Sotterrami nei tuoi ricordi

di Michelle Morrison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - L'odore dell'Afflizione ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Per chi combatti la battaglia? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

 

 

 

 

Prologo

 

«Avete tramutato anche lui?»

 

Una domanda risuonò nel santuario, tra le colonne doriche e gli antichi affreschi ormai sbiaditi. Al centro dell’ambiente ottagonale, v’era un giovane sui ventotto anni, stretto in un mantello nero con il cappuccio alzato, sotto cui erano visibili degli occhi neri e spenti. Egli possedeva una voce soave che, bassa e profonda com’era, aveva fatto tremare le viscere dei presenti. Tuttavia, colui a cui la domanda era stata rivolta sembrava non averla sentita o, molto più probabilmente, era troppo concentrato su altre faccende per dargli ascolto.

«Mio signore?» L’elegante giovane provò di nuovo a richiamare l’attenzione, facendo un passo in avanti. «Mi state ascoltando?»

«Come?»

L’individuo nell’oscurità si mosse appena, ma non degnò l’interlocutore di un solo sguardo, intento com’era a fissare un piccolo insetto che si muoveva sul granito nero, a una decina di metri da lui. Poteva sentire il rumore emesso dalle zampette che calpestavano il suolo, lo scricchiolio dell’esoscheletro e il fruscio delle antenne che sfregavano l’una contro l’altra. Riusciva a esaminarne gli occhi, i peli e le venature delle ali, come se fosse al microscopio. Eppure, all’improvviso, un’ombra si contrappose fra loro, impedendogli di continuare l’attenta analisi.

«Avete veramente tramutato Wynn?»

Le parole del giovane con il mantello, questa volta, vennero ascoltate e in risposta ricevettero una risata limpida, innocente come quella di un bambino. I presenti riuniti nella penombra del porticato si immobilizzarono, intimiditi, osservando quella persona che, piano, scivolava dalla propria poltrona di velluto porpora, fra i cuscini in seta.

«Sì, l’ho fatto, Deaon.»

Dicendolo, un ragazzo dai lunghi capelli castani arrivò sotto la luce della lampada a olio, mostrandosi a coloro che erano riuniti al suo cospetto. A guardarlo non dimostrava più di diciotto anni: il viso dalla cerea pelle perfetta era sbarbato, gli occhi color miele erano grandi e tondi e aveva labbra sottili, pallide. Era di corporatura esile e spigolosa, con lunghe gambe magre e torace asciutto. Indossava un raffinato completo beige, con un panciotto broccato d’oro, a decorazioni floreali. Si trattava di una creatura favorita dalla Natura, di una bellezza sovrannaturale e con un’eleganza d’altri tempi.

Il giovane uomo al centro della stanza lo osservò per un istante, resistendo al potere esercitato su di lui, prima di abbassare lo sguardo verso le fessure fra le piastrelle.

«Allora è vero…» Mormorò, pensando a ciò che aveva appena scoperto. «Philip Wynn non è più…»

Non ebbe la possibilità di finire la frase, poiché qualcuno gli arrivò alle spalle, costringendolo a voltarsi. Fu solo questione di un battito di ciglia. Si ritrovò faccia a faccia con il ragazzo; tanto che, se solo avesse potuto emetterlo, probabilmente, avrebbe sentito il suo fiato sulle proprie gote esangui.

«E che cosa ne sarà di lui, adesso?» Chiese, affrontando senza esitazioni un viso vacuo, privo di passione. «Verrà da voi, Raphael?»

Raphael si spostò i capelli dietro l’orecchio, prima di voltare le spalle a Deaon e allontanarsi di qualche passo, lentamente. Si chinò in avanti, così che il foulard che indossava sfiorò il granito, dopodiché appoggiò la mano a terra per afferrare l’insetto che aveva in precedenza attirato la sua attenzione. Questo gli si arrampicò sull’indice, camminando sul guanto in seta, inconsapevole della pericolosità della sua fredda piattaforma.

Nel santuario il silenzio e l’immobilità sembravano regnare incontrastati, mentre il ragazzo castano continuava a esaminare il miserabile scarafaggio che teneva sul palmo della mano. Anche il giovane Deaon lo osservò attento, prima di incontrare nuovamente gli occhi inanimati dell’altro.

«Chi lo sa, se verrà… Ma non m’importa.» Esclamò con noncuranza, prima che le sue parole diventassero sussurri. «Non è lui che voglio.»

L’interlocutore scorse qualcosa sul suo viso, un sentimento, gli parve. Malinconia, forse… Eppure svanì in un baleno, lasciando posto alla solita negligenza. D’altronde, pensò Deaon, poteva davvero provarla?

«Allora chi volete, mio signore?» Cercò una risposta, un indizio, anche se con tutta probabilità la conosceva già. «Pensavo che voleste proprio Wynn, dal momento che fa parte di quella lega di cacciatori.»

Il castano mostrò un sorriso dolce, facendo intravedere i canini affilati come rasoi. Tornò poi a considerare all’insetto, fiutandone la paura e avvertendo il tremolio delle piccole zampe. All’improvviso, con un movimento rapido e deciso, strinse la mano in un pugno e tutti i presenti poterono sentire il crepitio del corpo dello scarafaggio, che veniva schiacciato e ridotto in poltiglia. Il guanto bianco di Raphael si sporcò e l’odore degli intestini dell’insetto arrivò alle sue narici.

«Voglio che lui soffra.»

Deaon sapeva benissimo a chi si riferisse con quel “lui”, come la maggior parte dei presenti in quella sala. Si chiese allora se, per caso, il castano avrebbe versato delle lacrime, se solo avesse potuto piangere. Nessuno era in grado di dirlo, nessuno era a conoscenza dei pensieri di quel ragazzo dall’aspetto etereo. Anche per Deaon, che aveva quasi la sua stessa età, era impossibile entrare nella sua mente. Ogni volta che ci provava veniva respinto da un potere molto più grande del proprio.

«Mio signore…»

Il giovane si interruppe e guardò il guanto ormai sporco che cadeva al suolo, ai propri piedi. Raphael se ne stava andando, diretto verso l’uscita del santuario. Tuttavia, si arrestò sulla soglia, proprio un momento prima che, a qualche metro da lui, apparisse un uomo incappucciato, di cui riconobbe immediatamente l’odore. Era Michael, uno dei suoi più cari compagni.

«Raphael…» Sussurrò, nonostante tutti quanti potessero sentirlo grazie al loro udito portentoso. «Wynn è tornato alla base. Ho perso le sue tracce fuori dal cancello della tenuta della lega.»

«Non importa, tanto mi cercherà presto…» Dicendolo, il ragazzo sorrise e fece un passo avanti. «Mi cercherà e mi porterà da lui.»

Si lasciò tutti alle spalle, persino Michael, incamminandosi nel buio corridoio che dal santuario portava all’ala est della residenza, dove si trovavano i suoi appartamenti. Attraversò le stanze prive di illuminazione senza preoccuparsi di accendere le lampade, dal momento che i suoi occhi potevano vedere ogni cosa. Evitò un poggiapiedi che intralciava il tragitto, fino ad arrivare alla propria stanza, al cui centro v’era un letto a baldacchino dai pesanti tendaggi. Sul comodino, lì accanto, una foto ingiallita mostrava il volto sorridente di un uomo sui venticinque anni, con i capelli folti e ricci, seduto da solo su un divanetto. Raphael prese la cornice fra le mani ed esaminò i lineamenti della persona immortalata nella fotografia, come se la sua memoria sovraumana non gli avesse impresso ogni particolare nella sua mente. Sorrise appena, mestamente, prima di riappoggiare il quadretto dove si trovava in precedenza, per poi dirigersi verso la portafinestra e spalancarla, per uscire sulla terrazza, illuminata dalla Luna crescente.

 

«E ora…? La vuoi ancora la tua insulsa vita mortale, Jamey

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piacere a tutti!

Questa è la prima storia che pubblico con questo nuovo profilo!

A dirla tutta è la trasformazione in originale di una fan fiction che avevo scritto sulle band della FBR (Fall out boy, the Academy Is, Cobra Starship, etc).

Aveva una trama che mi piaceva e ho voluto estirparla dalle costrizioni di una semplice ff, così eccola qui!

 

C’è molto da scoprire e presto, se volete seguirmi, posterò un nuovo capitolo!

Potete trovare la storia anche su wordpress, se siete iscritti! http://michellemorrison42.wordpress.com/

 

 

A presto! Fatemi sapere qualcosa, le recensioni sono sempre benaccette!

 

 

M.M.

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Capitolo 2
*** Capitolo I - L'odore dell'Afflizione ***


 

 

 

 

 

 

Capitolo I – L’odore dell’afflizione

Era notte. O, perlomeno, avrebbe dovuto esserlo. Se lo sentiva.

