Hunger Games - First Editino

di Geo_L_C
(/viewuser.php?uid=780010)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***


Caro lettore, quello che leggerai oggi saranno quattro nuovi capitoli di una storia a se riguardante i primi Hunger Games, volevo fare una cosa ispirata completamente al mio romanzo preferito, lo voglio dedicare anche all'ultimo che sta andando al cinema ora "Il canto della rivolta".
Sarà una piccola opera racchiusa in quattro parti.
Spero vi piacca, buona lettura!

 
 
Prima parte
Ricordo dei Giochi

 


 
La guerra emergeva da ogni angolo, si sentivano rumori di bombe a mano, sparatorie e diverse urla da ogni dove. Era una guerra senza freni.
I Giorni Bui erano iniziati più di un’ anno fa e, da quel che ricordo, i distretti non si erano mai ribellati così tanto. La mia storia parte da qui.
Prima di partecipare ai settantacinquesimi Hunger Games ho partecipato ai primi. Mi chiamo Mags Stilson.
Non ricordo bene com’è avvenuto tutto questo, avevo all’incirca tredici anni all’epoca, quindi, non ricordo molto, ultimamente la mia memoria scarseggia ma ricordo perfettamente che ero ancora in casa quando le bombe, che fecero cessare i Giorni Bui, esplosero sul distretto 13, ricordo che stavo guardando la tv accucciata con mia madre e mio padre, cercavano di proteggermi per le varie scosse che facevano dondolare il soffitto e far venir giù un po’ di polvere. Le bombe erano talmente potenti che facevano tremare tutti i distretti, la tv sfarfallava di tanto in tanto ma poi smise.
Ci fu un lungo e irragionevole silenzio e poi il simbolo di Capitol City, una donna dalla quarantina d’anni apparve tutta agghindata per la trasmissione e proclamò –Buon pomeriggio Panem, la guerra è finalmente cessata, molti dei ribelli saranno arrestati o giustiziati, ma il distretto 13 sarà raso al suolo domani all’alba. Panem ci ha ridato la pace.
Nessuno in casa mia osò pronunciare una minima sillaba, rimasero zittiti da quello che era un annuncio di pace e di fine battaglia. Ma lo sguardo dei miei genitori non era poi così rilassato, anzi, iniziarono ad agitarsi.
-Restate qui, qualunque cosa succeda..- disse papà per poi uscire di casa.
Ci mise un po’ a rientrare, era forse sera. Una volta giunto a casa non disse poi gran che, aveva visto tanti feriti, malati e morti, aveva solo saputo che i Giorni Bui erano terminati e lui doveva rientrare a casa, i Pacificatori non gli avevano dato altre risposte. Un altro annuncio apparve sullo schermo della tv, un’altra donna con un tubino nero, capelli raccolti e solito trucco e gioielli da quelli di Capitol City ci accolse con un bel sorriso e con il saluto iniziale.
-Buona sera distretti, il Presidente dopo domani avrà un annuncio molto importante da fare, obbliga tutti i cittadini di presenziare nel palazzo di giustizia alle ore diciassette in punto. Per i malati ed i feriti invece verrà trasmessa su scala nazionale in tutte le tv e verrà un pacificatore per controllare che voi tutti stiate guardando l’annuncio. Il messaggio non verrà ripetuto, buona notte- e si concluse con un primo piano della donna e un sorriso, in fine il simbolo di Panem e la sua colonna sonora.
I miei genitori iniziarono a preoccuparsi, non era affatto una buona cosa che il presidente voleva che tutti i distretti erano obbligati a vedere un annuncio da parte dello stesso presidente.
Passarono i due giorni più lunghi che io abbia mai atteso ed era venuto il giorno dell’annuncio al palazzo di giustizia.
In fretta e furia io e la mia famiglia uscimmo di casa e andammo al palazzo, vedevo solo in quel momento in che condizioni fosse il nostro distretto, macerie ovunque, alcuni scheletri di persone gettate in un angolo, fumi e vari fuochi non si erano ancora del tutto estinti. Il nostro passo era rapido e veloce come se avessimo paura di arrivare in ritardo, ero ancora immatura, ma capivo già cosa stesse succedendo.
Non appena fummo davanti all’enorme schermo che si presentava di fronte a noi e fummo tutti giunti sul posto, i rintocchi delle campane proclamavano le diciassette in punto. Il simbolo di Capitol City brillava raggiante sullo schermo e la sua colonna sonora era più alta che mai come se stessero per simboleggiare un avvenimento di festa. Apparve il presidente, ricordo che era agghindato a festa con un lungo cappotto celeste e sotto con dei vestiti blu, al suo fianco c’era suo figlio che all’epoca avrà avuto una trentina d’anni.
-Buon pomeriggio cari cittadini.. vi starete tutti chiedendo come mai vi ho fatto venire fino a qui per un annuncio. Mi scuso per il disturbo ma la famiglia Snow a una grande notizia da darvi.- il ragazzo passò a suo padre una busta con il sigillo di Capitol City ricamata in oro ed argento, l’aprì ed in fine l’esse.
-Il distretto tredici è stato raso al suolo e cosparso di radiazioni, per far si che la vita a Capitol City prosegua nella pace, d’ora in avanti, tutti i distretti dovranno dare in mietitura un giovane uomo e una giovane donna tra i dodici e i diciotto anni per partecipare obbligatoriamente ad un nuovo reality show, chiamato: Hunger Games.
Questo gioco comporta il massacro tra ventiquattro tributi dove combatteranno in un’arena costruita appositamente per loro, ci dovrà essere solo un vincitore che sarà elogiato per il resto della sua vita con una nuova casa e sarà pagato come una vera stella di Panem.
Qualora il tributo mietuto non vorrà partecipare sarà giustiziato in una pubblica piazza.-
Grida, urla disperate di donne che stringevano i propri figli, alcuni che urlavano contro lo schermo, altri che piangevano mia madre invece nulla. Rimase fissa a guardare l’uomo che tanto odiava, come mio padre ma a lui scese una lacrima e mi strinse forte a se. In fine il presidente concluse:
-Questo evento spettacolare verrà trasmesso a partire dall’anno prossimo e tutti i vostri figli verranno categorizzati e contati nei vari pagamenti e scambio di merci così che avranno più possibilità di partecipare a questo meraviglioso evento e rappresentare il proprio distretto.-
Non disse altro, sorrise alle telecamere e venne nuovamente il sigillo con la musica di sottofondo. I pacificatori ci obbligarono a rientrare nelle nostre abitazioni, aveva pianificato tutto nei minimi dettagli, il presidente e la sua famiglia aveva deciso che era giunto il momento di rovesciare le sorti dei distretti e di rovinare le nostre vite.
 
