Rosso sangue

di Iaiasdream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Emozioni in biblioteca ***
Capitolo 2: *** Avvertimenti, o... ***
Capitolo 3: *** Scottanti decisioni ***



Capitolo 1
*** Emozioni in biblioteca ***


Emozioni in biblioteca
 
- Ti è caduto questo - mormorò il ragazzo porgendo verso la giovane un fazzolettino di pizzo beige. La ragazza porse la mano per accettare l'oggetto e raccogliendo tutto il coraggio che poté, allungò le labbra in un dolce sorriso, il primo che finalmente aveva potuto regalare a quel ragazzo che da tre anni le faceva battere il cuore.
- Grazie - balbettò arrossendo.
- Se non sbaglio tu devi essere Venus, Venus Rupestri, dico bene?
- S...sì, sono io – rispose lei stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo da quel giovane sentendosi le guance avvampare. Questo non se ne accorse e continuò a parlare normalmente.
- Anche se non ci siamo mai parlati, ti ho riconosciuta subito. Sei una dei pochi allievi del collegio che frequentano la mia biblioteca, in particolare ti piacciono i romanzi di mistero -
Fu dopo quelle parole che l'imbarazzo e il tremore abbandonarono repentinamente il corpo di Venus, lasciando il posto alla brillantezza che dipinse i suoi occhi offrendoli al bibliotecario, come in segno di speranza.
Nathaniel Fiume, era il figlio del direttore del Collegio Amoris, rinomato in tutta la regione, e frequentato da ragazzi benestanti.
Nathaniel aveva sei anni in più ai diciassette di Venus, dopo il suo diploma, aveva deciso di non continuare gli studi, per aiutare suo padre nella direzione e amministrazione del collegio, occupandosi anche nel tempo libero della biblioteca. Era un ragazzo molto affascinante, aveva un viso ovale coronato da corti capelli dorati unti quotidianamente e in modo accurato. La fronte spaziosa, gli occhi di un intenso oro fuso, e le labbra rosee disegnate perfettamente, ornavano quell'epidermide dal colore non troppo chiaro ne troppo scuro. Alto e con un fisico scolpito, aveva un carattere che rispecchiava la sua bellezza.
Venus, lo guardava incantata con i suoi occhioni grigi, dal taglio felino, che riflettevano un'intensa e tremante luce, e in quelli esprimeva l'immenso amore, segretamente, provato per quel ragazzo. Un amore che anche se corrisposto, non avrebbe mai potuto avere un seguito.
Fissava il movimento di quelle labbra desiderosa da tempo di assaporarne il gusto.
Nathaniel le piaceva, e non aveva il coraggio di dirglielo.
Ad un tratto, il copioso trillare della campanella distolse la ragazza dai quei pensieri, interrompendo l'ignorato ragionamento del giovane.
- I...io, devo, devo andare... - balbettò Venus portando una ciocca dei suoi lunghi capelli ebano, dietro l'orecchio destro.
- Ah, va bene - rispose Nathaniel quasi dispiaciuto.
La ragazza esitò prima di incamminarsi, poi, abbassando la testa e stringendosi di più nelle spalle, lo sorpassò portando con se l'odore di colonia che emanava il perfetto corpo del giovane. Venus chiuse gli occhi inebriandosi e dando al cuore un motivo in più per accelerare i suoi movimenti. Poi d'un tratto si sentì fermare da una presa. Si bloccò trasalendo e riaprendo gli occhi di scatto, si volse alle sue spalle vedendo la sua mano catturata dolcemente da quella del figlio del preside. Con gli occhi seguì il braccio coperto da una scura camicia che aderiva perfettamente a quel corpo ben curato, per poi fermarsi su quel affascinante volto che le sorrideva.
Venus trattenne il respiro sentendosi venir meno. Nathaniel mollò dolcemente la presa e disse - scusami, è stato un gesto istintivo -
"C'è qualcosa che non va?" avrebbe tanto voluto chiedere la ragazza, ma i forti battiti del cuore raggiunsero la gola soffermandosi, dispettosi, in essa e impedendo alla giovane di proferir parola. Allora Nathaniel continuò rispondendo a quella domanda non fatta, come se spinto ancora dall'istinto.
- Mi chiedevo se dopo le lezioni saresti ripassata... -
- P...perché? - balbettò la ragazza con voce soffocata, corretta da un istintivo colpo di tosse.
- Beh, ecco... Vorrei un po' parlare con te, dato che ci conosciamo da tre anni ma non ci siamo mai parlati -
- Va bene! - esclamò la ragazza senza esitazione cercando di trattenere quel tremolio di gioia.
- Ok, allora ti aspetto qui, a dopo - aggiunse Nathaniel sorridendole. Venus lo salutò e poi corse via dalla biblioteca. Quando fu ben lontana, rallentò i suoi passi appoggiandosi al muro del lungo corridoio per riprendere fiato. Con la mano destra si reggeva il petto stringendoselo in pugno intenta a calmare quei frenetici battiti. Le sue carnose labbra si mossero da sole formando un sorriso, gli zigomi sfumarono un rossore e gli occhi si illuminarono di gioia.
Dopo tre anni, per la prima volta, alcuni dei suoi sogni si stavano avverando e quando credeva che quello più intenso, non l'avrebbe mai fatto, Nathaniel Fiume, il ragazzo impossibile da avere, desiderava parlare con lei.
Alzò lo sguardo poggiandolo sull'azzurro cielo e portandosi la mano al petto, congiungendola con l'altra, chiuse gli occhi tirando un lungo respiro, e permettendo alla gioia di dominare tutti gli altri sensi. 
 