La pelle vibrava a contatto con l’aria attorno a lui, le narici si allargavano e riconoscevano il profumo della notte, nonostante prima di allora non avesse nemmeno idea di come fosse. Si trattava di un istinto primordiale che avvertiva in corpo, qualcosa di totalmente nuovo. Sgranò gli occhi quando si accorse di essere in grado di vedere anche al buio e, allora, notò di essere stato rinchiuso in… una bara? No. Non si trattava di una bara, non v’era odore di legno, bensì di alluminio. Riuscì a fiutare uno spiraglio d’aria, sentì un forte profumo, troppo buono per essere vero. Lo annusò profondamente, inebriandosi, digrignando i denti per il piacere. Sangue… Si ritrovò a pensare. Era profumo di sangue. All’improvviso, fu in grado di udire il battito del cuore che lo pompava e, paradossalmente, anche lo scroscio che produceva scorrendo nelle vene. Il ritmo cardiaco sembrò aumentare per un secondo, mentre udiva un sospiro, con il presentimento che dovesse essergli familiare. Era il respiro di Pamila. Il sangue di Pamila. A quel punto, un rantolo sofferente gli vibrò nella gola secca, risuonando nell’angusto spazio in cui si era ritrovato imprigionato.

Qualcuno si stava muovendo lì accanto e gli arrivò talmente vicino che poté udire il cigolare della sua mandibola mentre masticava un chewingum all’arancia. Anche il suo sangue scorreva producendo un rumore simile a quello di un fiume in piena.

«Si è svegliato?»

Domandò una voce che riconobbe essere quella di Andrew. Solo da quell’esiguo susseguirsi di suoni, riuscì a capire che si era piegato in avanti per guardare la trappola d’acciaio. Dall’altra parte della stanza, invece, Ben stava bevendo un caffè e deglutiva, mentre Pamila se ne stava seduta sul divano in pelle. Non poteva vedere con i propri occhi, ma era in grado di percepirlo.

«Mi è sembrato che brontolasse, effettivamente.»

Pam, pensò appoggiando i palmi delle mani all’acciaio, che gli parve caldo. La sua voce non gli era mai sembrata così bella prima di allora. Anche quel buonissimo odore doveva certamente essere il suo. Gli arrivava prepotente alle narici, come se provenisse da una boccetta di essenza appena aperta. Bramò di poter appoggiare il volto al suo collo e respirarlo a pieni polmoni. Un altro rantolo, in seguito, lasciò le sue labbra screpolare e tagliate, mentre tentava di far sapere agli altri che, sì, era sveglio e poteva sentirli benissimo. Eppure parlare era un’impresa ardua, con l’arsura che aveva in gola. Aveva l’impressione di non aver bevuto per giorni… Da quanto tempo si trovava in quel posto?

«Vorrà nutrirsi…» Borbottò Andrew, dirigendosi verso la cucina. «Vado a prendere quell’intruglio nel frigorifero.»

I passi dell’uomo furono coperti dal cigolare della chiavistello, tanto forte e vicino da costringere il prigioniero a tapparsi le orecchie per non essere assordato. Con uno stridio, le ante si aprirono e la luce al neon gli arrivò dritta negli occhi, facendolo ruggire per il fastidio.

«Phil?»

Fu Pamila a chiamarlo e lui riuscì a fiutarne la paura. Fiutare la paura? Meditò, sconcertato. Come poteva sapere che odore avesse? Riaprì così le palpebre per incontrare gli occhi verdi dell’amica, in cui intravide venature dorate che non aveva mai notato prima. Riusciva a vedere ogni poro della sua pelle, il punto nero sul naso, le lentiggini sulle guance rosee, il capello bianco che si attorcigliava nei boccoli ramati. Tutto era più definito che mai.

«Pam…» Esclamò e la sua voce roca parve il gemito di chi è in procinto di morire. «…che cosa…?»

Non riuscì a finire la frase, non ne ebbe la possibilità. La sua attenzione venne attirata da un profumo invitante che lo costrinse a voltarsi di scatto e, in un baleno, si ritrovò faccia a faccia con Andrew. Senza nemmeno chiedersi come avesse potuto muoversi tanto velocemente, afferrò il boccale da birra traboccante di un liquido scuro, quasi nero, tremando scosso dalla sete. Sentiva il bisogno di nutrirsene, di ingoiare quell’intruglio fino all’ultima goccia. In men che non si dica smise di farsi domande e lo assaggiò, deglutendo lentamente, perlomeno in principio. Le sue papille gustative fremettero dal piacere non appena vennero a contatto con il cocktail dolciastro, il cui sapore, a Phil, ricordava quello della vodka alla pesca per cui impazziva.

«Ve l’avevo detto che avrebbe avuto sete!» Commentò Ben, osservando l’amico che inghiottiva sempre più in fretta e più voracemente. «Anche se comincio a pensare che quella roba non gli basterà affatto.»

Senza ascoltarlo, Philip vuotò il boccale e avvertì finalmente sazietà, riprendendo piano coscienza di sé. Solo in quel momento si rese conto di essere estremamente leggero, tanto da faticare a mantenersi equilibrio sulle proprie gambe. Il suo corpo era come inconsistente, addirittura gli pareva che non esistesse. Abbassò lo sguardo verso gli addominali e vi passò le mani, controllando se, per caso, avesse perso improvvisamente peso, ma si accorse di non essere cambiato di una virgola. Anzi, se possibile, i suoi muscoli sembravano più marmorei del solito.

«Phil… Come ti senti?»

Fu nuovamente la voce di Pamila a distrarlo e si voltò a osservarla, notando che si stava avvicinando, tenendo le mani strette attorno al rosario che portava al collo. Sul volto della giovane ragazza era ben visibile l’inquietudine e lui poteva avvertirne la vibrazione della pelle e il movimento dei peli sottili sulle braccia scoperte.

«…stordito.» Mormorò lui, passandosi una mano fra i corti capelli corvini, spettinandoseli. «Mi sembra di avere i postumi di una sbornia.»

«Senti anche qualcos’altro? Hai ancora sete, magari? O, per esempio, avverti qualche strano impulso come… Non so…» La rossa si fermò a un passo da lui, allungando la mano verso la sua guancia. «…la voglia di ucciderci?»

Domandandolo, accarezzò lo zigomo di Philip e rabbrividì a quel minimo contatto. La sua pelle era fredda e dura, esattamente come quella di un morto. Non che lei non avesse mai toccato uno di loro prima di allora, anzi, ne aveva uccisi parecchi e aveva avuto la possibilità di toccarli durante il combattimento. Ciò che la faceva tremare tanto, in quell’istante, era che si trattasse di Phil. Era Phil quello che era diventato un morto vivente, un essere dimenticato dal Sole e da Dio. Era il suo caro amico quello che la fissava con occhi neri e vacui, con i canini affilati mostrati in un’espressione sbigottita.

«Che stati dicendo?!» Ringhiò lui, indietreggiando appena e andando a sbattere contro Andrew. «Perché dovrei volervi uccidere?!»

«Sei uno di loro, Phil. Sei un vampiro

Esclamò Ben, caricando il fucile e puntandoglielo contro, senza alcuna esitazione. Il moro, sentendosi messo alle strette, emise un gorgoglio basso e profondo, simile a quello di una bestia inferocita braccata dai cacciatori. La pelle gli vibrava avvertendolo del pericolo, mentre, istintivamente, mostrava i denti agli amici. Fu in quel momento che la mano di Pamila gli scivolò sul petto, arrestandosi in prossimità del cuore. Al contrario di Ben, lei gli mostrava una dolcezza che, però, faticava a percepire.

«Sei morto. Sei stato tramutato, tre giorni fa… Hai dormito fino a questa sera, in quell’armadio.»

«Cosa…?»

Philip sgranò gli occhi, concentrandosi sui battiti che arrivavano alle sue orecchie. Poteva captare solo il battito di tre cuori, in quella stanza. Solo tre e loro erano in quattro. Pensò, portandosi le mani al petto e scostando quella della rossa. Il suo cuore era fermo. Non pompava sangue. Inoltre, lui non stava nemmeno respirando: non ne aveva bisogno.

«Chi… Chi è stato?» Domandò, accarezzandosi il marchio sul collo: il segno di due zanne affondate nella sua carne. «Come è successo?»

«Non lo sappiamo… Eri solo quando sei stato attaccato.» Lo informò Andrew, lasciandolo di stucco. «Tu non te lo ricordi?»

Il neo-vampiro scosse la testa, cercando di strizzare le meningi e ricordarsi come ciò fosse avvenuto. Tuttavia, era come se non avesse alcuna memoria dell’istante della trasformazione. Solo delle immagini confuse, un susseguirsi di frammenti di ricordi senza alcun collegamento fra loro.

 

Era in mezzo a una strada buia. Una notte senza Luna né stelle.

Un blackout.

La torcia gli era stata tolta dalle mani da qualcuno. Qualcuno di loro.

Una risata cristallina, serena, divertita come quella di un bambino, riecheggiava fra i palazzi.

“Riportalo da me”, gli aveva detto una voce ultraterrena.

Poi dolore. Dolore e buio.

 

«Non ricordo nulla.»