Passò un anno e venne il giorno della mietitura, in tv passavano diversi annunci e trailer del nuovo reality show sul massacro, tutti erano così entusiasti di questo clamoroso e macabro evento. Addirittura negli ultimi giorni prima della mietitura una volta al giorno appariva questa donna che dava dei piccoli suggerimenti di come ci dovevamo comportare, come ci dovevamo vestire e come sarebbe avvenuta la cerimonia.
Quel giorno mia madre non parlava, restava in silenzio a guardarmi mentre mettevo un vestito color verde spento, un paio di ballerine nere e avevo legato i capelli ad una mezza coda con un fiocco dello stesso colore del vestito.
Feci una piroetta su me stessa e mio padre mi sorrise.
-Sei davvero stupenda tesoro mio..- disse.
-Io invece.. spero di rivederti..- replicò mia madre con le lacrime agli occhi.
Non dissi nulla, li abbracciai e basta, non volevo che pensassero che fossi debole e non riuscivo ad affrontare tutto questo ma dovevo farlo a testa alta.
Arrivammo esattamente alle quattordici in punto, orario in cui la nostra annunciatrice, Eriet Rollye, ci avrebbe accolti, era agghindata a festa con una bella parrucca celeste lunga fino a metà busto, aveva la parrucca intrecciata tra fiori azzurri e bianchi, il suo vestito era abbastanza strano, un lungo capo bianco, azzurro, celeste e giallo che rispecchiava la sua strana personalità. Il trucco poi non era da meno.
-Ben venuti ai primi Hunger Games, sono la vostra annunciatrice che presenterà i tributi del distretto 4! Come potete notare ci sono due ampolle contenenti nomi femminili alla destra e nomi maschili alla mia sinistra. Ovviamente inizieremo dalle signore, spero non vi offendiate vero ragazzi?-
Nessuno rise alla battuta, ma lei si e fece anche l’occhiolino al gruppo dei ragazzi. Fece passare tra le dita diversi foglietti per fare più suspance ed in fine ci fiondò la mano e ne estrasse uno che lo mostro al pubblico intero. Si riavvicinò al microfono e annunciò il nome:-Mags Stilson.-
Ricordo perfettamente la sensazione che provai in quel momento, mi ero completamente irrigidita, avevo il cuore che quasi mi esplodeva dal petto e, passo dopo passo, mentre mi avvicinavo al palazzo sentii il grido disperato di mia madre dove scoppiò in un pianto fragoroso. Io non mi voltai e continuai il mio percorso verso il palco.
Eriet Rollye mi presentò come “il primo tributo femmina del distretto 4” e incitò per un piccolo applauso anche se in pochi applaudirono. Poi toccò all’ampolla dei maschi e chiamò un ragazzo che non avevo mai visto prima anche perché era più grande di me di due anni.
Dopo i saluti alle nostre famiglie ci scortarono al treno che ci avrebbe portato a Capitol City per il cambio di look, per un’intervista di conoscenza per il pubblico e per le varie scommesse che ci sarebbero state ed in fine per farci allenare a dovere, eravamo troppo magri e deperiti per combattere, ci aspettavano due settimane di addestramento.
La mia vita stava prendendo una piega totalmente diversa, ero troppo giovane per tutto quel cambiamento, dovevo crescere nel giro di poche settimane, dovevo uccidere per sopravvivere. Non so se ce l’avrei mai fatta.
Ed eccoci all’intervista finale, quel ricordo mi fa viaggiare con la mente, mi fa tornare dei vecchi ricordi che io stessa fatico a cancellare. Il presentatore era eccentrico e allo stesso tempo ti riusciva a mettere a tuo agio. Dopo l’intervista dei primi tributo dei distretti 1, 2 e 3 toccò a noi del 4. Toccava a me per prima, dovevo rispondere a quattro o cinque domande dell’eccentrico presentatore, ero un po’ timida ma nemmeno così tanto da starmene zitta.
L’uomo mi presentò come “La sirenetta”, quell’uomo dava degli strani nomignoli a tutti in base a com’eravamo vestiti, in effetti il mio lungo abito rappresentava una sirenetta, era un lungo vestito che si stringeva fino alle caviglie e poi si apriva come una lunga coda da pesce, era senza spalline e brillava con le luci del palco, la mia pettinatura erano dei lunghi boccoli che scendevano in avanti ed in fine tenevo un bel ferma capelli a forma di fiore di loto sul lato sinistro. Mi baciò la mano e sorrise.
-Ben venuta mia giovane Mags ben venuta!- sorrise.
-Grazie a te per avermi chiamata “Sirenetta” sai, non mi sento così- risposi, mi avevano suggerito di fingermi una ragazza fragile e che non avrei mai potuto sopravvivere in un’arena ma in più dovevo brillare agli occhi della gente.
-Sei stupenda come loro. Bene Mags, sei il Tributo più giovane di tutti, come ti senti?-
-Non è facile devo dire, quelli del dodici hanno diciotto anni e gli altri su per giù sono più grandi di me di uno o due anni, insomma, essere la più piccola rischio di non farmi degli amici- risposi come se fossi una bambina.
-Te ne farai, soprattutto all’interno dell’arena, meglio essere in tre che da soli, giusto gente?- urlò al pubblicò e quelli applaudirono e risero alla sua battuta. Poi si fece più serio, si voltò verso di me e mi prese la mano.
-Come ha reagito la tua famiglia nel sapere che tu avresti rappresentato il tuo distretto?-.
-È stato un duro colpo, ma quando..- feci una pausa, dovevo fingere che i miei genitori era d’accordo con il presidente o sarebbero morti -..quando ho detto loro che ero orgogliosa di farlo, hanno capito che ero pronta ad affrontare tutto questo e cercherò di vincere per loro-.
Il pubblico fa dei sospiri tristi come se capissero cosa stavo provando in quel momento, ricordo di aver dato uno sguardo rapido al pubblico e alcune persone addirittura si asciugavano le lacrime. La mia recita stava andando a buon fine.
-Bene, sono sicuro che vincerai.. insomma, sei la mia Sirenetta preferita! Signori e Signore, Mags Stilson!- al mio nome tutti esultarono come se avessi già vinto.
 
