Buddy

di NeNeNaruko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Inizio ***
Capitolo 2: *** Occhi che vedono tutto ***



Capitolo 1
*** 1° Inizio ***


Capitolo 1. Inizio

"Non vedi quanto sono felici loro senza di te?"
"Lo vedo, Buddy, lo vedo."
"E allora perché aspetti ancora il suo ritorno?"
"Non lo so, Buddy, non lo so..."
"Lo so io il perché... Tu lo ami, Frank, tu lo ami."
"Già... Ma lui mi odia, Buddy, lui mi odia."
"Già. Lui ti odia."
***
"Chip criiip chiiiip criiiiip tuuutuuu fiuuufiuuuuu craaaa craaaa tutuuuu"
Se c'era una cosa che detestavo fra le (infinite) altre, era il cinguettio degli uccelli, soprattutto se era alla mattina, se avevo il raffreddore e se tre quarti d'ora dopo dovevo trovarmi in quell'edificio infernale chiamato scuola e passarci ben otto ore del mio prezioso tempo. Perché dovevano essere in calore? Perché erano felici di essere in calore? Perché dovevano sbattermi addosso la loro felicità? Perché erano felici di sbattermi addosso la loro felicità? Sì, perché loro ci godevano, o se ci godevano! Non vedevano l'ora di essere in calore per essere felici di esserlo, in modo da poter diventare ulteriormente felici vantandosi della loro felice e moralmente semplice vita, fischiettando davanti alla mia finestra, facendomi rimpiangere di essere nato umano. Sì, perché è semplice per gli animali, quando sentono il bisogno di riprodursi fanno un po',di moine, si mettono in mostra, lottano e il gioco è fatto. Invece, noi umani abbiamo dei sentimenti da sviluppare e nutrire e che devono essere ricambiati. In più c'è anche questa cosa dell'omosessualità, bisessualità, che complica le cose: non sai cosa ti piace finche non lo provi. Io non avevo molta esperienza a quei tempi, e la poca che avevo avuto era andata male. Pensavo che l'amore fosse una balla, una finta, pensavo che si trattasse solo di una maschera per nascondere il desiderio sessuale, tutto qui. Ed ero fermamente convinto di questo, finché non incontrai lui. Lo conobbi proprio quella mattina prima di andare a scuola, nel solito luogo dove tutte le mattine mi trovavo con i ragazzi del mio quartiere per andare tutti insieme a scuola.
Ruzzolai giù dal letto quando mio zio fece cadere le pentole in cucina, e mi accorsi che dovevo muovere il didietro se non volevo arrivare tardi dai ragazzi. Ciò sarebbe stato terribile. In effetti loro erano l'unica ragione per la quale mi svegliavo al mattino, l'unica ragione per la quale riuscivo a concludere una giornata di scuola senza dare di matto. L'unica ragione, insieme a mio zio, ovviamente. Non avrei mai potuto fare a meno dei suoi sorrisi energici e sinceri, della sua colazione mezza bruciacchiata fatta con tanto impegno, e dei suoi occhi color corteccia, limpidi e vivaci. Lui era il mio migliore amico in assoluto, gli dicevo tutto e lui diceva tutto a me, eravamo come fratelli, anche se mia madre era sua sorella. Misi la prima maglietta che trovai sulla sedia, poco importava che maglietta fosse, l'importante e che odorasse di qualcosa che ricordava vagamente un indumento pulito, mi infilai i miei fedeli jeans strappati e corsi in bagno a lavarmi i denti, tanto non avrei fatto colazione quella mattina, troppo tardi. Dopo i denti, che pulii alla perfezione, sentii il bisogno di sistemarmi i capelli (cosa che non faccio spesso), come se sentissi di dover incontrare qualcuno d’importante. E in effetti fu così. Quel giorno incontrai la persona più importante della mia vita, il mio primo vero grande amore: un'illusione. Frettolosamente corsi giù dalle scale, misi le scarpe, salutai mio zio e corsi fuori di casa, incamminandomi verso casa della mia migliore amica, Jamia. Quando arrivai c'erano già tutti gli altri e stavano aspettando solo me, ciò mi fece vergognare a morte.