***
 
Appoggiata al muro adiacente la porta dell’aula di musica, Debrah Witch, la migliore amica di Venus, stava aspettando quest’ultima impaziente, picchiettando nervosamente il tacco sul pavimento, provocando un fastidiosissimo rumore.
Erano passati dieci minuti dal suono della campanella, e della mora, neanche l’ombra. Quando si trattava di attendere, Debrah diventava molto impaziente, anche se a farla aspettare era la sua compagna di stanza, nonché migliore amica: Venus.
La loro amicizia ebbe inizio il primo anno di collegio. Debrah era figlia di un industriale e Venus di un famoso scrittore. Si erano conosciute durante l’ora di letteratura, dato che si sedettero vicine, Debrah, a fine lezione, le chiese in prestito gli appunti.
Anche se migliori amiche, erano molto diverse, sia di aspetto che di temperamento. Venus era snella, con lunghi capelli mossi color dell’ebano; occhi di un grigio perlato, naso fino e a punta, che indicava verso il basso, labbra carnose e rosee al punto giusto, addobbanti un tondo viso dai lineamenti perfetti, facendola sembrare una dea. Venus era timida, calma, dalla portanza elegante; la sua bellezza, sia quella esteriore che interiore, affascinava i ragazzi del collegio, e in confronto alla sua amica era molto più matura.
Debrah, al contrario, aveva capelli castani che le cadevano ribelli fin dietro la schiena, occhi azzurri, naso a patatina e labbra ne troppo fine ne troppo carnose. Debrah era il tipico maschiaccio, dal carattere ribelle e immaturo. Estroversa ma alle volte incapace di prendere decisioni. Infatti, quando accanto a lei non aveva il supporto della sua migliore amica, Debrah si sentiva persa, e subito in suo aiuto, accorreva Venus, dandole infiniti consigli. Avevano passato quattro anni sempre insieme, senza mai litigare. Debrah sapeva tutto di Venus, e quest’ultima, conteneva come un forziere, i segreti della prima.
Non appena la vide sbucare da dietro uno dei tanti corridoi di quel castello, che fungeva da collegio, Debrah si distaccò dal muro e le si piazzò davanti sbattendo l'indice sul polso privo di orologio.
- Lo so, perdonami! - esclamò la mora unendo le mani a mo' di preghiera.
- Ma dove diavolo sei stata? - chiese Debrah guardandola sottocchio.
- In biblioteca - rispose Venus riprendendo fiato.
- Ah! Stai imbecillendo, a via di leggere libri! Ma non ti stanchi mai?
Riprendendo la descrizione sulla loro amicizia. L'unica cosa che Debrah non sapeva di Venus, era che quest'ultima, non le aveva mai detto di essere follemente innamorata del figlio del preside, il motivo era ovvio, anche Debrah lo voleva, e siccome Venus, rispettava la loro amicizia, decise di non rivelare alla sua amica che anche a lei Nathaniel Fiume, faceva palpitare il cuore. Lo amava di nascosto, senza avere nessuno a cui confidarlo. Se il giovane alle volte le volgeva un piccolo sguardo, lei si rallegrava e agli occhi di Debrah pareva una lunatica, ma Venus taceva, o il più delle volte inventava qualche pastocchia per distogliere i dubbi dalla mente della sua amica, che al suo confronto non aveva alcun timore di esprimere il suo sentimento, che più che amore, era pura e semplice infatuazione. Sì, perché, a Debrah bastava solo guardare un altro virile viso, da cambiare repentinamente idea, e quando finalmente, Venus decideva di rivelare quel segreto amore provato per tre lunghi anni nei confronti del figlio del preside, la sua migliore amica ritornava nei suoi passi, impedendo alla ragazza di proseguire nei propri. Quel giorno però qualcosa sarebbe cambiato, e quel qualcosa venne annunciato dal professore di musica, e dalla reazione che ebbe Debrah, quando scoprì la sorpresa.
Il professore di storia della musica, non appena gli studenti presero posto ai loro banchi, batté ripetutamente il bordo di un libro sul banco, per attirare l'attenzione degli alunni. Questi lo guardarono, e quando il professore disse: - Ho una notizia da darvi -, si incuriosirono placando i mormorii.
- Devo presentarvi il nuovo alunno. Prego, entri signor Giordani - disse il professore guardando la porta. Tutti gli allievi lo imitarono e non appena la porta si aprì, un giovane alto, corvino, con gli occhi dello stesso colore delle nuvole in tempesta e labbra disegnate perfettamente che ornavano un volto dal fascino tenebroso, fece la sua entrata salutando e posizionandosi accanto alla cattedra dell'insegnante.
Subito nell'aula riecheggiarono gli eccitati mormorii delle ragazze, che lodarono quella dannata bellezza.
Il giovane si presentò rivelando una calda voce sensuale - Mi chiamo Castiel Giordani, e se vi state chiedendo se sono parente a quel Giordani, il famoso pianista, vi annuncio che si tratta di mio padre - un altro mormorio di stupore lo interruppe, poi sentendo il silenzio riprese serio e quasi con freddezza - spero di fare la vostra amicizia - concluse volgendo lo sguardo dalla parte dov'erano sedute alcune ragazze, fra le quali c'erano anche Venus e Debrah. La prima ebbe l'impressione che il giovane l'avesse guardata, la seconda, le tolse ogni dubbio mormorando eccitata - hai visto che begli occhi, e come mi guardava? Scommetto che gli piaccio -.
- Ti sei già dimenticata di Nathaniel? - provò a indagare Venus nella speranza che finalmente, l’amica si sarebbe decisa. Questa invece di risponderle, le fece una smorfia senza, però, distogliere lo sguardo dal nuovo arrivato, che prese posto a uno dei banchi in fondo, tra la finestra e un ragazzo che riposava indisturbato dietro le spalle di Venus, la quale gli copriva l’intera visuale, impedendo così al professore di accorgersene.
La lezione continuò tranquilla e fra tutti gli alunni che componevano la classe, due erano state per tutto il tempo distratte. Erano Venus e Debrah. La prima era ansiosa nell’aspettare il suono della campanella che decretava la fine della lezione, per precipitarsi dal suo amato Natahniel; la seconda, stava cercando di trovare il modo per guardare il nuovo arrivato senza farsene accorgere, così per inebriarsi di quella accattivante bellezza.
Quest’ultimo, ignaro, seguiva la lezione attentamente, ovviamente era molto bravo in quella materia, essendo figlio di un musicista.
La campanella non tardò a suonare, e la prima ad alzarsi, senza rendersene conto, fu Venus, che spinta dall'euforia di rivedere Nathaniel e parlargli, non diede neanche spiegazioni a Debra. Si girò, afferrò la sua borsa, e prima di andarsene, incrociò lo sguardo del nuovo arrivato che la fissò senza esporre alcuna espressione. Venus non ci fece caso, e se ne andò, seguita da Debrah che continuava a chiamarla invano.
In quell'istante, la mora si isolò da tutto ciò che la circondava, e l'unica cosa che desiderava era vivere quel momento con la speranza che la fortuna le avrebbe sorriso.
