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di vero_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sigh no more ***
Capitolo 2: *** "Lego House" ***



Capitolo 1
*** Sigh no more ***


Prompt: Occhiali rotti proposto gentilmente da Kary91
Coppia: Johanna/Jason (OC)
Rating: Verde
Genere: Slice of life, Sentimentale
Lunghezza: One-shot
Avvertimenti: Nessuno
Note: Missing Moments.
Questa storia è ambientata circa due anni prima dei Settantunesimi Hunger Games, quando Johanna viene sorteggiata (quindi Jason e Johanna hanno circa 15 anni).

 

SIGH NO MORE”

There is a design,
An alignment,
a cry of my heart to see
The beauty of love
as it was made to be.
[Sigh no More; Mumford & Son.]

Quel venerdì pomeriggio Johanna sta girovagando nel bosco quando intravede, in mezzo a un cespuglio, il luccichio di un paio di occhiali abbandonati. Si guarda intorno, alla ricerca del proprietario, che trova poco distante accovacciato vicino a un cespuglio di more. Johanna si avvicina silenziosamente, osservando l'esile figura del ragazzo tastare con attenzione il terreno: gli occhiali le erano famigliari, e la folta chioma di capelli ricci conferma la sua supposizione. Johanna scuote la testa rassegnata, chiedendosi come quel ragazzo sia riuscito a sopravvivere fino a quel momento, dato che riesce a cacciarsi sempre nei guai. Evidentemente con lui la selezione naturale non ha funzionato.

“Hai perso qualcosa?” chiede, facendolo sobbalzare per l'improvviso spavento.

Jason si volta di scatto e la fissa aggrottando le sopracciglia, come una talpa appena uscita dalla tana.
Johanna alza gli occhi al cielo e si abbassa per inforcargli gli occhiali, impaziente. Jason ritrae per un attimo la testa, preso alla sprovvista da quel gesto, ma quando finalmente riesce a mettere a fuoco la figura in piedi di fronte a lui, sorride.
“Oh, grazie” Jason tocca gli occhiali rotti, valutando i danni. La lente destra è frantumata, ma quella sinistra sembra intatta.
“Come diavolo hai fatto a perderli?” chiede la ragazza, le mani posate sui fianchi.
Jason la guarda stupito, come se non si aspettasse una domanda del genere. Poi fa spallucce e si alza in piedi, pulendosi i pantaloni sporchi di terra. “Stavo attraversando il bosco quando ho incontrato Peter e la sua gang, erano là dietro e stavano cercando di accendere un fuoco con quelle che pensavano essere pietre focaie. Gli ho fatto notare che era da stupidi accendere un fuoco in mezzo a un bosco, e che quelle che avevano in mano non erano decisamente delle pietre focaie. - Jason si passa una mano tra i capelli arruffati, facendo cadere qualche foglia rimasta incastrata - Si vede che non hanno gradito” aggiunge, tastando un graffio superficiale sullo zigomo sinistro.
Johanna sente all'improvviso l'impulso di toccarlo, come a volersi accertare che effettivamente quel taglio non sia nulla di grave. Invece stringe i pugni, sfoderando la sua espressione più sarcastica.
“Mi domando perché, Jason, tutti amano sentirsi dare degli idioti” dice, figurandosi la scena: immagina perfettamente Jason con il suo fare saccente, che con noncuranza fa notare a Peter e ai suoi compari che sono degli emeriti imbecilli. Da quando frequentano la stessa classe gliel'ha visto fare più volte, sembra avere una predisposizione naturale nel dire quello che pensa senza filtri, sottolineando nel frattempo la stupidità altrui; il fatto poi che la maggior parte delle volte abbia ragione non aumenta la sua popolarità. A quel punto i suoi interlocutori sono costretti a ricorrere alle mani, dato che non sanno come obiettare all'intelligenza razionale di Jason. Johanna riesce perfino a immaginare le loro facce sbigottite e le scappa un sorriso, che trasforma subito in un ghigno.
“Dovresti imparare a tenere la bocca chiusa, se non vuoi che la prossima volta sia tu a lasciarci qualcosa di rotto”.
Jason si toglie gli occhiali per pulire la lente sopravvissuta con l'orlo della maglietta. Quando alza lo sguardo e incontra i suoi occhi verdi, Johanna pensa che abbiano lo stesso colore del bosco che li circonda.“In quel caso aspetterò che tu venga di nuovo a salvarmi”.
Johanna inarca le sopracciglia, chiedendosi da dove gli venga una tale sicurezza; in realtà non è la prima volta che interviene per salvarlo, ma il più delle volte l'ha fatto perché le risse che lo riguardavano sono davvero degli spettacoli penosi.
“Non contarci troppo, carino”. Poi istintivamente allunga una mano e gli toglie un rametto incastrato tra i suoi capelli ricci; si rende conto troppo tardi che quel gesto contraddice le parole appena pronunciate.
Jason sorride di rimando, come se le stesse leggendo nella mente. Johanna a quel punto getta a terra il rametto con un po' troppa forza necessaria,
infastidita dal calore che sente sulle guance.

