Only Hope ~

di Eliatheas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ~ Schegge ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ~ Inaspettato, Natale 2021 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 – Cambiamento, Gennaio 2022 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4- Hogsmeade, Gennaio 2022 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 – Appartenenza, Febbraio 2022 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Mentire a se stessi ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 – Favola, Marzo e Aprile 2022 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Sole e pioggia, Aprile 2022 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 – Incubi e realtà, Maggio 2022 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 – Ritorno a casa, Giugno 2022 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022 ***
Capitolo 16: *** Epilogo - Due anni dopo ***



Capitolo 1
*** Prologo ~ Schegge ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Prologo – Schegge

Questa che vi racconterò non è una storia felice e probabilmente non lo sarebbe mai stata, neanche se io e lui [noi] fossimo rimasti insieme.
 Perché c’è sempre qualcosa che non va, c’è sempre il piccolo dettaglio che fa male, la nota stonata nell’armonia della vita.
Non esiste il lieto fine, non esisterà mai. Le favole sono solo illusioni, quelle favole che la mamma ti racconta prima di andare a dormire sono finte.
E tu devi capire in fretta che quello che ti racconta è solo finzione, perché altrimenti potresti crederci davvero.
E mandare la tua vita in frantumi.

[Come la mia]

E la mia vita è andata in frantumi, si è spezzata in miliardi di schegge, sulle quali io cammino, graffiandomi i piedi e le gambe. Ed è doloroso, fa male.

[Solo perché non l’ho capito prima]

E arranco, arranco. Cerco di raggiungere un’oasi libera dai resti della mia vita [cerco di raggiungere la felicità], ma non la trovo, perché non esiste.
La felicità è introvabile, non ha un luogo preciso che puoi indicare come suo posto d’origine.
La felicità, le rare volte che la vedi, è lei a trovare te, e non il contrario.
Perché, tranne nella breve stagione in cui fiorisce nel tuo cuore, non esiste. E’ solo un’illusione, stupenda nella sua effimera essenza.

[L’ho capito solo adesso]

Le mie mani scorrono veloci sui tasti d’avorio, proprio come quella volta, anni fa. C’era lui, accanto a me, quel giorno. Oggi non c’è nessuno.
Alzo gli occhi sullo spartito, macchiato e pieno di errori. Si vede che non l’ho scritto io. E’ il suo.
Lui ha scritto per me la melodia che ora sto suonando.

[E che suonerà per sempre nel mio cuore]

 

 

Angolo Autrice

Alla fine mi sono decisa a pubblicare Only Hope. Non perché l’abbia finita – non ce la farei mai a finirla in pochi giorni – ma perché mi sembra che la trama stia procedendo abbastanza velocemente.
Non posso promettere un aggiornamento continuo, ma sono sicura di poter aggiornare abbastanza in fretta.

Allora...volevo dire qualche cosa a proposito di questa fan fiction.
Il trailer – eh, sì, io faccio anche i trailer -  lo potete trovare a questo indirizzo http://it.youtube.com/watch?v=EW1YUug0CcY  se lo volete vedere. La qualità del video non è granché e neanche il video in sé.

Spero che questo piccolo prologo vi sia piaciuto.
A presto con il primo capitolo!

Eliatheas

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ~ Inaspettato, Natale 2021 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 1 ~ Inaspettato, Natale 2021

“Weasley, ti dispiace farti più in là? Sai, non respiro
“Potter, perché non provi ad alzare il tuo di dietro da quella sedia e a spostarti? Non ti fa male fare un po’ di attività, sai”
“Potrei arrabbiarmi, Weasley”
“Sto tremando di paura, Potter. Cosa mi farai, ti passerai una mano nei capelli sperando che cada ai tuoi piedi?”
“Merlino, da quando sei così simpatica? Ah, sai, di solito quando una persona parla, la si guarda negli occhi e non la si ignora”
“Non ti sto ignorando, Potter, visto che ti sto parlando. Sono semplicemente convinta che sia più gradevole una pagina di un noiosissimo trattato di Trasfigurazione piuttosto che la tua faccia da schiaffi”

Non c’era da stupirsi se anche quel giorno io e James Sirius Potter stessimo litigando. Era un’abitudine, ormai. Non lo facevamo neanche per cattiveria, era più forte di noi continuare a rispondere all’altro in tono sarcastico. Fin da quando eravamo bambini era così.
Be’, no. Da bambini preferivamo prenderci a schiaffi, proprio perché ancora non eravamo capaci di rispondere a tono ad una provocazione.
Ormai anche il resto degli studenti di Hogwarts si era abituato, era diventata una tradizione il nostro battibeccare per qualunque sciocchezza.
Anche quel giorno, il giorno di Natale di un lontano 2021, stavamo litigando.
Eravamo gli unici rimasti ad Hogwarts per le vacanze Natalizie. Io avevo tirato fuori la scusa dei M.A.G.O, ma in realtà non morivo dalla voglia di rivedere la mia famiglia. Preferivo rimanere lontana da loro, in modo da non rendermi conto della mia diversità.
James invece...bah, sembrava avesse preso sul serio i M.A.G.O, cosa assurda, visto che lui non prendeva sul serio neanche se stesso.
Ed eravamo rimasti solo noi due ad Hogwarts, assurdo.
Noi e i professori, i professori e noi. Già il fatto di rimanere da sola con i professori mi metteva a disagio, poi considerando che come unica ancora di salvezza avevo il mononeurone primogenito Potter...ci sarebbe stato da buttarsi giù dalla Torre di Astronomia.

“Per la mia faccia da schiaffi, come la chiami tu, molte ragazze hanno perso la testa!” replicò indispettito lui, incrociando le braccia. Mi decisi ad alzare lo sguardo su di lui e inarcai un sopracciglio, scettica.
“Potter, non mi sembra criticare il cattivo gusto di molte persone così apertamente” lo rimproverai, con un sorrisetto sarcastico. James alzò gli occhi al cielo e mise su un’espressione esasperata. Doveva costargli molto non tirarmi il libro che stavo leggendo in faccia.
Se c’era una persona che era tanto fissata con l’aspetto fisico da dover guardare il proprio riflesso anche nel cucchiaio, quella era sicuramente James Sirius Potter, per cui, quando qualcuno faceva una battuta sulla sua (dubbia) avvenenza, diventava una belva. Evidentemente, quel giorno cercava di trattenersi.
“Già, dici così perché non hai il coraggio di apprezzare, vero Dominique?” Si passò una mano fra i capelli ed io voltai il viso, nauseata. Merlino, come diventava antipatico con quel gesto! Non che prima non lo fosse...ma almeno non sembrava che si considerasse un divo.
“Apprezzare cosa, James? Se me lo dici, forse potrei pure provarci”
Sentii la sua mano sulla mia spalla e sussultai, poi quella si spostò al mio viso. Scostò con un semplice gesto i boccoli biondi e prese il mento fra due dita, costringendomi a voltarmi.
“Ehm..non mi sento molto a mio agio, Potter...” mormorai, mentre lui mi sorrideva sarcastico.
“Non vedi cosa c’è da apprezzare? Tutto, Dominique, tutto. Il mio sorriso, le mie fossette, i miei occhi maliziosi, i miei deliziosi capelli...”
“Da spaventapasseri” intervenni, divincolandomi dalla sua presa e incrociando le braccia sotto al seno.
“Il mio torace scolpito...”
“Seh, da uno scultore cieco” borbottai, alzando gli occhi al cielo, esasperata.
“Non hai visto, Weasley. Dovresti prima vedere per affermare cose del genere – tra l’altro molto false”
“Non ho alcuna intenzione di vedere qualunque cosa abbia a che fare con te, James Potter!” strepitai, arrossendo furiosamente ed alzandomi dal tavolo.
“Seh, certo. Tu muori dalla voglia di vedere” mi urlò dietro lui, con un sorrisetto vittorioso sulla faccia da schiaffi.
“Oh, va al diavolo, Potter!”

Natale.
L’aria di festa si respirava in ogni stanza di Hogwarts, nonostante non ci fosse quasi anima viva.
Non mi era mai piaciuto il Natale.
A dir la verità non mi erano mai piaciute le feste, visto che io venivo sempre costretta a partecipare a quelle deliziose tavolate di famiglia, che, se non si era capito, odiavo.
Odiavo dovermi sentire diversa solo perché avevo capelli biondi e occhi di ghiaccio, solo perché non ero allegra, solare e vivace come tutti i Weasley. Mi dava fastidio essere perennemente additata come strana, perennemente in cerca di una maschera di finta impassibilità dietro la quale dovermi nascondere.
Ero stanca di essere quella che non ero. Ero strana, forse? No, ero semplicemente una ragazza come tante, forse un po’ chiusa in se stessa e molto asociale, ma non ero strana. Non ero diversa.
Almeno era quello che credevo.
“Dominique?”
Sbuffai, chiudendo immediatamente il libro che avevo fra le mani, e alzai lo sguardo sulla figura accanto a me. James era lì impalato, con aria leggermente imbarazzata e un piccolo sorrisetto sul viso. Stranamente non mi risultò né irritante, né fastidioso.
“Sì?” chiesi, inarcando un sopracciglio, scettica. Cosa voleva da me quell’essere che di umano aveva ben poco e che aveva avuto addirittura il coraggio di mettere piedi in biblioteca per chiamarmi?
“Io...ehm...Buon Natale!” biascica, arrossendo di botto. Se l’avessi detto a qualcuno non ci avrebbero creduto. James che arrossisce è come....come Albus con i capelli biondi, dai!
“Sì, James. So che è Natale. Buon Natale anche a te” borbottai, storcendo il naso e tornando alla mia lettura. Lui non demordeva. Si sedette davanti a me e continuò a fissarmi imbarazzato per almeno dieci minuti, fino a quando non decisi che era arrivato il momento di mettere fine a questa sciocchezza. “C’era qualcosa che dovevi dirmi, James?”
Avevo usato il suo nome, James. Non lo facevo spesso, di solito ci chiamavamo per cognome oppure usavamo i nostri nomi per prenderci in giro, per dare un briciolo di cordialità ad un rapporto famigliare che non esisteva.
“No, dirti no” replicò lui, con un sorrisetto enigmatico. “Da darti, più che altro” Mise sul tavolo una scatola blu, non più grande di un foglio di pergamena. “Buon Natale, Dominique Weasley”
Rimasi di sasso.
Quello era un regalo? Per me? Da parte di James? Certo che il mondo stava proprio girando al contrario.
“James, cosa...”
Spinse verso di me la scatolina con un’aria divertita.
Io sospirai e mi costrinsi ad aprirla. E rimasi perplessa.
C’era una pergamena,dentro, e quello che doveva – voleva – essere uno spartito musicale.
Be’, forse con un po’ di immaginazione quelle macchioline poste su uno spazio o su un rigo potevano sembrare addirittura delle note musicali.
“Lo so che non sono Mozart, però mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi...Magari potresti suonarla, non so. Io non ne sono capace...” Attaccò a parlare a raffica, imbarazzato, ma, non appena posai il mio sguardo su di lui, tacque, rosso come un peperone.
“L’hai scritta tu?” chiesi, con un’espressione stupita. Lui annuì, esitante. “Tu? Per me?”
“Non conosco nessun altro che suoni il pianoforte così divinamente quanto te” mormorò, a bassissima voce, torcendosi le mani.
Cavoli, ed io che credevo fosse un mononeurone...
“James?”
“Uhm?”
“Io non ti ho fatto un regalo” Non decente, almeno. Avevo comprato un maglione ad Hogsmeade qualche settimana fa e avevo pensato di regalarglielo, ma questo...questo spartito cambiava tutto. Avevo sempre pensato che mi avrebbe regalato una delle sue solite sciocchezze, tipo anellini e bracciali. Il solito scambio cortese di regali, obbligato dai nostri parenti.
E invece....
“A me basterebbe sentirtela suonare” Ammiccò alla pergamena tra le mie mani. Io abbassai lo sguardo su quella e sorrisi, intenerita.
“Ok, andiamo”

La Stanza delle Necessità era il mio posto preferito, ad Hogwarts, secondo solo alla Biblioteca. Solo che qui nessuno ti guardava se restavi troppo tempo a leggere un libro o se quel giorno eri più asociale del solito.
Fin dal primo anno mi rifugiavo in questa stanza – di cui Teddy mi aveva parlato tempo addietro – per suonare un po’ il pianoforte.
Avevo incominciato a prendere lezioni di pianoforte all’età di sei anni, affascinata dalla musica classica che avevo sentito a casa di zia Hermione e a diciassette anni ero in grado di suonare discretamente bene, lo ammetto.
Suonare mi liberava dall’ansia, dalla preoccupazione, da qualsiasi cosa che non fossero le note che scorrevano davanti ai miei occhi.
Da piccola mi vantavo di saper suonare anche ad occhi chiusi, credevo che il trucco per imparare bene a suonare fosse sapere la melodia a memoria.
Non era così, me lo spiegò il maestro, paziente.
Saper suonare il pianoforte significava riuscire a leggere le note sullo spartito e, contemporaneamente, riuscire a suonarle in un decimo di secondo.
“Vieni, siediti accanto a me” mormorai, entrando nella sala che ci aveva offerto la Stanza delle Necessità. Era grandissima, con un grande lampadario sul soffitto – uno di quei lampadari da palazzi reali – e un bellissimo pianoforte al centro. Nero, lucido.
“Eh?” James fece una faccia stupita mentre io gli indicavo lo spazio vuoto accanto a me sul sediolino. “Accanto a te?”
“Sai, non mordo”  replicai, con un sorrisetto divertito, sistemando lo spartito sul leggio.
Lui fece un sorriso e si sedette accanto a me, con un sospiro.
Suonare era facile, lo sapevo. Per me era come respirare, come litigare con James. Ma quel giorno, la sua presenza mi lasciò un attimo interdetta. E non perché non avessi mai suonato per qualcuno, anzi. Ero arrivata a fare anche un piccolo saggio all’età di quattordici anni.
Questa volta, però, era diverso. Lo sentivo dentro di me.
Sentivo qualcosa che bruciava, in me, a partire dal mio ginocchio che sfiorava quello di James.
Poggiai le mani sulla tastiera del pianoforte e sorrisi, mentre James mi guardava in attesa. Adoravo quel momento, la pausa incoraggiante che precedeva ogni nota. Quel silenzio incerto in cui la melodia sembrava prendere vita dentro di me, prima di essere suonata.
“Nicky?” Il suo fiato sul mio collo, la sua presenza accanto al mio corpo. Mi ritrovai a sussultare e una accordo dissonante scaturì dal pianoforte. “Ops, scusa”
Sorrisi, le mie mani tornarono sulle note giuste e iniziai a suonare. James, accanto a me, trattenne il fiato e mi guardò stupito. La melodia prese vita da sola, a me non restava che seguire le note sullo spartito. E quella cresceva, rigogliosa, come una pianta. Avvolgeva me e lui in un’atmosfera surreale, quasi fuori dal mondo. Era così bella che mi veniva quasi da piangere. Non riuscivo a credere che quella sinfonia meravigliosa l’avesse scritta James Sirius Potter, era qualcosa di incredibile.
Ero certa che neanche io sarei riuscita a scrivere una cosa tanto bella.
E quando anche gli ultimi accordi svanirono, lui mi guardò con aria seria, un’aria che gli avevo visto raramente.
“Cosa c’è?” chiesi, stupita, con le mani ancora bloccate sui tasti d’avorio.
“Tu...sei bravissima!” mormorò, folgorato. “Quando l’ho suonata io non era così!”
Risi, divertita.
“No, davvero. Tu...sei magica” iniziò a giocherellare con un mio boccolo biondo e fece un’espressione buffa che mi fece sorridere, intenerita. “Non so come tu abbia fatto, sei...un genio”
“Non dire sciocchezze, James” Arrossii, lui prese il mio viso tra le mani. Ecco, possibile che in un solo momento, da un mononeurone James si trasformasse in un essere tanto sensibile?
“Tu sei fantastica, Dominique, che lo voglia o no”

[Forse è stato quel giorno che è iniziato tutto. Con il mio viso fra le sue mani, i suoi occhi puntati nei miei, le sue parole che mi ronzavano in testa...forse è stato quello l’inizio della fine. Sì, della fine della vita.
O forse non si può dare un inizio a tutto. Forse era destino, da quando eravamo piccoli. Forse.
Ma non potrei dirlo con sicurezza.
E, mentre le mie dita scivolano lentamente verso un altro tasto, alzo la testa sullo spartito.
Per Dominique Weasley, c’è scritto.
Da James Sirius Potter.
Natale 2021
E una lacrima cade sui tasti d’avorio.]

 

 

 

Angolo Autrice

Aggiornamento lampo!
Vi ringrazio per i complimenti, siete davvero gentilissime. Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. A me è piaciuto molto scriverlo, sia per il litigio iniziale che per la parte finale.

Ringraziamenti

_BellaBlack_: Credo che tu abbia un’opinione di me troppo alta, sul serio. Non riesco a credere che tu, a priori, riesca a pensare che certamente non ti deluderò. Mi sento caricata di responsabilità J, ma non per questo mi dispiace, eh! Sono contenta che ti piaccia già. Lo ammetto, non credo che ci sarà mai un finale allegro. Non ne sono capace! J Grazie mille, anche per il video (Anche io adoro quel film e soprattutto Adam Brody)

Bec Hale: Grazie, grazie. Non so come ringraziarti. Sai, mi è preso un colpo quando ho letto che avresti sospeso la fic e mi dispiace tanto. Spero che riavrai Internet al più presto. Grazie mille per i complimenti.

EllaYaYa: Aggiornato! Grazie mille per i complimenti e spero ti piaccia anche questo capitolo J

lilyluna_4e: Grazie, non riesco a credere che tutti quegli aggettivi positivi sono rivolti al mio piccolo prologo. Sono emozionata. Ti ringrazio molto, eccoti il seguito. Spero ti piaccia anche questo.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022

“Hai sentito la mia mancanza?”
Tornare lentamente alla normalità non fu difficile, eppure quella complicità instaurata tra me e James sembrò sparire all’inizio delle lezioni.
Con l’inizio delle lezioni era compreso il rientro di tutti, incluso quel pallone gonfiato di Dorian Baston che, oltre ad essere il migliore amico di James Potter quindi nemico, era anche fissato con me. Diceva che, prima o poi, sarebbe riuscito a conquistarmi.
Se Dorian Baston non fosse stato così assillante, avrei anche potuto ritenerlo un “candidato”. Era carino, sì. Be’ – devo ammetterlo – più che carino era molto bello.
Uno schianto, avrebbero detto quelle Tassorosso urlanti del terzo anno che lanciavano grida entusiaste durante le partite di Quidditch.
Era bello – ma non contava poi molto per me – ma era – a sorpresa – uno degli studenti migliori del nostro anno – dopo di me, ovviamente. Era intelligente, se non si contava quelle volte che diventava idiota solo per darmi fastidio.
Ed era ironico, sarcastico, pungente...era perfetto!
Peccato che io non provassi la minima attrazione per lui. E che mi stesse sempre incollato addosso, venticinque ore su ventiquattro.
“Per nulla, Baston” risposi, secca, mentre lui faceva una faccia contrariata. “Ora, se non ti dispiace, vorrei andare a salutare mia cugina...”
Feci per muovere un passo verso Rosie, che  mi salutava dietro l’ingombrante presenza di Baston, ma quello, ovviamente, decise che non era il caso. Mi si piazzò di fronte, in mezzo al corridoio, in modo che io non potessi passare da nessuna parte.
L’ho già detto che lo odiavo?
Be’, ora lo sapete.
“Almeno un saluto adeguato, principessa!” si lamentò, esasperato.  Io lo fulminai con lo sguardo e lo spinsi indietro, disgustata.
“Sì, certo. Ciao, idiota
Mi voltai e lo lasciai lì, ad attendere un saluto più affettuoso che, ovviamente, sarebbe arrivato solo se Hogwarts avesse iniziato a volare.
Quanto a Rosie, la raggiunsi solo dieci minuti dopo, ripercorrendo il corridoio con passo felpato, accertandomi che Dorian Baston non fosse nei paraggi.

~

“Ciao, Dominique!”
Rose Weasley era una delle poche persone con cui andavo molto d’accordo.
Oltre a lei, si contavano sulle dita della mano.
Rose Weasley, Lucy Weasley e Ted Lupin erano le uniche persone che potevano vantare la mia amicizia.
Con Rose ero ancora più legata, anche perché facevamo parte della stessa Casa – Corvonero – e trascorrevamo molto tempo insieme in Sala Comune. Lei era davvero simpatica,  mi capiva benissimo quando parlavo della mia diversità, diceva che certe volte si sentiva così anche lei che, con la sua passione per la lettura, dimenticava ogni cosa. Era capace di mettere in primo piano un manuale di Incantesimi al posto della famiglia.
Rose mi somigliava tanto, solo non era acida come me.
Quel giorno sprizzava gioia da tutti i pori. Ci credo, con Scorpius alla Tana per le vacanze natalizie doveva essersi divertita parecchio.
“Ciao, Rosie. Come sono andate le vacanze?”le domandai, mentre insieme ci avviavamo verso la Sala Grande per il pranzo.
“Mi ha baciata”  confessò, diventando rossa come un peperone. Si sedette elegantemente al tavolo dei Corvonero, seguita da me. Solo che, mentre mi sedevo io, circa cento teste si voltarono nella mia direzione, occupate a vedere ogni singolo movimento del mio corpo perfetto.
Fulminai tutti con un’occhiataccia e mi rivolsi a Rosie, che era talmente felice da rendere elettrici i suoi già ribelli cappelli.
“Baciata?” chiesi, atona. A Rose non sfuggì questa particolarità della mia voce, ma era troppo entusiasta per rimproverarmi come avrebbe fatto normalmente.
“Baciata!” trillò, eccitata e molte teste si voltarono nella nostra direzione, questa volta per fissare scettici mia cugina.
Merlino, cosa era successo alla mia cugina riflessiva e tranquilla? Se l’era baciata Scorpius Malfoy, ecco!
In quel momento Scorpius si sedette di fronte a noi con un sorriso, ovviamente indirizzato a Rosie. Lei arrossì timidamente e io alzai gli occhi al cielo.
Non mi piaceva quell’atmosfera rose e fiori e, probabilmente, non mi sarebbe mai piaciuta. Non ero tipo da romanzi rosa. Non lo sarei mai stata, neanche sotto la Maledizione Imperius. Non credevo nell’amore, non mi ero mai innamorata.
E non ero di certo triste per questo.

~

“Ti prego, aiutami”
“Ho detto di no, Potter” sibilai, nascondendomi dietro il libro che stavo leggendo. Ero piuttosto irritata, chiunque se ne sarebbe accorto. Chiunque tranne James, ovviamente.
“Ti chiedo aiuto, Dominique!” Rabbrividii sentendo il mio nome pronunciato da quelle labbra e preferirei non chiedermi il perché. “Quale parte della parola aiuto non comprendi?”
“Uhm...Quella in cui io aiuto te, forse?” chiesi, ironica, senza neanche alzare gli occhi dal libro. Non che fosse così interessante, ma preferivo leggere quel noioso tomo piuttosto che guardare quella faccia da schiaffi. E sentirmi male, senza neanche sapere per quale ragione. Sapevo solo che da quando avevo suonato la sua arrangiata melodia, qualcosa si era mosso in me, come un leggero smottamento.
“Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti prego, ti scongiuro...Non farmi questo!”
Incurante di trovarsi in biblioteca, aveva iniziato ad implorarmi a voce alta, tanto alta che Madame Prince, più vecchia e raggrinzita che mai, lo incenerì con lo sguardo. E dire che quella non ci sentiva quasi più.
“Tutto purché tu smetta di urlare” sibilai, aprendo la mia borsa. Lui sorrise trionfante e mi abbracciò, in un vortice di entusiasmo. Io feci una faccia disgustata a quel contatto inaspettato, ma non dispiacque per niente  essere stretta al suo corpo, così caldo.
“Ti amo, Dominique” disse, entusiasta, senza pensare che poteva essere frainteso. Non da me, ovviamente. Non ci avrei mai sperato...no, un momento. Perché avrei dovuto sperarci? Non ci avrei mai creduto, semmai. Non sperato. Io non ci speravo.
“Oh, Potter. Addolorata di dirtelo, ma siamo cugini”
E in quell’istante mi resi conto anche io di quello e – senza sapere perché – mi ritrovai a restare a bocca aperta, senza riuscire a spiccicare parola.
“Sai quanto mi dispiace, Weasley” Sentii le sue mani scompigliarmi i boccoli biondi, ma non vidi il suo gesto. Ero troppo folgorata per farci caso. “Ehi, Dominique, tutto bene?”
Era preoccupato, per me.
Non riuscivo a crederci.
“Non è niente, James. Sono solo stanca” mormorai, scostandomi da lui con un sorrisetto sul volto. Ritornai a frugare nella mia borsa e trovai il libro di Trasfigurazione, nel quale avevo nascosto il tema sulla Trasfigurazione Umana di cui James diceva di aver tanto bisogno,
Perché è a questo che servivo, vero? A fare i compiti degli altri. E basta.
“Tieni” dissi, con tono incolore. James mi guardò, con un sorriso riconoscente sul volto.
“Grazie, Nicky” mormorò, allegro, afferrando il tema e cacciando fuori dalla sua borsa un foglio di pergamena. “Non so come ringraziarti”
“Basta che non urli più” borbottai, tornando al mio libro, ma James continuava a fissarmi come in attesa. “Qualche altra cosa?” chiesi, infastidita.
“Perché non dai una possibilità a Dorian?” domandò, con un sopracciglio inarcato, ma distogliendo lo sguardo dal mio viso e fissando i suoi occhi sulla mia pergamena.
“Una possibilità? A Dorian Baston?”  Le due parole erano, per me, incomprensibili insieme. Appartenevano a due universi separati, erano due linee parallele: non si sarebbero mai incontrate, neanche a sbatterle l’una contro l’altra. Non erano compatibili quelle due parole.
“Be’, sì. Sai, non è così male” Mi fece un sorriso ironico e io mi ritrovai a distogliere lo sguardo, imbarazzata. Non mi piacevano quei discorsi.
“Ma è...Dorian Baston!” pigolai, storcendo il naso. James rise, divertito e scosse la testa, tornando a scrivere il suo tema.
“Mi dispiace, ma non è una scusa valida per rifiutarlo” disse, trattenendo a stento la sua ilarità. Io incrociai le braccia sotto al seno e lo fissai male.
“Per me lo è” borbottai, scostandomi un boccolo biondo dal viso e fulminando mio cugino con i miei occhi chiari. Lui mi fissò, con un sorrisetto inspiegabile che mi fece sentire stranamente su di giri.
“Dai, non è così male!” Tornò a scrivere sulla sua pergamena, adocchiando di tanto in tanto il mio tema.
Storsi ancora il naso, stringendomi nelle spalle con aria indifferente.
“E se gli piacessi solo per l’aspetto fisico?” chiesi, con una vocina debole, torturandomi le mani.
Mi aveva dato sempre fastidio essere circondata da persone che amavano il mio fisico e che non provavano niente per me. Non che volessi innamorarmi, ma questo mi feriva abbastanza.
Ero una bella bambolina e basta.
James sospirò e alzò lo sguardo dal suo tema, per fissarmi con espressione serissima.
Io rabbrividii quando vidi i suoi occhi castani fissarmi preoccupati e distolsi lo sguardo, con un sospiro tremante.
Non sapevo cosa stava succedendo in me e, onestamente, preferivo non saperlo.
“Non potresti piacergli solo perché sei bellissima. Non sei solo una bambolina, Dominique. Sei anche intelligente, altrimenti non saresti la migliore del nostro anno. E sei brava col piano, hai suonato quella canzone meravigliosamente. E sei divertente, anche se hai una percentuale di acidità piuttosto alta”
Sorrise, allegro e io gli risposi col migliore dei miei sorrisi. Se lo meritava, quel sorriso. Non avevo mai sentito niente di più bello riferito a me e a stupirmi era il fatto che l’avesse detto James. James Sirius Potter, quello che credevo fosse un mononeurone.
Lui tornò a scrivere il suo tema,in silenzio, mentre io lo guardo con un sorrisetto inspiegabile.
“James?”
“Uhm?”
“Grazie”
E anche lui sorrise e quel sorriso mi accecò un po’, mi scombussolò i pensieri, mi annebbiò il cervello.
“Gliela darai una possibilità?”
“Perché lo fai, te l’ha chiesto lui?” domandai, guardandolo con uno strano sorriso. Non so se mi avrebbe fatto piacere saperlo.
“No. Mi da fastidio vederlo così...abbattuto” spiegò, accantonando per un attimo il suo tema e facendo una faccia triste. “Ogni volta che tu lo rifiuti torna su in Dormitorio e si siede a guardare il vuoto. Resta così per secoli e se io gli chiedo cosa c’è che non va riesce solo a mormorare il tuo nome”
Fossilizzata.
Ero fossilizzata. Non potevo credere che Dorian Baston ci tenesse davvero a me.
“Lo farai? Proverai a dargli una possibilità?”
Silenzio.
Non osai rispondere, anche perché sapevo benissimo la verità.
“Non ora, James. Ora ho altro per la testa”
“Grazie per avermi ascoltato” mormorò, alzandosi in piedi. Mi porse il tema con aria divertita e mi fece un sorriso allegro, che mi fece arrossire inspiegabilmente. “Tieni”
Afferrai la pergamena in fretta e feci un piccolo sorriso, mentre la infilavo nel libro di Trasfigurazione.
“Dominique?”
“Uhm?”
“Ti voglio bene”
Certo che appena arrivava una notizia scioccante la seguivano altre dieci.
E io non potevo reggere una cosa, simile, Merlino!
“Eh?”
Lui rise, divertito, poi posò un bacio  sulla mia  fronte  e  se ne andò.
E un sorrisetto spuntò sulle mie labbra. Inspiegabilmente.