I giorni successivi dopo l’intervista furono quelli più pesanti, soprattutto per il fatto che gli allenamenti erano stancanti, io non mi ero mai allenata e quando facevo le varie attività di sopravvivenza come: lotta corpo a corpo, la mia statura bassa e scheletrica non giovava alla vincita, perdevo quasi sempre. Ero più portata per le abilità manuali o per la pesca, insomma, non avevo mai ucciso nessuno fino a quel giorno.
C’è stato un momento nella sala addestramento che mi ha colpita particolarmente, mancavano meno di tre giorni alla partenza per l’arena e ci fu un episodio che mi colpì nel profondo.
Mentre stavo fabbricando una mosca per pescare, questo ragazzo si avvicinò a me e mi sorrise.
-Sono davvero spettacolari..- disse.
-Grazie, ma non poi così belle, posso farne di migliori, peccato non ci sia tempo- risposi, era l’unico in due settimane che mi aveva rivolto la parola -Sono Mags, distretto 4, tu?-.
-Ronnie, distretto 12-.
-Com’è la vita nel 12?-
-Un vero schifo, siamo i peggio trattati.. forse.. nel tuo?-.
-Non mi lamento, si sta bene, anche se alcune regole sono troppo.. rigide-.
Il resto della conversazione non la ricordo molto bene, ma io e lui, dopo quella piacevole chiacchierata continuammo a vederci per gli ultimi tre giorni, eravamo come se fossimo amici da una vita e mi piaceva molto la sua compagnia, ricordo che prima dell’arena ci parlammo un’ultima volta. Era la sfilata dei carri, io ero vestita come se fossi una sirenetta perché al presentatore ero piaciuta davvero tanto e l’idea di trasformarmi in una vera e propria sirenetta aveva colpito la mia stilista. Avevo una lunga coda azzurro mare che pian piano si apriva per le gambe e si estendeva come se fosse una coda trasparente perlata di vari lustrini, il reggiseno invece erano due conchiglie marine ed in fine la mia pettinatura ricordavano le onde del mare che si infrangevano sugli scogli. Il mio collega, proveniente anche lui dal 4, era vestito come me solo che invece di una coda da tritone aveva dei pantaloni che ricordavano le alghe marine, petto nudo e una collana ricoperta di conchiglie.
Tutti finalmente agghindati per l’occasione stavamo per salire quando, d’un tratto, Ronnie mi venne a salutare, lui era vestito come un minatore e l’avevano addirittura sporcato in viso per sembrare più un lavoratore.
-Hei Mags, sembri proprio una..-
-Stupida- lo interruppi.
-No, anzi, sembri proprio una bellissima Sirenetta, davvero- mi sorrise e rimanemmo in silenzio, lui mi imbarazzò un po’ ma ero felice che ci fosse lui a salutarmi, rischiavamo di non rivederci mai più.
Ed in fine una voce dal megafono ci diceva di salire sui carri, ed io e Ronnie ci salutammo. Guardai dritta d’avanti a me, ero pronta ad affrontare un nuovo percorso, ricordo l’energia che mi pervadeva su tutto il corpo ed il cuore che mi esplodeva dal petto. In fine eccoci a galoppare e a salutare la folla impetuosa che gridava e urlava i nostri nomi. La mia vita cambiò in quel momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


Seconda Parte
Un’arena familiare
 
 
 
Ed eccoci al ricordo che forse mi fa più male, la mia mente vaga e mi fa dannare la testa ogni volta che ci ripenso. Quello che vidi era stato per me un colpo nello stomaco, come se mi avessero tirato una gomitata e il dolore mi percosse tutto il mio corpo.
Tutto partì quando la mia stilista mi svegliò alle nove in punto, mi doveva preparare per portarmi alle dieci precise alla Camera di Lancio, iniziavo a sentire l’agitazione, nessuno dei Tributi che erano stati sorteggiati alla Mietitura era al corrente di cosa dovevano fare con precisione, e nemmeno io.
Ero una ragazzina di quattordici anni, dovevo ancora finire la scuola, dovevo vivere un’infanzia più o meno felice, giocare con i ragazzini della mia età, innamorarmi, avere figli e invece pensavo solo che in quell’ora la mia vita, forse, sarebbe finita. Mi facevo un sacco di domande su quello che mi sarebbe aspettato, anche se nel mio essere sapevo già che qualunque cosa sarebbe successa io non dovevo mollare, dovevo sopravvivere.
Era arrivata la mia stilista, un donnone di colore alta, robusta ma molto bella ed elegante, entrò nella mia stanza con dei vestiti strani, avevano un tessuto diverso da quelli che indossavo li a Capitol City. Avevo una maglietta bianca con dei pantaloni stretti grigi, era un grigio stinto, triste come se già puzzasse di morto. In fine indossai un paio di stivali neri molto alti, arrivavano a metà polpaccio sembrava una vera e propria divisa da lavoro.
Notai che sulla maglietta bianca c’era il numero 4 cucito di nero contrassegnato da un cerchio grigio metallizzato. Per finire arrivarono i due dello staff dei parrucchieri. Mi fecero una piccola treccia che sembrava un cerchietto ed in fine legarono i capelli in un’alta coda di cavallo. Mi guardarono ed erano entusiasti del loro lavoro. La mia stilista, mi accompagnò personalmente alla Camera di Lancio, rimasi in silenzio per tutto il tragitto, ero così tesa e così impaurita che non osavo pronunciare parola con nessuno.
Prendemmo un hovercraft per arrivare sul posto dove avrei iniziato i giochi ed infine atterrammo accanto ad un grande e maestoso edificio. Devo essere sincera, in quei lunghi minuti prima di entrare nella cabina che mi avrebbe portata nei giochi, ero davvero preoccupata.
Ma in fine, non fu poi così terribile l’addio fra me e la mia stilista, concluse il suo lavoro mettendomi una cintura elettronica. Mi disse che quello era il localizzatore, se andavamo troppo fuori dall’arena potevamo essere rintracciati grazie a quello.
-Ricorda, non devi scendere dal piedistallo o ti faranno esplodere.. sta molto attenta-.
Mi strinse forte e mi diede due baci sulle guance, non capì quel gesto, ci conoscevamo appena eppure sembrava essersi affezionata così tanto a me.
Entrai nella cabina in vetro e la porta scorrevole si aprì.
In quel momento stavo solo pensando all’unica cosa che mi veniva da pensare “Cerca di sopravvivere” feci un respiro profondo ed in fine il piccolo cerchio in metallo iniziò a salire, era una lunga salita verso quel cielo limpido che vidi non appena alzai lo sguardo.
Poi mi si presentò la vista più agghiacciante di tutte, l’arena, quella per cui avrei dovuto sopravvivere o uccidere per vivere. Ci riflettei per un istante, subito non l’avevo notata ma poi capì a cosa si erano ispirati i creatori degli Hunger Games.
-Questo.. è.. il distretto 13.- dissi, mi guardai intorno, le due file dove c’erano gli altri Tributi avevano la mia stessa espressione interdetta, quell’arena l’avevano palesemente copiata dalle rovine del distretto 13, o meglio, sembrava di essere li anche se quella fu solo una riproduzione esatta di quel che rimaneva.
Poi guardai la cornucopia che echeggiava di svariati mobili con sopra armi di diverso tipo, zaini, borse e tracolle tutte di color nero ed in fine grossi forzieri in legno contenenti chissà cosa. Poi una voce dal megafono ci accolse.
-Signori e signore, che i primi Hunger Games abbiano inizio.. possa la fortuna essere sempre a vostro favore.-
 
