Inspiration

di L_Honey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evitare i problemi ***
Capitolo 2: *** Tra gli scaffali impolverati ***
Capitolo 3: *** Mercoledi da incubo ***
Capitolo 4: *** Questioni di famiglia ***



Capitolo 1
*** Evitare i problemi ***


Mi chiamo Elise Lanvier e sono la vera protagonista del romanzo disastroso che è la mia vita. Forse la sto mettendo troppo sul drammatico. Non è che mi piaccia farlo, magari forse solo un po’, ma la maggior parte delle volte penso: “Cavolo! Ma queste cose succedono veramente a me?”.  Era il settembre del mio penultimo anno, e il resoconto della situazione era: nuova città, nuova casa, nuova scuola e un mondo di possibilità ai miei piedi. Non chiedetemi come mi sentissi il mio primo giorno di liceo, perché davvero la corda di un violino sarebbe stata meno tesa. So solo che dall’esterno dovevo avere proprio un’aria da rimbecillita. Ero lì con mia zia Remie al fianco che stamattina aveva insistito tanto per accompagnarmi nonostante le avessi ampliamente spiegato di non avere bisogno di un supporto morale e che avevo due gambe sufficienti per farmi arrivare a destinazione. Ma figurarsi, era una guerra persa in partenza.
Beh, come ti sembra? Non è affatto male! Un gran bel cortile, la palestra ed è stata rinnovata da poco la struttura!
Penso che rispetto al mio vecchio liceo qualsiasi altro posto sarebbe considerato una suite presidenziale! Però va bene, mi piace!
Perfetto, io devo scappare altrimenti faccio tardi a lavoro. Ci vediamo stasera a casa e mi racconti tutto! Elise, ti prego cerca di essere simpatica almeno oggi! mi diceva nel mentre aveva già preso la giusta distanza di sicurezza da quell’affermazione.
“Io sono sempre simpatica! Che significa poi cerca di essere simpatica!? Io spero che loro siano simpatici!” mi ripetevo farneticando mentre mi avvicinavo alla porta.
Quello che vidi dopo era un corridoio enorme e orde di persone che correvano come matti da un posto all’altro. L’ambiente profumava di detersivo al limone. Lì per lì mi sembrava uno strano accostamento quando il suono della campanella mi distolse completamente da quel pensiero. In uno sbattere di ciglia il corridoio era deserto, in lontananza palle di fieno che rotolavano, e io non avevo la più pallida idea di cosa fare o di dove andare. Fortunatamente il mio senso di smarrimento durò poco perché una signora distinta ed impettita venne subito in mio soccorso. La preside del liceo Amoris era lì davanti a me e l’unica cosa a cui io riuscissi a pensare in quel momento era “Dio, sembra un confetto gigante” .
E lei la nuova alunna? La stavamo di certo aspettando!
Ehm, si!?
Prego, si rechi in sala delegati per completare la sua iscrizione al liceo e tutte le informazioni che le servono le verranno date!
ok…”
Si sbrighi! Non ha mica tutto il giorno!

Prima impressione di quella donna: totalmente da EVITARE.
Continuai a camminare per il corridoio e dopo poco mi ritrovai davanti la sala delegati, girai con circospezione il pomello della porta ed entrai. Pile su pile di scartoffie e nessuna ombra di genere umano in vista. Mi guardai intorno con nonchalance per un po’ e affondai su un comodo divanetto in pelle messo lì per le attese. Trovai sul tavolino davanti a me dei dépliant illustrativi sulla scuola e ci infilai il naso. Mi ero immersa nella  lettura quando dietro di me sento squittire:
Oh, buongiorno!
Mi voltai di scatto ed ebbi un infarto fulminante.
C-ciao! furono le uniche sillabe che mi uscirono dalla bocca perché ormai la mia mente era partita per viaggi infiniti. Mi ritrovai davanti un ragazzo in cravatta che aveva il sorriso più rassicurante del mondo ed era carino, oh se lo era. Sapete io ho una passione per i biondi, no  non  posso farci niente, sono in assoluto il mio prototipo e quello si che era un biondo con i fiocchi. Due occhi miele completavano il quadro, e lasciamo perdere quello che vidi al di sotto della faccia perché per me l’equazione uomo + biondo + camicia bianca (fisico discretamente allenato) sta a matrimonio + due figli + casa in città (monovolume in garage).
Il mio flash della nostra splendida vita insieme e delle nostre vacanze in montagna vennero interrotte dall’unica frase che mi interessava davvero ascoltare di tutto il monologo che lui aveva cominciato ma che io avevo deliberatamente ignorato per far spazio alle mie fantasie.
“…ad ogni modo, io mi chiamo Nathaniel.
Ritornata per un attimo cosciente decisi di darmi un tono e cominciai
Piacere io sono Elise, sono nuova e ho bisogno di completare la mia iscrizione!
Che è quello che ti ho appena detto!? La tua iscrizione è pronta da stamane me ne sono occupato personalmente qui cè un fascicolo con tutte le informazioni che ti servono: la tua classe, la combinazione del tuo armadietto e il programma per le attività extrascolastiche!
Wow, ehm scusa! Grazie!... Aspetta, di cosa parliamo esattamente con queste  attività extrascolastiche- ?!
Dopo le lezioni puoi scegliere di frequentare uno dei club che abbiamo a scuola, e sarebbe bene che decidessi in fretta perché restano dei posti solo in quello di basket e di giardinaggio!
Quindi il  puoi scegliere- non è che un eufemismo.
Allultima vocale che pronuncio Nathaniel scoppia a ridere e io mi innamoravo sempre più profondamente. 
In pratica!... Allora hai preferenze?
Bah. Uhm è una scelta abbastanza ardua devo ammetterlo! Con tutta questa ampia scelta!
Io suggerirei di rifletterci con cura
No, il pollice verde decisamente non ce lho. Quindi vada per il club di Basket e che Dio mi salvi da un possibile trauma cranico provocato da una pallonata!
Non dirlo neanche per scherzo! Non facciamo assicurazioni sugli studenti!
Con me dovreste iniziare a pensarci!
Spero sia una battuta anche questa! Allora dopo le lezioni vai in palestra è li che si ritrova il club, sapranno darti loro di più!
Andata.
Puoi andare in classe.
Nathaniel io non so nemmeno da che parte si vada per le classi!
Oh giusto! Ti faccio fare un piccolo tour! Vieni!
E tutto quello a cui riuscivo a pensare in quel momento era “Che schifo il club di basket!” e “Ma quanto saranno morbidi i suoi capelli!?”
Ero combattuta tra la noia e l’eccitazione dovuta dalla presenza di Nathaniel che mi mostrò la biblioteca, la sala professori e le varie classi.
Questa per esempio è la mia!
Scusa!? Sei uno studente!?
Ehm si, aiuto solo in segreteria come attività extra.
Ti facevo più vecchio…”
Facciamo finta che non lho sentita…”
Non era del tutto un offesa eh!
Questa è la tua classe, entra e presentati ai tuoi compagni! Le lezioni finiscono all1 in punto!
Grazie Nath! Gentile da parte tua!
Nath!? mi ribatté lui divertito.
Ci vediamo!
Busso con fermezza alla porta ed entro lasciando il mio delegato del cuore in corridoio, avevo il battito accellerato e iniziavo a sudare. Succede sempre così sudo e mi si gonfiano i capelli. Devo avere proprio un aspetto terribile. Un professore piuttosto giovane mi accoglie e si presenta con pazienza come Mr Faraize mettendomi davanti alla classe. Non più di una quindicina di facce di perfetti sconosciuti ed i loro occhi puntati su di me. Io che non avevo niente da dire, ero nel panico più totale. Ottima prima impressione Elise complimenti. Ci furono attimi di puro silenzio imbarazzante quando una ragazza in seconda fila si alzò e disse: “Qui c’è un posto libero, puoi venire a sederti!”
Tirando un sospiro di sollievo per la fine del mio patibolo esposto in pubblica piazza cercai di avvicinarmi con cautela al mio posto per evitare in inciampare in cartelle altrui, e rendere peggiore la mia prima impressione, figuriamoci mica potevano distanziali un po’ questi banchi… ci dobbiamo sentire tutti come una grande famiglia unita. E fu lì, in quell’esatto e preciso momento in cui il mio cervello finì di elaborare questo pensiero che mi ritrovai con il muso a terra. Il tutto coronato da un ilarità generale seguita da vari ed inutili tentativi del il mio nuovo professore di riportare tutti alla calma. Odiavo già tutti. Solo la ragazza di prima si fece avanti per aiutare a rialzarmi. Dopo aver poggiato il sedere presi un sospiro di sollievo misto a rassegnazione e mi guardai in torno con fare circospetto. La mia nuova compagna di banco era davvero un bel tipo capelli lunghissimi e luminosissimi un viso dolce e delicato e dei vestiti che regina Maria Antonietta gli avrebbe volentieri strappato di dosso. Veramente un tipo particolare. Di scatto si girò notando il mio fissarla in maniera inebetita, se la rise sotto i baffi bisbigliandomi:
Piacere di conoscerti io sono Rosa! mi sganciò un sorriso da complice.
Elise Contraccambiai il sorriso.
Le ore successive trascorsero lentissime, le lezioni sembravano non finire mai, il professor Faraize non rendeva di certo le cose interessanti cercai di fare appello a tutto il mio senso di responsabilità per prendere appunti sulle sue approfonditissime spiegazioni. Fortunatamente le chiacchiere buttate lì con Rosa alleggerirono la situazione e riuscì ad arrivare al pomeriggio senza tentare il suicidio. Quando la campanella suonò io e lei eravamo diventate già migliori amiche, avevamo tanto in comune ci piaceva la stessa musica e odiavamo entrambe la matematica. Per me tanto bastava. Ci lasciammo sulla porta con un occhiolino e un appuntamento il giorno dopo per andare a mangiare insieme un muffin in centro. Quella giornata davvero sembrava non finire mai. Attraversai il cortile guardandomi attorno, in cerca della palestra. Devo ammettere però che più la esploravo più quella scuola mi piaceva. E se cominciavo a pensare che il peggio fosse passato, mi sbagliavo di grosso. Al club di basket mi fu detto che siccome ero quella nuova avrei dovuto prima di tutto “riscaldarmi” mettendo a posto tutta l’attrezzatura e lucidando i palloni. Boris il mio coach non mi presentò nemmeno la squadra trascinandomi dritta al deposito attrezzi, sembrava quasi non spettasse altro. Decisamente non può andare peggio la giornata pensai. Iniziai a raccogliere ogni genere di cianfrusaglia sportiva dal deposito. Mi chiesi per tutto il tempo quanto potevano essere disordinati un gruppo di uomini che non aveva in testa altro che palle. Risi compiaciuta del mio stesso sense of humor mentre continuavano i miei affondi da giovane raccoglitrice di ciarpame. Devo dire poi che lucidare i palloni fu la parte più interessante. Iniziai tutta una ricerca filosofica sulla terra e il senso della vita. Ci misi un eternità. I ragazzi della squadra se ne andavano uno dopo l’altro mentre io ancora andavo per olio di gomito. Il coach facendo per andarsene mi indicò gli spogliatoi e mi disse di andare a ritirare la divisa della quadra che aveva preparato per me quando avessi finito. Certo non potevo di certo mancare un pallone, sarebbe una catastrofe. Mentre lo guardavo andare via mollai secchi e stracci e decisi che per oggi la giornata mi era davvero bastata e che potevo tornare a casa a pensare seriamente di lasciare il paese per sempre. Entrai nello spogliatoio e vidi la mia divisa poggiata su una panchina. Devo ammettere che era figa sul serio. Sfilai con cura la mia camicetta blu scelta appositamente per fare bella impressione il primo giorno, la ripiegai con attenzione e mi infilai la canottiera della squadra quando alle mie spalle sentì battere le mani.
“Grazie infinite per lo spettacolo.”
Il mio flusso sanguigno defluì tutto nelle guance mentre mi voltavo lentamente per guardare negli occhi la mia ennesima figuraccia.  
“Esattamente, come hai fatto a non notare la scritta sulla porta che dice a caratteri cubitali SPOGLIATOIO MASCHILE?”
Io ero impietrita. Davanti a me un uomo bello, bagnato e mezzo nudo, i raggi x partirono in automatico. Una cascata di capelli rosso fuoco gocciolava su un viso beffardo e assolutamente perfetto, le sopracciglia inarcate facevano da cornice ad un paio di occhi verde intenso fissi nei miei, le spalle larghe e il suo petto. Cristo, il suo petto scolpito nei minimi dettagli. Seguì con lo sguardo una goccia che gli scese fino all’asciugamano che gli copriva il bassoventre e mi sentivo avvampare.
“Hey, ragazzina si paga un biglietto di solito per godersi lo show, hai intenzione di stare lì a fissarmi ancora per molto?”
La sua gentilezza mi stizzì tanto da riportarmi subito alla realtà riprendendo a pieno le mie facoltà mentali.
“Calmati dolcezza me ne sto andando dovevo solo prendere la mia divisa!”
“Ah, sei la ragazza nuova! Oggi non si è parlato d’altro che del tuo salto acrobatico triplo in classe!”
“Non avete niente di meglio da fare da queste parti?”
“Ci annoiamo facilmente.”
“Lieta di intrattenervi”
“Pensavo di stare intrattenendo io te adesso...”
“Ceeerto. Si, ciao dolcezza, ci si vede in giro.” 

