The green hills of Ellan Vannin

di Val
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Basta paure. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - La casa sull'Isola ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Cose che non cambiano. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Streghe che amano le favole. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Il mare in tempesta... ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Regalo prima della partenza...da maneggiare con cautela. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Aconito, Bryonia e un ghiro. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Paul Allerston ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Confronti impegnativi. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Un'ereditá scomoda. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Rituali notturni. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Basta paure. ***


Appendice – 1:

Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che, come per ogni donna nel suo stato, a volte la spaventavano anche, ma con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Dorinda, Charlie e Una, Morgan.
E aveva Liam.
Certo lui a volte doveva allontanarsi per lavoro, ma aveva concentrato tutti gli impegni più gravosi nei primissimi mesi di attesa e a quel punto le sue assenze si limitavano al massimo a tre o quattro giorni, durante i quali sapeva benissimo di non lasciare Sìle da sola.
E poi c’era il bambino.
Ogni sera, quando si metteva a letto, Sìle passava i primi minuti di riposo inseguendo con la mano la sensazione di sfarfallìo che avvertiva all’interno della pancia.
Era un momento che non si negava mai, era quello in cui sentiva finalmente di riuscire a scambiare qualcosa con la bambina.
Sì, era una bambina e Liam non ne era affatto meno felice.


- Mi dispiace…- aveva detto a Liam un pomeriggio di qualche tempo prima – ti giuro che non l’ho fatto apposta…ho cercato di fare finta di non saperlo, ma non ci riesco…-
Le sembrava di aver tradito un impegno. Quel giorno in cui aveva detto a Ceday che per niente al mondo voleva sapere se aspettava un bambino o una bambina, era del tutto sincera.
Liam aveva resistito per qualche secondo, fingendo di non dare peso alla frase, di continuare a montare quel mobile di cui miracolosamente riusciva a ritrovare ogni pezzo, ma non ci riuscì a lungo.
- Liam?-
- Sìle?- rispose lui con lo stesso tono esplorativo.
-…mi ascolti?-
- Sono tutto orecchie…-
- Ma non dici niente…-
Con un sospiro frettoloso di arginare il quotidiano attacco di insicurezze della compagna, mollò il cacciavite sul pavimento e appoggiandosi con le braccia alle ginocchia, si girò verso di lei che gli stava dietro.
- Tesoro…amore mio dolcissimo, luce dei miei occhi, mia unica ragione di vita, cerca di non prenderla come aggressività per favore ma ti sembra una cosa di cui scusarsi? E’ come chiedere scusa per il proprio colore di capelli, andiamo! E poi non siamo noi padri a determinare il sesso? E’ colpa mia, dovrei scusarmi io, ma non mi sento in difetto…-
- Sì, ma credevo ci tenessi a…-
- A che cosa?-
- A che fosse una sorpresa per entrambi…-
Liam la interruppe sollevando imperiosamente l’indice.
- Sìle, frena il fiume dei tuoi pensieri per trenta secondi e stammi a sentire: io tengo al fatto che nasca senza problemi, che sia sana e al fatto che tu stia bene. Non ci credo in questi impegni da film educativo in cui ti insegnano cosa sia la sincerità e la correttezza tra due che stanno insieme…sono pericolosi. -
- Ma nemmeno io ci credo…-
- E allora?- le chiese lui alzandosi a andando a sedersi vicino a lei – non mi sento tradito, lo so come sei e cosa ti succede ormai e se è femmina e ti somiglia, tanto peggio per lei: avrà un padre geloso in modo ossessivo…-
Fu Sìle a diventare imperiosa allora.
- Non osare provarci! Se ti vado bene io così come sono, deve andarti bene anche lei…-
Liam rise sotto i baffi e si stiracchiò per distendere la schiena, poi si girò verso di lei e con una mano le accarezzò la pancia, ormai abbastanza prominente.
- Sei proprio sicura?-
Sìle ci pensò un momento concentrandosi su sé stessa e annuì.
- E’ una cosa che sento molto intensamente…- rispose guardandolo mentre lui fissava il camino con aria pigra.
- Allora non c’è più niente da fare, sono finito…-
– Preferivi un maschio vero?-
Occorreva un nuovo argine al fiume di panico.
- Ma no! Certo sarebbe stata una boccata d’ossigeno per i pochi maschi della mia famiglia circondate da donne molto volitive, ma tanto lo sappiamo che più di uno o due a generazione non ne nascono…- rispose lui, quindi proseguì come parlando tra sé e sé – e poi credo che di fondo sia un fatto da attribuire alla consapevolezza che vivere con molte donne è comodo, nonostante le sfuriate… -
- Vuoi dire che l’interesse individuale è diventato un dato genetico nel tuo clan?-
- E perché no? -
Sìle lo squadrò con attenzione ma decise di dargli una possibilità.
- Comunque tu non ossessionarla va bene?- gli disse mettendo la mano su quella di lui: lo sfarfallìo che aveva già iniziato a sentire appena Liam l’aveva toccata, aumentò, diventò più vivace – è contenta di sentirti vicino…- gli disse strappandogli un sorriso intenerito.
- Pensi che sarà come te?- le chiese lui.
Sìle annuì.
- Probabilmente lo sarà sì. In genere quel tipo di somiglianza si tramanda di madre in figlia, o di padre in figlio nel caso di streghe maschio. Ma loro sono molti meno di noi…chissà perché?-
Liam si sistemò un cuscino dietro la nuca e accolse sulle ginocchia l’ultima gattina che lo aveva scelto come suo umano, Olivia, che aveva un nome solo perché Dorcas si rifiutava di permettere che un altro gatto che finiva nelle sue mani, si chiamasse Gatto o Micio.
Liam invece non si sentiva abbastanza superiore ad un felino per imporgli un nome umano.
- ...non so da quanto le cose stiano così, ma le donne sono più degli uomini. Forse è per quello…-


Il sogno che stava facendo in quegli ultimi minuti di sonno, era sfumato nella triste realtà di cui avrebbe preso coscienza pochi istanti dopo.
Come spesso accade a tutti, del sogno non era rimasto altro che una nuvola indistinta di immagini confuse e assurde, ma nelle orecchie rimaneva quel suono assordante e fastidioso che lo aveva svegliato.
- Ma che diavolo è?- chiese a qualcuno che poteva essere Sìle come sé stesso, perché lei, scoprì alzandosi, non era già più a letto.
Il rumore per qualche attimo parve essersi fermato e Liam stava quasi accarezzando l’idea di rimettersi a dormire, ne aveva bisogno, quella notte era andato a letto molto tardi, ma questa sua rilassante riflessione, condita della piacevole consapevolezza di come ci si sentiva quando fuori tuonava la mattina presto e con un brividino più di soddisfazione che di freddo si riaffondava tra le lenzuola tiepide, venne interrotta da un altro strepito.
Sembrava una cicala con un attacco di tracheite, ma intanto le cicale di primavera e in Gran Bretagna, erano davvero incontri difficili da fare, oltre a ciò: le cicale potevano avere la tracheite?
Ecco, arrivato sul limite di quel baratro, Liam venne colto da un attacco di stizza profondissima, andò alla finestra praticamente ad occhi chiusi, aprì la finestra a ghigliottina e, rischiando la testa non per la ghigliottina, ma per l’infisso di legno che minacciò di impattare contro la sua fronte, si sporse per vedere di cosa si trattasse.
- Insomma hai finito con questo baccano infernale?- si ritrovò a dire ad una bella gazza paffuta che lo prese in considerazione per un paio di secondi scarso.
Era molto impegnata in un’attività che a prima vista poteva essere pazzesca: svolazzava e inveiva minacciosa contro una grande cornice di stucco dorato, vuota a prima vista, che stava appoggiata contro il muro di una dependance della grande tenuta confinante con la strada forse in attesa di un restauro da parte dei vicini di casa.
Era davvero arrabbiata.
Liam ne comprese il motivo solo quando si accorse che non era una cornice vuota quella, ma uno specchio.
Se fosse stata vuota ci avrebbe visto dentro una porzione di muro, invece rifletteva il fitto fogliame delle querce soprastanti.
- Buongiorno…- lo salutò Sìle.
Lui si girò e la vide vestita con un pesante cardigan di lana nera su una tunica bianca e un bello sciarpone con disegni neri e rossi.
- Sei uscita?-
- Pluffie voleva uscire. Non mi sono fidata di lasciarlo andare da solo però…non conosce questo posto – spiegò lei stiracchiandosi all’indietro in un gesto che, per la leggera goffaggine dovuta alla pancia ormai prominente, risultava quasi tenero – è una bellissima giornata…già che sei sveglio andiamo da qualche parte?- propose prima che lui iniziasse a protestare perché Pluffie al guinzaglio poteva strattonarla, farle perdere l’equilibrio, mettersi a correre e trascinarsela dietro.
Sìle insisteva che Pluffie era un cagnolino tutto sommato piccolo e gestibile, e poi con lei era buonissimo, ma Liam era, senza ammetterlo neppure sotto tortura naturalmente, in fase ipeprotettiva.
La notte Sìle lo sentiva svegliarsi, controllare che lei stesse bene, poi magari per calmarsi andava di sotto a fumarsi una sigaretta o semplicemente usciva di casa.
Lei sapeva che aveva la tentazione di allontanarsi per distendersi e farsi tornare il sonno, ma per niente al mondo l'avrebbe lasciata sola.
Non era il classico futuro padre che dava istruzioni alla dolce metà su quanto e come muoversi, non gli saltava il cuore in gola se Sìle si diceva un po' stanca, ma solo per il suo fortissimo senso della dignità...che comunque era prontissimo a perdere alla prima avvisaglia di problema: per Sìle e sua figlia, anche se non erano ancora stati presentati ufficialmente, non era così dura rinunciarci.
Perfino di fronte a Ceday o a Morgan.
Quella volta comunque non fece rimostranze, Sìle ormai era tornata e non aveva alcuna intenzione di fare la figura dell'ansioso.
- Avevo sentito un tuono...- osservò invece.
- Non pioverà per un bel po'- rispose lei, e Liam si fidava di queste sue predizioni.
- Ah...d'accordo, perché no?- rispose quindi tranquillamente.
Lei gli sorrise contenta e lo ringraziò.
- L’hai pagata tu quella gazza idiota allora?-
- Non è idiota…-
- No infatti, è stronza -
Sìle uscì e prese a scendere le scale della casa che avevano preso in affitto per quella settimana.
- Smettila. Ti piacciono un sacco. Sono intelligenti, lo dici sempre anche tu: vedrai che adesso si riconosce e si calma…- disse, poi dopo un attimo aggiunse – ti faccio un caffè?-
- Sì, ma intanto mi ha svegliato! Anche due o tre caffè, grazie…adesso arrivo – rispose lui togliendosi velocemente maglietta e pantaloni con cui dormiva e infilandosi in bagno per una doccia.
Quando la raggiunse al piano di sotto, la trovò che sbirciava da una finestra.
Rimase fermo a guardarla, immobile e silenzioso, col preciso intento di vedere quanto ci avrebbe messo lei ad accorgersi della sua presenza.
Non era niente di strano, di magico, ma quando si voltava a guardarlo, aveva sempre un sorriso così sereno che faceva passare qualunque scontrosità da risveglio brusco.
- Cosa guardi lì impalato?-
- Te…-
La sentì ridere e avrebbe scommesso che stava arrossendo. Almeno in questo Sìle era come molte altre: più si vedeva il pancione, meno si piaceva, meno credeva di poter piacere a lui, che invece la trovava bellissima in un modo tutto nuovo.
E poi anche se si vedeva, quel pancione, non era poi così enorme e lei non era nemmeno ingrassata.
Quella stronza, come diceva Ceday, non metteva su un chilo nemmeno a imbottirla!
E poi aveva un'aria più matura a volte, questo forse la rendeva più bella. Iniziava a diventare fascinosa come Morgan senza lo stesso apparente distacco dal mondo.
- Ti da fastidio?- le chiese avvistando la tazza di caffè fumante sul tavolo che lei gli indicò.
Lei scosse la testa e si girò, appoggiandosi con un fianco alla finestra chiusa.
- Anche io ti guardo, ma tu non te ne accorgi mai…-
- La cosa non mi offende – rispose Liam sfogliando una o due pagine del giornale che Sìle aveva comprato fuori. Pluffie vedendolo, gli andò vicino e gli diede il buongiorno a modo suo: sollevato sulle zampe posteriori per appoggiarsi alla sua gamba, si stiracchiò con un grugnito e uno sbadiglio mentre Liam gli grattava la testa – buongiorno palla di pelo…-
- Possiamo andare a Lindisfarne?- chiese Sìle che fino a quel momento era rimasta piuttosto distratta.
- Certo…vediamo se qui c’è l’orario delle maree…- disse lui sfogliando il giornale.
- Ce n’è uno attaccato alla porta d’ingresso…-
Liam le andò dietro lasciando perdere il giornale e insieme cercarono l’orario di quel giorno.
- Ce la facciamo?- chiese lei sempre con tono un po’ svagato, abbracciandolo come fosse stato un morbido cuscino.
Era diventato normale da qualche tempo che fosse sonnacchiosa e pigra nel parlare, più bisognosa di un rilassante e confortante contatto fisico, anche se poi non era affatto più sedentaria nelle sue attività.
La cosa più strana era che a Liam più di una volta era sembrato addirittura di sentirla ronfare, fare le fusa come un gatto vero mentre gli stava abbracciata.
Lui le circondò la testa con un braccio, deglutì un sorso di caffè e sorrise.
- Ci sono venti minuti scarsi di strada, sono le nove del mattino, aprono i varchi alle dieci…credo proprio che potremmo farcela ad arrivare per le sei e trantacinque di stasera, sì…- le disse dandole un bacio sulla testa – ce la faccio perfino a prendere un altro paio di caffè senza rischiare di farci travolgere dalla marea -
Sìle accennò un sorriso e lo colpì con una mano sul petto.
- Non prendermi in giro…e poi tanto credo che galleggerei con questa pancia…-
Non era una lamentela o se lo era, la espresse con lo stesso tono distratto e leggero che mantenne per tutto il viaggio, anche se il panorama le piaceva e la fece diventare più euforica.
Quando furono sull’isola però, in cammino sulla lunga scia di asfalto che portava al castello di Lindisfarne, in una splendida e soleggiata giornata costellata di narcisi gialli in piena fioritura che spiccavano sul verde dell’erba e sul blu del cielo riflesso sulla sabbia umida, lei tornò a distrarsi e si fece di nuovo più silenziosa.
Liam non se ne preoccupava troppo, lasciava che fosse lei a dirgli cosa le ronzava in mente, lo faceva sempre.
- Mi piacerebbe cercare notizie di mio padre…- gli disse infatti dopo un po’.
- E’ la prima volta che lo dici…- rispose lui richiamando Pluffie che sembrava molto ispirato dalla pallina di un altro cagnolino: lui la sua l’aveva lasciata a casa quel giorno.
Sìle appoggiò la testa sulla spalla di Liam e sospirò.
- Ci penso da un po’ in realtà…da quando mi hai sgridata per essermi preoccupata che potessi preferire un maschio…-
- Non ti ho sgridata…-
- Un pochino sì. Ma avevi ragione… -
Allora Liam ritrattò subito la sua posizione, in modo ironico chiaramente.
- Allora è vero, ero arrabbiatissimo! Ero tentato di mandarti a letto senza cena…-
Arrivarono lungo una spiaggia fatta di grossi massi e Sìle volle andarsi a sedere lì, a guardare il mare.
- Come mai ti distrae così tanto questa cosa?- le domandò Liam sedendosi accanto a lei e scostandole una ciocca di capelli dal viso: un attimo dopo se la ritrovò stretta al petto, seduta tra le gambe, come faceva Lily.
- Mi distrae perché mi sono ricordata che l’unico viaggio che ho fatto con mio padre, l’ho fatto da queste parti…l’unica volta in cui mia nonna è riuscita a farci incontrare senza che mia madre si opponesse. Non so quanto siano fedeli alla realtà i ricordi, ma quando siamo stati a Whitby, mi sono ricordata del laghetto di fronte alla chiesa e di un gruppo di oche bianche. Ce n’era una con i piccoli e io li inseguivo…e lui mi richiamava per paura di non raggiungermi in tempo per non farmi cadere nel laghetto…-
- Allora ti ricordi di lui…-
Sìle fece segno di no con la testa.
- Ricordo solo la sua voce credo…vorrei cercarlo. Ho pensato che potrebbe essere contento se lo cercassi. Vorrei conoscerlo, lo so che è vivo. E voglio dirgli che sta per diventare nonno e vorrei che conoscesse il meraviglioso padre di sua nipote…-
Liam fece una smorfia inorridita.
- Non prendermi in giro tu ora. Ehi, lì dentro – disse affondando la mano sotto il braccio di Sìle per solleticarle la pancia mentre le dava un bacio alla base del collo - dai un calcio alla mamma, prende in giro papà!-
Lei rise e Liam la abbracciò sentendola rabbrividire sotto una folata improvvisa di vento e, dopo qualche attimo in cui attraverso gli occhiali da sole, rimase in contemplazione del mare e di due torri coniche che si levavano da una striscia di terra poco lontana dall’isola, si abbassò per parlarle più da vicino.
- Pensi che potrei ritrovarlo? Da dove comincio?- stava chiedendo lei.
- Da tua nonna…- le suggerì e quando lei si girò a guardarlo con immediata inquietudine, lui confermò con un cenno quanto aveva detto – Una è rimasta in contatto con lui per diverso tempo. L’hai detto tu stessa che quel viaggio con tuo padre hai potuto farlo grazie a lei…avrà sicuramente qualche notizia in più no? Qualche lettera, qualche indirizzo magari -
- Le telefono allora…- risolse Sìle fissando gli occhi sul mare e poi su Pluffie.
- Oh dai Sìle…che ti costa andarle a trovare per una volta? Magari anche tua madre sa qualcosa, ma lo sai che se non vi guardate in faccia, non riesci a scucirle una parola -
- Ma non devo scucirle niente, glielo chiedo e basta…perché dovrebbe negarmi una risposta?-
- Perché si ostina a non voler neppure rivolgere il pensiero a quell’uomo ad esempio? Lo sai che è così…e sai anche che questa paura di tornare là, è sproporzionata al problema. Non esiste un problema vero, tu sei più forte di tutti i tuoi ricordi -
Sìle sbuffò immusonita ma sapeva che Liam aveva ragione, quindi non reagì male, si limitò a non rispondergli sperando di spuntarla così.
Sapeva anche che non ci sarebbe riuscita però…infatti...
- Streghetta…- la richiamò Liam e lei lo guardò di nuovo.
- Non voglio ritornarci là, non mi piace l’idea di incontrare gente che conoscevo…-
- Ehi tu…- sussurrò Liam posandole un dito sulla fronte. La spinse leggermente indietro – guarda che di biglietti per il traghetto avevo in mente di comprarne due, se non disturbo...-
La ragazza sospirò ancora poco convinta, ma già più serena all’idea di rimettere piede sulla sua isola natale: con Liam vicino non aveva davvero paura di niente.
Si girò verso di lui, lo abbracciò, lo baciò sulle labbra e gli si strinse contro.
- Va bene andiamo…- bisbigliò.


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - La casa sull'Isola ***


Appendice – 1:

L’abitudine alla rilettura più attenta in momenti successivi, non verrà mai meno e...ci sono dei dialoghi in Manx non brevissimi(spero di aver scritto tutto bene, mi ostino a usare le lingue perché mi piace sempre sottolineare la differenza idiomatica), ma credo di averne spiegato il senso in ogni caso. ;)


Il viaggio da casa a Liverpool, la traversata in traghetto fino a Douglas e il viaggio fino a Peel, diedero a Liam una momentanea illusione di totale normalità: Sìle aveva perfino detto "Menomale che andiamo in traghetto, l’aereo mi darebbe un senso di asfissia in questo stato!"
Erano quelle piccole ricompense al suo spirito di adattamento che lo rifocillavano e lo facevano sentire in qualche modo meno inutile.
Sentire che anche Sìle, Ceday, Dorcas più di loro, avevano qualche remora verso cose ormai universalmente note all’uomo, gli dava la possibilità di sentirsi in minima parte un autorevole e affidabile capobranco la cui parola diventava fonte di fiducia e conforto per il gineceo che lo circondava, cosa che ad ogni uomo avrebbe fatto bene.
Le streghe del ventunesimo secolo accettavano ancora l’ipotesi di volare su una scopa, se fosse stato possibile, ma l’inscatolamento di un aereo no, le angosciava.
Sìle aveva riso e scherzato fino ad un certo punto del tragitto, più o meno fino a quando avevano lasciato le banchine del porto di Liverpool, poi si era chiusa in un silenzio meditativo, come in cerca di un autocontrollo che non era sicura di poter mantenere se non ne avesse accumulato a sufficienza prima di arrivare a destinazione.
Si tenne stretta a Liam quasi per tutto il viaggio in mare e mentre erano in auto, gli stringeva la mano quando lui non doveva averla libera per il cambio.
Arrivarono in una giornata in cui il sole si nascondeva spesso tra le nubi, ma quando ne sgusciava fuori era quasi abbagliante e i colori intorno, in quel paesaggio di declivi gentili, senza asperità di alcun tipo ma non così monotono da essere noioso, erano vivi e penetranti.
Mentre viaggiavano attraverso l’isola però, Sìle si fingeva molto impegnata nella consultazione di una mappa dell’isola, presissima dal constatare quante cose erano cambiate, quante ne erano spuntate di nuove, quante non c’erano più.
- Posso chiederti una cosa? Anzi due visto che una l’ho già chiesta…- fece lui.
Sìle annuì sempre con gli occhi abbassati sulle gambe, una mano sulla pancia in cui sentiva una specie di maremoto in atto, come sempre la bambina percepiva tutta la sua agitazione e reagiva di conseguenza.
- Facciamo tre: mi guardi in faccia per favore? E’ la seconda…-
Sìle sollevò lo sguardo come chiedendosi che cosa avesse fatto di male.
- Hai intenzione di rimanere in quest’auto, con gli occhi piantati sul tappetino fino a che non riprenderemo quel traghetto? E’ la terza…-
Sìle non rispondeva.
- E’ bellissima quest’isola, non ci credo che tu non le sia neppure un po’ affezionata, legata…che tu la detesti così tanto -
- Non la detesto…- dissentì lei scuotendo il capo – ma non l’ho vista bella la mattina in cui sono partita…ho visto solo grigio, freddo e pioggia…solitudine -
Liam riprese a guardare la strada, ma le posò una mano su un ginocchio e le diede una stretta incoraggiante.
- Beh se hai paura che sia stata quella l’impressione giusta, forse dovresti darti un’occhiata intorno e rinfrescarti la memoria…se ti fidi un po’ di me…e poi se non guardi dove andiamo, come fai a dirmi dove girare?-
Comunque da lì in poi, strappato che ebbe il sorriso che voleva, non la stuzzicò più e notò con piacere che piano, piano lei si era decisa a guardare dal finestrino.
Gli indicò anche alcuni posti che frequentava da ragazzina.
- Ecco siamo arrivati…è lungo la strada per Niarbyl…- indicò con un tono strano, come se sentisse un urgente richiamo provenire da quella direzione.
Liam si rallegrò nel vedere che sua figlia sarebbe stata l’erede di un altro bel cottage isolano. Con tanto di alcuni tetti impagliati appesantiti dai classici ciottoli pendenti
La casa in cui Sìle era nata era, a prima vista, un complesso di tre basse strutture piramidali di intonaco candido col tetto di ardesia, che spuntava basso al lato della strada, a ridosso di un terrapieno su cui si snodava una deviazione asfaltata larga un paio di metri e si perdeva tra i pascoli verdi.
Aveva vicino un altro cottage dello stesso tipo, bianco, basso e lungo, meno articolato nella pianta e come decorazione, al congiungersi delle due strade, sorgeva un grazioso lampione stradale in ferro battuto.
- Non funziona se non c’è Una…- gli disse Sìle strizzandogli l’occhio, poi gli indicò il cancello da cui potevano entrare.
Una volta varcato quello, un vialetto scendeva di un paio di metri e allora la casa acquistava una dimensione più proporzionata a chi doveva entrarci, anche se si sviluppava su un unico piano.
D’estate doveva essere tutto circondato da fiori e piante odorose, ma in quel momento erano fioriti solo alcuni narcisi gialli, immancabili in quella stagione.
Pareva non esserci nessuno intorno.
Sìle rimase seduta in auto, ma quella volta lo fece quasi per gioco, inducendo Liam ad andarla a tirare fuori dall’auto, infatti uscì, si stiracchiò, la cercò con lo sguardo e quando si accorse che era rimasta lì, fece il giro e andò ad aprire lui il suo sportello.
- Vieni subito fuori di lì…- ordinò appoggiandosi allo sportello.
Sìle sorrise e mise le gambe fuori dall’abitacolo, ma si fermò. Si fermò ad annusare l’aria, ad ascoltare il vento, a ripercorrere dopo tanto tempo il profilo dei prati che si interrompevano d’improvviso in un ripido scalino di sabbia che digradava sulle spiagge. Però non si vedeva, si vedevano solo erba e mare da lì.
Chiuse gli occhi e vedendola così, col viso in pieno sole, Liam si chinò su di lei.
- Scusa, solo un momento…- bisbigliò prima di baciarla sulle labbra, ma senza irruenza.
Lei rise, ma rimase con gli occhi chiusi e seduta fino a che non lo sentì parlare con qualcuno.
- Siamo arrivati adesso…sì, benissimo -
Si girò a guardare e vide Una all’altezza dello stomaco di Liam: allungò una mano a pizzicargli la pancia.
- Troppo magro…- sentenziò, quindi gli diede una pacca dove l’aveva pizzicato e andò verso l’auto – e tu non ti nasconderai mica lì per sempre no?- domandò di seguito a Sìle.
La seguiva un gruppetto di gatti tra cui tre immancabili Manx, senza traccia di coda, che appena videro Liam iniziarono ad annusarlo furiosamente e senza molta discrezione, inalando ogni singola nota sconosciuta avvertissero sulla sua persona.
Sìle uscì dall’auto per andare incontro alla nonna che trovò vestita con una sgargiante scamiciata sui toni di verde e giallo, molto africana, capelli corti coperti da una cuffietta all’uncinetto nera, verde e rosa fosforescenti.
La pipa la teneva in una borsetta di pelle che portava appesa alla cintura.
Sìle si chinò per abbracciarla e Una le fece subito una carezza sui capelli stringendola a sé per darle un bacio.
- Lhiannoo! Kys t’ou ?- si informò.
- Feer vie, mwarree, as oo hene?- rispose la ragazza.
Stava bene sì, meglio di quanto si sarebbe aspettata.
Una la rassicurò sul suo di stato e quando si staccarono una dall’altra le posò una mano sulla pancia con un gesto affettuoso e le sorrise tra le rughe con gioia, senza sorpresa. Con soddisfazione però.
- Uh-uh…caillin doo! By loo ben obbee! - sghignazzò indovinando anche lei che nella pancia di Sìle c’era una bimba, la più piccola strega, come disse - Vel oo maynrey? -
Sìle annuì con decisione.
Una fu contenta della risposta e poi le indicò Liam con aria consapevole e improvvisamente seria, quasi severa.
-T’eh feer maynrey - lui è felice dichiarò guardandolo fare, neanche a dirlo, grande amicizia con tutti i gatti.
Stabilì che Liam era felice senza alcun timore di venire contraddetta, gli leggeva dentro con una facilità tale che niente le sarebbe rimasto ignoto di quell’uomo. Ed era buon segno, l’aveva pensato dal primo momento, perché significava che non aveva paura di sé stesso.
Sìle rise appena vedendolo così e fece segno di sì anche lei con la testa.
- Shen my varel hene …- convenne.
Liam non era abituato a sentire Sìle parlare quella lingua così lontana, lui sapeva riconoscere l’irlandese o lo scozzese, il gallese, ma nessuno della sua famiglia, nella vita quotidiana, parlava il gaelico da secoli, come per larga parte della popolazione britannica del resto. Il manx poi era davvero una lingua che pochi usavano ormai, era affascinante ascoltarla.
Una e Morgan tra loro la usavano, come se questo rendesse più intime e segrete le loro conversazioni, una lingua più antica e magica in qualche modo, così Sìle da bambina, era cresciuta con quei suoni e quelle parole, le usava quotidianamente, non le servì nessun bisogno di acclimatamento prima di riprendere a usarle.
Mentre accarezzava uno dei gatti senza coda che gli mostrava la pancia privo di ogni ritegno o diffidenza, ascoltò il breve scambio di convenevoli tra nonna e nipote. Almeno che si stavano chiedendo come stai? e cose simili riusciva a capirlo.
- C’raad t’an moir?- domandò Sìle guardandosi intorno senza avvertire la presenza di sua madre.
Un’altra cosa che Liam aveva imparato, dopo aver chiesto a Sìle il significato di alcune parole che la sentiva usare più spesso, era che le streghe di uno stesso ceppo familiare, tra loro si rapportavano in modo antico.
Una per Morgan e Morgan per Sìle non erano mummig, mamma, erano moir , Madre.
Era un appellativo di rispetto, di devozione, riservato alla strega di cui erano figlie che veniva del tutto a mancare tra nonna e nipote, le quali invece si parlavano in toni molto informali e affettuosi. Si capiva che per le streghe, quelle di un certo tipo almeno, il concetto di madre era qualcosa da trattare con la deferenza dovuta a una portatrice di vita, quasi una scala gerarchica che si saliva, trovava il suo culmine nel ruolo della maternità e poi si concludeva in un ruolo collaterale e intermedio, tra la nuova Madre e la fanciulla nata o in arrivo, altrettanto importante, dovuto alla sua saggezza e conoscenza.
Una guardò verso la distesa verde che declinava verso il mare e indicò lungo la strada.
- T’ee çheet er e heyirt - stava arrivando secondo Una che poi si rivolse ad entrambi – entriamo…- li invitò.
Liam si alzò e si spolverò i pantaloni dove era rimasto attaccato qualche ciuffo di peli di varie tonalità e tigrature, poi seguì Sìle e Una sulla porta di casa.
Sìle si soffermò un istante sui mici che si strofinavano su Liam, su lei, sullo stipite della porta e quando riprese a camminare, la strega nonna che precedeva il gruppo, senza neppure voltarsi, sollevò un ditino e indicò in alto.
- La testa…- ammonì, ma Liam si era distratto per non pestare uno dei gatti che gli girellavano intorno ai piedi e non fece in tempo ad evitare di sbattere la fronte contro lo stipite costituito da una robusta asse di legno.
- Lo dicevo io…-
- E lei giochi più d’anticipo la prossima volta!- rispose lui tenendosi una mano sulla fronte e pensando tra sé: sarà esattamente come con Dorcas.
- Attento allora…-
- A cosa?-
Altra testata sulla seconda trave, troppo vicina alla prima perché quello scambio di battute con Una gli desse il tempo di notarla ed evitarla.
Sarebbe stato esattamente come con Dorcas.
- Ahu! Ma è tutta così questa casa?- protestò Liam portandosi anche l’altra mano sulla fronte.
Sìle si mise a ridere, tornò indietro e gli prese le mani per portarlo dentro.
- Poi ti ci metto il balsamo che fa mia nonna, è un vero miracolo per i bernoccoli…-
- Sì ma preferirei non farmeli i bernoccoli, mi sento idiota…-
Sìle rise di nuovo, lo baciò sulle labbra sollevandosi in punta di piedi e scosse la testa.
- Non sei idiota…basta che ti ricordi che questo cottage è molto vecchio, è sempre stato abitato da persone molto più basse di te e che le porte d’ingresso ad ogni stanza, sono più basse dei soffitti, come in ogni casa. Ora andiamo?- lo esortò tirandoselo dietro.
In fondo qualche volta, poteva anche concedergli d’essere lui il bimbo di casa ancora, se lo meritava…quello che non si spiegava, era il motivo per cui ne sentisse il bisogno: con la vita che faceva da prima di conoscerla e anche dopo aver conosciuto tutte loro!
Lo guidò all’interno di stanze basse, ma in cui almeno riusciva a rimanere eretto, intonacate di bianco, con infissi in legno scuro e vecchio. Le finestre quadrate e profonde, si aprivano nelle pareti lasciando entrare la luce intensa del giorno e tra una e l’altra, ripiani di tutte le dimensioni si incuneavano nel muro adornati di antichi utensili, fiori, mazzi di piante odorose lasciate a seccare, ciottoli che il mare aveva modellato in strane forme e, a testimonianza che la passione per la manipolazione Sìle l’aveva sempre avuta, piccole sculturine di animali qua e là. C’era odore di mura antiche insieme a una nota vellutata, come di spezie, cannella, timo forse…
Il pavimento era di pietra grigia, tagliata in grandi blocchi quadrangolari e delle stessa pietra era fatto un grande camino che troneggiava in fondo alla stanza circondato di piatti di ceramica appesi alle pareti, tazze e pinte, questo some in molte altre case.
Oltre il camino si apriva una porticina abbastanza stretta e lì spiegò Sìle, dove una volta c’era una grande dispensa era stata spostata la cucina e la dispensa era slittata oltre, dove era il ricovero per gli animali che ormai si limitavano a qualche gallina, qualche adozione passeggera di animali feriti o malati o troppo piccoli per essere autosufficienti, una coppia di pecore e una di mucche che erano simpatiche a sua nonna e avevano trovato posto in una piccola capanna all’esterno dell’altra ala della casa.
Una raccontò che proprio quella notte erano nati anche due vitelli, uno da ciascuna delle due giovenche, entrambi neri e lo disse con un tono che a Liam, insieme all’espressione di consapevolezza che vide dipinta sul viso di Sìle, fece pensare che c’era qualcosa di troppo familiare in quegli scambi di mezze parole e sguardi.
Seguirono Una sul retro della casa, in una serra che poi dave su un giardino soleggiato.
Lì, dove la donnina doveva essere impegnata in una intensa seduta di giardinaggio e orticoltura, su un poderoso tavolo di pietra sostenuto da un robusto scheletro di legno invecchiato, era disposta un’ordinata distesa di vasetti: c'erano piantine costellate di tenui fiorellini lilla, altre che emanavano profumo se toccate e altre ancora che erano state accuratamente potate e quello che era stato tagliato, era stato raccolto in mazzetti simili a quelli che avevano già visto nel resto della casa.
Li fece sedere su due comode poltrone di vimini.
- Allora? Come ti sembra questo posto?- domandò a Liam dopo che ebbe servito loro un profumatissimo infuso al tiglio che a lui non andava, ma siccome si rendeva conto che non gli andava più per il fatto che gli venisse spontaneo considerare le tisane roba da femmine, di quelle cose che piacevano tanto loro, che le facevano sentire coccolate, accettò di assaggiare l’infuso e quando ne sentì il delicatissimo ma intenso profumo, decise che poteva assaggiarlo.
Capì ben presto che gli piaceva di più l’odore, il sapore era troppo tenue.
Interrogato da Una, si guardò intorno e osservò la casa.
- Mi aspettavo qualcosa di simile devo dire, qualcosa di vecchio e di accogliente. Ma non pensavo a questo…- rispose, poi guardò Sìle – tu sei cresciuta in un posto da cartolina e non me lo dici? Taci una cosa simile ad un fotografo?-
Una guardò Sìle inarcando le sopracciglia e rivelando, visto che le palpebre rugose pesavano meno, delle lunghe ciglia nere e dei luminosissimi occhi scuri, proprio come Sìle e Morgan.
Liam per la prima volta non la vide come una donnina piccola e simpatica, anzi pensò che doveva essere stata molto simile alla figlia e alla nipote in gioventù, quindi davvero bella.
- Non gli hai mai parlato di questo posto?- domandò quella alla nipote.
- Non è mai capitato…- rispose Sìle scuotendo il capo prima di nascondersi dietro la tazza con l’infuso, ma non ci volevano le doti intuitive di Una per capire che non lo aveva fatto per lo stesso motivo per cui non alzava neppure lo sguardo sul paesaggio mentre andavano là o non pensava mai di tornare a casa.
I ricordi dolorosi le rendevano difficile l’idea di tornare e ancor più sofferta la nostalgia di quel luogo cui, si percepiva abbastanza bene, sapeva e sentiva benissimo di appartenere.
- E’ una casa molto vecchia…- disse allora Una raccontando a Liam - la forma attuale non è neppure l’originaria. La parte più antica è quella della cucina, risale alla mia tris-tris nonna…-
Liam che stava osservando la struttura solida, ma storta e tremolante nei contorni a causa del tempo, si voltò a guardarla.
- Quindi al…diciottesimo secolo?- chiese.
- No, credo al diciassettesimo. Ben cheauit shenn shenn voir Dorrin…- suggerì Sìle alla nonna che con un buffo cenno della manina, le diede ragione.
- Shen eh!- esclamò, giusto! E riprese a spiegare – era la trisavola Dorrin…all’epoca di Ny h’Ollanee, William terzo d’Inghilterra…-
- D’Orange?- domandò Liam.
- Eh già…tra loro lo chiamano “L’Olandese”…- spiegò Sìle: parlava senz’altro della nonna, ma chi fossero le altre loro, non era dato sapere. Liam pensò alle streghe più anziane o alle famiglie più antiche – e l’altra parte, quella più recente, è stata iniziata nel 1771. Però qui intorno c’erano tracce di costruzioni molto più antiche, vero mwarree?-
Una annuì.
- Su quest’isola le tracce più antiche dell’uomo sono ormai molto poche e difficili da trovare, ma ci sono…- rispose.
- E tracce di donne?- domandò Liam – Dorcas, e anche Morgan, mi hanno parlato dell’antica schiatta di streghe che viveva qui…-
Una sembrò lusingata dall’interesse che lui dimostrava per qualcosa che, con una certa chiarezza, sentiva molto importante. Confermò la cosa con un cenno del capo e indicò Sìle.
- Che vivono qui…- specificò – anche tua figlia sarà una di noi…-
Liam non risentì neanche un po’ della lunga occhiata di esame che la donna gli rivolse, quasi non la notò, si strinse nelle spalle e sospirò.
- Basta che non si appassioni alla cucina troppo alternativa e non pretenda di farmi assaggiare occhi di tritone fritti e che si copra bene prima di volare in giro per il mondo ad Halloween…-
Mentre Sìle si alzava come presa da un’idea improvvisa, Una fece una risata che sembrò davvero quella della Perfida Strega dell’Ovest, Liam provò un leggero senso di disagio, gli parve meno innocua di quelle che le aveva sentito fare altre volte…e poi non sapeva spiegarselo, ma in qualche modo in lei, avvertiva qualcosa di più forte…
E non riusciva ad evitare di sentirsela curiosare dentro.
- Ogni strega è più forte nel suo nido…- gli disse – ognuna di noi tre…- aggiunse indicando la porta da cui Sìle era appena uscita.
Liam guardò in quella direzione, poi con la coda dell’occhio sano, vide la figura di Sìle che passava davanti alla finestra della stanza in cui si trovavano.
Una fermò Liam: Morgan era arrivata e Sìle l’aveva sentita.
- Torneranno presto…- aggiunse vedendo la nipote che apriva l’auto e ne estraeva un giacca più pesante.


