso e invece io voglio qualcos’altro.”

“Certo,” commenta l’altro senza nemmeno ascoltarlo più, allontanandosi verso il piano superiore. “Ah, Naruto, Tsunade Hime mi ha offerto una missione a Iwa, come ambasciatore nella Terra. Ho intenzione di accettare, quindi ti dico da ora che starò via parecchio. Sai, per evitare che poi ti metta a cercarmi in tutte le nazioni,” termina sprezzante, voltandogli le spalle e sparendo per le scale.

Naruto rimane per qualche secondo immobile, come inebetito. Sbatte le palpebre più volte, guardandosi intorno confusamente. Deglutisce a fatica, muove un passo tremante alla cieca e ingoia aria, con lo stomaco serrato. A distanza di pochi secondi la mancanza gli sembra già insopportabile, intossicante. Stringe le palpebre perché le lacrime premono per scappare, raggiunge la porta alla cieca e all’ultimo si volta, buttando la sua copia delle chiavi su un gradino, prima di uscire e inspirare profondamente l’aria fredda della sera, che non gli dà comunque alcun sollievo.

E pensa, mentre gli occhi gli si fanno umidi e il respiro si spezza in gola, che domani sarà di nuovo un giorno senza Sasuke.

Come tutti quelli a venire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ryanforever: grazie mille! Mi fa molto piacere che anche la parte due sia stata di tuo gradimento. La vena fanciullesca…beh, i “miei” personaggi non la perdono mai. Forse perché in me è ancora spropositatamente sviluppata e tendo ad affibbiarla anche a loro. ^__^ E poi sono Sasuke e Naruto, saranno sempre un po’ baka…hihi. Alla prossima.

nemesi06: siiic. Anche io ci sono rimasta malissimo per quella scena della vista. Cioè, Sasuke è un cretino e se le cerca, però dai, un solo essere umano non può avere così tante sfighe… bah. Detto questo e proclamata la mia indignazione ti lascio, nella speranza che anche questa parte ti possa essere piaciuta. E grazie dell’apprezzamento.

VavvyMalfoy91: Poesia?...mah. ^__^ più che altro è un dato di fatto. Sono molto lusingata che ti piaccia il mio stile. Speriamo che duri… Alla prossima.

krikka86: Allora: stando alle mie scarsissime conoscenze in giapponese il nome Sasuke è pronunciato Saske. O comunque è così che lo dicono in Naruto. Poi, non so se sia una mia psicosi o un dato reale, ma io ci sento comunque un’intonazione da parola troncata nella seconda “s”, come se ci fosse un apostrofo, un accento brusco (sì, passo il mio tempo libero a far caso a come esattamente i doppiatori pronunciano le parole. Oh, ognuno ha le sue turbe…^__^). E quindi nei dialoghi, per rendere l'effetto del parlato, ci metto un apostrofo: Sas’ke. Poi, ora potrei ringraziarti per avermi ringraziata per averti ringraziata, ma rischiamo di non finirla mai più…hehe. Quindi dico solo che spero che anche questa ti possa piacere (e se ti avanzano consigli non lesinare). A presto.

 

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Capitolo 4
*** Konoha, notte ***


Konoha, notte

Ed eccoci qui.

Quarta scena della raccolta, resa dei conti.

Vi ringrazio per aver seguito finora e prometto – che le vogliate o meno, precisiamolo – nuove parti della raccolta suddetta prossimamente sui vostri schermi. Yo.

Come sempre, le vostre opinioni saranno gradite.

A presto.

Suni

 

 

 

Konoha, notte

 

 

Naruto

 

 

“Allora ci vediamo domani all’assemblea plenaria,” conclude svogliatamente Shikamaru, incamminandosi per allontanarsi.

Ple…?” borbotta Naruto, con una smorfia perplessa.

“Generale, scemo,” lo riprende Sakura a denti stretti, con uno strattone. “L’assemblea generale.”

Ino ridacchia apertamente, mentre Sai sorride silenzioso, socchiudendo gli occhi.

“Oltre al pisello hai anche il cervello piccolino, senpai,” commenta poi, pacifico.

Kiba sghignazza di gusto, mentre Naruto, imbronciato, spintona l’amico.