"oh, ecco la bella addormentata, buongiorno principessa!" ghignò Ray.
"taci, Torero, o ti ritrovi con quattro libri di Shakespeare su per il tunnel" sbottai ridendo e facendomi cullare dalle vigorose pacche sulle spalle dei ragazzi.
"sempre molto gentile Frankie" dissero in coro lui e Bob.
"ma dov'è Jamia? Non è ancora arrivata?" Chiesi quando notai l'assenza della ragazza. Non mi ci volle molto a notarlo, infatti ogni volta che ci vedevamo, mi riempiva di abbracci e coccole, cosa che di lei adoravo.
"È andata a prendere il ragazzo che si è trasferito da poco nella zona. Vive più o meno vicino a casa tua, solo che non ha potuto avvisarti perché non ha soldi sul cellulare. Dovrebbe essere qui a momenti..."
Infatti poco dopo la ragazza arrivò tutta pimpante accompagnata da una figura nera e goffa, ma comunque elegante.
"ciao ragazzi! Lui è Gerard e abita proprio nella via dietro alla tua, Frankie, magari dopo la scuola gli fai vedere un po' i dintorni" disse lei vivace, come sempre.
"Sissignora!" risposi mettendo la mano sulla fronte come i militari e imitando la loro postura. Gerard ridacchiò, mettendo in mostra due file di piccoli denti leggermente giallastri, molto probabilmente dovuti al fumo o attivo o passivo che inalava ogni giorno. O almeno così supponevo.
"Molto piacere Gerard, io sono Frank" gli dissi tendendo la mano. Gli rivolsi uno dei miei sorrisi più smaglianti, quasi ebeti ma sinceri. Non potevo fare a meno di sorridere di fronte a lui. Occhi color verde-grigiastro, che sembravano aver osservato tutto il mondo, naso a punta, sopracciglia folte e scure, come i capelli del resto, che gli sfioravano le larghe e morbide spalle. Ma il particolare del suo viso che mi catturò di più, fu la bocca. Piccola, carnosa, di un vivace color rossastro, tesa in un enigmatico mezzo sorriso, che dava al ragazzo un'ulteriore aura di mistero.
"Piacere mio Frank" disse lui stringendomi la mano con gentilezza, ma comunque in modo da farmi sentire che lui era lì e che quelle parole le aveva dette perché le pensava, non perché erano le buone maniere. Poi, quella sua bocca si tese in una delle cose più belle e preziose a questo mondo, permettendo ai miei occhi di bearsi di quella luce radiosa. Penso che mi ubriacai di quel sorriso, tanto da diventarne dipendente. Poi la magia di quella bocca si ripeté quando anche gli altri quattro si presentarono a Gerard, ma loro non la colsero, nei loro occhi non si rifletteva quella magia e lui sembrò accorgersene. Lo potei capire dal suo atteggiamento, da alcuni impercettibili movimenti ed espressioni del viso. Ma non era deluso, anzi sembrava soddisfatto. Poi mi rivolse lo sguardo. Di nuovo la magia, una più bella, una più speciale, la più bella di tutte, la sua magia per me. E quella fu la fine. Tutti e sette ci incamminammo verso la scuola e parlammo un sacco, e Gerard nonostante fosse il nuovo arrivato interveniva spesso e con grande interesse per giunta. Sembrava desideroso di condividere le sue esperienze e di fare tesoro di quelle altrui, in modo da arricchirsi. Io invece rimasi zitto ad osservarlo muoversi e gesticolare. Osservai quella bocca, avido di ogni suo movimento, e registrai tutto, arrivando a fine tragitto sapendo riconoscere ogni sua singola espressione, collegandola a una reazione o emozione. Entrammo nel lungo cortile della scuola, che ormai era già affollato, e ci avviammo verso l'entrata.
" oggi che si fa dopo la scuola?" chiese Jamia "skatepark?"
"per oggi io, James e Bob saltiamo, abbiamo gli allenamenti di rugby e se li perdiamo, il coach ci pesta..." disse Ray.
