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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo ~ Schegge *** Capitolo 2: *** Capitolo 1 ~ Inaspettato, Natale 2021 *** Capitolo 3: *** Capitolo 2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022 *** Capitolo 4: *** Capitolo 3 – Cambiamento, Gennaio 2022 *** Capitolo 5: *** Capitolo 4- Hogsmeade, Gennaio 2022 *** Capitolo 6: *** Capitolo 5 – Appartenenza, Febbraio 2022 *** Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Mentire a se stessi *** Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022 *** Capitolo 9: *** Capitolo 8 – Favola, Marzo e Aprile 2022 *** Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Sole e pioggia, Aprile 2022 *** Capitolo 11: *** Capitolo 10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022 *** Capitolo 12: *** Capitolo 11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022 *** Capitolo 13: *** Capitolo 12 – Incubi e realtà, Maggio 2022 *** Capitolo 14: *** Capitolo 13 – Ritorno a casa, Giugno 2022 *** Capitolo 15: *** Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022 *** Capitolo 16: *** Epilogo - Due anni dopo ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Prologo
– Schegge
Questa
che vi racconterò non è una storia felice e
probabilmente non lo sarebbe mai stata, neanche se io e lui [noi]
fossimo rimasti insieme. Perché
c’è sempre qualcosa che non va,
c’è sempre il piccolo dettaglio che fa male, la
nota stonata nell’armonia della
vita.
Non esiste il lieto fine, non esisterà mai.
Le favole sono solo illusioni, quelle favole che la mamma ti racconta
prima di
andare a dormire sono finte.
E tu devi capire in fretta che quello che ti racconta è solo
finzione, perché
altrimenti potresti crederci davvero.
E mandare la tua vita in frantumi.
[Come
la mia]
E
la mia vita è andata in frantumi, si è spezzata
in
miliardi di schegge, sulle quali io cammino, graffiandomi i piedi e le
gambe.
Ed è doloroso, fa male.
[Solo
perché non l’ho capito prima]
E
arranco, arranco. Cerco di raggiungere un’oasi libera dai
resti della mia vita [cerco di
raggiungere la felicità], ma non la trovo,
perché non esiste.
La felicità è introvabile, non ha un luogo
preciso che puoi indicare come suo
posto d’origine.
La felicità, le rare volte che la vedi, è lei a
trovare te, e non il contrario.
Perché, tranne nella breve stagione in cui fiorisce nel tuo
cuore, non esiste.
E’ solo un’illusione, stupenda nella sua effimera
essenza.
[L’ho
capito solo adesso]
Le
mie mani scorrono veloci sui tasti d’avorio, proprio come
quella volta, anni fa. C’era lui, accanto a me, quel giorno.
Oggi non c’è
nessuno.
Alzo gli occhi sullo spartito, macchiato e pieno di errori. Si vede che
non l’ho
scritto io. E’ il suo.
Lui ha scritto per me la melodia che ora sto suonando.
[E
che suonerà per sempre nel mio cuore]
Angolo
Autrice
Alla
fine mi sono decisa a pubblicare Only Hope. Non perché
l’abbia
finita – non ce la farei mai a finirla in pochi giorni
– ma perché mi sembra
che la trama stia procedendo abbastanza velocemente.
Non posso promettere un aggiornamento continuo, ma sono sicura di poter
aggiornare abbastanza in fretta.
Allora...volevo
dire qualche cosa a proposito di questa fan
fiction.
Il trailer – eh, sì, io faccio anche i trailer -lo potete trovare a questo
indirizzo http://it.youtube.com/watch?v=EW1YUug0CcYse lo volete vedere. La
qualità del video non
è granché e neanche il video in sé.
Spero
che questo piccolo prologo vi sia piaciuto.
A presto con il primo capitolo!
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
1 ~ Inaspettato, Natale 2021
“Weasley,
ti dispiace farti più in là? Sai, non respiro”
“Potter, perché non provi ad alzare il tuo di
dietro da quella sedia e a spostarti?
Non ti fa male fare un po’ di attività,
sai”
“Potrei arrabbiarmi, Weasley”
“Sto tremando di paura, Potter. Cosa mi farai, ti passerai
una mano nei capelli
sperando che cada ai tuoi piedi?”
“Merlino, da quando sei così simpatica? Ah, sai,
di solito quando una persona
parla, la si guarda negli occhi e non la si ignora”
“Non ti sto ignorando, Potter, visto che ti sto parlando.
Sono semplicemente
convinta che sia più gradevole una pagina di un noiosissimo
trattato di
Trasfigurazione piuttosto che la tua faccia da schiaffi”
Non
c’era da stupirsi se anche quel giorno io e James Sirius
Potter stessimo litigando. Era un’abitudine, ormai. Non lo
facevamo neanche per
cattiveria, era più forte di noi continuare a rispondere
all’altro in tono
sarcastico. Fin da quando eravamo bambini era così.
Be’, no. Da bambini preferivamo prenderci a schiaffi, proprio
perché ancora non
eravamo capaci di rispondere a tono ad una provocazione.
Ormai anche il resto degli studenti di Hogwarts si era abituato, era
diventata
una tradizione il nostro battibeccare per qualunque sciocchezza.
Anche quel giorno, il giorno di Natale di un lontano 2021, stavamo
litigando.
Eravamo gli unici rimasti ad Hogwarts per le vacanze Natalizie. Io
avevo tirato
fuori la scusa dei M.A.G.O, ma in realtà non morivo dalla
voglia di rivedere la
mia famiglia. Preferivo rimanere lontana da loro, in modo da non
rendermi conto
della mia diversità.
James invece...bah, sembrava avesse preso sul serio i M.A.G.O, cosa
assurda,
visto che lui non prendeva sul serio neanche se stesso.
Ed eravamo rimasti solo noi due ad Hogwarts, assurdo.
Noi e i professori, i professori e noi. Già il fatto di
rimanere da sola con i
professori mi metteva a disagio, poi considerando che come unica ancora
di
salvezza avevo il mononeurone primogenito Potter...ci sarebbe stato da
buttarsi
giù dalla Torre di Astronomia.
“Per
la mia faccia da schiaffi, come la chiami tu, molte
ragazze hanno perso la testa!” replicò
indispettito lui, incrociando le
braccia. Mi decisi ad alzare lo sguardo su di lui e inarcai un
sopracciglio,
scettica.
“Potter, non mi sembra criticare il cattivo gusto di molte
persone così
apertamente” lo rimproverai, con un sorrisetto sarcastico.
James alzò gli occhi
al cielo e mise su un’espressione esasperata. Doveva
costargli molto non
tirarmi il libro che stavo leggendo in faccia.
Se c’era una persona che era tanto fissata con
l’aspetto fisico da dover
guardare il proprio riflesso anche nel cucchiaio, quella era
sicuramente James
Sirius Potter, per cui, quando qualcuno faceva una battuta sulla sua (dubbia) avvenenza, diventava una belva.
Evidentemente, quel giorno cercava di trattenersi.
“Già, dici così perché non
hai il coraggio di apprezzare, vero Dominique?” Si
passò una mano fra i capelli ed io voltai il viso, nauseata.
Merlino, come
diventava antipatico con quel gesto! Non che prima non lo fosse...ma
almeno non
sembrava che si considerasse un divo.
“Apprezzare cosa, James? Se me lo dici, forse potrei pure
provarci”
Sentii la sua mano sulla mia spalla e sussultai, poi quella si
spostò al mio
viso. Scostò con un semplice gesto i boccoli biondi e prese
il mento fra due
dita, costringendomi a voltarmi.
“Ehm..non mi sento molto a mio agio, Potter...”
mormorai, mentre lui mi sorrideva sarcastico.
“Non vedi cosa c’è da apprezzare? Tutto,
Dominique, tutto. Il mio sorriso, le
mie fossette, i miei occhi maliziosi, i miei deliziosi
capelli...”
“Da spaventapasseri” intervenni, divincolandomi
dalla sua presa e incrociando
le braccia sotto al seno.
“Il mio torace scolpito...”
“Seh, da uno scultore cieco” borbottai, alzando gli
occhi al cielo, esasperata.
“Non hai visto, Weasley. Dovresti prima vedere per affermare
cose del genere –
tra l’altro molto false”
“Non ho alcuna intenzione di vedere qualunque cosa abbia a
che fare con te,
James Potter!” strepitai, arrossendo furiosamente ed
alzandomi dal tavolo.
“Seh, certo. Tu muori dalla voglia di vedere” mi
urlò dietro lui, con un
sorrisetto vittorioso sulla faccia da schiaffi.
“Oh, va al diavolo, Potter!”
Natale.
L’aria di festa si respirava in ogni stanza di Hogwarts,
nonostante non ci
fosse quasi anima viva.
Non mi era mai piaciuto il Natale.
A dir la verità non mi erano mai piaciute le feste, visto
che io venivo sempre
costretta a partecipare a quelle deliziose tavolate di famiglia, che,
se non si
era capito, odiavo.
Odiavo dovermi sentire diversa solo perché avevo capelli
biondi e occhi di
ghiaccio, solo perché non ero allegra, solare e vivace come
tutti i Weasley. Mi
dava fastidio essere perennemente additata come
strana, perennemente in cerca di una maschera di finta
impassibilità dietro la quale dovermi nascondere.
Ero stanca di essere quella che non ero. Ero strana, forse? No, ero
semplicemente una ragazza come tante, forse un po’ chiusa in
se stessa e molto asociale, ma non
ero strana. Non
ero diversa.
Almeno era quello che credevo.
“Dominique?”
Sbuffai, chiudendo immediatamente il libro che avevo fra le mani, e
alzai lo
sguardo sulla figura accanto a me. James era lì impalato,
con aria leggermente
imbarazzata e un piccolo sorrisetto sul viso. Stranamente non mi
risultò né
irritante, né fastidioso.
“Sì?” chiesi, inarcando un sopracciglio,
scettica. Cosa voleva da me
quell’essere che di umano aveva ben poco e che aveva avuto
addirittura il
coraggio di mettere piedi in biblioteca per chiamarmi?
“Io...ehm...Buon Natale!” biascica, arrossendo di
botto. Se l’avessi detto a
qualcuno non ci avrebbero creduto. James che arrossisce è
come....come Albus
con i capelli biondi, dai!
“Sì, James. So che è Natale. Buon
Natale anche a te” borbottai, storcendo il
naso e tornando alla mia lettura. Lui non demordeva. Si sedette davanti
a me e
continuò a fissarmi imbarazzato per almeno dieci minuti,
fino a quando non
decisi che era arrivato il momento di mettere fine a questa
sciocchezza. “C’era
qualcosa che dovevi dirmi, James?”
Avevo usato il suo nome, James. Non
lo facevo spesso, di solito ci chiamavamo per cognome oppure usavamo i
nostri
nomi per prenderci in giro, per dare un briciolo di
cordialità ad un rapporto
famigliare che non esisteva.
“No, dirti no” replicò lui, con un
sorrisetto enigmatico. “Da darti, più che
altro” Mise sul tavolo una scatola blu, non più
grande di un foglio di
pergamena. “Buon Natale, Dominique Weasley”
Rimasi di sasso.
Quello era un regalo? Per me? Da parte di James? Certo che il mondo
stava
proprio girando al contrario.
“James, cosa...”
Spinse verso di me la scatolina con un’aria divertita.
Io sospirai e mi costrinsi ad aprirla. E rimasi perplessa.
C’era una pergamena,dentro, e quello che doveva – voleva – essere uno spartito
musicale.
Be’, forse con un po’ di immaginazione quelle
macchioline poste su uno spazio o
su un rigo potevano sembrare addirittura delle note musicali.
“Lo so che non sono Mozart, però mi farebbe
piacere sapere cosa ne
pensi...Magari potresti suonarla, non so. Io non ne sono
capace...” Attaccò a
parlare a raffica, imbarazzato, ma, non appena posai il mio sguardo su
di lui,
tacque, rosso come un peperone.
“L’hai scritta tu?” chiesi, con
un’espressione stupita. Lui annuì, esitante.
“Tu? Per me?”
“Non conosco nessun altro che suoni il pianoforte
così divinamente quanto te”
mormorò, a bassissima voce, torcendosi le mani.
Cavoli, ed io che credevo fosse un mononeurone...
“James?”
“Uhm?”
“Io non ti ho fatto un regalo” Non decente, almeno.
Avevo comprato un maglione
ad Hogsmeade qualche settimana fa e avevo pensato di regalarglielo, ma
questo...questo spartito cambiava tutto. Avevo sempre pensato che mi
avrebbe
regalato una delle sue solite sciocchezze, tipo anellini e bracciali.
Il solito
scambio cortese di regali, obbligato dai nostri parenti.
E invece....
“A me basterebbe sentirtela suonare”
Ammiccò alla pergamena tra le mie mani. Io
abbassai lo sguardo su quella e sorrisi, intenerita.
“Ok, andiamo”
La
Stanza delle Necessità era il mio posto preferito, ad
Hogwarts, secondo solo alla Biblioteca. Solo che qui nessuno ti
guardava se
restavi troppo tempo a leggere un libro o se quel giorno eri
più asociale del solito.
Fin dal primo anno mi rifugiavo in questa stanza – di cui
Teddy mi aveva
parlato tempo addietro – per suonare un po’ il
pianoforte.
Avevo incominciato a prendere lezioni di pianoforte
all’età di sei anni,
affascinata dalla musica classica che avevo sentito a casa di zia
Hermione e a
diciassette anni ero in grado di suonare discretamente bene, lo ammetto.
Suonare mi liberava dall’ansia, dalla preoccupazione, da
qualsiasi cosa che non
fossero le note che scorrevano davanti ai miei occhi.
Da piccola mi vantavo di saper suonare anche ad occhi chiusi, credevo
che il
trucco per imparare bene a suonare fosse sapere la melodia a memoria.
Non era così, me lo spiegò il maestro, paziente.
Saper suonare il pianoforte significava riuscire a leggere le note
sullo
spartito e, contemporaneamente, riuscire a suonarle in un decimo di
secondo.
“Vieni, siediti accanto a me” mormorai, entrando
nella sala che ci aveva
offerto la Stanza delle Necessità. Era grandissima, con un
grande lampadario
sul soffitto – uno di quei lampadari da palazzi reali
– e un bellissimo
pianoforte al centro. Nero, lucido.
“Eh?” James fece una faccia stupita mentre io gli
indicavo lo spazio vuoto
accanto a me sul sediolino. “Accanto a te?”
“Sai, non mordo”replicai, con un
sorrisetto divertito, sistemando lo spartito sul leggio.
Lui fece un sorriso e si sedette accanto a me, con un sospiro.
Suonare era facile, lo sapevo. Per me era come respirare, come litigare
con James.
Ma quel giorno, la sua presenza mi lasciò un attimo
interdetta. E non perché non
avessi mai suonato per qualcuno, anzi. Ero arrivata a fare anche un
piccolo
saggio all’età di quattordici anni.
Questa volta, però, era diverso. Lo sentivo dentro di me.
Sentivo qualcosa che bruciava, in me, a partire dal mio ginocchio che
sfiorava
quello di James.
Poggiai le mani sulla tastiera del pianoforte e sorrisi, mentre James
mi guardava
in attesa. Adoravo quel momento, la pausa incoraggiante che precedeva
ogni
nota. Quel silenzio incerto in cui la melodia sembrava prendere vita
dentro di
me, prima di essere suonata.
“Nicky?” Il suo fiato sul mio collo, la sua
presenza accanto al mio corpo. Mi
ritrovai a sussultare e una accordo dissonante scaturì dal
pianoforte. “Ops,
scusa”
Sorrisi, le mie mani tornarono sulle note giuste e iniziai a suonare.
James,
accanto a me, trattenne il fiato e mi guardò stupito. La
melodia prese vita da
sola, a me non restava che seguire le note sullo spartito. E quella
cresceva,
rigogliosa, come una pianta. Avvolgeva me e lui in
un’atmosfera surreale, quasi
fuori dal mondo. Era così bella che mi veniva quasi da
piangere. Non riuscivo a
credere che quella sinfonia meravigliosa l’avesse scritta
James Sirius Potter,
era qualcosa di incredibile.
Ero certa che neanche io sarei riuscita a scrivere una cosa tanto bella.
E quando anche gli ultimi accordi svanirono, lui mi guardò
con aria seria,
un’aria che gli avevo visto raramente.
“Cosa c’è?” chiesi, stupita,
con le mani ancora bloccate sui tasti d’avorio.
“Tu...sei bravissima!” mormorò,
folgorato. “Quando l’ho suonata io non era
così!”
Risi, divertita.
“No, davvero. Tu...sei magica” iniziò a
giocherellare con un mio boccolo biondo
e fece un’espressione buffa che mi fece sorridere,
intenerita. “Non so come tu
abbia fatto, sei...un genio”
“Non dire sciocchezze, James” Arrossii, lui prese
il mio viso tra le mani.
