Sleeping Beauty -Sedici anni

di Lady Windermere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


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Capitolo Uno

 

-Florence!- Un grido acuto riecheggiò tra le fragili mura dell’unica casetta nel bosco di Greenwood, nei pressi di Lonliness, capitale di Melancholy, il più piccolo dei regni della Confederazione Magica. –Florence! Florence! FLORENCE!- L’urlo si fece più penetrante. –Ti avviso che non ho intenzione di aspettare un minuto di più!-

Lo strillo proveniva da un’angelica ragazza, che d’angelico però aveva solo l’aspetto:  capelli di miele raccolti in un’acconciatura “all’inglese”, lineamenti delicati, eterei, solcati da due occhi celesti, profondi e vivaci, labbra morbide e rosee, un nasino tra i più belli di tutta la provincia; fisico asciutto, ma flessuoso e femminile al tempo stesso, pelle d’avorio, perfetta. A prima vista sarebbe sembrata una creatura soprannaturale, però, c’è sempre un però, se la si osservava meglio si poteva notare una leggera piega delle labbra dura e sprezzante, un velo di arroganza che le copriva gli occhi cristallini, il mento alzato in espressione di superiorità, e un lieve fremito del corpo che segnalava insofferenza.

 –Insomma, Florence! Se non scendi subito me ne vado da sola. Lo faccio eh…-

Nessuno degli inquilini del piano superiore della casa mise in dubbio le sue intenzioni, infatti da sopra giunse un lungo lamento –Arrivo, Rosie, un attimo ti prego!-

 Un’altra voce seguì la prima –Ma perché deve fare così ogni mattina? Io non riesco più a dormire in questa casa...-

 -E lo dici a me? Non ero mica io quello che doveva donarle un carattere delicato… Il responsabile anzi, sta ancora dormendo beatamente- ribattè Florence.

 Due sguardi di rimprovero si rivolsero verso l’occupante del terzo letto. Un altro urlo li riscosse ed entrambi scesero dai propri giacigli. Il terzo individuo non si mosse.

–Vorrei proprio sapere come riesce a sopportare tutto questo chiasso- si lamentò Faust.

 –Si fa presto a scoprirlo - replicò Florence –Soren! Soren!-

Visto che l’interpellato si ostinava a non dare segni di vita, prese la rincorsa e si gettò sul letto del fratello, facendolo cadere sul pavimento. Un’imprecazione sfuggì dalle labbra di Soren, seguita da una sghignazzata generale. Il rampollo più giovane dei Rosenoir si alzò a fatica e si scagliò contro Florence –Ma che ti dice il cervello? Sei diventato matto? Potevo farmi male…

-Non fare il melodrammatico fratellino; cosa mai avrebbe potuto succederti?-

 -Avrebbe potuto sfregiarsi quel bel faccino –commentò Faust, mentre si infilava la camicia- e come avremmo potuto vivere nel rimorso di aver privato il nostro adorato Soren dell’unica fonte della sua autostima?-

Una risata scosse i due fratelli, mentre il terzo ricambiava la battuta con una smorfia di finto sdegno.

L’idillio venne rotto da un rumore di cocci infranti e di una porta chiusa con rabbia. Un’espressione allarmata si dipinse sui tre volti.

-Maledizione! Quello era il mio miglior servizio da tè! Era di porcellana Sevreés autentica! Se prendo quella… - Prima che Faust potesse finire la frase Florence si precipitò al piano di sotto senza scarpe e corse dietro alla ragazza.

 

 

-Rosie! Dai, Rosie, aspettami!- gridò Florence alla giovane –Rosalba, ti prego!-

Lei si voltò con irritazione e si fermò per aspettarlo. Quando lui le si fece appresso Rosalba lo squadrò con astio –Non hai le scarpe- disse seccamente.

Lui si osservò i piedi nudi –Basta poco- ribattè sorridendo, e schioccò le dita. Un paio di lucide scarpe nere, nuove di zecca comparvero ai suoi piedi.

 –Queste ti piacciono? Perché posso cambiarle se vuoi…- la informò Florence soffocando una risata.

La ragazza fece una smorfia e sbuffò. Non le erano mai piaciute le dimostrazioni dei poteri magici degli zii. La facevano sentire inadeguata e normale, insopportabilmente normale.

-Bene, ora che hai dato prova delle tue straordinarie doti magiche possiamo dirigerci tranquillamente verso il paese? Devo fare qualche acquisto.-

-Qualche? Conoscendoti svaligerai tutte le botteghe disponibili!-

-E cosa c’è di male? Una ragazza, soprattutto se è incantevole, deve pur vestirsi. Tra l’altro devo anche accontentarmi di queste botteghuccie da quattro soldi; ah se potessi andare nella Capitale…-

-Non se ne parla nemmeno - asserì Florence –Tu non vai da nessuna parte signorina. Contentati di ciò che ti portiamo noi da Lonliness, che non è poco –

Rosalba sbuffò per la disapprovazione. Si fece scendere una lacrimuccia sul viso e con voce innocente sussurrò –Va bene zietto, hai vinto tu stavolta…-

Florence le lanciò uno sguardo sospettoso. Lei lo fissò sbattendo le ciglia. I suoi occhi azzurro ghiaccio si rifletterono nei suoi, lei si soffermò sul suo volto dal mento leggermente appuntito, sui suoi capelli castani, perennemente spettinati, sulle piccole rughe vicino agli occhi, sul sorriso aperto che gli illuminava il viso.

-Guarda che non mi incanti sai…- La voce dello zio la riscosse.

-La speranza è l’ultima a morire…- cinguettò la ragazza.

I due si scambiarono un’occhiata d’intesa e scoppiarono a ridere.

Lei cominciò a correre -Dai zio, facciamo a chi arriva prima!- 

E, conquistato dal suo incantesimo, Florence la seguì ridacchiando.

 

 

-Dopo la battaglia di Little Princess sul vasto territorio occupato dal regno di Enchantment si formò la Confederazione Magica, un insieme di dodici regni riuniti sotto un’unica famiglia regale. I reami sono disposti quasi a raggiera intorno alla City, in cui si trova il Palazzo Reale e sono Moonscape, Moonshine e Moonlight, che si affacciano sull’Oceano di Bluepearl; Moodiness, Stratford, Blackpool, Melancholy, Redstone, Inverness, Holyhead, Greylight e Fairytown. A capo della Confederazione vi è Lord James Drenslincourt. Con potere superiore al suo c’è soltanto la Regina Clarisse, che governa saggiamente da quindici anni il nostro paese…- declamò Rosalba al suo precettore.

Il suo precettore, che null’altro era che Faust, scosse leggermente la testa –È Drenlincourt, non Drenslincourt- corresse- ma per tutto il resto può andare. Se solo ti sforzassi un po’di più…-

-Quanto sei scocciante zio! Non ti va mai bene niente! Scommetto che sei ancora arrabbiato per quell’orribile servizio da tè!- proruppe la ragazza.

-Assolutamente falso! Io mi preoccupo solo e unicamente della tua istruzione, non porto certo rancore per delle inutili porcellane, ci mancherebbe…-

Soren alzò gli occhi dal libro che stava leggendo –Inutili? Non mi sembravano solo delle inutili porcellane stamattina…-

-È vero! Questa volta ha pienamente ragione- confermò Florence.

-Oh, ma insomma! Cos’è? Una congiura ai miei danni? Prendete sempre le sue parti dai, così crescerà ancora più viziata di com’è adesso, e non certo per colpa mia!- sbottò Faust.

-Viziata? Chi è viziata? Non certo io!- esplose Rosalba –Tu piuttosto, caro mio!-

-Io? Piccola mocciosa maleducata e insolente…- sbraitò il precettore.

-Via, via fratello e anche tu Rosie, dai smettete di punzecchiarvi e venite a vedere- invitò Florence dall’altra parte della stanza.

I due tacquero e si avvicinarono a lui, anche Soren parve interessato e chiuse definitivamente il libro per affiancarsi al fratello. Florence mostrò a tutti un settimanale che mostrava la Regina Clarisse e l’ineccepibile Lord Drenlincourt, mentre stringevano la mano a un uomo di bell’aspetto, bruno, alto e magro.

Probabilmente un abitante del Continente, riflettè Rosalba; la didascalia diceva: “Sua Maestà la Regina Clarisse, Lord Drenlincourt e l’ambasciatore di Blackcity”. Proprio come avevo immaginato, si disse tra sé e sé la ragazza, infatti Blackcity era la capitale del vastissimo Continente.

Il Continente era un enorme territorio situato al di là dell’Oceano di Bluepearl, al confine nord dell’ex Enchantment. I libri di storia affermavano che si fosse staccato in seguito a un terribile terremoto trent’anni prima, durante la Guerra di Darkness. La guerra aveva devastato l’intero Paese, ed era stata combattuta tra Enchantment e l’attuale Continente, che allora era chiamato Blackland, per via delle numerosissime miniere di carbone presenti dentro i suoi confini.

 Il terremoto diede fine alle ostilità. Non furono mai scoperte le cause del conflitto. Gli abitanti del Continente si considerarono sempre vincitori di quella guerra e interruppero ogni contatto con l’entroterra. Tuttavia, nel corso degli anni, si seppe che il Continente si era notevolmente sviluppato sino a giungere a dei livelli che il Regno di Enchantment potè solo immaginare.

 Le leggende narravano che nel Continente ci fosse la sede di un potere oscuro, diabolico, e che qualcosa di malvagio stesse corrodendo le radici del paese. Così, si cominciò a guardare con sospetto tutto quello che veniva giudicato diverso, straniero.

-Ma perché la Regina stringe la mano a un forestiero?- domandò incuriosita la ragazza.

-L’ambasciatore di Blackcity ha lasciato la sua terra natia per chiedere formalmente un’allenza con la Confederazione Magica- lesse Florence.

-Che strano, quelli del Continente non hanno mai voluto avere rapporti con noi… - osservò Soren.

Rosalba guardò l’espressione preoccupata dello zio, le labbra corrucciate in una smorfia, i tratti bellissimi e delicati alterati dal sospetto, gli occhi di un azzurro quasi trasparente pieni di apprensione, la mano bianchissima che scompigliava i capelli biondi.

-Zio, tu pensi che ci sia di che preoccuparsi?- chiese allarmata. Era molto legata a Soren, nonostante fosse Florence il suo preferito.

-Sciocchezze – tagliò corto Faust- sarà in corso qualche lotta di potere nel Continente e Goldwin avrà voluto prendere precauzioni.-

Mr Goldwin era il Presidente in capo del Continente. Rosalba non si interessava di politica, ma i suoi zii erano Consiglieri Della Confederazione, e in quanto tali dovevano informarsi su ogni minima sciocchezza.

Florence ripiegò il settimanale con un sorriso –Ma sì, ha ragione Faust. Sono solo assurdità-

Ma non sembrava molto convinto.

Faust si rivolse a Rosalba –Allora, vogliamo continuare le lezioni? Se rimani una sciocca ragazzina nessuno verrà mai a chiedere la tua mano e noi ne saremmo molto delusi…-

-Perché dovrai restare con noi tutta la vita- concluse Florence – e sarebbe un vero incubo.-

La ragazza assunse un’aria ferita –Ma come? E io che ho sempre pensato di rimanere zitella per prendermi cura dei miei adorabili zii…-

-Oh no, dovremo sopportarla fino alla sua morte? Perché io non ho affatto intenzione di sprecare parte della mia eterna esistenza a udire i suoi strilli…- si lamentò Soren.

Faust e Florence annuirono, trattenendo le risate. Rosalba guardò i tre zii con espressione di finto smarrimento -Povera me! Verrò cacciata da casa e dovrò vivere sulla strada. Quale triste destino mi attende!- singhiozzò.

-Beh puoi sempre porre fine alla tua misera vita, facendo contenti noi tutti…- replicò Soren.

Gli altri due Rosenoir furono presi da un’inarrestabile ilarità e anche Rosalba non riuscì a nascondere un sorriso a fior di labbra.

-Su dai ragazzina, lo so che stai facendo tutto ciò per evitare lo studio, ma ti è andata male- disse Faust, ridacchiando ancora. Rosalba fece una faccia contrita e supplicò con gli occhi lo zio.

Ma quello impassibile dichiarò –Devi ancora finire la lezione di Storia del Paese e poi ti attendono ancora disegno, francese e latino.-

La ragazza mugugnò qualcosa di irripetibile sull’utilizzo del latino e si rassegnò. Quando Faust aveva preso una decisione nulla e nessuno avrebbero potuto dissuaderlo. Dopotutto lui era il maggiore dei tre fratelli e sulle sue spalle si sobbarcavano tutti i problemi dell’improvvisata famiglia. Era abituato a comandare e a farsi ubbidire. Tutta quella responsabilità ne aveva anche influenzato l’aspetto fisico: nonostante fosse, come i suoi fratelli, bellissimo, in lui vi era qualcosa di più maturo, negli occhi ambrati vibrava determinazione, i capelli castani medio lunghi e le basette erano sempre in ordine, e le labbra sottili sottolineavano la sua testardaggine. Qualsiasi donna avrebbe dato il suo diamante migliore per conquistare uno di quei fratelli.

Ciò nonostante quei fratelli non avevano interesse per le serate di gala o per i balli, e preferivano vivere segregati nel bosco di Greenwood, passando la maggior parte del tempo con Rosalba.

Erano la sua unica famiglia, i suoi unici amici, e lei era egoisticamente contenta che fossero di sua esclusiva proprietà. Avrebbe voluto che tutto fosse rimasto così per sempre, ma ogni cosa era destinata a cambiare.

 

 

 

Angolo dell' autrice: Buonsalve! :) Se avevate già iniziato a leggere la mia storia, probabilmente sarete confusi...come ho già spiegato nelle bio/note, la mia storia si è "accidentalmente" cancellata, portando via con sè pareri, commenti e recensioni varie...eh, ragazzi, c'est la vie, capita...(come vedete, dopo lo stato della rabbia e della frustrazione, è subentrata la rassegnazione...ormai ho quasi raggiunto l' atarassia...XD)
Ho quindi deciso di ripubblicare i capitoli, modificandoli un po' qua e là e migliorandoli (si spera).
Se vi state chiedendo dove è finito il prologo...beh, l'ho tolto...devo ammettere che non mi aveva mai del tutto convinta e poi, praticamente svelava tutti i segreti della trama fin dall' inizio...un po' di suspence è meglio...XD
Per cui, se l'avete letto, dimenticatelo, o almeno cercate di dimenticarlo e fingervi poi sorpresi, e se non l'avete letto, beh, tanto meglio...:)
Ripubblicherò i capitoli un po' per volta, appena troverò un minuto libero, senza più dividerli a metà come facevo in precedenza, per cui, avrete molto più materiale da leggere, e, si spera, commentare...:)
Detto questo, ringrazio tantissimissimo Lilith in Capricorn e xlairef che avevano recensito la storia prima che si cancellasse, e mi hanno gentilmente e spontaneamente (non è vero, in realtà le ho praticamente minacciate XD) assicurato che lasceranno di nuovo i loro pareri...Grazie mille, sul serio...<3 E ringrazio anche livia_00 che aveva iniziato a recensirmi, prima della mia improvvisa scomparsa...
Spero che mi facciate sapere, di nuovo o dal nuovo (che brava eh...), quello che ne pensate, anche in due parole. :)
Ecco, ora sparisco...baci :*
Lady Windermere <3

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Capitolo Due

 

 

 

Fiamme. Fiamme ovunque. Un odore metallico pervadeva la stanza.

Gli schiocchi e gli strepitii del fuoco si alternavano con il clangore sordo delle spade.

Un urlo risuonò nella notte.

Rosalba si svegliò di soprassalto. Ormai lo stesso incubo turbava le sue notti da quindici anni. Era quasi un’abitudine.

Troppi pensieri, troppe domande senza risposta l’assillavano. Chi era lei veramente? Perché viveva con i suoi zii? Dov’erano i suoi veri genitori? Perché non poteva visitare la Capitale?

A questo pensiero Rosalba fu presa da un cocente desiderio, una voglia disperata di poter fare le cose che normalmente facevano le altre ragazze: avere delle amiche, innamorarsi…

Rosalba non aveva mai parlato con nessuno all’infuori dei suoi zii, né  tanto meno aveva conosciuto qualcuno al punto di provare sentimenti profondi.

Non sono nemmeno mai andata a un ballo! riflettè sconcertata la giovane. Com’era possibile che svaghi comuni a qualsiasi altra ragazza fossero a lei preclusi?

Dopotutto ho quasi sedici anni si disse Rosalba. Le sarebbe piaciuto provare la sensazione di essere ammirata, contemplata, lodata mentre faceva il suo primo ingresso trionfale nella sala da ballo, come accadeva a tutte le ragazze che facevano il loro debutto in Società.

Le sarebbe piaciuto danzare, piroettare sulle note di un valzer, fremere al tocco di una mano che le cingeva la vita, abbandonare la testa su una spalla, completamente soggiogata dalla dolce musica. Le sarebbe piaciuto conversare amabilmente con duchesse, contesse, baronesse e amoreggiare elegantemente con rampolli delle più nobili casate di Enchantment.

In fin dei conti chi se lo merita più di me? pensò la giovane.

Avrebbe avuto successo, altrochè, sarebbe stata l’idolo di schiere di aitanti damerini incipriati, sarebbe salita all’apice della moda della Capitale, avrebbe fatto scalpore.

Alla sua prima Stagione avrebbe avuto almeno una dozzina di proposte di matrimonio, si sarebbe fatta desiderare e, infine, avrebbe ceduto alle pressanti richieste del più ricco, più bel principe della zona.

Il suo matrimonio sarebbe stato l’evento dell’anno, tutti vi avrebbero presenziato. Avrebbe ricevuto complimenti, congratulazioni, felicitazioni. Sarebbe divenuta una principessa.

Era questo infatti il suo sogno, la sua ambizione: diventare qualcuno, palesare al mondo la propria esistenza, dimostrare a sé stessa il proprio valore.

Purtroppo però la ragazza sapeva benissimo che nulla di quanto desiderava sarebbe diventato realtà se non fosse riuscita a evadere da quella gabbia invisibile che le avevano costruito attorno i suoi zii. O, meglio, presunti zii. Rosalba era abbastanza sicura che non avessero nemmeno una goccia del suo sangue.

La ragazza saltò giù da letto e si affacciò al balcone.

La foresta di Greenwood dominava tutta la vallata. Gli alberi si inerpicavano liberi occupando tutto lo spazio disponibile, si poteva intravedere tra le piante un piccolo sentiero sterrato che conduceva dritto dritto a Lonliness. Sul fondo vi era il Lightwater, il fiume che delimitava il confine tra Melancholy e Redstone, il regno confinante. Il nome del fiume era dovuto alle sue acque cristalline, quasi trasparenti. Si diceva che questa purezza fosse determinata da un incantesimo potentissimo, compiuto da una sirena in punto di morte. Si diceva che le sue acque avessero poteri  miracolosi e che una sola goccia bastasse per guarire da qualunque ferita.

Era quasi l’alba ormai e i primi raggi del sole cominciavano a spuntare all’orizzonte, rischiarando il paesaggio. Rosalba riuscì a scorgere allora le candide guglie del castello di Lonliness. La Capitale di Melancholy comprendeva infatti il palazzo del Reggente e i villaggi nei dintorni. Si diceva che il marmo per le sue pareti fosse stato portato direttamente da oltremare e che a costruirlo fossero stati i giganti. Tutto questo la ragazza lo aveva imparato dai suoi libri e dai racconti degli zii. Lei infatti non aveva mai varcato il confine della zona delimitata dalla foresta. Le era stato severamente proibito. Inoltre non poteva uscire di casa senza la scorta di uno dei tre fratelli Rosenoir.

Mentre era immersa nei suoi pensieri un uccellino si posò proprio vicino alla sua mano.

Quando lo notò si fermò ad osservarlo -Almeno tu puoi andare e venire quando vuoi, non è così piccolo ammasso di piume? A me questo è negato…-

 Presa da un sordo rancore rientrò in fretta nella sua stanza e chiuse rabbiosamente la  finestra del terrazzo. L’uccellino volò via spaventato.

Quando ritornò nel suo letto Rosalba aveva preso ormai una decisione: sarebbe scappata.

 

 

La mattina dopo la ragazza ebbe il tempo di riflettere sulla cosa. Non sarebbe stato affatto facile. Per niente. I suoi zii non la lasciavano sola un minuto. Avrebbe dovuto aspettare il buio per fuggire, ma anche questo le procurava non pochi problemi. Viaggiare di notte nella foresta di Greenwood e, per di più, completamente sola, non era proprio l’ideale per una giovane fanciulla. A quanto ne sapeva lei poteva esserci di tutto nascosto dietro gli alberi. Ma se voleva avere l’opportunità di vivere la sua vita, questa era l’unica speranza. Non poteva permettersi di fare la schizzinosa, anche se l’idea non le andava a genio.

Non le rimaneva che accontentarsi.

Si diresse verso la scrivania e, presa della carta da lettere, intinse la penna nell’inchiostro e cominciò a scrivere:

 

Cari zii,

mi sono purtroppo resa conto che non posso più vivere in questo modo, nella menzogna, nella continua ricerca di me stessa e delle mie origini.

Io voglio delle risposte, visto che voi non volete o non potete darmene, che mi permettano di trovare finalmente la mia identità.

Per questo motivo, mi accingo a fare un passo che non avrei mai pensato di dover compiere. E ne sono molto molto dispiaciuta, non osate pensare il contrario. Soprattutto perché dovrò rubarvi prendervi in prestito qualche corona per il viaggio. Senza rancore eh?

Prendetevi cura delle mie cose e non toccate niente in mia assenza, poiché sono quasi assolutamente certa che tornerò.

Quindi non preoccupatevi per me e state allegri.

À bientôt…

la vostra amatissima Rosalba.

 

Quando ebbe finito di scrivere mise la lettera in una busta, la sigillò e la depose nel cassetto della scrivania, pronta per essere utilizzata.

 

 

Mentre Rosalba meditava piani diabolici per fuggire di casa, altre persone, non meno importanti, in un altro luogo, si stavano lambiccando il cervello, avendo ottenuto però finora scarsi risultati rispetto alla nostra protagonista.

Alla riunione del Consiglio di Enchantment la parola “Continente” era all’ordine del giorno.

Il normale Consiglio riuniva Lord Drenlincourt, la Regina e i rappresentanti dei dodici regni della Confederazione. I loro illustri Reggenti presenziavano solamente alle sedute del Consiglio Speciale, convocato unicamente in gravi circostanze.

-Suggerisco di vagliare tutte le varie possibilità prima di prendere decisioni affrettate.- consigliò Mr Delacroix, uno dei più eminenti rappresentanti della Confederazione, delegato di Stratford.

-Purtroppo per noi, mio caro Roger, non abbiamo il tempo necessario per questa operazione – dichiarò Lord Drenlincourt –dobbiamo prendere una decisione. Immediatamente. Mr Goldwin non ci lascerà altro tempo per discutere.-

Un giovanissimo consigliere, venuto in rappresentanza di Blackpool, si schiarì la voce –Non penso che a Mr Goldwin convenga molto rinunciare alla nostra alleanza. Dopotutto è il suo paese nei guai, non il nostro.

E, a meno che non ci siano forme di vita umane nelle Lande Desolate, noi siamo gli unici a cui possa chiedere aiuto.-

Borbottii di assenso riempirono la stanza. Lord Lawrence Redford, portavoce di Redstone e unico erede della casata dei duchi di Redford, annuì col capo –Il ragazzo non ha tutti i torti, James. E comunque Mr Goldwin si è disinteressato a noi per tutto questo tempo, non vedo quindi perché noi dovremmo aiutarlo ora.-

Lord Drenlincourt ebbe un moto di stizza –Perché dovremmo aiutarlo? Beh voi che dite? Se il capo dello sviluppatissimo Continente vuole stringere un alleanza con il molto meno progredito Enchantment, allora vuol dire che sotto deve esserci qualcosa di grosso, di molto grosso. Qualcosa per cui le loro sole forze non bastano. E io non voglio immaginare le conseguenze per il nostro Paese se quel qualcosa si abbattesse su di noi.-

Sguardi allarmati percorsero i volti dei Consiglieri presenti.

-Non è detto che ci debba essere per forza qualche cosa di pericoloso in tutto questo, Drenlincourt.- intervenne seccamente Mr Ashley Dorlain, ambasciatore di Inverness.

-Ashley potvebbe avev vagione, James. Potvebbe esseve solo un inganno.- suggerì amabilmente il Marchese Raimond De Lavinelle, altro importante pilastro della nobiltà di Enchantment, nonostante il suo bizzarro difetto di pronuncia. Faceva le veci di Holyhead.

-Non siate assurdo, Raimond! Perché mai dovremmo trattarsi di un inganno? –ribattè il Presidente della Confederazione Magica.

Mr Dorlain gli gettò un’occhiata in tralice –E quale misteriosa e oscura minaccia dovrebbe preoccupare lo, come ha detto lei stesso, sviluppatissimo Continente?-

Lord Hamilton, delegato di Moodiness, rispose al suo posto –Beh, ci sono sempre i Ribelli del Nord…-

-Sciocchezze Robert!- tagliò corto Mr Dorlain –quella piccola manciata di ribelli impreparati non ha mai costituito una minaccia nemmeno per noi! E non credo che si siano spinti così lontano, oltremare. E con cosa ci sarebbero arrivati poi, con le zattere? O a cavallo di delfini magari?- la sua voce trasudava sarcasmo.

Il giovanissimo Consigliere soffocò una risatina.

Lord Hamilton gli scagliò un’occhiataccia –Visto che trovate la cosa molto divertente Lord Anthony Deveroux, perché non ci date qualche vostro prezioso consiglio?-

Il giovane arrossì e tacque.

-Smettetela Robert! Il ragazzo ha già espresso la propria opinione…- intervenne Mr Delacroix.

-Per l’appunto, interpellate chi non ha ancora preso posizione Hamilton…- confermò il Duca di Redford.

Mr Jules Branagh, rappresentante di Moonscape, lanciò uno sguardo alla sala –Beh, io non sono contrario all’alleanza; potrebbe risultare vantaggiosa per noi.-

Mr Lucas Ford, Mr Stephen Trintot e Lord Gerard Montmercy, rispettivamente dignitari di Greylight, Fairytown e Moonshine, approvarono.

Drenlincourt assentì - E voi, Xavier, approvate?- disse rivolgendosi al gentiluomo nascosto in fondo alla stanza.

Il Conte De Nantine, inviato di Moonlight, fece un cenno del capo in segno di affermazione.

-Beh direi che vince la maggioranza allora… -cominciò Lord Drenlincourt.

-Niente affatto Drenlincourt! Mancano ancora le opinioni di tre componenti del Consiglio…- ribattè Mr Dorlain.

Il Presidente gli rivolse un’occhiata scocciata –Sapete benissimo che quei tre non si sono mai fatti vivi a queste riunioni!-

-Questo non vuol dire che non possono esprimere la loro opinione in casi urgenti come questo…- replicò Ashley Dorlain.

Lord Drenlincourt stava per controbattere, quando un leggero tossicchiare fece sussultare tutti i presenti.

La Regina Clarisse, osservatrice silenziosa fino a quel momento, indirizzò uno sguardo ai Consiglieri -Ritengo- iniziò –ritengo che ogni componente del Consiglio debba pronunciare la propria opinione. Quindi prima di decidere aspetteremo i pareri di tutti, anche di quelli di voi che oggi sono assenti. Per ora giudico sciolta la seduta.-

Un mormorio attraversò la sala.

Mr Dorlain sbuffò -Certo che quei tre stramaledetti Rosenoir potrebbero anche farci l’onore della loro presenza qualche volta. Per quanto siano miei cari amici, non posso non giudicarli irrispettosi verso la Regina e verso il regno che rappresentano, Melancholy.-

Il Marchese De Lavinelle soggiunse –Beh, divei che lovo possono anche pevmettevselo…-

Mr Dorlain sbuffò di nuovo.

 

 

Faust prese in mano un pacchetto molto ingombrante e lo aprì. Ne tirò fuori un meraviglioso abito di taffettà color del mare in burrasca, a balze smerlate. La  scollatura era “a cuore” e piuttosto pronunciata, incorniciata da due balze di pizzo valenciennes. Il corpetto era impreziosito da perle, nastri di raso bianco e volants di pizzo.

In un altro pacchetto più piccolo vi era un diadema di diamanti e perle, splendente con la luce del sole che filtrava dalle finestre. Inoltre c’erano anche un paio di piccoli orecchini e  un bracciale, decorati con lo stesso motivo di diamanti e perle.

Dopo aver ammirato tutto ciò Soren fissò il fratello stupefatto –Ehm… Per caso c’è qualcosa che devi dirci?-

Faust divenne rosso d’ira –Ma cosa ti viene in mente? Evita di dire stupidaggini! Queste cose non sono certo per me!-

-E per chi allora?- intervenne Florence, ridacchiando per il malinteso.

Faust s’innervosì –Ma è possibile che solo io abbia una testa sulle spalle in questa casa?-

I due fratelli lo guardarono stupiti.

Il viso di Faust tendeva al viola -Pronto? C’è qualcuno? Fra meno di una settimana ci sarà il compleanno di Rosie! Sono sedici anni che vive con noi e voi non vi ricordate nemmeno il giorno del suo compleanno?-

Florence scosse la testa –Non è che non me lo ricordassi, è solo che…-

-Sì sì –tagliò corto Faust –comunque sia dobbiamo pur festeggiarla e quindi le ho comprato qualcosa.-

-E le hai preso tutto questo?- Soren era incredulo.

-Non avevo idea di cosa potesse piacerle e quindi ho comprato un po’ di tutto- spiegò Faust a mò di scusa –Adesso manca solo la torta…-

-Perché non hai acquistato anche quella?- chiese Florence.

-Beh, pensavo che sarebbe stato più carino se la facessimo noi…-

-Tu non dovresti pensare.- dichiarò Soren –Io la torta non la faccio.-

-Per favore…- supplicò Faust –Vi prego…-

Dopo svariate preghiere e implorazioni i due fratelli accettarono a malincuore.

-Ma se viene male dopo non lamentarti con me- lo avvisò Soren –Io non ho mai cucinato in tutta la mia vita. Ci sono i cuochi per questo.-

 

 

Rosalba era quasi sicura che nessuno avrebbe notato la sua fuga. Almeno per il momento.

Era rimasta nella sua stanza per tutta la giornata, non era nemmeno scesa per pranzare.

Solo Florence era salito a chiederle spiegazioni, ma lei aveva finto una leggera indisposizione e la cosa era finita lì.

Rosalba ne era consapevole: nel momento in cui avrebbero scoperto la sua fuga, per lei sarebbe stata la fine. Sarebbe rimasta in punizione per anni. La sua unica speranza era che se ne accorgessero dopo che aveva attraversato il Lightwater. Dopodichè non sarebbero più riusciti a trovarla. Avrebbero dovuto setacciare l’intero Enchantment.

La ragazza si alzò e cominciò a raccogliere le cose che le stavano più a cuore. Quasi si commosse nel riporre nella borsetta una sua fotografia insieme agli zii. Lei era al centro, splendente come sempre, Faust serissimo, Florence con un’espressione buffissima e Soren, malinconico e di profilo. Era l’unica foto in cui comparivano tutti loro, insieme. Sembravano così felici, sembravano… -Una famiglia- mormorò piano.

Rosalba ebbe un capogiro e dovette sedersi. Non era come aveva pensato. Non era affatto facile. Le si stringeva il cuore a doversi separare da loro, dall’unica famiglia che avesse mai avuto ma…doveva farlo. Doveva cercare la sua vera famiglia. Doveva capire perché l’avevano abbandonata, perché non erano lì insieme a lei.

Sua madre, suo padre, magari qualche fratello o sorella. Non poteva vivere nell’ignoranza. Doveva sapere.

Determinata a finire ciò che aveva iniziato prese il temperino e l’accendisigari che erano appartenuti a Florence e li infilò nella borsetta. Per ogni evenienza si disse. Prese poi un po’ di cibo che aveva avanzato dalla colazione, per non morire di fame. Infine ci mise tutti i suoi gioielli: una sottile catenella d’oro, due braccialetti, un paio di orecchini di zaffiri e un anello con diamante decorato col simbolo dei Rosenoir, una rosa nera. Glielo avevano fatto fare su commissione a un gioielliere di fiducia per il suo decimo compleanno.

-Da adesso anche tu puoi dire di essere una Rosenoir- le aveva detto Faust. Se lo mise al dito. Sebbene non lo portasse quasi mai, era troppo pesante per la sua manina delicata, non si sarebbe separata da quel gioiello per nulla al mondo. Era l’unico straccio di identità che aveva. Persino il suo nome poteva essere falso, per quanto ne sapeva.

Infine mise nella borsetta il denaro che aveva trovato nella stanza degli zii la mattina precedente, pressappoco trecento corone d’oro. Era una somma notevole, ma la ragazza sapeva che gli zii non ci avrebbero neppure fatto caso, vista la ricchezza smodata che possedevano.

Rosalba si sedette alla scrivania di mogano intarsiato e aprì l’ultimo cassetto: la lettera era lì. La prese e la depose proprio al centro dello scrittoio, bisognava essere ciechi per non vederla.

S’infilò i guanti  e gli stivaletti di pelle di daino, aprì la finestra e misurò ad occhio l’altezza. Saranno stati almeno dieci metri. Non poteva saltare, si sarebbe rotta qualche arto. E allora addio fuga. Però c’era un rampicante lì vicino che sembrava essere fatto apposta per il suo scopo. Rosalba sperò solo che riuscisse a reggere il suo peso.

Lanciando un’ultima occhiata alla stanza e rimpiangendo di non poter fare altro, mise le mani sul balcone e cominciò a scendere.

La pianta dondolava pericolosamente e Rosalba due o tre volte ebbe veramente paura di non farcela. Quando ormai mancavano solo pochi metri da terra, la ragazza inciampò e rimase bloccata a mezz’aria con la mano incastrata nel rampicante.

-Ma chi me l’ha fatto fare?- si domandò cercando inutilmente di liberarsi. Non le rimaneva altro da fare che lasciarsi cadere. Prese il temperino dalla borsetta, lo dicevo io che mi sarebbe servito!, e iniziò a tagliare la pianta. Quando vide che ormai la mano era libera, chiuse gli occhi e mollò la presa.

Cadde a terra con un tonfo, ma era incolume. A parte una leggera abrasione sul braccio sinistro, non riportava alcun danno. Raccolse temperino e borsetta e incominciò a correre, senza guardarsi indietro.

 

 

Due sole figure, oltre ai vari domestici, cameriere, valletti e maggiordomi, stavano camminando lungo il corridoio del Palazzo che portava dalla sala delle udienze agli appartamenti reali.

-Vostra Maestà, perdonate i miei modi bruschi, ma giudico inopportuno e imprudente rallentare i piani del Consiglio per attendere il parere di quei tre…-

La regina Clarisse scrollò leggermente le spalle –Mio caro Drenlincourt, so quanto vi stia a cuore il bene della Confederazione, ma credo di agire nella massima prudenza. Aspettare non farà certo male a Mr Goldwin e vorrei avere l’opinione di tutti i miei Consiglieri prima di decidere. Tutto qui, le pare azzardato forse?-

-Qualsiasi decisione prendiate siete sempre nel giusto. Mi rimetto interamente a voi, Vostra Altezza. –

James Drenlincourt cambiò discorso –Mr Goldwin ci ha fatto un’altra proposta. Non vorrebbe un’alleanza solo militare, ma un’unione che ci leghi indissolubilmente al suo paese. In poche parole Maestà, vorrebbe un’unione coniugale tra Mr Horace Goldwin e Sua Altezza Scarlett Mary Elizabeth, principessa ereditaria e duchessa di Greylight.-

-Un matrimonio? Tra l’erede di Mr Goldwin e mia figlia?- La Regina non riusciva a credere alle proprie orecchie.

-Esatto Maestà.-

-Ma Scarlett non vorrà mai un matrimonio combinato! Non sogna altro che l’amore…-

-Perdonate Maestà, ma sono convinto che Lady Scarlett saprà rinunziare a uno sciocco sogno adolescenziale per il bene del Regno di Enchantment…-

-Ne sono certa! Ma io non obbligherei mai mia figlia ad abbandonare tutto per sposare uno sconosciuto e vivere insieme a lui nel Continente, che nessuno di noi ha mai visitato peraltro.- La Regina si stava pericolosamente spazientendo.

Il presidente sembrò un po' innervosito –Vi prego di considerare che stiamo parlando della sicurezza del Paese, non di castelli in aria…-

La Regina lo squadrò con astio -E io vi prego di considerare, Lord Drenlincourt, che stiamo parlando di mia figlia, non di una qualunque ragazza di Enchantment!-

Drenlincourt fece un inchino –Vi prego di scusarmi, Vostra Maestà. Ho parlato senza riflettere.-

-Scuse accettate, Signor presidente.-

 -Chiedo formalmente il permesso di ritirarmi, Vostra Altezza.- Il tono di Drenlincourt sembrava sinceramente dispiaciuto.

-Permesso accordato.-

James Drenlincourt fece un altro inchino e si allontanò lungo il corridoio.

Quando la Regina giunse ai suoi appartamenti congedò le sue cameriere personali.

Aveva molto su cui pensare e non tutto le era congeniale. Soprattutto la storia del matrimonio combinato; non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, tantomeno alla sua unica figlia. Quello che era successo a lei le faceva da esempio: era stata costretta a sposare un uomo molto più vecchio e che non la amava, non era riuscita ad avere figli e si era infine rifugiata tra le braccia del suo amante, suo cognato. Aveva causato una guerra che aveva portato Enchantment alla rovina, aveva avuto una figlia che era scomparsa.

Fortunatamente sua sorella non aveva mai avuto alcun sospetto e quando era morta, stroncata in giovane età da una gravissima malattia, era morta col sorriso sulle labbra.

Dopodichè il Re, rimasto vedovo, l’aveva sposata. Ed era nata Scarlett.

Quello fu l’unico periodo veramente felice della sua vita, ma non durò a lungo. Ben presto il Re morì, e insieme a lui la Regina seppellì anche il suo cuore.

Non avrebbe mai costretto anche Scarlett ad accettare un simile destino. Non l’avrebbe mai forzata a vivere desiderando di morire, a provare tutto quello che aveva provato lei.

Aveva perso già una figlia, non ne avrebbe persa un’altra.

La Regina ebbe una stretta al cuore. La sua primogenita. Non aveva idea di dove fosse, di come si chiamasse… non so nemmeno se è viva o… A quel pensiero le salirono le lacrime agli occhi. Ma le ingoiò. Lei era la Regina, non poteva permettersi di avere crisi isteriche come una qualunque donnetta. Lei era una donna forte. Il passato era il passato, e, ora come ora, lei doveva pensare esclusivamente al presente.

Qualcuno bussò alla porta. La Regina tirò su il mento –Avanti.-

Una domestica con un plateau in mano fece capolino dalla soglia –Perdonatemi Vostra Maestà, ma Mr Drenlincourt mi ha chiesto di portarvi del tè. Ha detto di avervi vista molto scossa e che questo vi avrebbe tranquillizzata.-

Senza aspettare una risposta la domestica depose il vassoio sul tavolino, fece una riverenza e se ne andò.

La Regina sorrise ironicamente mentre si portava la tazzina alle labbra –Perfetto…adesso anche il signor Drenlincourt teme per la mia salute psicofisica.-

 

 

Florence era perplesso -Allora, qui c’è scritto che servono sei uova e trecento “g” di zucchero… Ma non spiega da nessuna parte cosa significhi esattamente questa “g”.-

Faust lo guardò disgustato –Grammi, vuol dire grammi, ignorante.-

-Ottimo, bastava dirlo. Quindi trecento grammi di zucchero e sei uova… dove le troviamo le uova?-

Faust schioccò le dita e quelle comparvero immediatamente.

-Ecco… benissimo… ora dice di rompere le uova in una ciotola e di aggiungerci lo zucchero. Soren, fallo tu…-

Soren lo guardò allibito –Ed esattamente come si rompe un uovo?-

-Beh, immagino tu debba… ecco… romperlo? Prova a sbatterlo sul tavolo…-

Soren eseguì e l’uovo si ruppe, facendo scivolare il tuorlo sul pavimento.

Faust provò per la prima volta nella sua vita, ma non certamente l’ultima, il cocente desiderio di uccidere qualcuno –Ma siete veramente due idioti!-

Prese le uova e le ruppe una ad una dentro la ciotola, davanti allo sguardo ammirato dei fratelli. Poi incorporò lo zucchero e cominciò a miscelare. 

Si rivolse a Florence –Adesso mescola. E non smettere finché non te lo dirò io.-

Mentre questi svolgeva l’ordine, egli amalgamò la farina, il lievito e il burro fuso.

Infine aggiunse il cioccolato e l’impasto divenne scuro.

-Ora questo lo mettiamo nel forno e voi me ne fate altri due, uno nero e uno bianco.-

Detto questo se ne andò, lasciando i due giovani sbalorditi.

-Ma diceva sul serio?- chiese Soren.

-Penso proprio di sì… su dai, rimbocchiamoci le maniche e dimostriamo a Mr Perfettino che non siamo due completi stupidi.-

Prese una ciotola vi mise uova, zucchero, farina e burro.

Mescolò e rimescolò, ma il suo impasto assumeva sempre più una consistenza granulosa e collosa; niente a che vedere con il composto del fratello.

Soren aveva un’aria nauseata -Sei sicuro che debba venire così? Non mi sembra molto invitante…-

-Ma certo! – disse Florence con convinzione.

Depose il tutto in una teglia e lo mise sul fuoco, come aveva fatto Faust.

Ne preparò un altro, a cui però aggiunse il cioccolato. Questa volta l’impasto sembrava così appetitoso che Soren arrivò addirittura ad assaggiarlo.

-Come ti sembra?- Florence sembrava fiducioso nelle sue abilità culinarie.

Dopo averlo provato Soren assunse un’espressione schifata e sputò la poltiglia addosso al fratello.

-Ma che diavolo ti prende?- inveì l’altro, cercando di ripulirsi.

-Cosa mi prende? Mi prende che fa schifo, ecco cosa. È assolutamente disgustoso! Ma ci hai messo il sale dentro?-

-Sale?- Florence assaggiò il composto- Oh diavolo… che abbia sbagliato barattolo?-

Subito dopo essersi reso conto dell’errore, una smorfia di terrore si impadronì del suo volto –è la fine. Faust ci ucciderà.-

-Ti ucciderà vuoi dire… io non ho fatto nulla.-

-Morirò- gemette il fratello.

Soren annusò l’aria -Ma cos’è questo odore? Sembra quasi che qualcosa si stia…-

Entrambi i fratelli si guardarono sgomenti –BRUCIANDO!- urlarono all’unisono.

Si precipitarono a togliere le teglie dal forno a legna, ma ormai i due impasti erano carbonizzati.

-Sono morto- si lamentò Florence in un tono che avrebbe fatto rabbrividire un morto.

In quel momento la porta si aprì –Ehilà! Sono tornato! Avete fatto quello che vi avevo chiesto?-

I due fratelli lanciarono un grido acuto. Soren si riprese per primo –Ehi Faust! Che dici andiamo a fare una passeggiata? Il sole è splendente, gli uccellini cantano…-

Faust lo guardò sbigottito -Ma ti sei completamente fuso il cervello? Sono le nove di sera, non c’è il sole e gli uccellini non cantano…-

Soren fece un sorriso palesemente falso -Ehm, sì! Lo so benissimo, era così per dire…-

-Cosa mi state nascondendo?- chiese Faust sospettoso –E perché Florence se ne sta lì in piedi imbambolato a fissarmi?-

Tentò di avvicinarsi, ma Soren gli bloccò  la strada –Ehm…ecco lui…lui…ti trova meraviglioso, e non riesce a staccarti gli occhi di dosso.- sputò tutto d’un fiato.

Faust lo guardò. Poi guardò il fratello –Mi stai prendendo in giro?-

-Nooo, io non… oserei mai!-

-Sarà meglio per te…-

In quel momento Florence cercò di riprendersi e sorrise a denti stretti a Faust.

-Mi trovi meraviglioso eh?- ripeté lui, si accostò al tavolo da lavoro e vide ciò che non avrebbe dovuto vedere.

-Voi! Voi! Siete due… Io dovrei… Trattenetemi, altrimenti…- proruppe infuriato –Tutto il mio lavoro distrutto e…e… cos’è questa schifezza?- chiese prendendo la ciotola con l’impasto crudo.

Florence iniziò –Ecco, io posso spiegarti tutto…-

-Non mi devi spigare proprio niente! Ho già capito: siete due imbecilli!- dicendo questo rovesciò l’intero contenuto della ciotola addosso a entrambi.

In seguito schioccò tre volte le dita e tre impasti già cotti comparvero all’improvviso.

-Tu- disse indicando Soren – prendimi la crema…-

Il fratello, ricoperto dalla poltiglia collosa, protestò –Ma a Rosie non piace la crema!-

Faust lo guardò sprezzante- Ah sì? E cosa le piace allora?-

-Il cioccolato! Quindi dobbiamo farcire la torta con quello…-

-Beh noi useremo la crema invece.- Faust fece per prendere la tazza, ma Soren glielo impedì.

-Cioccolato ho detto!- replicò tirando la tazza contenente la crema dalla sua parte.

-Crema!- sbraitò l’altro, tirando dalla parte opposta.

Vedendo i due fratelli contendersi furibondi una scodella di crema Florence riacquisì finalmente il completo dominio di sé.

-Se volete vado a chiedere direttamente a Rosie cosa preferisce…- propose mormorando.

-Vai!- gli urlarono entrambi all’unisono.

Florence si precipitò su per le scale, con i capelli ancora incrostati di impasto, e bussò alla stanza della ragazza.

-Rosie… Rosie, dimmi preferisci la crema o il cioccolato?-

Non udendo nessuna risposta bussò nuovamente- Rosie! Rosie, aprimi!-

Nemmeno un segno di vita giunse dalla camera –Rosie? Rosie, ci sei?-

Sempre più preoccupato aggiunse –Rosalba, apri subito questa dannata porta!-

Infine, con una spallata la buttò giù, ed entrò nella stanza.

Due minuti dopo Florence piombò al piano inferiore, agitato e confuso, con una lettera in mano.

-Cos’è successo adesso?- chiese Faust.

-Fratelli, abbiamo un problema: Rosalba è scappata!-

La ciotola cadde sul pavimento, rompendosi in mille pezzi.

 

 

Angolo dell’autrice: Ehilà! Chiedo umilmente perdono per l’immenso ritardo, ma ho avuto simulazione di terza prova e non ho proprio avuto tempo di aggiornare…so sorry…

Spero che questo capitolo vi piaccia! Mi raccomando fatemi sapere le vostre opinioni!

Colgo inoltre l’occasione di ringraziare Lilith in Capricorn e Fantasy Heart, per il loro sostegno…Grazie mille! :)

Al prossimo capitolo! Baci :*:*

Lady Windermere <3

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Capitolo Tre

 

 

 

 

Correre. Correre. Correre. Rosalba sapeva bene che questa era la sua unica speranza. Se non fosse arrivata al fiume in tempo… se l’avessero riacciuffata… sarebbe stata la fine.

La fine di tutte le sue speranze, di tutti i suoi sogni, di tutti i suoi desideri.

Per questo semplice, ma convincente motivo, la nostra fuggitiva corse a perdifiato nella Foresta, seguendo il sentiero che portava al Lightwater.

La notte era cupa, nemmeno uno sprazzo di luna filtrava attraverso gli alberi. Creature di ogni genere, dimensione e forma facevano capolino tra le fronde. Civette che lanciavano il loro richiamo all’oscurità, piccoli roditori che si aggiravano furtivi in cerca di cibo, insetti notturni che svolazzavano qua e là, senza una meta. Ma c’era anche dell’altro in quella foresta.

Rosalba si sentiva osservata, esaminata, scrutata. Sarebbe stata una facile preda per un qualsiasi animale feroce di passaggio, figuriamoci per una Creatura della Notte.

Non aveva mai prestato attenzione alle leggende riguardanti la Foresta di Greenwood, ma ora, mentre si stringeva le braccia intorno al corpo per il freddo, lo avrebbe fatto più che volentieri.

Il rumore dei suoi passi veloci si percepiva distinto nell’immensa vastità di suoni che la circondavano: fruscii,ronzii, scricchiolii… un lugubre gemito si inerpicò rapido tra gli alberi. Rosalba ebbe i brividi e aumentò la velocità. Prima fosse uscita da quel posto, meglio sarebbe stato. Purtroppo però la nostra sprovveduta eroina non aveva fatto i conti con una delle esigenze primarie della specie umana: il bisogno urgente e necessario di dormire.

Le palpebre le crollavano pesanti sugli occhi, si reggeva in piedi a malapena ormai. L’ansia e lo stress conclusero il lavoro e ben presto la ragazza si sentì esausta. Da quant’è che sto correndo? Un’ora? Due? Basta. Ho bisogno di dormire. Ora che aveva finalmente preso questa saggia decisione, Rosalba si pose un problema non meno impegnativo. E dove dormo scusa? Per terra? Su queste foglie sudice e umide? Chissà cosa si nasconde qui sotto… insetti, vermi, serpenti… non voglio nemmeno pensarci… che schifo! Ci rammarica infatti ammetterlo, ma la nostra protagonista è una ragazza alquanto schizzinosa. Malauguratamente per lei però non c’erano una casetta di contadini o una piccola locanda dove poter passare la notte.

-Dannazione!- imprecò, e qui sfortunatamente dobbiamo anche confessare che la nostra giovinetta qualche volta, ma badate, solo qualche volta, si lascia trasportare dalle passioni e si serve di un eloquio, diciamo così, poco forbito.

Adesso devo anche dormire sulla nuda terra! Mi infangherò tutto il vestito… e pensare che mi calza così bene… ma chi mai me l’ha fatto fare?

Nonostante queste vive proteste, alla fine Rosalba si costrinse a sedersi sul terreno fradicio di umidità. Prese l’accendisigari e tentò di accendere un fuocherello con i legnetti che aveva trovato lì intorno. I legnetti in questione erano tuttavia bagnati e  da loro non si levò neanche uno sbuffo di fumo.

Rassegnata all’idea di una notte all’addiaccio tra freddo, fifa e formiche, si raggomitolò su sé stessa e, incurante, o più probabilmente ignara, del pericolo che costituiva il dormire tutta sola in una foresta colma di creature di ogni tipo, si lasciò vincere dal sonno, il quale, bisogna pur dirlo, ebbe una facile vittoria, poiché la nostra povera Rosalba non gli oppose alcuna resistenza e meno di dieci secondi dopo già russava.

∞​

La Regina Clarisse non aveva mai creduto che qualcosa la potesse turbare, dopo tutto quello che aveva passato nella sua vita. Disgraziatamente nessuno si era preso la briga di informare di questo sua figlia.

Lady Scarlett Reverton entrò di tutta furia nelle stanze della madre, svolazzando in una nuvola di tulle e merletti.

-Perché, perché nessuno, e tu per prima, mi ha riferito che devo sposarmi? Sono abbastanza grande per decidere per conto mio della mia vita. Devi smetterla di tenermi all’oscuro di tutto!-

La Regina Clarisse evidentemente era in errore. Questo l’aveva turbata.