Dom,
ti ringrazio per avermi fatto prendere ispirazione dal tuo tema – ovviamente perfetto – perché sapevi che senza di te, io sarei stata ucciso dalla prof.
So che, anche se fai finta di odiarmi – e non ti viene neanche bene. Sei una pessima attrice, Dominique -  in fondo – molto in fondo – mi vuoi bene, per questo io ti ho detto di dare una possibilità a Dorian.
E’ un bravo ragazzo, Nicky, e ci tiene davvero a te. Mi ha detto che gli piace scambiare battute con te, hai sempre la risposta pronta – come se io non lo sapessi. Vorrei che tu fossi felice, Dominique, ma se ciò non include Dorian non fa niente.
Solo mi dispiace vedere il tuo volto perennemente arrabbiato – anche se sei molto carina ugualmente.
Oggi, quando hai sorriso,ho sentito il mondo girare più veloce. Il tuo sorriso è meraviglioso, mostralo di più.
Ti voglio bene.

James.

P.S. : Cavolo, la tua pelle è gelida!

Quel biglietto era finito tra le pagine del mio libro, quel libro che stavo leggendo quando James mi aveva raggiunta, ancora una volta, in Biblioteca. Chissà come aveva fatto a metterlo là dentro, senza che io me ne accorgessi.
Forse l’aveva fatto quando ero troppo scioccata per parlare e per rendermi conto di un suo gesto.
Lo ritrovai quella sera, aprendo il libo. Mi scivolò in grembo delicatamente e io lo fissai, accigliata, poi mi decisi ad aprirlo.
E, dopo averlo letto, un sorriso alleggiò sulle mie labbra per tutta la notte, inspiegabilmente.

[Non mi piace ricordare, ma non ne posso fare a meno, ora, mentre le mie dita scivolano da un tasto all’altro, seguendo quella melodia che James si era impegnato tanto a scrivere. Si nota, questo. Ci sono macchie ovunque. Non è ordinato, questo spartito, ma è suo.
Affianco a questo, ho il bigliettino. Lo conservo ancora.
Inspiegabilmente.
E un’altra lacrima cade dai miei occhi.]

Angolo Autrice

Forse questo capitolo non sarà granché, ma mi sono divertita un mondo nello scrivere il dialogo tra James e Dominique, nonostante sia un filino serio.
Spero piaccia anche a voi.

Ringraziamenti

Bec Hale: Grazie, gentilissima come sempre. Anche io adoro suonare il piano, per questo anche Dominique lo sa fare, nonostante lei sia più brava di me. Diciamo che Dominique è il personaggio in cui ho messo la maggior parte di me stessa, per cui anche io sono molto acida come lei. I battibecchi mi diverto da morire a scriverli, immagino le loro facce... Grazie ancora, spero anche questo capitolo ti piaccia.

_BellaBlack:  Grazie, grazie mille. Mi fai arrossire. Guarda, ti dirò, il capitolo precedente lo avevo scritto in un momento di sonnolenza acuta e, quando l’ho riletto, mi sono chiesta se stavo scrivendo di Dominique e James II o di Lily e James Potter, perché anche a me ha dato questa impressione. Però mi piacevano troppo quelle battute *__*. Ti ringrazio ancora.

miri743: Grazie mille per i complimenti. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.

cagnoletti2: Grazie ancora, eccoti un altro capitolo!

vale93: Grazie mille, eccoti subito un nuovo capitolo. Sono felice che ti piaccia. Comunque ho quattordici anni, purtroppo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 – Cambiamento, Gennaio 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 3 – Cambiamento, Gennaio 2022

Trovare qualcuno che all’ultima lezione di venerdì stesse attento era una vera e propria sfida, soprattutto se quella lezione era quella di Storia della Magia.
Quel giorno, infatti, ero l’unica ad ascoltare le lunghissime spiegazioni di Ruf, ma la mia attenzione iniziò a calare quando mi resi conto che il mio sguardo era attratto da ben altro che dall’ectoplasma.
Chissà perché, i miei occhi si immobilizzarono su una figura seduta ad un paio di posti da me. Una figura con spettinati capelli neri, sparati in tutte le direzioni, e un sorriso allegro sulle labbra rosee. Chissà perché James Sirius Potter era il catalizzatore di tutti i miei sguardi.
I miei occhi ne erano attratti, non potevo spostarli. Seguivo ogni suo movimento con uno strano sorrisetto sulle labbra. Ero felice.
E a rendermi tale era James Potter.
Scribacchiavo qualche cosa sulla pergamena davanti a me, giusto per far vedere che -  durante quella strana lezione di Storia della Magia in cui non mi concentrai affatto – fosse tutto normale, ma sapevo che non lo è per niente.
Sentivo che, in bene o in male, qualcosa – in me, attorno a me – stava cambiando. Non sapevo se questo cambiamento avrebbe portato qualcosa di buono o meno, ma sapevo che era qualcosa che non mi avrebbe lasciata indifferente.
Lo sentivo dentro di me, in quell’atmosfera che mi circondava, nel sorriso allegro che James mi rivolgeva di tanto in tanto.
Sentivo che il cambiamento era nell’aria, eppure non avevo idea di quello che avrebbe portato.
Non potevo saperlo.

Cercavo di prendere appunti, cercavo di seguire la spiegazione del professore – ectoplasma, ma non ci riuscivo. Era inutile, la pergamena non attirava il mio sguardo come il volto di James, illuminato da un sorriso che gli faceva spuntare due fossette sulle guance. Non mi ero mai resa conto di quanto quelle fossette fossero carine.
E James, in quel momento, decise di voltarsi e di beccarmi  a guardarlo con aria da stupida.
Arrossii, imbarazzata, e spostai immediatamente il mio sguardo sulla pergamena piena di scritte inutili, coprendomi il viso con i boccoli biondi.
D’improvviso sentii una gomitata nelle costole da parte del mio compagno di banco, che, con aria irritata, mi passava un bigliettino scritto in una scrittura quasi incomprensibile. Io gli feci un sorrisetto di scuse e lui arrossì e si voltò, imbarazzato.
Sorrisi, divertita, e posai il mio sguardo sul bigliettino.

Ehi, Dominique,
non fare finta di nulla, lo so cosa stai pensando. Stai pensando che sono un figo, vero?
Be’, non hai tutti i torti
Non ti preoccupare, non mi da fastidio essere fissato.
Tanto lo so che ti piaccio.

James.

P.S.: Idiozia a parte, perché mi stavi fissando?

Inarcai un sopracciglio, scettica e quasi mi sembrò che tutto fosse tornato normale. Però non era così, perché lo sapevo che era in corso un cambiamento. E quando c’era un cambiamento si poteva andare avanti, ma non tornare indietro.
Non si poteva riavvolgere il nastro, di qualunque cosa si trattasse.
Afferrai la piuma e inizia a scrivere, leggermente isterica.
Come si permetteva, quello?

Potter,
tu non mi piaci. Non. Mi. Piaci. Mettitelo bene in testa.
Non mi piaceresti neanche se fossi bellissimo, neanche se fossi l’unico uomo sulla terra, neanche se dovessi bere un filtro d’amore.
Chiaro?
Io e te siamo CUGINI.
Spero che tu l’abbia capito.

E non stavo fissando TE, vanitoso che non sei altro. Stavo fissando il vuoto.

Dominique.

Feci una faccia implorante al mio compagno di banco – un ragazzo di Grifondoro che aveva una cotta per me, tra parentesi – e quello sorrise e passò il bigliettino a James. Potevo notare anche da lontano la differenza tra la sua scrittura incomprensibile e la mia, chiarissima, forse un po’ infantile.
Vidi James sorridere, intenerito, e incominciare a scrivere. Lo odiavo, quando sorrideva. Non è che lo odiavo, è che...quando faceva quel sorriso riuscivo a sentire ancora di più la presenza di quel cambiamento in me stessa.
Cercai di concentrarmi un po’ sulla spiegazione, ma non riuscii a capire nulla, perché ogni tanto mi ritrovavo a guardare mio cugino.
Alla fine, mi passò il bigliettino con un sorrisetto ironico sul volto.

Dominique,

Punto primo: Io sono bellissimo. Non voglio scuse, lo sono e basta.
Punto due: Non farti del male da sola, Dominique, dicendo che siamo cugini. Ti uccideresti con le tue stesse mani. Non ricordarlo, Nicky, non ti farebbe bene.
E non fingere che sia tutto normale.

James


Perché quelle parole mi fecero solo male?
Perché mi ferirono, mi uccisero, mi devastarono? Perché anche James si era reso conto di quel cambiamento che era iniziato in noi e attorno a noi.
Forse me lo sentivo, che quel cambiamento non avrebbe portato nulla di buono.

Potter,
smettila di fare l’imbecille – anche se lo sei.

Per favore,
Dominique.


James sorrise, vittorioso, e io fissai a lungo la mia pergamena prima di rendermi conto che quella macchia al centro esatto del foglio era una lacrime. Mia.

~~

“Dominique?”
Non mi muovevo. La lezione era finita da un secolo, eppure io rimanevo perfettamente immobile, seduta al mio banco con occhi vuoti, senza neppure sistemare le mie cose.
“Dominique, tutto bene?”
Dorian Baston si chinò per arrivare all’altezza del mio viso. Aveva un’espressione preoccupata, quasi temesse che potessi esplodere da un momento all’altro.
“Sì, tutto bene” mormorai, atona, stringendomi nelle spalle. Lui sospirò, con aria rassegnata, e si alzò, facendosene per andare via. “Dorian?” lo chiamai.
Lui si voltò, stupito. Lo avevo chiamato per nome. Non l’avevo mai fatto e credevo che non l’avrei mai fatto.
“Dominique?” Mi venne incontro, timoroso. Aveva paura che stessi male?
“Mi aspetti?”
Mi alzai in piedi, un po’ barcollante e sospirai, tremante. Dorian Baston sospirò e, con un sorrisetto esasperato, mise le mie cose nella borsa e me la porse.
Io gli feci un sorrisetto riconoscente, poi, senza preavviso, scoppiai a piangere.
Non mi piaceva piangere, mi faceva sentire inutile, idiota, ridicola. Piangere non mi serviva, neanche a sfogarmi.
Eppure, quel giorno, scoppiai a piangere, disperata.
Non sapevo neppure perché, forse perché avevo paura di quel cambiamento e non volevo che avvenisse. Ma era troppo tardi, ormai. Era già iniziato, l’avevo già detto a me stessa. Eppure, avevo il terrore di quel cambiamento.
Dorian mi guardò, stupito. Non mi aveva mai vista piangere e, probabilmente, lui non avrebbe mai immaginato di farlo. Probabilmente, nei suoi sogni, quando c’eravamo io e lui, io di certo non piangevo.
Poi, incredibilmente, mollò la mia borsa a terra e mi strinse in un abbraccio goffo e impacciato.
Sentii il calore che le sue mani emanavano sulla mia schiena e posai la mia testa sul suo petto. Mi sentii bene, come quando James mi aveva posato un bacio sulla fronte. Ma Dorian non era James e dovevo ricordarlo.
“Ehi, Dominique?” Mi accarezzò dolcemente la schiena e io iniziai a singhiozzare più forte, terrorizzata. Mi aggrappai con forza alle spalle di Dorian, quasi avessi paura che lui potesse abbandonarmi. “Dominique...”
Sussurrava il mio nome, come a consolarmi.
Quando le mie lacrime si calmarono un po’ mi scostai da lui, con aria imbarazzata, e gli feci un sorrisetto di scuse.
Lui mi diede un buffetto amichevole sulla guancia e mi sorrise, intenerito. Fissai a lungo i suoi grandi occhi verdi e allargai il mio sorriso, sapendo benissimo che se lo meritava, quel sorriso.
“Tutto bene, ora?” chiese, con voce preoccupata. Io annuii e mi passai una mano fra i capelli, imbarazzata.
“Sì, grazie mille” Afferrai la borsa che lui aveva lasciato a terra e feci per andarmene, ma lui mi trattenne per un polso.
Inarcai un sopracciglio, con aria sorpresa e lui divenne rosso come i capelli dei Weasley – ovviamente, tranne i miei. Io sono diversa, no?
“Posso fare la strada con te?”
Sei parole che mi sconvolsero non poco. Posso fare la strada con te?
La risposta mi uscì spontanea.
“Sì” mormorai, con un sorriso. Lui afferrò la sua borsa e sorrise, radioso e mi seguì fuori dall’aula.
“Dominique?”
Mi voltai verso di lui, con un sopracciglio inarcato. Lui mi fece un sorriso allegro.
“Credi che io possa avere una possibilità con te?” chiese, imbarazzato, guardando ovunque tranne che nei miei occhi.
“U – una pos- possibilità?”?” balbettai , incapace di pronunciare quella parola. Una possibilità? A Dorian Baston?
Era una cosa dell’altro mondo.
“Sì, be’...accetteresti di uscire con me?”
“Sinceramente?”
Annuì, con un sorriso triste sul volto.
“Be’, ecco, se me l’avessi chiesto prima, avrei sicuramente detto di no. Assolutamente no. Però...te lo devo. Per avermi consolata”
“Quindi...usciresti con me per ricambiare il favore? Per senso di colpa?” chiese, ironico, fermandosi di botto con un sopracciglio inarcata.
“Esattamente” Annuii con aria sicura, torturandomi le mani, tesa.
“Bene, allora ci vediamo domani alle otto e mezza fuori al cancello. Andiamo ad Hogsmeade”
Mi scombinò affettuosamente i capelli con aria divertita e se ne andò così, lasciandomi stupita, con occhi sbarrati e uno stranissimo sorrisetto sulle labbra.

 

 

Angolo Autrice

Lo so che mi odierete dopo questo capitolo, ma capirete il perché di questo nel prossimo. E’ solo un capitolo di transizione. Imploro la vostra pazienza.

Ringraziamenti

lilyluna_4e: Imploro il tuo perdono, non avevo notato la tua scorsa recensione, distratta come sono. Perdonami, perdonami, ti prego! Mi dispiace se ti ho delusa, ma capirai meglio nel prossimo capitolo. Grazie mille per i complimenti, spero che  anche questo capitolo ti sia piaciuta. E perdonami ancora.

Bec Hale: Grazie mille. Sai, ho adorato creare un personaggio, perché, in fondo, la Rowling può anche immaginarsela diversamente, Dominique. Grazie mille, davvero.  Sono felice che Dorian non ti stia antipatico, perché non volevo che lo fosse.

Kimly: Aggiornato, spero ti piaccia anche questo capitolo, anche se un po’ corto

Jhaa: Grazie, grazie.  I finali tragici sono il mio forte, la maggior parte della mia creatività va a quello. Spero ti piaccia anche questo capitolo.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4- Hogsmeade, Gennaio 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 4 – Hogsmeade, Gennaio 2022

Mi sentivo ridicola.
Ridicola, idiota, stupida a conciarmi così per uscire – che parola impegnativa – con Dorian Baston. Insomma, con Dorian Baston!
A dir la verità non è che fossi conciata chissà come. Avevo la gonna a pieghe della divisa, il maglioncino blu e bronzo, il mantello nero e gli stivaletti neri, tanto per cambiare.
E non ero neanche eccessivamente preparata. I boccoli biondi mi cadevano come al solito lungo la schiena, morbidamente e i miei occhi azzurri erano freddi come sempre.
Eppure mi sentivo ridicola. Forse non dipendeva dal mio aspetto fisico, forse dipendeva dal fatto che mi sentivo ridicola ad uscire con Dorian Baston dopo anni di rifiuti.
Sì, forse era quella la causa del mio stato d’animo.
Mi diressi verso il cancello della scuola, stretta nel mio mantello nero.
Prima di arrivare fuori al cancello, però, sentii delle voci provenire da dietro una colonna, ma non riuscii a vedere a chi appartenevano.
“No, oggi non possiamo andare a fare uno scherzo a Malfoy” borbottò una delle due voci. Era indubbiamente quella di Dorian.
Inarcai un sopracciglio,  curiosa. Sapevo che non dovevo farmi i fatti degli altri – mamma, da piccola, mi aveva anche punita perché avevo origliato una sua conversazione con nonna Molly – eppure la curiosità restava ancora uno dei miei principali difetti.
“Perché?” chiese l’altra voce e un brivido mi percorse la schiena, nonostante avesse pronunciato una sola parola. Era la voce di James.
Lo so che non aveva senso sentirsi così perché avevo sentito la voce di James, mio cugino, ma non potevo farne a meno. Quel cambiamento mi stupiva ogni giorno di più.
“Perché devo uscire con una ragazza” Dorian sembrava imbarazzato,  lo sentivo nel suo tono di voce.
“La conosco? E’ carina?” Avvampai, inspiegabilmente e, allo stesso tempo, una collera montò in me. Perché James chiedeva se era carina? A lui che importava?
“Ehm...è Dominique” Lo disse velocemente, Dorian, quasi sperasse che James non l’avesse sentito, ma James – quando si trattava di questo – aveva un udito sopraffine e, ovviamente, l’aveva sentito più che bene.
“Dominique?”  chiese. Il suo tono di voce sembrava quasi minaccioso. “Mia cugina Dominique?”
Un colpo al cuore
Per poco non mi accasciai a terra, senza fiato.
Mia cugina.
Perché quelle parole facevano così male? Perché erano vere, forse? Perché non erano giuste?
“Sì, lei. Ha accettato di uscire con me. Incredibile, vero? Dopo tutti questi anni stavo per perdere la speranza...” Dorian non continuò, ma sentii un fruscio di abiti. Immaginai che James  lo avesse preso per il colletto della divisa. Lo faceva spesso con chi gli dava fastidio, il suo era un gesto istintivo.
Ecco, lo stavo anche difendendo.
James stava per picchiare il ragazzo con cui avevo un appuntamento e io lo difendevo! Questo era assolutamente ridicolo, ancora di più di uscire con Dorian.
“La mia Dominique?” chiese James, con voce furiosa.
Un altro colpo al cuore.
Mia.
Quella parola mi ronzò in testa, insopportabilmente. Cosa voleva dire? Che ero sua cugina, che doveva chiedere a lui il consenso per uscire con me – come aveva fatto un tempo zio Ron con zia Ginny - ?
O che ero di sua proprietà, che nessuno poteva toccarmi?
“James, cosa ti prende?” domandò Dorian, stupito.
Già, cosa gli prendeva? Non mi aveva detto lui di dare una possibilità a Dorian?
“Tu...viscido...traditore!”  esclamò, furioso. Io sobbalzai al sentire quelle parole. A cosa si riferiva James?  “Dominique! Esci con Dominique!”
Perché il mio nome, detto da quelle labbra, mi sembrava stupendo?
Cavolo, era James Potter!
“James, cosa...cosa vuoi fare con quel pugno?”
“Spaccarti la faccia, mi sembra ovvio”
Forse era giunto il momento di intervenire.
Mi spostai dalla colonna e corsi verso di loro, con aria preoccupata. Inizialmente, James non si accorse di me e fissò duramente il suo migliore amico. Solo quando posai una mano sul suo braccio si fermò, di scatto.
Al contatto con il suo braccio, dalla mia mano partì un brivido che mi percorse tutto il corpo.
“Dominique?” chiese, stupito, spalancando i suoi occhi castani. “Cosa, ehm...cosa ci fai qui?”
Mollò in fretta la presa dal colletto di Dorian e mi sorrise, imbarazzato.
“Sì da il caso che io abbia sentito il tuo programma per i prossimi cinque minuti e che abbia deciso di intervenire per evitarlo” Feci un segno di saluto a Dorian che si rialzò, barcollando, e poi continuai a fissare male James, che arretrò un po’, sorpreso.
“Io...ehm...” balbettò, arrossendo di botto, incapace di mettere due parole in fila. Si passò una mano fra i capelli, imbarazzato. “Scusa, Dorian”
Il ragazzo scrollò le spalle e fece un sorriso allegro.
“Non fa niente, capita che qualcuno sia geloso delle ragazze che ho” ammiccò divertito alla mia figura e io avvampai, di botto, mentre uno strano sospetto si faceva strada in me.
James era...geloso?
E perché quel pensiero mi rendeva stranamente felice?
“Baston...” Lo fulminò von lo sguardo.
Sorrisi, per alleviare la tensione, e mi avvicinai a Dorian. Gli sistemai il colletto della camicia e il maglione alzandomi in punta di piedi, con aria esasperata e lui arrossì nel momento in cui la punta delle mie dita sfiorò la sua pelle.
“Andiamo?” chiese, imbarazzato, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. James ci fulminò ancora, poi e se ne andò, lasciando me e Dorian, terribilmente soli.

~~

“Letto qualche bel libro, di recente?” Dorian si torturava le mani con aria imbarazzata, con le guance imporporate e i capelli che gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi verdi. Era così tenero che sentii qualcosa al cuore, guardandolo.
“Ho appena finito di rileggere Storia di Hogwarts” mormorai, giocherellando con un mio boccolo biondo, con un sorrisetto sulle labbra. Guardai il mio accompagnatore, insolitamente allegra. “E’ il mio libro preferito”
“Non trovo che sia così interessante. In molti punti diventa noioso” borbottò lui, in risposta, storcendo il naso con aria un po’ disgustata. “Però...i gusti non si discutono, no?”
Rimasi a guardarlo per un attimo, stupita. Mi fermai, addirittura. Non riuscivo a digerire la notizia, era qualcosa di assurdo per me.
Dorian mi guardò, curioso, e mi venne incontro.
“Tutto bene?” chiese, preoccupato, corrugando il bel volto in una smorfia terrorizzata. Aveva paura che scoppiasi di nuovo a piangere, probabilmente.
“L’hai letto?” chiesi, stupita. “Hai letto Storia di Hogwarts?” la mia voce era leggermente stridula, frutto di quell’incredulità che mi aveva colpita.
Dorian rise, divertito, e mi scompigliò i capelli, in un gesto così inusuale, eppure così bello nella sua spontaneità.
“Certo. Non sono mica uno zotico. E’ un classico, ora, no?”
Spalancai la bocca. Troppe novità in un solo secondo.
“Io...tu....per Merlino!”
Dorian rise ancora, poi prese una delle mie mani fra le sue, calde. Calde nonostante non portasse i guanti e nonostante fosse pieno Gennaio con tanto di neve. Dorian era un camino ambulante, Merlino.
“Lo so, è scioccante, non è vero?” chiese, camminando e tirandomi leggermente. Mi fece un leggero cenno col capo, come a dire di andare, e sorrise.
“Decisamente” mormorai, folgorata, lasciandomi trascinare da lui, che rideva, divertito.
“Oh, guarda. Nevica” esclamò lui, alzando lo sguardo verso il cielo. Lo feci anche io e sorrisi, amaramente. La neve ero io, era il mio elemento. Fredda come me. Mi sarei trovata a mio agio, in quel paesaggio bianco.
Dei fiocchi di neve mi caddero fra i capelli e Dorian ,con il solito sorriso, si sporse a togliermeli, mentre altri cadevano sulla sua mano. Avvampai.
Sorrisi, poi mi lasciai trascinare da lui. Mi condusse dai Tre Manici di Scopa con un sorrisetto e mi aprì la porta, galantemente.
Sorrisi a mia volta ed entrai, divertita.
Mi sedetti ad un tavolino e Dorian ordinò due Burrobirre, mentre io mi guadavo attorno. Non c’era la solita folla, forse perché era abbastanza presto, ma una Burrobirra mi avrebbe scaldata.
Il professor Paciock ci sorrise da dietro al bancone e ci passò le Burrobirre. Io salutai il professore con un sorriso allegro: quel professore mi era sempre stato simpatico, non avevo mai visto nessuno così comprensivo. E – come se non bastasse dover insegnare a marmocchi etti che non ne volevano sapere niente – durante i fine settimana aiutava la moglie – Hannah Abbott -  nel suo locale. Era così gentile, quell’uomo.
Dorian mi venne incontro con due boccali di Burrobirra fumante e mi porse il mio, sempre con quel sorriso allegro di sempre. Era incredibile, non si annoiava mai di sorridere.
Gli sorrisi di rimando, imbarazzata, e presi un sorso della mia Burrobirra, ma, ovviamente, mi scottai.
Mentre lui rideva divertito, la porta del locale si spalancò e, in un turbinio di neve, entrò James Sirius Potter, con aria imbronciata e le mani nelle tasche.
“Ehi, Jamie!” il professor Paciock gli fece un segno di saluto e gli sorrise, allegro, ma James non sorrise affatto e – dopo un mogio cenno di saluto – si sedette ad un tavolino e si prese la testa fra le mani.
Feci una faccia interrogativa a Dorian, ma lui scosse la testa, stupito.
Mi alzai istintivamente dal mio tavolo con un’alzata di spalle. Dorian annuì, preoccupato, mentre io mi ero seduta al tavolo accanto a James.
“Ehi, Potter?” chiesi, cauta. Lui sobbalzò, stupito e mi guardò terrorizzato.
“Dominique?” Il mio nome, detto da quelle labbra, sembrava persino bello. “Cosa ci fai qui? Non eri con Dorian?”
Gli indicai il suo migliore amico con un sorrisetto, mentre lui faceva una smorfia disgustata.
“Cosa ti preoccupa, James?” chiesi, mettendo la mia mano sulla sua, con aria preoccupata. Lui sobbalzò ancora e tolse la sua mano dalla mia stretta, per poi guardare Dorian.
“Perché non vai da lui? Che ci fai qui a rovinarti l’appuntamento?”
Rancore. Questo si sentiva benissimo nel suo tono di voce. Rancore, astio nei confronti del suo migliore amico. O nei miei confronti?
Ci odiava?
“Te l’ha chiesto Dorian di venire qui a parlarmi? Sì, immagino che tu non verresti di tua spontanea volontà” si alzò dal tavolo e fece un altro cenno di saluto al professore, per poi mettersi le mani in tasca e rimettersi sul viso quell’espressione triste che mi fece venire una stretta al cuore.
“No. Io...”
“Fammi il piacere, Dominique. Smettila di torturarmi”
Rimasi stupita da quelle parole. Smettila di torturarmi. Tre parole che mi spaccarono il cuore in mille pezzi.
Smettila di torturarmi.
Sentii le lacrime che affioravano agli occhi, la stranissima e inusuale sensazione del pianto, ma cercai di trattenermi, mordendomi le labbra.
“Dorian, ti spiace un attimo?” chiesi al mio accompagnatore, con voce tremante, Lui fece segno di no, stupito. Probabilmente non aveva mai visto il suo migliore amico comportarsi così. “Devo parlargli”
James rimaneva immobile, davanti a me, con espressione tormentata. Lo agguantai per il mantello e lo trascinai fuori dal locale con aria furiosa. Una volta giunti fuori dal locale gli diedi un sonoro schiaffone.
Non so cosa feci, non ero mai stato un tipo violento. Eppure, le dita stampate sulla guancia di James erano – senza alcun dubbio – le mie. Rimasi a guardarlo a bocca aperta.
Cosa mi era preso?
“Sì può sapere cosa ti prende?” chiese lui, dando voce ai miei pensieri.
“A me?” urlai, stupita  - dal suo comportamento, da me stessa -, mentre poggiavo le mani sul suo petto e lo allontanavo, furiosa. “Si può sapere cosa prende a te? Per poco non picchi Dorian, il tuo migliore amico, poi mi tratti come se fossi un escremento di Ippogrifo. Mi dici che ti sto torturando. Che ti prende, James?”
“Cosa ti importa?” chiese, mentre una lacrime scendeva lungo la sua guancia e cadeva sul suolo, sulla neve candida, sulla neve fredda come me.
Rimasi congelata da quell’unica lacrima che gli solcò la guancia, come se uno strato di ghiaccio vi avesse avvolta.
James Potter piangeva.
“Io...”
“Tu, tu. Sempre tu. Perché non torni da Dorian, Dominique?” chiese, con voce amara. Mi fece male, quella voce. Un male cane. Non riuscivo a credere che quel dolore sordo al cuore fosse frutto di quelle parole. Parole piene di tristezza.
“James...cosa c’è?” chiesi, con voce tremante, prendendo la sua mano fra le mie. Lui si sottrasse dalla mia presa e mi fissò male. Non riuscivo a distinguere bene la sua figura, i miei occhi erano offuscati già dalle lacrime.
“Nulla!” esclamò lui, in risposta, allontanandosi bruscamente da me. Non potevo credere che solo quel gesto potesse fare tanto male.
“James...” provai a dire, sporgendomi verso di lui, che si mordicchiava le labbra, con il viso devastato.
“Va’ via, Dominique. Non voglio parlarti”
Mi rivolse un’ultima occhiata, prima di voltarsi e di lasciarmi lì. Io singhiozzai, disperata, mentre dentro di me qualcosa si incrinava.

~~

“Dominique?”
Nascosi il viso tra le braccia di Dorian, disperata. Lui sospirò, rassegnato, e mi accarezzò la schiena, preoccupato.
“Scusami, scusami. Ti sto rovinando la giornata” singhiozzai, sul suo petto. Lui sospirò ancora e mi posò un bacio sulla fronte.
“Non fa niente, Dominique” sussurrò, mentre la neve iniziò a cadere su di noi, sulla panchina su cui eravamo seduti e su tutta Hogsmeade.
Non potei fare a meno di chiedermi se quella neve stesse cadendo anche su James, se stesse imbiancando anche i suoi capelli, se stesse congelando anche le sue mani.
“Scusa” mormoro, allontanandomi da Dorian e asciugandomi le lacrime che continuano a solcarmi le guance, imperterrite.
“Vedrò di scoprire cos’ha che non va, Dominique. Te lo prometto” mi” diede un buffetto sulla guancia con una sorta di sorrisetto. “Non mi va di vederti triste, Dominique. E se James ti ha trattato una schifezza ti prometto che correrà a chiederti scusa
Sorrisi, amaramente.
“E come pensi di riuscirci?” chiesi, torturandomi le mani.
“A calci, mi sembra ovvio”
Mi lasciai andare in un sorriso, mentre Dorian mi scompigliava affettuosamente i capelli.
Strano pensare che fino ad un giorno prima lo odiavo.
“Andrà tutto bene, Dominique. Vedrai”
Avrei voluto crederci.



Angolo Autrice

Potete prendermi a calci, ora.
Potete odiarmi ancora di più, ora.
Mi faccio piccola piccola e mi riparo con lo scudo mentre mi lanciate i pomodori.