Sìle stava lì seduta con Liam e sua nonna, sentiva la bambina che si era immobilizzata da quando erano arrivati sull’isola, ma non era un’immobilità allarmante, era come se, da dentro il corpo della madre, stesse compiendo un’attenta operazione di studio di ciò che di diverso sentiva intorno a sé.
Sìle avvertiva i piccoli segnali dei suoi sensi inesperti ma allertati come se si trovasse in un campo elettrico, la sentiva cercare la sua voce, quella di Liam, reagire ad esse come dovendo misurare con molta cautela una distanza da percorrere, sporgendosi verso l’appiglio più prossimo per curiosità di vedere, ma senza il coraggio di lasciare quello che si è rivelato saldo all’ultimo passo compiuto.
Quando Sìle aveva inalato l’odore familiare di erba grassa e fiori e vento marino, la piccola aveva gradito la sensazione che la madre le infondeva; quando invece Una si era avvicinata, si era di nuovo immobilizzata, come aspettando di capire le intenzioni di quella presenza, ma quando la nonna aveva parlato, si era mosso come sotto un solletico giocoso e simpatico, almeno questo Sìle aveva sentito, e anche Una forse.
Mentre erano seduti insieme, Liam non aveva un contatto fisico con Sìle perché le due poltrone erano troppo lontane, ma non appena lo sentiva parlare, la piccola si rotolava delicatamente nel suo rifugio liquido quasi che la voce del padre la spingesse in qualunque modo e cercare di richiamarne l’attenzione.
Risultato?
Dopo un mese e mezzo che non aveva più accenni di nausea, Sìle ebbe paura di doversi chiudere in bagno e ritornare ai vecchi tempi…la trattenne solo il pensiero che forse la piccola avrebbe potuto prenderla male, sentire spento il suo tentativo sperimentale in utero.
Per fortuna quel pensiero la fece ridere e la nausea passò.
Poi la piccola si era immobilizzata di nuovo, ma forse perché anche Sìle avvertiva qualcosa. Qualcosa di forte, come un richiamo intimo, di una voce mentale senza suono.
Era stato allora che si era alzata ed era uscita, già sapendo dove sarebbe andata.
Nella sua testa era anche convinta di aver detto a Liam qualcosa che non lo facesse preoccupare, ma la confusione e l’attenzione attratta da qualunque angolo e suono, non era solo quella della piccola, era più che altro la sua.
Era presa da un sacco di suggerimenti sensoriali che la sua memoria le rimandava di continuo, tra sé richiamava alla mente riferimenti e nozioni di quei luoghi che non faceva in tempo ad afferrare perché venivano sommersi da altri, avrebbe saputo dire perfino di quali macchie di colore si sarebbero macchiati i prati una volta che i fiori selvatici fossero sbocciati come li vedesse sotto i suoi occhi.
Avrebbe saputo indicare con certezza e senza paura di sbagliare ogni singolo cambiamento avvenuto, ogni albero tagliato, ogni casa cui fosse stato cambiato il colore degli infissi…
Ripercorse nella sua testa un sentiero che portava su una cresta un po’ più alta della scogliera verso cui stava camminando, portava ad un vecchio e grande cespuglio piegato dal vento fin quasi a toccare il suolo che cresceva vicino ad una piccola quercia, in mezzo ad un giardinetto naturale di rocce ed erba.
Del sentiero non rimaneva più traccia, c’era ricresciuta l’erba, ma d’istinto lo intraprese, camminando a passi prudenti, attenta e non inciampare o a non finire in mezzo a qualche acquitrino, stringendosi nel pesante giaccone di lana nera che ancora, specie quando ci si avvicinava al mare e se ne sentiva il vento sferzante, serviva a non soffrire freddo.
Quando arrivò ai piedi del terrapieno, perché non era opera della natura quell’innalzamento della terra verso gli scogli anche se nessuno lo sapeva a parte la loro famiglia, sentì che quel richiamo mentale si era interrotto e rimaneva in un silenzio di attesa.
Risalì la parete erbosa lì dove era meno scoscesa e vide Morgan, seduta sulla lunga pietra basaltica che una volta era stata eretta verso il cielo, di cui tra le radici di una vecchia quercia abbattuta, rimaneva forse una compagna. E forse le altre intorno un tempo avevano costituito un cerchio che poi era diventato un indistinto agglomerato di massi consumati da salsedine evento.
Senza parlare andò a sedersi vicina a lei.
Non si parlarono, non ne avevano bisogno, si sorrisero, si guardarono per qualche attimo, poi si misero insieme a guardare il mare increspato dal vento, ispirato forse per una bella tempesta primaverile.
Arrivava un buon profumo di acqua salata, che invitava a respirare più a fondo.
Lì Morgan andava a ricercare tracce di sua figlia negli anni di separazione, perché Sìle aveva eletto quel posto come suo rifugio segreto, senza neppure bisogno di sapere che era stato qualcosa di sacro un tempo. Quando poi lo aveva saputo, per lei non era cambiato, anzi: aveva iniziato a portarci piccole ghirlande intrecciate di erbe odorose e rametti fioriti, piccoli nastri che lasciava appesi o legati alla piccola quercia o al cespuglio prima di rintanarsi tra le grandi radici dell’albero che era stato tagliato a leggere o a giocare chissà con chi.
Aveva sempre avuto un contatto molto forte con il mondo degli Sìdhe, loro la avvicinavano con molta facilità quando era bambina, e quando era arrivata nel Lake District ormai era una cosa del tutto normale per lei, non la sottolineava neppure più.
La bambina le fece avvertire la sua presenza con un tenue rotolamento, quasi un trovare una posizione più comoda ora che la mamma si era fermata, allora Morgan guardò Sìle sorridendo e la figlia ricambiò il sorriso.
- Nane elley vooinjer, dy jeeragh er-chee goaill toshiaght…- commentò,un altro cerchio sta per iniziare ,quindi tornò con lo sguardo sul mare e annuì tra sé.
- As shenn?- chiese Sìle, e il vecchio?.
Morgan le portò una mano dietro la schiena e Sìle le appoggiò la testa sulla spalla, allora lei le accarezzò i capelli.
Geddyn ny hrooid reesht…-
Attraverserà il tempo una volta ancora.
Passò qualche altro minuto, poi Morgan le strinse una spalla con una mano.
- Vel oo fakin e? - chiese riguardo la bambina, la vedi?
Sìle rispose di no, poi rise…
- Ta mee gennaghtyn e…t’ee bloberey!- scherzò: la sento, è una brontolona!
Morgan rise di rimando, la guardò bene e le indicò la pancia rigonfia.
- V’ou bloberey...- le rivelò, tu eri una brontolona , poi abbassò lo sguardo fingendo di spolverare qualcosa sullo scialle - ma non è qualcosa che hai preso da tuo padre…- aggiunse.
Era finito il dialogo nella lingua magica, ora di si parlava di qualcosa che non rientrava nel suo mondo e quindi Morgan la affrontava con un distacco diverso e una lingua diversa.
Più profana quasi.
E poi per una volta, stava ammettendo un suo difetto, l’incontentabilità, ma Sìle questo non lo rimarcò. Sospirò e si chinò ad appoggiare i gomiti sulle ginocchia.
- Credo che lei somigli a entrambi noi…- rispose Sìle pensando a Liam – quando Liam è lontano è più inquieta…e quando lui è arrabbiato o turbato, è nervosa…non credevo che sarebbe stato così facile per lei avere provare stati d’animo così diversi…-
- Lei non li riconosce ancora. Sei tu che li interpreti perché sai farlo, sei adulta…ed è davvero un bene che abbia questo legame con suo padre -
- Lo penso anche io…-
Il vento si alzò un po’ più forte e le investì accompagnato da qualche leggero spruzzo salato, ma non si mossero.
- Tuo padre potrebbe avere un’altra famiglia…- le disse Morgan.
Sìle si strinse nelle spalle, non era turbata.
- Lo immagino bene…lo spero per lui anzi!-
Ma Morgan era dubbiosa su quella tranquillità della figlia.
- Io non so cosa abbia fatto in questi anni…-
- Non mi aspettavo che lo sapessi. Anzi ti sono grata per non aver tentato di dissuadermi…-
- Non lo faccio solo perché so che sei brava a capire quali limiti non devi passare con gli altri…sei molto più brava di me in questo…-
Morgan le circondò di nuovo la schiena e Sìle le appoggiò ancora il capo sulla spalla, ma stavolta la madre le accarezzò il viso, le baciò i capelli.
L’ultima volta che era successo, Sìle aveva quattordici anni ma ancora non capiva come in sua madre funzionassero gli slanci d’affetto. Si limitò a godersi quello prima di tornare verso casa, convinta che se non avesse colto l’occasione, chissà quando ne avrebbe avuta un’altra.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Cose che non cambiano. ***


Appendice – 1:

“Allora? Siete arrivati?”
- Sì, da ieri Dorcas…-
“E’ uguale. E’ andato tutto bene?”
- Sì. Appena Sìle arriva ti faccio richiamare…-
“Come sarebbe appena arriva? Dove l’hai lasciata?”
…no…forse Una non era come Dorcas.
- In mezzo al Mare d’Irlanda con un bel branco di delfini!-
“Bugiardo!”
-…sì di questo se ne sarebbe accorto anche mio nonno…dormiva ancora, non ho voluto svegliarla, ma ti faccio chiamare appena la vedo va bene?-
“Sì...Olivia, Pluffie e quelle due povere creature senza nome, ti salutano…”
- Grazie Dorcas, ricambia…-
Attimo di silenzio, poi la sentì prendere fiato per parlare di nuovo, interrompersi…
- Sì?-
“…”
- Dorcas sento con una chiarezza quasi stereofonica lo sferragliante rumore di rotelline in corsa che produce il tuo cervello: dimmi…-
“Engelardo e Odelina!”
Liam per poco non si ritrovò il caffè che usciva dalle orecchie.
- Chi?!-
“Ti prego! Hanno bisogno di un nome, glielo leggo negli occhi!”
- Engelardo e Odelina ti sembrano nomi decorosi?-
“Eugenia e Colberto non ti andavano bene! Se non sai decidere che nome dare a un gatto, mi dici perché dovresti sapere quale dare a tua figlia?”
- Sei la donna più pestifera e cocciuta che conosca lo sai?-
“Certo che sì!”
Per fortuna l’arrivo di Sìle gli diede una buona scusa per interrompere quella conversazione per farle parlare tra loro. Ma ci fu uno scambio di telefoni.
- C’è Ceday al telefono di casa, voleva salutarti…-
- Qui c’è Dorcas che ti crede in mezzo al Mare d’Irlanda con un branco di delfini…- rispose lui stampandole la consueta espressione stupita di ogni giorno al momento di avere a che fare con Dorcas.
Sìle lo guardò andare verso la porta di casa sorridendo tra sé.
- Non ribollire così…- disse come prima cosa a Dorcas quando si fu portata il cellulare di Liam all’orecchio.
“Non vuole dare un nome a Filiberto e Camilla…”
- Ah ecco…- disse Sìle trattenendo una risata.
E poi non aveva mai capito bene perché , Dorcas amava dare ai gatti questi nomi antiquati e spesso con delle scomodissime pronunce all’italiana.
Liam intanto era alle prese con Ceday, Sìle lo vide uscire di lì a poco con ancora la tazza del caffè in mano. Lui si fermò sulla porta, sgranò gli occhi con aria confusa e sfinita, sbuffò.
- Ma che hanno oggi?-
- Volevano sapere come stavamo, com’era andato il viaggio…-
- Come si chiamano i nostri gatti, perché non ingrassi neppure quando sei incinta…-
- Ceday?-
Liam annuì e andò a sedersi su una roccia, posò il caffè di fianco a sé, affondò le mani nelle tasche del maglione blu scuro che portava sui jeans e guardò il cielo con aria dubbiosa: non c’era traccia della bella giornata precedente, il cielo era coperto di nubi grigie e tirava un vento insistente, ma non era sgradevole.
- Anzi citando alla lettera ha detto che “spera che l’aria di mare faccia venire una fame da lupi a quella stronza della sua amica che rimane incinta e ha anche la faccia tosta di non avere neppure le tette un po’ gonfie!”…-
- E tu?-
- Io niente, se mi metto anche a rispondere, inizio a sentirmi come se l’avessi accompagnata a fare pipì mentre io mi rifaccio il trucco…-
- Troppo uomo per queste cose William Kerr…- lo schernì Sìle avvicinandosi a lui per dargli un’arruffata ai capelli - comunque sappi che i nostri gatti si chiamano Filiberto e Camilla dal primo momento. E’ che Dorcas non te lo vuole dire… -
- Ah beh, pazienza…comunque finché io per loro sono miao o purrr, loro per me sono gatto e gatta…- replicò con rassegnazione Liam mentre si chinava ad appoggiarle la fronte sul petto con aria sonnacchiosa. Infatti sbadigliò un po’.
- Ma Olivia la chiami Olivia…-
- No, Olivia la chiamo micia perché mi fa tenerezza…comunque tua figlia mi sta prendendo a calci in faccia…-
Sìle rise e gli massaggiò la schiena.
- Papà, guarda che a te non sembra ma il tuo splendido testone pesa, la comprime…-
- Oh scusa tanto…- brontolò lui fingendosi risentito, ma senza muovere un muscolo, restando comodamente appoggiato a Sìle che lo massaggiava e senza ribellarsi alle attutite manifestazioni di scomodità della bimba.
- Hai dormito bene stanotte?- gli chiese lei e lui fece segno di sì con la testa.
- Ho solo avuto la strana sensazione di qualcuno che girava intorno, ma ormai ci sono abituato…-
Sìle si chinò a dargli un bacio sulla testa.
- Siamo circondati anche qui vero?-
- E’ ovvio…-
- Beh stanotte ho sentito una specie di nenia tristissima che si avvicinava alla finestra, poi si allontanava, poi tornava…poi mi sono riaddormentato…-
- Sicuro che fossero loro?-
Liam si indicò l’occhio destro e si disse sicurissimo.
- Ma non era qualcosa di spaventoso…mi ha incuriosito però - la tranquillizzò subito dopo.
- Dillo a mia nonna-
- Va bene. E i programmi per oggi quali sono?- chiese Liam sollevando il capo a guardarla in faccia mentre le cingeva i fianchi con le braccia.
Sìle guardò verso il mare e si strofinò un occhio.
- Mia madre dice che l’amico di mio padre grazie a cui si conobbero, è tornato a vivere a Peel e ha preso in gestione un pub. Forse lui sa dove sia o sa darmi qualche indicazione…ma dice che forse è meglio andare da lui al locale-
Liam le scostò la mano dall’occhio in un gesto scevro di sottintesi, stava soltanto invitandola a non toccarsi per vedere se era arrossato.
- Vuoi andarci subito?- le chiese con molta tranquillità, il che fece rilassare anche lei.
Si strinse nelle spalle e chinò di lato la testa guardandolo.
- Mi piacerebbe andarci prima possibile, sì…-
- D’accordo…- rispose lui.


Neanche un’ora dopo fuori stava cadendo una pioggerellina fitta, ma non sembrava avere intenzione di durare molto, il vento tra le nuvole apriva delle finestre sul cielo azzurro e anche all’interno del pub la luce variava a seconda di quanti raggi di sole riuscivano ad infiltrarsi attraverso quegli strappi nelle nubi.
Sìle era rimasta tranquilla fino a che non erano entrati tra le strade di Peel, poi d’improvviso aveva sentito un moto d’inquietudine prenderla.
Aveva la sensazione di qualcosa che l’avrebbe turbata e questa sensazione aumentava la sua tensione.
Quando scese dall’auto si accostò a Liam, gli si strinse alla vita con un braccio e lo guidò verso il pub quasi nascondendosi contro di lui.
Quando entrarono nel pub, tra le consuete note accoglienti di legno e tappezzeria dai colori morbidi, si mise dietro Liam fingendo di cercare qualcosa nella borsa pur di avere prima il tempo di assicurarsi che lì dentro non ci fosse niente e nessuno che la mettesse in difficoltà.
Liam se ne accorse, ma non le disse niente, non aveva intenzione di tormentarla più di quanto già non avesse fatto da sola.
Si avvicinò al bancone dietro cui stava un omone sulla sessantina, che doveva essere stato rossiccio di capelli, ma ormai era incanutito. Era grande e grosso, più grosso di Liam e più alto di un paio di spanne, un vero colosso, ma con un faccione simpatico e rubizzo che sorrideva loro coronato da un imponente cranio quadri cornuto appeso alla parete dietro di lui.
Sotto c’era una targhetta che diceva “Cranio di Finlo”.
Riposi in pace, fu il pensiero che venne a Liam che però non lo espresse.
- Salve!- salutò allegramente l’uomo dopo aver risposto alla battuta di uno dei pochi clienti mattutini che sfogliavano giornali o scambiavano due chiacchiere – posso aiutarvi?-
- Salve- rispose Liam –…sì grazie, noi stavamo cercando Marty Kane, avremmo bisogno di parlare con lui…-
L’uomo fece un cenno di assenso mentre i tra o quattro presenti, sentendo un accento forestiero, cioè quello scozzese di Liam, si girarono a guardare in faccia lo sconosciuto.
- Sono io Marty Kane, ditemi…- disse loro.
Liam si voltò a guardare Sìle, ma lei lo implorò con lo sguardo di rompere lui il ghiaccio e Liam era bravissimo in questo.
- Grazie. Ehm…io mi chiamo William Kerr, lei è la mia compagna, Sìle…-
- Molto lieto. Posso offrirvi qualcosa?-
- No, per ora no grazie…in effetti quello che ci preme è chiederle informazioni su una persona che lei conosce bene, per quanto ne sappiamo…-
Marty continuava a sembrare disponibile e quando Liam si voltò verso Sìle per incoraggiarla a prendere lei in mano la situazione, le sorrise.
Sìle si fece più avanti, si appoggiò al bancone e rispose al sorriso timidamente.
- Si…tratterebbe di Paul Allerston…- disse.
- Paul?-
- Sì…lui è mio padre…- aggiunse la ragazza, poi visto che il signor Kane pareva esitare un poco, guardò Liam che la incoraggiò e allora riprese – io mi rendo conto che forse lei non vorrà…insomma non mi conosce neppure, ma per me sarebbe davvero importante avere sue notizie se lei ne avesse...-
Kane, che aveva osservato la ragazza con molto interesse da quando lei gli aveva detto di suo padre, si portò una mano alla fronte.
- Sìle? Tu sei la piccola Sìle?- esclamò sorridendo.
Liam sorrise sotto i baffi vedendo la faccia attonita di lei che spesso si convinceva che la gente non la ricordasse: una delle sue inspiegabili insicurezze.
- Sì…sono io…-
- Santo Cielo! Come ho fatto a non capirlo. Vieni qui, fatti vedere! Sei il ritratto di tua madre…- disse l’uomo entusiasta, uscendo da dietro il bancone: non era meno enorme, non c’erano rialzi là dietro, quell’uomo era un gigante e Sìle quando se lo trovò di fronte, si sentì davvero piccola.
Tuttavia lui le tese le mani, si chinò a farsi dare un bacio con molta delicatezza e quando si risollevò la guardò da capo a piedi sorridendo con gli occhi azzurri che brillavano d’affetto.
- Ma guardati…- mormorò, poi quando si accorse che sotto la giacca c’era una pancia inequivocabile sorrise ancora di più e guardò Liam – io me la ricordo che era piccola così lo sai amico?- gli disse prendendosi subito più confidenza anche con lui. Mimò con la mano l’altezza della bimba di due o tre anni che ricordava.
Dopo i saluti, i ricordi che Marty fu più che lieto di condividere con loro e l’obbligo di accettare un’offerta di birra, che Liam accettò ma Sìle preferì mutare in thè, una ragazza venne messa dietro il bancone al posto dell’uomo e lui con i suoi ospiti, si sistemarono attorno ad un tavolo tranquillo, dove poter parlare con calma.
- Vedo tua madre ogni tanto e negli ultimi tempi mi aveva chiesto di Paul anche lei…era una cosa insolita…ma forse era per te – ipotizzò: con molta facilità non sapeva della particolarità delle donne della famiglia Kennaugh.
Sìle sotto il tavolo stringeva la mano di Liam e fissava in faccia Marty, Liam invece rimaneva in rispettoso e attento silenzio.
Marty sospirò preso da un pensiero.
- L’ultima volta ho sentito Paul…beh quasi un anno fa. E non lo vedo da almeno cinque, da quando è tornato dal Canada…- raccontò guardando fuori, in strada – sembra incredibile, vive a Portsmouth ormai, non viaggia più così spesso, ma per vederci ci siamo dovuti incontrare a Montreal...- sghignazzò.
Sìle sorrise, ma senza troppa convinzione.
- Credo di poterlo rintracciare se vuoi parlare con lui…-
- Era proprio quello che volevo chiederle…ma non vorrei creargli problema. Pensa che farei bene?-
Marty le sorrise e si permise di farle una carezza sulla testa.
- Paul ha una compagna da diversi anni ormai, ma da come ne parla è una donna molto dolce. E sono sicuro che lui ne sarebbe felicissimo. Ha sempre parlato spesso di te anche a lei a quanto ne so, anche se non aveva tue notizie. Per conto mio non ho mai capito perché abbia smesso di cercarne, ma quando ho tentato di chiedergliene il motivo, è sempre stato molto poco disponibile a rispondere, ma sono sicuro che se fossi tu a cercarlo non ci sarebbe nessun problema…-
Sìle guardò Marty , poi guardò Liam nella più totale indecisione.
Lui le rispose a quel lungo sguardo, poi le sorrise e le strinse la mano.
- Senti…se Marty qui può procurarsi il numero, tu prendilo intanto…- la consigliò.
Poco dopo uscirono in strada accompagnati da Kane che si meritò un abbraccio, per quanto le era possibile vista la mole dell’uomo, da Sìle e si congedò da Liam con una vigorosa stretta di mano.
Sìle era contenta di aver trovato una persona così aperta e disponibile, che per di più si era offerta con entusiasmo di aiutarla, così quando tornarono verso la macchina, regalò a Liam un sorriso speranzoso.
Lui le prese la mano e si avviò verso l’auto.
- E se poi mi manca il coraggio di usarlo quel numero? -
Liam come al solito la stupì perché indovinò, anche se non volendo o non sapendolo, proprio il suo timore principale.
- Non penso cambierebbe niente. Marty mi sembra uno che sa farsi gli affari suoi…non credo andrebbe a dire qualcosa a tuo padre senza che tu lo voglia…- rispose aguzzando lo sguardo verso un negozio – vado a comprare le sigarette, ti spiace?-
Sìle scosse la testa scrutando con un sorriso rapito quell’espressione da gattaccio zuzzurellone che nascondeva sempre dietro l’apparenza adulta e forte.
- Ti aspetto…- disse.
Si era accorta che forse un breve assaggio dell’effetto che le facevano quei posti così familiari, aveva bisogno di farlo da sola. Fosse stato anche solo per venti secondi, voleva capire che effetto le faceva correre il rischio che qualcuno la riconoscesse, dover dare spiegazioni su di sé…di persone che gliene avrebbero chieste vedendola ce n’erano.
L’auto di Liam era dall’altra parte della strada, così attraversò e si mise ad aspettarlo dopo averla raggiunta, appoggiata alla ringhiera che dava sul mare e, spostando lo sguardo a sinistra, sul castello.
Era contenta di rivedere quel paesaggio, era contenta di viverlo senza ansia, di essersi sbagliata e di essere lì con Liam.
Poco dopo, mentre si chiedeva cose banali, come ad esempio dove, se suo padre avesse voluto vederla, si sarebbero incontrati, o quanto le sarebbe stato facile, o difficile, riconoscerlo, se le avrebbe chiesto come stava o non le avrebbe detto nulla, vide qualcuno camminare lungo il marciapiedi.
Non ebbe esitazioni a riconoscerlo nonostante fosse cambiato, portasse un berretto di lana in testa e la barba lunga e allora capì che era quella la persona che meno avrebbe voluto incontrare lì, in un momento in cui era da sola per di più.
Impiegò troppo tempo a pensarci e il suo sguardo su di lui fu troppo lungo perché guardandola, Eric non la riconoscesse.
Lo vide fermarsi preso dal dubbio di sbagliare, accennare un sorriso incerto e poi avvicinarsi togliendosi il berretto.
Sìle aveva il cuore in gola e la bocca serrata, le labbra strette tra loro. Guardò verso la porta in cui era entrato Liam e vedendolo uscire fu molto sollevata; lui la cercò per un attimo con lo sguardo, la vide, le sorrise, poi si ricordò di qualcosa che ancora gli mancava e allora tastandosi le tasche, le fece cenno di aspettarlo ancora un momento.
Sìle non fece in tempo a fargli capire che non voleva aspettare, allora decise di andargli incontro. Si avvicinò al ciglio della strada per attraversare, ma un colonna un po’ più lunga di auto le impedì il passaggio e allora lei si voltò di nuovo per vedere quanto Eric fosse lontano.
Non lo era più tanto da poter sparire lasciandolo nel dubbio di essersi sbagliato, l’aveva riconosciuta già da un po’. Si limitò a non offrirgli lo sguardo o un’altra scusa qualsiasi che lo spingesse ad avvicinarsi di più, ma sapeva che non sarebbe servito, lo sentiva che non si sarebbe fermato, sentiva tutto quello che lui provava…compresa la sua paura di una cattiva reazione da parte di lei, ma anche la sua determinazione: non l’avrebbe fermato un rifiuto, era troppo tempo che aspettava quell’occasione di parlarle, di spiegarle.
Solo che lei di spiegazioni non ne aveva mai volute e non ne voleva.
- Sìle…sei tu?- lo sentì chiedere troppo da vicino.
Stava guardando l’asfalto sotto i suoi piedi, sentendo quella voce sollevò lo sguardo su Liam che stava arrivando, prese un gran respiro e si voltò verso l’uomo che aveva vicino sorprendendolo a pensare che era sempre stata la cosa più bella su cui avesse mai posato gli occhi, e lo era ancora.
Reagì con un’espressione quasi risentita a quel pensiero di Eric.
Liam li vide insieme mentre attraversava.
- Sì…- rispose Sìle verso Eric.
Un attimo dopo gli aveva già voltato le spalle e con il mento affondato nel collo della giacca, stava quasi correndo verso Liam che, per non fare quella figura da mastino che tanto detestava, si stava facendo una sigaretta con tabacco e cartine senza guardare loro due.
Nonostante fingesse di non dare peso alla cosa, il fatto che Sìle gli fosse arrivata incontro con quegli inconfondibili occhi felini e che non avesse affatto un’espressione felice o sollevata sul viso, gli suggerì qualcosa e lo portò a guardare quel tipo che rimaneva fermo, impalato come uno stoccafisso, con una mano a mezz’aria, come avesse tentato di fermare la ragazza, e un’inequivocabile espressione di estenuata frustrazione.
- Tutto bene streghetta?- domandò Liam dopo aver acceso la sigaretta.
- Sì – rispose lei con troppa decisione, infatti un attimo dopo gli appoggiò una mano sul petto – andiamo via da qui? A fare un giro da qualche parte? – lo pregò.
Liam annuì, le aprì lo sportello per farla salire, fece il giro dell’auto e quando fu davanti alla portiera del posto di guida, si concesse un’occhiata al tizio che aveva visto parlare con Sìle: era ancora lì, ma non li guardava. Aveva abbassato gli occhi e stava prendendo a calci qualcosa che schizzò via verso il mare.


Quella notte Sìle non dormì.
Il pensiero di suo padre l'aveva accantonato perché tanto doveva solo aspettare, ma vedere Eric le aveva fatto un effetto strano, diverso da quello che si aspettava.
O forse non si aspettava niente…già, forse era così.
Col passare degli anni, di lui era rimasto solo il ricordo dell’amarezza, della delusione che le era costato quell’amico d’infanzia. Non era arrabbiata con lui, non aveva voglia di maltrattarlo…aveva solo voglia di rimuoverlo, ma non poteva, la sua memoria non glielo consentiva.
E poi il modo in cui l’aveva guardata l’aveva colpita.
Era come la faccia di uno che avesse coronato con successo la sua ricerca esistenziale, il modo in cui si era illuminato di sollievo il suo viso nonostante l’imbarazzo e l’incertezza.
Aveva la sua occasione di redenzione.
E dovrebbe interessarmi?, si chiedeva Sìle, e il riflesso di quella domanda le arrivava subito da qualche altra parta della sua testa, in fondo che mi costa dirgli che è tutto passato? La mia vita ora è felice, che mi importa di lui ormai?
Importava invece. Importava ancora perché se ci pensava, si accorgeva di non essere capace di perdonargli quell’invasione illecita perpetrata ai suoi danni, istigata da altri, a cui lui si era sottomesso ignorando forse non del tutto innocentemente quello che poteva essere di lei dopo.
Lui era suo amico, era tutto per lei e forse ne era anche un po’ innamorata a volte…
La notte in cui era successa quella brutta cosa, era arrivata proprio quando Sìle aveva iniziato a pensare che forse quello non era solo un compagno di giochi ormai.
Come Liam, Eric sapeva di Sìle e di com’era e come Liam non era scappato. Fino ad un certo punto le era stato vicino con affetto e rispetto…e poi? Aveva buttato via tutto e ora le si ripresentava con quella faccia quasi ancora innamorata, incantata da una visione ultraterrena.
Era abbastanza onesto da non aspettarsi reazioni festose da lei, questo glielo riconosceva e forse per questo non aveva tentato di trattenerla, ma avrebbe preferito non incontrarlo e non scoprire in lui tutto quel bisogno di chiarimenti perché sapeva che forse sarebbe venuto a chiederglieli.
Non lo odiava, non l’aveva mai odiato…ma non voleva che lui desiderasse un contatto con lei, non lo voleva più nella sua vita, non era più il benvenuto.
Si girò nel letto a guardare Liam provando un forte desiderio di svegliarlo e, come per magia, lo trovò con gli occhi aperti, fissi su di lei. Gli sorrise ma lui non le rispose al sorriso, le posò un dito sulla punta del naso.
- Ti ho svegliato?-
- No…a me però rode che tu resti sveglia per colpa di un altro la notte…-
- Non essere assurdo! Non è un altro…-
- E’ un uomo, quindi è un altro…e non mi piace saperlo nella tua testa. E poi l'ho visto come ti guardava…- insisté lui, ma non sembrava arrabbiato...e del resto era troppo intelligente per non mettere in quelle parole l'ironia necessaria a farle capire che non riduceva il suo essere pensierosa riguardo a Eric solo ad un discorso di gelosia.
Lei lo guardò e vide che comunque per colpa di Eric e di come l'aveva visto guardare la sua donna, oltre all'ironia, gli stava passando qualcosa per la testa, qualcosa di preciso, bellissimo, di cui anche lei aveva una gran voglia, ma qualcosa di non solo romantico che aveva tanto di quel lupo che le streghe di famiglia gli vedevano dentro.
- E la bambina?- gli chiese.
- Infatti sto cercando di pensare a lei e tua madre e tua nonna di là per trattenermi, ma qualunque cosa ne diciate voi donne, il pancione è sexy, io sono in astinenza…quindi dormi e lascia quel tipo fuori da questo letto -
Sìle sorrise e gli si accostò sotto le coperte, abbracciandolo stretto.
- Il motivo è davvero stupido, proprio da selvaggio delle Highlands, ma mi piaci un sacco geloso…-
- Pericolosamente geloso…- ribatté lui – e tu sei…davvero troppo vicina lo sai tesoro? Non credo sia una buona idea starmi così attaccata e…- mentre parlava cercava di tenerle le mani e di allontanarsi dalle sue labbra che gli sfioravano il lobo di un orecchio, ma parlava già con un tono poco determinato a resistere.
Sìle però non desisteva, ormai Eric era stato accantonato, non era più arrabbiata e l’astinenza la soffriva anche lei, benché fosse dovuta ad un riguardo per il suo stato da parte di Liam.
-Lo sai che non è un problema farlo…non è affatto vietato, basta fare attenzione- sussurrò dandogli un morsetto sul collo.
- Lo so sì…è anche da un po’ che ci pensavo, ma non…non so….- con un leggero sussulto, Liam le afferrò il braccio che lei aveva abbassato sotto le coperte.
-Che c’è?-
- Smettila…-
- Di fare cosa?-
- Streghetta, togli la mano da lì…- le ordinò, ma già la tratteneva con meno convinzione.
- Perché?-
- Perché se ci sentono non va bene…-
- Facciamo piano…- bisbigliò lei cercandogli le labbra mentre gli saliva a cavallo del bacino.
- Ma…c’è lei lì dentro…- disse lui alludendo alla pancia di Sìle.
- Non se ne ricorderà neppure…e poi Ceday dice che il buon umore in gravidanza è importante e che io ho il miglior portatore di buon umore del Regno- insisté lei continuando ad accarezzarlo sotto le coperte.
- Ma tu e Ceday non avete proprio altro di cui parlare eh?-
- Non fare finta di voler cambiare argomento…lo sento benissimo che non vuoi…-
- Sì, lo so che lo senti…- rispose lui guardando di sfuggita sotto le coperte – però è sleale questo! -
Dopo un sospiro nervoso, tentò l’ultima obiezione, ma Sìle gli chiuse le labbra con la mano libera.
- Hai detto che non vuoi che pensi ad Eric no?-
Liam si fece subito più serio, forse lo ingelosiva davvero un po’ l’idea.
- Sì…- rispose prontamente.
- Allora distraimi Kerr...- gli ordinò lei.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Streghe che amano le favole. ***


Appendice – 1:

Capitolo ancora da rileggere, come sempre. Mi scuso per la lunga interruzione ma c'è stata una vacanza di mezzo e un bisogno da parte della sottoscritta di riagganciarsi mentalmente al racconto. Questo che segue infatti è un capitolo più di passaggio che altro, ma spero che sia comunque gradevole :)


Morgan e Una quella notte, non stavano affatto dormendo invece.
Erano uscite di casa ed erano andate a sedersi di fronte ad un piccolo focolare che tenevano sempre pronto all’uso in un angolo riparato e poco visibile della casa.
Si erano accomodate su una panca di legno, avvolte in pesanti scialli di lana nera, solo l’ovale del loro viso era illuminato dalle fiamme.
I loro occhi erano fissi e intensamente concentrati sul fuoco.
- T'ee feer sooillagh, caddil ny sloo…- commentò Morgan, lei è sveglia, insonne, e parlava di Sìle.
- T’eh myrgeddin. T’eh rieau maree…- rispose Una anche lui. E’ sempre con lei e poi sorrise tra le rughe, come se in qualche modo potesse vedere ciò che accadeva nella stanza in cui erano Liam e Sìle.
-Bynney lesh ee, by vie lesh eeish myr ben, myr ben ellanagh t’ee Siléas ben shee echey…lhiannan shee echey…echeysyn- aggiunse guardando la figlia con sguardo significativo, in particolare sull'ultima parola pronunciata: la ama, la vuole come donna, una donna dell’isola. Siléas è la sua donna fata, la sua amante fata. Sua.
Poi dopo una pausa riprese ancora a parlare mentre Morgan ascoltava assorta nei suoi pensieri.
- T’eh Filliu. T’ee baghey, filliu baghey, my t’ee paartail, filliu ragh eh gys niurin er e son. Filliu t’eh ass yn ben, t’eh ass yn ben e chree. T’eh gennaghtyn ny t’ee gennaghtyn… - concluse: è Lupo. Lei è felice, lui è felice, se lei sta per morire, muore lui per la sua salvezza. Il Lupo appartiene alla donna. Il suo cuore le appartiene. Lui sente quello che lei sente.
Morgan sospirò fissando anche lei le fiamme.
- Ta fys aym...- bisbigliò Morgan, lo so , poi prese un respiro profondo e si schiarì la voce - forse Sìle parlerà con Paul…- mormorò.
- E per questo non riesce a dormire?-
Morgan scosse il capo.
- No...no, suo padre la turba in modo positivo. Oggi però ha visto quel ragazzo…quello che era suo amico…non l’ha fatta stare bene questo -
- Avrebbe dovuto? – chiese Una con voce fredda.
- Mi sono accorta che forse non avevo capito davvero come si era sentita. Non avevo mai sentito una tale rabbia in lei, l'ho avvertita da lontano…e poi a distanza di tanto tempo…e non è una cosa buona per noi tanto risentimento, può richiamare esseri oscuri e lei porta una di noi dentro di sé, è pericoloso per lei e per sua figlia…-
Una si guardò intorno, scrutando la notte ora, fiutando l’oscurità come un piccolo predatore paziente, ma attentissimo.
-Ny gow aggle…ta shen foddey dy liooar - le disse di non aver paura, era un’eventualità abbastanza lontana, ma Morgan non era così tranquilla.
- T'ad rieau er n'yannoo shen, ta lane yss ayd - disse riguardo la bambina e la particolare attrazione degli Sìdhe per i neonati lo hanno sempre fatto, lo sai molto bene .


Dietro due balle di fieno accatastate, Una quasi spariva.
Liam si accorse di lei solo perché sentì dei rumori provenire dall’interno della stalla e andò a guardare dentro.
La nonnetta stava togliendo paglia vecchia dal pavimento per sostituirla con dell’altra pulita ma Liam non fu sorpreso che potesse notare la sua presenza anche senza vederlo direttamente o percepire qualche suono emesso da lui.
- Buongiorno!- lo salutò con voce allegrotta.
- Buongiorno -
Si sporse da dietro le balle di fieno per guardarlo in faccia, poi si rispose da sola ad un qualche interrogativo al suo riguardo, gli fece un sorrisetto complice e malizioso e si rimise al lavoro.
-…non si fanno certe cose, si mettono in imbarazzo le persone…- tentò di recriminare Liam.
- Tu non sei una persona, tu sei il padre della mia bisnipote, sei parte della famiglia -
Liam fece un risolino e si schiarì la voce.
- Menomale che sono quasi sicuro che intendesse dire che non sono una persona “qualunque”…-
- Lo sai benissimo cosa intendo dire! E non hai niente di cui sentirti in imbarazzo con noi…-
E di che si stupiva? Quando c’era zia Molly a Paisley, per poco ancora fino a cinque anni prima non aveva convinto Jane ad andare ad asciugarlo per bene dopo la doccia.
”Mi faccio la doccia da solo da trent’anni mamma! Smettila!”
“Voglio solo vedere se ti asciughi per bene, ti viene la polmonite!”
“Se non mi è venuta a Capo Nord in febbraio, dubito mi verrà qui a luglio!”
“Non eri a Capo Nord a febbraio, eri a Beirut! Lì non si prende freddo!”
era intervenuta zia Molly.
E intanto il pomello della porta veniva martoriato dall’esterno come nei film dell’orrore, senza la minima speranza di venire aperto.
”Lo dici tu! Nevica in Libano!”
Poi si era guardato allo specchio, la sua dignità, sempre lei, gli aveva imposto di reagire e allora con l’asciugamano avvolto intorno alla vita aveva spalancato la porta che, aprendosi verso l’interno, le aveva fatte precipitare entrambe in avanti: non fosse stato per il lavandino a cui Jane si era prontamente afferrata per frenare la corsa chissà dove sarebbero finite.
”Tutto questo è infantile, sappiatelo…”
“Tua madre è preoccupata per te!”
“In bagno?”
“Dovunque!”
“Beh non proprio dovunque, in fondo ha trentasei anni…”
“E ha già perso un occhio infatti!”

Le aveva lasciate a discutere una seduta sul water, l’altra sul bordo della vasca. Fondamentalmente Jane si lasciava impressionare ed allarmare da Molly perché era una goccia cinese: prendeva una cantonata e piano piano la faceva diventare una legge fisica.
Le femmine la privacy degli uomini non la tenevano affatto in considerazione a volte…in particolare se l’uomo era un figlio, un nipote…un genero o…come diavolo si diceva di uno che era il marito, e neanche nel suo caso, della nipote di qualcuno?
- Le do una mano, dia qua…- disse alla nonnetta che era alta all’incirca la metà del forcone che usava.
Sìle sarebbe diventata così piccola un giorno?
E Morgan? Proprio non ce la vedeva, con quella sua aria austera...
- Sei pratico di stalle?-
- Il mio bisnonno ad Ayr aveva pecore e un paio di cavalli…è passato un bel po’ di tempo ma mi ricordo ancora qualcosa. E poi sono stato in posti in cui ci si muove solo a dorso di qualche quadrupede…- rispose Liam prendendo il forcone per lavorare.
- Ad esempio?-
-…in alcune zone della Mongolia ad esempio…-
- Dove i cavalli sono più piccoli degli uomini?-
- Eheh…dipende dagli uomini, ma spesso sì -
- E tu sei salito sopra un cavallo più piccolo di te?-
- Beh…- prima di rispondere Liam si grattò il naso – solo per prova e quei cavallini sono davvero fortissimi, ma mi sentivo troppo ingombrante per lui. E poi ho mentito: avevamo tre fuoristrada -
Una rise mettendosi seduta su uno sgabello che probabilmente usava per mungere le mucche.
Pareva molto interessata a sapere di cosa avesse scoperto Liam nei suoi viaggi.
Della Mongolia l’aveva appassionata molto il racconto sul morin khuur, del legame dello strumento col cavallo e di come l’animale fosse importante per il popolo mongolo ancora così legato alla propria terra, di come i bambini imparavano a costruirlo fin dalla scelta dei crini di cavallo per le corde, a conoscere i suoni della natura intorno a loro che poi, riprodotti da quella specie di viola a due corde, davano origine a suggestive melodie.
L’aveva affascinata moltissimo la storia dell’Azalai, la carovana del sale che si muoveva da millenni attraverso il Sahara, in Mali. I“Viaggiatori delle Stelle” l’avevano colpita, chiedeva tutto con un interesse e una curiosità quasi infantili. Brillavano, quegli occhioni scuri nascosti dalle rughe.
Di fondo Liam capiva che la entusiasmava ritrovare un sentire simile al suo rispetto alla terra e agli elementi anche in posti così lontani.
- E tu ci sei stato?-
Non era incredula, era davvero come una bambina che sentisse raccontare di un posto inimmaginabile e volesse conferma che da qualche parte c’era davvero.
- Sei stato davvero in molti posti…-
Lui fece segno di sì, ma era meno allegro.
- L’Azalai è stato l’ultimo lavoro che ho seguito in Africa prima dell’incidente in Sudan…non ci sono più tornato…-
Una, che sapeva dell’incidente e sapeva che lui aveva un legame particolare con l’Africa, capì e lo guardò mentre riponeva il forcone dopo aver finito di ripulire l’ultima stalla.
- Non torneresti neppure dai “Viaggiatori delle stelle”?…quella è stata una bella cosa no?-
- Bellissima…-
- Vai allora…-
- No…-
Una si frugò in una delle mille taschina della scamiciata che indossava quel giorno e tirò fuori il tabacco, poi prese la pipa dalla cintura e la caricò.
- Perché?-
- Perché mi angoscia…- rispose lui senza tergiversare –…non mi sento pronto a tornare lì. C’è troppo male a volte in giro…-
- Hai attraversato il mondo degli Sìdhe e temi quello degli uomini?-
- In quello degli uomini succedono cose molto più crudeli. Gli uomini minacciano tutto quello che hanno intorno. Sono gli unici animali al mondo che sviluppano l’intenzione di aggredire o distruggere i loro simili…forse è l’unico motivo per cui non avevo mai messo in programma di avere figli -
Lei lo sbirciò di sottecchi con la pipa spenta in bocca.
- Non starai pentendoti vero?-
Lui la guardò stupito.
- Di cosa? Di…di chi? Della…di Sìle? Della bambina? No! Per niente al mondo! Non vorrei nient’altro! Ho solo detto che non l’avevo mai messo in programma – quando la vide sorridere sotto i baffi allora si mise a sedere su una balla di fieno vicina a lei – se lo sa, perché diavolo me lo chiede?- domandò appoggiando la schiena ad un’altra balla e poi incrociando le mani sul petto.
- Per fartelo dire, perché pensi troppo e ti perdi dietro i pensieri. Come stanotte…-
-Che è successo stanotte?- domandò lui sollevando un sopracciglio mentre la guardava di sguincio.
- Niente…-
- Appunto niente…-
Una era troppo silenziosa mentre si accendeva la pipa e, come a volte capitava, fu Liam a leggerle nel pensiero.
- Niente che la riguardi va bene?-
- Non riuscivi neppure a dormire da tanto eri in ansia…-
- Non ero in ansia…- borbottò lui imbronciato – è che non posso andare da quel tipo, toccargli la spalla, chiedergli “Sei Eric giusto?” e quando lui mi dicesse di sì spaccargli il naso e dirgli di stare lontano da Sìle…-
Una si fece un’altra risatina e poi guardò verso la porta della stalla. Fece cenno a qualcuno di entrare e poco dopo Morgan si rese visibile a Liam.
- Hai sentito?-
- Sì…- disse Morgan: vestiva di nero e spariva tutto di lei contro lo sfondo buio, tranne il viso e le mani per via della pelle bianca.
- E perché non puoi farlo? Altri lo farebbero…-
- Beh io non sono altri. Non è un fatto tra me e lui fino a che non viene ad infastidire Sìle e non credo neppure che lei apprezzerebbe molto un intervento simile da parte mia. Ma se penso a cosa le ha fatto e a quanto lei non riesca a non farsi mettere in difficoltà, avrei voglia di ucciderlo! -
Una e Morgan non si guardarono, ma fecero un movimento del capo, come un’espressione di coscienza di qualcosa, prese dallo stesso pensiero.
- Un uomo non dovrebbe mai osare tanto…e una volta sarebbe stato ucciso per una cosa simile -
Morgan annuì lentamente, consapevole e concorde.
- Non avremmo potuto oggi…-
- Non avremmo dovuto…- la corresse la madre.
Liam le guardò entrambe avvertendo quelle parole con un po’ di disagio: possibile stessero davvero parlando di uccidere qualcuno?
Che in passato, quella società di donne di cui Morgan aveva sentito tanto la mancanza da rinunciare per tanto tempo al legame con sua figlia, fosse davvero tanto sanguinaria da uccidere per vendetta?
Certo, pensò dopo un attimo, poteva essere facile per un uomo giudicarlo immorale…non erano gli uomini le vittime predestinate del mondo, non lo erano prima e non lo sarebbero stati dopo…ma forse in qualche occasione poteva essere successo che un gruppo di donne si fosse dimostrato più aggressivo visto quello che erano costrette a subire da sempre.
– Non c’era vendetta da compiere, lui non era poi così colpevole, è stato solo molto stupido. E lei era già più forte di quanto tu non credessi…non avrebbe potuto mettersi in salvo com’è successo altrimenti – borbottò Una ripensando a cosa Sìle le aveva raccontato di quella brutta notte, cosa che con Morgan non aveva mai fatto invece – era riuscita a scappare e anche se veniva inseguita, ha saputo richiedere l’aiuto degli spiriti della terra senza che tu o io glielo avessimo insegnato -
Morgan si voltò a guardare la madre stupita e questo colpì Liam che si rese conto di nuovo di quanto la madre ignorasse della figlia ancora.
- Davvero?-
Una fece un sorrisetto dispettoso.
- Sono cose che deve insegnare la Madre, non l’Anziana, il legame non è così stretto. Ma ho sottovalutato anch’io Siléas forse…ha imparato tutto da sola in poche ore e forse il suo contatto così facile con gli Sheeaghan, doveva incoraggiarci di più. Ma lei non era a suo agio con la sua natura, e io non volevo che avesse paura…così ho lasciato che esprimesse la sua parte “comune”, ho lasciato che rischiasse di dimenticare il resto -
Seguì qualche altro momento di silenzio, poi sentirono dei passi dall’esterno della stalla e le voce di Sìle.
- Ma dove siete spariti tutti?- domandò da fuori.
- Qui!- rispose Morgan avvicinandosi alla porta della stalla.
Sìle si affacciò dentro affiancandosi alla madre e guardò la nonna e Liam sorridendo curiosa.
- State facendo amicizia voi due vedo…-
Liam si voltò a guardarla e le indicò Una con un cenno del capo.
- Tua nonna è un’ascoltatrice perfetta: finge di appassionarsi a tutto con una maestria invidiabile, mi fa sentire affascinante…-
- Che stupido!- protestò Una – non sei tu affascinante! Sono le cose che racconti!- gli disse punzecchiandogli una coscia con il suo bastone.
Sìle rise vedendo Liam che si girava quasi offeso, ma più per la punzecchiatura che per l’essere stato ridimensionato.
Infatti rise anche lui dopo un attimo, quando Una, alzandosi dal suo sgabello con un piccolo sforzo, gli puntò contro la pipetta con fare minaccioso.
- E vedi di metterci altrettanto impegno quando tua figlia sarà nata…ti servirà a tenerla buona…- detto questo però, dopo aver mosso un piccolo passo in avanti, si fermò e gli tornò vicina – domani mi racconti le storie dei marinai?-
Liam glielo promise, poi si alzò e si fermò vicino a Sìle: Una e Morgan li avevano lasciati soli.
- Quali storie dei marinai?-
-…conosci un marinaio che non abbia una fervida fantasia? Specialmente quando alza il gomito? Ho un repertorio di storie sul mare che non immagini neppure! Ero il più giovane quando andavo con mio padre, ero la vittima predestinata di tutti i pallonari di bordo…- le disse appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta della stalla. Sìle sorrideva ma era pensosa, allora lui le toccò il mento con un dito – stai bene?-
Sìle annuì, lo prese per mano e se lo portò a guardare i due vitellini neri che si aggiravano attorno alle madri in cerca di qualcosa da mettere nello stomaco.