Un ologramma segnava il conto alla rovescia, come al solito furono i sessanta secondi più lunghi della mia vita. Tutti e dico tutti i Tributi non sapevano con certezza che cosa dovevano fare, aspettavamo li lo scadere di quei lunghissimi secondi contrassegnati dalla voce del presentatore che pronunciava ogni numero con una voce calda e accogliente.
Uno dei Tributi ebbe la fantastica idea di scendere per primo dal piedistallo in ferro prima della fine dei secondi, esplose in mille pezzi, ricordo la carne e il sangue che sgorgava da ogni dove, alcuni schizzi si erano depositati sui due Tributi più vicini, io rimasi paralizzata da quella visione, i suoi resti morenti caddero come se fosse pioggia battente. Nessuno disse o si mosse fino alla fine dei restati trenta secondi.
Rimasi fissa a guardare di fronte a me, guardavo tutte le varie possibilità che avevo di prendere almeno uno zaino o anche solo un’arma per difendermi, se ce ne fosse stato il caso, ora restavano venti secondi.
Lo stomaco si stava ribaltando da solo, le gambe iniziarono a tremare e il cuore batteva forte come non l’aveva mai fatto.
Dieci secondi, mi guardai un’ultima volta intorno a me, poi notai lo sguardo di Ronnie che mi fece un cenno con il capo, il suo sguardo mi risollevò un po’, la paura che avevo si era calmata grazie a lui.
Cinque secondi, quattro, tre, due, uno.
Un suono di cannone fece scattare tutti e i venti due Tributi che corsero più velocemente possibile alla Cornucopia, io attesi qualche nano secondo prima di decidere cosa fare. Ero spaventata e allo stesso tempo mi tremavano le gambe quindi, non avevo la minima idea di cosa fare. Ma poi corsi, corsi più in fretta che potevo, ma non appena stavo per avvicinarmi alla Cornucopia Ronnie stava correndo di fronte a me, con due borse e un machete in mano, era ricoperto di sangue. All’inizio non capivo che cosa stava facendo ma poi mi prese dal braccio e iniziò a trascinarmi più velocemente che poteva, quasi mi stava spezzando il braccio.
-Corri!- urlò.
-Ma devo prendere qualcosa, altrimenti..- ribattei
-Ci ho già pensato io- disse mostrandomi i due zaini che aveva in mano. Ebbi solo un secondo per guardarmi le spalle e vedere che cosa stava succedendo, ed ecco l’immagine che non cancellerò mai più dalla mia mente: sangue ovunque, cadaveri sparsi per terra, tre persone lottavano fra di loro infilzandosi a vicenda. Ricordo perfettamente la mia reazione, urlai e gli occhi si ricoprirono di lacrime.
Ronnie ebbe il buon senso di prendermi e strattonarmi via da quella scena orrenda, pur troppo non c’erano molti nascondigli, infatti andammo verso un enorme caseggiato distrutto e ricoperto di macerie, ma era l’unico luogo dove potevamo nasconderci in quel momento.
Avevamo fatto una lunga e stancante corsa, ci fermammo e ci buttammo a terra con la schiena poggiata sul muro in mattoni grezzi. I respiri erano affannati e stanchi ma lui cercò di rompere il silenzio che si era formato dopo quello che avevo visto.
-C’è stata un’alleanza..- disse tra un respiro e l’altro.
-Alleanza?- chiesi.
-Si, i due Tributi maschi dei distretti 1 e 2, si sono coalizzati, hanno addirittura ucciso le loro compagnie.
-Mi sa proprio che quei due sono pericolosi.
-Li avevo già individuati nella sala d’addestramento, avevo già intuito la loro ferocia.
Calò nuovamente qualche minuto di silenzio prima che uno dei due parlò ancora, questa volta però lo ruppi io.
- Hai notato che l’arena è la copia sputata di come hanno ridotto il distretto 13?
- Già.. fa schifo, poi sapere quante persone sono morte nel vero distretto mi fa rabbrividire.
Subito dopo, accanto a noi si sentì un urlo, ricordo ancora quell’urlo di ragazza così vicino e così spaventoso che mi aggrappai al braccio di Ronnie ed in fine il cannone sparò ben quattordici colpi nel giro di un paio d’ore, i giochi erano ufficialmente iniziati.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


Terza Parte
Salvezza da uno sconosciuto
 
 

