An Encounter

di AlHealy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


La strada deserta si stende per miglia davanti al vecchio Autogrill: le pareti rosse sono incrostate di sporco e qualche tegola del tetto è stata rimpiazzata da pezzi di lamiera. La periferia di Manchester ormai è lontana, ha ceduto il posto ai campi, a una distesa di terra che pare infinita. Gli occhi vacui di una ragazza ammirano il paesaggio dal vetro opaco del bar: sul tavolino davanti a lei una tazza vuota di caffè e un libro aperto, le pagine consumate. Si stringe il maglione intorno alle spalle, mentre uno spiffero d’aria che arriva dalla porta aperta di scatto le muove i capelli. Gli occhi rimangono sospesi nel vuoto ancora per qualche attimo prima di scivolare scaltri verso l’entrata, cogliendo un movimento. Fermo davanti alla porta d’ingresso c’è un ragazzo, vestito totalmente di nero: è magro, alto forse quanto lei, con due occhi scuri e la pelle chiara. Un ciuffo nero tirato all’indietro lascia intravedere una zona di capelli rasati. Tiene in mano un paio di chiavi che si infila nella tasca posteriore dei jeans sgualciti. Lentamente si avvia verso la cassa. La ragazza lo segue con lo sguardo: non sembra che lui abbia notato la sua presenza tra tutta la gente presente nel locale. Alcuni camionisti parlano con voce sommessa intorno ad un tavolo, approfittando della pausa di metà mattina per ascoltare qualcosa che non sia il borbottio continuo della radio; ci sono quattro o cinque famiglie confusionarie che ordinano brioches, succhi di frutta e “un caffè macchiato caldo, per favore!” Due grandi gruppi vacanza, composti prevalentemente da anziani, attrezzati di impermeabili dai colori sgargianti e parasole a pois. Tra quel miscuglio eterogeneo di persone, la ragazza non si stupisce del fatto che passi inosservata. Il ragazzo ha ordinato, con lo scontrino in mano aspetta paziente il suo turno, lasciando il tempo a una madre alquanto agitata di rincorrere il figlio più piccolo intorno a un tavolo prima di riuscire a ritirare il suo cappuccino. La ragazza distoglie velocemente lo sguardo che si appoggia sul libro, rimasto aperto sulla stessa pagina per una buona mezz’ora quella mattina. Senza mettere un segnalibro, senza piegare l’angolo della pagine per mantenere il segno, lo richiude con una mano e lo infila in una borsa di cuoio con la tracolla. Raccoglie uno zaino dal pavimento e si avvia verso una scala che conduce ai bagni. Apre la pesante porta, trovando una fila consistente di persone. La ignora e si avvia verso il grande specchio che percorre tutta la prete sopra ai lavandini. Si lava le mani e con espressione distratta osserva il proprio riflesso: un viso dai contorni definiti, ammorbidito dai capelli chiari che le scivolano fin sotto al mento, più corti vicino alla zona posteriore del collo, scoprono un centimetro o due di capelli rasati. Gli occhi verdi e scuri si ispezionano senza interesse, soffermandosi sulle labbra rosee e sul sorriso celato al di sotto. Si asciuga le mani sui jeans strappati e si stringe i lacci delle scarpe. Risale la scala e fa il giro obbligatorio tra pacchetti di patatine, pupazzi e vecchi CD che porta all’uscita. Afferra al volo un paio di occhiali da sole di plastica nera, i più economici del ripiano. Paga velocemente e scivola fuori, all’aperto. L’aria fresca di fine agosto la avvolge. Si incammina verso il parcheggio e si apposta su una panchina malamente avvitata dentro ad un piccolo spiazzo verde. Tira nuovamente fuori il libro e si infila gli occhiali da sole dopo aver staccato il cartellino. Stende le gambe e si osserva le punte delle scarpe, finché una voce sommessa non la riporta alla realtà:
- Deve essere interessante. -
Si gira di scatto verso il punto da dove proviene la voce. Il ragazzo con i capelli neri la sta osservando appoggiato ad un furgoncino, un Volkswagen T2 anni 70, bianco, molto hippie.
- Scusa? - risponde la ragazza.
- Il tuo libro. Deve essere interessante. - replica il ragazzo, l’accento di Manchester che sbuca fuori all’improvviso.
La ragazza lo osserva ancora un momento.
- Si, lo è. Forse non è la giornata giusta per leggerlo. - risponde mentre alza le spalle.
- Posso? -
Lei annuisce. Il ragazzo si avvicina, solleva il libro senza richiuderlo e comincia a leggere, in silenzio. Lei lo guarda, curiosa. Quando alza lo sguardo, riappoggia il libro sul tavolo di fronte alla panchina:
- Non male. Un po’ paradossale forse, ma un bel libro. - lei lo guarda incuriosita.
- Sinceramente, preferisco altri generi. - continua lui, mentre scuote la testa e i capelli gli scivolano davanti agli occhi. Con un rapido movimento, uno di quelli che dopo anni di abitudine diventano automatici, accosta una mano ai capelli ribelli e li sposta nuovamente indietro, muovendo di scatto anche il collo. Lei continua a guardarlo da dietro gli occhiali da sole.