“Beh, ci si vede a scuola, Jason, sempre che tu riesca a sopravvivere al week-end” dice la ragazza, voltandogli le spalle.
Jason guarda la figura di Johanna sparire nel bosco, con il sorriso ancora sulle labbra.
Johanna finge di non accorgersene, ma anche sulle sue labbra c'è l'ombra di un sorriso che non si decide ad andarsene.

 

--- angolo autrice ---

Salve a tutti! Questa è la mia prima raccolta, e ammetto che il merito è tutto dell'iniziativa “drabble-meme” indetto dal gruppo Facebook “The Capitol” (se viva unitevi a noi https://www.facebook.com/groups/240456126126419/) altrimenti non credo ne avrei mai fatta una! XD Comunque oltre all'iniziativa, ho deciso di usare come filo conduttore della raccolta anche la musica, quindi ogni storia avrà il titolo di una particolare canzone a cui fare riferimento (che originalità!).
Passando alla fic, questa è anche la prima volta che scrivo una storia incentrata sul rapporto tra un personaggio principale e un mio OC, quindi sono piuttosto imbarazzata! Jason era già comparso nella mia Johanna!centric “Amare non è sufficiente” (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2739699&i=1) ma lì erano già una coppia, mentre qui sono riuscita, almeno in parte, a gettare le basi del loro rapporto, e spero anche a introdurre un po' meglio il personaggio di Jason (che nel mio immaginario è Ben Whishaw, anche se so di considerarlo carino solo io). 
Ok credo di aver detto, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie per aver letto comunque fin qui! :D
A presto spero,

Vero

 

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Capitolo 2
*** "Lego House" ***


Prompt: “And if it's dark in a cold December, I've got ya to keep me warm" (Lego House) proposto gentilmente da Alaska__/Nihal
Coppia:Johanna Mason/Gale Hawthorne
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Introspettivo
Lunghezza: One-shot
Avvertimenti: Nessuno
Note: nel mio immaginario personale Gale e Johanna finiti gli Hunger Games, dopo una serie di avvenimenti, inizieranno a vivere insieme. Qui il loro rapporto è piuttosto stabile, diciamo che sono “quasi” una coppia.

 

LEGO HOUSE”

Don't hold me down
I think my braces are breaking
and it's more than I can take

And if it's dark in a cold December,
I've got ya to keep me warm
and if you're broken then I will mend ya
and keep you sheltered from the storm that's raging on, now

 