 
Erano passati all’incirca due giorni da quando erano iniziati i giochi, ricordo che non riuscivo a dormire molto bene soprattutto su dei massi scomodi o delle macerie rocciose e pungenti che ti punzecchiavano la schiena, non facevo una sana dormita da non sapevo nemmeno quanto tempo. Ronnie invece non dormiva affatto, restava di guardia a sorvegliarmi, non appena mi svegliavo lo facevo riposare per un paio d’ore ma quando lui si risvegliava dal riposo mi dava subito il cambio, non voleva che io mi stancavo troppo, forse mi reputava fragile e stupida come avevo dato l’impressione di essere come mi avevano suggerito la mia stilista e il mio staff. Già.. forse.. non mi ha mai detto perché mi proteggeva tanto, ma lo faceva e per questo non potrò mai ringraziarlo abbastanza.
Da quando il cannone sparò e annunciò la prima edizione degli Hunger Games, ricordo che in due giorni non c’erano ancora state vittime, o per lo meno, non dopo il mattino del terzo giorno. Ora mi salta alla mente un piccolo e lieve ricordo che dopo la prima edizione facevano vedere sempre chi erano stati i vincitori precedenti di quella determinata edizione, ricordo che al sesto Hunger Games il presentatore aveva annunciato che la prima fu stata l’edizione più corta mai vista prima, e non aveva tutti i torti, durò precisamente quattro giorni.
Ritornando a quel ricordo della prima edizione, alla terza mattina il sole color arancio si stava alzando per dar spazio all’alba, non faceva freddo in quell’arena, anzi, sembrava piena estate, i grilli cantavano gli uccelli cinguettavano e tutta la desolazione della Città in Rovina dedicata al distretto 13 si risvegliava da un sonno inquietante e agitato. Ma quella non fu una piacevole mattina come sembrava, venni risvegliata di soprassalto perché Ronnie mi aveva dato una leggera spinta, diceva a voce bassa di sentire dei passi li vicino e mi zittiva ogni volta che pronunciavo una sillaba o qualche domanda, poi origliai meglio e sentì che in effetti c’era qualcuno che stava correndo verso di noi, erano dei passi molto pesanti che schiacciavano le rocce e i bastoni con tale violenza che era percepibile da molte miglia, questa persona che man mano si avvicinava a noi sembrava agitata e impaurita correva più forte che poteva, poi sentimmo che subito dietro quel personaggio altri passi pesanti ma più cauti e tranquilli, probabilmente c’era un conflitto tra i due, non so da cosa sia scaturita questa violenza ma so con certezza che l’altra figura lo voleva morto. I passi si facevano sempre più vicini da dove eravamo noi, il casolare diroccato non era più un posto sicuro.
In fine vedemmo quella figura, un ragazzo che avrà avuto all’incirca sedici o diciassette anni con addosso la mia stessa divisa solo che sul braccio aveva contrassegnato il numero 8. Io e Ronnie eravamo pronti ad attaccarlo. Ma qualcosa cambiò
-ANDATEVENE DA QUI!!- urlò disperato facendoci segno di andarcene.
-Che cavolo stai dicendo?- replicò Ronnie.
-SCAPPATE!- urlò ancora più forte, ci prese con forza dalle braccia e ci spintonò via, io ebbi la prontezza di guardare chi ci fosse alle nostre spalle ed eccolo li, il tributo del distretto 5 che sparava frecce con una balestra argentata, ricordo perfettamente che una delle frecce l’avevo schivata per un soffio, mi stava per ferire l’addome. Dopo quell’attacco da parte sua decisi di correre dietro al ragazzo del 8. Stavamo correndo verso un ammasso di rottami li vicino, non appena pensavamo di essere quasi in salvo Ronnie fu colpito gravemente da un braccio, la freccia era entrata nella sua carne ed era trapassata da una parte all’altra e lui inciampò e cadde a terra con un tonfo, ritornai indietro per soccorrerlo, non l’avrei mai abbandonato. Non appena fui su di lui l’immagine mi martella tutt’ora la mente, il sangue sgorgava a fiotti dal braccio sinistro non sapevo nemmeno io che fare, così lo sollevai e lo presi sotto braccio.
-Dammi una mano, non possiamo lasciarlo qui!- urlai a quello del 8. Il ragazzo esito un istante, ma non appena vide che ero in seria difficoltà tornò indietro e aiutò Ronnie portandolo dietro alle macerie.
Restammo li qualche secondo per riprendere fiato, tutto sembrava tacere, il ragazzo del 5 aveva smesso di lanciare le frecce ma restava puntato verso di noi. Sentimmo i suoi passi cauti e allarmati che si avvicinavano, quello del 8 ebbe un idea.
-State qui, ok? Non dovete muovervi è chiaro?
Io e Ronnie non sapevamo con precisione quello che voleva fare, ed io non ebbi nemmeno il tempo di controbattere. Osservai la scena con molta attenzione, se quello del 5 avrebbe attaccato io l’avrei fermato ad ogni costo pur di salvare la vita a Ronnie. Il ragazzo del 8 uscì allo scoperto con le mani in segno di resa.
-Dammi tutte le armi che hai- disse quello del 5, notai che il ragazzo era visibilmente sconvolto e turbato, non sembrava che volesse uccidere nessuno ma l’avrebbe fatto per sopravvivere.
-Ok..- disse quello del 8 -ma devi stare calmo, va bene..- prese dal retro dei pantaloni una piccola ascia e la lasciò cadere a terra poco accanto a lui.
Il ragazzo del 5 fu talmente stupido da distrarsi per avvicinarsi cautamente all’ascia che aveva fatto cadere l’altro, ma con fermezza e crudeltà quello del 8 lo colpì in pieno volto con una sentita ginocchiata. Quello del 5 indietreggio tenendosi premuto il naso che sgorgava sangue, subito dopo quello del 8 tirò un’ulteriore calcio dove lo colpì in pieno stomaco ed in fine contrattaccò ancora con un pugno in pieno volto facendolo cadere a terra.
Il ragazzo del 5 cercò di ritirarsi su ma non ebbe abbastanza tempo perché quello del 8 lo colpì con ferocia sullo sterno con l’ascia, mi spaventai a quella scena, non guardai il resto ma sentì altri tre colpi sulla vittima ed in fine il cannone sparò.
Il ragazzo del 8 si avvicinò a noi e io prontamente presi il machete di Ronnie e glielo puntai mettendomi a proteggere il mio amico.
-Rilassati Sirenetta, sono qui per aiutarvi- disse.
-Non so se fidarmi di te, hai appena ucciso a sangue freddo- risposi.
-La mia lealtà nei vostri confronti mi sembra di avervela fatta notare- poi si mise al nostro stesso livello mettendo via l’ascia, mi guardo con uno sguardo che mi fece capire che di lui ci si poteva fidare -davvero, sto dalla vostra parte.
-Bè.. ma che differenza fa, ci sarà solo un vincitore- replicò Ronnie.
-Non temete ragazzi, preferisco arrivare con voi e morire per mano vostra, più tosto che per mano di quelli dell’1 e del 2.
-Come ti chiami?- chiesi.
-Josh, distretto 8, voi?
-Mags distretto 4 e lui è Ronnie del distretto 12.
Era ufficiale, avremmo avuto un valoroso alleato.
 