- Oh, giusto, perdonami la sfacciataggine: mi chiamo Matty. - allunga una mano verso di lei, sorridendo, che la stringe e risponde:
- Al. -
- Sono sempre rimasto fermo nella stupida convinzione che Al fosse un nome alquanto maschile. - replica ironicamente. Lei sorride, per la prima volta nel corso della mattinata:
- Alice. Mi chiamo Alice. Ma preferisco Al. -
- Ebbene, Al - pausa ad effetto - posso sapere cosa ti porta qui, nella meravigliosa periferia al confine con Manchester? -
- La voglia di andarmene da Manchester stessa. -
- Questo era chiaro fin dal principio. - risponde lui ammiccando. - E, se mi è concesso saperlo, dove sei diretta? -
Il sorriso celato sembra svanire per un attimo dal viso di Al:
- In realtà, è difficile da stabilire al momento. Penso più ad allontanarmi che ad avvicinarmi nuovamente a qualcosa. -
Lui annuisce, improvvisamente serio:
- Be, ti faccio una proposta: io sono in procinto di iniziare un viaggio alquanto emozionante e imperdibile. Devo recuperare tre amici sparsi per il paese. E infine, ci dirigeremo verso la capitale. -
- Posso sapere il motivo di questo viaggio? -
- Seguimi, e lo scoprirai molto presto. - sorride di nuovo.
Al riflette per un attimo:
- In realtà - replica - stavo per andare a comprare un biglietto per l’autobus e prendere poi un treno a Manchester. -
Lui la guarda sarcastico:
- Oh, andiamo. Non mi sembra certo la scusa migliore che avresti potuto trovare. -
- Cosa ti fa pensare che non sia la verità? -
- Prima di tutto, hai appena espresso chiaramente la voglia di lasciarti Manchester alle spalle, e non sembri intenzionata a tornarci neanche per prendere un treno. Secondariamente, sei uscita da quel bar già da mezz’ora e se non hai preso il biglietto dell’autobus prima, perché dovresti farlo ora? Terza ed ultima cosa, non sai nemmeno tu la destinazione del presunto treno. Che senso avrebbe quindi tutto ciò? -
Lei rimane in silenzio. Poi sorride.
- Almeno hai la patente per guidare quel macchinino? - dice scherzosamente.
- Per tua informazione, io 18 anni li ho già fatti tempo fa. - replica Matty.
- Ah, quindi quanti anni pensi che abbia? -
Lui fa finta di sforzarsi:
- Direi una ventina. Tondi tondi. -
Lei annuisce:
- Complimenti, complimenti. -
- Ed io? -  
- Ventiquattro. -
- Venticinque. - ammicca.
Lei alza gli occhi al cielo.
- Chi sarebbero questi tre amici da recuperare? - chiede.
- Oh, vecchie conoscenze. Tre sbandati. - ride, mentre apre la porta posteriore del furgoncino. Al recupera lo zaino e richiude il libro, si infila la borsa a tracolla e appoggia gli occhiali da sole sopra ai capelli, come un cerchietto.
Si avvicina e sale, rimanendo quasi senza parole: i sedili posteriori sono stati rimossi, lasciandone solo due davanti. Un divanetto ad angolo percorre tutto un lato e il fondo del furgone; un tappeto bordeaux è steso per terra; dalla parte opposta un mobiletto a cassetti contiene le cose più varie: vestiti, pentole, accendini, un fornelletto portatile. Ci sono quattro o cinque paia di scarpe sparse per l’abitacolo, alcune nascoste sotto il divano, altre lanciate dove capita. Pacchetti di sigarette vuoti e non disseminati in mezzo ai vestiti.
- Perdonami per il disordine. - dice Matty ridacchiando - non era nei miei programmi avere un ospite. -  
Al non risponde. Appoggia lo zaino sul divano e la borsa appesa alla maniglia della portiera.
- Tu vivi qui? - chiede a voce bassa.
- Per il momento. - sorride Matty. - Quando arriveremo a Londra spererei di trovare una sistemazione un po’ più confortevole, ma per adesso, me lo faccio andare bene. -
- Ma è bellissimo. - risponde Al ancora estasiata.
- E’ bastato qualche ritocco. - replica Matty. - Fai come se fossi a casa tua. Non è certo comodo come la sedia di un Autogrill, ma con un po’ di spirito di adattamento ci si può stare. - ammicca.
Al alza gli occhi al cielo.
- Adesso che ti sei finalmente tolta quegli occhiali da sole, posso permettermi di dire che hai davvero dei begli occhi? -
- Matty, hai intenzione di iniziarlo questo viaggio o continui a parlare perché non sei in grado di guidare? - ridono tutti e due.
- Benvenuta a bordo, signorina. - sguscia veloce tra i due sedili anteriori e si posiziona dalla parte del guidatore.
- Puoi stare li dietro o venire qui davanti con me, come preferisci. Se ti metti sul divano, attenta alle chitarre. -
Al si gira; non le aveva notate, ma ci sono tre custodie appoggiate sul fondo del divano, una nera, una bianca, e una rossa.
- Okay - risponde.
Si siede sul divano, abbandonando la testa su un cuscino.
- Allora, dove siamo diretti? - chiede appena il furgone viene messo in moto. Matty la guarda dallo specchietto retrovisore e sorride:
- Sei mai stata in Scozia? -
Al si gira di scatto:
- Scozia? -
- Glasgow. George ci aspetta li. -