Lei si appoggiò alla staccionata e si accostò a Liam accanto a lei.
- Ho chiamato…mio padre intendo…- sussurrò.
Sentì che Liam si discostava leggermente per guardarla meglio.
- Tutta sola?- le chiese.
Sìle annuì.
- Ha suonato il telefono, era il signor Kane che voleva dirmi che lo aveva sentito e che il numero di telefono era ancora quello, ma io credo che volesse incoraggiarmi in qualche modo…però ho preferito farlo da sola. Volevo trovare il coraggio da me…- gli disse guardandolo in faccia.
Liam le rispose allo sguardo e accennò un sorriso orgoglioso.
- Che streghetta in gamba…- sussurrò dandole un bacio in fronte.
Sìlle socchiuse gli occhi e gli sfiorò una guancia con un bacio, poi abbassò gli occhi sul suo petto.
- Non credo che Marty gli avesse detto niente e…mi ha risposto sua moglie credo. Quando ho detto il mio nome è stato strano, è stato come se entrambi si aspettassero che quella telefonata sarebbe arrivata prima o poi…è stato più facile di quanto credessi -
- Che vi siete detti?- domandò Liam.
- Poche cose…mi ha detto che preferiva sapere tutto di persona. E’ stato lui a chiedermi se volevo vederlo…l’unico momento in cui si è dimostrato esitante è stato quando mi ha chiesto se con mia madre potevo avere problemi -
Liam sbuffò e poi scosse la testa.
- Senti…io non credo si siano lasciati così male sai?- le disse – voglio dire…la cosa grave che lei può aver fatto è avergli in qualche modo negato te, ma io credo che tra loro due si siano capiti molto più di quanto lei non volesse credere…-
Sìle ne convenne con prudente convizione.
- Forse hai ragione…-
- Allora? Come siete rimasti d’accordo?-
Sìle ci pensò un momento e si schiarì la voce, ma non le sembrava vero e si vedeva, aveva avuto una gran paura di quel momento e ora che aveva fatto il primo passo, e che era stato più facile, molto più facile del previsto, le veniva da sorridere senza motivo. Si sentiva molto più leggera.
- Farlo venire fino qui mi sembrava troppo e poi non sapevo se fosse una buona idea, e poi è lontano…ma lui mi ha detto che potrebbe avvicinarsi facilmente fino a Manchester, partendo da Southampton o da Plymouth…così gli ho detto che lo richiamo una volta tornati a casa e lui parte appena possibile…-
Liam prese atto, ma poi ci pensò un attimo su.
- Io dovrei decidere se allontanarmi per qualche giorno la settimana prossima o no. Devo accompagnare George a Tangeri ed assicurarmi che raggiunga una nostra amica senza perdersi per il souk come l'ultima volta che c'è stato...-
- George si perde?-
- In condizioni normali no, ma se incontra il "personaggio folkloristico" che lo affascina sì. L'abbiamo ritrovato che fumava qualcosa di inquietante sdraiato su un tappeto che non sapeva d'aver comprato…è un problema per te se vado?-
Sìle disse di no ridendo al pensiero di George sotto l'effetto di stupefacenti.
- Posso chiedere a Ceday di venire, c’è Dorcas…- poi sorrise di nuovo – e magari ci sarà mio padre…-
- Che spero di conoscere prima di partire o quando sarò tornato…- aggiunse Liam, poi dopo un po’ sospirò e schiarendosi la voce, volle sondare il terreno dell’umore di Sìle – stai meglio oggi?-
- Intendi per Eric?- domandò lei guardando i vitellini.
Liam annuì.
- Per certi versi sì…per altri no…ma passerà credo…-
Era evidente che Sìle non volesse parlarne in quel momento, ma Liam non ne sapeva il motivo.


Quella notte, Sìle si era alzata e lo aveva lasciato addormentato, aveva fatto di tutto per non svegliarlo e c’era riuscita.
Era uscita e aveva visto Morgan e Una sedute davanti al fuoco, così le aveva raggiunte e aveva parlato loro di come si sentiva.
Una non era allarmata quanto Morgan, ma avendo Sìle vicina, aveva avvertito che i timori di sua figli rispetto allo stato di Sìle e alla bambina che portava in grembo potevano essere fondati.
- Prima di andartene da qui, devi riconciliarti con tutto quello che faceva parte di te qui…- le aveva detto la nonna, e Sìle sapeva a cosa, a chi si riferiva e aveva rifiutato l’idea.
- Io e Liam ce ne andiamo tra poco…non credo che potrò…-
- Non puoi. Devi. Per te e per tua figlia.- era intervenuta con fermezza Morgan.
- Beh non ho intenzione di andarlo a cercare, avrei preferito non vederlo affatto…-
- Dovrai invece se non lo farà lui!-
-Shhh…Gow greim jeed hene-
Come sempre Morgan tendeva ad essere più determinista nei toni, allora Una le aveva preso una mano e poi aveva preso quella di Sìle. Mantieni la calma aveva detto alla figlia, allora Morgan aveva allungato l’altra mano verso sua figlia che l’aveva stretta.
- Tu sei un tramite molto potente Sìleas, hai sempre avuto un legame con gli Sheeaghan che poche delle donne della nostra stirpe hanno mai potuto instaurare, nonostante i grandissimi sforzi fatti. La notte in cui il ragazzo ti ha aggredita, è stata quella in cui hai capito che non potevi essere diversa da noi perché hai avuto la rivelazione di te stessa e della tua forza. Hai saputo chiedere aiuto senza che nessuna di noi ti avesse insegnato a farlo e più ancora, in seguito, hai saputo gestire questo tuo potere da sola…ma questo vuol dire che sei una porta per loro, una porta che può formare un passaggio molto in profondità nel mondo degli spiriti, e con un figlio in grembo non è bene che siano i vecchi rancori a tenere aperto quel varco, è pericoloso…possono uscirne esseri selvaggi e indomabili…-
Sìle, come le altre due donne, teneva gli occhi aperti sulle fiamme, ma se li chiudeva sentiva Una dentro di sé, era come guardare attraverso i suoi occhi e al contempo attraverso quelli della nonna.
- Sei forte ora…lui non può farti ancora del male…- aveva detto infatti quella come se stesse esaminandola da dentro.
- Quindi dovrei perdonarlo? – si domandava Sìle guardando nonna e madre e allentando la presa sulle loro mani: basta magie, voleva dire, parliamo di persone.
- No – aveva risposto Morgan con molta decisione, e ovviamente Sìle aveva chiesto qualche spiegazione di più.
- Devi affrontarlo però…e da sola…- aveva aggiunto Una, poi si era rivolta alla figlia – a volte vanno spiegate le cose, non basta ordinarle...potresti anche imparare una buona volta! Avrai una nipote tra poco! Come pensi di fare? Di costringere suo padre a stare lì a spiegarle la parte di favola che tu non hai voglia di raccontare?-
- S’olk lhiam moir- si era scusata Morgan – cosa c’entra suo padre?-
- Quello non è un padre che si lascerà mettere da parte, inneen. E tua figlia non vuole mettercelo, tanto vale che ti abitui all’idea di un uomo che conta qualcosa in famiglia!-
- Ci sono già abitutata e mi sta benissimo, se l'uomo è lui, ma se servirà potrò ben occuparmi di mia nipote senza che lui mi tenga d’occhio no?-
- Non ho detto che lo farà perché non si fida. Ma se la bambina vorrà capire qualcosa di una favola raccontata da te, con la voglia che hai di parlare, le ci vorrà bene qualcuno con un po’ di parlantina no? Sapessi come parla bene! Ti racconta le cose come se ci fossi dentro anche tu, dovresti sentirlo...ora ho capito come l'ha convinta la mia lhiannoo!-
- Veramente mi è piaciuto perché è simpatico fin dall'inizio...- quando però si era vista guardata con sospetto, Sìle aveva dovuto ammettere la verità - beh...fosse stato solo bello non saremmo a questo punto comunque...insomma non ha dovuto convincermi!-
- E' perché parla bene...- insisteva Una.
- Dice le parolacce...tu non le sopporti...- aveva osservato Morgan quasi risentita verso il "tradimento" della madre.
- E' scozzese, certo che le dice! Ma non più davanti a me...e poi lo sentissi!-
Una sembrava davvero essersi appassionata ai racconti di Liam...
Sìle, visto che da lì lo scambio di vedute tra Morgan e la madre era continuato e poteva andare avanti per tutta la notte, aveva deciso di tornare a dormire approfittando del fatto che la bambina pareva aver trovato una posizione comoda anche se lei stava ferma.
- Io me ne torno a letto…- aveva detto allora.
Morgan e Una l’avevano salutata, ma tra una battuta e l’altra del punzecchiamento, così lei era tornata a rintanarsi nel letto, contro il corpo caldo e rassicurante di Liam e aveva sentito immediatamente la bambina inziare a muoversi come festeggiando la ritrovata vicinanza col suo papà decisamente più silenzioso e tranquillo.
Anche Sìle si era riaddormentata alla fine, ma solo dopo aver rimuginato per qualche ora, fino a che Liam non l’aveva rivista sveglia.
- Se ti servo ancora come antistress, fai pure, senza complimenti…-
- Ma se non volevi neppure…-
- Beh ma una volta trovato il modo…non è andata male no?-
- No…ma forse è meglio una ninna nanna ora…-
Lui ci aveva pensato un po’ su, poi aveva riso sotto i baffi.
- I Pantera vanno bene? -
- Chi?!-
- I Pantera…”You keep this love, thing, child, toy/You keep this love, fist, scar, break/You keep this love”- canticchiò sotto voce: il vantaggio dell’essere semiaddormentato era che la voce ruggente adatta all’heavy metal gli veniva naturale – insomma questa era la prima cosa che mi veniva in mente. E Phil Anselmo vuole molto bene alla sua mamma…si sfascia i microfoni in fronte per amore, è un bravo ragazzo, credimi… -
Sìle lo aveva guardato dubbiosa, ma tanto lui quasi dormiva.
- Nessuna alternativa? -
Liam ci aveva pensato su per un altro attimo nel dormiveglia.
- Prodigy…Sex Pistols…Stone Temple Pilots…-
-Certo, tutti esperti dei sonni sereni vero? -
- Beh…dipende molto dal pusher credo…-
- Liam!-
- Non sa cosa sia un pusher…-
-Non è questo che mi preoccupa! Ma mi domando cosa programmi di cantarle per farla addormentare. La versione metal di ”brilla, brilla piccola stella”?-
- Il fatto che tu lo chieda a me, segnato com'è risaputo da ripetute esperienze genitoriali, mi fa supporre che sarò io l’addetto al rendersi ridicolo giusto?- aveva chiesto mentre Sìle già gli faceva segno di sì con la testa – lo sospettavo…ma posso illuminarti domattina sul repertorio?-
La mattina dopo per l'appunto, si era svegliato con un paio di pezzi dei Prodigy che gli martellavano la testa…pensando anche bene di tacerlo a Sìle per non allarmarla.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Il mare in tempesta... ***


Appendice – 1:

Mi scuso tantissimo per l'attesa, ma purtroppo ho avuto dei motivi di ritardo prepotenti, alcuni positivi, uno meno positivo. Spero di aver recuperato bene...


Dalla notte si era iniziato a sentire il boato del mare che cresceva.
Una, che tra loro era quella più legata a lui, si era svegliata, ed era uscita per ascoltarlo; Sìle l'aveva avvertito perché la bambina nella sua pancia le aveva trasmesso tutta la sua elettrizzazione per quel cambiamento.
Morgan si era svegliata e poi riaddormentata ascoltando anche lei la sua voce, Liam si era alzato e aveva aperto leggermente la finestra, solo per sentire l'odore della salsedine portato dal vento.
La mattina l'aria profumava intensamente infatti, e Sìle e Morgan appena dopo l'alba, erano andate a vedere se c'erano già conchiglie rilasciate sulla spiaggia dall'abbassarsi della marea.
Sembrava un evento davvero magnetico per tutti loro.
La magia venne interrotta, per assurdo, da una strega.
“Allora come stai?”
La voce di Ceday tradiva qualcosa di strano, ma Sìle non le chiese nulla: se era qualcosa che aveva intenzione di dirle l’avrebbe fatto.
Senza contare poi che le otto di mattina per lei erano un orario davvero antidiluviano.
“Anzi scusa, rettifico: come state? Tutti e tre…”
- Bene direi. Io mangio come un criceto, la bambina assimila come un rinoceronte, e Liam è in fitta comunicazione con mia nonna…-
“Il paragone col criceto e il rinoceronte, l’ha inventato lui vero?”
- Ovviamente, volevo renderti noto il suo ultimo componimento…-
“Un vero poeta sì…”
- Incompreso temo -
“Beh io più che altro temerei di capirlo…e tua madre?”
Sìle finì di masticare rumorosamente il suo biscotto.
- Tutto bene...- disse quando ebbe la bocca abbastanza libera.
“Mh-mh…sai? Credo di iniziare a capire il senso profondo della poesia del bardo Kerr…la smetti? Sembra di parlare con un frullatore!”
- Ho fame!-
“Ma almeno ingrassa di mezzo chilo come tutte le donne incinte del mondo no?”
- Sono ingrassata!Devo mettere il reggiseno ora! Ho il metabolismo accelerato forse…-
Forse è meglio se taci…quello non è grasso, quelle sono tette! E scommetto che Liam dentro di sé esulta!”
- Scusa Ced ma che hai? Sei acida come un bicchiere di limone…-
“Niente…”
- Va bene…-
“Insomma te lo dico quando possiamo parlarci a quattr’occhi…quando tornate?”
Sìle deglutì l’ultimo pezzo di biscotto e si massaggiò la pancia con soddisfazione…sarà per questo che Liam mi vede somigliante ad un criceto?, si domandò.
- Quattro giorni…poi Liam deve partire per il Marocco con George. E io devo incontrare mio padre…-
Ceday esclamò. Non disse niente perché la cosa l’aveva presa così di sorpresa che non riuscì ad articolare parole di senso compiuto, ma il tono era esclamativo.
“E quando cavolo volevi dirmelo di tuo padre scusa? E da quando quel tipo ha deciso di rimettere piede in Africa?”
- Va in Marocco, non è proprio la stessa cosa per lui…e mio padre...beh ho provato a chiamarti e non ti ho mai trovata…-
“Come se ti servisse il telefono!”
- No però aiuta…ma dov’eri finita a proposito? -
Ceday tacque per un momento, poi si schiarì la voce e riprese a parlare, ma lo fece sottovoce.
“Io ho davvero bisogno di parlare con voi…dovete aiutarmi! Sono nei guai!”
Sìle si preoccupò perché la sentiva davvero angosciata.
- Ced ma che ti succede?-
“Che sto impazzendo e credo che…oh mio Dio! Oh mio Dio! No! Non quello di Lady Winchilsea!”
-Ceday?- chiamò Sìle allarmata dal tono terrorizzato dell’amica.
“Ti richiamo!”
Cadde la linea mentre si sentiva un fragore di cocci che rimbombò attraverso il telefono nell’istante stesso in cui Liam entrava in camera da letto.
Si fermò sulla soglia guardando fisso Sìle che gli sorrise con aria leggermente perplessa.
- Era Ceday…-
- Non era qualcosa che andava in frantumi?-
- Sì, ma a casa di Ced…-
- Ah beh allora – commentò Liam senza stupore mentre si abbassava su una sedia e prendeva la macchina fotografica digitale.
- Hai intenzioni lavorative oggi?- gli domandò Sìle scendendo dal letto su cui era seduta e andandogli vicina, sbirciandolo con curiosità mentre armeggiava con l’apparecchio: in quei momenti si vedeva in lei quello che era di Lily.
Liam guardò fuori.
- Non necessariamente. Il tempo è buono ma il mare dev’essere una furia…ruggisce come un leone…e se fosse come immagino, potrebbe venirmi qualche ispirazione…-
- Posso venire con te o vai in posti inaccessibili ai comuni mortali?-
- Se mi prometti che non mi vieni dietro se faccio cose azzardate, sì. Ero venuto qui a dirtelo…-
Sìle accennò un sorrisetto e si schiarì la voce.
- Allora vengo. Anche perché se ti vedo sparire tra i flutti, qualcuno che gridi “Uomo in mare!”, dovrà pur esserci no?-
Lui la guardò attraverso l’obiettivo.
- Tu non ti fidi di me…-
- Non è vero. Ma quando fai certe cose, diventi un po’ troppo entusiasta…o devo ricordarti che ti sei messo a fotografare un avvoltoio appeso a testa in giù dal guardrail di una strada di montagna, l’estate scorsa? Montagna che tra le altre cose, franava al primo starnuto?-
- Era un rarissimo esemplare di pennuto autoctono di un’isola mediterranea…e non ero appeso a testa in giù…-
- Rarissimo! Tant’è che ce ne svolazzavano a dozzine sopra la testa…-
- Beh…-
- Sì?-
- Senti muoviti, copriti bene e smettila di sindacare sui miei ultimi sprazzi di giovinezza…-
Le ordinò lui prima di uscire dalla stanza.
- Veramente sindacavo sul tuo istinto di sopravvivenza e comunque hai saltato una generazione: stai per diventare padre, non nonno!- gli disse lei ad alta voce.
Lui brontolò qualcosa in risposta, ma il volume basso e le parole biascicate tradivano un’insufficiente carico di argomenti, così quando lo raggiunse, lei gli porse il giaccone come offerta di pace.
- Non ti permetto di insinuare che lo splendido quasi padre quarantenne della mia bambina sia vecchio, chiedi scusa…-
- Quasi quarantaduenne veramente: un mese e diciotto giorni dopo erano finiti, ma erano ancora gli anni sessanta -
- Insomma sei vintage…- gli disse lei sapendo benissimo che la reazione che gli provocava quella parola, era quasi una sindrome cavallina: lo metteva dello stesso umore di un animale da rodeo.
-Tua nonna non sopporta le parolacce, smetti di farmi venire voglia di dirle – le disse infilando il giaccone.
Lei si mise a ridere e dopo aver annunciato a Morgan e Una che stavano andando a fare un giro sul mare, uscirono.
- Attento alle onde!- lo avvertì Una inseguendoli sulla porta.
Liam stava per entrare in auto ma si fermò, si girò verso di lei, poi si guardò intorno.
- Com’è che sono ancora asciutto? La volta scorsa a quest’ora avevo due bernoccoli in fronte…-
- Ho giocato d’anticipo!- gli disse la vecchietta salutandoli con la manina coperta dalla manica troppo lunga di un cardigan dai colori hawaiani.
Liam si mise al volante e Sìle lo vide un tantino…dubbioso.
- Che c’è?- gli domandò.
Lui contrasse le labbra come a voler dire qualcosa, poi le strinse tra loro.
- No niente…- rispose mettendo in moto.
Decisero che il Calf of Man poteva essere una buona direzione da prendere.
Sìle era contenta di quella gita non programmata, e sperava che a Liam l’ispirazione venisse. Ormai iniziava a fare l’abitudine a quell’entusiasmo quasi infantile che lo prendeva quando poteva stare qualche ora all’aperto andando a infilarsi in qualche anfratto pericolante per avere una foto come piaceva a lui, anche perché in genere era sempre tornato vivo salvo qualche escoriazione, quindi si metteva lì tranquilla e lo guardava.
Diventava qualcosa di molto diverso dall’uomo fermo e saldo che dava l’idea di essere altre volte e sperava che quello spirito un po’ avventuroso, contagiasse anche la loro bambina, pur sapendo che questo avrebbe significato doversi preoccupare non poco.
L’idea del Calf Sound aveva subito una momentanea deviazione per Peel, quando avevano visto le onde che si infrangevano contro la costa.
Lì erano sicuramente più spettacolari, schiaffeggiavano la strada lungo il mare, faro e il castello con delle bianche mura d’acqua alte anche diversi metri.
Poi proeguirono verso Port Erin, e lungo alcuni tratti della costa le onde erano davvero impressionanti.
Scesero dall’auto in un punto in cui la scogliera era più alta: Sìle si nascose sotto il suo fido cappuccio mentre Liam, bisognava dargli atto con accettabile prudenza, si avventurava in un punto della scogliera più basso rispetto alla strada, che rimaneva abbastanza riparato dalle onde, ma consentiva una buona visuale sulle scogliere.
Sìle non fece azzardi e lo aspettò appoggiata al cofano della BMW, guardando il mare e ogni tanto lui che si era seduto su una roccia piatta puntando l’obiettivo verso una gobba verde su cui si ergeva una esile struttura diroccata, che sembrava offrire al vento la resistenza che gli avrebbe fatto un castello di carte.
Sotto quella gobba il mare mugghiava e colpiva la terra con violente sferzate di acqua gelata.
Il tempo iniziava a cambiare, da sud-ovest arrivava un pesante banco di nuvole nere.
Quando Liam risalì, dopo essere sparito di qualche metro più in basso, le nubi si erano spinte fino a coprire il sole.
Sìle era assorta, come ipnotizzata dal movimento delle onde.
L’acqua schiumava ma dove era più profonda, era un’immensa massa blu profondo che si muoveva da sotto, ed era quasi cullante.
Aveva dentro di sé una sensazione che non provava da tanto tempo.
- Ti è mai successo da piccolo…- chiese a Liam vedendolo tornarle vicino e appoggiarsi accanto a lei – di stare rintanato nel tuo letto, ad esempio, sotto le coperte, mentre fuori c’era un forte temporale e di provare una sensazione di elettricità dentro?- gli domandò, poi si indicò la bocca dello stomaco – qui…la sensazione che fuori può arrivare il finimondo ma tu sei al sicuro?-
Liam sorrise e annuì passandosi una mano sul viso e i capelli bagnati.
- La piccola si sente così…- gli disse con un gran sorriso, facendo ridere più apertamente anche lui.
Era sorpreso.
- Sì sai…sente che fuori è freddo, che ora è più buio. Che arriverà un temporale…e sente questo enorme frastuono dal mare. Però sa di essere al sicuro dov’è e questo le piace un sacco…e ama il mare. L’odore, il rumore…-
Liam la guardò e le passò un braccio intorno alle spalle per stringersela addosso. Lei gli si accoccolò contro.
- Mi piacerebbe darle un nome legato al mare…- gli disse, e lui si disse d’accordo – sai come Murron o Meriel…mi piacerebbe anche Ula, ma somiglia molto al nome di mia nonna, così pensavo: Cordelia ha lo stesso significato…gioiello del mare-
Liam sgranò gli occhi e la guardò.
- Ne stiamo discutendo per la prima volta, e tu sei già un’enciclopedia dei nomi?-
- Non è mica il primo giorno in cui mi accorgo che reagisce al mare. Lei somiglia davvero a mia nonna…è da quando siamo stati a Glasgow l’ultima volta che l’ho notato. Ricordi quando siamo andati con Jane ad Ardrossan? C’era mare grosso anche quel giorno…-
Lui fece cenno di sì.
- Ma non volevo importeli. Volevo solo chiederti se ti piacevano…o se ne hai qualcuno che piace a te -
Liam ci pensò un attimo e poi scosse la testa.
- Non lo so...ci sono tanti nomi che mi piacciono e sinceramente senza vedere lei, non saprei dire quale mi ispira. L’idea del mare però mi piace come riferimento. Murron e Meriel cosa significano? -
- Murron significa Bel mare o Mare bianco , Meriel invece Mare scintillante …-gli rispose lei raddrizzandosi a guardarlo e pulendogli una tempia da una sottilissima scia di sale che qualche schizzo di mare gli aveva lasciato sul viso.
- D’accordo mi piacciono…ma se la chiamiamo Cordelia, mi riservo il diritto di chiamarla Ula perché se qualcuno che conosco a Glasgow mi sente chiamare “Cordelia!” per la strada, non so cosa potrei sentirmi dire…-
- Secondo Ceday il problema sarebbe un altro…-
- Cioè?-
- Che Cordelia detto da te, sembra un’imprecazione…-
- Benissimo, era una vita che volevo dirle che porta un nome che la rende somigliante ad una moneta del Ghana! Finalmente posso togliermi questo dente! – esclamò con una certa soddisfazione, dopo di che un tuono li interruppe e fece capire loro che era ora di rientrare – forse è meglio se andiamo ora…vorrei provare ad arrivare lo stesso al Calf Sound…-
Sìle si mise, lo seguì verso l’auto, lasciò che lui le aprisse lo sportello e da dentro gli aprì il suo.
- Facciamo così: quando nasce, la guardiamo bene e decidiamo cosa ci ispira sul momento…- propose quando Liam fu seduto al suo fianco.
- Ci sto…ma lei che ne dice?- chiese lui mettendo in moto – intendo la nuotatrice nella tua pancia…-
Sìle si diede due colpetti sulla pancia.
- Le sta bene…-


Ripartirono, raggiunsero la punta meridionale dell’isola e dopo un’oretta passata tra girellare lungo le scogliere e quattro chiacchiere nel centro visitatori per ripararsi dall’acqua, ripresero la via di casa.
Quando furono a Peel, Liam si fermò per comprare un giornale che gli aveva consigliato George durante una telefonata di pochi minuti avvenuta durante il tragitto.
Aveva lasciato l’auto nello stesso parcheggio del giorno in cui avevano incontrato Eric e ed era molto interessato dalla consultazione della rivista che, visto che ancora il temporale non si stava scatenando sulla costa, si era dimenticato della raccomandazione di Una.
Passando lungo il marciapiede sul mare, un’onda andò ad infrangersi proprio sotto il suo naso facendogli una doccia completa. Non solo a lui per la verità: c’era anche una coppia di operai e un ometto a passeggio col suo cane, ma Liam si prese la parte più grossa.
Quando rientrò in auto, si tolse il giaccone impermeabile prima, poi si accomodò sul sedile e per prima cosa rivolse un ammonimento a Sìle…
- Guai a te se ridi…-
- Bene…- rispose lei non tanto convinta.
- Io e tua nonna dobbiamo parlare…-
- Non credo sia una buona idea, in genere vince lei nei confronti dialettici. Ha delle argomentazioni di ferro -
- Tipo?-


- E’ inutile che te la prenda con me: io te l’avevo detto -
Lapidaria replica della Strega Nonna ai tentativi di protesta che Liam mise in atto al loro rientro.
- Sì ma…senta, la smetterebbe di girare come una trottola attorno a questo tavolo? Avrei bisogno di guardarla in faccia, invece che vedere tutti i colori delle specie botaniche tropicali che le ricoprono la schiena! E’ difficile parlare così! -
Lui la inseguiva, cercando di non calpestarla, visto il divario altimetrico, girando per casa ancora bagnato come un pulcino: si era fatto una doccia e si era cambiato, ma di asciugarsi la testa non se ne parlava per uno del Nord.
Una si fermò, ma solo per rimestare qualcosa in una pentola che ribolliva sopra il fuoco del camino.
Aveva in mano un enorme cucchiaio di legno che estrasse pieno di qualcosa di fumante.
- Assaggia…- ordinò Una.
Eh no…almeno in questo non avrebbe permesso che andasse come Dorcas.
- Volentieri…- rispose facendo in modo di prendere lui il cucchiaio, soffiando un po’ e solo allora, quando fu sicuro che non servisse una lingua ignifuga, assaggiò – è buonissimo…-
- Si sente il timo?-
Liam ci pensò un momento ed ebbe una pessima idea…ma lo capì solo in seguito.
- Non molto – rispose.
Una annuì con fare serio e con passetti rapidi andò nel suo piccolo regno vegetale sul retro della casa.
Lo invitò a seguirla comunque.
- C’è qualcosa cui devo stare attento? – chiese con un briciolo di sarcasmo.
- Smettila di piagnucolare! Per un po’ d’acqua!-
- Una, mi perdoni ma non è l’acqua il punto. Il punto è che se lei mi avverte io lo apprezzo…ma è inutile che mi avverta se poi non mi dice che le cose potrebbero succedere in modo meno banale di quanto io non mi aspetti…-
- Hai sbattuto contro quelle travi nel modo più banale che abbia mai visto…-
- Certo perché non lo sapevo…- rispose lui ritrovandosi le mani piene di erbe odorose essiccate dopo un attimo.
- E infatti io ti ho avvertito per le onde!-
- E infatti io sono stato alla larga dai posti pericolosi…-
- Io non ti ho detto stati attento ai posti pericolosi. Io ti ho detto stai attento alle onde -
…solita logica stringente delle streghe. Aveva ragione lei e aveva ragione Sìle a dire che Una avrebbe opposto delle argomentazioni di ferro.
- Va bene, va bene d’accordo. Ho torto io…-
- Infatti. Ora andiamo…e di’ a mia nipote di stare lontana da quei vitelli. Sono figli del Pooka, sono imprevedibili…-
Liam fece per obbedire vedendo Sìle che accarezzava uno dei vitellini neri dopo aver lasciato loro qualcosa in una mangiatoia.
Poi però di fermò.
- Scusi…di chi sono figli quelli?-
- Del Pooka…gira attorno alla casa da secoli, se lo portò una trisavola di mia nonna dall’Irlanda e non se n’è più andato. I vitellini non sono cattivi…ma possono decidere di fare qualche scherzo per giocare -
Liam si affacciò di nuovo dalla porta che dava sul cortile del retro.
- Lo so, lo so…- lo rassicurò lei prima ancora che potesse parlare – ma sono buonissimi…secondo me è solo che sono neri…non hanno neppure gli occhi rossi…- gli disse mentre andava a riporre un secchio vuoto e poi rientrava con lui in casa.
- Non hanno neppure gli occhi rossi eh?-
- No. Vado a togliermi scarpe e pantaloni, arrivo subito – disse lei.
Liam tornò da Una e Sìle lo guardò allontanarsi con un sorrisetto sotto i baffi: quella dei vitelli figli del Pooka che non avevano gli occhi rossi, lo aveva lasciato un po’ esterrefatto.
Aveva fatto l’abitudine a tante cose ma forse ai folletti che prendevano forme animali e si immedesimavano a tal punto ancora no.
Un attimo dopo, mentre si infilava i pantaloni di una tuta, sentì un lamento, sempre di Liam, provenire dalla cucina.
Corse a vedere e quando arrivò sulla porta, vide una scena molto familiare.
Lui appoggiato al tavolo della cucina con una mano sulla bocca e gli occhi lucidi e brillanti e Una ferma lì davanti con ancora il cucchiaio di legno in mano.
- Ora si sente il timo?- gli chiese.
Liam la guardò cercando di non sembrare lui quello con gli occhi rossi.
Sìle temeva di vederlo reagire male, invece non lo fece. Annuì seriamente, senza proferire verbo e allora Una si girò di nuovo tutta soddisfatta verso il fuoco, canticchiando qualcosa tra sé e sé.
Liam guardò Sìle che gli andò incontro chiedendogli come stava.
- Se mai un giorno avrai dei dubbi sui miei sentimenti per te, ricordati di questo: l’idea di un corso di sopravvivenza estremo in questo momento, risulta più riposante…eppure sono ancora qui…-
- Almeno era buono?- domandò lei abbracciandolo.
- Buonissimo, certo. Solo che io non sentirò più sapori fino a dopodomani…e poi perché sempre io?-
- Sei l’uomo di casa…sei importante – rispose Una.
Liam stava per rispondere che rinunciava all’essere importante, se questo poteva fare sì che la sua lingua venisse fatta salva di certe pratiche medievali, ma in quel momento rientrò Morgan da fuori.
- Com’è andato il giro turistico?- si informò mentre si toglieva l’impermeabile e gli stivali di gomma.
Sìle sorrise.
- Molto bene! Era tutto bellissimo!-
Una allora si voltò e,così, tanto per non perdere la confidenza che si era venuta a creare, richiamò Liam con una cucchiaiata su una coscia.
- Hai fatto delle foto?- gli chiese prima che lui potesse lamentarsi del dolore.
- Sì, parecchie…-
- Poi mi fai vedere?-
- Se vuole sì, ma il cucchiaio sparisce!-
Morgan e Sìle si guardarono sorridendo.
Quando qualche decina di minuti dopo, erano tutti seduti a quello stesso tavolo con la meravigliosa zuppa di funghi di Una sotto il naso, stavano ancora parlando della mattinata di Liam e Sìle.
- E la piccola?- chiese Morgan alla figlia – lo sentiva vero?-
Sìle disse di sì.
- Infatti abbiamo anche parlato del nome da darle…anche a Liam piace l’idea di un nome legato al mare…
Morgan e Una, che aveva fatto pace con Liam a tal punto da tenergli una mano su un avambraccio con fare consolatorio, ascoltavano Sìle con aria serena.
- A te demmo un nome che non ti legasse. Non davi segni di preferenza per questo o quell’aspetto del mondo…eri ugualmente recettiva a tutto -
- E lei non lo è?- domandò Liam alludendo alla figlia.
- Sìle è diversa da noi e sua figlia sarà diversa da lei. Che una strega prenda la sua natura dal genitore con cui condivide il genere sessuale, è solo un aspetto. L’altro genitore influisce comunque sul nascituro, quindi Sìle è fatta anche di suo padre e la vostra bambina fatta anche di te. Tu hai un legame molto forte col mare no? Lo ami ancora molto…vieni tu stesso da un padre che amava il mare e ti ha trasmesso questo amore - disse Morgan.
Liam riconobbe di sì senza alcuno sforzo.
- Allora non è strano se a tua figlia piace, se la attrae così tanto -
- Peccato non possa ancora vedere com’è…- aggiunse Sìle – io ho sempre trovato bellissimo il mare in tempesta…-
Liam annuì.
- Anche io. Ma devo riconoscere che in un paio di occasioni, avrei preferito non vederlo…non così da vicino almeno -
- Quando eri con tuo padre?- domandò Una, con gli occhi vivaci di quando aspettava uno dei racconti di Liam – e fa così paura?- gli domandò infatti incitandolo a parlare.
Lui fece un respiro e alla fine disse di sì, abbastanza. Almeno fino a che non si imparava a dare le giuste proporzioni alle cose.
- Quando sali a bordo di una nave da carico, di quelle che finiscono in capo al mondo, la guardi ed è gigantesca. E’ veramente una delle cose più grandi che esistano, ti chiedi come diavolo faccia a galleggiare tutto quel metallo, ma se lo fa, ti dici, forse allora quando si in viaggio nemmeno sembra di essere in mare. Ed è un pensiero consolante quando sai che dovrai passarci dei mesi sopra…e poi a volte, quando ancora non sai davvero cosa può fare, è anche divertente. Sembrano montagne russe…- iniziò a raccontare.
Sìle ripensò a quando prima, mentre erano fermi a parlare dei nomi da poter alla bambina, gli aveva passato una mano sulla fronte per togliergli quella sottile traccia di sale. Aveva sentito chiaramente che quella sensazione sulla pelle, quel pizzicore unito al vento freddo e sferzante, gli piaceva, lo faceva stare bene.
- E invece?- chiese Morgan a quel punto: forse anche lei iniziava a interessarsi a quelle storie.
- E invece prima o poi arriva la tempesta vera…e allora cambia tutto. Insomma la nave per te rimane enorme, tu sei piccolo, ma il mare è sconfinato, non hai che acqua intorno. Vedi le onde che si infrangono sulla prua come se esplodessero, diventano dei ventagli bianchi di decine di metri d’altezza: più grandi della nave, che la inghiottono, sembrano mani che la afferrano. Il vento ti porta dove vuole lui, l’acqua si incunea nei corridoi di coperta come se ci venisse spruzzata a pressione. E sotto coperta non è meglio: cammini come se fossi ubriaco, ti ritrovi sballottato qua e là come una pallina da ping pong. Guardi i corridoi e vedi solo dei budelli in cui ti sembra di passare a malapena. E si muovono, cigolano, gemono…a volte senti degli schianti che ti rimbombano intorno, nelle orecchie e ti viene da pensare “Cazzo, sta andando tutto in pezzi!”. Ti vedi annegare nelle condizioni più tragiche, incastrato tra lamiere…allora torni in coperta, quasi scappando, ti guardi intorno e sì, la sensazione claustrofobica un po’ passa, ma in compenso intorno vedi solo acqua. Mura d’acqua, montagne schiumose, una dietro l’altra, che si inseguono e ti vengono incontro, di lato, di fronte…a volte la nave beccheggia così tanto che sembra di navigare in cielo e di respirare sott’acqua…senti lo stomaco che ti arriva in testa e poi scivola giù fino alle punte dei piedi! -
Si fermò un attimo sorridendo di sé stesso, della paura che aveva provato all’epoca di quelle prime esperienze.
- Poi ci fai l’abitudine…smetti di vomitare, impari a restare in piedi, a non barcollare ad ogni passo e se ti assuefai abbastanza al mare, riesci perfino a dormire malgrado tutto…-
- E tu ci riuscivi?- chiese Una.
- Beh alla fine sì…però non fatico a credere a chi dice che a volte ha dormito solo sperando di non accorgersi che stava arrivando il peggio. E capisco anche tante pazzie allucinate che in tanti secoli, gli uomini che vivevano in mare si sono trovati a raccontare…puoi vedere di tutto in certe condizioni, e ancora di più se quello che ti tiene a galla sono legno e vele piuttosto che metallo e motori. E’ una delle cose che fa sentire più impotenti… -
Sìle, quando lui la guardò, gli sorrise ma era silenziosa e cogitabonda.
Anche lei l’aveva sentita tante volte la sensazione d’impotenza anche se in altre condizioni, ma la ricordava bene.
Quando guardava Morgan e vedeva nei suoi occhi il velo della distanza, come se la madre volesse tenerle nascosto il suo mondo perché non la riteneva adatta ad esplorarlo.
Quando quello stesso mondo invece, la cercava e le mostrava cose che le facevano troppa paura…
Quando John non le aveva creduto. Quando quella folata di vento, quella che aveva fatto crollare il ramo già pericolante sull’auto del ragazzo, le aveva spezzato il respiro in gola.
Ricordava ancora il terrore di Dorcas che la guardava senza riuscire a farsi spiegare cosa aveva visto.
E quasi lo stesso aveva sentito quando credeva che Liam avesse tradito Lily, cioè lei.
Forse però la cosa più simile a quella che descriveva Liam l’aveva sentita quella notte in cui Una sosteneva che lei avesse imparato da sola cosa che per cui ad altri era stato necessario l’intervento di qualcuno di più anziano, di più esperto.
Faceva così paura quella notte scappare al buio e vedere e sentire un frastuono di vento, rami, foglie, l’erba che frusciava come mossa da centinaia di passi, i rami che scricchiolavano flettendosi come sotto dei pesi improvvisi, ombre che sembravano muoversi, aprirsi di fronte a lei e chiuderlesi alle spalle…non sapere dove stava andando era così angosciante. Quello che credeva di conoscere, le cambiava davanti e lei non poteva capire che era una cosa che stava facendo lei, che stava avvenendo perché lei invocava un aiuto senza saperlo e che qualcosa e qualcuno di molto più grande di lei, di Eric e di tutti quelli che l’avevano aggredita quella sera, le stava rispondendo.
- Guardi che non ero a bordo della Queen Anne’s Revenge e mio padre non era Edward Teach…- sentì dire a Liam che rideva rispondendo a una domanda di Una. Sìle li guardò, poi guardò la madre che le sorrise e le fece un cenno incoraggiante. Aveva capito cosa le era passato per la testa in quei pochi secondi.