Johanna si avvicinò alla finestra, scrutando l'oscurità. I lampioni erano tutti spenti, ma dal boato del vento tra gli alberi e lo scrosciare fitto della pioggia sul terreno, riusciva a figurarsi perfettamente il temporale che si stava abbattendo in quel momento sul Distretto 2.
Alle sue spalle sentì i passi rapidi di Gale risalire le scale del seminterrato, e poco dopo ne intravide il riflesso, grazie alla luce della piccola torcia che aveva portato con sé. “Non c'è nessun guasto, è solo saltata la luce a causa del temporale”.
Un tuono scoppiò in lontananza, come a voler confermare la sua affermazione. “Meno male Hawthorne, temevo di essere diventata cieca all'improvviso”. Johanna, con lo sguardo ancora rivolto al giardino, non riusciva a vederlo, ma era abbastanza sicura che stesse alzando gli occhi al cielo. “Abbiamo delle candele, almeno?” chiese, appoggiando la spalla allo stipite della finestra.
Dal silenzio che ne seguì capì che no, non avevano nemmeno quelle. “Dovremo accontentarci di questa” disse infatti il ragazzo, agitando la torcia che aveva in mano.
Una serie di lampi illuminò il cielo, e per un attimo il paesaggio esterno apparve nitido. Johanna poté vedere gli alberi scuotersi a causa del vento e istintivamente fece un passo indietro, quando notò la pioggia schiantandosi contro la finestra, bagnando tutto ciò che trovava al suo passaggio.
Alle sue spalle sentì i passi di Gale avviarsi verso le camere da letto, e cercò di concentrarsi su quel rumore piuttosto che sul ticchettio snervante dell'acqua. Per un attimo il ricordo di una notte passata simile a quella ritornò a galla, e un brivido le percorse la colonna vertebrale. Cacciò dalla mente quel pensiero e si strinse nelle braccia, dando la colpa al cortocircuito e al riscaldamento non funzionante.
Come se Gale le avesse letto nel pensiero, sentì qualcosa di caldo posarsi sulle spalle, pizzicandogliele. Dietro di lei il ragazzo strofinò in silenzio le mani sulle sue braccia, causando con il panno una sfregamento rude ma piacevole.
“Meglio?” chiese, dopo qualche minuto.
Johanna si limitò ad annuire, la gola improvvisamente secca, felice per quel piccolo gesto.
“Tieni, ti ho presa anche questa. - disse, dandole una felpa - Così impari ad andare in giro sempre mezza nuda”.
Johanna sbuffò, divertita. “Fino ad ora la cosa non sembrava dispiacerti” disse, infilandosela.
“Non ho detto questo. Solo non voglio che tu prenda una polmonite. E spostati dalla finestra, che è piena di spifferi” aggiunse, afferrando la mano della ragazza e trascinandola verso il divano.
Johanna alzò gli occhi al cielo, ma intrecciò le dita con quelle di Gale, rafforzando la stretta.
È questo che avrei voluto, pensò la ragazza. Mi sarebbe bastato. L'immagine di una bambina ferma immobile e che continua ad aspettare le si parò davanti, e per un attimo le sembrò che il tempo non fosse mai passato, ancora bloccata al Distretto 7, ad aspettare il ritorno di un padre morto, senza che nessuno si preoccupi di toglierla da quella maledetta finestra.
“Mio padre si è suicidato in una notte come questa” disse, esprimendo a voce quel pensiero che stava cercando inutilmente di ignorare.
Gale si bloccò di colpo, in piedi in mezzo al soggiorno, e voltandosi verso di lei non riuscì a nascondere la sua espressione sconvolta. “Cosa?” chiese infine, cercando di non tradire l'ansia che si celava nella sua voce.
“Mio padre si è suicidato in una notte come questa” ripeté questa volta più lentamente, scandendo le parole, rendendo tangibile il peso della loro portata. Johanna si soffermò nella sua mente sulla parola padre, cercando di ricordare quand'era stata l'ultima volta che ne avesse parlato.
Sentì la mano di Gale intrecciata alla sua stringere la presa, tanto da farle male, come a volersi assicurare che lei fosse ancora lì, davanti a lui, intera, e non pronta a cadere in pezzi da un momento all'altro.
Johanna sapeva che, ora che aveva lanciato la bomba, Gale avrebbe meritato qualche informazione in più al riguardo: com'era successo, quanti anni aveva all'epoca, cosa ne era stato del resto della sua famiglia; ma a lei sembrava che le parole si fossero esaurite con quell'unica frase, e non aveva più voglia di parlare. In realtà non aveva più voglia di nulla, si sentiva svuotata.
Fu quando Gale la strinse a sé che capì che, in compenso, Hawthorne le avrebbe dato l'unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento: come la stretta precedente, anche questa era troppo forte, tanto da toglierle il respiro; era irruente, e possessiva. Era Gale. E a Johanna andava bene così.
Ricambiò l'abbraccio, aggrappandosi a lui, inalando il suo odore, beandosi di quel contatto.
“Perché non me l'hai mai detto?” chiese il ragazzo dopo alcuni minuti.
“Beh non mi sembrava proprio un buon argomento di conversazione...” disse, anche se sapeva che il reale motivo era un altro “Inoltre tu hai già i tuoi casini a cui pensare, non vedo perché unirci anche i miei...” aggiunse, cercando di nascondere l'incertezza nella sua voce.
Sentì Gale sospirare, affondando una mano nei suoi capelli, mentre l'altra le accarezzava dolcemente la schiena. “Perché è questo che facciamo noi, no? Sostenerci a vicenda”.
Johanna abbozzò un sorriso, affondando il volto nel maglione del ragazzo.“Pensavo che noi ci sopportassimo a vicenda, più che altro”.
Avvertì il suo petto vibrare scossa da una risata, e Johanna sollevò la testa, sperando di vedere il suo raro sorriso.“Diciamo che facciamo entrambe le cose, allora” disse Gale, sistemandole meglio la coperta sulle spalle. “Dopotutto non ce la stiamo cavando così male, no?” chiese, accennando un sorriso imbarazzato.
Johanna pensò al suo passato, e quando incontrò le labbra del ragazzo decretò che in quel momento non avrebbe potuto desiderare altro.

I'm out of touch, I'm out of love
I'll pick you up when you're getting down
and out of all these things I've done
I think I love you better now...

[Lego House; Ed Sheeran.]


 

--- note autrice ---

Eccomi qui con la seconda storia! Sto procedendo come una lumaca con questa raccolta, ma d'altronde l'ispirazione non arriva a comando! XD Finalmente però sono riuscita a dare la giusta impronta a questa storia, anche perché la canzone da cui ho preso ispirazione è così bella che mi sembrava uno spreco pubblicare una storia che non mi convincesse. Ho deciso comunque che, per una volta, è Johanna a mostrarsi fragile davanti al ragazzo, ed è il turno di Gale stavolta cercare di sostenerla. Per quanto riguarda il passato della ragazza, l'ho sempre immaginata piuttosto restia e riservata, e che fosse disposta a dare qualche informazione solo ogni tanto, buttando lì frasi del genere, lasciando sempre spiazzato il povero Gale. (del suicidio del padre di Johanna ne ho già parlato nell'altra mia storia “Amare non è sufficiente” http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2739699&i=1).
Ok, credo di aver detto tutto, mi auguro che questo piccolo frammento di vita vi sia piaciuto, e come sempre commenti, opinioni o suggerimenti sono ben accetti. :)
A presto spero,

Vero

p.s: la frase “Perché è questo che facciamo noi, no? Sostenerci a vicenda” è un piccolo riferimento alla frase Everlark, e ammetto che mi piace che l'idea che ora anche Gale abbia qualcuno a cui appoggiarsi, dopo aver combattuto per tanto tempo da solo.

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