Girai i tacchi il può velocemente possibile cercando di scappare kilometri lontano da quel tipo che trasudava nient’altro che PROBLEMI.
“Hey ti stai dimenticando qualcosa o sbaglio!?”
“Ma non penso prop…”
 Mi voltai di scatto indietro e vidi la mia adorata camicetta blu che penzolava dal suo dito. Mi soffermai in attimo a fissare la sua espressione divertita e quel sorrisetto maligno che non accennava a smuoversi, ritornai poi sulla mia camicia. Mi avvicinai con cautela come si avvicina un coniglio alla tana del lupo, e me lo sentivo, oh se me lo sentivo che un lupo in confronto sarebbe stato come un compagno di merende. Allungai la mano per afferrare la camicia e sentì la sua tirarmi. Mi ritrovai senza neanche rendermene conto, in un attimo, contro il muro dello spogliatoio, le mani sopra la testa strette in una morsa e il peso del suo corpo caldo e umido contro il mio. Non riuscivo a muovermi e non riuscivo a realizzare, non mi rendevo conto neanche di respirare in quell’istante in cui vedevo rosso. Lui si avvicinava sempre di più alla mia faccia e l’ultima cosa che riuscì a distinguere fu solo quel sorrisetto beffardo trasformarsi in un vero e proprio ghigno. Nella mia mente bianco.

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Capitolo 2
*** Tra gli scaffali impolverati ***