Ringraziamenti

lilyluna_4e: Grazie mille, grazie davvero. E grazie per avermi perdonata – e aver perdonato la mia distrazione . Sono felice che anche questo capitolo ti piaccia e sono lieta di sapere che Dorian non ti è così antipatico. Spero che anche questo ti piaccia.

Kimly: Grazie, grazie mille. Spero che questo capitolo ti piaccia.

cagnoletti2: Penso che dai prossimi capitoli la storia entrerà “nel vivo”, ma sono felice che ti piaccia ugualmente adesso. Spero ti piaccia anche questo capitolo.

Christy 94: Grazie mille, grazie davvero. Eccoti un nuovo capitolo, spero ti piaccia anche questo.

Bec Hale: Grazie, sono felice che ti piaccia e  che ti piaccia Dorian. A me piace moltissimo come personaggio – si, lo so, sono molto modesta -  e mi diverto a parlare di lui. Grazie mille, spero ti piaccia anche questo capitolo.

Jhaa:Grazie mille, sono davvero felice che ti piaccia. Dorian è un personaggio che io amo molto, soprattutto con Dominique e sono felice che piaccia.  Grazie mille.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 – Appartenenza, Febbraio 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 5 –  Appartenenza, Febbraio 2022

Il tempo passa.
Sembrava una sorta di presa in giro, sentirsi dire quella frase.
Il tempo passa.
Ridevo, amaramente.
 No, il tempo non passava. Restava immobile, fermo a quel sabato che aveva visto il mio cuore spezzarsi in frammenti irrecuperabili. Il tempo si era fermato a quel giorno, l’ultimo in cui James mi aveva rivolto la parola.
Gli orologi restavano fermi, le lancette dei secondi non ticchettavano più come al solito. Solo un assurdo silenzio mi circondava.
Era difficile andare avanti, nonostante fosse passato un mese. James era diventato una presenza costante nella mia vita e vederla scomparire completamente, senza alcun preavviso, mi aveva distrutta.
James.
Il suo nome risuonava perennemente nella mia testa. Mi rimbombava nelle orecchie durante la notte, come una sorta di sinistro ritornello.
James. James. James.
Il rumore dei passi aveva il suo nome, le gocce di pioggia che si infrangevano contro il vetro della finestra avevano il suo nome.
Plic, plic, plic.
James. James. James.  
Era una litania senza fine, una nenia che mi tormentava giorno e notte.
Plic. Plic. Plic.
James. James. James.
Non mi dava tregua, era estenuante. Era una battaglia che sapevo non avrei mai vinto.
Plic. Plic. Plic.
James. James. James.

“Mi stai ascoltando?”
Mi riscossi e scostai la fronte dal vetro della finestra, mentre le gocce di pioggia continuavano a sussurrare il suo nome.
“No” borbottai, tetra, fissando Rosie con aria imbronciata. Rose sospirò e si sedette sul letto, accanto a me, con espressione indecifrabile.
Rosie era così. Se c’era qualcosa che, intorno a lei, non andava, cercava di cambiarlo, di farlo andare. E se non ci  riusciva si intristiva.
Rosie non riusciva a farmi tornare il buonumore- come se l’avessi mai avuto. Non ci riusciva né lei, né Dorian e neanche Lucy, con le sue battute e le sue assurde preoccupazioni di cui ridevo.
Perché, all’improvviso, le assurde preoccupazioni di Lucy – diciassettenne, ma tredicenne di mente – diventavano le mie.
James non mi parla più.
Quello era il solito problema di mia cugina, il fatto che un ragazzo non le rivolgesse la parola. E io ci avevo sempre riso su.
Eppure, adesso, quel problema tornava a colpire, sbagliando la traiettoria, però. Colpiva me e non Lucy, perché era a me che James non parlava.
L’assenza di James, il vuoto lasciato dalla sua presenza, mi faceva male. Ero abituata a vivere nella solitudine, eppure non riuscivo ad accettare la mancanza di James.
“Dai, Dominique” mormorò, storcendo il naso e prendendomi la mano. “Scendiamo per cena”
Rosie sapeva la risposta che le sarebbe arrivata, eppure non si arrendeva. Non si arrendeva all’idea che io non volessi scendere, che non volessi vivere. No, non si arrendeva e avevo il sospetto che non lo avrebbe mai fatto. E continuava a dirmi la stessa cosa, ogni volta. Scendiamo a cena. O a pranzo.
Nonostante io le dicessi sempre no, Rosie era lì, ogni volta, con quel sorriso instancabile, pronta a cercare di tirarmi su.
Non ci sarebbe riuscita, ma era bello sapere che lei ci sarebbe stata, qualunque cosa fosse successo.
“No, non ho fame” borbottai, iniziando a torturare un boccolo biondo con aria fintamente indifferente.
Lei sospirò e si passò una mano tra i capelli già normalmente ribelli.
“Dai, Dominique! Scorpius ci aspetta!” esclamò, cercando inutilmente di trascinarmi fuori dal dormitorio.
Ci aspetta? A quanto ne so, Scorpius aspetta te” mormorai, fissandola con un sopracciglio inarcato. Lei fece una faccia esasperata e sospirò. Sembrava irritata.
“No, Scorpius mi ha pregato di farti scendere. Ha detto che senza le tue battutine acide non c’è gusto a stare al tavolo dei Corvonero”
La fissai male e tornai a rivolgere lo sguardo alla pioggia, che batteva più forte contro il vetro. Sembrava volesse romperlo.
“Dai, Dominique. Anche Dorian vuole vederti!” 
Dorian.
Dorian non era riuscito a parlare con James. Diceva che James rifiutava di parlargli e che non riusciva a capire cosa gli fosse preso.
Anche Dorian stava male, eppure non si abbatteva come me. Lui riusciva a guardare avanti, riusciva a sorridere.
Perché era così difficile per me?
“E va bene, ma questa è l’ultima volta” borbottai e mi alzai controvoglia dal letto, per seguire Rose fuori dal dormitorio, fuori dal mio unico rifugio.
Mi sentivo nuda, mentre attraversavo i corridoi che portavano alla Sala Grande. Come se le persone avessero letto nel mio animo il perché di quell’umore. E mi sentivo sporca, macchiata di una colpa che non avevo commesso e che non avrei dovuto commettere.
Mi strinsi nelle spalle, come a proteggermi, fino a quando non arrivammo in Sala Grande. Avevo paura che la gente si voltasse verso di me, che mi guardasse dall’alto in basso, disgustata dai sentimenti che sentiva nascere in me.
Mi sedetti al tavolo dei Corvonero in fretta, quasi avessi paura di quegli sguardi, che, ovviamente, non sapevano nulla.
“Oh, finalmente sei arrivata, Dominique! Mi mancavano le tue battutine acide, sai. Non era la stessa cosa...”
“Fa’ silenzio, Malfoy” gli intimai. Scorpius mi guardò con aria scettica, ma non disse nulla e si limitò a portare il suo sguardo sul suo piatto, mentre Rosie alzava le spalle, esasperata.
Cenammo in silenzio, io con gli occhi fissati sul mio piatto – prontamente riempito da mia cugina, che aveva paura che non mangiassi -  e Rose e Scorpius che si guardavano, preoccupati, e guardavano me.
Mi alzai quasi subito, sotto lo sguardo di mia cugina e del suo ragazzo, preoccupati, e feci per uscire dalla Sala, quando mi venne l’idea di voltarmi verso il tavolo dei Grifondoro e vidi che James mi stava fissando.
Fu come se il mondo fosse stato scosso da un violento terremoto e mi fosse mancata per un attimo la terra sotto i piedi. Tutta la gente intorno a me smise di esistere. Il chiasso, la confusione, gli sguardi preoccupati di Rose e Scorpius svanirono in un istante. Esistevamo solo io e James, solo i nostri occhi incatenati, solo i nostri visi devastati.
Una frazione di secondo più tardi, James si voltò e mi lasciò lì, a boccheggiare, senza fiato, sconvolta dal dolore che sentivo montare dentro di me.
“Dominique?” Una voce rassicurante, una mano sulla spalla. Sobbalzai e mi voltai verso Dorian. Sapevo che era lui, lo sapevo nel rumore dei suoi passi quando mi si avvicinava, dalla sicurezza che mi trasmetteva la sua stretta. “Andiamo” mi disse ed io lo seguii, vuota, stordita.
“Che fai, piangi?”
Mi asciugai quella lacrima che era scivolata lungo la mia guancia candida e tirai su col naso, stringendomi nelle spalle.
“Oh, Dominique” Mi strinse tra le sue braccia, in un corridoio vuoto e buio, con le sue mani calde e rassicuranti sulla mia schiena,  il suo respiro regolare accanto al mio e le sue vuote parole di consolazione.

~~

La Rivolta dei Giganti del 1230 1239
Sbuffai, il tema non mi riusciva proprio. Neanche quella volta.
Le precedenti volte ci aveva pensato Dorian, ad aiutarmi. Ma questa volta Dorian era agli allenamenti di Quidditch e io  -da sola –non ero capace di fare nulla.
Rosie e Scorpius erano da qualche parte a tubare come due piccioni, Lucy era agli allenamenti di Quidditch assieme a Dorian e il mio tema non poteva di certo scriversi da solo.
Impegno. Ci voleva solo quello.
Facile pensarci, ma difficilissimo a farsi.
Chissà perché, ogni volta che provavo a scrivere qualche cosa, il pensiero correva immediatamente a James e il suo viso mi creava tanto scompiglio da farmi dimenticare di scrivere il tema.
Il suo ricordo era di quanto più doloroso potesse esistere sulla Terra. Mi faceva male al cuore, il pensiero del suo viso.
Lo sentivo spezzato in mille frammenti, il mio cuore, che non avrei mai potuto recuperare.
Mi alzai dal mio tavolo della Biblioteca e uscii da lì. Avrei fatto il tema con Rosie, quella sera. Sapevo che lei mi avrebbe aiutata. Lei era così altruista.
Mi strinsi nelle spalle e iniziai a camminare senza sapere dove stessi andando.
Solo quando mi ritrovai fuori, all’aria aperta, mi resi conto di essere finita al campo di Quidditch.
Nel cielo sfrecciavano a velocità incredibile i ragazzi di Grifondoro. Riconobbi l’inconfondibile chioma – nera con riflessi azzurri – di mia cugina Lucy, che sfrecciava più veloce di tutti.
E riconobbi anche James. Non so come feci, forse era il mio istinto che riusciva a riconoscerlo. Non dipendeva dai suoi capelli nerissimi, una macchia d’oscurità nel cielo azzurro, e neanche dalle sue grida furiose verso Lucy, di rimprovero.
No, era qualcosa che dipendeva da me. Sapevo che sarei stata capace di riconoscerlo in mezzo a mille persone con gli stessi capelli e gli stessi vestiti, sapevo che l’avrei trovato ovunque, perché sapevo che io e lui eravamo – per quanto incomprensibilmente – legati in qualcosa che ci stava cambiando profondamente.
Io gli appartenevo, lo sentivo. Lo sentivo in ogni cellula del mio corpo, anche se lui non poteva saperlo.
Era una sensazione stranissima. Dolorosa, sì, perché le parole di James bruciavano ancora nella mia anima, eppure, quel senso di appartenenza – così nitido che mi faceva quasi paura – mi fece sentire meglio, alleviò il mio dolore.
“Dominique!”
Dorian gridò il mio nome, scendendo dal suo manico di scopa.
Non mi ero neanche accorta che gli allenamenti fossero finiti, presa com’ero a guardare James.
Dorian mi veniva incontro, con quel sorriso onnipresente e rassicurante, mentre James, dietro di lui, diventava improvvisamente tetro.
Chissà cosa gli avevo fatto...
“Che ci fai qui?” mi chiese Dorian, scostandomi un boccolo biondo dalla fronte e sorridendomi. Io tirai su col naso e gli feci un sorriso tirato.
“Non lo so, sono arrivata qui senza sapere come”
Lui sospirò, stringendomi le mani gelate, poi lasciò la presa e si strinse nelle spalle, gelato.
“Io vado a cambiarmi. Mi aspetti?” mi chiese, preoccupato come al solito. Mai una volta che Dorian Baston non fosse preoccupato per me.
Non riuscivo a credere che mi volesse accanto.
Annuii, mentre lui si allontanava. Un silenzio improvviso mi circondò. Un silenzio cristallino, puro. Un silenzio che faceva quasi male.
Tutti i giocatori si erano fiondati negli spogliatoi, lasciandomi da sola a scrutare il cielo azzurrino.
“State insieme?” Quella voce mi fece sobbalzare e, immediatamente, sentii le lacrime agli occhi.
 Era da più di un mese che non la sentivo.
James.
James mi parlava.
Mi voltai verso di lui e sentii il mio cuore sobbalzare. Sembrava che tutti i pezzi si stessero cercando per tornare insieme.
“No” sussurrai, guardandolo e seguendo ogni suo movimento con lo sguardo. Lui annuì, con espressione cupa. “Perché gli fai questo, James? Mi hai detto tu di dargli una possibilità”
Lui neanche mi guardò. Si limitò a voltarsi ed a incamminarsi verso gli spogliatoi.
“Perché le cose cambiano, Dominique. A volte troppo in fretta”
Lo sapevo fin troppo bene, James.
Non c’era bisogno di sentirselo dire.

 

Angolo Autrice

E’ il capitolo più deprimente che io abbia mai scritto, assolutamente. Mi sono depressa io mentre lo scrivevo, quindi pensate un po’.
Non sapete come sia felice che Dorian piaccia *__*
Mi dispiace molto aver fatto piangere le mie lettrici con il capitolo precedente, perdonatemi.
J

Ringraziamenti

lilyluna_4e: Ah, Dorian è teneroso perché mi piacciono i personaggi così. Mi dispiace averti fatto piangere, però. Grazie mille per i complimenti. *__*.
EllaYaYa: Aggiornato! Be’, Dominique non è che ha capito bene come vanno le cose e perché James si è arrabbiato con Dorian...Grazie mille per i complimenti.
Corvetta:
Sono felicissima che ti piaccia la storia – e Dorian è felicissimo di aver trovato un’altra fan – spero ti piaccia anche questo capitolo.
Bec Hale: Non so esattamente quanto durerà questa storia, credo che ci saranno abbastanza capitoli. Grazie mille, tu mi fai arrossire. Sapessi io quanto mi sono depressa scrivendolo e rileggendolo, quel capitolo. Grazie mille, davvero.
Kimly:
*Me  si ripara con il suo scudo d’emergenza* No! I pomodori no! Hai controllato se almeno erano maturi? Non vorrei rischiare! XD. Scherzi a parte, grazie mille. Eccoti un nuovo capitolo.
kikka_1990:
Sì, Dominique è la seconda figlia di Fleur e Bill, ma la Rowling non ha neanche accennato a lei. E’ solo un nome scritto dal suo albero genealogico. Ho voluto darle un carattere molto particolare, proprio per renderla mia personale – sapessi quanto mi ci ritrovo io, in questa poveretta!
Grazie per i complimenti.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Mentire a se stessi ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 6 -  Mentire a se stessi

Mentire a se stessi è un arte e nessuno ci riesce bene quanto Dominique Weasley.
Dicevano proprio così, in casa. I Weasley lo sapevano. Dominique Weasley sapeva mentire alla propria anima meglio di chiunque altro.
Lo sapeva anche James.
Sapeva che, per quanto facessi finta che tutto fosse normale, stavo mentendo.
Mentivo a me stessa, per proteggermi dal dolore spaventoso che mi avrebbe invasa se non avessi provato a mentire.
Dorian lo sapeva, Dorian riusciva a capirmi con uno sguardo.
Eppure, non mi diceva nulla.
Continuavo a ripetergli che io stavo bene, che di James non me ne importava un tubo e lui annuiva, convinto. Ma sapeva che stavo mentendo.
Lo sapeva anche Rosie, anche Scorpius.
Eppure mi lasciavano parlare.
Perché sapevano che non ci guadagnavano nulla a correggermi.

~~

“Ora scambiatevi le tazze, prego”
Ci fu un tintinnio di ceramica e la tazza di Dorian finì sul mio piattino, mentre lui scrutava la mia con sguardo attento.
“Uhm...Si capisce che questa è la tua tazza, Nicky” borbottò, storcendo il naso e fissando male la tazzina. “E’ complicata anche questa”
Sorrisi, divertita, ma era un sorriso che non mi arrivava al cuore.
“Invece la tua tazzina è limpida come i tuoi occhi”  mormorai, sfogliando distrattamente il manuale di Divinazione. Odiavo quella materia, ma Victorie mi aveva quasi costretta a sceglierla. Diceva che era una bellissima materia, che avrei scoperto tante cose interessanti.
Seh, certo.
Non sapevo come avessi fatto a passare i G.U.F.O in quella materia – la Cooman era convinta che io avessi l’Occhio Interiore, ma non era affatto vero – e come facessi a sopportare i deliri di quella pazza visionaria.
“Nella tua tazza c’è...” Dorian iniziò a sfogliare a caso le pagine del manuale con aria scettica.
“Del caffè?” chiesi, sbuffando sonoramente. Lui soffocò una risatina e continuò a fissare il suo libro come in attesa di un suggerimento.
“Be’, oltre a quello...c’è una croce storta” borbottò, guardando il contenuto della tazza da tutte le angolature possibili. “Significa che...ehm...soffrirai?”
“Evviva” commentai, ben poco allegra, sbirciando nella ciotola del mio compagno di lezione. “Come se non bastasse”
Vidi, con la coda dell’occhio, James voltarsi nella mia direzione  con un’ espressione di rimorso. Si mordicchiava il labbro inferiore, chiaramente teso, i suoi occhi erano fissi sulla mia schiena.
Sentii chiaramente il rumore del mio fragile equilibrio che si spezzava. Era delicato, quell’equilibrio, l’avevo raggiunto a fatica. Non era stato semplice tornare a mentire a me stessa dopo un periodo di pura sincerità.
Ma ora, ora che ero riuscita a convincermi che tutto stesse andando per il meglio, quell’espressione mi fece vacillare per un secondo.
“Dai,se l’occhio non mi inganna vedo anche un sole...”  continuò Dorian, per tirarmi su di morale. Aveva un’aria divertita, ma poi alzò lo sguardo su di me e, vendendo cosa stavo fissando, sospirò, rassegnato. “Dominique...”
“Sì?” Mi volai verso di lui con un sopracciglio inarcato, fingendo. Fingendo ancora, come se tutto fosse normale.
Ma sapevo che non era così, perché quel cambiamento – ormai giunto al termine – mi faceva sentire diversa. Diversa da quella ragazza che ero prima, forse troppo diversa.
E mi sentivo sporca, mi sentivo colpevole di qualcosa che non potevo controllare. E sapevo che quello che stava succedendo non era giusto e non sarebbe mai stato tale. Non era un errore, era molto di più. Un errore poteva essere l’amore di Rosie per Scorpius, ribelle e spontaneo, che sfidava le regole imposte da due famiglie opposte eppure uguali.
No, quel mio cambiamento non era un errore. Era un veleno, che mi avrebbe corroso il cuore e mi avrebbe devastata.
Eppure sapevo, che, nel veleno che James mi offriva, c’era qualcosa di cui non potevo fare a meno. Sapevo che quella, qualunque cosa fosse, era la cosa giusta.
“No, niente” sussurrò Dorian, tornando a controllare la tazza. “Comunque nella tua tazza ci sono una croce e un sole. Vuol dire che soffrirai e poi sarai felice”
Non ci credevo. La felicità non faceva parte della mia vita, non ne avrebbe mai fatto parte.
La felicità...non esisteva.

~~

Mi strinsi nel mantello e sospirai, mentre Dorian e gli altri sfrecciavano veloci – terribilmente veloci – nel cielo. Sentivo la voce di James, il capitano della squadra, che rimproverava mia cugina Lucy, che voleva sempre mettersi al centro dell’attenzione, con assurde piroette.
“Lucy, perché non ti riposi un po’? Dacci un attimo di tregua” Sentii gli sbuffi irritati di Lucy che scese e si venne a sedere accanto a me.
“Ciao, Nicky!” esclamò, allegra, portandosi indietro una ciocca di capelli terribilmente azzurra. Le avevo detto più volte che quel colore era assurdo, ma lei non mi aveva mai ascoltata.
A volte avevo il dubbio che Lucy tenesse quel colore solo per irritare suo padre.
“Ciao, Lu” borbottai, tetra, stringendomi ancora di più nel mantello.
“Aspetti Dorian?” chiese lei,  inclinando lievemente la testa. I boccoli neri e azzurri le pendevano su una sola spalla, gli occhi nerissimi erano scettici.
“Sì” sussurrai, tornando a guardare gli allenamenti. Dorian si era accorto di me e mi stava salutando dal suo manico di scopa.
“Dorian! Che cavolo...” James, irritato, si girò nella direzione nella quale Dorian guardava e si immobilizzò, così come me. I nostri occhi erano incatenati, non avrei potuto distogliere lo sguardo neanche se avessi voluto. Ma non volevo neanche provarci. Sentivo che quello era il mio posto nel mondo. Lo sguardo di James era il mio rifugio sicuro.
Ci pensò Lucy, a richiamarmi all’attenzione. Mi scosse per le spalle e mi fissò con un sopracciglio inarcato, come a dire che aveva capito tutto.
“Tutto bene?” chiese, sempre con quello sguardo scettico. Io annuii, stringendomi ancora nel mio mantello, come a proteggermi.
“Sì” ripetei. “Tu, piuttosto, hai mai pensato di volare normalmente? Hai mai pensato di non rischiare la vita durante un allenamento?”
“Nah, il pericolo rende più bella la vita!”
Annuii, mentre anche gli altri giocatori scendevano a terra e Dorian mi veniva incontro, con aria divertita.
“Lucy, la prossima volta potresti anche decidere di giocare come si deve” la rimproverò, scombinandole i capelli. Lei sbuffò e si rintanò negli spogliatoi, mentre il ragazzo si sedeva nel posto lasciato libero da mia cugina.
“Ciao, Dorian” sussurrai, sorridendogli. Lui allargò il suo sorriso e prese la mia mano congelata fra le sue, terribilmente calde.
“Mi aspettavi?” chiese, inarcando un sopracciglio. Io annuii e lui sorrise ancora di più. “Lo sapevo. Tu non puoi vivere senza di me”
Sbuffai, scettica, guardandomi attorno. Eravamo rimasti solo noi, nel campo. Tutti gli altri se ne erano tornati nei rispettivi dormitori e il cielo iniziava già a farsi più scuro.
“Andiamo?” gli chiesi, mentre un vento freddo mi mosse i capelli e il mantello. Io rabbrividii e Dorian, preoccupato, mi strinse a sé, al suo corpo incredibilmente e perennemente caldo. Dorian era il mio camino personale.
“Va tutto bene, vero, Nicky?” mi chiese, preoccupato. Lui lo sapeva, sapeva che stavo mentendo, che non andava niente bene e aveva smesso di fare finta di credermi.
Forse non poteva vedermi così.
“No” ammisi, stringendomi di più a lui, in cerca di conforto, ma sapevo che non era lui che cercavo. Non era il suo il corpo a cui volevo stringermi e questo mi fece paura.
Dorian sospirò e mi accarezzò i capelli, con aria tetra.
“Lo so” mormorò. Nella sua voce sentivo chiaramente il dolore che provava.
Quella situazione ci stava uccidendo tutti: me, James e Dorian. Era un tragico balletto a tre, in quale ognuno di noi era la causa del dolore dell’altro.
Io in primis.
Io facevo male a James e a Dorian e a me stessa, incredibilmente. Riuscivo a rovinare tre anime contemporaneamente.
Non si può dire che non fosse un bel risultato.
Mi sarei stretta la mano da sola se non mi avesse fatto tanto male quella situazione.
“Avresti dovuto smettere prima di mentire a te stessa, Dominique. Ora sei solo distrutta. E vuota” mi rimproverò, staccandosi dolcemente da me e guardandomi con occhi tristi.
Era doloroso rendersi conto che quella tristezza nei suoi occhi – quasi sempre allegri – era colpa mia.
“Io non mento a me stessa, Dorian” mormorai, con gli occhi lucidi. Lui si allontanò da me e sospirò, con dolore, quasi ogni respiro gli costasse uno sforzo incredibile.
 “Dominique, ascoltami” esordì, con voce rotta. Si portò una mano sulla fronte e cercò in tutti i modi di non guardarmi. “Ora ti dirò quello che tu stai cercando di nascondere a te stessa. Te lo dirò e tu dovrai ammettere che è la verità e che hai paura di ammetterlo, perché sai che non è qualcosa di cui andare fiera” Una pausa, sembrava volesse raccogliere tutto il coraggio necessario. “Tu sei innamorata di James”
Un silenzio attonito, io non provai neanche a protestare.
Perché sapevo che non potevo rifiutare la verità.
“Ho cercato di fare finta di nulla, di credere che non fosse vero, Dominique. Non sai quanto  ci abbia provato. Ma non posso più fare finta di nulla, perché ogni giorno che passa il tuo volto diventa sempre più devastato, il tuo cuore sempre più distrutto e io non voglio che tu faccia ancora finta...”
Restai a guardarlo, in attesa di un dolore che mi avrebbe distrutta.
“E allora...” sussurrai, allungando una mano verso Dorian. Lui sospirò e la prese fra le sue, per portarsela al petto, sul suo cuore. Batteva lentamente, quasi fosse stanco.
“E allora dobbiamo smettere di mentire a noi stessi, Dominique. Tu sei innamorata di James. E io non posso sopportare la tua lenta distruzione”
Sospirai, poi abbassai lo sguardo.
“Io ti voglio bene lo stesso, Dominique. Ti resterò accanto ugualmente, anche se sei innamorata di James”
Ero innamorata di James Sirius Potter.
Quella frase assomigliava ad una sentenza di morte.

 

Angolo Autrice

Altro capitolo deprimente. Lo so, non ci posso fare nulla. Questo capitolo mi serviva così.
Mi dispiace solo che non posso ringraziarvi uno per uno, perché ho latino e greco che mi attendono e ho aggiornato per non lasciarvi in sospeso.
Vi ringrazio tutti <3

Anticipazioni del prossimo capitolo

[...]“Potter! Weasley!”
Ci staccammo immediatamente, stupiti da noi stessi e da quella voce improvvisa. Sentii un bruciore improvviso là, dove James aveva tolto le sue mani. Le rivolevo sul mio viso, sulla mia schiena. Ne avevo bisogno. [...]

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 7 – Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022

“Dominique! Dominique!”
Trovarsi faccia a faccia con la verità non è mai facile. Soprattutto se quella verità fa male come un ammasso di spilli infilati nel cuore.
“Dominique, fermati!”
Ed ora che la verità era davanti a me, troppo evidente per far finta di non vederla, cercavo di scappare. La vedevo, ma volevo fuggirne.
“Dominique! Ti devo chiedere scusa!”
Mi strinsi i libri al petto, per proteggere il mio cuore da quella voce, e continuai a camminare, ancora più veloce, sperando di raggiungere in fretta l’aula di Trasfigurazione. Una lacrima scese lungo la mia guancia, ma preferii ignorarla.
“Dominique, per favore!”
Quella voce, la sua voce, era l’unica che avrei voluto evitare, in quel momento. Perché , ora che mi ritrovavo a faccia a faccia con la verità, era impossibile per me riuscire a guardare il suo viso e fingere che fosse tutto normale.
Me l’avrebbe letto in faccia, James. E cosa avrebbe fatto? Mi avrebbe sputato addosso il suo disprezzo e il suo disgusto? Oppure mi avrebbe rifiutato gentilmente, dimenticando per un secondo solo che io ero sua cugina?
“Dominique!”
Sentii una scossa quando James poggiò la sua mano sulla mia spalla e mi voltai, con le lacrime agli occhi.
Lui non parlò, vedendo il mio viso, e si limitò a guardarmi a bocca aperta, con la mano sulla mia spalla e un’espressione sorpresa sul volto.
“Cosa c’è?” chiesi, con voce rotta. Fare finta era troppo difficile e io avevo rifiutato questa opzione.
“Io...ti devo parlare” mormorò, quasi senza voce, spostando la mano dalla mia spalla al mio viso. Sentii che la mia guancia diventava improvvisamente di fuoco, sentivo il fuoco che divampava in ogni angolo del mio corpo.
“Non ti devo dire nulla” sussurrai, avvicinandomi lentamente a lui. Eravamo vicinissimi, il suo respiro era sul mio viso, i suoi occhi puntati nei miei.
Il mio cuore sembrava essere tornato incredibilmente intero.
“Io sì. Ti devo chiedere scusa” E lui chiuse gli occhi, mentre mi si avvicinava incomprensibilmente. Incomprensibilmente perché non doveva andare così, perché James avrebbe dovuto allontanarmi, perché eravamo cugini e perché...non ricordavo nessun’altra ragione, mentre James mi stringeva dolcemente a me e faceva per chinarsi sul mio viso.
“Potter! Weasley!”
Ci staccammo immediatamente, stupiti da noi stessi e da quella voce improvvisa. Sentii un bruciore improvviso là, dove James aveva tolto le sue mani. Le rivolevo sul mio viso, sulla mia schiena. Ne avevo bisogno.
Il professor Rüf fluttuava velocemente verso di noi. Vederlo fuori da una classe era stranissimo, spesso non si muoveva neanche dalla sua aula.
“Professore, stavamo andando in classe, ci perdo...” cercò di giustificarsi James, indicando me e lui e l’aula di Trasfigurazione a pochi metri da noi, ma il fantasma non lo ascoltò nemmeno.
“Siete stati voi?” chiese, arrabbiato. Lo guardammo confusi, mentre James prendeva la sua mano fra le mie e l’accarezzava, dolcemente, senza farsi notare dal professore.
“A fare che, professore?” chiese lui, innocentemente, ma l’ectoplasma lo fissò come se avesse voluto incenerirlo.
“Le Caccabombe,  maledetti! Caccabombe contro la mia aula, gli studenti del primo sono tutti spaventati. Ma che vi salta in mente?”
Fummo costretti lì per una buona mezz’ora, durante la quale il professore continuò a farci la predica per qualcosa che non avevamo assolutamente fatto e James continuò a tracciare disegni immaginari sulla mia pelle, procurandomi brividi continui.
“Punizione, Sala Trofei, alle otto” borbottò infine l’ectoplasma, voltandoci le spalle con aria furiosa.
“Eh?” chiesi, scostandomi un po’ da James e sporgendomi verso il professore.
“Ho detto che siete in punizione, Weasley. Punizione, questa sera alle otto. In Sala Trofei. Tutti e due”
Sospirai.
Perché la prospettiva di rimanere sola con lui mi faceva fremere dall’emozione?