Akamaru, andiamo,” esclama poi l’Inuzuka, mettendosi in marcia scortato dal cane. “Ah… Per Naruto Hokage hip, hip, hip…” si sgola poi, con entusiasmo.

“Urrà!” grida tutto il gruppetto. Anche Shikamaru, ormai dall’altro lato della piazza, si unisce al coro, poi si mettono tutti a ridere. Naruto compreso, che si passa la mano tra i capelli con imbarazzo.

Tsunade hime ha annunciato pubblicamente che rinuncerà all’incarico alla fine del mese e a quel punto nominerà il suo successore: forse tra due settimane Uzumaki Naruto, a ventisette anni di età, sarà il Rokudaime Hokage del villaggio di Konoha.

E i suoi amici, ovviamente, non perdono un’occasione per riderci su.

“Buffoni…” borbotta a disagio, senza tuttavia smettere di sorridere.

“Senti chi parla!” trilla Ino, fingendosi scandalizzata.

“Io vado,” annuncia poi Sakura, ridacchiando. “Buonanotte a tutti!” continua, prima di allontanarsi.

“Ciao, fronte spaziosa!” scherza l’amica, afferrando poi un braccio di Sai. “Andiamo anche noi, sono un po’ stanca,” continua dolcemente. “A domani, Naruto.”

“Ciao a tutti, buonanotte,” risponde lui, voltandosi a sua volta per tornare verso casa. “E ricordatevi che io sono Uzumaki Naruto, e diventerò Hokage!” conclude, quasi minaccioso, scatenando qualche ultima risata prima di imboccare la via laterale.

Hanno dovuto rimanere tutti e sei al quartier generale fino a tardissimo e hanno finito per mangiare un boccone insieme alla veloce, troppo stanchi, tutti quanti, per pensare di dover cucinare una volta arrivati a casa. Lui, comunque, mangia quasi sempre fuori, al chiosco di Ichiraku o inventandosi qualcosa alla meglio.

Naruto sbadiglia in faccia alla strada deserta, grattandosi un fianco pigramente. Sta già sognando di sprofondare tra le coperte, nella morbidezza del suo letto, per perdere conoscenza e recuperare un po’ di energie. Anche se, come al solito, l’idea della casa vuota che lo aspetta gli regala una leggera tristezza. È sempre stato così, e da quando Sasuke se n’è andato di nuovo, un anno e mezzo fa, la cosa si è leggermente amplificata.

“Naruto,” lo riscuote un bisbiglio d’urgenza, dalle sue spalle. “Psst, Naruto!”

Si volta, corrugando la fronte, per poi sorridere alla sagoma parzialmente occultata dietro l’angolo del palazzo.

Konohamaru!” esclama perplesso. “Che ci fai in giro a quest’ora?”

Il ragazzo si avvicina, guardingo.

“Stavo venendo a cercarti,” annuncia serio. “Per avvertirti.”

Naruto lo osserva scettico, storce le labbra.

“Avvertirmi di cosa?” domanda condiscendente.

“C’è qualcuno a casa tua! Stavo passando lì davanti e ho visto uno shinobi arrivare molto velocemente. Credo ti stia facendo la posta,” afferma Konohamaru, con tono cospiratorio. Torna a guardarsi intorno, prudente. “Hai nemici da qualche parte?”

Naruto incrocia le braccia, sbuffando.

“No. Solo amici che non mi lasciano andare a dormire,” afferma asciutto, prima di sorridere. “Sarà stato qualcuno che passava di lì, Konohamaru.”

“No, ti dico!” protesta l’altro indignato. “Ti sta tendendo un’imboscata! Chiamiamo gli ANBU, oppure andiamo…”

“Io sono un ANBU,” gli ricorda Naruto, sostenuto. Poi sospira stancamente, assonnato. “Non ti preoccupare, Konohamaru. Se un mostro mi sta aspettando me lo mangio con le tagliatelle,” afferma, con un sorriso sbruffone.

“Vengo con te?” propone il più giovane, titubante.

“No, grazie, sono già accompagnato,” scherza Naruto battendosi la mano sulla pancia, dove dorme Kyuubi. “A domani, Konohamaru,” conclude, prima di rimettersi in marcia. Ridacchia tra sé, divertito dal bizzarro rivale. A volte è più strano di lui.