Era passata poco più di una settimana da quando mi ero trasferita, e la mia vita si faceva ogni giorno più complicata. Il semplice socializzare con i miei nuovi compagni di classe non era affatto facile ma se non altro avevo Rosa a darmi una mano. Lei mi inserì un po’ nel suo gruppetto di amiche, conobbi così Melody, Iris e Violet. Passavamo insieme la maggior parte del tempo, certo il poco tempo che avevamo tra la fine di una lezione e l’inizio dell’altra e questo non è che favorisse di gran ché la conversazione. Il conoscere meglio i miei compagni passò nettamente in secondo piano dopo che mi resi conto che per stare al passo con il resto della classe avrei dovuto studiare il triplo di quando in realtà fossi abituata e così passavo tutto il mio tempo libero rinchiusa in biblioteca a ripassare. Non che la vita sociale mi mancasse poi così tanto. Dopo il mio incontro ravvicinato con mister simpatia nello spogliatoio maschile avevo gran cura di evitare assolutamente ogni genere di portatore del cromosoma XY. Il solo pensarci mi faceva ribollire di rabbia, quel maledetto, non sapevo ancora bene chi fosse e da dove venisse ma su di sé incombeva una vendetta imminente. Bloccarmi in un angolo e avvicinarsi tanto per poi scoppiarmi a ridere in faccia. “Dovresti guardare la tua espressione adesso…” mi sbottò d’un fiato mentre non riusciva a smettere di ridersela. Oh caro mio, vedremo chi riderà per ultimo. A mia zia Remie di tutti questi problemi non è che parlai, non volevo farla preoccupare inutilmente, potevo cavarmela anche da sola e la situazione sarebbe migliorata con un po’ di tempo. Dovevo solo rimettermi in carreggiata. Quel lunedì mattina finimmo le lezioni con grande anticipo perché Mr Faraize aveva chiesto un permesso per accompagnare il cane a fare la toletta. Giuro che non ci volevo credere quando ce ne parlò in classe. Erano tutti pazzi in quella scuola e il pensiero di impazzire con loro mi faceva gelare il sangue. Ad ogni modo la triste e solitaria vita del mio professore aveva dato a me la possibilità di trascorrere una gioiosa e movimentata giornata nella biblioteca del liceo in cerca di vecchi e polverosi manuali di storia moderna per poter scrivere un saggio di cinque pagine sul tema “La modernità del XVII secolo” roba forte eh.
Presi posto in quello che ormai era diventato il mio angolo sicuro della scuola, la sedia in pelle aveva preso già la forma del mio sedere, riposi ordinatamente tutti i libri che mi sarebbero serviti davanti a me e cominciai a scarabocchiare parole insensate sperando mi venisse qualche idea per il saggio. Dopo quasi mezz’ora passata in compagnia di un frustratissimo blocco dello scrittore alzai il naso dai libri e mi guardai intorno. Notai che al banco di fianco il mio una cascata color miele era impegnata a leggere intentamente chissà che manuale. “Dio, Nathaniel quanto puoi essere carino con quell’espressione seriosa.” fu in assoluto la prima cosa che pensai. Nathaniel era l’unico ragazzo a scuola a cui adoravo dare il buongiorno al mattino, anche perché dal nostro primo incontro non c’era stato modo di dirsi altro. Con lui di fianco concentrarsi sul da farsi divenne sempre più un impresa e con una media di circa un minuto e mezzo alzavo lo sguardo verso di lui e mi fermavo ad osservarlo. La testa china appoggiato ad una mano, i suoi capelli che gli coprivano la fronte, il suo profilo perfetto, sarei rimasta lì per ore solo a contemplarlo. Ad un certo punto la sua mano si spostò e lui girandosi fece si che i nostri sguardi si incrociassero. Io restai attonita mentre vidi sul suo viso aprirsi uno di quei sorrisi a cui tutte le mattine erano rivolte le mie attenzioni e tentai goffamente di ricambiarvi ritornando subito con la testa nei miei scarabocchi. Avrei voluto alzarmi per andargli a parlare ma il mio imbarazzo ebbe il sopravvento. Mi limitai di tanto in tanto ad alzare lo sguardo e sbirciare nella sua direzione sperando dentro di me che lui facesse lo stesso. Lo so che probabilmente dall’esterno dovevo sembrare una stalker impazzita, ma fidatevi neanche voi avreste continuato a pensare a re e corti con uno spettacolo del genere davanti. In preda alla mia serie spietata di sguardi per una frazione di secondo mentre abbassavo gli occhi vidi i suoi cercare i miei. Mi fissai sull’unica frase che ero riuscita a scrivere in un ora o giù di lì “Ma che cos’è il XVII secolo?!” mentre sentivo il suo sguardo su di me. In preda al panico mi alzai dalla sedia e mi voltai per andare alla scaffalatura più vicina a fingere sfacciatamente di cercare un qualche libro pur di liberarmi di quell’imbarazzo e riordinare i pensieri che Nathaniel mi aveva scombussolato. Mi ci volle una buona quindicina di minuti per calmarmi e scacciare ogni genere di fantasia poco innocente di me e Nathaniel che ci baciamo appassionatamente tra libri impolverati che si riproduceva in loop nel mio cervello. Solo che ritornata alla mia postazione notai che quella del mio sogno ad occhi aperti era vuota. Mi sentì davvero un imbranata e mi decisi a raccogliere tutte le mie cose per andarmene a mia volta in piena rassegnazione, restare lì voleva dire la morte del mio compito di storia. Mentre stavo per lasciare la sala consultazione con lo zaino in spalla e la tristezza nel cuore sentì la sua voce da dietro.
“Te ne vai di già?”
E la gioia era ritornata a farmi da padrona.
“La mia forza di volontà e la mia concentrazione oggi fanno davvero schifo. Devo scrivere un saggio di storia per venerdì e non so neanche da dove iniziare.”
“Sembra promettere bene questo capolavoro!”
“Sono in preda allo sconforto!”

Non era affatto vero in quel momento per me era natale, e c’era una bambina dentro di me che saltellava di felicità per il fatto che lui fosse con me.
“So che ce la farai! E porterai un Nobel a casa!”
“Si, magari tra qualche secolo! Non ci capisco più nulla, sto cercando di fare il mio meglio per rimettermi in pari con i programmi ma sembra che il mio genio sia troppo limitato per questa scuola.”
“Ti stai trovando tanto male..?”
“Abbastanza…”

Dovevo avere proprio un aria sconfortata perché le parole che sentì dopo furono come un fulmine a ciel sereno.
“Dai, vieni c’è una sala per i lavori di gruppo di là, ti aiuto io con questo saggio.”
Il mio cuore lì si fermò proprio. Non feci in tempo a metabolizzare il io + Nathaniel + studiare insieme che mi ritrovai accanto a lui, uno o due centimetri a separarci. Riuscivo a sentire il profumo di lavanda dei suoi capelli mentre mi illustrava un piano su come impostare il lavoro. Ero assolutamente inebriata. Cercai di darmi un tono non appena mi resi conto della sconcertante professionalità di Nathaniel che in soli 5 minuti era riuscito in quello per cui io avevo perso ore. Iniziai a prenderci la mano anch’io, d’un tratto avevo la mia ispirazione giusto accanto a me. Mi concedevo di tanto in tanto qualche minuto di pausa mentre lui rivedeva il mio lavoro, e restavo ad osservarlo. Ammetto che il pensiero di saltargli addosso mi aveva sfiorato una o due volte, ma ero davvero felice, da quando c’eravamo incontrati la prima volta non avevo sperato che in un occasione per passare un po’ di tempo insieme, e adesso eravamo lì. Le ore passarono senza che me ne accorgessi e quando finalmente misi un punto alla fine del mio saggio davvero non stentavo a crederci.
“Sembra buono!”
“Tu dici?”
“Elise, smettila di preoccuparti, hai tante possibilità e ti farò vedere che tra qualche mese di tutte le difficoltà che ti sembrano insormontabili adesso non ti ricorderai neppure. Impegnati nello studio e tutto andrà bene.”
“Dio, per qualche secondo mi è sembrato davvero di avere di fronte il professor Faraizer!”

Mi guardò per un istante interdetto e scoppiò in una grossa risata ed io non potei fare a meno di seguirlo. Era stato un piccolo bonus della giornata avere il piacere di sentirgli pronunciare il mio nome con tanta cura.
“Sono stanchissimo adesso.” Fece per sgranchirsi le spalle mentre io cercavo qualche idea geniale che mi permettesse di guadagnare altro tempo con lui.
“Ti va se ti offro un caffè per sdebitarmi?”
“Uhm, il caffè va bene, mi ci vuole! Ma non esiste che offri tu!”
“Dobbiamo davvero adesso passare tutto il tempo che ci separa tra la noi e la caffetteria a bisticciare su chi offrirà il caffè a chi?”
“Non mi sembra necessario perché abbiamo già bocciato la tua proposta!”

Raccolsi in fretta le mie cose con estrema incuranza e seguì Nathaniel fuori dalla biblioteca. Mi impegnai a fargli il verso per tutto il tragitto prendendolo un po’ in giro per la sua vena da burocrate impegnato. Lui rise insieme a me, raccontandomi un po’ di come aveva iniziato la sua brillante carriera da segretario scolastico. Arrivati alla caffetteria del liceo non vedevo l’ora di affondare il muso in una super cappuccino doppio mentre lui scelse un espresso.
“Professionale anche nella scelta del caffè” esclamai sarcastica e lui mi prese in giro per l’enorme macchia di schiuma che mi ero lasciata sul naso. “Sei proprio una bambina!”. Ci sedemmo ad un tavolino e iniziammo a chiacchierare del più e del meno, la scuola, il trasferimento fino ad arrivare al club di basket.
“Non ne voglio parlare ti prego mi trattano come una schiavetta, solo perché sono l’unica ragazza!”
“Un po’ di pazienza credo che sia normale all’inizio, devi solo integrarti in squadra!”
“Non ci tengo per niente ad integrarmi in squadra. E poi c’è un ragazzo insopportabile, non so neppure come si chiami so solo che lo odio a morte.”
“E chi sarebbe?”
mi chiese divertito
“Non lo so un idiota dai capelli rossi e viene al club solo quando si ricorda!”
Nathaniel scoppiò a ridermi in faccia ed un espressione enigmatica si fece spazio sul mio viso.
“Deve essere Castiel!”
“Non mi interessa qual è il nome di quel cretino so solo che patirà le pene dell’inferno appena me lo ritrovo sottomano!”
“Si è decisamente Castiel! Lui è il capitano della squadra di basket, e crede di essere migliore di tutti ecco perché si permette di venire a scuola quando gli pare!... ma cosa ti ha fatto per meritarsi tanto astio?”

Ripensando all’accaduto mi sentì le guance avvampare, non avrei mai potuto raccontargli una storia del genere, così cercai velocemente di cambiare argomento. Gli chiesi un po’ di lui e di quello che gli piaceva fare quando non era impegnato a scuola. Restammo a chiacchierare un altro po’ e io iniziai a pensare a quanto fosse migliorata la giornata, lo sconforto di stamattina era completamente passato, e questo era l’effetto Nathaniel.
“Accidenti, si è fatto tardi io devo scappare a casa ho un po’ di cose da sistemare!”
“Oh certo figurati, anzi scusami se ti ho trattenuto!”
“Trattenuto!? Elise sei tu ad essere troppo formale adesso! Grazie per la chiacchierata mi sono divertito!”
“Anch’io Nathaniel… davvero!”
“Ci vediamo domani?”
“Certo, a domani signor segretario!”
“Arrivederci signorina Lanvier!”