Attraversò a passo svelto il corridoio, cercando di farsi largo tra gli allievi che lo occupavano. Svoltò a destra uscendo dalla porta che dava sul giardino, e percorse il piccolo viale, colonnato da aste di metallo, che conduceva all'entrata della grande biblioteca. Non appena vi entrò, si fermò per riprendere fiato. Si guardò intorno, rendendosi conto che non c'era nessuno, si incamminò verso la parte ramificata da stretti corridoi murati dalle alte librerie.
- Na… Nathaniel? - azzardò balbettando. Nessuna risposta. Controllò da tutte le parti, nessuno. Venus fece una smorfia delusa, e mogia si avvicinò alla libreria che conteneva i suoi romanzi preferiti, prese un libro a caso senza leggere il titolo, ché, in tre anni passati in quella biblioteca per saziare i suoi battiti al solo guardare il giovane, ormai sapeva il contenuto di tutti quei libri. Andò a sedersi a una lunga e larga scrivania, munita di lampade, sprofondò su una sedia, e appoggiata il viso sul dorso della mano, sbuffò scocciata, sfogliando a vuoto le pagine di quel libro.
- Che mi aspettavo? - sibilò, cercando di sorridere a se stessa in modo beffardo, ma non ci riuscì.
- È da molto che mi aspetti? - intervenne ad un tratto, una famigliare voce, dietro di lei, facendola trasalire. Istintivamente, Venus chiuse il libro, facendo riecheggiare nell'aria, un lieve tonfo, poi sentendosi tutti i muscoli irrigiditi, cercò la forza di girarsi e di comportarsi il più normale possibile.
- N... No. Sono appena arrivata.
- Stavi leggendo qualcosa? – chiese lui volgendo li sguardo verso la scrivania. Venus prese in mano il libro, leggendo il titolo di copertina stampato in oro.
- È un libro che mi ha appassionato più degli altri - rispose timidamente tenendo gli occhi fissi sull'oggetto. Poi alzò lo sguardo, muovendo la testa in modo che, le ciocche intromesse sul suo viso, riprendessero il loro naturale posto. Quel movimento la portò a incrociare gli occhi ambrati dell’affascinante ragazzo, che la guardava fisso e serio. Venus, non si accorse di arrossire, ma non poté fare a meno di inebriarsi di quell’immensa sabbia brillante alla luce del sole, che quegli occhi riflettevano. Trattenne il respiro, sentendosi mancare un battito, fin quando non si accorse che Nathaniel stava allungando una mano verso il suo volto. Si bloccò non sapendo più come reagire.
Il giovane guardava le proprie mosse. Con le dita sfiorò la guancia sinistra della ragazza che a quel lieve tocco, fremette. Le dita proseguirono il loro cammino, immergendosi fra poche ciocche, spostandole e portandole dietro l’orecchio, la mano scivolò, raggiungendo il fianco del suo padrone.
“Cos’era quello?” avrebbe tanto voluto chiedere Venus, ma i sussulti al cuore le impedirono ogni possibilità di parlare. Si limitò solo a sorridere, e chinata la testa, strinse ancora più forte fra le sue mani il libro.
Ad un tratto si sentì aprire la porta della biblioteca. Venus alzò lo sguardo per vedere di chi si trattasse, ma Nathaniel, ebbe tutt’altra reazione. Afferrò per un polso la ragazza, la tirò a se, con un balzo si nascose dietro una libreria. Con il braccio destro, avvolse l’addome di Venus e con la mano sinistra le tappò dolcemente la bocca. Così facendo, i due corpi si incontrarono. Venus si irrigidì, sentendosi girare la testa, ché il palmo di quella morbida ma forte mano, emanava un dolce profumo.
Nathaniel rimase impassibile non accorgendosi che la sua presa era l’artefice del tremore che stava provando la ragazza. Con la testa rivolta verso il corridoio si stava rendendo conto di chi fosse entrato.
Dalla voce sembrava suo padre, e la conferma la ebbe quando quest'ultimo lo chiamò. Nathaniel istintivamente strinse la presa sul corpo snello della ragazza, e fu in quel momento che si accorse che questa stava tremando. Girò la testa, chinandola all'altezza di Venus, ispirò delicatamente il profumo di quei fili d'ebano e avvicinate le labbra all'orecchio le sibilò dolcemente: - Non fare rumore, non voglio che ci senta.
La ragazza accennò un sì con il capo, poi portate le mani su quella del giovane che le premeva la bocca, l'afferrò per distaccarla. Nathaniel non oppose resistenza e la lasciò. Finalmente Venus poté respirare meglio. Si riempì i polmoni e poi si girò di scatto ritrovandosi a due centimetri dal petto del giovane, alzò lentamente la testa, e si accorse che quella di Nathaniel era china sulla sua. Il caldo respiro si espanse sul viso della giovane, che in quel momento si rese conto di quanto fossero così vicini da avere un piccolo spazio che divideva le loro labbra. Venus si ritrovò, inconsciamente a guardarle, seguiva quelle linee con gli occhi come per disegnarle. Arrossì dolcemente, e abbassò la testa per non farsene accorgere. Nathaniel, però, sembrò non essere d'accordo, ché, afferrato il piccolo viso della ragazza lo sollevò verso il suo, poggiando, senza esitazione, le sue labbra su quelle socchiuse e morbide di Venus.
Se all'inizio, il cuore di quest'ultima, aveva perso qualche battito, in quel momento, cessò di funzionare. Con gli occhi sgranati dallo stupore, Venus guardava le palpebre socchiuse di Nathaniel, che lentamente premeva quel tanto desiderato tocco. Non riusciva ancora a credere a ciò che stava succedendo. Non riusciva neanche ad assaporare quelle labbra, perché l'unica cosa che le ronzava per la mente era il rimorso nei confronti della sua migliore amica.
Non appena la biblioteca tornò ad essere silenziosa, Venus si liberò da quel bacio nel modo più dolce possibile. Nathaniel aprì gli occhi e la guardò.
-  Scusami - mormorò quasi col fiatone - forse ti ho offesa? -
Venus scosse la testa, deglutendo a fatica, e cercando di scacciare dalla mente l'immagine della sua amica.
- Venus, stai bene? - chiese Nathaniel, sbirciandole il viso - mi dispiace, eravamo troppo vicini e io... -
- Mi piaci! - esclamò la mora alzando il capo per offrirgli due occhi argentati che brillavano colmi di inspiegabili emozioni.
- C... Cosa? -
- Mi piaci... - ripeté - mi sei sempre piaciuto, dal primo giorno che ti vidi, tre anni fa. Ti dissi il mio nome per iscrivermi a questo club, e da quel giorno il mio cuore non ha fatto altro che battere per te, soltanto per te - continuò cercando di mantenere ferma la voce.
L'aveva detto, finalmente, aveva espresso quei suoi sentimenti, e l'aveva fatto con il diretto interessato. Non provava alcun rimorso nei confronti dell'amica, in fondo, si disse, Debrah non lo amava veramente, non come lo amava lei. Per la prima, Nathaniel non era altro che un'infatuazione, mentre per la seconda era un forte sentimento che possedeva un piccolo ma immenso nome: amore.
Presi da quella situazione, i due ragazzi, ignorarono che a pochi passi da loro, qualcuno li stava osservando.