-Mia cara, non avevo alcuna intenzione di tenerti all’oscuro, come dici tu, ma volevo solamente essere certa della notizia prima di fartela sapere. E comunque tu non devi sposarti, non per forza almeno.-

-Come sarebbe a dire che non devo sposarmi? Io voglio sposarmi!-

Anche questo turbò la nostra beneamata sovrana, che non nascose il suo stupore alla figlia –Ma Scarlett, è uno sconosciuto, vive oltre l’Oceano, non puoi dire sul serio!-

-Intendo dire ciò che ho detto. Io voglio sposare Mr Horace Goldwin.-

-Ma non l’hai nemmeno mai visto!-

Lady Scarlett sbuffò –Madre, non sono più una bambina, non inseguo più un sogno che non potrà mai realizzarsi.-

La madre s’insospettì –Ma se non lo fai per amore, perché vuoi sposarlo?-

-So bene qual è il mio ruolo a Palazzo. Lord Drenlincourt mi ha messa al corrente della situazione e giudico saggio assecondare ogni richiesta di Mr Goldwin. Per questo motivo, per il benessere del Paese, lo faccio. Null’altro.-

-Ascolta, non so cosa ti abbia detto Lord Drenlincourt, ma la situazione non è come sembra, non dobbiamo per forza accettare l’alleanza di Goldwin! Non è detto che dietro ci sia un pericolo che non possiamo affrontare da soli!-

La ragazza batté il piedino sul pavimento -Ho già preso la mia decisione, madre. Nulla di ciò che mi dirai mi farà cambiare idea. Mi sono resa conto di dover qualcosa al Paese, in quanto futura regina. Non posso abbandonare Enchantment quando ha più bisogno di me! L’unico sacrificio che mi si chiede è di sposarmi, sarò ben lieta di farlo se questo sarà utile al mio popolo.-

-Ma sei ancora così giovane…- tentò inutilmente la Regina.

-Ho quindici anni madre! Alla mia età tu eri già sposata da un anno!-

-Sì, e hai visto a cosa sono andata incontro, tu vuoi fare la mia stessa fine?-

Lady Scarlett serrò le labbra –Questo è un rischio che sono pronta a correre.-

-E allora non posso più fare nulla per aiutarti, figlia mia.-

-Non ho bisogno di aiuto. Né ora né mai.-

Con queste parole prese congedo dalla madre e si allontanò a passi sicuri lungo il corridoio. La Regina rimase immobile finché non sentì più il ticchettio delle sue scarpe sul pavimento.

Aveva perso sua figlia, di nuovo.

∞​

-Come sarebbe a dire è scappata?- domandò Faust.

-Sarebbe a dire che è fuggita, si è volatilizzata, se l’è data a gambe!- replicò Florence seccato.

-Ma ne sei sicuro? Al cento per cento?- chiese Soren.

-Sicurissimo, com’è vero che sono vivo. Leggete, se non volete credermi.- Diede la lettera ai fratelli.

-Beh, sicuramente l’ha scritta lei- disse Faust dopo averla esaminata.

-Sì è proprio il suo stile…- confermò Soren.

-Ma perché? Perché l’ha fatto? Per andare dove poi? E con chi?- Florence stava praticamente urlando.

-Non lo so fratello, non lo so- gli rispose Faust –Ma ti posso assicurare che lo scoprirò.-

-Dobbiamo sbrigarci, ha un paio d’ore di vantaggio su di noi, come minimo. Se vogliamo riprenderla…-

Soren lo interruppe –Rosalba non lo permetterà mai.-

-Non possiamo lasciarla là fuori, tutta sola, di notte, in mezzo alla Foresta! Sappiamo meglio di chiunque altro che è in pericolo! Se qualcuno scoprisse la sua vera identità…-

-Calmati Florence, nessuno sa chi è Rosalba, e nessuno può scoprirlo- ribadì Faust.

-Non è detto! Tempi bui si avvicinano per Enchantment, il Continente ha richiesto la nostra alleanza, si sta preparando ad affrontare qualcosa di grosso, molto grosso. E Rosie, la nostra Rosie, è scappata. Non possiamo lasciarla in pericolo!-

Soren intervenne –Flo, dai calmati, non è possibile che sia in pericolo. È grande, sa badare a se stessa…-

Florence aveva le lacrime agli occhi -Tu non puoi saperlo! E lì in mezzo alla Foresta neanch’io sarei al sicuro!-

Faust si rivolse al fratello –Ma sappiamo che ormai non riusciremo più a raggiungerla. Ora come ora l’unica cosa che possiamo fare è cercare di prevedere le sue mosse. Probabilmente si starà recando nella Capitale, ha sempre voluto andarci. Io penso che dovremo andarci anche noi, a Lonliness sarà più facile rintracciarla.-

-Non possiamo usare la magia?- chiese Soren.

-Non senza un oggetto caro alla persona scomparsa. E credo che lei se li sia portati via tutti.-

-Qualsiasi cosa dobbiamo fare, facciamola- concluse Florence- E facciamola in fretta.-

Faust annuì -Ti giuro che farò tutto ciò che è in mio potere per ritrovarla, non eri il solo ad essere affezionato a Rosie…-

-Tutti noi lo eravamo- ribattè Soren.

-E se qualcuno le fa del male nel frattempo?- domandò allarmato Florence.

Soren strinse i denti- Sarà meglio per lui di non trovarsi nei miei paraggi, perché sennò non sarò più responsabile delle mie azioni.-

-E se per caso non è diretta a Lonliness?- continuò il fratello.

Faust rispose al suo posto –Beh, se così fosse, non avremmo più molte speranze, se non nessuna, di ritrovarla.-

Florence strinse i pugni –E allora così non sarà. Forza fratelli, Lonliness aspetta solo noi!-

Detto questo sparì e gli altri due lo imitarono all’istante.

∞​

Il sole era ormai alto nel cielo quando Rosalba aprì gli occhi. Non che lei riuscisse a vederlo con tutti quei rami e quelle foglie. Quanto avrò dormito? Mah…però dev’essere mattina a giudicare dalla luce. Anche se qui se ne vede pochissima, comunque. Si alzò in piedi e si scrollò il vestito. Lo dicevo io che si sarebbe rovinato…non potrò più metterlo. Con questa triste riflessione Rosalba riprese il suo cammino.

Con la luce del giorno era tornata anche la sua sicurezza, quindi passeggiava tranquillamente per il sentiero, osservando ciò che la circondava. La notte prima non era riuscita a scorgere la bellezza della Foresta, impegnata com’era a battere i denti, per la paura principalmente, e per il freddo; ma ora le cose erano diverse. O, almeno, lei le vedeva diverse.

Le fronde degli alberi non assomigliavano più agli artigli di una strega, gli animaletti che le gironzolavano qua e là non erano più bestie spaventose, i suoni che udiva ogni tanto non sembravano più lamenti di morte. Tutto era più colorato, più luminoso…più attraente.

La brezza mattutina le accarezzava il viso e faceva ondeggiare i suoi capelli ormai completamente sciolti. Rosalba ascoltò il ritmo della natura: il rumore delle foglie secche che si rompevano sotto il suo peso, il frinire dei grilli, il cinguettare degli uccellini, il tramestio del sottobosco. Non era un’amante delle scampagnate all’aria aperta, ma quanto vide le piacque. Tutto sommato non è male…però se non fossi costretta non ci passerei molto tempo, questo è certo. In quel mentre un bruco le cadde su un braccio e la Foresta perse così una fervida ammiratrice.

-Che schifo! Che schifo! Che schifo! Vattene via!- Trattenendo l’impulso di dare di stomaco, Rosalba lo prese con una foglia e lo gettò il più lontano possibile da lei. Ormai la natura aveva perso ogni attrattiva. Continuò a camminare, ma sempre all’erta, nel caso che qualche “disgustoso e inutile” animale le concedesse l’onore di una visita. Povera me! Dovrei essere in un castello, non nel mezzo di un bosco. Giuro che, quando sarà finita, non ci metterò mai più piede in questa stupida boscaglia.

La nostra cara, carissima protagonista camminò e camminò per ore, e il sole stava già calando quando si rese conto di aver trascurato un altro bisogno necessario alla sopravvivenza della specie umana.

Il brontolio del suo stomaco le confermò di avere fame. Purtroppo però il poco cibo che si era portata era stato mangiato da qualche animaletto durante la notte. Quanto sono sfortunata, dannazione! E, poverina, aveva ragione.

Un rumore arrivò alle sue orecchie. Era simile al brontolio del suo stomaco, ma molto più forte…

 -Beh non può essere stato il mio stomaco…- riflettè ad alta voce.

-Infatti era il mio di stomaco, e tu sarai ciò che lo placherà, piccola, cioè il mio pranzo.- disse un’orrenda voce gutturale dietro di lei.

Rosalba si girò spaventata e la creatura le appioppò una sonora bastonata in testa, facendola svenire. Prima di perdere conoscenza la ragazza riuscì a vedere un orribile grugno sogghignante tendente al giallognolo con due zanne acuminate al posto dei denti, una corporatura tozza e tarchiata e due enormi piedi pelosi. Troll! fu il suo ultimo pensiero.

∞​

Lady Scarlett si aggirava tempestosa per i corridoi del Palazzo, senza una meta. Dire che era tormentata era dir poco. Le sembrava di avere la testa in fiamme. Sembrava proprio che i problemi fossero attratti da lei, vistane la quantità che si riversava su di lei.

Un mormorio indistinto però la fece trasalire. La ragazza si voltò.

Nascosto da una porta semiaperta stava un bel giovane biondo, sui diciassette anni, uno degli stallieri a giudicare dai vestiti, macchiati e sgualciti.

La principessa parve conoscerlo. Si diresse rapidamente verso di lui e lo fece entrare nella stanza vuota, chiudendo poi rapidamente la porta  alle sue spalle.

-Andrew! Cosa ci fai qui? Ti ho già detto che se ci vedono insieme…- proruppe la giovane,

ma non riuscì a finire la frase perché il ragazzo le chiuse la bocca con un bacio. Per un lungo istante Scarlett si lasciò andare, ma riacquistò ben presto il dominio di sé.

Si staccò bruscamente da lui.

-Non posso fare certe cose. Non più almeno- disse in tono accusatorio.

Il ragazzo la guardò, inclinando la testa da un lato –Perché?-

-Sto per sposarmi, Andrew- Il tono della ragazza non poteva essere più serio.

Negli occhi nocciola del giovane sfilarono diverse emozioni: sorpresa, meraviglia, delusione, ma fu la rabbia ad avere la meglio –Ah sì? E con chi si può sapere?-

-Con Mr Horace Goldwin.- Vedendo la sua espressione afflitta aggiunse –Devo, Andrew. Devo farlo. Tutti se l’aspettano da me. Non posso tradire la loro fiducia. Non posso tradire Enchantment.-

-E per non tradire il paese preferisci tradire me allora…- La voce del ragazzo suonava dura e aspra alle orecchie della ragazza.

-Andrew, non è una mia scelta. Io non…- cercò di spiegare la giovane.

-Sì che puoi, Scarlett! Non inventarti scuse con me. Sei la Principessa, puoi fare ciò che vuoi.-

Lady Scarlett si scaldò –Non è vero, e lo sai meglio di me! Essere una principessa comporta dei doveri che tu nemmeno immagini. Non posso deludere il mio popolo!-

-Mi stai dicendo che ti hanno obbligata? Che ti hanno costretta a dire sì?- chiese lui dubbioso.

La ragazza diventò rossa per l’imbarazzo –Beh…No…Ma…-

Il giovane le rivolse un’occhiata carica di amarezza -E allora è stata una tua scelta. Volevo solo sapere questo, Lady Scarlett. Ora so che non sono mai stato altro che un passatempo per te.-

La principessa era furiosa –Se è questo che pensi di me allora non abbiamo più niente da dirci. Addio.-

Fece per andarsene.

-Aspetta!- la sua voce sembrava affannata.

Scarlett si fermò davanti alla porta, con la mano sulla maniglia.

-Scarlett, aspetta… dimmi solo questo, poi potrai andartene e non dovrai vedermi mai più…- le si avvicinò lentamente –Scarlett, mi ami?-

La giovane sembrò interdetta. Cercò di uscire, ma il ragazzo appoggiò la mano sulla porta, impedendole di aprirla.

-Rispondimi. Tu mi ami?- le chiese impercettibilmente all’orecchio.

Lei rispose in un sussurro a malapena udibile –No.-

Si voltò a guardarlo negli occhi –No, Andrew. Non ti amo. Né ti ho mai amato- ripeté più forte.

Il ragazzo sembrò incassare uno schiaffo e si ritrasse bruscamente da lei, ferito.

-Non sei mai stato altro che un capriccio, un passatempo, come hai detto tu stesso.- continuò distrattamente.

Vedendo la sua espressione angosciata, la principessa dovette forzare se stessa a non rivelargli la verità.

L’ho perso. L’ho perso per sempre. Non si può tornare indietro.

-Allora tutto quello che c’è stato tra noi…- mormorò mestamente.

Cercando disperatamente di sembrare indifferente la ragazza si affrettò a finire la frase –Io l’ho già dimenticato. È ora che lo faccia anche tu.-

Gli occhi del giovane la fissarono con malinconia –Non potrò mai dimenticare.-

Scarlett fece un gesto con la mano, come se stesse scacciando un insetto –Beh, dovrai farlo. Ora sarà meglio che io vada, non vorrei mai che mi vedessero qui, insieme a te- concluse altezzosa.

Il ragazzo alzò una mano, come se cercasse di afferrare le sue dita –No, resta con me per favore.- Il suo sguardo la supplicava, la implorava di rimanere.

La principessa si morse le labbra –Non ho più niente da dirti, sguattero.-

La staffilata ebbe l’effetto desiderato e il giovane alzò la testa di scatto, guardandola pieno di disprezzo e di rabbia –E allora non vi trattengo di più, Vostra Altezza.-

Scarlett si voltò in fretta e scappò via correndo. Il dolore le si rovesciò addosso tutto d’un tratto e le lacrime le scesero copiose sulle guance. Non riuscì più a trattenersi e si accasciò a terra singhiozzando.

È finita, è finita ormai. Non vorrà vedermi mai più. Non ritornerà mai da me. Non mi amerà di nuovo dopo quello che gli ho fatto.

La principessa deglutì. L’ho fatto per il suo bene. L’ho fatto per il bene di Enchantment.

A questa considerazione la futura regina si rialzò da terra e si diresse risoluta verso i suoi appartamenti.

∞​

Soren fu il primo ad arrivare in città. La Capitale era sempre la stessa, confusionaria, disordinata, rumorosa. Ma niente in confronto alla City.

Dopo qualche secondo arrivarono anche gli altri.

Faust si guardò intorno –Era da molto tempo che non venivamo in città eh?-

Florence annuì –Sarà difficile trovare Rosie in mezzo a questo caos.-

In effetti la parola “caos” era proprio azzeccata. Carrozze e cavalli erano ovunque. Le case erano addossate le une sulle altre e la città era decisamente sovraffollata.

-Mai detto niente di più vero purtroppo…- ammise Soren.

Faust prese in mano la situazione –Allora, soggiorneremo nel castello del Reggente di Melancholy. Ho già provveduto ad avvisarlo. Quando arriveremo lì, ci dedicheremo giorno e notte alla ricerca di Rosalba.-

Il castello non era molto distante dal centro, perciò i tre decisero di recarvisi camminando. Intanto si stupivano della moltitudine di gente che soggiornava o passeggiava nei dintorni. Signore che chiacchieravano nel parco, ragazze con rispettive chaperon, gentleman distinti, giovani rampolli dell’aristocrazia di Lonliness, e tutto il resto delle persone che possono vivere in una città, mendicanti, pover’uomini, orfani e vagabondi.

Ben presto arrivarono nel quartiere alto della città, quello destinato esplicitamente all’élite, o tutt’al più alla borghesia arricchita. Lì le abitazioni, molto più grandi, non erano più accatastate insieme e le strade erano meno gremite. La sporcizia era il solo fattore in comune con la periferia.

Infine arrivarono finalmente davanti al castello. Era abbastanza piccolo per essere un castello, ma ugualmente magnifico. Era un tutt’uno con la collina da sopra la quale sovrastava Lonliness. Le guglie svettavano maestose nel cielo e l’edificio era circondato da un enorme parco.

Una sentinella li vide e dopo essersi informata sulle loro identità li lasciò entrare. Dentro era ancora più opulento, se possibile. In stile barocco, un po’ fuori moda per l’epoca, ma sempre molto d’impatto, il castello era un susseguirsi di stanze e colonne, interamente dorato e sfarzosamente arredato.

Florence fischiò –Al Reggente piace essere notato eh?-

Una voce risuonò alle sue spalle –Puoi ben dirlo!- seguita subito dopo da una risata cristallina.

-Julien!- esclamarono stupiti i tre fratelli.

-Ma cosa ci fai tu qui?- chiese Faust –Non dirmi che tu…-

Julien lo guardò divertito –Che sono cosa? Il Reggente? Ne sono legittimamente convinto, caro mio. Ne ho fatta di strada eh? E voi avreste saputo per primi della mia nomina se non vi foste decisi a rimanere segregati a Greenwood per più di quindici anni.-

Soren lo guardò –Ora dobbiamo chiamarti Vostra Grazia forse?-

Julien rise di nuovo –Vuoi scherzare spero… sono sempre io, il principino viziato di un tempo!-

Era molto giovane, sì e no sui vent’anni, e molto affascinante. Questo costituiva un piccolo problema, visto che non era sposato, né fidanzato. Non era classicamente bello, ma i suoi modi suadenti e il suo sguardo malizioso e ardente gli valevano questo appellativo.

-Allora cosa vi porta da queste parti? Faust è stato molto evasivo al riguardo nella sua lettera- continuò il Reggente.

-Abbiamo una ricerca segreta da svolgere. E deve restare tale- rispose Florence più bruscamente di quanto volesse.

Il giovane scrollò le spalle –Qualunque cosa riesca a scacciare la mia noia è bene accetta. Se avete bisogno di me, sono nella sala del trono. Ho un’udienza a cui non posso mancare, purtroppo.-

Strizzò l’occhio ai tre, girò l’angolo e li lasciò soli.

Mentre un maggiordomo li conduceva nei loro appartamenti, Soren commentò –Siamo stati troppo tempo lontani dal mondo temo. Dovremo adeguarci ai cambiamenti che sono avvenuti in quindici anni… prendete Julien, era un ragazzino quando ce ne andammo.-

-Sì, sarà difficile- confermò Florence.

Faust sbuffò –Sì beh, può darsi. Non abbiamo tempo per queste cose, abbiamo una ragazza da trovare.-

∞​

La quale in quel momento desiderava ardentemente essere trovata.

Dopo che aveva perso conoscenza, il troll l’aveva portata in una radura nascosta dagli arbusti, dove si accingeva a pranzare.

 Aveva legato Rosalba ad un albero e ora si stava dedicando a pulire qualche radice, che avrebbe fatto da contorno alla pietanza principale, cioè lei.

Rosalba temeva il momento in cui avrebbe finito di sbucciare tuberi e avrebbe iniziato a sbucciare lei. Legata com’era non riusciva a prendere in fretta il temperino nella borsetta appesa alla cintura del vestito e dubitava che ci fosse qualcuno che sentisse le sue urla e fosse disposto a liberarla.

Che morte orribile! Mangiata da un volgare troll… In quell’istante il troll concluse la sua occupazione e si alzò in piedi. Le sorrise. A Rosalba si rivoltò lo stomaco. Era talmente disgustoso…

-Bene bene signorina… adesso sentiamo se è saporita eh?- e le si avvicinò minaccioso.

Rosalba cercò di guadagnare tempo –So-sono sicura di essere più bu-buona se vengo cucinata a fuoco lento- balbettò.

-Come dici?- Oltre che disgustoso anche stupido. Meglio per me.

-Fidati di me. Prepara un bel fuoco e poi arrostiscimi. Sentirai che saporino…-

Il troll parve dubbioso. La ragazza gli fece un sorriso smagliante.

-Se lo dici tu…- concluse, allontanandosi a cercare della legna da ardere.

 Rosalba tirò un sospiro di sollievo. Purtroppo per lei il sollievo non durò a lungo.

Rosalba non aveva fatto in tempo a liberare la mano per prendere la borsetta, che il troll era già di ritorno.

Era perduta. Rassegnata all’idea di morire abbrustolita, la ragazza chiuse gli occhi e si preparò al peggio.

-Vedo che qui si banchetta… posso prendere parte anch’io al ricevimento?- Una voce squillante le fece riaprire un occhio.

Un giovane bellimbusto in rendigote e cappello a cilindro era appoggiato a un albero e faceva roteare vorticosamente il bastone da passeggio.

Il troll sembrò sbalordito dal fatto che qualcuno osasse interrompere il suo pranzo e rimase immobile.

-Beh, stupida bestia, che ti prende? Hai paura?- lo provocò audacemente il giovane damerino.

Il troll si riscosse e gli si scagliò addosso con una violenza inaudita, ma il ragazzo lo evitò scansandosi rapidamente. Aveva una velocità incredibile e riusciva a schivare ogni bastonata che il troll cercava di infliggergli. Intanto la nostra eroina aveva agguantato il temperino e cercava di tagliare le funi che la tenevano bloccata osservando stupefatta quella girandola di movimenti rapidissimi e incredibili acrobazie che il giovane compieva. Sembrava divertito o era solo una sua impressione?

Infine, forse stanco forse annoiato, il ragazzo bloccò il braccio della creatura con una mano, tenendolo fermo in alto. Rosalba si stupì della sua forza.

Ma non rimase stupita a lungo. Infatti il giovane aprì la bocca, da cui spuntarono due bianchissime zanne e si avventò alla gola del troll.

Dopo qualche secondo, la ragazza giurò in seguito di averlo sentito succhiare, il troll cadde a terra, morto.

Il giovane si riassettò le vesti, si rimise il cappello sulle quarantatrè, gettò il bastone ormai inutilizzabile con rimpianto, si osservò la camicia, prima bianchissima ora macchiata di un liquido viscoso e scuro e parlò ad alta voce – Mi sono rovinato la camicia, dannazione- ma non sembrava molto dispiaciuto.

In quel momento l’attenzione della ragazza si portò sul viso del giovane, bianchissimo, affilato, con i capelli scurissimi che gli ricadevano sulla fronte, in disordine per la lotta, e gli occhi…ro-rossi?

Vampiro. Formulò automaticamente la sua mente. Alto potenziale di pericolo.

 Lui sputò per terra davanti allo sguardo attonito di Rosalba, ormai del tutto libera.

-Sangue di troll… che schifo…-

Poi la osservò, sorrise e si leccò le labbra –Beh, mia cara fanciulla, spero che il vostro sangue abbia un sapore tale da farmi dimenticare il gusto rivoltante di quel troll. Ma non preoccupatevi, ho intenzione di verificare di persona.-

Vorrei poter scrivere che Rosalba lo affrontò senza timore, vorrei poter scrivere che, anche se moriva di paura, tenne la testa alta e cercò di fronteggiarlo, ma purtroppo sono costretta a dire la verità e, sventuratamente per noi, Rosalba era un tantino…come dire?...codarda, quindi la sua reazione fu quella di, ahimé, darsela a gambe.

Angolo dell’autrice: Eccomi qua…un bel regalo di Natale eh? XD

No dai, scherzo…spero che il capitolo ci piaccia…vorrei ringraziare in particolare Fantasy Heart e annabeth25 per le recensioni…Mille grazie ragazze!

Ringrazio inoltre tutti coloro che l’hanno aggiunta alle seguite (annabeth25, Lilith in Capricorn, Monte Cristo e Zampa di Lupo) e alle preferite (annabeth25, Lilith in Capricorn, Fantasy Heart e livia00). E grazie anche a tutti i lettori!

Tantissimi auguri di buone feste!

Bacioni :*

Lady Windermere♥

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


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Capitolo Quattro

 

 

 

 

Mentre Rosalba scappava dalla morte imminente, era questo che pensava la nostra sfortunata ragazza, il suo vestito si impigliava in tutti i possibili rami della Foresta, rallentando la sua fuga. Fuga che, ahimé, non durò molto a lungo.

Forse voi potreste pensare che la nostra povera giovane venne catturata dal vampiro, o che qualche altra diabolica creatura si imbattesse nella sua strada. Ebbene, niente di tutto questo. Semplicemente, la cara Rosalba ebbe un rendez vous per nulla piacevole con un grosso ramo, che pendeva da un altrettanto grosso albero. Questo tête à tête fu così intenso che la nostra protagonista, sventuratamente devo dirvelo, svenne.

Quando finalmente riprese conoscenza l’unica cosa che vide fu un viso chino sul suo e due vivaci occhi verdi che la scrutavano, incuriositi.

Rosalba ci mise qualche secondo prima di rendersi conto che quel viso, nonostante gli occhi, apparteneva a colui che aveva causato la sua poco onorevole fuga.

Quando anche la sua mente accettò questa chiarificante rivelazione, la ragazza cercò disperatamente di svenire di nuovo, ma una mano sconosciuta, mi dispiace dirlo, fu più veloce e le premette una bottiglietta sulla bocca.

Rosalba, presa alla sprovvista, ingoiò a forza qualche sorso di quel liquido amaro e pungente. Poi lo sputò violentemente in faccia al suo aguzzino, infatti mi rammarica ammetterlo, ma la povera Rosalba non sempre fa buon uso delle buone maniere.

Un grido di protesta fuoriuscì dalle labbra del giovane redivivo –Ehi! Sarebbe questo il ringraziamento per essermi preso cura di te fino ad ora?-

La ragazza lo guardò nello stesso modo in cui avrebbe guardato uno squilibrato. Poi tentò di alzarsi, ma un dolore lancinante alla tempia la fece ricadere a terra. Rosalba ci provò una seconda e una terza volta, sotto lo sguardo divertito del ragazzo, ma senza alcun risultato.

-Non per rendere vani i tuoi sforzi, ma credo che dopo quella botta dovrai restare ferma per qualche ora… se però vuoi continuare…- la voce divertita del giovane le ricordò che non era sola.

Si accorse allora di trovarsi in una grotta e che era notte inoltrata. Sospirò e si appoggiò a una roccia. Rivolse un’occhiata al vampiro e rabbrividì. Stava letteralmente morendo di paura. Comunque si sforzò di parlargli –Ehm…ecco…sentite…vi pregherei di uccidermi prima di bervi il mio sangue… perché…perché non potrei sopportarlo.- Il tono di Rosalba era rassegnato.

Il giovane gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere –Davvero pensi che mi sia dato tutto questo daffare solo per poi cibarmi del tuo sangue?-

La ragazza rimase interdetta –Beh, e per che altro allora? Voi siete un vampiro giusto?-

Gli occhi del giovane erano scintillanti –Sì tesoro, sono un vampiro, ma questo non esclude che sia anche un gentiluomo. Ogni tanto.-

Rosalba era incredula –Mi avete salvato per il puro piacere di farlo? Non vi aspetterete certo che vi creda spero…-

-Ti ho salvato perché ti trovo dannatamente bella, ecco perché. Puoi anche non credermi, se questo ti reca conforto.-

La ragazza ammutolì. Possibile? Visto che non proferiva più parola il giovane si alzò in piedi, le fece un inchino e si presentò –Sono Alexander Black, felice di fare la tua conoscenza, dolcezza.-

A questa incredibile sfacciataggine Rosalba si infuriò –Anche se sono il vostro pranzo non penso di avervi mai dato il permesso di trattarmi in modo così informale, signore.-

Il giovane sembrò esasperato –Quante volte devo ripetertelo che non sei il mio pranzo? Se così fosse saresti già morta. Non è che sei un po’ tarda?-

-Non sono affatto tarda! Semplicemente non mi fido di voi, Mr Black!- gli urlò addosso.

-Alexander… chiamami pure Alexander.-

-Non ho la minima intenzione di farlo- dichiarò lei seccamente.

Il giovane le si avvicinò –Hai paura di me?-

-Trovo questa domanda incredibilmente stupida. Certo che ho paura di voi! Potreste uccidermi!-

Alexander sospirò –Non riuscirò mai a convincerti, piccola. Peccato, sono convinto che se ti lasciassi andare un pochino avremmo potuto anche divertirci…-

Rosalba avvampò –Vi prego di non rivolgervi a me come se parlaste a una comune cortigiana, Mr Black!-

Lui le indirizzò un sorriso sornione –Non intendevo insultarti, tesoro…-

-Allora fatemi il favore utilizzare il voi, quando parlate con me.-

-Solo se mi dici il tuo nome, fanciulla…- disse lui malizioso.

Rosalba scoppiò in una risata falsa –Certo, vi dico anche il mio nome adesso… non sperateci!-

Il giovane sbuffò –Beh, quando ti sarai decisa a fidarti di me fammi un fischio.-

Detto questo si alzò, si sistemò la rendigote e uscì dalla grotta, lasciandola sola.

Rosalba si guardò intorno nervosamente, poi prese una risoluzione che non avrebbe mai pensato di dover prendere.

Si alzò a fatica e uscì all’aperto, con la testa che le girava. Appena varcò la soglia della grotta, e l’aria fredda della notte le sferzò il viso, si sentì subito meglio.

Lo trovò seduto su un’enorme masso, intento ad accendersi una sigaretta. Cercando di ignorare quella mancanza di cortesia, non si fuma in presenza di una signora!, gli si avvicinò.

-Allora ti sei decisa finalmente…- iniziò Alexander.

Rosalba si schiarì la voce –Siamo partiti col piede sbagliato, Mr Black. Visto che non intendete mangiarmi, Dio solo sa perché, vi devo delle scuse.-

-Scuse accettate, dolcezza.-

La ragazza si costrinse a mantenere la calma –Inoltre devo ringraziarvi per esservi preso cura di me mentre ero svenuta. Infine, credo sia giusto dovermi presentare: sono Mademoiselle Rosalba De Rosenoir.-

Gli tese la mano, affinché lui la baciasse, ma il giovane la ignorò completamente, poi sogghignò –E a cosa devo questo onore, Mademoiselle Rosalba De Rosenoir?-

La ragazza, incredibilmente, non gli si scagliò addosso –Ho una proposta da farvi.-

                                               ∞

-È assolutamente necessario che tutto sia perfetto per l’arrivo di Mr Goldwin. Quindi mi aspetto che tutti voi manteniate un comportamento adeguato alla circostanza, e operiate in maniera rapida ed efficace. Mi sono spiegata?-

A parlare era Mrs Fink, terrore e afflizione della servitù del Palazzo Reale, affettuosamente soprannominata “Il Mastino di Corte”.

-Sì, madame- fu il coro di risposte, prima di fare dietrofront e ritornare alle proprie occupazioni.

Dire che il Castello era in fermento per l’arrivo del Presidente del Continente e del suo seguito era dir poco. Sembrava che chiunque a Palazzo, eccetto la Regina ovviamente, avesse fatto razzia di stimolanti negli appartamenti di Mr Lunwell, l’archiatra.

Ai piani più bassi tutti erano in agitazione: c’era chi doveva lucidare, chi doveva spazzare, chi doveva lavare, chi doveva rammendare e perfino chi doveva fare il bagno al gatto della Regina, Milord.

E non c’era nemmeno persona a Corte che non fosse impegnata in qualche occupazione particolare: cercare un abito adeguato per il Ballo, imbellettarsi, farsi acconciare i capelli, tentare di non assomigliare a una scopa incipriata, aggiustarsi la cravatta… Ognuno aveva i suoi crucci.

Ma il cruccio più grande in assoluto lo aveva Lady Scarlett, chissà come mai.

L’ignoto promesso sposo era partito da un altrettanto sconosciuto paese, per arrivare nella City, dove una ben nota principessa attendeva impazientemente di avere il piacere di fare la sua conoscenza.

Ma mentre lei si tormentava, e Dio solo sa quando smetterà di farlo, la sua augusta madre era un pochino, ma proprio pochino eh, ansiosa. La Regina infatti non poteva permettersi di avere una crisi isterica, come invece la figlia poteva avere benissimo a quanto pare, e doveva mantenere un comportamento dignitoso in ogni circostanza, una regale mummia insomma. In quel istante però si era evidentemente lasciata andare, perché da alcuni minuti, notate la gravità della situazione, stava percorrendo il perimetro della sua stanza.

Era preoccupata per la figlia, per come avesse deciso di accettare le nozze, per come sarebbe potuta andare a finire la storia e, sopra ogni altra cosa, per cosa avrebbe detto a Mr Goldwin.

Decisioni riguardo all’alleanza non erano ancora state prese e la situazione diventava ogni giorno più scottante. Mr Goldwin faceva pressione per avere una risposta, il Consiglio faceva pressione per ottenere più tempo, e lei, la povera Regina Clarisse, passatemi l’espressione, non sapeva più che pesci pigliare.

L’unico aiuto l’aveva avuto da Lord Drenlincourt, incredibilmente, che aveva suggerito di prendere tempo organizzando un Ballo, in onore della delegazione del Continente.

Le era parsa una buona idea al momento, ma ora ne era terrorizzata. Oltre al fatto che i preparativi per l’evento occupavano tutta la servitù e avevano mandato in visibilio tutti gli abitanti del Castello, c’era quello che non sarebbe servito a nulla.

Di sicuro uno sciocco ballo non avrebbe fermato Mr Goldwin.

La Regina era fermamente convinta che nemmeno una catastrofe naturale di violenza inaudita sarebbe riuscita a schiodare quell’uomo dai suoi piani. Nulla avrebbe fermato Mr Goldwin, se aveva perso una decisione.

E, per una volta, la Regina aveva pienamente ragione.

                                               

-Ecco a voi il Reggente di Lonliness!- annunciò Julien Prince entrando negli appartamenti ospitanti i tre Rosenoir.

Rimase immobile sulla soglia, aspettando una reverenziale accoglienza, che non arrivò.

-Che ci fai lì Julien?- chiese distrattamente Faust.

-Sto aspettando che qualcuno venga a spargere petali di rose sui miei passi…-

-Beh, attenderai a lungo allora.- ribattè Soren.

Con un piccolo sbuffo il Reggente rinunciò al suo onorevole proposito e si avvicinò a Faust, che stava consultando delle carte del regno.

-Volete finalmente dirmi chi è che state cercando? Io vengo sempre tenuto all’oscuro di tutto…- si lamentò Julien.

-Chissà come mai…- replicò Florence sarcastico.

Julien fece una smorfia di teatrale indignazione –Il tuo sarcasmo distrugge la parte più fragile della mia reale persona!-

-Cioè il tuo esorbitante ego?- chiese Soren ridacchiando.

Julien lo fulminò con lo sguardo –Il mio cuore!-

-Fa lo stesso- concluse Faust –Piuttosto venite qui un istante…-

Tutti gli si fecero attorno. Faust prese una vecchia mappa di Melancholy e una della Foresta di Greenwood.

-Vedete- disse indicando un punto con il dito –Se noi prendiamo questa strada e poi svoltiamo dietro questo masso, dovremmo trovarci proprio sull’unica via che porta dalla Foresta alla città.-

Soren e Florence sorrisero speranzosi.

Julien li guardò di sottecchi –Ehm… non per deludere le vostre aspettative, ma quelle mappe risalgono a quindici anni fa. Ormai per entrare a Lonliness ci sono ben tre ingressi. La Porta Nord, la Porta Sud e il Valico. Quella…strada, come la chiami tu, non è più utilizzata da nessuno.-

I tre fratelli sospirano di delusione.

-Allora non saprei proprio che fare.- concluse luttuosamente Faust.

Anche questa volta fu Julien, stranamente, a salvare la situazione –Forse ci sarebbe un modo, se è una persona quella che state cercando…-

Florence annuì –E quale sarebbe?-

-Da qualche anno ho magistralmente introdotto dei controlli su chiunque entri o esca da Lonliness. Quindi, a meno che non sia già dentro le mura della città le mie guardie potrebbero identificare, e successivamente condurre qui, la persona che state cercando. Che ne dite?-

Faust sorrise, Soren sembrava pazzo di gioia e Florence si trattenne dal saltargli addosso per la contentezza.

-Però mi serve la descrizione della persona, e il suo nome, possibilmente- continuò il Reggente.

Questa volta fu Florence a rispondere –Ragazza, sui sedici anni, bionda e incredibilmente bella. Si chiama Rosalba.-

Julien sorrise malizioso –Incredibilmente bella eh?-

Soren stroncò tutti i suoi disegni –è la nostra pupilla. E non dovrà essere importunata. Da nessuno. Sono stato chiaro?-

Julien ammise la propria sconfitta –Cristallino.-

In quel momento la porta si aprì e una splendida giovane donna entrò nella sala. Era molto alta, coi capelli color ebano e gli occhi di un grigio scintillante.

-Oh, scusami Julien. Ti stavo cercando e mi hanno detto che eri qui. Non sapevo che fossi occupato. Me ne vado…- disse dolcemente la giovane.

Davanti allo sguardo imbambolato dei tre fratelli, Julien sorrise –No, aspetta.-

La giovane rimase sulla porta, sorridendo.

-Ragazzi, –disse Julien sogghignando –questa è Lady Lucrezia Prince. Mia sorella.-

                                                  

Il vampiro non si trattenne dal scoppiarle a ridere in faccia –Una proposta? Tu? E di cosa si tratterebbe dai…-

Rosalba lo fulminò con gli occhi –So che può sembrare strano, ma io ho un assoluto bisogno di arrivare a Lonliness. Purtroppo, per cause del tutto indipendenti dalla mia volontà, ho perso la strada.-

Alexander la squadrò da capo a piedi –E tu vorresti chiedere a me di accompagnarti? Ho per caso la faccia di una governante? Non se ne parla.-

Rosalba pestò il piede per terra –Vi assicuro che sarete ben ricompensato…-

Lui le si avvicinò con uno sguardo malizioso –Ah sì? E cosa mi offri, dolcezza?-

Rosalba indietreggiò disgustata –Sono enormemente ricca. Qualunque cosa voi vogliate l’avrete.-

Lui continuò ad avvicinarsi. Rosalba si trovò con le spalle al muro. –Qualunque cosa? Ne sei sicura, tesoro? –chiese mellifluamente.

Questa volta la ragazza perse la pazienza. Lo spinse violentemente in avanti e si liberò –Prima di tutto io non sono il vostro tesoro! Seconda cosa, vi ho già ripetuto di non trattarmi come una sgualdrina. Terzo, se volete accompagnarmi sarete ben pagato, ma se non ne avete l’intenzione vi prego di liberarmi della vostra presenza.-

Alexander rimase interdetto. Poi osservò la ragazza, gonfia d’ira, e scoppiò in una sonora risata –Va bene dolcezza, hai vinto tu. Sono il tuo umile schiavo.-

Rosalba non lo degnò neanche di un’occhiata –Bene. Allora direi che possiamo anche partire.- Fece per raccogliere le sue cose.

-Non così in fretta.- La voce del giovane la bloccò. Lo guardò con un sopracciglio alzato.

-Prima voglio sapere perché vuoi andare a Lonliness e che cosa ci fai nella Foresta.- continuò lui.

-Questi non sono affari che vi riguardano- ringhiò la ragazza.

Alexander si esaminò le unghie –Beh allora accomodati, perché non partiremo finché non lo avrò saputo.-

Rosalba fremette d’impazienza –Ma cosa vi serve saperlo?-

Il giovane scrollò le spalle.

La ragazza piegò le mani ad artiglio –Sono scappata di casa per raggiungere la Capitale, dove ho un affare importante da concludere –sputò tra i denti –Vi basta?-

Il vampiro si accarezzò la mascella –Mi basta.-

Rosalba gli lanciò uno sguardo esasperato –Cos’avete intenzione di fare ora?-

-Che domande… di accompagnarti ovvio. Però prima dovremo fare una piccola sosta.- disse svogliatamente.

La ragazza sembrò incuriosita –Dove?-

Il redivivo le fece dono del suo più bel sorriso -A casa mia.-

                                            ∞

-Mr Lowell Goldwin, Mr Horace Goldwin, Miss Margaret Goldwin.- annunciò stentoreo il valletto.

Tre figure avanzarono davanti alla Corte, riunita al gran completo nella sala del trono. 

La Regina Clarisse, che, per l’occasione, si era messa addirittura la corona, guardò con apprensione i nuovi arrivati. La Principessa Scarlett, che, per non essere da meno della madre, indossava la sua regale tiara, studiò criticamente il suo promesso sposo. Lord Drenlincourt, in piedi alla destra della Regina, volse un’occhiata piena di interesse alla giovane donna che accompagnava Mr Goldwin. Il resto della Corte era semplicemente troppo impegnato ad ammirare per poter solo pensare a qualcosa.

In effetti i tre illustri ospiti erano decisamente fuori dal comune.

Mr Goldwin si ergeva fiero e sicuro in tutta la sua non trascurabile mole, un leggero sorriso gli aleggiava in volto, i baffi erano arricciati alla perfezione e gli occhi brillavano di scaltrezza.

Mr Horace destava la curiosità di tutti i presenti indossando un abito…a lustrini. Sotto la luce delle candele la marsina sfavillava nel suo color rosa pallido e i pantaloni con gli alamari dorati non riuscivano a far distogliere lo sguardo dai suoi incredibilmente lucidi stivali. Nonostante questi sforzi, il giovane non era una bellezza: il viso olivastro, due insipidi occhi azzurri, dei capelli castani divisi sulla fronte, due basette e un bel paio di baffi non gli conferivano un aspetto dolce e leggiadro. La principessa non trattenne una smorfia contrariata.

Ma tutti gli sguardi erano incentrati sull’accompagnatrice dei due uomini: Miss Margaret era a dir poco incantevole. Un delizioso abito color verde smeraldo con una scollatura ovale sottolineata dalle pieghe del corsetto e formata al centro da un piccolo mazzolino di fiori, e le maniche, corte, a balze di pizzo suscitò un mormorio di invidia in tutta la sala.

Se a questo si aggiungevano un elaborato scialle di seta operata, una résilles impreziosita di diamanti che le raccoglieva i capelli e un delicato cammeo che le pendeva dal collo, l’invidia poteva essere facilmente comprensibile.

Mentre le donne ammiravano il suo abbigliamento, gli uomini notavano i capelli color mogano, gli occhi blu che esprimevano un’innata dolcezza e la carnagione appena macchiata da una lieve abbronzatura.

Mr Goldwin si inchinò alla Regina –Vostra Maestà, sono incredibilmente onorato di essere qui ad Enchantment.-

Il figlio si rivolse a Lady Scarlett –E io sono onorato di poter finalmente fare la vostra conoscenza, Principessa- disse baciandole la mano. Scarlett ebbe un brivido di disgusto.

Fortunatamente Miss Margaret le fece una leggiadra riverenza e le sorrise dolcemente –Anch’io sono onorata di essere qui, Vostra Altezza, devo dire che vi trovo incantevole.-

Sia la Regina sia la Principessa furono piacevolmente stupite dai garbati modi della ragazza. La Regina si alzò in piedi e le si avvicinò –Siamo noi onorati di avervi qui, cari ospiti – disse, facendola rialzare –e spero che la permanenza a Enchantment sia di vostro gradimento.-

Detto questo si allontanò al braccio di Mr Horace Goldwin. Mr Goldwin si accompagnò a Lord Drenlincourt e Miss Margaret strinse amichevolmente la mano di Scarlett –Spero vivamente che diventeremo buone amiche, voi ed io- le sussurrò.

La Principessa ricambiò la stretta –Ne sono certa.-

Dopotutto, forse la situazione non sarebbe stata poi così brutta.

                                                     ∞

-I-incantato- articolò imbarazzato Faust, inchinandosi davanti alla giovane.

Julien scambiò un’occhiata complice con Florence, il quale prese delicatamente la mano di Lady Lucrezia e se la portò alle labbra –Sono gradevolmente stupito di trovare una così rara bellezza in questo non meritevole luogo. Siete assolutamente splendida, Milady- disse, facendo arrossire la giovane. Faust provò il pressante bisogno di strozzarlo.

Soren s’inchinò alla fanciulla e emulò la galanteria del fratello, provocando i risolini di Julien e l’ira di Faust.

Il Reggente si avvicinò alla sorella –Lucrezia, questi sono Lord Faust, Lord Florence e Lord Soren De Rosenoir.-

La giovane si esibì in una riverenza –Sono onorata di fare la vostra conoscenza.-

Julien sogghignò –Sì, beh, lo dici adesso… comunque, i nostri ospiti hanno molte faccende importanti da sbrigare, quindi, con il vostro permesso, ci togliamo regalmente dai piedi.-

Poi se ne andò trascinandosi dietro la sorella.

Quando rimasero soli Faust sospirò –Ragazzi, sono convinto di aver appena visto un angelo…-

-Un angelo che non avrai mai, caro fratellino- ghignò Soren.

-Già, già… povero Faust…- rincarò Florence.

-E perché mai?- s’intestardì Faust.

-Perché noi ti metteremo i bastoni tra le ruote, mio caro. Non pensare di essere il solo ad avere gli occhi…- rispose Florence.

Faust era incredulo –Volete corteggiare Lady Lucrezia?-

I due fratelli annuirono.

-Ma le vostre intenzioni sono serie?- continuò Faust, sempre più sbalordito.

Soren sorrise in modo provocatorio –Diciamo che ha…stuzzicato la nostra fantasia...se capisci quello che voglio dire…-

-Non vi permetterò mai di offendere quella delicata fanciulla!- inveì il fratello.

-Provaci pure… - ribattè Florence.

-Ti daremo filo da torcere- replicò Soren.

Faust sbuffò, oltraggiato –Io non posso tollerare che voi vi prendiate gioco di me e della donna di cui sono inn…inn…-

Florence colse al volo l’occasione –Continua, caro… Inn?-

-Innamorato, forse?- lo aiutò Soren –L’hai appena vista e ne sei già innamorato? Mio caro Faust…-

Il fratello avvampò di vergogna. Gli altri due gli si avvicinarono.

-Sai, non penso che tu abbia molte possibilità con Lady Lucrezia, visto quanto sei vecchio…- tubò Soren.

-E stupido…- cinguettò Florence.

-Noi siamo i tuoi fratelli, ti vogliamo bene… fidati di noi, non ti degnerà neanche di uno sguardo.- continuò Soren, sotto lo sguardo implorante del fratello.

Infine Florence gli diede la stoccata finale –Senza poi contare il fatto che se rivolgesse lo sguardo su di te, ne sarebbe disgustata, data la tua bruttezza…-

Questo ebbe effetto su Faust, che digrignò i denti- State zitti!- ringhiò contro i due fratelli.

Poi si guardò allo specchio –Comunque io non sono brutto…- piagnucolò.

Soren e Florence scoppiarono a ridere.

                                                ∞

-Non se ne parla nemmeno!- sbottò Rosalba, mentre cercava di tenere il passo dietro il giovane –Io non entrerò mai a casa vostra!-

-Non essere troppo affrettata, piccola. Potresti pentirti di queste parole in futuro.-

Al tono provocatorio di Alexander, Rosalba pestò i piedi per terra, strillò, si lamentò e lo insultò.

 Il giovane non fece una piega –Dove hai imparato così tanti insulti, dolcezza? Hai una conoscenza lessicale che farebbe arrossire uno scaricatore di porto.-

La ragazza, molto più tranquilla ora ve lo posso assicurare, sospirò rassegnata –Visto che non posso farvi cambiare idea, posso almeno rivolgervi qualche domanda?-

Il vampiro fece un vago cenno con la mano. Rosalba lo prese per un sì.

-Innanzitutto, vorrei sapere perché i vostri occhi hanno cambiato colore…- iniziò.

-Ho gli occhi rossi solo quando sono affamato, tesoro.-

Rosalba annuì –Capisco. E sono vere tutte le cose che dicono sui vampiri?-

-Cosa intendi con questo, scricciolo?- chiese lui distrattamente.

-Beh, per esempio, è vero che la luce del sole vi fa bruciare?-

-Solo quando viene a contatto diretto e prolungato con la nostra pelle. Però qui nella Foresta, con tutti questi alberi, il problema non sussiste nemmeno di giorno, visto che la luce è molto fievole.-

Rosalba era sempre più incuriosita –Ed è vero che siete immortali?-

-Direi di sì. Gli unici modi per ucciderci sono: bruciarci o dissanguarci, a seconda delle preferenze.-

-E il paletto nel cuore?-

Il vampiro scoppiò a ridere –Vorrei anche vedere chi non morirebbe! Comunque no, sono solo racconti, piccola.-

La ragazza scrollò le spalle –E se non bevete sangue che succede?-

-Beh, penso che mi indebolirei fino al punto di non poter nemmeno reggermi in piedi. Non lo so, non ci ho mai provato sinceramente, né intendo provarci.-

-Per le zanne immagino che sia come per gli occhi…- provò lei.

-Sì, più o meno, spuntano solo quando ci servono.-

Rosalba si fece esitante –E…voi…potete mordere le persone senza ucciderle?-

Alexander la fissò, inclinando la testa da un lato –Possiamo mordere le persone e ucciderle, succhiandone tutto il sangue, o decidere di berne solo una parte, in modo da non influire sulla salute della vittima. Per gli umani ha quasi l’effetto di un afrodisiaco. E fidati di me, è molto piacevole. Noi lo usiamo in certe situazioni…particolari, diciamo così. Infine, - e qui si avvicinò a Rosalba –infine possiamo trasformare le persone in esseri come noi, e per questo c’è il Bacio del Sangue.-

-Ed è come un morso normale?- mormorò Rosalba.

Il giovane sorrise –Non proprio. Questo è molto più…intimo. –sussurrò all’orecchio della ragazza –Dobbiamo estrarre tutto il sangue dalla persona e poi iniettarci dentro una goccia del nostro. Viene così a instaurarsi un rapporto molto profondo con l’altro, quasi un legame spirituale.-

Si era fermato, così la ragazza ne approfittò per allontanarsi da lui. Infine non potè trattenere la curiosità –E chi vi ha trasformato?- chiese a bruciapelo.

Lui la guardò –Uh, quante domande… tutto a suo tempo, piccola. Se ti potesse interessare, siamo arrivati. Quella è casa mia.-

Rosalba alzò lo sguardo e vide una specie di bettola sulla collina. Sicuramente un locale di malaffare pensò. Era completamente rossa, col tetto colorato in una sfumatura più scura. Anche da lontano Rosalba poteva sentire le grida e le risate sguaiate che provenivano dall’interno di quella “casa”.

Si voltò verso Alexander –Vi prego, ditemi che è uno scherzo…- gemette.

 

Angolo dell’autrice: Eccomi con un nuovo capitolo all’insegna del 2015! Evviva!

Tra poco comincerò a postare capitoli inediti, quindi festeggiate! :)

Posto qua sotto i miei personaggi con relativi nomi di attori…ditemi se vi piacciono o se voi avevate pensato a qualcun altro…:)

Come sempre ringrazio Lilith in Capricorn (FOREVVA), annabeth25 e Fantasy Heart per le recensioni. :)

Grazie mille anche a tutti coloro che leggono o si mostrano interessati alla storia!

Fatemi sapere le vostre opinioni…

Baci

Lady Windermere♥

 

 

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Rosalba is Brittany Snow

Lady Lucrezia is Katie MacGrath

Mr Goldwin is Ralph Fiennes

Andrew is Edward Speelers

Alexander is Joshua Brand

Faust is Hugh Jackman

Mr Horace is Jesse Einseberg

Florence is Bradley Cooper

Regina Clarisse is Julie Andrew (lei è perfetta per fare la regina…)

Scarlett is Sophie Turner

Soren is Jude Law

Julien is Colin O’Donoughue

Lord Drenlincourt is Colin Firth

 

Come potete vedere ci sono alcune facce nuove…rispetto a quelli che avevo postato prima…ditemi se vi convincono! :)

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque

 

La risata divertita del giovane redivivo le fece capire che purtroppo no, non stava scherzando.

S’incamminò svogliatamente dietro a lui e ben presto, nonostante i continui tentativi della ragazza di prendere tempo, giunsero alla loro meta. Quella “casa” conteneva dentro di sé tutto ciò che Rosalba aveva sempre classificato nella sua mente come “immorale”. Già il fatto che il rosso fosse il colore predominante di quell’abitazione lasciava intendere che coloro che l’abitavano non fossero esattamente il non plus ultra della rispettabilità.

Quando poi la ragazza scorse un allegro “gentiluomo” rincorrere spensieratamente un’altrettanto allegra “gentildonna” abbigliata in maniera discinta, temette il peggio.