All’esclamazione del moro, gli altri desistettero e Ben abbassò l’arma, deluso. Avevano sperato che almeno lui fosse a conoscenza della verità, così da potersi spiegare perché fosse stato trasformato. Eppure si trovavano ancora al punto di partenza. Era la prima volta che una cosa simile accadeva a un cacciatore: nessun vampiro dotato di buon senso avrebbe eletto un proprio nemico. A dirla tutta, nessuno degli umani presenti in quel salotto aveva idea di come comportarsi, adesso che Philip si era risvegliato ridotto in quello stato. Non sapevano se si potessero fidare di lui, dato che avrebbe potuto rivoltarsi da un momento all’altro, cercando di nutrirsi del loro sangue o –peggio ancora- di ucciderli. Eppure, quello che avevano davanti agli occhi, era il solito Phil: il loro caro e vecchio amico, il compagno che aveva affrontato innumerevoli redivivi al loro fianco.

Ben lo esaminò, chiedendosi se fosse davvero cambiato. A parte il colore degli occhi, che da marrone chiaro era diventato nero come la pece, e la carnagione, che da olivastra si era stinta fino a divenire del colore del marmo; Philip Wynn era sempre lo stesso. Certo, il cuore aveva smesso di battere nel suo petto, non respirava più, i suoi canini erano affilati come coltelli, la sua bibita preferita, ora, era il sangue umano e, soprattutto, loro stessi potevano essere considerati dei semplici pasti. Simili particolari non potevano essere dimenticati. Malgrado ciò, pensò, avrebbero potuto imparare a conviverci, se solo lui non fosse risultato pericoloso e mortale come ogni altro della sua specie. Il quesito vero e proprio, però, era se Phil avesse deciso di restare un cacciatore o se avesse voluto andare dai suoi simili. In tal caso, avrebbero dovuto ucciderlo prima che potesse diventare un loro nemico.

«Che farai adesso?» Domandò al neo-vampiro, appoggiando il fucile sul ripiano della credenza. «Ti unirai a loro?»

«No.» Sibilò l’altro con odio, stringendo i pugni talmente forte che gli artigli gli entrarono nella carne. «Non voglio mischiarmi con quei luridi bastardi.»

«Resterai qui, allora?» Pamila abbassò lo sguardo verso i propri piedi nudi, appoggiati al tappeto dalle decorazioni geometriche. «Resterai con noi?»

«Probabilmente sì… Non ho intenzione di smettere di ucciderli. Anzi…» Philip digrignò i denti, terrorizzando i compagni. «Ora che mi hanno ridotto così ho un motivo in più per farli a pezzi. Li ammazzeremo tutti quanti!»

Alle parole del moro, Ben e Andrew sorrisero, cambiandosi un’occhiata complice e concitata. Il solo pensiero di combattere ancora al fianco di Phil, gli faceva venire voglia di afferrare croci, fucili e paletti per uscire ad ammazzare vampiri. Solo Pamila si limitò a voltare le spalle, allontanandosi da loro. Il redivivo, però, non badò a loro e si avvicinò al davanzale ad ascoltare i rumori esterni. Poteva avvertire i movimenti dei suoi simili, là fuori, al di là dei cancelli della tenuta. Probabilmente lo stavano tenendo d’occhio, o, chissà, forse lo stavano aspettando. Aprì la finestra per annusare i profumi della notte e quelli dei vampiri all’esterno, ma ciò che riusciva a percepire più di ogni altra cosa era l’odore di Pamila. L’odore dell’afflizione di Pamila

 

* * *

 

 

Raphael era uscito quella notte.

Cercava una traccia da seguire nell’aria di Los Angeles, avvertendo gli olezzi più disparati. C’era qualcuno che stava mangiando un chewingum alla menta, qualcun altro si spruzzava del dopobarba e, non molto lontano, un altro ancora stava pestando un escremento di cane. Poteva cogliere i pensieri di ogni umano nel raggio di chilometri, le preoccupazioni, l’allegria, la disperazione, il piacere, l’odio, l’amore, la sensazione di essere invincibili e il desiderio di farla finita. Era in grado di conoscere la loro posizione e avrebbe potuto raggiungere chiunque desiderasse in qualsiasi momento, in un baleno. Eppure, l’unico odore che desiderava sentire sembrava scomparso nel nulla. L’unica presenza che voleva captare aveva cessato di esistere ormai da dieci anni. Le tracce di Jamey erano scomparse all’improvviso e, per tutto quel tempo, Raphael non aveva fatto altro che tentare di individuarle, senza successo. Aveva mandato i suoi più leali sottoposti a cercarlo, ma nessuno era mai riuscito a scoprire dove lui si trovasse. Era come svanito.

Qualcuno l’aveva aiutato a nascondersi e -questo il ragazzo castano lo sapeva benissimo- solo un vampiro sarebbe stato in grado di farlo. Nessun umano poteva sapere come eludere le capacità sovrannaturali di un Immortale. Eppure come era possibile che qualcuno accettasse di collaborare con lui? Si domandò, crucciandosi come un infante. Chi avrebbe potuto aiutarlo?

«Raphael…»

Una voce roca lo richiamò, ma lui non si voltò, avendo avvertito il suo avvicinamento molto prima. Sapeva bene di chi si trattasse e conosceva anche il motivo per cui era venuto a cercarlo, gliel’aveva letto nella mente. In un baleno si spostò al suo fianco, sul tetto di un palazzo di sei piani. Da lì si poteva vedere un’incrocio, in cui il grazioso ragazzo riuscì ad adocchiare Deaon, che si muoveva lesto fra la folla, mimetizzandosi fra inconsapevoli mortali.

«Non ceni stanotte?» Chiese all’uomo appena arrivato, scostandosi i ciuffi ribelli dal volto. «Sprechi il tuo tempo con me?»

«Sono sazio.» Esclamò l’altro, crucciandosi per il suo comportamento infantile. «Gira voce che tu abbia reso immortale Philip Wynn. Che cosa ti passa per la testa? Hai in mente qualcosa?»

Raphael era già a conoscenza di quella domanda, ma non aveva comunque alcuna voglia di rispondere. Si limitò ad alzare le spalle con noncuranza, accarezzando la sciarpa in pelliccia che aveva attorno al collo. Solo dopo qualche minuto, si decise a guardare l’altro vampiro direttamente negli occhi azzurri, quasi bianchi. Aveva le sembianze di un uomo fatto e finito, di circa trent’anni, dalla pelle color caffelatte, ghiacciata. Era alto e spallato, i capelli ricci erano raccolti in una coda sulla nuca. A differenza del ragazzo, che portava abiti eleganti in perfetto stile ottocentesco, lui indossava una felpa con cappuccio, jeans e scarpe da tennis. Solo gli appartenenti alla “Élite Oscura” -come veniva definita la cerchia dei vampiri vicini a Raphael- usavano ancora portare vestiti d’altri secoli e aborrivano le nuove mode.

«Oh… Nulla di nuovo, mio caro Tristan.» Un ghigno increspò le labbra sottili dell’elegante redivivo, mettendo in mostra i canini splendenti. «Volevo solo giocare un po’.»

La noia era proprio una brutta cosa. Pensò il castano, facendo un passo verso l’orlo del tetto. Il solo pensiero di dover vivere per il resto dell’Eternità rendeva ogni cosa terribilmente tediosa e insignificante. Per rendere più eccitante la guerra con la Lega, c’era il bisogno di metterci del pepe qua e là, ogni tanto. Si protraeva ormai da duecento anni e, quando c’erano dei periodi morti come quello, qualcuno doveva impegnarsi a movimentare un po’ la situazione. I cacciatori erano troppo deboli per poter affrontare la sua Stirpe e per il ragazzo era di una noia mortale avere sempre la vittoria in pugno. I poveri “ammazza-vampiri” che osavano sfidare gli Immortali sapevano benissimo di non avere alcuna possibilità, ma nonostante tutto sembravano non voler desistere. Esattamente come quel Philip Wynn, che da quando aveva compiuto sedici anni aveva messo mano al paletto e si prodigava allo sterminio dei redivivi più deboli che bazzicavano i bassifondi. Era convinto di poter arrivare fino alla Élite Oscura, sconfiggendo dapprima quegli incapaci appartenenti all’Underground –il gruppo più numeroso, che dimorava in fogne, tunnel della metropolitana e scantinati- e poi il “Clan degli Eterni” –ovvero coloro che sottostavano a Tristan-.

Di cacciatori caparbi e presuntuosi come lui, Raphael ne aveva visti pochi durante la sua lunga vita. Gli piaceva davvero, quel Wynn. Si domandava se, per caso, ora che si trovava nei panni dei propri nemici, sarebbe stato accecato dalla sete di potere e di vendetta, senza alcun criterio. Magari la bestialità e l’aggressività avrebbero preso il sopravvento sulla ragione e lo avrebbero spinto a diventare un assassino. Capitava spesso, infatti, che un vampiro appena nato si facesse prendere la mano dalla forza acquisita e che, dimentico della propria filosofia mortale, si ribellasse a ogni promessa fatta in vita. Sarebbe stato magnifico vedere il giovane Philip impazzire e opporsi ai propri compagni. Pensò sorridendo, sotto lo sguardo interrogativo del leader degli Eterni. Eppure sapeva che non sarebbe mai accaduto.