Abbozzò un inchino e andò via di fretta, lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava e mi sentivo cento metri sopra la terra, leggera e fluttuante. Quando stavo con Nathaniel il mondo sembrava un po’ più facile da sopportare. 

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Capitolo 3
*** Mercoledi da incubo ***


Era un mercoledi. Io odiavo i mercoledi. Io odiavo i mercoledi perché i mercoledi ero costretta a restare fino a tardi a scuola. Io odiavo i mercoledi perché tutti i santi mercoledi ero costretta a restare fino a tardi a scuola ad occuparmi del club di basket. Quel mercoledi non era diverso da tutti quelli che avevo già vissuto da quando settembre era arrivato, avevo appena finito di seguire le lezioni e restai un po’ in cortile con le ragazze a chiacchierare di vestiti, prendendo in giro i professori e lamentandomi di quanto avrei voluto tornare a casa con loro invece di restare lì. Rosa cercava in vano di convincermi del fatto che passare qualche ora del mio tempo a guardare un po’ di bei ragazzi sudati in calzoncini sculettare davanti ai miei occhi per tutto il tempo non sarebbe dovuto essere un tale supplizio, e come ogni settimana cercai di convincerla a scambiarci i club. Lei aveva quello di giornalismo, tutti vorrebbero entrare nel club di giornalismo! Iris invece era in quello di giardinaggio, e io mi divertivo un sacco a prenderla in giro. “Che farete domani!? Inventerete qualcosa di sana pianta!?” 
A volte se potessi mi darei tante pacche sulla spalla da sola per il mio umorismo così pungente.
“Davvero divertente, Elise. Ti lascio al basket mentre IO me ne torno a casa a fare un riposino rigenerante!”
“Questa è cattiveria Iris!”

Rosa se la rideva di gusto ad ascoltarci quando solo alla fine del suo divertimento ebbe l’ardire di suggerirmi che stavo facendo tardi lasciai entrambe con bacio veloce e mi misi a correre in direzione della palestra. Più mi avvicinavo alla meta più il mio stomaco si contorceva e la sensazione che quel pomeriggio sarebbe stato un disastro si faceva strada in me. Riuscivo a sentirlo. Lui era li, lo percepivo. La sua aura maligna si diffondeva nell’aria, e ad ogni passo ogni singola particella del mio corpo mi invitava ad un retro\front con fuga tattica. Varcata la soglia della palestra me il suo profilo fu la prima cosa che vidi. Restai qualche minuto senza fiato mentre lo osservavo giocare con gli altri compagni, era davvero bravo. Era un viscido serpente dannatamente bravo a mettersi in monstra. Non gli sfuggiva un passaggio, riusciva a marcare tutti i sui avversari. Era lì ansimante e con i capelli che gli svolazzavano sulla fronte sudata e i muscoli tesi, destreggiandosi con eleganza fino ad arrivare ad un canestro perfetto. Che razza di esibizionista. Stizzita e rassegnata al fatto che il mio subconscio abbia qualche potere mistico in grado di captare il male attraversai il campo incurante delle persone intorno a me. Cercava attenzioni e da me non le avrebbe avute.
“Time out ragazzi, è ora di fare qualche flessione avete delle gelatine al posto delle braccia!” ringhiò Boris dal fondo della sala.
“Signorina Lanvier siamo in ritardo. Sono passate le 4 mi pare!”
“Chiedo scusa Coach avevo degli appunti da recuperare! E dopotutto il ciarpame da risistemare non scappa mica!”
“Crede di essere spiritosa signorina!?”

“Io!? Per niente signo….”
“Si infili immediatamente la tuta, si unisca a gli altri per le flessioni!”
“Ma… io veramente...”
“Mi sembrava che volesse essere inviata a partecipare alla festa signorina!? Non è cosi!? La sto accontentando! Si sbrighi!” 

Restai qualche momento così, come una scimmietta ammaestrata, ero sbigottita e terrorizzata da quello che il futuro aveva in serbo per me. La mia pigrizia aveva preso il sopravvento per 16 lunghi anni della mia vita e il mio corpo rigettava qualsiasi tipo di vago sentore sportivo. Avanzai a grandi passi verso lo spogliatoio e quasi non riuscivo a respirare mentre infilavo l’uniforme della squadra, mi guardai allo specchio per un istante prima di uscire mi sistemai i capelli biondi in una coda alla meglio e osservai il colore rosso porpora della canottiera, in quel momento fu come se qualcuno mi avesse dato un pugno in piena faccia. I sospiri accompagnarono il mio ritorno in sala mentre tutti erano già a faccia a terra ascoltando le direttive del coach. Il mio cervello fece un rapido esame della situazione mentre i miei occhi cercarono lui. Iniziai a pregare con tutta me stessa che un abisso si mettesse fra noi, mi bastavano anche solo un paio di ragazzi sudaticci.
“Signorina prego ha bisogno della standing ovation!? Si metta qui faccia a terra subito!” 
“cazzo.” Perché dio non mi vuole bene!? Perché?!
Il Coach indicò l’unico microspazio vitale che separava il mio persecutore dal mondo, e io ero inerme.
Riuscì solo a scorgere di sfuggita il suo solito sorrisetto malefico che si faceva largo sulla stupida faccia mentre il mio corpo entrò in contatto con il parquet gelido della palestra.

 “1. Siamo solo all’inizio signori, piegate quelle braccia!” 

“Ciao ragazzina!”
“Ciao Castiel! Credo che dovresti aggiustarti il colore ho notato che ti si vede la ricrescita!” 


“2. Ma andiamo!? Scherziamo vi faccio arrivare a 50 se non vi impegnate!?”

“Qualcuno ha fatto delle ricerche!”
“Mi è bastato dire idiota perché tutti mi facessero il tuo nome!”

“3. Scendete ancora!!”

“A me basterà dire tavola da surf perché la gente mi faccia il tuo!?”
“Puoi anche non chiamarmi, ne sarei solo felice!”


“4. Non ci siamo ancora!!!”

“E tu credi che voglia renderti felice?”
“La tua morte prima o poi mi renderà tale!”

“5. Allora quei sederi al vento!?!”

“A quanto pare nessuno ti ha insegnato l’educazione, ragazzina!”
“Educazione l’hai letta stamattina sul tuo prezioso calendario delle parole del giorno?”

“6. Siete delle mammolette.” 


“Mentre il tuo sarcasmo era in offerta?”
“3x2, se vuoi te ne lascio un po’, magari diventi più interessante.”

“7. Neanche delle flessioni siete in grado di fare come pretendete di giocare!”



“Potrei volere qualcos’altro da te.” 
Mi mancava il respiro tutto quel flettersi, sentivo che la maggior parte delle mie energie che se andavano per riuscire a tenere testa a quell’idiota. Il mio sforzo fisico maggiore negli ultimi tempi si era ridotto allo stiracchiarsi la mattina appena scesa dal letto. Il mio corpo stava per crollare ma la il mia mente si opponeva. Dovevo resistere.

“8. No,no,no il primo che si ferma ne farà un'altra serie da 10!”

“E di grazia cos’è che potresti volere!?”

Mi sentivo mancare.

“Oh, per il momento mi basta ammirarti prostrata a terra ansimante.” 

“9. Siete una completa delusione.”

“Ti spacco la faccia Castiel.” 

Volevo ucciderlo con le mie stesse mani. In quel preciso istante. Davanti a tutti quei testimoni. Non mi importava.

“10. Alzatevi! 20 giri del cortile adesso! Siete stati uno spettacolo penoso!”

“Peccato che prima però dovresti riuscire ad alzarti, Elise.”

Stramazzai di lungo sul parquet. Ero stremata, e senza fiato non riuscivo a muovermi, tradita dal mio stesso corpo, restai accasciata ancora al suolo respirando a fatica mentre con assoluto disprezzo osservai la sua faccia, il suo ghigno, mi fece l’occhiolino e si rigirò seguendo gli altri fuori dalla palestra. Restai qualche attimo a sbollire cercando di fare leva sulla ultime energie che mi restavano. Il suono del mio nome pronunciato dalle labbra di quel maledetto mi ripugnava. A quanto pare aveva fatto ricerche anche lui.

“Signorina Lanvier si ricomponga e sistemi questa topaia, spero che in futuro non si lamenterà più dei compiti elementari che le vengono assegnati!” 