Ecco, possibile che in un solo momento, da un mononeurone James si
trasformasse
in un essere tanto sensibile?
“Tu sei fantastica, Dominique, che lo voglia o no”
[Forse
è stato quel giorno che è iniziato tutto. Con il
mio viso fra le sue mani, i
suoi occhi puntati nei miei, le sue parole che mi ronzavano in
testa...forse è
stato quello l’inizio della fine. Sì, della fine
della vita.
O forse non si può dare un inizio a tutto. Forse era
destino, da quando eravamo
piccoli. Forse.
Ma non potrei dirlo con sicurezza.
E, mentre le mie dita scivolano lentamente verso un altro tasto, alzo
la testa
sullo spartito. Per
Dominique Weasley, c’è
scritto. Da James Sirius Potter.
Natale 2021 E una lacrima cade sui tasti
d’avorio.]
AngoloAutrice
Aggiornamento
lampo!
Vi ringrazio per i complimenti, siete davvero gentilissime. Spero che
questo
primo capitolo vi sia piaciuto. A me è piaciuto molto
scriverlo, sia per il
litigio iniziale che per la parte finale.
Ringraziamenti
_BellaBlack_:
Credo che tu abbia un’opinione
di me troppo alta, sul serio. Non riesco a credere che tu, a priori,
riesca a
pensare che certamente non ti deluderò. Mi sento caricata di
responsabilità J,
ma
non per questo mi dispiace, eh! Sono contenta che ti piaccia
già. Lo ammetto,
non credo che ci sarà mai un finale allegro. Non ne sono
capace! J
Grazie
mille, anche per il video (Anche io adoro quel film e soprattutto Adam
Brody)
Bec
Hale: Grazie,
grazie. Non so come
ringraziarti. Sai, mi è preso un colpo quando ho letto che
avresti sospeso la
fic e mi dispiace tanto. Spero che riavrai Internet al più
presto. Grazie mille
per i complimenti.
EllaYaYa:
Aggiornato!
Grazie mille per i complimenti e spero ti piaccia anche
questo capitolo J
lilyluna_4e:
Grazie,
non riesco a credere che tutti quegli aggettivi positivi sono
rivolti al mio piccolo prologo. Sono emozionata. Ti ringrazio molto,
eccoti il
seguito. Spero ti piaccia anche questo.
Capitolo 3 *** Capitolo 2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
2 – Inspiegabilmente, Gennaio 2022
“Hai
sentito la mia mancanza?”
Tornare lentamente alla normalità non fu difficile, eppure
quella complicità
instaurata tra me e James sembrò sparire
all’inizio delle lezioni.
Con l’inizio delle lezioni era compreso il rientro di tutti,
incluso quel
pallone gonfiato di Dorian Baston che, oltre ad essere il migliore
amico di
James Potter quindi nemico, era
anche
fissato con me. Diceva che, prima o poi, sarebbe riuscito a
conquistarmi.
Se Dorian Baston non fosse stato così assillante, avrei
anche potuto ritenerlo
un “candidato”.
Era carino, sì. Be’ –
devo ammetterlo – più che carino era molto bello. Uno schianto, avrebbero detto quelle
Tassorosso urlanti del terzo anno che lanciavano grida entusiaste
durante le
partite di Quidditch.
Era bello – ma non contava poi molto per me – ma
era – a sorpresa – uno degli
studenti migliori del nostro anno – dopo di me, ovviamente.
Era intelligente,
se non si contava quelle volte che diventava idiota solo per darmi
fastidio.
Ed era ironico, sarcastico, pungente...era perfetto!
Peccato che io non provassi la minima attrazione per lui. E che mi
stesse
sempre incollato addosso, venticinque ore su ventiquattro.
“Per nulla, Baston” risposi, secca, mentre lui
faceva una faccia contrariata.
“Ora, se non ti dispiace, vorrei andare a salutare mia
cugina...”
Feci per muovere un passo verso Rosie, chemi salutava dietro l’ingombrante presenza di
Baston, ma quello,
ovviamente, decise che non era il caso. Mi si piazzò di
fronte, in mezzo al
corridoio, in modo che io non potessi passare da nessuna parte.
L’ho già detto che lo odiavo?
Be’, ora lo sapete.
“Almeno un saluto adeguato, principessa!” si
lamentò, esasperato.Io
lo fulminai con lo sguardo e lo spinsi indietro,
disgustata.
“Sì, certo. Ciao, idiota”
Mi voltai e lo lasciai lì, ad attendere un saluto
più affettuoso che,
ovviamente, sarebbe arrivato solo se Hogwarts avesse iniziato a volare.
Quanto a Rosie, la raggiunsi solo dieci minuti dopo, ripercorrendo il
corridoio
con passo felpato, accertandomi che Dorian Baston non fosse nei paraggi.
~
“Ciao,
Dominique!”
Rose Weasley era una delle poche persone con cui andavo molto
d’accordo.
Oltre a lei, si contavano sulle dita della mano.
Rose Weasley, Lucy Weasley e Ted Lupin erano
le uniche persone che potevano vantare la mia amicizia.
Con Rose ero ancora più legata, anche perché
facevamo parte della stessa Casa –
Corvonero – e trascorrevamo molto tempo insieme in Sala
Comune. Lei era davvero
simpatica,mi
capiva benissimo quando
parlavo della mia diversità, diceva che certe volte si
sentiva così anche lei
che, con la sua passione per la lettura, dimenticava ogni cosa. Era
capace di
mettere in primo piano un manuale di Incantesimi al posto della
famiglia.
Rose mi somigliava tanto, solo non era acida come me.
Quel giorno sprizzava gioia da tutti i pori. Ci credo, con Scorpius
alla Tana
per le vacanze natalizie doveva essersi divertita parecchio.
“Ciao, Rosie. Come sono andate le vacanze?”le
domandai, mentre insieme ci
avviavamo verso la Sala Grande per il pranzo.
“Mi ha baciata”confessò, diventando
rossa come un peperone. Si sedette elegantemente al tavolo dei
Corvonero,
seguita da me. Solo che, mentre mi sedevo io, circa cento teste si
voltarono
nella mia direzione, occupate a vedere ogni singolo movimento del mio
corpo
perfetto.
Fulminai tutti con un’occhiataccia e mi rivolsi a Rosie, che
era talmente
felice da rendere elettrici i suoi già ribelli cappelli.
“Baciata?” chiesi, atona. A Rose non
sfuggì questa particolarità della mia
voce, ma era troppo entusiasta per rimproverarmi come avrebbe fatto
normalmente.
“Baciata!” trillò, eccitata e molte
teste si voltarono nella nostra direzione,
questa volta per fissare scettici mia cugina.
Merlino, cosa era successo alla mia cugina riflessiva e tranquilla? Se
l’era
baciata Scorpius Malfoy, ecco!
In quel momento Scorpius si sedette di fronte a noi con un sorriso,
ovviamente
indirizzato a Rosie. Lei arrossì timidamente e io alzai gli
occhi al cielo.
Non mi piaceva quell’atmosfera rose e fiori e, probabilmente,
non mi sarebbe
mai piaciuta. Non ero tipo da romanzi rosa. Non lo sarei mai stata,
neanche
sotto la Maledizione Imperius. Non credevo nell’amore, non mi
ero mai
innamorata.
E non ero di certo triste per questo.
~
“Ti
prego, aiutami”
“Ho detto di no, Potter” sibilai, nascondendomi
dietro il libro che stavo
leggendo. Ero piuttosto irritata, chiunque se ne sarebbe accorto.
Chiunque
tranne James, ovviamente.
“Ti chiedo aiuto, Dominique!” Rabbrividii sentendo
il mio nome pronunciato da
quelle labbra e preferirei non chiedermi il perché.
“Quale parte della parola
aiuto non comprendi?”
“Uhm...Quella in cui io aiuto te, forse?” chiesi,
ironica, senza neanche alzare
gli occhi dal libro. Non che fosse così interessante, ma
preferivo leggere quel
noioso tomo piuttosto che guardare quella faccia da schiaffi. E
sentirmi male, senza
neanche sapere per quale ragione. Sapevo solo che da quando avevo
suonato la
sua arrangiata melodia, qualcosa si era mosso in me, come un leggero
smottamento.
“Ti prego, farò tutto quello che vuoi, ti prego,
ti scongiuro...Non farmi
questo!”
Incurante di trovarsi in biblioteca, aveva iniziato ad implorarmi a
voce alta,
tanto alta che Madame Prince, più vecchia e raggrinzita che
mai, lo incenerì
con lo sguardo. E dire che quella non ci sentiva quasi più.
“Tutto purché tu smetta di urlare”
sibilai, aprendo la mia borsa. Lui sorrise
trionfante e mi abbracciò, in un vortice di entusiasmo. Io
feci una faccia
disgustata a quel contatto inaspettato, ma non dispiacque per nienteessere stretta al suo
corpo, così caldo.
“Ti amo, Dominique” disse, entusiasta, senza
pensare che poteva essere
frainteso. Non da me, ovviamente. Non ci avrei mai sperato...no, un
momento.
Perché avrei dovuto sperarci? Non ci avrei mai
creduto, semmai. Non sperato. Io non ci speravo.
“Oh, Potter. Addolorata di dirtelo, ma siamo cugini”
E in quell’istante mi resi conto anche io di quello e
– senza sapere perché –
mi ritrovai a restare a bocca aperta, senza riuscire a spiccicare
parola.
“Sai quanto mi dispiace, Weasley” Sentii le sue
mani scompigliarmi i boccoli
biondi, ma non vidi il suo gesto. Ero troppo folgorata per farci caso.
“Ehi,
Dominique, tutto bene?”
Era preoccupato, per me.
Non riuscivo a crederci.
“Non è niente, James. Sono solo stanca”
mormorai, scostandomi da lui con un
sorrisetto sul volto. Ritornai a frugare nella mia borsa e trovai il
libro di
Trasfigurazione, nel quale avevo nascosto il tema sulla Trasfigurazione
Umana
di cui James diceva di aver tanto bisogno,
Perché è a questo che servivo, vero? A fare i
compiti degli altri. E basta.
“Tieni” dissi, con tono incolore. James mi
guardò, con un sorriso riconoscente
sul volto.
“Grazie, Nicky” mormorò, allegro,
afferrando il tema e cacciando fuori dalla
sua borsa un foglio di pergamena. “Non so come
ringraziarti”
“Basta che non urli più” borbottai,
tornando al mio libro, ma James continuava
a fissarmi come in attesa. “Qualche altra cosa?”
chiesi, infastidita.
“Perché non dai una possibilità a
Dorian?” domandò, con un sopracciglio
inarcato, ma distogliendo lo sguardo dal mio viso e fissando i suoi
occhi sulla
mia pergamena.
“Una possibilità? A Dorian Baston?” Le
due parole erano, per me, incomprensibili insieme. Appartenevano a due
universi
separati, erano due linee parallele: non si sarebbero mai incontrate,
neanche a
sbatterle l’una contro l’altra. Non erano
compatibili quelle due parole.
“Be’, sì. Sai, non è
così male” Mi fece un sorriso ironico e io mi
ritrovai a
distogliere lo sguardo, imbarazzata. Non mi piacevano quei discorsi.
“Ma è...Dorian Baston!” pigolai,
storcendo il naso. James rise, divertito e
scosse la testa, tornando a scrivere il suo tema.
“Mi dispiace, ma non è una scusa valida per
rifiutarlo” disse, trattenendo a
stento la sua ilarità. Io incrociai le braccia sotto al seno
e lo fissai male.
“Per me lo è” borbottai, scostandomi un
boccolo biondo dal viso e fulminando
mio cugino con i miei occhi chiari. Lui mi fissò, con un
sorrisetto
inspiegabile che mi fece sentire stranamente su di giri.
“Dai, non è così male!”
Tornò a scrivere sulla sua pergamena, adocchiando di
tanto in tanto il mio tema.
Storsi ancora il naso, stringendomi nelle spalle con aria indifferente.
“E se gli piacessi solo per l’aspetto
fisico?” chiesi, con una vocina debole,
torturandomi le mani.
Mi aveva dato sempre fastidio essere circondata da persone che amavano
il mio
fisico e che non provavano niente per me. Non che volessi innamorarmi,
ma
questo mi feriva abbastanza.
Ero una bella bambolina e basta.
James sospirò e alzò lo sguardo dal suo tema, per
fissarmi con espressione
serissima.
Io rabbrividii quando vidi i suoi occhi castani fissarmi preoccupati e
distolsi
lo sguardo, con un sospiro tremante.
Non sapevo cosa stava succedendo in me e, onestamente, preferivo non
saperlo.
“Non potresti piacergli solo perché sei
bellissima. Non sei solo una bambolina,
Dominique. Sei anche intelligente, altrimenti non saresti la migliore
del
nostro anno. E sei brava col piano, hai suonato quella canzone
meravigliosamente.
E sei divertente, anche se hai una percentuale di acidità
piuttosto alta”
Sorrise, allegro e io gli risposi col migliore dei miei sorrisi. Se lo
meritava, quel sorriso. Non avevo mai sentito niente di più
bello riferito a me
e a stupirmi era il fatto che l’avesse detto James. James
Sirius Potter, quello
che credevo fosse un mononeurone.
Lui tornò a scrivere il suo tema,in silenzio, mentre io lo
guardo con un
sorrisetto inspiegabile.
“James?”
“Uhm?”
“Grazie”
E anche lui sorrise e quel sorriso mi accecò un
po’, mi scombussolò i pensieri,
mi annebbiò il cervello.
“Gliela darai una possibilità?”
“Perché lo fai, te l’ha chiesto
lui?” domandai, guardandolo con uno strano
sorriso. Non so se mi avrebbe fatto piacere saperlo.
“No. Mi da fastidio vederlo
così...abbattuto” spiegò, accantonando
per un
attimo il suo tema e facendo una faccia triste. “Ogni volta
che tu lo rifiuti
torna su in Dormitorio e si siede a guardare il vuoto. Resta
così per secoli e
se io gli chiedo cosa c’è che non va riesce solo a
mormorare il tuo nome”
Fossilizzata.
Ero fossilizzata. Non potevo credere che Dorian Baston ci tenesse
davvero a me.
“Lo farai? Proverai a dargli una
possibilità?”
Silenzio.
Non osai rispondere, anche perché sapevo benissimo la
verità.
“Non ora, James. Ora ho altro per la testa”
“Grazie per avermi ascoltato” mormorò,
alzandosi in piedi. Mi porse il tema con
aria divertita e mi fece un sorriso allegro, che mi fece arrossire
inspiegabilmente. “Tieni”
Afferrai la pergamena in fretta e feci un piccolo sorriso, mentre la
infilavo
nel libro di Trasfigurazione.
“Dominique?”
“Uhm?”
“Ti voglio bene”
Certo che appena arrivava una notizia scioccante la seguivano altre
dieci.
E io non potevo reggere una cosa, simile, Merlino!
“Eh?”
Lui rise, divertito, poi posò un baciosulla miafronteese
ne andò.
E un sorrisetto spuntò sulle mie labbra. Inspiegabilmente.
Dom,
ti ringrazio per avermi fatto prendere ispirazione dal tuo tema
– ovviamente
perfetto – perché sapevi che senza di te, io sarei
stata ucciso dalla prof.
So che, anche se fai finta di odiarmi – e non ti viene
neanche bene. Sei una
pessima attrice, Dominique -in
fondo –
molto in fondo – mi vuoi bene, per questo io ti ho detto di
dare una
possibilità a Dorian.
E’ un bravo ragazzo, Nicky, e ci tiene davvero a te. Mi ha
detto che gli piace
scambiare battute con te, hai sempre la risposta pronta –
come se io non lo
sapessi. Vorrei che tu fossi felice, Dominique, ma se ciò
non include Dorian
non fa niente.
Solo mi dispiace vedere il tuo volto perennemente arrabbiato
– anche se sei
molto carina ugualmente.
Oggi, quando hai sorriso,ho sentito il mondo girare più
veloce. Il tuo sorriso
è meraviglioso, mostralo di più.
Ti voglio bene.
James.
P.S.
:
Cavolo, la tua pelle è gelida!
Quel
biglietto era finito tra le pagine del mio libro, quel
libro che stavo leggendo quando James mi aveva raggiunta, ancora una
volta, in
Biblioteca. Chissà come aveva fatto a metterlo là
dentro, senza che io me ne
accorgessi.
Forse l’aveva fatto quando ero troppo scioccata per parlare e
per rendermi
conto di un suo gesto.
Lo ritrovai quella sera, aprendo il libo. Mi scivolò in
grembo delicatamente e
io lo fissai, accigliata, poi mi decisi ad aprirlo.
E, dopo averlo letto, un sorriso alleggiò sulle mie labbra
per tutta la notte,
inspiegabilmente.