Intanto il vampiro trovava incredibilmente spassose le sue smorfie disgustate e i suoi sguardi angosciati. Pregustando già la sua espressione quando l’avrebbe presentata ai suoi amici, bussò con decisione alla porta.

Una donna di mezza età con delle piume sgargianti tra i capelli venne ad aprire. Nel vedere Alexander sorrise maliziosamente, quando poi si accorse della presenza di Rosalba, lanciò una laida occhiata in direzione del vampiro che rispose con una leggera scrollata di spalle. Si scostò dall’uscio per farli passare e squadrò criticamente la ragazza che arrossì di vergogna.

L’interno della bettola, chiamiamola con il suo vero nome, era anche peggio, se possibile.

Rosalba trascurò i dettagli delle volgari decorazioni che ricoprivano interamente le pareti dell’abitazione, di una vistosa tinta di viola, per concentrarsi, suo malgrado, sull’infinita gamma di individui che vi dimoravano.

Sembrava che tutte le Creature della Notte di fossero date appuntamento in quel bistrot. C’erano vampiri, mortalmente pallidi, che conversavano languidamente con dame dall’aspetto scomposto e trasandato;  inquietanti soggetti che Rosalba schedò come “demoni” e tante altre creature che la nostra povera ragazza non riuscì a riconoscere. Era presente anche qualche essere umano, ma Rosalba non era sicura di voler sapere il motivo della loro partecipazione. E non era nemmeno tanto sicura di voler conoscere le attività che palesemente si svolgevano al piano superiore.

Alexander la condusse vicino a un tavolo dove alcuni individui stavano giocando al faraone e dove a tenere il gioco era incredibilmente…una donna!

Rosalba si stupì di quanto potesse quella donna potesse apparire svestita anche se, effettivamente non lo era.

-Alex! Ma dove ti eri cacciato? Ti stavamo cercando…- disse la donna in questione con voce acuta, dimostrando una familiarità troppo eccessiva nei confronti del vampiro.

Il giovane sorrise e si chinò a baciare la donna sulle labbra, con infinito stupore di Rosalba. Poi si sedette al tavolo –Ero nella Foresta, Molly… mi dispiace di averti fatto preoccupare- disse maliziosamente.

Uno dei giocatori si girò verso Alexander –E cosa ci facevi nella Foresta eh, Alex?- Rosalba notò la sua carnagione color avorio e i suoi occhi violetti.

-Sono stato trattenuto, Ludwig- rispose il giovane, servendosi un bicchiere di brandy.

Gli sguardi di tutti i giocatori saettarono su di lei, incuriositi.

-È lei il motivo della tua assenza?- chiese un altro giovane, anch’esso molto pallido –Beh, è carina se non altro. Te la sei spassata eh?-

Rosalba divenne viola dall’ira, ma prima che potesse rispondere a tono due mani l’afferrarono per la vita, costringendola a sedersi in braccio a un perfetto sconosciuto. Il quale senza tanti complimenti la baciò.

-Ehi Steven! Non tenertela tutta per te!- inveì Ludwig.

Quando la ragazza riuscì a riprendersi dallo shock, andò su tutte le furie -COME OSATE? Come osate voi, sottospecie di sanguisuga, baciarmi?- urlò.

Steven sembrò divertito, si rivolse ad Alexander –Ma dove l’hai trovata così vivace? È adorabile…- e fece per baciarla nuovamente.

Rosalba però aveva deciso che nulla l’avrebbe obbligata a sopportare quelle impudenze e schiaffeggiò violentemente il giovane.

Il silenzio calò sull’intera sala. Una ragazzina, umana per giunta, aveva avuto l'audacia di picchiare l’erede di una delle più nobili famiglie di vampiri della zona.

Alexander guardò la ragazza leggermente agitato –Chiedi scusa…- le sussurrò.

-Non ci penso nemmeno! È quello che si merita quel lurido succhiasangue pervertito e maniaco!- strillò.

Steven si alzò.

-Adesso te la vedrai brutta, biondina…- mormorò la voce di Ludwig al suo fianco.

Alexander la prese per un braccio –Te lo dirò per l’ultima volta, piccola: chiedi scusa…-

Rosalba si divincolò dalla sua stretta e lo guardò torva –Perché dovrei? Quell’uomo mi ha insultata. Non ho paura delle sanguisughe, io.- disse in tono arrogante.

Tutta la stanza rimase con il fiato sospeso.

Steven si avvicinò alla ragazza e la mise con le spalle al muro. Poi le sorrise, mostrandole i canini affilati –Bene, ora metteremo alla prova il tuo coraggio, ragazzina impertinente.-

E fece per avventarsi su di lei.

 

Nel mentre nel Giardino del Palazzo, la Principessa stava conversando amabilmente con Miss Margaret. La giovane figlia di Mr Goldwin possedeva, al contrario del padre, un carattere delicato e tranquillo, e brillava, al contrario del fratello, per la sua intelligenza.

-Mia cara Margaret, posso chiamarvi così non è vero? Mia cara Margaret, sono assolutamente sicura che al Ballo sarete subissata di inviti.- disse sinceramente Lady Scarlett.

Miss Margaret arrossì di piacere –Anche voi, Altezza, non passate inosservata…-

-Vi prego, chiamatemi Scarlett…-

Miss Goldwin annuì –Come volete, Alt… Lady Scarlett.-

Scarlett la prese a braccetto –Ed ora vorrei parlare con voi una cosa che mi sta molto a cuore…-

-Chiedetemi pure tutto quello che volete…- rispose lei accondiscendente.

-Riguarda…vostro fratello. Vorrei…vorrei sapere qualcosa in più su di lui: cosa gli piace, i suoi gusti, le sue passioni…-

Miss Goldwin parve leggermente imbarazzata –Ehm…ecco, mio fratello non è quello che definirei un uomo dalle grandi passioni. Ha una curiosa inclinazione per i vestiti sfarzosi e… beh, gli piacciono i fiori.-

Lady Scarlett trattenne una smorfia desolata. E così non ha nemmeno uno straccio di personalità…qui si mette male.

Sorrise –Sembra un giovane molto ammodo…-

Miss Margaret ricambiò il sorriso nervosamente –Sì, io credo di sì.-

Tra le due calò il silenzio. La principessa si guardò attorno, ammirando lo straordinario lavoro del giardiniere di Corte. Gli alberi di ciliegio in fiore, le siepi e i cespugli ben curati, il grazioso vialetto di ghiaia bianca…su cui camminava serenamente Mr Horace Goldwin.

Scarlett non riuscì a trattenere un moto di rammarico. Oh no!

-Mia cara Margaret, perché non andiamo a visitare le scuderie?- chiese frettolosamente.

Ma il suo tentativo di scampare al pericolo fallì miseramente quando Mr            Horace le notò e si avvicinò a loro.

-Lady Scarlett… sorella… i miei ossequi.- disse inchinandosi pomposamente.

La principessa fece una piccola riverenza.

-Posso unirmi alla vostra compagnia, Altezza?- domandò il giovane.

Scarlett acconsentì con un lieve cenno del capo.

I tre si avviarono lungo il vialetto. Fu Miss Margaret a rompere il silenzio –Ehm…mia cara Scarlett, temo di aver un impegno urgente… Sono desolata nel dovervi lasciare, ma sono certa che mio fratello si prenderà cura di voi.-

Detto questo si allontanò sotto lo sguardo benevolo di Mr Horace.

Lady Scarlett si rivolse a malincuore al giovane –Vostra sorella è veramente gentile, Mr Goldwin…-

-Sì, la gentilezza è un tratto caratteristico di tutta la famiglia…-

-Ne sono assolutamente convinta, Mr Goldwin.- Sì, come no…

Mr Horace le rivolse uno sguardo bendisposto –Ho l’onore di fare parte di una delle più importanti famiglie del Continente. Mio padre è a capo del paese.- disse in tono ampolloso.

La Principessa annuì. Non serve che me lo ricordi, brutto zuccone!

-Ho sentito che amate molto la moda, Mr Goldwin…- tentò lei.

Il giovane si ringalluzzì –è esatto. Nel mio paese sono considerato un arbiter elegantiarum. Non c’è nessuno più elegante di me.-

Scarlett sorrise –Mi sembra ovvio, Mr Goldwin.- Ma se sembri un albero di natale?!

-E vi piacciono molto anche i fiori, a quanto si dice in giro…-

-Sì, mi piace molto fare il giardinaggio. Ma non solo, mi appassiona da sempre accudire gli animali e anche coltivare i campi. Purtroppo però mio padre disapprova questo mio passatempo. Dice che è un lavoro da contadini…- concluse tristemente.

-Non potrebbe sbagliarsi di più.- E ha ragione! Non sei altro che uno zoticone!

Il suo sguardo si illuminò –Voi pensate questo?-

-Assolutamente. Non potrei mai sbagliarmi su di voi…-

Mr Horace le prese galantemente la mano e la baciò –Sapevo di potermi fidare di voi-

Trattenendo un conato di vomito intempestivo, Lady Scarlett esibì il migliore dei suoi sorrisi. Ma cos’avrò mai fatto di male nella vita per meritarmi questo?

 

E, stranamente, questo era anche il pensiero di un altro personaggio.

Faust non riusciva più a sopportare le continue interferenze dei suoi fratelli tra lui e Lady Lucrezia. Se proponeva una passeggiata a cavallo, improvvisamente anche loro due avevano voglia di cavalcare; se suggeriva una gita in carrozza, loro si dedicavano subito a preparare una comitiva; se avanzava l’idea di un pic-nic sul lago di Whiteclean, allora loro desideravano ardentemente andare a pesca; se esponeva il proposito di fare una scampagnata nei boschi, immediatamente loro si dichiaravano grandi amanti delle escursioni e delle camminate.

Insomma, non riusciva mai a stare solo con Lady Lucrezia. Intanto, si accorgeva di desiderarla ogni giorno di più e di non riuscire a pensare quando lei gli era accanto.

Non riusciva nemmeno a mettere insieme una frase di senso compiuto quando lei era nei paraggi, con grande gioia e divertimento dei suoi fratelli.

Julien, di per sé, non aveva alcun motivo per ostacolare l’amico, ma ogni volta che poteva dava loro man forte. Quindi, oltre a dover lottare contro due irritanti fratelli, doveva sopportare i continui tentativi del Reggente di impedirgli di corteggiare la sorella.

Ormai, l’intero Palazzo era a conoscenza di questo segreto e c’era chi puntava su uno o sull’altro fratello, a seconda del caso. Faust, chissà come mai, era sempre lo sfavorito.

Quanto all’opinione in proposito di Lady Lucrezia, nessuno sapeva nulla. Era eccezionalmente dolce e gentile con ognuno dei tre Rosenoir e non sembrava avere delle precise preferenze.

Ma quello che più tormentava Faust era il completo disinteresse che dimostravano i suoi degni fratelli verso i suoi sentimenti. Era convinto, e aveva ragione, che i due non provassero minimamente i moti del cuore che invece lui sentiva di provare. Erano completamente ed esclusivamente interessati al loro divertimento.

Animato da tali e tanti altri pensieri, Faust andò a chiedere spiegazioni ai suoi cari fratellini.

Li trovò in biblioteca, Florence abbandonato stancamente sul sofà, Soren intento a leggere un libro dall’aspetto polveroso.

Nessuno dei due diede segno di aver notato la sua presenza.

Faust si schiarì la voce –Sono venuto –cominciò- sono venuto ad informarvi che tutti i vostri tentativi di fiaccare il mio animo sono stati, sono e saranno per sempre inutili. Io continuerò ad amare Lady Lucrezia e a cercare di corteggiarla come si deve.-

Florence aprì svogliatamente un occhio –E perché lo dici a noi? Dillo a Julien, è lui il tutore della ragazza…-

Faust rimase sbigottito –E me lo chiedi pure? È da quando siamo arrivati a palazzo che non fate che ostacolarmi!-

Florence richiuse l’occhio –Ops, scusaci, non ce n’eravamo resi conto…-

Prima che Faust imprecasse in cinque diverse lingue Soren chiuse il volume e si avvicinò al fratello mezzo addormentato –Su, su Florence. Ammettiamolo, abbiamo cercato di rendergli l’impresa difficoltosa, ma ora…ora ci siamo accorti di aver sbagliato.-

Florence si sollevò sul divano, completamente sveglio.

Faust guardò diffidente il fratello –E questo che cosa significa?-

Soren sorrise –Significa che da adesso in poi ti aiuteremo.-

 

 

Rosalba si era già preparata a ricevere il colpo…che non venne. Aprì gli occhi e con suo sommo stupore vide Alexander intento a bloccare tranquillamente il braccio di Steven, che un minuto prima voleva scagliarsi su di lei.

-Che cosa stai facendo?- sibilò Steven, furioso.

-Non voglio che sia fatto del male a questa ragazza. È sotto la mia protezione.-

Il vampiro digrignò i denti -Questa ragazzetta mi ha insultato!-

Alexander mantenne il suo sangue freddo –Sei stato tu a provocarla.-

-Ti avverto, Alex, ti stai cacciando in un brutto guaio…- lo minacciò Steven.

-Potrei dire la stessa cosa a te, mio caro…-

Steven divenne livido dalla collera e si liberò dalla ferrea stretta del giovane –Decidi da che parte vuoi stare, Alex.–

Ludwig lanciò un’occhiata angosciata ai due –Vi prego ragazzi non fate cose stupide e imprudenti.-

Ormai un crocchio di persone si era formato intorno a loro, in attesa. Molly era la più nervosa, molto probabilmente è preoccupata per Mr Black…avranno una liaison pensò Rosalba tra sé e sé.

I due vampiri ormai erano ai ferri corti.

-Se scegliere di stare dalla tua parte significa dimenticarmi di essere un gentiluomo, allora scelgo lei…- disse Alexander, straordinariamente calmo.

Steven gli mostrò le zanne e si scagliò su di lui. I due ragazzi rotolarono a terra, cercando di azzannarsi l’uno con l’altro. Per un momento sembrò che Steven stesse per avere la meglio, ma poi Alexander lo colpì alla mascella, provocando un gemito di dolore al giovane. Steven gli si avventò addosso nuovamente, scaraventandolo a terra. Riuscì a mordergli il braccio sinistro, impedendogli di usarlo ancora. Reso furibondo dal dolore, Alexander gli storse la spalla dietro la schiena, assestandogli nello stesso tempo un colpo nei fianchi. Il vampiro si piegò in due dal dolore, permettendo così ad Alexander di riprendere fiato. Ma non durò a lungo. Steven si ricompose e colpì il giovane dritto in faccia, fratturandogli il naso. Il vampiro fece una smorfia di dolore e, tenendosi il braccio sinistro con la mano, cercò di sferrargli un calcio nello stomaco. Steven gli bloccò il piede e lo ruotò, facendolo cadere a terra. Indolenzito, Alexander si rialzò e cercò di mordere il suo avversario, riuscendo però solamente a graffiargli la faccia.

Rosalba intanto non riusciva a capacitarsi che tutto ciò stesse accadendo sul serio. Poi fece quello che molto probabilmente non si era mai nemmeno lontanamente sognata di fare. Si fece spazio tra la folla e assestò a Steven una ginocchiata nel basso ventre, facendolo cadere a terra in preda al dolore. 

Alexander ebbe il tempo di rialzarsi e mugugnò qualcosa di incomprensibile. Prese la ragazza per la vita e la trascinò dietro di sé.

Steven si alzò faticosamente da terra. Ormai era esausto. Guardò minacciosamente i due giovani e sogghignò –Ragazzi, –disse, rivolgendosi alla folla intorno a loro- fate loro vedere di che pasta siete fatti.-

Immediatamente sei giovani e massicci vampiri si fecero avanti minacciosi.

-Alex, ragazzetta impertinente, ho l’onore di presentarvi l’imponente guardia del corpo della mia famiglia, i De Wincester.-

 

 

Lady Scarlett aveva sottovalutato di molto Mr Horace. Non solo da quando era arrivato l’aveva corteggiata spudoratamente, ma anche non riusciva proprio a capire che la sua corte non era ben accetta.

È molto più stupido di ciò che credevo, rifletté la Principessa nella sua testa. E, malauguratamente per lei, non aveva tutti i torti.

Quella mattina Scarlett era andata a cavalcare nel parco e, oh ma che coincidenza, vi aveva trovato il caro Mr Horace, il quale l’aveva vista, malgrado i suoi tentativi di assomigliare a un albero, e si era offerto, quale onore!, di accompagnarla a Palazzo. La povera Principessa era sì un tantino impertinente, ma non era sgarbata, e non potè far altro che accettare.

E qui la troviamo noi, intenta in una piacevolissima conversazione col più amabile dei gentiluomini.

-No, Mr Horace, non credo di aver mai raccolto delle rape in vita mia.-

Mr Goldwin sembrò assai stupito da tale affermazione –Mia cara, dovete assolutamente provarci! Potrei insegnarvelo io se mi permettete l’ardire di farlo.-

Scarlett sorrise amabilmente –Vi permetto tutto ciò che volete, mio caro Mr Horace…-

Basta che non mi secchiate più in questo modo! concluse nella sua testa.

Il giovane pretendente arrossì –Beh…co-comunque n-non credo di es-esserne all’altezza- balbettò.

-Però potrei affidarvi al mio maestro di botanica, con lui sarete in buone mani…- continuò serio.

Lady Scarlett sbuffò di noia e annuì distrattamente.

Mr Horace prese erroneamente lo sbuffo per un sospiro e credette di essere gradito.

Ripartì all’attacco –E non dovreste fermarvi solo alle rape, ma potreste coltivare qualsiasi altro ortaggio voi desideriate. I cavoli, vi assicuro, danno molta soddisfazione…-

La Principessa si mostrò cortese –Non ne dubito, Mr Goldwin. E, ditemi, avete qualche altro buon consiglio da darmi?-

-Siete troppo buona, Milady. Non potrei mai consigliarvi nulla. Sapete già tutto!-

-Oh, ma voi siete così bravo e così intelligente che sento di poter imparare molto da voi!- disse lei con sarcasmo.

Sarcasmo che non venne colto da Mr Horace, il quale arrossì di piacere –Voi mi adulate, Principessa…-

Scarlett scrollò le spalle.

Mr Goldwin le prese le redini e la costrinse a fermarsi –Lady Scarlett, devo necessariamente rivelarvi che vi trovo ogni giorno più bella e che, se mai il disegno dei nostri genitori verrà attuato, sarò onorato di passare tutta la mia vita insieme a voi.-

La nostra Principessa impallidì dal terrore. Lui scambiò la paura per emozione e le sorrise gentilmente.

Ormai erano giunti alle scuderie e Mr Horace, dopo essere sceso da cavallo, aiutò goffamente la Principessa a fare altrettanto.

Le afferrò la mano e vi posò le labbra umide molto più a lungo di quanto Scarlett avesse voluto. Poi girò i tacchi e se ne andò.

Lady Scarlett tirò un sospiro di sollievo. Finalmente sola…

-Vedo che avete fatto presto a consolarvi…-

Come non detto… La Principessa si girò e si trovò faccia a faccia con Andrew, che se ne stava appoggiato alla porta della scuderia, con una spazzola in mano.

-Cosa ci facevi a cavallo con Mr Horace?- chiese lui, inquisitorio.

Scarlett lo squadrò dall’alto al basso –Non vedo come questo possa interessare a un comune stalliere.-

Andrew incassò il colpo e si voltò per andare a strigliare uno dei cavalli reali.

La Principessa si pentì di avergli parlato in tono così duro. Gli si avvicinò –Mi dispiace di essere stata così scortese. Ma ormai devi capire che tra noi è finita.-

Lui la guardò di sbieco –E tu pensi che io non lo sappia? Che non cerchi con tutte le mie forze di dimenticarti, di toglierti dal mio cuore? Non ci riesco, Scarlett. Né ci riuscirò mai…-

Lady Scarlett si sentì stringere il cuore. Aveva un’aria così fragile, così vulnerabile.

Gli posò la mano sulla spalla –Andrew, io ti capisco… anche per me è difficile riuscire a…-

Rendendosi conto troppo tardi dell’errore, la Principessa si premette la mano sulla bocca. Lui si girò bruscamente –è difficile riuscire a fare cosa, Scarlett? Continua…-

Lei rimase in silenzio.

Il giovane divenne più insistente –Se non mi ami, perché ti è così difficile dimenticarmi? Rispondimi…-

Lady Scarlett gli voltò le spalle. Dei passi dietro di lei le fecero capire che si era avvicinato.

Sentì il suo respiro sul suo collo.

-Se non mi ami, perché non riesci a rispondermi?- le mormorò all’orecchio.

Finalmente la Principessa prese il coraggio a piene mani e si decise. Non aveva più voglia di giocare a fare l’eroina che si sacrifica per il bene del Paese, non aveva più voglia di rinunciare a tutti i suoi desideri per cercare di realizzare un futuro che probabilmente non sarebbe mai avvenuto. Non aveva più voglia di perdere le persone che amava…

Aveva deciso ormai. Non sarebbe stata lei a immolarsi per un motivo irragionevole e sciocco. Anche se le costava moltissimo ammetterlo, aveva ragione sua madre.

Non poteva sposare uno sconosciuto proveniente dall’altro capo del mondo. Ora poi che l’aveva conosciuto, non lo avrebbe sposato nemmeno per tutto l’oro del mondo.

Si sentì sciolta da tutte le catene con cui si era volontariamente imprigionata.

Non voleva essere una martire, voleva essere felice.

Le parole le uscirono di bocca spontaneamente, felici di non essere più obbligate a nascondersi nei recessi della sua anima.

-Forse perché ti amo ancora…-

Senza guardarlo si allontanò di corsa, soddisfatta di non dover mentire ancora al suo cuore e di non dover più calcolare le parole e le conseguenze di ogni suo gesto.

Di non dover più obbedire ad altri, di non dover più appartenere ad altri, di non dover più essere manipolata da altri.

La sua vita era solamente sua ora, e avrebbe potuto vivere, pensare e agire come più le era gradito.

La Principessa inspirò una boccata d’aria fresca e finalmente si sentì libera.

 

 

Soren era estremamente fiero della sua trovata. Aveva promesso a Faust di aiutarlo e gli aveva dato qualche utile consiglio. La gita di quella mattina era opera sua. Aveva detto al fratello che Lady Lucrezia adorava qualunque tipo di rovine, e gli aveva suggerito di proporle una visita alle Rovine di Last Lovers, a poche miglia da Lonliness.

Gli aveva inoltre proposto di invitare anche Julien, Florence e se stesso, per dare un’aria più dignitosa e rispettabile alla scampagnata.

Non dovete però assolutamente pensare che Soren abbia fatto tutto questo per bontà d’animo e volesse aiutare sinceramente il fratello. Quello che aveva in mente era semplicemente di rovinargli la giornata.

Erano partiti per le Rovine verso le otto di mattina, quando il caldo non era ancora insopportabile. Avevano cavalcato per un buon lasso di tempo, durante il quale il povero Faust si era dovuto sorbire il coro stonato formato dai suoi degni fratelli e da Julien, intenti a rallegrare, a modo loro, il viaggio. Quando finalmente erano giunti a destinazione, la graziosa combriccola si era sistemata per bene sull’erba e aveva fatto colazione.

In seguito, il povero Florence era stato colpito da un improvviso e inspiegabile malore che poteva essere curato, a detta di Soren, solamente da una particolare pianticella, molto rara. Di conseguenza tutti, tranne il malato e il suo medico, si dedicarono alla ricerca di questa fantomatica pianta dalle foglie allungate, senza ottenere buoni risultati.

Quando ormai ci si preparava già al peggio, i presenti poterono assistere alla prodigiosa guarigione del malcapitato, mentre il suo degno dottore gridava al miracolo.

E così avevano passato l’intera mattinata.

Nel pomeriggio Faust ebbe la fortuna di passare qualche minuto a tu per tu con la sua ignara innamorata, durante il quale le spiegò la storia delle Rovine.

La leggenda narrava che un giovane pastore, mentre portava al pascolo il suo piccolo gregge, avesse incontrato una leggiadra fanciulla, di cui si era immediatamente innamorato. La fanciulla, che era una ninfa dei fiumi, ricambiò subito il suo sentimento. Purtroppo però la ninfa non poteva unirsi un essere umano, altrimenti sarebbe morta.

I due quindi si rassegnarono all’idea di dover vivere separati, ma, nel momento dell’addio, il giovane pastore scivolò sulle pietre del torrente e cadde nell’acqua. La ninfa corse subito a salvare il suo amore, ma, quando lo ripescò, il giovane era moribondo.

Non sopportando l’idea di dover vivere dopo la sua morte, la ninfa si unì a lui in matrimonio, così i due giovani poterono morire insieme. Da questa storia proveniva il nome delle Rovine, dove era la tragedia era stata compiuta.

Dopo aver finito il racconto, Faust guardò sognante la giovane al suo fianco, la quale, a sentir lui, ricambiò dolcemente lo sguardo. Purtroppo, nel mezzo del loro simpatico idillio, un grido di dolore li distolse dai loro pensieri, qualunque questi fossero.

Il Reggente di Melancholy era accidentalmente caduto su una roccia, storcendosi, sempre accidentalmente, una caviglia.

Il dolore del giovane principe era così grande, ma così grande, che si lamentava come se fosse in punto di morte. Disse di non riuscire a fare neanche il più piccolo passo, e, quando provò a salire a cavallo, fu preda di un dolore lancinante. Quindi si decise che avrebbe dovuto essere portato in spalla.

Siccome, casualmente, la persona che aveva la corporatura più robusta era Faust, la scelta ricadde su di lui, suscitando il suo più vivo disappunto.

Alla fine il povero Faust trasportò in spalla lo sventurato principino e dovette fare a piedi tutta la strada che gli altri invece fecero comodamente a cavallo.

Arrivato a palazzo stanco e irritato, nel segreto dei suoi appartamenti si abbandonò, tra il compiacimento e le risate dei suoi stimabili fratelli e del suo onorevole Reggente, a una tale quantità di imprecazioni che avrebbe fatto impallidire la sua diletta innamorata.

 

 

-Felice di fare la vostra conoscenza…-

Le parole di Alexander ruppero l’inquietante silenzio in cui era caduta l’intera sala. Alcuni, temerari, osarono fare una risatina, altri, più cauti, fecero mezzo sorriso, i rimanenti, la maggior parte, rimasero indecifrabili.

Rosalba si sentì leggermente male. Non era andata esattamente come aveva immaginato. Era stata catturata da un troll, tratta in salvo da un vampiro, era entrata in una bisca gestita da creature demoniache e era stata la causa di una novella faida tra redivivi.

Chissà cosa capiterà domani… si chiese incuriosita la ragazza. Sempre se ci arrivo a domani... concluse lugubremente nella sua testa.

Se un giovane vampiro di nostra conoscenza sembrava mantenere il suo sangue freddo anche di fronte a sei colossali redivivi, la nostra povera ragazza sembrava decisamente sul punto di scoppiare in una poderosa crisi isterica.

Steven invece rimase interdetto dalla spavalderia del giovane e, per un attimo, temette il peggio. Poi però fece rapidamente qualche conto nella sua testa e sulla sua faccia ritornò il solito ghigno crudele. Era impossibile per qualsiasi vampiro avere la meglio su sei, anche meno grossi, esemplari della sua stessa specie.

Schioccò quindi le dita con decisione e la sua guardia del corpo cominciò ad avanzare verso i due disgraziati.

Ma il caro Steven non aveva fatto i conti con la nostra eroina…

Alexander era a pezzi e Rosalba dubitava fortemente che potesse anche solo riuscire a battersi con uno di quei bestioni.

Decise quindi di prendere in mano la situazione…per la seconda volta.

Scambiando una rapida occhiata con la giovane che il suo amabile compagno chiamava Molly capì che li avrebbe aiutati. Cercò quindi un pretesto, per guadagnare tempo e creare una confusione tale da poter fuggire senza essere notati.

Si avvicinò, molto lentamente, a Steven, il quale la osservò alzando un sopracciglio, incuriosito.

Poi, facendo pressione a se stessa, ricacciò indietro una smorfia e baciò a lungo e molto intensamente lo stupito vampiro, sotto lo sguardo stravolto di Alexander.

In quell’attimo di distrazione, Molly si accostò furtivamente al giovane e gli mise in mano una piccola chiave dorata. Poi sussurrò qualcosa a Ludwig, che la guardò stupefatto. Dietro il suo sguardo perentorio il vampiro si accinse a compiere ciò che gli aveva ordinato, e tirò un pugno al suo vicino.

Così, mentre Rosalba era ancora disgustosamente avviluppata a Steven, in men che non si dica nella piccola bettola si scatenò una rissa. Piatti, sedie, bottiglie di Porto volavano per la stanza. Persino le sei temibili guardie si impegnarono a cambiare i connotati di qualche sventurato compagno.

Nel mezzo di quella baraonda, Alexander si diresse rapido verso una piccola porticina dall’altro capo della sala e la aprì in fretta e furia. 

Quindi si avvicinò a Rosalba e, trascinandola per un braccio, la staccò bruscamente da Steven, che la guardò trasognato.

Lei gli diresse un bacio con la mano e poi seguì il suo aitante salvatore.

I due scapparono a gambe levate nella Foresta, tra il tramestio della zuffa e le urla rabbiose dello sprovveduto vampiro, resosi conto, troppo tardi, dell'inganno.

 

Angolo dell'autrice: Hi! Purtroppo penso che questo capitolo sarà il solo per almeno i prossimi due mesi...ovviamente spero di ricredermi, ma... :/

Ringrazio tutti i recensori, lettori, chiunque si interessi alla mia storia... :*

Alla prossima!

Lady Windermere <3

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


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Capitolo Sei

 

-Sono stata assolutamente fantastica! Ne converrete anche voi spero, dopotutto vi ho appena salvato la vita…- disse Rosalba, mentre correva a perdifiato nella Foresta.

Il suo interlocutore rispose sbuffando seccato.

La ragazza lo guardò –Non oserete dire il contrario… certo, io sono sempre fantastica, ma oggi…oggi…- e terminò baciandosi la punta delle dita.

Alexander la osservò di sottecchi –Non per rovinarti la vita, ma in verità sono stato io il primo a salvarti. E poi se non ci fosse stata Molly…-

-Mr Black! State forse insinuando che il mio successo dipenda solo ed esclusivamente da quella sottospecie di gatta morta? E non invece, come sarebbe più giusto, dal mio innato sprezzo del pericolo e dalla mia superiore astuzia?-

Il vampiro scoppiò a ridere e le arruffò i capelli –Va bene, piccola. Ammetto che anche tu hai fatto la tua parte, incredibilmente.-

Vedendo poi lo sguardo furibondo della ragazza aggiunse –Non graffiarmi gli occhi, piccola. Sei stata brava.-

Rosalba fece un piccolo sorrisetto compiaciuto, poi si guardò alla spalle –Ora che faremo? Non possiamo più tornare in quel postaccio immagino. Per mia fortuna…-

-Adesso ho paura che dovremo dormire all’aperto- rispose lui.

La ragazza si esibì in una smorfia di scontentezza –Che schifo… ancora una volta dovrò dormire sdraiata per terra…-

-Beh, se non fosse stata per la tua proverbiale irritabilità adesso potresti dormire in comodi letti con cuscini di piume…-

-Ero stata insultata. Vi prego di non scaricare la vostra frustrazione su di me…-

Alexander la guardò stupito –Frustrazione di cosa?-

Rosalba assunse un atteggiamento saccente –Di non aver potuto passare la notte insieme a quella Molly…-

Questa volta il vampiro parve seriamente arrabbiato –Senti tu, piccola mocciosa intrigante…Non osare parlar male di quella ragazza!-

Rosalba fece orecchie da mercante -Sta albeggiando… ciò non vi reca disturbo?-

-Finchè restiamo dentro la Foresta no. È troppo fitta e la luce del sole non passa.-

La ragazza annuì, disinteressata.

-Possiamo smettere di correre ora? Vi prego, sono esausta…- supplicò.

Alexander sorrise divertito –Non sei affatto una persona sportiva vero? Sei già stanca…-

-Non dormo dall’altra notte, non ho mangiato assolutamente nulla da ieri ed è da almeno mezz’ora che corriamo. Scusate tanto se sono stanca… vorrei anche vedere chi non lo sarebbe…- disse in tono duro.

Il giovane alzò le mani in segno di resa –Touché- poi proruppe in una risata.

Lei alzò gli occhi per lanciargli uno sguardo di fuoco, ma rimase turbata.

Lui la fissò –Beh, cosa c’è di strano?-

-I-i tuoi o-occhi…- balbettò lei.

Il vampiro divenne impaziente –Sì? Che cos’hanno i miei splendidi occhi verdi?-

-È proprio questo il punto. Non sono più verdi. Sono rossi…-

 

Il Ballo si avvicinava sempre di più e la Regina Clarisse diventava ogni giorno più stressata.

Mr Goldwin continuava a insistere affinché lei gli desse una risposta, possibilmente positiva. La seguiva ovunque. Non le dava un attimo di tregua. Nonostante i suoi sforzi per tenerlo a bada, non si dava per vinto.

Inoltre la Regina non era nel pieno delle sue forze in quel periodo. Si sentiva sempre più stanca e sfibrata. Ma con tutte le cose che erano capitate la Regina non ne era certo sorpresa. L’arrivo di Mr Goldwin, la richiesta di alleanza, la decisione di Scarlett di acconsentire alle nozze… Tutto questo non aveva certamente favorito la sua salute, già precaria di per sé.

Ma la Regina Clarisse non aveva tempo da perdere per delle sciocchezze. Non poteva assecondare assolutamente le pressanti richieste del suo archiatra, affinché si mettesse a letto e non si alzasse per almeno qualche giorno.

Sembrava che il mondo dovesse cadere a rotoli se la Regina non era presente a ogni ricevimento, a ogni pranzo, a ogni cerimonia di Corte…

Povera Clarisse, povera donna rinchiusa nella sua regale gabbia d’oro e troppo assuefatta ad essa per liberarsene, come aveva fatto la figlia. Chissà, forse se ne avesse avuto la forza il suo destino sarebbe cambiato…non lo sapremo mai probabilmente.

Ma torniamo a noi.

La Regina aveva più volte chiesto consiglio a Lord Drenlincourt, ma questi si era dimostrato un poco reticente riguardo a questo argomento.

La Regina, disse, era già a conoscenza della sua opinione in proposito. La cosa migliore era accettare la proposta di Goldwin, per il bene di tutti.

Poi il caro Presidente si era informato della salute di Sua Maestà e le aveva consigliato un decotto miracoloso, creato dalla sua abile trisavola, che le avrebbe fatto ritornare interamente le forze. Cosa ci fosse dentro? La Regina Clarisse non osò chiederlo. Di sicuro niente di appetitoso e invitante, ve l’assicuro.

Mentre si dirigeva verso i suoi regali appartamenti, venne assalita da Mrs Fink, che la tempestò di domande riguardanti la musica, i colori, i fiori che avrebbero dovuto esserci al Gran Ballo.

Dopo aver cortesemente assicurato alla sua infaticabile governante che qualsiasi, dico qualsiasi, cosa le venisse in mente sarebbe andata più che bene, la nostra spossata Regina arrivò alla porta della sua stanza, dove aveva intenzione di abbandonarsi a un dolce far niente.

Purtroppo le sue intenzioni vennero frustrate sul nascere.

Lady Scarlett era comodamente seduta sul sofà di sua madre, intenta a fissare il soffitto.

All’entrata della Regina, sobbalzò. Poi si schiarì leggermente la voce –Madre, ho preso una decisione: non mi voglio più sposare- dichiarò con voce stentorea.

Questo è decisamente troppo, pensò la Regina, prima di accasciarsi esausta sul divano.

 

 

-Ehi! Non puoi certo incolpare noi di quello che è successo l’altro giorno!- si difese Florence.

-Ha ragione lui, Faust. Che colpa ne abbiamo noi se sei stato sfortunato?- soggiunse Soren.

Faust sembrava sul punto di prendere fuoco dalla rabbia.

-Volete forse dire che tutte quelle situazioni assurde sono capitate per caso?- sbraitò.

Florence assunse un’aria innocente –E come avremmo potuto essere noi i responsabili?-

Faust digrignò i denti, furibondo.

Accorgendosi dell’ira del fratello, Soren si affrettò ad aggiungere –Eravamo lì insieme a te, Faust! Il povero Florence è stato così male…-

-Sì, poverino…- Faust era a passo dal commettere un omicidio premeditato.

Soren lo guardò con aria incredula –Non vorrai dubitare della nostra parola, spero. Siamo i tuoi fratelli!-

Faust si passò la mano tra i capelli, il che significava che i suoi bollenti spiriti si erano un po’ raffreddati –Purtroppo…-

Florence riconobbe il gesto e gli si avvicinò, prendendolo sotto braccio –In ogni caso, abbiamo deciso di aiutarti di nuovo…-

-Non credere però che la tua mancanza di fiducia non ci abbia spezzato il cuore…- disse Soren, assumendo un’espressione addolorata.

-Scusatemi ragazzi, la verità è che sono leggermente teso in questi giorni- replicò Faust, turbato.

-Questo perché non riesci ad ottenere ciò che vuoi- intervenne Florence –Ma non temere, siamo qui per questo.-

-Abbiamo studiato tutto nei minimi particolari e abbiamo ideato una strategia vincente…- disse Soren, camminando su e giù per la stanza.

Faust gli rivolse un’occhiata titubante e speranzosa al tempo stesso.

Florence se ne avvide e gli diede una pacca sulla spalla –Su con la vita! Ci siamo noi ora…-

Faust sorrise al fratello –Ma certo! Per un momento, ma solo per un momento, credevo che mi steste prendendo in giro…-

-Non oseremmo mai, te lo giuro…- ribattè Soren, strizzando l’occhio di nascosto a Florence.

Questi fece accomodare il fratello sul sofà –Adesso ascoltaci attentamente… abbiamo scoperto una cosa che ci sarà veramente utile.-

Soren gli si sedette accanto –Esatto. Noi sappiamo da fonte certa che Lady Lucrezia adora la musica.-

Faust lo guardò perplesso –E con questo?-

Florence sbuffò –Ma come? Non vedi forse tutte le infinite possibilità che adesso si aprono davanti ai tuoi occhi? Non le vedi forse?-

Faust guardò nel vuoto con un’espressione sognante –Sì, le vedo! Le vedo!-

Soren sembrava un genio del male –Ottimo. E ora riesci a vedere la più sicura, la più solida delle possibilità?

-Sì...sì…aspetta… no. Non la vedo…- rispose l’ingenuo Faust.

-Allora te lo diremo noi- disse Florence ghignando.

-Tu farai a Lady Lucrezia una serenata!- annunciarono i due fratelli all’unisono.

 

 

-Dannazione!- imprecò Alexander, agitato.

Rosalba lo fissò con l’aria di chi non ha la minima idea di cosa si stia parlando.

-Significa che ho bisogno di nutrirmi. – spiegò lui –E, se non lo faccio, diventerò sempre più debole…te l’ho già spiegato ricordi?-

La ragazza annuì, assente.

-E se sono debole, non sarò più in grado di difenderti…-

A queste parole Rosalba alzò la testa di scatto –Con “non sarò più in grado di difenderti” intendete dire proprio letteralmente che non potrete più difendermi?-

Il vampiro assentì lugubremente.

-E quanto tempo vi resta?- chiese preoccupata la ragazza.

-Chi lo sa? Un’ora…forse due…-

Rosalba alzò gli occhi al cielo –E cosa dovremmo fare adesso?-

-Devo assolutamente trovare del sangue, e non quello di un animale, ma sangue umano, puro- rispose il giovane.

-E come avete intenzione di trovarlo?-

Alexander scosse la testa –è proprio questo il problema: non ne ho la benché minima idea…-

-Allora morirò… voi no, perché siete immortale, ma la mia sorte è segnata. Me lo sento- affermò la ragazza con voce funerea.

-Finchè ne avrò le forze farò in modo che questo non accada, piccola. Quindi non preoccuparti- disse il giovane, stranamente gentile.

-Oh, di questo non avevo dubbi. È quel “finché” che mi mette in apprensione…-

Alexander rise –Sei sempre la solita, piccola. Ma qui nella Foresta dubito fortemente che ci possa capitare qualcosa di male…-

Non l’avesse mai detto. Un fruscio indistinto provenne dalle loro spalle.

Il vampiro si girò di scatto, mentre Rosalba sussultò dallo spavento. I due si guardarono intorno, sospettosi. Notarono un  leggero movimento tra i cespugli, fitti e intricati.

Il giovane si mise in guardia, avvicinandosi sempre di più all’arbusto, senza emettere alcun rumore. Rosalba ormai stava quasi pregando.

Alexander tese la mano, con un rametto spostò le foglie del cespuglio e… trovò un delizioso e adorabile scoiattolino, intento ad aprire una noce.

I due tirarono un sospiro di sollievo.

-Per fortuna era solo quella bestiolina… sono troppo bella per morire- disse Rosalba, nervosamente.

-È quello che dico anch’io…-

La voce alle loro spalle li fece sobbalzare e voltare di scatto, per la seconda volta.

Un omaccione color mogano li scrutava malignamente. Era massiccio, alto almeno otto piedi, ed era affiancato da altri due uomini come lui.

Ma a parlare non era stato lui. Era stato un omino con piccoli occhi pungenti, riccamente vestito e comodamente appoggiato al tronco di un albero.

Sulla faccia aveva stampato un ghigno di compiacimento.

Rosalba si rivolse al vampiro –Ehm… cosa stavate dicendo?-

 

 

La sera del Ballo era ormai giunta e tutti gli ospiti sembravano divertirsi.

Purtroppo non si poteva dire altrettanto per Lady Scarlett, che se ne stava sola in un angolo, cercando di passare inosservata.

Mentre tentava di sfuggire al suo adorabile pretendente, Scarlett ripensò alla faccia della madre, quella mattina, quando le aveva annunciato le sue decisioni.

Si lasciò sfuggire una risatina, che fece voltare alcuni anziani gentiluomini, i quali decisero di non indagare sul perché la Principessa se ne stesse nascosta sotto una pianta a ridere da sola.

La madre non le aveva fatto opposizione, dopotutto era ciò che voleva dall’inizio, ma era inorridita al pensiero di dirlo a Lord Drenlincourt o, peggio, a Mr Goldwin.

Lady Scarlett non sapeva se la sua decisione avrebbe fatto sfumare l’alleanza, ma, per la prima volta nella sua vita, non le interessava saperlo.

Avrebbe sposato l’uomo che amava e, per quel che la riguardava, Mr Horace poteva anche andare al diavolo…

-Principessa! Vi ho cercata ovunque!- Scarlett si morse le labbra.

Sorrise amabilmente al suo spasimante –Mr Goldwin… che gradita sorpresa…-

Mr Horace le si avvicinò, facendosi strada tra le foglie –Ma cosa state facendo qui sotto?-

-Ehm…mi stavo accertando che la pianta fosse ben curata. Sono soddisfatta e adesso me ne vado…-

Mr Horace sospirò –Ah, un’amante della natura! Principessa mi lasciate senza parole!-

Scarlett sorrise a denti stretti –Oh, che strano… -

Il giovane si schiarì la gola –Ero venuto per chiedervi l’onore di ballare con me questo valzer.-

L’espressione inorridita della ragazza dava a intendere che aveva già testato le abilità di Mr Horace in fatto di ballo. E aveva giurato su se stessa che l’esperienza non si sarebbe mai più ripetuta.

-Mio caro Mr Horace, ma noi abbiamo già danzato insieme…- tentò nervosamente.

-Oh, vi preoccupate delle convenienze? Ma era solo una quadriglia sapete…-

-Mi sento sollevata, Mr Goldwin, ma vedete sinceramente non mi sento molto bene…- riprovò la ragazza.

L’espressione di Mr Horace non poteva essere più preoccupata –Volete che vi conduca sulla terrazza? Potreste prendere una boccata d’aria…-

All’idea di loro due soli sulla terrazza alla Principessa venne sul serio la nausea.

-No! Non occorre… mi sento già meglio. Sono solo accaldata.-

-Volete che vi porti un bicchiere di limonata?- chiese il giovane.

Lady Scarlett colse la palla al balzo –Sì! Vi prego, ve ne sarei molto grata…-

Questa prospettiva eccitò il giovane Mr Goldwin, che si precipitò al tavolo dei rinfreschi, sgomitando tra le coppie danzanti.

La Principessa ne approfittò per scappare.

Mentre si dirigeva a passi rapidi il più lontano possibile dal suo persecutore, la ragazza intravide Miss Margaret.

La giovane pareva pallida e affannata. Scarlett sgattaiolò fuori dalla folla e tentò di chiamarla, ma il frastuono civettuolo del Ballo nascose la sua voce.

Miss Margaret si avviò velocemente su per lo scalone che congiungeva la sala da ballo con i piani superiori. Poi girò l’angolo.

La Principessa la seguì, incuriosita. Miss Margaret svoltò a sinistra, poi a destra e successivamente di nuovo a sinistra, fino a raggiungere il lato del Castello dove soggiornavano gli ospiti.

Infine sparì dietro una porta. Lady Scarlett, che non era riuscita a starle dietro, si guardò intorno. Fece qualche passo e… una porta si aprì di scatto e una mano la costrinse ad entrare nella stanza.

-Maggie!- inveì la Principessa, lisciandosi l’abito, rosso come i suoi capelli –Cosa vi succede?-

Miss Margaret sembrò sollevata –Ah, siete voi Scarlett. Temevo che…- poi si zittì, inquieta.

-Temevate che? Chi avrei dovuto essere?- chiese la ragazza.

-No, nulla. Ero solo spaventata. Ho sentito dei passi e ho immaginato il peggio.-

Scarlett la fissò –Non raccontatemi scuse, Maggie. Voglio sapere la verità. Chi avrei dovuto essere?-

-Per l’amor di Dio, Scarlett! Vi prego. Non è niente- disse la giovane, piuttosto sconvolta.

-Stranamente non vi credo. Ditemi la verità. Subito- ordinò la Principessa.

Miss Margaret sospirò, poi annuì in fretta. Aprì la porta e si accertò che in corridoio non ci fosse nessuno, poi condusse Lady Scarlett all’estremità opposta della stanza.

-Non posso dirvi molto. Anche perché non sono a conoscenza di tutto, ma questo ve lo devo –bisbigliò- Sì, ve lo devo per tutta la gentilezza e la simpatia che mi avete mostrato in questi giorni. –

Vedendo l’aria confusa della ragazza continuò –Ascoltatemi bene Scarlett. Quello che sto per dirvi è molto importante. Promettetemi che vi presterete attenzione.-

La Principessa annuì.

Miss Margaret abbassò il tono già molto fievole della sua voce –Non fidatevi di mio padre. E neanche di mio fratello, che non è altro che una pedina nelle sue mani.-

-Ma…perché?- domandò sconcertata la ragazza.

-Non posso dirvi altro –concluse la giovane conducendola verso la porta –Mi raccomando, non fidatevi di mio padre.-

Poi la guardò dritta negli occhi e l’abbracciò frettolosamente. Infine scomparve di nuovo nella stanza.

Ancora frastornata, la Principessa si diresse lentamente verso la sala da ballo.

Quando vi arrivò si accorse che il tafferuglio vi regnava sovrano.

Un valletto dall’aria stralunata la scorse e le si accostò di corsa.

-Principessa! Finalmente vi ho trovata! Vi stiamo cercando da mezz’ora! –

Scarlett lo degnò di un’occhiata distratta –Che sta succedendo? Il mondo cade a pezzi in mia assenza?-

Il valletto la guardò, stranito -Peggio Principessa! La Regina Clarisse, vostra madre, è svenuta!-

 

 

-Dio solo sa perché vi ho dato ascolto…-iniziò Faust, mentre si infilava un copricapo di piume che gli avevano rifilato i suoi fratelli.

-Perché ti stiamo aiutando a conquistare l’amore della tua vita, sciocco ingrato!- lo interruppe Soren.

Faust assunse un’aria scettica e prese il mandolino che Florence aveva scovato nelle soffitte del castello. Era appartenuto a uno stravagante antenato di Julien, amante della caccia e delle belle donne.

-Ma siete assolutamente sicuri che funzionerà?- chiese impensierito.

-Certo che sì!- rispose Florence –Basterà solo che tu canta…-

-Ma io non so esattamente cantare…- si lamentò lui.

-Ma se hai una voce da tenore! –replicò Soren –Andrai alla grande.-

Detto questo i due trasportarono letteralmente il fratello giù per le scale, fino al giardino su cui si affacciava il balcone di Lady Lucrezia.

-Ecco, –sussurrò Soren, per non far rumore –quello è il balcone. Vai! E fai come ti abbiamo spiegato, mi raccomando!-

Faust si avviò, suo malgrado, sotto il balcone, mentre i suoi degno fratelli si dirigevano in fretta e furia al piano di sopra, nella stanza di Lady Lucrezia, dove li attendeva impaziente Julien.

-Ci è cascato?- chiese quando li vide arrivare.

In risposta ricevette due risate trattenute a fatica. Ridacchiando, Julien prese dall’armadio uno degli abiti della sorella e se lo infilò.

-Come sto?- domandò civettuolo.

Soren gli mise in testa una parrucca corvina –Ecco, sei perfetto.-

Intanto Faust aveva preso coraggio e aveva iniziato a cantare.

Sentendo il latrare del fratello Florence fece segno a Julien di coprirsi con uno degli scialli di Lady Lucrezia.

-Mi raccomando –sussurrò Soren –alla seconda strofa. Altrimenti sembrerà che tu sia impaziente.-

Così, quando Faust attaccò la seconda strofa di quella sottospecie di canzone, Julien si affacciò al balcone.

Vedendo la sua bella, il giovane aumentò il tono della sua voce e berciò ancora più forte.

I due fratelli, dentro la stanza, morivano dalle risate.

Julien sospirò rumorosamente e sbattè le ciglia. Faust rimase estasiato dalla bellezza della sua innamorata.

Quando arrivò alla chiusa, Faust rimase immobile, aspettandosi degli applausi o dei fiori.

Ma l’amabile fanciulla si lasciò probabilmente prendere dall’emozione e, al posto dei fiori, gettò sulla testa del suo innamorato un intero vaso di ciclamini.

Per fortuna Faust si accorse in tempo dello sfortunato sbaglio della giovane e riuscì a scansarsi.

-Mia dolce Lucrezia –declamò Faust –devo confessarvi che vi amo, vi amo alla follia dal primo giorno che vi ho vista; e che spero di essere un giorno vostro marito.-

Udendo la risatina confusa della fanciulla, Faust divenne più audace –Sposatemi! Sposatemi Lucrezia! Anzi, fuggite via con me!-

A queste parole la giovinetta diede segno di voler calarsi giù dal balcone.

-Come? Adesso? Siete proprio impaziente mia cara…- disse Faust, sbigottito.

Ma la ragazza ormai aveva scavalcato la staccionata, tra le risate silenziose dei suoi onorevoli compari.

-Buttatevi tra le mie braccia, dolce Lucrezia, vi prenderò!- urlò Faust, al colmo dell’ardore.

La dolce Lucrezia non se lo fece ripetere due volte e saltò giù, cadendo in braccio al giovane. Faust, che si aspettava una fanciulla leggera e delicata, si ritrovò tra le braccia un giovane di vent’anni, tutt’altro che leggero e delicato e perse l’equilibrio, cadendo all’indietro.

-Siete un po’ pesantoccia, mia adorata…-

La caduta però aveva fatto scivolare via la parrucca a Julien, smascherandolo.

-Julien? Che ci fai tu…- quando Faust realizzò la cosa divenne furioso.

-Brutto bastardo! Dove sono i tuoi complici? Eh? Dimmelo sai, altrimenti…- disse, inseguendo il giovane Reggente, che vedendo la mal parata si era dato alla fuga.

Uscendo dal giardino però s’imbattè, con sua enorme sorpresa, nella vera Lady Lucrezia, assai divertita.