«Non dovresti sogghignare in quel modo…»  Esclamò burbero Tristan, ringhiando appena. «È pericoloso giocare con quei luridi ammazza-vampiri. Sono forti e le loro armi potrebbero anche-»

L’uomo venne interrotto dalla risata limpida del castano, che gli rivolse uno sguardo divertito. Poi, all’improvviso, senza poter essere visto, gli portò una mano al collo e lo alzò dal suolo.

«A volte sei così stolto, Tristan…» Digrignando i denti, Raphael strinse la presa e i suoi artigli affondarono appena nella gola dell’altro. «Nessuno è forte quanto me, dovresti saperlo. Posso permettermi di divertirmi con chi voglio.»

Tristan emise un ruggito basso e sofferente, afferrando il sottile e gelido polso del proprio simile. Lo graffiò, cercando di liberarsi da quella ferrea stretta, nonostante il potere dell’altro fosse maggiore. Fortunatamente, il castano lo lasciò andare e, in men che non si dica, il leader degli Eterni era già sul tetto dell’edificio dall’altra parte della strada.

«No… Tu non ti rendi conto di quello che potrà succedere ora che hai trasformato Wynn.» Sibilò piano, ma le sue parole vennero sentite benissimo. «Sei folle se pensi di cavartela senza alcuna conseguenza.»

Raphael si limitò a sfilarsi il guanto bianco, accorgendosi così di aver perso uno dei gemelli della camicia. Lo adocchiò immediatamente sul marciapiede, fra i piedi dei passanti e si ripromise di recuperarlo in seguito. Gli umani non ci avrebbero certo fatto caso, immersi com’erano nelle loro paranoie terrene. Tornò quindi a guardare il proprio interlocutore e si trasportò nuovamente davanti a lui, a pochi centimetri dal suo volto. I lunghi capelli castani del ragazzo sfioravano la guancia ghiacciata dell’altro.

«Cosa ti turba, amico mio? Temi per l’incolumità del tuo clan?» Chiese, con un tono delizioso e dolce, accarezzando la spalla dell’antico amico. «Finché ti sottometterai ai miei ordini, andrà tutto bene e i tuoi figli saranno al sicuro! Non è certo la Lega ciò di cui devi avere paura, lo sai.»

«Lo so, Raph… Tutti hanno timore di te e dell’Élite.» Mormorò freddamente Tristan, fissandolo con i suoi occhi bianchi. «Ciò di cui io ho più paura, però, è quello in cui tu ti stai trasformando. Sono passati troppi secoli e hai perso te stesso.»

«Ho perso me stesso, dici?» Il castano ridacchiò, rivolgendo il volto alle stelle per annusare l’aria attorno a loro. «E che cosa sono stato, prima? Può davvero mutare, un Immortale?»

«Sai benissimo la risposta. Perché non-»

«Oh! Qualcuno sta venendo qui!»

Dopo aver nuovamente interrotto il discorso, il ragazzo continuò a guardare il cielo, restando immobile ad aspettare mentre ascoltava una lontana melodia proveniente dagli auricolari di un passante. Dal canto suo, Tristan assunse la posizione di difesa e mostrò i denti, avvertendo l’avvicinamento di quell’essere. Riconobbe i suoi movimenti, il tocco dei suoi passi leggeri.

«Brian!»

Ruggì, allontanandosi dal castano con un movimento brusco e puntando lo sguardo impregnato di rancore verso l’ultimo arrivato. Un altro vampiro dalla camicia merlata in pizzo si era appena presentato sul tetto e i suoi impenetrabili occhi neri rivolgevano un’occhiata disgustata al leader degli Eterni. I due si conoscevano bene e da secoli continuavano a detestarsi a vicenda, nonostante non avessero mai dato fiato a ciò che pensavano l’uno dell’altro.

«Tristan… Non mi stupisce vederti qui.» La sua voce si diffuse nell’aria, minacciosa e glaciale, in una tonalità impercepibile dagli esseri umani. «I tuoi tirapiedi stanno creando un guazzabuglio dei loro, a due isolati da qui. Discutono con quei topi di fogna dell’Underground… Fossi in te andrei a controllarli, prima che dei mortali restino coinvolti e che i cacciatori portino i crocefissi.»

Senza nemmeno un saluto o la richiesta di un chiarimento, Tristan si gettò dall’edificio e si mosse a velocità sostenuta tra le vie delle città. Raphael fiutò le sue tracce per qualche istante, prima di prestare attenzione al sottoposto. Bastò una sola occhiata ed entrambi compresero ciò che stavano pensando. Non avevano bisogno di parole: Brian era l’unico in grado di entrare nella testa del ragazzo e strappargli ogni pensiero. Il vampiro era infatti stato il primo figlio di Raphael e tra loro c’era una complicità antica. Erano uniti da un legame arcaico.

Come il suo creatore, Brian aveva l’aspetto di un giovanotto e dimostrava vent’anni appena. Aveva occhi neri dalle lunghe ciglia, labbra sottili quasi sempre imbronciate e capelli mossi, biondo scuro, che gli accarezzavano le orecchie.  Non era molto loquace, anzi, molti degli Immortali appartenenti all’Élite non lo avevano mai sentito parlare. D’altronde che bisogno aveva di rivolgere loro la parola, quando poteva direttamente entrargli nella testa? Solo Raphael, che egli considerava pari a un padre, un fratello o un amante, beneficiava del piacere di poter ascoltare la sua voce.

«Dovresti stare lontano da quel bifolco. È poco affidabile… La sua mente è traboccante di volgare vanagloria.»

«Mio amato Brian, figlio mio… Tu ti fai troppi problemi.» Il leader gli appoggiò le mani sulle braccia, prima di sospirare e concentrarsi sulla melodia lontana. «Ti prego… Lasciami ascoltare questa musica. Ti chiedo un solo istante in quest’eternità.»

Si dondolò, tenendo il ritmo e lasciandosi trasportare dalla canzone tanto distante. Solo qualche istante dopo, l’ultimo arrivato riuscì a percepire la stessa chitarra suonare e, allora, ciò che provava il compagno gli fu chiaro. Passò le dita sulla guancia del proprio creatore, pur sapendo che non avrebbe mai potuto trovarci delle lacrime. La mestizia che aveva fiutato in Raphael, però, sfumò in un baleno e, presto, la melodia si smorzò.

«Ancora nessuna traccia di lui, vero?»

«No… Ma una nuova speranza è nata, stanotte.» Mormorò il più antico, sorridendo. «Philip mi porterà dove si nasconde, ne sono certo. Me lo sento…»

«E quando lo ritroverai?»

Alla domanda di Brian, il castano scomparve e riapparì in strada, tenendo in mano il gemello che aveva perduto in precedenza. Il figlio lo osservò mentre si incamminava tra la gente mortale, attirando su di sé ogni sguardo, tanto grande era il suo potere. Solo quando svoltò l’angolo, la voce di Raphael gli trapassò il cranio, come un proiettile.

«Lo ucciderò…»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ben ritornati a tutti!

 

Ecco il secondo capitolo della storia. Abbiamo conosciuto altri protagonisti e, soprattutto, abbiamo approfondito un po’ sia il Philip Wynn che il leader dell’Èlite Oscura.

Spero che vi intrighino abbastanza J Effettivamente Raphael è un po’ strano, con quel suo essere infantile e, diciamo, un po’ ossessivo nei confronti di questo fantomatico “Jamey”.

 

Nel prossimo capitolo arriveranno altri personaggi, tutti nuovi! Ce ne sono davvero per tutti i gusti! Ma io non vedo l’ora di presentarvi una vampira per cui io, personalmente, impazzisco! *-*

 

Detto questo, vorrei un attimo fermarmi a spiegare la divisione in gruppi, anche se già è stato spiegato. Ma meglio essere chiari:

 

La’Èlite Oscura è il gruppo a cui appartengono i vampiri più potenti, scelti trasformati  personalmente da Raphael, che ne è il capo indiscusso. Prediligono gli abiti d’epoca, si comportano in modo altezzoso e sono eleganti come dei gentiluomini di altri tempi.

Il Clan degli Eterni è invece il gruppo comandato da Tristan, che provvede a trasformare nuovi. Vivono in mezzo agli uomini e si adattano alle mode e alla vita presente. Nonostante questo, non è che si nutrono di animali per evitare di nuocere ai poveri mortali. No, vanno a caccia pure loro come tutti gli altri.

L’Underground è un nome generico per definire tutti gli altri vampiri, quelli meno potenti e meno importanti, che vivono appunto in scantinati, fogne e gallerie della metropolitana. Anche loro hanno un leader che entrerà in scena più avanti. Sono i più anarchici e spesso e volentieri creano disordini in città e si ritrovano a fronteggiare i cacciatori. A loro non importa né la convivenza pacifica con i mortali, né il rimanere in disparte come fanno quelli dell’Élite.