[Non
mi piace ricordare, ma non ne posso fare a meno, ora, mentre le mie
dita
scivolano da un tasto all’altro, seguendo quella melodia che
James si era
impegnato tanto a scrivere. Si nota, questo. Ci sono macchie ovunque.
Non è
ordinato, questo spartito, ma è suo.
Affianco a questo, ho il bigliettino. Lo conservo ancora.
Inspiegabilmente.
E un’altra lacrima cade dai miei occhi.]
Angolo
Autrice
Forse
questo capitolo non sarà granché, ma mi sono
divertita
un mondo nello scrivere il dialogo tra James e Dominique, nonostante
sia un
filino serio.
Spero piaccia anche a voi.
Ringraziamenti
Bec
Hale:
Grazie,
gentilissima come sempre. Anche io adoro suonare il piano, per questo
anche
Dominique lo sa fare, nonostante lei sia più brava di me.
Diciamo che Dominique
è il personaggio in cui ho messo la maggior parte di me
stessa, per cui anche
io sono molto acida come lei. I battibecchi mi diverto da morire a
scriverli,
immagino le loro facce... Grazie ancora, spero anche questo capitolo ti
piaccia.
_BellaBlack:Grazie,
grazie mille. Mi fai
arrossire. Guarda, ti dirò, il capitolo precedente lo avevo
scritto in un
momento di sonnolenza acuta e, quando l’ho riletto, mi sono
chiesta se stavo
scrivendo di Dominique e James II o di Lily e James Potter,
perché anche a me
ha dato questa impressione. Però mi piacevano troppo quelle
battute *__*. Ti
ringrazio ancora.
miri743:
Grazie
mille per i complimenti. Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
cagnoletti2:
Grazie
ancora, eccoti un altro capitolo!
vale93:
Grazie
mille, eccoti subito un nuovo capitolo. Sono felice che ti piaccia.
Comunque ho
quattordici anni, purtroppo.
Capitolo 4 *** Capitolo 3 – Cambiamento, Gennaio 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
3 – Cambiamento, Gennaio 2022
Trovare
qualcuno che all’ultima lezione di venerdì stesse
attento era una vera e propria sfida, soprattutto se quella lezione era
quella
di Storia della Magia.
Quel giorno, infatti, ero l’unica ad ascoltare le lunghissime
spiegazioni di
Ruf, ma la mia attenzione iniziò a calare quando mi resi
conto che il mio
sguardo era attratto da ben altro che dall’ectoplasma.
Chissà perché, i miei occhi si immobilizzarono su
una figura seduta ad un paio
di posti da me. Una figura con spettinati capelli neri, sparati in
tutte le
direzioni, e un sorriso allegro sulle labbra rosee. Chissà
perché James Sirius
Potter era il catalizzatore di tutti i miei sguardi.
I miei occhi ne erano attratti, non potevo
spostarli. Seguivo ogni suo movimento con uno strano sorrisetto sulle
labbra.
Ero felice.
E a rendermi tale era James Potter.
Scribacchiavo qualche cosa sulla pergamena davanti a me, giusto per far
vedere
che - durante
quella strana lezione di
Storia della Magia in cui non mi concentrai affatto – fosse
tutto normale, ma sapevo
che non lo è per niente.
Sentivo che, in bene o in male, qualcosa – in me, attorno a
me – stava cambiando.
Non sapevo se questo cambiamento avrebbe portato qualcosa di buono o
meno, ma
sapevo che era qualcosa che non mi avrebbe lasciata indifferente.
Lo sentivo dentro di me, in quell’atmosfera che mi
circondava, nel sorriso
allegro che James mi rivolgeva di tanto in tanto.
Sentivo che il cambiamento era nell’aria, eppure non avevo
idea di quello che
avrebbe portato. Non potevo saperlo.
Cercavo
di prendere appunti, cercavo di seguire la
spiegazione del professore – ectoplasma, ma non ci riuscivo.
Era inutile, la
pergamena non attirava il mio sguardo come il volto di James,
illuminato da un
sorriso che gli faceva spuntare due fossette sulle guance. Non mi ero
mai resa
conto di quanto quelle fossette fossero carine.
E James, in quel momento, decise di voltarsi e di beccarmi a guardarlo con aria da
stupida.
Arrossii, imbarazzata, e spostai immediatamente il mio sguardo sulla
pergamena
piena di scritte inutili, coprendomi il viso con i boccoli biondi.
D’improvviso sentii una gomitata nelle costole da parte del
mio compagno di
banco, che, con aria irritata, mi passava un bigliettino scritto in una
scrittura quasi incomprensibile. Io gli feci un sorrisetto di scuse e
lui
arrossì e si voltò, imbarazzato.
Sorrisi, divertita, e posai il mio sguardo sul bigliettino.
Ehi,
Dominique,
non fare finta di nulla, lo so cosa stai pensando. Stai pensando che
sono un
figo, vero?
Be’, non hai tutti i torti
Non ti preoccupare, non mi da fastidio essere fissato.
Tanto lo so che ti piaccio.
James.
P.S.:
Idiozia a parte, perché mi stavi fissando?
Inarcai
un sopracciglio, scettica e quasi mi sembrò che
tutto fosse tornato normale. Però non era così,
perché lo sapevo che era in
corso un cambiamento. E quando c’era un cambiamento si poteva
andare avanti, ma
non tornare indietro.
Non si poteva riavvolgere il nastro, di qualunque cosa si trattasse.
Afferrai la piuma e inizia a scrivere, leggermente isterica.
Come si permetteva, quello?
Potter,
tu non mi piaci. Non. Mi. Piaci. Mettitelo bene in testa.
Non mi piaceresti neanche se fossi bellissimo, neanche se fossi
l’unico uomo
sulla terra, neanche se dovessi bere un filtro d’amore.
Chiaro?
Io e te siamo CUGINI.
Spero che tu l’abbia capito.
E
non
stavo fissando TE, vanitoso che non sei altro. Stavo fissando il vuoto.
Dominique.
Feci
una faccia implorante al mio compagno di banco – un ragazzo
di Grifondoro che aveva una cotta per me, tra parentesi – e
quello sorrise e
passò il bigliettino a James. Potevo notare anche da lontano
la differenza tra
la sua scrittura incomprensibile e la mia, chiarissima, forse un
po’ infantile.
Vidi James sorridere, intenerito, e incominciare a scrivere. Lo odiavo,
quando
sorrideva. Non è che lo odiavo, è che...quando
faceva quel sorriso riuscivo a
sentire ancora di più la presenza di quel cambiamento in me
stessa.
Cercai di concentrarmi un po’ sulla spiegazione, ma non
riuscii a capire nulla,
perché ogni tanto mi ritrovavo a guardare mio cugino.
Alla fine, mi passò il bigliettino con un sorrisetto ironico
sul volto.
Dominique,
Punto
primo:
Io sono
bellissimo. Non voglio scuse, lo sono e
basta. Punto due: Non farti del male da
sola, Dominique, dicendo che siamo cugini. Ti uccideresti con le tue
stesse
mani. Non ricordarlo, Nicky, non ti farebbe bene.
E non fingere che sia tutto normale.
James
Perché quelle parole mi fecero solo male?
Perché mi ferirono, mi uccisero, mi devastarono?
Perché anche James si era reso
conto di quel cambiamento che era iniziato in noi e attorno a noi.
Forse me lo sentivo, che quel cambiamento non avrebbe portato nulla di
buono.
Potter,
smettila di fare l’imbecille – anche se lo sei.
Per
favore,
Dominique.
James sorrise, vittorioso, e io fissai a lungo la mia pergamena prima
di
rendermi conto che quella macchia al centro esatto del foglio era una
lacrime. Mia.
~♥~
“Dominique?”
Non mi muovevo. La lezione era finita da un secolo, eppure io rimanevo
perfettamente immobile, seduta al mio banco con occhi vuoti, senza
neppure
sistemare le mie cose.
“Dominique, tutto bene?”
Dorian Baston si chinò per arrivare all’altezza
del mio viso. Aveva un’espressione
preoccupata, quasi temesse che potessi esplodere da un momento
all’altro.
“Sì, tutto bene” mormorai, atona,
stringendomi nelle spalle. Lui sospirò, con
aria rassegnata, e si alzò, facendosene per andare via.
“Dorian?” lo chiamai.
Lui si voltò, stupito. Lo avevo chiamato per nome. Non
l’avevo mai fatto e
credevo che non l’avrei mai fatto.
“Dominique?” Mi venne incontro, timoroso. Aveva
paura che stessi male?
“Mi aspetti?”
Mi alzai in piedi, un po’ barcollante e sospirai, tremante.
Dorian Baston
sospirò e, con un sorrisetto esasperato, mise le mie cose
nella borsa e me la
porse.
Io gli feci un sorrisetto riconoscente, poi, senza preavviso, scoppiai
a
piangere.
Non mi piaceva piangere, mi faceva sentire inutile, idiota, ridicola.
Piangere
non mi serviva, neanche a sfogarmi.
Eppure, quel giorno, scoppiai a piangere, disperata.
Non sapevo neppure perché, forse perché avevo
paura di quel cambiamento e non
volevo che avvenisse. Ma era troppo tardi, ormai. Era già
iniziato, l’avevo già
detto a me stessa. Eppure, avevo il terrore di quel cambiamento.
Dorian mi guardò, stupito. Non mi aveva mai vista piangere
e, probabilmente,
lui non avrebbe mai immaginato di farlo. Probabilmente, nei suoi sogni,
quando
c’eravamo io e lui, io di certo non piangevo.
Poi, incredibilmente, mollò la mia borsa a terra e mi
strinse in un abbraccio
goffo e impacciato.
Sentii il calore che le sue mani emanavano sulla mia schiena e posai la
mia
testa sul suo petto. Mi sentii bene, come quando James mi aveva posato
un bacio
sulla fronte. Ma Dorian non era James e dovevo ricordarlo.
“Ehi, Dominique?” Mi accarezzò
dolcemente la schiena e io iniziai a
singhiozzare più forte, terrorizzata. Mi aggrappai con forza
alle spalle di
Dorian, quasi avessi paura che lui potesse abbandonarmi.
“Dominique...”
Sussurrava il mio nome, come a consolarmi.
Quando le mie lacrime si calmarono un po’ mi scostai da lui,
con aria
imbarazzata, e gli feci un sorrisetto di scuse.
Lui mi diede un buffetto amichevole sulla guancia e mi sorrise,
intenerito.
Fissai a lungo i suoi grandi occhi verdi e allargai il mio sorriso,
sapendo
benissimo che se lo meritava, quel sorriso.
“Tutto bene, ora?” chiese, con voce preoccupata. Io
annuii e mi passai una mano
fra i capelli, imbarazzata.
“Sì, grazie mille” Afferrai la borsa che
lui aveva lasciato a terra e feci per
andarmene, ma lui mi trattenne per un polso.
Inarcai un sopracciglio, con aria sorpresa e lui divenne rosso come i
capelli
dei Weasley – ovviamente, tranne i miei. Io sono diversa, no?
“Posso fare la strada con te?”
Sei parole che mi sconvolsero non poco. Posso
fare la strada con te?
La risposta mi uscì spontanea.
“Sì” mormorai, con un sorriso. Lui
afferrò la sua borsa e sorrise, radioso e mi
seguì fuori dall’aula.
“Dominique?”
Mi voltai verso di lui, con un sopracciglio inarcato. Lui mi fece un
sorriso
allegro.
“Credi che io possa avere una possibilità con
te?” chiese, imbarazzato,
guardando ovunque tranne che nei miei occhi.
“U – una pos-
possibilità?”?” balbettai , incapace di
pronunciare quella
parola. Una possibilità? A Dorian Baston?
Era una cosa dell’altro mondo.
“Sì, be’...accetteresti di uscire con
me?”
“Sinceramente?”
Annuì, con un sorriso triste sul volto.
“Be’, ecco, se me l’avessi chiesto prima,
avrei sicuramente detto di no.
Assolutamente no. Però...te lo devo. Per avermi
consolata”
“Quindi...usciresti con me per ricambiare il favore? Per
senso di colpa?”
chiese, ironico, fermandosi di botto con un sopracciglio inarcata.
“Esattamente” Annuii con aria sicura, torturandomi
le mani, tesa.
“Bene, allora ci vediamo domani alle otto e mezza fuori al
cancello. Andiamo ad
Hogsmeade”
Mi scombinò affettuosamente i capelli con aria divertita e
se ne andò così,
lasciandomi stupita, con occhi sbarrati e uno stranissimo sorrisetto
sulle
labbra.
Angolo
Autrice
Lo
so che mi odierete dopo questo capitolo, ma capirete il
perché
di questo nel prossimo. E’ solo un capitolo di transizione.
Imploro la vostra
pazienza.
Ringraziamenti
lilyluna_4e:
Imploro
il tuo perdono, non avevo notato la tua scorsa recensione,
distratta come sono. Perdonami, perdonami, ti prego! Mi dispiace se ti
ho
delusa, ma capirai meglio nel prossimo capitolo. Grazie mille per i
complimenti,
spero cheanche
questo capitolo ti sia
piaciuta. E perdonami ancora.
Bec
Hale: Grazie
mille. Sai, ho adorato creare un personaggio, perché, in
fondo, la
Rowling può anche immaginarsela diversamente, Dominique.
Grazie mille,
davvero.Sono
felice che Dorian non ti
stia antipatico, perché non volevo che lo fosse.
Kimly:
Aggiornato,
spero ti piaccia anche questo capitolo, anche se un po’ corto
Jhaa:
Grazie,
grazie.I finali
tragici sono il mio forte, la
maggior parte della mia creatività va a quello. Spero ti
piaccia anche questo
capitolo.
Capitolo 5 *** Capitolo 4- Hogsmeade, Gennaio 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
4 – Hogsmeade, Gennaio 2022
Mi
sentivo ridicola.
Ridicola, idiota, stupida a conciarmi così per uscire
– che parola impegnativa
– con Dorian Baston. Insomma, con Dorian Baston!
A dir la verità non è che fossi conciata
chissà come. Avevo la gonna a pieghe
della divisa, il maglioncino blu e bronzo, il mantello nero e gli
stivaletti
neri, tanto per cambiare.
E non ero neanche eccessivamente preparata. I boccoli biondi mi
cadevano come
al solito lungo la schiena, morbidamente e i miei occhi azzurri erano
freddi
come sempre.
Eppure mi sentivo ridicola. Forse non dipendeva dal mio aspetto fisico,
forse
dipendeva dal fatto che mi sentivo ridicola ad uscire con Dorian Baston
dopo
anni di rifiuti.
Sì, forse era quella la causa del mio stato
d’animo.
Mi diressi verso il cancello della scuola, stretta nel mio mantello
nero.
Prima di arrivare fuori al cancello, però, sentii delle voci
provenire da
dietro una colonna, ma non riuscii a vedere a chi appartenevano.
“No, oggi non possiamo andare a fare uno scherzo a
Malfoy” borbottò una delle
due voci. Era indubbiamente quella di Dorian.
Inarcai un sopracciglio,curiosa.
Sapevo
che non dovevo farmi i fatti degli altri – mamma, da piccola,
mi aveva anche
punita perché avevo origliato una sua conversazione con
nonna Molly – eppure la
curiosità restava ancora uno dei miei principali difetti.
“Perché?” chiese l’altra voce
e un brivido mi percorse la schiena, nonostante
avesse pronunciato una sola parola. Era la voce di James.
Lo so che non aveva senso sentirsi così perché
avevo sentito la voce di James, mio
cugino, ma non potevo farne a meno. Quel
cambiamento mi stupiva ogni
giorno di più.
“Perché devo uscire con una ragazza”
Dorian sembrava imbarazzato,lo
sentivo nel suo tono di voce.
“La conosco? E’ carina?” Avvampai,
inspiegabilmente e, allo stesso tempo, una
collera montò in me. Perché James chiedeva se era
carina? A lui che importava?
“Ehm...è Dominique” Lo disse
velocemente, Dorian, quasi sperasse che James non
l’avesse sentito, ma James – quando si trattava di
questo – aveva un udito
sopraffine e, ovviamente, l’aveva sentito più che
bene.
“Dominique?”chiese.
Il suo tono di voce
sembrava quasi minaccioso. “Mia
cugina
Dominique?”
Un colpo al cuore
Per poco non mi accasciai a terra, senza fiato. Mia cugina.
Perché quelle parole facevano così male?
Perché erano vere, forse? Perché non
erano giuste?
“Sì, lei. Ha accettato di uscire con me.
Incredibile, vero? Dopo tutti questi
anni stavo per perdere la speranza...” Dorian non
continuò, ma sentii un
fruscio di abiti. Immaginai che Jameslo
avesse preso per il colletto della divisa. Lo faceva spesso con chi gli
dava
fastidio, il suo era un gesto istintivo.
Ecco, lo stavo anche difendendo.