~~

Arrivammo tardi alla lezione di Trasfigurazione e la McGranitt ci fissò con il suo tipico sguardo truce che – se gli sguardi avessero potuto uccidere – io e James ci saremmo ritrovati stecchiti all’ingresso dell’aula.
“Ci scusi” borbottai, prima di sedermi al mio posto accanto a Dorian, in fondo all’aula.  James si sedette dall’altra parte e mi fece un sorrisetto di scuse, mentre io alzai le spalle. Dorian mo guardò a lungo con un sopracciglio inarcato, poi scosse la testa e strappò un pezzo di pergamena.

Dopo mi spiegherai assolutamente tutto.

Sorrisi, mentre accartocciavo il foglietto e Dorian mi guardava allibito. Ancora oggi non saprei dire se fosse per il mio sorriso o per il poco rispetto portato nei confronti del suo foglietto.

~~

Durante la lezione di Storia della Magia – così come in tutto il resto della giornata, d’altronde – la mia mente si distrasse al primo minuto e iniziò a vagare per chissà dove.
Un luogo preciso, a dire il vero, ce l’aveva ed era la Sala Trofei. E con una precisa compagnia: quella di James.
La sua figura era seduta qualche banco più in là, assieme a Dorian, e parlottavano fitto. I suoi capelli erano spettinati come al solito, il suo viso disteso in un sorriso che non vedevo da tempo.
Mi chiesi a cosa stesse pensando per essere così felice e mi augurai che fosse quello che stavo pensando io.
Non riuscivo a credere che la cosa che più temevo e, allo stesso tempo, quella in cui più speravo sarebbero potute accadere lì, in quel corridoio vuoto e nessuno sarebbe venuto a saperlo. Io e James avremmo fatto tardi alla lezione e nessuno si sarebbe chiesto cosa ci fosse successo, tranne Dorian, che avrebbe un po’ sorriso e un po’ trattenuto le lacrime.
No – mi dissi. Non poteva andare così. Era tutto sbagliato, non poteva andare così.
Un conto era il mio errore, quel veleno che mi inquinava il cuore, ma un altro era che anche James stesse facendo quell’errore. Così non mi scoraggiava affatto, come invece avrebbe dovuto fare.
Dovevamo attenerci alle regole e quelle dicevano che le sue labbra non potevano sfiorare le mie come avrebbero fatto se il professore non fosse intervenuto.
Mi voltai verso di lui e vidi che aveva gli occhi puntati su di me, un sorriso troppo felice sulle belle labbra.
A cosa stava pensando?

Vuoi rischiare, James? Sei pronto a non tornare più indietro, a sacrificare tutta la tua vita, a farti odiare dal tuo migliore amico e disprezzare da chi ti circonda?
Vuoi rischiare tutto, metterti in gioco per qualcosa che non esisterà mai? Vuoi sacrificare te stesso per questa assurda storia?
Sei pronto sul serio?

Lui sorrise e mi riconsegnò il bigliettino sul quale, senza neanche rendermi conto, avevo messo me stessa, bianco su nero, dolore su euforia.
Guardai il foglietto. C’era scritta una sola parola.

Sì.

~~

La Sala Trofei era una sorta vortice spazio temporale nel quale sapevi quando entravi, ma non avevi idea di quando saresti uscito. Zia Hermione diceva che era una sorta di Narnia – ma non ho mai capito cosa volesse dire.
Non me l’ero inventata, assolutamente.
La Sala Trofei era un mondo parallelo per tre buone ragioni.
Punto primo, non esisteva una dimensione temporale in quella sala. Ore, minuti, secoli – che impiegavi per pulire i maledetti trofei -smettevano di esistere. Puff! Sparivano! E tu non potevi sapere quanto tempo avresti impiegato per lucidare i dannatissimi trofei.
Punto secondo, La Sala Trofei era, in sé, la sala delle punizioni. Chiunque venisse punito, stai certo che sarebbe andato lì. Quindi, ci si poteva aspettare che i Trofei fossero minimamente puliti, no? Sbagliato, perché i trofei erano sempre, perennemente, impolverati come se non vedessero una pulita da almeno due secoli. Forse qualcuno si era divertito a gettare un incantesimo di Polvere Eterna per punire in eterno i poveri studenti – che non avevano fatto niente, nel mio caso.
Punto terzo, la Sala Trofei era completamente e inevitabilmente isolata. Nessuno ci sarebbe mai passato, stanne certo. A volte sospettavo che gli unici che andassero in questa sala fossero gli studenti puniti.

“Potter, Weasley, voglio tutto lucido. Lucido, chiaro?” strepitò il professore. Era strano sentire urlare Ruf, era come se...come se Lucy fosse tornata al colore naturale dei suoi capelli.
“Sì, professore” pigolai, stringendomi nelle spalle e guardando James, che sorrideva, con un sorriso che non gli vedevo da troppo tempo.
Il professore non ci degnò di una risposta e fluttuò attraverso il muro, lasciando me e James soli.
Soli. Soli.
Nonostante me la ripetessi, quella parola, mi sembrava incomprensibile, dopo due mesi vissuti nella sua assenza.
“Ci conviene iniziare” borbottai, prendendo uno strofinaccio e iniziando a lucidare a caso un trofeo. Ero talmente agitata che le mani mi tremavano e James se ne accorse appena in tempo, per impedirmi di lasciar cadere il trofeo a terra. Lo afferrò lui, con quel sorrisetto inspiegabile sulle labbra.
“Scusa” mormorò, posando il trofeo sullo scaffale dietro di sé e posandomi una mano sulla guancia. La sua mano era bollente, bruciava sulla mia pelle, ma quel contatto non faceva male. Era piacevole.
“James, non ne voglio parlare” sussurrai, alzandomi in punta di piedi e avvicinando i nostri volti.
Già, non volevo parlare di quel buio, che aveva avvolto due lunghissimi mesi della mia vita di cui non ricordavo assolutamente nulla, se non disperazione e dolore.
James si allontanò dolcemente da me e mi fece un sorriso rassegnato.
“Ti ho fatto del male e non me lo posso perdonare” mormorò, sfiorando ancora la mia guancia con la punta delle sue dita. Lo sapevo che non era giusto, dannazione, lo sapevo. Eppure non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi bellissimi e ipnotizzanti occhi castani.
“E’ tutto finito, ora” dissi, alzando le spalle e cercando inutilmente di guardare altrove.
“Non è finito niente. Devo chiederti scusa”
Distolsi lo sguardo, cercando di calmare i battiti accelerati del mio cuore impazzito.
“Non c’è ragione di chiedermi scusa” dissi, torturandomi le mani. Lui prese il mio volto con entrambe le mani e mi costrinse a voltarmi verso di lui. Aveva sul volto un sorrisetto rassegnato, amaro, quasi le parole che avessi detto lo avessero ferito.
“Sono stato orribile. Ti ho abbandonata così, senza neanche spiegartelo e tu che fai? Non mi permetti neanche di chiederti scusa”  Mi fece una carezza sul volto, così leggera che sembrava avesse paura di sfiorarmi davvero,quasi temesse la mia pelle. Eppure, quella carezza, mi toccò il cuore. “Non credevo fossi così”
“Così come?” mi sporsi impercettibilmente verso di lui, senza neanche rendermene conto. Lui sospirò e mi allontanò ancora.
Troppo comprensiva. Pur di avermi accanto sei disposta a mettere da parte tutto il dolore che ti ho causato?”
“E io non pensavo che fossi così” replicai, incrociando le braccia al petto e fissandolo male.
“Così come?” chiese lui, curioso, inarcando un sopracciglio e sorridendomi ironico.
“Con una bassissima opinione di te stesso” dissi, mentre lui rideva, divertito e attirandomi a sé. Sentivo il mio corpo rabbrividire a quella vicinanza inaspettata.
“Mi sei mancata, Dominique” sussurrò, con il volto a pochi centimetri dal mio, con aria rapita, i suoi occhi fissi sul mio viso.
“Anche tu” sussurrai, posando il mio volto sul petto di lui, stringendolo a me. Mi resi conto di quanto mi era mancato solo quando sentii il suo respiro sul mio viso. Quanto mi erano mancati i suoi sorrisi, le sue risate e l’aura di tranquillità che lo circondava.
“Scusami”
Alzai gli occhi al cielo, mentre lui sorrideva, con un sorriso colpevole che gli illuminava il volto.
“Perché?” gli chiesi, allontanandomi leggermente da lui per vederlo in volto. Lui sfuggì al mio sguardo e fissò a lungo un angolo remoto della stanza prima di aprire bocca.
“Io ti ho ferita, lo so. E non me lo perdonerò mai, Dominique, perché sapere che ti ho fatto del male, a te, Dominique, fa male anche a me. Ogni cosa che ti ferisce, Dominique, ferisce me, perché io non posso sopportare il tuo dolore. Tu sei tutto ciò che ho al mondo. Non mio padre, la mia famiglia, i miei migliori amici. Tu. E vederti soffrire è terribile”  E mi diede un buffetto amichevole sulla guancia, quasi a voler alleggerire la situazione che si era venuta a creare con la sua dichiarazione.
Tu sei tutto ciò che ho al mondo. Suonava decisamente bene, forse troppo.
“Quando ti ho detto di dare una possibilità a Dorian ero convinto che dovessi farlo sul serio. Volevo che tu uscissi con Dorian, volevo farti capire che lui è un bravo ragazzo. Però...mentre tu ci riflettevi, è cambiato tutto. Vedi, per me non eri più Dominique Weasley, eri la mia Dominique. Non sapevo cosa significasse con esattezza, però sapevo che Dorian non avrebbe dovuto toccarti. Assolutamente, in alcun modo. E quando mi disse che sarebbe uscito con te...non ci ho visto più. Non sapevo cosa stavo facendo, ma tu eri mia, Dominique. Mia” Le sue dita mi sfiorarono la pelle del viso mentre mi parlava con un’insolita dolcezza nella voce, nonostante quella furia, quel senso di possesso che traspariva dalle sue parole. 
“Io non volevo dirti quelle parole, ad Hogsmeade. Non volevo ferirti, ma non sapevo cosa dirti, Dominique. Ero spaventato da quei sentimenti che stavano nascendo dentro di me nei tuoi confronti. Cosa avresti fatto tu, se mi avessi sentito dire la verità? Mi avresti sputato il tuo disgusto contro e saresti tornata con Dorian. Perché mi ero reso conto che tu, con Dorian, stavi bene. E mi faceva male, ma sapevo che quello era il tuo posto. E sono trascorsi due mesi, Dominique. Mi sono illuso di poter dimenticare, di poter andare oltre, ma non ci riesco. Tu sei la mia vita, lo sai. Sei tutto ciò che voglio e non posso ignorarti” 
Lo guardai a bocca aperta, con il viso fra le sue mani e le mie, di mani, posate sul suo petto.
“E non fare quella faccia!” mi rimproverò, con aria divertita. Sospirai, poi spostai le mani dal suo petto e le lasciai cadere lungo i miei fianchi, inerti.  Mi sentivo stranamente senza forze.
“Io...non so che dire, James” mormorai, mentre lui mi scostava un ricciolo dalla fronte e mi sorrideva, con quel sorriso spavaldo che amavo tanto. “Tu...mi hai lasciata senza parole”
“Non c’è bisogno di parlare, Dominique” sussurrò, abbracciandomi e facendomi posare nuovamente il mio capo sul suo petto. Mi sentivo così al sicuro, lì, abbracciata a lui, con la testa sul suo cuore, a sentirlo battere freneticamente. “A me basta sentirti così, vicina”
Sospirai e chiusi gli occhi. Sì, decisamente, mi bastava quello.
E poi, quando alzai gli occhi, rimasi senza fiato. Sapevo che quello che stava per succedere fra noi non sarebbe mai dovuto accadere, lo sapevo, dannazione.
Eppure, quando lui mi si avvicinò con aria terribilmente seria, mi sentii quasi mancare. E quando il suo viso fu ad un centimetro dal mio le gambe cedettero e mi ritrovai aggrappata alle le sue spalle, incapace di reggermi in piedi.
Lui non sogghignava come mi sarei aspettata, ma fissava le mie labbra con aria così rapita che mi vennero i brividi.
“Dominique...” sussurrò, portando una sua mano sul mio viso. Bruciava, quella mano. Bruciava come il fuoco che divampava in me in quel momento.
“James....” si chinò leggermente su di me e mi sollevò un po’ da terra. Non gli costava nulla spostarmi, leggera com’ero. “James, per favore...”
Lo volevo, volevo le sue labbra sulle mie, ma avevo paura. Sentivo che avrebbe cambiato tutto, definitivamente.
Lui non mi ascoltò e posò le sue labbra sulle mie. Sentivo il fuoco. Fino ad allora aveva bruciato le parti a contatto con il suo corpo, ma ora era ovunque: nel mio cuore, nelle mie mani, nei miei occhi di ghiaccio, nei miei boccoli biondi.
 Non era doloroso, era un fuoco piacevole. Un fuoco che, bruciando, mi riscaldava l’anima di ghiaccio, che me la scioglieva e mi faceva rendere conto che non c’era nulla di bello nel vivere nel freddo. Era un calore perfetto.
Le sue labbra si muovevano sulle mie con dolcezza, almeno inizialmente, ma sapevo fin troppo bene che James non era capace di trattenere il fuoco che, sapevo, bruciava anche la sua anima.
Mi aggrappai a lui, come in cerca di un sostegno. Sapevo di poter contare su di lui.
In quel disordine di sentimenti, di parole e pensieri, sapevo che lui – oltre ad essere la causa di quel disordine – era anche l’unico appiglio della mia vita.
Le sue mani scivolarono lungo la mia schiena e mi fecero aderire completamente al suo corpo. Sentivo il suo corpo bruciare, lo sentivo nelle sue mani che mi stringevano la schiena e la rendevano incandescente, lo sentivo nelle sue labbra che si muovevano veloci sulle mie, impazienti. Sentivo quel fuoco in ogni cellula del mio e del suo corpo.
E quando, infine, si staccò da me, non lo lasciai andare e rimasi stretta al suo petto, senza fiato, ascoltando il suono del suo respiro.
“Ti amo” sussurrò, portandomi un boccolo biondo dietro l’orecchio e accarezzandomi il volto.
“Non dirlo, per favore” mormorai, scostandomi un po’ da lui per guardarlo in viso e perdermi nei suoi occhi fin troppo sei. Non avevo mai visto i suoi occhi così. “Sembra una condanna”
Lui rise, divertito, e mi scompigliò i capelli con aria spavalda.
“Ti amo” ripeté, stringendomi di più al suo corpo e lasciandomi senza fiato. Risi anche io e mi alzai in punta di piedi per posare un leggero bacio sulle sue labbra.
“Ti amo” sussurrai. Lui sorrise sulle mie labbra.

...

“Ma non dovremmo pulire i Trofei?”

Angolo Autrice

Lo so che questo capitolo è molto lungo, ma non avevo il cuore di tagliarlo. Mi piaceva così com’è e spero che anche a voi piaccia.
Ah, perdonatemi per il ritardo.

Ringraziamenti

Emily Doyle {Grazie, spero che anche questo capitolo ti piaccia}, lilyluna_4e {Grazie davvero, sono felice che ti piaccia. Attendo il tuo parere anche su questo capitolo * me fa gli occhioni da cucciolo *} lasaralin {Grazie, lo so che questa storia è deprimente, ma non posso farci nulla. Questo capitolo è un po’ meno deprimente – almeno spero – e spero che ti piaccia} kikka_1990 {Lucy Weasley è la seconda figlia di Percy – Sorella di Molly Weasley, la prima figlia – e di Audrey, di cui non si sa il cognome. Ti ringrazio per i complimenti e spero continuerai a seguirmi, nonostante questo incredibile ritardo} Madox {Sono molto felice che ti piaccia e ti ringrazio per i complimenti}

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 – Favola, Marzo e Aprile 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 8 –  Favola, Marzo e Aprile 2022

“Indovina che giorno è, oggi?”
Dorian sobbalzò sulla sedia e mi guadò, sorpreso e scettico allo stesso tempo. Forse era per quel mezzo sorrisetto sulle mie labbra rosse, forse era per la strana euforia che sembravo sprizzare.
“Uhm...il25 Marzo?” chiese, guardandomi con un sopracciglio inarcato. Io mi sedetti accanto a lui con un sorriso enorme e i capelli leggermente elettrici, forse per la troppa felicità. Davvero la felicità mi avrebbe fatto diventare i capelli elettrici?
“No!” esclamai e Madama Prince mi guardò male, mi fulminò con lo sguardo come se avesse sperato che un buco mi avesse inghiottita in quel preciso istante.  “E’ il giorno più felice della mia vita!”
Lui scosse la testa, esasperato, e tornò a scrivere il suo tema di Pozioni, mentre io sbuffavo, indignata.
“Non mi chiedi neanche perché sono così felice?” chiesi, facendo una faccia imbronciata.
“Ho paura di chiedertelo, Dominique. Tu non sei mai felice” precisò lui, facendomi una faccia preoccupata e scombinandomi i capelli – già elettrici. Lo fulminai con lo sguardo.
“Non è vero” borbottai, infastidita, incrociando le braccia e fissandolo male, ma sapevo che, più o meno, aveva ragione.
“E allora cosa è successo per renderti ancora più felice?” mi domandò, facendo finta di credermi. Io sospirai e sorrisi.
Sembravo una ragazzina, eppure quelle sensazioni non riuscivo a controllare. Non potevo impedirmi di sorridere scioccamente, né di essere così allegra.
“Dominique?” Dorian mi scosse per la spalla, con aria preoccupata. Io sospirai ancora e allargai il mio sorriso.
“Io....” E, d’un tratto, mi mancarono le parole. Non sapevo cosa dire, perché sapevo cosa sarebbe successo.
Dorian mi avrebbe odiato. Avrebbe cercato di allontanarmi da lui in tutti i modi, di cancellarmi dalla sua vita, come se non fossi mai esistita.
Dorian mi amava.
Non ero vanitosa, né lo dicevo per vantarmi. Era la pura e semplice verità: Dorian era innamorato di me.
E, per quanto me ne intendessi di questo, ovvero nulla, se gli avessi detto tutto avrebbe sofferto.
Ero dilaniata tra le due possibilità e la mia felicità evaporò di botto.
Come era effimera la felicità! Durava così poco, sostituita troppo spesso dal dolore.
“Tu?”
Che cosa avrei potuto dirgli? Che io e il suo migliore – ovvero, mio cugino – stavamo allegramente insieme, in barba a tutto quello che aveva fatto lui per me?
Ero egoista, perché sapevo che gli avrei fatto del male. E sapevo, allo stesso tempo, che se gli avessi detto la verità lo avrei implorato di restarmi amico, di non abbandonarmi.
Ero egoista.
“Aspetta, tu non dovevi essere in punizione con James?”
Mi riscossi improvvisamente, mentre lui inarcava un sopracciglio, scettico. Non mi sarei stupita se lui avesse già capito tutto, sembrava che potesse leggermi nella mente, certe volte.
“Sono appena tornata” sussurrai, giocherellando con un boccolo biondo. La differenza tra la me di qualche secondo prima e quella di adesso era più che evidente, eppure Dorian non mi fece alcuna domanda.
“Ah. Come è andata?” Sembrava indifferente, come se non gli importasse nulla di come era andata la mia punizione.
“Ci siamo baciati” mormorai, prima che potessi fermarmi. Lui non mi guardò nemmeno mentre riprendeva a scrivere il tema. Rimasi raggelata dalla sua reazione, sembrava che di me gli importasse poco e niente.  “E non mi dici nulla?”
“Cosa dovrei dirti, Dominique?” chiese lui, con quella voce atona che mandava la mia felicità in frantumi.
“Non lo so” ammisi, quasi svuotata da ogni sentimento che non fosse quel dolore sordo al cuore. “Ma dovresti dirmi qualcosa! Che ti dispiace, che vuoi che io lo lasci, che sei innamorato di me, ma fa’ qualcosa!”
Lui si girò lentamente verso di me, con un sopracciglio inarcato e un’espressione indifferente.
“Lo sapevo già”
Fu come se mi avessero tolto il mondo da sotto i piedi.
Come se avessero infranto tutte le mie certezze, come se mi avessero svuotata di tutto.
“Come?” chiesi, senza fiato.
Lui rise, divertito.
“Me l’ha detto James, è venuto pochi minuti fa. Era così entusiasta...” Le sue mani erano strette attorno alla pergamena con molta forza, tremavano, quasi cercasse di trattenersi dal prendermi per le spalle. “Per questo non ho detto nulla. Già lo sapevo. Non sono stupito”
Annuii, mi sentivo confusa.
“E non ti dispiace?” gli chiesi, a bruciapelo. Lui sospirò e tornò a guardarmi. L’aria indifferente era sparita, sul suo volto c’era solo una tristezza rassegnata.
“Mi dispiace è un eufemismo” sussurrò, con la voce tremante. Sembrava senza forze. “Ma voglio che tu sia felice. E se con James sei felice, va bene”
“Ma tu non sei felice” osservai, cautamente.
“Non sempre si può essere felici”
Avrei voluto urlargli contro, dirgli di sfogarsi, di dirmi la verità, di ammettere quello che provava a sé stesso.
Avrei voluto abbracciarlo, tra le lacrime, e dirgli che gli volevo bene, che era il mio migliore amico e che mi dispiaceva che stesse male.
Avrei voluto amarlo.
Avrei voluto fare tutte queste cose, ma non feci nulla. Rimasi lì, congelata, mentre lui raccoglieva le sue cose.
Chiusi gli occhi e un vento freddo mi scombinò i capelli.
Quando li riaprii lui già non c’era più.

“Gli parlerò io”
James prese un boccolo biondo nella sua mano e iniziò ad attorcigliarlo attorno alle sue dita.
“Non ti lascerà parlare, lo sai” sussurrai, posando le mie mani sul suo volto allegro.
“Dai, è il mio migliore amico. So di non essermi comportato benissimo nei suoi confronti, ma posso rimediare, no?”
Non riuscivo a dire di no a quel sorriso e non ne sarei mai stata capace.
“Sì, hai ragione” mormorai, poggiando la mia testa sul suo petto e chiudendo gli occhi.
Lui mi circondò la vita con le sue braccia, trasmettendomi il suo calore e io respirai a fondo, per calmarmi.
Non chiedevo niente di meglio di quello: di James ed io, insieme.
“Mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo” mi disse, cullandomi tra le sue braccia.
A me no, non dispiaceva. 
Io  desideravo la sua compagnia, la sua presenza. E se questo significava rimanere nascosti, al buio, in un aula vuota...mi andava bene.
Più che bene.
“Non fa niente” Sorrisi sul suo petto e lo strinsi a me, sporgendomi leggermente in avanti e sbilanciandomi un po’. Ero seduta su un banco in un’aula vuota, ben lontano da dove passavano gli studenti, con il volto sul petto di James  e le sue braccia attorno alla mia vita.
Potevo essere più felice?
“Dominique?” mi chiamò. La sua voce era poco più che un sussurro, eppure riuscii a sentirla. Alzai il volto e lo guardai con un sopracciglio inarcato.
“Cosa c’è?” chiesi, posando le mie mani sul suo collo. Lui sorrise, malandrino.
“Niente” ammise, avvicinando il suo viso al mio. Prese il mio volto fra le mani, mentre ancora una volta, il fuoco mi avvolgeva, e si chinò su di me. “Volevo solo baciarti”
E mi baciò.
E poco importava che fossimo parenti, poco importava che il nostro fosse un amore proibito e che stessimo sbagliando.
Quando le sue labbra erano sulle mie, ogni proibizione spariva. E allora James non era mio cugino: non era James Sirius Potter. Era il mio James, un James nuovo che non avevo mai conosciuto: un James appassionato, innamorato. Di me.

Il primo mese che io e James trascorremmo insieme mi sembrò una favola.
Credevo di vivere in una di quelle fiabe Babbane che zia Hermione ci raccontava la domenica pomeriggio quando eravamo alla Tana, per farci calmare.
La principessa e il principe, belli e perfetti, avrebbero sempre avuto il loro lieto fine, perché erano destinati a stare insieme, erano nati per vivere per sempre felici e contenti.
E vissero per sempre felici e contenti.
Chissà perché, mi convinsi che anche io e James avremmo potuto vivere per sempre felici e contenti.
Ma io non ero una principessa, lui non era un principe e le favole non esistono. Le favole sono illusioni, destinate a sparire quando diventi grande, consapevole di quanto la realtà sia differente, certe volte troppo.
Ma a quel tempo ero felice. Incredibile, ma vero.
Dominique Weasley era felice.
Non sapevo, però, che la mia felicità era fondata su un’illusione. Una bellissima e stupenda illusione, ma pur sempre un sogno, come tutto quello che mi circondava.

A quel tempo, però, stavo vivendo la mia piccola favola personale, fatta di sogni e di illusioni, di C’era una volta e di e vissero per sempre felici e contenti.
James era il mio principe. Poteva suonare strano, detto così. Forse mi rendeva quasi un’adolescente alla prima cotta, eppure non potevo far altro che pensare che era questo, James: il mio principe. O il mio Romeo ( sgraffignare libri a zia Hermione si rivelava una buona idea, a volte).
Era il mio principe imperfetto, con i capelli perennemente disordinati, come se qualcuno gli avesse lanciato uno Schiantesimo in testa, con gli occhi castani allegri e maliziosi, con le labbra perennemente curvate in un ghigno divertito.
Con quel suo essere così James.
Era mio. Solo e per sempre mio.
Avrei voluto urlarlo al mondo, farlo sapere a tutta Hogwarts, passeggiare per il giardino con la sua mano stretta tra le mie, ma non mi era permesso di fare niente di tutto questo.
Mi dovevo limitare a baciarlo in un’aula vuota, stringerlo a me al buio.
Niente luce del sole per noi due.
E sentivo il suo rancore in quei baci che rubavamo al mondo, in quella dimensione dove esistevamo solo io e lui.  E sentivo il suo rancore, la sua rabbia e il suo desiderio di uscire allo scoperto, di vivere finalmente alla luce del sole. Sentivo il suo dolore nei suoi baci, sulle sue labbra che sapevano di peccato, nelle lacrime che si mischiavano ai nostri baci.
E desideravo anche io di uscire allo scoperto, di essere come tutti gli altri, di tenerci per mano e di poter far venire il diabete ai nostri amici.
Sogni impossibili da realizzarsi.
E, nonostante tutto, ci speravo.
Sì, ci speravo perché ero una sciocca adolescente sognatrice, perché credevo che il mondo fosse una favola e perché mi piaceva essere felice.

Ed era incredibile rendersi conto dei propri sentimenti. Erano un’immensità in cui annegavo, in cui non ero capace di districarmi. Erano troppo profondi per poterli comprendere e io avevo rinunciato in partenza all’idea.
Ed era incredibile scoprire quanto lo amassi e me ne accorgevo così, senza neanche una ragione.
Il suo sorriso quando eravamo in compagnia dei nostri parenti o di altri. O il suo sguardo protettivo nei miei confronti, preoccupato per me e geloso di chiunque mi avvicinasse. O ancora le sue mani che, accidentalmente, sfioravano le mie.
Era incredibile quanta tenerezza, quanto amore riuscissi a scorgere nelle piccole cose, in quei gesti abituali che una persona comune non apprezzava neanche.
Ma io non avevo mai avuto tutto questo. Nessuno mi aveva cullata dolcemente fra le sue braccia, fino a tranquillizzarmi. Nessuno mi aveva mai stretto la mano per rassicurarmi. Non ero mai stata amata come una persona normale.
Forse perché non mi ero lasciata amare.
E le carezza di James e le sue piccole attenzioni aprirono le porte ad un mondo sconosciuto, che non avevo mai visto. Non credevo che in un piccolissimo gesto, come un sorriso, potesse esserci così tanto amore da rendermi euforica.
Amore era una parola grossa, specie per una ragazza di diciassette anni, ma sapevo che nient’altro avrebbe saputo descrivere quei sentimenti contrastanti che mi dominavano.
C’era amore e c’era odio, voglia di restare per sempre nascosti e desiderio di uscire allo scoperto, di spingermi più avanti e di tornare indietro.
E c’era tutto ciò di cui avevo bisogno: James.