Salendo le scale sospira, rabbuiandosi. Il momento di andare a dormire è sempre il più difficile della giornata, quello in cui la mancanza di Sasuke si fa sentire con più intensità. Può passare la notte soltanto a ripensare alle tante trascorse con lui, amandosi o non facendo niente di particolare, solo scambiando qualche frase e sonnecchiando. Lo rivede nitidamente, al momento di mettersi a letto, avvilupparsi nelle lenzuola stretto come faceva sempre e allungare il braccio per cercare lui lasciandogli la mano sul fianco o sulla schiena, come se fosse finita lì per caso. E gli manca, sempre, ogni giorno, ogni notte. Costantemente. È come dover rinunciare a un pezzo di sé, ma uno troppo importante per farne a meno.

Ha pensato un’infinità di volte di cercarlo, mandargli un messaggio, contattarlo in qualche modo, ma è sempre riuscito a trattenersi. Ha sperato che fosse il genio a dargli un segno, ma da quando è partito Sasuke non gli ha mai fatto avere sue notizie. Quel poco che sa – che è stato relativamente bene accolto, che sta svolgendo ottimamente l’incarico, che mesi fa c’è stata una brutta vicenda di rivolte e insurrezioni nella regione di Iwa e che anche lui è stato coinvolto, cosa che ha sprofondato Naruto nell’angoscia fino a quando non è arrivata la conferma che l’ambasciatore di Konoha era in ottima salute – è stata Tsunade a dirglielo, di propria iniziativa. Ma succede raramente e al jinchuuriki non riesce di fare domande dirette su di lui.

Ma gli manca immensamente.

Imbocca l’ultima rampa frugandosi le tasche per cercare le chiavi, con un altro sbadiglio insopprimibile. È così che s’immobilizza, con le fauci spalancate e la mano a mezz’aria, folgorato dall’apparizione.

Ha lo zaino abbandonato a fianco, la divisa da jonin regolamentare sgualcita, sporca di terra e polvere, e il coprifronte scheggiato - quello che alla cascata gli aveva lasciato accanto quando era partito abbandonandolo esanime - ben allacciato sulla fronte. Dorme accoccolato a terra, la testa appoggiata di lato allo stipite della porta. Sasuke.

Naruto avverte per un istante la certezza che non sia reale, che sia un’immagine partorita dalla sua mente ossessionata. Scuote vigorosamente la testa e si precipita in avanti, esitando solo per un istante prima di toccarlo per vedere se è vero. E lo è, la sua spalla è solida e morbida sotto le dita dell’ANBU.

A quel tocco lo shinobi addormentato si riscuote, aprendo faticosamente gli occhi. Per un secondo sembra disorientato, poi il suo viso torna al sussiegoso contegno che gli è proprio.

Yo, Naruto.”

Il futuro Hokage di Konoha lo guarda a bocca aperta, senza nemmeno pensare di mantenere un fare distaccato e indifferente. Abbandona le braccia lungo i fianchi e lo fissa allucinato, con il cuore che rimbomba in testa.

“Cosa…ci fai qui, Sas’ke?” balbetta, incredulo.

L’altro si imbroncia lievemente, bizzoso.

“Sono tornato da Iwa. Non era previsto che ci restassi per sempre, sai, anche se sospetto che quando mi hanno proposto per l’incarico i consiglieri di Tsunade hime lo sperassero,” commenta ironico.

Naruto scrolla ancora la testa, senza riuscire a mettere insieme pensieri logici. Spalanca le braccia e inspira a vuoto.

“Sì, beh…cosa ci fai qui, davanti a casa mia?” riesce a chiedere, con un certo sforzo.

È Sasuke a non parlare, adesso. China lo sguardo e giocherella con il lato di un sandalo, stringendosi nelle spalle.

“La gente quando torna da un lungo viaggio va a salutare i familiari, no?” borbotta infine, a disagio.

Naruto spalanca leggermente gli occhi, trattenendo un insensato sorriso. Non dice altro, prolungando quel silenzio imbarazzante finché, non potendone più, si lascia scivolare lentamente a terra accanto all’altro, osservando il cielo nella speranza che questo gli riporti la lucidità. C’è Uchiha Sasuke, seduto di fianco a lui di sua spontanea volontà, che lo aspetta forse da ore.

“Sei arrivato da molto?” chiede, serrando la gola per sembrare noncurante.