Sìle lo incontrò di nuovo due giorni prima di partire.
Liam aveva accompagnato Morgan a fare un giro a Castletown: aveva l’auto in riparazione in quel momento, il mare ancora mosso non permetteva ai pescherecci di uscire sulla costa occidentale, ma forse dall'altra parte dell'isola le cose andavano un po' meglio e se non fossero state aringhe, sarebbero potuti essere molluschi.
Così Sìle era rimasta a casa con la nonna.
Una era impegnata in una delle sue lunghe sedute di giardinaggio quando si era accorta di avere pochi semi di dragoncello russo, che lei riusciva a far crescere ogni anno con molta facilità.
Sìle si era offerta di andare lei alla fattoria più vicina, da Terry Quiggin, a procurarsene un po’.
Stava tornando con un piacevole senso di sollievo: Mr.Quiggin e sua moglie erano stati molto accoglienti e festosi con lei e tutto sommato chiunque conoscesse nell’isola, di quelli che la ricordavano bambina quando era già adulti o poco meno, erano stati affettuosi vedendola grande, con un compagno evidentemente molto attento e innamorato e una bambina in arrivo.
Doveva dare atto a Liam che forse erano ricordi leggermente distorti a causa di quella particolare, bruttissima esperienza, quelli che la facevano essere così refrattaria a ritornare sull’Isola.
La giornata era bella ma freddina, tirava vento dal mare e Sìle camminava lungo la strada stringendosi addosso la giacca, il capo leggermente reclinato in avanti.
Un paio di automobili la superarono, lei le seguì con lo sguardo per vedere se per caso una della due era quella di Liam, ormai era qualche ora che mancavano da casa lui e Morgan.
Poi ne arrivò una terza che, dopo averla sorpassata, accostò e si fermò: Sìle si accorse di Eric quando lo vide uscire, si fermò con la fortissima tentazione di girare i tacchi e cambiare strada, tornare dai Quiggins magari, ma poi riprese a camminare con decisione, anche se lo sguardo di lui fisso su di sé la metteva in difficoltà.
Io sono più forte, si disse, non può farmi più alcun male…la consolò accorgersi che non avvertiva accenni di tremore in sé stessa.
Quando gli fu di fronte, la sfiorò la speranza che lui non dicesse o facesse nulla, che sarebbe stato sufficiente tirare lungo e lui avrebbe rinunciato, ma non fu così.
Avrebbe dovuto superare l’imbarazzo di parlarci, ma ripensare all’occhiata che Morgan le aveva dato quella sera, mentre Liam scherzava con Una, le aveva tolto la paura e rinforzato la convinzione che era necessario farlo quel passo.
- Buongiorno…- le disse.
Sìle si fermò, fissando casa sua, a poche decine di metri di distanza…vide Una che col suo bastoncino si arrampicava sul prato che costeggiava la strada, là dove questa era più alta della casa.
Capì che doveva aver percepito il suo allarme e le era vicina…allora prese fiato e si girò a guardare Eric da sopra una spalla.
- Buongiorno…- rispose senza tono.
Se quel saluto non ci fosse stato, forse sarebbe stato più facile per lui, ma lei sapeva che aveva deciso di parlarle, quindi rimase lì.
Le si avvicinò di un passo o due, facendo il giro dell’auto. Le sorrise con tutto l’imbarazzo del mondo, e anche la paura, ma lei non infierì.
- Io ti ho vista e…- tentò di spiegare. Rinunciò subito dopo, evitando di cercare scuse sul perché si era fermato. Togliendosi il berretto di lana che portava in testa, la richiamò con un gesto del mento – non so se chiederti come stai…mi sembra evidente…-
- Sto bene infatti…- rispose Sìle con freddezza.
- Sì lo vedo…- mormorò lui – sei molto bella -
Le provocava molta insofferenza che Eric sottolineasse come la vedeva con quella specie di ammirazione incantata. E la disturbava anche vedere che dipendesse anche dallo stato in cui si trovava, non solo dal suo essere cambiata, cresciuta.
Si strinse di più la giacca sulla pancia, quasi a volerla nascondere e proteggere.
- …tu come stai?- domandò sperando di non sembrare del tutto disinteressata come le sembrava di essere.
- Solita vita di qui…lavoro, casa…- rispose Eric mostrandole la mano sinistra a cui portava una fede – moglie…Sally, Sally Cannell-
Sìle annuì e si appoggiò al muretto a secco lì vicino.
- Congratulazioni. Era una ragazza molto dolce-
Sally in effetti era un’amica per lei e se si erano perse di vista era solo perché Sally per studiare si era spostata a Bristol da una zia.
Eric confermò.
- Lo è ancora -
- Sono contenta per te…- disse.
- Davvero?- le chiese lui.
Lei si strinse nelle spalle e riuscì ad accennare un mezzo sorriso.
- Sì…tu no?-
Lui rimase in silenzio e fu in quel momento che l’auto di Liam iniziò ad avvicinarsi. La mise in allarme questo e per assurdo, per Eric, perché capiva che in quel momento era molto in difficoltà e forse trovarsi guardato storto da Liam, o peggio da Morgan, l’avrebbe messo davvero in crisi.
Fece un cenno a Liam che, forse capendo, le rispose semplicemente con un saluto con la mano e andò avanti.
Lei poi tornò a guardare Eric.
- Sono contento sì…- riprese lui – e tu?- domandò indicando la BMW. Quando vide Sìle guardarlo con aria stupita, le sorrise – è una faccia nuova. Quando l’altro giorno sono entrato al pub di Marty, parlavano tutti di te e del genero scozzese di Morgan Kennaugh…-
- Non siamo sposati -
- No certo, non sei mai stata il tipo vero?-
- Non lo è neppure lui…-
Eric sorrise leggermente: non lo faceva con sicurezza, era come se non fosse sicuro di quanto lei avrebbe accettato quei sorrisi.
- E che tipo è? -
Sìle sospirò e si voltò a guardare verso casa: la sagoma imponente di Liam si era affiancata a quella di Una, ma stavano evidentemente parlando d’altro, non guardavano neppure verso di loro.
- E’ l’uomo migliore che abbia mai conosciuto…-
- Questo si dice di un padre…-
Sìle non riuscì a soffocare il fastidio per il tono che lui aveva usato. Era stato allusivo.
- Non sei proprio la persona giusta per le confidenze piccanti, spero tu non la prenda male…- gli disse in tono tagliente, già pronta a girare le spalle per andarsene, ma lui la trattenne.
- No, scusami, hai ragione, io sono l’ultimo al mondo che…perdonami…davvero…ma ho sperato così tanto di rivederti, ho sperato così tanto che fosse diverso da così…-
- Diverso? Diverso in che senso?-
Eric abbassò lo sguardo a terra e allargò le braccia. Era strano…Sìle faticava a riconoscerlo se non lo guardava in faccia, sembrava davvero dipendere dalle sue reazioni: se lei gli concedeva un briciolo di clemenza, era serena, ma bastava un accenno di rifiuto per precipitarlo nell’angoscia.
- Io non volevo che finisse in quel modo…tu non lo sai quanto volevo che andasse diversamente, quanto lo speravo…quando ti ho rivista l’altro giorno, Dio non sai cosa mi è successo dentro!-
- E sinceramente non mi importa neppure…- gli disse fredda e calma, ma lui non si lasciò intimidire in quel momento.
- Oh lo immagino, lo immagino benissimo…e ora…tu puoi anche dirmi che sono sposato e non dovrei più pensarci a te, che dovrei vergognarmi forse, ma non è come credi. Io voglio bene a Sally, è meravigliosa e io non la cambierei con nessuna al mondo. Sa anche tutto di quello che è successo con te e sa anche che tu sei qui e come mi sono sentito io vedendoti…io ho solo bisogno di dirti che mi dispiace e che ci sono stati dei momenti, appena te n’eri andata, in cui avrei voluto morire. L’ho pensato veramente...e se non l’ho fatto è stato perché se non ci fossi riuscito, visto che non avevo idea di come farlo, non volevo che pensassi che era stato per fartelo sapere e per farti pena…-
Sìle sentendo quelle parole, avvertì un brivido correrle lungo la schiena perché sentì che erano del tutto sincere.
Mosse un passo improvviso verso di lui e gli afferrò le braccia, poi gli chiuse la bocca con una mano.
- Adesso smettila! Non voglio ascoltarle queste cose…non dirle…- gli ordinò e con sua sorpresa si trovò a provare solo una gran pena per lui. O meglio: per l’Eric di quell’epoca, a quell’età, il suo amico Eric che, ancora ragazzo, si era trovato a fronteggiare una cosa troppo brutta per accettare di essere stato capace di farla, o quasi.
Perché Eric non era cattivo, e questo lei lo sapeva.
Lui non si aspettava che lei gli si avvicinasse tanto da toccarlo, ma le prese la mano che gli teneva sulle labbra e la spostò. Aveva gli occhi lucidi e rossi e avrebbe voluto dire qualcosa, ma non poté.
- Io non ce l’ho con te… - gli disse allora Sìle - non più. Da tanto tempo. Non mi andava di parlarti, è vero, non mi andava neppure di rivederti. Ma non ti odiavo…e se anche l’ho fatto, di certo mai tanto da sperare che facessi qualche idiozia per il senso di colpa…è passato. Mi hai fatto del male, potevi farmene molto di più e per fortuna non è successo, quindi basta…- decise, poi scosse leggermente la testa – basta…-
Detto questo si allontanò di nuovo da lui e si girò verso casa: cercò Liam con lo sguardo e lo vide, solo ora, seduto sull’erba, le braccia appoggiate sulle ginocchi. Probabilmente di quando in quando guardava cosa stesse succedendo tra lei ed Eric, ma senza voler interferire.
Sorrise appena guardandolo…soffermandosi per un momento sul gesto che lui fece togliendosi la sigaretta di bocca, guardandone la punta e poi uno dei gattini senza coda gli andò incontro e gli strofinò la testa contro una mano.
Era così rassicurante quella sagoma, così calma…le venne in mente che aveva qualcosa da chiedere a Jane da un po’ di tempo.
- Che vuol dire basta?- le chiese Eric facendola girare di nuovo verso di sé.
Sìle si strinse nelle spalle.
- Che non devi sentirti in colpa. Io sono felice ora…- gli rispose, poi lo guardò meglio e senza quell’accenno di sorriso – però va bene così…com’è andata fino ad oggi…- puntualizzò cercando di fargli capire che in qualunque caso, non ci sarebbero stati riavvicinamenti di sorta.
Gli fece male, lo sentì, lui lo sperava forse ma da parte di Sìle la mancanza di rancore non comportava anche una tale quantità di comprensione da potersi mettere allo stesso tavolo con lui a ricordare i bei tempi andati.
- Ora devo andare…- aggiunse un attimo dopo, gli si avvicinò e gli concesse una carezza – spero che starai bene. E salutami Sally per favore…- gli disse, quindi si voltò e si incamminò verso casa con passo deciso.
Eric non la richiamò e non tentò di trattenerla, ma lei non sentì né sportelli dell’auto che si aprissero e richiudessero, né il motore che si accendeva ed era come se fosse ancora voltata verso di lui, lo vedeva: era rimasto appoggiato alla fiancata dell’automobile con il berretto tra le mani.
Sarebbe stato meglio prima o poi, quanto a lei, stava già molto meglio, si sentiva leggera e più libera…e la bambina, forse avvertendo tutto ciò, aveva deciso di sgranchirsi un po’ le gambe dopo quei minuti di immobilità.
Quando arrivò a casa, Morgan era seduta in cucina intenta a pelare delle patate.
- Stai bene?- le chiese quella.
Sìle rimase appoggiata alla porta chiusa, ma disse di sì con la testa.
Morgan la sfiorò con lo sguardo passando da un tubero pelato ad uno ancora da pelare e poi accennò un sorriso.
- Mi aiuti?- la invitò.
Sìle annuì, si lavò le mani e si mise seduta accanto a lei.
Per qualche attimo l’unico suono che si sentì fu quello flebile delle lame che ripulivano la patate.
- Non so se vorrai dirmelo ma...mi piacerebbe sapere come è stato per te, dopo che te ne sei andata…- disse poi la madre.
Sìle fece un gesto vago ma disponibile e allora finalmente riuscirono a parlare di quelle cose che, a causa del distacco che si era venuto a creare negli anni, non avevano mai affrontato tra loro.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Regalo prima della partenza...da maneggiare con cautela. ***


Appendice – 1:

Altro ritardo dovuto a motivazioni poco piacevoli, annata da cancellare. Chiedo venia. E ovviamente va considerata la solita necessità di rilettura accurata ;)


Liam e Una erano seduti sul divano: la strega nonna si stava divertendo un sacco con le fotografie che Liam teneva archiviate nel computer.
Era impazzita per le foto subacquee con le balene e di fronte alle immagini di Liam che ci nuotava in mezzo, commentava con delle estasiate espressioni di meraviglia, lo riempiva di domande su come era stato, se aveva avuto paura.
- Fanno paura all'inizio perché sono enormi...e perché se finita la loro curiosità, tu ti prendi troppo spazio, rischi che per cacciarti via decidano di darti un colpetto di pinna, così, per spostarti...solo che quella femmina ce le aveva lunghe due metri-
- Ed è vero che cantano?- gli aveva chiesto con gli occhioni di nuovo accesi di entusiasmo.
Liam le aveva risposto di sì.
- Sembra davvero che cantino a volte. Noi non lo percepiamo senza macchine, ma quando lo senti e sai che stanno nuotando a poche decine di metri da te, che in quel momento stanno parlando tra loro, si stanno dicendo delle cose...è da togliere il fiato...-
E infatti quando le aveva fatto sentire le registrazioni che aveva conservato di quella stessa spedizione, degli audio o anche dei video in cui erano ripresi i macchinari che registravano le voci dei cetacei, gli aniali stessi che nuotavano o anche le reazioni di chi era intorno e ascoltava, interpretava...Una era rimasta davvero estasiata.
Lui per la verità sospettava che le fosse piaciuto molto anche il computer, a momenti sembrava di vedere uno dei loro gatti, uno dei tre che ormai affollavano la loro vita nel Lake District, quando da cuccioli si mettevano a inseguire il cursore del mouse cercando di acchiapparlo.
Sìle si avvicinò loro quando Morgan le chiese di chiamare la madre e mandarla in cucina.
- Vado subito! Tieni finiscila tu…- propose a Liam passandogli al sua pipetta fumante mentre lui metteva in sospensione il portatile.
Quando l'ebbe presa in mano, Liam si mise a ridere guardando una delle foto fatte negli ultimi giorni sullo schermo che un attimo dopo iniziava a lavorare per eseguire l’ordine ricevuto.
- Perché ridi?- gli domandò Sìle andando a sedersi al posto della nonna.
- Tua nonna fuma sempre roba profumatissima…ma a volte un po’ troppo…questa sembra erba -
- Mia nonna è una strega, non ha bisogno di stupefacenti…- rispose lei chiedendogli la pipa con un cenno. Liam la annusò appena, poi gliela passò.
- E chi dice che sia una necessità? Io l’ho quasi sempre fatto in circostanze piuttosto piacevoli e rilassate…-
Sìle lo guardò preoccupata.
- E l’hai fatto molto spesso?-
Liam non si scompose.
- Sìle…non nego di aver esagerato qualche volta, specialmente nel brutto periodo che sai, ma ti assicuro che è un bel po’ di tempo che non mi capita più. E con un bel po’ intendo anche da prima di conoscerti…- disse, però si accorse che lei non era ancora convinta – senti anche ammesso che stesse diventando un problema, tanto per assecondare per due minuti la tua fase ansiosa del giorno, quando mi è capitato continuavo ad avere un occhio cieco e a non vedere niente di strano. Da quando conosco voi, canto come un fringuello ubriaco, ho rivangato il mio scots, cosa che credevo d’aver dimenticato da secoli, l’occhio cieco ci vede per la metà del tempo, mi scambio letterine da compagno di banco con uno gnomo sgrammaticato e puzzolente, mangio cioccolata con Black Annis e ho scoperto che la mia ragazza e sua figlia erano la stessa persona dopo aver parlato con mio padre e un irlandese morti! Tutto senza fumare…che me ne faccio di certa roba ormai? -
- Va bene, va bene mi hai convinta!- gli disse restituendogli la pipa di Una, poi lo fissò per qualche attimo.
- Non ti ho convinta vero?-
- No, non è questo…- disse lei – ma stavo pensando ad una cosa che ho detto ad Eric…-
Liam si fece più serio e posò anche la pipa di Una su un piattino di vetro dove già rimaneva qualche traccia di tabacco.
- Giusto…mi pareva d’averlo già visto da qualche parte quando sono passato - disse facendole capire che stava solo aspettando di saperne qualcosa malgrado fingesse una certa indifferenza – com’è andata?-
Sìle si strinse nelle spalle.
- Credevo che sarei stata più arrabbiata…e più cattiva…- rispose, poi visto che Liam taceva in attesa del seguito, andò avanti – gli ho detto che non gli porto rancore, che è una cosa passata…non gli ho detto che l’ho perdonato, gli ho detto solo che non volevo continuare a portarmi dietro quel risentimento, ero stanca di farlo. Gli ho detto che non cambierà niente d’ora in poi, sarà tutto come quando me ne sono andata…-
Si interruppe di nuovo e allora Liam parlò.
- E cosa volevi dirgli ancora?-
Sìle si strinse le braccia attorno alle spalle: aveva gli occhi leggermente lucidi.
- Che mi ha spezzato il cuore. Che mi ha strappato via a morsi un altro brandello di serenità. Che quella notte mi ha insegnato lui ad aver paura delle persone…e ad avere paura anche di me stessa, di quello che la gente pensava guardandomi, sapendo cosa sono...- accennò un sorriso malinconico e guardò Liam.
Lui allungò una mano a ravviarle i capelli sulla fronte.
- Non confonderti tra le sincerità e la voglia di infierire…ti serve proprio dirglielo?- le chiese.
Sìle scosse subito la testa con decisione e un sorriso più aperto.
- No…non ne ho avuto bisogno. Gli ho potuto dire sinceramente che non ce l’ho più con lui, e questo ha stupito anche me. Sono perfino stata contenta di averlo visto per certi versi e sono stata contenta di sapere che è sposato con una ragazza che è sempre stata innamorata di lui. Ero sempre stata convinta che gli avrei riversato addosso una marea di insulti invece…-
- Chi tu? Insultare? Ceday non è abbastanza presente nella tua vita – commentò Liam con un po’ di sarcasmo.
Sìle gli puntò un dito contro un braccio.
- Sei sicuro che sia Ceday l’esempio peggiore da seguire in quel senso?-
Liam le prese il dito con una mano e sollevò l’indice della l’altra.
- Io non insulto, io dico parolacce…e in quantità esponenzialmente inferiore alle media dei miei conterranei, se può interessarti -
Vedendosi guardato con una faccia molto scettica, decise che era meglio cambiare argomento.
-…lascia perdere …che gli hai detto a quel tipo che ti impensierisce tanto insomma?-
Sìle si rese conto che Liam era disturbato dalle poche presenze maschili del suo passato, perché avevano inciso sulla sua vita.
Eric in un modo, John in un altro…Liam non viveva John come un rivale o come una minaccia, ed Eric men che meno, ma a volte c’era qualcosa che lo infastidiva, che non riusciva a soffocare.
Nel caso di Eric probabilmente era il fatto che Sìle si fosse fatta tutti quei problemi per lui negli anni passati. Gli aveva dato troppa importanza per i suoi gusti.
Sei geloso…per un motivo stupido e inutile, che non ha nessun senso, lo sai e io forse dovrei arrabbiarmi per questo. Invece ti amo da impazzire! , si disse lei.
Perché lui piuttosto che lasciarsi sfuggire una parola su quello stato d’animo, si sarebbe staccato la lingua a morsi: aveva un senso della dignità così ferreo e pulito da fare tenerezza.
Quel pensiero la spinse ancora di più a porgli la domanda che le stava ronzando in testa da un po’.
- E’ una cosa negativa che io dica a qualcuno che sei l’uomo migliore che io conosca?- gli domandò.
Lui aggrottò le sopracciglia con espressione interdetta.
- Perché dovrebbe essere una cosa negativa?-
- Non lo so…te lo domando: è negativa?-
Liam passò da un’espressione incerta a una più meditativa.
- Beh…dipende. Se l’unico sentimento che ti ispiro è la stima, potrebbe sembrare che tu stia parlando di tuo nonno certo…ma non credo sia così no?-
Sìle scosse la testa.
- Certo che non è così!- protestò mettendogli per un attimo il dubbio di averla in qualche modo fatta arrabbiare lui.
Invece capì subito che non era così.
-E’…è che io lo so che lo sei…lo vedo - rispose- so che lo sei al di fuori di noi due e della nostra intimità. Tu e io siamo una cosa, tu e il mondo un’altra e io so che sei una persona fuori dal comune, a prescindere dai difetti che conosco io…e non ci vedo niente di male nel dire che sei l’uomo migliore che ho incontrato, sei così e per me dirlo, dire che lo penso, non è svilirti! -
Liam la guardò con un sorriso divertito dalla sua alterazione.
- Calma Madam Mim, ho capito…perché te la prendi tanto?- le chiese prendendole la mano e stringendola nella sua.
Sìle sbuffò, ma sorrise anche e gli si appoggiò al petto con la testa.
- Perché sì…-
- Ah se è per principio…- commentò lui, poi riprese a parlare intrecciando le sue dita con quelle di lei – sai…quando Alec morì, il giorno del suo funerale, mi ricordo di una cosa che mi colpì sopra tutte le altre: la quantità di persone che noi non conoscevamo neppure, ma che erano venute lì per dire a me o a mia madre che era un uomo straordinario. Un brav’uomo…-
Sìle lo ascoltava e sorrise.
- Mi stringevano le spalle e mi dicevano che avevo avuto un padre di cui essere orgoglioso, che era una persona corretta, onesta e forte…e io ero orgoglioso, lo sono tutt’ora. Mi è venuta voglia di somigliargli almeno un po', l'ho sperato. E quando quel giorno in Sudan, non sapevo come sarei andato a finire...mi augurai di non lasciarci la pelle, per prima cosa, ma se proprio avessi dovuto fare la fine di Manute, almeno speravo che Jane si sentisse dire qualcosa del genere di me. Con quello stesso tono, la stessa spontaneità…-
- Lo diranno…- gli disse Sìle, poi però lo guardò in faccia – il più tardi possibile, non farti venire idee strane!- gli ordinò un attimo dopo tirandogli il lobo di un orecchio.
Liam rise e le promise di fare di tutto per arrivare in ritardo quella volta.
- Allora non ti preoccupa se lo dico anche io?- gli chiese lei.
- Non fino a che non mi metterai la vecchia scusa del mal di testa…e poi se può consolarti anche io a volte di te ho detto che sei dolce, gentile, buona…dipende da chi ho davanti, a chi sto parlando. Dipende da quanto ho voglia di parlare…non posso mica dire a tutti che razza di sfacciata diventi quando ti gira bene…-
- A chi l’hai detto?-
- Ho detto che non l’ho detto veramente…-
- Non mi confondere le idee! E poi non sono una sfacciata…- protestò tirandosi su, togliendogli le braccia dal petto dove lui le teneva incrociate, e sdraiandosi sulle sue gambe.
- Non mi pare serva il mio intervento per confonderti le idee…gli ingombri addominali ti distraggono più che a sufficienza…- replicò Liam accarezzandole la pancia; un attimo dopo la bambina ovviamente si svegliò e scalciò un paio di volte per salutare papà.
Sìle per tutta risposta finse di pizzicargli la pancia.
- Ma che razza di modi! Guarda che l’ingombro addominale, come lo chiami tu, è tua figlia e tu non ti meriti tutto il suo entusiasmo! -
C’era qualcosa che impediva a Liam di pronunciare con leggerezza alcune frasi tipo ”Da quando sei incinta sei più distratta del solito” o ”Da quando aspetti nostra figlia sei sempre con la testa altrove”. E si capiva con chiarezza che il motivo per cui non gli veniva, non era affatto la resistenza all’idea o il suo rifiuto, ma l’esatto contrario, cioè un estremo rispetto per qualcosa che riteneva molto intimo e personale, di cui non si sentiva del tutto “padrone”: la pancia era quella di Sìle, anche se ci conservava dentro qualcosa di suo che andava evolvendosi.
Nella sua testa, anche se non consciamente forse, tutta la delicatezza e la fragilità della condizione di Sìle, era qualcosa di cui sentiva di doverle essere grato e quindi di non poterne disporre come voleva, anche solo a parole.
L’avrebbe protetta a tutti i costi, ma non ne avrebbe mai preso possesso.
- Se mi conosco un po’, quando sarà nata, ne dirò di molto peggiori…non riesco a friggermi il cervello di fronte ai neonati…soprattutto non riesco a capire perché gli si debbano fare tutte quelle moine idiote! Sono piccoli, non sono mica scemi!-
Insomma quella sorta di sarcastico disinteresse, era in realtà la prova di come un po’ lo spiazzasse la prospettiva della paternità, ma al contempo l’attesa della concretizzazione di quella prospettiva lo incuriosisse come lo avrebbe incuriosito una nuova avventura.
Sìle gli puntò un dito contro.
- Ricordati queste parole, grand’uomo, perché ti terrò d’occhio…so benissimo come diventi con i cuccioli-
- Come divento?-
- Liam…-
- Sìle…-
- Vuoi che faccia vedere in giro le foto di Pluffie, due mesi, e te, quarantuno anni, in giardino? Vuoi che ti vedano sdraiato nell’erba con Pluffie che ti dorme sulla schiena e che sappiano che sei rimasto in quella posizione per un’ora per non disturbarlo? E che alla fine ti sei addormentato anche tu perché avevate giocato per tutto il pomeriggio? E che sappiano che ti è venuto un attacco di lombaggine per l’umidità?- lo minacciò lei.
- Che stronza ricattatrice! Mi hai fotografato veramente?-
- No, è stato George in realtà, c’era anche lui se ti ricordi, e di usarle come mezzo di ricatto morale me lo ha suggerito lui…ma non sono neppure le più compromettenti…-
Liam non pretese di farsi altre ragioni allora: sapeva benissimo di aver fatto anche cose più ridicole per amore di un animale.
- Ma si può sapere come diavolo siamo finiti a parlare di me che mi rincretinisco per una palla di pelo?- domandò visto che non c’era via d’uscita.
- Per caso...però è anche per questo che ti considero una persona degna di stima…-
- Perché mi rendo ridicolo di fronte a creature che già da sole farebbero abbastanza?-
Sìle scosse la testa sorridendo.
- Perché sono convinta che chi riesce ad amare così tanto un animale, ha ottime probabilità di riuscire ad amare profondamente anche le persone e non è capace di fare del male. Del contrario invece non sono affatto sicura…-



Sìle sapeva di non sbagliarsi su Liam e aveva ben ragione di pensarlo: non avrebbe fatto del male a nessuno che non fosse un uomo adulto che gli avesse fatto perdere le staffe.
E come prima o poi doveva avvenire,anche in casa Kennaugh, l’uomo di famiglia venne messo alla prova nelle sue buone intenzioni verso persone, animali e strambe vie di mezzo rievocate dal folklore di questo o quel posto.
Gli abitanti meno comuni dell’Isola, che erano rimasti molto sulle loro rispetto alla consueta confidenza in Inghilterra, decisero di dargli segno della loro benevolenza prima che se ne andasse.
Arrivò la notte precedente la partenza e lui stava facendo qualche riflessione tra sé e sé.
Non erano riflessioni particolarmente impegnative, stava solo pensando cose normali, quotidiane, ricordarsi di fare il pieno prima di salire sul traghetto, avvertire Jane prima o dopo aver lasciato l’isola?, chiedere a Dorcas se aveva bisogno di qualcosa da Una, qualcosa che doveva ricordarsi di prendere quando fosse partito per il Marocco, assicurarsi, prima di farlo, che Sìle fosse assolutamente tranquilla e a posto.
Poi arrivavano quelle un po’ meno tranquillizzanti però, ovvero le normali ansie che avrebbero preso qualunque futuro genitore alla prima esperienza in quel ruolo.
Era qualche giorno che non gli succedeva, ma forse quella sera, pensando che una volta tornata a casa Sìle andava incontro a qualcosa che l’avrebbe emozionata molto, che senz’altro la rendeva elettrica, insicura, cioè l’incontro col padre, e che magari lui avrebbe meglio a rimandarlo quel viaggio fino a che non fosse stato sicuro che la cosa non la sbalestrasse troppo, perché poteva darsi che l’emozione potesse avere conseguenze sul suo stato…solito turbine di pensieri insomma.
Lentamente poi, iniziò ad accorgersi di qualcosa che si metteva in movimento.
Aveva l’occhio destro cieco, come di norma e, come di norma aveva osservato accadere, la presenza dell’altro mondo, del suo avvicinarsi, gli si annunciava come una variazione lenta ma sensibile della vista.
Quando succedeva di notte, come in quel momento, non se ne accorgeva fino a che non iniziava ad intravedere una specie di velo tra sé e lo spazio in cui si trovava: era proprio come se sull’occhio destro fosse abbassata una cortina semitrasparente, una specie di leggerissima tenda mossa dal vento, che lo lasciava sbirciare lì dove non avrebbe più potuto.
Lì, a casa di Una e Morgan, gli succedeva prevalentemente di notte e non era così frequente come a casa ma le invadenze erano dello stesso genere: oggetti che sparivano, si spostavano, un paio di volte aveva trovato dei suoi vestiti spostati o ripiegati in maniera assurda.
Quella sera, prima di andare a dormire, era uscito per fumare una sigaretta e aveva trovato il suo maglione blu marino ai piedi di un albero e in parte trascinato sotto le radici.
Liam si era chiesto come mai lì loro fossero così riservati nella loro invadenza. Aspettavano sempre momenti in cui lui era lontano: Una gli aveva spiegato che lo stavano studiando.
Lui non era come Sìle, che come sempre li avvertiva, ci parlava anche a momenti, ma li considerava presenze consuete e quindi loro facevano altrettanto con lei. Con Liam avevano bisogno di intrecciare un contatto, lui era un oggetto ignoto, serviva conoscerlo, farsi un’idea di lui.
Tutto nella norma in fondo, infatti Liam non se ne stupiva, ignorava gli occhi vigili di quelle presenze e si lasciava studiare senza resistenza, facendosi distrarre dall’umanità che lo circondava in quei giorni.
Così in quei minuti non fece molto caso al grugnito che sentiva venire da fuori fino a che non rifletté sul fatto che in quella casa, non c’erano maiali.
Si alzò sui gomiti per capire meglio da dove veniva, poi si alzò in piedi, andò alla finestra, la aprì...
Veniva da molto vicino, sembrava proprio sotto la finestra.
Si voltò verso Sìle e lei dormiva, allora si mise la felpa che si era tolto, andò verso la porta sul retro, uscì in una notte gelida quanto quelle invernali, aria immobile, niente vento, niente rombo del mare, solo il richiamo di qualche uccello notturno.
Un gufo…aveva un rapporto diverso con i gufi dopo quello strano viaggio alla ricerca di Sìle.
Si accorse di non avere più sonno, che quel verso, che nell’arco di pochi secondi si era disperso chissà dove, gli aveva tolto la voglia di dormire, così decise di fare due passi.
Non c’era nessuno per strada, non c’era traccia animale o umana al di fuori delle case e della rarefazione di zone alberate. La luna, sbirciava silenziosa dall’alto e l’animale era sparito, dissolto nell’aria fredda ma loro erano ancora lì intorno: niente di più facile che avessero tirato qualche brutto scherzo a un povero maiale di passaggio.
Comunque si girò e decise di tornare verso casa: faceva davvero troppo freddo.
Quando arrivò, trovò la porta del retro aperta, quella da cui era uscito e che era sicurissimo di aver richiuso, infatti si era portato la chiave.
Non si domandò perché non gli veniva da pensare a qualche malintenzionato…non era proprio atmosfera da intrusi umani quella.
Quando fu sulla soglia, come sempre quando aveva quella sensazione, si fermò, prese un respiro profondo e si preparò a fronteggiare quello che era entrato, sperando non fosse troppo molesto. D’altronde però a lasciare Sìle da sola non ci pensava nemmeno.
- Sto entrando, se c’è qualcuno che deve scappare lo faccia ora…- disse a voce abbastanza bassa.
Gli rispose un grugnito.
Veniva da un angolo del corridoio che portava alla serra di Una. Forse proprio dalla serra anzi.
Non gli sembrava qualcosa di minaccioso, pareva un grugnito allegrotto e giovane, quindi si avvicinò alla serra con più tranquillità, forse si era sbagliato e i piccoletti stavano solo aggirandosi lì attorno senza intenzioni dannefici.
Entrando nella serra, c’era solo la luce della luna di cui usufruire per vedere.
Sentì il rumore di un vasetto di coccio che cadeva.
- Ehi…dove sei?- bisbigliò di nuovo.
Non si aspettava che per tutta risposta l’animale si facesse vedere, invece venne fuori da sotto una mensola come se non aspettasse altro che essere chiamato.
Era piccolo, delle dimensioni di un minuscolo maialino…il naso era quello di un maiale, le orecchie erano quelle di un maiale. Era strano però…di sicuro a parte il muso e le orecchie, non era rosa, era bruno, forse il colore somigliava a quello di un cinghiale ma era difficile dirlo al buio.
Liam comunque si avvicinò un po’ e si chinò per guardarlo meglio.
L’animaletto si ritirò sotto la mensola con un passetto o due: i suoi occhi avevano una colorazione strana, come fossero rossi per una forma di albinismo.
- Fai il timido ora?- gli chiese Liam, ma l’animale si ritirò di più e allora lui capì che per il momento, non sarebbe uscito di lì sotto.
Annuì sospirando.
- Va bene…stai lì, ma guarda che Una è molto gelosa delle sue piante…- lo avvertì alzandosi a andando a sedersi su una panca di legno addossata ad una vetrata – ed è una strega davvero terribile, io fossi in te me la darei a gambe levate…-
Detto questo si appoggiò con le spalle alla vetrata che dava su un’altra saletta piena di piante, e guardò fuori, verso i prati immobili.
Non c’era niente che si muovesse e in quel silenzio, quella quiete così assoluta, malgrado la consapevolezza della presenza dell’animaletto, si assopì.
A svegliarlo fu un rumore, un violento fruscio accompagnato da dei grugniti di sforzo ostinato.
Guardandosi intorno capì che l’animale si era infilato in bagno e stava facendo qualcosa lì.
Fu un deja vu in piena regola trovarsi davanti la scena di quella specie di maialino attaccato al rotolo della carta igienica, impegnatissimo nello svolgerlo fino alla fine.
Ricordava un fagocero con le stesse abitudini vandaliche…e ricordava anche quanto quella bestia riuscisse a strillare se si osava tentare di fermarlo.
Si chiamava Candy, ma era tutt’altro che zuccheroso, era un casinista di prima cartella, quindi per quell'occasione, decise di tentare una strada meno rumorosa.
- Ehi…- bisbigliò richiamando l’attenzione dell’animaletto che lo guardò per un mezzo secondo, poi riprese il suo gioco – ehi no…no, senti, senti, fermati un attimo eh? Fermo…- insisté Liam accostando la porta e riabbassandosi leggermente per “parlare” meglio col soggetto fatato: lo vide quando accese la luce che aveva il corpo ricoperto di peli che lo rendevano simile ad un riccio, quindi forse erano aculei anche se non sembravano.
L’illuminazione improvvisa colse l’esserino di sorpresa, infatti per prudenza si infilò subito dietro il water e grugnì un po’ risentito.
- Ascolta…ti ho detto una bugia prima, non c’è una strega sola di là, ce ne sono tre…e dormono. E tu non sai quanto sono bisbetiche quando si svegliano in piena notte…o lo sai?- proseguì Liam con voce calma e gentile. L’esserino parve persuaso almeno del fatto che non c’era bisogno di emettere urla stridule come se stessero tentando di farne pancetta e all’interrogativo che l’uomo gli pose, rispose con un altro grugnito interlocutorio – va bene, se non lo sapevi prima ora lo sai, perciò io ti prego, ti supplico, qualunque cosa tu sia…di non…-
Come non detto: quel coso ora si sentiva più tranquillo e stava tornando alla carica sul rotolo di carta igienica.
-…attaccarti ancora a quell'affare…- sbuffò Liam – appunto…-
Ma perché i suini e i loro simili erano così anarchici?
Bisognava fare qualcosa perché quel cosino stava facendo un baccano infernale tra grugniti e roba che faceva cadere di qua e di là quando la striscia di carta igienica diventava troppo lunga e gli si avvolgeva addosso…anche quel rotolo era infinito maledizione!
L’opportunità di porre fine a quel caos comunque si presentò quando, proprio grazie alla carta igienica, il visitatore si ritrovò sommerso e legato dalla lunga striscia.
Iniziò a lamentarsi e a protestare vibratamente per quella sua prigionia.
- Ecco lo vedi che succede?- gli disse Liam avvicinandosi, ma sentendolo più vicino, il maialino iniziò a stridere di paura – shhh! Zitto, voglio solo liberarti, stai buono!-
Niente da fare…era irrefrenabile, sgambettava e si agitava sotto metri e metri di carta, era difficile perfino da trovare.
Quando finalmente Liam pensò di essersi avvicinato abbastanza poi, si immobilizzò, come fosse scomparso.
- Ma dove sei finito?- gli chiese lui infatti, cercandolo a tastoni tra la carta – ehi…sei ancora vivo?-
Un’escrescenza che saltava per sfuggire alla sua mano gli fece dedurre di sì, il problema però non si risolse: saltando, l’esserino aveva trovato una via d’uscita dalla jungla di carta in cui si era imbucato e quindi riuscì a sgusciarne fuori e ad allontanarsi a velocità fulminea da Liam prima che questi potesse fare niente.
E ovviamente, tornò alla sua occupazione di poco prima.
- Senti adesso basta però va bene?- esclamò Liam alla fine e in un impeto di impazienza, che lo aiutò nell’intento, si girò abbastanza velocemente da acchiappare con una presa piuttosto salda l’animaletto.
La reazione prevedibile fu che quello si mise a strillare come un ossesso. Quella un po’ meno prevedibile arrivò dopo qualche secondo.
Morgan, sentendo rumore, si era alzata e si era diretta verso il bagno, quindi Liam se la ritrovò davanti in piedi, in camicia da notte e scialle, i capelli un po’ in disordine e un’espressione quantomeno sorpresa.
- Che ci fai lì?- gli chiese giustamente, poi vide l’animaletto e fece un bel sorriso accompagnato da un – ah…-
Un sorriso così aperto e gioviale su quel viso, Liam non l'aveva ancora visto rivolto a lui.
- Ah cosa?-chiese, ma non fece in tempo a chiedere una risposta più precisa che Morgan gli si avvicinò, si abbassò, gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra.
Liam rimase attonito per quel gesto e quasi stava per rallegrarsene, ma appena Morgan fece un passo indietro, sentì un milione di piccole, dolorosissime punture nei palmi delle mani e allora ripeté – Ah! Aaah!- esprimendo tutto il dolore che la cosa gli provocava e quindi, quando prevedibilmente l’esserino gli era sfuggito di mano, guardandosi i palmi, concluse il discorso con un - merda!- liberatorio e sofferente.
Morgan mentre lui era lì che protestava, si scostò appena per fare strada all’animale che fuggiva urlando.
- Ha avuto paura, non voleva farti male…- gli disse girandosi per seguirne i movimenti.
- Lo so, ma mi ha bucato le mani maledizione! Non li aveva gli aculei quando l'ho preso, credevo fossero peli!- rispose Liam alzandosi in piedi e mettendosi di fianco a lei a guardare cosa combinava quel piccolo devastatore: lo vedevano correre qua e là sbattendo contro i mobili e rotolando sul pavimento.
Morgan però non sembrava particolarmente preoccupata.
- Ma che roba è?- domandò Liam.
Morgan fece per rispondergli, ma la voce di Una si avvicinò con un tono seccato.
- C'red nish?Quoi’n feyreyder?- domandò: Che succede? Chi è che fa questo chiasso?
- E’ un maialino…- prese a dire Morgan, ma poi si rivolse alla madre per tranquillizzarla - Ny jean boirey, moir…t’eh arkan sonney!- le disse invitandola a non preoccuparsi.
Una comparve davanti alla figlia e a Liam avvolta in un severo scialle nero e i capelli spettinati, dietro di lei arrivò anche Sìle.
- Un arkan sonney? E com’è entrato?-
Morgan si girò verso Liam che si stava esaminando il palmo di una mano con aria offesa, ma quando si sentì osservato da tutte e tre loro, capì che la risposta doveva arrivare da lui…era anche ovvio.
- Non lo so…sentivo grugnire sotto la finestra della camera, sono uscito a vedere, mi sono allontanato di qualche passo e quando sono tornato lui era qui. Deve essersi intrufolato nella porta mentre la chiudevo -
Sìle si sporse insieme ad Una per vedere il maialino che ora era fermo in mezzo alla stanza a guardare le tre streghe, poi si voltò verso Liam.
- Che carino! Non ne avevo mai visto uno così da vicino…che hai?- gli chiese vedendolo ancora preso dal palmo della propria mano.
- Quell’involtino mi ha bucato le mani! Mi è rimasto un aculeo nella mano!- protestò – ma si può sapere che accidenti è?-
- Un arkan sonney…un maialino fortunato…-
- Ah che fortuna infatti! Piccolo…- ringhiò Liam interrompendosi per pensare bene all’improperio da rivolgere alla creatura – istrice da salsicce!-
L’esserino grugnì e allora Liam si affacciò dalla porta del bagno a guardarlo.
- Sì, dico a te! Pancetta di saguaro! Neanche avessi usato un riccio di mare come saponetta!-
Un altro grugnito quasi polemico fu la risposta, ma Sìle fermò Liam prima che continuasse a litigare.
- Vuoi smetterla e comportarti da persona matura? Vuoi metterti a litigare con un maialino fatato ora? – lo rimbeccò andando verso il lavandino per prendere un paio di pinzette – adesso fammi vedere…- Liam obbedì e lei lo guardò con sufficienza – non mi sembrano esattamente estimmate: un aculeo si è spezzato ed è rimasto lì, basta un po’ di radice di altea se proprio si infetta…- disse Sìle operando con una rapidità sorprendente nell’estrarre la puntina cornea dalla pelle.
- D’accordo, la prossima volta lo prendi tu e poi mi dici come stai va bene? -
Sìle sbuffò con fare annoiato.
- Ma davvero l’hai preso in mano?- gli chiese poi.
- Certo che l’ho preso quell’ingrato, stava affogando in un fiume di carta igienica!-
Lei allora cambiò del tutto espressione, fece un bel sorriso e gli schioccò un bacio sulle labbra.
- Moir! Mwarree! Lo ha preso!- esclamò festosa – ha preso il maialino!-
Una si voltò stupita.
- Davvero?- chiese a Liam che annuì, poi si voltò verso Morgan – davvero?- chiese alla figlia che confermò, allora sollevò le mani sopra la testa in un gesto più urgente che festoso, come si fosse ricordata di una cosa imprescindibile: aveva perfino le sopracciglia inarcate sugli occhioni sgranati e le labbra strette tra loro come per fischiare, ma era solo parte dell’impegno per raggiunger Liam abbastanza in fretta.
Mosse dei passettini frettolosi verso lui e Sìle, fece spostare la nipote, si piazzò davanti a Liam, lo chiamò ad abbassarsi verso di lei, gli strizzò le guance e lo baciò anche lei sulla bocca.
- Mac aighoil!- gli disse toccandogli la fronte con il palmo della mano e poi baciandolo di nuovo.
A quel punto Liam era giustamente rimasto un po’ sconvolto: andasse per gli slanci affettuosi di Sìle, ma Morgan e poi Una…
Mentre tornava alla sua normale statura, guardò le tre donne che si scambiavano mille piccole parole, incomprensibili o quasi, di tono festoso.
- E’ perché non ho ancora detto altre parolacce?- domandò.
Sìle allora si ricordò che forse per lui non era così scontato e gli spiegò.
- Chi riesce a prendere un arkan sonney, sarà fortunato, è una cosa da festeggiare!-
- Ah ecco!- rispose lui – quindi lo devo anche ringraziare ora?-
- No, ma vai da lui e mettilo fuori: l’hai fatto entrare tu, seguiva te…-ordinò Una con un imperioso gesto della mano.
Liam si mise a ridere.
- Ma neanche morto! Non sono mica un puntaspilli!-

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Aconito, Bryonia e un ghiro. ***


Appendice – 1:

Qui sembra che tutto remi contro il proseguimento di questa storia, ma io non demordo. Continuo a scrivere se pure a rilento ;)