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Capitolo 2
*** Avvertimenti, o... ***


Baka Time: Ciao ragazze!!... come al solito, mi scuso per il mio increscioso ritardo. Questa nota doveva far parte del primo capitolo, ma ovviamente il mio cervello lo ha dimenticato. Per il momento non so cosa dirvi, anzi, qualcosa avrei da dire: innanzitutto ringrazio chi ha inserito questa storia tra le preferite, e chi l’ha recensita (GRAZIE DI <3 ); poi vorrei avvisarvi che q     uesta mia, non sarà come le altre, nel senso che il ragazzo non si innamorerà subito della sua anima gemella e via discorrendo, diciamo che la storia seguirà un filo lungo lungo… e ora è meglio fermare i polpastrelli, altrimenti scriverò troppo.
Spero che vi appassioni. Non preoccupatevi continuerò tutte le altre storie, e… un bacione a tutte, e alla prossima!... Ah! Naturalmente fatemi sapere cosa ne pensate, fa sempre piacere :-*
 



AVVERTIMENTI, O...
 



- Mi piaci - lo aveva detto di nuovo, e di nuovo, quegli occhi cenere avevano sorriso quasi beffardi, sbirciando dietro alcune librerie distanti da quella dov'erano i due. Non persero neanche un attimo di quella scena che si faceva più scottante, infatti, dopo che la ragazza aveva espresso i suoi sentimenti quasi con supplica, il figlio del preside, le aveva sorriso, e senza darle alcuna risposta le aveva riafferrato il volto fra le mani, tirandola a se e facendo incontrare una seconda volta le due labbra. La ragazza dapprima sembrò titubante, poi però si concesse a quel bacio, abbracciando il ragazzo.
Fu in quel momento, che il proprietario degli occhi tempestosi, distolse lo sguardo rendendosi conto che non era il caso di continuare ad osservarli. Aspettò un po'  per non fare rumore e attirare così l'attenzione. Quando sentì: - Mi piaci anche tu -, sorrise e se ne andò senza farsene accorgere.
Non appena fuori, a qualche metro di distanza incontrò il preside che lo chiamò a gran voce.
- Allora, Giordani, la biblioteca è stata di suo gradimento?
- Non l'ho visitata tutta - rispose il giovane, atteggiandosi a smarrito.
- E perché, aveva tutto il tempo a sua disposizione...
- Beh, ecco... diciamo che c’erano alcuni allievi intenti a studiare e non ho voluto infastidirli - mentì spudoratamente, lasciandosi scappare un lieve sorrisetto ironico. Il panciuto preside, non si accorse di nulla, e continuò il suo brontolare.
- Vorrei tanto sapere che fine abbia fatto mio figlio... in questo modo non ha potuto iscriversi al club di letteratura.
- Oh, non si preoccupi, signor preside. Non ho assolutamente intenzione di iscrivermi a nessun club - intervenne Castiel senza esitazione, mantenendo quel sorrisetto.
- Come? - chiese il preside allibito - che significa? Suo padre è stato categorico...
- Mio padre adesso non c'è - lo interruppe diventando serio - è riuscito a internarmi qui dentro, ma non comanderà nient'altro. Se dovessi trovare qualche club di mio gradimento, allora si vedrà -. Detto questo, si congedò lasciando il preside più allibito di prima. L'uomo panciuto non fiatò, non poteva farlo, d'altronde  allievi di quel rango, non dovevano essere contrariati, dato che il collegio sopravviveva grazie alle loro generose donazioni.
Il signor Giordani, quando iscrisse suo figlio, aveva accennato che Castiel si era rifiutato più di una volta di frequentare quel lussuoso collegio, ma il volere del padre, non lo si poteva ignorare, così adesso frequentava quel istituto, essendo però, libero di fare ciò che desiderava.
Non voleva iscriversi a nessun club? Poco contava. L'importante era che suo padre, offriva quel denaro e non si tirava indietro nel farlo.
 
***
 
- Volevo tanto sapere dov'è andata a finire quella ragazza! - esclamò Debrah sbuffando scocciata, seduta sulla panchina del grande giardino del collegio, mentre osservava gli allievi che le passavano davanti. Non appena vedeva qualche ragazzo, portava istintivamente le mani ai capelli lisciandoli e sfoderando il sorriso più bello nel caso in cui uno di questi le rivolgeva uno sguardo.
Dopo qualche minuto dovette interrompere quella mania di corteggiamento, ché la sua attenzione fu catturata da striduli femminili che si ammassavano tutti in una parte, volse lo sguardo verso quei rumori, e vide in lontananza un gruppetto in gonnella che circondava un'alta figura maschile. Debrah dovette allungare il collo per vedere meglio di chi si trattasse, e la prima cosa che la catturò fu il colore dei capelli: nero corvino. I battiti del cuore iniziarono ad accelerare, le guance avvamparono di calore, e la saliva si solidificò nella gola impedendole di deglutire.
Era la prima volta che un ragazzo la faceva sentire in quella maniera: che si fosse innamorata per davvero?
Si accorse che il nuovo arrivato si stava avvicinando, seguito da quella processione di ragazze che gli sbavavano come cani affamati.
Debrah distolse lo sguardo affondando la testa nelle spalle e stringendo i pugni sulle ginocchia.
- Ciao - sentì dire a un certo punto, non riconoscendo la voce, alzò gli occhi d'istinto, incrociando quelli del giovane, che le sorrideva. Debrah si guardò intorno per capire se il nuovo arrivato ce l'avesse veramente con lei. Il gruppetto di fans che si era formato, per lodare la bellezza del ragazzo, se ne stava distante alcuni metri, pestando il pavimento invidioso. Riguardò Castiel, e capì che ce l'aveva per davvero con lei.
- C...ciao - balbettò sorpresa.
- Se non sbaglio tu frequenti la mia stessa classe?
- S...sì.
- Come ti chiami? - chiese avvicinandosi di più, facendola indietreggiare con la schiena verso la spalliera della panchina.
- De… Debrah Witch - rispose lei senza distogliergli lo sguardo di dosso.
- Stai aspettando qualcuno Debrah?
- No! - mentì quasi esclamando e non capendone il motivo.
- Allora posso chiederti di farmi da guida? Sono ore che giro per trovare il dormitorio, ma senza alcun successo.
La ragazza si alzò di scatto dalla panchina, e senza farselo ripetere due volte, e scordandosi della sua amica, accettò la richiesta del bello e dannato, incamminandosi insieme a lui verso i dormitori maschili.
 