“Ho varcato i cancelli di Konoha che era già buio,” risponde l’altro, spiccio. “Volevo esordire con adesso distruggerò il villaggio ma non sapevo se i chunin di guardia avrebbero colto l’ironia,” continua, distratto. Ha appoggiato di nuovo la testa indietro contro il legno della porta e guarda  fisso avanti. Naruto lo conosce troppo bene per non sapere che si sente impacciato quanto lui.

Ridacchia forzatamente, annuendo.

“E a Iwa com’è andata?” aggiunge, tamburellando inconsciamente una mano a terra. Sasuke segue il muoversi delle sue dita spostando soltanto la direzione dello sguardo, ancora senza muovere un solo altro muscolo.

“Sono riuscito a non litigare quasi che non nessuno. Beh, con non molte persone,” annuncia, soddisfatto. “Sono famoso persino lì, sai?” aggiunge con un sorriso aspro. “Non ho fatto in tempo a presentarmi che già sussurravano Orochimaru.”

“Perché sei un idiota, teme. Ti sta bene.”

È una bella parola, teme, che lo fa sorridere mentre la pronuncia.

“E qui?” aggiunge Sasuke incerto.

Naruto solleva il capo, baldanzoso.

“E’ quasi il momento, forse,” annuncia contento. Sasuke lo guarda con un sopracciglio sollevato, senza capire. “Tsunade hime si ritira a fine mese,” continua lui con un ampio sorriso.

Gli occhi neri del genio si spalancano leggermente per la sorpresa, fissandosi finalmente su di lui. Naruto li sente puntati addosso e sa che era l’unica cosa di cui avesse veramente bisogno, da mesi.

“Ci siamo, allora,” mormora l’altro. “Stai per diventare Hokage.”

“Non è detto,” si schernisce Naruto, senza davvero crederci ma non osando ancora festeggiarsi. “Potrebbe scegliere qualcun altro, magari il sensei. Potrei essere il prossimo ancora, o…”

“Dacci un taglio, dobe,” lo interrompe Sasuke netto. “Sappiamo tutti che sei tu.”

Naruto si lascia ad andare ad un sogghigno vittorioso, la mano tra i capelli.

“D’accordo, sono io,” ammette, mettendosi a ridere senza motivo. Soltanto adesso che anche Sasuke è lì riesce a sentire la scarica di euforia del pensiero di stare finalmente per vedere il proprio sogno che si avvera. Soltanto adesso che gli occhi dell’Uchiha lo osservano percepisce finalmente la gioia assoluta di quel pensiero glorioso. E ride, di cuore, senza riuscire a fermarsi.

“Che ti prende, idiota?” lo apostrofa Sasuke, mostrandosi distaccato come lui non riuscirebbe a fare. “Guarda che non ti nominano se fai capire che sei matto. Non ci posso credere che Konoha stia veramente per avere un Hokage del genere.”

Naruto sgrana gli occhi indignato, allungando istintivamente un braccio verso di lui in un cazzotto misto spintone.

“Dannatissima testa quadra!” bercia, ignorando bellamente il sonno dei vicini di casa. “Io sarò il migliore di tutti gli Hokage!”

“Ma per favore… Un dobe come te non potrà mai nem…” replica Sasuke, impermeabile alla sua animosità.

“Sas’ke!” starnazza Naruto offeso, dandogli un’altra spinta. “Ti farò rimangiare ogni parola a calci!”

Ed è strano, ma bello, stare a battibeccare in quel modo tanto consueto che risale all’infanzia, come se il tempo non fosse mai passato e la vita non li avesse allontanati. Ma forse non l’ha mai fatto veramente perché, sospetta Naruto assaporando quell’intatta familiarità, la cosa che c’è tra lui e Sasuke è immutabile e resistente a qualunque colpo, perfetta e eterna nella sua staticità. È splendido e terrificante al tempo stesso sapere che, ovunque lo condurrà la sua vita, con chiunque, quella reciproca appartenenza non potrà dissolversi.

“Ho fame,” annuncia intanto Sasuke, apparentemente distante anni luce da quel genere di pensieri e per nulla impressionato dalle sue proclamazioni.

Naruto lo osserva di nuovo, è impolverato e stanco, probabilmente ha viaggiato tutto il giorno. Inclina la testa, pensoso.