Si era fatto pieno pomeriggio, il sole era caldo e si stava molto bene all’ombra degli alberi, ricordo che guardavo l’ondeggiamento delle foglie vibrare e giocare con il vento fresco che ci toccava la pelle, per un secondo guardai i miei due ragazzi che mi avevano salvato la vita. Ronnie riposava, da quando il nuovo arrivato si era alleato con noi lui dormiva profondamente, era anche stanco da quanto sangue aveva perso, la fasciatura gliela dovevamo cambiare ogni tre ore. Poi il mio sguardo si posò su Josh, era triste, il suo sguardo sembrava spento e perso a pensare a qualcosa, qualcosa che lo aveva toccato nel profondo. Decisi di avvicinarmi a lui e gli sorrisi.
-Che succede?- chiesi, lui sospirò e non mi rispose subito ma poi alzò lo sguardo e ammirò il panorama terrificante di macerie e case distrutte che ci girava intorno.
-Sto cercando una persona qui nell’arena. Vedi, la mia compagna si chiama Tamara, ed è la mia ragazza. Da quando il cannone a sparato l’inizio dei giochi, non l’ho più ritrovata..- disse.
-Mi dispiace moltissimo.
-Già… ho visto che hai perso il tuo compagno due giorni fa.
-Si, ma non lo conoscevo nemmeno, sai.. non parlavamo molto- poi una domanda mi vagò nella mente e gliela porsi -che cosa vuoi fare adesso?
-Devo trovarla ad ogni costo- rispose fermo.
-E se non la ritrovassi in tempo, se vedessi proiettato il suo nome?
-Fidati, riuscirò a trovarla. Forse..- e poi quella domanda -..forse potreste aiutarmi voi! Lo fareste?
Non seppi cosa rispondere, ero davvero nel panico anche perché sapevo che in quel determinato orario i Favoriti si muovevano pronti ad attaccare qualche Tributo disarmato.
-Josh.. non credo sia una buona idea- dissi con voce calma. Il suo sguardo cambiò e divenne duro, mi dispiaceva dargli false illusioni ma c’erano veramente pochissime possibilità che l’avrebbe ritrovata, se non morta.
-Bè.. fate come vi pare, io vi ho salvato la vita ma andrò comunque a cercarla con o senza di voi.
Josh si stava per avviare quando d’un tratto i megafoni dell’arena si accesero e la voce del presentatore si fece largo per tutta l’arena, la natura si zittì.
-Attenzione tributi, attenzione, in sole tre giornate siete rimasti in nove Tributi. Vi faccio le mie congratulazioni. Per ciò abbiamo deciso di dare un festino alla cornucopia, tutti avrete notato che non c’è alcuna fonte d’acqua e pochissimo cibo. Dovrete raggiungere la cornucopia, li ci sarà il vostro premio, ma è solo per i primi quattro di voi che arriveranno. Spero che la fortuna sia sempre a vostro favore. Il messaggio non verrà ripetuto- i megafoni si spensero e la natura riprese le sue attività naturali con i vari rumori di animali ed insetti.
-Tamara..- disse Josh con una lieve voce, incontrai il suo sguardo perso nei sorrisi e nei ricordi, svegliai Ronnie e gli spiegai in breve il piano che avevamo, Josh non ce l’avrebbe mai fatta senza di noi così prendemmo una decisione: io Ronnie e Josh avremmo cercato Tamara e saremmo arrivati in finale insieme.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


Quarta Parte
Il vincitore.
 
 
 