"neanche io riesco, ragazzi. Esco con Alex" disse Beckye
"ok, mitico... Frank? Gerard? Voi ci siete?"
"sissignora, e c'è anche Ragù" dissi io "Ieri lo zio si è dimenticato di portarlo fuori e ora sta dando di matto"
"Io ci sono, ma non porto bestiole, solo le mie chiappette" scherzò Gerard. Non poté fare a meno di strapparmi un sorriso.
"Ok, posto. Allora ci vediamo oggi alle sei alla Skate! Portate l'occorrente, mi raccomando!" disse lei e poi entrò nell'edificio in tutta fretta.
"faremo bene a darci una mossa anche noi!"
E ci avviammo tutti in classe.
***
Accompagnato Gerard, mi recai nella mia classe, dove mi aspettavano un branco di sciacalli travestiti da adolescenti. Non ne avevo parlato con nessuno, se non con Jamia e mio zio, che avevano dovuto tirarmelo fuori con le pinze. I miei compagni di classe mi escludevano e trattavano con falso interesse, mentivano, sparlavano, non solo dietro di me, ma anche dietro a quelli che chiamavano "migliori amici". Erano un branco d’incoerenti e ipocriti, degni dei politici più subdoli. Inoltre molti di loro mi offendevano apertamente, chiamandomi "emo", "frocio" e affibbiandomi nomignoli come "Pansy" o "Lametta rosa". Ma ciò si poteva sopportare. Quello che non potevo sopportare erano la falsità, l'ipocrisia, le facce disgustate nel vedere me o altre persone "diverse" da loro, l'espressione di superiorità, che loro pensavano di nascondere dietro a sorrisi di carta, ma che io vedevo. Io vedevo tutto e nessuno se ne accorgeva. Ma la cosa che mi dava più fastidio era che a forza di stare in mezzo agli incoerenti, diventavo incoerente pure io e ciò mi scocciava parecchio. Fingevo che non m’importasse niente di tutto ciò, ma in realtà bruciava, oh se bruciava! Mi tenevo tutta quella merda dentro, gli sguardi, gli insulti, i falsi sorrisi, le risate di scherno, i sensi di colpa, la vergogna, e poi la riversavo sul mio sacco da pugile che avevo in camera, un regalo del mio mitico zio. Anche lui come me vedeva tutto, anche Jamia, anche Gerard. E lui mi aveva visto, mi aveva sorriso una volta e non contento mi aveva donato quell'incantesimo una seconda, solo per me. Purtroppo, a quel tempo non avevo dato un nome a questa cosa del "vedere tutto". Io la concepivo come una mia caratteristica, una cosa comune, come la simpatia o l'arroganza. Però Gerard me l'ha fatta scoprire, le ha dato un nome, un suono, un senso, un sapore, uno scopo, e di questo gli sono grato. Ma ciò successe più avanti. Con quel sorriso avevo solo capito che ci capivamo, che eravamo simili e che in qualche modo avevamo bisogno l'uno dell'altra . E quello fu l'inizio.

****** Salve genteeeeeeeee :D Spendo poche parole per dire che le recensione negative o positive, che siano, sono ben accette, quindi se vi va di darmi una mano fatelo pureee. Grazie mille a chi lo farà e grazie anche solo a chi ha letto il capitolo c: Avevo intenzione di pubblicare un capitolo a settimana, ma sono in punizione, quindi appena avrò scontato la pena, pubblicherò il secondo capitolooo Grazie ancora a chi ha letto, leggerà, ha recensito e recensirà questa storia. Sciaooo belliiiiiii :* -NeNe:):

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Capitolo 2
*** Occhi che vedono tutto ***


Capitolo 2. Occhi che vedono tutto

 
Tutti aspettavamo con impazienza il suono della campanella e quella era l'unica cosa che ci accumunava, in un certo senso, ci univa. C'era chi guardava l'orologio attentamente in modo da cogliere ogni spostamento di lancetta, c'era chi riferiva l'ora e c'era chi usava le informazioni ricevute per pianificarsi i pochi minuti rimasti, spendendoli a giocare col cellulare o a rifarsi le unghie. Io invece guardavo quella piccola catena di montaggio e l'inevitabile gerarchia che si creava, come un commissario esterno, alieno a quel mondo. E gli extraterrestri sono soliti intoppare gli umani.