 

Angolo Autrice

Questo capitolo mi è uscito ascoltando a palla “Sorella Mia” di Cammariere,  una bellissima canzone che sto sentendo da un paio di giorni a questa parte. Anche ora, tanto per darvi un’idea della mia ossessione per questa canzone.
Ditelo che mi è venuto uno schifo,questo capitolo, perché lo credo anche io. Ma avevo bisogno di un capitolo del genere, un capitolo in cui non accade quasi nulla {quasi, precisiamo, perché qualcosa accade} e in cui Dominique descrive i suoi sentimenti.
Lo sentivo necessario.
* Va a rifugiarsi dietro alla trincea, pronta al bombardamento di pomodori *

Ringraziamenti

Lasaralin {Grazie, gentilissima}; Kimly {Grazie, davvero. Gentilissima *___*};Emily Doyle {Be’, io non dico niente. Si può immaginare, però... Grazie mille per la recensione}; kikka_1990 {La notizia del matrimonio di Percy è arrivata insieme alle miliardi di cose che la Rowling non ha scritto nell’ultimo libro, quindi non ti preoccupare, non fa niente se non lo sai. Neanche io lo sapevo, all’inizio XD. Grazie mille per i complimenti *____*}; lilyluna_4e {Ma non ti preoccupare, non era necessario riscrivere la recensione, l’avevo letta lo stesso XD. Comunque grazie mille, davvero grazie *________*} Madox {Grazie mille, sono felice che ti piaccia la coppia *__*} _BellaBlack_ {Oh, Merlino. Dea...non esageriamo, va a finire che mi monto la testa XD. Sono davvero contenta che ti siano piaciuti questi ultimi capitoli e spero che anche quest’ultimo ti piaccia. *_________*}

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Sole e pioggia, Aprile 2022 ***


Capitolo 9 – Sole e Pioggia,Aprile 2022

“Allora?”
James si passò una mano fra i capelli neri, già normalmente disordinati, e mi fissò incerto, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“1245?” chiese, esitante, inarcando un sopracciglio.
Io sbuffai e alzai gli occhi al cielo, ordinando a me stessa di non prenderlo a schiaffi immediatamente. Forse più tardi lo avrei fatto, ma non ora. Prenderlo a schiaffi fino a spappolargli il misero cervello che si ritrovava non era una buona idea per fargli entrare in testa la data esatta della rivoluzione dei Giganti.
“No! 1354, James! Possibile che non ti entri in testa?”domandai, esasperata, spostandomi un po’ dalla posizione a gambe incrociate che avevo preso e stiracchiandomi leggermente. Cercavo di tener occupato il mio corpo prima che il mio cervello mandasse l’impulso alla mia mano di tirargli un ceffone.
“Le date non sono il mio forte, Nicky” pigolò lui, con una voce afflitta che mi intenerì all’istante. E tanti saluti al proposito di schiaffeggiarlo, dopo. “Scusami se ti faccio perdere tempo. Puoi perdonarmi?”
Potevo non farlo? Ogni volta che lui mi guardava con quegli occhi castani imploranti mi sentivo sciogliere, la mia determinazione andava in frantumi e le mie decisioni andavano a farsi benedire.
Inutile ripromettersi di non cedere, quegli occhi erano capaci di sciogliere tutti, persino miss – ghiacciolo – Weasley, come mi chiamavano.
Sospirai e guardai fuori dalla finestra. Pioveva, come al solito da un paio di giorni. Ero felice e fuori pioveva. Era davvero incredibile che fossi euforica?
Be’, probabilmente sì.
“Certo che ti perdono, James” sussurrai, riportando il mio sguardo su di lui, che si ricompose e assunse la tipica aria da Malandrino. Mi aveva ingannata di nuovo ed io come una stupida ero caduta nella trappola. Anzi, non come una stupida, ma come una ragazza innamorata. “Ma non so se anche l’ispettore che ti interrogherà ai M. A. G. O . sarà della stessa opinione”
Lui ridacchiò divertito e mi scompigliò i capelli, mentre io lo fulminavo con lo sguardo. Era irresponsabile, non prendeva nulla sul serio, quel mononeurone.
“Se mi capita una come te basterà farle gli occhioni dolci” sghignazzò, avvicinandosi a me. Io arretrai fino alla testiera del letto e, quando mi trovai con le spalle premute contro il duro legno, mi limitai a fulminarlo con lo sguardo e a tirargli un calcio, che, ovviamente, non raggiunse l’obbiettivo assegnato.
“E se ti capita una come la McGranitt? Ci vorrà ben altro che gli occhi dolci” commentai, mentre lui si sedeva accanto a me, appoggiandosi alla testiera del letto. Mi sorrise.
“Che ne sai? La McGranitt potrebbe nascondere un cuore palpitante”
Ridacchiai e scossi la testa, esasperata. Era impossibile che io riuscissi ad avere l’ultima parola quando parlavo con James.
Lui mi sorrise e posò la sua testa sulle mie gambe, stringendo forte la mia mano, quasi a non voler lasciarmi andare.
Restammo per un po’ così, in silenzio. Io giocherellavo – con la mano libera – con i capelli nerissimi e disordinati di James, lisci come seta, e lui mi stringeva la mano ad occhi chiusi e con un bellissimo sorriso sulle labbra. Mi sentivo bene, così.
“Dominique?”
Lui aprì gli occhi e mi fissò a lungo, mentre io gli sorridevo incoraggiante.
“Si?” chiesi.
Lui strinse la mia mano con più forza e mi sorrise.
“Ti amo”
Sospirai e gli sorrisi ancora. Mossi la mano nella sua presa, ma non la scostai.
“Anche io”

~»«~



“Dominique!”
Alzai gli occhi dalla pergamena davanti a me, incerta su come continuare quel dannato tema che Ruf ci aveva assegnato, per ritrovarmi faccia a faccia con Albus Severus Potter.
“Ciao, Al” sussurrai, tornando a fissare la pergamena. Non mi andava di guardare Albus, assomigliava troppo a James. “Come va?”
“Va” borbottò lui, alzando le spalle e facendo un sorrisetto divertito. “Sono un po’ stressato per i G. U. F. O” ammise, mordendosi il labbro inferiore.
Nonostante i tratti ancora un po’ infantili e gli occhi verde smeraldo, sembrava che davanti a me ci fosse suo fratello James. O forse ero io che lo immaginavo.
“Sono facili e tu li supererai con il massimo dei voti” Mi sentii sollevata nel tracciare una netta linea di confine tra Albus e James. Al era bravo a scuola.
“Grazie” Mi fece un sorriso riconoscente e tornò a fissare la mia pergamena. “Tu sei tesa? Sono gli esami che decideranno della tua vita”
“Grazie per avermelo ricordato, Al” bofonchiai, fulminandolo con lo sguardo. Lui ridacchiò divertito. “Comunque sì, sono tesa, ma so di poter dare il meglio di me”
“Beata te, vorrei avere la tua sicurezza”
Altra linea di confine, ancora più netta. Albus era terribilmente insicuro.
“Ed io vorrei avere ancora quindici anni, Albus” borbottai, sfogliando il libro davanti a me. Sì, a quindici anni era tutto più semplice. Io e James ci sopportavamo a stento, io non ero innamorata di lui e non sentivo la dolorosa mancanza di Dorian, che non conoscevo. Sì, volevo avere di nuovo quindici anni.
All’epoca mi lamentavo di essere troppo piccola, di essere infelice. Ma più ci riflettevo e più mi rendevo conto che, nonostante l’alone di tristezza e solitudine che li avvolgeva, i miei quindici anni erano stati un bel periodo. Forse il migliore della mia vita.
Non perché quello presente non lo fosse, per carità. Il fatto che James mi amasse superava qualunque mia aspettativa, era meglio di qualsiasi sogno ad occhi aperti... ma sapevo che tutto – prima o poi – sarebbe finito.
“Sì, in effetti stai iniziando ad invecchiare, Dominique!” sghignazzò Albus, riportandomi alla realtà. “Quanti ne compi tra poco? Cinquanta?”
“Veramente settantacinque, ma grazie per i complimenti. Vuol dire che me li porto bene”
Sorrisi sarcastica e lui scoppiò a ridere, sotto gli occhi fulminanti di Madama Prince.
“Sembra che tu abbia venti anni” ammise, divertito.
“Incredibile, eh?”
Albus restò per un po’ a guardarmi, con un sorrisetto sulle labbra pallide e gli occhi verdi puntati sul mio viso, mentre io ero china a scrivere qualcosa sul mio tema.
“Dominique?”
“Uhm?” Alzai gli occhi dalla mia pergamena e lo fissai, inarcando un sopracciglio. Lui si sistemò gli occhiali sul naso e mi fissò serio. “Cosa c’è, Al?”
Continuò a guardarmi a lungo, prima di lasciarsi andare in un sorriso che sostituì l’espressione seria, tipica del suo volto più maturo della sua età, nonostante fosse ancora infantile.
E sorrise, come a cacciare un pensiero.
“No, nulla”

~»«~



“Sai che possono nascondersi dei Nargilli nei tuoi capelli?”
Alzai gli occhi dal libro che stavo leggendo – perché ero sempre con un libro alla mano, che si trattasse di scuola o di letture personal – e guardai la figura slanciata che si sedeva sotto l’albero insieme a me.
Se ne usciva così Dorian Alexander Baston dopo giorni di silenzio. Con una frase del genere.
“Come fai a saperlo?” chiesi, piegando lievemente la testa nella sua direzione.
“Ho appena parlato con Lysander Scamandro” ammise, sorridendomi. E io dimenticai tutti i giorni in cui lui non c’era stato. Dorian era tornato da me. E tanto bastava. “Mi ha detto che i Nargilli si nascondono tra le cose colorate di chiaro. I tuoi capelli sono chiari”
Sorrisi, esasperata, scuotendo la testa.
“Stai scacciando i Nargilli?”
“Dì la verità, Dorian: certe frasi te le studi prima di andare a dormire” mormorai, ridendo divertita. Posai la testa sulla sua spalla e accantonai per un attimo il mio libro. “Non è possibile che dopo giorni di silenzio tu arrivi e mi dici che ci sono dei Nargilli nei miei capelli!”
“Scusa” Il suo tono non era più scherzoso. Era un mormorio basso, colpevole. Non era mia intenzione farlo sentire in colpa.
“Non volevo dire questo” mi corressi, stringendo la sua mano e sorridendogli. “Volevo farti notare il tuo strano metodo d’approccio”
“E’ la prima cosa che mi è venuta in mente da dire” Diventò improvvisamente rosso, la sua pelle chiara si imporporò. Sorrisi, intenerita.
“Iniziare con un semplice Ciao era troppo banale per Dorian Baston?” domandai, inarcando un sopracciglio.
“Mi sembra ovvio, no? Sono Dorian Baston, mica un qualsiasi ragazzo!”
Risi, divertita, e mi strinsi a lui. Volevo godermi quel momento il più a lungo possibile.
“Ovvio” borbottai, storcendo il naso.
Lui mi strinse la mano e sorrise, divertito.
“Non ne sembri tanto entusiasta” commentò, scompigliandomi i capelli. Sospirai e cercai di trattenermi dallo scagliarmi contro di lui. Possibile che tutte le persone che conoscessi adorassero scompigliarmi i capelli?
“In effetti” Chiusi gli occhi, mentre una brezza leggera si levava attorno a noi e muoveva delicata le chiome verdeggianti degli alberi. Un sole esitante brillava incerto su di noi, quasi non fosse sicuro di doverlo fare. Dopo giorni di pioggia era tornato il sole. Un sole pallido, timido, esitante...ma pur sempre il sole.
E mi illusi che potesse andare così anche a me. Sperai che anche con me, dopo la pioggia, sarebbe tornato il sole.
“Dorian?”
Sentii che si girava verso di me, ma non potevo vedere la sua espressione. Avevo gli occhi chiusi e non avevo alcuna intenzione di aprirli.
Non mi servivano gli occhi, stupidi e ingannevoli. Con gli occhi non riuscivo a vedere bene, erano offuscati dalla mia mente.
Volevo vedere con il cuore, il mio cuore, che non mi aveva ascoltata quando lo avevo obbligato al rifiuto di quei sentimenti che sentiva nascere, un cuore testardo, come me.
Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.*
Lessi questa frase a dodici anni, in un libro che zia Hermione mi aveva regalato per Natale. Mi aveva detto che avrei amato quel libro, ma a dodici anni non capii nulla di quello che voleva dire. Strano che mi fosse venuto in mente proprio in quel momento, quando a vedere era il mio cuore e non i miei fragili occhi.
Forse ora potevo capire ciò che voleva dire.
“Uhm?”
“Io e te...” giocherellavo con un mio boccolo, tesa, e mi mordicchiavo il labbro inferiore, ma ancora non mi decidevo ad aprire gli occhi.
“Sì?” Lo sentii irrigidirsi, forse l’idea dell’ io e te lo metteva a disagio.
“Siamo ancora amici? Anche se io sto con...” non volevo dire il suo nome ad alta voce, quasi potesse rovinare la magia che si era creata. E avevo il terrore che qualcuno lo scoprisse.
Dorian sembrò pensarci a lungo e io mi sentii senz’aria. Come se improvvisamente mi avessero privato dell’ossigeno.
“Sì” disse, infine, in un sussurro così debole da farmi dubitare di averlo sentito. “Siamo ancora amici. Non riesco a stare senza di te e sono disposto ad esserti amico e... vederti felice, piuttosto che starti lontano”
Sospirai e, ancora con gli occhi chiusi, mi strinsi ancora di più a lui, come a non volerlo lasciare più.
“Dorian?”
“Uhm?”
Aprii gli occhi, per guardarlo in viso, con un mezzo sorriso che spuntava sulle mie labbra.
“Grazie. Ti voglio bene”
Anche lui sorrise e mi strinse a sé con più determinazione.

~»«~

“Ti ho vista con Dorian” la voce di James tradiva un po’ di gelosia. Ridacchiai, divertita, mentre lui mi spingeva verso un corridoio vuoto e buio.
“Geloso, Potter?” chiesi, ironica. Lui mi fulminò con lo sguardo e si guardò intorno, accertandosi che non ci fosse nessuno.
Ma era sera, molto dopo la cena. Chi poteva mai esserci?
“Sì, sono geloso” ammise e persino nel buio riuscii a vedere delle chiazze rosse che gli tingevano il viso.
“Non devi esserlo” sussurrai, posando la mia mano sulla sua guancia e sorridendogli, anche se lui non poteva vedermi. “Dorian è il mio migliore amico”
“Lo so” Un sospiro, le sue mani furono sul mio viso e i nostri volti a pochi centimetri di distanza. “Eppure, ogni volta che ti vedo parlare con qualcuno...non lo so, è come se volessi togliere di mezzo quello che ti sta parlando. E’...è più forte di me”
Non risposi e posai le mie labbra sulle sue, stringendolo in un abbraccio.
“Ti amo” mormorai, scostandomi un po’ da lui. “E non devi temere nessuno, perché non potrei preferire nessuno a te”
“Ti amo” rispose lui, prima di chinarsi nuovamente su di me e baciarmi.
Anche nel buio, vidi chiaramente un’ombra che si allontanava, correndo.



*= Frase tratta da “Il Piccolo Principe”

Angolo Autrice
E finalmente pubblico il nono capitolo, eh? Trovarsi col PC rotto non lo auguro a nessuno, specie se poi, l’unico PC della casa da dove puoi aggiornare la tua storia è quello di tua madre che lo reclama, giustamente. Anche adesso, purtroppo. Non ho il tempo di ringraziarvi tutti – anche perché il libro di Antologia troneggia fastidiosamente sulla scrivania, ordinandomi di aprirlo – per cui vi dedico un unico, grande Grazie. Grazie a tutti, ora lascio il PC a mia madre.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022

“Chi era?”
James sospirò e mi scostò un ricciolo biondo dal viso, con aria esasperata.
“Non lo so, Dominique” sussurrò, con voce tremante. “Non lo so, non sono riuscito a vederlo nel buio”
Mi morsi il labbro inferiore e la vista mi si annebbiò in un istante. Dannazione, no! Non volevo piangere davanti a lui, non volevo fargli capire quanto stessi male per ciò che era accaduto, ma non potevo farci nulla.
La consapevolezza che tutto sarebbe potuto finire in meno di un secondo annientava completamente la mia volontà.
Forse ero stata troppo felice, forse era giunto il momento di stare male. Di nuovo.
“Piangi?” Si chinò su di me e mi guardò con espressione sofferente. Scossi la testa, ma le lacrime già scendevano lungo le mie guance arrossate. “Oh, Dominique!”
Mi strinse in un abbraccio disperato, poggiai la mia testa sul suo petto e respirai a fondo, cercando di trattenere il tremolio della mia voce. Era così rassicurante, l’abbraccio di James. Così terribilmente estraneo al resto del mondo.
Era come se fosse un universo a parte.
James Potter era il mio piccolo angolo di mondo dove non esisteva il dolore. Eppure, sapere che sarebbe finito a breve, mandò in frantumi la tranquillità che le sue braccia sembravano emanare.
“Non è giusto!” strepitai, singhiozzante. Pestai i piedi a terra con tale violenza dal farmi anche male. Poggiai male il piede a terra in uno dei miei strepitii e se non fosse stato per James, io sarei caduta. Ma lui mi sorresse e mi tenne stretta a sé con delicatezza incredibile, quasi fossi di porcellana. “Non è giusto! Perché deve sempre finire tutto?”
Lui sospirò.
“Potrebbe non aver capito che eravamo noi. Potrebbe averci scambiato per una normalissima coppia. In fondo, nessuno ha fatto il nome dell’altro. Ed era buio” cercò di consolarmi, stringendomi delicatamente al suo corpo.
Singhiozzai ancora.
“Abbiamo fatto … oh, accidenti! Ho fatto il nome di Dorian, quanti altri Dorian credi che scorrazzino liberi per il castello?” strepitai, continuando a piangere disperatamente contro il suo petto. “Maledizione! Maledizione!” Picchiai i pugni contro di lui, ma James non si mosse affatto sotto il mio tocco.
“Andrà tutto bene” sussurrò, posando un bacio sulla mia fronte, fra i miei capelli. “Te lo prometto. Rimarremo insieme, qualunque cosa succeda”
Annuii, aggrappandomi a lui come se fosse l’unica cosa certa del mio mondo.
“Voglio solo sapere chi è stato” mormorai, con voce atona, gli occhi fissi sul pavimento della Stanza delle Necessità. “Voglio sapere chi è stato a rovinare tutto”

“Dominique!”
Dorian aveva il volto pietrificato dallo stupore, gli occhi spalancati, la bocca aperta.
“Non ci posso credere!” esclamò, prendendo il mio volto fra le mani. “Vi hanno visti?” bisbigliò poi, abbassando di molto il suo tono di voce.
“Non ne sono sicura, Dorian” sussurrai a mia volta, allontanandomi da lui con le lacrime agli occhi. “Era buio. Però abbiamo fatto il tuo nome”
“Ma ci sono moltissime persone che mi conoscono in questa scuola!”
“Ho detto che eri il mio migliore amico” mormorai, singhiozzando nuovamente. Mi sentivo spezzata, dilaniata e, irrimediabilmente, vuota.
Come se ogni briciolo di sentimento fosse scomparso con la terribile verità. Ci avevano scoperti.
E ora sì che importava quello che eravamo. E non si poteva dire più che non ce ne fregava nulla, perché quelle parole non dette bruciavano sulle nostre labbra ogni volta che ci baciavamo.
Dannazione, eravamo cugini. Cugini di primo grado, per Merlino. Come potevamo fare una cosa del genere alla nostra famiglia, a noi stessi? Come potevo amarlo, sapendo che nelle sue vene scorreva un quarto del mio sangue? Come potevo considerare attraenti quegli occhi castani , della stessa tonalità Weasley di mio padre, se prima io avevo rischiato di ereditarli?
“Merda” si lasciò andare Dorian, mordendosi il labbro inferiore. Non capivo come mai tutto questo lo rendeva inquieto. Avrebbe dovuto fregarsene, a dir la verità.
Me l’ero scelto io, questo destino. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.
Eppure Dorian sembrava davvero partecipe al mio dolore, quasi non volesse che le cose andassero in questo modo. Ma sapevo che lui voleva che andassero così, lo sapevo.
Sapevo che non era contento che io amassi mio cugino. Mi avrebbe voluta con sé, sarebbe stata una scelta migliore, più responsabile, più normale.
Ma non era così che doveva andare.
“Sono d’accordo” borbottai, tetra, facendomi strada nel corridoio affollato per raggiungere l’aula di Incantesimi.
Dorian mi accompagnò fino a lì, poi mi salutò con un sorriso dispiaciuto e mi lasciò entrare, scombussolata e con il cuore a pezzi.

Non potevo fare a meno di guardarmi attorno ogni volta che mi sentivo osservata.
Il mio assassino era lì, tra la folla di studenti. Camminava ignaro della ferita che stava provocando al mio cuore e felice di avere uno scoop da raccontare a tutta Hogwarts. Nessuno mi guardava strano, sembrava tutto normale. Eppure … eppure sapevo che nulla sarebbe stato più normale, ne ero certa.
“Dominique …”
Mi voltai lentamente. La consapevolezza della fine faceva sì che mi godessi ogni solo istante con James, certa che qualunque sarebbe potuto essere l’ultimo. Quanto era durato? A stento un mese.
La mia felicità non era destinata a resistere per molto tempo.
“James …”
Lui mi sorrise, come solo James sapeva fare. James, non James Sirius Potter. Perché ora avevo capito la differenza tra il vero James e la maschera che indossava quando voleva difendersi dal mondo. Quella maschera sarcastica di ragazzo menefreghista, di fratello iperprotettivo, di cugino fastidioso e di amico leale …
Il vero James era quello che esisteva con me, ne ero certa. Il ragazzo sinceramente innamorato – di sua cugina, mi impose la mia razionalità – e che preferiva nascondersi piuttosto che dimostrarsi per quello che era.
“Andrà tutto bene” sussurrò, avvicinandosi a me con quel sorriso rassicurante sulle labbra rosee.
“Lo ripeti in continuazione” mormorai, di rimando, appoggiandomi dolcemente a lui, con un debole sorriso. “Stai cercando di rassicurare te stesso?”
“Anche” ammise, con l’ombra di un sorriso ironico nella voce. “E’ che ti amo troppo per vederti andare via così, senza che io possa fare nulla”
Lo strinsi a me.
“Io non me ne andrò, James” dissi, con tutta la fermezza di cui ero capace. Lui mi scostò i capelli dalla fronte e vi posò un bacio.
“Ho paura che ti portino via da me” ammise, con un sorriso amaro.
“Non mi lascerò portare via”
“Potrebbero costringerti”
“Non li ascolterò”
Sapevo a cosa si riferiva. Ai nostri parenti, ovviamente. Se qualcuno fosse venuto a conoscenza di quello che c’era tra me e mio cugino, i nostri genitori, i nostri parenti sarebbero venuti a saperlo. E allora avrebbero cercato in tutti i modi di separarci. Ma io non avrei permesso loro di portarmi via da James, a costo di essere odiata e disprezzata da tutti.
“Ti porteranno lontano con la forza”
Sospirai e lo guardai seria.
“Possiamo non pensarci?” gli chiesi, con le lacrime agli occhi. Lui annuì e si chinò ad asciugare con le labbra le due lacrime che erano scivolate sul volto.
“Va bene” acconsentì, sorridendo di nuovo.
E poi mi baciò.
Tendevo sempre a dimenticare ogni cosa quando le labbra di James toccavano le mie, ma quella volta … quella volta sentii la disperazione nel suo bacio, il dolore sulle sue labbra. Era uno di quei baci che non mi aveva mai dato, tanto carico di rabbia e di paura e di passione da rendermi senza forze.
Mi aggrappai a lui, in cerca di sostegno, mentre le sue mani finivano tra i miei capelli e mi attiravano ancora di più al suo corpo.
Erano emozioni che facevano male a livello fisico, come sentire mille stilettate al cuore – che già era stato dilaniato troppe volte.
E poi la mano di James finì sotto la camicia della divisa scolastica.
Era calda e contro la mia pelle fredda creava un contrasto doloroso.
Mi scostai da lui, leggermente scossa, e lo guardai con occhi spaventati. Lui mi sorrise e mi accarezzò il viso.
“Scusami” sussurrò, guardandomi triste.
Sospirai.
Ci avevo pensato, in quel periodo. Mi ero vergognata di me quando quel pensiero era affiorato nella mia mente, eppure non avevo potuto fare altro che pensarci. Mi chiedevo se mai avremmo compiuto quel passo. Mi ripetevo continuamente che era troppo presto per pensarci, che era stupido.
Ma ora, ora che ci restava pochissimo da vivere, cosa importava che fosse trascorso appena un mese? Quanto poteva contare il fatto che fosse troppo presto?
Nulla, in confronto alla consapevolezza che tutto sarebbe finito.
“Non devi scusarti” sorrisi debolmente e mi strinsi a lui, circondando la sua vita con le mie braccia.
“Non volevo spaventarti” mi accarezzò il volto e mi sorrise, con quel sorriso intenerito che avevo imparato ad amare.
“Non mi hai spaventata” sussurrai, di rimando. Le sue mani mi circondarono la vita e mi attirò ancora di più al suo corpo.
“Sembravi scossa” Si chinò su di me e iniziò a baciarmi il collo, con dolcezza. Mi tenni stretta a lui per non crollare a terra.
“Lo ero” sussurrai, un suono così basso da essere appena percepibile.
“Ora non lo sei più?” chiese lui, con voce tremante. Il suo respiro sul collo mi fece rabbrividire.
“No” dissi, con insolita fermezza nella voce. Mi scostai da lui e lo guardai, seria, a lungo. Poi mi sporsi un po’ e lo baciai, stringendolo a me con forza.
Lui ricambiò immediatamente, le sue braccia mi cinsero con più forza la vita e mi ritrovai stretta al suo petto, senza via di uscita.
Le sue mani finirono nuovamente sotto la mia camicia, più esitanti di prima, come a chiedere il permesso. Io mi strinsi ancora più forte a lui e sorrisi sulle sue labbra. Lui sorrise a sua volta e le sue mani iniziarono a vagare sulla mia schiena gelata e mi fecero piacevolmente rabbrividire.
“Non voglio forzarti” sussurrò, dopo, scostandosi leggermente da me e guardandomi con aria serissima.
“Non mi stai forzando” riposi, con un sorriso ironico sulle labbra. Anche lui si concesse di ridere e prese il mio volto fra le mani.
Mi baciò nuovamente, con più intensità e passione di prima, se possibile, e mi trascinò dolcemente sul letto, apparso per magia.
Sorrise sulle mie labbra e mi strinse a sé. Il mio corpo bruciava sotto il suo tocco, mi sentivo andare a fuoco.
E poi non sentii altro che i suoi baci.

Dannazione.
Dorian imprecò in mente contro il destino e contro sé stesso.
Era diviso a metà, spaccato.
Da un lato, voleva che Dominique fosse felice, che continuasse a vivere per sempre con James al suo fianco che le stringeva la mano quando nessuno li vedeva, che potesse continuare a sorridere radiosa come in quel momento. Dall’altro, voleva che tutto finisse, che James scomparisse dalla sua vita, che lasciasse Dominique. E che lei lo amasse, come faceva ora con James.
Sospirò.
Entrambi i suoi desideri erano impossibili. Avrebbe dovuto sperare in qualcosa di possibile, di reale, e invece si ritrovava a illudersi su cose che non sarebbero mai accadute.
Dovrei desiderare quello che posso ottenere.
Ma rimproverarsi non serviva a niente, imporsi di dimenticare era inutile. Doveva solo trascinarsi avanti, ancora un altro giorno e poi un altro e un altro ancora...almeno fino a quando Dominique non avrebbe capito tutto.
Un singhiozzo improvviso lo destò dai suoi pensieri. Non era uno di quei singhiozzi leggeri e inconsistenti, non un lontano eco di una sofferenza che attanagliava le viscere...era un singhiozzo disperato. Quelli brevi, interrotti dalla lacrime.
“Chi c’è?” chiese, avvicinandosi un po’ al luogo da dove provenivano i singhiozzi. Scorpius Malfoy era seduto a terra, nel corridoio, con i capelli chiarissimi talmente disordinati da far concorrenza a James.
James. Una fitta al cuore, Dorian strinse i denti.
Ma non era Scorpius a piangere. Il ragazzo aveva un braccio posato sulla spalla scossa dai singhiozzi di...Rose Weasley. La ragazzina era rannicchiata su se stessa, il viso nascosto dalle gambe che teneva stretta al petto, i boccoli castani che le ricadevano disordinatamente sulle spalle. Tremava.
“Cosa è successo?” chiese Dorian al ragazzo che stringeva il braccio attorno alle spalle della sua ragazza.
Lui fece una faccia rassegnata.
“Non lo so, Baston. Non me lo vuole dire” rispose, con voce atona. “Stavamo camminando, ma all’improvviso è scoppiata a piangere. Non è la prima volta che succede, ma lei non mi vuole dire nulla”
Rose alzò gli occhi dalle sue ginocchia e fissò a lungo il ragazzo davanti a sé. Dorian sospirò e si chinò all’altezza della ragazzina.
“Cosa succede, Rosie?”
Lei si librerò della presa di Scorpius e si buttò fra le braccia di Dorian, continuando a singhiozzare.
“Io non volevo! Hugo ha solo tredici anni, si è spaventato, non sapeva cosa fare! Dorian, non volevo!”
Il ragazzo traballò un poco sulla sua posizione e si rialzò, ma Rosie continuava a piangere sulla sua spalla.
“Non volevo, davvero. Io non avevo idea che...io non sono cattiva” continuava a singhiozzare, battendo i pugni sul torace di Dorian.
Lui la scostò da sé e la guardò a lungo negli occhi.
“Cosa non volevi?” chiese, serio. Scorpius Malfoy la raggiunse in un attimo e le posò la mano sulla spalla, preoccupato.
“James e Dominique” sussurrò Rose, con aria colpevole, mentre il cuore di Dorian faceva un capitombolo. “Ho detto tutto a mia madre”

Angolo Autrice

Punto primo, sono imperdonabile. Ho aggiornato tardissimo, colpa delle feste. Provate voi a stare vicino al computer – trillando istericamente “Devo aggiornare la mia storia, per il nome di Lord Voldemort" – attorniata da parenti di ogni tipo.
Bah, per fortuna le feste sono finite.
Punto secondo, sono cattiva. Poverini, non faccio che farli soffrire, i miei personaggi. Dominique soffre, James soffre e Dorian soffre. Ora si aggiunge anche Rosie e il quadro è completo.
Vi aspettavate che fosse Al a vedere i nostri piccioncini? Be’, ci avevo creduto anche io, ma mi sembrava troppo ovvio.
Capirete meglio nel prossimo capitolo, non vi preoccupate.
E sì, lo so che quella descrizione fa schifo, non vi preoccupate.
Nell'ultima parte ho passato la narrazione a Dorian, ma in terza persona, perché mi piaceva l'idea che lui scoprisse la verità - ovvero, chi è stato a vederli (che non è Rosie) - prima di Dominique e James.
Ora devo andare, che mia madre strepita sul cenone e cose del genere.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022

“Dominique?”
“Uhm?”
Aprii gli occhi lentamente. A dir la verità, non volevo aprirli. Era una bella sensazione, quella. Restare abbracciata a James con gli occhi chiusi, respirando il suo profumo, ascoltando il suo respiro.
Appena fui in grado di vedere, notai il viso di James vicinissimo al mio, il suo sguardo malizioso e il suo sorriso vagamente ironico. Arrossii.
Era da molto che non vedevo quell’espressione e, al solo posarvi il mio sguardo, il cuore mi si riempì di gioia.
Poi mi resi conto perché non vedevo da tempo quell’espressione.
Fu come cadere dalla Torre di Astronomia. Un atterraggio doloro, che mi tolse il fiato.
Il torpore che mi invadeva scomparse definitivamente, la mia mente tornò lucida e la verità tornò a farmi disgustosamente male, pungendomi il cuore con troppa intensità.
James mi fissava con sguardo triste, senza dire una parola.
“Tutto bene?” mi chiese, infine, preoccupato. Sospirai e annuii, sorridendo falsa e rannicchiandomi meglio tra le sue braccia, come se lui potesse proteggermi dalla verità.
“Tutto bene” sussurrai, chiudendo nuovamente gli occhi. Pregai che quella dolce incoscienza tornasse ad invadermi.