"Ciao a tutti ragazzi.
Cercherò di non perdermi in un discorso troppo lungo, dato che di solito preferisco che sia la storia stessa a parlare da se. Come avete forse già intuito, la protagonista ha il mio stesso nome: non fatevi trarre in inganno, non sono così egocentrica come posso sembrare, ma raccontare una storia pensando di esservi dentro è sempre stato il modo migliore che ho avuto per esprimermi.
E' la prima fanfiction seria che pubblico, avevo un account tempo fa e avevo cominciato un lavoro su un altro gruppo, ma non l'ho mai terminato. Spero di trovare il tempo per aggiornare abbastanza spesso, anche se non vi posso dare un appuntamento fisso; in questo periodo forse riuscirò a pubblicare anche ogni giorno, ma poi andando avanti gli aggiornamenti potrebbero ridursi a uno alla settimana. Chiedo scusa in principio perchè anche io ho sempre trovato snervante l'attesa, ma potrebbe esssere un incentivo per seguire la storia, che spero vi prenda come sta prendendo me scriverla.
Ho uno stile particolare, vado dritta al punto come nella vita e scrivo al presente perchè mi piace l'idea dell'imedialità in ogni situazione. Commentate anche con critiche, sono assolutamente disposta, se non speranzosa, di sentire pareri diversi, per migliorare qualcosa se possibile e per rendervi più piacevole la lettura.
Ancora deve ingranare un po' tutto, avrete la stessa impressione anche nel prossimo capitolo, ma vi assicuro che tra poco entreremo nel vivo della vicenda.
Buona lettura.
Al."  