James stava per picchiare il ragazzo con cui avevo un appuntamento e io
lo
difendevo! Questo era assolutamente ridicolo, ancora di più
di uscire con
Dorian.
“La mia
Dominique?” chiese James, con
voce furiosa.
Un altro colpo al cuore. Mia.
Quella parola mi ronzò in testa, insopportabilmente. Cosa
voleva dire? Che ero
sua cugina, che doveva chiedere a lui il consenso per uscire con me
– come
aveva fatto un tempo zio Ron con zia Ginny - ?
O che ero di sua proprietà, che nessuno poteva toccarmi?
“James, cosa ti prende?” domandò Dorian,
stupito.
Già, cosa gli prendeva? Non mi aveva detto lui di dare una
possibilità a
Dorian?
“Tu...viscido...traditore!”esclamò,
furioso. Io sobbalzai al sentire quelle parole. A cosa si riferiva
James?“Dominique!
Esci con Dominique!”
Perché il mio nome, detto da quelle labbra, mi sembrava
stupendo?
Cavolo, era James Potter!
“James, cosa...cosa vuoi fare con quel pugno?”
“Spaccarti la faccia, mi sembra ovvio”
Forse era giunto il momento di intervenire.
Mi spostai dalla colonna e corsi verso di loro, con aria preoccupata.
Inizialmente,
James non si accorse di me e fissò duramente il suo migliore
amico. Solo quando
posai una mano sul suo braccio si fermò, di scatto.
Al contatto con il suo braccio, dalla mia mano partì un
brivido che mi percorse
tutto il corpo.
“Dominique?” chiese, stupito, spalancando i suoi
occhi castani. “Cosa,
ehm...cosa ci fai qui?”
Mollò in fretta la presa dal colletto di Dorian e mi
sorrise, imbarazzato.
“Sì da il caso che io abbia sentito il tuo
programma per i prossimi cinque
minuti e che abbia deciso di intervenire per evitarlo” Feci
un segno di saluto
a Dorian che si rialzò, barcollando, e poi continuai a
fissare male James, che
arretrò un po’, sorpreso.
“Io...ehm...” balbettò, arrossendo di
botto, incapace di mettere due parole in
fila. Si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.
“Scusa, Dorian”
Il ragazzo scrollò le spalle e fece un sorriso allegro.
“Non fa niente, capita che qualcuno sia geloso delle ragazze
che ho” ammiccò
divertito alla mia figura e io avvampai, di botto, mentre uno strano
sospetto
si faceva strada in me.
James era...geloso?
E perché quel pensiero mi rendeva stranamente felice?
“Baston...” Lo fulminò von lo sguardo.
Sorrisi, per alleviare la tensione, e mi avvicinai a Dorian. Gli
sistemai il
colletto della camicia e il maglione alzandomi in punta di piedi, con
aria
esasperata e lui arrossì nel momento in cui la punta delle
mie dita sfiorò la
sua pelle.
“Andiamo?” chiese, imbarazzato, con un sorriso che
andava da orecchio a
orecchio. James ci fulminò ancora, poi e se ne
andò, lasciando me e Dorian,
terribilmente soli.
~♥~
“Letto
qualche bel libro, di recente?” Dorian si torturava
le mani con aria imbarazzata, con le guance imporporate e i capelli che
gli
ricadevano sulla fronte e sugli occhi verdi. Era così tenero
che sentii
qualcosa al cuore, guardandolo.
“Ho appena finito di rileggere Storia
di
Hogwarts” mormorai, giocherellando con un mio
boccolo biondo, con un
sorrisetto sulle labbra. Guardai il mio accompagnatore, insolitamente
allegra. “E’
il mio libro preferito”
“Non trovo che sia così interessante. In molti
punti diventa noioso” borbottò
lui, in risposta, storcendo il naso con aria un po’
disgustata. “Però...i gusti
non si discutono, no?”
Rimasi a guardarlo per un attimo, stupita. Mi fermai, addirittura. Non
riuscivo
a digerire la notizia, era qualcosa di assurdo per me.
Dorian mi guardò, curioso, e mi venne incontro.
“Tutto bene?” chiese, preoccupato, corrugando il
bel volto in una smorfia
terrorizzata. Aveva paura che scoppiasi di nuovo a piangere,
probabilmente.
“L’hai letto?”
chiesi, stupita. “Hai
letto Storia di Hogwarts?”
la mia
voce era leggermente stridula,
frutto
di quell’incredulità che mi aveva colpita.
Dorian rise, divertito, e mi scompigliò i capelli, in un
gesto così inusuale,
eppure così bello nella sua spontaneità.
“Certo. Non sono mica uno zotico. E’ un classico,
ora, no?”
Spalancai la bocca. Troppe novità in un solo secondo.
“Io...tu....per Merlino!”
Dorian rise ancora, poi prese una delle mie mani fra le sue, calde.
Calde nonostante
non portasse i guanti e nonostante fosse pieno Gennaio con tanto di
neve.
Dorian era un camino ambulante, Merlino.
“Lo so, è scioccante, non è
vero?” chiese, camminando e tirandomi leggermente.
Mi fece un leggero cenno col capo, come a dire di andare, e sorrise.
“Decisamente” mormorai, folgorata, lasciandomi
trascinare da lui, che rideva,
divertito.
“Oh, guarda. Nevica” esclamò lui,
alzando lo sguardo verso il cielo. Lo feci
anche io e sorrisi, amaramente. La neve ero io, era il mio elemento.
Fredda
come me. Mi sarei trovata a mio agio, in quel paesaggio bianco.
Dei fiocchi di neve mi caddero fra i capelli e Dorian ,con il solito
sorriso,
si sporse a togliermeli, mentre altri cadevano sulla sua mano. Avvampai.
Sorrisi, poi mi lasciai trascinare da lui. Mi condusse dai Tre Manici
di Scopa
con un sorrisetto e mi aprì la porta, galantemente.
Sorrisi a mia volta ed entrai, divertita.
Mi sedetti ad un tavolino e Dorian ordinò due Burrobirre,
mentre io mi guadavo
attorno. Non c’era la solita folla, forse perché
era abbastanza presto, ma una
Burrobirra mi avrebbe scaldata.
Il professor Paciock ci sorrise da dietro al bancone e ci
passò le Burrobirre.
Io salutai il professore con un sorriso allegro: quel professore mi era
sempre
stato simpatico, non avevo mai visto nessuno così
comprensivo. E – come se non
bastasse dover insegnare a marmocchi etti che non ne volevano sapere
niente –
durante i fine settimana aiutava la moglie – Hannah Abbott -nel suo locale. Era
così gentile, quell’uomo.
Dorian mi venne incontro con due boccali di Burrobirra fumante e mi
porse il
mio, sempre con quel sorriso allegro di sempre. Era incredibile, non si
annoiava mai di sorridere.
Gli sorrisi di rimando, imbarazzata, e presi un sorso della mia
Burrobirra, ma,
ovviamente, mi scottai.
Mentre lui rideva divertito, la porta del locale si spalancò
e, in un turbinio
di neve, entrò James Sirius Potter, con aria imbronciata e
le mani nelle
tasche.
“Ehi, Jamie!” il professor Paciock gli fece un
segno di saluto e gli sorrise,
allegro, ma James non sorrise affatto e – dopo un mogio cenno
di saluto – si sedette
ad un tavolino e si prese la testa fra le mani.
Feci una faccia interrogativa a Dorian, ma lui scosse la testa, stupito.
Mi alzai istintivamente dal mio tavolo con un’alzata di
spalle. Dorian annuì,
preoccupato, mentre io mi ero seduta al tavolo accanto a James.
“Ehi, Potter?” chiesi, cauta. Lui
sobbalzò, stupito e mi guardò terrorizzato.
“Dominique?” Il mio nome, detto da quelle labbra,
sembrava persino bello. “Cosa
ci fai qui? Non eri con Dorian?”
Gli indicai il suo migliore amico con un sorrisetto, mentre lui faceva
una
smorfia disgustata.
“Cosa ti preoccupa, James?” chiesi, mettendo la mia
mano sulla sua, con aria
preoccupata. Lui sobbalzò ancora e tolse la sua mano dalla
mia stretta, per poi
guardare Dorian.
“Perché non vai da lui? Che ci fai qui a rovinarti
l’appuntamento?”
Rancore. Questo si sentiva benissimo nel suo tono di voce. Rancore,
astio nei confronti
del suo migliore amico. O nei miei confronti? Ci odiava?
“Te l’ha chiesto Dorian di venire qui a parlarmi?
Sì, immagino che tu non
verresti di tua spontanea volontà” si
alzò dal tavolo e fece un altro cenno di
saluto al professore, per poi mettersi le mani in tasca e rimettersi
sul viso
quell’espressione triste che mi fece venire una stretta al
cuore.
“No. Io...”
“Fammi il piacere, Dominique. Smettila di
torturarmi”
Rimasi stupita da quelle parole. Smettila
di torturarmi. Tre parole che mi spaccarono il cuore in mille
pezzi. Smettila di torturarmi.
Sentii le lacrime che affioravano agli occhi, la stranissima e inusuale
sensazione del pianto, ma cercai di trattenermi, mordendomi le labbra.
“Dorian, ti spiace un attimo?” chiesi al mio
accompagnatore, con voce tremante,
Lui fece segno di no, stupito. Probabilmente non aveva mai visto il suo
migliore amico comportarsi così. “Devo
parlargli”
James rimaneva immobile, davanti a me, con espressione tormentata. Lo
agguantai
per il mantello e lo trascinai fuori dal locale con aria furiosa. Una
volta
giunti fuori dal locale gli diedi un sonoro schiaffone.
Non so cosa feci, non ero mai
stato
un tipo violento. Eppure, le dita stampate sulla guancia di James erano
– senza
alcun dubbio – le mie. Rimasi a guardarlo a bocca aperta.
Cosa mi era preso?
“Sì può sapere cosa ti
prende?” chiese lui, dando voce ai miei pensieri.
“A me?” urlai, stupita- dal suo
comportamento, da me stessa -, mentre poggiavo le mani sul suo petto e
lo
allontanavo, furiosa. “Si può sapere cosa prende a
te? Per poco non picchi
Dorian, il tuo migliore amico, poi mi tratti come se fossi un
escremento di
Ippogrifo. Mi dici che ti sto torturando.
Che ti prende, James?”
“Cosa ti importa?” chiese, mentre una lacrime
scendeva lungo la sua guancia e
cadeva sul suolo, sulla neve candida, sulla neve fredda come me.
Rimasi congelata da quell’unica lacrima che gli
solcò la guancia, come se uno
strato di ghiaccio vi avesse avvolta.
James Potter piangeva.
“Io...”
“Tu, tu. Sempre tu.
Perché non torni
da Dorian, Dominique?” chiese, con voce amara. Mi fece male,
quella voce. Un
male cane. Non riuscivo a credere che quel dolore sordo al cuore fosse
frutto
di quelle parole. Parole piene di tristezza.
“James...cosa
c’è?” chiesi, con voce
tremante, prendendo la sua mano fra le mie. Lui si sottrasse dalla mia
presa e mi
fissò male. Non riuscivo a distinguere bene la sua figura, i
miei occhi erano
offuscati già dalle lacrime.
“Nulla!” esclamò lui, in risposta,
allontanandosi bruscamente da me. Non potevo
credere che solo quel gesto potesse fare tanto male.
“James...” provai a dire, sporgendomi verso di lui,
che si mordicchiava le
labbra, con il viso devastato.
“Va’ via, Dominique. Non voglio parlarti”
Mi rivolse un’ultima occhiata, prima di voltarsi e di
lasciarmi lì. Io
singhiozzai, disperata, mentre dentro di me qualcosa si incrinava.
~♥~
“Dominique?”
Nascosi il viso tra le braccia di Dorian, disperata. Lui
sospirò, rassegnato, e
mi accarezzò la schiena, preoccupato.
“Scusami, scusami. Ti sto rovinando la giornata”
singhiozzai, sul suo petto.
Lui sospirò ancora e mi posò un bacio sulla
fronte.
“Non fa niente, Dominique” sussurrò,
mentre la neve iniziò a cadere su di noi,
sulla panchina su cui eravamo seduti e su tutta Hogsmeade.
Non potei fare a meno di chiedermi se quella neve stesse cadendo anche
su
James, se stesse imbiancando anche i suoi capelli, se stesse congelando
anche
le sue mani.
“Scusa” mormoro, allontanandomi da Dorian e
asciugandomi le lacrime che
continuano a solcarmi le guance, imperterrite.
“Vedrò di scoprire cos’ha che non va,
Dominique. Te lo prometto” mi” diede un
buffetto sulla guancia con una sorta di sorrisetto. “Non mi
va di vederti
triste, Dominique. E se James ti ha trattato una schifezza ti prometto
che
correrà a chiederti scusa
Sorrisi, amaramente.
“E come pensi di riuscirci?” chiesi, torturandomi
le mani.
“A calci, mi sembra ovvio”
Mi lasciai andare in un sorriso, mentre Dorian mi scompigliava
affettuosamente
i capelli.
Strano pensare che fino ad un giorno prima lo odiavo.
“Andrà tutto bene, Dominique. Vedrai”
Avrei voluto crederci.
Angolo
Autrice
Potete
prendermi a calci, ora.
Potete odiarmi ancora di più, ora.
Mi faccio piccola piccola e mi riparo con lo scudo mentre mi lanciate i
pomodori.
Ringraziamenti
lilyluna_4e:
Grazie
mille, grazie davvero. E grazie per avermi perdonata – e aver
perdonato la mia distrazione . Sono felice che anche questo capitolo ti
piaccia
e sono lieta di sapere che Dorian non ti è così
antipatico. Spero che anche
questo ti piaccia.
Kimly:
Grazie,
grazie mille. Spero che questo capitolo ti piaccia.
cagnoletti2:
Penso
che dai prossimi capitoli la storia entrerà “nel
vivo”, ma sono
felice che ti piaccia ugualmente adesso. Spero ti piaccia anche questo
capitolo.
Christy
94: Grazie
mille, grazie davvero. Eccoti un nuovo
capitolo, spero ti piaccia anche questo.
Bec
Hale: Grazie,
sono felice che ti piaccia e che
ti piaccia Dorian. A me piace moltissimo
come personaggio – si, lo so, sono molto modesta - e mi diverto a parlare di
lui. Grazie mille,
spero ti piaccia anche questo capitolo.
Jhaa:Grazie
mille, sono davvero felice che ti piaccia.
Dorian è un personaggio che io amo molto, soprattutto con
Dominique e sono felice
che piaccia.Grazie
mille.
Capitolo 6 *** Capitolo 5 – Appartenenza, Febbraio 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
5 – Appartenenza,
Febbraio 2022
Il
tempo passa.
Sembrava una sorta di presa in giro, sentirsi dire quella frase. Il tempo passa.
Ridevo, amaramente. No, il tempo non
passava. Restava
immobile, fermo a quel sabato che aveva visto il mio cuore spezzarsi in
frammenti
irrecuperabili. Il tempo si era fermato a quel giorno,
l’ultimo in cui James mi
aveva rivolto la parola.
Gli orologi restavano fermi, le lancette dei secondi non ticchettavano
più come
al solito. Solo un assurdo silenzio mi circondava.
Era difficile andare avanti, nonostante fosse passato un mese. James
era
diventato una presenza costante nella mia vita e vederla scomparire
completamente, senza alcun preavviso, mi aveva distrutta. James.
Il suo nome risuonava perennemente nella mia testa. Mi rimbombava nelle
orecchie durante la notte, come una sorta di sinistro ritornello. James. James. James.
Il rumore dei passi aveva il suo nome, le gocce di pioggia che si
infrangevano
contro il vetro della finestra avevano il suo nome. Plic, plic, plic. James. James. James.
Era una litania senza fine, una nenia che mi tormentava giorno e notte. Plic. Plic. Plic.
James. James. James. Non mi dava tregua, era estenuante. Era una battaglia che
sapevo non avrei
mai vinto. Plic. Plic. Plic.
James. James. James.
“Mi stai ascoltando?”
Mi riscossi e scostai la fronte dal vetro della finestra, mentre le
gocce di
pioggia continuavano a sussurrare il suo nome.
“No” borbottai, tetra, fissando Rosie con aria
imbronciata. Rose sospirò e si
sedette sul letto, accanto a me, con espressione indecifrabile.
Rosie era così. Se c’era qualcosa che, intorno a
lei, non andava, cercava di
cambiarlo, di farlo andare. E se non ciriusciva si intristiva.
Rosie non riusciva a farmi tornare il buonumore- come se
l’avessi mai avuto.
Non ci riusciva né lei, né Dorian e neanche Lucy,
con le sue battute e le sue
assurde preoccupazioni di cui ridevo.