“Devo avere qualcosa in dispensa,” afferma incerto.

“Sarà tutta roba scaduta,” commenta il genio con sufficienza.

“Così vedremo se il tuo stomaco è resistente come il mio,” replica Naruto con un sorrisetto vittorioso. Sasuke solleva un sopracciglio, guardandolo storto.

“E’ una sfida?” domanda serio, come se si trattasse di una prova di infinito valore.

“Io non l’ho detto,” sogghigna Naruto, incrociando le mani dietro la nuca con fare innocente.

“Va bene, dobe, l’hai voluta tu,” afferma l’altro dopo un secondo di silenzio, per poi scattare in piedi.

“Stai per mostrarmi l’abilità innata dell’apparato digerente del clan Uchiha?” domanda Naruto scherzoso, imitando il suo movimento. “Ho già avuto qualche dimostrazione quando eravamo genin,” aggiunge, aprendo la porta.

Sasuke non è entrato spesso lì. Anche durante la loro relazione era piuttosto lui a recarsi nella grande magione degli Uchiha e, riflettendoci, gli pare che l’altro non abbia mai nemmeno trascorso una notte intera a casa sua. È strano vederlo adesso varcare la soglia, senza sembrare minimamente intimidito da quel fatto.

“All’epoca le mie capacità non erano ancora al massimo del loro sviluppo,” lo informa Sasuke con alterigia. Avanza spedito al suo seguito, senza nemmeno guardarsi intorno. Si direbbe quasi che abbia passato la sua vita a percorrere quel pavimento, tanto che, raggiunto l’angolo della cucina, si siede al tavolo senza attendere di essere invitato.

“Allora, cosa mangio?” domanda spiccio.

“La tua dannata presunzione, sacco di boria,” borbotta Naruto rassegnato, avvicinandosi alla dispensa per mettersi in caccia di qualcosa di commestibile. Gli volta le spalle, spalancando le antine e mettendosi a frugare.

Cucinare non è mai stato e mai sarà il tuo forte, ma dopo due giorni di viaggio probabilmente Sasuke non ha voglia di cibo in scatola. Così si dedica alacremente alla delicata missione di mettere dell’acqua a scaldare e far cuocere un po’ di riso con qualche verdura.

“Un momento, eh,” esclama, nel bel mezzo della complessa manovra. “Non è semplice.”

Mh-mh,” bofonchia Sasuke, con quello che potrebbe essere disinteresse o scherno indifferentemente. Naruto la prende per una risposta affermativa e solo quando, dopo un paio di minuti, si volta indietro e lo trova col busto piegato in avanti e la testa appoggiata sul tavolo realizza che probabilmente Sasuke ha mugugnato perché si stava addormentando. Gli si avvicina con un mezzo sorriso, studiando il profilo elegante del suo volto e quell’irritante naso all’aria. Ha il respiro profondo, regolare; dev’essere davvero stanco. Conoscendolo, irrequieto com’è, avrà percorso il lungo tragitto da Iwa in una frettolosa tirata, senza quasi fare soste.

“Sas’ke,” chiama a bassa voce, chinandosi verso di lui. “Teme, non volevi mangiare?”

Sasuke inspira rumorosamente, muovendo la testa.

Sssì,” borbotta, sbattendo le palpebre prima di raddrizzarsi. “Ma forse ho più sonno che fame,” ammette trattenendo uno sbadiglio.

“Vai a casa e dormi,” suggerisce Naruto, senza convinzione.

Sasuke tace per qualche istante, fissando intorpidito il tavolo.

“Dormo qui,” annuncia, come se la decisione spettasse a lui solo. “Sul tatami andrà benissimo,” puntualizza, per negare ogni implicazione. Ma è una finta, Naruto lo sa ed è certo che l’altro è consapevole anche di questo.

Trattiene il fiato per un istante, poi scuote la testa.

“Non mi sembra una buona idea, teme,” commenta, a fatica. “Se…se dormi qui non dormirai sul tatami e lo sappiamo tutti e due,” continua, recuperando la sua franchezza abituale.

Sasuke sposta lo sguardo su di lui, calmo.

“E sarebbe un male?” domanda serio.

Per un momento Naruto non ha nemmeno il fiato per respirare, riesce solo a guardarlo: il contorno allungato degli occhi neri, gli zigomi alti e raffinati, la linea decisa del mento e quella slanciata del collo chiaro. E no, non sarebbe un male.