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


Gli occhi persi nel vuoto, Al osserva la polvere volteggiare in spirali, attraversando i raggi del sole morente. Si guarda intorno: il furgoncino è deserto, le chiavi appoggiate al cruscotto. Si avvicina al mobiletto e afferra la borsa di cuoio; dopo essersi infilata le scarpe apre la portiera, ritrovandosi nel parcheggio di una stazione di servizio. Chiude gli occhi e lascia che l’aria fresca della sera che si avvicina le accarezzi il viso: un’occhiata veloce al telefono, nessuna chiamata persa, nessun messaggio. Le 18:12. Richiude la portiera e con la borsa a tracolla si avvia all’interno dell’edificio: altri camionisti che comprano panini farciti e pacchetti di patatine. Si dirige verso il bagno, non c’è fila. Si sciacqua il viso e torna nel locale principale; il solito giro tra gli scaffali e afferra una confezione di bottigliette d’acqua. Quando esce, il sole è già calato un po’ di più, il parcheggio si sta svuotando in fretta. Al si avvia verso il retro dell’Autogrill: una cabina telefonica e una zona verde, qualche panchina sparsa qua e la. Su quella più lontana dal parcheggio è seduto Matty, la t-shirt nera evidenzia le spalle magre e sporgenti, i capelli sono raccolti in un codino. La custodia rossa è appoggiata al suo fianco, tiene la chitarra sulle ginocchia e in mano ha una sigaretta accesa. Al si avvicina silenziosa. Si siede di fianco a Matty, la custodia in mezzo a loro come una barriera. Lui rimane in silenzio, lo sguardo fisso davanti a se, anche se Al dubita che stia guardando qualcosa in particolare. Il fumo disegna degli strani disegni nell’aria. Rimangono entrambi zitti, nessuna parola viene sprecata. Solo quando la sigaretta è totalmente consumata Matty torna ad essere presente. - Sai – comincia – certa gente non capisce quando è opportuno non parlare. Quando uno comprende il silenzio, ha compreso anche la musica, non credi? - sembra talmente serio che Al non osa rispondere. Lentamente Matty si posiziona la chitarra sulle gambe e comincia a suonare, gli accordi si susseguono uno dopo l’altro, seguendo uno schema che Al dopo qualche momento comincia a comprendere. Passano i secondi, poi i minuti, prima cinque, poi dieci. Lentamente, quasi in un sussurro, Matty comincia a far uscire la voce. Al rimane in silenzio, poi, piano, timidamente, lo segue; non conosce le parole, forse non importa. Vanno avanti così, perdendo la concezione del tempo; il sole cala, il buio avanza e si accendono i lampioni. L’unico rumore udibile è quello delle macchine che sfrecciano veloci. Solo quando Al comincia a rabbrividire dal freddo perché ormai il maglione non tiene abbastanza caldo, Matty si ferma, interrompendo dolcemente la canzone. La guarda con occhi raggianti. - Incredibile. – sussurra. - Ho capito. – sorride Al – voi suonate. Tu e gli altri tre ragazzi. Voi create questo ogni volta che siete insieme. – - Questo lo abbiamo creato io e te, questa sera. – risponde lui. Sorride. Un sorriso pieno, il più bello che le abbia mai indirizzato dall’inizio di quel viaggio. Al guarda il display del telefono. 