-Lady Lucrezia…- farfugliò, sconvolto.

-Mio carissimo Faust, ho visto tutto e ho sentito tutto, e…- iniziò la giovane.

Faust divenne rosso dalla vergogna ed ebbe la strana voglia di venire ingoiato dal terreno.

-…e…- riprese Lady Lucrezia -…l’ho trovato molto romantico. E divertente. Sono onorata che voi, per conquistarmi, vi siate dato così tanta pena; e, soprattutto, vi siate affidato a quel pazzo di mio fratello e a quei due vostri simpatici fratelli. La mia risposta è sì.-

Detto questo gli accarezzò il viso con la mano guantata e gli stampò un bacio sulla guancia, provocando il rossore dell’innamorato.

 -Visto che ti abbiamo aiutato?- gridò una voce dall’alto.

 

 

Il vampiro incassò l’occhiataccia di Rosalba e provò a togliere se stesso e lei dai pasticci.

Ingaggiò una lotta feroce con il primo di quei giganteschi scagnozzi.

Cercò di morderlo alla gola, ma non ci arrivò neanche saltando. In compenso l’altro gli rifilò un pugno micidiale nel ventre, facendolo urlare di dolore.

Cadde a terra, il gigante gli si scagliò contro e tempestò di colpi. Alexander cercò inutilmente di difendersi.

Rendendosi conto della situazione, Rosalba gli saltò addosso, aggrappandosi alla sua schiena e costringendolo a lasciare la presa sul giovane.

Ma gli altri due uomini, a un cenno di quello basso, l’afferrarono per le braccia e la staccarono dal loro simile, nonostante i tentativi della ragazza di liberarsi, dimenandosi e contorcendosi.

Il vampiro tentò di spaventare l’avversario, mostrandogli le zanne aguzze, ma quello scoppiò in un’aspra risata e lo colpì di nuovo nello stomaco.

Il giovane cadde nuovamente a terra, a pezzi. Il dolore non passava più ormai e la sua guarigione era più lenta e attenuata.

Per la prima volta Alexander si sentì debole.

Si arrese al suo nemico, sotto lo sguardo stravolto di Rosalba. L’omaccione lo prese per le spalle, bloccando ogni suo movimento.

Rosalba seppe di essere perduta.

L’uomo basso ordinò ai suoi tirapiedi di portarli al suo cospetto. Li osservò con attenzione.

-Bene bene bene… un giovane vampiro affamato e una leggiadra fanciulla…straordinariamente bella tra l’altro.-

-Cosa vuole da noi?- inveì Rosalba, esasperata.

-Io? Niente, ma ho un paio di conoscenti che sborserebbero molte corone per averti, ragazzina. In quanto al vampiro, beh, è incredibilmente affascinante anche lui, come tutti i vampiri del resto, e troverò una gentildonna disposta a comprarlo- rispose l’uomo sogghignando.

-Vuoi venderci?- chiese Alexander, stupefatto.

L’uomo lo fissò –Non sei molto intelligente, ragazzo. Che altro dovrebbe fare un mercante di schiavi, se non vendere le persone?-

-Voi siete un mercante di schiavi?- domandò la ragazza, sbalordita.

L’uomo le si avvicinò con un sorrisetto lascivo e le accarezzò il volto –Bellezza, stai parlando con il più famoso mercante di schiavi di tutta la provincia… mi presento, sono Mr Alfred Finnix, per servirla…-

Rosalba gli sputò in un occhio –Non osate toccarmi, maniaco!-

Lui le prese il viso tra le mani e lo strinse –Non farlo mai più, bellezza. Per quanto io apprezzi la tua vivacità, ad altri uomini potrebbe non piacere…-

Alexander cercò di divincolarsi, ma era troppo stanco e affaticato per riuscirvi.

Mr Finnix si rivolse a lui –Su, mio caro, tra poco sarai coccolato e viziato da qualche grossa matrona dell’altra società…-

-Che allettante prospettiva…- sussurrò il vampiro.

Mr Finnix rise, poi fece un segno ai sui uomini –Portateli via.-

 

 

Angolo dell’autrice: Ehilà! Sono di nuovo tra voi! Ora che ho finito gli esami vedrò di pubblicare più spesso!

Grazie mille per le recensioni e a presto!

Bacioni

Lady Windermere 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


Capitolo Sette

 

 

Rosalba imprecò.

Li avevano bendati per tutto il tragitto che avevano percorso, fino ad arrivare ad una radura nella Foresta, dove avevano tolto loro le bende, ma in compenso avevano legato loro strettamente mani e piedi.

Ora si trovavano in una angusta cella, che puzzava di umidità e sterco.

-Non dovresti imprecare sai…- disse il vampiro al suo fianco.

Rosalba gli rivolse una smorfia –Beh, non è che voi siate da meno.-

-Ma io non sono un’adorabile fanciulla…-

La ragazza lo studiò a lungo –Era una specie di complimento? –chiese –Volevate dirmi che sono adorabile, per caso?-

Il suo viso era indecifrabile –Volevo dire esattamente quello che ho detto.-

Rosalba fece spallucce –Beh, in ogni caso non mi interessa granché. Dite pure ciò che vi pare. Sono preoccupata per ben altro, se permettete.-

Si guardò in giro mentre parlava, era così buio che riusciva a malapena a vedere il volto di Alexander. Gli occhi del giovane brillavano nell’oscurità. Man mano che il tempo passava diventavano sempre più rossi.

La ragazza non aveva idea di cosa li aspettasse adesso. Il lurido individuo che li aveva catturati aveva parlato forse di un’asta?

Ci manca solo questa, pensò, essere venduta all’asta. Poi potrò veramente dire che le ho provate tutte…

-Sai, non avrei mai pensato di fare tutte queste cose… -confidò al giovane al suo fianco –Il mio unico desiderio era quello di essere una ragazza normale. Quando sono scappata non avrei mai pensato di finire così… sono stata catturata da un troll, ho fatto un patto con un vampiro – e qui sorrise ad Alexander –ho visitato una bisca e sono stata catturata da un mercante di schiavi… io volevo solo essere una qualunque. Ma non è andata come credevo.-

S’interruppe, accorgendosi di essersi esposta troppo.

Alexander appoggiò la testa alla parete –Perché sei scappata?-

-Volevo cercare la mia famiglia…- vedendo lo sguardo sorpreso del giovane continuò –Sono stata cresciuta da tre stregoni. Non so in che rapporti fossero con la mia famiglia. Non so nemmeno se esiste la mia famiglia. In ogni modo, non mi hanno mai detto niente, non hanno mai risposto alle mie domande, non si sono mai fatti sfuggire nulla che potesse darmi qualche speranza… So solo che non sono figlia loro, e che probabilmente mi chiamo Rosalba. Nient’altro.

Sono vissuta per quasi sedici anni chiedendomi se fossi mai appartenuta a qualcuno, se i miei genitori fossero vivi, se avrei potuto un giorno rincontrarli… - la ragazza ricacciò indietro le lacrime –Ma ormai mi sono resa conto che se mi avessero voluto anche solo uno straccio di bene non avrebbero mai smesso di cercarmi, come io non ho mai smesso di cercare loro…-

Rosalba sentì di aver detto fin troppo. Accidenti! Non avrei dovuto sfogarmi in questo modo davanti a lui…

-Ehm, sapete, credo di sentirmi leggermente male… Non credete a una sola parola di quanto vi ho appena detto: stavo delirando…- tentò la ragazza, poi tacque, aspettando che lui dicesse qualcosa, presumibilmente qualcosa di sarcastico.

Ma stranamente Alexander non disse nulla. Le lanciò un’occhiata obliqua e fissò la parete oltre le sue spalle, immerso in altri pensieri. Rosalba approfittò dell’oscurità per osservarlo. Aveva sempre pensato che fosse bello, fin dal primo momento. Del resto, è un vampiro… formulò meccanicamente la sua mente. Se solo non fosse così inverosimilmente insopportabile…

-Stai pensando a quanto sono bello?-

La sua voce sarcastica la riscosse –Sto pensando a quanto siate fastidioso!-

Alexander rise –Mi dai ancora del voi, piccola? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?-

-Adesso vi dirò una cosa che vi sorprenderà: non ho la benché minima intenzione di approfondire la vostra conoscenza. Quindi il voi va benissimo…-

Lui sorrise maliziosamente –è un vero peccato, piccola. Avremmo fatto faville noi due…-

-Non credo proprio. Anche perché stiamo per essere venduti…- rispose lei, stiracchiandosi.

-Dimenticavo questo piccolo particolare. Non preoccuparti, piccola, ti salverò io…- disse lui galantemente.

Rosalba assunse un’espressione dubbiosa –Ma se non sapete neanche reggervi in piedi! Toccherà a me salvare entrambi, come al solito. In effetti, come guardia del corpo non valete un accidente di niente. Mi sa che sarò costretta a non pagarvi…-

-Facciamo così –propose -Se sarò io a salvare te comincerai a darmi del tu, se invece sarai tu, beh… cosa vorresti?-

-Uhm…se vincerò io voi smetterete di chiamarmi piccola!-

-Affare fatto- concluse lui.

In quel momento la porta della cella cigolò e si aprì all’improvviso, facendo entrare un fascio di luce che colpì in pieno Rosalba.

La ragazza socchiuse gli occhi per proteggerli dalla luce. Dei passi le fecero capire che qualcuno era entrato nella prigione. Quando riuscì ad abituarsi alla luce scorse il viso di Mr Finnix chinato su di lei. L’uomo sorrise.

-Dovremo fare il possibile per presentarti al meglio eh, bocconcino? Lo stesso vale per te, sanguisuga…- disse, puntando il dito verso Alexander.

Rosalba si divincolò, cercando inutilmente di liberarsi dalle corde.

Mr Finnix se ne accorse e scoppiò a ridere –Non ti servirà a niente essere così ostinata, bellezza. – poi si rivolse a qualcuno nascosto dall’ombra dietro la porta –Jane, prendi questa adorabile ragazzina e aiutala a darsi una ripulita…Bill, tu fa lo stesso con il piccolo vampiro.-

Mentre i due aiutanti conducevano via i due giovani, Mr Finnix li covò con gli occhi.

-E sbrigatevi, che i clienti attendono!- urlò infine.

 

 

 

La Regina Clarisse era svenuta durante il Ballo a Corte.

Questa eccitante notizia era all’ordine del giorno in tutti i paesi della Confederazione Magica. Ne parlava ogni quotidiano del Regno, ne parlavano i gentiluomini che giocavano pigramente a whist in qualche club privato, ne parlavano le pesanti matrone mentre sorseggiavano il tè, ne parlavano i giovani, i vecchi, i nobili, i poveri, i valletti, perfino i mendicanti…

Ma a Corte la situazione era assai peggiore e Lady Scarlett dovette ammettere che le era un tantino, ma solo un tantino eh, sfuggita di mano.

Appena era stata avvisata dell’accaduto, la sera precedente, si era precipitata ad assistere la madre. Purtroppo qualcuno se ne stava già occupando e la giovane Principessa non sapeva se fosse un bene o un male. Infatti, quando arrivò trafelata al centro della Sala da ballo, a furia di sgomitate e spintoni, trovò Mr Lowell Goldwin che teneva in braccio il corpo esanime della madre.

Spiegò che la Regina gli aveva appena concesso l’onore di danzare insieme a lui, ma, proprio quando l’orchestra stava per attaccare il valzer, la donna aveva avuto un giramento e, in seguito, gli era caduta inerte tra le braccia.

Scarlett lo aveva guidato fino agli Appartamenti Reali, dove Mr Goldwin aveva adagiato delicatamente la Regina sul suo miglior divano. Poi era andato a cercare l’archiatra, mentre la Principessa vegliava sulla madre.

Quando arrivò Mr Lunwell, la Regina non aveva ancora ripreso conoscenza. L’archiatra aveva preso il polso della donna e le aveva sentito il battito, dopo essersi accertato che, fortunatamente, la Regina non era morta, aveva tirato fuori dalla valigetta di pelle un barattolino di sali e lo aveva passato sotto il naso della donna.

La Regina Clarisse aveva aperto piano gli occhi, aveva tossito e si era guardata intorno –Archibald?- aveva detto, rivolta all’archiatra, -Perché siete qui? Anzi, perché ci siete anche voi? – aveva chiesto, dopo essersi accorta di Mr Goldwin e della figlia.

Dopo aver visto che la ragazza stava per parlare l’aveva interrotta –No, aspetta, ora ricordo…So-sono svenuta, non è così?-

Mr Lunwell aveva annuito.

-E…e perché?- aveva domandato la Regina, preoccupata. Non era mai stata soggetta a svenimenti o cose simili.

L’archiatra si era fatto pensieroso –Questo è quello che intendo scoprire, Vostra Maestà. Anche se probabilmente la vostra perdita dei sensi è dovuta al fatto che eravate molto stressata in questo ultimo periodo e non avete assecondato le mie richieste di riposo, a quanto pare…-

Lady Scarlett aveva tirato un sospiro di sollievo. Poi aveva condotto via Mr Goldwin, lasciando la madre sola col suo medico.

Infine era ritornata nella Sala da ballo, aveva dichiarato che la Regina aveva avuto un leggero malore, ma che ora sembrava stare meglio, si era scusata per l’improvviso imprevisto e aveva mandato via tutti, promettendo ad ognuno che si sarebbe dato un altro ballo, non appena la Regina avesse ripreso pienamente la salute.

Scarlett, nella sua ingenuità, credeva che quest’arida spiegazione avrebbe sistemato le cose ed avrebbe evitato i pettegolezzi.

Povera Principessa! Non sapeva forse che ogni società che si rispetti è fondata sulle malelingue e sull’ipocrisia?

Beh, se non lo sapeva, lo avrebbe saputo la mattina dopo, quando scoprì, con suo grande stupore, che ognuno aveva riportato una versione diversa dell’accaduto.

La maggior parte delle persone diceva che la Regina era affetta da una malattia incurabile, che l’avrebbe stroncata in meno di un mese. Ma c’era anche chi, con molta

nonchalance, affermava che la Regina era in stato interessante  si accettavano scommesse su chi fosse il padre del nascituro, incredibilmente il più quotato era Lord Drenlincourt!

C’era chi poi sosteneva la voce di un finto svenimento per evitare di ballare con Mr Goldwin, di una congiura a Palazzo o di una setta segreta assetata di sangue che voleva usare la Regina per i propri riti demoniaci…

Ognuno insomma si inventava una propria storia personale sulle cosiddette “tresche Reali”, e devo dire che, di certo, il popolo di Enchantment non mancava di fantasia.

Allo stupore si Scarlett si aggiunse poi lo sconforto nel sapere che queste impensabili dicerie non erano che l’inizio.

Subito la Principessa mise tutta se stessa nella inutile impresa di cercare di smentire tutte le maldicenze, e, al limite della sopportazione, chiese aiuto a Lord Drenlincourt.

Costui, abituato, nella sua lunga esperienza, a simili circostanze, non solo mise fine alle malelingue, ma anche riuscì eroicamente a far credere a tutto Enchantment che il malore fosse dovuto a un’indigestione di aragoste.

Come dire? La forza della persuasione….

Una volta che il pericolo era stato sventato, Lady Scarlett si dedicò giorno e notte alla madre, costretta a letto.

La povera Regina Clarisse era esasperata e solo la presenza della figliola sembrava calmarla. Non poteva assolutamente alzarsi dal letto, quindi i suoi soli svaghi erano dormire, leggere e sorseggiare il tè preparato appositamente per lei da Lord Drenlincourt.

Disgraziatamente infatti, la nostra Regina non migliorava affatto. Non correva gravi rischi, di questo l’archiatra ne era certo, ma sembrava di giorno in giorno più sfibrata e più stanca.

Così, la Regina, non potendo occuparsi personalmente delle faccende di Corte, dispose che fino a quando la sua saluta non fosse migliorata e lei avrebbe potuto, con sua grande gioia, alzarsi dal letto, sarebbe stata sua figlia, Lady Scarlett, con l’aiuto di Lord Drenlincourt, a badare agli affari di stato.

La Principessa era sbalordita. Alla madre piaceva forse giocare a scaricabarile? Aveva gettato tutte le sue responsabilità e i suoi oneri sulle sue alquanto giovani spalle.

Certo, la ragazza capiva che la madre stava male, capiva che lei era destinata a diventare la futura regina, capiva che non aveva avuto altra scelta, capiva che era avvenuto tutto troppo in fretta, ma…assumere il posto della Regina?

Ecco, Scarlett proprio non riusciva a capacitarsi di come tutto questo fosse accaduto proprio a lei.

 

 

 

Faust era fuori di sé dalla gioia. E non solo perché aveva potuto finalmente vendicarsi con i suoi fratellini e con il Reggente di Melancholy, ma anche perché le cose sembravano per una volta andare per il verso giusto.

Lady Lucrezia aveva acconsentito alla sua domanda di matrimonio e il fidanzamento ufficiale sarebbe stato annunciato al più presto durante un ricevimento solenne.

Soren e Florence si erano messi il cuore in pace e non sembravano darsi pena per quest’ultimo evento. Julien…beh era difficile capire Julien…sembrava contento.

Qualche volta però Faust lo sorprendeva immerso in pensieri sfuggenti con la fronte aggrottata e una smorfia indecifrabile sul volto.

Da un po’ di tempo il giovane Reggente passava metà del suo tempo chiuso nel suo studio, insieme al suo consigliere personale e all’amministratore di Lonliness.

Solo Dio sapeva cosa facessero in quella stanza, visto che era proibito l’accesso a chiunque.

Tutte queste riflessioni, in ogni caso, non toglievano il sonno a Faust né l’appetito. Il maggiore dei Rosenoir si beava nella sua egoistica felicità.

Era impegnato giorno e notte a dirigere i preparativi per il ricevimento dove avrebbe resa pubblica la sua gioia. Sarebbe stato solo un piccolo trattenimento, ma tutto avrebbe dovuto essere perfetto.

Inoltre, in pratica se ne stava occupando solo e unicamente lui. Infatti Julien era troppo impegnato con qualunque cosa lo tormentasse, Lady Lucrezia non faceva che andare a un ballo dopo l’altro e né Florence né Soren sembravano minimamente interessati alla cosa.

Il suo unico aiuto proveniva dalla servitù, la quale aveva compassione per quel giovane gentiluomo accecato dall’amore.

Le cuoche preparavano deliziosi biscotti a suo esclusivo utilizzo, il cameriere gli lucidava gli stivali ogni sera, le domestiche gli facevano trovare i suoi appartamenti sempre in perfetto ordine…persino il giardiniere l’aveva preso sotto la sua ala protettiva e gli portava fiori freschi ogni mattina.

Tutto ciò era una continua fonte di letizia per il giovane innamorato ed era terribilmente seccante per i suoi fratelli, dato che, essendo stati classificati come disturbatori della quiete pubblica, non venivano trattati nello stesso modo.

Quei poverini erano letteralmente snobbati dalla servitù e costretti a svolgere da sé le faccende domestiche, il che creava loro non pochi problemi. Non bisogna mai sottovalutare infatti le insidie di questo tipo di lavori, soprattutto se non si ha la benché minima idea di come fare.

Quel giorno erano alle prese con l’insormontabile impresa di rifare il proprio letto.

-E questo cosa sarebbe?- chiese Florence, sollevando un lenzuolo.

Soren lo guardò con aria pensierosa –Dovrebbe essere una specie di coperta, credo…-

-Sì, fin qui ci potevo arrivare anch’io…- replicò l’altro, sarcastico –Quello che mi sfugge è il suo utilizzo…-

Faust distolse gli occhi dal quotidiano –Dovete ricoprirci il letto…-

Soren prese allora un lembo del lenzuolo che gli porgeva Florence e lo strinse con entrambe le mani, poi, con l’aiuto del fratello, lo adagiò sopra il letto.

-E ora?- domandò a quel punto a Faust.

-Non sapete fare proprio niente voi eh? Fatelo passare sotto il materasso…- rispose quello distrattamente.

L’enigmaticità di quella risposta lasciò i due fratelli alquanto perplessi. Dovevano farlo passare sotto il materasso? E cosa vorrebbe dire?

Florence scrollò le spalle –Bah… facciamo così, io alzo il materasso e tu ci infili sotto sta coperta…-

Detto questo sollevò senza fatica il materasso e il fratello fu lesto ad eseguire il suo compito. Poi si scostarono per vedere il risultato. Guardarono il loro letto, da cui penzolavano i lati del lenzuolo. Guardarono il letto di Faust, già fatto dalla domestica. Riguardarono il loro letto.

-C’è decisamente qualcosa che non va…- disse Soren, scuotendo la testa.

Florence si abbassò all’altezza del letto e tirò un lato del lenzuolo dalla sua parte –Forse dobbiamo tirarlo in modo da ricoprire anche il lato superiore del letto… che dici?-

Soren fece lo stesso –Tentar non nuoce…-

Mentre i due stavano tirando, ognuno dalla sua parte, il lenzuolo bloccato sotto il materasso, Julien entrò in fretta nella stanza.

-Rosenoir! Devo assolutamente chiedervi un consiglio…- iniziò.

Faust si alzò immediatamente dalla poltrona e ripiegò il giornale –Cos’è successo?- s’informò.

-Ecco…io… Ma cosa state facendo voi?- disse rivolgendosi a Florence e Soren –No, aspettate, non voglio nemmeno saperlo…insomma, qualunque cosa sia, non è più importante di questa…-

I due si alzarono, lasciando a metà la loro opera con sommo piacere.

Il Reggente li fissò a lungo, poi cominciò a spiegare.

 

 

 

Vi ricordate ciò che pensava la Principessa? Sul come era potuto succedere tutto quello che le era successo? Ecco, lo pensava anche un altro personaggio della nostra storia… un altro personaggio che in quel momento era in balia di una sguattera tutt’altro che cortese e amabile…

-Ahi! Mi fai male!- strillò Rosalba, arrabbiata, mentre l’altra le sfregava la schiena con una spugna molto simile a un sasso.

La sguattera la guardò con disprezzo –Ehilà, miss. Non avrà male per questo? Devo sfregare per togliere l’odore…-

-Io ho la pelle più delicata della tua… e non puzzerei affatto se il tuo padrone non mi avesse fatta rinchiudere in una sudicia cella!- si lamentò la ragazza.

La serva assunse un’aria solenne –Quello che fa il padrone è sempre giusto, miss. E se lui ha deciso di chiudervi in una stalla per maiali deve avere i suoi motivi…-

-Ah, era una stalla di maiali eh? Non riuscivo a riconoscere l’animale…fantastico.-

La sguattera, che aveva finito la sua opera di pulizia, le gettò una secchiata di acqua gelida in testa, provocando lo strillo acuto della giovane. Poi le porse sgraziatamente un asciugamano non del tutto pulito.

Rosalba si asciugò alla buona e prese i vestiti che la donna le porgeva.

Li guardò stupita –Non posso mettere questa roba!-

La serva si girò, guardando l’abitino striminzito che la ragazza teneva per un capo, con una faccia disgustata. Il vestito consisteva in una fascia molto stretta che girava su sé stessa, in modo da ricoprire a malapena quello che doveva essere coperto.

-Va contro ogni decenza e pudore!- strillò Rosalba. Sembra essere stato fatto per non lasciare molto all’immaginazione…

-Ma miss, come potrete attirare l’attenzione se siete vestita di tutto punto?- domandò scioccata la serva.

Ah, era proprio stato fatto per quello scopo allora…

-Beh, a me non interessa attirare clienti… non metterò mai questo sudicio straccio! No, no e poi no!- urlò la ragazza.

La donna fece un sorrisetto malizioso –Allora dovrete presentarvi nuda miss, perché io non ho altro che questo abito…-

Rosalba le lanciò un’occhiata di fuoco, poi strinse i denti e s’infilò quella sottospecie di vestito, cercando di coprire il più possibile, cosa che, non lo diremo nemmeno, non le riuscì.

Vestita, o meglio, svestita in tal maniera si presentò nell’ufficio, un piccolo stanzino senza finestre, di Mr Finnix.

Alexander era già là e Rosalba potè constatare che neanche a lui era andata tanto meglio. indossava solamente dei calzoni neri, molto corti e molto stretti, che facevano sembrare la sua pelle ancora più bianca. Aveva ancora i polsi legati, almeno questo a lei era stato risparmiato.

Quando Mr Finnix la vide si leccò le labbra lascivamente –Credo proprio che farò affari d’oro con te, bambolina.-

Il vampiro le lanciò una lunga occhiata, poi girò la testa dall’altra parte, probabilmente imbarazzato.

Mr Finnix spiegò loro in poche parole come avrebbe avuto luogo l’asta e si raccomandò vivamente di non provare a giocargli un brutto tiro.

Infine mise loro al collo una catena con un numero, sorrise ancora a Rosalba, le legò nuovamente le mani, le tirò una pacchetta sul sedere, provocando la sua furia omicida, e scomparve dietro la porta.

I due rimasero soli, ad aspettare il loro turno. Erano gli ultimi. Dulcis in fundo…pensò la ragazza.

Restarono in silenzio per alcuni istanti, poi il vampiro parlò –Senti, io…- esitò –Mi dispiace, ecco. Mi dispiace di non esserti stato d’aiuto finora.-

Rosalba gli sorrise, nonostante tutto –Non vi preoccupate, so cavarmela. Troverò un modo per trarci d’impaccio, vedrete.-

-Rosalba io…- tentò di nuovo il giovane redivivo.

Ma in quel momento un uomo aprì la porta della sala, facendo entrare una corrente d’aria.

Poi li condusse fuori, nella radura, che era stata preparata per l’asta e li spinse sopra il palco di legno, vicino a Mr Finnix.

Rosalba riaprì gli occhi, che aveva socchiuso per abituarsi alla luce filtrata e tenue della Foresta, e si trovò davanti centinaia di occhi che la fissavano.

Oh, povera me… gemette nella sua testa.

 

 

 

 

Terribilmente seccante… in quel momento era questo l’unico pensiero della Principessa. Dal momento in cui la madre le aveva affidato il comando del Paese non aveva avuto un attimo di tranquillità. La sua nuova vita era scandita da scartoffie da firmare, eventi da organizzare, persone da ricevere…e, come se non bastasse, doveva anche tenere a bada Mr Goldwin e suo figlio.

Infatti, ora che la Regina era fuori dai giochi, Mr Horace le faceva una corte serrata e Mr Lowell non le dava requie. Scarlett ormai non conosceva più la parola “riposo”.

La sua vita sociale si stava sbriciolando come un friabile biscotto, i suoi amici si erano tutti volatilizzati, Margaret era scomparsa e Andrew…Andrew non si era fatto più vivo da quel giorno nelle scuderie…

Lady Scarlett sentiva tutto il peso del potere sopra le sue fragili spalle, e questo non le piaceva. Non le piaceva affatto. Se era così adesso, figurarsi quando la madre sarebbe passata a miglior vita… La Principessa non voleva nemmeno pensarci.

Certo, aveva sempre l’aiuto di Lord Drenlincourt, ma sai che aiuto… Non faceva altro che borbottare come una pentola di fagioli e lamentarsi perché Scarlett non conosceva il latino… le era utilissimo, come no…utile come una bicicletta nell’oceano…

La giovane si sedette alla scrivania della madre e appoggiò il mento sulla mano destra. Non sapeva proprio cosa fare. Era tutto così…monotono…

Cosa ne sapeva lei, dopotutto, di politica? Ve lo dico io: un accidente di niente…

Scarlett si guardò le unghie, tra mezz’ora avrebbe dovuto presenziare a un importante colloquio col ministro degli interni. Non vedo l’ora… disse tra sé e sé.

Il suo tempo libero era interamente dedicato alla madre, che, mi dispiace dirlo, stava sempre peggio. Ogni sera era più pallida, più emaciata e più stanca.

E lei non poteva farci niente. Questo senso d’impotenza la rendeva frustrata e irritabile.

Anche Lord Drenlincourt era visibilmente preoccupato e cercava come meglio poteva di fare qualcosa, cioè le portava del tè. Il che era praticamente indispensabile al miglioramento della salute della madre, come no…

Probabilmente è l’unica cosa che è capace di fare… pensò la ragazza. Se lo chiedesse a me gli direi io cosa può farci con quel suo dannato te…

Un colpo alla porta la distolse dai suoi pensieri.

-Avanti…- disse svogliatamente.

Un uomo di mezz’età si fermò sulla soglia, esitante –Vi disturbo, Altezza?-

Lady Scarlett fece un segno di diniego con la mano. Se non sbaglio è Mr Hastings, il vicepresidente di…di…qualcosa di inutile di sicuro…cosa vorrà mai da me?

L’uomo avanzò fino alla sua scrivania. Poi si guardò attorno e si chinò sulla Principessa –Vostra Altezza, sono Mr Hastings, vicepresidente della società di servizi segreti di Enchantment…ho qualcosa di molto importante da riferirvi- sussurrò.

Avevo ragione allora, perfettamente inutile…

-Dica pure…- rispose la ragazza sbadigliando.

Lui si avvicinò ancora di più –Abbiamo scoperto una cosa allarmante su Mr Lowell Goldwin…-

Scarlett si raddrizzò sulla sedia.

-Sappiamo da fonti certe che Mr Lowell Goldwin ha redatto un documento, il cui contenuto ci è tutt’ora quasi completamente sconosciuto, e lo ha inviato, tramite emissari, in tutti i regni della Confederazione. Siamo stati avvisati dal Reggente di Melancholy… a quanto pare Mr Goldwin sta cercando di stipulare un accordo di alleanza con i regni, all’insaputa della Corona. Sembra che Mr Goldwin sia disposto a elargire munifiche ricompense a chi firmerà l’alleanza e gli giurerà assoluta e totale fedeltà… Per ora siamo venuti a conoscenza solo di questo, Vostra Altezza, ma ci è sembrato opportuno riportarvelo immediatamente.-

Vedendo l’aria scombussolata della Principessa continuò –In parole povere, Altezza, Mr Goldwin sta cercando di mettere i Reggenti contro di voi… e potrebbe anche esserci riuscito, per quel che e sappiamo. -

 

 

 

Faust per poco non cadde dalla poltrona.

-Cosa ha fatto Mr Goldwin?- chiese Florence strabuzzando gli occhi.

Julien lo guardò infastidito – Insomma, quante volte devo ripetervelo? Mi ha mandato una richiesta di alleanza. Mi ha promesso oro e proprietà in cambio di un giuramento di assoluta fedeltà a lui.-

-E tu cosa hai fatto?- chiese Soren, sconvolto.

-Ho stracciato il foglio in faccia all’emissario di quel serpente e l’ho cacciato via a pedate, poi ho avvisato Mr Hastings.- rispose il giovane Reggente.

Florence si alzò e andò a stringergli la mano –Julien, devo congratularmi con te… hai fatto la cosa migliore, in assoluto.-

Faust era impensierito –Sì, su questo non c’è dubbio. Ma perché informare proprio Mr Hastings?-

-So che a prima vista può sembrare incapace, ma sa fare il suo lavoro… e poi chi dovevo informare ora che la Regina è costretta a letto? Lord Drenlincourt? La giovane Principessa? Mi è sembrata la scelta migliore…e poi, non volevo che lo venisse a sapere tutto il Paese.-

Soren annuì –Ben fatto Julien. Non capisco però cosa sia passato nella testa di quell’uomo? Cos’ha intenzione di fare?-

Nessuno seppe rispondergli.

Fu Faust a rompere il silenzio –Siamo mancati troppo tempo da Corte… forse è giunto il momento di ritornare.-

Florence lo guardò stralunato –Con Rosalba ancora dispersa? Non devi nemmeno pensarci…Sai bene cosa potrebbe rischiare se qualcuno dovesse riconoscerla, ora più che mai…-

-Nessuno potrebbe riconoscerla. Nemmeno lei ne è al corrente. E in questo momento la priorità è Enchantment- replicò il fratello.

Soren, che era stato zitto finora, si decise a parlare –Credo che sia meglio attendere notizie da Palazzo prima di fare qualcosa di avventato. È la cosa migliore da fare al momento.-

Tutti furono d’accordo.

Julien si diresse verso la porta, con l’intenzione di tornare nelle sue stanze, quando un valletto piombò trafelato nella sala, facendo finire la porta in faccia al giovane.

Il valletto impallidì –Sc-scusate Altezza. Scusate…non intendevo…non volevo…- balbettò.

Julien lo zittì con un cenno della mano, mentre con l’altra si massaggiava il naso dolorante.

-Cosa c’era di così importante?- domandò in seguito, un tantino scocciato.

Il valletto porse al Reggente un rotolo di carta sigillato –è arrivato in questo momento un inviato da Corte, Vostra Altezza. Mi ha incaricato di darvi questo, dice che sia di vitale importanza…-

 

 

 

Tra tutte le esperienze che Rosalba aveva immaginato di poter fare non c’era quella di essere venduta all’asta. Non le era nemmeno mai passata per l‘anticamera un’eventualità simile.

Purtroppo però la vita è dura.

-Ed ecco il pezzo forte della serata: una bellissima ragazza e un prestante vampiro! Si parte da cento corone d’oro…Fate le vostre offerte, signori…- La voce stridula di Mr Finnix la riportò alla realtà.

Poverina, ci mise un po’ a realizzare che si trovava mezza nuda sopra un palco, davanti a un centinaio di possibili compratori, e che la sua unica speranza di salvezza era al suo fianco, in pessime condizioni fisiche e morali.

Rosalba rivolse al suo vicino un’espressione disperata. Il vampiro ricambiò la smorfia.

-Offro duecento per la ragazza!- gridò un vecchietto in prima fila.

-Trecento per il vampiro!- urlò una donna dall’aspetto massiccio.

-Quattrocento corone per la mocciosa! – inveì un uomo dall’aria volgare –Ma prima voglio assicurarmi della qualità della merce…-

Con un sorrisetto lascivo salì sul palco, tra lo stupore generale. 

Si avvicinò a Rosalba –Bene bene…guarda un po’cosa abbiamo qui…- le alitò in faccia.

La ragazza girò la testa, disgustata.

L’uomo le perse il mento con violenza e la costrinse a guardarlo negli occhi. La fissò a lungo, poi spostò lo sguardo sul suo corpo. Fece un grugnito di apprezzamento e Rosalba si sentì morire per la vergogna.

Infine le appoggiò una mano sui glutei.

A quel punto Rosalba, e come biasimarla, non potè più trattenersi. Si divincolò dalla sua presa e gli sputò in un occhio.

-Tieni giù le mani, porco schifoso!- urlò.

L’uomo si asciugò la faccia con la mano –Vivace eh? Adorabile…- poi si rivolse a Mr Finnix –Ti offro cinquecento corone, Alfred…-

Dopo aver assistito alla scena decine di uomini si precipitarono sul palco, scalpitando.

Si aprì di nuovo una gara all’offerta più alta.

-Seicento corone!-

-No, io ne offro settecento!-

-Ottocento corone per quel bocconcino invitante!-

La ragazza era a dir poco nauseata. Quando poi però, tutti pretesero di avere un assaggio, come aveva fatto l’amico di Mr Finnix, si guardò attorno spaventata.

Alexander era attorniato da donne tutt’altro che amabili e probabilmente era nella sua stessa situazione, se non peggio. Nessun aiuto avrebbe potuto arrivare da quel fronte.

Indietreggiando davanti a quella massa di uomini colmi di cattive intenzioni, Rosalba sperò con tutte le sue forze in un miracolo.

E, strano a dirsi, il miracolo arrivò. Forse.

-Offro duemila a testa per ciascuno dei prigionieri… in tutto quattromila corone d’oro…-

Nella radura calò il silenzio e tutti si voltarono verso le ultime file, allibiti, per vedere chi era stato così pazzo da aver offerto una simile cifra per due schiavi.

Rosalba non seppe se essere contenta o preoccupata…

 

Angolo dell’autrice: E rieccomi anche qua come sempre! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, per me è sempre un immenso piacere leggere le recensioni e sapere che vi piace! Grazie mille ancora a tutti!

Alla prossima!

Bacioni :*

Lady Windermere <3

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


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Capitolo Otto

 

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Un minuto prima Alexander era attorniato da non molto gradevoli matrone che si strusciavano senza remore addosso alla sua persona, un minuto dopo era libero.

L’attenzione di tutti i presenti si concentrò sul giovane dall’aspetto slavato che aveva parlato.

Il suo volto, fatto di angoli aguzzi, rimase imperscrutabile. Tutto era spigoloso in quel giovane: il fisico magro, i lineamenti…in più era estremamente pallido…molto più di qualsiasi essere umano… pensò Alexander. Ma è troppo fragile per essere un vampiro…

Il giovane avanzò lungo la radura, mentre la folla, in preda a un reverenziale timore, si apriva per farlo passare.

Mr Finnix gli venne incontro e, per un momento, si sarebbe detto che avesse perso tutta la sua alterigia –Co-come avete detto, milord?- farfugliò, confuso e sbalordito al tempo stesso.

Gli occhi grigi del giovane lo squadrarono dall’alto al basso –Ho detto: quattromila corone d’oro… vi bastano?-

-C-certo, milord. Posso avere l’ardire di chiedervi il vostro nome? Sapete, normale giurisdizione…-

Il giovane strinse le labbra –Sono Lord Garrett Stevenson…- disse con un sussurro.

Nella radura si levò un mormorio indistinto.

Mr Finnix divenne livido e si prostrò davanti al giovane –Altezza…io…io…non sapevo…non pensavo…-

Alexander assisteva alla scena allibito. Chi era quel giovane davanti al quale persino Mr Finnix diventava docile come un agnellino?

Ma non tutti erano divenuti docili, a quanto sembrava.

-Non è giusto!- urlò l’amico di Mr Finnix –Principe o non principe io ho il diritto di precedenza! Ti avevo fatto la mia offerta, Alfred, e tu stavi per accettarla prima che questo damerino incipriato aprisse bocca!-

Mr Finnix lo guardò seccato –Hai detto bene Harold, stavo...- poi guardò il giovane, sognante –Ora ho cambiato idea, come puoi benissimo vedere anche tu…-

L’uomo divenne rubizzo –Tu non puoi, Alfred, non puoi…-

-Ti accorgerai ben presto che posso…- replicò Mr Finnix.

-Te ne pentirai, Alfred, te ne pentirai…te lo prometto.-

Detto questo l’uomo girò le spalle e se ne andò di buona lena.

Il giovane lo osservò andare via attraverso l’occhialino che gli pendeva dalla giacca. Poi spostò la sua attenzione sui due giovani prigionieri.

Li fissò a lungo per mezzo della lente opaca. Poi lasciò cadere l’occhialino con un fluido movimento della mano e si rivolse a Mr Finnix.

-Posso quindi considerare accettata la mia offerta?- chiese, guardandolo obliquamente.

L’altro fece un grottesco inchino –Qualsiasi cosa per Sua Altezza, il principe di Moonshine…-

Alexander aggrottò la fronte nel sentire il suo nome. Cosa ci faceva il principe di Moonshine così lontano da casa?

-Benissimo.- continuò il giovane –Ecco a voi il denaro…- disse tirando fuori dalla tasca della marsina una tintinnante borsa di pelle marrone.

Mr Finnix la prese, impaziente e rovesciò qualche moneta sul palmo della mano. Poi ne prese una e l’addentò per provarla.

Una volta accertato il suo valore, ripose la borsa nella sua giacca lurida e si rivolse al principe –è un piacere fare affari con voi, Altezza.-

Il giovane annuì distrattamente. Mr Finnix schioccò le dita e due servitori si affrettarono a slegare i due stupiti prigionieri.

Il principe li guardò –Ah, - disse svogliatamente a Mr Finnix –fatemi il favore di rivestirli…-

 

 

 

-Cosa avete detto?-

Il tono della Principessa non poteva risultare più esterrefatto.

Mr Hastings sbuffò palesemente –Mr Goldwin sta corrompendo i Reggenti…Capisco che per voi è stato uno shock, Altezza, visti anche i vostri rapporti con…- e qui tossicchiò -…Mr Horace Goldwin. In ogni caso è estremamente importante che voi prendiate una decisione al riguardo. Il prima possibile.-

Scarlett lo fissò sgomenta. Proprio quando la madre aveva affidato tutto nelle sue mani doveva succedere una cosa del genere?

La Principessa si sedette nuovamente –Sì, capisco. Cercherò…proverò a trovare una soluzione adeguata…-

Sotto lo sguardo scrutatorio di Mr Hastings aggiunse –Il prima possibile.-

Il vicepresidente della società di servizi segreti sembrò soddisfatto, fece un frettoloso inchino e liberò la Principessa della sua presenza.

Lady Scarlett sospirò. Ci mancava solo questa…una bella congiura di stato, un paio di assassinii, qualche pazzo assetato di potere e poi potrò dire di averle veramente tutte.

Nonostante tutto ridacchiò. Non avrebbe fatto una vita monotona dopotutto…

Scarlett abbandonò la scrivania e si sgranchì le gambe.

Non aveva proprio idea di cosa fare... Mr Hastings le aveva raccomandato la segretezza quindi non poteva nemmeno consigliarsi con Lord Drenlincourt.

Beh, potrò dirlo a mia madre no? Con questa idea in testa uscì dallo studio e si diresse lentamente verso gli Appartamenti Reali.

Quando arrivò davanti alla porta delle stanze della Regina si fermò, con la mano a mezz’aria sulla maniglia. Non poteva turbare la madre con affari politici. Stava già male per conto suo…non poteva appesantire il suo dolore con la notizia di una specie di congiura di Corte, soprattutto se era da parte di Mr Goldwin…

Scarlett girò i tacchi e tornò indietro il più velocemente possibile. Infine, proprio quando aveva perso ogni speranza di risolvere il suo problema, trovò una soluzione.

Non del tutto consapevole di quanto stava per fare si aggirò per i corridoi in cerca di una particolare stanza.

Percorse quasi l’intera ala ovest del Castello prima di trovarla. La Principessa si fermò, prese fiato un paio di volte, assunse un’aria convinta e spalancò con decisione la porta.

I suoi ministri la guardarono smarriti. La Principessa non aveva mai presenziato a un consiglio di Corte.

Lord Drenlincourt sembrava confuso –A-Altezza…come mai ci avete onorato della Vostra presenza?-

Scarlett si avviò con fermezza verso il centro della stanza e posò con forza le mani sull’immenso tavolo rettangolare intorno dal quale i ministri la fissavano stupiti.

Abbassò lo sguardo e cercò nella sua mente le parole. Una volta trovate alzò il mento in segno di sicurezza e finalmente parlò.

-In qualità di Principessa ereditaria di Enchantment e di attuale reggente al trono, io, Lady Scarlett Reverton, convoco un Consiglio Speciale.-

 

 

 

Julien prese il rotolo di carta sigillato dalle mani del valletto che si inchinò e uscì rapidamente dalla porta.

-Su aprilo Julien…- incitò Florence.

Il Reggente srotolò il foglio e lo lesse frettolosamente. Poi abbassò la mano e guardò sbigottito i tre fratelli.

-Ebbene…?- chiese Faust, incuriosito.

-La Principessa ha convocato un Consiglio Speciale…- rispose il Reggente.

Soren gli strappò di mano il foglio e lo scorse con gli occhi, poi annuì.

-Malfidente…- mormorò Julien, offeso.

-Devono proprio essere sull’orlo della disperazione a Corte se convocano un Consiglio Speciale…- commentò Faust.

-L’ultima volta che ne è stato convocato uno è stata prima della guerra contro il Continente, più di cinquant’anni fa- sottolineò Florence.

Il giovane Reggente si riprese il foglio –In ogni caso siamo tutti e quattro praticamente obbligati a parteciparvi… io come Reggente e voi come miei Consiglieri. Quindi…-

-Dovremo lasciare Lonliness- continuò Soren.

Florence voltò la testa di scatto –E Rosalba?-

Faust strinse i denti –Dovremo abbandonare le ricerche, per ora…-

Soren annuì, Florence sembrava riluttante all’idea, ma poi acconsentì.

Julien si rigirò il foglio tra le mani. Era dispiaciuto per loro. Era a conoscenza di quanto quei tre ridicoli stregoni amassero la loro protetta.

Nella stanza piombò il silenzio.

-Allora…ehm…quando si parte?- s’informò Soren.

Il Reggente rilesse il foglio –Qui dice che il Consiglio si terrà domani mattina, nella Sala delle udienze, a Palazzo.-

-In questo caso dobbiamo prepararci immediatamente per il viaggio- affermò Faust, l’unico che possedesse un po’ di senso pratico.

-Dici che lo spazzolino da denti mi servirà?- domandò Florence.

Per tutta risposta Faust gli lanciò in testa un cuscino.

-Che c’è? Io curo la mia igiene personale, al contrario di voi…- replicò il malcapitato.

Soren gli mise un braccio attorno al collo e lo tirò dalla propria parte –Sai, questo viaggio non durerà a lungo…e credo che se anche per un giorno non ti lavi i denti, questo non sia un problema di stato, no?-

-Non si sa mai…- rispose Florence, infilando lo spazzolino dentro la valigia.

-Ti avviso Julien, se ci farai sfigurare davanti a tutto il Consiglio, ti prometto che non la passerai liscia…- disse Soren.

Il Reggente si mise la mano sul cuore –Le tue parole mi feriscono nel profondo dell’animo…-

Faust, che correva da una parte all’altra della sala, gli rifilò uno schiaffo sul collo –Smettetela di scherzare…e preparatevi. Non abbiamo tempo da perdere.-

 

 

 

Rosalba guardò il vestito sgualcito che l’avevano costretta a indossare. Oltre al fatto che era decisamente brutto, c’era anche il problema che le avevano allacciato il corsetto troppo stretto e adesso non riusciva neanche più a respirare.

La ragazza volse lo sguardo verso Alexander. Almeno a lui era andata meglio: il principe gli aveva prestato una camicia inamidata e un paio di pantaloni alla caviglia. Era ancora a piedi nudi sì, però Rosalba dubitava che gli desse fastidio come lo dava a lei.

Stavano camminando lungo un sentiero, addentrandosi sempre più nella Foresta. La ragazza guardò il loro salvatore che camminava al loro fianco: non aveva ancora aperto bocca da quando erano partiti.

-Ehm…Credo di dovervi dei ringraziamenti, principe…- disse esitante.

Lui le prese la mano –Vi prego, chiamatemi Garrett…-

Rosalba ci pensò su poi scrollò le spalle –Bene…Allora, grazie…Garrett, non  proprio idea di come avremmo potuto fare senza il vostro prezioso aiuto.-

-Ehi! Com’è che lui lo chiami subito per nome e io sono ancora Mr Black? Non mi sembravi così incurante dell’etichetta fino a qualche minuto fa… - protestò flebilmente il vampiro alle loro spalle.

L’occhiataccia di Rosalba servì a zittirlo.

La mano della ragazza era ancora tra quelle del principe -Vi prego, mademoiselle…mademoiselle?- chiese lui.

-Rosalba De Rosenoir…Ma per voi sono semplicemente Rosalba…-

-Sei molto concessiva oggi, tesoro…- replicò aspramente Alexander.

I due lo ignorarono.

Il principe si portò la mano della ragazza alle labbra e la baciò languidamente –Dicevo…vi prego, Rosalba, non ringraziate me, ringraziate il destino che ci ha fatti incontrare…-

Alexander mimò il gesto di mettersi un dito in gola per provocare il vomito.

La ragazza ridacchiò –Dovrò ringraziare Mr Finnix per questo, senza di lui temo che non ci saremmo mai conosciuti…-

-A proposito di Mr Finnix… cosa ci faceva un principe dall’animo nobile come voi a quella squallida compravendita di esseri umani?- domandò il vampiro in tono provocatorio.

Rosalba guardò il principe in cerca di risposte, che non tardarono ad arrivare.

-Io cerco di partecipare a tutte queste cosiddette “aste” per tentare di liberare il maggior numero di persone possibile… in realtà oggi non volevo spingermi così oltre, ma non ho potuto resistere nel vedere una così graziosa fanciulla maltrattata da esseri rozzi e volgari…- rispose galantemente il principe.

-Fanciulla non è esattamente il termine che assocerei a Rosalba…- osservò il giovane redivivo.

-Quale gentilezza…che spirito magnanimo…- sospirò la ragazza.

-Vi prego, Rosalba, non adulatemi vanamente…faccio solo il mio dovere…- si schermì il principe.

-E per giunta modesto! Garrett, voi siete l’uomo perfetto!- affermò la ragazza.

-Ma non mi dire…- mormorò Alexander.

Rosalba gli rivolse uno sguardo fiammeggiante –Al contrario di qualcun altro a quanto sembra…-

Per la prima volta il principe si voltò a guardare Alexander e quello che vide non gli piacque.

Il vampiro gli mostrò i denti, ormai perennemente aguzzi dalla fame, ed emise una specie di ringhio basso, studiato apposta per spaventarlo.

Lord Garrett Stevenson lo squadrò da capo a piedi, soffermò lo sguardo sugli occhi di un rosso molto cupo e fece una smorfia sprezzante.

Poi si rivolse alla ragazza –Mia cara Rosalba, per quale ragione, se posso chiedere, vi accompagnate a un…vampiro?- pronunciò l’ultima parola con disprezzo.

-E che vampiro!- commentò Alexander, compiaciuto.

-Vi assicuro, Garrett, che il fatto è completamente indipendente dalla mia volontà…- rispose Rosalba con aria rassegnata.

La mano del principe corse all’elsa della spada che portava al fianco –Volete dire che questo…essere…vi ha costretta a seguirlo contro la vostra volontà?-

-Direi piuttosto il contrario…- borbottò Alexander.

Rosalba gli posò una mano sul braccio -Non è andata proprio così… ma, credetemi Garrett, so badare a me stessa…-

Il principe si rilassò –Beh, sapete, non incontro tutti i giorni fanciulle scortate da creature della notte…-

Rosalba gli lanciò un’occhiata maliziosa –A tutto c’è una prima volta, Garrett…-

Il principe scoppiò a ridere, ma ben presto fu assalito da un attacco di tosse, prese un fazzoletto candido e se lo portò alle labbra, quando si fu calmato lo ripose frettolosamente nella marsina.

Alexander fiutò l’aria, poi lo guardò stranamente, inclinando la testa da un lato e aggrottando la fronte.

Rosalba lo prese a braccetto –Su, Garrett, parlatemi della vostra famiglia…-

Il principe sbuffò –Ho un fratello, ma…noi non andiamo molto d’accordo…in verità, credo che non mi sopporti granché…Col tempo forse imparerà ad amarmi…-

-Ha tutta la mia comprensione…- mormorò il vampiro sottovoce.

Rosalba lo fulminò con gli occhi, poi concentrò tutta la sua attenzione sul principe al suo fianco.

 

 

 

Mentre accoglieva gli ospiti accorsi a Palazzo per partecipare al Consiglio Speciale, Lord Drenlincourt ripensò alle parole della Principessa.

Nulla di quanto aveva detto o fatto era servito a smuoverla dalla sua posizione.

Certo, Lord Drenlincourt sapeva che Lady Scarlett poteva essere molto testarda, come sua madre del resto, ma non così tanto.

Il Presidente della Confederazione Magica si passò la mano tra i capelli, sospirando.

-A cosa state pensando Drenlincourt che vi rende così depresso?-

La voce squillante alle sue spalle lo fece sussultare. Si girò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con il Reggente di Melancholy.

-Julien!- lo salutò –Quanto tempo…-

-Troppo…- rispose il giovane assestandogli una poderosa pacca sulla spalla –Ma vedo però che non sei cambiato affatto…- disse, osservandolo a fondo.

Poi si avvicinò con aria cospiratoria –Ditemi, siete ancora innamorato di mia sorella?-

Lord Drenlincourt, incredibile ma vero, arrossì –è…è passato tanto tempo…-

-Beh, ormai non avete più speranze, quindi rassegnatevi- ribattè il Reggente –Lord Drenlincourt, vi presento Lord Faust De Rosenoir…il fidanzato di mia sorella. E questi sono i suoi straordinari fratelli: Lord Florence e Lord Soren. -

Tre distinti gentiluomini abbigliati all’ultimissima moda si inchinarono elegantemente.