"Iero, che ore sono?"
Vedendo che non mi giravo la Benedict incominciò a scalciare la mia sedia.
"Datti una mossa Iero, se no sono costretta a non regalarti le lamette per Natale."
Idiota. Pensava davvero che mi sarei offeso? Io a tagliarmi non ci pensavo, almeno fino a quando non avessi realizzato i miei sogni.
Non mi girai e rimasi a fissare la parete bianca dietro la cattedra, fingendo di ascoltare la lezione.
" Cosa c'è Iero? Stai pensando al tuo nuovo amichetto pallido??"
Eh no, Gerard non me lo taccava nessuno. Nessuno.
Mi girai di scatto con l'ira furente nei miei occhi.
"sicuramente non penso al tuo seno  inesistente e alle tue chiappe fiappe."
Veleno. Avevo appena sputato veleno sulle orecchie di quell'oca. Bastava mirare all'aspetto esteriore, che quelle caprette andavano in crisi. Ero felice di questa loro debolezza. Erano prede facili, troppo facili, e volevano fare le belve. Patetiche.
Lei con sguardo imbarazzato, si girò intorno e per sua sfortuna scoprì che la mia battuta aveva raggiunto orecchie altrui.
"Questa me la paghi, Iero, questa me la paghi." soffiò lei.
Per fortuna in quell'istante suonò la campanella della mensa e non avrei avuto altre lezioni con quella vipera della Benedict. Vi suonerà presuntuoso, ma supponevo che quella ragazza avesse una cotta per me. Il suo era un comportamento infantile per attirare l'attenzione, non a caso lei era una di quelle che si accaniva di più su di me. Sospettavo anche che non si trovasse bene in famiglia e a scuola e che si tagliasse, ma erano solo supposizioni e anche se fosse stato, non erano affari miei.
Sfrecciai di filato nella mensa dove mi attendeva il mio tavolo, dove senza il mio permesso non si sedeva nessuno. Era facile allontanare le persone, bastava guardarle in cagnesco e loro scappavano via. Era una cosa che mi divertiva. Con gli altri "sfigati", però ero più comprensivo e li facevo sedere per scambiare due chiacchere. Quel giorno però non c'erano e un po' mi dispiaceva. E non c'erano neanche i miei amici. Ray, Bob e James, stavano con i ragazzi della squadra di rugby e io di certo non mi sognavo di stare in mezzo a quei fighetti pompati(escluso i miei amici, ovviamente). Beckye invece stava sempre con il ragazzo del momento, Alex. Ne cambiava uno ogni mese, però questo durava da un po'. C'ero stato anch'io con lei, quasi un anno, ma poi è andata male e ci siamo lasciati, ma siamo comunque rimasti amici. Jamia era super socievole, quindi cambiava sempre compagnia, ma ogni tanto veniva nel mio tavolo. Quel giorno però ero solo soletto e non mi rimaneva altro che la mia lasagna spappolata e le posate incrostate della mensa.
"Ehi Frank! Posso sedermi con te? O ti lascio amoreggiare con il pranzo?"
La mia testa scattò automaticamente verso quella voce squillante. Mi scappò un sorriso. Scappò anche a Gerard.
"no, mi dispiace, la mia lasagna sarebbe gelosa. É molto possessiva." Sul volto di Gerard apparve quel suo magnifico sorrisetto sghembo, un po' sarcastico, che mi fece adorare quella sua bocca misteriosa.
"Sai, Frank, me ne sono sempre fregato di quello che dicono le lasagne." Mezze lune radiose apparvero sui nostri volti.
"E fai bene! Accomodati pure!" dissi sorridendo. Spostai lo zaino per lasciare spazio a Gerard, che si sedette con goffa grazia. Ero felice che fosse lì con me, cosi avrei avuto la possibilità di conoscerlo meglio, ma poi mi sorse un dubbio: perché non pranzava con i suoi compagni di corso? Forse lo trattavano male? Forse lo deridevano? Non l'avrei sopportato. Ci stava calpestare feccia come me, ma Gerard no. Non il suo sorriso, non la sua gentilezza, non lui, non il mio Gerard.