***
 
Venus aveva ancora le dita poggiate sulle labbra, quando uscì dalla biblioteca. In quel momento si trovava nel viale colonnato da quelle aste di metallo, e sorrideva ricordandosi di ciò che era accaduto minuti prima.
Non riusciva ancora a credere che anche Nathaniel la voleva. Fino all'ultimo aveva pensato di arrendersi a quei sentimenti, ma ringraziò se stessa per non averlo fatto, anche se era convinta che, in caso contrario, non sarebbe mai riuscita a scordarsi del figlio del preside.
Nathaniel le aveva consigliato, per il momento, di mantenere nascosta quella loro neo relazione, ché sapeva la reazione del padre se solo l'avesse scoperto.  Venus, sarebbe stata espulsa, e lui avrebbe dovuto allontanarsi dal collegio per sempre, ché quella relazione tra il vice amministratore della scuola  e una studentessa, avrebbe portato lo scandalo nella famiglia Fiume, nonché nell'intero istituto, anche se i ragazzi erano coetanei.
Tutto questo a Venus non importava, mancava solo un anno al suo diploma, avrebbe potuto aspettare pazientemente, dato che aveva atteso per tre anni, prima di confessare il suo amore per Nathaniel.
Nel frattempo si sarebbero accontentati della biblioteca, facendola diventare il rifugio segreto del loro amore. Con la punta della lingua leccò la parte superiore delle labbra, convinta di poter assaporare il rimanente gusto di quel bacio, il suo primo bacio. Sorrise ancora una volta, poi tirando un sospiro di sollievo, si incamminò a passo svelto verso il giardino, dove Debrah la stava aspettando.
Debrah. Chissà quale reazione avrà quando scoprirà che Nathaniel ha già fatto la sua scelta. Si disse diventando seria. In quel momento si sentì un'egoista, ma non poteva e non riusciva più a reprimere i suoi sentimenti, infondo, quelli di Debrah erano fasulli, lo sapevano entrambe, ma Venus, aveva lo stesso paura di una sua possibile, negativa, reazione.
Dovette subito sfumare quei pensieri, dopo aver visto una scena che non doveva essere guardata da nessuno, soprattutto dal preside.
Debrah stava dirigendosi verso il dormitorio dei maschi ( cosa assolutamente proibita ), seguita dal nuovo arrivato.
- Possibile che debba essere sempre così avventata? - mormorò iniziando a sudare freddo e a guardarsi intorno, speranzosa che nessun altro li stesse osservando. - Ma cosa l'è saltato in mente di fare?
Senza esitare si incamminò velocemente per raggiungerli e non appena fu a qualche passo da loro, mormorò con la sua più totale compostezza: - Debrah? -. Quest’ultima si girò di scatto allibita, e anche il nuovo arrivato la guardò.
- Venus, che ci fai qui?
- Veramente dovrei fartela io questa domanda!
Debrah storse le sopracciglia. Venus non poté fare a meno di guardare anche il giovane che sembrava impassibile.
- Debrah - continuò la mora - lo sai che a noi ragazze è vietato aggirarsi per i dormitori maschili? Così come per i ragazzi in quelli femminili?
Debrah dapprima rimase seria, poi però sgranò gli occhi come folgorata da quella rivelazione.
- Oh, cavolacci! - sbottò, colpendosi la tempia con un pugnetto - Come ho potuto dimenticarlo? - poi volgendosi verso il ragazzo, continuò  unendo le mani a mo' di preghiera - Castiel, scusami tanto, ma adesso devi proseguire da solo. Sono solo un'irresponsabile!
Castiel sbuffò un sorriso volgendo lo sguardo verso Venus - Non preoccuparti, Debrah. Ti ringrazio lo stesso...
- Cosa ci fate voi qui? – intervenne, però, una voce alle loro spalle. Debrah e Venus si ghiacciarono dalla paura, soltanto Castiel rimase impassibile guardando la persona di fronte a lui, e di spalle alle ragazze.
- Siamo fregate Ven! - mormorò a denti stretti la castana.
Venus non fiatò, deglutì soltanto, ma con fatica.
- Sei tu il nuovo arrivato? - chiese la voce rivolgendosi a Castiel.
- Sì - rispose questo - con chi ho il piacere di parlare? - continuò ignorando le due ragazze.
- Sono il figlio del preside. Nathaniel Fiume.
Venus fu la prima a sospirare di sollievo chiedendosi come aveva fatto a non riconoscere la voce del suo ragazzo. Si girò preparandogli un sorriso, ma questo non la guardò nemmeno. Anche Debrah si girò sospirando rumorosamente.
- Che spavento! Nathaniel, la prossima volta facci prendere un infarto!
- La prossima volta non fatevi più trovare in giro da queste parti. Per il momento faccio finta di non avervi viste.
- Grazie mille, Nath! - esclamò amichevolmente Debrah avvicinandosi a lui e dandogli un colpetto sull'omero.
Venus, fu l'unica a rimanere in silenzio, oltre a Castiel. Guardava il giovane Nathaniel, desiderosa di essere ricambiata, ma questo non si decise a donarle quegli occhi che minuti fa l'avevano divorata.
- Andiamo Venus? - intervenne ad un tratto Debrah. La ragazza trasalì, volgendo lo sguardo verso l'amica e annuendo con un sorriso.
Si accinse a incamminarsi e lì Nathaniel la fermò.
- Venus?
- Sì? - chiese la ragazza con un filo di voce.
- Hai dimenticato il libro in biblioteca, se vuoi puoi passare a prenderlo - rispose il biondino, parlando diversamente con gli occhi, facendole intendere che desiderava vederla. Venus capì al volo, e non poté fare a meno di sorridere contenta, poi disse:- Va bene, signor Fiume, andrò dopo lezione -. Detto questo, diede un ultimo sorriso al ragazzo e se ne andò.
L'unico che si accorse di quegli strani comportamenti, dato che sapeva già a quale scopo, fu Castiel, che non appena la ragazza se ne fu andata, sbuffò un sorriso, divertito.
 
***
 
Venus camminava davanti a Debrah, e quest’ultima, da dietro, la fissava con aria titubante. La mora le sembrava un po’ troppo contenta, eppure, quando l’aveva vista con il nuovo arrivato, l’era sembrata imbronciata, e allora, come mai in quel preciso istante aveva cambiato repentinamente espressione?
Si fermò e incrociò le braccia al petto, storcendo le sopracciglia. Venus, non sentendo più i suoi passi si volse, rivelando un sorriso che faceva invidia ai raggi del sole.
- Cosa c’è? - chiese.
- Mi sembri alquanto strana – rispose Debrah guardandola sottocchio.
- Perché? – ribatté Venus.
- Prima sembravi offesa da qualcosa, ma non appena ce ne siamo andate, pare che la felicità ti abbia investita.
Il sorriso di Venus scomparve subito dal suo volto, la ragazza iniziò a sentirsi smarrita, non sapendo cosa rispondere.
-È che… avevo paura che Nathaniel ci avrebbe punite, dato che eravamo in un posto in cui non dovevamo essere… - balbettò ansiosa.
-Mhm… sarà! – rispose Debrah dubbiosa. Continuò a camminare, e passandole di fianco, si fermò di scatto portandosi l’indice sul mento, dandosi due colpetti – a proposito… come mai Nathaniel ti parla?
Venus, trasalì. Che abbia inteso qualcosa? si chiese. 
- Beh, ci incontriamo qualche volta in biblioteca, e allora… poi oggi, ho dimenticato un libro…
- Lascia perdere – rispose con una smorfia.
Venus tacque allibita. Che cosa le passava per la mente? Non riusciva a capirlo.
- Sai, quel ragazzo mi ha stufata.
- Chi?
- Nathaniel!
- N… non ti piace più? – chiese Venus balbettando. L’amica curvò le labbra verso il basso, poi sorrise.
- Castiel è molto meglio. Quando oggi l’ho visto per la prima volta, mancava poco che il mio cuore mi scoppiasse in petto! E poi dovevi vedere la faccia con cui mi ha chiesto di accompagnarlo al dormitorio… sono sicura che gli angeli in cielo siano invidiosi della sua bellezza.
Debrah parlò di quel ragazzo con il cuore, e a Venus non restò che ascoltarla felice, ché finalmente ebbe la convinzione che la sua amica, avesse dimenticato Nathaniel. Avrebbe tanto voluto dirle quello che era successo tra quest’ultimo e lei, ma qualcosa nel suo cuore, le consigliò, quasi con costrizione, di tacere, e tacque. Non parlò per niente, neanche dopo la lezione. A quel punto fu Debrah che si allontanò da lei senza dare alcuna spiegazione, e Venus, facendo spallucce, si diresse verso la biblioteca, dove per la seconda volta incontrò il suo amato Nathaniel.
Prima di comportarsi da innamorati, i due, si resero conto che la stanza fosse vuota, poi, non appena ne ebbero la conferma, Nathaniel prese il sopravvento abbracciando la giovane e stringendola a se. Parlarono a lungo, e a lungo, assaporarono, uno le labbra dell’altra.
Quando il sole illuminò di tramonto la biblioteca, i due amati si ritrovarono seduti, appoggiati di spalle alla libreria e la ragazza che teneva poggiata la sua testa sull’omero del giovane.
- Mi stavo chiedendo se questa attesa non ti farà stancare – mormorò lui accarezzandole una ciocca di capelli. Venus scosse la testa.
- Ti ho amato per tre lunghi anni, in segreto, come posso stancarmi adesso che finalmente so di avere il tuo amore… - rispose sorridendo.
- Spero solo che quest’anno passi in fretta.
- Io invece spero solo che questa biblioteca custodisca il nostro segreto, come fa con tutti questi libri.
Nathaniel la guardò e sorrise, poi accarezzandole la guancia sibilò – sei bellissima, Venus – e la baciò.
L’orologio del cortile suonò i sei rintocchi che decretavano il ritorno degli studenti nelle proprie camere. I due ragazzi si salutarono controvoglia, e la prima ad uscire fu Venus.
Nathaniel rimase ancora un po’ per non dare nell’occhio. Si recò alla sua scrivania, e mise in ordine il registro, quando ad un tratto sentì dei rumori, provenire in fondo alla biblioteca.
- Venus? Sei tu? – chiese, cercando di non andare in panico, immaginandosi già, di essere stato scoperto. – Venus?
- Ti piacerebbe se fosse ancora lei, vero? – risuonò una voce in lontananza.
Nathaniel indietreggiò sconfitto, vedendosi il mondo crollargli addosso e immaginandosi già su un treno in partenza per chissà dove, diviso dalla sua Venus.
- Chi sei? – chiese con voce soffocata.
- Ma come chi sei? – ribatté la voce che si faceva più vicina – ci siamo presentati poche ore fa – continuò uscendo allo scoperto e rivelando quegli occhi grigi sorridenti.
- C-Castiel?... Tu, tu hai…
- Sentito tutto? Vediamo, ho sentito quanto basta per capire che la tua segreta fidanzata ha la stoffa per diventare una scrittrice: “spero solo che questa biblioteca custodisca il nostro segreto, come fa con tutti questi libri” – disse imitando la voce della ragazza.
- E adesso, cos’hai intenzione di fare? – chiese Nathaniel con voce tremante.
- Non farti strane idee – rispose bruscamente Castiel indurendo lo sguardo, che gli ultimi raggi del sole, penetravano complici – non mi interessa la vostra storia.
- Quindi, lo terrai per te?... ti ringrazio…
- Perché lo fai? – chiese Castiel beffardo.
- Cosa?
- Ringraziarmi… perché?... se vuoi il mio silenzio, in cambio tu…