Perché, all’improvviso, le assurde preoccupazioni
di Lucy – diciassettenne, ma
tredicenne di mente – diventavano le mie. James non mi parla più. Quello era il solito problema di mia cugina, il fatto che un
ragazzo non le
rivolgesse la parola. E io ci avevo sempre riso su.
Eppure, adesso, quel problema tornava a colpire, sbagliando la
traiettoria,
però. Colpiva me e non Lucy, perché era a me che
James non parlava.
L’assenza di James, il vuoto lasciato dalla sua presenza, mi
faceva male. Ero
abituata a vivere nella solitudine, eppure non riuscivo ad accettare la
mancanza di James.
“Dai, Dominique” mormorò, storcendo il
naso e prendendomi la mano. “Scendiamo
per cena”
Rosie sapeva la risposta che le sarebbe arrivata, eppure non si
arrendeva. Non
si arrendeva all’idea che io non volessi scendere, che non
volessi vivere. No,
non si arrendeva e avevo il sospetto che non lo avrebbe mai fatto. E
continuava
a dirmi la stessa cosa, ogni volta. Scendiamo
a cena. O a pranzo.
Nonostante io le dicessi sempre no, Rosie era lì, ogni
volta, con quel sorriso
instancabile, pronta a cercare di tirarmi su.
Non ci sarebbe riuscita, ma era bello sapere che lei ci sarebbe stata,
qualunque cosa fosse successo.
“No, non ho fame” borbottai, iniziando a torturare
un boccolo biondo con aria
fintamente indifferente.
Lei sospirò e si passò una mano tra i capelli
già normalmente ribelli.
“Dai, Dominique! Scorpius ci aspetta!”
esclamò, cercando inutilmente di
trascinarmi fuori dal dormitorio.
“Ci aspetta? A quanto ne
so, Scorpius
aspetta te” mormorai,
fissandola con
un sopracciglio inarcato. Lei fece una faccia esasperata e
sospirò. Sembrava
irritata.
“No, Scorpius mi ha pregato di farti scendere. Ha detto che
senza le tue
battutine acide non c’è gusto a stare al tavolo
dei Corvonero”
La fissai male e tornai a rivolgere lo sguardo alla pioggia, che
batteva più
forte contro il vetro. Sembrava volesse romperlo.
“Dai, Dominique. Anche Dorian vuole vederti!” Dorian.
Dorian non era riuscito a parlare con James. Diceva che James rifiutava
di
parlargli e che non riusciva a capire cosa gli fosse preso.
Anche Dorian stava male, eppure non si abbatteva come me. Lui riusciva
a
guardare avanti, riusciva a sorridere.
Perché era così difficile per me?
“E va bene, ma questa è l’ultima
volta” borbottai e mi alzai controvoglia dal
letto, per seguire Rose fuori dal dormitorio, fuori dal mio unico
rifugio.
Mi sentivo nuda, mentre attraversavo i corridoi che portavano alla Sala
Grande.
Come se le persone avessero letto nel mio animo il perché di
quell’umore. E mi
sentivo sporca, macchiata di una colpa che non avevo commesso e che non
avrei
dovuto commettere.
Mi strinsi nelle spalle, come a proteggermi, fino a quando non
arrivammo in
Sala Grande. Avevo paura che la gente si voltasse verso di me, che mi
guardasse
dall’alto in basso, disgustata dai sentimenti che sentiva
nascere in me.
Mi sedetti al tavolo dei Corvonero in fretta, quasi avessi paura di
quegli
sguardi, che, ovviamente, non sapevano nulla.
“Oh, finalmente sei arrivata, Dominique! Mi mancavano le tue
battutine acide,
sai. Non era la stessa cosa...”
“Fa’ silenzio, Malfoy” gli intimai.
Scorpius mi guardò con aria scettica, ma
non disse nulla e si limitò a portare il suo sguardo sul suo
piatto, mentre
Rosie alzava le spalle, esasperata.
Cenammo in silenzio, io con gli occhi fissati sul mio piatto
– prontamente
riempito da mia cugina, che aveva paura che non mangiassi -e Rose e Scorpius che si
guardavano,
preoccupati, e guardavano me.
Mi alzai quasi subito, sotto lo sguardo di mia cugina e del suo
ragazzo,
preoccupati, e feci per uscire dalla Sala, quando mi venne
l’idea di voltarmi
verso il tavolo dei Grifondoro e vidi che James mi stava fissando.
Fu come se il mondo fosse stato scosso da un violento terremoto e mi
fosse
mancata per un attimo la terra sotto i piedi. Tutta la gente intorno a
me smise
di esistere. Il chiasso, la confusione, gli sguardi preoccupati di Rose
e
Scorpius svanirono in un istante. Esistevamo solo io e James, solo i
nostri
occhi incatenati, solo i nostri visi devastati.
Una frazione di secondo più tardi, James si voltò
e mi lasciò lì, a boccheggiare,
senza fiato, sconvolta dal dolore che sentivo montare dentro di me.
“Dominique?” Una voce rassicurante, una mano sulla
spalla. Sobbalzai e mi
voltai verso Dorian. Sapevo che era lui, lo sapevo nel rumore dei suoi
passi
quando mi si avvicinava, dalla sicurezza che mi trasmetteva la sua
stretta.
“Andiamo” mi disse ed io lo seguii, vuota, stordita.
“Che fai, piangi?”
Mi asciugai quella lacrima che era scivolata lungo la mia guancia
candida e
tirai su col naso, stringendomi nelle spalle.
“Oh, Dominique” Mi strinse tra le sue braccia, in
un corridoio vuoto e buio,
con le sue mani calde e rassicuranti sulla mia schiena,il suo respiro regolare accanto al mio e le
sue vuote parole di consolazione.
~♥~
La
Rivolta dei Giganti del 12301239 Sbuffai,
il tema non mi riusciva proprio. Neanche quella volta.
Le precedenti volte ci aveva pensato Dorian, ad aiutarmi. Ma questa
volta
Dorian era agli allenamenti di Quidditch e io-da sola –non ero capace di fare nulla.
Rosie e Scorpius erano da qualche parte a tubare come due piccioni,
Lucy era
agli allenamenti di Quidditch assieme a Dorian e il mio tema non poteva
di
certo scriversi da solo.
Impegno. Ci voleva solo quello.
Facile pensarci, ma difficilissimo a farsi.
Chissà perché, ogni volta che provavo a scrivere
qualche cosa, il pensiero
correva immediatamente a James e il suo viso mi creava tanto scompiglio
da
farmi dimenticare di scrivere il tema.
Il suo ricordo era di quanto più doloroso potesse esistere
sulla Terra. Mi
faceva male al cuore, il pensiero del suo viso.
Lo sentivo spezzato in mille frammenti, il mio cuore, che non avrei mai
potuto
recuperare.
Mi alzai dal mio tavolo della Biblioteca e uscii da lì.
Avrei fatto il tema con
Rosie, quella sera. Sapevo che lei mi avrebbe aiutata. Lei era
così altruista.
Mi strinsi nelle spalle e iniziai a camminare senza sapere dove stessi
andando.
Solo quando mi ritrovai fuori, all’aria aperta, mi resi conto
di essere finita
al campo di Quidditch.
Nel cielo sfrecciavano a velocità incredibile i ragazzi di
Grifondoro. Riconobbi
l’inconfondibile chioma – nera con riflessi azzurri
– di mia cugina Lucy, che
sfrecciava più veloce di tutti.
E riconobbi anche James. Non so come feci, forse era il mio istinto che
riusciva a riconoscerlo. Non dipendeva dai suoi capelli nerissimi, una
macchia
d’oscurità nel cielo azzurro, e neanche dalle sue
grida furiose verso Lucy, di
rimprovero.
No, era qualcosa che dipendeva da me. Sapevo che sarei stata capace di
riconoscerlo in mezzo a mille persone con gli stessi capelli e gli
stessi
vestiti, sapevo che l’avrei trovato ovunque,
perché sapevo che io e lui eravamo
– per quanto incomprensibilmente – legati in
qualcosa che ci stava cambiando
profondamente.
Io gli appartenevo, lo sentivo. Lo sentivo in ogni cellula del mio
corpo, anche
se lui non poteva saperlo.
Era una sensazione stranissima. Dolorosa, sì,
perché le parole di James
bruciavano ancora nella mia anima, eppure, quel senso di appartenenza
– così
nitido che mi faceva quasi paura – mi fece sentire meglio,
alleviò il mio
dolore.
“Dominique!”
Dorian gridò il mio nome, scendendo dal suo manico di scopa.
Non mi ero neanche accorta che gli allenamenti fossero finiti, presa
com’ero a
guardare James.
Dorian mi veniva incontro, con quel sorriso onnipresente e
rassicurante, mentre
James, dietro di lui, diventava improvvisamente tetro. Chissà cosa gli avevo fatto...
“Che ci fai qui?” mi chiese Dorian, scostandomi un
boccolo biondo dalla fronte
e sorridendomi. Io tirai su col naso e gli feci un sorriso tirato.
“Non lo so, sono arrivata qui senza sapere come”
Lui sospirò, stringendomi le mani gelate, poi
lasciò la presa e si strinse
nelle spalle, gelato.
“Io vado a cambiarmi. Mi aspetti?” mi chiese,
preoccupato come al solito. Mai
una volta che Dorian Baston non fosse preoccupato per me.
Non riuscivo a credere che mi volesse accanto.
Annuii, mentre lui si allontanava. Un silenzio improvviso mi
circondò. Un
silenzio cristallino, puro. Un silenzio che faceva quasi male.
Tutti i giocatori si erano fiondati negli spogliatoi, lasciandomi da
sola a
scrutare il cielo azzurrino.
“State insieme?” Quella voce mi fece sobbalzare e,
immediatamente, sentii le
lacrime agli occhi. Era da
più di un mese che non la
sentivo. James.
James mi parlava.
Mi voltai verso di lui e sentii il mio cuore sobbalzare. Sembrava che
tutti i
pezzi si stessero cercando per tornare insieme.
“No” sussurrai, guardandolo e seguendo ogni suo
movimento con lo sguardo. Lui
annuì, con espressione cupa. “Perché
gli fai questo, James? Mi hai detto tu di
dargli una possibilità”
Lui neanche mi guardò. Si limitò a voltarsi ed a
incamminarsi verso gli
spogliatoi.
“Perché le cose cambiano, Dominique. A volte
troppo in fretta”
Lo sapevo fin troppo bene, James.
Non c’era bisogno di sentirselo dire.
Angolo
Autrice
E’
il capitolo più deprimente che io abbia mai scritto,
assolutamente. Mi sono depressa io mentre lo scrivevo, quindi pensate
un po’.
Non sapete come sia felice che Dorian piaccia *__*
Mi dispiace molto aver fatto piangere le mie lettrici con il capitolo
precedente, perdonatemi. J
Ringraziamenti
lilyluna_4e:
Ah,
Dorian è teneroso perché mi piacciono i
personaggi così. Mi dispiace
averti fatto piangere, però. Grazie mille per i complimenti.
*__*. EllaYaYa: Aggiornato! Be’, Dominique non
è che ha capito bene come vanno
le cose e perché James si è arrabbiato con
Dorian...Grazie mille per i
complimenti.
Corvetta: Sono felicissima che ti piaccia la storia
– e Dorian è
felicissimo di aver trovato un’altra fan – spero ti
piaccia anche questo
capitolo. Bec Hale: Non so esattamente quanto
durerà questa storia, credo che ci
saranno abbastanza capitoli. Grazie mille, tu mi fai arrossire. Sapessi
io
quanto mi sono depressa scrivendolo e rileggendolo, quel capitolo.
Grazie
mille, davvero.
Kimly: *Mesi
ripara con il suo
scudo d’emergenza* No! I pomodori no! Hai controllato se
almeno erano maturi?
Non vorrei rischiare! XD. Scherzi a parte, grazie mille. Eccoti un
nuovo
capitolo.
kikka_1990: Sì, Dominique è la seconda
figlia di Fleur e Bill, ma la
Rowling non ha neanche accennato a lei. E’ solo un nome
scritto dal suo albero
genealogico. Ho voluto darle un carattere molto particolare, proprio
per
renderla mia personale – sapessi quanto mi ci ritrovo io, in
questa poveretta!
Grazie per i complimenti.
Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Mentire a se stessi ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
6 - Mentire a se
stessi
Mentire
a se stessi è un arte e nessuno ci riesce bene quanto
Dominique Weasley.
Dicevano proprio così, in casa. I Weasley lo sapevano.
Dominique Weasley sapeva
mentire alla propria anima meglio di chiunque altro.
Lo sapeva anche James.
Sapeva che, per quanto facessi finta che tutto fosse normale, stavo
mentendo.
Mentivo a me stessa, per proteggermi dal dolore spaventoso che mi
avrebbe
invasa se non avessi provato a mentire.
Dorian lo sapeva, Dorian riusciva a capirmi con uno sguardo.
Eppure, non mi diceva nulla.
Continuavo a ripetergli che io stavo bene, che di James non me ne
importava un
tubo e lui annuiva, convinto. Ma sapeva che stavo mentendo.
Lo sapeva anche Rosie, anche Scorpius.
Eppure mi lasciavano parlare.
Perché sapevano che non ci guadagnavano nulla a correggermi.
~♥~
“Ora
scambiatevi le tazze, prego”
Ci fu un tintinnio di ceramica e la tazza di Dorian finì sul
mio piattino,
mentre lui scrutava la mia con sguardo attento.
“Uhm...Si capisce che questa è la tua tazza,
Nicky” borbottò, storcendo il naso
e fissando male la tazzina. “E’ complicata anche
questa”
Sorrisi, divertita, ma era un sorriso che non mi arrivava al cuore.
“Invece la tua tazzina è limpida come i tuoi
occhi”mormorai,
sfogliando distrattamente il
manuale di Divinazione. Odiavo quella materia, ma Victorie mi aveva
quasi
costretta a sceglierla. Diceva che era una bellissima materia, che
avrei
scoperto tante cose interessanti.
Seh, certo.
Non sapevo come avessi fatto a passare i G.U.F.O in quella materia
– la Cooman
era convinta che io avessi l’Occhio Interiore, ma non era
affatto vero – e come
facessi a sopportare i deliri di quella pazza visionaria.
“Nella tua tazza c’è...”
Dorian iniziò a sfogliare a caso le pagine del manuale
con aria scettica.
“Del caffè?” chiesi, sbuffando
sonoramente. Lui soffocò una risatina e continuò
a fissare il suo libro come in attesa di un suggerimento.
“Be’, oltre a quello...c’è una
croce storta” borbottò, guardando il contenuto
della tazza da tutte le angolature possibili. “Significa
che...ehm...soffrirai?”
“Evviva” commentai, ben poco allegra, sbirciando
nella ciotola del mio compagno
di lezione. “Come se non bastasse”
Vidi, con la coda dell’occhio, James voltarsi nella mia
direzionecon
un’ espressione di rimorso. Si mordicchiava
il labbro inferiore, chiaramente teso, i suoi occhi erano fissi sulla
mia schiena.
Sentii chiaramente il rumore del mio fragile equilibrio che si
spezzava. Era
delicato, quell’equilibrio, l’avevo raggiunto a
fatica. Non era stato semplice
tornare a mentire a me stessa dopo un periodo di pura
sincerità.
Ma ora, ora che ero riuscita a convincermi che tutto stesse andando per
il
meglio, quell’espressione mi fece vacillare per un secondo.
“Dai,se l’occhio non mi inganna vedo anche un
sole...”continuò
Dorian, per tirarmi su di morale.
Aveva un’aria divertita, ma poi alzò lo sguardo su
di me e, vendendo cosa stavo
fissando, sospirò, rassegnato.
“Dominique...”
“Sì?” Mi volai verso di lui con un
sopracciglio inarcato, fingendo. Fingendo
ancora, come se tutto fosse normale.
Ma sapevo che non era così, perché quel
cambiamento – ormai giunto al termine –
mi faceva sentire diversa. Diversa
da
quella ragazza che ero prima, forse troppo
diversa.
E mi sentivo sporca, mi sentivo colpevole di qualcosa che non potevo
controllare. E sapevo che quello che stava succedendo non era giusto e
non
sarebbe mai stato tale. Non era un errore, era molto di più.
Un errore poteva
essere l’amore di Rosie per Scorpius, ribelle e spontaneo,
che sfidava le
regole imposte da due famiglie opposte eppure uguali.
No, quel mio cambiamento non era un errore. Era un veleno, che mi
avrebbe
corroso il cuore e mi avrebbe devastata.
Eppure sapevo, che, nel veleno che James mi offriva, c’era
qualcosa di cui non
potevo fare a meno. Sapevo che quella, qualunque cosa fosse, era la
cosa giusta.
“No, niente” sussurrò Dorian, tornando a
controllare la tazza. “Comunque nella
tua tazza ci sono una croce e un sole. Vuol dire che soffrirai e poi
sarai
felice”
Non ci credevo. La felicità non faceva parte della mia vita,
non ne avrebbe mai
fatto parte.