 

Per finire, c’è la Lega dei Cacciatori di cui fanno parte Philip, Ben, Andrew e Pamila. Vivono in una villa insieme a molti altri cacciatori. Il loro leader è scomparso, per ora. Si chiarirà in futuro che è successo! Comunque la loro missione è combattere i vampiri, se non si era ancora capito XD è da duecento anni che la lega esiste e mantiene un minimo di ordine in città.

 

Detto questo ogni recensione è sempre la benvenuta! Anche se volete mettere la storia nelle seguite e nelle preferite, non abbiate paura che non vengo a spammarvi dicendovi di commentare O.o cosa che, a me è successa!

 

Se volete mi trovate su wordpress all’indirizzo http://michellemorrison42.wordpress.com/

E su facebook, alla mia pagina,  https://www.facebook.com/pages/Michelle-Morrison/390257021129034

 

 

 

A presto!

 

 

M.M.

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Capitolo 3
*** Capitolo II - Per chi combatti la battaglia? ***


 

 

 

 

 

 

Capitolo II – Per chi combatti la battaglia?

Il Sole stava tramontando sulla città, tingendo di arancione ogni cosa.

Pamila, in terrazza, si stava godendo quegli ultimi raggi che le riscaldavano appena la pelle pallida e lentigginosa del volto. Le mancava poter vivere alla luce del giorno, camminare per le vie illuminate e guardare le vetrine dei negozi, andare sulla spiaggia e camminare sul bagnasciuga, raccogliendo conchiglie. Amava l’oceano e, quando era piccola, andava spesso sul pontile a osservare l’enorme distesa d’acqua che andava fondendosi con il cielo, all’orizzonte, facendola sentire tanto insignificante davanti a quella vastità. Ora che aveva vent’anni anni, non poteva più allontanarsi dalla residenza della Lega, non di giorno perlomeno. Da quando era diventata ufficialmente una cacciatrice, la sua vita era la notte. Ridicolo, pensava, votare la propria esistenza allo sterminio dei vampiri e ritrovarsi a vivere come loro.

Fortunatamente non aveva amici o parenti al di fuori dalla Lega, poiché discendeva da una famiglia di cacciatori che appartenevano a quel posto da tre generazioni. I suoi genitori e suo fratello, però, si trovavano in un altro edificio, a un’ora e mezza di metropolitana da lì. Se solo avesse avuto una vita normale, avrebbe potuto andare a trovarli, qualche volta. Eppure, da quando era stata trasferita in Silver Lake, cinque anni prima, non era più tornata da loro. Li sentiva al telefono, di tanto in tanto, solo per ricordare loro della propria esistenza. D’altronde la sua famiglia, ormai, erano Ben, Andrew e Philip.

Sospirando, Pamila si alzò dal dondolo su cui era seduta e si avvicinò alla balaustra in ferro, guardando verso il lago. Si chiese se, prima o poi, avesse potuto vivere nuovamente alla luce del giorno, come quando era bambina. Si immaginava spesso, in romantiche visioni, come sarebbe stata la sua esistenza se i vampiri fossero stati cancellati dalla faccia della Terra o, perlomeno, dalla Città degli Angeli. Avrebbe avuto una vita normale, forse si sarebbe laureata in psicologia e, come tutte le persone normali, avrebbe lavorato come cameriera per pagarsi gli studi. Magari avrebbe avuto un ragazzo e, insieme, la sera sarebbero usciti per andare al cinema o per ballare a una festa a Santa Monica. Purtroppo, per come erano messe le cose, non avrebbe mai potuto essere come tutte le altre ragazze della sua età. La scomparsa dei vampiri era solo un’Utopia in cui i cacciatori osavano ancora sperare.

«…la notte sta arrivando.» Mormorò, sporgendosi dalla ringhiera. «Che le nostre anime si possano salvare.»

Mentre la sua preghiera si alzava verso il crepuscolo, la ragazza notò un’oscura figura davanti al cancello. Portava una tonaca nera come il petrolio e un cappello largo che gli copriva il volto. Ben visibile, invece, era l’enorme crocefisso che gli dondolava sul petto, come la stella sulla giacca di uno sceriffo dei vecchi film western. Pamila si portò i lunghi capelli ramati dietro l’orecchio, prima di alzare il braccio in un saluto amichevole, piegando le labbra in un sorriso.

«Reverendo!» Esclamò, attirando l’attenzione dell’uomo su di sé. «Entri pure! La stavo aspettando!»

Il religioso -conosciuto semplicemente come “Reverendo Isaiah”- la guardò e ricambiò il sorriso, attraversando la soglia del cancello, che durante le ore di luce rimaneva aperto. Il reverendo era un uomo alto, di trentasette anni, con dei piccoli occhi castani e capelli lisci e corti, del colore del cioccolato. Non si sapeva molto di lui, se non che si era votato alla Chiesa da quando era un ragazzino e che, da allora, si prodigava nella battaglia contro i vampiri, affiancando la Lega pur non facendone parte. Era lui a procurare acqua santa e crocefissi ai cacciatori e, spesso, rivelava loro qualche consiglio o qualche nuova scoperta riguardo al popolo della notte.  

Isaiah, continuando a sorridere al pensiero della gentilezza di Pamila, attraversò il giardino, in cui l’erba era appena stata tosata da un giardiniere, lanciando occhiate veloci alle statue vecchie di due secoli che affiancavano il viale.  Davanti a lui si alzava una delle più belle residenze della Lega, la Villa del Glicine, chiamata così per via dei fiori che nascondevano la facciata dell’edificio. La veranda era sostenuta da bianche colonne prive di scanalatura, con capitelli semplici, su cui si arrampicavano le piante dai fiori lilla e bianchi. Il loro profumo arrivò alle narici dell’ospite, che varcò la porta di casa, su cui la ragazza dai capelli rossi lo stava attendendo.

«Buona sera, mia cara.» Disse, appoggiandole la mano sulla spalla. «Ho ricevuto il messaggio di Ben. Sono davvero dispiaciuto…»

«...è un bel problema.»

«Direi, più che altro, che è una tragedia essere contagiato da quegli immondi esseri!»

La ragazza annuì tristemente e lo seguì verso il Gran Salotto, dove si erano riuniti anche gli altri. Non erano in molti, lì alla Villa del Glicine, anzi. Oltre alla sua squadra, c’erano solamente altri quattro cacciatori. In quel momento erano lì con loro, ma vivevano in appartamenti diversi, nei due diversi piani della casa. Si trattava di Steven Nield, Aaron Lamb, Eliza Garrett e, infine, il giovanissimo Russ Turner, di soli sedici anni. Anche loro, per così dire, facevano parte della grande famiglia di cui lei faceva parte, quindi dovevano presenziare a quell’incontro con il reverendo.

«Dov’è il corpo? L’avete bruciato?»

«Il corpo…?»

Domandarono in coro Andrew, Pamila, Eliza e Russ, con il volto in preda allo stupore. A dirla tutta, a nessuno di loro era mai venuto in mente di uccidere Phil e, tantomeno, di dare fuoco al suo corpo. Isaiah passò lo sguardo sui volti di ciascuno dei ragazzi, soffermandosi specialmente su quello di Ben, che lì in mezzo era il più grande, con i suoi trent’anni.

«Non l’avete ucciso, vero?»

«No.» Fu proprio Ben a rispondere, incrociando le braccia sul petto. «Per ora è vivo. Sta dormendo…»

«Sa controllarsi, almeno?» Chiese allora il religioso, sospirando e passandosi una mano sulla fronte. «Non ha tentato di mordere qualcuno di voi?»

«Gli abbiamo dato del sangue da bere… L’abbiamo avuto da un infermiere, in segreto. Possediamo ancora qualche sacca, ma non credo possa bastare.»

Isaiah si grattò la barbetta incolta sul mento, pensando che Ben avesse ragione: il sangue freddo non gli sarebbe mai bastato. La sete avrebbe sopraffatto la ragione e, presto, Wynn avrebbe potuto attaccare uno dei propri amici, senza rendersene nemmeno conto. Non sapeva che cosa dire a quei ragazzi, che erano troppo affezionati a Philip e non avrebbero mai avuto il coraggio di ucciderlo come avevano fatto come ogni altro Immortale. D’altronde, nessuno li aveva addestrati ad affrontare una situazione simile. Mai era accaduto, infatti, che un cacciatore venisse tramutato in un essere immondo, dal momento che a nessun vampiro era mai venuta questa folle idea.

«Dobbiamo trovare un’alternativa a quel sangue.» Esclamò, alla fine, abbassando le palpebre. «Forse potrei informarmi…»

«Non vorrà che si cibino di animali, vero?» Chiese Eliza, nauseata al solo pensiero di un povero cucciolo ucciso con brutalità. «Che ha che non va il sangue per le trasfusioni?»

«Quel sangue è freddo…» Spiegò il reverendo, facendo rabbrividire la ragazza. «Non proviene da un corpo caldo, con un cuore pulsante.»