- Pronta?-
- Sì, arrivo!-
- Venite qui, devo darvi delle cose per Dorcas!- li informò Una passando davanti alla porta con una cassetta di legno più grande di lei tra le braccia.
Liam che era sulla soglia si girò e sbirciò dove andava: verso la serra.
Sìle finì di mettere alcune cose in una grossa borsa, poi si alzò e uscì sfilandogli davanti, puntando dritta verso la serra anche lei.
- Ti serve una mano?- le chiese Liam.
- No, non pesa, stai tranquillo…vieni dai – lo incitò mentre gli accarezzava la pancia con un sorriso.
Morgan gli sfilò davanti con un’altra cassetta di legno prima che lui potesse accodarsi a Sìle, solo dopo di lei si avviò: c’era qualcosa di sospetto che girava nell’aria, se ne convinse in particolar modo quando sentì Morgan riprendere la madre in tono severo, nella loro lingua magica, e la nonnina correre subito a mettersi un paio di guanti per maneggiare una piantina.
E lo stesso fecero Sìle e Morgan.
Liam rimase a guardarle con una certa curiosità, ma sul momento non chiese nulla, decise di non pensare subito al peggio.
Qualche altro sospetto però gli venne quando Una iniziò ad inchiodare un coperchio di legno sulla prima cassetta in cui aveva sistemato un altro paio di piantine e poi sulla seconda in cui aveva messo altre piantine, ma decise di aspettare un altro po’.
Sìle non farebbe con tanta tranquillità qualcosa di pericoloso, si disse.
Arrivò il momento dei saluti quindi.
- Ci sentiamo stasera quando arrivate…- disse Morgan salutandolo con una carezza sulla guancia, quindi si rivolse alla figlia con cui si scambiò, finalmente, un bell’abbraccio da normale madre con una normale figlia – e mi raccomando, per qualunque cosa, fateci sapere e noi arriviamo…-
- Lo so – rispose Sìle con un tono molto più sereno e rilassato del solito.
- E tu non stare via troppo!- intervenne Una parlando con Liam.
- Non starò via troppo, un giorno e mezzo, due giorni al massimo…atterro, deposito il mio amico - rispose lui abbassandosi per darle un bacetto come lei richiese - e riparto…- concluse risollevandosi.
Una era decisamente più espansiva, e non solo per una sorta di perdita dei freni inibitori dovuta all’età.
- Andiamo?- chiese Liam a Sìle.
Lei annuì e mentre lui saliva in auto, salutò la nonna che le prese il viso fra le mani, le appoggiò la fronte sulla sua e le disse qualche piccola parola affettuosa a cui Sìle rispose con un sorriso dolcissimo e tenero.
Anche quel gesto aveva qualcosa di arcaico. Quel modo di prendere congedo di cui gli era capitato d’essere testimone in luoghi così lontani da quell’isola…eppure come spesso gli succedeva di constatare, le manifestazioni più profonde, amore e dolore, era la stessa natura umana a dettarle, a prescindere dal luogo e dal tempo in cui avveniva.
Sìle poco dopo si staccò dalla nonna, abbracciò di nuovo la madre e si avviò verso il suo lato dell’auto.
Una si avvicinò al finestrino di Liam invitandolo ad aprirle e Liam lo abbassò.
- Di’ a Dorcas che la aspetto la prossima volta. E’ troppo tempo che non viene qui, mi deve una visita!-
- Agli ordini…- le rispose.
Morgan e Una pochi momenti dopo videro la BMW mettersi in movimento, arrivare sulla strada e partire, Silè le salutò ancora con la mano, Liam rivolse loro un cenno senza voltarsi, ma quando si furono allontanati di qualche metro, l’auto si fermò, fece marcia indietro fino davanti al cancelletto di casa, lo sportello di Liam si aprì e uno dei gatti di casa venne gentilmente depositato sul muretto a secco.
- Adesso andiamo!- annunciò Liam salutandole di nuovo.
E infatti il viaggio fino all’imbarco del traghetto andò liscio come l’olio e anche la traversata.
Liam fu molto felice di vedere che Sìle era davvero serena, sorrideva, scherzava, era alleggerita di anni e anni di amarezza.
Era bellissima.
E lui si scordò di chiederle cosa c’era in quelle ore nel bagagliaio della sua auto di così prezioso da averli costretti a caricare tutti i bagagli sul sedile posteriore.
Se lo ricordò quando, scesi dal traghetto a Liverpool e avviati lungo la strada di casa, si ritrovarono ad attraversare un banco di pioggia che pareva seguirli con ostinazione ad ogni singola curva e deviazione.
- Se piove così è perfetto…- commentò Sìle.
- Per cosa?- le chiese Liam accendendo l’autoradio.
- Per l’aconito…ha bisogno di terreno molto umido…-
- Ah…le piante…-
- Già…-
Liam aveva parlato soprapensiero, Sìle invece con assoluta tranquillità, quindi quando lui esclamò…
- Oh Cristo santo!-
Lei lo guardò molto sospresa.
- Che c’è?-
- Hai detto aconito?-
- Sì perché?-
- Mi avete fatto viaggiare con del veleno in macchina? -
Sìle gli mise una mano su un braccio con fare consolatorio.
- Guarda che è solo la radice ad essere velenosa, non è così pericoloso…-
- Ah no? Allora chissà perché nell’età del bronzo ci inzuppavano quintali di frecce dentro? Vi siete messe i guanti!-
- Sì certo, ma non per la pianta…o meglio sì, per la pianta, perché è delicata e…non guardarmi come se fossi una pluriomicida! Sono secoli che noi maneggiamo le piante velenose e non abbiamo mai ucciso nessuno!– protestò Sìle offesa.
- Su questo ho i miei dubbi…-
- Intendo per incidente…- precisò lei, accorgendosi un attimo dopo di non aver migliorato le cose perché Liam stava già per sputare un altro po’ di sarcasmo e soprattutto era sempre più propenso a incavolarsi sul serio – insomma io non lo so se qualcuna di noi ha mai ucciso qualcuno accidentalmente e non è nostro costume uccidere la gente, ma sappiamo perfettamente come usare le piante per curare va bene? –
- Sì, va bene, scusa…-
- Mi dispiace quando dubiti di queste cose…perché non ti fidi di noi?-
Liam sospirò rallentando leggermente per una curva un po’ più insidiosa.
- Non è che io non mi fidi…- le rispose, quindi fece la curva e riprese solo dopo averla superata – è che non so neppure se sia legale andarsene bel belli in giro con un vivaio di piante tossiche nel portabagagli! E giusto per conoscenza: nell’altra cassa cosa c’è? Una pianta carnivora ghiotta di uomini?-
- Bryonia…i guanti erano soprattutto per quella – rispose Sìle imbronciata.
Liam, che si era quasi scusato a quel punto, si arrabbiò di nuovo.
- Allora era una balla quella di prima!-
- Non era una balla! L’aconito è davvero delicato quando è in fase vegetativa! Invece la Bryonia ha le bacche velenose e se ce n’è una rotta è meglio non toccarla a mani nude…è normale usare delle precauzioni!-
- E le precauzioni io non devo prenderle? Non devo neppure sapere cosa mi ritrovo dietro il culo? -
- Non le avresti portate! E a Dorcas servono, le servono davvero…non te le abbiamo fatte toccare, non preoccuparti…-
Liam soffocò un’altra esplosione di nervi appiattendosi leggermente contro il sedile e prendendo un respiro più profondo.
- Io mi preoccupo della responsabilità di cui mi avete caricato senza neppure dirmelo. Sìle ti prego almeno tu, vivi nel ventunesimo secolo con me! Sei sempre stata piuttosto ragionevole per queste cose, per fortuna, e se non le argini un po’…-
Sìle sbuffò e allargò le braccia.
- Lo so. Lo so che vanno arginate queste cose, anche mia madre ci prova, ma mia nonna e Dorcas non sentono ragioni e se non le assecondiamo un po’ rischiano davvero di finire nei guai…è già tanto che siamo riuscite a convincere la nonna a inchiodare le casse…però ti prego, non essere così arrabbiato -
Liam non rispose.
- Ti prego…- insisté Sìle.
Lui rimase in silenzio per qualche secondo prima di aprire bocca.
- Io tollero tutto Sìle. Tutto. Folletti, maiali uncinati, ma non quello che rischia di mettere nei guai uno qualunque di noi, te, me, loro due, Dorcas…- disse seriamente – non posso credere che l’unica con cui mi trovo d’accordo in questo senso sia Ceday, è la più schizzata di tutti! Possibile sia anche l’unica che abbia un po’ di senso pratico? Un po’ di considerazione per le regole della società in cui ci ritroviamo a vivere?-
- Ma lo sai che le tengo in considerazione anche io queste cose…solo che parlando con mia madre ci siamo rese conto che forse era meglio sbrigarsela così, convincere mia nonna a fare come dicevamo noi, cioè chiudendo le piante in maniera che nessuno ci venisse a contatto direttamente, e chiudere la questione così. Quelle due erano capacissime di spedirsele per posta altrimenti…credimi se mi sono lasciata convincere a farti questa cosa alle spalle, è stato solo perché ho pensato fosse la soluzione meno pericolosa -
Liam si rabbonì un po’ e la guardò di sguincio.
- Va bene…- concluse.


- Sei tornato! Allora? Che succede?- chiese Sìle quando ancora non aveva finito di aprirgli la porta.
Liam era bagnato fradicio perché fuori pioveva davvero forte a quel punto.
Erano passate due ore dal loro rientro a Keswick e il motivo per cui, Dorcas non avesse neppure fatto scendere Sìle dall’auto di Liam, per cui Ceday fosse al B&B, per cui Liam fosse stato invitato autoritariamente a riportare Sìle di corsa a casa e poi a tornare al “Lake Shore”, e per cui al ritorno fosse accompagnato da Pluffie e da un ghiro addormentato in un vecchio bauletto polveroso, tutte le particolari sensibilità e attitudini del mondo, non avrebbero potuto aiutare Sìle a spiegarselo.
E neppure Liam l’avrebbe fatto oltre un certo limite, ma quella è un’altra storia.
Quando la vide aprirgli, le sorrise con l’aria innocente più colpevole del mondo e fece per entrare ma Pluffie gli tagliò la strada e lo anticipò per andare a salutare Sìle e poi anche i gatti.
- Posso entrare o sono di troppo?-
- Scusa…- rispose Sìle prendendolo per mano e tirandolo dentro mentre con una mano accarezzava il testone morbido e umido di Pluffie.
- Ma ti pare…-
- Cos’hai lì?- domandò Sìle indicando il bauletto che Liam posò sul tavolinetto del salotto.
- Oh…un ghiro. Dorme. Tieni, guarda, è carino…- le disse mettendole in mano il bauletto.
- Eri partito per dirne quattro a Dorcas e torni con un ghiro?-
- Oh neanche lei mi ha fatto toccare nessuna piantina...-
- Va bene, ma il ghiro? Dove lo mettiamo un ghiro noi? E se ha la rabbia?-
- Beh non credo. Comunque per ora basta lasciarlo in un posto tranquillo, poi quando si sveglia decide lui se restare o andarsene. Solo teniamolo lontano dai gatti…beh vado a farmi una doccia eh?- concluse lui sempre con quell’aria inconsapevole di chi sa perfettamente di stare tacendoti qualcosa che dovresti sapere.
Sìle con quelle poche chiacchiere con cui lui deviò la discussione, cadde nel tranello del ghiro quanto bastò a lui per togliersi la giaccia e il maglione bagnati.
- Oh ma è dolcissimo! - esclamò infatti aprendo il bauletto e osservando la bestiola placidamente arrotolata su sé stessa. Un attimo dopo però si ricordò di qual’era il suo pensiero principale – ehi come vai a farti una doccia?Non mi dici niente allora?- insisté senza ricevere risposta: Liam era letteralmente fuggito di sopra.
Sìle capì che non era aria di insistere con lui e quindi decise di telefonare a Dorcas che però non rispose.
O meglio: il telefono venne sollevato, quando Sìle chiamò Dorcas, sentì un grugnito indispettito dall’altra parte e la stessa Dorcas che in lontananza parlava con Ceday di “quali provvedimenti dovevano decidere di prendere” e poi la linea che cadeva.
Tentò di nuovo altre tre volte e ogni volte il telefono le veniva chiuso in faccia. Alla fine lo trovò staccato.
Il cellulare di Ceday era muto invece.
Con Liam si ritrovarono insieme quando, dopo aver pagato il fattorino, lui rientrò in cucina con la cena indiana consegnata a domicilio.
Sìle annusò l’odore con aria soddisfatta, fingendosi assolutamente tranquilla.
- Va meglio?- gli chiese con tono premuroso avvertendo molto bene che era nervoso.
- Sì grazie…-
- Strano: stai saltellando su quella sedia come se scottasse…-
- Non psicanallizzarmi…-
- Non ti psicanalizzo, sei tu quello che frigge…-
- Io non friggo -
- Senti invece di fare il pignolo, cosa che fingi soltanto di essere quando ti fa comodo deviare le conversazioni, dimmi che cosa succede – gli intimò punzecchiandogli una mano con un dito.
- Niente…-
- Oh certo: due ore a non fare niente vero? Col telefono del B&B staccato e il cellulare tuo e di Ced muti? E tu che sei tornato a casa con un ghiro?-
- Il mio cellulare è finito in lavatrice se può farti piacere. E quello di Ceday è cosparso di una poltiglia gelatinosa che sembra fatta di pece e colla di pesce -
- Che accidenti è successo?-
Liam si trovò nella difficile posizione di dover mentire ad una persona che poteva facilmente intuire che lo stesse facendo da fattori davvero poco pronosticabili.
Sapeva però almeno altre due cose: che quando si trattava di lui, Sìle non era poi così sicura di sé e quindi poteva bastare impostare il giusto tono di voce e usare le parole più ragionevoli possibili, e che lui aveva ottimi motivi per nasconderle cosa fosse successo davvero a Ceday senza tra l’altro che si trattasse di niente di così grave. Era solo la soglia di tolleranza di Ceday per l’imprevedibilità di certe circostanze che era stata superata.
Quello che invece poteva essere pericoloso era che Sìle le si avvicinasse troppo nelle sue condizioni. Era soggetta a incidenti che potevano rivelarsi pericolosi anche per altri.
- Liam?-
- Come? Ma no niente…è per via del ghiro. Dorcas si era incaponita a cercarlo perché Agenore...beh faceva coose strane e...e...ci abbiamo messo più del previsto…senza contare l’isteria che prende Ced quando si tratta di roditori, la conosci no? -
- E per questo mi hanno rispedita a casa come una malata grave scusa? Sono incinta, non sono mica invalida…e Ceday che ci fa qui?-
Liam nel trovare una scusa che fosse abbastanza solida, sapeva benissimo che si sarebbe messo in debito a vita con Ceday.
Si schiarì la voce e si portò alle labbra un pezzo di naan che gli infondeva sicurezza mentre ne cercava una abbastanza convincente.
- Ha avuto una brutta settimana a Londra, è venuta da Dorcas a schiarirsi un po’ le idee…-
- E io non devo saperlo?-
- Ma certo che puoi: ha detto che appena può ti telefona…- rispose quando l’illuminazione iniziò ad arrivare.
- Ma scusa fammi capire…abbiamo litigato io e lei? Neanche vuole vedermi?-
- E' che potrebbe essere varicella…-


“Che cosa? Varicella? Guarda che io ce l'ho avuta a sei anni!” esclamò
- E’ la prima cosa che mi è venuta in mente per non farla venire da Dorcas, Ced. Le ho detto che forse avevi la varicella, non ne eri sicura, ma che per lei se rimane a casa non c'è pericolo visto che sia io che Dorcas l'abbiamo avuta…-
“Sono un’untrice insomma!”
- Senti, tu e Dorcas volevate che pensasse solo ai fatti suoi e di suo padre? Bene, l’ho convinta, le ho promesso che l’avresti chiamata e lei adesso è contenta: che altro vuoi da me?-
“Hai ragione scusa…”
- Senti prima che torni: come vanno le cose lì?-
“Sotto controllo per ora…Dorcas ha sacrificato la soffitta e stanotte andiamo a dormire al cottage nel bosco”
- D’accordo…ehi, ecco Sìle. Tutto chiaro allora?-
“Sì, sì: ho l’herpes e l’influenza...”
- Brava ragazza, mi farò perdonare…e dillo anche a Dorcas -
- Con chi parli?- domandò Sìle vedendolo al telefono mentre scendeva le scale.
- Con Ceday. Ha chiamato poco fa…- le rispose Liam porgendole il ricevitore e poi accogliendola contro di sé quando lei, col telefono all’orecchio, gli si rannicchiò contro mentre guardavano un notiziario.
Quando poi Sìle riattaccò, dopo una mezz’ora buona, sospirò e si alzò di nuovo.
- Come sta?-
- Ha detto che stava bene fino ad un paio di giorni fa…ma che le sono spuntate queste bollicine pruriginose che non sa bene cosa siano. Tu sei sicuro di averla avuta vero? -
- Ti faccio vedere il segno che ho dietro l'orecchio?-
- No, no, ci credo. Chissà quanto starà male però poverina...dicono che sia tremenda in età adulta...-
Liam ne convenne con una moderata dose di convinzione e prima che a Sìle venisse qualche altro dubbio e iniziasse a fare domande su quanto non doveva sapere, decise di intavolare un argomento che sicuramente le avrebbe portato i pensieri altrove.
- Pensavo di organizzarmi diversamente con George…sai per via di tuo padre…-
- E come?- domandò lei mentre prendeva una coperta da una cassapanca e se la avvolgeva addosso, sopra il pigiama.
- Beh posso chiedergli di rimandare il viaggio. E poi in fondo è più uno scrupolo di coscienza…George non è un vecchietto rimbambito, potrà ben resistere alle tentazioni di qualche furbastro che lo abborda per strada fingendosi una guida no?-
- Ma glielo hai promesso…non ci resterà male?-
Liam guardando il notiziario vide alcune immagini provenienti da alcuni paesi nordafricani.
- Non è che sia il momento proprio più tranquillo per andarsene a spasso da quelle parti. In Marocco per ora è tutto più tranquillo, ma immagino che se gli dessi una scusa per rimandare, sarebbe più contento anche lui…e poi mi piacerebbe essere qui quando arriva tuo padre…-
- Ma lui non l’ho ancora chiamato, posso rimandare io – rispose Sìle mentre Pluffie arrivava e si accucciava ai loro piedi davanti al divano, il gatto si accomodava sullo schienale del divano dietro la testa di Liam, Olivia si accomodava tra lui e Sìle e l’altra gatta, più freddolosa, si accoccolava contro Pluffie.
- Non è un problema, davvero…- le disse Liam, poi guardò Sìle con aria dubbiosa – non è che ci hai ripensato vero?-
- No, niente affatto, ma non vorrei sembrare oppressiva -
- Oppressiva? Mi pare uno scrupolo un po’ eccessivo considerati gli scorsi venticinque anni!-
- Va bene. Domani lo chiamo allora...-
- Brava Streghetta...-
Sìle sbadigliò con aria sonnacchiosa e poi fece una smorfia offesa.
- Ehi…- protestò a bassa voce.
- Che c’è?- chiese Liam.
Sìle aprì la coperta e gli mostrò la pancia rigonfia.
- Questa peste inizia a cavalcare ogni volta che mi fermo. Fosse per lei dovrei camminare ininterrottamente ventiquattro ore su ventiquattro – spiegò, poi dopo qualche attimo prese una mano di Liam per richiamare la sua attenzione – davvero è influenza quella di Ced?-
Liam cercò di non tradire nessuna preoccupazione.
- Beh lo dici sempre anche tu che Ced è contagiosa no? -

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Paul Allerston ***


Appendice – 1:

Tre cose:
- Mi scuso per il solito ritardo nell'aggiornamento della storia, ma il lavoro porta via tempo...e un po' troppe enrgie soprattutto.
- Solita rilettura in itinere.
- Sto apportando qualche modifica alle locations, anche nella storia precedente,che comunque sono sempre nel Lake District, quindi niente di radicale, però non vi stupite se leggete qualche nome sconosciuto.
Detto ciò, buona lettura(spero).




Il giorno fatidico era arrivato.
Ceday era rimasta barricata nel cottage del bosco con la scusa della varicella per una settimana, ma il giorno prima era tornata a Londra spiegando che in fondo non stava così male e poteva benissimo muoversi per rientrare.
Sìle aveva espresso le sue perplessità e quando Liam le aveva detto “Ma no, è venuto a prenderla il tipo con cui esce…” soffocando appena un risolino dettato da un pensiero che però lei non era stata abbastanza svelta a carpire, le perplessità erano triplicate.
E che dire del b&b di Dorcas che in concomitanza della visita di Ced e di quegli strani comportamenti suoi, di Liam e della stessa Dorcas,aveva avuto delle improvvise e misteriose noie al sistema idraulico?
Il motivo di tanta segretezza Sìle non era ancora riuscita a capirlo, quei tre, Dorcas, Ceday e Liam, erano una barriera impenetrabile, l’unica cosa chiara era che le noie idrauliche erano misteriose come lo erano i bigliettini di Garlicky. Proprio della stessa natura.
Sìle sospettava che Liam stesse per cedere perché non era da lui tenere nascoste le cose oltre quanto gli consentisse la sua coscienza, ma non era ancora arrivato il momento.
Poi era arrivata la telefonata con cui Paul confermava il suo arrivo e allora lo strano comportamento di tutti loro, era passato a momenti in secondo piano.
E poi aveva deciso di aspettare il cadavere del nemico portato dalla corrente: prima o poi avrebbero dovuto sputarlo il rospo quei tre.
Inoltre il pensiero di rivedere e di conoscere suo padre a quel punto, da quando Liam aveva detto che era pronto a partire per Manchester, era diventato preponderante.
Aveva iniziato a pulire furiosamente sul pulito, a riordinare lì dove era già in ordine da sempre, a nascondere i bigliettini di Garlicky che quel giorno sembravano vivere di vita propria e spuntare da tutti i cassetti, i libri, i quaderni in cui Liam li infilava senza starci a pensare.
Di Garlicky non c’era traccia, ma Sìle da qualche tempo iniziava ad essere oggetto delle sue attenzioni.
La cosa non la metteva certo a disagio, tutto il trambusto che era capitato nella vita di Liam, per lei era la quotidianità, non ci faceva più caso che a Clara che consegnava la posta, si limitava a riordinare dove trovava disordine, a non fare certe cose per evitare dispetti e via dicendo, ma certo se Garlicky avesse scelto proprio quel giorno per esternarle in maniera più eclatante, sarebbe stato davvero poco tempestivo.
Però non lo si poteva frustrare, in fondo il suo livello di inopportunità era di gran lunga più innocuo di quello di tantissimi suoi simili.
Non restava che farci due chiacchiere in tutta tranquillità, come per una strega era facile fare, e sperare che decidesse di essere collaborativo.
Tutto ciò pero doveva avvenire prima che Liam e suo padre arrivassero, quindi aveva dovuto rinunciare ad andare anche lei all’eroporto…e questo la metteva in costernazione.
- Tesoro calmati, stai girando come una trottola, non ti fa bene…- la richiamò Jane vedendola passare per la cucina in cui lei e Dorcas sedevano prese una dal rammendare una scucitura in un maglione di Liam e l’altra dalla cucina.
- Dovrebbe essere arrivato a quest’ora no?- domandò Sìle per tutta risposta – Liam intendo. Dovrebbe essere a Manchester già da…una mezz’ora giusto?-
- Sì dovrebbe…- rispose Dorcas.
- Il volo dovrebbe essere quello delle undici…è quasi mezzogiorno…- disse Sìle guardando l’orologio della cucina. Tacque per qualche attimo, poi si voltò d’improvviso a guardare Jane e Dorcas – e se non si trovano?-
- Si erano messi d’accordo ti ricordi?- rammentò Dorcas – si sono parlati ieri pomeriggio…-
- Sì…sì, mi ricordo…-
- E allora calmati. Dai siediti e stai tranquilla…- le ripeté Dorcas e Jane subito di seguito, le diede man forte.
- Liam quell’aeroporto lo conosce benissimo: aveva una ragazza a Manchester, ormai diversi anni fa…per vederla andava e veniva da lì invece che da Glasgow…vedrai che si sono già trovati -
Sìle la guardò e si decise a mettersi seduta.
- E’ che non chiama…mi aveva promesso che mi avrebbe telefonato appena arrivato all’aeroporto…-
In quel momento, come per incanto, il cellulare di Sìle squillò ed era Liam.
- Ma dove…-iniziò con tono risentito ma si fermò mezzo secondo dopo – ah sì?...d’accordo…sì. A dopo…- riattaccò e depose il cellulare sul tavolo come fosse un oggetto imprevedibile che poteva saltarle al collo in qualunque momento.
Dorcas e Jane la guardavano.
- Allora?- domandò Dorcas.
Sìle si schiarì la voce.
- Stanno tornando…-
- “Sedo sed serio”…è pur sempre un Kerr…- sentenziò.
Dorcas e Sìle la guardarono un po’ perplesse e Jane rise.
- E’ il motto del clan dei Kerr. “In ritardo ma con ferma intenzione”...mio figlio si riflette molto in queste parole a volte: ti lascia in ansia per dei mesi e poi se ne esce con delle grandi rivelazioni…-
Lei e Dorcas risero e anche Sìle alla fine, mentre guardava fuori dalla finestra.


Tornando indietro di qualche manciata di minuti, ecco ciò che era avvenuto di fronte a un banco informazioni dell’aeroporto di Manchester.
Liam era arrivato in orario, si era messo in attesa nel punto concordato con Paul Allerston, padre di Sìle dal volto ancora ignoto, ma dalla voce pacata e tranquillizzante, ammorbidita da un piacevole accento del sud-ovest.
- Posso aiutarla?- gli chiese la ragazza dietro il banco.
- No, grazie, sto aspettando una persona…-
- Con quale volo arriva?-
- Quello delle undici e venti da Gatwick…-
- Oh allora dovrebbe aspettare poco, stavano già ritirando i bagagli -
- Perfetto, grazie -
Qualche minuto dopo, un uomo sulla cinquantina, con una valigia e un lungo cappotto scuro, i capelli brizzolati e l’aria distinta ma non affettata, si avvicinò a quello stesso banco informazioni, ma rimase a qualche passo di distanza.
Con Liam si scambiarono un’occhiata di studio mentre Liam faceva ancora qualche parola con la ragazza del punto informazioni.
Pochi istanti dopo, l’uomo col cappotto , gli si avvicinò e si scusò.
- Io starei cercando il padre di mia nipote…-
Liam da quell’approccio ebbe subito un moto di simpatia per Paul Allerston, di cui aveva riconosciuto voce ad accento.
- Beh, io starei aspettando il nonno di mia figlia se lei fosse anche il signor Allerston, saremmo a cavallo…-
La risata con cui l’uomo accolse la risposta, dipanò qualunque dubbio.
- Il signor Kerr, presumo…- disse tendendogli la mano in accompagnamento alla libera interpretazione della famosa frase di Stanley quando, dopo lungo peregrinare, si trovò davanti il disperso dottor Livingstone.
C'era sempre qualcosa che portava Liam a pensare a quella scena: forse era deformazione professionale da esploratori.
- Liam – replicò lui stringendo la mano che gli veniva offerta – molto lieto signor Allerston -
- Il piacere è mio, ma mi chiami Paul – lo incoraggiò l’uomo.
Si sorrisero e quindi Liam gli offrì di alleggerirlo della valigia, ma Paul rifiutò con ferma gentilezza.
- Allora possiamo andare credo -
Salutando la ragazza del banco informazioni, si avviarono verso il parcheggio, Liam aprì la bauliera, Paul caricò la valigia.
Quando entrarono in auto, la prima cosa che Paul notò era il vago odore di fumo, quello lasciato dalla sigaretta che Liam aveva fumato poco prima di scendere.
- Perdoni se mi permetto ma…avrebbe una sigaretta da offrirmi?-
- Anche due!- rispose Liam girandosi verso il sedile posteriore su cui aveva posato la giacca.
- Grazie…di solito fumo la pipa, ma in auto è scomodo prepararla…-
- Sì, immagino di sì…ma se preferisce la pipa, possiamo aspettare un attimo a partire…-
- No. Per favore, andiamo…ho voglia di vedere Sìle – disse Paul con il solito tono gentile, ma determinato: già in quello Liam riconobbe qualcosa di Sìle e la cosa gli piacque.
- Certo. A proposito, si scusa di non essere venuta, c’era una cosa importante che doveva fare per il suo arrivo -
Paul lo sapeva, lei glielo aveva già anticipato, allora Liam gli disse che doveva chiamarla per avvisarla che era tutto a posto e che stavano tornando, ma Paul rispose di no quando gli chiese se voleva parlarle.
Dopo la telefonata quindi, si misero in viaggio.
- Non sono un esperto del settore, ma Sìle mi ha accennato al fatto che lei è un fotografo piuttosto famoso in ambito documentaristico…-
Liam dondolò il capo.
- Famoso non saprei dirlo ma…stimato da alcune persone la cui opinione mi sta a cuore, sì -
Paul accennò un sorriso lasciando la sigaretta a languire tra due dita.
- Una fortuna poterne fare un lavoro vero?-
- Sì, per molti aspetti sì, anche se si vedono cose di cui si farebbe a meno a volte -
- Mhmh…immagino di sì…purtroppo il mondo ne è pieno – disse Paul, poi però sorrise - ma è pieno anche di cose belle no?-
- Per fortuna sì. E sono ancora abbastanza da non far rimpiangere la scelta di una strada del genere. Alcune volte ho sofferto parecchio, tanto da desiderare di scappare da tutto, ma non ho mai pensato di smettere di fare questo lavoro -
- Ed è scappato?-
Liam annuì senza esitazione.
- E’ stata la decisione migliore che potessi prendere: ho conosciuto sua figlia durante quella fuga…-
Paul lo guardò con una bella luce negli occhi e sorrise, poi dopo un paio di secondi di esitazione, prese fiato.
- Com’è lei?- domandò quasi con timidezza.
Liam rimase senza parole per un attimo, allora Paul si scusò, forse la domanda era strana o magari…
- No, no, no! Nel modo più assoluto, è che…non ho mai pensato a una risposta precisa…- si interruppe, guardando la strada ebbe modo di riflettere per qualche attimo – beh è dolcissima. E…delicata. Non intendo fragile, intendo sensibile e ammaliante, anche se non se ne accorge. E…- d’improvviso lo colse il dubbio che Paul potesse non sapere quanto anche sua figlia fosse come Morgan, così cerco un termine di maggiore pragmatismo per dire quello che pensava - ehm diciamo empatica...molto, empatica…-
- Sì, credo di conoscere il genere di empatia che la contraddistingue…- rispose invece Paul.
Liam si voltò per un attimo a guardarlo e accennò un sorriso.
- Ah sì?-
L’altro fece segno di sì con la testa.
- Quando ha detto che è ammaliante, ho avuto l’impressione di vedere me stesso quando ho conosciuto sua madre. So che Sìle è come Morgan e conosco alla perfezione l’effetto che donne come loro possono fare…-
- A dirla tutta Morgan fa un po’ paura - commentò di tutto cuore Liam.
- Oh-oh sì!- convenne Paul ridendo un poco, poi però sollevò un dito -…ma può farla anche Sìle scommetto. Come può farla Una, quando vuole…-
- Già…-
Ci fu un altro attimo di silenzio, poi Paul guardò di nuovo Liam con curiosità.
- Sbaglio molto se dico che lei non sembra avere alcuna curiosità sul perché la vita di Sìle, sia stata…piena della mia assenza?- domandò, poi si affrettò a specificare – non è per ansia di protagonismo che lo chiedo, ma mi aspettavo un’accoglienza molto più tiepida da un perfetto estraneo che in fondo di me forse sa solo che sono sparito dalla vita della sua compagna…-
Liam, che aveva lasciato il pacchetto di sigarette appoggiato sul cruscotto, approfittò per prenderne una e accendersela.
- Beh…non ho la tendenza al pregiudizio verso la gente -
Paul sghignazzò appena sotto i baffi.
- Allora è vero che Glasgow è diventata cosmopolita…-
Anche Liam rise, ma parlò seriamente.
- La verità è che Sìle non mi ha mai parlato di lei con risentimento. Morgan, per quel poco che ne parla, non ha mai dato a nessuno motivo di pensare che da parte sua ci fosse una precisa volontà di abbandonare sua figlia…e Una è…-
- Eccezionale…- lo anticipò Paul, poi annuendo tra sé, rimuginando su qualcosa di suo, e di Una, che non era così difficile da immaginare -…davvero Sìle è così serena?-
Liam prese un tiro di fumo e si prese il tempo di buttarlo fuori prima di rispondere ancora.
Il modo in cui Paul Allerston chiedeva di sua figlia, gli comunicava in maniera molto forte che quell’uomo, pur così misurato, prudente e gentile, non aveva smesso per un attimo di domandarsi di lei, di preoccuparsi per lei, di sperare che stesse bene.
- Ha solo un’ossessione per l’abbandono…- disse rendendosi subito conto che la risposta che aveva dato poteva venire interpretata in modo più grave di quanto non fosse nelle sue intenzioni. Infatti riprese subito dopo – non lo teme nei fatti, sa stare da sola, è molto più che sufficiente a sé stessa e ha troppa dignità per pregare qualcuno di restare se non vuole, ma non tollera l’idea che chi le sta intorno possa prendere la decisione di lasciarla senza dirglielo. Teme in modo spasmodico di venire piantata in asso come un’ospite importuna a cui si mette una scusa per potersi allontanare…e forse a volte rischia di essere lasciata sola proprio per quello. E’ forte, molto più di quanto crede…-
Paul però era diventato più taciturno e meditabondo, guardava fuori.
Liam capì che avrebbe voluto dargli delle spiegazioni, ma per un milione di motivi, tutti ben intuibili, non riusciva a dire niente. E Liam non chiese niente.
Rimasero in silenzio per un po’.
- E la paternità? Come le sembra come prospettiva?- riprese Paul ad un certo punto.
Liam sorrise quasi senza accorgersene.
- Inattesa e terrificante. Non avevo mai programmato se e quando avere dei figli e di certo non di contribuire a perpetuare una schiatta di streghe! – disse -…ma mi piace -
- E’ uno strano pensiero, non c’è che dire…- gli concesse Allerston, poi con un dito indicò il segnale per Windermere- non è a Windermere che hanno avvistato una nuova Nessie di recente?- chiese poi: quel suo modo di abbandonare gli argomenti delicati era particolare.
Non era sintomo di perdita di interesse, quanto del desiderio di non affrettare le cose e Liam anche in questo si sentì piuttosto in armonia con lui.
-Bownessie, sì…se ne vedono parecchie di cose strane qui. Un anguillone a tre gobbe sarebbe il meno – rispose.
Paul gli lanciò un’occhiata allarmata, ma d’altronde Sìle l’aveva avvisato che suo padre forse non aveva mai avuto a che fare con quello che aveva coinvolto lui.
- Lei non è un sostenitore di una delle vostre glorie nazionali?-
- E’ un po’ più complicato di così…ma quanto a Nessie, diciamo che sono una di quelle persone che hanno qualche ragionevole dubbio sulla sua non esistenza. Però sono convinto che sia solo un enorme serpente d’acqua…-
- E da dove le vengono questi ragionevoli dubbi?-
- Dalla foto di un amico, un collega. Foto che lui si è sempre ben guardato dal diffondere proprio per evitare certe prevedibili ripercussioni -
Liam c’era passato meno di un anno prima, attraverso quel tipo di esperienza, dopo di che si era sempre più persuaso che George avesse davvero scattato una foto che non sapeva come spiegarsi se non dicendo “Ho fotografato Nessie”. E in effetti, in quella foto c’era davvero qualcosa di tanto nitido da essere inquietante.
- Deve avere molta fiducia in questa persona…-
- In realtà quello che mi ha convinto è stato che un uomo con una più che onorata carriera di fotoreporter di guerra, abbia deciso di mettere a parte di una cosa così personale uno sbarbatello, come ero io all’epoca, di qualcosa per cui gli avrebbe potuto benissimo ridere in faccia…o fregargli la foto e spacciarla per sua. Avrei potuto farlo nell’occasione in cui mi mostrò lo scatto. E poi stare con una strega…non ti mette in una posizione felice per lo scetticismo -
Paul rise leggermente.
- Parole sante…- commentò.
- Oh ma non si preoccupi: il peggio è tornato a Londra!- lo tranquillizzò Liam pensando a Ceday. Le voleva bene così d'alltronde: considerandola una specie di vulcano in eruzione.


Quando Sìle vide l’auto fermarsi davanti casa, saltò in piedi e corse, per quanto consentiva il pancione, ad aprire.
- Eccoli!- esclamò sparendo dalla vista di Dorcas e Jane.
A metà strada la sentirono protestare contro qualcosa e un attimo dopo starnutire tre volte filate.
Dorcas la seguì con lo sguardo e poi scosse la testa.
- Se solo capissi come diavolo funziona il suo naso…-
- Che vuoi dire?- chiese Jane.
- Oh niente…parlavo tra me -
Entrambe intanto si stavano muovendo verso la finestra della cucina per osservare la scena che si svolgeva fuori.
Dorcas alludeva, era ovvio, a quel prurito al naso che tormentava Sìle quando doveva arrivare qualcuno: Liam le aveva detto che le aveva dato il tormento per una nottata intera prima che partissero per l’Isola di Man. Poi aveva smesso, ma probabilmente, aveva concluso Dorcas, era dovuto all’incontro con Eric.
Quando invece, come quella volta, aspettava qualcuno di importante sapendolo prima, non avvertiva il minimo fastidio se non all’ultimo momento. Presagiva l’arrivo degli attesi con cinque minuti scarsi di anticipo.
Quando si era alzata dalla seda lo aveva tutto rosso, e ora eccola che starnutiva.
Sìle aprì la porta e uscì: Liam stava armeggiando nel bagagliaio per recuperare i bagagli di Paul e un’altra grossa busta di carta mentre Paul si stava guardando intorno con aria ammirata e curiosa.
L’ondata di ansia che l’aveva colta nell’atto di aprire la porta, si dissolse all’istante proprio vedendolo così.
La memoria le si aprì proprio su quel modo di tenere le mani in tasca, sulla forma delle spalle che erano dritte e rassicuranti. Paul non era imponente come Liam, ma aveva un fisico atletico e prestante.
Forse il ricordo venne aiutato dal cappotto scuro e lungo, molto simile a quelli che indossava all’epoca della sua infanzia.
Non credeva di ricordarselo, invece da quando aveva parlato con lui al telefono, era come se un canale tra lei e la sua parte sopita si fosse riaperto, rivitalizzato.
- E’ un posto bellissimo…- lo sentì dire, e un attimo dopo lo vide allungare una mano ad accarezzare il testone Pluffie che, trovata la porta aperta, si era fiondato incontro a Liam.
- Già…le danno fastidio cani e gatti? Sìle non me l’ha detto- chiese quello vedendo Pluffie che dava segni di entusiasmo anche verso il nuovo ospite.
Paul rise e scosse la testa.
- Abbiamo tre cani e non so quanti gatti a casa…spero anzi che loro non la prendano per un’indelicatezza!-
- Anche in questo caso, non è il peggio che può succedere qui dentro- rispose allora Liam, che posando gli occhi sulla porta d’ingresso, vide Sìle ferma pochi passi più avanti e non si offese di vederla così concentrata sull’uomo che aveva vicino – siamo attesi…- gli disse anzi mentre estraeva una borsa dalla bauliera.
Paul aveva una faccia non molto mobile, ma espressiva e in un attimo gli passarono sul viso un interrogativo, sorpresa e poi qualcosa di simile all’improvviso ricordo del motivo per cui era lì.
Guardò verso Sìle e seguì Liam incontro a lei.
Li guardò scambiarsi qualche parola, lei gli accarezzò la mano con le sue mentre lui gliela appoggiava sulla pancia, ma solo per accarezzare lei, era un gesto che faceva sempre, poi si abbassò a darle un bacio sulla testa e tornò a voltarsi verso Paul.
- Porto dentro queste…- annunciò, poi rivolto a Sìle aggiunse – serve a Dorcas…- poi la guardò un attimo, le sorrise e vedendola ancora preda delle ultime tracce di esitazione, le fece un cenno incoraggiante verso Paul – dai. E’ simpatico…-
Detto questo sparì richiamando Pluffie che lo seguì a ruota, e li lasciò soli.
Paul si avvicinò con le mani in tasca e un’espressione incantata di fronte a quella giovane donna, ai suoi occhi grandi e brillanti, al suo sorriso dolcissimo e ai suoi lunghi capelli scuri e lucenti.
Dopo un lungo momento di contemplazione, allargò le braccia abbandonando il rifugio della tasche.
- Buon Dio…sei meravigliosa!- esclamò.
Sìle, al suo solito, si portò le mani alle guance come per nascondersi, ma quella volta si fermò, si sfiorò il mento e sorrise come se lui l’avesse scoperta a combinare qualche marachella.
- Quell’uomo si offende molto se altri ti abbracciano?- domandò Paul riferendosi a Liam. E dicendo “quell’uomo”, usò un tono già quasi familiare e cameratesco. C’era qualcosa di rispettoso, ma di bonario in quelle parole.
Sìle scosse la testa, non riuscì a parlare perché le mancava il fiato e le veniva da piangere: si andò a nascondere contro il petto del padre come se non fosse passato un giorno dal loro ultimo incontro.
Gli afferrò il collo del cappotto e lasciò che lui se la stringesse addosso e la cullasse tra le braccia.


- Accidenti…si sono riconciliati presto…- commentò Jane sbirciando con Dorcas dalla finestra.
- Non è che avessero litigato. E’ che lei doveva aspettare il momento giusto per cercarlo…- rispose Dorcas – avranno molte cose da dirsi, certo, ma Sìle ha sempre saputo in qualche modo che suo padre non l’aveva lasciata con l’intenzione di starle lontano…-
Liam entrò in quel momento e le vide entrambe barcollanti sulle punte dei piedi e il naso appuntito al di sopra delle tendine della cucina.
- Portate i vostri augusti culoni su queste sedie e fatevi gli affari vostri per favore…- intimò loro.
- Ti sembra il modo di rivolgerti a tua madre?- disse Dorcas.
- Non parlare così a Ms.Patel William, chiedi scusa!- disse anche Jane quasi in coro con Dorcas.
- Se venite qui, vi chiedo scusa. Anzi ve lo chiedo ancora più sinceramente se adesso andate lì, salutate il signor Allerston e poi, buone, buone, da rispettabili signore "Vecchia Britannia", ve ne tornate di qua e li lasciate un po’ da soli – replicò lui nient’affatto intimidito – ti servono sempre questi?- domandò a Dorcas alludendo a tutta una serie di vasi, vasetti e scatoline di legno che lei aveva comprato in un mercatino dell’antiquariato in un paese vicino e che aveva dimenticato nell’auto di Liam.