Ero rimasta sola e inerme. La mia me stessa interiore si sentiva un vero schifo insieme alla me esteriore che la prese sotto braccio. Mi ricomposi e mi drizzai sulla schiena guardando intorno la desolazione generata dalla mia sconfitta. Cercai di rassettare alla bene e meglio la sala il più in fretta possibile. Il mio ego ferito voleva solo scappare per rifugiarsi a casa. Furono i 20 minuti più lunghi della mia intera esistenza. Imboccai le scale di servizio che collegano la palestra all’istituto cercando accuratamente di evitare di passare per il cortile, in modo da non incrociare i miei compagni e ritornai nel corridoio principale. Lo attraversai a testa bassa per raggiungere l’armadietto recuperare le mie cose e filarmela da quell’inferno che chiamavano liceo. Dovevo trovare assolutamente un modo per rifarmi, avrei potuto iniziare a lavorare un po’ sulla mia resistenza. Potevo cominciare ad andare a correre la mattina presto o alla sera, iniziare una qualche dieta e fare un po’ più di allenamento. Volevo entrare in squadra, e questa volta il mio buon proposito non era campato in aria, gliel’avrei fatta vedere io. Non avevano nulla quegli energumeni che io non avessi anzi, magari avevo io qualcosa in più. Mi sarei impegnata e mi sarei presa la rivincita ormai ne ero convinta, e sapevo di potercela fare. Immersa nei miei pensieri di grandi cambiamenti esistenziali infilavo nello zainetto i libri per ripassare qualche formula di matematica che mi sarebbero serviti l’indomani per il “piccolo test” che il professore ci aveva assegnato quando vidi di sfuggita Nathaniel uscire e chiudersi alle spalle il suo ufficio. Un po’ di effetto Nathaniel in quel momento era tutto quello di cui avevo bisogno, me lo sentivo. Divenni raggiante al solo pensiero che già la mia mano si alzò per salutarlo ed  invitarlo a raggiungermi.
“Hey segretario!”
“Elise!” 

Mi sfoderò uno dei suoi sorrisi più belli scacciando così l’orribile eco del mio nome pronunciato dal mio acerrimo nemico qualche minuto prima.
“Che ci fai ancora qui è tardi!”
“Oh. Ho appena finito di risistemare qualche pratica arretrata, sono completamente esausto.”
“A chi lo dici.”
“Che succede, hai una faccia.”

“Diciamo che oggi ho ricevuto una sonora lezione dal mio coach, che mi ha buttato a terra in tutti i sensi possibili.”
“Mi dispiace, posso provare a tirarti un po’ su?”
“Figurati. Penso mi sia servito da domani mi impegnerò solennemente per dimostrare a quelle scimmie che sono in grado anch’io di fare tutto quello che fanno loro e anche meglio!”
“Così mi piaci! Ti voglio combattiva!”

“Oh Nathaniel.”
“Cosa c’è!?”
“Perché non ho scelto il giardinaggio!?” 

Scoppiò in una grossa risata e i suoi occhi dorati si accesero divertiti.
“Mi sembrava di aver capito che il pollice verde non fosse per te!”
“Te ne ricordi ancora…”
“Andiamo ti riaccompagno a casa, ti va?”
“Certo!”

Ecco fatto, tutto aveva ritrovato il suo equilibrio. Io, Nathaniel e decine di buoni propositi per i giorni avvenire. Lo accompagnai all’armadietto a prendere le sue cose e lasciammo insieme la scuola, davanti a noi uno di quei tramonti brillanti che mi rimisero in pace con il mondo. Il cielo era completamente arancione e le nuvole si diradavano, l’autunno non era ancora arrivato e l’aria intorno era ancora calda e piacevole. Ci incamminammo verso casa chiacchierando su come in poco tempo sarei diventata una stella del basket ammirata e rispettata da tutti. Gli raccontai della mia disavventura in palestra e lui insistette per fermarci a prendere un dolcetto di consolazione. Lungo il tragitto Nathaniel mi raccontò tutto sulle ultime avventure dei romanzi che aveva letto iniziammo a parlare di letteratura e scoprimmo di avere un sacco di libri preferiti in comune dai gialli di Agatha Christie, passando per la nostra infanzia imbarazzante con Geronimo Stilton, arrivando a parlare di poesia e citando Prevert. Fu davvero romantico ascoltarlo recitare qualche verso anche se sapevo perfettamente che non fondo non li stava veramente dedicando a me. Entrammo lentamente nel vialetto di casa mia e più la porta si avvicinava più cercavo di avere un contatto fisico con lui. Ma il mio imbarazzo ebbe il sopravvento. Ci fermammo girandoci l’uno di fronte all’altra per salutarci e per un momento scese tra noi un alone di disagio che riuscivo perfettamente a distinguere, quando dalla porta di casa apparve mia zia Remie a placarci.
“Allora!? Sei tornata finalmente!”
“Oh, scusa zia pensavo fossi ancora a lavoro!”
“Buonasera signora!”
“E questo giovanotto sarebbe?”
“Mi chiamo Nathaniel un compagno di scuola. Ho insistito io per accompagnare a casa Elise, mi scuso per il ritardo.”
“Oh figurati che giovanotto gentile!” 

Guardavo la faccia di mia zia estasiata per l’atteggiamento da principe azzurro di Nathaniel e non volevo altro che quel momento finisse alla svelta.
“Beh Segretario ci vediamo domani a scuola allora!”
“Certo, buona serata Elise. E ottima serata a lei signora!”
“Ciao Nathaniel, vieni a trovarci presto mi raccomando!”

Volevo sprofondare. Mia zia stava davvero facendo la ruffiana con il mio ragazzo!? Ok, non era il mio ragazzo, ma ci siamo capiti insomma.
Nathaniel mi fece un cenno divertito mentre imboccò il cancello incamminandosi verso casa.
“Caspita!!! Ma dove l’hai trovato!? Ha un fratello più grande, un padre!?”
“Zia!!!!”
“Andiamo entra, sto solo scherzando. Ho preparato le lasagne, spero tu abbia fame.”

“Diciamo pure che hai –scongelato- le lasagne!” 
“Non sei per niente divertente. Puoi anche non cenare per quanto mi riguarda!”
“Muoio di fame. Dai!” 

L’indomani la sveglia suonò alle sei e trenta, ero decisa a fare grandi cambiamenti nella mia vita e ci avrei messo tutta la buona volontà. Presi un thè al volo per reidratarmi e mi infilai la mia tuta preferita, che avevo messo si e no un paio di volte in vita mia, per poi sgusciare di casa il più silenziosamente possibile. Iniziai a marciare a passo svelto in direzione del parco decisa nel fare una breve corsetta prima di incominciare le lezioni. Il sole stava per sorgere e l’aria fredda mi pizzicava il naso, stavo bene, e intorno a me c’era solo silenzio. Il gran parco di Everhill distava solo pochi metri da casa di mia zia ed era il luogo di dove preferivo andare pieno di fontane e fiori colorati. Decisi ad infilarmi le cuffiette e cercare una canzone che mi desse la carica per cominciare il mio allenamento quando da lontano riconobbi una chioma rossa che si avvicinava a gran velocità nella mia direzione. Mi si gelò il sangue. Riconobbi Castiel da lontano, e lui fece altrettanto incatenando i sui occhi grigi nei miei. Non so che razza di faccia dovevo avere in quel momento ma la sua era di sicuro esterrefatta.
“Che ci fai tu qui?”
“Non sono affari tuoi. Lasciami il mio spazio vitale e vai a correre da qualche altra parte!” 

Scoppiò a ridere iniziando come al solito a farsi beffa di me.
“Non mi dire che dopo la lezioncina di ieri ti sei decisa a fare qualcosa per quel gracile corpicino!”
“Quello che facciamo io e il mio gracile corpicino non ti riguarda, non abbiamo bisogno dei tuoi commenti. Che diavolo ci fai poi tu qui a quest’ora!”
“Io vengo tutte le mattine qui a correre ragazzina!”
“Perfetto, adesso che lo so cercherò i sentieri più remoti del parco!”
“Come vuoi ma sappi però che…” 
cominciò a dire avvicinandosi sempre più pericolosamente al mio orecchio “…Potrebbe essere pericoloso con nessuno in giro avventurarsi nella radura da sola.”
Vidi un sorriso malizioso farsi strada sulla sua faccia mentre indietreggiavo da quel demonio. Lui si mise a ridere e riprese a correre passandomi di fianco. Ancora una volta inerme mi lasciò lì da sola, a chiedermi cosa avessi fatto di male perché la giustizia divina mi puniva in questo modo. Decisa a lasciarmi quello sventurato incontro alle spalle iniziai il mio allenamento e dopo poco più di un ora stavo già rivarcando la porta di casa per prepararmi ad andare a scuola. Entrando sentì l’aroma di caffè appena fatto e mia zia in cucina a fare colazione. Vedendomi rimase sbalordita con gli occhi sgranati, la bocca aperta e la tazza di caffè sospesa a mezz’aria.
“Non ci credo. A che ora ti sei svegliata?”
“Alle 6 e mezza. Perché fai quella faccia? Passami un po’ di caffè!”
“Dove saresti andata? Tieni.”
“A correre al parco. Pessima mossa non ho fatto atro che cominciare male la giornata. Ma sto cercando di allenarmi per entrare nella squadra di basket.”
“Non ci credo.”
“Oh andiamo smettila, posso essere un tipo sportivo anch’io.”
“Certo che no!!”
“Va bene vado a fare una doccia e mi preparo ad affrontare un'altra dura giornata liceale!”
“Incredibile.”