Lord Drenlincourt aveva sentito molto parlare di quei tre fratelli. In giro si diceva che oltre che a essere estremamente belli fossero anche estremamente ricchi e potenti. E, per una volta, le voci erano vere.

Tutti, compreso il vecchio Reggente di Redstone, mostravano il più profondo rispetto per i tre De Rosenoir.

Le riflessioni di Lord Drenlincourt furono interrotte dal Reggente di Blackpool, che lo salutò con un cenno della mano.

Una volta che tutti gli ospiti finalmente si furono accomodati nella Sala delle udienze, Lord Drenlincourt si rilassò.

Tutti coloro che erano stati convocati a presenziare al Consiglio Speciale avevano accolto l’invito e si erano precipitati a Palazzo.

C’era il bizzarro Reggente di Moodiness, che ammazzava il tempo giocando a poker col suo consigliere, Lord Hamilton. C’era il Reggente di Redstone, intento a lamentarsi della sua gotta con il Reggente di Holyhead, che ascoltava interessato.

C’era il Reggente di Stratford che corteggiava spudoratamente l’eterea Lady Cassandra, Reggente di Fairytown, metà fata metà umana. C’era persino il Reggente di Moonscape, isolato a causa della sua timidezza.

C’era il giovane e prestante Reggente di Blackpool, che si vantava della sua ultima conquista con i suoi amici: il Reggente di Inverness e quello di Melancholy.

C’era il Reggente di Moonshine, che, come al solito, si lamentava dei suoi figli col Reggente di Moonlight. E c’era anche il Reggente di Greylight, imbronciato come sempre.

Tutti aspettavano solo la Principessa per cominciare.

Lord Drenlincourt lanciò uno sguardo all’intera sala.

Temo che sarà una lunga notte…riflettè tra sé e sé.

 

 

 

Lady Scarlett era semplicemente terrorizzata. Era ferma, immobile, davanti alla porta della Sala delle udienze, atterrita dal brusio indistinto che proveniva dall’interno. Tutte le responsabilità dell’adunare un Consiglio Speciale le erano piovute addosso quella sera. Tutta la sicurezza che ostentava il giorno prima era svanita nel nulla.

Lord Drenlincourt le aveva ripetuto più volte i rischi di indire un simile Consiglio. Le aveva anche accennato che era stato convocato solamente un paio di volte durante gli ultimi cinquant’anni di storia di Enchantment.

Scarlett alzò la mano per aprire la porta, ma tremava così tanto da non riuscirci.

Stava per radunare le ultime forze che le erano rimaste e farsi avanti quando sentì dei passi alle sue spalle. La Principessa si voltò.

-Andrew!- esclamò, sbigottita.

Lui le fece segno di tacere e le si fece più vicino –Ho saputo che hai indetto un Consiglio Speciale e ho pensato che forse avevi bisogno di me…-

-Ma…ma tu come hai fatto a saperlo?-

Andrew sorrise –La gente parla…-

In seguito si fece serio –Scarlett…quello che mi hai detto nelle scuderie…era tutto vero?-

La Principessa annuì lentamente.

Il viso del giovane stalliere divenne raggiante, la fissò a lungo, poi chinò la testa e la baciò.

Scarlett si aggrappò a lui con tutta la forza che possedeva e lui rafforzò il bacio, spingendola contro il muro. Lei gli scompigliò i capelli biondi e si abbandonò completamente a lui per un dolce, lungo istante.

Infine lui si staccò e la spinse delicatamente ma con fermezza dentro la Sala delle udienze.

 

 

 

Quello che stupì Faust, e insieme a lui tutti i presenti, fu il vedere la Principessa, entrata all’improvviso, col vestito stropicciato e il volto in fiamme, totalmente incapace di pronunciare parola.

-Ehm…Ecco…- balbettò. Faust si chiese se per caso non avesse qualche rara malattia che colpiva il sistema nervoso.

Poi la Principessa sembrò acquistare più sicurezza –Signori- esordì –Come avrete potuto ben constatare vi ho convocati a Corte per poter discutere con voi di una problematica che mi sta molto a cuore. Sì, sono consapevole che questo tipo di Consiglio sia stato indetto una, forse due volte in tutta la storia del nostro Paese, e sempre a causa di drammatiche vicende. Ricorderete tutti quanti, immagino, la Guerra di Darkness…-

Un mormorio di approvazione s’insinuò in tutta la stanza.

Faust rimase colpito dall’eloquenza della Principessa. Dopotutto aveva solo quindici anni! Probabilmente si è imparata a memoria il discorso… concluse nella sua testa.

-Ma quello di cui sto per parlarvi non ha minor importanza. Sono venuta a conoscenza del fatto che il nostro amatissimo Mr Lowell Goldwin ha inviato a ognuno di voi un documento, nel tentativo di farvi tradire la mia persona in cambio di ingenti ricchezze…

Quello che ora vi chiedo è questo: ci è riuscito?-

La sala scoppiò in una confusone di proteste, di lamentele, di disapprovazioni.

Il Reggente di Moonshine si alzò in piedi -Quella che ci state rivolgendo è una grave accusa, Principessa… posso chiedervi di portare delle prove a sostegno della vostra denuncia?-

-Certamente, Lord Trevor- rispose cortesemente la Principessa. Fece qualche segno diretto verso l’altro capo della stanza e un uomo di mezz’età si fece distintamente avanti.

-Signori, questo è Mr Hastings, vicepresidente della Società di servizi segreti della Confederazione- lo presentò la Principessa.

L’uomo avanzò fino al centro della sala e mostrò un pezzo di carta –Signori- iniziò –ci è pervenuto da fonti che naturalmente resteranno anonime,- Faust vide Julien agitarsi sulla sedia –il documento originale che Mr Goldwin dovrebbe aver mandato ad ognuno di voi.-

Detto questo fece passare un foglio tra i presenti. Quando arrivò nelle sue mani, Faust riconobbe il sigillo e la firma del Presidente del Continente.

Nell’intera sala calò il silenzio.

 

 

 

Scarlett tirò un sospiro di sollievo. Era riuscita a esporre le proprie accuse e questo era un fatto positivo. Inoltre i presenti non avevano ancora mostrato chiari segni di volerla linciare e questo era decisamente un fatto positivo.

Qualche minuto dopo però Scarlett si maledì per aver cantato vittoria così presto.

-Questo è un ignobile insulto!- inveì il Reggente di Moodiness, paonazzo –Non sono altro che calunnie mirate a rovinare il nostro prestigio!-

-Non siate precipitoso, Lord Farewell. Io non mi sento in alcun modo offeso dalle ipotesi della Principessa…- replicò il Reggente di Blackpool.

-E invece forse Lucius per una volta ha detto una cosa giusta…- affermò il Reggente di Greylight, senza perdere quell’espressione corrucciata che gli costava tante ore di prova davanti allo specchio.

Lord Robert Hamilton saltò in piedi –Ha ragione! Sono tutte menzogne inventate da quella ragazzetta!-

-Non vedo il motivo di offendere la, tra l’altro molto gradevole, persona della Principessa, Hamilton…scusatevi con lei- lo rimproverò aspramente il Reggente di Blackpool.

Lord Hamilton gli diresse uno sguardo arrogante –Non mi scuserò con una mocciosa che vive ancora nella nursery…-

Scarlett iniziò a dubitare delle intenzioni pacifiche dell’assemblea.

-Rimangiatevi ciò che avete detto!- ruggì il Reggente, elettosi paladino della Principessa.

-E sicuramente non lo farò perché me lo chiedete voi, Blackpool, che non siete altro che uno sbarbatello che puzza ancora di latte…-

Il Reggente di Blackpool fece per scagliarsi su di lui, con intenzioni chiaramente omicide, ma fu fermato in tempo dal Reggente di Stratford e dal Reggente di Inverness.

–Amici, non mi sembra il caso di litigare…- s’intromise la Reggente di Fairytown.

-Lady Cassandra ha ragione…non mettiamoci a discutere come al solito- ribadì il Reggente di Moonscape, che si guadagnò un sorriso da parte della giovane donna, ma non l’attenzione dei presenti.

Il Reggente di Redstone si alzò faticosamente in piedi e prese parola –Smettiamola di comportarci da completi stupidi e prendiamoci le nostre responsabilità- e qui si voltò verso la Principessa –Ammetto che ho ricevuto quell’ignobile messaggio, ma vi assicuro, Altezza, che non ho mai preso nemmeno lontanamente in considerazione la possibilità di tradirvi.-

-Questo è quello che dite voi, Lord Denver…- intervenne Mr Lucas Ford, consigliere di Greylight.

Lord Lawrence Redford proruppe in un esclamazione indignata –Infame demonio! Come osate accusare il Regno di Redstone di infedeltà?-

-Io credo solo a quello che vedo, Redford…- ribattè l’altro.

Scarlett cominciò a sudare freddo.

Mr Ashley Dorlain, consigliere di Inverness, riuscì a ottenere parola –Non interessa a nessuno quello che voi credete o non credete, Ford…in questo momento vorremmo solamente risolvere questo spiacevole equivoco.-

Il Marchese De Lavinelle, consigliere di Holyhead, fece un cenno di approvazione.

-Esatto, invece di mostrare alla Principessa il nostro peggio, cerchiamo di collaborare…- intervenne Mr Roger Delacroix, consigliere d Stratford.

Lord Gerard Monmercy, consigliere di Moonshine, annuì e lo stesso fece il conte De Nantine, consigliere di Moonlight. Mr Sthepen Trintot, consigliere di Fairytown, mantenne un dignitoso silenzio.

-Non ho intenzione di collaborare con una banda di ipocriti bastardi!- esplose il Reggente di Moodiness.

-Moderate i termini, Moodiness! Non siamo in una volgare bisca!- lo riprese Mr Jules Branagh, consigliere di Moonscape.

-Non mi interessa dove sono, Branagh! So solo che dovremmo mettere a morte i bugiardi e i calunniatori!- e dicendo questo gettò un’occhiata truce alla Principessa.

Scarlett temette seriamente per la sua incolumità.

Lord Hamilton rincarò la dose –Più che giusto! Non dobbiamo lasciarci offendere da una bambinetta presuntuosa!-

Il Reggente di Blackpool, che stava sorseggiando del madera, per poco non si strozzò –HAMILTON!- urlò –Dovrete darmi soddisfazione per queste parole!-

Il Reggente di Redstone, incurante del caos intorno a lui, si rivolse al Reggente di Moonshine –Visto che non sappiamo far altro che litigare tanto vale rassegnarsi…-

-Effettivamente…- confermò l’altro.

-A proposito, Lord Trevor, come sta vostro figlio?- chiese gentilmente Lord Denver.

-Quale dei due?-

L’anziano Reggente ci pensò un istante –Non saprei…qual è quello che è penetrato in un convento di suore di clausura per tentare di irretire una novizia e, una volta riuscitovi, non contento dell’impresa, ha cercato di sedurre anche la madre superiora, facendole dimenticare momentaneamente i propri voti?-

-Il minore…- rispose il Reggente di Moonshine in tono lugubre.

Scarlett, che si era nascosta per evitare di essere presa a calci, si guardò intorno.

Il Reggente di Blackpool, trattenuto a fatica dai Reggenti di Inverness e di Stratford, gridava, brandendo la spada, di essere assetato del sangue di Lord Hamilton.

Lord Redford, che si accapigliava con Mr Ford, sembrava un uomo sul punto di commettere un delitto; il Reggente di Moodiness aveva intonato un canto contro la monarchia e la tirannide; Lord Henry Deveroux rideva come un pazzo…

Questi sono tutti matti…io me la squaglio…pensò la Principessa. Ma proprio nel momento in cui stava per mettere in atto il suo brillante piano, una voce si levò nettamente tra le altre.

-ORA BASTA!-

Calò nuovamente il silenzio.

 

 

 

Faust si voltò verso il Reggente di Melancholy, in piedi in mezzo alla sala.

-Julien si sta cacciando nei guai…- disse, scuotendo la testa.

-Grossi guai…- approvò Florence luttuosamente.

-Tanti guai…- concluse Soren.

Julien guardò gli astanti, soddisfatto –Bene…signori…- cominciò –amici, non prolunghiamo le nostre inutili discussioni. Sinceramente, credo che il problema sollevato dalla nostra Principessa, sia di un’importanza cruciale. E viste le precarie condizioni di salute della Regina, che Dio la benedica, ritengo che ora più che mai dovremmo collaborare, non litigare.

Perciò, che ognuno si prenda carico delle proprie responsabilità, se ne ha…- si voltò verso la Principessa –Altezza, io giuro solennemente davanti a Dio e a tutti voi, che non ho mai avuto neanche la minima intenzione di tradire la vostra regale persona.-

Detto questo Julien crollò sulla sedia, distrutto –Tutto questo senso di giustizia e lealtà non è congeniale alla mia regale persona…e io che pensavo di essere abietto e depravato…-

Faust gli rifilò una pacca sulla spalla –Oh, ma lo sei, Julien…lo sei.-

-Sì…giuro anch’io come lui! Solennemente e tutto quanto…- disse il Reggente di Blackpool.

E venne subito imitato dal Reggente di Inverness e di Stratford. Il Reggente di Redstone giurò e insieme a lui quello di Holyhead. I Reggenti di Moonshine, Moonscape e Moonlight prestarono giuramento. Perfino Lady Cassandra giurò.

Gli altri tacquero.

-Perfetto- dichiarò frettolosamente la Principessa –Vi informerò su quello che avrò deciso molto presto.-

-La politica deve averla spaventata…- sussurrò Florence, provocando l’incontrollabile risata di Soren e strappando un sorriso al giovane Reggente.

Vista la tarda ora Lord Drenlincourt offrì la possibilità a tutti gli ospiti di passare la notte a Palazzo.

Solo Julien (-Ho una festa di fidanzamento a cui partecipare…-) e il Reggente di Moonshine (-Non posso lasciare il Regno nelle mani di quegli scriteriati dei miei figli!-) declinarono l’invito.

Gli altri rimasero a Corte, ignari di quello che sarebbe accaduto il giorno seguente.

 

 

 

Rosalba, Alexander e il principe giunsero finalmente al limitare della radura.

-Spero di rivedervi prima o poi, Rosalba…Non  potrei vivere lontano da voi per molto tempo…- disse il principe, sellando il cavallo.

Rosalba arrossì deliziosamente –Lo spero anch’io, Garrett. Anzi, portate i miei saluti a vostro fratello e a vostro padre…spero di avere il piacere di conoscerli di persona…-

-Se fossi in voi non me lo augurerei…- replicò il principe.

La risata allegra della ragazza riecheggiò attraverso gli alberi.

-Per parlare di cose più serie: c’è una piccola locanda a poche miglia da qui. Il servizio è buono e il cibo passabile. Ve la consiglio vista la tarda ora e le condizioni precarie del vampiro…- le disse il principe, premuroso.

Poi distese la mano e le accarezzò i capelli -Arrivederci, Rosalba…- sussurrò, baciandole la mano delicatamente.

-Arrivederci, Garrett…- mormorò lei, sorridendo.

Il principe montò a cavallo, ricambiò il sorriso e soffermò un’ultima volta lo sguardo su di lei. Dopo di che voltò l’animale e partì al piccolo galoppo.

-Mi mancherà…- affermò Rosalba.

-Certo che sei brava a fingere…- replicò il vampiro.

La ragazza gli gettò un’occhiata di sdegno –Ero assolutamente naturale!- poi, vedendo la faccia incredula di Alexander –Beh, solo un pochino magari…- si corresse.

-In ogni caso- continuò –era un principe, era ricco ed era affascinante… e questi sono i tre requisiti di base che cerco in un uomo- si passò la mano tra i capelli –E poi, l’ho semplicemente stregato…-

-Sì, stregato è la parola giusta..- ribattè il vampiro –Comunque, hai puntato gli occhi sull’uomo sbagliato…-

-E perché mai?- chiese la ragazza, incuriosita.

-Non dirmi che non te ne sei accorta…- sbottò lui. L’espressione di Rosalba glielo confermò.

-è gravemente malato…- spiegò –credo che abbia un’infezione ai polmoni…-

-E voi come fate a saperlo?- s’informò Rosalba, incredula.

-Il fazzoletto che si è portato alla bocca dopo aver tossito era macchiato di sangue…ne avrei sentito l’odore a chilometri di distanza.-

La ragazza rimase in silenzio, costernata. Possibile che l’unico principe che avesse mai incontrato fosse a un passo dalla tomba?

Ma non ebbe tempo per le sue desolanti riflessioni, perché Alexander si portò la mano alla testa, il viso stravolto da una smorfia di dolore, barcollò e…cadde a terra svenuto.

-Mr Black!-

Il grido di Rosalba risuonò in tutta la Foresta di Greenwood.

 

Angolo dell'autrice: Ehilà! Ecco un altro capitolo...scritto per ben due volte, visto che la prima volta mi sono dimenticata di salvare...non vi dico lo stress...

Grazie mille a tutti coloro che continuano a leggere, recensire e aggiungere nelle seguite/preferite/ricordate! <3

A presto!

Lady Windermere <3

Ps: Ringrazio Helen_TheDarkLady per il collage favoloso! Grazie! <3

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


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Capitolo Nove

 

 

 

 

-Maledizione!- inveì Rosalba cercando di rianimare il giovane redivivo, che tuttavia non dava segni di volerlo fare.

La ragazza si guardò attorno: il sole lambiva la linea dell’orizzonte, ancora poche ore e l’oscurità sarebbe calata sulla Foresta di Greenwood.

Rosalba tirò uno schiaffo al vampiro esanime, e vi assicuro che ricavò molta soddisfazione nel farlo, purtroppo però nemmeno questo metodo ebbe successo.

-Maledizione! Maledizione! E adesso come faccio?- si chiese la giovane, sempre più turbata.

Rosalba cominciò a camminare su e giù per la radura, mordicchiandosi convulsamente il pollice della mano destra. Si fermò davanti a una quercia, strinse i pugni e sferrò un poderoso calcio al tronco dell’albero.

Infine si accasciò a terra, abbandonandosi a lamenti e singhiozzi di frustrazione.

Tra un sospiro e l’altro però, fortunatamente per noi, le tornarono alla mente le parole del principe riguardo a una locanda nelle vicinanze.

La ragazza si asciugò gli occhi con il dorso della mano, si alzò e si diresse verso il corpo svenuto del vampiro.

Prese un braccio di Alexander e se lo passò intorno al collo, caricando su di sé tutto il peso del giovane.

-Uff…Quanto pesa…Sono io la delicata fanciulla, dovrei essere io quella svenuta…- si lamentò.

Ma, a quanto pare, la delicata fanciulla era molto più energica di quanto non volesse far credere, poiché, contrariamente a quanto voi potreste immaginare, non crollò sotto il peso del giovane redivivo, bensì, con quel pesante fardello sulle spalle, iniziò a camminare faticosamente nella direzione indicatale dal principe di Moonshine.

Era ormai notte quando vide in lontananza le luci della locanda e, presa dal desiderio di poter finalmente riposare in un letto caldo e di poter fare una lauta cena, accelerò il passo e arrivò ben presto davanti al portone della taverna.

Era un piccolo edificio a due piani, vecchio, ma non sul punto di crollare a pezzi, con le pareti ricoperte di rose rampicanti e i battenti delle finestre color verde bottiglia. Dall’interno proveniva il suono rassicurante di posate, risate allegre e l’odore invitante di quello che la nostra affamata eroina classificò come stufato.

Rosalba ispirò, si sistemò i capelli con la mano libera, cercò di far stare in posizione eretta il vampiro e aprì con decisione la porta della locanda.

All’interno piombò il silenzio.

Era quasi mezzanotte quando Scarlett si svegliò di soprassalto.

Accaldata, si passò una mano sulla fronte. Rumore, agitazione, scompiglio e caos avevano preso il posto della placidità tipica della notte.

Si infilò velocemente la veste da camera e aprì rapidamente la porta. Un giovane le sfrecciò davanti roteando la spada e per poco non le fece perdere l’equilibrio. Resosi improvvisamente conto di essersi quasi macchiato del reato di lesa maestà, fece dietrofront  e si avvicinò alla Principessa.

-Vostra Altezza!- la apostrofò il Reggente di Blackpool –Cosa ci fate ancora qui?-

Davanti allo sguardo costernato della ragazza il giovane le gettò un’occhiata di commiserazione –Non ditemi che stavate ancora dormendo…-

-Ma insomma, si può sapere cosa sta succedendo?- domandò di rimando Scarlett, scocciata.

Prima che il giovane riuscisse ad aprir bocca un rumore di spari e delle grida echeggiarono dal fondo del corridoio.

Subito dopo il Reggente di Inverness sopraggiunse, trafelato –Ci hanno sparato addosso, Terence! Stratford è ferito…-

Il Reggente di Blackpool imprecò –Principessa- disse rivolgendosi a un’ ancora allibita Scarlett –Dobbiamo lasciare il Castello, immediatamente…- continuò, afferrandola per un braccio e trascinandola a forza dietro di sé.

La ragazza si divincolò dalla presa del giovane –Blackpool! Non mi sembra di avervi autorizzato a rivolgervi a me in questo modo…-

Lord Terence strinse i pugni, cercando palesemente di dominare la rabbia –Principessa! Non credo che l’etichetta vi sarà così utile da morta… perché è questa la fine a cui andrete incontro se rimarrete qui…se non peggio.-

Scarlett sgranò gli occhi –Che sta succedendo?- mormorò fievolmente.

-Ci hanno attaccati di sorpresa nel bel mezzo della notte. Sono entrati nelle nostre stanze con l’intenzione di ucciderci, Principessa. Non abbiamo idea di chi sia sopravvissuto e chi no… noi siamo salvi per miracolo…- spiegò il Reggente di Inverness, mentre i tre si dirigevano frettolosamente verso l’altra ala del Castello.

-Ma chi…chi può aver organizzato tutto questo?- chiese la Principessa, costernata.

-è esattamente quello che vorremmo sapere anche noi…- rispose tra i denti Blackpool.

Altri spari interruppero le sue parole. Da lontano risuonò un rumore di passi affrettati.

Il Reggente di Moonscape comparve sullo scalone nord –Blackpool! Inverness!- urlò.

-Siete vivi!- disse, precipitandosi giù dalle scale – Hanno irrotto nella mia stanza e in quella di Redstone, sono riuscito a ucciderli, ma lui aveva una brutta ferita…n-non ce l’ha fatta…- biascicò, prendendo fiato.

-Sapete chi c’è dietro a questi omicidi?- chiese accoratamente Blackpool.

Moonscape annuì –Ho visto le insegne dei soldati nemici…-

In quel momento Lord Hamilton fece capolino dalle scale.

-Hamilton! Venite a farci compagnia…- lo invitò Inverness.

Il consigliere delegato del Regno di Moodiness sorrise, tirò fuori di tasca una pistola e la puntò contro i quattro stupefatti presenti.

-Allora- iniziò –chi sarà il prossimo? L’odioso Lord Blackpool, il leale Inverness, il timido Reggente di Moonscape o l’adorabile Principessa?- disse, leccandosi le labbra.

-Hamilton! Ma vi siete bevuto il cervello? Siamo noi!- gridò Lord Terence.

Per tutta risposta l’altro fece scattare il grilletto. Uno scoppio fragoroso rimbombò nella stanza. Moonscape si gettò tra Blackpool e il proiettile, risparmiandolo da morte certa. Poi cadde.

Un fiotto di sangue gli macchiò la camicia sul basso ventre.

-HAMILTON!- ruggì il Reggente di Blackpool, tenendo Moonscape tra le braccia, -Questa me la paghi, Hamilton. Ti ucciderò, bastardo! Ti ucciderò, hai capito? Fosse l’ultima cosa che faccio!-

Ma l’altro era già scomparso.

-Terence…- lo chiamò Moonscape –Terence, ascoltami… i-io so chi ha tramato tutto questo…-

Il giovane si portò la mano alla ferita -…G-Goldwin…è stato Goldwin…- sussurrò prima di cadere a terra, morto.

 

Nello stesso momento, un noto personaggio non aveva la benché minima idea di cosa stesse succedendo a qualche centinaia di miglia da lui.

Lord Julien, comodamente abbandonato sui cuscini che rivestivano la sua lussuosa carrozza da viaggio, era in realtà profondamente annoiato.

Si era disgraziatamente scoperto alquanto ignorante in merito di picchetto, e, in aggiunta a questa deprecabile mancanza, del tutto incapace di afferrare i principi basilari del poker, con l’immensa gioia del suo impareggiabile postiglione, le cui tasche ora tintinnavano di monete sonanti.

Esclusi i due principali svaghi che allietavano la permanenza in carrozza di così tanti gentiluomini del tempo, al nostro povero, adorabile Reggente non rimaneva che indirizzarsi verso altre occupazioni.

Cercò di dormire, dopotutto era notte fonda, ma i continui sussulti del mezzo di trasporto, che non sembravano recare disturbo a nessun altro passeggero, minavano il suo sonno delicato. Tentò di affinare la sua mente con l’alta letteratura, e devo dire che ci provò seriamente, ma arrivato alla quindicesima pagina di “Cento gradazioni di marrone: tutti i segreti per la perfetta coltivazione delle patate” dell’inestimabile reverendo Wickless, prestatogli da Mr Horace, abbandonò ogni sforzo intellettuale.

Al tediato lord quindi non restava che dedicarsi a ciò che gli riusciva meglio: ossia disturbare in ogni modo possibile il suo prossimo. In fin dei conti che altre possibilità aveva?

Il prossimo in questione, guarda caso, era proprio Faust.

-Faust!- lo chiamò Julien.

Un mugolio di protesta gli fece capire che il suo vicino era ritornato dal paese dei sogni.

-Faust…- continuò –Mi sto annoiando…-

-Ne sono contento…- bofonchiò l’altro, mezzo addormentato.

Il Reggente di Melancholy si fece cadere un lacrima sulla guancia –Ecco, mai che nessuno mi presti attenzione…-

Per tutta risposta Faust voltò il viso dalla parte opposta.

-Sono il tuo futuro cognato, dopotutto…Dovresti portarmi rispetto!-

-Julien, il rispetto è l’ultima cosa a cui potresti mai aspirare….- mugolò una voce assonnata.

Il Reggente incrociò le braccia e mise il broncio –Questo non mi sembra giusto…né tantomeno bello da dire da parte tua, Soren…Credo che mi metterò a piangere…-

-Su su Julien, Drenlincourt forse non ti porta rispetto?- lo rassicurò pigramente Florence.

Julien corrucciò le labbra –Io non voglio il rispetto di Drenlincourt! Ci sono solo due categorie di persone che odio: gli ipocriti e  bugiardi…e lui appartiene a entrambe.-

-Ma senti da che pulpito viene la predica…- borbottò Faust, sbadigliando.

Lord Prince si rimirò gli stivali lucidi –Ho deciso di uccidermi…-

Nessuno si preoccupò di fornirgli una risposta, anche se molte, e non proprio raffinate, passavano nelle teste dei suoi interlocutori.

-Anzi no, non voglio privare l’umanità della mia preziosa esistenza…-

-Se c’è una cosa che non ti manca, mio caro, quella è l’autostima…- commentò Soren.

-Mi sembra ovvio… Com’è possibile non amarmi? Sono semplicemente adorabile!- esclamò piacevolmente Julien.

Florence aprì un occhio –Sai, mi ricordi tantissimo una certa persona…- disse con una sfumatura di tristezza nella voce.

Nella carrozza tornò finalmente il silenzio. Ma non per molto.

-Ultimamente ho una folle idea a cui ripenso praticamente di continuo…- iniziò l’adorabile lord.

-Non avevo dubbi…- mugugnò Faust.

-Mi chiedevo…- continuò l’altro imperterrito –Mi chiedevo se, dopo il matrimonio di mia sorella, non potremmo vivere tutti insieme per sempre…-

Faust fu colto da un attacco isterico, Florence sobbalzò sui cuscini e Soren mimò il gesto di tagliarsi le vene.

Il Reggente assunse un’aria indignata –Bastava semplicemente un no…-

La sua posa solennemente sdegnata però non durò a lungo, in quanto il cocchiere fu costretto a sterzare improvvisamente e il giovane Reggente per poco non fu sbalzato fuori dalla carrozza, cadendo in modo molto poco maestoso dal sedile.

-Che peccato, quasi speravo di essermi liberato della tua presenza…- disse Soren, dopo essersi accorto che il fortunato lord non era incappato in una morte accidentale.

-Ecco! Visto? Non vedete l’ora di liberarvi di me! Non mi volete nemmeno uno straccio di bene….non fate che prendermi in giro e ridere alle mie spalle! Ma sapete che vi dico? Non me ne frega più niente! Né di voi né di quello che dite...per quel che mi concerne potete anche morire… D’ora in poi vi renderò la vita impossibile!-

-Perché, fino adesso cosa hai fatto?- chiese Soren.

Julien lo ignorò –Avete qualcosa da dire in vostra discolpa?-

-Sì! Siamo arrivati!- esclamò Florence.

-Sia lode al Signore!- concluse Faust precipitandosi fuori dalla carrozza appena questa si fermò, travolgendo così il povero palafreniere che si accingeva a compiere decorosamente il proprio dovere aprendo lo sportello, e che si ripromise di cercare un lavoro in cui non dovesse avere per forza a che fare con gentiluomini imbizzarriti e carrozze cigolanti.

 

 

La prima a essere turbata dalla vista di Rosalba, sudicia e infreddolita, che reggeva a fatica un giovane poco più grande di lei, fu Mrs Johnsonn, la locandiera.

Questa caritatevole donna dall’aspetto alquanto matronale si fece subito un punto d’onore nel cercare di aiutare quella incantevole fanciulla e il suo altrettanto incantevole…marito? Fratello?

La fronte di Mrs Johnsonn si aggrottò. Certo la ragazza non aveva affatto l’aria da poco di buono, ma ormai di quei tempi… Il suo rigido rigore morale non le avrebbe mai permesso di aiutare una di quelle donnaccie. E bisognava pur ammettere che la situazione era molto compromettente.

Per questo motivo, la nostra benevola matrona squadrò Rosalba in un modo che alla nostra protagonista non piacque affatto.

La ragazza, non potendo sapere quali contrastanti pensieri si aggiravano nella mente della locandiera, si sentì profondamente offesa e le ricambiò il favore, squadrandola a sua volta dall’alto in basso.

Mrs Johnsonn avvampò sotto lo sguardo sprezzante di Rosalba. L’insolenza della ragazza confermava tutti i suoi dubbi. Quale fanciulla di buona famiglia infatti avrebbe potuto dar prova di così tanta maleducazione?

Di conseguenza, la locandiera represse lo sdegno –Ebbene, avete bisogno di qualcosa?- disse bruscamente.

Rosalba cercò di avvicinarsi al bancone –Sì. Desidererei una stanza….- gettò un’occhiata al vampiro svenuto sulla sua spalla e aggiunse –Anzi, facciamo due…-

Mrs Johnsonn la gelò con lo sguardo –Signorina…la prego di cercare un’altra sistemazione per la notte. Questa è una locanda rispettabile…-

Rosalba notò il rapido cambio di persona e sentì la rabbia montarle dentro –E con questo cosa vorrebbe insinuare?-

La donna fece spallucce –Io dico solo ciò che vedo…-

La ragazza fece uno sforzo sovraumano nel trattenersi dallo sputare in faccia ed andarsene, ma, dopo tutta la fatica che aveva fatto per arrivare fin lì, non aveva intenzione di gettare la spugna.

Afferrò con ira repressa la borsetta appesa al suo logoro abito e la rovesciò sul tavolo.

Rotonde monete d’oro sonante si riversarono sul bancone sotto lo sguardo allibito della nostra matronale locandiera.

-Queste sono cinquanta corone d’oro zecchino –annunciò la ragazza- e mi sembra che sia il giusto prezzo per affittare due camere: una per me e una per mio…fratello…-

Mrs Johnsonn la guardò stralunata e si affrettò a raccogliere tutte le monete –Ma non abbiamo due camere libere…-

-Allora mi accontenterò di una, ma badi, mi aspetto il massimo dei servizi che può offrirmi questa bett…locanda…-

La coscienza della donna aveva ormai ingaggiato un duello all’ultimo sangue con la sua altrettanto immensa avidità. E fu così che l’integrità morale perse una sua strenua sostenitrice.

A malincuore, ma con le tasche piene di denaro, Mrs Johnsonn porse alla ragazza la chiave di una stanza.

Rosalba potè quindi avviarsi su per le scale, tra gli sguardi ammirati dei presenti che si chiedevano chi potesse essere quella giovane la quale aveva fatto dimenticare a Mrs Johnsonn, seppur per un momento, i suoi inappellabili scrupoli morali.

 

Terence Blackpool chiuse gli occhi di Moonscape con un leggero movimento della mano.

Ignorando i singhiozzi isterici della Principessa, Inverness si protese verso il reggente

-Perché mai Goldwin avrebbe dovuto organizzare tutto questo?-

-Perché mai un uomo assetato di potere avrebbe dovuto organizzare una congiura di stato?- gli rispose l’altro bruscamente.

Scarlett si asciugò gli occhi con le mani –Ma come poteva sapere chi doveva uccidere, dato che non era presente al Consiglio Speciale?-

-Lady Scarlett ha ragione…come poteva sapere con esattezza chi avrebbe preso le sue parti e chi no?- ribadì Inverness.

Blackpool alzò lo sguardo dal corpo dell’amico –Qualcuno ci ha traditi…-

-Questo era evidente…- replicò la Principessa –Hamilton ha appena cercato di ucciderci…-

-Hamilton non c’entra! Non sarebbe stato capace di tradirci…è solamente un codardo. No, deve esserci qualcun altro sotto…qualcuno che poteva garantire protezione e sostegno a tutti coloro che avessero voluto passare al nemico. Qualcuno che ha appena consegnato a Goldwin l’intero Regno su un piatto d’argento…- spiegò Blackpool.

-E chi potrebbe essere questo qualcuno?- sussurrò la Principessa.

Blackpool rinfoderò la spada –Bella domanda, Principessa, ma al momento mi sembra abbastanza difficile potervi dare una risposta… anzi, se il vostro desiderio non è essere infilzata dai soldati di Goldwin, vi consiglio di affrettare il passo…Dobbiamo uscire dal Castello.-

Si stavano giusto avviando verso il corridoio che portava ai sotterranei, quando Scarlett si bloccò all’improvviso.

Vedendola impallidire i due giovani le si avvicinarono preoccupati –Vostra Altezza?- la chiamò Inverness.

-M-mia madre…- mormorò fievolmente la ragazza.

-Dannazione! –esclamò Blackpool colpendo il muro con la mano –Non possiamo più fare nulla…Gli alloggi Reali si trovano dall’altra parte del Palazzo!-

-Io non lascerò mai mia madre nelle mani di quegli assassini!- esplose Scarlett.

Il reggente di Blackpool l’afferrò per un braccio –Non possiamo mettere a repentaglio la vostra vita per salvare la Regina! Ormai voi siete l’unica speranza per Enchantment!-

Lady Scarlett si liberò bruscamente dalla sua stretta –Non mi importa nulla di Enchantment! Non abbandonerò mia madre proprio quando ha più bisogno di me! Io salverò la Regina, Blackpool, e non sarete certo voi a fermarmi!-

Detto questo cominciò a correre a ritroso per il Palazzo, incurante delle ammonizioni di Inverness e delle imprecazioni di Blackpool.

Corse a perdifiato fino agli alloggi Reali, evitando per poco di essere scoperta da una gruppetto di giovani soldati nemici.

Quando arrivò davanti alla stanza di sua madre prese un bel respiro e vi entrò di soppiatto, cercando di fare il minor rumore possibile.

Si avvicinò ansimando al letto della Regina, brancolando nel buio della camera.

-Madre…- bisbigliò –Madre, ci hanno attaccati di sorpresa…dobbiamo andarcene da qui…-

Non ottenendo risposta Scarlett scostò le lenzuola e…trovò il letto vuoto.

-Principessa…sapevo che sareste venuta…- disse una voce da dietro le cortine del letto.

Presa dal panico, indietreggiò di scatto, andando a sbattere contro la parete.

-C-chi siete?-

Il proprietario della voce si fece avanti, mostrandosi alla debole luce di una candela accesa sulla scrivania della Regina, e sorrise.

 

Faust era in preda all’ansia. Le sue dita tremavano mentre cercava di abbottonarsi il frac appena comprato. Quando poi ci riuscì si dedicò all’arduo compito di sistemarsi la cravatta.

-Dannazione!- imprecò quando sgualcì la quinta cravatta sotto lo sguardo commiserevole del cameriere personale di Lord Julien.

Proprio mentre stava per completare il nodo della sesta, il bussare alla porta lo fece sussultare, rovinando così la sua opera d’arte.

Faust si lasciò sfuggire una serie di violente quanto esecrabili invettive, e si voltò scocciato verso la porta, dove faceva capolino Lady Lucrezia.

Gli occhi divertiti di lei gli fecero capire che aveva sentito il suo sproloquio.

-Lady Lucrezia…Non credevo…non sapevo…- si difese imbarazzato.

Lei gli si avvicinò col sorriso sulle labbra –Non preoccupatevi…sono la sorella di Julien dopotutto…-

Il pensiero che il giovane reggente avesse profanato le orecchie della sua bella non fece certo salire la stima che aveva per Julien. Anzi si ripromise di far due chiacchiere con lui, anche se non era proprio parlare la sua intenzione, al riguardo.

La giovane prese una cravatta nuova dal mucchio e gliela fece passare sopra il colletto della camicia. Il suo viso era così vicino che Faust si sentì avvampare.

-Siete agitato per stasera?- chiese mentre ultimava sapientemente il nodo a farfalla.

-Beh…è la nostra festa di fidanzamento…certo che sono agitato. Anche se mi ripeto che tutto andrà esattamente secondo i miei piani, continuo a temere che qualcosa rovinerà tutto, voi non vorrete più vedermi e…-

Lady Lucrezia gli appoggiò un dito sulle labbra, zittendolo.

-Shhh…Sarà la più bella festa di fidanzamento di tutta la Stagione. In ogni modo, non credo di essere così volubile da rompere qualsiasi legame con voi per un motivo così futile…-

Faust si morse le labbra –Non intendevo questo…non credo che siate volubile, anzi, siete la donna più paziente e sensibile che io abbia mai conosciuto e probabilmente morirei dal dolore se mi lasciaste…Lucrezia io vi amo e non posso vivere senza di voi!- concluse con uno slancio passionale di cui si pentì immediatamente.

La giovane tuttavia fece un mezzo sorriso, gli allacciò le mani dietro la nuca e posò le labbra sulle sue.

Faust spalancò gli occhi, sbigottito da un gesto così audace, ma le cinse la vita con le braccia e ricambiò con passione il bacio. Mentre la baciava gli sembrò di essere invincibile, di poter ottenere tutto ciò che voleva e tutti i suoi dubbi furono fugati.

Nel momento in cui lei si staccò delicatamente da lui e gli sorrise, si sentì la testa girare vorticosamente e chiuse gli occhi.

Quando li riaprì lei era già scomparsa.

 

Rosalba si tolse il vestito logoro e rimase in sottoveste e corsetto.

-Devo lavarglielo, miss?- chiese gentilmente la cameriera.

-Se potessi averne uno nuovo sarebbe meglio. Mi accontento anche di qualcosa di sobrio…qualsiasi cosa è meglio di quello straccio. Ah, naturalmente pagherò per il disturbo.-

La cameriera annuì –Cercherò tra gli abiti smessi della signora, miss.- lanciò uno sguardo alla figura esile della ragazza –Temo però che dovrò modificarlo…ve lo porterò domani mattina, miss…se la cosa non vi arreca disturbo…-

Speriamo che Mr Black non riprenda conoscenza prima di domani, altrimenti…

-Sì, credo che possa andar bene. Grazie di cuore.-

La cameriera fece una riverenza e se ne andò. Avrebbe avuto molte cose da raccontare quella sera alle sue amiche. Si sarebbe divertite ad immaginare, anche se non era difficile, il motivo che aveva spinto una ragazza a passare la notte seminuda nella stessa stanza di un bellissimo giovane. Di certo non doveva avere delicati scrupoli.

Rosalba, ignara che la cameriera stesse riflettendo sulla sua coscienza morale, si guardò attorno. A malincuore dovette ammettere che Garrett aveva avuto ragione almeno su una cosa: la pulizia. L’intera locanda era lucida come uno specchio. La sua stanza non presentava nemmeno il più piccolo granello di polvere e il letto sembrava comodo e accogliente.

Peccato che ce ne fosse uno solo.

E attualmente vi era riverso un vampiro di sua conoscenza.

La ragazza si morse le labbra. Possibile che tra tutte le stanze che potevano capitarle le avessero assegnato proprio quella matrimoniale?

Rosalba cercò di spostare il giovane dalla posizione scomposta in cui si trovava.

Dovrò metterlo anche a letto adesso…e, perché no?, rimboccargli le coperte…

La ragazza sbuffò e iniziò a svestirlo.

Ti prego fa che non riprenda conoscenza proprio in questo momento… supplicò nella sua testa, mentre gli sbottonava la camicia. Le sue mani passarono delicate sul suo petto d’alabastro.

Rosalba si meravigliò della sua mancanza di calore.

-Che dici, ti piaccio?-

La voce di Alexander, per quanto fievole, la fece sobbalzare.

-I-io…vistavosolotogliendoivestiti…- disse tutto d’un fiato.

Il vampiro la guardò dall’alto al basso –Sì, questo l’avevo capito…-

Rosalba, suo malgrado, si sentì avvampare –Non mettetevi strane idee in testa. Vi stavo semplicemente mettendo a letto. Volevo solamente essere gentile, ma visto che vengo fraintesa, non ci proverò mai più…-

Gli occhi color mattone del ragazzo la fissarono divertiti –Ah…e non vorresti venire anche tu a letto?-

Rosalba contrasse la mascella –Io dormirò su una sedia…-

-Ma il letto è così grande e fa così freddo…se saremo in due ci…riscalderemo a vicenda…-

Il tono provocatorio di Alexander le fece desiderare di prenderlo a schiaffi, nonostante le sue condizioni precarie.

Mentre stava appunto pensando a come fargli molto male senza dover assistere alla sua dipartita, il vampiro si lamentò dal dolore.

-Mr Black!- gridò lei, avvicinandosi al letto.

Alexander tentò di ridere, ma il suo volto si contrasse per gli spasimi –Ancora questo Mr Black…di certo non allevia la mia sofferenza.-

-Cosa posso fare per guarirvi?-

Il vampiro sorrise –Diciamo che la tua nuova mise mi ha ridato le forze…Ti dona moltissimo…-

Rosalba si portò le mani al corsetto –Invece di manifestare la vostra stupidità in maniera così infantile, vorreste gentilmente dirmi come posso migliorare le vostre condizioni fisiche?-

Alexander fece per rispondere, ma fu attanagliato da una fitta così forte che le sue mani strinsero dolorosamente le lenzuola.

Rosalba impallidì –Mr Black…Alexander…-

-A quanto pare dovevo essere in punto di morte affinchè tu ti degnassi di chiamarmi per nome. Se l’avessi saputo prima non avrei aspettato così tanto…-

La ragazza si morse la lingua per esserselo lasciata sfuggire.

-In punto di morte?- chiese, preoccupata.

Il vampiro annuì debolmente –Se il mio fisico non riceve del sangue, entro le prossime ore non avrò più neppure la forza di respirare e, a quel punto, sarò cibo per i vermi…-

Rosalba si sedette sulla sponda del letto e gli prese la mano per sentirgli il battito.

-Amore, i vampiri non hanno battito…- sussurrò Alexander, divertito.

La ragazza lasciò andare la mano di scatto, ma il vampiro gliela prese dolcemente e la poggiò sopra la sua.

-Se devo proprio andarmene, voglio che tu sappia una cosa…-

Rosalba si alzò in piedi e strinse i pugni –Voi non andrete da nessuna parte.-

Alexander la guardò stralunato –Apprezzo lo sforzo, dolcezza, ma senza sangue non ho molto tempo da vivere…e non credo che tu abbia del sangue nelle tasche del vestito o nella scollatura del corsetto. Ma potrei comunque controllare, se è questo che vuoi…- concluse malizioso.

-Vedo che non avete perso la vostra lingua sciolta…-

-Se ti avvicini vedrai che la mia lingua è molto più che sciolta…-

Rosalba gli voltò le spalle. Non so se funzionerà, ma devo provare…non posso lasciarlo morire così, dopo tutto quello che ha fatto per me…

-Ho preso una decisione- disse, voltandosi –Berrete il mio sangue.-

 

Angolo dell'autrice: Ciao a tutti!! Spero che il capitolo vi piaccia! 

Ringrazio sempre tutti quelli che recensiscono o comunque leggono o apprezzano questa storia, è molto importante per me!

Bacioni 

Lady Windermere <3

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


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Capitolo Dieci

 

 

Alexander scoppiò a ridere, nonostante ogni singola risata gli provocasse un dolore lancinante al petto.

-Tu, biondina? Tu vorresti farmi bere il tuo prezioso sangue?-

Rosalba pestò ostinatamente il piede sul pavimento –Perché no?- chiese, testarda.

E in quel momento, con i lunghi capelli biondi scompigliati e quell’espressione risoluta stampata sulla faccia, al vampiro parve ancora più bella del solito. E ancora più desiderabile.

Alexander si accasciò sui cuscini –Lo sai che non te lo permetterò mai, vero?-

-Non vi lascerò morire. E se questo è l’unico modo per rimettervi in piedi, sono pronta a farlo.-

Il vampiro scosse la testa –Non se ne parla.-

Rosalba gli si avvicinò con un sorriso mellifluo –Mi state forse dicendo che non avete la più minima voglia di affondare i denti nella mia carne e assaggiare il mio sangue, Mr Black?-

Alexander negò di nuovo, senza mai staccare gli occhi da quelli di lei.

La ragazza si fece più vicina, il suo viso a pochi centimetri da quello del vampiro –Ne siete proprio sicuro, Mr Black?- disse, scostandosi i capelli dal collo.

-Potrei anche non riuscire a fermarmi, lo sai questo biondina? Potrei succhiare ogni singola goccia di sangue dal tuo corpo e tu non potresti fare nulla per fermarmi…- replicò con la voce arrochita dal desiderio, avvicinando il viso a quello di lei.

Rosalba non mostrò segni di turbamento –Sono pronta a rischiare.-

Alexander sospirò –Non posso farlo. Non sarei in grado di controllarmi. Non posso mordervi in queste condizioni…-

La ragazza contrasse la mascella –Ve ne prego…Non potete chiedermi di abbandonarvi qui! Tutta la strada che ho fatto, l’ho fatta grazie a voi…Ve ne prego, lasciatemi tentare…Ho bisogno di fare un tentativo di salvarvi…Alexander, io ho bisogno di voi…-

Davanti a quell’ultima supplica il vampiro non potè che cedere.

-Non credo che sia la cosa più giusta da fare, ma…immagino che non riuscirò a farti cambiare idea, vero?-

Rosalba scosse lentamente la testa.

Alexander non riusciva proprio a credere a quello che stava per fare. Se le fosse successo qualcosa di male ne sarebbe stato distrutto. E se quel qualcosa fosse stato opera sua…beh, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo. Non sarebbe più riuscito a convivere con se stesso, questo era certo.

Ormai era in gioco molto più di quanto fosse pronto ad ammettere.

Rosalba si sedette sul letto, lui posò la schiena sulla parete del letto e le cinse la vita con le mani, facendole aderire la schiena al suo petto.

Le liberò il collo con un delicato movimento della mano. Il tocco freddo delle sue mani la fece sussultare.

Alexander appoggiò il mento  sulla sua spalla –Ne sei proprio sicura, dolcezza?- sussurrò, le labbra vicinissime al lobo del suo orecchio.

Rosalba girò il viso verso di lui e lo fissò con i suoi occhi color del cielo –Mi fido di voi…-

Il vampiro dominò il desiderio di baciarla e di farla finita una volta per tutte e imprecò tra sé e sé. Speriamo che vada tutto bene…certo, il fatto che sia seminuda di sicuro non aiuta…

Il respiro del giovane redivivo si era fatto corto. Avanti, via il dente via il dolore…

Alexander premette le labbra sulla pelle morbida e candida del collo della ragazza. Immediatamente il desiderio si impadronì di lui, i suoi occhi divennero più cupi e, liberato da qualsiasi dubbio o preoccupazione, affondò le zanne nella sua carne.

Le mani del vampiro rafforzarono la presa sulla sua vita e risalirono lungo il corsetto, circondò il bacino della ragazza con le gambe e fece penetrare più a fondo i denti nel suo collo.

Rosalba gettò la testa all’indietro e gemette di piacere.

 

-Mr Goldwin! Che ci fate qui?- lo interrogò Scarlett, non del tutto certa di voler conoscere la risposta.

Goldwin sorrise a fior di labbra –Che domanda sciocca, Principessa…-

-Dov’è mia madre?- inveì la ragazza –Che cosa le avete fatto?-

L’uomo fece qualche passo verso di lei –Non temete, non è morta…almeno per ora.-

-Se oserete toccare anche solo con un dito mia madre ve ne farò pentire!- proruppe Scarlett, a metà tra l’angosciato e l’arrabbiato.

Goldwin scoppiò in una fragorosa risata –Voi mia dolce Principessa? Voi me ne farete pentire? E come farete eh? Mi sfiderete a una gara di ricamo?-

Scarlett arrossì violentemente –Blackpool vi ucciderà…- disse sottovoce.

-Blackpool dite?- Goldwin si arricciò i baffi con la mano –Potrebbe farlo certo, credo anzi che ne avrebbe proprio voglia…sempre, però, che io non uccida lui nel frattempo.-

–Sì, li abbiamo presi.- continuò notando il repentino pallore della ragazza –Pare che si stessero aggirando per il Castello alla ricerca di una certa principessa…-

-Siete ignobile…- mormorò Scarlett con disprezzo.

-Ignobile io? Siete stata gentile a notarlo, milady. La considero una delle mie migliori qualità.- replicò con calma il Presidente.

Lady Scarlett strinse i pugni –Ebbene, avete finito? Perché preferirei morire piuttosto che rimanere alla vostra presenza un minuto di più.-

Goldwin fece un sorriso beffardo –Quanta fretta, Principessa…Dopo verrete senz’altro accontentata, ma, per ora, vi chiedo di sforzarvi ancora per qualche minuto…-

Il Presidente si sedette sul letto della Regina –Vedete, ho una proposta da farvi.-

Scarlett sgranò gli occhi.

-Credo- proseguì l’altro –credo, correggetemi se sbaglio, che mio figlio, conoscete mio figlio vero Principessa?, abbia dei particolari interessi per voi.

Ho provato a dissuaderlo, ma non ha voluto saperne: o voi o niente. E, in verità milady, come padre posso essere amareggiato, ma come uomo non posso certo biasimarlo.- disse, lanciandole un’occhiata che provocò alla ragazza un moto di disgusto.

-Ad ogni modo, ho riflettuto sulla questione e mi sono reso conto che la cosa potrebbe volgere a mio vantaggio. Sapete, con un colpo di stato potrò anche prendere il potere, ma non otterrò mai il favore dei sudditi. Mi vedranno sempre come un despota, cercheranno sempre di detronizzarmi, insomma, non avrei un attimo di pace…

Ma, se mio figlio sposasse la legittima erede al trono, mi vedrebbero semplicemente come un continuatore della antica dinastia e si abituerebbero presto alla mia presenza.