Mentre Liam si adoperava in quella delicata opera di persuasione, Sìle e Paul si stavano rientrando in casa tenendosi la mano dopo un lungo abbraccio e un lungo silenzio.
Sìle non sapeva come aspettarselo quell’incontro e invece era tutto molto più facile di quanto non avesse mai creduto.
- Mi spiace non essere venuta all’aeroporto, c’era una cosa urgente che dovevo fare e…-
- Non ti preoccupare. Se devo essere sincero, mi avrebbe messo più in difficoltà…-
- Sì anche a me forse -
Entrarono e Sìle lo portò verso il salotto, gli prese il cappotto, quindi si scusò e uscì per un attimo andando a chiamare Dorcas e Jane.
- Ricordatevi cosa mi avete promesso…- le ammonì Liam.
- Insomma smettila di trattarci come bambine piccole!- lo rimbrottarono entrambe mentre andavano dietro a Sìle, ma ad ogni buon conto Liam le seguì.
Quando arrivarono nel salotto dove era Paul, le due rispettabili signore inglesi, sembravano due sorelle gemelle di Miss Marple: un’emulsione letale di irresistibile gentilezza e irrefrenabile indiscrezione.
Sìle esitò quando si trattò di richiamarlo: dire “papà”, non le veniva naturale, così Liam le venne in aiuto.
- Paul, le serve niente? Qualcosa da bere?- chiese entrando dietro di loro.
L’uomo si voltò e si alzò in piedi vedendo le due donne.
- No, grazie, sono a posto così…-
- Bene…- disse Liam dando una spintarella dietro la schiena di Sìle per indurla a parlare, infatti lei riprese subito il filo del discorso.
- Queste sono Jane, la madre di Liam, e Dorcas, la mia…-
Dorcas si intrufolò nel discorso per dare subito risalto al suo ruolo di primo piano, o almeno secondo e mezzo, nella vita di Sìle.
- Zia. Zia put…put…come si dice?- domandò a Liam schioccando le dita della mano che non stava stringendo quella di Paul.
- Putativa -
- Sì, ecco…-
Paul sorrise ad entrambe le donne, aveva stretto prima la mano a Jane però, gli rimaneva più vicina.
- Questo è mio padre…- si decise a dire Sìle: ebbe bisogno del cenno di approvazione di Liam, molto discreto, per essere certa di aver fatto bene.
- Molto lieto – disse Paul.
Dorcas e Jane, dopo aver risposto con squisita gentilezza, rimasero ferme, impalate, a guardare quell’uomo affascinante, dal sorriso gentile.
Liam sentì di dover intervenire di nuovo.
- Ehi…- chiamò rivolto a Sìle che lo guardò – perché non porti Paul di sopra e lo fai sistemare? Io porto su la valigia intanto -
- D’accordo…- rispose Sìle.
Poco dopo erano al piano di sopra, nella camera da letto vicina a quella di Jane. Liam si allontanò subito per tornare di sotto.
Sìle richiuse la finestra e gli sorrise mentre lui si sedeva su una delle due poltroncine che erano sistemate nella stanza, proprio lì vicino.
Poi si accomodò anche lei.
- Sei stanco? - chiese.
- No, stai tranquilla: è solo un’ora di viaggio…-
- Se hai bisogno di qualcosa…-
- Non ho bisogno di niente, stai tranquilla -
Sìle annuì, poi le tornò improvviso un po’ di panico dovuto all’emozione quando si accorse che non riusciva a spiccicare parola.
Paul vedendola in difficoltà, le riprese la mano e la strinse con fare incoraggiante, allora lei rise tra le lacrime che le avevano di nuovo riempito gli occhi.
- Non so neppure da dove cominciare…chiederti come stai mi sembra così stupido…- disse lasciando che lui le asciugasse i lacrimoni che le rigavano il viso.
- Sapessi quanti pensieri stupidi ho fatto io in questi giorni!- rispose sorridendo, poi allargò il sorriso – ma che dico in questi giorni. In questi anni! Ogni volta che pensavo al giorno in cui ti avrei rivista o sentita…-
- Davvero ci pensavi?- gli domandò lei.
Paul prima di risponderle, accennò un’espressione e un gesto del viso, che faceva spesso anche Liam: quel modo di aggrottare le sopracciglia su un sorriso perplesso, sorpreso da qualcosa che credeva ovvio, e quel leggero movimento all’indietro del mento e del collo.
- Ma certo…- rispose – però non posso pretendere che tu lo dia così per scontato, hai ragione…sono…venticinque anni che aspetti una spiegazione vero?-
- Più o meno…- sospirò Sìle asciugandosi una lacrima che le era arrivata sotto il mento – in realtà la domanda che mi sono fatta più di frequente è stata perché avessi accettato certe condizioni per…lei – disse alludendo a Morgan.
Paul si schiarì la voce. Forse non si aspettava che le cose prendessero subito una direzione così decisa e determinata, ma magari era meglio.
- Con tua madre hai mai parlato di come ci siamo lasciati?-
- Non ho quasi mai parlato con lei fino all’anno scorso…e di te non vuole parlarne. Mi ha solo detto che tu…- rispose Sìle.
- Ero troppo poco impositivo. O qualcosa del genere. Vero?-
Lei tacque confermando in quel modo.
L’uomo si appoggiò con la schiena alla poltrona e scosse appena la testa.
- E forse è vero…- ammise – c’era qualcosa su cui proprio non riuscivamo a capirci. Lei non voleva sentirsi troppo legata, così io cercavo di non farle pesare il mio modo di vedere le cose…ma…questo l’ha convinta che io mi fossi rimesso a lei. E neppure questo le andava bene -
- Questo posso capirlo…io non tollererei di essere subìta. Meglio sola…- disse Sìle.
- Credo che fosse questo in parte, sì. E quando sei arrivata tu, questa cosa è esplosa…lei era molto giovane e impulsiva. Era molto sicura di quello che sentiva, e l’idea di sbagliare proprio su qualcosa che riguardava sé stessa non la accettava, ne aveva paura…-
Sìle non aveva mai ascoltato il punto di vista di qualcuno che non fossero Dorcas o Una, sul conto di Morgan. Il parere più utile in quel senso glielo aveva dato Liam, che dal canto suo vedeva solo, o prevalentemente, le somiglianze umane tra madre e figlia.
Però Paul le stava parlando da un’altra posizione e le stava dicendo cose che Liam non poteva sapere, ma che le facevano capire quanto lei e Morgan si somigliassero non solo nei tratti somatici.
- Anche io sono così. Quando si tratta di me, diventa tutto confuso, fumoso…e spaventoso…e allora faccio gli errori più enormi. Ma perché io ho peggiorato le cose?-
Paul sorrise.
- Per me eri la cosa più bella che potesse succederci. Per lei eri la cosa più…sacra, mi viene solo questo in mente per spiegarti. Non ti vedeva solo come la sua bambina, eri qualcosa di cui perfino lei sembrava avere soggezione. E così viveva con timore l’idea che la mia presenza potesse distrarti da quello che le premeva che tu rivelassi di te…e così alla fine la mia presenza era diventata la causa di una divisione tra te e lei che non era giusto che ci fosse -
Sìle capiva, ma per la prima volta in quei minuti, diede respiro a quel bisogno di rimproverare all’uomo che aveva davanti almeno la sua assenza.
- Non dovevi andartene…-
Paul allargò le braccia con rammarico.
- Non sapevo che altro fare. Avevo la sensazione di essere un intruso e di stare facendo di ventare te estranea per tua madre. Sembrava avesse insofferenza per il normale rapporto tra un padre e una figlia, come se lo vedesse poco "rispettoso" di quello che tu potevi diventare. Una dal canto suo non si esprimeva molto…sentivo che era dalla mia parte, ma non poteva mettersi contro sua figlia, non sarebbe stato naturale né giusto. Così quando io decisi di allontanarmi, mi promise che avrebbe fatto il possibile perché tu non mi odiassi o non pensassi che non mi importava di te e per un po’ è anche riuscita a farci incontrare…-
- Ma poi non ti ho visto più…-
- Sono stato fuori dal Regno Unito per quasi dieci anni. Sulle prime era un trasferimento che doveva durare solo uno o due anni e io mi sono detto “Vado, lascio passare un po’ di tempo, scrivo alla bambina, magari Morgan intanto ci ripensa e poi vediamo…”. Io ero ancora molto innamorato di tua madre a dispetto di tutto…tentai di riavvicinarmi a lei allora, passati quei due anni, ma lei non volle saperne. E io alla fine ho ceduto all’orgoglio. Così…tua nonna, mi consigliò di aspettare. Non lei, non Morgan, ma te…e in effetti io non sono mai sparito, ti ho sempre scritto -
Sìle d’improvviso ebbe un’illuminazione.
Una che, in assenza di Morgan, arrivava quatta quatta e, da sotto i suoi improbabili maglioni e cardigans, estraeva delle lettere.
“Queste te le leggo stasera…” le prometteva.
Poi quando lei, nel sentirle, chiedeva chi fosse a scriverle, la nonna le rispondeva soltanto che un giorno l’avrebbe scoperto. Che non doveva avere fretta.
Paul, quando lei come poteva essere prevedibile domandò perché Morgan non dovesse sapere delle lettere che lui mandava alla figlia, spiegò che no, non era vero: Morgan era al corrente di tutto, solo che non voleva essere presente quando quelle lettere fossero state aperte e lette. Non voleva vedere sul viso di sua figlia la curiosità, l’attesa di scoprire cosa dicevano come fossero il più grande regalo del mondo.
- E perché non dovevo sapere che erano tue?-
- Questo credo fosse un modo di Una per non farti avere più contrasti di quanti già non ce ne fossero con tua madre, ma al contempo per non farti dimenticare che c’era qualcuno, da qualche parte, che aspettava con ansia il momento in cui avesse potuto incontrarti…-
Sìle rimase in silenzio per un attimo, con un’espressione poco serena, e allora Paul si chinò in avanti e le sfiorò un ginocchio.
- Ascoltami ti prego…- le disse – l’ultima cosa che voglio al mondo è creare dei problemi tra te e Morgan ora che siete tornate ad avere un rapporto più normale, quindi ti chiedo di ascoltarmi molto bene e di capire una cosa…-
- Sì…- rispose Sìle senza guardarlo però.
- Morgan è testarda e orgogliosa. Non ammette con facilità i suoi errori. Con te non ammetteva di poterne fare e si sentiva in colpa per come si stava comportando, questo posso dirlo con una buona dose di sicurezza: è una zuccona bisbetica, ma è ben lontana dall’essere una stupida. Quando si è accorta di stare sbagliando, era troppo tardi per lei, non avrebbe mai accettato di tornare indietro. E poi aveva troppa paura di peggiorare le cose, e questo posso capirlo, l’ho avuta tante volte anche io questa paura…- mormorò sotto lo sguardo attento della figlia - lei era così sicura che tu non avresti avuto bisogno di me, di lei, di niente. Avevi “la tua natura”, diceva, che ti avrebbe dato tutta la forza di cui avevi bisogno…-
- Beh si sbagliava!- esclamò Sìle con gli occhi accesi di un lampo di rabbia che rivelarono quel solito riflesso felino, infatti un attimo dopo li coprì come fosse qualcosa di imbarazzante, di indelicato.
Paul ne rimase colpito senz’altro, ma non lo sottolineò. Tentò solo di calmarla.
- Non del tutto a quanto ho sentito dire…-
- Da chi?-
- Il tuo ragazzo mi pare un tipo piuttosto saldo…eppure parla di te come di una piccola roccia -
Sìle lo guardò di nuovo e il suo sguardo baluginò ancora per un momento della luce ferina, ma poi si ammorbidì e accompagnò un piccolo sorriso timido.
- Davvero?- chiese.
- Lo sai che è così. Non ti sbagli se lo pensi…- le rispose Paul, quindi sollevò un dito – il primo consiglio da padre, me lo consenti?-
Sìle sorrise e acconsentì.
- Non fare l’errore di tua madre: non mettere sempre in dubbio quello che il tuo intuito ti dice di te stessa e di quello che conta per te. Non mettere sempre in dubbio le intenzioni e i pensieri che ti sembra di cogliere negli altri perché ti sembrano troppo “belli”…- le disse – essere messo sempre in dubbio, non è bello per un uomo che ama una strega e che accetta che lei lo esplori in ogni sua parte. Lo rendi impotente, gli rendi impossibile starti vicino…e allora lui rischia di fare i miei di errori e lì dentro – aggiunse indicando la pancia di Sìle – c’è qualcuno che non deve subirli quegli errori, se c’è la possibilità di evitarli: giusto?-
Sìle finalmente fece caso al fatto che la bambina, che come un animaletto allarmato, immobile e “nascosta” per le ore precedenti, da quando Liam era tornato e Paul stava parlando con la mamma, si era timidamente riaffacciata producendo qualche prudente sommovimento nel suo rifugio liquido. Allora annuì.
Lo guardò per qualche attimo poi decise che di chiarimenti non ne voleva altri per il momento.
Avvertiva con chiarezza alcune due importanti a quel punto: suo padre non era mai stato lontano nel modo in cui sembrava, e lei in qualche modo, e grazie alla nonna, lo sapeva da sempre, o non avrebbe avuto voglia di cercarlo ancora.
Morgan era sempre meno la madre lontana e fredda che aveva visto per tanto tempo, e Sìle si sentiva sempre meno in contrasto con lei. Certo avrebbe ancora avuto una gran voglia di prenderla di petto, affrontarla e costringerla a spiegarsi, ma abbattendo un altro pezzo di muro, invece che aggiungere file di mattoni.
Ecco fatto!, pensò tra sé come chiudendo uno dei libri che avrebbero composto la sua vita.
-…e la signora Allerston? Com’è?- chiese.
- Un giorno te la faccio conoscere, promesso!-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Confronti impegnativi. ***


Appendice – 1:

Mamma quante cose da dire!
Allora, inizio dicendo che ringrazio quanti continuano a scrivermi dicendo che vorrebbero che proseguissi la storia...beh eccola! Ricomincio ufficialmente!
In secondo luogo però devo avvisare che il capitolo che segue è lunghissimo e faticoso,lo è stato per meda scrivere, credo lo sará anche da leggere, solo che dovevo riprendere le redini della questione e il modo più sensato di farlo mi pareva interrogare i personaggi più marginali del nucleo familiare di Sìle e Liam.
Prometto di migliorarlo appena mi sará possibile! Buona lettura spero!



Liam si era svegliato molto presto.
O meglio...l'aveva svegliato Pluffie che aveva una gran fame quella mattina.
E poi c'era un altro ospite di cui prendersi cura. Un ospite che Liam, in altre circostanze, non avrebbe accettato di tenere con sé, ma dopo una breve consultazione con Prudence Jones, un'etologa del Somerset, che collaborava al pari suo con alcuni centri di recupero e tutela della fauna, aveva deciso di soprassedere.
Il ghiro era stato sotto attenta osservazione di Prue per due giorni.
Era molto strano, aveva detto lei: la bestiola pareva nata e cresciuta in semi-cattivitá.
-...che vuol dire semi?...e non rispondermi metá. Hai capito cosa intendo - l'aveva avvertita lui.
- Serioso...- si era concessa di protestare la dottoressa Jones, che Liam non si era mai risparmiato di apostrofare Indy, ovviamente, mentre, seduti ai due lati opposti del tavolo operatorio del centro, osservavano il ghiro che con aria di palese sollievo, si accoccolava in un guanto di lana di Dorcas che aveva prima aggiustato a formare una cuccia accogliente - vedi? Non che fosse spaventato in questi giorni, ma spaesato sì. L'ho tenuto in un ambiente di passaggio, tra interno ed esterno della struttura. Mentre io ero vicina, ha esplorato, anche se con molta timidezza, e ha passato molto tempo sveglio. Ho notato che non conosce i normali odori di cui un roditore selvatico vive circondato. Non conosce cibo diverso da mandorle, noccioline o biscotti. Non conosce le regole del mimetismo, non ricerca i nascondigli consueti, non riconosce i pericoli che lo minacciano e trova molto rassicurante la presenza umana. Si fida delle persone e interagisce con loro...non proprio confidenzialmente ma come un animale selvatico non farebbe mai...- spiegò Prudence indicando la voliera in cui venivano tenuti in convalescenza due grossi gufi - secondo me questo è un animaletto cresciuto da qualcuno...-
- Ma Dorcas lo ha solo trovato in soffitta...non sapeva fosse lì -
Prudence si era stretta nelle spalle. Liam riflettendo su quanto gli accadeva da un paio d'anni a quella parte, aveva deciso che le possibilitá di spiegazione potevano essere milioni avendo a che fare con streghe e folletti.
- Io ti dico quello che ho visto...-
- Pensi sia il caso di prepararlo per essere liberato?- chiese Liam.
La piccola dottoressa Jones appoggiato il mento sul palmo della mano, aveva allungato un ditino a grattare la testa del ghiro.
- In genere sono contraria ad assecondare la distorsione della natura animale, ma ci sono dei casi diversi...e i piccoli roditori sono uno di quei casi. Non sono animali che abbiano la stretta occorrenza di un habitat specifico. Sono piccoli, le loro necessitá limitate perché tutto è molto grande per loro e quindi il loro effettivo spazio vitale è minimo. Questo animaletto poi è quasi adulto, ed è una femmina...quindi, ammesso che possa imparare ormai a vivere senza che qualcuno le porti cibo e le fornisca riparo, è probabile che, dovesse trovarsi incinta, torni a nascondersi dove si sente più sicura...-
Liam la ascoltava con molto interesse, annuendo, affascinato dalla competenza dell'amica ma col solito sorriso sotto i baffi. Specialmente quando si era sentito illuminare sul sesso del ghiro.
- È il modo che il bravo etologo usa per dire a qualcuno che sta adottando un ghiro femmina e sua futura prole?-
Prue aveva sorriso, mostrando le fossette sulle guance.
- Sei un ragazzone perspicace!- aveva replicato strappandogli una risatina rassegnata - ma per la potenziale prole, si potrebbe fare qualcosa. Quindi tenetela d'occhio e se vi sforna una qualche bella cucciolata, mi date un colpo di telefono...-
Comunque, a conclusione di tutto, gli aveva detto Prue mentre riponeva il guanto di lana e il suo morbido contenuto nel bauletto, la signorina ghiro non aveva la rabbia e, a livello sanitario, non era pericolosa per nessuno di loro a casa, era solo un pò impolverata e da ripulire da qualche parassita del pelo, un trattamento da operare con costanza e attenzione almeno due volte al giorno.


Sìle invece aveva il sonno molto profondo ormai e la sera prima aveva tirato tardi a chiacchierare con Paul, quindi non si era accorta che Jane, suo padre e Liam si erano alzati.
Jane, che quando era lí ci teneva a dare una mano a Sìle e Liam per tutto quello che poteva, si era incaricata di preparare la colazione e aveva spedito il consuocero a fare compagnia a Liam nella veranda dove era allestito lo studio, vicino alla piccola serra di Sìle.
Paul raggiunse Liam con due tazze di caffè bollente, la primavera ci metteva un bel po' a manifestarsi malgrado il calendario dicesse che era arrivata da quasi un mese e, intorno, sui rilievi morbidi del Lake District, era caduta neve anche quella notte.
Trovó Liam seduto davanti alla scrivania che, con grandissima cura, stava operando su qualcosa di piuttosto piccolo e peloso.
- Buongiorno...- salutó.
Liam si voltó un attimo verso di lui e gli sorrise.
- Buongiorno Paul. Dormito bene?- si informó tornando alla sua occupazione.
- Molto bene. Come un sasso a dire la veritá...mi ha svegliato solo un fortissimo odore di aglio, probabilmente Mrs. Kerr era giá di cucina - ipotizzó l'uomo, e Liam non si mise a spiegargli che poteva benissimo non essere cosí.
- Sì è possibile...- disse tranquillo.
- Cosa la impegna tanto?- chiese Paul allungando il collo per sbirciare.
- Un ghiro...femmina, naturalmente - rispose Liam mostrandoglielo avvoltolato su sé stesso nel palmo della sua mano - l'abbiamo trovata in questo bauletto, nascosta nella soffitta di Dorcas, e non è ancora uscita del tutto dal letargo. La ospitiamo per un po'...- spiegò mentre Paul, con un sorriso di simpatia verso l'animaletto, si avvicinava e posava la tazza di Liam sulla scrivania.
- Sta poco bene?- domandò quindi vedendo Liam con i guanti e un batuffolo di ovatta imbevuto di qualcosa in mano. Lo passava delicatamente sul pelo del ghiro.
- Oh no, è per cercare di ripulirla da eventuali parassiti. Qui gli animali domestici rischiano di prenderseli. È una soluzione di bicarbonato, qualche goccia di succo d'aglio ed equiseto, cosí non gli fa male...e per la cronaca, io e il veterinario, ci accontentavamo benissimo del bicarbonato ma...-
Paul fece un gesto che diceva "non serve aggiungere altro, lo so".
- Miss Patel...-
Liam annuí.
- Giá...- rispose.
Paul rimase ammirato dalla perizia con cui Liam si prendeva cura dell'animaletto e restò a guardarlo a lungo.
- Lei è molto appassionato di animali vero?- chiese.
Liam sorrise rimettendo nello scrigno il ghiro, adagiandolo su un letto di erba secca, muschio e fili di lana che aveva sostituito la vecchia stoffa di rivestimento del baule, che poteva contenere a sua volta parassiti o acari. Il guanto di Dorcas, di un bel rosa acceso e righe verde lime, troneggiava sul tutto.
- Dipendesse da me, questa casa sarebbe uno zoo, ma se mi ci metto anche io insieme a Dorcas, è la fine!- scherzò in risposta - quindi, per non frustrare completamente le mie tendenze, ho iniziato ad informarmi per collaborare con qualche organo nazionale di tutela della fauna...tra qualche giorno ho un colloquio per passare dal volontariato al lavoro vero e proprio...-
- Lo farebbe anche per rimanere più vicino alla famiglia immagino...- ipotizzò Paul.
Liam annuì.
- Non accetto più incarichi troppo lunghi o in posti troppo lontani giá da qualche tempo...ma questo implica un'inattività a cui non sono più abituato. Così...- sospirò Liam togliendo i guanti e pulendosi le mani con un batuffolo nuovo e uno schizzo di disinfettante(delicatamente odoroso di agrumi) - ho pensato che potesse essere bello poter mettere a frutto il mio lavoro per il mio Paese. Dovermi muovere per il Regno Unito, sarebbe molto meno gravoso...- spiegò prendendo la tazza di caffè.
Paul si schiarì la voce e annuì.
- Sìle mi ha parlato del suo piccolo problema all'occhio...non le creerebbe impedimenti all'atto di venire selezionato da certi enti?-
Liam scosse la testa deglutendo.
- Non è cosí invalidante. Guido tranquillamente, come ha visto, e le mie condizioni per ora sono stazionarie. L'occhio sinistro è del tutto sano e, a parte un'attenzione maggiore nel sottopormi a controlli clinici, non ci sono grossi vincoli...- spiegò, quindi, visto che fuori aveva smesso momentaneamente di piovere, fece cenno a Paul verso l'esterno - le vanno due passi prima di colazione? La belva non vede l'ora di riempirsi di fango!- propose alludendo a Pluffie.
Non stava facendo particolari rimostranze, se ne stava completamente immobile, di fronte alla porta a vetri della serra, fissando fuori e fingendo di non sentire i richiami di nessuno dentro casa.
Lo tradivano solo le orecchie: come ogni cane, se richiamato all'ordine, le orecchie non obbedivano alle sue intenzioni di ostentare indifferenza.
- Molto volentieri!- accettò Paul con un sorriso.
Avvertirono Jane, infilarono scarponi e giacche impermeabili sui maglioni e partirono.
Si stava bene malgrado l'aria pungente, c'era il solito buon profumo di torba e alberi e muschio umidi.
Si camminava volentieri in quella tranquillitá.
- Parlavamo del suo occhio quindi: non ha mai pensato di fare qualche ricerca su eventuali interventi risarcitivi? -
- No, mai seriamente direi...- rispose Liam.
- Mi perdoni, non voglio essere indiscreto...- si scusò Paul.
- No, non lo è. Davvero...- lo tranquillizzò Liam, poi sbuffò appena - è che...in qualche modo sentivo che non ero pronto a dimenticarmi di come era successo. Non era qualcosa di cui volessi liberarmi superficialmente, solo cancellandolo come una brutta cicatrice. Ne soffro a volte, ma è più per il ricordo legato al danno che per il danno stesso...-
- Brutta storia quella...Sìle mi diceva che, al di lá del pericolo corso, ha perso un amico in quell'occasione -
Liam scrutò lontano, in quella giornata scura malgrado l'orario ampiamente diurno.
- Non riesco ancora a decidermi a tornarci laggiù...- borbottò, quindi si riscosse dai suoi pensieri e sorrise a Paul -non mi fraintenda, non sto ritrattando quanto detto poco fa. L'idea della famiglia non è una scusa che mi sto dando per nascondere una paura...-
Paul lo guardava serafico e dopo qualche attimo prese un lungo respiro.
- Giustificazione non richiesta eh?- commentò Liam e allora Allerston rise, scuotendo la testa.
- Beh sì...ma se può essere di consolazione, conosco bene l'impeto che nasce di spiegare tutto, anche troppo, a chi non è come loro...- disse alludendo alla popolazione stregonesca.
Liam lo ringraziò della solidarietá.
- Di nulla...e poi non sono certo io a poter giudicare no? - mormorò.
Liam si fece più serio allora e abbassò gli occhi sul sentiero. Anzi l'unico occhio con cui poteva vedere in quel momento tutto fatto di normali umani maschi.
Era rassicurante poter vivere quei momenti a volte. Poter avere uno spazio più ristretto e prevedibile in cui vivere.
- Se allude a Sìle c'è solo una cosa che, personalmente, mi viene da chiedere perché non la capisco proprio...anche al di lá dei particolari meccanismi matriarcali di casa Kennaugh...-
- Che cosa?- chiese Paul incoraggiando Liam a parlare.
- Io so che Una è sempre stata molto solerte nel tenere i contatti con lei, nel darle notizie di Sìle...-
- Certo è così...- rispose Paul senza esitazione.
Liam annuì con atteggiamento vagamente polemico.
- Quindi lei sa che ha rischiato la vita un anno e mezzo fa...- continuò Liam e quando Paul, sorridendo di nuovo, ma amaramente, come se si aspettasse quella precisa domanda, disse di sì, si fermò - beh ecco, questo proprio non lo capisco. Mia madre si è lanciata qui come una donna cannone sparata da Glasgow...e io stavo bene almeno fisicamente! Lei dov'era? E guardi che lei mi piace Paul, ma se mi risponde che è perché Una le ha sconsigliato di venire, non consoliderá le basi per avere la mia stima, ammesso che possa importargliene...-
Paul sollevò le mani per fermare Liam e sorrise ancora.
- La simpatia è reciproca e non le mentirò. Anche perché ritengo che lei sia perfettamente in grado di capirmi ormai. Una e io abbiamo avuto uno scontro molto aspro nei giorni successivi a quegli eventi, perché lei, proprio sapendo che non sarei stato da parte, mi ha nascosto quella questione fino a che non si è risolta. Si è scusata, è naturale, ma oltre a sentirmi dire che non poteva fare altrimenti, che era una cosa che dovevano risolvere a modo loro, non ho ottenuto nulla. Però stavolta ho parlato anche con Morgan, dopo tutti questi anni, purtroppo quasi solo per ripeterle che è arrogante in questo suo modo di fare. Quella è mia figlia, ha rischiato la vita e loro me lo hanno taciuto, e di questo non ho potuto ancora potuto perdonarle. Anche se lo fanno a fin di bene, e io lo so questo, devono adeguarsi ad alcune minime regole di convivenza civile...ma non lo fanno ancora...per questo non mi sono precipitato a casa loro quando Sìle mi ha cercato. Io non volevo che i contrasti tra me e sua madre rovinassero tutto prima ancora che potessimo riallacciare un dialogo -
- E dopo?- chiese allora Liam - quando ha saputo di questo, perché non ha cercato lei Sìle?-
Paul allargò le braccia.
- Perché a quel punto ho pensato di non essere più in grado di spiegarle tante cose, di aver perso l'unica buona occasione per rimettere a posto i pezzi...dopo quella situazione così traumatica per lei, io non ho pensato al fatto che è figlia di sua madre, ma che è figlia mia...e che io ad un padre che fosse stato assente, anche in un momento come quello, non avrei permesso di giustificarsi in nessun modo. Ho, vigliaccamente e con una certa volontá, lo ammetto, dimenticato che lei è in grado di capire molte più cose su di me, più di quanto non potrò mai fare io stesso. E quando mi sono accorto che la conoscevo così poco da dimenticare quella che è invece la sua essenza, mi sono reso conto che per lei probabilmente non ero altro che un'ombra lontana...- spiegò, quindi sospirò - l'emotività per chi è come me...è una gran brutta bestia da domare a volte. Invece che farti aprire, ti fa chiudere. Invece che illuminarti, ti abbaglia. Non riesci a trovare le parole, e allora taci, sperando di non fare più danni di quelli che giá hai provocato...-
Liam sentendolo parlare, capì perché quell'uomo gli piaceva: erano molto simili.
Anche Alec era così. E così lui stesso, sebbene più sornione.
Quelli come loro erano di quelle persone, uomini e donne, che sopportavano. Sopportavano in silenzio, un silenzio cocciuto a volte, e soffrivano senza lamentarsi ma danneggiando loro stessi, dentro, o anche fuori a volte, perché Liam ricordava che era stato capace di rompersi una mano per dare un pugno contro un muro dopo una lite con la madre, appena morto Alec.
Il problema era proprio quello: sopportare fino ad assuefarsi al dolore, al punto che anche provocandosi un danno fisico, non se ne avverte la sofferenza che il corpo invece comunica.
Proprio per questo però, Liam non si mostrò indulgente, anche se rimase gentile.
- Io mi rendo conto che non sono nessuno per giudicare, ma proprio perché so come ci si sente mi permetto di dirle che non avrebbe dovuto aspettare che fosse Sìle a cercarla...è facile che sappia benissimo, ora che vi siete visti, che lei desiderava farlo da tanto ma, in sua figlia, rimarrá sempre un punto interrogativo grande come il mondo su come si sarebbe comportato lei altrimenti -
- Lo so...- replicò Paul con molta calma - e spero che quando capiterá di riparlarne, riuscirò a rassicurarla ancora un po'al riguardo..."
Liam, che da quel confronto molto normale, anche se su argomenti delicati e complessi, si stava sentendo rinfrancato, si permise, per una volta, di fare una domanda su Morgan in assenza di Sìle.
- Era davvero cosí dura quella donna con la figlia?- chiese - insomma io Sìle l'ho conosciuta da adulta e a volte non riesco a tenermi dal farle da cane da guardia, è come qualcosa di troppo prezioso che ho paura mi venga rubato, non posso farci niente, ma proprio per questo mi viene da pensare che...da bambina dovesse essere dolce da non resistere, tenerissima...da non riuscire a non prenderla e strapazzarla un po', mettersela vicina per vederle fare cose buffe...cose così insomma - disse anche ripensando a quanto lui si era trovato spesso a fare con Lily, quando ancora portava la piccola Sìle con sé.
Paul si mise a ridere ma in un modo che faceva avvertire un moto di commozione.
- Era splendida. Era molto attiva ma assolutamente silenziosa, ha parlato molto tardi, ma poi abbiamo capito che era perché era troppo presa dallo studiare il mondo...aveva quello sguardo serio, meditativo che ti scavava dentro, ti toccava. Ed era...indaffarata come una formichina, con quelle sue piccole mani sempre intente a fare qualcosa di minuzioso. Ed era così affettuosa...Dio mio, non lo so nemmeno in quanti modi potrei descriverla!- esclamò guardandosi intorno con gli occhi inumiditi, poi però venne il momento di rispondere alla vera domanda -...e Morgan...al di lá delle sue convinzioni sui loro affari di streghe, l'amava la sua bambina, l'adorava e aveva un terrore feroce che questa sua dolcezza e fiducia, questa sua propensione verso il prossimo e il mondo le facessero del male, come poi temo sia successo...- si fermò un attimo e guardò Liam che capì da quello sguardo improvvisamente angosciato, che di Eric lui non sapeva nulla - perché è successo vero?-
Liam rispose di sì.
-...ma poteva succedere di peggio. Molto di peggio. Mi creda...- lo tranqullizzò - però non voglio dirle cosa. Lo farà lei, come lo ha fatto con me, se dovesse sentirsela...-
Paul annuì serio, quindi riprese.
- Noi...noi normali , spesso dimentichiamo quanto male abbia procurato il conseguimento di questa maledetta, stupida normalitá che tanto abbiamo agognato...- mormorò - loro invece, quelle e quelli come loro, lo vivono ancora sulla loro pelle. Forse anche per questo mi sono ritirato di fronte alla scuola che Morgan stava facendo a nostra figlia. Doveva imparare a difendersi e io potevo difenderla come ogni padre avrebbe fatto, ma non insegnarle a farlo da sola, per quello ci voleva Morgan...e ci voleva che fosse severa. E io non potevo interferire -
- Interferire no. Ma nemmeno sparire...- obiettò Liam senza nascondere la sua perplessitá al riguardo.
Paul lo guardò a lungo, senza biasimo, anche perché capì qualcosa da quelle parole su cui forse poteva influire in qualche modo.
- Di errori se ne fanno tanti. A volte enormi, come il mio. Ma per lei è diverso credo...lei mi pare molto più coinvolto e compreso nella vita di Sìle di quanto non fossi io nella vita di Morgan. Vede, io di quella donna ho amato la bellezza, la grande e dura forza che ha dentro, il fascino quasi animale che la caratterizza...- raccontò - non so come dirlo ma...toccare Morgan, sfiorare la sua pelle, i suoi capelli, guardarla dormire accanto a me, era come avere accanto una creatura selvatica, bellissima e attraente in modo irresistibile che ti avesse concesso un istante della sua fiducia ma non più di quello. Oltre quel momento, c'erano artigli e zanne. L'affetto, per Morgan, è qualcosa di pericoloso...-
- Io credo che Morgan le sia stata molto legata comunque -
Paul sorrise in modo strano.
-...in confidenza: io amo mia moglie, moltissimo, è una donna dolce e luminosa. Davvero luminosa, solare non è il termine giusto per difinirla. È una presenza delicata, tiepida ma in senso buono. Ho impiegato anni per trovarla e non la lascerò più, per nulla al mondo, ma...- si interruppe un attimo - quando hai toccato una strega e lei ha toccato te come si toccano un uomo e una donna, è come se ti avessero bruciato le papille gustative o i polpastrelli...sembra tutto più insapore, incolore, inodore. Ti adegui, per forza, ma qui...- disse toccandosi la bocca dello stomaco -...ogni volta che pensi a Lei , a come cambiano i suoi occhi quando ti mostra chi è, a come la senti fremere ad ogni stimolo...anche dopo trent'anni ti si accende qualcosa come fosse finita solo ieri. Sei indifeso... -
Esattamente quello che era successo ad Eric, pensò Liam, che dopo anni, anche lui sposato con una donna che amava, era ancora legato a doppio filo a Sìle.
Di nuovo lo disturbò tantissimo pensare che quel legame l'avesse rinsaldato il fatto d'aver cercato di prenderla fisicamente e che, benché lei non fosse consenziente, Eric potesse essere arrivato a sentire di lei la pelle o l'odore così come li conosceva lui.
E ancora di più lo irritava che lei sapesse di questa sua reazione incontrollabile, anche se le piaceva, perché lui si sentiva davvero ridurre ad una specie di ominide troppo carico di testosterone quando gli capitava di pensarci.
Ecco cos'era che le rendeva così diaboliche e terrificanti per la gente normale: la smania di possesso che provocava quella loro capacitá di acuire anche nel prossimo le sensazioni fisiche, come fossero una droga, e al contempo l'impossibilitá di nascondere questa smania, questo bisogno fisico della loro vicinanza al loro sguardo.
E gli uomini, e le donne, erano capacissimi di fare del male all'oggetto del loro desiderio per un motivo simile, era la storia del mondo, anche se indubbiamente per gli uomini, visto che le streghe erano più di sesso femminile, era più frequente ridursi in quel modo.
Liam si sentì meno solo però dopo quell'ammissione di Paul, così decise di alleggerire le cose. D'altronde i suoi dubbi li aveva espressi e Paul non aveva opposto resistenza nel rispondere.
Anzi si era talmente aperto che quasi gli sembrava di aver esagerato.
Era tutto strano rispetto alle normali relazioni umane, certo, ma a pensarci bene, quella guerra, quella che coinvolgeva da sempre le persone come Morgan, non poteva e non doveva essere lasciata vincere da chi voleva schiacciarle quelle persone, cancellarle. E bisognava essere ben armati per quella guerra, anche capaci di molto coraggio, di tanta durezza, di poca tenerezza ma di molta pietá da dare solo a chi la meritava davvero.
Per loro però, non ne era mai esistita e certo forse quello di Morgan era un eccesso di intransigenza, ma non era incomprensibile a conti fatti.
- Comunque...finalmente vedo Sìle molto più serena. E questo non può che rendere felice anche me -
Fu Paul a fermarsi allora. Allungò una mano a trattenere Liam per un gomito, per invitarlo a fermarsi.
Quello lo fece, girandosi verso l'uomo con un sorriso.
- Io credo di doverle dei ringraziamenti...per la sua amicizia, la sua comprensione, la sua volontá di ascoltarmi...- sussurrò - e perché so che è stato lei, William, ad incoraggiare Sìle ad affrontare lo scoglio di Morgan per aprirsi la strada verso di me...-
- Ho fatto molto poco veramente...- rispose Liam molto serio.
- Mi permetta di dire che è una sua impressione. Affrontare Morgan nei suoi inverni, può essere terrificante. È come una barriera di ghiaccio spesso che si costruisce attorno per non farsi raggiungere...io non ebbi il coraggio di confrontarmi con quella fortezza, pur amandola moltissimo -
Liam si sentì lusingato da quelle parole, ma ormai aveva deciso di sdrammatizzare.
- Avevo pronti in tasca sale e phon ad aria super calda!- rispose scherzando ma con garbo - e poi ho scoperto che se ti fai drogare dai folletti, Morgan diventa subito molto protettiva!-
Paul, mentre si rimettevano in cammino, alla prima battuta rise, alla seconda anche ma dopo un momento tornò a guardare Liam con qualche dubbio...
- William lei sta...parlando...-
- Se iniziamo a parlare di questo, per favore, diciamo Liam...altrimenti inizia a sapere di strizzacervelli!-
Paul annuí.
- Hai ragione. Racconta...- disse.