Lasciai mia zia perplessa in cucina e mi diressi in bagno. Mi fermai cinque secondi davanti lo specchio guardando la mia figura riflessa. Nonostante tutto ero fiera di me dovevo solo riuscire a mantenere i miei propositi, ce la volevo fare e ce l’avrei fatta.

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Capitolo 4
*** Questioni di famiglia ***


La metà di ottobre era arrivata, l'aria intorno si faceva sempre più fredda ed il cielo si incupiva sempre più spesso. Sorprendentemente le mie buone abitudini mattutine restarono e riuscivo a saltare fuori dal letto sempre prima per raggiungere il parco ed evitare spiacevoli incontri. Dopo un mese di duri allenamenti la mia resistenza fisica era migliorata e riuscivo ad apprezzare di più la corsetta giornaliera che mi dava la carica per affrontare le giornate. Riuscivo a rilassarmi e ad aprezzare la quiete della città che cambiava intorno a me, con un sottofondo musicale che sceglievo accuratamente. Avevo iniziato a mangiare sano, svegliarmi presto e fare esercizio ma ancora non riuscivo ad integrarmi a pieno nella nuova scuola. Quella mattina mentre tornavo a casa dal parco iniziai a chiedermi se fossi io il problema, e se i miei sforzi per socializzare non si fossero ridotti troppo l'assenziale civile convivenza con i miei compagni. Certo avevo Rosa, nell'ultimo periodo avevamo passato sempre più tempo insieme ed era l'unica persona con cui riuscivo a confidarmi, ma anche lei aveva la sua vita, il suo ragazzo e mi sentivo come se le sue attenzioni non mi bastassero. Mi ritrovai senza troppa attenzione in bagno, sfilandomi la tuta e cercando un po' di conforto e lucidità sotto l'acqua calda della doccia, continuando a perdermi nei miei pensieri. Mi asciugai i capelli, li raccolsi in una treccia e mi infilai i primi vestiti che si trovavano sul bordo dell'armadio un pull bordeaux e un vecchio jeans a brandelli, guardandomi alla specchio notai l'espressione cruciata del mio viso e due occhiaie scure che incastonavano i miei occhi. Sospirai rassegnata e decisi di usare un filo di trucco per non spaventare troppo i ragazzi a scuola, poi afferrai il mio termos di tea, la giacca di pelle e mi avviai verso scuola. Giunta all'ingresso del cancello principale, mentre sorseggiavo il mio tea ai mirtilli, vidi con la coda dell'occhio Iris che come una forsennata scavava nel suo zaino. Mi fermai e le andai incontro. 
"Hey buongiorno! Perso qualcosa?" 
"Oh Elise. E' un disastro. Un vero disastro." 
"Calmati! Che succede?" 
"Non riesco a trovare il compito di biologia! E' un disastro! che cosa dirò al prof!?" 
"Ferma un secondo. Di che compito di biologia stiamo parlando?" 
Mi si gelò il sangue alle parole di Iris, mi bloccai completamente e una bruttissima sensazione iniziò ad albergarsi del mio corpo. 
"Il compito che ci ha dato Faraizer la settimana scorsa!! La scadenza era fissata per oggi!" 
Riuscì in quel momento a sentire l'ultimo battito del mio cuore e la mia bocca esalare l'ultimo respiro mentre intorno a me voci fuori campo gridavano "la stiamo perdendo, la stia perdendo defibrillatore 50 cc presto!!" 
"Ah. Quel compito." 
"Non mi dire che te ne sei scordata!" 
"Ehm. No, non me ne sono scordata è una cosa che non avevo proprio piazzato nella mia mente." 
"Perfetto siamo nei guai in due adesso!" 
Ci avviammo verso l'aula come due che stavano per raggiungere il capezzale intente a pregare e a cercare di confortarci a vincenda ripetendoci che infondo mal comune era mezzo gaudio. Magari il professore non se la sarebbe presa troppo e sarebbe stato comprensivo. 