19.45. - Ti rendi conto di quanto siamo stati qui fuori? – dice. Matty scoppia a ridere e mette via la chitarra, nera a contrasto con la custodia. Al lo guarda. Lui tira fuori un pacchetto di sigarette da una tasca dei pantaloni, ne tira fuori una ma ferma la mano a mezz’aria. La guarda. - Vuoi? – chiede. Al annuisce. Matty alza le sopracciglia, stupito. - Oddio, cosa ti sembro, un angelo per caso? Be, impressione sbagliata. – dice alzando gli occhi al cielo. Lo guarda; la sua faccia è troppo seria e lei non riesce a contenere la risata. Matty si unisce a lei. Accendono le sigarette e osservano il fumo che sale e si avvolge. Quando entrambi hanno finito, si alzano e si avviano verso il furgoncino. Matty apre la portiera e si lasciano cadere sul divano, uno di fianco all’altra. Al tira fuori due panini e la confezione d’acqua dalla borsa e mangiano in silenzio. Matty si accende un’altra sigaretta e ogni tanto la passa ad Al. Rimangono in silenzio ancora un po’. Quando non si distinguono altro che le sagome confuse all’interno dell’abitacolo Matty si alza e accende le luci interne del furgoncino. - Il divano sul lato è tutto tuo, io dormo nella parte in fondo. – le dice sorridendo. Al annuisce. - Stanotte rimaniamo fermi? – chiede. - Sì, sono leggermente stanco – risponde lui – al contrario di te io non ho dormito oggi. – ammicca. Al sorride. - Agli ordini, capitano. – poi si guarda intorno con occhio critico per un attimo - Dove mi dovrei cambiare? – chiede alzando gli occhi al cielo. - Ah, giusto. Non credere che non ci abbia pensato. – risponde lui. Tira una cordicella che pende al di sopra dello schienale del divano e una tenda appare a dividere la parte anteriore dal retro. - Continui a stupirmi, Matthew. – esordisce Al. - Be, Alice, l’eventualità di avere un’ospite è sempre da considerare, no? – ride. Al lo spinge verso i sedili anteriori e recupera lo zaino da sotto un cuscino. - Devo coprirmi gli occhi? – scherza Matty. - Fa meno lo spiritoso – risponde lei mentre si toglie il maglione e la maglietta. Si cambia velocemente, infilandosi un paio di braghe di tuta e una maglietta bianca che le arriva alle ginocchia. Infine, si butta addosso una felpa altrettanto lunga. - Ho fatto. – dice. - Perfetto. – sentenzia Matty sbucando fuori. Rimette a posto la tenda. Al constata che si è cambiato anche lui: è sempre vestito di nero, ma questa volta i pantaloni sono senza strappi, ma sempre stretti intorno alle gambe magre, e la maglietta è diventata una canottiera, coperta da una felpa col cappuccio. Si è sciolto i capelli, che ricadono leggermente mossi. Nessuno proferisce parola. Al si accoccola sul divano, lui spegne le luci. Non rimane altro che il calore e il silenzio. Matty si alza, silenziosamente. Ritrova la chitarra appoggiata su uno dei sedili, se la appoggia sulle gambe e, come prima, accende una sigaretta. Al si avvicina, gliela toglie di mano mentre lui comincia a suonare, appoggiandogliela ogni tanto sulle labbra. La cenere che brucia illumina i loro volti, mentre il fumo sparisce veloce nella notte, uscendo da un finestrino aperto.