La felicità...non esisteva.
~♥~
Mi
strinsi nel mantello e sospirai, mentre Dorian e gli
altri sfrecciavano veloci – terribilmente veloci –
nel cielo. Sentivo la voce
di James, il capitano della squadra, che rimproverava mia cugina Lucy,
che
voleva sempre mettersi al centro dell’attenzione, con assurde
piroette.
“Lucy, perché non ti riposi un po’?
Dacci un attimo di tregua” Sentii gli
sbuffi irritati di Lucy che scese e si venne a sedere accanto a me.
“Ciao, Nicky!” esclamò, allegra,
portandosi indietro una ciocca di capelli
terribilmente azzurra. Le avevo detto più volte che quel
colore era assurdo, ma
lei non mi aveva mai ascoltata.
A volte avevo il dubbio che Lucy tenesse quel colore solo per irritare
suo
padre.
“Ciao, Lu” borbottai, tetra, stringendomi ancora di
più nel mantello.
“Aspetti Dorian?” chiese lei,inclinando
lievemente la testa. I boccoli neri e azzurri le pendevano su una sola
spalla,
gli occhi nerissimi erano scettici.
“Sì” sussurrai, tornando a guardare gli
allenamenti. Dorian si era accorto di
me e mi stava salutando dal suo manico di scopa.
“Dorian! Che cavolo...” James, irritato, si
girò nella direzione nella quale
Dorian guardava e si immobilizzò, così come me. I
nostri occhi erano
incatenati, non avrei potuto distogliere lo sguardo neanche se avessi
voluto.
Ma non volevo neanche provarci. Sentivo che quello era il mio posto nel
mondo.
Lo sguardo di James era il mio rifugio sicuro.
Ci pensò Lucy, a richiamarmi all’attenzione. Mi
scosse per le spalle e mi fissò
con un sopracciglio inarcato, come a dire che aveva capito tutto.
“Tutto bene?” chiese, sempre con quello sguardo
scettico. Io annuii,
stringendomi ancora nel mio mantello, come a proteggermi.
“Sì” ripetei. “Tu, piuttosto,
hai mai pensato di volare normalmente? Hai mai
pensato di non rischiare la vita durante un allenamento?”
“Nah, il pericolo rende più bella la
vita!”
Annuii, mentre anche gli altri giocatori scendevano a terra e Dorian mi
veniva
incontro, con aria divertita.
“Lucy, la prossima volta potresti anche decidere di giocare
come si deve” la
rimproverò, scombinandole i capelli. Lei sbuffò e
si rintanò negli spogliatoi,
mentre il ragazzo si sedeva nel posto lasciato libero da mia cugina.
“Ciao, Dorian” sussurrai, sorridendogli. Lui
allargò il suo sorriso e prese la
mia mano congelata fra le sue, terribilmente calde.
“Mi aspettavi?” chiese, inarcando un sopracciglio.
Io annuii e lui sorrise
ancora di più. “Lo sapevo. Tu non puoi vivere
senza di me”
Sbuffai, scettica, guardandomi attorno. Eravamo rimasti solo noi, nel
campo.
Tutti gli altri se ne erano tornati nei rispettivi dormitori e il cielo
iniziava già a farsi più scuro.
“Andiamo?” gli chiesi, mentre un vento freddo mi
mosse i capelli e il mantello.
Io rabbrividii e Dorian, preoccupato, mi strinse a sé, al
suo corpo
incredibilmente e perennemente caldo. Dorian era il mio camino
personale.
“Va tutto bene, vero, Nicky?” mi chiese,
preoccupato. Lui lo sapeva, sapeva che
stavo mentendo, che non andava niente bene e aveva smesso di fare finta
di
credermi.
Forse non poteva vedermi così.
“No” ammisi, stringendomi di più a lui,
in cerca di conforto, ma sapevo che non
era lui che cercavo. Non era il suo il corpo a cui volevo stringermi e
questo
mi fece paura.
Dorian sospirò e mi accarezzò i capelli, con aria
tetra.
“Lo so” mormorò. Nella sua voce sentivo
chiaramente il dolore che provava.
Quella situazione ci stava uccidendo tutti: me, James e Dorian. Era un
tragico
balletto a tre, in quale ognuno di noi era la causa del dolore
dell’altro.
Io in primis.
Io facevo male a James e a Dorian e a me stessa, incredibilmente.
Riuscivo a
rovinare tre anime contemporaneamente.
Non si può dire che non fosse un bel risultato.
Mi sarei stretta la mano da sola se non mi avesse fatto tanto male
quella
situazione.
“Avresti dovuto smettere prima di mentire a te stessa,
Dominique. Ora sei solo
distrutta. E vuota” mi rimproverò, staccandosi
dolcemente da me e guardandomi
con occhi tristi.
Era doloroso rendersi conto che quella tristezza nei suoi occhi
– quasi sempre
allegri – era colpa mia.
“Io non mento a me stessa, Dorian” mormorai, con
gli occhi lucidi. Lui si
allontanò da me e sospirò, con dolore, quasi ogni
respiro gli costasse uno
sforzo incredibile. “Dominique,
ascoltami” esordì, con voce
rotta. Si portò una mano sulla fronte e cercò in
tutti i modi di non guardarmi.
“Ora ti dirò quello che tu stai cercando di
nascondere a te stessa. Te lo dirò
e tu dovrai ammettere che è la verità e che hai
paura di ammetterlo, perché sai
che non è qualcosa di cui andare fiera” Una pausa,
sembrava volesse raccogliere
tutto il coraggio necessario. “Tu sei innamorata di
James”
Un silenzio attonito, io non provai neanche a protestare.
Perché sapevo che non potevo rifiutare la verità.
“Ho cercato di fare finta di nulla, di credere che non fosse
vero, Dominique.
Non sai quantoci
abbia provato. Ma non
posso più fare finta di nulla, perché ogni giorno
che passa il tuo volto
diventa sempre più devastato, il tuo cuore sempre
più distrutto e io non voglio
che tu faccia ancora finta...”
Restai a guardarlo, in attesa di un dolore che mi avrebbe distrutta.
“E allora...” sussurrai, allungando una mano verso
Dorian. Lui sospirò e la
prese fra le sue, per portarsela al petto, sul suo cuore. Batteva
lentamente,
quasi fosse stanco.
“E allora dobbiamo smettere di mentire a noi stessi,
Dominique. Tu sei
innamorata di James. E io non posso sopportare la tua lenta
distruzione”
Sospirai, poi abbassai lo sguardo.
“Io ti voglio bene lo stesso, Dominique. Ti
resterò accanto ugualmente, anche
se sei innamorata di James”
Ero innamorata di James Sirius Potter.
Quella frase assomigliava ad una sentenza di morte.
Angolo
Autrice
Altro
capitolo deprimente. Lo so, non ci posso fare nulla.
Questo capitolo mi serviva così.
Mi dispiace solo che non posso ringraziarvi uno per uno,
perché ho latino e
greco che mi attendono e ho aggiornato per non lasciarvi in sospeso. Vi ringrazio tutti <3
Anticipazioni
del prossimo capitolo
[...]“Potter!
Weasley!”
Ci staccammo immediatamente, stupiti da noi stessi e da quella voce
improvvisa.
Sentii un bruciore improvviso là, dove James aveva tolto le
sue mani. Le
rivolevo sul mio viso, sulla mia schiena. Ne avevo bisogno. [...]
Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
7 – Punizione in Sala Trofei, Marzo 2022
“Dominique!
Dominique!”
Trovarsi faccia a faccia con la verità non è mai
facile. Soprattutto se quella
verità fa male come un ammasso di spilli infilati nel cuore.
“Dominique, fermati!”
Ed ora che la verità era davanti a me, troppo evidente per
far finta di non
vederla, cercavo di scappare. La vedevo, ma volevo fuggirne.
“Dominique! Ti devo chiedere scusa!”
Mi strinsi i libri al petto, per proteggere il mio cuore da quella
voce, e
continuai a camminare, ancora più veloce, sperando di
raggiungere in fretta
l’aula di Trasfigurazione. Una lacrima scese lungo la mia
guancia, ma preferii
ignorarla.
“Dominique, per favore!”
Quella voce, la sua voce, era
l’unica
che avrei voluto evitare, in quel momento. Perché , ora che
mi ritrovavo a
faccia a faccia con la verità, era impossibile per me
riuscire a guardare il
suo viso e fingere che fosse tutto normale.
Me l’avrebbe letto in faccia, James. E cosa avrebbe fatto? Mi
avrebbe sputato
addosso il suo disprezzo e il suo disgusto? Oppure mi avrebbe rifiutato
gentilmente, dimenticando per un secondo solo che io ero sua cugina?
“Dominique!”
Sentii una scossa quando James poggiò la sua mano sulla mia
spalla e mi voltai,
con le lacrime agli occhi.
Lui non parlò, vedendo il mio viso, e si limitò a
guardarmi a bocca aperta, con
la mano sulla mia spalla e un’espressione sorpresa sul volto.
“Cosa c’è?” chiesi, con voce
rotta. Fare finta era troppo difficile e io avevo
rifiutato questa opzione.
“Io...ti devo parlare” mormorò, quasi
senza voce, spostando la mano dalla mia
spalla al mio viso. Sentii che la mia guancia diventava improvvisamente
di
fuoco, sentivo il fuoco che divampava in ogni angolo del mio corpo.
“Non ti devo dire nulla” sussurrai, avvicinandomi
lentamente a lui. Eravamo
vicinissimi, il suo respiro era sul mio viso, i suoi occhi puntati nei
miei.
Il mio cuore sembrava essere tornato incredibilmente intero.
“Io sì. Ti devo chiedere scusa” E lui
chiuse gli occhi, mentre mi si avvicinava
incomprensibilmente. Incomprensibilmente perché non doveva
andare così, perché
James avrebbe dovuto allontanarmi, perché eravamo cugini e
perché...non
ricordavo nessun’altra ragione, mentre James mi stringeva
dolcemente a me e
faceva per chinarsi sul mio viso.
“Potter! Weasley!”
Ci staccammo immediatamente, stupiti da noi stessi e da quella voce
improvvisa.
Sentii un bruciore improvviso là, dove James aveva tolto le
sue mani. Le
rivolevo sul mio viso, sulla mia schiena. Ne avevo bisogno.
Il professor Rüf fluttuava velocemente verso di noi. Vederlo
fuori da una
classe era stranissimo, spesso non si muoveva neanche dalla sua aula.
“Professore, stavamo andando in classe, ci
perdo...” cercò di giustificarsi
James, indicando me e lui e l’aula di Trasfigurazione a pochi
metri da noi, ma
il fantasma non lo ascoltò nemmeno.
“Siete stati voi?” chiese, arrabbiato. Lo guardammo
confusi, mentre James
prendeva la sua mano fra le mie e l’accarezzava, dolcemente,
senza farsi notare
dal professore.
“A fare che, professore?” chiese lui,
innocentemente, ma l’ectoplasma lo fissò
come se avesse voluto incenerirlo.
“Le Caccabombe,maledetti!
Caccabombe
contro la mia aula, gli studenti del primo sono tutti spaventati. Ma
che vi
salta in mente?”
Fummo costretti lì per una buona mezz’ora, durante
la quale il professore
continuò a farci la predica per qualcosa che non avevamo
assolutamente fatto e
James continuò a tracciare disegni immaginari sulla mia
pelle, procurandomi
brividi continui.
“Punizione, Sala Trofei, alle otto”
borbottò infine l’ectoplasma, voltandoci le
spalle con aria furiosa.
“Eh?” chiesi, scostandomi un po’ da James
e sporgendomi verso il professore.
“Ho detto che siete in punizione, Weasley. Punizione, questa
sera alle otto. In
Sala Trofei. Tutti e due”
Sospirai.
Perché la prospettiva di rimanere sola con lui mi faceva
fremere dall’emozione?
~♥~
Arrivammo
tardi alla lezione di Trasfigurazione e la
McGranitt ci fissò con il suo tipico sguardo truce che
– se gli sguardi
avessero potuto uccidere – io e James ci saremmo ritrovati
stecchiti
all’ingresso dell’aula.
“Ci scusi” borbottai, prima di sedermi al mio posto
accanto a Dorian, in fondo
all’aula.James
si sedette dall’altra parte
e mi fece un sorrisetto di scuse, mentre io alzai le spalle. Dorian mo
guardò a
lungo con un sopracciglio inarcato, poi scosse la testa e
strappò un pezzo di
pergamena.
Dopo
mi
spiegherai assolutamente tutto.
Sorrisi,
mentre accartocciavo il foglietto e Dorian mi
guardava allibito. Ancora oggi non saprei dire se fosse per il mio
sorriso o
per il poco rispetto portato nei confronti del suo foglietto.
~♥~
Durante
la lezione di Storia della Magia – così come in
tutto il resto della giornata, d’altronde – la mia
mente si distrasse al primo
minuto e iniziò a vagare per chissà dove.
Un luogo preciso, a dire il vero, ce l’aveva ed era la Sala
Trofei. E con una
precisa compagnia: quella di James.
La sua figura era seduta qualche banco più in là,
assieme a Dorian, e
parlottavano fitto. I suoi capelli erano spettinati come al solito, il
suo viso
disteso in un sorriso che non vedevo da tempo.
Mi chiesi a cosa stesse pensando per essere così felice e mi
augurai che fosse
quello che stavo pensando io.
Non riuscivo a credere che la cosa che più temevo e, allo
stesso tempo, quella
in cui più speravo sarebbero potute accadere lì,
in quel corridoio vuoto e
nessuno sarebbe venuto a saperlo. Io e James avremmo fatto tardi alla
lezione e
nessuno si sarebbe chiesto cosa ci fosse successo, tranne Dorian, che
avrebbe
un po’ sorriso e un po’ trattenuto le lacrime. No – mi dissi. Non poteva
andare
così. Era tutto sbagliato, non poteva andare così.
Un conto era il mio errore, quel veleno che mi inquinava il cuore, ma
un altro
era che anche James stesse facendo quell’errore.
Così non mi scoraggiava
affatto, come invece avrebbe dovuto fare.
Dovevamo attenerci alle regole e quelle dicevano che le sue labbra non
potevano
sfiorare le mie come avrebbero fatto se il professore non fosse
intervenuto.
Mi voltai verso di lui e vidi che aveva gli occhi puntati su di me, un
sorriso
troppo felice sulle belle labbra.
A cosa stava pensando?
Vuoi
rischiare, James? Sei pronto a non tornare più indietro, a
sacrificare tutta la
tua vita, a farti odiare dal tuo migliore amico e disprezzare da chi ti
circonda?
Vuoi rischiare tutto, metterti in gioco per qualcosa che non
esisterà mai? Vuoi
sacrificare te stesso per questa assurda storia?
Sei pronto sul serio?
Lui
sorrise e mi riconsegnò il bigliettino sul quale, senza
neanche rendermi conto, avevo messo me stessa, bianco su nero, dolore
su euforia.
Guardai il foglietto. C’era scritta una sola parola.
Sì.
~♥~
La
Sala Trofei era una sorta vortice spazio temporale nel
quale sapevi quando entravi, ma non avevi idea di quando saresti
uscito. Zia
Hermione diceva che era una sorta di Narnia – ma non ho mai
capito cosa volesse
dire.
Non me l’ero inventata, assolutamente.
La Sala Trofei era un mondo parallelo per tre buone ragioni.
Punto primo, non esisteva una dimensione temporale in quella sala. Ore,
minuti,
secoli – che impiegavi
per pulire i
maledetti trofei -smettevano di
esistere. Puff! Sparivano! E tu non potevi sapere quanto tempo avresti
impiegato per lucidare i dannatissimi trofei.
Punto secondo, La Sala Trofei era, in sé, la sala delle
punizioni. Chiunque
venisse punito, stai certo che sarebbe andato lì. Quindi, ci
si poteva
aspettare che i Trofei fossero minimamente puliti, no? Sbagliato,
perché i
trofei erano sempre, perennemente, impolverati come se non vedessero
una pulita
da almeno due secoli. Forse qualcuno si era divertito a gettare un
incantesimo
di Polvere Eterna per punire in eterno i poveri studenti –
che non avevano
fatto niente, nel mio caso.
Punto terzo, la Sala Trofei era completamente e inevitabilmente
isolata.
Nessuno ci sarebbe mai passato, stanne certo. A volte sospettavo che
gli unici
che andassero in questa sala fossero gli studenti puniti.
“Potter,
Weasley, voglio tutto lucido. Lucido, chiaro?”
strepitò il professore. Era strano sentire urlare Ruf, era
come se...come se
Lucy fosse tornata al colore naturale dei suoi capelli.
“Sì, professore” pigolai, stringendomi
nelle spalle e guardando James, che
sorrideva, con un sorriso che non gli vedevo da troppo tempo.