"Non mi lasciate altra scelta che mettervi in punizione! Avete avuto una settimana per consegnare il compito e non ammetto più scuse siamo quasi a metà semestre!" 
"Ma professore ascolti..." cercò Iris in vano di articolare.
"No! Non voglio sentire più scuse. Vi tratterrete dopo le lezioni. Entrambe! Sono stato chiaro signorina Lanvier!?... Andate in sala delegati dopo la campanella e vedete cosa possono darvi da fare!" 
La cosa peggiore fu la strilliata davanti tutta la classe, i nostri compagni se la ridevano sotto i baffi. Ancora non mi capacitavo di come avevo potuto dimenticare così di consegnare un compito, ma a che diavolo pensavo. La mia posizione in quella scuola era già abbastanza precaria mi ci stavo mettendo pure di impegno ad aggravarla. L'unica nota positiva a cui riuscivo a pensare è che almeno non ero sola e poteva essere un ottimo mezzo quello della punizione per cercare di legare con Iris. Il resto delle ore di lezione passarono lente e logoranti tra uno scarabocchio, due righe di appunti e le battute di Rosa che cercava di tirarmi su il morale. Aveva addirittura cercato di consolarmi con lo shopping, e ci accordammo per andarci il giorno successivo. A quanto pare si avvicinava il compleanno del fidanzato e voleva disperatamente dell'intimo nuovo. Mi fece molto ridere la convinzione con cui descriveva l'articolo che stava cercando e per un qualche istante ne fui anche un po' gelosa. Il suono della campanella finalmente arrivò e io e Iris ci guardammo rassegnate mentre recuperavamo le nostre cose per riporle negli zaini. 
"Elise, ti dispiace andare da sola in presidenza a chiedere della nostra punizione? Io devo cercare mio fratello e dirgli che non possiamo tornare a casa insieme!" 
"Certo non preoccuparti, ci rivediamo qui tra qualche minuto!" 
"Grazie mille, a tra poco allora." 
Mentre mi avviai verso la presidenza iniziai già ad immaginarmi la faccia che Nathaniel avrebbe fatto scoprendo che ero stata messa in punizione. Pensavo davvero che  avrebbe cominciato a farmi il terzo grado anche lui. Ah Nathaniel, ultimamente avevamo inziato a fare un sacco di cose insieme, ed ogni giorno che passava mi rendevo conto di apprezzarlo sempre di più. Il martedì era il giorno della tazza di caffè mattutino che a turno portavamo e bevevamo insieme o in cortile o nella saletta d'attesa della sala delegati se doveva lavorare. Il mercoledì mi riaccompagnava a casa dopo i club perchè diceva che le attività extra mi demoralizzavano e una me demoralizzara era un lui senza la sua dose di risate quotidiane così si offriva di tirarmi su il morale. Si, la giustificazione che usò mi sciolse talmente il cuore che ancora adesso ricordo le esatte parole e l'esatto tono che fece. Il venerdi pomeriggio invece studiavamo insieme in biblioteca, o meglio lui studiava io passavo la maggior parte del tempo a contemplare le sue espressioni, motivo per cui quel giorno mi trovavo in quella situazione. Ci era anche capitato di andare al cinema insieme una volta davano la versione originale di "The Big fish" e ci andammo con piacere. Persa nei miei pensieri sul mio principe azzurro mi ritrovai difronte la porta della presidenza titubante sul dafarsi. Girai con poca convinzione la maniglia della porta ed entrai, ma la prima figura a paramisi davanti non fu quella di Nathaniel. 
"Ciao Melody, che ci fai tu qui?" 
"Oh ciao Elise! Beh ecco io ci lavoro qui, ogni tanto do una mano a Nath con le scartoffie." 
"Ah, capisco. Beh ecco lui dov'è?"
"Perchè lo cerchi?" 
"Oh beh... vedi avrei un piccolo problemino da risolvere con lui!" 
"Problemino!?" 
In quel momento a salvarmi da quell'interrogatorio fu una testa bionda che comparve dall'altra sala con una pila di documenti in mano forse più alta di lui. 
"Elise, ciao! Che fai qui? Ho dimenticato qualche appuntamento? Sono sommerso oggi scusa!" 
"Ciao!" gli risposi allegra e pimpante "No, in verità sono qui per altro oggi." 
"Ovvero?" 
"Ecco ci sarebbe una piccola, piccolissima eh, questione di cui dovremmo discutere io e te." 
"E sarebbe..." Mi incitò con i gesti ad argomentare la mia affermazione 
"BEH!" Squittì io "E' successa una cosa buffa veramente buffissima sai... e insomma non so come mi sono ritrovata, sai non che l'abbia fatto apposta eh! Figuriamoci se sono il tipo!" 
"Elise che cos'hai combinato?" 
"Perchè pensi che abbia combinato qualcosa?" 
"Perchè stai cercando di girarci intorno da troppo tempo." sospirò. 
"Insomma, mi devi dare una punizione." 
"Perchè?" disse secco
"Ok, lo so che stai per iniziare, non è stata colpa mia ho dimenticato un piccolissimo compito che ci era stato assegnato e il prof non ha gradito e insomma per fartela breve io sono qui Iris è in classe e abbiamo bisogno che tu ci dia qualcosa da fare." 
"Non ci posso credere." 
"Non guardarmi così ti prego." 
"Come dovrei guardarti? Lo sapevo che fosse impossibile che avessi già finito di studiare venerdi!" 
"Venerdì?" Ci interruppe Melody. In realtà mi ero completamente dimenticata che ci fosse anche lei nella stanza. 
"Siamo andati a studiare insieme." rispose lui incurante senza mai staccare i suoi occhi dai miei, poi riprese "Va bene signorina c'è il laboratorio di scienze da ripulire e il sottoscala imbrattato tu e Iris potete iniziare da lì" 
"Perfetto." Gli risposi sospirando e feci per andarmene quando mi prese per un braccio e mi fermò 
"Passa di qui quando hai finito." Mi disse serio in volto e la cosa quasi mi inquietò. 
"Sarà fatto signore." Gli risposi abbozzando un sorriso. 
"I secchi e gli stracci sono nello scabuzziono del sottoscala." 
"Bene. Ehm, ci si vede Melody buon lavoro" 
"Oh anche a te Elise." 
Sgusciai fuori dall'ufficio e pensai tra me e me che sarebbe potuta andare peggio, infondo avevo solo visto finalmente lo sguardo deluso di Nathaniel rivolto a me che cosa sarà mai. Raggiunsi Iris in classe e le detti istruzioni, recuperammo i secchi e andammo nell'aula di scienze. Incominciai a raccontarle tra una strofinata e l'altra che ormai era diventata un abitudine per me ripulire il suolo scolastico e che probabilmente avrei dovuto iniziare a pretendere di essere pagata. Ridemmo tanto lei mi raccontò storie imbarazzanti su suo fratello e sul suo primo anno di liceo per farmi sentire meno goffa. Una volta finito di lavare il pavimento dell'aula ci avviammo verso il seminterrato per ripulire degli stupidissimi graffiti che erano stati fatti da chissà chi qualche giorno prima. Mentre scendevamo le scale sentimmo entrambe della musica proveninte da una delle vecchie aule del seminterrato e dopo esserci guardate come due complici al seguito di un piano maligno io e Iris ci soridemmo e andammo ad indagare. Abbandonati secchi e strofinacci ci attaccammo con l'orecchio alla porta e dalla serratura cercai di sbirciare. A un certo punto la musica fini ma io ero sempre più curiosa, mi piaceva quel motivo e volevo davvero sapere cosa stessero facendo a quell'ora in uno dei meandri abbandonati della scuola. Mentre ero intenta a sbirciare, intravedendo ombre e sentondo voci, la porta della stanza si aprì di colpo e io mi ritrovai a perdere l'equilibrio sprofondando la faccia sul pavimento. Mi ci volle qualche secondo di ripresa, mi aggiustai la faccia con le mani e vidi davanti a me un paio di converse rosse accese. Iniziai a salire con lo sguardo e più salivo più una certa familiare sensazione si impadroniva di me. 
"Non ci posso credere, stai diventando un ossessione ragazzina." 
Dio, perchè!?
Spalancai la bocca intontita e visibilmente irritata quando dietro di me Iris incominciò
"Potresti essere anche più gentile Castiel con le persone" 
"Oh Iris non ti ci mettere è lei che è una stalker!" 
"Stalker a chi!?!" Ribattei di tutta risposta 
"A te che mi segui ovunque!" fece lui 
"Io non ti seguo proprio da nessuna parte! E' dio che mi punisce non so per cosa mettendomi sempre te tra i piedi!" 
"Ammettilo una buona volta che non sai resistermi!"
"Ammettilo una buona volta che sogni ad occhi aperti!" 
"Hey smettetela voi due" riprese Iris 
"Non potrei essere più d'accordo, siete chiassosi." una voce sconosciuta aggiunse ditro le spalle di Castiel. 
Non passò molto dal dare a quella voce calda e morbida un volto. E credetemi era un volto angelico. Mi mise davanti un ragazzo alto, con i capelli lucenti e due occhi strani e affascinanti incastonati nel viso più perfetto che avessi mai visto. Mi tese una mano per aiutare ad alzarmi io la afferrai con poca convinzione e un visibile imbarazzo, quando mi rimisi in piedi la sua mano nella mia divenne una stretta e si presentò. 
"Io mi chiamo Lisandro, tu devi essere la ragazza nuova!" 
"Mi chiamo Elise, piacere di conoscerti" gli risposi sconcertata. 
"Va bene vi siete presentati possiamo andare. E' sempre un dispiacere ragazzina, Iris ci vediamo a casa." 
"Dispiacere reciproco dolcezza." 
"Ciao Cass" fece lei 
Lisandro ci abbozzò un sorriso gentile e subito i due partirono insieme. 
"Aspetta! CASA!?" Mi rivolsi a Iris sorpresa 
"E' mio fratello!" 
"Cosa!?!?!?" 
"Castiel è mio fratello." 
"E' stato bello essere amiche Iris" 
"Oh andiamo non mi dire che ti fai fermare da così poco!" 
"Non ci posso credere. Aspetta quindi tutte quelle cose che mi hai raccontato prima! Non ci credo ho materiale per prendermi gioco di lui per la sua intera esistenza" 
"Lieta di averti aiutata, avanti si sta facendo tardi dobbiamo finire il lavoro!" 