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Capitolo 3
*** Scottanti decisioni ***


SCOTTANTI DECISIONI
 



Il panico più totale aveva invaso il suo cuore. Mentre aggiustava un plico di fogli leggendone il contenuto e cercando di capire almeno qualche parola che scorreva velocemente ai suoi occhi, Nathaniel pensò per l’ennesima volta che era spacciato.
Il nuovo arrivato stava rivelando il suo vero io, e lo stava facendo con estrema tranquillità. Non riusciva ancora a concepire se quella sua richiesta non fosse altro che una spudorata minaccia, infondo non gliene aveva dato significato. Gli aveva solo detto che doveva lasciargli campo libero in quella biblioteca senza porgli domande e obbedire a ogni suo ordine.
- Perché mi chiedi questo? – gli aveva chiesto tremante.
- Ti ho appena detto che non devi farmi domande! – aveva mormorato sorridendo beffardo il nuovo arrivato – limitati solo a fare ciò che ti ho detto, e la tua… storia con quella ragazza, rimarrà impolverata come questi libri che non calcola nessuno. Intesi?
Dopo di ciò, non gli aveva dato neanche il tempo di ribattere che rivelando un ghigno e sussurrando un:- Ricorda che so tutto di te – era uscito dalla biblioteca lasciando Nathaniel alquanto frastornato e impaurito.
Cos’è che il nuovo arrivato conosceva di lui? Non riusciva ancora a credere di essere stato scoperto. Lui che riteneva l’ordine e l’attenzione due importantissime priorità, si era fatto beccare da un ragazzo misterioso come quello. L’amore per Venus lo aveva accecato, e questo non poteva assolutamente succedere. Doveva trovare una soluzione senza però rinunciare a quella ragazza che aveva amato fin dal primo giorno che l’aveva incontrata.
Nervoso e con gli ansimi che lo avevano invaso, scaraventò con un sol gesto dell’avambraccio, il plico di fogli, che non persero tempo a disperdersi sul pavimento di marmo. Sprofondò sulla sedia sbuffando, poggiò i gomiti sulla scrivania e affondò il viso fra palmi sudati.
- Concentrati Nathaniel, non succederà assolutamente nulla di terribile – sussurrò socchiudendo gli occhi e tirando lunghi e profondi respiri; poi sollevò la testa passandosi una mano sulla bocca e istintivamente volse il suo sguardo dorato verso la finestra, incrociando in lontananza alcune stanze del dormitorio femminile.
 
***
 
Erano le diciotto e cinque minuti quando Venus si fermò davanti la porta della sua camera, catturando respiri profondi preparandosi alle eventuali domande che avrebbe fatto Debrah non appena l’avesse vista. Era sgattaiolata fuori dalla biblioteca come una ladra per non farsi vedere da Boris, il custode del collegio, anche se sapeva che se l’avesse vista non le avrebbe fatto nulla. Quell’uomo “tutto muscoli e niente cervello”, come ormai solevano chiamarlo le collegiali, aveva un’acuta simpatia per le donne, gli bastava un loro sorriso per esaudire ogni loro richiesta. Poteva sembrare uno di quegli uomini pervertiti, ma Boris era letteralmente innocuo.
Venus era una delle poche che non si approfittava del carattere del custode, e di certo non volle iniziare a farlo quella sera, così, con il suo passo elegante e quasi silenzioso, attraversò il viale colonnato, entrando nel dormitorio.
Esitante, afferrò la maniglia della porta, la spinse verso il basso e aprì. Fu una sorpresa per lei trovare la camera vuota e spenta. Il letto di Debrah era ancora intatto, e sulla scrivania mancavano i libri usati a lezione, quella mattina.
- Debrah? – la chiamò a voce bassa chiudendosi la porta alle spalle e volgendo lo sguardo verso la porta del bagno. Vedendo che dalle fessure non filtrava alcuna luce, si rese conto che la sua amica non era ancora ritornata. Istintivamente volse lo sguardo verso l’orologio digitale poggiato sul comodino, erano le sei e un quarto di sera. A quell’ora tutti gli allievi del collegio dovevano trovarsi nelle loro camere a studiare. Tutti tranne Debrah.
- Dove si sarà cacciata? – si chiese Venus sospirando e poggiandosi di spalle alla porta. 
 