E qui arriviamo a voi, mia cara: io vi garantisco che se voi sposerete mio figlio, lascerò libera non solo vostra madre, ma chiunque altro sia nelle grazie della vostra regale persona. Blackpool, Inverness, il vostro bel stalliere…- sentendo nominare Andrew, la ragazza sussultò, confermando tutto quello che Goldwin sapeva già –Sì, sono stato informato della vostra deliziosa tresca, Principessa. Davvero credevate che avreste potuto sposarlo e vivere per sempre felici e contenti? Svegliatevi Principessa, questa non è una favola e voi non avrete mai un lieto fine.-

Scarlett era in procinto di scoppiare a piangere. Tutto ciò che aveva dato per scontato, tutto quello che aveva le stava crollando addosso e non era sicura di riuscire a gestire tutto quanto. Sua madre, Andrew, Blackpool e gli altri…chissà se li avrebbe mai più rivisti.

-Allora, mia cara, cosa decidete?- chiese Goldwin, impaziente –Preferite morire con la consapevolezza di aver avuto l’occasione di salvare tutti i vostri cari, o vivere sapendo di aver fatto la cosa giusta?-

Scarlett lo fissò dritto negli occhi da serpente –Voi potrete anche avere il Regno nelle vostre mani, Mr Goldwin, ma non riuscirete mai ad imprigionare me o coloro che confidano in me. Torturatemi se volete…non riuscirete a farmi cambiare idea. Non smetterò mai di ribellarmi, di fare un tentativo per liberare il mio popolo dalla vostra tirannide. Uccidetemi se vi regge il cuore, rimarrà sempre qualcuno pronto a vendicare la mia morte.-

Goldwin si alzò di scatto e la prese per un braccio –Ma che principessa poco ubbidiente abbiamo qui…Avete pienamente ragione, Lady Scarlett. Non mi sarebbe per niente utile uccidere voi…però posso uccidere tutte le persone che amate…le guarderete morire una ad una, Principessa…e, vi assicuro, non sarà uno spettacolo piacevole.-

Tremante di rabbia Scarlett gli sputò addosso con tutta la forza che riuscì a racimolare.

Goldwin, furibondo, la schiaffeggiò –Non fatelo mai più, Principessa…se tenete alla vita!-

Poi la spinse bruscamente verso la porta e la aprì –Guardie!- gridò –Portate la Principessa alle segrete insieme agli altri. Un po’di tempo in gattabuia le farà perdere un po’ di spavalderia.-

 

Le dolci note di un valzer risuonavano nella sala da ballo del palazzo del Reggente di Melancholy.

Faust tirò un sospiro di sollievo. Almeno fino a quel momento le cose erano andate lisce come l’olio. Ripensò alle parole di Lady Lucrezia: sarà la più bella festa di fidanzamento di tutta la Stagione, e il suo animo si risollevò.

La festa era iniziata da quasi un’ora ormai e tutti attendevano trepidanti l’arrivo della fortunata che aveva conquistato il cuore del bel De Rosenoir.

-Allora fratello, a quando l’addio al celibato?-

Faust si voltò verso Soren sfoggiando un largo sorriso –Perché? Vorreste organizzarmelo voi?-

-Ovvio- si intromise Florence –Noi vi abbiamo fatti fidanzare e noi ti organizzeremo il più divertente, eccitante addio al celibato…-

Faust finalmente si lasciò andare in una risata liberatoria –Devo ammettere che è vero, purtroppo. Ad ogni modo sono felice di constatare che, almeno per questa sera, avete dato il meglio di voi…-

Soren si ammirò il frac all’ultimissima moda della City –Non è una novità il nostro gusto innato per i capi d’abbigliamento…-

-Comunque non è che avessimo molta scelta visto che tutti i nostri abiti erano misteriosamente scomparsi…- replicò Florence.

-Touchè. Li ho fatti portare in lavanderia. Avevo il timore che vi sareste presentati alla festa conciati in modo assurdo spinti dal puro piacere di farmi dispetto…-

Soren assunse una posa altezzosa e si lo fissò attraverso l’occhialino –Non l’avremmo mai fatto. Non davanti a tutti i principali esponenti del Bel Mondo di Melancholy…-

Florence si servì un bicchierino di punch –A proposito, dov’è la tua amabile fidanzata?-

Faust alzò un dito –Non siamo ancora fidanzati- lo corresse –E dovrebbe arrivare a momenti…-

-A quanto pare ti sbagli, mio caro.- ribattè Soren –Come sempre del resto…-

Il fratello lo guardò con aria interrogativa.

Soren gli indicò un punto in mezzo alla sala, dove si stava radunando la maggior parte degli invitati –La tua bella è già qui. Quello che mi chiedo io è dove si sia cacciato Julien…-

Faust aveva occhi solo per la sua dama –In questo momento sapere dove sia quello scavezzacollo è il mio ultimo interesse…-

Detto questo si avvicinò a Lady Lucrezia, che quando lo vide si illuminò tutta –Faust! Dov’eravate? Vi stavo appunto cercando…-

Faust era senza fiato. La bellezza della giovane, già di per sé molto evidente, era accentuata dal meraviglioso abito che indossava. Color dell’oro, presentava una cascata di pizzi e nastri, dorati anch’essi, sulla scollatura pronunciata e sulla gonna tra le più ampie che Lord De Rosenoir avesse mai visto. Ma il tocco finale era l’enorme diamante che sfavillava sulla gola di Lady Lucrezia: la gemma sembrava rifulgere di luce propria e accendeva l’incarnato della ragazza sotto la luce del lampadario di cristallo.

Un’unica rosa gialla faceva capolino tra i capelli d’ebano.

La giovane si accorse dell’ammirazione, per nulla celata, del suo futuro fidanzato e arrossì dalla gioia –Vi piace il mio abito?- disse facendo una giravolta su se stessa –L’ho fatto arrivare direttamente dalla City.-

Faust la trovò adorabile –è incantevole, mia cara. Mi ha tolto il respiro.-

Lady Lucrezia coprì col ventaglio una smorfietta civettuola –Vi ho riservato tutti i valzer, proprio come mi avevate chiesto…- soggiunse, controllando il carnet.

-Allora ne approfitto immediatamente.- concluse Faust, e si avvicinò al direttore d’orchestra per sussurrargli qualcosa all’orecchio.

Il direttore annuì e subito l’orchestra attaccò un valzer.

Faust si avvicinò alla giovane e si inchinò profondamente –Milady, posso avere l’onore di questo ballo?-

Lady Lucrezia mise la mano in quella che Faust gli tendeva –Certo, Milord.-

Il maggiore dei Rosenoir le pose delicatamente l’altra mano sulla vita e i due iniziarono a volteggiare seguendo il melodioso ritmo della musica.

-Siete stato scorretto, mio caro. Lasciatemi danzare con qualcun altro almeno la quadriglia. Lord Peterson, per esempio, ne morirebbe se non ballassi con lui.-

Faust la strinse più di quanto la danza non avesse concesso –E perché? Presto sarete mia e solo mia, e allora Lord Peterson potrà spararsi un colpo in testa.-

La giovane proruppe in una risatina –Oh Faust, a volte dite delle cose così sconvenienti…-

-Sconveniente? In che modo sarei stato sconveniente? Ho solamente detto la verità riguardo al nostro futuro. Anzi, adesso credo proprio che lo dirò a tutti.-

Lady Lucrezia lo guardò leggermente scossa, l’incarnato acceso per il caldo e le labbra appena socchiuse. Faust completò la danza, si inchinò alla dama e la prese per mano.

La portò in mezzo al salone e si schiarì la voce –Miei cari amici, devo farvi un annuncio.-

 

Rosalba si accasciò sul letto, senza fiato. Non avrei mai creduto di doverlo dire, ma è stato veramente fantastico…

Lì per lì all’inizio aveva avuto paura, ma quando le braccia del giovane l’avevano avvolta e le sue mani le avevano scostato i capelli dal collo, aveva percepito un fremito di piacere. Quando poi lui l’aveva morsa…

Un brivido le percorse la schiena. Per un momento aveva dimenticato tutte le sue preoccupazioni. Sembrava che insieme al sangue, il vampiro le avesse succhiato via anche le angosce e le ansie che la tormentavano.

Alexander si distese accanto a lei –Ti vedo silenziosa dolcezza, di certo non lo eri qualche minuto fa…-

La ragazza arrossì –è profondamente scorretto da parte vostra approfittare di una situazione in cui ero completamente vulnerabile e alla vostra mercè.-

Il vampiro scrollò le spalle –Tesoro, sono un vampiro, dopotutto…-

Rosalba notò che i suoi occhi erano di nuovo color smeraldo –Non eravate così arrogante quando avevate bisogno del mio sangue per sopravvivere- sottolineò la ragazza.

-Allora, ti è piaciuto?- chiese lui, guardandola con aria interrogativa.

-Non conta assolutamente nulla se mi sia piaciuto o no. Ho semplicemente fatto quello che dovevo fare.-

Alexander si girò verso di lei –E per questo ti ringrazio infinitamente, piccola.-

La ragazza rimase in silenzio.

-Sono a pezzi…Credo che dormirò. Tu non hai sonno, luce dei miei occhi?-

Notando la malizia nei suoi occhi, Rosalba saltò giù dal letto –Io dormirò su una sedia- affermò.

-Contenta tu…- replicò il vampiro.

Decisa a salvaguardare a tutti i costi la propria virtù, la ragazza si sistemò comodamente sulla prima sedia che le capitò per le mani, nonostante quello sgabello di comodo avesse ben poco.

Era ormai certa di essere sfuggita al pericolo quando Alexander si alzò dal letto e cominciò a spogliarsi.

Rosalba lo guardò sconvolta –C-cosa state facendo?-

Lui le voltò la schiena –Non posso mica dormire vestito di tutto punto…- replicò mentre si sfilava la marsina.

-M-ma…ma non potete spogliarvi davanti a una signora!- si lamentò la nostra scandalizzata eroina.

-Sarà un bello spettacolo, non preoccuparti...non intendo togliermi i pantaloni, comunque, se è questo quello che intendevi dire- la rassicurò lui mentre anche la camicia scivolava sul pavimento.

Così, pur non desiderandolo, Rosalba si trovò a fissare la schiena d’avorio del vampiro, notando, contro la sua volontà credetemi, che non presentava neanche la più piccola imperfezione.

Dopo qualche secondo, studiato per permettere alla ragazza di ammirare la sua bellezza, Alexander si girò e concesse ad una imbambolata Rosalba la visione completa del suo corpo perfettamente scolpito.

La ragazza abbassò immediatamente lo sguardo, anche se aveva avuto il tempo di apprezzare il fisico forte e ben delineato del vampiro.

Mascherando la delusione per il fatto che lei non si fosse gettata all’istante ai suoi piedi, Alexander entrò nel letto e cercò di addormentarsi.

Nonostante Rosalba si sforzasse si sentirsi perfettamente a suo agio, il suo corpo dolorante le diceva il contrario. La sedia era scomodissima, la stanza impregnata di umidità e ad un certo punto la ragazza fu messa di fronte ad un ardua scelta: rimanere sveglia sullo sgabello o dormire comodamente nel letto? Questo era il dubbio amletico che torturava Rosalba.

Infine, devo purtroppo dirvelo, il pensiero di poter finalmente dormire in un letto caldo ebbe la meglio.

-Vedo che alla fine non hai resistito…- commentò un insonnolito Alexander, quando la ragazza si fiondò nel letto.

-Non mettetevi in testa idee strane. Ho sonno, sono stanca, ho freddo e voglio dormire. Tutto qui.-

Rosalba si sistemò sotto le coperte, si girò su un lato, in modo da non dover guardare il suo non desiderato vicino e provò in ogni modo a rilassarsi.

Purtroppo i suoi tentativi vennero frustrati dal respiro del giovane redivivo sul suo collo.

Con la sana quanto difficile idea di ignorarlo, la ragazza si mise supina e ammirò insistentemente il soffitto.

-È stato mio fratello, comunque…-

I pensieri tempestosi di Rosalba vennero interrotti dalla voce impastata dal sonno di Alexander.

La ragazza voltò la testa di scatto –Cosa?-

Il vampiro incrociò le braccia dietro il capo –Mi avevi chiesto chi fosse stato a trasformarmi, ricordi?-

Rosalba annuì lentamente e Alexander cominciò a raccontare.

-Era il mio diciottesimo compleanno quando successe. Mio fratello Johnatan mi aveva promesso una festa degna di questo nome. Mi promise tutte quelle cose che un comune ragazzo di provincia potesse mai desiderare: danze, vino, gioco d’azzardo e svenevoli ballerine. Io non avevo mai messo piede fuori dal mio paese e tutto ciò mi sembrava più che desiderabile.

Abitavamo in una piccola casa di campagna a Derton, un paesino sul confine tra Redstone e Melancholy. I miei genitori erano gente per bene, ma non eccessivamente ricca.

Erano gli anni della Guerra di Darkness e tutti i ragazzi sopra i diciotto anni dovevano arruolarsi. Mio fratello era già partito per il fronte due volte e conosceva il mondo meglio di me. Quell’anno sarei andato anch’io con lui.

Nei miei pensieri quell’anno segnava il confine tra la mia noiosa esistenza a Derton e la mia nuova vita piena di avventura e frenesia.

Quella sera Johnatan mi portò a Lonliness. La capitale apparve, a un ragazzino come me, un sogno diventato realtà. La città brulicava di vita: mi persi ad osservare l’infinita varietà di colori, rumori e odori che non avevo mai avuto la possibilità di gustare in tutta la mia breve vita.

Passammo tutta la notte tra bische e case di piacere. Mio fratello era esperto di quella vita.

Al fronte si era fatto amicizie altolocate, che gli avevano fatto assaporare quella che era la loro vita quotidiana.

Si sentiva il padrone del mondo. E io, nella mia folle ingenuità, lo invidiavo per questo.

E pregustavo già il momento in cui mi avrebbe introdotto a quella vita. Glielo confessai,  gli confessai tutti i miei sogni, i miei desideri, le mie speranze.

Non l’avessi mai fatto. Maledico ancora oggi la debolezza che mostrai in quel momento.

Johnatan mi guardò in modo strano. Mi disse che, visto che lo desideravo così tanto, lo avrebbe fatto quella notte stessa.

Mi condusse in un’enorme casa abbandonata che, a sentir lui, era il luogo di ritrovo del loro club esclusivo. Entrai, un tantino impaurito, devo ammetterlo, ma con la ferma convinzione che varcando quella soglia la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

Ed avevo ragione…-

Alexander prese fiato –Mi presentò ai suoi amici, ognuno dei quali indossava una maschera. Mi dissero che mi avrebbero accolto volentieri nella loro cerchia, ma che dovevo prima compiere un rito di iniziazione. Acconsentii senza pensarci due volte.

Mi condussero in una vecchia stanza polverosa e mi fecero distendere su un tavolo di quercia battuta. Solo quando mi bloccarono mani e piedi capii che qualcosa non andava.

Mio fratello mi sorrise e, alla luce della luna, notai due lucenti zanne bianche nella sua bocca. Non avevo assolutamente idea di quello che volesse farmi, ma di sicuro non era nulla di buono.

Cercai di divincolarmi, ma cinque contro uno, loro ebbero ben presto la meglio.

Così, inerme e inoffensivo, andai incontro al mio destino. Mio fratello mi si avvicinò e mi sussurrò qualche parola all’orecchio: mi disse che non dovevo avere timore, che anche lui era stato intimorito all’inizio, ma Steven, disse proprio così, Steven, non gli aveva fatto del male, anzi, lo aveva migliorato. Mi disse che il mio corpo si sarebbe fatto più veloce e scattante e che sarei diventato praticamente immortale.

Infine, posò le labbra sul mio collo e compì quello che in seguito scoprii essere il Bacio del Sangue.

L’ultima cosa che vidi furono i suoi sfavillanti occhi rossi. E finalmente, nell’ultimo bagliore di coscienza umana, capii.-

Alexander sembrava perso nei suoi ricordi -Quando mi risvegliai, la mattina dopo, ero diventato un vampiro- concluse.

Rosalba era rimasta in silenzio durante tutto il racconto. Mille domande si aggiravano nella sua testa. La storia di Alexander invece di illuminare il suo passato, lo aveva ingarbugliato ancora di più. Cos’era successo a suo fratello? Cos’aveva fatto Alexander durante tutti quegli anni? Perché si trovava nella Foresta di Greenwood?

-Lo Steven di cui mi avete raccontato…- iniziò, incapace di porgergli altre e più brucianti domande.

-Sì- la interruppe lui –è Steven De Wincester. Lo stesso vampiro che abbiamo incontrato a casa mia. Lo stesso vampiro che hai baciato con così tanta enfasi, dolcezza.-

-L’ho fatto per salvarvi la vita!- protestò lei.

 –Ma…- continuò dopo un istante –lui sa chi siete voi?-

Alexander scosse la testa –Non credo che abbia mai collegato le due cose. Non conosceva il mio nome ed io sono cambiato molto negli ultimi anni.-

-Avete più rivisto vostro fratello?- chiese le in un sussurro.

Alexander ignorò la domanda –E adesso, tesoro, se non ti dispiace, credo che dormirò…-

Il vampiro le diede le spalle e rimase immobile.

Rosalba sospirò, appoggiò dolcemente la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.

 

-Così impari ad alzare la cresta al cospetto di Mr Goldwin!- gridò la guardia prima di gettare letteralmente Scarlett dentro una cella.

La Principessa non si era mai sentita così male in vita sua. Tra tutte le cose che potevano capitarmi…si lamentò nella sua mente.

-Principessa!- urlò qualcuno nella cella opposta alla sua.

Scarlett si accostò alle sbarre e socchiuse gli occhi –B-Blackpool? Siete voi?-

-Ci siamo tutti, Principessa. Tutti quelli che non hanno tradito la vostra persona ed Enchantment.- rispose un’altra voce.

-A parte quelli che sono morti…- commentò Blackpool.

Ma la Principessa non ascoltava. I suoi occhi cercavano vorticosamente un unico volto, le sue orecchie una voce ormai familiare.

Non riuscendo a distinguere nulla nell’oscurità Scarlett dovette chiedere aiuto –Ditemi Blackpool, chi c’è con voi?-

-Inverness, Dorlain, Delacroix, Redford, Holyhead, De Lavinelle, Deveroux, Branagh, Moonlight, De Nantine, Trintot, Lady Cassandra e, anche se non so per quanto, Stratford…Vedete, Thomas è gravemente ferito.-

Non udendo il nome che voleva sentire Scarlett si accasciò sul pavimento. Forse è fuggito...cercò di rassicurarsi.

-Blackpool, dimentichi il ragazzo.- aggiunse una voce che la Principessa attribuì a Inverness.

-Ah sì…era proprio nella cella di fianco alla vostra, Principessa. Nessuno ha idea di chi sia e di che cosa ci faccia qua.-

Scarlett ebbe un moto di terrore –E dov’è ora?-

-L’hanno portato via insieme a Drenlincourt.- rispose una voce femminile –Credo che dovessero interrogarli…-

La Principessa appoggiò il capo al muro umido della cella. Andrew…

-Vostra madre…- iniziò una voce in lontananza.

Scarlett si passò una mano sugli occhi –Credo sia viva...Non era nella sua stanza.-

In quel momento entrarono delle guardie insieme a due prigionieri.

La Principessa balzò in piedi quando riconobbe Lord Drenlincourt e il ragazzo dietro di lui.

-Principessa?!- si sorprese il capo della Confederazione Magica –Ma…ma voi…-

-Avanti!- lo esortò una guardia –A dopo i convenevoli.-

Andrew le passò davanti senza guardarla.

Dopo che i prigionieri furono rinchiusi di nuovo e le guardie se ne furono andate, Scarlett  tentò di parlare col ragazzo.

-Andrew…- lo chiamò, ma non ottenne nessuna risposta.

-Andrew, io…- iniziò Scarlett.

-Vostra Altezza!- la interruppe Lord Drenlincourt –Devo dirvi una cosa che credo possa interessarvi: ho visto vostra madre.-

-Sta bene?- chiese lei, tra il preoccupato e l’ansioso.

-Ero andato a portarle il the, come ogni sera del resto, quando agirono. Entrarono in cinque in camera, mi legarono e mi imbavagliarono. Poi entrò Mr Goldwin.

Sussurrò qualcosa a vostra madre e schioccò le dita. Le guardie la presero e la trasportarono non so dove. In quanto a me, fui portato nelle segrete.-

Il sollievo nell’aver appreso che la madre fosse viva si scontrava con l’ansia per quello che avevano fatto ad Andrew. Il ragazzo non solo non le parlava, ma neanche le rivolgeva uno sguardo. Se ne stava nascosto nella penombra in un angolo della cella, in modo da essere il più lontano possibile da lei.

Sentì la voce di Drenlincourt in lontananza -Mi hanno interrogato, ma tutto sommato me la sono cavata con poco. Il ragazzo invece…non so cosa gli abbiano fatto, ma quando è uscito quasi non si reggeva in piedi. Non so il perché, ma di certo non l’hanno trattato coi guanti…-

-Andrew- mormorò –Non so cosa ti abbiano fatto, ma ti prego rispondimi. Ho perso tutto. Il mio regno è nelle mani di Goldwin, mia madre è a un passo dalla tomba, metà dei miei amici sono morti…Mi sei rimasto solo tu Andrew…ti prego non lasciarmi.-

Ma le sue erano parole al vento. Il giovane la ignorò completamente.

La Principessa si distese sul pavimento della cella, incurante del freddo e della sporcizia, e lasciò libero sfogo alle emozioni.

Per la prima volta Scarlett si sentì totalmente in balia degli eventi e un senso di smarrimento si impadronì di lei.

Incapace di trattenere ancora a lungo la sua disperazione, la Principessa si coprì gli occhi con le mani e scoppiò in lacrime.

 

-Ho il piacere di annunciarvi- proseguì Faust –il mio fidanzamento ufficiale con Lady Lucrezia.-

Una serie di applausi accompagnò l’annuncio. Tutti i presenti si congratularono con lui e gli porsero i migliori auguri per il suo prossimo matrimonio. Faust non aveva mai stretto così tante mani in una volta sola.

Lady Lucrezia era attorniata da matrone, pronte ad assicurarle la loro completa disponibilità e discrezione per qualsiasi cosa avesse bisogno in futuro.

-Ma non ti vergogni a dare così tanto da fare ai tuoi adorabili fratellini?- gli domandò Soren, che lo aveva raggiunto insieme al fratello.

-E cosa mai dovreste fare voi?-

-Che domande…Dovremo organizzare il tuo matrimonio! Sarà l’evento della Stagione!- esclamò Florence, raggiante.

Soren gli circondò il collo con il braccio –Certo, sarà difficile, ma ce la faremo. Nulla è impossibile per dei De Rosenoir. Ho già in mente qualche idea, vuoi sentirla?-

Ricevendo in risposta un’occhiataccia, Soren si rasserenò –Ma certo che vuoi sentirla…ci abbiamo pensato tutta ieri, sai? La nostra prima proposta è qualcosa di sobrio: il tema è “Amore a tremila metri sopra il cielo”. Celebreremo il matrimonio su una montagna, nella grotta di un eremita. Sarà una cosa molto intima, infatti gli unici invitati saranno le marmotte, i camosci e gli stambecchi. E la luna di miele- Soren si baciò la punta delle dita –Oh, la luna di miele la passerete in una remota e solitaria baita in cima al monte. Non lo trovi romantico?-

Faust stentava a crederci –E se per caso inizia a nevicare e rimaniamo bloccati lassù fino a primavera?-

-Santo cielo!- esclamò Florence –Non avevamo pensato a questa opportunità! Sarebbe il massimo del romanticismo! Fratello, tu ci apri nuovi orizzonti!-

Faust si mise le mani tra i capelli.

-Visto che questa proposta non incontra il tuo gusto- tagliò corto Soren –Te ne presenterò un’altra. Il tema sarà “Amore e mistero tra le dune di sabbia”. I beduini celebreranno il vostro matrimonio, alla presenza di cammelli, scorpioni e volpi del deserto.

Passerete la vostra prima notte di nozze chiusi in una piramide; l’uomo con cui ho parlato ha detto che se scegliamo questa opzione avemmo in regalo un’imbalsamazione gratuita, per ogni evenienza. Che ne dici?-

Faust era fuori di sé -Dico che se continui a blaterare sarai tu ad usufruire dell’imbalsamazione gratuita! Possibile che vi vengano in mente solo idee del tutto idiote?-

-Che ingrato! Noi lo facevamo per te!- protestò Florence, indignato.

-Bene. D’ora in poi, col vostro permesso, penserò io a tutto ciò che mi concerne.-

Detto questo andò a parlare con la sua promessa sposa –Dovesti sentire tutte le sciocche idee che hanno quei due sciagurati per il nostro matrimonio…-

Gli occhi della giovane brillarono –Dovresti sentire le idee di Julien…a volte mi chiedo se lo faccia apposta.-

Faust si guardò attorno –A proposito di Julien…non ho ancora visto il mio adorabile futuro cognato.-

Lucrezia scrollò le spalle –Aveva una leggera emicrania. Mi aveva detto che sarebbe arrivato tardi.-

Faust sembrò rifletterci, non del tutto convinto.

In quell’istante il cameriere personale del Reggente si fece largo tra i presenti, con l’aria di chi cerca qualcuno. Quando vide Faust s’illuminò, gli si fece appresso, si protese verso di lui e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

Il volto di Faust s’incupiva man mano che il cameriere parlava. Infine annuì con il capo e fece segno ai suoi fratelli di raggiungerlo.

-Cos’è successo?- lo interrogò Florence, vedendo l’espressione preoccupata sul viso del fratello.

Faust guardò accigliato Lady Lucrezia –Julien è scomparso.-

 

Quando la cameriera entrò nella stanza di Rosalba quella mattina, non fu molto stupita da quello che vide. La ragazza infatti si era mossa durante il sonno e ora si trovava, pur non sapendolo, tra le braccia del giovane redivivo, ignaro anche lui della compromettente visione che potevano offrire a un del tutto impreparato visitatore.

Certo, la cameriera era stata informata della mancanza di scrupoli morali nella ragazza, ma sinceramente non credeva che sarebbe arrivata a tanto.

Dovette però ammettere che nemmeno lei avrebbe saputo resistere alla tentazione, vista la bellezza del giovane.

Quello però che non si aspettava fu vedere la ragazza, svegliatasi a causa della luce che filtrava dalla finestra, guardarsi intorno e, dopo essersi resa conto della situazione, tirare un poderoso calcio al suo compagno.

Alexander cadde a faccia in giù sul pavimento.

-Dannazione!- imprecò –Ma che diavolo ti è preso?-

L’espressione rabbiosa della ragazza lo divertì –Mi stavi abbracciando!- gridò lei in preda all’ira.

-Tesoro, non comportarti male…abbiamo visite.- la ammonì il vampiro, sogghignando.

Rosalba fissò la cameriera e avvampò. Alexander non si era mai divertito così tanto in vita sua.

Il vampiro, ancora mezzo nudo, si accostò alla cameriera –Mi scusi di questo spettacolo increscioso- esordì baciandole la mano –ma mia…moglie non è del tutto in sé stamattina.- concluse, passandosi una mano tra i capelli.

La cameriera lo fissò a lungo, incantata, poi gli porse un vestito da donna, fece una piccola riverenza e scappò via ridacchiando.

-Visto? Nulla di più facile…-

La faccia di Rosalba era qualcosa a metà tra il disgusto e la furia omicida –Avevo detto che eravate mio fratello…- dichiarò, scandendo le parole.

Alexander sorrise –Non credo che la ragazza lo dirà a qualcuno. L’ho cotta a puntino. Su- disse, lanciandole l’abito che aveva in mano –rivestiti…per quanto a me piaccia questo abbigliamento non credo sarà molto apprezzato giù in sala da pranzo. Dalla componente femminile della locanda, intendo.-

Quando, pochi minuti dopo, i due scesero per fare colazione, si accorsero ben presto che la cameriera aveva parlato eccome.

Le donne sotto i cinquanta guardavano Rosalba con invidia, quelle sopra i cinquanta con commiserazione, e gli uomini con interesse misto a curiosità.

-Tutto questo mi sarebbe stato risparmiato se solo voi foste stato zitto. Quello che poi mi chiedo è perché tutti guardino me e non voi!- lo accusò la ragazza.

-Devi sapere, mia cara, che in questa società retrograda la colpa è sempre della donna. Soprattutto in una circostanza come questa- l’informò gentilmente il vampiro e, ignorando lo sguardo di fuoco di Rosalba, la condusse all’unico tavolo libero presente nella piccola sala da pranzo della locanda.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’Autrice: Ciao!!!!!!! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Che dite, c’è del tenero fra Alex e Rosie?

A presto! E grazie mille a tutti coloro che leggono/seguono/recensiscono questa storia!

Buon Natale e buone feste!!!

Bacioni

Lady Windermere♥

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


Capitolo Undici

 


-E non azzardatevi a rimettere piede nella mia locanda!- concluse Mr Johnsonn dall’uscio, dopo aver non molto gentilmente accompagnato alla porta Rosalba e il suo accompagnatore, etichettati da tutti gli altri ospiti come “disturbatori della quiete pubblica”.
La ragazza lanciò uno sguardo di fuoco al giovane redivivo –Bene, perfetto. Sarete contento adesso!-
Alexander la guardò stralunato –Io? E cosa c’entro io? Non ho fatto nulla di male.-
-Nulla di male eh? Ma se ci hanno sbattuti fuori a calci!-
L’espressione del vampiro traboccava di innocente candore –Non certo per colpa mia!-
Rosalba affondò le unghie nel palmo della mano –State per caso insinuando che la colpa di questa sgradevole vicenda sia mia?- disse in tono pericolosamente calmo.
Alexander fece spallucce –Diciamo che non ti sei comportata nel migliore dei modi…-
Il viso della ragazza si fece paonazzo –Non sarebbe successo nulla se voi non aveste tentato di sedurre la cameriera!-
-Beh…adesso esageri, dolcezza…non ho tentato di sedurre la cameriera…le ho solo chiesto se mi trovava affascinante- si difese il vampiro.
-Non sarebbe successo nulla se voi non vi foste fitto in capo di rivelare a tutti gli ospiti della locanda la vostra vera natura!- continuò imperterrita Rosalba, la voce sempre più alta.
-Non avevano mai visto un vampiro!- esclamò Alexander –Volevo solamente fornirgli questa eccitante esperienza! Sono loro che hanno pensato che volessi aggredirli!-
-Non sarebbe successo nulla se voi non aveste detto a Mrs Johnsonn, e riporto le esatte parole, “smettila di strillare, vecchia gallina bacchettona”!- Rosalba stava urlando ormai.
Alexander ridacchiò –Converrai anche tu che se lo meritava! Continuava a vociare, disturbando la mia colazione.-
-E non sarebbe successo nulla se voi non aveste preso a calci il locandiere!- terminò Rosalba, il cui tono di voce aveva superato il limite consentito dalla legge già molto prima.
Il sorriso del giovane redivivo si trasformò in una fragorosa risata –Beh, devo ammettere che è stato un vero spasso- disse, tra le lacrime.
-Sarebbe stato un vero spasso- puntualizzò la ragazza –se non fosse stato che Mr Johnsonn, fuori di sé dalla collera, non avesse creduto che IO fossi vostra complice e non avesse deciso di cacciare anche me!-
Il vampiro era piegato in due dalle risate –La tua espressione in quel momento era bellissima: sembravi sul punto di sputargli addosso! Invece ti sei alzata e con molta grazia gli hai chiesto se poteva abbassare la voce perché non avevi potuto dormire a causa dell’inettitudine morale di sua moglie e non avevi voglia di sentir sbraitare di prima mattina! Dannazione, stavo per morire dal ridere!-
Rosalba alzò il mento –Non sono abituata ad alloggiare in locande di così basso livello.-
-E pensare che te l’aveva consigliata proprio il tuo adorato principino…- commentò Alexander, malizioso.
-Si vede che io e Garrett, è questo il suo nome, abbiamo idee diverse in fatto di decoro- replicò lei, impassibile.
-A proposito di nomi…devo essere di nuovo in punto di morte affinchè tu usi nuovamente il mio splendido nome, tesoro?-
-Se capiterà nuovamente mi accerterò che siate veramente in fin di vita…- ribattè Rosalba, un mezzo sorriso sulle labbra.
Il vampiro sorrise a sua volta –E come farai, posso saperlo?-
Gli occhi della ragazza scintillarono –La prossima volta vedrò di ridurvi io in punto di morte.-
-Sarà parecchio difficile, visto che sei stata proprio tu a ridarmi le forze, amore…-
-La speranza è l’ultima a morire…- concluse lei, divertita.
Alexander la guardò di sbieco –Sai, sei più bella quando ridi…- osservò.
Rosalba ricambiò lo sguardo –Anche voi…-
Il vampiro sobbalzò. Era mai possibile? Gli aveva appena fatto un…complimento?
Stava per chiederle spiegazioni quando un rumore di passi attirò la sua attenzione.
Tre ragazzi uscirono dai cespugli, la freccia incoccata nell’arco. Erano vestiti di verde e probabilmente quello era l’unico abito in loro possesso, vista la gran quantità di fango sulle loro vesti.
-Bene, bene…Cos’abbiamo qui?- iniziò quello dei tre che sembrava più grande. Dimostrava grossomodo la stessa età di Alexander e aveva i capelli di uno strano rosso cupo, tendente al castano; gli occhi invece era incredibilmente blu, con curiose sfumature violette.
Vedendo che Alexander non aveva l’aria di qualcuno pronto alla resa continuò –Ah, ti avviso…vampiro…-sputò il ragazzo sotto lo sguardo incredulo del giovane redivivo –le frecce sono avvelenate, e temo che neppure uno della tua razza riuscirebbe a sopravvivere. Provare per credere.-
I tre legarono le mani ad entrambi e li spinsero verso un sentiero nascosto dagli alberi –Ora verrete con noi- disse il secondo ragazzo, con aria fosca.
-No, un’altra volta no, eh…- si lamentò Rosalba, affranta.

 

-Mr Goldwin desidera vederti- sbottò una guardia, aprendo la cella di Scarlett la mattina seguente.
La Principessa rispose con un non molto principesco mugolio di protesta. Era rimasta sveglia tutta la notte e non aveva certo intenzione di interrompere quel sonno risanatore, sopraggiunto alle prime luci dell’alba, che fungeva da balsamo per le sue non poche preoccupazioni.
Purtroppo però la guardia non era di umore bonario e considerò quella risposta come una forma di scarso rispetto nei confronti del suo signore.
-Avanti! Non ho tutta la giornata!- inveì contro un’insonnolita Principessa, che fu costretta ad alzarsi, pur di malavoglia, e a seguire la guardia lungo il lungo e buio andito che collegava le segrete alla parte superiore del Palazzo.
Quello che vide quando entrò nel Salone Principale del Castello non le piacque affatto: qualche dozzina di nobili traditori e bugiardi stava offrendo i propri servigi al “nuovo re di Enchantment.”
Quello che vide però quando spostò lo sguardo verso il luogo dove solitamente era collocato il trono di sua madre non solo non le piacque, ma la ridestò completamente.
In effetti, la visione di Mr Goldwin comodamente seduto in diagonale sul trono, con le gambe che penzolavano dai poggiabraccia, non poteva certo procurare piacere alla nostra ribelle quanto avventata Principessa.
Mr Goldwin si accorse del suo fulmineo sdegno e le rivolse un sorriso beffardo –Vi aggrada la mia nuova disposizione del Salone, Principessa? Certo, il trono è un po’scomodo, ma ho già dato ordine di procurarne uno nuovo…-
Scarlett represse l’ira e sfoggiò una serenità e una spensieratezza che, ve l’assicuro, non provava affatto –Certamente, Mr Goldwin- si guardò attorno –Anzi, credo che il colore che avete scelto per le tende mi piaccia più di prima. Color pulce. Veramente azzeccato.-
Il Presidente del Continente, che non era riuscito nel suo intento di far perdere le staffe alla ragazza, ma che aveva colto il sarcasmo nella sua voce, sorrise a denti stretti –Trovate anche voi? Ero sicuro che vi sarebbero piaciute.-
Non diede a Scarlett il tempo di rispondere e schioccò maestosamente le dita. Un soldato gli si fece istantaneamente appresso. Ascoltò le parole che Mr Goldwin gli sussurrava all’orecchio, annuì col capo e corse via.
Mr Goldwin si sedette composto sul trono e lanciò un’occhiata maliziosa alla fanciulla –Allora, la permanenza nelle segrete vi ha portato consiglio?-
-Credo proprio di sì- replicò Scarlett.
Goldwin si sporse dal trono –Vi siete decisa a sposare mio figlio?-
Scarlett scosse lentamente la testa –No, purtroppo no. Ma ho riflettuto molto sul significato di “tradimento” e “tiranno di bassa lega”. Due parole che sicuramente conoscerete…-
Goldwin si distese pesantemente sul trono –Vi farò passare la voglia di scherzare, Principessa.-
In quel mentre le porte si aprirono ed entrò il soldato che aveva parlato precedentemente con Mr Goldwin. Solo che, notò dolorosamente Scarlett, questa volta non era solo.
Quando la ragazza vide Andrew, pallido ed emaciato, trascinato senza remore dalla guardia, sbiancò di rabbia e di terrore. Cosa dovranno fargli ancora?
Il soldato scaraventò il giovane a terra, nel mezzo del Salone, tra gli sguardi sbigottiti di tutti i presenti.
-Questo ragazzo…- cominciò Goldwin –Questo ragazzo, amici miei, è stato sorpreso mentre cercava di intrufolarsi negli Appartamenti Reali. Quello che cercava- e qui sbirciò verso la Principessa –non l’ha trovato, in compenso ha ottenuto una sonora punizione, che ho intenzione di infliggergli proprio sotto i vostri occhi, in modo che possiate rendervi conto, amici miei, come venga amministrata la giustizia a Palazzo e per fare in modo che non avvengano più questi…incresciosi incidenti.-
Scarlett sussultò quando il soldato slegò dalla cintura una frusta, la srotolò e guardò Mr Goldwin in cerca di un segnale.
-Dodici frustate perché ha tentato di entrare di nascosto nelle Reali stanze e dodici…- Goldwin sorrise malignamente alla Principessa –dodici perché ha opposto resistenza.-
A un cenno del capo di Mr Goldwin due guardie si staccarono dalla fila e afferrarono Andrew per le braccia, costringendolo a piegarsi per mostrare la schiena. Il soldato con la frusta stracciò la camicia logora del giovane e lanciò la frusta dietro le spalle.
La prima sferzata non sortì alcun effetto, né ad Andrew, che non emise alcun suono, né a Scarlett che si era divincolata dalla presa della guardia e si era avvicinata per vedere meglio.
Ma pian piano che i segni rossi sulla candida schiena del giovane aumentavano, Scarlett affondava sempre più le unghie nelle pieghe dell’abito e Andrew si piegava sempre più sotto gli energici colpi di frusta.
Alla nona scudisciata le ginocchia di Andrew cedettero e il giovane crollò a terra. Scarlett trattenne un grido e cercò di prestargli aiuto, ma una guardia l’afferrò per un braccio e la costrinse a rimanere immobile.
La Principessa abbassò il capo per non vedere, ma ad ogni nuova frustata udiva i lamenti sempre più forti del ragazzo, e, ad ogni lamento, Scarlett si sentiva pugnalare il cuore, perché ben sapeva che tutto quello che Andrew pativa era a causa sua.
Alla quindicesima sferzata la Principessa alzò il capo e le lacrime le offuscarono la vista della schiena, ormai completamente rossa, del giovane.
Quando, non potendo più soffocare il dolore, i lamenti di Andrew si trasformarono in un grido di sofferenza, Scarlett non potè più sopportare.
Si alzò in piedi, pestò furiosamente un piede alla guardia che la teneva prigioniera, e corse in mezzo al Salone –Accetto!- urlò –Accetto!-
Mr Goldwin voltò gli occhi rapaci verso di lei –Come avete detto?-
Scarlett lanciò un ultimo sguardo ad Andrew, che le rivolse una muta preghiera con gli occhi, e riportò imperterrita l’attenzione su Goldwin.
-Mr Goldwin- disse, con la voce impastata dalle lacrime –sposerò vostro figlio.-

 

-Cosa significa esattamente “Julien è scomparso”?- chiese Florence, dopo che la festa di fidanzamento era finita, gli ospiti erano ritornati nelle loro abitazioni e i tre De Rosenoir si erano ritirati nei loro appartamenti.
Faust lo guardò con aria infastidita –Significa che siamo di fronte a un problema serio...-
-Credevo che tutti amassero Julien!- intervenne Soren, stupito -Certo, tutti a parte…-
I tre fratelli si rivolsero un’occhiata significativa –Mr Goldwin!- esclamarono all’unisono.
-Ma perché mai avrebbe dovuto rapire quello scapestrato? Non può essergli di nessuna utilità!- insistette Florence.
Faust assunse un’espressione pensierosa, sottolineata dal movimento convulso delle mani –Perché Julien non si è lasciato corrompere, ecco perché! Durante il Consiglio Speciale Julien ha preso la parola in mezzo al caos più totale e grazie a lui molti si sono pronunciati a favore della Principessa. Lo dicevo io che si sarebbe messo nei guai…-
-Maledizione!- imprecò Soren –Se, come dici tu, c’è veramente di mezzo Goldwin, allora Julien potrebbe essere effettivamente in grave pericolo.-
-Non possiamo sapere se a Goldwin sia più utile da vivo che da morto- riflettè Florence –Ma il fatto che l’abbiano rapito e non ammazzato seduta stante, è già un buon segno.-
-È vero- continuò Faust –Se lo avesse voluto morto non sarebbe stato difficile introdurre un sicario a palazzo, specialmente durante i preparativi per la festa!-
Soren li guardò cupo –E come possiamo sapere che sia stato effettivamente rapito? In fin dei conti, potrebbero anche averlo ucciso e sepolto da qualche parte nella Foresta…-
-Credo sinceramente che se Julien fosse stato ucciso ce ne saremmo accorti- replicò Faust.
-Beh, però potrebbe anche essersene andato per conto suo- propose timidamente Florence.
-Che intendi dire?- domandò Faust.
-Vi ricordate quella volta che Julien sembrava svanito nel nulla e sua madre aveva mobilitato nella ricerca tutte le forze armate disponibili a Melancholy, per poi scoprire che il suo diletto rampollo era rintanato nelle soffitte del castello?-
-Ma aveva tre anni!- protestò Faust –E si era nascosto per mangiarsi tutte le scorte di cioccolata presenti a palazzo!-
Florence sbuffò –Che importanza potrà mai avere l’età? Nel contesto la situazione potrebbe essere la stessa!-
-Florence non ha tutti i torti- convenne Soren –Lucrezia mi ha raccontato che suo fratello era andato a far visita ad alcuni suoi amici e, tra i vari svaghi, aveva bevuto fino allo sfinimento. Mi disse che non aveva avuto sue notizie per due giorni e, proprio quando lei cominciava a disperare, si era presentato al castello all’improvviso e aveva un aspetto così orribile che le sentinelle non volevano lasciarlo passare. E questo è successo un paio di anni fa…-
Faust era dubbioso –Non credo che sia andata così anche stavolta, ma lo spero. In ogni caso è più o meno quello che ho detto a Lucrezia. Non volevo allarmarla, ma se non ricompare entro i prossimi tre giorni, io vado a cercarlo.-
Gli altri due annuirono. Florence, verosimilmente il più sensibile dei tre fratelli, abbassò tristemente lo sguardo –Prima Rosie e adesso Julien…-
Al pensiero della pupilla persa a qualche parte ad Enchantment, i tre si abbatterono ancora di più, se era possibile uno stato di abbattimento ulteriore.
Sembrava ai fratelli De Rosenoir, che la sventura si fosse appollaiata sulle loro spalle e le avesse trovate così comode da decidere di non lasciarli mai più.
Se avessero saputo che la loro giovane protetta non aveva più bisogno di alcuna protezione e che aveva già imparato a sue spese le conseguenze del suo gesto estremo, probabilmente il loro sconforto avrebbe rasentato i minimi storici; se avessero inoltre saputo che la loro prediletta fanciulla aveva fraternizzato con un esponente, non solo dell’altro sesso, ma anche di un’altra razza, di cui si poteva dire tutto tranne che fosse pacifica e protettiva, presumibilmente avrebbero rischiato il suicidio.
Ma, fortunatamente per loro, non erano a conoscenza di queste terribili cose, e non ne sarebbero venuti a conoscenza ancora per un po’.

 

-Insomma, si può sapere dove ci state portando?- sbottò Rosalba dopo aver camminato per qualche miglia.
-Non sei tenuta a saperlo- tagliò corto il più vecchio, passandosi una mano tra i capelli rossastri.
-Ah, e c’è qualcosa che potrei essere tenuta a sapere…così, giusto per capire…- replicò la nostra adirata donzella.
-Sì, non abbiamo intenzione di uccidervi…- concesse caldamente il giovane.
-Per ora…- continuò l’altro ragazzo. Aveva capelli corvini e occhi color del ghiaccio, che non riscaldavano di certo il suo aspetto freddo e a tratti quasi arcigno.
Rosalba gli attribuì all’incirca diciassette anni.
-Danny, non spaventare i prigionieri!- lo rimproverò il più giovane, che aveva più o meno l’età di Rosalba –Dovete scusarlo, ha delle pessime maniere....Sai, credo tu sia la più bella ragazza che io abbia mai visto..- continuò dopo aver fissato lungamente Rosalba.
La nostra eroina non aveva sicuramente poca stima di sé, e a sentire queste parole, sfoderò un sorriso smagliante –Vedo che c’è ancora un po’ di normale cortesia da queste parti…-
-Evidentemente ne ha viste poche…- concluse Danny, attirandosi un’occhiata di fuoco da parte di Rosalba.
-Stephen, non sei qui per farle la corte- tagliò corto il più grande –E tu non insultarla…- concluse, rivolgendosi all’altro giovane.
-Siete i Ribelli del Nord, vero?- chiese Alexander, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
-Ci chiamano anche così…- rispose il più grande, palesemente il capo della compagnia.
-Ma a noi piace chiamarci i Giustizieri della Foresta- intervenne Stephen allegramente –Vincent, digli il nome che ci hanno affibbiato le guardie della City…-
Il giovane sorrise a fior di labbra –Giacche Verdi, per via dei nostri abiti…-
-Ma a cosa vi ribellate esattamente?- domandò curiosa Rosalba.
I tre la guardarono stupiti e anche il vampiro la fissò in modo strano.
-Beh, che c’è? Ho solo fatto una domanda…-
-Alla City, alla monarchia... mettila come vuoi- rispose Vincent.
-Ma la Regina Clarisse non è malvagia! Ha sempre assolto i suoi compiti con saggezza!- replicò la ragazza.
Danny la guardò con disprezzo –Tu non hai mai messo piede fuori da casa tua, vero?-
Rosalba arrossì e abbassò il capo.
-Quello che è scritto nei libri di storia è un po’ diverso dalla realtà, dolcezza- spiegò Alexander –Il problema non è la Regina Clarisse, ma i suoi rappresentanti nei vari regni di Enchantment. E questi, te l’assicuro, non hanno assolto i loro compiti con saggezza…-
-I più malvagi subissano il popolo di tasse ed imposte, arrivando addirittura a condannare a morte e a distruggere case e, a volte, interi villaggi. E anche i più benevoli sono totalmente incuranti delle classi meno abbienti- chiarì Stephen.
-Noi ci battiamo per un mondo dove chiunque possa esprimere la propria opinione, un mondo dove non sia la nobiltà del sangue a definire l’individuo, un mondo dove non vi siano distinzioni in base alla razza o alla ricchezza, un mondo dove una persona possa affermare la propria identità e realizzare i propri sogni…un mondo migliore, insomma- disse Vincent, stringendo i pugni.
-Vincent! Danny! Stephen!- urlò una voce a pochi passi da loro. Un bambino di circa sette anni si precipitò tra le braccia di Vincent, trafelato e ansimante.
-Henry! Quante volte te lo devo dire di non correre?- sbuffò il giovane, prendendolo in braccio.
Il bambino sorrise –Volevo farti vedere un trucco di magia. Me l’ha insegnato ieri il Vecchio…- disse, tra un colpo di tosse e un altro.
Henry prese di tasca un mazzo di carte e le mischiò con le manine. Poi le dispose a ventaglio –Prendine una- ordinò al ragazzo.
Vincent obbedì.
-È il jack di cuori?- chiese il bambino con gli occhi che brillavano.
-Esatto! Ma come hai fatto ad indovinare? Sei un vero mago!- esclamò Vincent.
Danny si avvicinò ai due e sbirciò il mazzo –Te lo dico io come ha fatto: sono tutte uguali…- disse mostrando alla compagnia quaranta jack di cuori esattamente identici.
Henry fece un sorriso a trentadue denti –Ho comunque indovinato, no?-
Rosalba scoppiò a ridere e fu in quel momento che il bambino si accorse della sua presenza –E tu chi sei? Perché sei legata? E chi è quello?- domandò, indicando Alexander.
-Ah, dimenticavo…- disse Vincent, posando a terra il bambino e slegando i prigionieri –Ormai non servono più…-
Il bambino si avvicinò alla ragazza e la prese per la mano –Vieni…-
-Dove?-
-Che domande…all’accampamento!- replicò Henry, iniziando nuovamente a correre.

 

Scarlett vagava per il Palazzo senza una meta. Dopo quella mattina tutto le sembrava vuoto.
Aveva rinunciato a combattere, a vendicarsi, a opporre resistenza. Ma ho salvato Andrew…
Questo pensiero la risollevò. Non contava quello che avrebbe dovuto sopportare, lui aveva sofferto anche troppo a causa sua.
Senza volerlo la Principessa si trovò davanti al corridoio che portava alle segrete. Si guardò intorno e, non vedendo nessuno, vi sgattaiolò dentro.
Ci mise poco a trovare la sua cella. Era distante da tutte le altre.
Andrew era seduto a terra, in un angolo, solo.
-Andrew…- sussurrò la ragazza. Aveva bisogno di parlargli, di sentire la sua voce.
Il ragazzo si avvicinò all’inferriata, le mani strette attorno alle sbarre della cella –Scarlett?-
Il sollievo che la Principessa provò nel sentirlo rispondere fu indescrivibile –Grazie a Dio, ti hanno medicato?- chiese sfiorandogli la mano.
Andrew gliela afferrò –Mi hanno spalmato un unguento, ma non ha fatto molto effetto. Devo ringraziarti: senza di te non sarei di certo vivo adesso…-
-Tu ringraziare me? Andrew, è stata solo colpa mia!- protestò Scarlett.
Le sue dita le sfiorarono il viso –Non è stata colpa tua…-
-Goldwin ti ha fatto frustare per convincermi a sposare suo figlio!- insistette la ragazza.
Andrew si accigliò –Non devi farlo-
-Cosa?- chiese la Principessa.
-Sposare quell’idiota di Goldwin…- disse il giovane, guardandola negli occhi.
-Devo farlo- rispose Scarlett con fermezza –Se non lo faccio ti uccideranno!-
Andrew le prese una ciocca di capelli e se la rigirò tra le dita –Lascia che mi uccidano…- mormorò.
La ragazza si ritrasse –No! Non potrei mai sopportarlo! Cosa farei senza di te?-
-Scarlett,- la trattenne lui –puoi rinunciare a me, ma non puoi rinunciare al tuo Regno…-
-No…non posso farlo, Andrew. Non posso vederti morire- disse, singhiozzando.
Andrew le asciugò le lacrime –Ti prego, Scarlett, è la cosa giusta da fare. Sei l’unica speranza per il Regno.-
-Non mi importa nulla del Regno! Mi importa solo di te! Se devo sacrificare il mio Regno per salvarti sono ben disposta a farlo. Farei qualsiasi cosa per te…- continuò la Principessa.
-Per favore, Scarlett, ripensaci. La mia vita non vale così tanto- la supplicò il ragazzo.
-Non dirlo nemmeno! Senza di te non sarei niente. Tu sei tutta la mia vita e questo mi basta, non mi serve un Regno se ho la certezza che tu sia vivo. I-io ti amo…-
Il ragazzo la fissò a lungo, si sporse tra le sbarre e premette le labbra sulle sue. La Principessa si abbandonò completamente a quel bacio, che ben presto divenne disperato. Sentì sulle labbra il sapore delle lacrime e capì che quello sarebbe stato l’ultimo. Da quel giorno non l’avrebbe più rivisto.
Quando Andrew si staccò, senza fiato, Scarlett notò le lacrime sulle sue guance.
-Addio- disse, consapevole che lui non le avrebbe mai permesso di fare quello che aveva deciso di compiere.
Infine, incapace di sopportare più a lungo, scappò.
Non sarebbero mai più stati di nuovo insieme. Di questo Scarlett era certa, ma non aveva perso la speranza. La speranza di ritrovarlo un giorno e di poter vivere il resto della sua vita con lui, la speranza di riuscire a salvare se stessa e il suo Regno, per quanto le sembrasse impossibile. Perché sperare è prerogativa del genere umano, e Scarlett non faceva eccezione.
Uscendo dalle segrete andò a sbattere contro qualcuno.
-Commovente Principessa, davvero commovente…- commentò Mr Goldwin –Stavo per mettermi a piangere…- cogliendo la muta domanda negli occhi di lei, le rispose –Sì, purtroppo ho visto tutto, ma vi assicuro che avrei preferito non vedere…Vi ho lasciato fare un ultimo saluto al vostro amichetto, ma non voglio più vedervi qui nei paraggi- la prese per un braccio e avvicinò il suo viso al proprio –E ricordate, Principessa, non ammetterò ancora la vostra deplorevole condotta.-
Mr Goldwin la lasciò andare bruscamente e fece per andarsene –Ah, dimenticavo- disse, senza voltarsi –il matrimonio è fra due giorni.-
Scarlett si accasciò sul pavimento e pianse tutte le sue lacrime.