Ci mettemmo un infinità a finire di pulire quei tag, facemmo avanti e indietro dal bagno mille volte prima di riuscire a sbiadirli, intanto che strofinavo però non potevo fare a meno di pensare alle grandi rivelazioni della giornata Iris e quel maniaco del fratello e poi quel ragazzo nuovo dalla voce profonda. Guardai dalla finestra e mi accorsi che era completamente buio quando finimmo. Riposti tutti gli arnesi detti un bacio veloce a Iris per salutarla e andai abbattuta a prendermi la seconda parte della mia partaccia da Nathaniel. Pensai tra me e me che era carino anche quando si arrabbiava. Entrai in ufficio e fui lieta di vedere che Melody non aveva fatto gli straordinari con lui. 
"Hey che dici andiamo a casa?" tentai un approccio morbido sperando si fosse arreso e che fosse troppo stanco per sgridarmi 
"Sono esausto." crollò tra i fogli spofondandoci la testa e i suoi capelli biondi cascarono ovunque.  
"Lo so, è tardi, basta per oggi" gli dissi con dolcezza cercando di arruffianarlo un po' e mi misi dietro di lui alzando le mani all'altezza delle sue spalle per poi prendergliele e cominciare lentamente a massaggiarle. 
"Non sarà un massaggio a salvarti lo sai?" mi rispose alzando la testa piano e verso di me e i nostri occhi si incontrarono ancora.  
"Lo so, ma mi fa piacere lo stesso aiutarti a rilassarti!" feci con nochalance 
"Oggi è stato assurdo sto preparando tutti i documenti per programmare gli eventi di metà semestre!" 
"Che eventi ci saranno?" continuai il mio massaggio lento e ad affondi 
" Top secret ancora per un po', ti prego non smettere." disse tornando a sprofondare la testa nei fogli 
"Sei ancora arrabiato con me?" 
"Non sono arrabiato, ma sei una sconsiderata. E non voglio una prossima volta" 
"Non vuoi massaggi alle sei del pomeriggio, in una scuola vuota?" gli ammiccai
"Se è perchè ti sei trattenuta per una punizione no." mi rispose farfugliando da sotto le scartoffie 
"Sai non è stato male. Ho passato del tempo con Iris ed è davvero simpatica. Poi ho conosciuto un ragazzo nuovo!"
"E sarebbe?" continuava a farfugliare sotto la mia lenta morsa 
"Oh si chiama Lisandro e l'ho beccato con Castiel a suonare in un aula nel seminterrato!" 
"Già non hai idea quanto ci abbia combattuto per farlo smettere di usare la scuola come sua personale sala prove!" 
"Non hai avuto successo eh?" 
"E' un idiota." ammise rassegnato 
"Concordo." 
"Andiamo ti accompagno a casa!" 
"E' un bonus per il massaggio?" 
"Il tuo bonus è il non finire di striliarti. Ritieniti fortunata!" 
Ci avviammo entrambi verso casa al lume di luna discutendo accesamente su quale fosse il miglior Sharlok Holmes della storia del cinema e per la prima volta ci fermammo a casa sua per recuperare in libro che voleva assolutamente che leggessi. Mi fermai sbalordita difronte all'enorme cancello d'accesso a quella che era la villa più impressionante che avessi mai visto. Restai per qualche minuto a bocca aperta senza dire niente mentre Nathaniel cercava le sue chiavi nella borsa. 
"Nath, scusa se te lo chiedo, ma sei ricco alla Richie Rich o cosa?" 
Lui scoppiò a ridere ma si fece visibilmente imbarazzato in volto. 
"Non proprio. Insomma è solo una casa." 
"Ah ceeeerto, solo una casa." 
Evitò di parlarne e ci incamminammo nel vialetto che dava verso un ingresso gigante con scalinate e colonne bianche. Tutt'intorno era pieno di fiori e l'aria era profumata. 
"Aspettami qui ci metto un attimo scendo e ti accompagno a casa" mi disse mentre girava le chiavi nella serratura del portone 
"Figurati, tranquillo!" 
Mentre mi guardavo intorno per ingannare l'attesa mi misi a giocherellare contando i miei passi e fingendomi una super acrobata intenta a preparare una pericolosa manovra su di un filo. Non riuscivo a crederci era bello, intelligente e ricco, mi sembrava quasi finto quel mio principe. Mentre mi perdevo ancora una volta nei miei pensieri una voce stridula alle mie spalle mi riportò alla realtà. 
"E tu chi saresti scusa!?" 
Mi girai di scatto e mi ritrovai davanti una bambolona bionda più o meno alta quanto me ma che i capelli voluminosissimi facevano sembrare enorme. Aveva dei bei lineamenti ma il suo viso era decisamente troppo truccato e rendeva impossibile decifrare un età. Mi soffermai sull'ampia scollatura che aveva e che le metteva in bella mostra il petto prosperoso. Decisamente eccessiva, pensai. 
"Sono un amica di Nathaniel, lo sto aspettando" feci tranquilla 
"Un amica del mio Nath? Non penso proprio." 
"Scusa!?" 
"Hai capito benissimo, non sei assolutamente all'altezza cocca!" 
"Esattamente cosa vorresti insinuare -cocca?" 
"Ma ti sei guardata recentemente? E poi sul serio lo stile darkettona è passato da un pezzo, ricuciti quei jeans!" 
"Come diavolo ti permetti razza di-"
Per fortuna Nathaniel ci interruppe, o meglio interruppe il mio sbocco camionista. 
"Ambra ti sembra l'ora di tornare a casa?" 
"Sono andata a fare shopping. Ma questa dove l'hai pescata?" 
"Questa!?" 
Nathaniel mi prese per un braccio e mi fermò ancora. 
"E' una mia cara amica e non ti permetto di essere maleducata con le mie amiche." 
"Fai come ti pare, peggio per te. Ci vediamo dopo" fece allontanandosi e sganciando un veloce bacio sulla guancia di Nathaniel che di istinto lasciò la presa dal mio braccio in quel preciso momento. Ero allibita e sconcertata. Ma chi cavolo era quella pazza uscita dal salone di Barbie parrucchiera. Non mi ero mai sentita più offesa in vita mia. 
"Ti prego di voler scusare il comportamento infantile di mia sorella!" 
"Sorella!?" 
"Non vi siete mai incontrate? Eppure anche lei è nella nostra stessa scuola"
"Ma che avete tutti oggi? Vi hanno scambiato i fratelli alla nascita?" 
"Cosa!?" 
"Niente lascia perdere, vado a casa." 
"Elise lasciati accompagnare." 
"Non fa niente segretario sei a casa infondo e io non sono troppo lontana, faccio due passi per schiarirmi le idee" 
"Ma non se ne parla!" 
Abbozzai un sorriso tenero e lo presi per la spalla 
"Non ti preoccupare, non mi rapiranno." 
Dopo quella giornata avevo proprio bisogno di digerire tutte quelle storie e non so perchè ma mi ero veramente offesa e non volevo continuare ad avere la compagnia di Nathaniel. 
"Se proprio ci tieni." 
"A domani!" 
"Ehm si... a domani Elise." 
Imboccai il cancello senza mai guardarmi indietro non lo so l'avevo presa male e basta. Ritornai a casa e buttai lo zaino da una parte prima di sprofondare la faccia nel cuscino. Mi sembrava davvero incredibile come due persone così piacevoli come Nathaniel e Iris potessero avere dei fratelli così insopportabili. Per di più quello che mi aveva detto quella vipera mi risuonava ancora chiaramente in testa, io non ero all'altezza di Nathaniel secondo lei, e questo pensiero iniziò seriamente a farsi largo in me. Decisi che a pancia piena ci avrei ragionato meglio e scesi in cucina per affondare i denti su qualcosa. Presi dallo snack un post-it che mia zia aveva lasciato avvisandomi che non sarebbe rientrata per cena, lavorava decisamente troppo quella donna. Aprì il frigo nella speranza di qualche avanzo sopravvissuto ma niente. Presi una pentola un po' di riso e qualche verdura a volo. Dopo mangiato feci i piatti e ritornai in camera mia per piazzarmi davanti l'armadio in meditante contemplazione. 
"Cosa potrei mettermi domani!?" 
Volevo fare davvero bella impressione e forse sarebbe bastato badarci un po' di più. 
Dopo circa un ora di cambi e scambi e di attenta meditazione crollai sul letto e mi abbandonai a pensieri migliori.
Il giorno dopo la sveglia suonò come ogni giorno alle sei in punto. Mi alzai un po' a fatica, mi trascinai fuori casa e iniziai la mia corsetta mattutina. Aprì l'app radio sul mio cellulare e la prima canzone che partì in shuffle fu Mexico degli Incubus, decisi senza pensarci troppo che una cosa valeva l'altra e misi le cuffie alle orecchie. Mi sentivo svuotata e contemporaneamente mi perdevo nel vuoto, arrivai al parco distrattamente, il sole non stava appena sorgendo e tutto era così calmo intorno.  Dopo circa quattro o cinque giri a vuoto del parco stavo per tornare a casa, avevo lo stomaco che mi brontolava e mi sentivo veramente stanca. Mi avviai verso l'uscita quando notai la chioma rossa e la faccia da schiaffi di Castiel che veniva dalla mia direzione. 
Dannazione pensai subito. 
Si mise a marciare sul posto davanti a me e io gli passai di fianco incurante. Insoddisfatto mi seguì e mi tirò una delle cuffiette dall'orecchio. 
"Sto parlando con te ragazzina." 
Mi fermai di colpo e tutta la rabbia che avevo accumulato fluì tutta dagli angoli più remoti del mio corpo alla mia bocca
"Oh scusa Mr pipì a letto fino alla 5 elementare sta parlando con me?" 
"MA CHE CAVOLO!?" 
"Oh già, ho avuto una piacevolissima conversazione con Iris ieri dolcezza." 
"Non so se uccidere prima te o lei. Infondo siamo qui soli nel parco, potresti urlare quanto vuoi e nessuno ci sentirebbe" 
Si stava avvicinando sempre più pericolosamente a me mentre io cercavo di indietreggiare la sua faccia era un ghigno mentre continuava
"Ti prenderei piano e getterei il tuo corpo in qualche cespuglio. O potrei seppellirti tra le foglie." 
Era ad un passo dal mio viso e io avvampai 
"Interessante" cominciai imponendomi una faccia di bronzo "Mi chiedo cosa direbbe tua cara mammina se sapesse che suo caro figlio è uno psicopatico assassino... com'è che ti chiama lei!? Ah già il suo piccolo Cassy!" 
"Adesso basta vieni qui!" 
Cerco di bloccarmi in una morsa ma con rapidità di riflessi riuscì a scansarlo e iniziai a correre con tutte le mie forze verso il cancello d'uscita gidando giunta a debita distanza ma senza mai voltarmi
"Ci si vede a scuola piccolo Cassy. Siamo pari adesso!!" 
Fu di sicuro quella la cosa più soddisfacente di sempre.

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