~

“Dobbiamo parlare”
Dorian mi bloccò la strada, mentre James, dietro di me, lo guardava con aria stupita.
“Cosa c’è?” chiesi, preoccupata. Lui sospirò.
Non l’avevo mai visto tanto distrutto, neanche quando mi aveva fatto capire la verità. Sembrava che fosse diviso in due ed entrambe le sue parti gli facevano male.
“Dobbiamo parlare” ripeté, con voce stanca. Era come se il pronunciare quelle parole lo spossasse fisicamente. Lo guardai in viso, preoccupata, e mi sporsi un po’ verso di lui. Raggelai.
Il suo viso era bianco, pallido come quello di un cadavere. Profonde occhiaie violacee risaltavano sul colorito spettrale della sua pelle, gli occhi verdi erano lucidi e stanchi, le labbra di un rosa scolorito. Qualunque cosa gli fosse successa, non stava bene.
“Dorian, che cosa hai?” Gli accarezzai il volto. La pelle era calda, a differenza di quello che mi aspettavo. Lui sobbalzò sotto il mio tocco e scostò la mia mano.
Mi chiesi se per lui fosse arrivato il momento di dire cosa provava nei miei confronti, ma immediatamente dopo scacciai quel pensiero.
No, Dorian non lo avrebbe fatto. Dorian non era così, lui non mi avrebbe costretta a scegliere tra amore e amicizia, tra lui e James.
Dorian voleva restarmi accanto.
“Non si tratta di me, Dominique” un sussurro quasi impercettibile, lui guardò me e James, che teneva la sua mano poggiata sulla mia spalla, come a chiarire che io ero sua.
“Si tratta di noi?” mormorai, con la voce spezzata. Lui annuì debolmente e mi strinse la mano.
“Ho scoperto” disse, semplicemente. Aveva scoperto... cosa? Chi ci aveva visti? E ora, ora cosa sarebbe accaduto?
Strinse ancora di più la mia mano e mi trascinò verso un’aula vuota. Guardai James e lui passò il suo braccio attorno alle mie spalle. Mi sentivo goffa a camminare così, una mano imprigionata tra quelle di Dorian e le spalle strette nel possessivo abbraccio di James, ma non dissi nulla. Volevano proteggermi. Dopotutto, ero io quella fragile, pronta a spezzarmi al minimo soffio di vento.
Nell’aula c’erano quattro persone. Quattro persone che non mi aspettavo minimamente. Seduta sulla scrivania c’era Rose, con il volto coperto dai boccoli castani, arruffati e in disordine. Quel poco di viso che riuscivo a vedere sbirciando tra i suoi capelli era contratto in una smorfia, come quando si cerca di non scoppiare a piangere. Scorpius Malfoy le stringeva la mano con aria seria e mi guardava di sfuggita, senza quel solito sorriso sarcastico che avevo visto mille volte sul suo volto quando si rivolgeva a me. Accanto a loro c’era Albus, terribilmente simile a James. Non riuscii a guardarlo in viso, perché fissava tutto tranne che noi.
E, infine, nell’angolo della stanza, il più lontano possibile da Rose, Scorpius e Al, c’era Hugo Weasley. Non aveva un’espressione addolorata come quella di Rosie, né terribilmente seria come quella di Scorpius. Aveva le braccia conserte, il viso accigliato, contratto in una smorfia di disapprovazione, i capelli rossi arruffati come al solito. Avrei potuto giurare che sulle sue labbra aleggiava un piccolo sorriso di soddisfazione.
“Cosa... cosa succede?” chiesi, voltandomi verso Dorian con aria stupita. Non capivo cosa ci facessero lì i miei cugini. O almeno, non capivo cosa ci facessero Rosie e Hugo. Negli ultimi giorni avevo provato una sorta di sospetto nei confronti di Al, ma non avevo mai pensato che davvero fosse stato lui. Mi sembrava impossibile. Nella mia mente, l’immagine di colui che aveva visto tutto non combaciava con quella di Albus, così dolce e comprensivo.
“Io non volevo!” trillò Rose, scoppiando a piangere. Scorpius le cinse le spalle con un braccio e la strinse a sé con espressione triste. “Non volevo, io non ...Hugo è piccolo, ha solo tredici anni, come poteva reagire? Non capisce, non può capire!” cercava di difendere Hugo da qualunque cosa avesse fatto. Mi voltai a guardarlo, ci squadrava con aria ostile.
Qualunque cosa avesse fatto, m ritrovai a pensare che non avesse bisogno di essere difeso.
“Non è colpa tua, Rosie” sussurrò Al, con voce accorata, stringendole la mano. Ancora non ci guardava.
“Neanche mia, se loro due hanno deciso di fare gli imbecilli” borbottò Hugo, guardando male me e James. Lui sobbalzò leggermente e la reazione fu istantanea. Mollò la presa attorno alle mie spalle e fece per scagliarsi contro mio cugino, ma non fece in tempo, perché Dorian lo trattenne.
Hugo rideva, divertito. Io rimasi a guardarlo, stordita. Cosa mi era sfuggito? Perché James si era scagliato contro di lui?
“Tu...hai visto tutto?” chiesi, con voce tremante. Hugo mi fissò male, mi squadrò dall’alto in basso, e poi guardò dall’altro lato, come se la mia vista l’avesse disgustato.
“Sì” disse solo. E in quella sillaba c’era tutto l’odio del mondo. Tornò a fissarmi.
Rimasi congelata al mio posto, sotto lo sguardo di puro odio di Hugo, mentre Rosie continuava a singhiozzare, disperata.
“Io non volevo” continuava a ripetere lei, mentre Scorpius la stringeva a sé e le accarezzava la schiena per calmarla.
Un brivido freddo mi percorse la schiena, come se lì dove erano posate le mani di James, alla base del collo, ci fossero stati due blocchi di ghiaccio.
“Rose... cosa hai fatto?” chiesi, senza fiato. I pezzi combaciavano. Hugo aveva visto tutto. Lo aveva detto a Rose. Rose aveva... mi aveva tradita? E James aveva capito tutto, dall’inizio. Per questo si era scagliato contro Hugo. Perché aveva capito.
“L’ho detto a mamma” sussurrò lei, con voce roca. Il mio mondo crollò in miliardi di schegge di vetro. Lo aveva detto a...a zia Hermione. E zia Hermione lo avrebbe detto a mia madre. E... sarebbe stata la fine.
Non mi ero neanche accorta di essermi accasciata a terra, fino a quando le mani di Dorian non mi risollevarono. Mi prese in braccio e mi fece sedere su un banco vuoto, mentre sentivo un calore dolce avvolgermi la mano.
“Dominique...” James era vicino a me, mi stringeva la mano e sussurrava il mio nome. Non riusciva a calmarsi, neanche io.
Era tutto finito, allora? Non c’era niente che potessimo fare? Avevamo avuto la nostra dose di felicità, ora già ci toccava scontare una pena per aver infranto tutte le regole?
“Dominique, ti prego, non odiarmi!” esclamò Rose, liberandosi della stretta di Scorpius e di Al e venendomi incontro. Mi prese le mani, lasciando che io abbandonassi la presa di James, e me le strinse forte, quasi a volermi trasmettere le sue emozioni. “Io non volevo, Dominique! Hugo è venuto da me, dicendo che vi aveva visti, che vi stavate baciando! Io cosa potevo fare? Vi ho visti, in questi giorni, e ho visto che vi baciavate! Io non sapevo cosa fare, Dominique! Ero spaventata, anche Hugo lo era! Ho scritto a mia madre per chiederle un consiglio, non credevo che sarebbe andata così... ” Riprese a singhiozzare, con più violenza. Al e Scorpius fecero per avvicinarsi, ma Dorian li fermò.
“Così come?” domandai. La mia voce era insolitamente ferma, quasi a voler contrastare il dolore che avevo dentro.
“Così... che mamma si preoccupasse tanto! Non...non sapevo, Dominique”
Alzai lo sguardo dalle mie mani e fissai Rose. Il mio sguardo doveva essere di ghiaccio, perché lei arretrò e lasciò la presa. I suoi occhi si appannarono nuovamente, ma io mi voltai.
Strinsi la mano di James e scesi dal banco.
“Andiamo” sussurrai. James annuì e passò il suo braccio attorno alle mie spalle, come a sostenermi. Ne avevo bisogno.
Molto bisogno.
“Ma non vi vergognate?” tuonò Hugo, prima che potessimo uscire dall’aula. “Stesso sangue! Siete cugini! Non vi odiate neanche un po’ per questo?”
Sentii le lacrime che avevo trattenuto pungermi gli occhi.
A capo chino, io e James uscimmo dall’aula, mentre le parole di Hugo rimbombavano nel mio cuore.

~

Dominique,

cosa diavolo credevi di fare?
Non pensavo saresti arrivata a tanto, pur di sfidare la tua famiglia.
Tuo cugino, phua!

Quando tornerai, questa estate, non ti aspettare un clima allegro.
Qui nessuno sarà felice di rivederti.

Victoire

~

 

Dominique,
non dare ascolto a tua sorella: è piuttosto arrabbiata. Crede che tu lo stia facendo solo per sfidare la tua famiglia, per dimostrare la tua diversità. Ho provato a spiegarle che tu non sei così, che, anche se non sei particolarmente entusiasta della tua famiglia, non faresti mai niente contro di noi, ma lei è troppo infuriata per darmi retta. Non leggere quella lettera che ti ha spedito, e se già l’hai letta, non ti preoccupare: la calmerò io, prima o poi. Prima del tuo ritorno sarà tutto come prima.
Dominique, io mi fido di te. Ti sono sempre stato accanto, qualunque cosa fosse successa e ti ho aiutato spesso. Mi sono sempre schierato con te, che tu avessi ragione o torto. Ma questa volta non posso farlo, mi dispiace. So che non lo fai per sfidare la tua famiglia, Dominique. Ti conosco e mi fido di te. So che deve essere qualcosa più grande di te, che non riesci a controllare.
Ti conosco, Dominique, per cui so come reagiresti se ti dicessi che stai facendo un errore. Non te lo dirò, perché mi fido di te, ancora una volta. So che l’avrai già capito da te e che non c‘è bisogno che te lo dica io. Voglio dirti che tutto questo ti distruggerà, se non l’ha già fatto. Ti sposserà, stancherà, devasterà... scegli il vocabolo che ti piace di più, non cambierà quello che accadrà. Come credi di poter andare avanti, in questo modo, Dominique?
Ti prego, riflettici.

Ted

P.S.: Buona fortuna per i M.A.G.O.

~

Dominique,
appena tornerai a casa, dovremo parlare.
E’ molto grave quello che hai fatto.

I tuoi genitori

~

Dominique,
andrà tutto bene.
Fai un respiro, fanne un altro e tieni duro. Passerà tutto.
Mi dispiace.

Zia Hermione

~

James aveva ricevuto lettere uguali, se non peggiori.
Gli avevano scritto i suoi genitori, imprimendo in una pergamena tutta la loro indignazione e tutto il loro orrore; Ted Lupin, che gli aveva detto le stesse cose che aveva detto a me e zia Hermione, come aveva fatto con me, chiedendo il suo perdono e dicendogli di tener duro.
James le accartocciò e le gettò nel camino della stanza delle Necessità, mentre io lo guardavo con le lacrime agli occhi dal letto. Io non fui capace di bruciarle. Le conservai gelosamente nel libro di Trasfigurazione, come prova della mia stupidità e della mia ingenuità. Avevo davvero creduto che per noi ci sarebbe stato un futuro? Illusa, ecco cos’ero. Un’illusa.
“Tutto bene?”
Non mi ero neanche accorta che James si fosse riseduto su letto, accanto a me.
“Sì” mormorai, ma non ero per nulla convincente. Senza dire altro, mi strinse a sé e mi cullò fra le sue braccia. Poggiai la testa sul suo petto e chiusi gli occhi, mentre lui respirava il profumo dei miei capelli.
Non sapevo quando sarebbe successo, ma sapevo che tutto sarebbe finito a breve.

Angolo Autrice

La mia Musa Ispiratrice è sotto stress per il troppo lavoro che le sto facendo avere, visto che passo allegramente da Only Hope a Romeo and Juliet, scrivo senza sosta e mi fermo solo per mangiare. Ho pensato che era meglio approfittare di queste vacanze per farlo, visto che ora ricomincia la scuola e solo la prima settimana ho quattro compiti in classe. E ho l’esame ECDL.
* si mette le mani nei capelli, disperata *
Vi supplico, non odiate Rosie e Hugo, anche loro hanno le loro buone ragioni! E’ stato difficile immedesimarsi non in Dominique o Dorian o James, ma in qualcuno estraneo alla vicenda. E’ stato difficile immaginare come avrebbero potuto reagire gli altri.
Avrei potuto chiedere consigli a qualcuno, se non mi avessero tutti guardata storto.
Davvero, non odiate Rose e Hugo. Verranno fuori i loro buoni motivi, prima o poi.

Per finire, un gigantesco GRAZIE a tutte le mie adorabili lettrici.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 – Incubi e realtà, Maggio 2022 ***


Capitolo 12 – Incubi e realtà, Maggio 2022

Era un sogno. Doveva esserlo.
In quale mondo, altrimenti, ci sarebbe stata una dolce melodia a svegliarmi? Di certo non nel mio.
Solitamente, a svegliarmi, era Maddie Goldstein con le sue urla isteriche dovute all’incredibile ritardo, o, peggio, le note ben poco dolci della stridula voce di Lucy Ackerley che tentava di imitare Celestina Werbeck. In qualunque caso, non ci sarebbero state dolci note di un pianoforte.
Era un sogno, ne ero convinta, ma sapevo di star sognando e tutto questo mi confondeva non poco.
Camminavo leggiadra nei corridoi di Hogwarts. O, almeno, di quella che credevo Hogwarts.
Concentrai la mia attenzione sui miei piedi. Erano fasciati in scarpe terribilmente alte, da cerimonia, così come il mio corpo minuto era avvolto in uno strato di tulle color pesca. Lo conoscevo, quell’abito. Era l’abito che avevo indossato alla promessa di matrimonio di Ted e Victoire.
Camminavo, incerta, ma i miei piedi sembravano guidarmi. A stento toccavano il pavimento, volteggiavano a mezz’aria, leggiadri.
Raggiunsi in fretta la Sala Grande. Non c’erano i tavoli delle quattro Case, ma un grandissimo spazio vuoto riempito da mille persone in abito da sera, terribilmente eleganti e belli.
Al centro della Sala c’era un pianoforte nero e lucido, come quello che avevo suonato nella Stanza delle Necessità insieme a James. Un ragazzo biondo e pallido era chino sui tasti, ma non lo vidi in volto. Suonava una melodia stupenda, triste e dolce al tempo stesso.
Era quella di James.
Iniziai a chiedermi dove fosse lui. Mi guardai intorno, ma non ebbi il tempo di scorgere nulla, perché più di dieci persone mi accerchiarono e mi impedirono la visuale. La mia famiglia, tutti con volti arrabbiati, delusi, amareggiati.
Arretrai, ma loro continuavano ad avanzare.
“Come hai potuto?” ringhiò Victoire, sputandomi addosso il suo rancore. Tirò un lembo del mio vestito color pesca e lo strappò tra le sue mani, innaturalmente forti. Vidi la stoffa svanire in mille brandelli colorati e inizia a piangere, senza neanche sapere perché.
“Con tuo cugino, non ti vergogni?” chiese Hugo, guardandomi male e prendendomi per le spalle. Mi scosse fin troppo forte e quando le sue mani mi lasciarono andare, io caddi per terra, stordita. Le persone che assistevano a questo spettacolo, studenti e mille altri che avevo incontrato per caso, distoglievano in fretta lo sguardo, quasi potessero stare male.
“Dominique, mi hai profondamente deluso” fece zio Harry, guardandomi con gli occhi verdi terribilmente vuoti.
“Non credevo saresti stata capace di questo!” continuò mia sorella, mentre Ted, al suo fianco, annuiva.
“Mi dispiace, mi dispiace” trillava Rose, con le mani sul viso per nascondere le lacrime, singhiozzando. Evitai di guardarla, mentre le lacrime continuavano a cadere lungo le mie guance.
In lacrime, con le braccia strette al petto per proteggermi, mi voltai verso il pianoforte, in cerca di speranze.
Il ragazzo biondo era ancora chino sui tasti, ma la melodia era cambiata.
Era diversa, più tetra. Era simile a quella di James, ma meno dolce e malinconica, più tetra, cupa, mortale. Come un carillon tintinnante, la melodia mi inquietava alla stessa maniera.
“Sei la nostra vergogna, Dominique!” La mia famiglia innalzò, innaturalmente, e poi iniziò a vorticare velocissimo, e poi ancora più veloce, come se fossero tutti la stessa persona.
Guardavo il pianista, in cerca di aiuto. Singhiozzai, lo invocai e quello alzò lo sguardo.
Mentre lo faceva, il suo aspetto cambiò.
Raggelai e gridai, tra le lacrime.
A fissarmi, pallido, etereo, tetro, con gli occhi castani mortalmente vuoti come se fosse stato a lungo torturato, c’era James.

~

Mi svegliai di colpo, stringendo a me il leggero lenzuolo.
Avevo il terrore di aprire gli occhi, quasi credessi che il sogno potesse essere reale. E se lo fosse stato? Cosa sarebbe successo?
Trattenni il respiro, per non scoppiare a piangere al ricordo di quell’incubo, e aprii gli occhi. Niente Sala Grande, niente abito da sera, ma un leggero tintinnio a cui prima non avevo fatto caso.
Tetro, cupo, mortale nonostante il sole che splendeva aldilà delle finestre.
La melodia.
Mi tirai a sedere di scatto, raggelata, mentre il sole illuminava il mio viso.
“Buongiorno”
Sobbalzai e mi voltai verso la voce, lentamente, incapace di distinguere il sogno dalla realtà.
Raggelai nuovamente e gridai.
Seduto ad un pianoforte nero e lucido, con le mani poggiate sui tasti e innaturalmente pallido, c’era James.
Non aveva lo stesso sguardo vuoto del sogno, ma questo non bastò a farmi sentire meglio. Ero fossilizzata dalla paura.
Lui sobbalzò, il suo sorrisetto svanì immediatamente e mi venne incontro, sedendosi accanto a me sul letto.
“Piangi?”
Mi accarezzò i capelli con tenerezza, mentre io mi asciugavo le lacrime che erano scivolate dai miei occhi. Lo guardai, con il respiro tremante, e lui mi sorrise, dolcemente.
“Cosa c’è?” mi chiese, con dolcezza. Io scoppiai a piangere, posando la testa sul suo petto e aggrappandomi a lui in cerca di sostegno.
Gli raccontai, fra i singhiozzi, del sogno, mentre lui mi accarezzava dolcemente i capelli e mi stringeva a sé, esitante.
“E’ solo un sogno” sussurrò, infine, scostandomi un po’ da sé. “Solo un orribile, bruttissimo sogno. Va tutto bene, qui ci sono io”
Sorrisi e mi asciugai con il polso le lacrime che stavano ancora cadendo dai miei occhi, ma lui si sporse un po’ e le asciugò con le dita sottili.
“Lo so” mormorai, dopo un po’, appoggiando la mia testa sulla sua spalla e chiudendo nuovamente gli occhi.
Sentivo anche da lì il suo cuore battere all’impazzata.
“Che stavi suonando?” gli domandai, dopo un po’, ammiccando al pianoforte nero che troneggiava nell’altra parte della stanza, cercando di non scoppiare nuovamente a piangere.
“Qualcosa...” arrossì di botto ed io risi, divertita. Non lo vedevo arrossire da secoli e quel piccolo gesto portò con sé milioni di ricordi, alcuni vecchissimi – quasi in bianco e nero – altri più recenti. Sentii travolgermi dall’ondata di ricordi che arrivò, improvvisa.
“Che cosa?” chiesi, distogliendo i miei pensieri dai ricordi.
Lui si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.
“Una canzone” sussurrò. Io lo fissai in attesa. “Per te”
Rimasi a guardarlo, incantata, poi gli gettai le braccia al collo e mi buttai su di lui con tanto entusiasmo che lui cadde sul letto, senza fiato.
“Dominique!” esclamò, stupito. Ridacchiai un po’, poi mi chinai su di lui e lo baciai, dolcemente. Non lo facevo da troppo tempo, da troppo tempo le sue braccia non mi cingevano la vita e mi stringevano al suo corpo.
“Scusa” sussurrai, dopo, scostandomi da lui. Lui ridacchiò debolmente e mi accarezzò i capelli che gli solleticavano il volto.
“E di che?” disse, invertendo le posizioni e tornando a baciarmi come prima.
Era come se le lettere del giorno prima, la verità venuta a galla e il mio sogno non fossero esistiti, come quando eravamo solo James e Dominique e ci baciavamo di nascosto, nelle aule vuote, per non farci scoprire.
Poi, improvvisamente, mi ricordai della scuola, delle lezioni e, soprattutto, quella di Pozioni che mi attendeva.
“James! Siamo in ritardo!” esclamai, scostandolo da me con rapidità e sistemandomi la divisa. Lui mi guardò un po’, in attesa, poi sbuffò e si alzò, porgendomi la mano.
“Andiamo”

~

“Tutto bene?”
Mi sedetti al mio posto con aria tetra, mentre James entrava subito dopo di me e si sedeva qualche banco indietro.
Dorian, accanto a me, mi guardò, preoccupato.
“No” dissi, secca. La verità tornò a travolgermi, dolorosa. L’onda di dolore che scatenò si abbatté su di me con violenza, tanto da non farmi vedere più nulla. E non avevo idea di dove quest’onda sarebbe finita, anzi, arrivai a credere che non ne sarei mai uscita.
“Mi dispiace” Lui sospirò e mi strinse la mano, mentre il professore parlava di ingredienti e di pozioni. Guardai la lavagna, ma non capii una sola parola.
“E’ inutile. Tu non c’entri” non volevo essere cattiva con lui, con Dorian. Aveva fatto per me più di quanto io avrei potuto fare per lui in dieci anni, eppure lo stavo trattando malissimo.
Lui non fu comprensivo, questa volta.
Forse ne aveva abbastanza di me, dei miei sbalzi d’umore, dei miei capricci.
Quando mi ritrovai a pensarlo, mi sentii soffocare.
Cosa avrei fatto senza Dorian a sorreggermi? Ero egoista, terribilmente egoista.
Non volevo lasciarlo andare, volevo che fosse ancora mio amico nonostante tutto il dolore che gli stavo infliggendo.
Lui sobbalzò, come se gli avessi dato una gomitata nelle costole, e si voltò, amareggiato. Lo avevo ferito, ancora. Non potevo credere di essere così cattiva.
Probabilmente aveva sentito il mio singhiozzo soffocato, ma non si voltò a guardarmi, non allungò la sua mano verso di me, non mi fece alcun sorriso rassicurante.
Era, per l’ennesima volta, colpa mia. Colpa mia se facevo del male a me, a Dorian e a James. Colpa mia se lui ora non si sarebbe voltato verso di me, colpa mia se James mi guardava preoccupato, dietro la fila di ragazzi.
Sospirai, con il respiro tremante, e poggiai la mia mano su quella di Dorian, ma lui la allontanò bruscamente.
Sapevo che questa volta non mi avrebbe perdonata.
Mentre mi concentravo sulla mia pozione, mi chiesi perché avessi il potere di fare tanto male a chi amavo.

~

“Dormi”
Guardai James ancora una volta, mentre lui mi stringeva al suo petto. Da secoli non dormivamo nelle nostre stanze e ci rifugiavamo lì, nella Stanza delle Necessità. Volevo rimanere con lui, non volevo lasciarlo andare. Avevo il terrore che tutto svanisse, se lo avessi lasciato andare.
“Non ho sonno” replicai, stringendomi ancora a lui. Sentii il suo sospiro esasperato, mentre mi accarezzava i capelli.
“Hai sonno, ma non vuoi addormentarti” mi corresse, facendo un piccolo sorriso. Sorrisi a mia volta, ma mi uscì solo una smorfia. “Hai paura che me ne vada?”
“Sì” sussurrai immediatamente, senza neanche rendermene conto. Arrossii quando me ne accorsi. Lui mi sorrise intenerito e mi accarezzò il viso.
“Non vado da nessuna parte senza di te” mormorò. Il suo tono era triste, malinconico. Non avrei saputo decifrarlo. “Non posso stare senza di te, Dominique” precisò.
“Non mi piace sentire queste sdolcinatezze dalla tua bocca, James” dissi, con quello che voleva essere un sorrisetto sarcastico. “E’ come vedere Scorpius Malfoy che va in giro con la cravatta dei Grifondoro”.
Lui sorrise, divertito, e mi scombinò i capelli, tenero.
“Non dirò sdolcinatezze, ma promettimi che ti fiderai di me” sussurrò, tornando nuovamente serio. Mi accarezzò il volto distrattamente, i suoi occhi fissi nei miei. Sembrava che volesse leggere nella mia mente, andare oltre quegli occhi di ghiaccio che facevano da maschera al mio volto e scoprire la vera me stessa.
“Certo che mi fido di te” sussurra mentre un sorriso tornava a far capolino sul suo viso. Ma i suoi occhi non ridevano, quei pozzi castani non brillavano come sempre, erano scuri, opachi, seri. Troppo, forse.
“Posso dire un’ultima sdolcinatezza?”
“Quale?” Inarcai un sopracciglio, lui rise, divertito.
“Ti amo”
Restai per un attimo sorpresa. Sentirlo così chiaramente mi fece venire i brividi e mi spaventò, senza alcuna ragione precisa.
Ero incapace di parlare, le mie labbra rifiutavano di sillabare quelle due parole.
Lo strinsi a me il più forte possibile, affondando la testa nel suo petto, e lui capì lo stesso.

~

Un raggio di sole fastidioso illuminò la stanza e mi svegliò. Socchiusi gli occhi e mi guardai intorno, maledicendo la primavera in tutte le lingue possibili. Mi tirai a sedere e mi guadai intorno, certa che mancasse qualcosa.
Poi mi venne in mente.
Allungai il braccio verso la parte destra del letto, ma c’era solo il vuoto. James non c’era, se ne era andato.
Senza di me.
Le parole della sera precedente rimbombavano nella mia mente.
“Non vado da nessuna parte senza di te”
Possibile che mi avesse mentito?
No, forse era solo sceso per colazione e non aveva voluto svegliarmi. Sì, doveva essere per forza così.
E poi, la mia mano, tastando il letto sotto di me, trovò qualcosa di ruvido, che non somigliava né alle lenzuola, né al materasso.
Un foglio di pergamena.
Lo presi immediatamente e me lo portai davanti agli occhi.
Dominique.
C’era scritto il mio nome, tracciato dalla disordinata scrittura di James.
Aprii la busta in fretta, con le mani tremanti.
E poi i miei occhi si riempirono di lacrime.

Dominique,
darei tutti i Galeoni del mondo per non essere qui a scrivere questa lettera, ma, lo sai anche tu, le cose non vanno mai come vorresti che andassero. La vita non è una favola, non lo sarà mai e non esiste il “vissero per sempre felici e contenti”. Lo sai meglio di me, vero, Dominique?
No, la vita non è una favola. La vita fa male, fa male e tu non puoi fermare il suo dolore, perché il dolore non se ne andrà mai.
Mi dispiace doverti infliggerti altro dolore, ancora una volta. Come se non f0sse abbastanza tutto quello che ti ho fatto passare.
E’ colpa mia, Dominique. Colpa mia se tu stai male, se Dorian mi odia e se io sto scrivendo questa lettera. Colpa mia se tu la stai leggendo.
Se la stai leggendo, vuol dire che sono un vigliacco. Mi hanno sempre detto che ero coraggioso, un vero e proprio Grifondoro, il degno figlio di mio padre, sprezzante del pericolo. Per un po’, ci ho anche creduto, ma poi mi sono reso conto della verità.
Non sono mai stato coraggioso. Quando mi sono allontanato da te, trattandoti da schifo, non sono stato coraggioso. Sono stato vigliacco, perché non ho avuto il coraggio di dirti la verità. Quando ho bruciato le lettere della nostra famiglia sono stato vigliacco, perché non ho avuto il coraggio di affrontare la realtà.
E anche ora sono vigliacco, perché scrivo invece di parlare, perché lascio che tu legga, invece di ascoltarmi. Forse perché so che non avrei la forza di fare questo discorso a voce, Dominique.
Io non posso andare avanti così, Dominique. Non
possiamo. Non avremmo mai dovuto infrangere le regole.
Ti amo, ti amo tantissimo, ma non posso continuare. Il fardello della verità che troppo spesso negavamo pesa sulle nostre spalle. Forse tu riesci ad andare avanti e ad ignorarla, ma io no. Questa verità pesa troppo.
Noi siamo cugini, dannazione. Cugini.
Abbiamo lo stesso sangue nelle vene. Potevi avere i miei stessi occhi, potevi essere uguale a me. Perché dannazione ti amo? Come è possibile una cosa del genere?
Ti amo, ma sei mia cugina.
La verità fa male di più quando si è perso tanto tempo a cercare di negarla. E’ doloroso rendersene conto.
Cugini.
Questa parola veniva accuratamente nascosta nel fondo dei nostri occhi ed io riuscivo ad ignorarla, prima. Ma ora che
loro sanno tutto, non riesco a guardarti negli occhi, perché vedo la parola tanto nascosta affiorare nella superficie dei tuoi occhi di ghiaccio.
Non possiamo andare avanti.
Sono codardo, sì. Non ho il coraggio di sacrificarmi per i miei sentimenti, ma Ted ha ragione.
E se un giorno, una volta allontanatici dalla nostra famiglia, ci stancassimo l’una dell’altra. Con quale faccia di bronzo ci presenteremmo a casa?
Non mi guardare così, Dominique. Finirà che questo amore proibito ci stancherà, ci stuferà, non ci guarderemo più negli occhi perché ci odieremo... e allora che succederà?
Anche se loro ci faranno ritornare in casa, nulla tornerà come prima.
Ti amo, Dominique, ma per il tuo bene devi cancellare tutto quello che ha a che fare con me.
Dimenticami, cancellami, tienimi fuori da te. Non ricordarmi più, non ci vorrà poi molto a perdere i miei ricordi.
Ti amo, ma cancellami.