 
Siamo al ricordo che forse mi ha spezzato di più il cuore, mi hanno più volte portata in salvo perché ero una ragazzina fragile ed impaurita, tutti i Tributi erano più grandi di me e Ronnie sembrava aver preso in possesso la situazione di riportarmi viva fino alla finale. Forse mi avevano tutti ritenuta un bersaglio facile fin dal primo cannone, invece ero li tra gli ultimi nove.
Ricordo quando io Ronnie e Josh ci fermammo di fianco alle macerie che davano di fornte alla Cornucopia che brillava dorata a contatto con il sole pomeridiano, dentro alla bocca di essa c’erano quattro sacche color argento dove al loro fianco c’era legata una bottiglia d’acqua da un litro e mezzo, c’era il sigillo di Capitol City stampato su ogni singola sacca. Scrutai con attenzione ogni singolo centimetro della Cornucopia per vedere se c’era qualche Tributo già pronto all’attacco. Notai una ragazza, credo che fosse del distretto dieci o undici, non ricordo bene, era di colore aveva delle bellissime treccine fra i capelli, ricordo quanto le avevo ammirate il giorno dell’intervista con il presentatore del reality show, erano lunghe fino ai fianchi, i capelli bruni si intrecciavano con delle ciocche argentate e dorate, probabilmente erano stati il suo staff a fare quel lavoro magnifico ed erano resistite a tutto quel trambusto.
Il suo sguardo sembrava turbato, non era molto intenzionata a uscire allo scoperto ma un istante dopo fu la prima a raggiungere la Cornucopia dorata ed arrivare alla prima sacca argentata ma prima che riuscì ad afferrarla la vidi crogiolare a terra con un coltello conficcato nella nuca, il cannone sparò.
Ricordo il sobbalzo spaventoso che avevo preso, il sangue sgorgava e bagnava le lunge e bellissime treccine che aveva, la ragazza era morta sul colpo. Ebbi un solo secondo per vedere chi aveva lanciato l’arma e notai che una nuova alleanza si era formata.
Ricordo quei due visi, erano due gemelli, un maschio ed una femmina del distretto 3, così uguali e così spietati allo stesso tempo e a quanto esultavano nel aver ucciso una persona.
A quanto pareva i due si erano alleati con i Tributi più forti, distretto 1 e 2, esatto, si erano alleati con due spietati assassini.
Ora che ci penso io avevo quattordici anni, ero una ragazzina all’epoca, volevo una vita normale come quella che avevano passato i miei genitori anche se sotto assediati dalla guerra e dai tormenti.
Sono stata traumatizzata da quei giochi terrificanti che avevano voluto pianificare solo per rendere la nostra vita ancora più tormentata.
Per riprendermi da quello che avevo appena assistito mi misi con la schiena poggiata sulle rocce.
-Ma che cosa stiamo facendo?- guardavo nel vuoto, non riuscivo a credere a quel che stava succedendo, Ronnie si mise al mio fianco e mi accarezzò la spalla.
-Tutto bene?- mi chiese con un filo di voce per non farsi sentire.
-No..- risposi con le lacrime agli occhi, poi lo guardai -..perchè ci fanno questo? Perché dobbiamo partecipare ad una cosa che non vogliamo?
-Ragazzi va tutto bene? Possiamo farcela lo sapete..- si intromise Josh.
Era tutto sbagliato, noi dovevamo vivere non ucciderci l’uno contro l’altra, era una cosa orribile. Poi però ci cadde all’udito una cosa molto interessante, i Favoriti stavano discutendo abbastanza animatamente, ricordo poche parole, quello del distretto 2 voleva a tutti i costi che i due fratelli andassero a prendere il sacco che ci avevano dato quelli di Capitol City. I due Favoriti dell’1 e del 2 credo si chiamassero Jason e Axel se non ricordo male.
Poi, dopo quella discussione, vidi la ragazza del 3 alzarsi nervosamente e incamminarsi per andare verso i sacchi argentati. La scena seguente fu la più terrificante.
Il ragazzo del 3 seguì la sorella e avanzarono con passo teso e tosto, non appena la ragazza afferrò con rabbia il sacco argentato venne colpita alla trachea da un altro pugnale, sembrava simile a quello che aveva colpito l’altra ragazza.
La giovane donna del 3 guardò sbigottita il fratello mentre le sgorgava del sangue dalla bocca e dalla trachea, sputò in continuazione ed in fine cadde fra le braccia del fratello. Il ragazzo urlò con dispiacere e si mise a piangere accarezzando il viso della sorella ormai morta, il cannone sparò ancora.
Subito dietro a quello del distretto 3 c’era Jason che colpì con un feroce calcio sul viso del ragazzo, poi lo iniziò a pestare a sangue, il ragazzo del 3 continuava a chiedergli perché lo stava facendo, ma lui non rispose, ricordo lo sguardo di Jason assalire il povero ragazzo del distretto 3, ricordo quel suo ghigno malefico mentre lui sputava sangue mentre veniva pestato a morte ed in fine, Jason prese la spada e lo colpì in pieno petto. Il cannone sparò un’ultima volta.
Mi tappai la bocca per non urlare in preda alla disperazione, avevo le lacrime agli occhi, non capivo cosa stesse succedendo, tutto era confusionario o forse era la mia mente a renderlo tale. Quella scena così macabra e triste allo stesso tempo mi rendeva impotente e vulnerabile.
Jason in fine si riprese la spada, fece un po’ di fatica perché era rimasta incastrata tra il petto e il terriccio del luogo dov’era appena avvenuto il crimine, prese due sacche con le provviste e ritornò da Axel, in fine se ne andarono compiaciuti.
Restai interdetta ancora qualche minuto prima di ritornare alla realtà, guardai Ronnie e lui mi strinse fra le sue braccia.
-Hai visto.. con che ferocia.. hanno ucciso.. li hanno uccisi..- dissi fra un singhiozzo e l’altro, Ronnie non rispose e mi strinse ancora più forte, sentivo il suo battito accelerare e il suo petto stringersi al mio viso. Josh ci riportò nuovamente alla realtà ed era pronto per uscire allo scoperto per recuperare le provviste.
Uscimmo, io mi asciugai le lacrime e cercai di calmarmi, poi vidi una cosa strana, o meglio, Josh era strano. Si guardava intorno come se stesse cercando qualcosa, anzi, qualcuno e io sapevo benissimo di chi si trattava. Tamara.
Poi una sagoma di una ragazza bella con i capelli color rame uscì in fretta e furia allo scoperto, era disarmata, sporca di sangue e senza alcuno zaino sulle sue spalle, era completamente indifesa.
-Tamara..- disse con una lieve voce Josh -Tamara!!- urlò.
Iniziammo tutti a correre come dei disperati verso la ragazza, ma quella non si voltò, sembrava ancora più impaurita, non era riuscita a riconoscere la voce di Josh che la chiamava. In fine Tamara si girò e si strinse forte a se il sacco, teneva stretti gli occhi e poi dal nulla prese un coltello, giuro che avevo pensato sin dall’inizio che fosse disarmata ma a quanto pareva la mia vista, già all’epoca, era pessima.
La ragazza iniziò a tirare colpi a destra e a manca pensando di colpire qualcuno, ma Josh ebbe la prontezza di stringere il polso e fermarla, riaprì gli occhi e le si illuminò il viso.
-Josh..- disse con una lieve voce spezzata dalle lacrime.
-Si amore, sono io!- i due si strinsero in un forte e caloroso abbraccio. Finalmente si erano ritrovati.
 