Il professore non ci degnò di una risposta e
fluttuò attraverso il muro,
lasciando me e James soli.
Soli. Soli.
Nonostante me la ripetessi, quella parola, mi sembrava incomprensibile,
dopo
due mesi vissuti nella sua assenza.
“Ci conviene iniziare” borbottai, prendendo uno
strofinaccio e iniziando a
lucidare a caso un trofeo. Ero talmente agitata che le mani mi
tremavano e James
se ne accorse appena in tempo, per impedirmi di lasciar cadere il
trofeo a
terra. Lo afferrò lui, con quel sorrisetto inspiegabile
sulle labbra.
“Scusa” mormorò, posando il trofeo sullo
scaffale dietro di sé e posandomi una
mano sulla guancia. La sua mano era bollente, bruciava sulla mia pelle,
ma quel
contatto non faceva male. Era piacevole.
“James, non ne voglio parlare” sussurrai, alzandomi
in punta di piedi e
avvicinando i nostri volti.
Già, non volevo parlare di quel buio, che aveva avvolto due
lunghissimi mesi
della mia vita di cui non ricordavo assolutamente nulla, se non
disperazione e
dolore.
James si allontanò dolcemente da me e mi fece un sorriso
rassegnato.
“Ti ho fatto del male e non me lo posso perdonare”
mormorò, sfiorando ancora la
mia guancia con la punta delle sue dita. Lo sapevo che non era giusto,
dannazione,
lo sapevo. Eppure non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi
bellissimi e
ipnotizzanti occhi castani.
“E’ tutto finito, ora” dissi, alzando le
spalle e cercando inutilmente di guardare
altrove.
“Non è finito niente. Devo chiederti
scusa”
Distolsi lo sguardo, cercando di calmare i battiti accelerati del mio
cuore
impazzito.
“Non c’è ragione di chiedermi
scusa” dissi, torturandomi le mani. Lui prese il
mio volto con entrambe le mani e mi costrinse a voltarmi verso di lui.
Aveva
sul volto un sorrisetto rassegnato, amaro, quasi le parole che avessi
detto lo
avessero ferito.
“Sono stato orribile. Ti ho abbandonata così,
senza neanche spiegartelo e tu
che fai? Non mi permetti neanche di chiederti scusa”Mi fece una carezza sul
volto, così leggera
che sembrava avesse paura di sfiorarmi davvero,quasi temesse la mia
pelle.
Eppure, quella carezza, mi toccò il cuore. “Non
credevo fossi così”
“Così come?” mi sporsi
impercettibilmente verso di lui, senza neanche
rendermene conto. Lui sospirò e mi allontanò
ancora.
“Troppo comprensiva. Pur
di avermi
accanto sei disposta a mettere da parte tutto il dolore che ti ho
causato?”
“E io non pensavo che fossi così”
replicai, incrociando le braccia al petto e
fissandolo male.
“Così come?” chiese lui, curioso,
inarcando un sopracciglio e sorridendomi
ironico.
“Con una bassissima opinione di te stesso” dissi,
mentre lui rideva, divertito
e attirandomi a sé. Sentivo il mio corpo rabbrividire a
quella vicinanza inaspettata.
“Mi sei mancata, Dominique” sussurrò,
con il volto a pochi centimetri dal mio,
con aria rapita, i suoi occhi fissi sul mio viso.
“Anche tu” sussurrai, posando il mio volto sul
petto di lui, stringendolo a me.
Mi resi conto di quanto mi era mancato solo quando sentii il suo
respiro sul
mio viso. Quanto mi erano mancati i suoi sorrisi, le sue risate e
l’aura di
tranquillità che lo circondava.
“Scusami”
Alzai gli occhi al cielo, mentre lui sorrideva, con un sorriso
colpevole che
gli illuminava il volto.
“Perché?” gli chiesi, allontanandomi
leggermente da lui per vederlo in volto.
Lui sfuggì al mio sguardo e fissò a lungo un
angolo remoto della stanza prima
di aprire bocca.
“Io ti ho ferita, lo so. E non me lo perdonerò
mai, Dominique, perché sapere
che ti ho fatto del male, a te, Dominique, fa male anche a me. Ogni
cosa che ti
ferisce, Dominique, ferisce me, perché io non posso
sopportare il tuo dolore.
Tu sei tutto ciò che ho al mondo. Non mio padre, la mia
famiglia, i miei
migliori amici. Tu. E vederti
soffrire è terribile”E mi diede un
buffetto amichevole sulla guancia, quasi a voler alleggerire la
situazione che
si era venuta a creare con la sua dichiarazione. Tu sei tutto ciò che ho al mondo.
Suonava decisamente bene, forse troppo.
“Quando ti ho detto di dare una possibilità a
Dorian ero convinto che dovessi
farlo sul serio. Volevo che tu uscissi con Dorian, volevo farti capire
che lui
è un bravo ragazzo. Però...mentre tu ci
riflettevi, è cambiato tutto. Vedi, per
me non eri più Dominique Weasley, eri la mia
Dominique. Non sapevo cosa significasse con esattezza, però
sapevo che Dorian
non avrebbe dovuto toccarti. Assolutamente, in alcun modo. E quando mi
disse
che sarebbe uscito con te...non ci ho visto più. Non sapevo
cosa stavo facendo,
ma tu eri mia, Dominique. Mia”
Le sue
dita mi sfiorarono la pelle del viso mentre mi parlava con
un’insolita dolcezza
nella voce, nonostante quella furia, quel senso di possesso che
traspariva
dalle sue parole.
“Io non volevo dirti quelle parole, ad Hogsmeade. Non volevo
ferirti, ma non
sapevo cosa dirti, Dominique. Ero spaventato da quei sentimenti che
stavano
nascendo dentro di me nei tuoi confronti. Cosa avresti fatto tu, se mi
avessi
sentito dire la verità? Mi avresti sputato il tuo disgusto
contro e saresti
tornata con Dorian. Perché mi ero reso conto che tu, con
Dorian, stavi bene. E
mi faceva male, ma sapevo che quello era il tuo posto. E sono trascorsi
due
mesi, Dominique. Mi sono illuso di poter dimenticare, di poter andare
oltre, ma
non ci riesco. Tu sei la mia vita, lo sai. Sei tutto ciò che
voglio e non posso
ignorarti”
Lo guardai a bocca aperta, con il viso fra le sue mani e le mie, di
mani,
posate sul suo petto.
“E non fare quella faccia!” mi
rimproverò, con aria divertita. Sospirai, poi spostai
le mani dal suo petto e le lasciai cadere lungo i miei fianchi, inerti.Mi sentivo stranamente
senza forze.
“Io...non so che dire, James” mormorai, mentre lui
mi scostava un ricciolo
dalla fronte e mi sorrideva, con quel sorriso spavaldo che amavo tanto.
“Tu...mi hai lasciata senza parole”
“Non c’è bisogno di parlare,
Dominique” sussurrò, abbracciandomi e facendomi
posare nuovamente il mio capo sul suo petto. Mi sentivo così
al sicuro, lì,
abbracciata a lui, con la testa sul suo cuore, a sentirlo battere
freneticamente. “A me basta sentirti così,
vicina”
Sospirai e chiusi gli occhi. Sì, decisamente, mi bastava
quello.
E poi, quando alzai gli occhi, rimasi senza fiato. Sapevo che quello
che stava
per succedere fra noi non sarebbe mai dovuto accadere, lo sapevo,
dannazione.
Eppure, quando lui mi si avvicinò con aria terribilmente
seria, mi sentii quasi
mancare. E quando il suo viso fu ad un centimetro dal mio le gambe
cedettero e
mi ritrovai aggrappata alle le sue spalle, incapace di reggermi in
piedi.
Lui non sogghignava come mi sarei aspettata, ma fissava le mie labbra
con aria
così rapita che mi vennero i brividi.
“Dominique...” sussurrò, portando una
sua mano sul mio viso. Bruciava, quella
mano. Bruciava come il fuoco che divampava in me in quel momento.
“James....” si chinò leggermente su di
me e mi sollevò un po’ da terra. Non gli
costava nulla spostarmi, leggera com’ero. “James,
per favore...”
Lo volevo, volevo le sue labbra sulle mie, ma avevo paura. Sentivo che
avrebbe
cambiato tutto, definitivamente.
Lui non mi ascoltò e posò le sue labbra sulle
mie. Sentivo il fuoco. Fino ad
allora aveva bruciato le parti a contatto con il suo corpo, ma ora era
ovunque:
nel mio cuore, nelle mie mani, nei miei occhi di ghiaccio, nei miei
boccoli
biondi. Non era doloroso,
era un fuoco
piacevole. Un fuoco che, bruciando, mi riscaldava l’anima di
ghiaccio, che me
la scioglieva e mi faceva rendere conto che non c’era nulla
di bello nel vivere
nel freddo. Era un calore perfetto.
Le sue labbra si muovevano sulle mie con dolcezza, almeno inizialmente,
ma
sapevo fin troppo bene che James non era capace di trattenere il fuoco
che,
sapevo, bruciava anche la sua anima.
Mi aggrappai a lui, come in cerca di un sostegno. Sapevo di poter
contare su di
lui.
In quel disordine di sentimenti, di parole e pensieri, sapevo che lui
– oltre
ad essere la causa di quel disordine – era anche
l’unico appiglio della mia
vita.
Le sue mani scivolarono lungo la mia schiena e mi fecero aderire
completamente
al suo corpo. Sentivo il suo corpo bruciare, lo sentivo nelle sue mani
che mi
stringevano la schiena e la rendevano incandescente, lo sentivo nelle
sue
labbra che si muovevano veloci sulle mie, impazienti. Sentivo quel
fuoco in
ogni cellula del mio e del suo corpo.
E quando, infine, si staccò da me, non lo lasciai andare e
rimasi stretta al
suo petto, senza fiato, ascoltando il suono del suo respiro.
“Ti amo” sussurrò, portandomi un boccolo
biondo dietro l’orecchio e
accarezzandomi il volto.
“Non dirlo, per favore” mormorai, scostandomi un
po’ da lui per guardarlo in
viso e perdermi nei suoi occhi fin troppo sei. Non avevo mai visto i
suoi occhi
così. “Sembra una condanna”
Lui rise, divertito, e mi scompigliò i capelli con aria
spavalda.
“Ti amo” ripeté, stringendomi di
più al suo corpo e lasciandomi senza fiato.
Risi anche io e mi alzai in punta di piedi per posare un leggero bacio
sulle
sue labbra.
“Ti amo” sussurrai. Lui sorrise sulle mie labbra.
...
“Ma
non dovremmo pulire i Trofei?”
Angolo
Autrice
Lo
so che questo capitolo è molto lungo, ma non avevo il
cuore di tagliarlo. Mi piaceva così
com’è e spero che anche a voi piaccia.
Ah, perdonatemi per il ritardo.
Ringraziamenti
Emily
Doyle {Grazie,
spero che anche questo capitolo ti piaccia}, lilyluna_4e {Grazie
davvero, sono felice che ti piaccia. Attendo il tuo parere anche su
questo
capitolo * me fa gli occhioni da cucciolo *} lasaralin {Grazie,
lo so
che questa storia è deprimente, ma non posso farci nulla.
Questo capitolo è un
po’ meno deprimente – almeno spero – e
spero che ti piaccia} kikka_1990 {Lucy
Weasley è la seconda figlia di Percy – Sorella di
Molly Weasley, la prima figlia
– e di Audrey, di cui non si sa il cognome. Ti ringrazio per
i complimenti e
spero continuerai a seguirmi, nonostante questo incredibile ritardo} Madox
{Sono
molto felice che ti piaccia e ti ringrazio per i complimenti}
Capitolo 9 *** Capitolo 8 – Favola, Marzo e Aprile 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
8 – Favola,
Marzo e Aprile 2022
“Indovina
che giorno è, oggi?”
Dorian sobbalzò sulla sedia e mi guadò, sorpreso
e scettico allo stesso tempo.
Forse era per quel mezzo sorrisetto sulle mie labbra rosse, forse era
per la
strana euforia che sembravo sprizzare.
“Uhm...il25 Marzo?” chiese, guardandomi con un
sopracciglio inarcato. Io mi
sedetti accanto a lui con un sorriso enorme e i capelli leggermente
elettrici,
forse per la troppa felicità. Davvero la felicità
mi avrebbe fatto diventare i
capelli elettrici?
“No!” esclamai e Madama Prince mi guardò
male, mi fulminò con lo sguardo come
se avesse sperato che un buco mi avesse inghiottita in quel preciso
istante. “E’
il giorno più felice della mia vita!”
Lui scosse la testa, esasperato, e tornò a scrivere il suo
tema di Pozioni,
mentre io sbuffavo, indignata.
“Non mi chiedi neanche perché sono così
felice?” chiesi, facendo una faccia
imbronciata.
“Ho paura di chiedertelo, Dominique. Tu non sei mai felice” precisò
lui, facendomi una faccia preoccupata e
scombinandomi i capelli – già elettrici. Lo
fulminai con lo sguardo.
“Non è vero” borbottai, infastidita,
incrociando le braccia e fissandolo male,
ma sapevo che, più o meno, aveva ragione.
“E allora cosa è successo per renderti ancora
più felice?” mi domandò,
facendo finta di credermi. Io sospirai e sorrisi.
Sembravo una ragazzina, eppure quelle sensazioni non riuscivo a
controllare.
Non potevo impedirmi di sorridere scioccamente, né di essere
così allegra.
“Dominique?” Dorian mi scosse per la spalla, con
aria preoccupata. Io sospirai
ancora e allargai il mio sorriso.
“Io....” E, d’un tratto, mi mancarono le
parole. Non sapevo cosa dire, perché
sapevo cosa sarebbe successo.
Dorian mi avrebbe odiato. Avrebbe cercato di allontanarmi da lui in
tutti i
modi, di cancellarmi dalla sua vita, come
se non fossi mai esistita.
Dorian mi amava.
Non ero vanitosa, né lo dicevo per vantarmi. Era la pura e
semplice verità:
Dorian era innamorato di me.
E, per quanto me ne intendessi di questo, ovvero nulla, se gli avessi
detto
tutto avrebbe sofferto.
Ero dilaniata tra le due possibilità e la mia
felicità evaporò di botto.
Come era effimera la felicità! Durava così poco,
sostituita troppo spesso dal
dolore.
“Tu?”
Che cosa avrei potuto dirgli? Che io e il suo migliore –
ovvero, mio cugino –
stavamo allegramente insieme, in barba a tutto quello che aveva fatto
lui per
me?
Ero egoista, perché sapevo che gli avrei fatto del male. E
sapevo, allo stesso
tempo, che se gli avessi detto la verità lo avrei implorato
di restarmi amico,
di non abbandonarmi.
Ero egoista.
“Aspetta, tu non dovevi essere in punizione con
James?”
Mi riscossi improvvisamente, mentre lui inarcava un sopracciglio,
scettico. Non
mi sarei stupita se lui avesse già capito tutto, sembrava
che potesse leggermi
nella mente, certe volte.
“Sono appena tornata” sussurrai, giocherellando con
un boccolo biondo. La
differenza tra la me di qualche secondo prima e quella di adesso era
più che
evidente, eppure Dorian non mi fece alcuna domanda.
“Ah. Come è andata?” Sembrava
indifferente, come se non gli importasse nulla di
come era andata la mia punizione.
“Ci siamo baciati” mormorai, prima che potessi
fermarmi. Lui non mi guardò
nemmeno mentre riprendeva a scrivere il tema. Rimasi raggelata dalla
sua
reazione, sembrava che di me gli importasse poco e niente.“E non mi dici
nulla?”
“Cosa dovrei dirti, Dominique?” chiese lui, con
quella voce atona che mandava
la mia felicità in frantumi.
“Non lo so” ammisi, quasi svuotata da ogni
sentimento che non fosse quel dolore
sordo al cuore. “Ma dovresti dirmi qualcosa! Che ti dispiace,
che vuoi che io
lo lasci, che sei innamorato di me, ma fa’
qualcosa!”
Lui si girò lentamente verso di me, con un sopracciglio
inarcato e
un’espressione indifferente.
“Lo sapevo già”
Fu come se mi avessero tolto il mondo da sotto i piedi.
Come se avessero infranto tutte le mie certezze, come se mi avessero
svuotata
di tutto.
“Come?” chiesi, senza fiato.
Lui rise, divertito.
“Me l’ha detto James, è venuto pochi
minuti fa. Era così entusiasta...” Le sue
mani erano strette attorno alla pergamena con molta forza, tremavano,
quasi
cercasse di trattenersi dal prendermi per le spalle. “Per
questo non ho detto
nulla. Già lo sapevo. Non sono stupito”
Annuii, mi sentivo confusa.
“E non ti dispiace?” gli chiesi, a bruciapelo. Lui
sospirò e tornò a guardarmi.