***
 
Era passata più di un’ora da quando la ragazza dai castani capelli ribelli aveva perso le tracce del nuovo arrivato. Dopo che la campanella aveva decretato la fine delle lezioni, non curante della sua compagna di stanza, si era precipitata fuori dall’alula aspettando che anche il bel Castiel fosse uscito. Si era poggiata di spalle al muro adiacente la porta dell’aula e dopo che il ragazzo le era passato davanti, gli aveva sorriso salutandolo. Castiel, dal canto suo, aveva fatto finta di non sentirla e indifferente aveva continuato per la sua strada.
La reazione che Debrah aveva avuto a quell’atteggiamento, fu tutt’altro che buona. Aveva strinto i pugni, digrignato i denti e distaccatasi dal muro, l’aveva seguito. Dopo qualche tratto però, aveva perso le sue tracce, ma non la pazienza; così, sedutasi sulla panchina dove per la prima volta il moro le aveva parlato, aspettò un suo eventuale ritorno.
La campanella era suonata da un pezzo e di Castiel nemmeno l’ombra. Debrah sapeva che doveva ritornare nella sua camera se non voleva avere qualche giorno di espulsione, ma era anche vero che non voleva perdersi un altro incontro con quel misterioso ragazzo dalla bellezza quasi dannata. A poco a poco il cielo si imbrunì, e quando sentì che il silenzio aveva invaso il cortile, decise di ritornarsene in stanza. Si alzò sbuffando e guardandosi intorno con attenzione, si incamminò verso il dormitorio femminile. Non appena, però, mise piede sui freddi mattoni del viale, un’ombra davanti a se si disegnò repentina.
Debrah si fermò impietrita immaginando di ritrovarsi rinchiusa nella sua camera per una settimana intera con la sola possibilità di vedere Venus. Non che questo la infastidisse, ma alle volte –cosa che sapeva ben nascondere- la semplicità di quella ragazza la faceva sentire inferiore, e questo lei non lo sopportava.
Rielaborando alcune scuse da poter dire alla persona a pochi passi da lei, Debrah aspettò immobile come un animale vittima del suo carnefice, forse sperando che mantenendo quella posizione, l’ombra si sarebbe dileguata, e invece quest’ultima continuò ad avvicinarsi a lei, permettendo alle luci dei fari di illuminare la propria immagine.
Se fosse stato uno strumento musicale, il cuore della castana avrebbe intonato una sinfonia d’amore, ché dopo aver visto Castiel, si mise a battere in un modo che superava la foga.
- C-Castiel! – esclamò atteggiandosi a sorpresa. Il ragazzo fermò i suoi passi e rimase a guardarla per qualche istante prima di riprendere a camminare, senza darle troppa importanza.
- Aspetta! – continuò questa, scattando in avanti per sbarrargli la strada.
- Che vuoi? – chiese il giovane infastidito.
- Ti stavo aspettando – rispose lei non riuscendo a frenare il suo vero carattere. Castiel alzò le sopracciglia rimanendo alquanto scettico da quella rivelazione fatta in modo naturale.
- Perché? – chiese pentendosene dopo un po’.
- Volevo parlarti – rispose Debrah, portandosi una ciocca dietro l’orecchio – la mia amica oggi ci ha interrotto e non abbiamo avuto più modo di parlare.
- E non ha fatto bene? – sorrise strafottente il ragazzo infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. A quella frase, Debrah scrollò le spalle, sentendosi un po’ offesa.
- Cosa intendi? – chiese.
- Non abbiamo niente da dirci – rispose secco Castiel.
- Ma… stamattina…
- Che cosa vuoi Debrah? – la interruppe cancellando dal suo volto quell’espressione beffarda.
La ragazza esitò nel rispondere e dopo aver raccolto abbastanza aria nei polmoni, si armò di coraggio e disse:- voglio essere la tua ragazza!
Quelle parole, sembrarono non scalfire le emozioni di Castiel, il quale si limitò soltanto a sollevare un sopracciglio. Vedendo che da lui non ricevette alcuna risposta, Debrah gli si avvicinò con passo lento, mostrando i suoi occhioni azzurri e sfoggiando il sorriso più ammaliante che potesse avere.
- Da quando sei entrato in classe, non ho potuto fare a meno di pensare che non ho mai visto un ragazzo più bello in vita mia… fammi essere la tua ragazza, Castiel…
Prima di rispondere, il nuovo arrivato sbuffò un sorriso, tolse le mani dalle tasche facendole penzolare lungo i fianchi, poi imitando lo sguardo della ragazza chiese:- Sei sicura di quello che stai dicendo?
Come risposta, Debrah assentì con il capo, eliminando l’ultimo spazio che la divideva da lui.
Tempo un secondo, e Castiel con uno scatto afferrò bruscamente la giovane per un braccio, facendole fare un giro e sbattendola di spalle contro la colonna del viale, appoggiò il suo busto a quello di lei, divaricandole le gambe, e con la coscia spinse la sua parte intima.
- C-Castiel, che cosa fai? – chiese a quel punto la castana, spaventata da quegli atteggiamenti. Castiel le tappò la bocca, spingendole la testa sulla colonna. Le rivolse il suo sguardo felino tanto tagliente quanto strafottente, e girandole la testa a un lato sempre con quella mano, avvicinò le labbra all’orecchio sibilandole:- Perché mi chiedi cosa sto facendo? -, nel mentre, con l’altra mano iniziò ad esplorarle il corpo, sollevandole la camicetta.
- Vuoi essere la mia ragazza, no? – continuò con voce sensuale – è questo che faccio con le… mie ragazze.
Debrah provò a mugugnare qualcosa, toccandogli il petto per allontanarlo da se, ma la forza di Castiel, ovviamente, era superiore a quella sua, e infatti, lui non si arrestò. La sua mano scese giù lungo la cinta del pantalone, intento a sbottonarglielo. Quel gesto intimorì ancor di più Debrah, che presa dal panico, raccolse tutte le sue forze, riuscendo a distaccarlo dal suo corpo.
Castiel barcollò all’indietro fino a quando non riprese il controllo sull’equilibrio. Sembrava alquanto divertito. Invece Debrah era l’opposto: ansimava e piangeva.
- Sei un bastardo! – esclamò stringendo i pugni.
- Tzé… mi hai fatto una richiesta, e io ti ho riposto – disse lui tranquillamente.
- Non era questo che intendevo!
- A no? – chiese il nuovo arrivato riavvicinandosi a lei – e cosa intendevi?... se vuoi essere la mia ragazza, devi fare tutto ciò che voglio – sussurrò poi, afferrandole una ciocca di capelli, facendola scorrere fra le dita. Debrah ebbe uno scatto: fece due passi indietro, e senza rispondere si allontanò piangendo.
Castiel rimase immobile con il braccio a mezzaria, fissandola mentre scompariva all’angolo del viale, che portava ai dormitori femminili. Sorrise in silenzio e infilando ancora una volta le mani nelle tasche, si voltò nel lato opposto sibilando:- Penso proprio che mi divertirò moltissimo – dopodiché si incamminò verso la sua stanza.   
 