"Eccoci di nuovo ragazzi. Come vi avevo già detto, sono riuscita a aggiornare relativamente velocemente, anche se ho avuto vari problemi di connessione per un fatto abbastanza spiacevole, ma ora è tornato tutto regolare. Probabilmente domani non riuscirò nemmeno a scrivere a causa di impegni che non posso rimandare, ma vi assicuro che non ci vorrà molto prima di avere il nuovo capitolo pronto, che vi anticipo già, sarà molto più movimentato: inizia il viaggio vero e proprio dei nostri protagonisti e cominceremo a spostarci per la Gran Bretagna. Ci tenevo a raccontarvi il motivo per il quale scrivo sui The 1975; sono una fan da davvero poco in confronto al loro successo, ma credo di essermi davvero innamorata a primo ascolto, che, a proposito, è stato "Chocolate". Banale? Io non credo. "An Encounter" perchè è uno dei pezzi strumentali che mi ha più affascinato, anche se potete trovarw riferimenti indiretti a varie canzoni sparse per tutta la storia. Ho un debole (credo si sia intuito) per Matty. Fatemi sapere cosa ne pensate. Buona lettura e buona serata a tutti. Al."

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***


Il rumore sordo e continuo del motore che ronza culla Al come una ninnananna. Il paesaggio sfreccia veloce alla sua sinistra, una distesa di campagna che confina con il guard-rail della strada.
Sono stati fermi tutta la notte, dormendo rannicchiati sul divano; appena alzata Al ha ritrovato una brioche e un cappuccino appoggiati sul sedile del passeggero, e ripensandoci non riesce a trattenere un sorriso. Matty la guarda e ammicca.
La radio in sottofondo trasmette canzoni sconosciute, anche se Matty sembra conoscerle quasi tutte.
- Sembri un juke-box – sentenzia Al.
Una risata.
- Sono canzoni un po’ troppo inascoltate secondo il mio parere, dei capolavori di geni incompresi che vengono fatte passare su queste stazioni piene di interferenze solo perché non si atteggiano da super star. – è la sua risposta.
- Come te insomma. – scherza lei.
Matty abbassa gli occhi e scuote la testa, i capelli riccioli che gli coprono la fronte, e poi di nuovo quel movimento, di scatto.
- Non mi ritengo uno scrittore di capolavori, un genio incompreso, quello sì. – ammicca di nuovo.
Al sorride. Un attimo di silenzio.
- Matty – lui sposta lo sguardo.
- Dimmi – risponde.
Al aspetta un altro momento.
- Come mai sei partito per questo viaggio? – chiede.
- E tu, Al, come mai sei partita per questo viaggio insieme ad un perfetto sconosciuto? È una cosa da irresponsabili, non pensi? – risponde.
- Matthew, non rigirare le domande. Ti ho chiesto il motivo per cui tu sei partito, ciò che ha spinto me lo so abbastanza bene, grazie. – ribatte.
- Oh be, se la mettiamo cosi… Vedi, Al, sto andando a recuperare tre amici, tre compagni. Sai, noi suonavamo, due anni fa. Noi quattro, e Michael. Michael era la voce, prima. L’anima di tutto il gruppo. Io mi limitavo a strimpellare la mia chitarra, George aveva la sua batteria, Adam chitarra e tastiere, Ross il basso. Eravamo bravi, c’era sintonia, giravamo per locali racimolando qualche soldo. La musica era buona, avevamo cominciato a lavorare su un EP, scrivevamo i nostri testi. Era magnifico. Ma, sai, non tutto è perfetto. Michael si ammalò. Si ammalò durante l’agosto di due anni fa. Cancro. Non ci fu molto da poter fare. La malattia se lo portò via. Ed era così pieno di vita, Mike. – una lacrima solitaria scende sulla guancia di Matty.
- Viveva, letteralmente, per la musica. E noi gli portammo la musica in ospedale. Riuscimmo per fino a suonare seduti a fianco del suo letto, che lo faceva sembrare così piccolo. Era forte Mike, era forte. Ma non ce la fece. Si spense una sera di metà settembre, mentre io ero seduto al suo fianco. Semplicemente, chiuse gli occhi e si addormentò. E cominciai a cantare per lui. La canzone che avevamo scritto, insieme. – si passa la manica della felpa sul viso.
- Io impazzii. Devo ammettere che probabilmente fu colpa mia se ci perdemmo, tutti quanti. Cominciai a girare con delle brutte compagnie, ebbi problemi, conobbi la droga e altre schifezze. Rabbrividisco se ci penso adesso. Si allontanarono, tutti gli altri. Ognuno di noi prese strade diverse. Non so in realtà spiegarti perché. Anziché cercare la forza l’uno nell’altro, ci siamo rinchiusi in noi stessi. Ci sembrava inconcepibile, non sarebbe più stato niente di sensato continuare. La musica, però, quella rimase. Non eravamo abbastanza forti per poter suonare insieme senza di lui, senza Mike. Sembrava impossibile.
Fu George che riuscì a risolvere tutto. George si presentò davanti alla mia porta, mi fece rinsavire. Era come se avessi dormito per quasi due anni interi. Suonammo insieme, per qualche giorno, letteralmente, suonammo e basta, mangiando pizza e take-away, nel mio appartamento lurido. E poi lui ripartì per la Scozia, dopo avermi strappato una promessa. Che li avrei riuniti, tutti quanti. Perché Mike avrebbe voluto così. –
Matty si zittì. Al non disse niente.
- Capisci ora perché sono partito, Al? Devo rimettere a posto la mia vita. Devo ritrovare gli altri. Devo farlo per Mike. -
- Accosta. – sussurra lei.
- Come? – dice Matty.
- Accosta. – ripete Al.
Matty obbedisce, fermandosi in una piazzola al lato della strada. Al sgancia la cintura e scende, Matty la segue senza capire.
- Cosa stai tentando di fare.. – non fa in tempo a chiedere che Al gli si stringe addosso, passandogli le braccia dietro il collo. Lui rimane immobile per un attimo, ma poi si scioglie e la stringe, appoggiandole le mani sui fianchi. Al sussulta silenziosamente, bagnando la spalla di Matty.
- Cosa c’è, Al? Tranquilla. –
- Matty – risponde lei – Matty, mi dispiace. – singhiozza.
- Stai tranquilla, è tutto passato. – risponde lui.
- E’ tutto passato. Dobbiamo trovare gli altri Al, dobbiamo farlo per Mike. – sussurra ancora.
Rimangono stretti l’uno all’altra, il vento fresco che li sferza, la luce del mattino che li investe, ognuno inconsapevolmente l’ancora dell’altro.