«Beh, possiamo sempre scaldarlo al microonde.» Ridacchiò Aaron, beccandosi un’occhiataccia da Steven. «Okay! Scherzavo… Come ce lo procuriamo il sangue di un vivo? Io non ho problemi a portargli dei conglietti

«Non ci sono soluzioni. Persino il sangue animale potrebbe non essere abbastanza: i vampiri bramano sangue umano. È il loro istinto e non possono placarlo, se non cibandosene.» C’era un lieve tremolio nella voce del religioso e non era affatto un buon segno. «Se non fosse più in grado di controllarsi, tenerlo con voi diventerebbe pericoloso.»

«Io so controllarmi.»

Una voce si aggiunse al discorso e tutti si voltarono per vedere Philip, in piedi sulla soglia. Il suo volto pallido spuntava dal buio del corridoio, illuminato dalla lampada del salotto e, sotto le sue labbra curvate in una smorfia disgustata, si intravedevano i canini appuntiti. Il reverendo si alzò di scatto e il crocefisso appeso al suo collo iniziò a dondolare, facendo drizzare ogni singolo pelo sulla pelle morta del redivivo. Quest’ultimo ringhiò spaventato, infilando gli artigli nello stipite della porta e graffiandolo. Dei spaventosi suoni gutturali riempirono la stanza e Russ rabbrividì davanti alla visione dell’amico ormai cambiato.

«Stai lontano… Stai lontano da me con quello.» Si ritrovò a ruggire Wynn, senza ben capire perché quella croce lo terrorizzasse tanto. «Isaiah, se ti avvicini di un solo passo, io-»

«Tu? Vuoi uccidermi, Phil? Vuoi bere il mio sangue?»

Il religioso giunse a un paio di metri da lui, tenendo il crocefisso ben alzato, spingendo il vampiro nel corridoio. Pamila lo seguì immediatamente, con Ben e Steven alle calcagna, tutti e tre con la mano sul coltello d’argento che tenevano nella fondina.

«State lontani da me!!!» Gridò l’Immortale, schiacciandosi contro la parete, da cui cadde un quadretto. «Metti via la croce!!»

«Phil, stai tranquillo…» La rossa gli arrivò vicino e lui poté avvertire l’odore del suo sangue. «Il reverendo è qui per aiutarti.»

Nemmeno il terrore provocatogli dal crocefisso riusciva a spegnere la sete che Philip aveva in quel momento. Il simbolo cristiano gli faceva venire la nausea e, se solo il suo stomaco fosse stato in grado di funzionare, avrebbe vomitato. Eppure, la giugulare esterna di Pam pulsava, lo chiamava, e lui non desiderava nient’altro che conficcarci i denti e succhiare quel liquido vermiglio che vi fluiva. Aveva ragione Isaiah: non poteva controllarsi. Fece per avvicinarsi all’amica, attratto, prima che anche lei le mostrasse il rosario dalle palline bianche che lui stesso le aveva regalato, anni prima.

«In che modo potrebbe aiutarmi?!» Sbraitò, portandosi le braccia davanti al volto. «Sono un mostro, cazzo! Un mostro!!!»

«Phil, ti prego…»

Andrew si avvicinò per poterlo calmare, ma lui balzò indietro, ritrovandosi, senza sapere come, attaccato al soffitto. Emise un basso ringhio continuo, conficcando gli artigli nelle assi in legno, in cui poteva sentire dei tarli muoversi. Sotto di lui, i suoi amici lo pregavano di scendere, ma non aveva intenzione di essere trattato alla stregua di uno dei propri nemici, come se fosse un assassino senza scrupoli. Eppure, oramai, come altro poteva definirsi? Aveva sete del sangue di tutti i presenti. Ognuno di loro, per lui, era solo una fonte di cibo.

«Wynn, vieni giù!» A parlare fu Ben, che gli puntò contro un fucile a pompa, sotto lo sguardo contrariato di Andrew. «Parliamone con calma! Se vogliamo aiutarti, dobbiamo capire quello di cui hai bisogno!»

«Ed è così che mi aiuteresti?! Sparandomi?!»

«C’è solo dell’acqua santa per sedarti, qui dentro. Non voglio ucciderti!»

 

Il vampiro indietreggiò, come un ragno, fino a tornare a terra quando era ormai in fondo al corridoio. Si inclinò appena, in posizione d’attacco, con artigli e canini in mostra come avrebbe fatto una belva. Sia la rossa che il reverendo nascosero i propri crocefissi sotto i vestiti e il secondo rivolse a Philip un sorriso cordiale.

«Non ti uccideremo, Phil… Abbiamo ancora bisogno di te.» Gli disse, allargando le braccia amichevolmente. «Ora che sei un Immortale, potrai essere ancora più utile nella battaglia. Non tutto il male viene per nuocere…»

«Che cosa stai dicendo?»

«Ci aiuterai a capire i loro punti deboli… E noi ti aiuteremo a rimanere te stesso.»

Il redivivo fece per ribattere, ma la sua attenzione venne attirata dall’odore di sangue che proveniva dalla cucina. Sgranò gli occhi e notò che Russ stava uscendo in quel momento dalla stanza con in mano un’enorme brocca di sangue. Doveva bere. Subito. Con una velocità inconcepibile per un umano, arrivò davanti al sedicenne e gli prese di mano il recipiente, sibilando affamato. Si sfamò, avidamente, mentre i compagni lo osservavano attenti e Ben continuava a tenere l’arma puntata verso di lui. Fu quando il cocktail finì, che lasciò cadere il contenitore a terra, così che si frantumò, spargendo vetro ai suoi piedi.

«Io non farò da spia, sia chiaro. Non mi intrufolerò in mezzo a quei dannati vampiri.» Chiarì, stringendo i pugni, colmo di una rabbia che non aveva mai provato. «Troverò chi mi ha fatto questo e voi… Beh, voi mi darete una mano a cercarlo senza puntarmi addosso tutti i vostri aggeggi, se volete che stia qui ad aiutarvi.»

C’era della cattiveria nelle sue parole, una totale assenza di sentimenti umani. Era il mostro dentro di lui che parlava e prendeva il sopravvento… Eppure, aveva come l’impressione di aver provato qualcosa per le persone in quella casa. Era solo un leggero sentore, come quando puoi avvertire l’odore del caffè nonostante ormai la tazza sia vuota. Era così che si sentiva, ma non aveva nient’altro che una stupida metafora per spiegarlo. Sapeva che la sola presenza di Pamila era in grado di tranquillizzarlo e il suo profumo lo inebriava, ma ciò non bastava a farlo tornare in sé. Il suo cuore ormai immobile non si ricordava quel che solo fino a pochi giorni prima amava sinceramente. Non era più in grado di voler bene a nessuno, ora.

«Ho una cosa da chiederti però.» Esclamò, voltandosi verso il religioso. «Voglio che lui sappia quel che mi è successo. Quando riceverò i suoi ordini, allora vi aiuterò.»

«Va bene, Philip. Ora, però, lascia che io…»

Wynn non ascoltò le parole del reverendo, balzò verso la finestra dall’altra parte del corridoio e la spalancò, facendo entrare l’aria fredda della notte. Doveva uscire e cercare colui che l’aveva condannato a quella vita, che vita, poi, non era. Aveva bisogno di ricordarsi ciò che era successo e stare insieme a tutti quegli umani dai cuori pulsanti e dagli odori invitanti, non era certamente utile. Desiderava trovare il suo creatore e vendicarsi con le proprie mani. Tutto ciò che aveva chiesto era una vita dedita alla caccia, degli amici con cui divertirsi nel tempo libero e un buon bicchiere di vodka con cui dimenticare i doveri, almeno per qualche ora. È vero, appartenere alla Lega non gli aveva mai permesso di avere un’esistenza normale, ma non gli aveva mai impedito di provare degli affetti, di avere una ragazza, di baciarla e amarla. Con la trasformazione, ora, non gli era rimasto alcunché.

Mentre correva, veloce, come mai era stato in grado di fare, la rabbia gli stringeva il petto e il suo ruggito risuonava nella notte affollata di Los Angeles.

 

* * *

 

C’era del sangue sparso a terra. Una pozza scura che si espandeva sul cemento di un vicolo, fuoriuscendo dalla ferita sulla resta di una donna.

Lì vicino, ad annusarne l’odore, c’era una ragazza dal volto cereo che non dimostrava più di sedici anni, con lunghi capelli corvini stretti in una treccia. I suoi grandi occhi neri osservavano attenti il macabro spettacolo, mentre si abbassava per toccare quel liquido ormai freddo, in procinto di seccare. Sapeva bene di non poter bere il sangue di un morto, quindi si limitò a sospirare e a osservare il bel volto dell’umana. Si trattava di una trentenne in carriera, con una vita piena di impegni, forse, vista la ventiquattrore poco lontana dal cadavere, da cui erano fuoriusciti documenti pieni di parole e firme. I capelli biondi dalla messa in piega impeccabile, profumavano di balsamo al miele e la ragazza immortale inspirò profondamente, godendosi la sensazione di benessere e nostalgia. Gli ricordava qualcosa della sua vita passata, forse era lo stesso prodotto che anche sua sorella maggiore usava. Chissà… Magari sua madre, addirittura. Sua madre? Pensò, trovando quella parola alquanto bizzarra e priva di significato. Quale era il volto di sua madre?