***
 
Il tonfo della porta svegliò di soprassalto Venus, seduta accanto alla scrivania, illuminata dalla fioca luce della piccola lampada da studio. Si guardò intorno spaventa, accorgendosi di essersi addormentata mentre stava svolgendo i compiti di storia. Non appena i suoi occhi si posarono sull’immagine ferma e impietrita di Debrah, il suo respiro riacquistò il suo andamento.
- Debby, che cosa è successo? Dove sei stata?
La castana non rispose, continuava a mantenersi il petto con una mano e permetteva a quelle lacrime di rigarle il volto paonazzo. Venus, incuriosita e anche un po’ preoccupata, si alzò dalla sedia e si avvicinò all’amica, chinando a un lato la testa come per scorgere qualche risposta in quell’espressione spaventata.
- Non stai bene? – chiese ancora con cautela, timorosa di ricevere qualche brusca risposta da Debrah. Quest’ultima non accontentò le sue aspettative. Lentamente staccò la mano dal petto, volse i suoi occhi azzurri puntandoli insicuri su quelli grigi dell’amica e incerta scosse la testa sbuffando un lamento trattenuto insieme al respiro.
- Va tutto bene – aggiunse secca allontanandosi dalla porta e asciugandosi le lacrime con la mano destra.
- Ma come va tutto bene? Sei entrata come una furia e per di più stavi piangendo! – ribatté Venus seguendola.
- Ven! non ho voglia di parlarne. Ho solo bisogno di mantenere la calma – rispose infastidita Debrah, sciogliendosi i capelli mantenuti fino a quel momento da una pinza a forma di farfalla, tempestata di strass.
- Debrah, non posso far finta di niente. Hai trasgredito il coprifuoco; ritorni in stanza con le lacrime agli occhi e il viso avvampato. E mi dici che non è successo niente? Dove sei stata? Qualcuno ti ha scoperto?
- Sono stata con il nuovo arrivato! – esclamò tutto d’un fiato la castana in maniera alquanto brusca, zittendo repentinamente Venus, che la guardò dapprima con scetticismo, poi con spavento. - C-cosa? – chiese incredula.
- Hai sentito bene! Sono stata con Castiel.
- E…?
- E, nulla! Abbiamo solo parlato, poi sono tornata qui.
- Ma Debby, stavi piangendo! Cosa ti ha fatto?
- Niente – rispose quasi interrompendola – non mi ha fatto niente – aggiunse estraendo il suo pigiama da sotto il cuscino, disfacendo così il letto.
- Stai rischiando grosso, lo sai? – chiese insistente Venus, ritornando alla scrivania.
Debrah non proferì parola, si immerse in quelle coperte e diede le spalle all’amica, coprendosi fino alla testa.
Racchiudendo le sue parole in pensieri, guardò il vuoto, rimembrando l’atto del nuovo arrivato e delle sue parole dette con estrema sensualità. Sorrise sentendo lo stomaco solleticarle i sensi. Era la prima volta che provava quelle sensazioni con un ragazzo, ed era anche la prima volta che aveva vissuto una situazione del genere. Avrebbe potuto affibbiare quelle lacrime a offese da parte di quelle strafottenti parole, ma l’unica spiegazione fu che quei rivoli freschi altri non erano che sfoghi di forti emozioni provate per la prima volta.
Venus aveva chiesto spiegazioni e lei non volle dargliene. Sapeva che alla fine del suo racconto, la sua amica come al solito, l’avrebbe rimproverata di essere sempre estroversa e avventata. No. Non aveva voglia di ramanzine che ovviamente non avrebbe tenuto in considerazione. Così, dopo alcuni scatti di irritazione, provò a chiudere gli occhi per abbandonarsi alle braccia di Morfeo; purtroppo, quest’ultimo non le fece visita, e lei si stufò di aspettarlo, così, quando si accorse che Venus si era addormentata, si alzò e silenziosamente raggiunse la finestra, guardando al di fuori dei vetri, volgendo gli occhi verso l’alto muro in lontananza che delineava il dormitorio maschile. Scelse una tra le venti finestre buie, affibbiandola alla camera di Castiel e accennato un ennesimo sorriso, prese una decisione.
 
***
 
Dopo aver poggiato sul posacenere il piccolo mozzicone di sigaretta ormai consunto, Castiel si sfilò la maglietta di dosso con un semplice gesto delle braccia, e sbuffando scocciato balzò sul letto ancora coperto dalla scura trapunta. Portò le mani dietro la nuca, vi affondò quest’ultima, volgendo lo sguardo verso il soffitto. Leggere nei suoi pensieri era difficile anche per il più abile sensitivo. Castiel riusciva a nasconderli anche a se stesso. L’unica cosa che pensò in quel preciso istante fu il perché aveva accettato quel trasferimento autorizzato dal padre. Era sempre stato un ragazzo che non si faceva sottomettere facilmente da nessuno, soprattutto dai suoi genitori, ma due giorni prima, quando suo padre gli raccontò le sue intenzioni, accettò quell’ordine senza opporsi. Certo, aveva esitato per qualche istante, poi nulla più. Il giorno dopo l’autista l’aveva accompagnato in quel paese dimenticato da Dio, lasciandolo in quel collegio di idioti, come l’aveva chiamato non appena aveva letto la targhetta affissa sul muretto adiacente al cancello.
Per un istante, fissando il vuoto, si chiese se aveva agito bene, e la risposta se la diede poco dopo quando, accinto ad addormentarsi, sentì bussare lievemente alla porta. Guardò quest’ultima distorcendo le sopracciglia, e incuriosito si alzò raggiungendola. Abbassò lentamente la maniglia e la dischiuse.
La reazione che ebbe quando vide chi era fu impassibile, ma lo stupore sulla sua espressione si disegnò comunque.
- Che ci fai qui? – chiese alla persona sulla soglia, spalancando la porta – lo sai che non puoi mettere piede nei dormitori maschili? Se ti vedesse qualcuno…
L’intrusa, bloccò le sue parole, poggiandogli un dito sulle labbra dischiuse, e spingendolo leggermente all’indietro, entrò senza permesso chiudendosi la porta alle spalle, rimanendovi appoggiata.
Castiel incrociò le braccia al petto nudo, e squadrò come uno scanner il corpo snello della ragazza dai lunghi e ribelli capelli castani che gli aveva proposto ore prima un fidanzamento.
- Che sei venuta a fare? – chiese ancora soffermandosi sul petto che Debrah scoprì apposta per far intravedere i suoi seni tondi.
- Voglio darti anche io la mia risposta – affermò la ragazza allontanandosi dalla porta e avvicinandosi a lui con passo felino.
- E sarebbe? – ribatté Castiel sorridendo beffardo.
Debrah non rispose, ricambiò quel sorriso e con fare deciso si portò le mani ai lembi del pigiama, sfilandoselo di dosso, liberando così le sue sode forme.
Castiel dal canto suo distolse lo sguardo dal petto e lo passò su quegli occhi azzurri illuminati dalla fioca luce della luna che filtrava di poco la stanza.
- Lo sai cosa stai facendo? – chiese con voce calda e sensuale.
 Debrah annuì ansimando – lo so – aggiunse – voglio essere la tua ragazza, quindi farò tutto ciò che vuoi.
Castiel sorrise, sciolse la sua posizione e le diede le spalle andandosi a sedere sul letto, stendendovi solo le gambe, con una mano tamburellò lentamente il materasso invitando la ragazza a farsi avanti e con occhi famelici, fissò i suoi movimenti.
Quando Debrah, gli fu vicino, lui le afferrò la mano facendola poggiare sulla cintura dei suoi pantaloni.
- Spogliami – le sussurrò poi in un orecchio.

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