 

Florence era depresso quel giorno. Non riusciva a credere che Julien fosse stato rapito e cercava in tutti i modi di trovare una soluzione meno drammatica.
I suoi fratelli, più precisamente Faust, avevano deciso di aspettare prima di iniziare la ricerca, per osservare gli sviluppi del problema.
Ma, avendo Faust una bellissima fidanzata da svagare e Soren un interminabile libro da leggere, lui era rimasto solo.
Di solito era Julien a intrattenersi con lui, o Rosalba, ma ormai…
Per questo, decise di intrattenersi da solo e iniziò a gironzolare per il castello. Quando arrivò in soffitta gli salirono alla mente numerosi ricordi.
Erano passati oltre vent’anni da quando non vivevano più a Lonliness. Julien era solo un bambino all’epoca. Un vispo bambino di sette anni, col sorriso sempre sulle labbra.
Florence non rammentava il motivo per il quale avevano deciso di ritirarsi dal Bel Mondo. Nel momento in cui poi il Re li aveva convocati a Palazzo per fare da padrini alla figlioletta della Regina, Florence era stato restio a dare il proprio consenso. Ma quando aveva visto per la prima volta la bambina era rimasto incantato, e fu il primo in seguito a dichiararsi pronto ad accudire la neonata.
In una vita forzatamente immortale i bei ricordi erano delle rarità in confronto ai numerosi e ancora strazianti dolori. Florence aveva assistito impotente alla morte di tutti coloro a cui voleva bene. Ma dopo la morte di lei, il dolore per la perdita gli aveva fatto ripromettere di non affezionarsi più ad anima viva.
Tuttavia non aveva potuto mantenere la sua promessa in due casi: Julien e Rosie…
Nella sua ingenuità Florence non credeva che sarebbe giunto il momento in cui sarebbe stato costretto a staccarsi da loro.
Il giovane stregone sospirò e si lasciò cadere sul pavimento polveroso del solaio. L’immortalità, al contrario di quello che poteva pensare la gente comune, era una condanna. Una condanna a vivere per sempre, a vivere una vita senza affetti, senza relazioni, senza amore…
Florence si guardò intorno. La sua attenzione venne attirata da un luccichio soffuso proveniente da un angolo della mansarda. Era una medaglia molto piccola, d’oro zecchino, recante incisa una sola lettera: “G”.
-Non può essere…- sussurrò Florence, prendendo la medaglietta e osservandola più da vicino. Una volta accertatosi che fosse effettivamente ciò che pensava, si precipitò giù dalle scale e corse a perdifiato fino alla biblioteca.
-Soren!- chiamò, vedendo il fratello immerso nella lettura.
L’altro alzò gli occhi, svogliato –Che ti prende adesso? Hai visto un fantasma?-
-Ho tro-trovato una co-cosa…- disse, ansimando.
-Se tu riuscissi a formulare un discorso compiuto te ne sarei molto grato…-replicò Soren, annoiato.
-Guarda- ordinò Florence, mostrandogli la medaglia.
Il fratello se la rigirò qualche istante tra le mani, poi scoccò un’occhiata interrogativa a Florence –Affascinante. Ma cosa dovrei farmene esattamente?-
-Questa è una delle medaglie dei soldati di Goldwin. Dà un’occhiata alla lettera incisa sul retro…- affermò l’altro, con palese impazienza.
Soren chiuse il libro di scatto e osservò meglio la medaglietta –Dove l’hai trovata?-
-In soffitta…-
Soren sorrise al fratello –Florence, questo è esattamente quello che stavamo cercando: una prova.-

 

-Questo dovrebbe essere l’accampamento?- chiese Rosalba con aria disgustata.
Ed effettivamente, per una ragazza abituata ad ogni comodità della vita, quello che le si presentava sotto gli occhi non era esattamente il non plus ultra dell’agiatezza.
Il rifugio dei ribelli era infatti un accampamento nel vero e proprio senso letterale del termine. Situato in una piccola radura nascosta da sguardi indesiderati, era composto per la maggior parte da case scavate negli alberi. All’esterno vi era un fuocherello, sul quale borbottava un enorme pentolone di rame. Due pali per il bucato erano infissi nell’erba vicina al fuoco e una dozzina di capi, rigorosamente verdi, erano stesi ad asciugare.
In lontananza si sentiva lo scrosciare dell’acqua, proveniente da un piccolo ruscello nei pressi del bivacco.
Al momento il campo era totalmente deserto.
-Ehm…fammi capire, dov’è che abitate di solito?- domandò la ragazza.
Fu Vincent a risponderle –Negli alberi…-
Rosalba lo guardò come se fosse diventato matto –Voi abitate negli alberi? Sul serio?-
Stephen annuì col capo, tra le risate mal represse di Alexander.
-Sì…- disse la ragazza, incredula.
Danny scosse la testa e si avviò verso l’albero più vicino, bussò sulla corteccia e, dopo qualche minuto, ne uscì un uomo sulla quarantina.
-Capo, abbiamo dei prigionieri…-
L’uomo guardò dove gli stava indicando il ragazzo e sorrise –Ah, abbiamo visite…-
Fece un abbozzo di inchino a Rosalba e strinse calorosamente la mano ad Alexander –È da un sacco di tempo che non abbiamo degli ospiti. Voi siete…?-
-Mademoiselle Rosalba De Rosenoir…- iniziò Rosalba, facendo una graziosa riverenza –E lui è…Mr Black…- concluse indicando il vampiro.
L’uomo guardò la ragazza con aria strana.
-Ecco, lei è un po’…così…- commentò Vincent, scrollando le spalle.
Alexander si fece avanti, prima che Rosalba si avventasse sull’inesperto giovane –Io sono Alexander Black, per servirla-
-E lui è un vampiro…- intervenne Danny, rimirandosi le unghie.
Il Capo passò gli occhi da uno all’altra e poi scoppiò a ridere –Dio mi è testimone se non ho mai visto in vita mia una coppia più strana!-
-Noi non siamo una coppia- affermò decisa Rosalba –Anche se a lui piacerebbe…- finì sottovoce.
Il vampiro le scoccò uno sguardo malizioso –Per il momento…e poi chissà? È tutto da vedere…-
Henry si avvicinò all’uomo –Vero che possiamo tenerli, papà?- lo supplicò con gli occhi.
-Non sono mica dei cuccioli, tesoro- rispose il padre, divertito –Cosa ci fate nella Foresta?- chiese, rivolgendosi al vampiro.
-Stavamo andando a Lonliness…-
-Beh, allora potreste fermarvi per qualche giorno e poi proseguire per la vostra strada, che ne dite?- propose il Capo.
-Tu che dici, dolcezza?- si informò Alexander, guardando la ragazza.
Rosalba si passò una mano tra i capelli –Se proprio dobbiamo…-
-Perfetto allora…Io sono Gideon…-iniziò il Capo, ma venne interrotto da un poderoso strillo.
-SCIAGURA!- inveì una figura incappucciata dalla parte opposta della radura.
-Oh no…- si lamentò Vincent, coprendosi gli occhi con la mano.
-ROVINA! IL DEMONIO ALBERGA TRA NOI!- continuò la figura, agitando un crocifisso.
Gideon sorrise tra sé e sé –Questo è Fra Timoteo…Non dovete badare a lui, fa sempre così con gli stranieri.-
Il frate socchiuse gli occhi –VAMPIRO!- gridò sobbalzando e brandendo il crocifisso sotto il naso di Alexander, che lo guardava divertito –È VENUTO A PROFANARE LE NOSTRE ANIME! CHE TU SIA DANNATO, FIGLIO DEL DIAVOLO!-
Poi spostò la sua attenzione su Rosalba, che indietreggiò schifata –Non osare toccarmi, vecchio pazzo!-
Fra Timoteo annusò l’aria –ANCHE LEI È STATA CONTAMINATA DAL MALE! DONNE, NON AVVICINATEVI A QUESTO ESEMPIO DI CORRUZIONE!-
Le urla del vecchio frate avevano attirato un capannello di gente. Una ragazza con due lunghe trecce nere lanciò a Rosalba un’occhiata sospettosa –Chi è quella?-
Rosalba le favorì una smorfia sdegnosa.
-È una giovane che si fermerà da noi per qualche ora, insieme al suo amico, Lisa…- le rispose Vincent.
-DANNAZIONE ETERNA A VOI, BESTIE!- continuò imperterrito il frate.
Un ragazzo guardò Rosalba da capo a piedi e annuì con aria da intenditore –Perché solo per qualche ora? Per quel che mi riguarda potrebbe fermarsi da noi anche per tutta la vita!-
-Kyle!- lo ammonì Lisa, irritata.
-SATANA VUOLE FARCI PRECIPITARE NEGLI ABISSI DELLA DEPRAVAZIONE!-
-E lui sarebbe il suo amico?- domandò incuriosita un’altra ragazza dai capelli color carota.
La componente femminile dell’accampamento osservò con interesse Alexander.
-Non c’è male…- commentò una ragazza alta e snella, con occhi maliziosi.
-MA NOI NON CADREMO NEL TRANELLO DEL DEMONIO!-
Rosalba si sentì montare dentro un’ira del tutto ingiustificata vedendo Alexander sorridere alle giovani irretite dalla sua bellezza.
-È un vampiro…- avvisò Danny, appoggiato ad un albero.
-NOI VINCEREMO LE TENTAZIONI E…-
-INSOMMA!- urlò Rosalba, infastidita e decisamente arrabbiata –ADESSO BASTA!-
L’intera radura si zittì istantaneamente. Fra Timoteo tirò fuori di tasca un rosario e cominciò a pregare sottovoce. Il Capo ridacchiò, divertito. Danny sollevò la testa con interesse e tutti gli altri presenti fissarono ostinatamente Rosalba.
-Credo che sarà più difficile di quanto pensassi…- dichiarò Vincent.
-Allora- proruppe Rosalba –Non ho alcuna intenzione di passare le prossime dodici ore in questo stramaledetto campo, soprattutto dopo tutto questo. Purtroppo però sarò costretta a fermarmi, per motivi del tutto indipendenti dalla mia volontà- e qui sbirciò di soppiatto Alexander –Ad ogni modo, non voglio avere nulla a che vedere con voi tutti, plebaglia di strada; e non intendo tollerare commenti idioti o un frate furioso che mi considera figlia di Satana! Io sono la pupilla dei fratelli De Rosenoir e non mi abbasserò certo al livello di un gruppetto di cenciosi ribelli dei miei stivali!- concluse con orgoglio.
Chiunque avesse già conosciuto Rosalba avrebbe saputo che la sfuriata appena avvenuta era di modeste proporzioni, se paragonata alle altre. Alexander l’aveva imparato a sue spese e non fece una piega. Danny l’aveva intuito e sbuffò di disappunto. Vincent l’aveva immaginato e tirò un sospiro di sollievo.
Tutti gli altri però non conoscendo Rosalba e non avendo esperienza di sfoghi violenti, etichettarono la nostra povera eroina come “arrogante vanesia”.
Tutti tranne Gideon, che, dopo tanti mesi di tranquillità, anelava a un po’ di sano trambusto; e Fra Timoteo, che diede la colpa delle sue parole alla sua possessione demoniaca e decise all’istante di liberarla dal maligno.
Lisa le si avventò contro -Tu, brutta sgualdrina, come osi insultarci?-
-A chi hai detto sgualdrina, gattamorta?- replicò Rosalba, ben felice di poter mettere le mani addosso a qualcuno.
Lisa ringhiò dalla rabbia e le afferrò i capelli con la mano destra, mentre con la sinistra le assestava un sonoro schiaffo sulla guancia. Rosalba caricò a testa bassa contro la sua avversaria e la fece cadere a terra.
-Dieci monete d’argento su Lisa- dichiarò un ragazzo con una benda sulla mano.
-Ma sei matto?- gli rispose Stephen –Non dobbiamo lasciarci prendere da queste sciocche frivolezze!-
-Io ne scommetto venti sulla nuova- aggiunse poi in un bisbiglio.
E così, mentre le due ragazze tentavano di uccidersi a vicenda, Vincent tentava inutilmente di dividerle, Danny se ne stava a contemplare la scena con un sorriso beffardo sulle labbra, il Capo sorrideva, estasiato da tanto caos, Fra Timoteo scongiurava il Signore di proteggerlo dal diavolo, Alexander rideva come un pazzo e tutti gli altri scommettevano su una o l’altra ragazza; un anziano signore uscì tranquillamente dal suo albero scavato e osservò l’insolita scena che gli si presentava sotto gli occhi.
-Insomma ragazzi, ora non si può neanche dormire in questo campo?- disse il Vecchio, sbadigliando.
E tutti si zittirono all’istante.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici ***


Capitolo Dodici

 

Quella sera la luna scintillava nella sua pienezza, illuminando l’intero accampamento ribelle nella frondosa Foresta di Greenwood.
Alexander era seduto accanto al fuoco, intento a cercare di non osservare la sua giovane protetta mentre flirtava allegramente con tutti i giovanotti disponibili.
-Ma cosa dite, Stephen? Così mi farete arrossire!- stava appunto dicendo la nostra non molto timida eroina, coprendosi il volto con il ventaglio regalatole dal suddetto giovane.
Alexander sbuffò, innervosito. Valle a capire tu le donne…stamattina sembrava preferisse morire piuttosto che passare un minuto di più all’accampamento ed ora guardala…sprizza gioia da tutti i pori…
-Qualcosa ti turba, creatura della notte…- esordì il Vecchio, sistemandosi accanto al giovane redivivo.
-Se dovessi enumerare tutte le cose che mi preoccupano, signore, faremmo l’alba…- replicò Alexander, distogliendo gli occhi dalla ragazza.
Un lieve sorriso si dipinse sul volto, scavato dagli anni, del Vecchio –Dimmi, figliuolo, perché mai un giovane e aitante vampiro dovrebbe accompagnare una giovane ragazza fino a Lonliness, invece di fare ciò che farebbero tutti gli altri vampiri?-
-Cioè bermi il suo sangue? Perché dovrei farlo?-
-Non hai risposto alla mia domanda…- gli fece notare il Vecchio.
-Mi ha promesso del denaro- rispose Alexander, raccogliendo un legnetto da terra.
Il Vecchio assunse un’aria dubbiosa –Del denaro…-
-Molto denaro…- precisò il vampiro, giocherellando col bastoncino.
-Molto denaro…- ripeté il Vecchio –E potrei sapere il motivo per cui cerchi in tutti i modi di non legarti a lei?-
Alexander ruppe il legnetto in due parti esattamente uguali –Non capisco quello che intendi dire…- disse atono.
Il Vecchio lo guardò negli occhi color smeraldo e poi spostò lo sguardo su Rosalba, dedita ad appuntare una Rosellina selvatica sulla giacca di un ragazzo poco più grande di lei.
Alexander seguì il suo sguardo –Io non sto facendo proprio niente…Lei semmai…- sbottò.
-Ti ho chiesto perché reprimi i tuoi sentimenti, ragazzo- ribattè il Vecchio in un tono che non ammetteva deroghe.
Alexander gettò entrambi i legnetti nel fuoco –Non credo che questi siano affari suoi.-
Il Vecchio si alzò in piedi a fatica e gli scoccò un’occhiata sarcastica –Molto bene, figliuolo. Ma ricorda, il giorno in cui dovrai decidere da che parte stare, il giorno in cui tutto ti sarà più chiaro e scoprirai finalmente per chi o per cosa combattere, ecco, quel giorno sarà troppo tardi.-
Il vampiro alzò gli occhi di scatto e fissò interdetto l’anziano signore che si allontanava. Possibile?Possibile che sappia qualcosa? si chiese mentalmente. Ma non seppe darsi una risposta.

 

La Principessa si svegliò all’alba quel giorno. Ancora ventiquattr’ore e poi avrebbe dovuto sposare quell’impiastro di Mr Horace Goldwin.
È il mio ultimo giorno di libertà e voglio godermelo fino all’ultimo…si disse, infilandosi la vestaglia.
Scarlett si infilò le pantofole e aprì piano la porta della sua camera: le guardie erano ancora addormentate. Perfetto.
La Principessa avanzò guardinga lungo il corridoio nord del Palazzo. Il giorno prima Mrs Fink le aveva rivelato dove Mr Goldwin teneva rinchiusa sua madre.
-Nella torre nord, Vostra Altezza. La terza porta a sinistra. Ne sono più che sicura, perché Joanna, che porta i pasti a Vostra Madre, me l’ha raccontato…Vi supplico, Milady, non dite che ve l’ho riferito…- le aveva detto, tirando su col naso; gesto che, in tempi di pace, non avrebbe mai fatto.
Scarlett si acquattò contro il muro, per evitare di essere scorta da una sentinella di passaggio. La terza porta a sinistra, la terza porta a sinistra…ripeteva in continuazione la sua mente.
Quando giunse nella torre nord, tirò un sospiro di sollievo. Dai, Scarlett, ce la puoi fare…
Quando arrivò in cima alle scale, all’incrocio dove doveva svoltare a sinistra, per poco non si sentì male. E il motivo del suo improvviso malore erano tre giovani e ignare guardie appostate davanti alla stanza della madre.
Oh cielo non ce la farò mai! si abbatté la Principessa. Si appiattì al muro e cercò freneticamente un modo per riuscire ad entrare in quella camera. Pensa Scarlett, pensa…
Dopo aver scartato numerosi piani e aver analizzato nei minimi dettagli la situazione, si accinse a compiere l’unica buona idea che era riuscita a pensare.
Lady Scarlett si tolse lentamente la pantofola e la gettò giù dallo scalone, dopodichè si celò entro il cono d’ombra che il muro creava con le scale.
Le sentinelle, udendo il tonfo, si precipitarono giù per le scale, lasciando la loro originaria postazione incustodita.
La Principessa corse sino alla porta e la spinse in avanti, ringraziando la sua buona stella che gliela aveva fatta trovare aperta.
Scarlett avanzò nell’oscurità, chiudendosi il portone alla spalle.
La stanza era completamente spoglia, fatta eccezione per un enorme letto a baldacchino e un rudimentale comò, sul quale vi era poggiato una vassoio con dei piatti e una tazza di quello che la ragazza ipotizzò fosse the fumante.
La Principessa brancolò nel buio finché non riuscì a toccare una cortina del letto della madre. Infine la scostò in modo da poter essere in grado di scorgere le fattezze del volto della Regina.
-Madre?- la chiamò Scarlett, tra le lacrime.

 

-Faust! Dobbiamo parlarti urgentemente!- disse Florence, irrompendo nella stanza del fratello –In privato…- concluse, vedendo Lady Lucrezia.
Faust non aveva mai visto i fratelli agitarsi in quel modo. Sembrava che li avesse morsi una tarantola.
-Scusatemi, Lucrezia, ma….- iniziò Faust, rivolgendosi alla fidanzata.
La ragazza capì l’antifona e si alzò dal sofà dov’era comodamente seduta. Lanciò un bacio con la punta delle dita al promesso sposo e se ne andò.
-Finalmente!- sbottò Soren, dopo che ella si richiuse la porta alle spalle, guadagnandosi un gelida occhiata da parte di Faust.
-Allora, cos’avevate di tanto urgente da dirmi?- chiese il giovane, guardando prima l’uno e poi l’altro fratello.
-Abbiamo una prova!- esordì Florence –L’ho trovata io, eh…-
-Che prova?- disse Faust, osservando stupito l’aria raggiante di Florence.
-Abbiamo una prova che Goldwin abbia rapito Julien- spiegò Soren –Eccola- dichiarò, porgendogli la medaglietta.
Faust l’esaminò attentamente –Ehm…dovrebbe dirmi qualcosa?-
-Sei molto più stupido di ciò che pensavo…- commentò Soren, grattandosi il mento con la mano.
Florence sbuffò d’impazienza –Girala- ordinò.
Il fratello voltò la medaglietta sotto gli sguardi carichi di aspettativa dei due –Vi è incisa una “G”…- provò.
Poi aggrottò la fronte e osservò meglio la medaglietta, socchiudendo gli occhi –Ma…ma…è una delle medaglie che portano le guardie di Goldwin!-
Soren applaudì –Ce ne hai messo di tempo, fratello…- disse, sarcastico.
Florence era esagitato -Non capisci? Ora sappiamo per certo dove sia Julien!-
Faust rimase in silenzio. Ora avevano una prova. Certo, era una piccola medaglia di ottone, ma era pur sempre una prova. Avrebbero potuto incriminare Goldwin davanti all’intero Consiglio.
La voce di Soren interruppe il corso dei suoi pensieri -Cosa ne dici?-
-Dico che dobbiamo cogliere l’occasione al volo…Non possiamo lasciare Julien nelle mani di quel mentecatto!- dichiarò Faust, avvicinandosi all’armadio e aprendolo.
I due fratelli esultarono, felici.
-E adesso cosa stai facendo?- domandò Florence, vedendo Faust mettere tutti i suoi abiti in valigia.
-E dopo sarei io lo stupido eh?- fu la risposta dell’altro.
Soren schioccò le dita –Giusto! Facciamo le valigie: partiremo immediatamente!-
Faust annuì leggermente col capo.
-Cosa dirai a Lucrezia?- chiese Soren.
Faust esitò un istante –Non voglio allarmarla…Le dirò che Drenlincourt ci ha convocati per una faccenda urgente.-
-Ben fatto…- approvò l’altro.
-Ma insomma, volete sbrigarvi?- gridò Florence dalla stanza accanto -Andiamo a prendere a calci il grosso didietro di Mr Goldwin!-
Gli appartamenti di Faust risuonarono nuovamente, dopo tanto tempo, di allegre risate.


Era mattina presto quando Rosalba si svegliò, accorgendosi di essere ancora nell’accampamento.
Non aveva parlato con Alexander dal giorno prima, quando la comparsa improvvisa del Vecchio aveva posto fine alla rissa tra lei e Lisa.
Non aveva detto che poche parole e l’intero accampamento era piombato nel silenzio più assoluto. Tutti obbedivano a quell’uomo, anche il Capo. Era una specie di guru dei ribelli.
La ragazza si stropicciò gli occhi con le mani. Il campo aveva cominciato ad esercitare il suo fascino anche su di lei. Certo, Rosalba non poteva dire di preferirlo alla sua vita precedente, ma rispetto agli ultimi giorni passati con Alexander…
I ribelli erano abbastanza simpatici, la nostra giovane eroina non aveva mai conosciuto dei ragazzi così simpatici e pronti ad ogni suo ordine. Ad essere sinceri, non aveva mai conosciuto dei ragazzi. A parte Alexander e Garrett, s’intende.
Non riusciva proprio a capire, invece, il motivo della sua impopolarità tra le esponenti del suo sesso.
-Dev’essere a causa della mia straordinaria bellezza…- disse, sbadigliando.
-Sì, lo credo anch’io, tesoro…- commentò una voce in tono assonnato.
Rosalba girò la testa di scatto, sconcertata –Che ci fate voi nel mio letto?- gridò, al limite dell’esasperazione.
Il suo compagno di letto la guardò attraverso gli occhi di smeraldo –In realtà, dolcezza, questo sarebbe il mio letto…-
-Co-come?- chiese coprendosi con le lenzuola, dopo aver notato di indossare solamente corsetto e sottoveste.
-Ecco…- esordì Alexander, alzandosi a sedere sul rudimentale giaciglio –L’altra notte sei entrata barcollando nella mia camera, mi hai dichiarato il tuo amore e non c’è stato verso di farti tornare nella tua stanza.-
La ragazza lo fissò inorridita –Io ho fatto tutto questo?-
-Sì…Ah, dimenticavo, hai anche tentato di violentarmi…- replicò il vampiro, reprimendo un sorriso.
Rosalba credette di svenire –N-non è possibile…-
Il tono del redivivo sempre più divertito -Invece temo proprio che sia possibile. Mi sei semplicemente saltata addosso. Sono dovuti intervenire anche Vincent e Stephen per riuscire a staccarti da me.-
-Mi hanno drogata- concluse drammaticamente la ragazza –Non avrei mai potuto fare queste cose da sobria.-
-Non esagerare. A quanto sembra hai solamente esagerato col liquore di ciliegie…almeno, così mi ha detto Stephen…Ti aveva versato un bicchierino e tu hai tracannato tutta la bottiglia- spiegò Alexander.
Rosalba si portò una mano alla tempia –La mia reputazione è rovinata! Tutti crederanno che io sia una ragazza dai facili costumi!-
-O forse che non reggi per niente l’alcol…- tentò il vampiro.
Lei lo fulminò con gli occhi –Qualcun altro mi ha vista in questo stato?-
-Intendi dire oltre a me, Stephen e Vincent?- il giovane ci pensò un momento –Ah sì! Quell’adorabile ragazza dai capelli bruni!-
-Lisa?-
-Sì, credo che si chiami così. Dovevi dormire insieme a lei stanotte, ordine del Vecchio. Serviva a farvi riconciliare, ma, a quanto pare, preferivi un altro tipo di compagnia…più… invitante…- concluse maliziosamente.
-Morirò dalla vergogna- sentenziò Rosalba in tono afflitto.
-Non ho dubbi al riguardo. Ad ogni modo ti converrebbe uscire di qui il prima possibile, prima di diventare lo zimbello del resto del campo.-
-Vestita di tutto punto…- aggiunse inutilmente, vedendo Rosalba precipitarsi fuori dall’albero in sottoveste –Contenta lei…- terminò, con un’alzata di spalle.
Quando Rosalba si accorse di essere scappata praticamente seminuda, era ormai tardi.
Maledì se stessa e la sua fretta, fortunatamente l’accampamento è deserto si consolò e continuò a correre, finché non inciampò in un giovane, malauguratamente devo dirvelo, e cadde pesantemente a terra.
-Tu?- constatò Danny, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
Rosalba ignorò la mano e si rimise in piedi da sé –Danny…- salutò, facendo segno di andarsene.
-Un momento- la fermò lui, bloccandole la strada –Cosa diavolo ci fai alzata a quest’ora?- i suoi occhi la squadrarono da capo a piedi –E perché non hai nulla addosso?- chiese, alzando un sopracciglio.
-Non sono affari vostri…- tagliò corto Rosalba, gelida.
Le labbra di Danny s’incresparono in un sorrisetto –Giustissimo. Tuttavia devo avvisarvi che la pattuglia sta tornando proprio in questo momento e credo che la vostra presenza sarà per loro una gradita sorpresa…-disse, sottolineando l’ultima parola –Addio…- la salutò infine, facendo segno di andarsene.
Gli occhi della ragazza si riempirono di terrore –No! No, fermo! Aiutatemi vi prego!-
-Solo se me lo chiedete per favore…-
Rosalba strinse i denti –E va bene, per favore…-
Il giovane sorrise apertamente e le fece segno di seguirlo.
Rosalba, suo malgrado e, stranamente per la prima volta, obbedì.

 

La Regina Clarisse aprì lentamente gli occhi e, per la prima volta dopo tanto tempo, si ritrovò ad ammirare il viso della figlia –Scarlett? Sei tu, bambina?-
La ragazza aveva le lacrime agli occhi –Mamma…- sussurrò –Mamma, mi sei mancata tanto.-
La Regina si stupì di quelle parole: Scarlett non l’aveva mai chiamata mamma –Tesoro sono qui, non piangere…- la consolò, accarezzandole i capelli con la mano.
-Goldwin…Goldwin…- tentò la Principessa tra i singhiozzi.
-Lo so, cara, lo so. Ogni giorno viene nella mia stanza con una tazza di the fumante e mi racconta gli ultimi, strazianti particolari.-
-Io non voglio sposare Horace!- gemette Scarlett.
Vedendo l’angoscia negli occhi della figlia, Lady Clarisse si sentì morire. La sua bambina era costretta alle più umilianti sofferenze e lei, la Regina!, non poteva fare assolutamente nulla.
La Principessa si asciugò gli occhi con le mani e tirò su col naso in un gesto davvero commovente –Ma non conta più la mia volontà, ormai. Devo farlo. Devo farlo per Enchantment, per il mio popolo, per Andrew…per te.-
-Scarlett…- disse, prendendole la mano in un gesto convulso –Non puoi sapere quanto mi dispiace esserti di peso. Io vorrei poterti aiutare, veramente, ma…-
La Regina ebbe un improvviso attacco di tosse e dovette alzarsi a sedere sui cuscini –Sto bene, sto bene- mormorò, rispondendo allo sguardo preoccupato della figlia –È soltanto l’umidità… -
Scarlett le sistemò le lenzuola –L’unica cosa che devi fare è cercare di rimetterti in forze.-
-Sai- iniziò –non è facile sapere che il proprio regno sia interamente nelle mani di un despota, di un ambizioso borghese e non poter fare nulla per spodestarlo.
Non è facile sapere che il proprio popolo venga ininterrottamente bistrattato da coloro che hanno deciso di tradirmi e non essere là per poter sistemare le cose.
Ma soprattutto non è affatto facile sapere che la propria figlia, la mia unica figlia, stia affrontando tutto ciò e stia cercando in tutti i modi possibili di far ritornare la situazione com’era un tempo; non è facile sapere che abbia deciso di sacrificare tutto: la sua vita, il suo trono, il suo amore –perché l’ho sempre saputo che ti piaceva quel ragazzo, piccola…non puoi ingannare tua madre- e non avere la possibilità di aiutarla e di farle coraggio.
Ti giuro, Scarlett, l’unico mio rimpianto è quello di non poterti stare vicino, credimi. Mi priverei volentieri di tutto, pur di poterti stare di nuovo affianco come una volta…-
La Regina aveva pronunciato il discorso tutto d’un fiato e le ultime parole furono soffocate dai singhiozzi e dalle lacrime.
Per la prima volta, dopo la morte del marito, Clarisse scoppiò in un pianto liberatorio.
Scarlett non disse niente, la fissò solamente negli occhi e l’abbracciò, gesto inusuale per lei. La Regina ricambiò la stretta, stringendo a sé la figlia come se fosse stata l’ultima volta in cui ne avesse avuto la possibilità.
Dopo qualche minuto la madre si costrinse a lasciarla andare –Devi uscire di qua, prima che ti trovino- le ricordò, ricacciando indietro le lacrime.
Scarlett le prese la mano e la strinse con forza –Ti voglio bene, mamma…- bisbigliò, stampandole un sonoro bacio sulla guancia.
-Te ne voglio anch’io, tesoro…- rispose la Regina, con gli occhi lucidi.
La Principessa si staccò malvolentieri dalla madre e si diresse verso la porta.
-Scarlett- la chiamò Clarisse –cerca di fare la cosa più giusta…-
-È esattamente quello che farò- la interruppe la Principessa, con una luce determinata negli occhi.
-La cosa più giusta per te…- concluse la madre –Non prendere la mia strada, non sacrificare la tua felicità per un ideale.-
Scarlett alzò gli occhi sulla Regina con aria angosciata poi aprì di scatto la porta e, accertatasi che le guardie non fossero ancora tornate, scappò fuori nel corridoio, lontano da tutto: dalle sue paure, dalle sue preoccupazioni e dai suoi sentimenti.

 

-Di questo passo non arriveremo mai in tempo!- sbottò Florence, osservando i goffi tentativi del palafreniere di sistemare la ruota della carrozza sotto le direttive del maniscalco.
-Come potevamo sapere che si sarebbe rotta una ruota nel bel mezzo della strada?- ribattè Faust.
-Abbiamo pure dovuto aspettare che il maniscalco finisse di ferrare quello stramaledetto ronzino…- commentò Soren.
L’espressione di Florence riassumeva esattamente il pensiero dei tre fratelli –Come se quel mercante privo di cervello non avesse potuto vivere senza il suo amatissimo roano!-
Faust digrignò i denti -E tutte le storie che ci ha fatto? Sul fatto che lui non fosse un ozioso perditempo e non avesse neanche un minuto da perdere. Come se noi invece potessimo permettercelo!-
Gli altri due annuirono.
-Ma per quale dannatissimo motivo non abbiamo preso il treno?- domandò Florence.
Faust assunse un’aria compassata –Non mi fido di quelle locomotive a vapore…-
-Ma sono assolutamente sicure!- protestò l’altro –Nel Continente vi sono già da tre anni!-
-Questo non mi rassicura affatto…-
-Ehm…scusatemi se vi interrompo, ma credo che dovreste dare un’occhiata…- disse Soren, indicando in direzione della carrozza, che si stava dirigendo rapidamente verso un pericoloso crepaccio.
Faust guardò i fratello sbalordito, poi seguì Florence, il quale aveva iniziato a correre nel vano tentativo di fermare la carrozza.
-Lancia un incantesimo!- gli urlò Faust.
-Quale?- replicò l’altro continuando a correre.
Soren contemplava la scena appoggiato a un albero.
-Qualsiasi cosa, maledizione!- inveì Faust.
Florence agitò le mani e il cocchio divenne color giallo canarino.
-Cosa hai fatto?!- strepitò Faust –La nostra carrozza sta per cadere da un crepaccio e l’unica cosa che sai fare è cambiarla di colore??-
-Avrebbe dovuto fermarsi!- protestò l’altro.
Soren si ammirò le unghie, del tutto disinteressato dal pandemonio che stava accadendo sotto i suoi occhi.
La carrozza ormai era ad un passo dal burrone. Mi piacerebbe poter scrivere che a Florence venne in mente il giusto incantesimo, oppure che i due insieme riuscirono a salvare la loro preziosa vettura, ma, purtroppo per loro, non sarebbe la verità.
Faust guardò la loro unica possibilità di arrivare in tempo a Palazzo distruggersi in mille pezzi.
-Cosa ho fatto di male nella mia vita per meritarmi voi due?- gridò, le braccia rivolte al cielo.
-Quante storie…non l’ho mica fatto apposta- si difese Florence –Potevi fare qualcosa anche tu…-
Faust si mise le mani nei capelli in un gesto che trasudava disperazione –E lui?- strillò, puntando il dito contro il fratello minore –Noi diventiamo pazzi nel tentativo di fermare quella stramaledettissima carrozza e lui…lui cosa fa? Se ne sta là, appoggiato ad un albero!-
-Ho pensato che fosse meglio lasciar fare le cose a chi fosse più esperto e più abile di me in questo genere di cose. Avete cominciato a correre come dei forsennati, credevo che voleste occuparvene voi.-
Il volto di Faust si fece paonazzo -Florence, trattienimi: sto per commettere un fratricidio!-
-Non dire scempiaggini- tagliò corto Florence –Piuttosto, qualcuno mi sa spiegare come ha fatto la carrozza a muoversi da sola?-
-E-ecco, in verità- balbettò il palafreniere, facendosi scudo con il maniscalco- è stato un fatto del tutto casuale. Noi avevamo appena finito di sistemare la ruota, quando, per pura fatalità, un…colpo di vento ha spinto la carrozza in avanti…-
-Un colpo di vento?- ripeté Faust, guardando i due con un’espressione per nulla rassicurante che terrorizzò il maniscalco, il quale scappò a gambe levate.
Il palafreniere, privato del suo riparo, deglutì faticosamente –Era un vento molto forte, Milord…-
-Non fa niente, Frederick- intervenne Florence, dando una calorosa pacca sulla spalla al servitore –Torna pure a palazzo, noi continueremo a piedi.-
-A piedi? Ma non ce la faremo mai!- si lamentò Soren, mentre lo staffiere prodigava ringraziamenti a destra e a manca.
-Non mi sembravi così preoccupato qualche minuto fa…- replicò Florence.
-Cammina- gli ordinò freddamente Faust, dandogli uno spintone.
E, così appiedati, tra gli sbuffi seccati di Soren, gli sguardi assassini di Faust e il sorriso divertito sulle labbra di Florence, i tre fratelli si addentrarono nella Foresta di Greenwood.

 

-Posso avere l’onore di sapere dove mi state portando?- il tono di Rosalba rasentava la disperazione.
Danny sorrise malizioso –Fidatevi di me- disse, mentre conduceva la ragazza all’interno di un lungo cunicolo buio e privo di qualsiasi forma di vita.
Quando finalmente gli occhi di Rosalba percepirono una debole luce proveniente da una spaccatura in lontananza, la nostra riluttante eroina si rese conto di trovarsi in una di quelle pittoresche camere da letto ricavate dalla corteccia degli alberi.
-Non mi avrete condotto nella vostra stanza, vero?- chiese, scandalizzata al solo pensiero.
Danny la squadrò dall’alto al basso –Non credete di essere un po’ troppo supponente? Vi ho appena conosciuta dopotutto…-
Rosalba arrossì fino alla punta dei capelli, fece per scusarsi, ma cambiò idea e mantenne un dignitoso silenzio.
Silenzio che, purtroppo, venne rotto dal cigolare della porta d’ingresso.
-Arriva qualcuno!- Rosalba era terrorizzata –Che facciamo?-
Per tutta risposta il giovane le indirizzò un sorriso divertito –Assolutamente niente.-
Ma, prima che la ragazza avesse il tempo di rispondergli, la porta si aprì del tutto ed una giovane dai capelli corvini entrò spensieratamente nella stanza.
-Danny? Ma che…- iniziò Lisa, sbigottita -Tu?!- proruppe un istante dopo, notando la presenza di Rosalba.
-Lei?!- domandò stupita quest’ultima al giovane, che sorrideva imperterrito.
-Che ci fate voi qui?- chiese Lisa in tono imperioso.
Le sopracciglia di Rosalba schizzarono in alto –Potrei farvi la stessa domanda-
La ragazza la guardò con fare sprezzante –Questa, per inciso, è la mia camera.-
Gli occhi di Rosalba si rivolsero al giovane accanto a lei –Mi avete portato nella sua stanza?-
Lisa si mostrò sconcertata -L’hai portata tu qui?-
Davanti a quelle due pressanti domande Danny non potè fare a meno di rispondere –Ecco, era il posto più vicino…-
-Aspetta un momento…- lo interruppe Lisa –Perché è senza vestiti? Non dirmi che tu e lei…nella mia stanza…-
-Non è andata affatto così!- intervenne Rosalba, pronta a battersi per gli ultimi brandelli della sua reputazione.
-Ah, e allora com’è andata?- ribattè Lisa in tono di sfida.
Rosalba gettò uno sguardo di disprezzo a Danny, che si era sdraiato comodamente sul sofà, incurante del suo dovere di difendere la virtù della ragazza –Stamane mi sono svegliata con un forte mal di testa e mi sono ritrovata nella camera di…insomma, non nella mia camera…-
Lisa schioccò le dita –Ora ricordo! Eravate voi allora! Mi pareva di avervi riconosciuta questa notte, mentre cercavamo inutilmente di staccarvi dal vostro amico…- disse calcando sull’ultima parola –Eravate, correggetemi se sbaglio…ubriaca fradicia?- concluse, lanciandole un’occhiata in tralice.
Rosalba si schiarì la gola –Ad ogni modo, come stavo dicendo prima che voi mi interrompeste così sgarbatamente, stamane non ero dove dovevo essere e sono corsa fuori senza avere il tempo di rivestirmi. Accortami in seguito di non essere in grado di ritrovare il mio…albero, ero già sul punto di abbattermi, quando mi imbattei in questo gentiluomo, che si offrì molto cortesemente di prestarmi il suo aiuto, ma, a quanto pare…-
Danny tossicchiò –In realtà avevo detto che vi avrei portata al sicuro e questo tecnicamente l’ho fatto. In quanto ai vestiti…ecco, io pensavo che Lisa…-
-Niente affatto! Non presterò i miei abiti a una svergognata!- fu la risposta della giovane.
Rosalba andò su tutte le furie –Le posso assicurare, signora, che la mia virtù è intatta esattamente quanto la vostra! Se non di più…-
Gli occhi color nocciola della ragazza divennero delle fessure –Cosa vorreste insinuare?-
Prima che la discussione si trasformasse in uno scontro all’ultimo sangue, Danny si alzò svogliatamente dal divano e si interpose tra le due litiganti.
-Lisa- ordinò, prendendo in mano la situazione -Prestale dei vestiti. Le ho promesso di aiutarla, e Danny McFinnigan mantiene sempre la sua parola.-
Sotto lo sguardo perentorio del giovane, Lisa si diresse verso l’armadio e cominciò a cercare un abito adatto alla silhouette di Rosalba.
-Quando avete intenzione di partire?- s’informò il giovane.
-Non appena Mr Black farà ritorno dal mondo dei sogni. Entro questo pomeriggio, spero.-
-Peccato- l’espressione di Danny pareva realmente dispiaciuta –Era davvero divertente vedervi perdere le staffe…-
-L’ho trovato- annunciò Lisa, emergendo da una montagna di vestiti.
L’abito che teneva in mano non era ciò a cui era abituata Rosalba, ma era molto meglio di quello datole da Mr Finnix. Completamente azzurro, non alla moda, ma pratico, adatto a viaggiare nella Foresta.
-Credo che potrà andar bene- disse, mentre Lisa l’aiutava ad allacciarlo –Leggermente stretto sul corpetto, forse…- constatò esaminandosi la scollatura un po’ troppo pronunciata.
Rosalba gettò uno sguardo alla corporatura esile dell’altra ragazza con una punta di commiserazione.
-Vi calza a pennello- commentò Danny –Ora andiamo a mostrarlo al vostro fidanzato…-
-Non è il mio fidanzato!- protestò la giovane –Mi sta semplicemente accompagnando a Lonliness!-
-Con quanta nonchalance liquidi la nostra relazione, piccola…- mormorò una voce alle sue spalle.
Rosalba si voltò di scatto e si ritrovò a contemplare due meravigliosi occhi verdi che brillavano divertiti.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici ***


 

 Capitolo Tredici

 

-Se credete di essere spiritoso, beh, devo informarvi che non lo siete affatto…- gli comunicò Rosalba, seccata dal commento del giovane redivivo.
Gli occhi di Alexander si illuminarono nuovamente -Non volevo esserlo, dolcezza; anzi, sono molto molto dispiaciuto…-
-Io vi ho trovato divertente- squittì Lisa, sbattendo le ciglia.
-Sono qui per il vostro diletto, miss Lisa, vi prego: ditemi che altro posso fare per compiacervi- rispose galantemente il vampiro, rivolgendole un inchino affettato.
-Credo che voi sappiate cosa dovreste fare per compiacermi…- replicò Lisa, la voce carica di aspettative.
Rosalba esibì una smorfia disgustata, catturando l’attenzione di Danny, che si sforzò di trattenere le risate.
-Bene- tagliò corto la ragazza –Ora che avete finito di dare spettacolo, possiamo, finalmente, andarcene da questo posto?-
-Perdonate la scortesia della mia compagna, miss Lisa. Spero ardentemente di potervi rivedere un giorno- disse Alexander, piegandosi a baciare l’aria sopra le dita della giovane, conquistandola definitivamente.
Mentre Lisa lo guardava rapita, Gideon fece capolino dalla porta –Ah, siete tutti qui! Vi stavo appunto cercando.-
Uscendo, Rosalba notò Vincent, appoggiato alla corteccia dell’albero. Questi le si fece appresso –E così ve ne andate…- mormorò.
-Sì, l’idea è quella- replicò brevemente la ragazza, non accorgendosi dell’espressione ferita del giovane.
Gideon prese sottobraccio Alexander –Vi siamo tutti grati per la vostra visita, penso di poter affermare con sicurezza che nessuno di noi vi dimenticherà così facilmente- disse, gettando un’occhiata all’aria sognante di Lisa.
Il vampiro sorrise –Nemmeno noi vi dimenticheremo, se è per questo- si fece un attimo pensieroso e soggiunse, rivolgendosi a Vincent –Ho una domanda che mi rode da quando siamo arrivati: posso sapere come avete fatto a scoprire la mia vera natura?-
Vincent sogghignò –In realtà lo devo a Rosalba: se lei non l’avesse urlato ai quattro venti, non l’avremmo mai scoperto.-
-E…il veleno?-
-Mio caro, credo che non vi sia veleno al mondo, per quanto potente, capace di poter anche soltanto causare un semplice mal di stomaco ad un vampiro.-
Alexander sgranò gli occhi –Quindi…-
Vincent lo prevenne –Quindi, se voi non ci foste cascato per noi sarebbe stata la fine…-
-Perché avete chiamato a raccolta tutto il campo?- chiese Rosalba, incuriosita.
-Abbiamo intenzione di fare una visitina a Palazzo- spiegò Danny –Speriamo che la Regina apprezzi la nostra cortesia.-
-Ultimamente ha imposto delle tasse così esose che nemmeno in dieci anni il popolo di Enchantment riuscirebbe a pagare- continuò Gideon, serio -È giunto il momento che si renda conto di quanto la sua politica stia portando il Regno alla rovina.-
Rosalba annuì, non del tutto convinta. I suoi zii non facevano che lodare le scelte della Regina Clarisse, possibile che le avessero mentito per così tanti anni? E se no, possibile che stessero dalla parte della monarchia solo per salvaguardare i propri interessi?
-Vi auguriamo di avere successo- rispose garbatamente Alexander, congedandosi.
-Addio, allora…anzi- si corresse, ammiccando verso Lisa –arrivederci…-
Detto questo, trascinò Rosalba, ancora immersa nei suoi pensieri, verso l’interno della Foresta.