James.

Rilessi la lettera cinque volte, per essere sicura di aver capito tutto.
James mi aveva lasciata.
Per il mio bene, certo! Mi ritrovai a dare pugni al cuscino, tra le lacrime.
Come credeva che avrei cancellato tutto? Credeva che davvero io sarei riuscita a dimenticare tutto, a perdere i ricordi che avevano a che fare con lui, ad andare avanti senza ricordare?
Illuso.
Io lo amavo, ecco. Non potevo cancellare tutto, era impossibile.
Diedi un altro pugno al cuscino, singhiozzando disperatamente.
Era impossibile che riuscissi ad andare avanti senza di lui, lo amavo. Avevamo detto che avremo affrontato tutto questo insieme, perché solo insieme avremmo potuto riuscire a vincere, e ora..ora lui decideva che no, insieme non potevamo andare avanti. Ora lui capiva che eravamo cugini. Quella parola era crollata su di noi. Io avevo avuto la forza di sollevarla, lui era rimasto sotto le macerie.
E aveva rinunciato a combattere. Aveva rinunciato a me.
Codardo.
Aveva ragione a definirsi così. Codardo perché non aveva avuto il coraggio di combattere, perché non aveva avuto il coraggio di amarmi.
Codardo.
Sferrai un pugno più forte sul cuscino e quello esplose in miliardi di piume che crollarono su di me. Come i resti della mia vita.
Singhiozzai, con il cuore spezzato.
Codardo.
Ma lo ero anche io.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 – Ritorno a casa, Giugno 2022 ***


Only Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?

Capitolo 13 – Ritorno a casa, Giugno 2022

Il treno iniziò a rallentare e, sbirciando dal finestrino, riuscii a scorgere la stazione di King’s Cross.
Sospirai, rassegnata, stringendomi nelle spalle. Il tanto atteso momento era arrivato. Il momento della verità.
Era trascorso più di un mese da quando James aveva deciso che era finita e tutto sembrava essere tornato alla fastidiosa normalità. Avevo perdonato Rose, ne avevo abbastanza delle lacrime che versava, implorando il mio perdono. La odiavo ancora, sì, ma non potevo permettermi di rimanere da sola. Non potevo tornare a vivere in solitudine, avevo bisogno di qualcuno che mi sorreggesse. Rosie era lì, in attesa del mio perdono, ed io avevo bisogno di lei.
Il nostro rapporto era tornato quello di prima, come se non fosse successo nulla. Con Hugo non avevo ancora parlato, ma ero disposta a perdonare anche lui, nonostante lui non ne sentisse la necessità.
Tra me e James era finita. Non ci eravamo più parlati. I primi giorni erano stati duri, per me. Singhiozzavo ogni volta e mi rannicchiavo su me stessa per cercare di sfuggire al dolore, ma quello tornava sempre a colpirmi. E poi anche quello se ne era andato. Mi aveva abbandonata, come James, come Dorian, ed io ero tornata lentamente alla normalità.
Facevo finta di nulla, fingevo che nulla mi toccasse, quando, invece, tutto mi faceva fin troppo male. Ignoravo il dolore, cercavo di andare avanti.
Elaboravo la perdita, ecco.
Dorian...con Dorian avevo provato a parlare, ma lui non mi aveva mai dato ascolto. Si limitava a ignorarmi. Non gli importava più nulla se io stavo male, se James mi aveva lasciato. Voleva salvare sé stesso. Lo capivo.
Aveva fatto bene a lasciarmi andare, a fuggire lontano da me. Voleva dimenticarmi. Forse lui sapeva come si faceva.
Sospirai e tornai a guardare fuori dal finestrino.
“Ci sono io” sussurrò Rose, intercettando i miei pensieri. “Ti aiuterò io”
Annuii, mentre ricambiavo il sorriso esitante che mi rivolgeva. Mi strinse la mano e non la lasciò andare. Per un attimo, l’odio che provavo ancora nei suoi confronti, svanì completamente. Poi tornò, come se nulla fosse.
“Grazie” mormorai, lottando contro me stessa per pronunciare quella debole parola. Grazie.
Sembrava surreale dirlo a colei che aveva rovinato la mia vita, eppure dovevo ringraziarla. Perché era lì, a tenermi la mano. E a giurarmi che avrebbe lottato anche per me.
Scorpius e Albus assistevano immobili al nostro scambio di battute. Malfoy guardava fuori dal finestrino con aria assente, mentre Al faceva di tutto per non fissare il suo sguardo su di me.
“Mi mancherai, lo sai?” disse Scorpius, tutto d’un tratto, voltandosi verso di me.
“Cosa?” chiesi, inarcando un sopracciglio e fissandolo scettica. Lui sorrise, un sorriso sincero. Poche volte lo avevo visto così, di solito si limitava a sorrisetti sarcastici o sguardi scettici. Questo era un vero sorriso.
“Be’...mi mancheranno le tue battute, i tuoi commenti sarcastici. Eri simpatica” sussurrò,imbarazzato, tornando a guardare fuori dal finestrino. Rosie sorrise intenerita al suo ragazzo, mentre Al tossiva, divertito.
Ricambiai il sorriso.
“E tu sei stato bravo a ribattere ai miei commenti. Mi mancherai anche tu, Scorpius” mormorai, subito dopo, mentre il treno entrava nella stazione.
Era lì, tutto finito.
I miei sette anni ad Hogwarts erano finiti, per sempre. Non sarei più tornata su quel treno, non avrei più trascorso le serate in Sala Comune, non avrei più mangiato al tavolo dei Corvonero assieme a Rose e Scorpius.
E quando il treno finì la sua corsa, fermandosi, capii che anche la mia adolescenza era finita.
“Andiamo?” Rose mi strattonò il braccio, indicandomi l’uscita dello scompartimento.
“Aspetta”
Posai il mio baule per terra e mi voltai verso Scorpius, mentre lui si voltava verso di me. Mi abbracciò, come un fratello minore avrebbe abbracciato la sorella maggiore con cui aveva sempre litigato.
“Stammi bene, Malfoy” sussurrai, sorridendogli e spettinandogli i capelli. Lui annuì, con gli occhi un po’ lucidi e mi lasciò andare.
“Dai, non facciamo i sentimentali. Lo inviteremo alla Tana!” esclamò Al, ridendo divertito.
“Al, non voglio che mio padre tenti di strangolare il mio ragazzo” trillò Rosie, con le mani sui fianchi come una vera Weasley. Sorrisi, divertita, poi mi avviai da sola fuori, mentre loro si scambiavano ancora battute. Per loro non era ancora finito nulla.
Ora dovevo andare da sola, lo avevo capito. Dovevo affrontare da sola quel momento.
“Dai, Scarlett, muoviti!” sentii la voce di Dorian e sobbalzai. Lo vidi aspettare pazientemente fuori dallo scompartimento, mentre incitava sua sorella a muoversi.
Il mio cuore fece un salto al’indietro e mi immobilizzai.
“Ti vuoi muovere?” fece qualcuno dietro di me, ma io mi limitai a scostarmi un po’ per farli passare.
Dorian.
Non l’avrei più rivisto. D’improvviso, questo pensiero mi fece più male di quanto potessi immaginare.
Dorian era il mio migliore amico, non potevo lasciarlo andare così, senza neanche chiedergli scusa.
Lui si voltò verso di me nello stesso istante. I capelli castano chiaro gli ricadevano disordinatamente sugli occhi verdi, il viso era increspato in un sorriso divertito, all’indirizzo della sorella, ma quando mi vide, quel sorriso sparì completamente dal suo volto.
“Dorian” lo chiamai, ma lui fece finta di non avermi sentito. Guardava sua sorella raccattare le cose e metterle alla rinfusa nel baule.
“Dorian, ti prego” Lo implorai, ma lui non si voltò neanche una volta. Quando sua sorella, Scarlett, uscì, ci fissò entrambi, poi prese per mano suo fratello e insieme si avviarono verso l’uscita.
“Mi dispiace. Sono stata una stupida e ti ho fatto del male. Scusa” dissi, tutto d’un fiato, prima che lui potesse andarsene. “Volevo dirti solo questo”
Lui si bloccò nel corridoio, mentre io presi il mio baule e lo superai in fretta, con le lacrime agli occhi. Probabilmente, neanche questo aveva voluto sentire.
Poco male, io avevo detto quello che volevo dire.
Poi, improvvisamente, sentii un piacevole calore circondarmi il polso e mi voltai, stupita.
“Non posso perdonarti, Dominique. Non ora” Il suo volto era stravolto in una smorfia sofferente. “Però sappi che mi mancherai”
Mollai il mio baule e lo abbracciai, come avevo fatto con Scorpius. Solo che questa volta, in quell’abbraccio, ci misi tutto quello che non riuscivo a dire a voce.
“Arriverà un giorno in cui saprò perdonarti, te lo prometto” disse. Annuii, mentre le lacrime tornarono a scendere lungo le guance.
“Ti aspetterò” sussurrai, prima di avviarmi definitivamente verso l’uscita.
Sorrisi, tristemente, tra le lacrime. Ero divisa a metà. La mia metà felice esultava, perché Dorian mi aveva parlato, aveva detto che un giorno mi avrebbe perdonata e io non potevo fare a meno di sperarci, ma l’altra metà di me, quella disillusa e cinica, si chiedeva se quel giorno sarebbe mai arrivato o era solo una scusa di Dorian per liberarsi di me.
E, alla fine, il mio lato cinico e disilluso prevalse quando vidi Victoire, Ted, mia madre e mio padre immobili, tutti con la stessa espressione amareggiata.
Tutto questo, e poi alla fine James aveva rinunciato. Aveva deciso che non ne valeva la pena, che il gioco non valeva la candela o come cavolo si diceva. E mi aveva mollata, a combattere da sola. Credeva forse di fare qualcosa di giusto?
“Mamma, papà, Victoire, Ted” Salutai, con un sorrisetto di scuse, poggiando il mio baule a terra. Tutti e quattro, contemporaneamente, aprirono la bocca per parlare, ma io li anticipai. “Non ce bisogno di fare storie. Mi ha mollata”
Mi ha mollata.
Quelle semplici parole avevano fatto malissimo.
Mi ha mollata.
Non lo avevo mai detto ad alta voce, mi ero limitata a far leggere la lettera a Rose, in lacrime, dopo essermi resa conto che da sola non ce l’avrei mai fatta.
Ma dirlo... faceva tutt’altro effetto. Ancora più doloroso, ovviamente.
Raccattai il baule e mi diressi verso Rose che scendeva dal treno. Lei mi venne incontro e mi strinse in un abbraccio goffo, dovuto sia alla sua goffaggine che ai bauli che ci trascinavamo.
“Andiamo. Mamma e papà sono lì” Mi indicò un punto lontano della banchina e iniziò a camminare.
“Hai già salutato Scorpius?” chiesi, facendo finta che andasse tutto bene. Lei sapeva che tutto questo era una farsa, eppure non si scompose minimamente.
“Sì. Non volevo che papà ci vedesse. Già invitarlo per Natale, lo scorso anno, solo perché gliel’aveva chiesto Albus, suo nipote, era stato troppo, per lui. Chissà come reagirebbe se vedesse che io e il rampollo Malfoy stiamo insieme” spiegò, sorridendo un po’. Me lo immaginai, Ronald Weasley che cercava di strangolare – con molto successo – Scorpius Malfoy. Sorrisi un po’ anche io.
“Ciao, zia Hermione” sussurrai, quando me la ritrovai davanti. Lei sorrise un po’ esitante, ma io la strinsi in un abbraccio. Era giornata, evidentemente.
Cercai di farle capire tutto quello che non ero capace di dire in quell’abbraccio e lei mi strinse a sé, esitante.
“Mi dispiace” mormorò, quando mi scostai da lei. Alzai le spalle e fissai il mio sguardo su zio Ron, che mi sorrideva esitante.
“Sono sempre Dominique, zio. Non mi è cresciuta un’escrescenza schifosa sul viso, non mi sono tagliata le vene. Sono sempre io”
Lui sospirò e mi scombinò i capelli, incerto.
“Lo so” sussurrò, prima di dirigersi verso l’uscita. Sospirai e mi chiesi se mai tutto sarebbe tornato come prima.
“Sei sicura che posso rimanere, zia? Non ...do fastidio?” domandai, mentre trascinavo il mio baule verso l’uscita.
“Certo che no, Dominique! Almeno fino a quando le acque non si saranno calmate...potrai restare da noi” rispose lei, con un sorriso intenerito sul volto.
Ringraziai, ma non riuscii a ricambiare il sorriso. Sentii i richiami di Ted, che mi chiedeva di tornare indietro, ma non mi voltai.
Dovevo andare avanti, dovevo dimenticare. Senza voltarmi indietro.
Promisi a me stessa che non mi sarei più voltata.

~

“Come sono andati i M.A.G.O?” chiese zia Hermione, porgendomi un pacco di biscotti. Eravamo solo noi due a colazione. Rose aveva già mangiato ed ora era di sopra ad anticiparsi i compiti delle vacanze, zio Ron e Hugo – con il quale ancora non avevo parlato- dormivano ancora e io mi ritrovavo lì, a parlare con lei.
Non che non volessi, solo che... mi dava fastidio sentirla dire che le dispiaceva, quando io non riuscivo a dimenticare.
“Credo bene. Ho la sensazione di aver sbagliato a tradurre alcune Rune, ma per il resto sono andati fin troppo bene” mormorai in risposta, afferrando i biscotti. Inizia a sgranocchiarne qualcuno, mentre zia sorrideva, divertita. “Anche a Rose sono andati bene, gli esami”.
“Lo so, me l’ha scritto. Aspettiamo ancora il risultato ufficiale, ma mia figlia è abbastanza autocritica con se stessa da dire che era sicura di aver fatto tutto bene”
“Detto da Rosie, che è convinta di sbagliare sempre, è un grande passo in avanti”.
“Già”
Restammo per un secondo in silenzio, senza sapere cosa dire.
Era strana, come situazione. Io e zia Hermione avevamo sempre parlato molto, pronte a scambiarci consigli e pareri su ogni cosa. Mi trovavo a mio agio con lei, ma non quel giorno.
Quel silenzio era imbarazzante.
“Dominique?”
Mi voltai verso di lei, inzuppando un biscotto nel latte.
“Si?” chiesi, inarcando un sopracciglio. Lei sospirò e guardò fuori dalla finestra.
“Hugo vorrebbe parlare con te, ma non ha il coraggio. Ti prego, se venisse, tu non...non trattarlo male. Dice che gli dispiace, che...”
“Non c’è bisogno di parlare per me, mamma” Sobbalzai e mi voltai di scatto, stupita. La figura di Hugo, alta e magrissima, faceva capolino dalla porta della cucina, con espressione colpevole.
Zia Hermione sospirò e guardò me, poi il figlio, prima di alzarsi da tavola e lasciarci soli.
Bene, ottimo.
Rimanere sola con colui che mi aveva reso gli ultimi mesi un inferno era proprio nelle mie priorità, secondo solo a buttarmi giù dalla Torre di Astronomia.
“Sei arrabbiata con me”
Non era una domanda, lo sentivo nel suo tono di voce. Incrociai le braccia e fissai ostinatamente il mio bicchiere di latte.
“Anche tu lo sei”
Lui sospirò, ma non lo guardai in faccia. Mi ero sbagliata, non ero disposta a perdonarlo. Forse perché lui mi aveva odiato.
“Sì” disse, sedendosi al posto lasciato vuoto dalla madre e fissandomi. Caparbia come al solito, non lo degnai della mia attenzione.
“Anche io”
Sospirò ancora e fissò a lungo il mio volto.
“Mi dispiace”
“A me di più”
Silenzio. Forse non sapeva cosa rispondere, o forse non aveva la forza di rispondere.
“E’ colpa mia”
“Già”
Ancora il silenzio. Forse non avrei dovuto rispondere a monosillabi, forse lo intimorivo con quelle risposte secche.
“Avevo paura”
Mi voltai verso di lui, a metà tra lo stupito e l’arrabbiato.
“Paura?” ringhiai. Lui non aveva un’espressione intimorita, ma mi si strinse il cuore a guardarlo. Non fissava più me, guardava il tavolo di legno chiaro.
La sua espressione era davvero afflitta. Forse stava anche per piangere, ma non potevo vedere i suoi occhi.
“Paura. Avevo paura che la mia famiglia andasse in frantumi. Con la storia di te e James... si sarebbero schierati in due parti, lo sapevo. Alcuni con voi e altri... altri contro di voi. E io non volevo, non volevo che accadesse. E non sapevo neanche cosa fare, l’ho detto a Rosie e lei mi ha pregato di stare in silenzio, di non dire nulla, ma non l’ho fatto. Rose ti ha mentito, Dominique. Non è stata lei a dire tutto a mia madre”
Lo fissai, sconcertata.
Non riuscivo a credere che Rose fosse capace di mentire a me, la cugina che considerava più vicina.
“Cosa?” biascicai, senza fiato.
“Già. Sono stato io a dire tutto a mamma, ma Rose non voleva che io finissi nei guai. Ha detto a tutti che è stata lei, che lo aveva fatto per chiedere consiglio. Mi voleva proteggere. E ora la odiano tutti per questo” concluse, tetro. Mi guardò nuovamente, con quell’espressione afflitta che mi faceva male.
“Tu? E per tutto questo tempo... Rose ha finto? Ha recitato?” domandai, disgustata.
Lui annuì.
Avrei voluto alzarmi e correre via da quella casa, da quella famiglia, inventarmi una nuova identità, cancellare la mia memoria e ricominciare da capo, ma forse fu l’espressione di Hugo a trattenermi.
“Ero disgustato dal fatto che tu e mio cugino stesse insieme...” Sentii una fitta allo stomaco quando i ricordi mi assalirono nuovamente, ma cercai di ignorarli. “Ho reagito in modo eccessivo. Ero disgustato. E spaventato. Non volevo che la mia famiglia si dividesse”
“Ed eri disposto a sacrificare me e James?” chiesi, incollerita.
“Sì. Egoista, vero?”
“Già”
Calò, ancora una volta, il silenzio. Hugo era seduto sulla sedia con aria tetra e le braccia poggiate sul tavolo. Si torturava le mani, respirando silenziosamente.
“Hugo?” lo chiamai. Lui alzò lo sguardo, rassegnato. Forse si aspettava una sfuriata.
“Sì, Dominique?” chiese, con voce limpida.
“Mi dispiace” sussurrai, prima di alzarmi. “Forse un giorno riuscirò a perdonarti. Ma non ora”
“Posso concedermi di aspettare?” domandò, speranzoso.
“Sì” mormorai, restando in piedi e torturandomi un po’ le mani. “Direi di sì”
E uscii silenziosamente dalla cucina, con le lacrime agli occhi.

 

Angolo Autrice

Penultimo capitolo. Eh sì, ci si avvia verso la fine, ormai. Manca solo un capitolo e poi l’epilogo. Ho già scritto entrambi, ovviamente – quando sono in fase di ispirazione acuta non c’è nulla che possa distrarmi dalla scrittura – e ho scritto anche la parola “FINE”.
Ma ora non fa niente, i sentimentalismi li rimandiamo per l’epilogo.
Uhm...spero vi sia piaciuto questo capitolo, davvero. Ho impiegato secoli per scriverlo, per dare il giusto peso ad ogni parola o verbo o qualunque altra cosa. E’ stato impegnativo, ecco.
Spero vi piaccia.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022 ***


Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022

“Mi hai mentito”
Rose sobbalzò e si voltò  di scattò verso di me, facendo cadere a terra il calamaio con l’inchiostro nero.
“Oh, accidenti!” esclamò, guardando il disastro che si allagava sul tappeto azzurro della sua camera.
“Lascia, faccio io” Fu una soddisfazione puntare la bacchetta contro la macchia nera, mormorare un incantesimo e guardare il tappeto tornare come prima. Un piccolo capolavoro.
“Che stavi dicendo?” chiese mia cugina, ringraziandomi con un sorriso, mentre tornava a sedersi alla scrivania, invasa da libri di ogni genere, ovviamente.
“Ah, sì. Mi hai mentito” Lo dissi con tranquillità, senza neanche sconvolgermi più di tanto. Dopo tutto quel tempo trascorso tra incredibili rivelazioni, come in soap opere Babbane, credevo ormai di aver sviluppato un incredibile autocontrollo.
“Su cosa, esattamente?” domandò lei, accantonando per un attimo i libri e il tema di Trasfigurazione. Io mi acciambellai sul letto e la fissai, scettica.
“Su me e James...” Sentii una fitta al cuore quando pronunciai quel nome. Nonostante fosse passato più di un mese, non ero pronta. Non ero pronta a ricordare, a pronunciare il suo nome, a pensare a lui. Una smorfia di dipinse sul mio viso. Rose se ne accorse, ma non disse nulla. “Non l’hai detto a tua madre. Lo ha fatto Hugo”
“Già” Non si scompose minimamente. Si limitò a fissare la sua attenzione sul libro di Trasfigurazione posato sulla scrivania e ad ignorarmi completamente.
Rimasi in silenzio a guardarla, a metà tra ira e stupore.
“Perché?” chiesi, infine, mentre lei sospirava e si voltava a guardarmi. Mi sentii trafitta dal suo sguardo, così simile al mio. Ghiaccio puro.
Ma lei non era fatta di ghiaccio, lei era fuoco. Allegro, scoppiettante, caldo...mi sarebbe piaciuto essere felice come lei.
“Immagina che Louis abbia scoperto qualcosa di terribile e che, invece di tenere il segreto come gli avresti consigliato, lui lo dicesse a tua madre. Metti che abbia scoperto me e Al che ci baciavamo. Cosa avresti fatto?”
“Io non mi sarei addossata le colpe di Louis. Io gli avrei fatto notare il suo errore, ma non lo avrei protetto” sussurrai, guardandola con gli occhi pieni di lacrime. “Mi fidavo di te”
“ E non sbagliavi, Dominique. Io sono sempre stata con te. Non ho detto niente a nessuno, ho sempre mantenuto il segreto!” Questa volta non piangeva, era terribilmente calma. Mi faceva quasi paura, quell’aria risoluta sul volto tanto delicato e gentile.
“Hai mantenuto il segreto sbagliato” borbottai, prima di scrollare le spalle e avviarmi fuori dalla camera.
“Sei arrabbiata con me, ora?” mi chiese, prima che io potessi allontanarmi. Mi voltai nella sua direzione. Avevo gli occhi pieni di lacrime non versate [e che non avrei versato] e vedevo poco e niente, ma riuscii a distinguere la sua espressione preoccupata.
“No. Non lo sono”
Non potevo esserlo, se la persona sulla quale sarebbe dovuta cadere la mia ira era l’unica su cui potevo contare.

~

Questa situazione continuò per un po’ di tempo.
Zia Hermione diceva che non c’era alcuno problema ad ospitarmi, che lo faceva volentieri e che era contenta che Rosie non fosse l’unica ragazza in casa.  Forse sperava che con il mio arrivo, i neuroni di Hugo e zio Ron si dessero da fare per comprendere che no, le carte non si alzavano da sole e si gettavano di loro spontanea volontà nel cassonetto.
Ovvio che non lo fecero. Quei neuroni continuarono a rimanere inattivi come prima che io piombassi a casa Weasley – Granger senza preavviso.
Aiutavo spesso in casa, per non sentirmi inutile, quasi un peso. Spesso la mattina mi alzavo presto e facevo trovare la colazione a tavola, a mo’ di ringraziamento per l’ospitalità che mi avevano offerto.
“Sei una benedizione, Dominique” disse una volta zio Ron, addentando una fetta di pane tostato e marmellata di ciliegie. “Ultimamente Hermione se la prende comoda”
Ovviamente, la gomitata tra le costole da parte di zia fu immediata. A giudicare dall’espressione di Ron Weasley, fu anche molto dolorosa.
La mattina  mi svegliavo sempre presto. Non c’era verso che io potessi dormire un po’ di più e quasi preferivo così. La notte sognavo, anzi...ricordavo. Erano bei ricordi, ma la mattina, il mio cuscino era zuppo di lacrime.
Restavo qualche minuto nel letto, a stiracchiarmi un po’ e a pensare inevitabilmente al sogno della notte precedente, che non variava poi molto da quello della notte prima.
Sognavo James, sognavo i momenti che avevamo trascorso insieme, sognavo la felicità che mi era stata negata troppo presto. Era inutile fare finta di aver dimenticato: James era ancora vivo [troppo] nei miei pensieri.
E poi mi veniva in mente Dorian. Vedevo i suoi occhi verdi guardarmi con aria delusa, soffocavo le lacrime contro il cuscino. Ero capace di reggere al ricordo di James e Dorian singolarmente, ma, insieme diventavano qualcosa che non ero capace di sostenere.
Quando mi rendevo conto che era inutile stare lì a piangere per uno che mi aveva mollata e per un altro che mi odiava, decidevo di scendere in cucina e di preparare la colazione. Molte volte, assorbita come ero da quei gesti, finivo per preparare molto più del necessario, ma nessuno si era mai lamentato – anche perché con due esseri come Hugo e zio Ron avrei potuto preparare anche una mucca per colazione, quello sarebbe finito dopo tre secondi, seguito dall’ovvia richiesta : “Ce n’è ancora?”
Dopo aver preparato quantità industriali di cibo – avrei potuto saziare un esercito, con tutta quella roba – mi dirigevo verso il salotto e sceglievo un libro da leggere, tra quelli che zia Hermione aveva disposto diligentemente, in ordine alfabetico per autore, sullo scaffale della libreria. Scorrevo i dorsi dei libri con l’indice e guardavo distrattamente i titoli.
Alla fine, mi fermavo sempre alla A di Austen e finivo per leggere sempre lo stesso libro: Orgoglio e Pregiudizio. Mi piaceva, lo avevo letto ogni volta che ero andata da zia Hermione. Le chiedevo sempre quella copia malconcia. Alla fine, zia Hermione si era rassegnata a regalarmi una copia di quel libro, ma per me, quella copertina vecchia e rovinata aveva un valore affettivo, ormai.
Purtroppo, il mio libro era rimasta a Villa Conchiglia, dato che sapevo per certo che nella sezione ‘Letteratura Babbana’ della Biblioteca di Hogwarts lo avrei trovato sicuramente. Non avevo previsto una situazione del genere.
Adoravo perdermi nella lettura, dimenticare me stessa e trovare altri sentimenti, altre situazioni. Le parole diventavano il mezzo grazie al quale potevo dimenticare per un secondo quello che era successo.
Il nome di James continuava a ronzarmi fastidiosamente in testa, però.
James.
Avevo voglia di dimenticarlo, di non ricordare più quel nome, ma, allo stesso tempo, volevo urlarlo a squarciagola, farlo sentire al mondo, liberarmi di quel peso che, ormai, gravava solo sulle mie spalle.
Ma i miei zii e i miei cugini non lo nominavano mai, neanche accidentalmente. Stavano tutti attenti, erano tutti precisi. Forse era stata Rose a pregare di non fare riferimento a lui.
A volte, raramente, venivano Ted e Louis a trovarmi.  Non erano arrabbiati, al massimo delusi, ma accettavano di buon grado la mia decisione.
Dicevano che mancavo a casa, anche a Victoire. Per quanto il tono di mio fratello fosse sincero – ed io sapevo per esperienza che lui non era in grado di dire bugie – io non riuscivo a crederci. Victoire mi odiava, ormai.  Non che prima fossimo in grandi rapporti, ma...per lei avevo superato il limite, nel cercare di andare contro le regole.
Inutile spiegarle che non era un gesto di sfida, lei non mi avrebbe creduto.
Mi sentivo stanca al solo pensiero di affrontarla,di affrontare la mia famiglia, improvvisamente svuotata di tutte le energie, senza più forze, senza più voglia di combattere.
“Come va?” chiese Ted, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Ero stanca anche di rispondere a quella domanda. Come voleva che andasse? Il mio ragazzo/mio cugino – barrare la risposta scelta, prego – mi aveva appena mollata, il mio migliore amico non poteva perdonarmi, la mia famiglia mi odiava ed io ero costretta a vivere a casa di mia zia.
Come doveva andare?
“Benissimo. Davvero benissimo” sussurrai, guardando tetra fuori dalla finestra. La mano calda di Louis circondò il mio polso e io mi sentii un po’ meglio. Louis era di un anno solo più piccolo di me, eppure sembrava più maturo di quanto potessi immaginare. Ai miei occhi era sempre stato il figlio prediletto, il maschio di casa, il cocco di papà, terribilmente dolce da far venire il diabete, ma ora mi rendevo conto che Louis era buono. Buono davvero. Continuava a regalarmi un sorriso, nonostante fosse consapevole che fosse solo colpa mia se mi trovavo in quella situazione.
“Dominique...” Ted aveva un’aria dispiaciuta, ma io scossi la testa.
“Non fa niente” tagliai corto, fissando il volto del mio quasi cognato. Lui annuì, serio, e fissò  un punto lontano, fuori dalla finestra. “Che si dice dal fronte occidentale?” chiesi, cercando di scherzare. Louis accennò ad un sorrisetto, Ted neanche quello.
“I tuoi genitori pensano cosa fare. Victoire è ancora arrabbiata. Crede che il tuo sia stato un gesto di sfida, per dimostrarti superiore al resto della famiglia” La sua voce era atona, ma sentivo un pizzico di tristezza che rendeva tutto insopportabile.
“Non è così, Ted. Lo sai. Mi conosci” mormorai, indignata, con le lacrime agli occhi. Perché cavolo dovevano credere che Dominique Weasley non potesse innamorarsi di suo cugino? Perché era sbagliato, perché loro avevano ragione ed io torto? Perché ero sempre stata troppo diversa?
“Non so più cosa pensare, Dominique. Conoscevo quella che eri prima, non quella di adesso. La Dominique di prima, anche se odiava la sua vita e la sua famiglia, non avrebbe mai osato sfidare tutti per dimostrarsi migliore, ancora una volta”
Lo fissai, a metà tra lo stupito e l’indignato. Non potevo crederci.
Ted era stato il mio confidente da quando ero bambina. Ero cresciuta con lui – mamma diceva che la prima parola che avevo detto era “Ted” -  e non potevo credere che ora osasse dubitare di me.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, ma non piansi. Avevo pianto fin troppo negli ultimi giorni ed era ora di dire basta.
“Tu lo sai, dannazione! Tu mi conosci! Come puoi pensare che io possa fare una cosa tanto ignobile? E’ così difficile credere che mi sia innamorata per te?”
“Di tuo cugino?” Distaccato, voce atona, fredda. Faceva male, ma non ci feci caso, in quel momento, impegnata com’ero a trattenere le lacrime.
Non risposi. Non potevo rispondere. Tornai  a guardare fuori dalla finestra, sperando che Ted capisse, anche se sapevo che era impossibile.
“Zio Harry e zia Ginny stanno pensando a cosa fare” sussurrò Louis, dopo un po’. Sentii il suo sguardo azzurro come il mio su di me, ma non mi voltai. “Penso che vogliano mandare via James per un po’. Con le vacanze estive rischiereste di incontrarvi e vogliono impedirvelo”
“E dove vogliono trapiantarlo?” La mia voce era piena di amarezza. Ted sobbalzò leggermente, ma non mi guardò, mentre mio fratello sospirò, rassegnato.
“James non se ne vuole andare, dice che non ha fatto nulla di male ad innamorarsi, ma ha deciso di andare a Diagon Alley. Zio George ha bisogno di un commesso, da quando zia Angelina ha deciso di rimanere a casa per badare ai bambini”
Sospirai.
Non dissi nulla, ma in cuor mio sapevo che non doveva andare così. James doveva stare lontano da me e non doveva rinunciare alla sua famiglia. C’era una sola soluzione per questo: che fossi io ad andarmene.
“No” sussurrai, rendendomi conto della spiazzante verità. D’un tratto, quando mi capii con precisione cosa avrei dovuto fare, mi parve che tutte le azioni, tutte le parole, tutti i pensieri mi avevano portata a quell’inevitabile fine. Era come se tutti i tasselli del puzzle combaciassero.
“Cosa?” Ted si riscosse dal suo stato di torpore e mi fissò, con un sopracciglio inarcato e l’espressione scettica.
“James...” Una fitta al cuore, cercai di non darlo a vedere. “Lui non se ne deve andare” mormorai, voltandomi verso di lui con espressione sorpresa. Avevo capito finalmente cosa dovevo fare. “Devo andarmene io”
Con mia grande sorpresa, Ted scoppiò in una risata amara, senza allegria.
“E dove credi di andartene? Non hai un lavoro, non hai una casa e non hai una famiglia su cui contare” mi fece notare, ma io già non l’ascoltavo più.
“Ce l’ho, invece. Ho una casa e una famiglia. E posso trovare anche un lavoro” gli risposi, alzandomi in piedi e andando a frugare tra le mille carte poggiate sulla scrivania di Rosie, in cerca di un foglio di pergamena pulito. “Me ne vado in Francia”
Seguì un silenzio scioccato, interrotto solo dal fruscio della carta che spostavo dalla disordinata scrivania.
“In...Francia?” chiese Louis, stupito. Mi voltai verso di lui. Aveva gli occhi spalancati, l’espressione sorpresa. Anche Ted era meravigliato, di certo non si aspettava questo da me.
“Da zia Gabrielle. Proprio qualche mese fa mi ha chiesto di andare da lei”
Mi sedetti alla scrivania e immaginai cosa potessi scriverle, ma Ted si alzò e poggiò una mano sulla mia spalla, prima che potessi scribacchiare qualche giustificazione.
“Non sei obbligata, Dominique”
Lo ero, invece. Lo ero da me stessa che non riuscivo a superare il trauma dell’abbandono, da James che non voleva abbandonare tutto, da Victoire che mi odiava, dalla mia famiglia che voleva prendere provvedimenti e da Ted che teneva la sua mano calda sulla mia fragile spalla.
Ero obbligata ad andarmene.
“Invece sì” risposi, fissando risoluta il mio amico più caro, colui che mi aveva cresciuta e mi aveva adorata come una sorellina minore. “Me ne vado in Francia”