Si tormenta le mani per qualche secondo, prima di fare l’unica cosa che al momento gli sembri avere un senso: piegarsi in avanti e baciarlo, infilando una mano nel nero dei suoi capelli. L’altra, che appoggia sul tavolo per mantenere l’equilibrio, finisce avvolta in quella leggera del genio, che piega la testa per lasciargli approfondire il bacio, dischiudendo le labbra.

Poi è una corsa affannosa, frenetica. Gli strattoni pieni d’urgenza verso il letto, respirando uno nell’altro, i vestiti di Sasuke strappati via bruscamente che atterrano dappertutto – “dovrei lavarmi,” prova a mormorare il genio con un ansito, prima di precipitare sul materasso sotto la sua spinta – scoprendo la sua pelle chiara, il torace agile e la vita sinuosa. La sua lingua sul corpo, le sue mani ovunque, il suo sesso che sembra illuminarlo dall’interno e i suoi gemiti, la sua voce profonda e roca che mormora spezzata una sola parola, che stranamente non è dobe né idiota ma soltanto Naruto, soffiando contro il suo orecchio. Naruto, Naruto, Naruto, non è mai sembrato un nome così bello come nel momento in cui Sasuke quasi lo urla per poi abbandonarsi a un lungo gemito mentre si svuota dentro di lui, prima che la sua mano lo porti lassù in alto, facendolo gridare mentre viene a sua volta.

Le braccia di Sasuke che gli si stringono intorno, nel silenzio turbato solo dall’affanno dei loro respiri mischiati, lo serrano con decisione e la sua testa scura si annida contro il suo collo.

Naruto sospira, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Poi le parole gli premono contro il palato, scivolando fuori stentatamente.

“Sas’ke,” mormora pianissimo, “non te ne andare più.”

Il genio rimane in silenzio, poi gli strofina impercettibilmente la guancia contro.

“No,” risponde infine, sicuro. “Non me ne vado più.”

 

 

 

Sasuke

 

 

“Non me ne vado più.”

È un riscontro, più che una rassicurazione. Lì, con Naruto e il suo odore addosso, risulta un dato di fatto più chiaro e evidente che mai. Perché può negare, può chiudersi nella sua corazza solitaria di superstite e proclamare il suo non avere davvero bisogno di lui, andandosene lontano, ma ogni volta è da Naruto che ritorna. Sempre. E non ha senso nemmeno affermare di non essere disposto a fare sacrifici e correre rischi per il loro legame perché, alla fine, è l’unica cosa che davvero conti.

Lo ascolta respirare sotto di sé, senza smettere di stringerlo. Anche se gli pesa sui polsi e diamine, forse dovrebbe decidersi a smettere di strafogarsi con quel suo ramen. Sorride tra sé all’immagine, che si forma in mente, del jinchuuriki con la sua amata ciotola di tagliatelle.

“Qualcuno dovrebbe spegnere la luce,” fa Naruto, biascicando. Lui solleva la testa e lo osserva, con tutto il fastidio che riesce a mettere insieme in questo momento in cui avrebbe solo voglia di baciarlo ancora.

“E dovrei farlo io?” chiede secco.

“Io non posso, sono bloccato!” si difende Naruto con innocenza. Lui lo scruta scettico, con condiscendenza, poi sbuffa sollevandosi sui gomiti.

“Sei una scocciatura, dobe,” osserva annoiato. Naruto sogghigna, sornione.

“Ti piace che lo sia,” afferma con baldanza.

Sasuke aggrotta la fronte, fosco e pronto a esternare una risposta tagliente, però quell’idiota è li che se la ride, con quegli occhi enormi e enormemente azzurri illuminati e la sua faccia da schiaffi e stupidamente, forse, quello che invece fa è coprire le sue labbra con le proprie, per un istante solo.

“Idiota,” mormora, con una dolcezza che quasi lo nausea. Poi allunga un braccio verso l’esterno, producendosi in uno dei suoi tanto efficaci sorrisetti maligni, e inizia a concentrare il chakra per il chidori, aspettando la sicura reazione di Naruto. E difatti il jinchuuriki, nel vedere le scariche elettriche, lancia una sorta di raglio che quasi lo fa scoppiare a ridere e si aggrappa bruscamente al suo braccio.