Sìle si sveglió e si vestì velocemente.
Scese di sotto convinta di trovare il padre ma c'era solo Jane in quel momento.
- Sono usciti. Chiacchieravano...- le spiegò la donna - vuoi un tè? Un caffè?- si informò mentre toglieva una padella dal fuoco.
- Faccio io, lei finisca con quella...viene un odore così buono da sotto il coperchio!-
- Dorcas mi ha portato un sacco di funghi e di erbe odorose...vengono una meraviglia! Adesso te li faccio assaggiare, prima che torni il gatto rosso!-
Il gatto rosso era Liam, che con la scusa degli assaggini, a volte era capace di far sparire quantitá imprevedibili di cibo!
Sìle rise e si preparò il tè dopo aver azionato il bollitore.
Le tornò in mente che c'era qualcosa che voleva chiedere a Jane riguardo Liam da quel giorno in cui aveva parlato con Eric, ma sul momento non le sovveniva.
Decise di parlare un po' con la...suocera, approfittando della solitudine.
- Liam le ha detto del nuovo lavoro? Del colloquio?-
- Sì...al terzo paio di tenaglie che usavo per tirargli fuori le parole di bocca sì! È un fondo di pozzo quando non vuole dirti le cose! Non so come fai tu a non arrabbiarti!- esclamò, poi però ci ripensò e sospirò - va bene che tu hai dei vantaggi...- sbuffò.
Era un pochino gelosa di questo, Sìle se ne accorgeva: per Jane un figlio, nessuna donna al mondo poteva capirlo come una madre, perché nessuna gli avrebbe dedicato tanta attenzione.
Il fatto che esistessero donne come Sìle mettevano in crisi una sua ferma convinzione da una parte, e la facevano sentire leggermente spodestata dall'altra.
-...io non sono così avvantaggiata se si tratta di lui, mi creda...- la tranquillizzò scuotendo la testa con gli occhi fissi sulla bustina di tè, che pendeva asciutta nella tazza ancora vuota.
Jane si fece seria.
- Che vuoi dire? C'è qualche problema tesoro?-
Sìle sorrise immediatamente e scosse il capo.
- No, tutt'altro...va tutto talmente bene che ho paura sia troppo piuttosto!- rispose prendendosi una stretta affettuosa attorno alle spalle.
A quella Sìle rispose con prontezza circondando la vita di Jane.
- Lei lo sa che suo figlio è l'uomo più bello del mondo vero? In tutto...- disse Sìle appoggiando la testa su quella di Jane.
Jane rise e scosse la testa.
- Ovviamente...ma se lo dico io non è credibile!- scherzò.
Sìle sorrise e la guardò.
- A volte mi domando come faccia ad accontentarsi di stare qui con noi...- disse dopo un attimo - e ho paura che possa annoiarsi. Voler cambiare...quando si tratta di lui vado in confusione come e più di ogni altra persona che si interroghi su chi le sta accanto-
Jane tolse il coperchio alla padella e girò i funghi che abbrustolivano. Sospirò appena.
- Annoiarsi? Ci è tornato lui qui, gli piace stare qui...- disse, poi aggrottò le sopracciglia - anche se stava informandosi su quanto costava una certa fattoria vicino Fort William tempo fa, immagino che tornare a vivere in Scozia gli piacerebbe...-
- Lo so. Non sapevo della fattoria ma del suo desiderio di tornare al nord si...anche per questo ho paura a volte...lui mi sta concedendo tantissimo della sua vita ma io non so se sarei disposta a lasciare tutto qui. Dorcas in primo luogo -
- Lo capisce molto bene lui questo...-
- A volte ho tanta paura che sapendo che lui capisce tante cose, possa succedermi di scordarmi di capire io qualcosa di lui...e che questo possa allontanarlo. Com'è successo nei mesi scorsi...-
Jane le rivolse un sorriso tranquillo e fece cenno di no con la testa.
- Mio figlio non funziona così, credo. Di momenti di crisi con te ne ha avuti due, uno perché si era sentito malgiudicato e uno perché si era sentito superfluo, un po' per colpa di tutte noi che abbiamo preso il monopolio su di te, e se ci sono due cose che i Kerr che conosco io non sopportano, sono proprio queste: sentirsi giudicati male per qualcosa non hanno fatto e sentirsi inutili...ma sono persone di buonsenso sopra tutto il resto e Liam è anche uno che ha visto moltissime cose, belle e brutte, ha imparato la giusta misura ed è diventato... - gonfiò le guance soffiando via l'ultima parola - beh...tua nonna dice saggio, in qualche modo. E devo dire che a volte è proprio quello che viene da pensare - rispose stringendosi nelle spalle - non dico che non dovrai mai preoccuparti di cosa sente, perché è molto sensibile invece, lo sai, perfino troppo se vogliamo, però...penso che se gli concedi di andarsi a rintanare per qualche settimana l'anno in una fattoria sotto il Ben Nevis e qualche volta andrai con lui, sará abbastanza -
Sìle annuì senza replicare, registrando un consiglio che non aveva bisogno di sentirsi dare perché sarebbe successo comunque in quel modo, le piaceva tantissimo la Scozia ora che ne aveva avuto qualche assaggio, le piacevano i posti e la gente, ma contenta di avere le idee un pochino più chiare.
- Somiglia davvero tanto a suo padre vero?- chiese.
- Moltissimo. Ma Alec era più facile da interpretare a volte. Liam è sempre stato più sorridente ma più introverso. È pacifico e amichevole a prima vista, non lo si direbbe chiuso, ma ci sono momenti in cui si sente indifeso, e allora si ricopre di una corazza di silenzio, di solitudine che è difficile da penetrare, lo sai...-
Sìle disse di sì.
-...quando ti è successa quella strana cosa...di cui io ancora non so capacitarmi pur essendone stata testimone, te lo giuro. Ci provo ma è troppo difficile per me...-
- Lo è per tutti noi veramente. Anche noi, che ci siamo più abituate, da quando c'è Liam qui, abbiamo visto succedere cose molto più che rare. Come fosse qualcosa che non poteva non succedere a lui perché è uno dei pochi disposti a vedere più in lá del suo naso, ma al contempo qualcosa che dovesse ricordare a noi che dobbiamo prestare più attenzione a certi aspetti della nostra vita...che non è per noi vivere nel modo considerato normale, non sempre - la tranquillizzò Sìle - nemmeno mio padre ha mai avuto una prova inconfutabile che tutto ciò che mia madre e mia nonna sostenevano fosse reale. Sentiva che non era falso però non ha neppure mai constatato fosse vero, Liam invece sì ma lui per primo si guarda bene dal parlarne al di fuori di George...-
Jane in qualche modo si sentì rassicurata dalla reazione di Sìle. Consolata nel vedere che il suo essere abituata a una vita molto più che normale e quindi sconvolta da certe manifestazioni, di cui tra l'altro non aveva avuto che poco sentore in veritá, non fosse per la ragazza o per Dorcas una ragione di rigidità o imbarazzo nei suoi riguardi.
- Beh...tornando a Liam...- riprese allora - per assurdo che possa sembrare...quando si è addormentato, quando ha sentito che iniziava a succedergli qualcosa di strano, aveva paura, senz'altro, come chiunque ne avrebbe avuta, ma io ti posso giurare che il nodo d'angoscia che gli si leggeva negli occhi, la tensione nervosa che aveva addosso mentre tu dormivi e lui non capiva perché e si dava addosso per non riuscire a ricordare come fosse andata, erano scomparsi. Preferiva buttarsi con te in un abisso sconosciuto col rischio di non tornare, che aspettarti fuori. Passava le ore come impietrito, fissando non si sa dove o cosa dalla finestra, col collo tanto rigido da far male a me che lo guardavo, a momenti lo vedevo che apriva e chiudeva le mani per scioglierle perché teneva i pugni talmente serrati da farsi venire i crampi. Spesso aveva gli occhi lucidi senza riuscire a versare una lacrima, eppure come mi vedeva cercava di sorridere, di non darmi il pretesto per farlo parlare di come stava in quei momenti. Alec non era così. Se stava così male, diventava intrattabile e cercava di litigare fino a che non ci riusciva, con chiunque fosse, ma almeno si sfogava -
La ragazza si toccò la pancia sentendo un calcetto da dentro e un sommovimento appena dopo e sorrise.
- Qualcuno si è appena svegliato...- commentò dandosi dei colpetti leggeri sotto il seno, da sopra il maglione, poi tornò a parlare con Jane - qualche tempo fa, a Glasgow, le ho parlato del motivo per cui sono venuta via dall'isola ricorda?- chiese.
Jane con un'espressione leggermente amara confermò di sì, spense il fornello lasciando la padella coperta e le fece cenno di sedersi al tavolo dietro di loro mentre armeggiava con le uova sbattute, pronte da friggere, poi prendeva due piatti, si procurava pancetta e salsicce.
Sìle obbedì e la guardò affascinata.
Erano gli stessi gesti che compiva Dorcas ogni giorno per i clienti, molto normali quindi, ma le piaceva passare il tempo con Jane, imparare a conoscere i suoi movimenti, le sue espressioni, in qualche modo riusciva ad intercettare immagini di come era stata la vita di Liam da ragazzo e ad avvertire la parte bella di una routine familiare consueta. Insomma...abbastanza consueta, le famiglie dei marinai chiamavano consuetudine qualcosa di giá molto diverso da quelle degli impiegati.
- Ho incontrato di nuovo quel ragazzo...quel mio amico...beh una volta era un amico insomma -
- Liam come l'ha presa?- domandò subito Jane.
- Beh...so con certezza che in qualche momento Eric ha rischiato seriamente il setto nasale, almeno, ma per fortuna eravamo sempre a casae lontani da lui...- rispose Sìle guardando fuori dalla finestra.
Jane strinse le labbra tra loro e chiuse gli occhi con affettuosa rassegnazione. Una parte del figlio che conosceva benissimo.
D'altronde c'era sempre un signor cacciatore di foche a dimostrare che William Kerr, al di lá delle sue qualitá professionali e umane, ne aveva anche di atletiche, denotando una spiccata maestria nell'assestare potenti destri in piena faccia: non lo faceva spesso, ma perché se capitava, doveva farlo bene, doveva essere motivato, strenuamente convinto che quel determinato setto nasale non meritasse di arrivare alla bara integro.
Come dire...quando ci vuole, ci vuole.
- Quando ci ha visti parlare, passando in macchina accanto a noi...- riprese Sìle facendo un gesto morbido con le mani, come di due cose che si sfiorassero con delicatezza ma sensibilmente. Lei e Liam erano così - non ha accennato a fermarsi. Io avevo paura che lo facesse, lo sentivo troppo in allarme in quei giorni per quel motivo. Invece mi ha solo guardata, ci siamo salutati e lui è andato oltre...poi però, guardando verso casa, l'ho visto seduto sull'erba, a fumare. Non guardava me ed Eric, ma avevo la netta sensazione che stesse vedendo tutto...-
Jane non rispondeva, ma era molto bello per lei sentire la serenitá assoluta che regnava tra quei due. Al di lá dei legami personali che aveva con loro, era una cosa rara, in cui veniva da sperare pochissimo in un mondo così preso dalla fretta, dall'ansia, dalla distrazione.
E al di lá di tutto, pensava, questa ragazza sarebbe davvero speciale anche non fosse per quello che so.
Sìle tornò a guardarla e lei le rispose allo sguardo.
- C'è una cosa che vorrei chiederle Jane. È una domanda un po' strana a cui io da sola non so dare una risposta certa ma so che se lo chiedessi a lui, a me non lo direbbe con la stessa sinceritá forse...per paura di mettermi in difficoltá -
- Dimmi...-
- Lui ha paura di me per la bambina?-
Jane non fu sorpresa e mentre finiva di preparare i piatti, rifletteva, andando qua e lá per la cucina.
Quando fu pronta con i piatti e la sua risposta, si andò a sedere vicina a Sìle, appoggiando i gomiti sul tavolo, intrecciò le mani sotto il mento e guardò la ragazza negli occhi.
- Immagino di poter parlare anche io con molta sinceritá con te, sarebbe inutile dirsi sciocchezze per alleggerire l'argomento...- iniziò in modo non molto rassicurante e non proseguì meglio - Liam è apparentemente più diplomatico di me e suo padre. Ma sa essere molto duro. Questo lo so per certo. È molto affascinato da tua madre, la trova una donna forte e intelligente, ma non stupirti se un giorno dovessero scontrarsi in modo molto aspro. Dico questo solo per premettere che non so se lui ha paura che tu possa fare ciò che ha fatto tua madre, ma so che ha una sacrosanta cura di te e della tua sensibilitá, lo senti da sola, ma guai, Sìle, guai, se tu provassi a separarlo da questa creatura. Perché sono pronta a scommettere che potrebbe sbranare chiunque volesse negargli sua figlia...e bada bene, non parlo di reazioni fisicamente violente, Liam non oserebbe mai questo...ma sono convinta che possa diventare severo al limite della spietatezza in casi eccezionali...-
Sìle non si aspettava una cosa simile, rimase in silenzio, atterrita dall'idea che le parole di Jane potessero essere un avvertimento dovuto ad una confidenza espressa da Liam alla madre.
Jane dovette accorgersene perché si portò le mani alle labbra e poi le fece una carezza sulla testa.
- Non mi ha detto nulla del genere, ma tu mi hai fatto una domanda e io ti ho risposto nel modo più sincero che ho potuto. Forse ho esagerato in schiettezza...-
- Non voglio negargli nulla. Veramente ho solo fretta di vederli insieme!- disse Sìle sorridendo a quel punto -...ma lei sará come me. Non vorrei che di fronte a questo...al mio insegnarle, cosa che dovrò fare, a gestire questa cosa che ci rende ciò che siamo e che non è innocua o facile, e spesso non comprende gli uomini, lui pensasse che sto diventando come mia madre...lei è molto austera, da piccola mi sembrava gelida addirittura...-
Jane annuì.
- Ricorda solo due cose. La prima è che devi pensarci solo quando è ora, come a tutte le paure del futuro che suscita l'idea di un figlio. La seconda è che, se me lo permetti, tu sei molto diversa da tua madre, che pure anche io considero una persona molto valida in linea generale. Non sei così chiusa, distante, malfidata...lei è diffidente e, come ti dicevo, se c'è qualcosa che annoia e disturba profondamente Liam, è la diffidenza immotivata nei suoi riguardi. Tu invece ti fidi molto della sua umanitá, della sua capacitá di capirti e sostenerti, anche in quello che lo destabilizza. E tu, che ti affidi molto a lui, gli dimostri fiducia e voglia di coinvolgerlo...fallo anche per la piccola. Vedrai che non rifiuterá quello che sará necessario che tu le dica, si fida anche lui di te...- la tranquillizzò - sta'solo attenta a non rifiutargli spiegazioni se te ne chiedesse. Non dare mai per scontato che non possa capire...e per il resto...cerca di vivere una vita felice con un uomo che ti ama moltissimo, tu che hai questa fortuna... -
Sìle la guardò con gratitudine e le fece un bel sorriso, ma a quel punto, il profumo dei funghi che saliva dal piatto, le fece ricordare che aveva una gran fame, quindi si apprestò a tributare onori solenni a quella bella colazione.
Jane le tenne dietro e, dopo il primo assaggio, si scambiarono uno sguardo concorde: buonissimi, diceva.
- Dovrò farci qualche pasticcio con quelli rimasti. Dorcas me ne ha portati chili!- rifletté Jane, quindi guardò Sìle - a proposito...come mai è così schiva in questi giorni?-
- Non ne ho idea...lei, Ceday e Liam mi stanno nascondendo qualcosa, ne sono sicurissima! E scoprirò cosa prima o poi!-
- È stata terribilmente drastica nel dirmi che non poteva abbandonare alcune conserve speciali che sta preparando al cottage...non ha voluto neppure dirmi conserve di cosa...-
Sìle stava per ipotizzare qualche risposta plausibile anche per sé stessa, ma siccome non era facile trovarne, nel silenzio che seguì, sentiva solo il lavorìo delle proprie mandibole e la porta sul retro che si apriva lasciando entrare odore di pioggia e voci maschili prese in chiacchiere.
Chiacchiere piuttosto normali ma impegnate che si fermarono nella serra da cui erano partite e che ben presto, incuriosirono le due signore.
Sentir parlare due uomini tra loro, in quella casa, era un fatto alquanto raro. Sentirli parlare di politica poi, era quasi un evento astronomico a cadenza millenaria.
-...personalmente non sono un sostenitore del Continente isolato da noi. Io sono a favore dell'Europa e penso che sarebbe ora di contribuire a crearla anche da parte nostra. Quindi no, come simpatizzante laburista, non sono soddisfatto della politica estera che sta tenendo il governo, ma questo lo penso da anni. Nemmeno Blair mi convinceva...sempre e principalmente in relazione ai rapporti con gli USA - diceva Liam.
-...sei un antiamericano?- chiese Paul.
- No. Assolutamente. Ma un anticapitalista stanco del gendarme del mondo sì...e poi, girandolo il mondo, e questo presumo possa averlo notato anche tu, ti accorgi molto bene di quanto la sbandierata democrazia americana, sia più uno slogan che un fatto...- rifletté Liam - l'ho sensibilmente ridimensionato il mito americano, sempre ammesso che io l'abbia mai avuto -
- Beh...la pubblicitá è tutto. E se poi fosse necessario, ci hanno dimostrato che la democrazia è facilmente esportabile no?- disse provocatoriamente Paul.
Liam grugnì qualcosa prima di parlare in modo più chiaro.
- Non tocchiamo tasti dolenti...ci siamo dentro fino al collo anche noi grazie a questo fottutissimo cordone ombelicale inverso che ci rifiutiamo di recidere con gli yankees...- disse, ma ora parlava seriamente - solo la vicina di casa di mia madre, a Glasgow, ha perso il marito a Belfast in un attentato dell'Esercito, nel '70, e nel 2004 il figlio maggiore in Iraq, perché la nostra fanteria, che è più addestrata alla guerriglia urbana grazie all'esperienza in Irlanda del Nord, la spedivano in avanscoperta nei villaggi. Gli americani hanno ancora paura di un secondo Vietnam e si limitavano a bombardare o starsene chiusi nei carri armati...-
Paul sbuffò pensoso.
- Il Vietnam...- rifletté - formiche che hanno vinto contro un pachiderma. Lo credo che bruci ancora. Quelli credono che la guerra sia il loro mestiere, si buttano a capofitto in qualunque evento bellico incontrino, ma non hanno ancora imparato a farla davvero la guerra, ammesso che abbia un senso metterla così. La guerra non la puoi comprare. Non la puoi innescare per interesse...non è un caso che spesso chi sembrava destinato a soccombere all'aggressione, grazie ad un ideale o al semplice istinto di protezione per la patria e la famiglia abbia vinto contro ogni previsione...le guerre persiane andarono così in fondo - osservò - e anche nell'ultima guerra noi qui, i francesi e gli italiani con la Resistenza...-
- Infatti, tutto sommato, la vera differenza l'hanno fatta i civili spesso. Così come con l'Esercito in Irlanda del Nord - rispose Liam mentre Paul lo guardava con interesse.
-Lo chiami l'Esercito come fossi un irlandese...-
- L'IRA è roba radicata anche negli emigranti a volte. A Glasgow ce ne sono tanti di irlandesi. Di Derry in particolare...sai dopo il '72 la faccenda si era parecchio inasprita...-
- Certo che mi ricordo. Era una situazione claustrofobica...-
- Pensa che mio padre quando io ero piccolo, avrò avuto undici, dodici anni, si ritrovò un'ispezione a bordo ordinata dall'MI5. Veniva dalla Libia e doveva arrivare a Dublino. Lo costrinsero ad entrare in porto a Glasgow e gli perquisirono la nave perché da lì, era partito un pagamento diretto a Tripoli per il ritiro di un carico di armi venute dall'Italia. A quell'epoca era ancora più fitta l'attivitá...-
- Accidenti...-
Erano molto presi a parlare, non notarono Sìle e Jane che si avvicinavano per ascoltarli. E a Sìle fece un certo effetto sentir parlare di certe cose, le aveva sempre sentite, era difficile esserne ignari se si era ancora tra quelli nati sotto la granitica Mrs.Thatcher, ma non aveva mai pensato di poterne sentir parlare in modo così diretto. E Liam d'altronde non si era mai lasciato sfuggire nulla in merito.
- Giá...li tennero in fermo per quattro giorni, lui, il suo ufficiale in seconda e mezzo equipaggio suo e di un'altra nave. Vennero a ispezionare anche casa nostra. Alla fine arrestarono una mezza dozzina di uomini tra l'uno e l'altro equipaggio e lo rimandarono a casa. Ma quelli dei suoi che arrestarono, mi pare due, erano...- Jane tossì leggermente richiamando senza volere l'attenzione del figlio, a quel punto Liam si rivolse a lei - ti ricordi Maw'?-
- Cosa tesoro?-
- Quando quello stronzo dell'MI5 venne a casa a chiederti di papá...chi avevano arrestato alla fine? Quinn, Kieran Doyle e chi altro?-
Jane si fece molto seria, la cosa l'aveva turbata moltissimo e ancora lo faceva.
Si toccò il mento con fare pensoso.
- Beh...trattennero ancora qualche giorno Gerry Conroy e...ah! Certo! Quello sì che era un bel numero! Quel piccoletto di Enniskillen, accidenti, come si chiamava? Leary...Kevin? Gavin? -
- Ah giusto sì, Kevin...-
- Lui sì che c'era dentro...- disse Jane.
Liam annuì mentre prendeva tabacco e cartine per le sigarette.
- Ho ancora una copia del Libro Verde da qualche parte, di sopra. Era sua...- ricordò.
- Cos'è?- chiese Sìle.
- Era un breviario di regole, istruzioni da seguire che gli affiliati all'IRA ricevevano per entrare nell'Esercito - spiegò Paul - c'erano indicazioni riguardo le risposte standard durante gli interrogatori, comportamenti da evitare per non dare nell'occhio o lasciarsi sfuggire notizie e via dicendo...ma non è imprudente tenerlo in casa?-
Liam si strinse nelle spalle fissando la sigaretta che stava chiudendo.
- Non ho contatti con loro, mai avuti credo, a parte questi uomini di cui parlavamo che non so neppure che fine abbiamo fatto. E lo considero una cosa abbastanza preziosa e spinosa da non venire mai mostrata...- rispose - comunque papá, una volta tornato a bordo, lo ritrovò nascosto non so dove. Si era sempre chiesto perché accidenti quel tipo, questo Kevin Leary, uno che di norma aveva la faccia color ciliegia perché la mattina, quando si svegliava pallido come un morto, per carburare aveva bisogno di due pinte a stomaco vuoto, avesse smesso di bere così, tutto d'un tratto, da un mese all'altro. Poi si ricordò che gli era morto un fratello, scoprì in quell'occasione, da quelli dell'MI5, che il fratello era morto in sede d'interrogatorio all'H Block...leggendo il libro vide che una delle prime regole per evitare guai era non bere, e fece due più due...almeno così mi raccontò...-
Paul ascoltava interessato.
- Sì, ricordo anche io cose del genere qui all'ovest. Quando lavoravo a Liverpool alla fine degli anni settanta, facevo il trasportatore, caricavo e scaricavo le navi a volte e di traffici strani, specialmente di notte, se ne notavano. Se provavo a segnalare qualcosa la gran parte delle volte ti sconsigliavano di ricordartene è, era raro, ma potevano capitare anche quelli che ti minacciavano. Erano anni difficili quelli arrivati fino alla Thatcher. Molto tesi. Tra la questione irlandese, gli scioperi, la guerra con i sindacati...le Falkland...hanno fatto un errore dietro l'altro!-
- Scelta nostra. Non se l'è certo preso da sola un secondo mandato...- disse graniticamente Liam.
- Ti credevo un laburista!- rispose Paul.
- Certamente! Laburista ma a volte sensibile alle tentazioni separatiste e a brevissimi tratti perfino filorepubblicano, riguardo l'Ulster. Diavolo, noi ce la passavamo un po' meglio della media, ma vivevamo tra gli operai dei cantieri navali a Glasgow. Io sono cresciuto in mezzo a diversi poveracci e le mie idee non sono certo destrorse. Però se votiamo come popolo britannico e vince la Thatcher, la responsabilità è del popolo, non del singolo elettore...bisogna perdere con eleganza...-
- Perdere con eleganza? Ma se quando parla Cameron cambi stanza imprecando in tutte le lingue! - osservò Sìle ridendo appena.
- Quello è perché non abbiamo ancora perso ma perderemo perché l'attuale leader laburista è scozzese, ma è un carciofo! E rimane il fatto che se la mia idea perde, è colpa della mia parte politica che non è stata convincente, quindi in un certo senso anche mia che ho sostenuto un carciofo...-
- Ma perché parlate di cose così brutte?- intervenne improvvisamente una voce dalle loro spalle.
Era Dorcas che era venuta a depositare altre erbe, erbette, funghi e bacche nella serra di Sìle.
La ragazza non sapeva più dove metterla tutta quella roba, pareva che Dorcas ne avesse avviata un'intera produzione nel vecchio cottage del bosco, cosa su cui in quel momento non intendeva chiedere spiegazioni per non allarmare Paul.
- Mio figlio a volte si lascia prendere da troppo entusiasmo in questi suoi proclami da comunista! Poi non riesce più a fermarsi!-
Liam stava per infilarsi in bocca la sigaretta, ma si fermò e si rivolse alla madre con tono ironico.
- Disse quella che tirò un pollo arrosto addosso ad un collega filo militarista cileno del marito, prima di sbatterlo fuori di casa...-
- Accidenti! Che le aveva fatto?- commentò Paul con fare impressionato.
- Beh lasciamo perdere, di fronte a certe cose si reagisce anche senza essere tanto politicizzati...non si può sentire uno che dice che un bambino di due anni e mezzo meriterebbe...certe cose solo perché i genitori,che gli hanno ammazzato torturandoli, erano oppositori politici! Lascia stare Liam, non ne parliamo neanche, era da rabbrividire quello che mi raccontava tuo padre del Sud America a quell'epoca! -
Liam fu contento di aver fatto ricordare alla madre quel certo numero di dettagli poco gradevoli che la facessero ragionare su alcune cose, così si accese la sigaretta andando a fumarla sulla porta della serra per allontanarsi da Sìle e non darle fastidio.
- Se è comunista poco male...anche mio padre era comunista credo: ha fatto la guerra civile in Spagna! Nel '17! - disse Dorcas con un certo orgoglio, poi ci pensò un attimo mentre ancora Liam e Sìle faticavano a credere che dalla bocca di Dorcas fosse uscita una parola di natura politica - o almeno uno dei miei due possibili padri. Mia madre non era tanto sicura di...- non fece in tempo a finire la frase che Sìle le tappò la bocca perché aveva giá visto Liam togliersi di nuovo la sigaretta dalle labbra e guardare Paul, che a sua volta si era rivolto a Liam con lo sguardo, colti per un attimo dallo stesso identico dubbio, essendo in una posizione molto simile: quanti possibili padri poteva avere una strega? Cos'era quella storia?
- Vi proibisco di fare pensieri cretini! - esclamò imperiosamente la ragazza tenendo chiusa la bocca di Dorcas, ma un attimo dopo guardò il padre, sorrise imbarazzata per aver usato una parola aggressiva, almeno per lei -...scusami...- disse rivolta al padre.
Liam allora la guardò.
-...ah perché io non devo scusarti?-
-...ma tu sei diverso!- ribatté Sìle.
- Sì, me lo dici sempre! Ma che fortuna!-
Dorcas si liberò dalla presa di Sìle e si diresse verso la cucina sbuffando.
- Ecco perché non mi sono mai messa un uomo in casa: non volevo recriminazioni stupide, non volevo sentir parlare di politica e di sport, non volevo sentire odore di birra e non volevo nessuno che mi marcasse il territorio intorno ai piedi! Per quello bastano i miei gatti!- protestò - ma poi come diamine siete finiti a parlare di politica?- chiese mentre assaggiava i funghi di Jane e le faceva un cenno di assoluta approvazione.
- Adesso che il mio bambino è alto quasi due metri, posso dirle che ha fatto benissimo, Dorcas, mi creda!- le rispose Jane per poi guardare Liam con un pò' di imbarazzo, andare a fargli una carezza e sorridendogli - non ti offendere tesoro: è che siete dei veri macigni a volte...- quindi lo baciò su una guancia.
Paul si mise a ridere vedendo come il...genero, avesse reagito a quella rivelazione della madre. Gli andò vicino e gli diede una pacca su una spalla per incoraggiamento mentre anche Sìle, dopo un avergli dato un bacetto, gli sfilava davanti seguendo Jane in cucina.
- Come stessi sempre a parlare di quello e di calcio...- brontolò Liam.
- Celtic o Rangers?- chiese Paul.
- Rugby!- escalmò Liam facendogli capire che il calcio non lo entusiasmava - Glasgow Warriors...-
- Oh! Grazie a Dio!- rispose Paul, flemmatico ma soddisfatto, tendendogli addirittura la mano - Rugby Lions...- comunicò.
- Beh non si può avere tutto dalla vita. D'altronde sei inglese...- lo prese in giro Liam stringendogli la mano.
- Non sfotterei troppo fossi in te...comunque potremmo perfino andarcene al pub a parlare di rugby e politica no?- propose sfidando Liam a dare fondo alla scorta di luoghi comuni in merito all'uomo britannico medio di fronte alle signore.
- Sono le nove e mezza di mattina!- li avvertì puntuta la voce di Jane.
- Appunto! Lo porto a vedere il pub di Gilly! Se partiamo adesso, passo un momento da Charlie, carico anche lui e arriviamo all'ora giusta per una birra!-
- Certo...il pub, lo porti a vedere, vero?- lo rimbrottò la madre che non condivideva affatto la profonditá delle scollature della simpatica proprietaria del pub.
- Beh...anche il pub...- rispose tranquillo Liam strizzando l'occhio a Paul.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Un'ereditá scomoda. ***


Appendice – 1:

Paul e Jane se ne andarono a distanza di pochi giorni uno dall'altra.
Jane venne richiamata a Glasgow da un'impellenza familiare: zia Molly con una gamba rotta dopo una caduta dagli sci in Svizzera.
Sarebbe tornata subito all'occorrenza, bastava chiamarla.


- Anche perché, mia sorella, quando è ammalata, diventa un seccatura da non credere!-
- Vuole che le prepari qualcosa per darle una calmata cara? Ho un misto di erbe molto rilassante, fa scaturire un senso di sollievo che fa sorridere,è davvero piacevole...-
-...ma davvero? Oh sarebbe proprio l'ideale cara! Molly è così irritabile! -
- No!-
- Ma cosa no? Non ho mica detto che...-
- Dorcas, cara,guardami bene in faccia: ti proibisco di drogare mia zia! È giá poco gestibile da sobria! Maw, cara, non farti venire idee strane perché, se ti conosco un po', tu la proveresti prima quella roba, e io non voglio immaginarti strafatta. Quindi ora metti il cappotto, saluta Dorcas e andiamo! -


Paul invece si fermò una settimana, un tempo più che giusto tutto considerato: ebbe modo di spiegare molte cose a Sìle, di fare amicizia con lei, di scoprire un po' di più sulla sua vita e raccontarle della propria.
Le promise di tornare a trovarla quanto prima con la sua signora che, le disse, era molto ansiosa che quell'incontro tra lui e la figlia avvenisse. Era stata molto contenta di quel contatto ripreso tra loro due.
Era partito sereno e contento, anche perché Liam, il vigile Derwen di cui Una e Morgan gli avevano parlato, si era dimostrato di cuore e mente aperti, generoso nell'offrire amicizia e sostegno, anche conditi da qualche critica certo ma sempre atta a volere capire e costruire qualcosa cui Sìle potesse sentirsi sicura di appoggiarsi.
Furono Liam e Sìle a riaccompagnarlo a Manchester per prendere l'aereo.


- La prossima volta riuscirò a farti ricredere sulle birre scozzesi e sui Glasgow Warriors...vedrai -
- La prossima volta, procurati qualche amico per vedere se hai imparato qualcosa, dai Glasgow Warriors! - lo sfidò Paul quando si salutarono.
- Ti prendo in parola, inizio a spargere la voce...buon viaggio, è stato un piacere Paul! Davvero!-
- Anche per me...sono davvero felice che Sìle abbia trovato qualcuno come te. Auguri per il lavoro!-


Sìle li guardò salutarsi e quindi accompagnò lei Paul fin dove poteva.
Liam, discretamente, con la scusa di una sigaretta e di dare un occhio alla macchina parcheggiata male, cosa non vera perché avevano avuto la fortuna di trovare un posto libero al primo colpo, li lasciò soli.
Paul cinse le spalle di Sìle mentre si incamminavano.
- Mi telefoni quando arrivi?- gli chiese lei.
- Certamente. E tu fammi sapere come va quest'attesa...oh! A proposito, che stupido! - esclamò ricordandosi di una cosa all'ultimo momento - vieni, vieni qui...- la invitò andando verso una serie di sedili vuoti.
Sìle lo seguì e si mise seduta, guardandolo mentre armeggiava per aprire una tasca della valigia.
Lo guardava incuriosita e attenta, constatando ancora una volta, visto che ormai condivideva la vita con un viaggiatore consumato, che anche suo padre era uno abituato a valige e spostamenti.
Certo, Liam quando partiva, preparava i bagagli in due modi totalmente opposti da cui si intuiva chiaramente lo scopo del viaggio.
Giá dalla scelta e la quantitá delle valige.
Singolo trolley di capienza variabile, significava una permanenza più o meno lunga ma in qualche luogo civilizzato. Se poi dopo sforzi ciclopici per accettare l'idea, i pantaloni designati alla trasferta non erano esclusivamente jeans o cargo, da qualche parte, ben nascoste nella speranza di dimenticarle, spuntavano una camicia e una giacca, e ci metteva schiuma da barba e profumo, significava inequivocabilmente che la destinazione era cittadina.
Se invece l'attrezzatura fotografica, da campeggio o da moto, mezzo che non possedeva più, ma che padroneggiava perfettamente e usava spesso e volentieri durante i suoi viaggi, spuntavano per prime e i capi d'abbigliamento erano ridotti all'osso, significava qualche trasferta più impegnativa in termini fisici, ma l'entusiasmo era esponenzialmente più alto.
Paul invece era uno che viaggiava per rappresentanza, era socio ed esponente di rilievo nell'amministrazione di una societá di trasporti navali, per lui viaggiare significava assenze brevi da casa, salvo casi eccezionali, e alberghi, ristoranti, e più che altro la necessitá di abbigliamento da ufficio, computer, carta e penna.
La tranquillitá con cui ignorava i richiami dell'altoparlante però era la stessa di Liam. Avevano la stessa confidenza con gli aerei, mentre per Sìle non era affatto così.
- Patricia ti aveva mandato questa...- le disse Paul estraendo dalla tasca un qualcosa di morbido, impacchettato in carta di riso rossa e consegnandoglielo - quando ha saputo che aspettavi una bambina, si è messa al lavoro e...beh vedrai...-
Sìle sorridendo, aprì il pacchetto e si trovò in mano una copertina di lana verde acqua, morbidissima, composta da tanti riquadri diversi, lavorati con preziosi intrecci irlandesi.
Su qualcuno erano applicati anche dei fiori fatti all'uncinetto, sempre secondo la tradizione irlandese.
- È meravigliosa! Grazie!- esclamò Sìle estasiata mentre se la passava sul viso.
- Ti piace?-
- È stupenda! E poi è morbidissima!-
- Patricia ha venduto lane e filati per molti anni, ha scelto quella più bella per te e la bambinae le ha anche fatto lei non so cosa per ammorbidirla ancora. Ci ha lavorato giorno e notte, voleva assolutamente finirla perché te la portassi io...che me ne stavo dimenticando come uno stupido!- si schernì Paul rimettendo a posto la valigia e richiudendola per bene, poi guardò Sìle - mi piacerebbe se diventaste almeno amiche...-
Sìle lo guardò stringendosi al petto la coperta e gli sorrise.
- Non c'è motivo perché non succeda. Non ha fatto niente contro di me o la mamma...e ha avuto un pensiero molto bello - disse - anzi, stasera quando arrivi e mi chiami, vorrei ringraziarla personalmente...-
Paul le rispose con un sorriso contento e annuì.
- Senz'altro...- le disse.
Quando poco dopo arrivò il momento dei saluti, si abbracciarono forte, come era successo quella mattina, mentre Sìle lo guardava fare i bagagli.
- Mi sei mancata immensamente, Sìle, so che non è facile ma spero tu possa credermi un giorno...- sussurrò con la voce rotta Paul.
- Lo so...- gli rispose lei con due lacrimoni giá scesi sulle guance e altri due pronti a cadere.


Liam la aspettava in macchina davanti all'ingresso dell'aeroporto.
Era al telefono quando lei entrò nell'abitacolo e lui, sempre parlando, partì ma solo per spostarsi e fermarsi in un posto più comodo per una breve sosta.
-...va bene. D'accordo, ci sentiamo. La chiamo subito, tranquilla...- disse, poi rise mentre fermava l'auto spegneva il motore e chiedeva a Sìle carta e penna - sì, ma si chiama sempre Karakorum , non ha cambiato nome...no. No Ced, quello è Harakiri , non c'entra niente...sì, sono sicuro - e intanto si scriveva un numero di telefono, poi si metteva a ridere con un pizzico di disperazione - ma come secondo te no? Ceday...frena...Ced...sì, ascoltami, il K2 Ceday, hai presente il K2?- le chiese mettendo il vivavoce perché Sìle incuriosita di sapere cosa angosciasse tanto l'amica.
- Certo che ho presente il K2! Per chi mi hai presa Kerr?- la voce di Ceday invase l'abitacolo.
- Per una che è convinta che un cerimoniale suicida giapponese, sia la seconda cima più alta delle terre emerse, così a occhio...K2, sta per Karakorum 2, il nome vero è ChogoRi, fidati sono stato anche da quelle parti diverse volte...-
Ceday esitò un attimo dovendo ammettere la confusione fatta.
- Sì beh...non ti dare troppa importanza, non l'hai mica scalato senza ossigeno!-
-...mh...no, non solo senza ossigeno, non l'ho proprio scalato. Anche perché allucinazioni da ipossia, congelamento e amputazione delle estremità, non sono una prospettiva che mi arride...- rispose Liam scuotendo la testa.
- Ma dai non essere tragico!-
- Non sono tragico Ginger, la carenza di dita, specialmente dei piedi, è una specie di marchio di riconoscimento tra alpinisti...-
- Ma davvero?- domandò lei iniziando a preoccuparsi.
- L'esposizione prolungata a certe temperature provoca d'anni, Ced...è il normale prezzo da pagare quando si sceglie una vita estrema...-
Ceday si schiarì la voce in modo nervoso e Liam capì che l'amo gettato, aveva attratto il suo pesce.
Non poteva rinunciare!
- Va bene, certo, capisco ma...cosa...cosa tagliano in genere? Insomma cosa...cosa si congela prima?-
Anche Sìle allora riconobbe sul viso di Liam quell'inconfondibile espressione pestifera di quando stava prendendo in giro l'amica e sorrise.
- Beh sai...il congelamento è un processo che punta alla conservazione degli organi interni, quelli davvero vitali, quindi l'irrorazione sanguigna si concentra verso la parte centrale e alta del corpo abbandonando gradualmente le zone periferiche. Per le funzionalitá fisiologiche ormai fanno miracoli ma per la cancrena agli arti ancora...- le disse con tono consapevole ma leggermente imbarazzato, mentre si teneva dal ridere.
Soprattutto perché Ceday, come Sìle del resto, quando si trattava di sé stessa, era davvero intuitiva come una talpa raffreddata.
- Ehi, aspetta un momento, che significa funzionalitá fisiologiche?-
Liam guardò Sìle soffocando una risata e lei si coprì la bocca per non farsi sentire.
- Beh...quelle fisiologiche...il prodotto dell'attivitá renale in particolare, l'urina, va evacuato. E in Russia, da anni ormai, hanno sperimentato l'installazione di apparati di drenaggio artificiale su molti prigionieri politici di sesso maschile con un'ottima percentuale di successi! La Siberia presentava condizioni climatiche abbastanza favorevoli per quel tipo di ricerca e hanno davvero fatto passi da gigante durante gli anni sessanta...ormai ti assicurano una vita quasi del tutto normale e...-
Sìle lo colpì su un braccio per la brutta tematica su cui stava scherzando, ma rideva comunque.
- Capisco ma...perché sui prigionieri di sesso femminile no?- chiese Ceday sempre più preoccupata.
Liam, era evidente a guardarlo, non avrebbe avuto pietá.
- Perché...- ripeté fingendosi imbarazzato - Ceday...che domande...voi avete tutto all'interno e mantenuto a temperatura costante, il congelamento non...non è cosa che aggredisca una zona tanto protetta. Nei maschi, come tu mi insegni, l'apparato urinario e riproduttivo è evidentemente periferico, per essere maneggiato più facilmente nei momenti di stretta occorrenza...-
Ceday ammutolì per un attimo e Liam si preparò alla stoccata finale.
- Non l'hai ancora visto nudo eh?-
-...no...- pigolò lei.
Liam sospirò gravemente ma poi assunse un toni incoraggiante.
- Beh sono sicuro che saprai come gestire la cosa, sei una ragazza piena di tatto quando vuoi e Richard è un uomo che ha tante altre qualitá, stai tranquilla, vedrai che la supererete. Non posso passarti Sìle ora, ma ti faccio richiamare appena arriva! A presto Ginger! Ti do notizie di Dorcas! - tagliò corto lasciandola in totale costernazione mentre passava il cellulare a Sìle.
- No, ehi! Gestire cosa? Quale cosa? Kerr! Come non mi passi Sìle, non hai detto che stava arrivando un quarto d'ora fa? Ehi!- dal telefono la voce di Ceday si abbassò improvvisamente quando Liam tolse il viva voce ridendo e riattaccò dopo averle detto di salutargli Richard.
Sìle lo guardò sconcertata mentre lo vedeva sbrigarsi a fare un'altra telefonata, attendere che gli rispondessero...
- Ehi Rick! Benone, grazie e tu?- chiese, poi fece una risata e annuì - sì, lo so, mi ha dato lei il tuo nuovo numero. L'ho appena saputo, ah infatti, a quel proposito, se ti sentissi fare qualche domanda strana sappi che è tutta colpa mia. Sì beh Ced è matta da legare, ma stavolta ho contribuito in modo sensibile...- altra risata - bravo ragazzo! Così mi piaci!- ancora un'interruzione - tra due settimane? Aspetta, controllo...- disse, quindi parlò cercando nell'agenda del dispositivo -...per me dovrebbe andare. Sono a casa. Quattro giorni hai detto giusto? Va bene...sì penso di sì, chiedo e ti do conferma, un momento - detto questo si rivolse a Sìle.
- Che stai combinando?- gli chiese lei perplessa.
- Due singole fra due fine settimana per cinque notti?-
- Sì, non c'è problema...- rispose la ragazza.
Liam riferì all'istante, salutò e chiuse la conversazione, quindi partì immettendosi con calma nel traffico.
Tentò di allungare una mano a farle una carezza su una gamba, ma lei si ribellò.
- No, ora mi spieghi che gioco stai facendo ai danni di Ced!- ordinò trattenendolo però per un dito.
Lui sorrise e scosse la testa.
- Scusa, scopro che Ceday esce con un mio amico alpinista, e volevi che di fronte alla conversazione che hai sentito io non cedessi alla tentazione di prenderla in giro? Oltretutto Rick è uno dei pochi davvero simpatici che conosco in quell'ambiente! -
- Ma non era un alpinista quello con cui usciva la settimana scorsa...- rifletté Sìle perdendo il conto per un momento sulle avventure dell'amica.
- Li ha presentati George una decina di giorni fa e lei ha detto che quando gli ha sentito dire Karakorum , è quasi svenuta per quanto era sexy...- riferì Liam - e quindi è andata in bagno, ha troncato con l'altro e ha invitato Richard a cena -
Sìle aggrottò le sopracciglia.
- Ha detto Karakorum senza sbagliarsi? Ceday?- domandò Sìle ammirata.
- Beh no, ovviamente...anche per quello non potevo trattenermi -
- Sei tremendo, lo sai? Sei peggio di una zanzara con lei...-
- Mi viene spontaneo, che posso farci?-
- Ma come ti viene in mente di dirle certe cose? Lo sai che quando le piace qualcuno diventa ipersensibile!-
- Beh...a Rick mancano un paio di pezzi, infatti anche con la ex evitava di togliere i calzini...ma per il resto è sano come un pesce, ed è anche una persona di un certo valore,a livello umano. Vengono a trovarci lui e George, così lo conosci anche tu - spiegò più seriamente Liam concludendo lì il discorso.
Di cosa dovessero dirsi Dorcas e Ceday tramite lui, non fece parola.
- E che c'entra Dorcas in tutto ciò?- chiese infatti Sìle.
- No, niente, tranquilla...- rispose Liam molto poco tranquillizzante...ma lei decise di aspettare per metterlo alle strette.