Ed eccoci alla parte più dolorosa di questo racconto, è qui che persi per sempre la parola, per uno stupido trauma causato da questa schifosissima società.
Era l’alba dell’ultimo giorno, il sole era raggiante più che mai, brillava in cielo come se fosse una gran festa, era ancora mattina presto quando vidi i caduti del giorno precedente. Quella volta avevano fatto qualcosa di diverso, dare l’annuncio dei caduti il giorno dopo per ricordare quanti eravamo rimasti.
Vidi che il cielo si illuminò di azzurro quasi più luminoso del sole che si stava alzando man mano, l’inno di Panem faceva colonna sonora all’apparizione dei visi dei caduti, la ragazza dalle treccine e i due fratelli, in fine tornò tutto alla normalità.
-Quanti siamo rimasti?- mi chiese Ronnie.
-Cinque, siamo rimasti in cinque..- risposi fissando ancora il cielo che pian paino iniziava a colorarsi di celeste e il sole sbucava all’orizzonte.
I due che si erano ritrovati stavano rannicchiati l’uno accanto all’altra, abbracciati in un amore stretto come non mai. Li svegliamo, era ora di andare a cercare i due Favoriti, dovevamo goderci quegli ultimi istanti di vita che ci rimanevano. Nessuno e dico nessuno aveva parlato durante tutto il tragitto di perlustrazione che avevamo fatto quella mattina. Nemmeno un’ombra dei Favoriti, sembravano scoparsi nel nulla. Al pomeriggio provammo ancora a cercare ma ancora nulla, nessuna traccia dei Favoriti erano evaporati come se qualcuno li avesse trasportati via di nascosto. Fu Josh ha parlare mentre per tutte le perlustrazioni teneva saldamente la mano di Tamara.
-Ma che fine hanno fatto quei due? Eppure non li abbiamo visti nei caduti di stamattina.
-Non lo so, ma la cosa non mi piace- rispose Ronnie.
Perlustrammo una nuova zona quasi alla fine dell’arena, ancora niente, i Favoriti erano scoparsi.
-Ragazzi, credo che quei due o sono gravemente feriti o li hanno portati via di qui- mentre stavo per dire questo, mi voltai verso Josh e Tamara, più in fondo vidi Ronnie, aveva uno sguardo perso e strano.
-Ronnie?- chiesi, nessuna risposta, mi avvicinai quando lui iniziò a sputare sangue e si accasciò a terra, vidi un lungo e affilato spillo nella carotide di Ronnie. Il cannone sparò.
il mio amico, il mio salvatore era morto a causa di un dardo avvelenato lanciato dall’alto, capì subito che anche i Favoriti erano alla nostra ricerca, ma dall’alto, sugli alberi.
-Dobbiamo andarcene..- disse Josh.
-No.. non senza Ronnie..- risposi, le mie lacrime ancora una volta mi rigavano il viso.
-Il ragazzo è morto Mags.. andiamocene!- replica ancora Josh ed in fine, da un albero che era li vicino, scese uno dei due assassini: Jason.
- Che carini vi siete ritrovati, mi spiace che debba già finire- disse Jason con la sua solita faccia da criminale.
Josh guardò con rabbia quei due e, senza guardare Tamara le disse di andarsene e di salvarsi perché la vincitrice sarebbe stata lei e che io e Josh avremmo combattuto per questo. Si, devo dire che ero talmente arrabbiata da quello che era appena accaduto che volevo davvero combattere e uccidere gli assassini di Ronnie che giaceva morente a qualche distanza da noi.
-Io non ti lascio qui.. non voglio perderti ancora- rispose la ragazza.
-Ti ritroverò, lo giuro e ti salverò la vita, VATTENE!- concluse Josh.
Tamara non disse altro e scappò velocemente da quello che sarebbe stato un campo di battaglia. Ricordo che presi il machete di Ronnie e che lo stringevo con rabbia e tanta adrenalina, lo puntavo esattamente verso Jason.
-Tu e il tuo socio vi siete decisi a separarvi..- dissi.
-Sbagliato dolcezza, lui ha un compito più importante adesso.
Ricordo perfettamente la faccia di Josh, spalancò gli occhi, aveva capito quello che avevo colto anche io in quella frase, Axel avrebbe cercato e ucciso Tamara, lui non disse nulla e andò a cercare la sua amata. Ed io feci lo stesso, iniziammo a correre più velocemente possibile, dovevamo trovarla a tutti i costi.
Lui, per tutta l’arena urlava il suo nome ed io invece mi resi conto che Jason non ci stava correndo dietro, devo esser sincera, il loro piano era davvero geniale, avevano pianificato tutto nei minimi dettagli e previsto le nostre mosse, volevano farci credere fin da subito che si erano separati, che Josh avrebbe salvato Tamara e che io avrei ucciso pur di vendicare il mio amico.
Infatti ci pensai e mi soffermai su questo piccolo punto.
-Josh fermati.
-Devo trovarla o la uccideranno- disse preoccupato, ma io gli bloccai il passaggio.
-Ci stanno usando, il loro scopo e farti arrivare a..- poi un urlo di ragazza e Josh mi spintonò via, io gli corsi subito dietro ed in fine vidi quella scena.
Axel teneva stretto fra le sue braccia la povera Tamara, la stava stringendo dal collo.
-Mi spiace che tu debba salutarla- sorrise Axel.
Per finire la spada del ragazzo trafisse il petto della giovane Tamara in preda alle lacrime, il suo gracile corpo si arresta dal dolore immane che doveva sentire in quel momento, tutto sembrò rallentarsi in una scena agghiacciante e torrida. La ragazza cadde a terra inerme. Josh restò paralizzato nel vedere quell’immagine così crudele che mi si spezzò il cuore. Non fece niente, non andò nemmeno a soccorrere il corpo perché il cannone sparò ancora.
-Mags, scappa.. mettiti al sicuro- disse Josh senza distogliere lo sguardo dal suo nemico.
-Non posso lasciarti da solo.
-Ho detto, scappa..
Non obbiettai e mentre stavo per andarmene mi ritrovai Jason a pochi metri di distanza da me, così decisi di deviare e scappare da tutt’altra parte, ma non fui così rapida, Jason era subito sopra di me, mi fece cadere pancia a terra ed io cercai di liberarmi dalla sua morsa tirando calci a destra e a manca. Non appena ci riuscì cercai di colpirlo, senza buoni risultati, poi mentre cerca di colpire il nemico sentì un gemito di dolore e lo vidi. Josh cadde a terra mentre si teneva premuto l’addome.
Non ci volevo credere, stavamo lottando insieme per la nostra sopravvivenza e lui era stato il primo ad essere stato sconfitto.
Ma Axel, così fiero di se e così altruista, pensò davvero di averlo ucciso, si stava per avvicinare a me, un’ulteriore volta Jason mi bloccò le gambe e mi fece cadere, stufa della sua presa conficcai il machete nella spalla di Jason e poi gli tagliai la gola definitivamente.
Il ragazzo agonizzava preso dalle convulsioni e dallo sgorgare continuo del sangue ma poi morì e il cannone sparò.
Axel si stava avvicinando sempre di più ma poi venne colpito alle spalle per bene tre volte, Josh con tutte le sue forze che gli erano rimaste aveva preso i dardi avvelenati che probabilmente erano caduti a Axel e li aveva sparati contro il nemico. Cadde inerme a terra e il cannone ancora una volta aveva sparato.
Mi avvicinai rapidamente a Josh, mi aveva salvato la vita ancora una volta, il ragazzo sorrise e poi cadde a terra stremato.
Lo soccorsi e misi il suo viso sopra le mie gambe, premetti la ferita che aveva sul petto ma la lama della spada aveva trafitto troppo in profondità. Lui era preso dal dolore che gli era sto inflitto e mi guardava con le lacrime agli occhi capendo che pian piano si stava spegnendo.
-Mags.. non devi.. non devi farti sottomettere da Capitol City- restavo zitta ad ascoltare -..ti prego.. salva le persone a cui tieni di più e scappa. Poi distolse lo sguardo da me e ammirò per l’ultima volta quel cielo limpido e celeste.
-Arrivo.. amore mio..
Si spense tra le mie braccia e il cannone sparò un ultima volta.
Il presentatore annunciò la mia vincita e io restai li a guardare quel ragazzo morto per avermi salvata. Quella, si, ricordo, quella fu l’ultima volta che parlai.
Ora so cosa intendeva Josh, so perché mi ha detto quella cosa.
Mi hanno riferito di una ribellione che ci sarà tra breve e a qualunque costo devo salvare Katniss Everdeen, darò la vita per salvare la Ghiandaia Imitatrice come hanno fatto con me.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2918882