“Cosa stai facendo?” urla allibito, aggrappandosi a lui.

“Spengo la luce,” risponde Sasuke mantenendosi impassibile.

“Devi premere l’interruttore, non tirare giù tutta la parete!” starnazza Naruto, afferrando la sua mano. Sasuke gliela lascia tenere, docilmente, perché gli mancava quella stretta.

“Tanto non ti serve più, la casa,” commenta sibillino, sperando che il filo di nervosismo nella sua voce sia sfuggito a Naruto. Apparentemente sì, perché questi, penzolante nella stretta con cui ha cercato di bloccarlo, lo osserva sconcertato.

Sasuke vorrebbe quasi scappare, adesso. Non è affatto sicuro di quello che sta per dire e probabilmente è un errore madornale, ma comunque non può fare altrimenti; perché tutta la sua vita è un percorso fatto di passi che l’hanno portato, inevitabilmente, qui e adesso, con Naruto. Anche volendo è impossibile fermarsi, dopo una vita a cercarsi uno nell’altro: se non fosse stato così, se Naruto non fosse la voce e il viso che ha sovrastato ogni suo gesto, anche quando voleva credere di considerare importante solo tutt’altro, forse adesso potrebbe continuare ad essere Uchiha Sasuke com’è sempre stato. Ma il tragitto compiuto fin’ora punta in un’altra direzione.

“Mi è peggiorata la vista,” mormora, grave.

Naruto sgrana gli occhi, abbandonandosi sul materasso.

“Cosa? Perché?” chiede allarmato.

Lui scrolla le spalle, sbrigativo.

“Ho dovuto usare il mangekyou,” spiega spiccio. “Ci sono stati dei problemi a Iwa l’anno scorso, non so se vi è arrivata la notizia,” continua, sapendo che è arrivata e che sicuramente Naruto ha avuto paura, vera, perché lui era lì.

“Non avresti…” inizia il jinchuuriki inquieto.

“Lo so, ma non c’è stata molta scelta,” lo interrompe lui, brusco. “Non ha importanza, non è grave. Però…” continua, ma è costretto a fare una pausa per riprendere fiato, e cercare di rimanere impassibile ancora per quanto difficile sia. “Però secondo i loro medici nella mia condizione non è consigliabile che viva da solo. Suppongo che Sakura sarà dello stesso parere.”

E si ferma lì. Non può dire nient’altro, perché tanto non c’è niente da dire. E perché si è già scoperto abbastanza e gli trema la mano con cui si sorregge sul letto, ma non per lo sforzo fisico.

È sufficiente, comunque, e lo spettacolo del volto di Naruto che da perplesso si illumina d’improvvisa comprensione, d’incredulità e di euforia in un susseguirsi velocissimo e cristallino, riverberando nei suoi occhi celesti ogni fremito delle emozioni, vale quella resa indecorosa e non solo.

Non ce la fa: sorride, apertamente, nel vedere le labbra del jinchuuriki che tremano debolmente, andando a sfiorarle con un dito.

“Respira, dobe,” sussurra, distogliendo lo sguardo con imbarazzo.

“Io…io…” Naruto boccheggia ancora per un momento, scuote la testa come se dovesse svegliarsi e poi, d’improvviso, scatta a sedere buttandolo quasi per terra. “Quando posso portare le mie cose da te?” strilla, euforico.

Sasuke incassa leggermente le spalle, storce il naso un po’ a disagio e lo guarda di nuovo. E’ una felicità, quella di Naruto, che lo riempie di riflesso come una sorta di osmosi. Tutta quella vivacità che c’è nel compagno è la linfa da cui anche lui ha ripreso a vivere e non saprebbe comunque farne a meno. Ha rinunciato a molte cose, nella vita, a lungo: ha rinunciato all’infanzia, perché aveva un obiettivo; ha rinunciato alla spensieratezza che un ragazzino avrebbe dovuto avere, ha rinunciato all’affetto, all’onore, anche al privilegio dell’innocenza. Ha detto addio ai suoi cari, tutti, guardando con occhi offuscati il corpo senza vita di Itachi e al rispetto di se stesso indossando la cappa dell’Akatsuki. Ha fatto a meno della luce della sua vista superiore per fermare Kyuubi e dell’orgoglio piegandosi ai provvedimenti dell’Hokage per il suo tradimento. Naruto è la sua debolezza, l’unica cosa a cui non è riuscito e non riesce a rinunciare. Lo sa e non ha più senso nasconderlo.