A volte faticava a rammentare, ma il suo signore gli aveva spiegato che alcuni ricordi andavano perduti, ma poi, con il passare degli anni, era possibile che ritornassero, anche se non avrebbero più avuto lo stesso valore di quello mortale. Alcune, invece, venivano irrimediabilmente dimenticate, per sempre.

«Che spreco…»

Mormorò qualcuno alle spalle della mora, che si voltò velocemente per vedere chi fosse arrivato. Aveva faticato ad avvertire la sua presenza, prima che si autoproclamasse, ma succedeva spesso con chi gli era superiore. Brian era molto antico, anche se non sapeva quanto di preciso. L’età dei vampiri appartenenti alla Élite Oscura rimaneva per lei un mistero, però sapeva di essere la più giovane del gruppo.

«I cacciatori vogliono farci sparire perché credono che siamo pericolosi per il genere umano.» Continuò l’altro, guardandola dall’alto. «Non comprendono che, invece, l’uomo stesso è l’essere più crudele e dannoso. Uccide per il piacere di farlo o per motivi futili, come la gelosia, la passione o i soldi. Perlomeno noi lo facciamo per nutrirci…»

«Non tutti gli uomini sono degli assassini, però!» Esclamò lei, allontanandosi di un passo dal cadavere. «Comunque Michael mi ha raccontato che uno di quelli degli Underground ha ucciso un proprio compagno! Senza motivo, poi.»

«Oh, mia giovane Ellie... Sai ancora così poco!» Le rispose lui, sorridendo come un genitore. «Quegli inetti non sono come noi. Sono deboli, preda degli istinti… Non hanno nemmeno un leader antico che possa guidarli. Se si uccidono tra loro, non ci fanno altro che un piacere.»

La ragazza sgranò i grandi occhi neri, curiosa, senza comprendere perché ci fosse tanta differenza tra quelli dell’Élite e tutti gli altri redivivi. Alla fine anche lei era giovane, visto che era diventata un vampiro solo qualche mese prima. Quindi, se proprio la differenza stava nell’età, lei era più simile alla classe inferiore che a quella a cui apparteneva veramente.

«Non è così… Ti stai sbagliando.» Gli spiegò Brian, che le era entrato nella testa e aveva ascoltato i sui dubbi. «Sei stata tramutata da Raphael in persona… Il suo potere, ora, scorre anche in te.»

«Il potere di Raphael è grande, vero?»

«Non immagini quanto…»

Dicendolo, il vampiro più antico sogghignò, poi afferrò la compagna per le spalle e nel giro di qualche millesimo di secondo entrambi si ritrovarono in cima al palazzo. Da lì si vedeva la 405, su cui il traffico scorreva veloce, in un gioco di luci che per gli Immortali risultava fastidioso. Nel vicolo, in quel momento, arrivò un uomo a piedi che, non appena visto il corpo priva di vita, iniziò a gridare e a chiamare i soccorsi. Probabilmente, Brian sapeva che sarebbe giunto sulla scena dell’omicidio e, per questo, aveva trascinata lì sopra, lontano dagli umani.

«Ci penserà la polizia… Noi dobbiamo pensare a cenare.» Concluse lui, lasciandola e camminando elegantemente verso l’altro lato del tetto. «Anche se, prima, credo che riceveremo una visita.»

«Cosa?»

Mentre si chiedeva che cosa intendesse l’altro, la ragazzina notò che dall’altro lato dell’autostrada, in cima all’edificio degli uffici postali, si trovava il loro signore. Indossava un cappotto marrone con i risvolti coperti da pelliccia e, sopra i guanti, degli anelli con pietre preziose. Mostrò i canini affilati in un tenero sorriso e, per salutarli, si tolse il cilindro, inchinandosi.

«Philip Wynn è uscito dalla tenuta…»

Mormorò appena e, nonostante il traffico e i rumori cittadini, Brian ed Ellie lo sentirono benissimo. La più giovane non poteva saperlo, ma l’altro notò immediatamente che il loro leader fosse terribilmente annoiato anche quella notte. D’altronde, se Raphael avesse voluto, avrebbe potuto trovare il cacciatore da solo, in qualsiasi momento, e ottenere ciò che voleva. Non aveva bisogno di giochi vili come quelli con cui si stava trastullando negli ultimi tempi, per raggiungere i propri scopi. Eppure, lui riusciva a comprenderlo… Esatto: comprendeva il tedio che l’immortalità portava con sé.

«Vuoi che vada a prenderlo?»

Domandandolo, il sottoposto cercò nell’aria l’odore del cacciatore, riconoscendolo in mezzo alla moltitudine di profumi e olezzi di Los Angeles. Si trovava nei pressi di Pico-Union, diretto verso Rosedale. Laggiù c’era una comunità dei vampiri dell’Underground alquanto considerevole e, se solo questi avessero avvistato Wynn, lui non l’avrebbe affatto passata liscia. Aveva ucciso troppi di loro perché lo lasciassero in pace.

Raphael, dal canto suo, si mise a ridacchiare e allargò le braccia, come se fosse rassegnato. Alle sue spalle apparve Michael, che gli porse un nero e lucido bastone da passeggio. Il suo sguardo, però, era ancora fisso sul volto di Brian, nonostante un comune umano, da quella distanza, non avrebbe nemmeno potuto riconoscerne la sagoma.

«Vediamo cosa combinano quegli stolti! Poi, decideremo se intervenire.» La risata cristallina del leader venne coperta dal clacson di un camion. «Sono sicuro che Wynn  se la caverà benissimo… D’altronde, sono io che l’ho creato.»

Il castano scomparve con Michael al seguito, lasciando solo un ultimo monito a Brian: accudire Ellie.

 

* * *

 

Wynn stava correndo per Constance Street, superando le auto parcheggiate e i pochi umani che non erano ancora rientrati in casa. Tutto attorno a lui era lento e insignificante, quasi impalpabile. Era come se ciò che lo circondava fosse solo una proiezione, così distante e irreale. Ciò che trovava tangibile erano gli odori, i battiti dei cuori della gente che viveva nella metropoli, il loro sangue, i brividi della sua pelle. Ogni altra cosa era come se non esistesse affatto, come se non fosse abbastanza importante da dovergli prestare attenzione.

Fu improvvisamente costretto a fermarsi in mezzo alla via, quando un profumo attirò la sua attenzione, impedendogli di avanzare oltre. Era del sangue, caldo, che fuoriusciva dalla gola di una ragazza. Si voltò per cercarla e incontrò il suo sguardo terrorizzato, mentre correva sul marciapiede cercando aiuto.

«Mi aiuti! Per favore!! Mi aiuti!»

Stava urlando, mentre barcollava attraverso le macchine parcheggiare per raggiungere il cacciatore. Lui strinse i denti, mentre la gola gli si seccava e, là dove c’era lo stomaco, avvertiva una morsa. Doveva bere del sangue umano.

«Aiuto…»

Lei gli arrivò fra le braccia, gli si strinse al petto, tremando come una foglia. Allora Philip non sentiva nient’altro che la propria sete e le affondò gli artigli nelle spalle, facendola gemere. Si abbassò appena, appoggiando nell’incavo della clavicola, annusando profondamente quell’invitante odore.

«Ma guardate! C’è il cacciatore!» Fece poi una voce alle sue spalle. «Ora è diventato un “mostro” proprio come noi!!»

Philip si voltò immediatamente, lasciando che la ragazza cadesse sull’asfalto. Uno dei vampiri che fino a poco prima stavano giocando con lei, le giunse accanto in un batter d’occhio e l’afferrò, facendola urlare. Altri due, invece, presero il cacciatore alle spalle e lo immobilizzarono, così che lui iniziò a ringhiare, mostrando i denti.

«Com’è essere un “succhiasangue bastardo”, eh, Wynn?» Gli domandò uno dei redivivi, con gli unti capelli neri appiccicati al volto. «Ti facciamo ancora schifo? O ora hai dimenticato i nostri compagni che hai ucciso? Ti piacciamo adesso?»

«Statemi lontani…» Sibilò, con una voce che non era nemmeno lontanamente umana. «Lasciatemi stare!!!»

Si liberò con un balzo e si ritrovò sul tettuccio di un’auto, dove si abbassò in posizione di difesa, scrutando i nemici. Anche se era stato trasformato in un vampiro, non poteva smettere di odiarli. Pensò, continuando a ringhiare. Adesso che era morto e costretto a quell’esistenza da rinnegato, non poteva far altro che detestarli ancora di più. Il fatto di poter fiutare la paura della loro vittima e di provare piacere lo fece arrabbiare ulteriormente. Il terrore di lei, infatti, non lo infastidiva per niente, anzi: era un invito a cena.