~

Tempo una settimana e zia Gabrielle aveva già risposto alla mia lettera – ovvero, una supplicante richiesta di aiuto, scritta in francese improvvisato – e aveva detto  che per lei andava bene, che potevo andare in Francia e stare a casa sua.
Non credevo avrei fatto questo passo. Un conto era andare avanti e cancellare James dalla mia vita, un altro era cambiare radicalmente la mia esistenza.
Zia Gabrielle era sempre stato un tipo affettuoso. Non avevamo lo stesso rapporto che io avevo con zia Hermione, ma mi era simpatica e tanto bastava. Avevo visto rarissime volte suo marito, Jean François, un tizio dall’aria snob e incredibilmente perfetto, ma il fatto che questo tizio avesse accettato una nipote quasi sconosciuta in casa bastava a renderlo sopportabile. E poi c’era Apolline, la mia adorabile cuginetta di undici anni, che non vedevo da quando lei ne aveva sette.
Chissà se si ricordava di me...
Pensavo a questo mentre preparavo la valigia, infilandoci dentro tutto il possibile. Non sapevo quando sarei tornata –forse non sarei neanche tornata, se mi fossi trovata bene lì – e cercai di mettere di tutto. Purtroppo mancavo di spirito organizzativo, così la mia valigia finì per essere piena immediatamente senza che ci avessi messo dentro qualcosa di utile.
Sospirai. Forse una valigia non bastava.
“Allora è vero. Te ne vai”
Quella voce l’avrei riconosciuta fra mille.
Sobbalzai leggermente e sperai che lui non se ne fosse accorto, prima di voltarmi verso la porta e fissare James con gelido distacco.
“Sì. Vado un po’ a Parigi a trovare zia Gabrielle” sussurrai. La mia determinazione vacillò non appena incontrai i suoi occhi castani e mi ritrovai a sospirare, con il respiro tremante.
“Mi dispiace. Io...io non volevo causarti tutti questi problemi. E’ colpa mia se...”
“Basta!” esclamai. Non aveva detto molto, lo avevo capito dalla sua espressione, ma quelle poche parole bastarono per farmi del male. Perché non capiva che non volevo sentire le sue scuse? “Mi hai mollata, hai deciso che non ne valeva la pena. Ok. Però ora non voglio sentire le tue scuse”
Rimase impalato davanti alla porta e sospirò.
“Lo capisco. Sei arrabbiata”
“James, va’ via, per favore” gli intimai, indicandogli la porta che aveva appena chiuso “Se ti vedono qui, non oso immaginare cosa potrebbe accadere”
Lui se ne fregò ampiamente di quello che avevo detto e si avvicinò a me, mi accarezzò il viso e sospirò.
“Mi dispiace, Dominique”
Trattenni a stento le lacrime.
Lo spinsi indietro con forza. Perché non voleva capire che non avevo bisogno di lui, dannazione? Non ora, ora dovevo solo andarmene via, per dimenticare tutto.
“Ti dispiace, eh? Ti dispiace! Lui se ne va, lasciandomi sola a combattere, ad affrontare una famiglia che non ne vuole sapere di me e poi viene a dirmi che gli dispiace!” Ero furiosa. Non piangevo, ma urlavo. Sentivo il bisogno di sfogare quel mese di lacrime trattenute e di dolore che graffiava un cuore ormai rotto. “Certo che ti dispiace, ma io non me ne faccio nulla delle tue scuse, James! Perché non vuoi capire che non voglio parlare con te? Perché devi rendere tutto più difficile?”
James non mi guardava più. Fissava il pavimento sotto di sé, come a sperare che potesse inghiottirlo. Quasi lo sperai anche io.
“Credevo che fosse più giusto. Credevo che se ti avessi lasciata loro non avrebbero continuato ad odiarti. Ero convinto che stavo facendo la cosa giusta, che avrei permesso che tu vivessi normalmente” mormorò, dopo qualche minuto di silenzio in cui io avevo accatastato un paio di magliette sul letto, in attesa che lui se ne andasse per continuare a fare la valigia.
“Eri convinto delle cose sbagliate” osservai, distaccata. Lui mi fissò dispiaciuto e io sospirai. “Non riesco ancora a credere che tu mi abbia lasciata qui da sola a combattere contro Victoire e la mia famiglia. Avevamo detto che dovevamo continuare insieme, che avremmo combattuto insieme. Perché noi eravamo una sola persona, legati indissolubilmente. Tu eri la mia unica speranza, James, e quando mi hai lasciata...era come se il mondo fosse sparito. Tu eri il mio mondo, la mia ancora di salvezza. Io avevo bisogno di aggrapparmi a te, ma tu sei fuggito via” mormorai, con la voce rotta. Non piangevo, cercavo di trattenere i singhiozzi. “E ora devo cercare di andare avanti. Per questo me ne vado. Perché tu hai deciso che avrei dovuto vivere normalmente. Ora non ho più bisogno di te. Ora devo andare avanti da sola”
James mi fissò per un attimo ancora, poi mi accarezzò il viso e mi fece un sorrisetto amaro.
Vidi una lacrima brillare debolmente sulla sua guancia, ma lui sembrò non farci caso.
“Sappi che non ho smesso di amarti” sussurrò, prima di voltarsi e andarsene.
“Neanche io” sussurrai al vuoto, prima di accasciarmi a terra e piangere per tutta la notte.

~

“Mi mancherai”
Rose mi stritolò in un abbraccio targato Weasley e appoggiò la testa sulla mia spalla, singhiozzando.
Alzai gli occhi al cielo. Non ero mai stata il tipo che amava gli addii strappalacrime e tutta quella situazione non faceva che mettermi in imbarazzo. E farmi stare ancora più male.
“Tornerò, te lo prometto. E ti scriverò tutte le settimane” le dissi, stringendola a mia volta. Mi ritrovai a piangere, mentre anche lei piangeva. Tutto questo non mi faceva stare meglio.
“Promesso?” chiese, scostandosi un po’ a me. Le scombinai i boccoli castani e le feci un sorriso tra le lacrime.
“Promesso”
Mi avviai lentamente verso il treno. Avevo deciso di viaggiare in treno anziché Smaterializzarmi – anche perché, mio malgrado, ancora dovevo superare l’esame. L’ultimo era stato un fiasco totale – perché volevo abbandonare la mia vita pian piano, senza fretta, vederla sfrecciare fuori dal finestrino, tra la grigia campagna londinese e pensare che forse non avrei mai rivisto quel grigio tanto familiare e caro.
“Scrivici, Dominique. Aspetto anche io una lettera a settimana” sorrise zio Ron, stringendomi in un abbraccio goffo e impacciato. Non era mai stato bravo a parlare dei sentimenti, ma capii ugualmente quello che voleva trasmettermi. Sarebbe mancato anche a me.
“Promesso”
Poi toccò a Hugo, dispiaciuto, a Ted, con espressione addolorata, a Louis, che scoppiò a piangere disperatamente, stringendomi come se fosse stato certo che io non sarei mai tornata. Poi toccò a zia Hermione. Fu difficile.
La abbracciai e lei singhiozzò un poco, ma non scoppiò a piangere. Voleva trattenersi.
“Ci mancherai, Dominique”
“Anche voi” sussurrai in risposta, prima di salire sul treno.
Mi sistemai in un vagone libero e poggiai le valigie sul portabagagli in alto. Mi sedetti al sediolino e fissai la banchina, dove zio Ron e zia Hermione, Rose e Hugo,  Ted e Louis, mi salutavano in lacrime, con un sorriso amaro sul volto.
Sventolai la mano in segno di saluto, singhiozzando disperata e sorridendo tra le lacrime.
Poi il treno partì con uno scossone e di loro non rimase altro che una scia debolissima.


 

 

Angolo Autrice

Questo è l’ultimo capitolo di Only Hope. Il prossimo sarà l’epilogo. Ora come ora non riesco ad essere triste, perché sul mio computer non si legge il file di Only Hope e sto facendo salti mortali tra questo computer e l’altro dove si legge, che, tra l’altro, non ha internet,, quindi devo poi passarlo di qui con la penna USB...insomma, un casino mondiale. Di conseguenza, più che triste, sono arrabbiata.
Già.
Un po’ triste però lo sono. Dite la verità, vi aspettavate che Dominique fuggisse in Francia? Immagino di sì, dopotutto sono prevedibile.

Ringraziamenti:


Kimly: Grazie, grazie davvero. Mi dispiace far piangere la gente, non è il mio principale obiettivo, ma sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto.
Emily Doyle:
Immagino che, prevedibile come sono, avrai indovinato XD
lilyluna_4e: Oh, vedo che il colpo di scena dello scorso capitolo non te lo aspettavi. A dir la verità, neanche io, ma è saltato fuori così e...bum! Rose non ha colpe – anzi, ha quella di aver protetto Hugo. Grazie mille per i complimenti, per il comportamento di Dorian...be’, poveretto, anche lui ha diritto ad un po’ di felicità. Grazie mille *___*
Fede_Wanderer:
Prima di tutto, grazie per le stupende recensioni, davvero. Comunque, sì, per un po’ ho preso ispirazione da New Moon, anche perché lo stavo leggendo prima di iniziare questa storia. Alcune frasi sono uscite spontanee, non me ne sono neanche accorta, ma per il resto è particolarmente ispirato, sì. Grazie mille e spero ti piaccia anche questo capitolo.
Juliet:
Oh,grazie mille. Grazie davvero per la tua recensione e per i tuoi complimenti. E sono contenta di averti fatto piacere Dominique e James *___*
Miss Rainbow:
No, dai. Mi sento davvero in colpa ^^ Mi piacerebbe leggere la tua storia, anche perché mi sembra sempre di essere un caso isolato qui e vorrei leggere di qualcun altro. Spero che tu la scriva *___* Comunque, grazie. Grazie davvero per i complimenti *__*

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Capitolo 16
*** Epilogo - Due anni dopo ***


Epilogo - Due anni dopo

"Mi lasci suonare?" La melodia si interrompe bruscamente ancora una volta, mentre io sospiro, irritata, e chiudo gli occhi con la speranza che Apolline scompaia immediatamente, magari inghiottita da un buco nero comparso nel perfetto pavimento - accuratamente pulito da zia Gabrielle - di marmo.
Ovviamente non succede e, quando riapro gli occhi, mia cugina è ancora lì a fissarmi con un sorrisetto irritante.
"Impiegheresti secoli per suonare come me" dico, con tono eloquente. Somiglia molto ad un "levati di torno", ma, come al solito, Apolline non capisce il messaggio sottointeso e mi fissa ancora con quel sorriso da bambina.
Sospiro. Quel sorriso mi ricorda me stessa. E' incredibile come mia cugina mi somigli. Stessi capelli biondi, stessa pelle pallida, stesse labbra rosse. I suoi occhi sono castani, più caldi, più gentili, ma per il resto è troppo simile a me. Mi fa quasi terrore.
"Fa' niente, voglio suonare" dice, con voce sicura. Mi irrita parecchio, lo ammetto. E' una bambinetta viziata.
Quando partii dall'Inghilterra credevo che avrei trovato una cuginetta adorabile, dolce e compresiva, che avrebbe capito quando era il momento di lasciarmi in pace. Be', per un certo periodo di tempo è stato anche così, solo che sono trascorsi due anni ed è subentrato un mostro chiamato "adolescenza". E Apolline è diventata esattamente il prototipo dell'adolescente irritante.
Ormai rassegnata al fatto che dovrò dare lezioni di pianoforte a mia cugina, fisso gli spartiti che ho davanti e mi rendo conto che non è il caso che li suoni. Sono troppo complicati, io stessa ho impiegato anni per suonarli perfettamente. E so che Apolline non si accontenterà di suonare due note a caso.
"Andiamo in soffitta. Dovrei avere qualche spartito più semplice" sospiro. Lei annuisce, entusiasta, e si fionda a velocità incredibile al piano di sopra, lasciandomi indietro. Mi ritrovo a salire le scale con la speranza che sia inciampata, ma so che non succederà. Apolline è troppo aggrazziata, troppo Veela, per inciampare.
Apro la porta con un sospiro e immagino quanta polvere stia per attaccare i nostri corpi. Specialmente il mio, appena rimessosi da una fastidiosa influenza. Starnutisco immediatamente e tiro su col naso.
"Allora? Dove sono?"
"Dammi il tempo di trovarli" ringhio, iniziando a frugare tra i miei vecchi scatoloni. Zia Gabrielle aveva avuto la brillante idea di sistemare la mia roba qui, invece che nella stanza degli ospiti, certa che sarei rimasta a lungo. E così è stato. Ora sono trascorsi già due anni, ho iniziato un corso di Guaritrice e credo che finirò per lavorare qui.
Da uno scatolone vengono fuori pergamene vecchissime. Alcuni bigliettini che ci scambiavamo io e Victoire da piccole, quando i nostri genitori ci mettevano in punizione, le lettere che Rose mi ha spedito dall'America, quando aveva dodici anni e i suoi genitori l'avevano portata a New York, appunti di Storia della Magia, biglietti che Scorpius mi mandava quando era cotto di Rose e non sapeva come fare per conquistarla ... e poi, uno spartito. Un foglio di pergamena vecchio e fragile, stipato sul fondo dello scatolone. E' uno spartito macchiato, imperfetto, scritto con una grafia disordinato.
Non è mio.


Per Dominique Weasley.
Da James Sirius Potter.
Natale 2021



Un vecchio spartito tra le mie mani, una vecchia melodia riecheggia nella mia mente, un vecchio ricordo in bianco e nero si fa strada nel mio cuore.
La biblioteca di Hogwarts. Io sono seduta ad un tavolo, con il solito libro tra le mani. Un ragazzo arriva, trafelato. Mi consegna un pacco non più grande di un foglio. Lo apro. Uno spartito.
E poi il ricordo cambia. Io sono seduta al pianoforte, suono una melodia che, anche se non riesco a sentire, so che è bellissima. Il ragazzo dai capelli arruffati è seduto accanto a me, mi fissa come se ogni dettaglio del mio viso lo affascinasse. E le mie mani scorrono veloci su un pianoforte nero e lucido, su tasti d'avorio e di ebano, lievi su una melodia che mi spezza il cuore.
"Allora? Sono questi?"
E poi il ricordo svanisce, si dissolve in una nuvola di fumo grigio, mentre mi volto a fissare Apolline con aria stupita.
Lei si sporge da sopra le mie spalle e fissa lo spartito con un ghigno, ma io non ci faccio quasi caso.
"James Sirius Potter" legge, ma quel nome non suona bene pronunciato da quella voce acuta e dall'accento francese.
"Già"
Niente.
Non sento assolutamente nulla.
Nessun dolore sordo, nessun crac al cuore.
Vuol dire che ho dimenticato? Questo significa dimenticare?
Cancellare tutto, lasciar andare ricordi su ricordi, eliminare le sensazioni? Ho dimenticato davvero?
"E' quello da cui sei scappata?"
Apolline non avrebbe capito. Non capirebbe neanche adesso, se le dicessi che ho amato follemente James Sirius Potter, mio cugino. Non capirebbe nessuno. Forse neanche io.
"Sì"
Le dissi che io e lui ci sopportavamo a stento e che ero andata in Francia anche per stare un po' in pace. Una bugia che mi era costata notti di pianto.
"Ma l'ha scritto lui?" La sua voce è scettica, forse crede che James non avrebbe potuto scrivere musica. Annuisco, ancora stordita.
E' come trovare una testimonianza di una vita precendente.
Questo ricordo appartiene alla vecchia Dominique, quella che viveva in Inghilterra, quella che amava James Sirius Potter.
Possibile che abbia davvero dimenticato quella Dominique?
Due anni sono sufficienti a cancellare un'intera esistenza?
"Me lo fai sentire? Voglio ridere un po'" Sogghigna, Apolline. Non ha idea della bellezza di questo spartito e, improvvisamente, mi sento in dovere di difenderlo, di suonarlo come non ho mai suonato nessun altro spartito, di farle vedere che James è un genio.
Scendo immediatamente al piano inferiore, seguita da mia cugina. Mi siedo al pianoforte, un pianoforte nero e lucido - che porta alla mente troppi ricordi - e lei si siede accanto a me. Tutto questo mi è familiare. Uno spartito, un pianoforte nero, una presenza accanto a me.
Ma non è lui.
E, quando inizio a suonare quella melodia, mi rendo conto che non ho mai dimenticato. Mentre le mie scorrono da un tasto all'altro senza esitazione - come se in tutto questo tempo non avessi fatto altro che suonare questa melodia - mi accorgo che questa musica è bellissima e una lacrima cade dai miei occhi.
Non ho dimenticato nulla, non avrei potuto dimenticare. Un'onda di ricordi mi travolge ed io mi lascio travolgere. James che mi stringe la mano, James che mi sorride, James che mi bacia, James che mi accarezza i capelli, James che mi guarda dietro ad un velo di lacrime.
James. Un nome che troppo a lungo ho evitato di pronunciare. Esplode nella mia mente con la forza di mille Schiantesimi. Ma non fa male, è quasi...piacevole.
Ma è diverso. E' un ricordo diverso da quello che potevo immaginare due anni fa. E' il ricordo di un amore mai esistito, il rimpianto di qualcosa che poteva esssere.
Ma è diverso, ora. Ora è cambiato tutto.
Zia Gabrielle si ferma un attimo a guardarmi con gli occhi spalacanti, accantonando per un attimo il bucato e i mille lavori domestici che ha da fare. Mi guarda stupita, con le lacrime agli occhi. Le stesse lacrime che stanno cadendo sui tasti di questo pianoforte. Apolline mi fissa in silenzio, per la prima volta non ha nulla da dire.
Io non riesco a parlare. Piango, ma non sento dolore.
Perché ho capito cosa devo fare, dove devo andare.
So qual è il mio posto nel mondo.

~



"Mi raccomando, torna a trovarci"
Zia Gabrielle mi sorride, imbarazzata, e poi mi stringe a sé con tutta la forza che ha. Mi mancherà, sì. Non sopporto l'idea di doverla salutare, ma so cosa devo fare.
E non posso rimanere in Francia.
"Ci puoi scommettere, zia" sorrido un po', poi mi scosto da lei e guardo Apolline.
Le sorrido e le scombino i boccoli biondi. So che lo odia, ma lo faccio proprio per questo. Mi fulmina con i suoi occhi castani e fa una smorfia arrabbiata.
Vorrei dirle di non essere come me, di lasciarsi andare alle emozioni, di vivere intensamente la propria vita, perchè la vita non le darà un'altra possibilità, che ce ne resta solo una e non dobbiamo sprecarla, ma non lo faccio.
E resto in silenzio, a guardarla con le lacrime agli occhi.
Non capirebbe, mi dico.
O forse sono io che non sarei capace di farle un discorso del genere?
Le saluto con un ultimo sorriso e salgo sul treno, con uno strano senso di passato. Mi siedo sul sediolino e le saluto dal finestrino, con le lacrime agli occhi.
Passato. Due anni fa, quando scappai dalla mia famiglia, dalla mia vita. E ora ritorno.
Ho deciso di tornare a casa.
Devo tornare a casa.
Mentre il treno parte con uno scossone, mi rendo conto della nostalgia che provo per la mia casa. Voglio abbracciare Louis, parlare con Rose, rassicurare Ted ... e provare a spiegare tutto alla mia famiglia.
Chissà se Victoire mi odierà ancora, se per Dorian sarà giunto il momento di perdonarmi, se James si è rifatto una vita.
James.
Sento qualcosa all'altezza del cuore, ma non è una sensazione spiacevole. E' come quando, a secoli di distanza, si guarda un'esistenza che ormai non appartiene più a nessuno. Rimpianti, rimorsi, ricordi. James fa parte di una vita che ho cercato di cancellare, nonostante fossi consapevole che lui non se ne sarebbe mai andato. Ho cancellato tutto quello che poteva farmi del male, ma il suo ricordo è rimasto. Quell'amore che credevo eterno è svanito nel nulla, forse perché ormai il mio cuore si è abituato alla sua assenza, forse perché ho imparato a fare a meno di lui, ma il suo ricordo c'è ancora. E' un ricordo dolce, tenero, delicato come un bocciolo, che mi stringe il cuore.
Voglio tornare a casa. Ho deciso di tornare a casa.
Voglio provare a parlare con i miei genitori, perchè loro dovranno capire. Li implorerò di riaccettarmi nella famiglia, cercherò di far capire loro che ho davvero amato James e che me ne sono andata perché lui restasse. Dirò che non è cambiato nulla, che sono sempre la solita Dominique, in fondo.
E parlerò anche con Victoire, le dirò che deve capire, perché è mia sorella e perché sono passati due anni. Perché deve avere idea del tormento che ho passato sapendo che lei mi odiava.
E perdonerò Hugo, perché ho capito che, in fondo, l'ha fatto per il mio bene, nonostante lui non se ne sia reso conto. Forse non se ne renderà mai conto.
Dirò a Rosie che le voglio bene e che non la sostituirei mai con nessuna, che lei è stata e sempre sarà la mia migliore amica, che senza di lei mi sarei lasciata andare molto prima e non sarei riuscita ad arrivare dove sono arrivata ora.
Parlerò con James. Lo abbraccerò come si può fare con un cugino che ho amato, gli dirò che è ora di ricominciare da capo, di ricostruire un rapporto famigliare che non è mai esistito, un passo alla volta, senza mettere fretta al tempo. Forse ci faremo del male, ma cosa sarebbe la felicità se non esistesse il dolore?
Chiederò a Dorian di perdonarmi, ancora una volta. Gli dirò che lui è e sempre sarà il mio migliore amico, quello che per parlare con me usava la scusa dei Nargilli, che mi restava vicino quando avevo bisogno di conforto, che mi stringeva la mano anche desiderava scappare via. Forse lo illuderò, forse gli farò del male, ma poi lui capirà e tornerà tutto come prima.
E, soprattutto, continuerò a camminare, ad andare avanti senza aggrapparmi a niente e a nessuno. Camminerò per i roveti dei miei tormenti, per i sentieri della mia vita, senza cercare l'aiuto di qualcuno.
E, se inciamperò, pazienza. Perché inciampare non vuol dire sbagliare, perché solo inciampado potrò rialzarmi.
Perché ho capito che la mia unica speranza non è James Potter, nè tantomeno Dorian Baston.
La mia unica speranza ... be', sono io.


~ Fine ~





L'ho fatto davvero? Ho scritto la parola fine? Oh, per Merlino e Morgana, sul serio?
Cielo, ho terminato Only Hope. Quasi non riesco a crederci. Mi viene quasi da piangere, anzi, credo che fra poco scoppierò davvero a piangere. La mia lunghissima, deprimente, Only Hope. La storia partorita dalla mia mente malata, che ha tenuto occupata me stessa per tre lunghissimi mesi in cui sono stata un po' Dominique, un po' James, un po' Dorian e un po' tutti gli altri personaggi. Perchè non c'è stato un singolo personaggio in cui io non mi sia un po' calata. Ho provato a creare personaggi credibili, coerenti, certamente non perfetti e sicuramente avrò sbagliato in qualche punto. Forse Dorian è troppo comprensivo, forse James troppo codardo. Forse tra un paio di mesi rileggerò questa storia e mi dirò che ho scritto davvero delle stupidaggini, ma, per il momento, be'...sono fiera di me.
Esattamente.
Forse questo non è il finale che vi aspettavate. Neanche io, a dir la verità. Si è praticamente scritto da solo. E non ne sono così schifata, a dirla tutta. Avevo un miliardo di finali alternativi, ma credo che questo sia il migliore che sia riuscita a scrivere. Vero, realistico. O almeno credo. Non credo che ci sarà un seguito di Only Hope, per cui potete immaginare quello che volete quando Dominique tornerà in Inghilterra. Potete anche immaginare che il treno sia deragliato e lei sia morta - avevo in mente un bellissimo finale così, lo ammetto, ma poi l'ho cancellato -, potete immaginare che lei si sposi con Dorian e vivano per sempre felici e contenti, che diventi suora...quello che volete. Perché per me la storia di Dominique Weasley finisce qui.
Forse farò una raccolta di missing moments, momenti mancanti o visti con occhi che non sono quelli di Dominique. Forse, ma non ne sono sicura. Probabilmente impiegherò secoli per scriverne una decente, ma ci proverò.
Voglio ringraziarvi tutti. Tutti quelli che hanno letto questa storia, recensito questa storia, inserito nei preferiti questa storia e vissuto questa storia assieme a me. Perché, per un periodo, siamo tutti stati Dominique.
Questo epilogo è dedicato a voi.
Grazie.

A presto,
Eliatheas.

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