“Domani?” borbotta vago.

“Possiamo farlo adesso? Eh, eh, Sas’ke?”

Sasuke lo guarda indulgente. Ha alle spalle due giorni di viaggio ininterrotto, devono essere quasi le quattro di notte e non è certo il momento per un trasloco.

“Domani,” ripete, inspiegabilmente a malincuore. Naruto si imbroncia, per un attimo, poi sorride di nuovo e gli si getta addosso.

“Dormiamo subito, così possiamo alzarci al mattino presto,” intima euforico.

“E’ già mattino presto,” commenta lui con sufficienza.

“Non rompere, teme,” ribatte Naruto. “E’ ancora notte.”

Lo ha premuto sul letto e gli si è accoccolato addosso, quasi schiacciato contro di lui. Sasuke lo sente respirare ed è tiepido, i suoi capelli biondi gli solleticano il mento. È troppo tutto insieme, Naruto, per mettersi a dormire.

“Notte, mh? Sai,” sussurra, avvicinando le labbra al suo orecchio, “cosa si fa di notte, dobe?”

Naruto ridacchia contro di lui, facendogli scivolare la mano sul petto.

“Sono troppo stupido per indovinare. Dimmelo,” scherza, incrociando una gamba con la sua.

“Ti faccio un esempio pratico,” risponde Sasuke prima di ribaltarsi su di lui.

Naruto ride, e a lui va bene così. Affronteranno quello che verrà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ryanforever: gesù, quanta disperazione. Non volevo rattristarvi. Beh, circa. Ahm. Comunque, come vedi, la felice soluzione è giunta. Non so come mai, ma sono gli unici due al mondo per cui la mia mente si rifiuta di concepire un finale men che felice. Difatti sgocciolo romanticismo in modo rivoltante, ma è più forte di me. Beh, grazie mille.

chibimayu: ^__^ Hahahaha. Emo brodo! Bellissimo! Mi sono ribaltata sulla sedia dal ridere quando ho letto la recensione. Penso che userò quest’espressione nella mia prossima fic comica, se me lo consenti. Che altro… mi fa davvero molto piacere che stile e stesura siano di tuo gradimento. Spero che questa nuova parte non deluda le aspettative. Grazie per aver lasciato un segno, per giunta così lusinghiero, del tuo passaggio. Alla prossima.

nemesi06: mah, sai… Sasuke si tormenta inevitabilmente, credo che nemmeno Naruto possa farci molto. Ne conosco di gente così e, se devo essere sincerissima, qualche volta capita anche a me. Assolutamente non a questi livelli ossessivi, sia chiaro ^__^. Per il resto…mi trovi d’accordo sulle conclusioni da te tratte, e anzi forse la bellezza di questi due insieme sta nella profonda differenza della loro visione del mondo e nell’equilibrio che ne scaturisce. Dunque, per concludere, ti ringrazio molto. A presto.

retsu89: Non c’è bisogno che ti scusi…commentare non è mica un lavoro! ^__^ Quanto al resto, sai, trovo sempre affascinante questa capacità di Sasuke di far nascere nel prossimo una gran voglia di prenderlo a schiaffoni. Io quando leggo di lui nel manga alterno disperata compassione, frenetiche risate e questo insopprimibile desiderio di strangolarlo con il fiocco viola. Ahm. Comunque… Dai, rasserenati, si è risolto tutto per il meglio. Grazie, a presto.

krikka86: vai dalla parrucchiera, che poi finisci pettinata come Kakashi con i capelli dritti e poveri noi… ^__^ Finito tutto bene, visto? Per ora, voglio dire, perché di mio sono abbastanza sadica con i personaggi e li metto sempre nelle rogne. Hihi. Grazie dell’apprezzamento.

VavvyMalfoy91: ahm… ma no, dai, non piangere. Visto che va tutto bene? Non potrei lasciarli soffrire. Soprattutto Sasuke si fa già abbastanza del male da solo senza necessitare il mio contributo ^__^ Grazie, buona vacanza (o quel che è).

 

 

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