"Buonasera a tutti ragazzi.
Sono finalmente riuscita rimettermi davanti allo schermo del computer e sono stata improvvisamente colta da mille idee improvvise, che lentamente si sono tradotte in ciò che potete leggere qui sopra.
Rivelazioni, ecco che cominciano. Spero non siano deludenti, perchè ci ho pensato a lungo prima di redire finalmente il capitolo intero.
Siamo stati molto statici oggi, sto cercando di introdurre un po' di dialogo perchè è questo che fa progredire la relazione fra i due protagonisti, ma nel prossimo capitolo aspettativi qualcosa di più descrittivo.
Sono molto impegnata in questo periodo, il liceo non da tregua, ma vi prometto che cercherò di essere il più veloce possibile. Ho anche qualche problema a livello di computer, ma bene o male riesco a saltarci fuori ogni volta.
Volevo ringraziare particolarmente le due ragazze che hanno recnsito positivamente i miei primi due capitoli, grazie mille ragazze siete state davvero carinissime e sono davvero molto appagata da quello che mi avete detto, e scusatemi se ho risposto un p' in ritardo ma non sono riuscita a controllare molto il sito in questi giorni, quindi un saluto particolare.
Aspetto nuove recensioni, anche negative, datemi ogni parere che vi viene in mente.
Ora procedo alla stampa dei capitoli, mi piace conservarli anche in cartaceo.
Ah, ultima cosa: ho inserito un riferimento ad una canzone dei The 1975, vediamo se riuscite a scovarlo!
Un abbraccio e buona lettura, o per lo meno, buona attesa.
Al."  

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


~~- Un cappuccino, grazie. -
La commessa batte veloce l’ordine sulla cassa che si apre con un suono metallico. Al fa per tirare fuori il portafoglio, ma il polso magro di Matty la precede allungando una banconota da cinque sterline.
- Ma non provarci neanche… - comincia a dire lei, ma Matty la zittisce.
Durante tutto il tragitto verso il bancone, con lo scontrino lucido in mano, Al protesta a bassa voce e Matty la ignora, celando un sorriso. Si siedono ad un tavolo vicino alla finestra, più lontano possibile da tutte le altre persone presenti nel locale, e cominciano a parlare. Un rituale che sembrano entrambi conoscere da molto più di due giorni. Un filo conduttore invisibile collega ogni argomento, le parole si susseguono, senza pretese. Perdono ore seduti su sedie scomode, perdendo la cognizione del tempo.
- Matty – sentenzia Al, sorseggiando il cappuccino ormai freddo, rimasto nella tazza per più di un’ora.
- Si? – chiede.
- Sei al corrente del fatto che siamo ancora appena dopo Leeds? Di questo passo ci arriveremo per Natale a Glasgow. –
- Al, vuoi guidare te per caso? Ti cedo molto volentieri il compito. – risponde.
- Non ho detto questo e non metto certo in discussione le tue capacità di autista, ma ti rendi conto che la maggior parte del nostro tempo la stiamo perdendo in stazioni di servizio? Quando mi hai parlato di viaggio attraverso il paese, speravo in qualcosa di più emozionante, se devo essere sincera. –
- Ah, davvero? – risponde – non posso certo biasimarti. Forse… - la frase rimane sospesa a metà.
- Forse? –
- Che ore sono? – chiede improvvisamente.
- Le 9:11… perché? –
Si alza di scatto.
- Matty, vuoi spiegarmi cosa stai… -
- Vieni! Abbiamo ancora un pomeriggio intero se tutto va bene, dobbiamo sbrigarci! –
Corre veloce tra gli scaffali, Al raccoglie lo zaino e gli arranca dietro. Si lanciano nel parcheggio, Matty apre il furgoncino e mette in moto, partendo al volo.
Ancora con il fiatone, Al comincia a investirlo con una serie di domande miste a imprecazioni. Ma Matty pare sordo e non risponde, si limita a guardare la strada con un ghigno strano stampato in faccia.

Viaggiano per circa due ore, la radio come sempre in sottofondo. Al capisce che Matty ha semplicemente intenzione di ignorarla; stende la gambe sul cruscotto e non proferisce parola, la fronte corrucciata. A un certo punto, Matty imbocca un’uscita dell’autostrada, ma Al non fa in tempo a leggere le indicazioni, e protesta sommessamente. Lui ride. Accelera leggermente.

- Newcastle upon Tyne. Famosa per il Tyne Bridge, la Newcastle Brown Ale e il Newcastle United. Siamo a circa otto, nove miglia dall’oceano. – esordisce Matty – è anche una delle città meno piovose del Regno Unito, e qui c’è sempre leggermente più caldo rispetto al resto del paese, credo che ciò sia dovuto alla Corrente del Golfo, o una di quelle motivazioni geografiche. -
Al lo guarda: - Mi preoccupi sempre di più Matthew. Adesso sei anche un esperto di geografia. Impressionante. – sorride.
- Allora, mia signora, cosa preferisce: oceano o città? -
- E me lo chiedi anche? – risponde Al sdegnata.
- Immaginavo. –