Dopo un po' che viaggiavano gli riprese la mano e lui intrecciò le dita con lei sue prima di portarsele alle labbra.
Lei allora gli appoggiò la testa sulla spalla, gli diede un bacio su una guancia e poi si riappoggiò.
- Come stai streghetta?- le chiese Liam.
- Molto meglio...è come se mi avessero tolto un peso immenso dal petto -
- Era più dura da dire che da fare questa cosa vero?-
Sìle annuì e guardò fuori: verso il Lake District c'erano di nuovo pioggia e nubi, ma in quel breve tratto di mare che dovevano superare e che li stava accompagnando entro i confini della regione dei laghi, un raggio di sole fendeva le nuvole creando una striscia luminosa sull'acqua bassa.
Strinse forte la mano di Liam senza rivolgergli lo sguardo perché improvvisamente le si erano riempiti gli occhi di lacrime.
Lacrime bellissime in veritá, di quelle che si avrebbe sempre voglia di piangere perché sono quelle che sgorgano nel momento in cui ci si accorge di essere felici e la consapevolezza di questo finisce addosso senza preavviso e ti confonde le idee, si disse.
Poi, quando fu certa che Liam non la guardasse perché gli era arrivata un'altra telefonata, approfittò per asciugarsi gli occhi di nascosto e per guardarlo un po'.
Fu un'osservazione abbastanza accurata, visto che la telefonata riguardava la sua collaborazione con quel certo ente nazionale di tutela del patrimonio faunistico e si prolungò per diversi minuti.
- Che dicono?- si informò una volta che lui ebbe chiuso la conversazione: aveva perfino messo l'auricolare per essere sicuro di non perdersi niente.
- Che prima di settembre non se ne parla, ma da una parte meglio così...ho un paio di lavori da finire e una figlia da conoscere, se non ricordo male -
- Ricordi benissimo e, a tale proposito, noi abbiamo fame, papá...- gli annunciò dopo essersi assicurata che quell'uomo bellissimo fosse davvero lì accanto a lei, ma soprattutto dopo aver ricevuto un calcio piuttosto deciso da dentro la pancia mentre lui ne tirava in ballo il contenuto -
- Entrambe?- chiese lui.
- Certamente! Senti...- gli disse prendendogli la mano e portandosela sul pancione dentro cui sentiva svolgersi un'attivitá frenetica.
Liam si mise a ridere perché anche a lui arrivò un calcio.
-Che ne dici? Ci fermiamo in quel pub lungo la strada che ti piace...ehi! Calma lì dentro, stiamo decidendo...- disse dopo un altro calcio tamburellando con le dita sulla pancia di Sìle -...ma fa male?- domandò dopo un attimo.
Sìle dondolò la testa.
- Mh...beh proprio male non posso dirlo...ma un po' di fastidio a volte sì...- rispose lei toccando il punto in cui sentiva un piedino premere - è che inizia a sentirsi stretta poverina...comunque sì, andiamo in quel pub! Ho voglia di una delle loro backed potatoes ai funghi!-
- In questi giorni era anche tempo buono per pescare...-
- E come lo sai?-
- È luna calante, streghetta...mi perdi colpi su questi cose? Proprio tu?- disse lui indicando fuori con un cenno della testa - e poi guarda i gabbiani: sono tutti concentrati sulle banchine, qualche nobby è uscito di sicuro, e loro aspettano gli scarti...- spiegò guardando verso Morecambe.
- Adesso ti intendi anche di pesca?- domandò Sìle sorpresa: non credeva fosse il suo genere di cose.
- Ti faccio presente che uno dei miei migliori amici qui in Inghilterra, è del Nord del Galles, e uno dei più bei servizi fotografici che ho fatto, l'ho fatto sul Cymry Siark, uno dei pescherecci al comando di suo padre. E a bordo di quella nave sono ottimi pescatori, ma soprattutto ottimi cuochi...- raccontò lui ritraendo la mano dalla sua pancia per cambiare - anche se continuo a non amare le attivitá venatorie, di qualunque natura siano...-
Ecco, allora sì, le tornava. Sorrise e rimase a guardarlo.
- Ecco perché lo pulisci e lo cucini così bene tu il pesce...-
- Beh...che bella stima! Guarda che ci ho passato più di metá della mia vita vicino, sopra e dentro l'acqua di mare! Non è solo per una settimana passata in mezzo ai pescatori del Galles settentrionale! -
- Oh come sono suscettibili questi chef!-


Qualche ora dopo...
-...insomma, si può sapere quando finirá questa storia? -
- Non sono io a poterlo decidere!-
- Guarda Dorcas che Sìle non è stupida, mi conosce un po' troppo bene per non capire che le sto...-
- Le stai? -
- Aspetta. Avevo sentito un rumore -
- Che rumore? No. Non c'è stato nessun rumore! -
Liam, o meglio la parte inferiore del suo corpo, inerpicata in cima ad una vecchia scala a pioli, si mosse, e dal buio completo del sottotetto emerse anche il suo busto.
Spense la torcia e guardò Dorcas, compiendo tra l'altro un gesto atletico non indifferente nel riuscire a sedersi sul piolo che interessava il suo posteriore.
- Dorcas...-
- Sì?-
- Sorvoliamo sul fatto che se tu mi chiedi "Che rumore?" così allarmata, significa che hai distinto perfettamente tra i normali scricchiolii di questa casa e quel rumore! Quel fruscio che si è sentito alla destra della mia testa poco fa...rimane comunque il fatto che tu non hai bisogno di cercare un vecchio bollitore dell'anteguerra nel sottotetto, visto che ne hai quattro solo al B&B e ora non hai clienti...ti decidi a dirmi che hai perso il controllo su quella cosa che riguarda Ceday o no?-
La fretta con cui Dorcas, agitando le mani in aria e producendo uno Shhhhh!!! fragoroso mentre saliva sulla scala anche lei e gli andava a tappare la bocca, erano sintomatici della sua preoccupazione.
- Non dire il suo nome o si scatenerá di nuovo! È stata lei a svegliarlo e lui non vuole assolutamente lasciarla in pace. Se scopre che lei non tornerá a riprendersi...-
Dorcas si interruppe d'improvviso e scese dalla scala facendo cenno a Liam di fare altrettanto.
- Chiudi...- gli disse.
- Che c'è?-
- Fa'come ti dico...dai-
Dalle spalle di Liam arrivò un suono stranissimo, come di qualcosa che venisse trascinato sul pavimento o come...
- Accidenti! Sembra un...un diavolo della Tasmania!- esclamò lui riaccendendo la torcia per sbirciare dentro, istinto da esploratore che da cattivi consigli a volte.
La luce si propagò nell'andito basso e scuro per illuminare una cosa, grande quanto un grosso ratto ma con fattezze vagamente umanoidi e una fisionomia scarna e appuntita, quasi scheletrica, che procedeva a gran velocitá verso di lui mentre con mani artigliate che perforavano le assi di legno, continuava a sibilare in modo aggressivo.
Per fortuna la luce lo costrinse ad immobilizzarsi mostrando strane orbite cerulee. Come fosse un animale notturno dal naso adunco.
Liam,ovviamente, a quel punto approfittò dell'attimo di smarrimento della cosa per sbrigarsi a chiudere.
- Ma che cos'è?- domandò mentre cercava di bloccare l'accesso al sottotetto e sopra di lui quel coso iniziava a raspare furiosamente il legno della botola, sibilando come un ossesso.
- Un goblin, ma non riesco a placarlo in nessun modo evidentemente...- rispose Dorcas pensosa.
- E tu ci mandi me in avanscoperta? Sei tu la strega!- protestò Liam scendendo dalla scala per andarsi a mettere seduto su una sedia lì vicina - e tu sta' zitto! L'ho chiusa la fottuta botola, che altro vuoi?- dando un pugno contro il legno prima di attuare la sua intenzione di sedersi.
- Certo! Appunto per questo! Con me non è aggressivo, questo atteggiamento lo prende solo in circostanze particolari...- rispose Dorcas liberandogli una poltrona imbottita e portandolo a sedersi lì.
- Sarebbe a dire?- chiese Liam accomodandosi.
Dorcas si sedette su quella di fronte pensando.
Rimuginò per qualche attimo quindi allargò le braccia.
- No. Non posso in realtá, è inutile...- disse tra sé.
- Cosa?-
- Beh è come Garlicky...i goblins sono più socievoli di altre creature, questo è certo, ma sono molto estremi anche loro nei loro impeti...- spiegò - e soprattutto, c'è sempre qualcuno che loro preferiscono sopra tutti...-
- Va bene ma io che gli ho fatto?-
- No, non sei tu...è... Ginger il problema...- rispose Dorcas.
Liam allargò le braccia.
- E ti pareva! Che ha combinato stavolta?-
- lo ha svegliato. Lui dormiva in una vecchia scatola della sua trisnonna, Claricia Cook, una strega molto famosa e potente, non sapevo fossero parenti...- si soffermò a riflettereDorcas per un attimo, poi però riprese, sapendo che Liam non tendeva ad essere paziente in quei frangenti - comunque lui, era legato in modo spasmodico a Claricia, Ceday mi ha mostrato perfino delle vecchissime foto in cui compare la trisavola con lui sulla spalla, ma lo dicevano tutti che era una strega strana lei...-
- Va bene ma come ha fatto Ceday a ritrovarsi Nosferatu attaccato alle chiappe?-
- Ceday? Beh qualche tempo fa, mentre voi eravate da Morgan, ha deciso di rimettere in ordine il vecchio studio a casa di sua madre, e ha trovato una grossa scatola di legno...- spiegò Dorcas alzandosi e dicendo a Liam di seguirla con un cenno - a quanto pare ci ha ritrovato dentro un taccuino di ricette per dei profumi, delle boccette con i componenti e altre con i nomi delle misture. Ha provato a rifare quella che secondo Claricia era la più preziosa..ed è arrivato lui...- raccontò indicando il solaio - e siccome Ceday e Claricia si somigliano molto...lui la tratta come trattava Claricia e cioè come fosse una cosa sua. È gelosissimo e non le da pace, e lei ora poverina ha questo ragazzo che... -
- No, lo ha giá cambiato il ragazzo, Dorcas, ma fammi capire...un goblin si è innamorato di Ceday? Mi stai dicendo questo?-
- Mh...no. È peggio. È un'appartenenza. Se una strega si lega coscientemente così tanto ad uno Sìdhe, diventa davvero un problema. Lui è convinto che Ceday sia Claricia e che quindi ci sia ancora un'affinità elettiva! E soprattutto è molto, molto risentito con lei perché la accusa d'averlo tradito...ecco perché è così intrattabile e dannefice...-
Lo guidò di sotto, spegnendo lumi ad olio e chiudendo porte a doppia mandata man mano che tornavano verso il piano terra del vecchio cottage nel bosco.
Quando furono seduti al grande tavolo della cucina di Dorcas, lei gli mostrò quanto le aveva lasciato Ceday.
Nelle foto c'era una donna, molto bella ma dall'aspetto vagamente sinistro, che sedeva su un grande divano di velluto, molto vecchio, vestita come nella letteratura stregonesco classica quasi: i capelli ricci e vaporosi, come quelli di Ceday, le ricadevano su un fianco fin sotto la vita, in una grossa treccia, indossava un abito nero accollato che delineava molto bene la corporatura giá esile accentuata dal bustino stretto in vita, e da sotto la gonna, spuntavano scarpe con la fibbia, anche se di fattura un pò' meno castigata del solito perché avevano tacchi molto più slanciati e calze a righe orizzontali.
Gli occhi erano inequivocabilmente di uccello, e infatti vicino a lei c'era un enorme corvo che se ne stava accovacciato al suo fianco come una gallinella.
-...ehi...mica male la perfida strega dell'ovest qui...- commentò Liam girando la foto - Claricia Cook, Londra 1889...- lesse - e allora? Non vedo niente di strano a parte un bel pezzo di strega con un corvo - commentò Liam.
- Guarda meglio...- gli suggerì Dorcas porgendogli una lente d'ingrandimento - tra i capelli, sulla sua spalla...-
Liam osservò attraverso la lente e capì: tra i capelli di Claricia, c'era come uno sbuffo di fumo molto localizzato, ma trattandosi di una foto così vecchia, l'occhio esperto di Liam capì al volo.
Quello era qualcosa che si muoveva. Freneticamente. Qualcosa che una macchina fotografica di quell'epoca non poteva assolutamente cogliere nitidamente.
Quello doveva essere Nosferatu, come prontamente ribattezzato l'ospite turbolento della soffitta.
Sorrise affascinato, come al solito quando trovava un nuovo pezzo da aggiungere al suo archivio di notizie su quel mondo assurdo.
- Ce ne sono altre?- chiese.
- Sì, alcune...- disse Dorcas e gliele passò subito: una serie di una decina di foto.
Liam le osservò bene e alla fine la guardò indicandole, ma lei lo fermò e scosse la testa.
- Hai ragione, è tutta lì la questione, ma non pensarci neppure! - disse imperiosa - se tocchi qualcosa che lui considera suo e di Claricia per portarlo via da qui, te lo ritrovi tu alle calcagna e a Sìle in quello stato non deve avvicinarsi. C'è qualcosa che lui vuole e che riguarda quelle foto, certo...ma non ho ancora capito cosa, l'hai visto, è intrattabile! La scatola l'ha sequestrata e non mi ci fa avvicinare neppure per sbaglio! -
- Ma se non posso lavorare sulle foto e cercare di capire meglio cosa succede...- sospirò Liam, poi però sembrò avere un'illuminazione - va bene, facciamo in un altro modo. Se ritrovo certa attrezzatura di George dove mi pare d'averla imbucata, te lo dico e tu domani mi fai trovare questo tavolo sgombro almeno a metá...-
- Bene...grazie...- sbuffò Dorcas mentre da sopra le loro teste proveniva un rumore di qualcosa che crollava sul pavimento e una specie di ululato soffocato e lamentoso. Dorcas guardò la pendola: le sei e mezza del pomeriggio - puntuale, ci risiamo! Adesso attacca il lamento dell'abbandono dalla finestra...sono sfinita non ne posso più!-
- Apre anche la finestra?- chiese Liam - proprio mentre io sto per uscire?-
- No, non la apre neppure, ha paura dei chiodi che ci ho infisso intorno...- spiegò Dorcas aiutandolo ad infilare il giaccone e accompagnandolo alla porta - ma c'è un vetro rotto e lui si mette a cantare attraverso quello...-
- Ah giusto...io lo chiamo ululato cacofonico, ma per lui è una canzone...- ricordò Liam mentre attraversava la soglia -...l'amicizia con quella donna è perniciosa! Ecco perché mi viene da farle tanti dispetti! - commentò avviandosi verso casa - sicura di non voler venire a cena da noi, Strega dei laghi? Ti riaccompagno io dopo...- propose girandosi verso la porta da cui Dorcas lo salutava mentre lui imboccava il sentiero nel bosco.
La donnina però gli indicò la finestrella del solaio da cui provenivano quei lamenti...
- Non posso abbandonarlo così...è molto triste!- disse nel momento esatto in cui Liam, imprudentemente fermo in mezzo al sentiero, si vedeva arrivare addosso, lanciato attraverso il vetro rotto, una mezza dozzina di cose piccole e scure, come palline.
- Dorcas, non mi ha colpito, ma se per caso scopro che mi ha appena tirato della cacca di topo, gli faccio rimpiangere di essere nato. Chiaro?-
- Chiarissimo, ma spostati perché ne ha una scorta non indifferente e la tira a tutti gli uomini che vede -
- Ah sì?- domandò Liam sorpreso, ma a quel punto ampiamente persuaso a riprendere la via di casa.


Quella sera, a letto, Sìle decise di affrontarlo.
Lui aveva giá spento la luce e cercava di dormire malgrado l'ennesimo gattino approdato in famiglia che, bisognoso di amore paterno, gli giaceva praticamente sul naso.
Sìle riaccese la luce e lo richiamò con uno sgrullone su una spalla.
- Si può sapere che state combinando in quel cottage tu, Ceday e Dorcas?- gli chiese con fare agguerrito.
Liam inarcò le sopracciglia e scosse la testa con aria innocente.
- No...-
-...ah...va bene buonanotte...- replicò Sìle che aveva capito che nemmeno per quella sera avrebbe cavato un ragno da un buco.
La tattica doveva cambiarla: doveva costringere Liam a sentirsi un bugiardo per quello che le stava nascondendo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Rituali notturni. ***


Appendice – 1:

La faccenda di Ceday e del goblin della trisavola, Dorcas che lo doveva gestire e Liam che indagava su misteriose foto d'epoca, correva su un binario parallelo alle loro vite.
Come si sarebbe detto in termini narrativi: era un'altra storia.
A tratti Sìle ne avvertiva qualche alito ma ancora non riusciva a convincere Liam a spiccicare mezza parola in proposito, lui riusciva sempre a svicolare o a distrarla in qualche modo, e in effetti qualcosa a cui pensare in alternativa si trovava sempre.
In più, il pancione cresceva e tutto diventava più faticoso e complicato per Sìle.
A volte perfino ingestibile...
La notte prima che arrivassero George e Richard, e ormai gli ingombri addominali si addentravano nell'ottavo mese di sviluppo, Liam ebbe un'esperienza un tantino strana, che lo inquietò leggermente anche.
Era una serata tranquilla, fuori non pioveva, dentro casa non si avvertivano rumori strani...beh...non più strani del solito, la luna piena faceva bella mostra di sé nel cielo limpido e terso e Sìle era andata a letto da un po'.
Lui stava lavorando alla trascrizione di alcune pagine di un vecchio diario di viaggio, perché in fondo l'idea di George di raccontare qualche avventura vissuta in passato gli piaceva.
Aveva perfino iniziato ad usare gli occhiali, per limitare l'affaticamento dell'occhio sano nei momenti in cui non veniva accompagnato dai potenti specialisti del mondo di Paulie, anche se per la veritá era stata più la reazione entusiastica di Sìle e Ceday a convincerlo.

- Fai molto Indiana Jones così, Kerr...- gli aveva detto Ceday tempo prima, appena li aveva ritirati, mentre erano seduti per terra, vicini al tavolinetto davanti al camino acceso.
- Non sfottere, Ginger...è un passo verso la vecchiaia. Io non sono stato baciato dalla vostra fortuna e non so essere filosofo come voi in queste cose...- aveva sbuffato lui rigirandosi sospettoso gli occhiali tra le mani.
- Ci sono streghe miopi da una vita se è per questo, non essere odioso! -
-...ah è per questo che guidi così male Ced?-
- Stronzo...non parlavo di me...noi non siamo tutte fortunate allo stesso modo...- era vero: le streghe grazie alla loro connessione con gli animali, ne ereditavano alcune peculiaritá sensoriali che le avvantaggiavano a volte, ma non sempre le stesse - e poi non devi portarli sempre no?-
- Quando lavoro o sforzo gli occhi per un tempo prolungato...-
Poco dopo Síle, che era sparita per qualche attimo in bagno, ricomparve, si mise seduta davanti a Liam e, mentre lui spiegava a Ceday in quali casi particolari il suo lavoro richiedesse tali sforzi, lui, dandole un'occhiata distratta e vedendo che lei socchiudeva lentamente gli occhi mettendosi però in bella vista, si accorse che era sparita per andarsi a scrivere sulle palpebre "Ti amo".
Ci aveva messo un attimo a ricollegare alla scena della studentessa che tentava di attirare l'attenzione del Dottor Henry Jones Jr. in quel modo, durante una lezione universitaria, perché era distratto, ma quando ci era arrivato gli era venuto fuori un sorriso divertito...

- Scema...- le aveva detto passandosi una mano sugli occhi e lei era corsa ad abbracciarlo, gli si era seduta sulle ginocchia e lo aveva riempito di bacetti vicino all'orecchio.
- Devo convincerti a portarli o no?- aveva replicato lei.

E in effetti l'aveva convinto.
Scrivere la computer però, a momenti diventava stancante anche per la postura, così si fermò un attimo, si tolse gli occhiali e, strofinandosi gli occhi e il viso per rallentare il primo attacco di sonno, appoggiò la schiena alla poltrona e si stiracchió.
Con la coda dell'occhio, proprio grazie alla luna piena, poté distinguere un'ombra scura che si avvicinava alla parte posteriore della casa con passi lenti, venendo dal bosco.
Era una figura piccola e rotonda, poteva anche essere Dorcas in una delle sue passeggiate notturne, così si alzò e andò alla porta sul retro, almeno avrebbe approfittato per un caffè.
Quando però aprì la porta, si trovò a testimoniare di una scena strana...
Intanto vide Sìle che si metteva uno scialle di lana sulle spalle, sopra il pigiama, e un paio di stivali.
- Vai lontano? - le chiese senza coglierla di sorpresa.
- Mh? No...torno presto...- rispose lei in tono vago e con un cenno tranquillizzante della mano.
-...stavo scherzando, la domanda era per sapere dove accidenti vai a quest'ora in pigiama...- specificò Liam avvicinandosi alla porta prima che lei uscisse.
- Devo andare in un posto. Stai tranquillo, non vado sola...- gli disse lei sollevandosi in punta di piedi per dargli un bacio e sorridendogli - torno presto, davvero...-
Detto questo uscì.
Liam vedendola tranquilla, non si oppose più di così, ma certo accorgersi che le figure nere lì fuori erano diventate una decina, almeno, e che appena la videro le fecero cerchio intorno come a volerla trascinare via, non gli piacque.
Per lo meno non capì bene la carenza di spiegazioni.

Mandando al diavolo il caffè e i più saldi principi che si era creato riguardo l'etica da seguire e la fiducia da accordare ad una compagna, più ancora se strega, si infilò le scarpe e la seguì.
- E se si incazza a morte, pazienza, potrei farlo anche io! - rispose alla sua parte di coscienza che lo avvertiva delle conseguenze.
La luna consentiva di vedere bene dove si camminava, ma oltre a quella, Liam aveva il suo sensore speciale per le situazioni non prettamente umane: dalla qualitá della sua capacitá visiva, non era prettamente umano quello che accadeva.
Non si curò neppure di nascondersi molto, si teneva solo un po' a distanza, ma era abbastanza vicino da arguire che almeno la maggior parte di quelle figure scure, se non tutte, erano donne.
Un raduno di streghe, si disse annotando la voce nella sua lista di cose cui non avrebbe mai contato di assistere in vita sua.
Però per quel momento in cui l'idea del Sabba, così come descritto nei secoli, gli si formò in mente non gli piacque, da allora sentì un leggero allarme e si accorse che forse non riusciva ad accettare proprio tutto ancora.
Se Sìle gli avesse mostrato un lato anche vagamente...beh...satanico, la parola era quella, non sapeva, in tutta onestá, come avrebbe potuto prenderla.
Certo tutto ciò che aveva conosciuto fino ad allora, con roba diabolica in senso più o meno comune, pareva davvero avere poco a che spartire, gli si era aperto un panorama del tutto inaspettato sulla sostanza dell'essere o incontrare una strega, ma l'inconscio è la formazione educativa, a volte avevano una discreta forza d'urto.
Era talmente concentrato sulle sue riflessioni, su cosa avrebbe fatto se avesse visto o sentito qualcosa di davvero strano, senza contare sul momento che in fondo lui era sempre quello che aveva offerto cioccolata a Black Annis e aveva dormito per due giorni dopo che Jack dei Boschi lo aveva punto con una spina nel mondo degli Sìdhe per andare a salvare la sua ragazza dallo spirito della betulla, che non si accorse di dov'era fino a che non arrivò ad un bivio che conosceva fin troppo bene: erano al cerchio di pietre di Castlerigg.
Avevano camminato per quasi un'ora nel bosco, arrivando alla piccola spianata dalla parte opposta rispetto alla strada percorribile in auto.
Riconoscendo il luogo, anche se con qualche difficoltá perché dovevano aver percorso un sentiero molto poco battuto di norma, Liam si staccò dal gruppo e decise di aggirarlo, di andarlo ad intercettare da un altro versante. Si diresse verso un piccolo avvallamento e, arrivato ad un certo punto, si arrampicò per un paio di metri su una bassa parete basaltica che forniva appoggi per mani e piedi come una piccola scala naturale.
E poi tanto ci vedeva benissimo...talmente bene che controllando l'appoggio di un piede, ebbe l'impressione di intravedere un piccolo corteo di formiche giganti, degne di una latitudine equatoriale, di un colore talmente indefinibile da poter essere credute traslucide, di cui una portava a spasso con un certo orgoglio una folta barba bianca brandendo un bastone.
Sembrava Charlton Heston ne "I Dieci Comandamenti".
Decise di fingere di non aver visto, era la cosa migliore da fare in genere, e di proseguire.
Certo, una volta arrivato sul sentiero secondario che conduceva alla strada principale, vide, stavolta chiaramente, il gatto orribile degli inizi di tutta quella storia attraversare insieme a lui...ma andò comunque oltre senza commentare.
Poco importava che quella volta avesse potuto coglierne con chiarezza la fisionomia femminile disegnata secondo proporzioni feline, che risultava quindi piuttosto puntuta, dagli occhi allungati ed enormi, il naso e la bocca piccoli.
Le orecchie erano basse come quelle di un umano, ma erano quelle di un gatto e aveva capelli lunghi e scuri.
Camminava come un gatto, ma gli arti anteriori erano più simili a mani e dalle articolazioni e dalla coda dei piccoli ramoscelli si diramavano all'esterno dell'epidermide, coperto di una peluria che pareva iridescente, come quella di una talpa dorata.
Si fermarono in mezzo al sentiero e si guardarono: Liam ebbe conferma anche del fatto che la creatura avesse occhi completamente neri, non dolci ma nemmeno minacciosi, erano solo troppo profondi.
Sbatteva le palpebre con una fibrillazione rapidissima, un fremito più che altro, e dopo qualche secondo in cui si guardarono, Liam ebbe la sensazione che lei gli sorridesse piegando la testa verso una spalla prima di sparire nell'ombra del bosco.
Rimase per un momento intontito, come sempre quando succedevano cose così.
Non ci si faceva mai l'abitudine, era un battito cardiaco che rimaneva in sospeso per un tempo indefinito, dava una sensazione di vacillamento troppo intensa scrutare in quelle orbite di cui non si poteva cogliere nulla se non il buio.
Lo richiamarono all'attenzione delle voci che iniziavano ad intonare una nenia incomprensibile.
Riprese la sua strada, non fece più caso a ciò che gli si muoveva intorno, a quel punto si era ricordato di Sìle e voleva vedere che diavolo stesse combinando.
Arrivò al cancello che immetteva al cerchio di pietre dalla strada, non si nascose nemmeno più: la sua dignitá glielo impediva e comunque quella banda di befane probabilmente, si disse, lo sapeva fin dall'inizio che lui era lì.
Erano disposte all'interno del cerchio, a distanza regolare tra loro, sedute sull'erba, tutte con i capelli liberi nel vento leggero di quella notte: solo Sìle ed un'altra donna erano ancora in piedi.
Un fuoco ardeva all'interno di quella sezione quadrangolare disegnata da pietre più piccole, che tendeva verso il centro della circonferenza.
Le donne si erano tolte i mantelli e Liam vide che quella con Sìle era indubbiamente Morgan, quindi guardando tra le altre, poté riconoscere con molta facilitá, Una.
Si stupì di non vedere Dorcas e Ceday.
Comunque non avvenne nulla di particolarmente strano o inquietante: cantarono quella nenia per un tempo che pareva improntato sull'osservazione del moto della luna attraverso l'ombra che le pietre lunghe proiettavano al suolo, la cosa durò fino a che quella non arrivò al tramonto infatti.
Cantavano in una lingua stranissima, probabilmente qualcosa di molto antico, a tratti pareva di riconoscere qualche parola degli idiomi ancora presenti nelle isole britanniche, il gallese più degli altri, ma pronunciate in modo ancora diverso. E intanto alcune di loro si erano alzate, si muovevano tra le altre, compiendo gesti strani, come in una danza circolare che portava ciascuna di quelle in piedi a sfiorare ciascuna di quelle sedute in un modo solo apparentemente casuale.
Estrassero degli oggetti metallici poi, chi delle lame, chi degli spilloni, con cui si ferirono la punta del dito indice.
Ognuna fece cadere qualche goccia di sangue in una ciotola che Morgan e Sìle tenevano in mano insieme.
Poi, insieme, madre e figlia andarono ad inginocchiarsi accanto al fuoco, una di fronte all'altra, e presero dei tizzoni...senza apparentemente bruciarsi.
"Ecco, questo è un po' strano..." rifletté Liam, specialmente quando le vide sbriciolare a mani nude i pezzi di carbone prima di prendere dei pestelli per ridurli in polvere.
Sempre insieme, fatto questo, una, Sìle, prese un'ampolla di liquido trasparente e bianco, Morgan un cucchiaio di legno senza manico, quasi più una spatola, e lo porse alla figlia che iniziò a mescolare mentre lei si legava stretto un laccio sopra il gomito e quindi si pungeva pungeva il polso sinistro con la punta di un pugnale di foggia molto antica.
Un rivolo nero e denso segnò la sua pelle bianca e una goccia, una sola, venne fatta cadere nella ciotola.
Sìle mescolò ancora un po', quindi posò il cucchiaio, porse la ciotola alla madre facendola ruotare sul palmo, in modo che lei la prendesse lì dove poggiava la sua mano, e Morgan la prese.
Fatto questo, Silè si spogliò nella parte superiore del corpo, Una si alzò, le raggiunse, Morgan le passò la ciotola e si spostò alle spalle della figlia, scoprendole il collo, il torace e il ventre rigonfio.
Una, pronunciando parole sottovoce, intinse una mano nella ciotola e prese a toccare dei punti specifici sul corpo di Sìle: tra i seni impresse lo stampo di una mano, poi quello di entrambe appoggiandole sul costato...
A quel punto Liam decise che aveva visto a sufficienza.
Voltò le spalle e se ne andò.
Man mano che tornava, si allontanava da Castlerigg, la vista gli si appannava, segno che l'attenzione di certe presenze era molto presa da altro.

Quando Sìle tornò, con lei c'erano solo Una e Morgan.
Era piuttosto dubbioso su come prendere quanto appena accaduto, su come affrontarlo, e le tre signore, lo trovarono esattamente come non avrebbe voluto: appoggiato al ripiano della cucina, con una sigaretta in mano e l'aria troppo cogitabonda.
Voleva spiegazioni, ma non voleva sembrare aggressivo...invece forse, tutto sommato, lo era in quel momento.
Almeno però era sicurissimo, anche da come le vide guardarlo, che loro sapevano molto bene che aveva visto tutto.
Infatti Sìle si fece avanti da sola, Una e Morgan rimasero ferme come statue nella penombra del salotto, ad osservare la scena.
Liam rivolse loro uno sguardo pensoso, prima ancora di guardare Sìle che gli si avvicinava a piccoli passi.
Gli toccò un braccio e a lui non venne da abbracciarla o da accarezzarla, sospirò nervoso e accigliato e la prima cosa che gli uscì di bocca, non fu conciliante.
- Puzziamo di fumo in due per una volta...-
Lei abbassò lo sguardo e scosse la testa.
- Lo sai che non è successo niente di che...-
- Lo so?- domandò lui polemico e quindi scosse appena la testa - no. A dirla tutta non lo so. So di aver sbirciato un falò a cui non ero invitato, mi girano anche per quello a dirla tutta. Spiare non è il mio hobby naturale -
Avvertì lo sguardo di Morgan su di lui farsi freddo, era quasi una sensazione fisica di distacco, e la cosa lo irritò.
Levò lo sguardo su di lei e la richiamò con un cenno del mento.
- Che c'è? La Grande strega madre non approva che io abbia rimostranze da fare?-
- Non ho detto nulla - replicò lei.
- Non serve dirlo...- ribatté Liam, quindi tornò a guardare Sìle che teneva lo sguardo basso sul pavimento e le sollevò gentilemente il viso con un dito - tu forse non ti rendi conto di una cosa, ragazza...- le disse con molta serietá - è grave quello che è successo stasera...-
- Scusami...io pensavo che...- tentò di dire lei, ma lui la fermò facendole cenno di no ed era così serio che la fece sentire piccolissima.
- Le scuse non so se servono. Vedremo poi. Devi capire ora...-
Morgan emise uno sbuffo talmente risentito che pareva vedere uscire fumo dalle sue narici!
Fece per intervenire, ma Una la fermò. La trattenne per un braccio e continuò ad ascoltare Liam.
- È grave perché tu dai per scontato che siccome anche stanotte mi sono ritrovato a incontrare una formica con la barba e il bastone da Santa Klaus, io possa accettare tutto, che niente mi preoccupi o mi turbi perché ormai sono abituato a tutto...e forse è anche vero. Tu con me devi essere libera di essere e fare tutto quello che ti senti. Ma se da lì stanotte fosse passato qualcuno che non ero io...- disse - ammetto che è poco probabile, ma fosse passato un qualche cazzo di fanatico religioso che davvero si tiene il Malleus Maleficarum sul comodino? Un fottutissimo satanista nostalgico di Charles Manson? Tu prendi, esci, mi dici che torni subito e invece stai fuori una nottata per fare quello che ho visto...e non mi fai il cazzo di bene di una spiegazione? Con mia figlia nella tua pancia?-
- Non è tua!- esclamò senza potersi tenere Morgan mentre Sìle si portava le mani sul viso.
- Mòir!- chiamó per evitare diverbi troppo accesi, ma era tardi perché Liam evitasse lo scontro.
Infatti si scostò dal ripiano della cucina con una certa energia e diede un cazzotto sul tavolo.
- È mia, maledizione! - sbottò - ce l'ho messa io lì dentro cazzo!- protestò indicando Sìle - e ce l'ho messa con tutto l'amore del mondo! E c'è qualcosa di un padre anche in lei, maledetta donna testarda! Non fate tutto da sole voi donne! Io non voglio iniziarla questa guerra, Morgan, ma guardi che se decide di combatterla non gliela lascio vincere, sono stato chiaro?- tuonò senza curarsi di Sìle che gli accarezzava la schiena per calmarlo.
Morgan lo guardava con gli occhi sgranati.
- Se lo ficchi in testa: io non ci rinuncio a sua figlia e alla mia perché lei ha paura di non so bene cosa! Non le permetto di proiettare su di me e la mia famiglia le sue fottute convinzioni da neolitico sugli uomini! Voglio stare con Sìle e voglio la mia bambina qui, con me, e siccome lo conosco il prezzo da pagare e l'ho accettato senza andare a prendere una clava con intenti coercitivi, non azzardatevi mai più...- si interruppe per guardarle in faccia una per una - una, due e tre...- le contò partendo da Sìle e finendo con la nonna, in ordine di responsabilitá decrescente - mai più...a fare qualcosa che riguardi la vita di questa bambina senza dirmelo prima. Mi sono spiegato?- chiese.
Silenzio. Attonito e totale. Solo sguardi leggermente terrorizzati di fronte all'animale uomo che aveva espresso con tanta veemenza le sue recriminazioni e soprattutto aveva tutte le ragioni!
Non poteva farsi vedere ironico in quel momento perché gli erano girate davvero tanto, ma dentro gli venne da ridere.
-...potete rispondere sì...- disse e quindi schioccò le dita come a dare loro il via.
Un piccolo coro di sì attoniti lo circondò.
Lui annuì soddisfatto e le guardò di nuovo.
- Io me ne vado a letto allora...buonanotte...- annunciò, quindi spense la sigaretta che aveva tenuto tra le dita per tutto il tempo e si avviò verso le scale senza guardare Síle, che non aveva ancora perdonato, ma si fermò al secondo o terzo gradino e le guardò: lo fissavano tutte e tre come non si capacitassero di quanto appena avvenuto - io vi adoro, lo sapete...perciò, siccome non credo che accetterò obiezioni in merito alla mia alterazione di stasera, non fatemi più arrivare a certe discussioni, non mi piace, vi prego...- aggiunse prima di andarsene.

Sìle salì di sopra poco dopo e lo trovò a letto che leggeva.
Era talmente tangibile il risentimento di lui, che la bambina, Sìle lo avvertiva con una chiarezza estrema, se ne stava immobile nella sua pancia, come sospesa, attenta a non muoversi, quasi a non intromettersi in quel momento in cui papá era arrabbiato e, soprattutto, aveva tutte le ragioni per esserlo! Quindi...shush, nessun rumore, nessun calcio, nessuna protesta perché mamma stava troppo ferma.
Accennando un sorriso, Sìle si accarezzò la pancia ed entrò in camera attirando l'attenzione di Liam che la guardò e mise via il libro mentre lei, silenziosamente, si infilava in bagno e apriva l'acqua nella vasca.
Si alzò e la seguì, ma prima di entrare bussò alla porta.
Lei gli aprì subito e si fece da parte per farlo entrare mentre si toglieva lo scialle di lana e lo appendeva dietro la porta, lui si andò ad appoggiare sul bordo del lavandino.
- Non sono tanto arrabbiato da non poter parlare...- le disse seguendola con lo sguardo.
Lei si muoveva abbastanza tranquilla, lentamente. Si slacciò la casacca del pigiama guardandosi allo specchio e si accostò a lui, alla sua spalla.
- Lo so...- disse, poi sollevò gli occhi nei suoi - ma avresti ragione ad esserlo. Dovevo dirtelo. È che non lo sapevo nemmeno io...- aggiunse dandogli un bacetto su una guancia e poi allontanandosi per spogliarsi e infilarsi nella vasca: i segni tracciati da Una erano stati giá ripuliti, né rimaneva solo qualche strisciata fuligginosa dove erano stati strofinati.
Prima di abbassarsi nell'acqua con la schiena, Sìle si legò i capelli, esponendosi alla vista di Liam.
I seni, piccoli e delicati, si erano un po'appesantiti, ma mantenevano tutta la loro grazia e a lui piacevano moltissimo. Soprattutto gli piacque quell'ombra di nero fumo che era rimasta attorno ad un capezzolo.
Si avvicinò alla vasca e, come altre volte succedeva, si offrì silenziosamente di aiutarla, ma mentre lei gli porgeva la spugna, lui si allungò a baciarle il collo.
- Non sei troppo arrabbiato neppure per questo?- sussurrò lei girando il viso verso il suo.
- Non proprio...- rispose lui sottovoce, circondandole il collo con la mano e poi scendendo verso il seno.
Sìle, che dato il suo stato, soffriva di una particolare sensibilitá a certe provocazioni, lo fece allontanare posandogli una mano sul petto, intimandogli di fermarsi, ma poi lo baciò facendogli capire che avrebbe avuto ancora bisogno di lui a breve.
- Aspettami di lá e non ti addormentare...- gli ordinò infatti.
Lui obbedì, uscì e lei si sbrigò a ripulirsi, ad uscire dalla vasca e asciugarsi, e a raggiungerlo a letto.
- Ma adesso sei pulita...- protestò lui.
- E allora?- chiese Sìle aprendo la vestaglia che aveva indossato per tornare a letto e accostandosi a lui.
-...mi piacevi sporca di intrugli diabolici...era tutto molto torbido...- rispose Liam infilando una mano lungo il suo fianco e poi sotto la canottiera bianca che portava.
Accarezzandole la schiena le baciò la fronte.
- Parliamo prima o dopo le effusioni a tuo esclusivo beneficio?- si informò.
- Prima...-
- Grazie...- disse lui senza sussiego.
Sìle lo fece sdraiare sulla schiena e gli appoggiò la testa sul petto.
Aveva toccato con mano, e senza scottarsi troppo per fortuna, quello cui alludeva Jane riguardo la severitá di Liam rispetto a certe cose.
In quel momento, si disse, rinnovava ancora una volta il patto con sé stessa di combattere contro sua madre, per alcune cose almeno, e parlando a Liam di quello che aveva visto, stava contravvenendo ad una consuetudine molto consolidata tra streghe.
- Come ti dicevo prima, hai ragione. Dovevo dirtelo. Ma è una cosa che non potevo sapere con certezza...il preavviso non ce lo diamo con mezzi normali in questi casi...- spiegò.
- Più nello specifico che casi sono questi?-
- Questa è una cosa un pochino particolare...-
- Sai che novitá...-
Sìle si sollevò, con un accenno di sforzo per via del pancione, e lo guardò negli occhi. Gli fece una carezza e gli sorrise.
- Beh è una cosa che non sempre viene accettata placidamente...comunque, il fatto è che noi streghe abbiamo, tendenzialmente, una vita più lunga rispetto agli altri. Nulla di eccezionale, ma, esclusi casi specifici tipo epidemie, esplosioni nucleari o catastrofi di qualche genere, è molto più facile che moriamo di vecchiaia che non di malattia. E in genere arriviamo tranquillamente al secolo di vita, anche fino ad un paio di decenni oltre...-
Liam sgranò gli occhi.
- Centoventi anni?-
-...è un estremo...- rispose lei, poi però ci ripensò e sollevò un dito - no...veramente quella più vecchia del secolo scorso è arrivata quasi a centotrenta. Ma quello è un caso davvero eccezionale...- rifletté divagando per un attimo e poi tornando all'argomento principale - comunque rimane il fatto che siamo sempre meno numerosi, anche se non siamo più oggetto di persecuzione come un tempo, e che ogni volta che viene a mancare una, o uno, di noi, va perso qualcosa di molto prezioso. Così quando è in arrivo una nuova strega, le sue consanguinee si adoperano affinché tutto vada per il verso giusto...-
- Ecco perché non c'era Dorcas...o Ceday -
Sìle annuì e fece un cenno verso il bosco.
- Ora però sono andate tutte da lei. Rendere omaggio alla strega anziana del luogo è un obbligo, siamo pur sempre una sorellanza per natura...-
- E perché quella cosa strana? Il sangue, il carbone...- domandò Liam e Sìle, accomodandosi meglio in ginocchio sul materasso, con le mani appoggiate sulla pancia socchiuse gli occhi.
- Il rituale del sangue non è una cosa macabra, è solo un modo per creare un legame con il nascituro, per richiamarlo al mondo e per fargli sentire che sará il benvenuto e che troverá delle persone pronte a prendersi cura di lui. Ognuna di loro ha donato una piccola parte di sé alla bambina. Però il raduno non lo decidiamo per telefono, sentiamo collettivamente che è arrivato il momento e ci muoviamo. Ieri mi prudeva il naso in un modo che non mi era mai capitato...avevo paura di star male -
Liam inarcò le sopracciglia e indicò fuori.
- Quindi, perdona il paragone, quello stormo di cornacchie, erano tutte tue zie?-
Sìle fece cenno di sì.
- Domani te le presento. Mia nonna è la minore di sei sorelle, Adelia, Brigid, Mairidh...- prese ad elencare contando sulle dita - Ita e Glenda...ma Adelia e Mairidh non ci sono più. Da quasi cinque anni. Le altre erano le due figlie di Glenda, poi c'erano le cugine di Dingle, Fionnula e Maureen, le loro tre figlie e poi le cinque nipoti. In famiglia attualmente non esistono streghe maschio- concluse osservando la faccia poco convinta di Liam - che c'è?-
-...siete un'intera famiglia di femmine irlandesi?-
- No. Abbiamo solo qualche nome irlandese. A parte Fionnula e Maureen che vivono in Irlanda praticamente come delle travelers, siamo tutte nate nell'isola di Man e poi ci siamo un pochino disperse qua e lá. Zia Brigid vive sull'isola, vicino Peel, anche se spesso va a casa di zia Glenda, su Arran. Zia Rose e zia Maggie, le sue figlie, vivono vicino Bath e le zie irlandesi, Catie, Lena e Síobhan, stanno una su Inis More, una a Sligo e una nel Connemara...-
- Ma esistono anche degli zii? Spero? - domandò Liam preoccupato del proprio destino, ma soprattutto perché aveva perso l'orientamento a forza di seguire tutta la dislocazione del parentame stregonesco di Sìle.
Lei sorrise e annuì.
- Esistono due zii ancora viventi. Zio Ronan, il marito di Lena, quella di Sligo, e zio Manfred che è il compagno di zia Maggie, ma parliamo di tutte persone oltre i sessanta, di cui una buona percentuale, come sai, sono donne molto indipendenti. Considerando inoltre che la longevitá degli uomini del Regno Unito è abbastanza relativa e decisamente scarsina rispetto a quella di una strega...ecco perché c'è penuria di zii...-
- Mi hai appena detto che morirò giovane o sbaglio?- domandò Liam dubbioso ma non veramente preoccupato.
- Se smettessi di fumare sarebbe meglio ma no, non ho percezioni particolarmente funeste in merito...- rispose Sìle accostandosi a lui per prendergli i polsi e sollevarli per scoprirgli la pancia su cui teneva incrociate le mani- qui da noi il problema più grosso sono gli alcolici ma...da quello che mi pare di ricordare...- scherzò scoprendolo anche dalla t-shirt che indossava e chinandosi verso il suo addome - mh...eh giá...questa è la splendida pancia di uno cui piace mangiare, non bere...- osservò dandogli un bacetto vicino all'ombelico e poi abbracciandolo.
Mentre gli dava un bacetto anche sulla guancia, lui si toccò lo stomaco.
- Mi hai appena detto che sono ingrassato o sbaglio?-
Sìle sbuffò e si rialzò a guardarlo.
- La tartaruga è un po' in letargo, ma è lì e si vede...e poi senti tu, quella che dovrá affrontare a breve momenti difficili sono io, non metterti a fare la primadonna proprio ora!- gli disse lei ridendo - e comunque no, sei sempre bellissimo e io adoro massaggiarti la pancia mentre guidi...-
Liam la guardò seriamente d'un tratto.
- A breve? Mancano poco meno di due mesi, che significa a breve? C'è qualcosa che non va?- chiese preoccupato.
Sìle scosse la testa e gli sorrise.
- No, è solo che noi, forse anche per via di questo rituale, tendiamo a nascere un pochino prima del tempo...- vedendo Liam poco convinto, che sospirava chiudendo gli occhi, gli portó una mano sulla fronte e gli passò le dita tra i capelli - non devi preoccuparti...è tutto sotto controllo...- dall'occhiata che lui le lanciò aprendo un solo occhio, capì che aveva dato un'informazione troppo vaga - della dottoressa Somers intendo...-
Lui annuì e poi sbuffò con leggero nervosismo, come se ci fosse qualcosa che gli rodeva dentro e non passava.
Sìle lo incoraggiò a parlare, promettendogli che non si sarebbe offesa.
- Non c'è niente di diverso da quello che sai, Sìle, ma non mi piace arrivare a scontrarmi con tua madre, e indirettamente con tua nonna, per qualcosa che tu sai essere evitabile. Perché cavolo non possiamo affrontare normalmente almeno questo? Sai...ospedale, corsi pre-parto che io rifiuterei preconcettualmente, Ced che compra quintali di tutine, Dorcas che sferruzza giorno e notte, è banale, d'accordo ma...perché no?- chiese, poi però si corresse - voglio dire...lo so che per voi è normale così, però davvero...hai visto con Lily cosa succede...-
Sìle annuì seriamente e lui riprese.
- Io lo so che non fate nulla di male, ma siete qualcosa che la gente comune raccoglie in un solo modo in genere: scopre che ci siete, vi studia, poi a seconda della convenienza del momento, vi ama o vi odia. Lo vedi che in questo mondo stramaledetto i fanatici saltano fuori come funghi, non serve aver visto due o tre guerre civili dal vivo, basta seguire un quarto d'ora di notizie...- e alludeva al Sudan e ad un paio di occasioni in Medio Oriente in cui era stato testimone di brutti episodi - guarda che non l'ho fatto a caso il paragone con la Manson Familly prima. Dovesse succedere qualcosa del genere, che accidenti potrei fare io da solo?-
- Lo so, lo so...mia madre conta molto nelle risorse che ci fornisce la nostra natura. Forse troppo a volte...-
Liam si rialzò a sedere e scosse la testa.
- Sìle, tua madre, perdonami, può fare quello che vuole. Io mi sono arrabbiato con te, non con lei. Io devo poter contare sul fatto che se hai deciso di stare con me, è perché sai che non ti chiedo di cambiare nulla di quello che sei, ma almeno chiederti di essere prudente posso? E guarda che la cosa valeva anche prima. Non è saltata fuori in questi sette mesi. A me preme che tu stia bene se qualche stronzo decide di iniziare una nuova caccia alle streghe, e per streghe intendo te e famiglia, non intendo i comunisti...-
Sìle annuì guardandolo negli occhi.
Era la prima volta che, in qualche modo, avvertiva in lui un tono che sottolineava con una certa evidenza la differenza di età e di esperienza tra loro due.
Si sentì una bambina, restò spaesata a pensare a tutto quello che lui le metteva sotto gli occhi, si rese conto che da parte di Liam c'era forse un pizzico di allarmismo di troppo, dettato dall'ansia per l'imminente paternitá da una parte, ma anche dalle brutture che a volte aveva dovuto vedere dall'altra, e che erano oggettive.
Da parte sua invece c'era, probabilmente, una forma di astrazione dalla realtá che viveva il mondo perché era troppo abituata a cogliere il pericolo prima che si palesasse e si fidava di questa cosa tanto da diventare un po'incosciente. Tanto c'era Liam che la difendeva, il suo Derwen che si sarebbe frapposto a zanne scoperte tra lei e qualunque minaccia e avrebbe vinto...perché per lei il pericolo era qualcosa di diverso dagli stravolgimenti che l'umanitá stava mettendo in atto.
Lui invece aveva più paura di quelli che di una betulla con artigli umanoidi che ti uccide se tocca il tuo cuore. Sapeva che dei due, l'Uomo era di gran lunga l'essere più spaventosamente crudele.
E aveva ragione, forse nemmeno lui voleva sapere quanto.
-...va bene basta, altrimenti inizi davvero a trattarmi come un vecchio brontolone. Guarda che faccia che hai...vieni qui, devo sbrigarmi a distrarti!- scherzò infilandole la testa contro il collo per farle solletico con la barba.
Lei scoppiò a ridere e lo abbracciò stretto.

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