«Che c’è, Wynn? La vuoi?» Chiese il vampiro dai vestiti sfatti che teneva l’umana. «Forza… Vieni qui e prenditi il suo sangue. È delizioso…»

Dicendolo mise in mostra la candida gola di lei, alzandole il mento. La giugulare pulsava e Philip si avvicinò, attratto come una zanzara davanti a una luce abbagliante. Tuttavia, mentre s’incamminava, uno dei redivivi dell’Underground lo attaccò e lo fece cozzare a terra, mandandolo a sbattere contro i pneumatici di una macchina. Lui si alzò immediatamente e con un balzo felino gli si ritrovò addosso e iniziò a prenderlo a pugni in volto, sentendo le risate divertite dei compagni. Strappò un lembo di carne dalla spalla del nemico, ruggendo, per poi spezzargli l’osso del collo e voltargli completamente la testa.

La ragazza urlò terrorizzata, ma colui che la immobilizzava le tappò la bocca, mentre il terzo vampiro si avventò addosso al cacciatore. Lo alzò da terra e lo lanciò contro la saracinesca di un negozio, che si incrinò, talmente l’urto era stato forte. Tuttavia Wynn non avvertiva dolore: era come se ne fosse immune. L’osso del braccio che gli si era spezzato si saldò subito e poté muoversi normalmente. Il suo assalitore, però, gli arrivò di fronte in men che non si dica e lui fu subito costretto a difendersi. Si accorse allora che, anche senza toccarlo, riuscì a respingerlo e a farlo ruzzolare lontano da lì. Era dunque questo il potere che gli era stato donato durante la trasformazione? Si domandò, guardandosi sconvolto le mani. Un redivivo poteva fare tutto ciò senza un minimo sforzo? Senza neanche un minimo di pratica?

«Da che parte stai, cacciatore?!»

«Dalla mia!!!»

«No… No! Tu stai con quelli dell’Élite! Il tuo potere è troppo-»

Il discorso fra i due, venne interrotto dall’immortale a cui aveva rotto l’osso del collo che, a quanto pare, era già guarito dal danno. Fu però tempestivo nella reazione e lo alzò tenendolo per il collo, puntando gli occhi neri in quelli rossi di lui.

«Fanculo, cazzo!» Sbraitò, lanciandolo via come un pezzetto di carta. «Andatevene tutti a fanculo!!»

«Che linguaggio scurrile…»

Una voce diversa da qualunque avesse mai sentito prima, costrinse Philip a puntare lo sguardo verso le scale anti-incendio della palazzina di fronte. Lassù, stretti in mantelli neri, c’erano due vampiri che non aveva mai visto prima di allora. Quelli della Élite Oscura, infatti, intervenivano raramente negli scontri cittadini. Uno dei due, che Philip notò essere solo una ragazzina immatura, si fece avanti e rivolse un’occhiata terrificante ai redivivi più deboli.

«Quello non sta con noi…»

«Io non sto con nessuno di voi, razza di schifosi esseri senz’anima!!»

Sibilò il cacciatore, indietreggiando appena, tenendo d’occhio ogni non-morto presente e persino l’umana. Fu quando l’altro vampiro incappucciato apparve in strada, che quelli dell’Underground si volatilizzarono in un baleno, con dei sibili contrariati. Si avvicinò lentamente all’umana e, con un gesto della mano, questa  cadde a terra, tramortita.

«Rimani con la Lega? Ti giochi l’esistenza al fianco di alcuni miseri e deboli umani?»

Domandò Brian, mentre la sua compagna lo raggiungeva e osservava curiosa il cacciatore. Philip, all’improvviso, avvertì un’energia sconosciuta invadergli il cranio. Sentiva una voce lontana nella testa e una forza sembrava trascinarlo in avanti, verso di lei, come se lo stesse stregando. Alzò a fatica lo sguardo per ritrovarsi infangato nei grandi e profondi occhi neri di lei, che parevano inghiottirlo.

«Che diavolo…?» Bisbigliò, non capendo cosa stesse succedendo. «Cosa mi stai facendo?»

«Philip!!!»

A gridare il suo nome fu il reverendo Isaiah, che era appena spuntato in fondo al vicolo, scendendo da una macchina nera. I due vampiri, vedendolo, sibilarono appena e il potere di Ellie svanì, permettendo al moro di riprendersi e correre dall’amico. Tuttavia, anche Brian apparì davanti al religioso, sorridendo e sistemandosi la giacca elegante che nascondeva sotto al pesante mantello.

«Salve, padre… Vedervi è sempre un piacere.» Sogghignò, abbassando il cappuccio. «Il mio signore si chiedeva che fine aveste fatto. Siete tornato perché Wynn è cambiato? Lo volete guarire?»

«Stai lontano, diabolica bestia!!» Esclamò il reverendo, puntando il crocefisso contro il vampiro. «Non provocare i servi di Dio.»

«“Dio”? Lo chiamate così, ora?»

L’antico immortale rise, nonostante il suo volto apparisse turbato. Non era infatti del tutto immune a quel simbolo religioso come voleva far credere. Tuttavia, sia Philip che Ellie sembravano subirne l’effetto e si contorsero doloranti.  

«Sappiamo tutti che non è Dio, colui che servite…» Continuò il castano, parlando direttamente nella testa di Isaiah. «Dov’è lui? È stato lui a mandarvi da Wynn ora che è uno di noi? Ha forse paura, adesso?»

«Lui non ha paura di voi!»

Mormorò il prete, facendo cadere a terra la croce, vittima del potere del redivivo. Quest’ultimo tirò un calcio all’oggetto, mandandolo lontano da lì in modo che non esercitasse più nessun potere su di lui. Anche la ragazza dalla lunga trecca si aggiunse al gruppo e piegò appena il capo di lato, così che, nuovamente, la sua energia strisciò nelle vene di Philip e del reverendo.

«Se non ha paura, allora perché non è con voi?» Chiese ancora, attraverso il pensiero, Brian. «Dove si è nascosto quel codardo di Jamey Wynn?!»

Le tempie dei due soggiogati sembravano scoppiare e per il male entrambi si inginocchiarono a terra, tenendosi la testa fra le mani. Il religioso, allora, si ritrovò a sussurrare, sapendo che le sue parole sarebbero state comunque captate dal portentoso udito di chi lo circondava.

«Ja-JameyLui…  Io non so dove sia.» Ammise, cadendo del tutto a terra. «Non è lui a d-d-darmi ordini diretti.»

Un ringhio rabbioso dell’immortale gli squarciò la testa, facendolo urlare. Sentì il suo potere invadergli la mente, violandola alla ricerca di un’informazione qualsiasi. Eppure non sa veramente dove sia nascosto Jamey Wynn. Nello scoprire quest’informazione, Philip sembrò stupirsene, ma non riuscì a muoversi di un millimetro.

«Ditegli che non vincerà questa battaglia nascondendosi e usandovi come marionette per i propri comodi.» Concluse Brian, coprendosi con il mantello. «Deve uscire allo scoperto il prima possibile, se non vuole perdervi tutti quanti. O forse non gli importa nulla, di voi?»

I vampiri scomparvero, liberando i cacciatori dai loro poteri e portando con loro il corpo privo di sensi dell’umana. Allora Wynn si alzò, digrignando i denti rabbioso, afferrando il reverendo per la giacca. Rimase in silenzio per qualche istante, guardandolo dritto negli occhi e provando il desiderio di ucciderlo.

«Che cazzo è questa storia?!» Domandò allora, scuotendo Isaiah con prepotenza. «Dov’è Jamey?! Dov’è mio fratello?!»

«Non lo so, Philip. Non ne ho idea.» Ammise l’altro, abbassando le palpebre. «Non lo vedo da dieci anni.»

Philip lasciò andare il compagno e fece un passo indietro, lanciando sguardi preoccupati attorno a sé. Da quando era stato trasformato, per la prima volta, gli pareva di provare un sentimento diverso dall’odio e dall’ira. Non riuscì a capire di che cosa si trattasse, ma si rese conto che ciò gli provocava uno strano formicolio allo stomaco. Eppure era morto, non poteva avvertire quell’ansia. Strinse i pugni, bucandosi con i propri artigli, rivolgendo di nuovo l’attenzione al reverendo.

«Allora per chi stiamo combattendo?»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ri-ciao a tutti quanti!!!

 

Bene ecco il nuovo capitolo di questa strana storia sui vampiri!!

Qui si sono conosciuti dei nuovi personaggi, tra cui il reverendo Isaiah e il giovane vampiro femmina Ellie! Entrambi saranno fondamentali nella trama, quindi non dimenticateli! :D

 

Inoltre ci è stato rivelato che Jamey è il fratello di Philip, ma ancora non si conosce molto di loro due e del ruolo di Jamey in tutto questo!

Chissà perché Raphael lo sta cercando?

 

Lo scopriremo presto! J

 

Grazie a tutti quelli che stanno leggendo!

 

 

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A presto!

 

 

M.M.

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