"Senti, Gee, perché non sei con i tuoi compagni di classe? forse ti trattano male?" dissi con tono nel quale era percepibile la rabbia crescere.
"No, tranquillo. Sono persone fantastiche, molto gentili e socievoli, a parte qualcuno, ma non si può piacere a tutti, proprio come non ti possono piacere tutti. Sono venuto qui perché ti ho visto tutto solo, così ho pensato di farti compagnia." la sua sensibilità mi sorprese. Ce ne erano davvero poche di persone come lui, soprattutto in quel posto. Nemmeno gli "sfigati" avevano quella sensibilità, sembravano troppo assorti dai loro problemi, per pensare anche a quelli altrui. Invece, Gerard aveva un occhio di riguardo per tutti, stronzi e non, e finiva per trascurare se stesso.
"Oh, grazie..."
"Non devi ringraziarmi, lo faccio con piacere. Ma dimmi, perché tu non sei con i tuoi compagni? Ti snobbano e ti trattano come feccia, vero?"
Il mio silenzio e i miei occhi bassi, gli bastarono a capire la risposta.
"bastardi..." disse a denti stretti. I suoi occhi si fecero leggermente più opachi. Ciò mi spaventò. Quegli occhi non erano fatti per ospitare il rancore, ma a quanto pare, qualcosa successo nel passato aveva fatto si che quel demone vi si accampasse con tanto di picchetti.
"Ehi, tranquillo, Gee. Sono solo insulti senza senso. Entrano da un orecchio e escono dall'altro..."
"Si, poi quando saranno quei bastardi ad entrarti in casa, vedrai che non escono tanto facilmente..."
I suoi pugni si fecero tanto stretti, da far diventare le nocche bianche. Si, avevo ragione. Qualcosa nel suo passato l'aveva fatto reagire così. Era qualcosa che aveva a che fare con la sua vecchia scuola.
" Gerard, perché porti tutto questo rancore? È successo qualcosa nella tua vecchia scuola?" chiesi con occhi supplicanti. Lui si guardò le mani per un attimo, poi posò lo sguardo triste sulla mia faccia. Non disse una parola. Sembrava volesse liberarsi di quel carico ma qualcosa gli impediva di farlo. Mentre incitavo Gerard con gli occhi a dirmi tutto, sentii sghignazzare a pochi metri da me. Potevo riconoscere quella risatina anche a chilometri di distanza. Mi girai di scatto e vidi il grugno della Benedict rivolto verso di me e il mio amico.
"Oh scusa, Iero, non intendevo disturbare te e il tuo fidanzatino. Continuate pure a parlare delle vostre cose da frocetti."
Basta. Aveva oltrepassato il limite. Volevo che dirgliene di tutti i colori, ma Gerard fu più veloce di me.
"Cosa c'è stronzetta? Sei forse gelosa?" si alzò in piedi con furore, tra gli sguardi increduli miei, della Benedict e delle sue "amiche". "Ti dà forse fastidio che al tavolo con questo meraviglioso ragazzo ci sia io e non tu? Dillo,chiaro e tondo, se ne hai il coraggio!" concluse sbattendo i pugni sul tavolo. Lei lo guardò intimidita, poi guardò me arrossendo. Provò a parlare, ma ormai il suo segreto era svelato: quellalì aveva una cotta per me e bella grande, per giunta. Io la guardai confuso e un po' dispiaciuto, ma in fondo le stava bene. Lei abbassò lo sguardo e corse via, fuori dalla mensa. Le sue amiche la seguirono, come un branco di pecore.
"Tanto appena quella ragazza dirà la verità, loro l'abbandoneranno." la voce di Gerard  parve cruda, ma in fondo era così che girava il mondo.
Io annuii in silenzio con fare pensieroso.
"Sai, anche se non se lo merita, penso che tu, Frank, debba aiutarla. Come avrai capito, ha dei problemi non solo a scuola..."