Una distesa di sabbia chiara, divisa dalla strada tramite un muretto di sassi e tanti piccoli cespugli che crescono selvaggi, sferzati dal vento.
Matty accosta ed Al scende in fretta dal furgoncino. Si toglie le scarpe e le calze, lasciandole riverse di fianco alla portiera, e corre veloce verso l’acqua, tirandosi via la felpa durante il tragitto. I capelli al vento, l’aria fresca la avvolge, i jeans bagnati stretti intorno alle gambe e la maglietta bianca che perde la forma. Acqua, sale, sole e sabbia. Matty la guarda da lontano, mentre si tuffa in acqua ancora e ancora, nuota contro corrente e si lascia trasportare dalle onde. Raccoglie le scarpe e stende il telo più grande che ha trovato sulla sabbia, appoggiandoci sopra la felpa.
- Matty! Avanti, vieni! È bellissimo! – sembra una bambina, così alta eppure così piccola davanti all’immensità del Mare del Nord.
- Sbrigati! – urla.
Matty sorride. Si sfila le scarpe e la maglietta, scoprendo la pelle chiara e la vita stretta. Corre verso l’acqua. I primi istanti sott’acqua lo soffocano, i suoni si attutiscono, la forza del mare lo attira verso l’interno. Oppone resistenza, pianta i piedi nella sabbia fredda e spinge l’aria fuori, svuotando i polmoni. Risale e scuote i capelli grondanti. Al è ferma in piedi, l’acqua le arriva alla vita, lo guarda e ride. Matty si unisce a lei, le voci che salgono insieme, i fiati pesanti per la corsa, per l’adrenalina che si libera nei corpi.
- Guardati – ride Al – sembri un delizioso barboncino. – dice indicando i capelli di Matty.
- Ah davvero? – risponde lui – questo non dovevi dirlo. – smuove l’acqua intorno a se e afferra Al per la vita, lasciandosi cadere a peso morto sott’acqua, mentre lei caccia un grido. Torna in superficie ma non la lascia, lei si divincola e riesce a spostarsi. Comincia a correre verso riva, getti d’acqua si infrangono contro alle sue gambe, Matty la segue a ruota. Riesce ad afferrarle un braccio appena prima che lei esca dall’acqua, Al si gira.

Uno di fronte all’altra, gli occhi immersi in quelli dell’altro, i respiri si incrociano, i capelli bagnati e le gocce d’acqua che scivolano scaltre sulle guance. Le loro labbra si sfiorano, quasi per sbaglio, attratte magneticamente. Poi si perdono l’una sull’altra, silenziose.

Restano seduti vicinissimi sul telo, le felpe buttate addosso mentre i capelli si asciugano col vento. Matty si accende una sigaretta, Al non fuma ma rimane a guardare l’acqua. Ogni tanto sposta lo sguardo su di lui, che si gira, le passa un braccio intorno alle spalle e si appoggia sulle sue labbra, mentre il rumore continuo delle onde li culla. 

 

"Buonasera ragazzi.
Eccoci finalmente con il quarto capitolo. Mi scuso per l'attesa, ma è un periodo un po' frenetico e il tempo per scrivere si riduce.
Credo di essere in un periodo di cambiamento rispetto al modo di scrivere: dalla descrizione dettagliata del primo capitolo, ci ritroviamo adesso davanti a pochi elementi. C'è una spiegazione per tutto ciò. Sto cercando di rendere chiunque partecipe della storia: mi spiego meglio. Lasciando poche tracce qua e la per descrivere il paesaggio, o un'atmosfera, ogni elemento che voi trovate lo traslate e lo fate diventare più vicino a voi, all'idea che vi siete fatti della storia.
Personalmente, Al è una proiezione di me stessa, ma voi, non conoscendomi, non sapendo come sono fisicamente, potete tranquillamente plasmarla e farla diventare mora con i capelli lunghi e gli occhi azzurri.
Anche per questo amo i libri più dei film: ogni libro diventa per me qualcosa di personale; mentre un film mi impone un'immagine ben precisa, con un libro posso lasciar vagare l'immaginazione. Se ognuno di noi dovesse disegnare la descrizione che trova di un paesaggio, ogni disegno sarebbe, anche per un minimo particolare, diverso.
Fatemi sapere cosa ne pensate, aspetto ansiosa nuove recensioni, nuove opinioni.
A presto.
Al."

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