 

-Principessa svegliatevi! Oggi è il grande giorno!-
Le parole della giovane cameriera strapparono Scarlett dal sonno. Si stropicciò gli occhi con le mani: erano umidi di pianto.
Quel giorno avrebbe decretato la sua rovina. Altro che grande giorno…
-Principessa!- sbottò la cameriera –Alzatevi avanti! Abbiamo solamente tre ore per farvi diventare meravigliosa…ricorderete questo giorno per tutta la vita!-
Che prospettiva eccitante. Ricorderò per tutta la vita il giorno in cui ho perso definitivamente la mia libertà, il mio Regno e il mio popolo in una volta sola. Credo di essere la prima a riuscire in questa notevole impresa…
-Principessa!- gridò all’improvviso l’inserviente –Ma voi avete pianto!-
-Sono lacrime di gioia, Sara- la rassicurò Scarlett.
La cameriera annuì –Vi capisco, Principessa. Sapete, quando io ho sposato il mio Jhonny, ho pianto una settimana di fila…mia madre voleva chiamare i pompieri da quanto piangevo! Mia suocera dice che…-
Prima che la ragazza si lanciasse in una sterminata sequela di ricordi, Scarlett si affrettò ad interromperla –Ne sono convinta, Sara, ma non eravamo in ritardo?-
La giovane si portò una mano al volto -Oh santo cielo! Avete ragione, Principessa! Madame Rosamond vi aspetta!-
La quale non fu molto contenta di vedere arrivare la futura sposa con mezz’ora di ritardo.
-Ma dove vi eravate cacciata, Vostra Altezza?- inveì –Non abbiamo molto tempo e dobbiamo ancora domare questi capelli ribelli- disse, prendendo tra le mani una ciocca di capelli scarmigliati e guardando la proprietaria con aria significativa.
Scarlett scomparve in una nuvola di cipria, belletti e altre polveri di cui nemmeno lei conosceva la funzione, per poi apparire di nuovo, due ore dopo, truccata di tutto punto.
La Principessa si guardò allo specchio, sotto lo sguardo orgoglioso di Madame Rosamond.
Le efelidi erano sparite sotto una carnagione color porcellana, sottolineata da due labbra color ciliegia, perfettamente intonate ai capelli, che Madame aveva deciso di lasciare del loro colore naturale.
L’acconciatura era magnifica: i ricci ribelli circondavano la testa della ragazza con eleganza e un boccolo solitario le ricadeva languido sulla spalla. Un’ unica rosa bianca faceva capolino da quell’armoniosa composizione fiammeggiante.
Non era mai stata così bella. Gli occhi turchini della giovane si riempirono di lacrime che Madame Rosamond attribuì all’eccitazione e alla felicità.
Per evitare che le lacrime rovinassero l’opera di cui era tanto fiera, Madame si affrettò a prendere dall’armadio l’abito da sposa, appartenuto un tempo alla Regina.
Quando, dopo numerosi allacciamenti e modifiche, la Principessa potè nuovamente rimirarsi allo specchio, rimase incantata.
L’abito di broccato bianco le calzava perfettamente. La ragazza dello specchio era un’effusione di pizzi, trine e merletti, rigorosamente bianchi. La scollatura ovale era evidenziata da due rose bianche appuntate al corpetto con una spilla di diamanti e perle.
Le scarpette di raso bianco avevano i tacchi tempestati di diamanti.
Quando Madame, al colmo della gioia, le fissò all’elaborata acconciatura il velo di pizzo ricamato, l’effetto fu completo e perfetto al tempo stesso.
La Principessa era una visione in bianco.
-Vedrete, Vostra Altezza, vedrete la faccia sbigottita di Mr Horace!- squittì Madame Rosamond.
L’accenno a Mr Goldwin fece morire il debole sorriso che si era affacciato sul volto di Scarlett.
Quello era il suo canto del cigno.
Mancavano ormai pochi minuti all’inizio della cerimonia. Gli invitati erano già disposti nella cappella che affiancava il Palazzo. L’arcivescovo di Fontainbleu, all’alba dei suoi settantasette anni, era pronto ad officiare la sua ultima messa solenne.
Mr Horace, vestito di un sobrio abito grigio, era in piedi di fianco al padre, che gli faceva da testimone.
Tutto era pronto. Tutto tranne lei.
Madame le mise tra le mani un bouquet di rose bianche e la guardò per l’ultima volta.
-Siete bellissima, mia cara…- sussurrò, commossa.
Scarlett, le lacrime che scorrevano ormai copiose sulle guance, si avviò verso la porta della cappella, seguendo lo scoccare dei colpi delle campane.
Quando arrivò davanti al portone di legno massiccio e le guardie l’osservarono meravigliati prima di aprire i battenti, Scarlett si sentì le ginocchia cedere.
Non appena la giovane mise piede nell’immensa navata, l’organo iniziò a suonare la marcia nuziale e tutti i presenti si girarono, bramosi di vedere la futura sposa.
Scarlett iniziò a camminare lentamente, tra gli sguardi ammirati degli invitati.
Quando fu sul procinto di salire i gradini che la separavano dal suo promesso sposo, la Principessa era stravolta dal dolore.
Per fortuna ho il velo… sospirò, quando fu a fianco di Mr Horace, che la guardava con occhi pieni di cupidigia.
La cerimonia fu rapida e la mente di Scarlett era altrove. Si trovava sempre in chiesa, il giorno del suo matrimonio, ma al suo fianco c’era Andrew, che la guardava come soltanto un innamorato può fare.
-Tu Mr Horace Ruben Goldwin, vuoi prendere la qui presente Lady Scarlett Mary Elizabeth Reverton, Principessa d’Enchantment come tua legittima sposa, per onorarla e rispettarla, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi?-
-Lo voglio- rispose deciso Mr Horace.
-E tu Lady Scarlett Mary Elizabeth Reverton, vuoi prendere il qui presente Mr Horace Ruben Goldwin come tuo legittimo sposo, per onorarlo e rispettarlo, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi?-
Scarlett annuì debolmente.
-Se qualcuno conosce qualche motivo per il quale questo matrimonio non debba essere celebrato parli ora o taccia per sempre- continuò l’arcivescovo.
In quel momento un improvviso trambusto attirò l’attenzione dei presenti verso le porte damascate della cappella.
Una banda di uomini vestiti di verde e armati di archi fece il suo ingresso trionfale nella chiesetta.
-Ehmm…io mi oppongo?- provò Gideon, fingendosi incerto sul da farsi.
L’arcivescovo rimase sorpreso –Voi signore avete qualcosa da obiettare all’unione di queste due anime?-
Gideon puntò l’arco verso il vecchio –Ti va bene questa di obiezione?-
L’arcivescovo di Fontainbleau divenne cadaverico –C-cerchiamo di mantenere il controllo delle nostre azioni…e ricordate: Dio ci osserva dall’alto dei cieli…-
-Amen- finì Gideon, scoccando una freccia che andò a conficcarsi dritta dritta nel petto di Mr Horace, causando il sollievo di Scarlett, il dolore di Mr Goldwin e il terrore di tutti i presenti.
I Ribelli facevano sul serio.
-Capo, dobbiamo ammazzare anche il prete?- chiese qualcuno.
Gideon scrollò le spalle –Ne sarei tentato. Ma per il bene delle nostre anime sarà meglio non farlo- rispose, gettando un’occhiata sprezzante al palese rilassamento del vecchio arcivescovo –Ma ti avviso vecchio, fa’ qualcosa che non si addice ai tuoi sacri compiti e una di queste frecce avrà il tuo nome scritto sopra- lo minacciò.
-Ed ora…- continuò avanzando attraverso la navata –Ed ora veniamo a noi…-

 

-Ma siamo sicuri che la City sia da questa parte?- chiese Florence, preoccupato.
Faust si guardò attorno –Melancholy è a sud e noi dobbiamo andare a nord, per cui credo che questa sia la strada giusta.-
-E come puoi dirlo con esattezza? In questa dannata Foresta gli alberi sono tutti uguali…- replicò mordacemente Soren.
-Non mi servono gli alberi per capire da che parte stiamo andando…io uso l’istinto- si vantò Faust.
Florence lo guardò dubbioso –Sarà come dici tu, ma l’ultima volta che ci siamo fidati del tuo istinto ci siamo ritrovati in un mare di guai…-
-Mare di guai è un eufemismo! Dì pure che per colpa sua per poco non passavamo a miglior vita!- rincarò Soren.
-Quella è stata una svista, un’imperdonabile svista dovuta alla vostra incompetenza- si difese Faust, offeso –La possiamo considerare l’eccezione che conferma la regola.-
-Beh, spero che l’eccezione non si replichi anche oggi, perché non ho nessuna intenzione di finire di nuovo sul punto di essere divorato da un’orda di cannibali!- concluse Soren.
-La tua completa mancanza di fiducia mi fa sanguinare il cuore…- commentò Faust.
-Vedi di stare zitto e di trovare la giusta via per arrivare a Palazzo, altrimenti a sanguinare non sarà solo il tuo cuore- lo minacciò Soren.
Davanti a quell’ intimidazione Faust preferì rimanere in silenzio.
Percorsero qualche miglio, per poi arrivare ad una radura, in cui filtrava a malapena la luce del sole. Nella Foresta di Greenwood le fonde degli alberi erano così alte da coprire quasi interamente il cielo.
Per uscire dalla radura e inoltrarsi nuovamente nella Foresta c‘erano tre sentieri.
-Quale prendiamo?- chiese Florence.
Faust aggrottò la fronte e si avvicinò ai sentieri, esaminandoli uno alla volta.
Dopo un accurato lavoro di ricognizione e attenta osservazione il maggiore dei Rosenoir giunse ad un verdetto.
-Il primo- dichiarò, convinto.
-E perché proprio il primo?- domandò Soren.
Faust assunse un’espressione soddisfatta –Me lo dice il mio istinto.-
Soren si coprì il volto con una mano –Siamo finiti…Rassegnati Florence, non sopravvivremo a stanotte.-
Detto questo si appoggiò a un albero, scoraggiato.
Contro ogni legge fisica e dell’umana esperienza, l’albero si aprì e Soren cadde all’indietro, scomparendo alla vista dei fratelli, stupefatti.
-Co-cos’è successo?- azzardò Florence dopo qualche minuto.
-Non saprei…Forse era una pianta carnivora- provò Faust, titubante.
-Come fai ad essere così tranquillo?- esclamò l’altro –Potrebbe essere morto!-
-Non credo che qualsiasi essere dotato di raziocinio vorrebbe soltanto pensare di mangiare Soren…sarebbe indigesto.-
Lo sguardo sprezzante di Florence lo indusse a dire –Comunque credo che si tratti semplicemente di un passaggio segreto. Dobbiamo solo capire come funziona…-
Detto ciò inforcò l’occhialino ed esaminò a fondo la pianta.
-Eccolo!- esultò, quando trovò una curiosa sporgenza sul tronco dell’albero.
-Cos’è?- il tono di Florence era pieno di curiosità.
-Il pulsante che attiva il passaggio…veramente ingegnoso farlo con lo stesso legno della pianta. Era praticamente indistinguibile. Soltanto un osservatore attento e accorto come me poteva…- iniziò Faust, ma venne interrotto dal fratello che, incurante delle sue parole, aveva premuto con forza il pulsante.
Subito si aprì un profondo buco nella corteccia.
Faust annuì compiaciuto -Bene ora non ci resta che…AAAHH!- gridò, quando il fratello lo spinse senza troppe remore giù nella voragine, saltandovi poi dentro a sua volta.
I due scivolarono lungo un interminabile tunnel privo di luce , che li fece in seguito atterrare in un’immensa sala, illuminata da dozzine di candele di sego.
-Ci avete messo un po’ad arrivare…- fu l’accoglienza di Soren, quando si tirarono su e si riassettarono le vesti.
-La sala è deserta, ma evidentemente c’è qualcuno in quella accanto, perché si sentono delle voci- spiegò Soren.
-Allora andiamo a chiedere informazioni. Non vedo perché tu non l’abbia già fatto…- disse Faust, rivolto al fratello minore.
-Aspettavo voi- fu la sua gentile risposta.
Faust avanzò a grandi passi fino alla porta e la aprì di scatto.
Dall’altra parte una ventina di ragazzi sotto i quattordici anni seduti attorno ad un’enorme tavolata, si zittirono all’improvviso.
-Buongiorno, ci siamo persi. Potete per caso dirci quale direzione prendere per andare a Palazzo?- esordì Florence, sorridendo.
Al grido unanime di –Acciuffate i ficcanaso!- uno squadrone di bambini imbizzarriti si avventò sui tre poveri malcapitati.

 

-Come mai così silenziosa?- chiese Alexander ad un’immusonita Rosalba.
Non ricevendo nessuna risposta, il redivivo la guardò attentamente.
-Cos’ho fatto di male questa volta?- sospirò, rassegnato.
La ragazza mugugnò qualcosa.
-Scusa puoi esprimerti umanamente? Sai, anche se sono prodigiosamente intelligente non riesco ancora a decifrare il linguaggio delle scimmie…-
-Mi avete appena dato della scimmia, per caso?- rispose Rosalba, ancora più irritata.
-Finalmente un segno di vita- replicò il vampiro –Allora, vuoi dirmi che cosa ti affligge?-
-Non intendo parlare dei mie problemi con voi, Mr Black- lo gelò Rosalba.
-Noto che siamo ritornati a Mr Black. Devo aver combinato qualcosa di grosso. Se mi faresti il piacere di mettermi a parte dei miei presunti sbagli, te ne sarei grato- commentò Alexander, leggermente turbato.
-Non ditemi che è quello che penso io- continuò, all’improvviso, una strana luce negli occhi.
Rosalba scrollò le spalle –Come faccio a dirvelo se non lo so?-
Il vampiro le sbarrò la strada -Sì, sì, dev’essere così! Ammettilo, sei gelosa per come ho parlato a Lisa!-
La ragazza arrossì deliziosamente, ma non proferì parola.
Alexander le alzò il mento con la mano, costringendola a guardarlo negli occhi –Rosie…- iniziò, ma Rosalba sgusciò via dalla sua presa e continuò a camminare.
-Non spingetevi troppo oltre, Mr Black. Il nostro è solamente un rapporto d’affari, siete libero di fare quel che più vi aggrada. Figuriamoci se sono gelosa!- ribattè la ragazza, più fredda del ghiaccio.
Alexander si morse le labbra –Ti sei espressa chiaramente, dolcezza. Starò al mio posto- concluse, standole al passo.
Piena di sensi di colpa, Rosalba cercò di rimediare al danno che aveva fatto –Dovete scusarmi, non era questo quello che volevo dire. Voi però mi ci avete costretta!- si difese.
Alexander rimase in silenzio.
Non volendo esporsi più di come aveva già fatto ed essendo troppo orgogliosa per supplicare, Rosalba si fece venire in mente un’altra soluzione.
-Che caldo…non trovate?- chiese al redivivo.
Nessuna reazione.
-Mi pare quasi di sentire lo scrosciare dell’acqua…- continuò.
Alexander la ignorò a bella posta.
-Oh, ma guarda! Non era la mia immaginazione, c’è veramente un lago!- aggiunse, guardandolo di sbieco.
-Ne sono contento…- fu la risposta del vampiro.
Rosalba si avvicinò alla riva del piccolo lago –Quanto mi piacerebbe farmi un bel bagno!- disse con desiderio.
Alexander, che intanto le si era fatto appresso, la osservò in modo strano –Sai nuotare, piccola?-
-Certo che sì- fu la sua risposta –Io so fare qualunque cos…Ehi! Mettetemi giù!- gridò, quando il redivivo la sollevò da terra all’improvviso.
-Allora sarai ben presto accontentata…- ribattè Alexander, gettandola senza molti scrupoli nell’acqua gelida del lago.
-Ma siete diventato matto? Mi ammalerò e morirò!- protestò Rosalba, infreddolita e tremante.
Alexander scoppiò a ridere -Sarebbe una benedizione insperata…Non credo comunque che un banale raffreddore possa portare alla morte.-
-Sto per annegare…- dichiarò la ragazza, agitando l’acqua intorno a sé.
-Ma che…? Mi hai detto che sapevi nuotare!- replicò lui, leggermente turbato.
-Mentivo- fu l’ultima fatale parola di Rosalba, prima di scomparire del tutto nelle profondità del lago.
-Rosalba?- domandò lui dopo pochi minuti, visibilmente preoccupato –Se questo è un scherzo ti avviso che è di pessimo gusto!- la avvisò, sporgendosi sull’acqua per guardare meglio.
-Rosie…?- la chiamò ancora, prima di venire trascinato a forza nell’acqua.
-Dannazione!- imprecò, quando si riebbe dallo shock e ritornò a galla.
La ragazza, in lontananza, rideva come una pazza –Ecco! Vi sta bene! Così imparate!-
Il vampiro serrò la mascella -Adesso ti faccio vedere io, dolcezza…- disse, nuotando verso di lei.
Rosalba cercò con gli occhi una via di fuga, ma non ne trovò –C-che intenzioni avete?- gli chiese, a metà tra il divertito e lo spaventato.
-Le peggiori…- fu la sua risposta, prendendo tra le mani il viso di lei e appoggiando delicatamente le labbra alle sue.

 

-Bene bene bene….ma guarda un po’ cosa abbiamo qui…- continuò Gideon, osservando l’abito nuziale di Scarlett.
-Mi duole darti questa notizia, Principessa- disse, rivolgendosi direttamente a lei- ma credo proprio che sarai costretta a rimandare il tuo matrimonio…-
La sala risuonò delle risate delle Giacche Verdi.
Il Capo gettò un’occhiata piena di compassione a Mr Horace: un rivoletto di sangue gli fluiva dalle labbra e scendeva a macchiare il pavimento d’alabastro.
-Sempre che il nostro giovanotto qui sia ancora disposto a sposarvi…- commentò, dando un colpetto al cadavere con il piede –Non mi pare troppo convinto…tu che dici, Principessa?-
-Ma sì invece Capo!- intervenne Stephen, sghignazzando –Non vedete che muore dalla voglia di sposarla?-
Gideon rise allegramente –Mia povera piccola Principessa…- cominciò, posandole le dita sotto il mento e costringendola ad alzare lo sguardo. Ma si interruppe, non trovando sul suo viso nessuna delle emozioni che si era immaginato. Né paura, né dolore, né rabbia, ma soltanto sollievo misto ad una punta di compiacimento.
Scarlett si divincolò dalla sua presa e si strappò il velo di dosso –Se posso parlare con tutta franchezza, signore, e preferirei farlo, credo di dovervi ringraziare. Mi avete salvato dal peggiore dei destini.-
Danny inarcò le sopracciglia –Non penso che salvarti sia la parola giusta da usare…-
-Nulla,- continuò Scarlett- nulla potrebbe essere peggio di ciò che mi stavano costringendo a fare oggi in questa chiesa. Ma, voi non sapete niente?-
Sentendo il tono sbigottito della ragazza Gideon si incuriosì –E cosa dovremmo sapere di grazia?-
Scarlett sbuffò e cominciò a spiegare frettolosamente ciò che era successo. Di come Mr Goldwin si era impadronito del suo Regno, di come l’aveva costretta a fidanzarsi con suo figlio, di come aveva fatto suoi prigionieri tutti coloro che le erano fedeli.
Alla fine del riassunto tutti i Ribelli guardarono con riprovazione Mr Goldwin, che fremente di rabbia, tentava inutilmente di liberarsi dalla stretta di una delle Giacche Verdi.
-Si è inventata tutto!- gridò, il volto paonazzo –Ogni parola che esce da quelle labbra è una menzogna!-
Il Capo sospirò –Beh, non sono ancora del tutto convinto di quello che mi raccontate, ma dite che ha imprigionato delle persone innocenti: mostrateci dove sono e noi li libereremo. Dopotutto questo il nostro lavoro. Per quanto riguarda voi, Principessa, temo che sarà costretta a seguirci…-
Scarlett sorrise –Vedo che siamo perfettamente d’accordo signore…-
-Oh prego, chiamatemi Gideon…- replicò il Capo, facendo segno alle sentinelle poste davanti alla porta della chiesa di raggiungerlo.
-Allora ragazzi- iniziò –dobbiamo avere la massima attenzione. Ci divideremo: alcuni resteranno qui e faranno in modo che nessuno dei presenti riesca ad uscire dalla chiesa e gli altri mi seguiranno. Danny, Stephen, Vincent, voi verrete con me.-
Dopo essersi accordati sul piano da seguire Gideon s raccomandò un’ultima volta con i rimanenti. Se le guardie del Palazzo fossero venute a conoscenza della loro presenza sarebbero stati spacciati.
-Ah, legate bene quel ciccione…- si premurò indicando Mr Goldwin –e imbavagliatelo; non mi fido di lui. Principessa, se volete mostrarci la strada…-
Scarlett non se lo fece ripetere due volte e guidò quella sconclusionata combriccola alle segrete, passando per i sotterranei del Palazzo.
Dopo aver messo fuori gioco qualche guardia i cinque arrivarono sani e salvi a destinazione.
-Principessa?- urlò Blackpool, sporgendosi dalla cella –Cielo! Temevamo di non vederla mai più! Ma, chi sono questi?- chiese vedendo i Ribelli.
-Coloro che ti salveranno la pelle, mio caro…- rispose Stephen, aprendo la prigione con una delle chiavi che aveva trovato in tasca ad una delle guardie.
-Accidenti, ma quanti siete?- commentò una volta entrato nella cella –Capo! C’è anche un ferito!-
-Siamo in quindici, compresa me, signore- intervenne Lady Cassandra, con voce esile.
-E non vediamo tutti l’ora di lasciare questo posto infernale!- concluse Moonlight, tremante per la febbre.
-Sedici- corresse Lord Drenlincourt –Siamo in sedici, compreso il ragazzo.-
-Andrew!- gridò Scarlett, precipitandosi alla cella del giovane. Egli era accasciato a terra, apparentemente privo di vita.
Vincent aprì la prigione e prese il polso del ragazzo –È vivo.-
-Mi occupo io di lui, non temete- intervenne Lord Drenlincourt, prendendosi sulle spalle il giovane. La ragazza lo lasciò fare.
-A quanto pare avevate ragione allora…- disse Gideon, pensoso.
-Avete ucciso quel vile bastardo?- inveì Blackpool.
-Se con “vile bastardo” intendete il ciccione allora mi dispiace ma credo che rimarrete deluso- ribattè Danny.
-Bene- rispose Blackpool, una luce omicida gli danzava negli occhi –Lasciatelo a me.-
-Lo faremo sicuramente- tagliò corto Gideon –E ora usciamo da questo postaccio pieno d’umidità.-
La combriccola, ampliata da nuovi adepti, rifece silenziosamente la strada che aveva fatto all’andata.
Quando riuscirono finalmente a scorgere la luce del sole, Stratford, portato in braccio da Redford e De Lavinelle, aprì leggermente gli occhi e sorrise.
Danny andò ad avvertire le altre Giacche Verdi della buona riuscita della loro impresa e ritornò accompagnato da una ventina di Ribelli.
-Un momento!- esclamò Scarlett –E mia madre?-
-La regina?- chiese Gideon –Io non l’ho vista.-
-Dobbiamo andare a prenderla!- gridò la ragazza, puntando i piedi per terra.
-Vi prego, Vostra Altezza, ragionate: vostra madre non potrebbe mai viaggiare nelle sue condizioni. Ci rallenterebbe solamente la fuga!- si intromise Blackpool.
-Terence ha ragione, Principessa- confermò Inverness.
-Non vorrete lasciarla qui! In balia di quel mostro!- strepitò la ragazza.
Danny sbuffò impaziente –Capo, ci conviene andarcene il più in fretta possibile. Non c’è più nessuno a guardia della chiesa.-
Gideon annuì –Non temete Principessa, verremo a salvarla. Vi do la mia parola.-
Sollevata, ma non soddisfatta da questa promessa, Scarlett seguì docilmente i Ribelli fino all’accampamento.
Quando Lisa e le altre donne vennero loro incontro per verificare che fossero tutti vivi e venne affidato alle loro cure il povero Stratford, Scarlett sobbalzò –Dov’è Andrew?- domandò, gli occhi azzurri pieni di terrore.
Ma del giovane stalliere non c’era traccia.

 

-Credi che ci mangeranno?- domandò Florence al fratello, preoccupato.
Faust diede uno strattone alle corde con cui i bambini li avevano legati a tre grossi pali, senza ottenere risultati –Beh, spero di rimanergli sullo stomaco.-
Soren sbuffò, contrariato –Visto cosa succede a seguire il tuo istinto? Stiamo per essere mangiati un’altra volta…mi rammarica dirtelo, ma te l’avevo detto!-
-Hai finito di lamentarti?- sbottò Faust –Io almeno sto cercando di rimediare!-
-Mi sembra giusto! Sei stato tu a portarci qui!- esclamò l’altro, fremente di rabbia.
-Io?! Ti ricordo che non sono stato certo io a cadere in quel buco!- replicò Faust, furibondo.
-Ragazzi,- tentò Florence –non mi pare il momento più adatto per litigare…-
-E tu pensa ai fatti tuoi!- gridarono entrambi all’unisono.
Florence roteò gli occhi in segno di rassegnazione. Ma la rassegnazione divenne ben presto preoccupazione –R-ragazzi…non per disturbarvi, ma stanno tornando!-
-Chi?- chiese Faust.
-I cannibali!- urlò Florence, disperato.
Una ventina di bambini travestiti da pellerossa e armati di rudimentali asce si stavano avvicinando pericolosamente ai tre, al ritmo di una strana danza indigena.
-Faust!- urlò Florence –Ci mangeranno, ci mangeranno! Non abbiamo più scampo ormai, me lo sento!-
Il maggiore dei fratelli cercò di mantenere la calma –Non possono mangiarci: siamo dei Rosenoir!-
-Non credo che la nostra genealogia gli interessi molto…- commentò Soren, scettico.
Intanto i bambini avevano cominciato a girar loro intorno, emettendo inquietanti suoni gutturali.
-Ho sentito che in certi paesi i selvaggi compiono dei riti prima di divorare le loro vittime…- constatò Soren.
Mentre Faust guardava il fratello in preda al panico, arrivarono altri due bambini, tenendo in mano una grossa pentola di rame.
-FAUST!- strillò Florence, al colmo dell’afflizione –Fa’ qualcosa, dannazione!-
-E che cosa dovrei fare secondo te?- ribattè Faust, cercando in tutti i modi di liberarsi –Non posso nemmeno usare la magia, visto che siamo nella Foresta!-
-Maledizione!- proruppe Soren, vedendo i “mini-pellerossa” accendere un fuoco sotto la pentola con i legnetti che avevano raccolto.
-Addio mondo crudele…- sussurrò Florence, le lacrime agli occhi –Io vi perdono per tutto quello che mi avete fatto passare…- continuò, rivolto agli altri due.
-Anch’io ti perdono Faust…- confermò Soren, provato dagli eventi.
-Ne sono felice…- rispose il maggiore, sconcertato.
-Ah, ti ricordi la bionda che ti ha lasciato per un altro qualche anno fa e ti ha spezzato il cuore?- proseguì Soren.
Faust lo guardò stupito -Sì e allora?-
-Beh, quell’altro ero io…- concluse Soren, osservandolo di sottecchi.
-Scusa come? Mi stai dicendo che mi hai fregato la ragazza?! Ti giuro che se rimaniamo vivi non la passi liscia…- minacciò Faust, dimenandosi per riuscire a slegarsi.
-Siamo in punto di morte, dovevo pur dirtelo. Ora la mia coscienza è pulita: posso morire in pace- obiettò Soren, funereo.
In quel mentre i Ribelli ritornarono al campo.
Vedendoli Florence perse definitivamente ogni speranza –Hanno chiamato i vicini…ci spartiranno tra di loro- mormorò.
-Ragazzi! Cosa diavolo state facendo?- gridò un uomo bruno da lontano.
-Probabilmente avevano fame…- commentò un giovane biondo, suscitando l’ilarità generale.
-Ridono di noi- bisbigliò Faust –Questo non posso sopportarlo…-
-Su avanti, ritornate alle vostre occupazioni che qui ci penso io- disse l’uomo, scacciando i bambini.
-Vedi- indicò Soren con il mento –Quello deve essere il capobranco. Sta affermando il suo primato sugli altri per avere il boccone migliore.
Gideon avanzò verso i tre fratelli, sorridendo.
-Sorride al pensiero del suo prossimo pasto…- sibilò Florence.
-Ci sta mostrando i denti…- ribattè Soren.
-Denti? Quelle sono delle zanne orribili!- replicò Faust.
Quando fu esattamente davanti a loro, Faust prese parola –Vi avviso, signore, che non abbiamo intenzione di supplicarvi. Se dovremo morire moriremo con onore.-
Gideon li guardò, stralunato –Ma…-
-Noi Rosenoir abbiamo una dignità da mantenere- disse Soren, alzando la testa in segno di orgoglio.
-E se voi…voi selvaggi avete intenzione di mangiarci, speriamo proprio di causarvi qualche rara infezione mortale…- finì Florence con aria distinta.
Proprio quando i tre fratelli, sotto lo sguardo sbalordito di Gideon e di tutti i presenti, si zittirono, in attesa della morte, una ragazza dai capelli rossi sbucò dalla massa e si avvicinò a loro, un’espressione frastornata sul viso.
Faust fu il primo a riconoscerla –P-Principessa?!-

 

Rosalba venne colta di sorpresa. Sinceramente non se l’aspettava. Non l’aveva mai neppure immaginato, mai neppure pensato…eppure… ne era felice?
Gli passò la mano tra i capelli corvini e sentì la presa su di lei rinforzarsi. Si abbandonò completamente a quel bacio inatteso.
Per un attimo provò qualcosa che non avrebbe saputo spiegare. Ma ben presto si accorse di chi la stava baciando.
Non posso essermi certo innamorata di lui!
Eppure, per quanto si sforzasse di ripetersi che era sbagliato non riusciva a staccarsi da lui.
Fremette sotto il tocco delle sue mani e si strinse ancora di più al giovane redivivo.
Infine la ragione ebbe il sopravvento.
-Cosa credete di fare?- strillò, strappandosi violentemente da quel bacio e facendosi più lontana.
Alexander si massaggiò la mandibola –Nulla che ti abbia dato fastidio a quanto mi è sembrato.-
-Certo che mi ha dato fastidio! Come avete osato… -proruppe Rosalba.
Ma non riuscì a finire la frase, perché il vampiro le chiuse la bocca con un bacio.
Questa volta la ragazza abbandonò qualsiasi remora e si lasciò completamente avvolgere dalla dolce impetuosità di quel momento.
Quando finalmente Alexander si staccò da lei, si sentì svenire.
-È meglio ritornare a riva…non vorrei mai che ti prendessi un malanno- disse lui, senza guardarla.
Rosalba annuì debolmente.
Quando entrambi giunsero sulle sponde del lago, la ragazza si accasciò per terra, priva di forze.
-Perché l’hai fatto?- bisbigliò al giovane redivivo, che le si era seduto accanto, dandogli per la prima volta del tu.
-Te lo devo proprio spiegare, dolcezza?- replicò lui, guardandola con un’intensità che le tolse il fiato.
-N-no…solo che, ecco, io pensavo…-balbettò lei, arrossendo.
Alexander deglutì –Credo proprio che tu mi farai perdere il controllo delle mie azioni…- mormorò, alzando la testa al cielo.
-Non ho affatto questa intenzione, Mr Black…- ribattè lei, strizzandosi i capelli gocciolanti d’acqua.
Il vampiro la guardò, divertito -Ancora Mr Black? La prossima volta dovrò spingermi più in là…-
-Non ci sarà alcuna prossima volta…- sbottò lei, infastidita.
-Ne sei proprio sicura, dolcezza?- sussurrò Alexander, leccandosi le labbra.
-No- replicò lei con fermezza –La prossima volta sarò io a baciarti…- e afferratolo per la cravatta lo costrinse a chinarsi su di lei.
I vestiti bagnati aderivano perfettamente al suo corpo, mettendo in mostra un fisico temprato da anni di esercizi.
-Dannazione! Sono pazzo di te…- disse sottovoce Alexander, con un fremito.
La ragazza sorrise maliziosa –Lo so…- dichiarò baciandolo.
La luna, alta nel cielo stellato, osservava impassibile attraverso le fronde degli alberi.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici ***


Capitolo Quattordici

 

Quando Rosalba si svegliò la mattina del suo sedicesimo compleanno, si ritrovò tra le sue braccia. Sorrise, ripensando a tutto quello che le era accaduto: aveva desiderato un’avventura e l’aveva avuta, aveva sognato l’amore ed era stata accontentata.
Beh, non era andata esattamente come aveva previsto, ma non poteva lamentarsi.
Alexander mugugnò nel sonno.
E pensare che ho sempre pensato che il mio tipo fosse il classico stereotipo del principe azzurro, sospirò tra sé e sé.
Accarezzò di sfuggita i capelli corvini del giovane. Sembrava così vulnerabile mentre dormiva…così innocente…
Rosalba si protese verso di lui e gli sfiorò la guancia con le labbra. Il contatto con la sua pelle le provocò un brivido. Era sempre freddo, in qualsiasi momento in qualsiasi luogo.
Suppongo che ci farò l’abitudine…pensò, percorrendo con la bocca una linea immaginaria sul volto del redivivo.
Quando le sue labbra giunsero a sfiorare l’incavo del collo del ragazzo, questi non riuscì a reprimere un gemito di piacere.
-Buongiorno…- lo salutò lei, quando aprì gli occhi.
-Vedo che siamo di buon umore, stamattina- commentò Alexander, facendole passare un braccio sotto la vita e, così facendo, stringendola a sé.
-È il mio compleanno…- sussurrò Rosalba.
Il vampiro si rabbuiò per un attimo per poi sorridere raggiante –Allora dobbiamo festeggiare!- esclamò, rimettendosi in piedi ed aiutando la ragazza ad alzarsi.
Rosalba lo guardò interrogativa.
Alexander le sollevò una ciocca di capelli –Fidati di me- le bisbigliò all’orecchio –Voglio farti passare il compleanno migliore della tua vita…- concluse, mordendosi le labbra, con un gesto che suscitò in Rosalba l’irreprimibile desiderio di baciarlo.
Dopodichè le prese la mano e la condusse via con sé.

 

-Cosa ci fate voi qui?- chiese Scarlett ai tre sbalorditi fratelli.
-La domanda giusta è che cosa ci fate voi qui…- replicò Soren –Sinceramente non avrei mai pensato…- concluse, scuotendo il capo.
Lady Scarlett lo guardò stranita –Non avreste mai pensato cosa, per esattezza?-
-Non credevamo che aveste questi gusti….- intervenne Florence.
-Questi…? Oh cielo!- proruppe la Principessa quando comprese ciò che i tre intendevano –Non penserete mica che sia cannibale vero?- terminò con una risata cristallina.
Faust avvampò di vergogna –Dovete ammettere, Vostra Altezza, che c’erano tutti i presupposti per poterlo pensare.-
Scarlett si piegò in due dalle risa –Oh! Lo credo bene!-
-Scusatemi- continuò, cercando di mantenersi seria –Il mio contegno è imperdonabile.-
Quando i tre furono slegati la Principessa fece le dovute presentazioni –Mr Gideon, questi sono i tre consiglieri di Melancholy, nonché cari amici di mia madre: Faust, Florence e Soren De Rosenoir.-
-Gideon. Piacere di conoscervi- disse il Capo, stringendo loro frettolosamente la mano –Ma avrei una domanda da farvi: che cosa ci facevate nel mio accampamento?-
-Ah- ribattè Soren –quindi quei terribili bambini sono tutti figli vostri…?-
Il Capo alzò un sopracciglio –Non credo siano affari vostri. Comunque no.-
Un bambino dall’aria vivace si avvicinò al gruppetto, incuriosito.
Vedendolo Gideon lo strinse a sé –Questo è mio figlio…Henry, saluta i nostri ospiti.-
Il bimbo mimò il gesto di azzannare un pezzo di carne, al che tutti e tre i fratelli sobbalzarono all’unisono.
-M-morde?- chiese Florence, spaventato.
-Non è mica un cane…- commentò la Principessa, sempre più divertita.
-Non credo mi abbiate ancora risposto…- ribattè Gideon, serrando le mani a pugno.
Faust si schiarì la gola –Ci stavamo recando a Palazzo, ma la nostra carrozza si è rotta e siamo stati costretti a continuare a piedi. Siamo arrivati qui per puro caso: siamo accidentalmente caduti dentro un buco in una quercia e poi…beh, poi siamo stati aggrediti da una masnada di bambini urlanti…ed eccoci qui.-
Gideon sorrise sollevato –Questo spiega tutto.-
-Stavate venendo a Palazzo?- domandò Scarlett.
-Sì, a cercare Jul…il Reggente di Melancholy- rispose Florence.
-Non è a Palazzo- constatò la ragazza –Se n’è andato con voi dopo il Consiglio e poi non l’ho più visto.-
Blackpool si avvicinò, insieme agli altri Reggenti –Julien è scomparso?-
Soren annuì –Da qualche giorno.-
-Non era in cella con noi…- replicò Inverness, scuotendo il capo.
Faust lo fissò –In cella?-
-C’è stato un colpo di stato- spiegò la Principessa –Goldwin si è impadronito del regno.-
-Lo sapevo che era stato lui!- esultò Florence, guadagnandosi un’occhiata stupita da parte di tutti i presenti –A rapire Julien intendo…-
-Vi spiegheremo tutto a tempo debito, De Rosenoir- concluse Lady Cassandra.
-De Rosenoir?- chiese Henry al padre.
-È il loro nome caro…- spiegò il Capo.
-Proprio come…- continuò il bambino.
-…Rosalba!- dichiarò Vincent, che finora era stato zitto.
-È vero! La ragazza aveva detto di chiamarsi così!- confermò Stephen.
Faust prese Vincent per le spalle –Voi conoscete Rosalba?-
-È rimasta con noi per un paio di giorni…lei e quel vampiro.- spiegò Danny.
-Con voi?!- ripeté Soren, stupito.
-Vampiro?!- si accertò Florence, inquieto.
-Signori- disse Faust, in tono di comando –Qui urge un Consiglio Speciale.-
-Oh no!- gemette la Principessa.

 

-Dove mi stai portando?- s’informò Rosalba, evitando un ramo che sembrava avere l’assurda intenzione di finirle in faccia.
-È un segreto- replicò il vampiro, facendole un rapido sorriso.
La ragazza aveva notato il repentino cambio d’umore del redivivo e non era riuscita a spiegarselo.
-Alexander….- era la seconda volta che lo chiamava per nome e si sciolse il suo nome nella bocca.
Il giovane la guardò distrattamente –Mmm?- rispose, pensieroso.
Rosalba si morse le labbra –C’è qualcosa che ti turba?-
Alexander scosse la testa –Non è nulla, piccola. Nulla di cui tu debba preoccuparti- soggiunse.
Rosalba rimase in silenzio, guardandosi intorno.
La Foresta. Il suo mondo.
Lì aveva abitato i suoi primi quindici anni di vita, lì aveva deciso di scappare per cercare risposte alle sue innumerevoli domande, lì aveva vissuto tutte quelle meravigliose avventure che aveva sempre voluto vivere, lì si era cacciata nei guai, era stata salvata in extremis o aveva salvato lei la vita agli altri, lì aveva fatto nuove conoscenze, nuove amicizie…lì aveva incontrato per la prima volta Alexander.
Eppure, la Foresta era anche la sua prigione.
Non era mai uscita. Non aveva mai visto il mondo al di fuori di quegli alberi. Non aveva mai visto la City e nemmeno la capitale del suo Regno. Non aveva mai ammirato pienamente tutta la splendente bellezza del sole, visto che le fronde facevano trasparire solo qualche pallido raggio.
Ma Rosalba non sapeva che non era destinata certo a rimanere rinchiusa in quella foresta.
Non sapeva che il Destino le avrebbe riservato un’esistenza del tutto diversa.
-Rosie…- mormorò Alexander alle sue spalle, riscuotendola dai suoi pensieri.
La ragazza alzò lo sguardo.
Un castello. O, almeno, ciò che ne restava.
Infatti mancava tutta la parte superiore e metà dell’ala destra.
-Di chi era?- domandò.
Alexander fece un’espressione vaga –Nessuno lo sa di preciso. Di sicuro qualcuno di molto importante. Ti piace?-
Rosalba osservò nuovamente i rimanenti pinnacoli del castello, le mura tappezzate di edera e rose rampicanti, l’aspetto rovinato e consunto delle pareti, il colore ormai tendente al grigio-nero: sembrava che tutto contribuisse ad aumentare il fascino romanticamente decadente della struttura.
-Sembra un dipinto…- sussurrò in risposta –È bellissimo.-
Gli occhi del redivivo si soffermarono soddisfatti sull’aria sognante di Rosalba –Ne sono felice- disse –perché è lì che siamo diretti.-
La prese tra le braccia –È lì che passerai il più bel compleanno della tua vita…-

 

-Dichiaro ufficialmente aperto questo Consiglio Speciale- annunciò Faust, guardando il resto dei presenti, seduti a cerchio vicino a lui nel bel mezzo dell’accampamento ribelle –Ed ora sono lieto di lasciare la parola alla Principessa.-
Lady Scarlett ne sembrava assai meno lieta –Bene- esordì –Avendo già spiegato a coloro che non ne erano informati del colpo di stato di Mr Goldwin, possiamo discutere liberamente.-
-Noi crediamo- l’interruppe Blackpool –che Goldwin abbia avuto una spia tra noi. Tra quelli di noi che sono stati messi in carcere- precisò.
De Lavinelle annuì –E siccome l’unico assente sembra esseve Lovd Dvenlincouvt, noi cvediamo che possa tvattavsi di lui.-
-Ciò spiegherebbe anche la scomparsa del signor Andrew Jacoby…- aggiunse Inverness, lanciando un’occhiata alla Principessa.
-Mi sembra impossibile che James ci abbia venduti a quel rubizzo tiranno!- esclamò Florence –Insomma conosciamo tutti Drenlincourt, no?-
-Conoscevamo anche Hamilton, ma questo non gli ha impedito di uccidere Moonscape…- ribattè Blackpool, amaro.
Faust si morse le labbra –Sul tradimento di Lord Drenlincourt possiamo anche tornare più avanti. Ora, in questa radura sono presenti: Inverness, Mr Dorlain, Mr Delacroix, Lord Redford, Holyhead, Lord Deveroux, Lord De Lavinelle, Mr Branagh, Moonlight, Lady Cassandra, Lord De Nantine, Mr Trintot, Blackpool, Lady Scarlett e noi tre…- man mano che sciorinava i nomi i presenti facevano un segno con la testa.
-Insieme a Mr Danny McFinnigan, Mr Stephen Rooper, Mr Vincent Wood e il Capo…- replicò Danny, guadagnandosi un’occhiata riconoscente da parte di Gideon.
-E, anche se non qui tra noi, ma in infermeria, Stratford- soggiunse Deveroux.
-Che fine hanno fatto gli altri? A parte Julien, naturalmente…- chiese Soren.
-Redstone è morto, Moonscape pure, Moonshine e Montmercy hanno avuto il buonsenso di andare via prima che si scatenasse il putiferio, Greylight, Moodiness e rispettivi delegati hanno tradito- spiegò Dorlain.
-Il nostro piano è riprenderci il Regno- dichiarò Scarlett.
Soren roteò gli occhi –Vostra Altezza sta facendo il passo più lungo della gamba. Siamo troppo pochi per riprenderci un regno!-
-È appunto per questo che ci siamo anche noi…- replicò Gideon, sorridendo.
-Che consolazione! Quanto conta il vostro campo? Trenta, quaranta ribelli massimo…non possiamo fare una guerra con cinquanta persone!- proruppe Soren.
Scarlett alzò un sopracciglio –Rosenoir, voi dimenticate che ognuno dei Reggenti possiede un esercito…-
-La Principessa ha ragione, Soren, se mettiamo insieme i nostri eserciti e le forze ribelli, potremmo anche riuscirci- asserì Holyhead.
-Inoltre potremmo chiedere aiuto anche ai Ribelli del Nord…- provò Delacroix.
Danny sbuffò –Quelli non ci aiuteranno mai! Sono dei maledetti anarchici!-
-Non sono anarchici- lo corresse Gideon –Non appoggiano la Regina Clarisse, ma erano fedeli a Re William.-
-E perché sono ostili a mia madre?- chiese Scarlett –E poi, chi è Re William? Mio padre si chiamava Frederick!-
I reggenti e i loro delegati si guardarono tra loro.
Lady Cassandra sorrise alla ragazza -Vi manca un pezzo di storia, Principessa. Re William era il legittimo re di Enchantment e vostra madre, la Regina Clarisse, era sua moglie. A causa di fatti non ben accertati (pareva che il Re avesse un’amante), vostra madre cercò l’amore tra le braccia del marito di sua sorella, Frederick Reverton, re del regno vicino.-
-Ma era suo cognato!- si meravigliò Stephen.
-E sua sorella come l’ha presa?- chiese Danny, divertito.
-È morta prima di venire a saperlo- rispose Moonlight –Era di salute cagionevole.-
Scarlett era bianca come un cencio –Quindi mio padre era anche mio zio?-
-Mi dispiace, Vostra Altezza. Tutti hanno qualche scheletro nell’armadio- la rincuorò Inverness.
-Quando Re William venne a conoscenza della cosa, condannò la Regina a morte, ma re Frederick accorse in suo aiuto e dichiarò guerra ad Enchantment- continuò Lady Cassandra, mentre la Principessa diventava sempre più pallida –Le forze di vostro padre vinsero e il Regno passò alla dinastia dei Reverton. Dopo la morte della moglie, vostro padre sposò vostra madre e tutto continuò come prima.-
-I Ribelli del Nord- l’interruppe Blackpool –non sono altro che un gruppo di nobili decaduti che non vollero giurare fedeltà al nuovo re e per questo si esiliarono spontaneamente nelle Terre Desolate.-
-Per questo sono ostili a vostra madre, Principessa- concluse Holyhead.
-In pratica non abbiamo speranze di farli combattere per noi, visto che l’intera operazione è guidata dalla figlia della loro nemica- osservò Trintot.
De Nantine aggrottò la fronte –Eppure ci sarebbe una speranza. Dicono che vostra madre ebbe una figlia che Re William riconobbe come sua. Se poi fosse effettivamente sua o no questo probabilmente non lo sapremo mai…Però l’aveva comunque designata come sua legittima erede. Se noi ritrovassimo quella bambina…-
-Quella bambina è morta- tagliò corto Redford –Parecchi anni fa.-
I tre Rosenoir si gettarono delle occhiate allusive.
-Ecco- iniziò Florence, massaggiandosi la mascella –A proposito di scheletri nell’armadio…credo che dovremmo dirvi una cosa.-

 

-È un sogno!- gridò Rosalba, correndo tra le colonne del castello.
Vedendo la ragazza sprizzante di felicità Alexander ebbe un nodo allo stomaco.
Si era legato a lei ben più di quanto volesse. Ben più di quanto dovesse.
-Credo che potrei morire di felicità!- sospirò Rosalba, accarezzando un bocciolo di rosa che sporgeva da una feritoia.
-Spero proprio di no…- le sussurrò il vampiro, prendendola da dietro e allacciandole le mani sopra la vita.
Rosalba girò la testa per guardarlo negli occhi –Mi brucia doverlo ammettere, ma sei la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita…-
Quelle parole risultarono al redivivo come un calcio nello stomaco.
Cosa gli stava succedendo? Si era forse innamorato di quella ragazzina viziata?
Alexander le mordicchiò l’orecchio –Non avevo mai provato niente di simile nemmeno io, se ti può consolare- rispose, forse più sincero di come avrebbe voluto.
Rosalba prese coraggio e glielo disse -Io credo…di amarti, Alexander.-
Il vampiro rimase di sasso.
Cos’era quel terribile fastidio alla bocca dello stomaco? Rimorso? Rimpianto?
Una cosa era certa. Era arrivato il momento.
Alexander la strinse più forte tra le braccia e la baciò. Lei si avvinghiò a lui come se ne andasse della sua stessa vita.
Il vampiro rafforzò il bacio, conscio di quello che stava per fare.
La girò verso di lui e la spinse addosso alla parete, senza staccarsi da lei. Rosalba gli passò le mani tra i capelli, sentendolo rabbrividire sotto il suo tocco. Sentiva il freddo del muro dietro di lei sulla sua schiena. Gli accarezzò il viso: stava piangendo.
Alexander le baciò l’incavo del collo, salendo rapidamente verso la sua gola.
Rosalba si lasciò andare del tutto. Sapeva solo questo: che lo amava e che voleva rimanere con lui per tutta la vita.
E fu allora, quando sentì che lei si fidava completamente di lui, che Alexander le affondò le zanne nella pelle candida del suo collo.
Il piacere s’impadronì della ragazza, come era già successo quella volta alla locanda.
Ma questa volta era diverso…questa volta non glielo aveva chiesto.
-Cosa stai facendo?- gli domandò, la mente annebbiata dall’estasi.
Ti sto uccidendo. Fu la risposta mentale di Alexander, prima di iniziare a succhiare con più forza.

 

Redford si alzò in piedi –Rosenoir! Non ditemi che avete avuto con voi la legittima erede al trono di Enchantement per tutto questo tempo!- gridò, quando Faust finì il suo racconto.
-Re William ci aveva fatto giurare in punto di morte di mantenere il segreto!- si difese Faust.
-Abbiamo solamente eseguito gli ordini del sovrano!- diede man forte Soren.
De Nantine era parecchio confuso –Quindi la bambina…?-
-Sì, è viva- dichiarò Florence –Almeno per quel che ne sappiamo noi…-
-Cosa vorrebbe dire “per quel che ne sappiamo noi…”?- chiese Dorlain, sospettoso.
Florence deglutì –Ecco…lei è fuggita…-
Redford divenne paonazzo –Ve la siete fatta scappare? Era una ragazzina di quindici anni, santo cielo!- tuonò.
-Sedici- corresse Soren –Oggi è il suo compleanno. E le consiglio di non sottovalutare Rosalba, quella ragazza è un demonio…-
Questa volta fu Vincent ad alzarsi in piedi –Rosalba?! Rosalba è una principessa?!-
Faust annuì debolmente con il capo.
Stephen sogghignò –Non l’avrei mai detto…beveva come una spugna…-
Florence divenne livido -Aspetta un momento, Rosalba si è ubriacata?!-
-Ma qualcuno sa dove si trovi?- chiese Delacroix, in mezzo al trambusto.
-Era qui qualche giorno fa…ora non saprei- rispose Gideon –Se n’è andata con quel vampiro.-
Redford rischiò un attacco apoplettico –Mi state dicendo signore che l’unica speranza di sconfiggere Goldwin se ne va a spasso nella Foresta con un vampiro?!-
Scarlett, che era rimasta in silenzio persa nei suoi pensieri, rinvenne –Questo vuol dire che io ho una sorella!- esclamò entusiasta.
-Ancora per poco…- commentò Redford, funereo.
-Sì- assentì Faust –Di un anno più grande.-
-Ma allora cosa stiamo aspettando?- gridò la Principessa, frenetica –Dobbiamo trovarla!-
Soren la guardò seccato –Se volete farci strada accomodatevi…-
Scarlett incassò il commento –Dove erano diretti?- domandò a Gideon.
Il Capo scrollò le spalle –A est credo…ma non hanno voluto dircelo con esattezza…-
Danny sorrise –In realtà non lo sapevano nemmeno loro.-
-Di bene in meglio…- commentò sarcastico Redford.
Gideon accavallò le gambe –Non credo che quel vampiro volesse farle del male. Mi sembrava parecchio preso da lei.-
-Preso da lei?!- ripeté Faust, sgomento.
-VAMPIRO? DOV’È QUELLA CREATURA DEL DEMONIO? LASCIATELA A ME, LA RISPEDIRÒ NEGLI ABISSI DELL’INFERNO!- urlò Fra Timoteo, comparso improvvisamente dal nulla con una torcia in mano.
-Chi è questo pazzo?- s’informò Dorlain, per nulla turbato.
-IL FUOCO DIVINO BRUCIA DENTRO LE MIE VENE!- replicò il frate, brandendo la torcia accesa.
-SIGNORINA- disse, rivolgendosi alla Principessa e posandole nelle mani un rosario –NON VOLETE PREGARE ANCHE VOI IL SIGNORE AFFINCHÉ VI LIBERI DAI VOSTRI PECCATI?-
La Principessa rimase attonita –I- i miei peccati?-
Gideon si passò una mano sulla fronte –Vincent, ti prego, portalo via…prima che incendi tutto il campo.-
Il ragazzo si alzò ed eseguì, trascinando per un braccio un riluttante Fra Timoteo, che continuava a lanciare improperi verso i vampiri, i demoni e tutte le Creature della Notte in generale.
-Lo sapevo che sarebbe finita così…-commentò Scarlett, memore del precedente consiglio.
Beh, almeno questa volta non hanno intenzione di linciarmi, è già un passo avanti… riflettè.
Branagh richiamò il silenzio –Ma siamo sicuri che i Ribelli la riconoscano come loro legittima regina?-
Faust scrollò le spalle –Se non ci proviamo non possiamo saperlo. È la nostra unica chance di salvare il Regno.-
-Ma come facciamo a contattarli?- domandò Inverness –Le Lande Desolate sono nel bel mezzo del nulla!-
Gideon sorrise –Per questo potete lasciar fare a me. Diciamo che ho i giusti contatti.-
-Mi assomiglia?- chiese Scarlett, esitante.
Florence alzò la testa verso di lei e la guardò con dolcezza –Per nulla, Vostra Altezza. Voi avete preso tutto da vostro padre, mentre lei è il ritratto sputato di vostra madre da giovane.-
La Principessa annuì, commossa. Aveva una sorella!
Deveroux si grattò il collo -Insomma, dobbiamo ritrovare per forza quella ragazza…-
-Esatto- rispose Faust –Ora come ora, Rosalba è la nostra unica speranza.-

 

Quando Alexander si staccò da lei, Rosalba crollò a terra.
Le aveva succhiato tutto il suo sangue. Era stata debole. Era debole.
-Perché?- fu la sua unica domanda.
Il redivivo si cacciò indietro le lacrime –Ho dovuto farlo, Rosie, credimi…-
Rosalba appoggiò la testa contro una colonna –Ah, dovrei anche crederti?-
La sua mente si faceva sempre più appannata, le sue membra più pesanti.
La ragazza capì che non le rimaneva più molto tempo.
Non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe finita così.
Non avrebbe mai potuto immaginare che una volta realizzato il suo sogno, sarebbe stata riportata nella realtà in modo così brutale.
Non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe morta.
E per mano di colui a cui aveva donato il suo cuore, per giunta.
-Rosie…- il vampiro la prese tra le braccia –Rosie ti prego. Devi credermi! La mia famiglia…lei mi ha obbligato…-
Rosalba lo guardò con disprezzo -Spero che tu sia felice allora. Mi hai tradito. Non riuscirò mai a perdonarti.-
Il vampiro non riuscì più a trattenere le lacrime –Rosie…ti prego…-
Rosalba rabbrividì di freddo -Mi hai sedotta per far in modo che mi fidassi di te, non è vero? Quanto sono stata stupida! Tutto quello che c’è stato tra noi era…-
-Era tutto vero! Rosie, per favore, devi credermi!- proruppe Alexander, tremante.
La ragazza sentì le palpebre farsi pesanti. Troppo pesanti.
Sentì la vita scivolare via pian piano dal suo corpo.
E solo allora sentì il dolore. Ma non era un dolore fisico, era rimpianto.
Rimpianto di non avere il tempo di realizzare i suoi sogni.
Rimpianto di morire lontana da coloro che amava e che l’avevano sempre amata.
Rimpianto di non morire ignara delle sue origini.
Rimpianto di non poter avere l’opportunità di conoscere i suoi genitori.
Tutto questo perché si era fidata di lui.
E, in quei pochi secondi che le rimanevano, lo odiò. Lo odiò con tutta l’anima.
E odiò sé stessa.
Per essersi lasciata ingannare.
Per aver creduto ad un sogno che non era altro che cenere.
Per averlo amato.
Ma soprattutto perché, anche in quegli ultimi istanti, non riusciva a dimenticarlo.
-Rosie! Rosie!- il redivivo era fuori di sé dalla disperazione –Non ho potuto fare altro, ma credimi…i-io ti amo!-
Rosalba percepì il suo cuore farsi sempre più lento –Ormai è troppo tardi, Mr Black.-
Quelle parole ferirono Alexander più di quanto lei avesse potuto concepire.
La ragazza chiuse definitivamente gli occhi.
A nulla valsero i singhiozzi disperati di Alexander, le sue profferte d’amore, le sue richieste di perdono.
E, proprio quando il sole cedeva il passo alla luna; esattamente in quel momento, Rosalba si addormentò tra le braccia del suo assassino, destinata a non risvegliarsi mai più.
O almeno così credeva.

 

 

 

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