Annuii di nuovo. In fondo aveva ragione. La Benedict aveva sicuramente dei problemi e aveva bisogno d'aiuto e per quanto mi scocciasse, quell'aiuto glielo potevo dare soltanto io.
"Uffa, pero" sbuffai " perché devo attirare sempre le persone più strambe?"
"eheheh, comincia a farti qualche domanda, Frankie." disse Gerard scompigliandomi i capelli.
"idiota..."  dissi ridacchiando. Poi mi venne in mente una cosa.
 "Senti, Gee... Ma sono davvero un "meraviglioso ragazzo"?" dissi canzonando ciò che il mio amico aveva detto.
"Certo, Frank. Un meraviglioso rompipalle! Eheheh!" disse ridendo. Ancora la sua magia. La luce stava cominciando a piacermi. Ma ero consapevole che da tutte le luci nasce sempre un'ombra.
***
Il noiosissimo resto della noiosissima giornata della noiosissima scuola si concluse, facendo lanciare un respiro di sollievo agli studenti. Uscito dall'aula mi inoltrai nella marea di gente per arrivare al cancello della scuola in tempo: dovevo incontrare Gerard per andare a casa insieme a prendere gli skate. Non ero mai puntuale e non mi importava esserlo, ma quando si trattava di lui le mie chiappe mettevano la quinta marcia in automatico, non sapevo per quale motivo. Quando raggiunsi il cancello Gerard era già lì, immerso nella luce del sole del tardo pomeriggio; il suo volto pallido risultava quasi perlaceo ed entrava in forte contrasto con l’aura nera che lo circondava, le sue mani erano impegnate a giocherellare col mozzicone di sigaretta che doveva aver consumato nell’attesa e in suoi occhi brillanti si posavano dolcemente sulle cime degli alberi, che stavano prendendo lentamente il colore del tramonto. Mi avvicinai lentamente, incanto da quell’immagine e sicuramente avevo l’espressione da “guardatemi, sono laureato in ebetologia”. Per fortuna Gerard quando mi vide non lo notò, o almeno fece finta di non notarlo.
“Pensavo arrivassi tardi, così mi sono acceso una sigaretta. Jamia mi ha detto che sei un ritardatario…” disse lui leggermente divertito.
“Uff… non si spreca mai coi complimenti, eh?”
“beh dai, mi aspettavo di peggio, diciamo che non sei un orologio svizzero, ma almeno sei più veloce di mia zia Tessie”
“La mitica zia Tessie! Allora sono una scheggia!”
“Certo… Dai, scheggia, cominciamo a muovere le natiche, se no la zia Jamia ce le tritura…”
“Concordo, vamos a la playa” dissi con l’entusiasmo di un comodino.
Ci incamminammo verso casa mia per prendere gli skateboard; Gerard non aveva ma visto una tavola in vita sua, quindi toccava a me prestargliela e per principio di inerzia, toccava a me insegnarli tutta la mia conoscenza su quello sport. Andammo al luogo dell’appuntamento in sella agli skate e fu divertente vedere Gerard perdere l’equilibrio e cadere, per poi girarsi verso di me corrucciato per via delle le mie risatine moleste.
Era strano, ma anche se lo conoscevo da neanche mezza giornata, Gerard ai miei occhi era come un vecchio amico, uno di quegli amici che non vedi da secoli e che quando ritrovi hai paura di perdere.Con lui tutto era lecito, con lui era come parlare con un fratello, un compagno, una parte me.Non c’era quell’imbarazzo solito delle nuove conoscenze, non c’era quella tensione che ti spinge a trovare per forza un argomento di discussione. E tra l’altro con lui mi sentivo bene, a mio agio, con lui potevo fare i miei discorsi filosofici senza che mi ridessero dietro dandomi del moralista, cosa che Ray, James e Bob, facevano spesso.
Era una cosa che fino all’ora avevo provato solo con Jamia, mio zio e Beckie, una cosa magica. Penso che tutto di lui lo fosse. Era nato per quell’aggettivo, gli calzava a pennello. Magico.

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