L’aria indifferente era sparita, sul suo volto
c’era solo una tristezza rassegnata.
“Mi dispiace è un eufemismo”
sussurrò, con la voce tremante. Sembrava senza
forze. “Ma voglio che tu sia felice. E se con James sei
felice, va bene”
“Ma tu non sei felice” osservai, cautamente.
“Non sempre si può essere felici”
Avrei voluto urlargli contro, dirgli di sfogarsi, di dirmi la
verità, di
ammettere quello che provava a sé stesso.
Avrei voluto abbracciarlo, tra le lacrime, e dirgli che gli volevo
bene, che
era il mio migliore amico e che mi dispiaceva che stesse male.
Avrei voluto amarlo.
Avrei voluto fare tutte queste cose, ma non feci nulla. Rimasi
lì, congelata,
mentre lui raccoglieva le sue cose.
Chiusi gli occhi e un vento freddo mi scombinò i capelli.
Quando li riaprii lui già non c’era più.
“Gli
parlerò io”
James prese un boccolo biondo nella sua mano e iniziò ad
attorcigliarlo attorno
alle sue dita.
“Non ti lascerà parlare, lo sai”
sussurrai, posando le mie mani sul suo volto
allegro.
“Dai, è il mio migliore amico. So di non essermi
comportato benissimo nei suoi
confronti, ma posso rimediare, no?”
Non riuscivo a dire di no a quel sorriso e non ne sarei mai stata
capace.
“Sì, hai ragione” mormorai, poggiando la
mia testa sul suo petto e chiudendo
gli occhi.
Lui mi circondò la vita con le sue braccia, trasmettendomi
il suo calore e io
respirai a fondo, per calmarmi.
Non chiedevo niente di meglio di quello: di James ed io, insieme.
“Mi dispiace che tu debba sopportare tutto questo”
mi disse, cullandomi tra le
sue braccia.
A me no, non dispiaceva.
Io desideravo la
sua compagnia, la sua
presenza. E se questo significava rimanere nascosti, al buio, in un
aula
vuota...mi andava bene.
Più che bene.
“Non fa niente” Sorrisi sul suo petto e lo strinsi
a me, sporgendomi
leggermente in avanti e sbilanciandomi un po’. Ero seduta su
un banco in
un’aula vuota, ben lontano da dove passavano gli studenti,
con il volto sul
petto di Jamese le
sue braccia attorno
alla mia vita.
Potevo essere più felice?
“Dominique?” mi chiamò. La sua voce era
poco più che un sussurro, eppure
riuscii a sentirla. Alzai il volto e lo guardai con un sopracciglio
inarcato.
“Cosa c’è?” chiesi, posando le
mie mani sul suo collo. Lui sorrise, malandrino.
“Niente” ammise, avvicinando il suo viso al mio.
Prese il mio volto fra le
mani, mentre ancora una volta, il fuoco mi avvolgeva, e si
chinò su di me.
“Volevo solo baciarti”
E mi baciò.
E poco importava che fossimo parenti, poco importava che il nostro
fosse un
amore proibito e che stessimo sbagliando.
Quando le sue labbra erano sulle mie, ogni proibizione spariva. E
allora James non
era mio cugino: non era James Sirius Potter. Era il mio James, un James
nuovo
che non avevo mai conosciuto: un James appassionato,
innamorato. Di me.
Il
primo mese che io e James
trascorremmo insieme mi sembrò una favola.
Credevo di vivere in una di quelle fiabe Babbane che zia Hermione ci
raccontava
la domenica pomeriggio quando eravamo alla Tana, per farci calmare.
La principessa e il principe, belli e perfetti, avrebbero sempre avuto
il loro
lieto fine, perché erano destinati a stare insieme, erano
nati per vivere per
sempre felici e contenti. E vissero per sempre felici e contenti.
Chissà perché, mi convinsi che anche io e James
avremmo potuto vivere per
sempre felici e contenti.
Ma io non ero una principessa, lui non era un principe e le favole non
esistono. Le favole sono illusioni, destinate a sparire quando diventi
grande,
consapevole di quanto la realtà sia differente, certe volte
troppo.
Ma a quel tempo ero felice. Incredibile, ma vero. Dominique Weasley era felice.
Non sapevo, però, che la mia felicità era fondata
su un’illusione. Una
bellissima e stupenda illusione, ma pur sempre un sogno, come tutto
quello che
mi circondava.
A
quel tempo, però, stavo
vivendo la mia piccola favola personale, fatta di sogni e di illusioni,
di C’era una volta edi e vissero
per sempre
felici e contenti. James era il mio principe. Poteva suonare strano, detto
così. Forse mi
rendeva quasi un’adolescente alla prima cotta, eppure non
potevo far altro che
pensare che era questo, James: il mio principe. O il mio Romeo (
sgraffignare
libri a zia Hermione si rivelava una buona idea, a volte).
Era il mio principe imperfetto, con i capelli perennemente disordinati,
come se
qualcuno gli avesse lanciato uno Schiantesimo in testa, con gli occhi
castani
allegri e maliziosi, con le labbra perennemente curvate in un ghigno
divertito.
Con quel suo essere così James.
Era mio. Solo e per sempre mio.
Avrei voluto urlarlo al mondo, farlo sapere a tutta Hogwarts,
passeggiare per
il giardino con la sua mano stretta tra le mie, ma non mi era permesso
di fare
niente di tutto questo.
Mi dovevo limitare a baciarlo in un’aula vuota, stringerlo a
me al buio.
Niente luce del sole per noi due.
E sentivo il suo rancore in quei baci che rubavamo al mondo, in quella
dimensione dove esistevamo solo io e lui.E sentivo il suo rancore, la sua rabbia e il suo desiderio
di uscire
allo scoperto, di vivere finalmente alla luce del sole. Sentivo il suo
dolore
nei suoi baci, sulle sue labbra che sapevano di peccato, nelle lacrime
che si
mischiavano ai nostri baci.
E desideravo anche io di uscire allo scoperto, di essere come tutti gli
altri,
di tenerci per mano e di poter far venire il diabete ai nostri amici.
Sogni impossibili da realizzarsi.
E, nonostante tutto, ci speravo.
Sì, ci speravo perché ero una sciocca adolescente
sognatrice, perché credevo
che il mondo fosse una favola e perché mi piaceva essere
felice.
Ed
era incredibile rendersi
conto dei propri sentimenti. Erano un’immensità in
cui annegavo, in cui non ero
capace di districarmi. Erano troppo profondi per poterli comprendere e
io avevo
rinunciato in partenza all’idea.
Ed era incredibile scoprire quanto lo amassi e me ne accorgevo
così, senza
neanche una ragione.
Il suo sorriso quando eravamo in compagnia dei nostri parenti o di
altri. O il
suo sguardo protettivo nei miei confronti, preoccupato per me e geloso
di
chiunque mi avvicinasse. O ancora le sue mani che, accidentalmente,
sfioravano
le mie.
Era incredibile quanta tenerezza, quanto amore riuscissi a scorgere
nelle
piccole cose, in quei gesti abituali che una persona comune non
apprezzava
neanche.
Ma io non avevo mai avuto tutto questo. Nessuno mi aveva cullata
dolcemente fra
le sue braccia, fino a tranquillizzarmi. Nessuno mi aveva mai stretto
la mano
per rassicurarmi. Non ero mai stata amata come una persona normale.
Forse perché non mi ero lasciata amare.
E le carezza di James e le sue piccole attenzioni aprirono le porte ad
un mondo
sconosciuto, che non avevo mai visto. Non credevo che in un
piccolissimo gesto,
come un sorriso, potesse esserci così tanto amore da
rendermi euforica.
Amore era una parola grossa, specie per una ragazza di diciassette
anni, ma
sapevo che nient’altro avrebbe saputo descrivere quei
sentimenti contrastanti
che mi dominavano.
C’era amore e c’era odio, voglia di restare per
sempre nascosti e desiderio di
uscire allo scoperto, di spingermi più avanti e di tornare
indietro.
E c’era tutto ciò di cui avevo bisogno: James.
Angolo
Autrice
Questo
capitolo mi è uscito
ascoltando a palla “Sorella Mia” di Cammariere, una bellissima canzone che
sto sentendo da un
paio di giorni a questa parte. Anche ora, tanto per darvi
un’idea della mia
ossessione per questa canzone.
Ditelo che mi è venuto uno schifo,questo capitolo,
perché lo credo anche io. Ma
avevo bisogno di un capitolo del genere, un capitolo in cui non accade
quasi
nulla {quasi, precisiamo, perché qualcosa accade} e in cui
Dominique descrive i
suoi sentimenti.
Lo sentivo necessario.
* Va a rifugiarsi dietro alla trincea, pronta al bombardamento di
pomodori *
Ringraziamenti
Lasaralin
{Grazie,
gentilissima}; Kimly {Grazie, davvero. Gentilissima
*___*};Emily Doyle {Be’, io non dico
niente. Si può immaginare, però...
Grazie mille per la recensione}; kikka_1990 {La
notizia del matrimonio
di Percy è arrivata insieme alle miliardi di cose che la
Rowling non ha scritto
nell’ultimo libro, quindi non ti preoccupare, non fa niente
se non lo sai.
Neanche io lo sapevo, all’inizio XD. Grazie mille per i
complimenti *____*};
lilyluna_4e {Ma non ti preoccupare, non era necessario
riscrivere la
recensione, l’avevo letta lo stesso XD. Comunque grazie
mille, davvero grazie
*________*} Madox {Grazie mille, sono felice che ti
piaccia la coppia
*__*} _BellaBlack_ {Oh, Merlino. Dea...non
esageriamo, va a finire che
mi monto la testa XD. Sono davvero contenta che ti siano piaciuti
questi ultimi
capitoli e spero che anche quest’ultimo ti piaccia.
*_________*}
Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Sole e pioggia, Aprile 2022 ***
Capitolo 9 – Sole e Pioggia,Aprile 2022
“Allora?”
James si passò una mano fra i capelli neri, già normalmente disordinati, e mi fissò incerto, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“1245?” chiese, esitante, inarcando un sopracciglio.
Io sbuffai e alzai gli occhi al cielo, ordinando a me stessa di non prenderlo a schiaffi immediatamente. Forse più tardi lo avrei fatto, ma non ora. Prenderlo a schiaffi fino a spappolargli il misero cervello che si ritrovava non era una buona idea per fargli entrare in testa la data esatta della rivoluzione dei Giganti.
“No! 1354, James! Possibile che non ti entri in testa?”domandai, esasperata, spostandomi un po’ dalla posizione a gambe incrociate che avevo preso e stiracchiandomi leggermente. Cercavo di tener occupato il mio corpo prima che il mio cervello mandasse l’impulso alla mia mano di tirargli un ceffone.
“Le date non sono il mio forte, Nicky” pigolò lui, con una voce afflitta che mi intenerì all’istante. E tanti saluti al proposito di schiaffeggiarlo, dopo. “Scusami se ti faccio perdere tempo. Puoi perdonarmi?”
Potevo non farlo? Ogni volta che lui mi guardava con quegli occhi castani imploranti mi sentivo sciogliere, la mia determinazione andava in frantumi e le mie decisioni andavano a farsi benedire.
Inutile ripromettersi di non cedere, quegli occhi erano capaci di sciogliere tutti, persino miss – ghiacciolo – Weasley, come mi chiamavano.
Sospirai e guardai fuori dalla finestra. Pioveva, come al solito da un paio di giorni. Ero felice e fuori pioveva. Era davvero incredibile che fossi euforica?
Be’, probabilmente sì.
“Certo che ti perdono, James” sussurrai, riportando il mio sguardo su di lui, che si ricompose e assunse la tipica aria da Malandrino. Mi aveva ingannata di nuovo ed io come una stupida ero caduta nella trappola. Anzi, non come una stupida, ma come una ragazza innamorata. “Ma non so se anche l’ispettore che ti interrogherà ai M. A. G. O . sarà della stessa opinione”
Lui ridacchiò divertito e mi scompigliò i capelli, mentre io lo fulminavo con lo sguardo. Era irresponsabile, non prendeva nulla sul serio, quel mononeurone.
“Se mi capita una come te basterà farle gli occhioni dolci” sghignazzò, avvicinandosi a me. Io arretrai fino alla testiera del letto e, quando mi trovai con le spalle premute contro il duro legno, mi limitai a fulminarlo con lo sguardo e a tirargli un calcio, che, ovviamente, non raggiunse l’obbiettivo assegnato.
“E se ti capita una come la McGranitt? Ci vorrà ben altro che gli occhi dolci” commentai, mentre lui si sedeva accanto a me, appoggiandosi alla testiera del letto. Mi sorrise.
“Che ne sai? La McGranitt potrebbe nascondere un cuore palpitante”
Ridacchiai e scossi la testa, esasperata. Era impossibile che io riuscissi ad avere l’ultima parola quando parlavo con James.
Lui mi sorrise e posò la sua testa sulle mie gambe, stringendo forte la mia mano, quasi a non voler lasciarmi andare.
Restammo per un po’ così, in silenzio. Io giocherellavo – con la mano libera – con i capelli nerissimi e disordinati di James, lisci come seta, e lui mi stringeva la mano ad occhi chiusi e con un bellissimo sorriso sulle labbra.
Mi sentivo bene, così.
“Dominique?”
Lui aprì gli occhi e mi fissò a lungo, mentre io gli sorridevo incoraggiante.
“Si?” chiesi.
Lui strinse la mia mano con più forza e mi sorrise.
“Ti amo”
Sospirai e gli sorrisi ancora. Mossi la mano nella sua presa, ma non la scostai.
“Anche io”
~»«~
“Dominique!”
Alzai gli occhi dalla pergamena davanti a me, incerta su come continuare quel dannato tema che Ruf ci aveva assegnato, per ritrovarmi faccia a faccia con Albus Severus Potter.
“Ciao, Al” sussurrai, tornando a fissare la pergamena. Non mi andava di guardare Albus, assomigliava troppo a James. “Come va?”
“Va” borbottò lui, alzando le spalle e facendo un sorrisetto divertito. “Sono un po’ stressato per i G. U. F. O” ammise, mordendosi il labbro inferiore.
Nonostante i tratti ancora un po’ infantili e gli occhi verde smeraldo, sembrava che davanti a me ci fosse suo fratello James. O forse ero io che lo immaginavo.
“Sono facili e tu li supererai con il massimo dei voti” Mi sentii sollevata nel tracciare una netta linea di confine tra Albus e James. Al era bravo a scuola.
“Grazie” Mi fece un sorriso riconoscente e tornò a fissare la mia pergamena. “Tu sei tesa? Sono gli esami che decideranno della tua vita”
“Grazie per avermelo ricordato, Al” bofonchiai, fulminandolo con lo sguardo. Lui ridacchiò divertito. “Comunque sì, sono tesa, ma so di poter dare il meglio di me”
“Beata te, vorrei avere la tua sicurezza”
Altra linea di confine, ancora più netta. Albus era terribilmente insicuro.
“Ed io vorrei avere ancora quindici anni, Albus” borbottai, sfogliando il libro davanti a me. Sì, a quindici anni era tutto più semplice. Io e James ci sopportavamo a stento, io non ero innamorata di lui e non sentivo la dolorosa mancanza di Dorian, che non conoscevo.
Sì, volevo avere di nuovo quindici anni.
All’epoca mi lamentavo di essere troppo piccola, di essere infelice. Ma più ci riflettevo e più mi rendevo conto che, nonostante l’alone di tristezza e solitudine che li avvolgeva, i miei quindici anni erano stati un bel periodo. Forse il migliore della mia vita.
Non perché quello presente non lo fosse, per carità. Il fatto che James mi amasse superava qualunque mia aspettativa, era meglio di qualsiasi sogno ad occhi aperti... ma sapevo che tutto – prima o poi – sarebbe finito.
“Sì, in effetti stai iniziando ad invecchiare, Dominique!” sghignazzò Albus, riportandomi alla realtà. “Quanti ne compi tra poco? Cinquanta?”
“Veramente settantacinque, ma grazie per i complimenti. Vuol dire che me li porto bene”
Sorrisi sarcastica e lui scoppiò a ridere, sotto gli occhi fulminanti di Madama Prince.
“Sembra che tu abbia venti anni” ammise, divertito.
“Incredibile, eh?”
Albus restò per un po’ a guardarmi, con un sorrisetto sulle labbra pallide e gli occhi verdi puntati sul mio viso, mentre io ero china a scrivere qualcosa sul mio tema.
“Dominique?”
“Uhm?” Alzai gli occhi dalla mia pergamena e lo fissai, inarcando un sopracciglio. Lui si sistemò gli occhiali sul naso e mi fissò serio. “Cosa c’è, Al?”
Continuò a guardarmi a lungo, prima di lasciarsi andare in un sorriso che sostituì l’espressione seria, tipica del suo volto più maturo della sua età, nonostante fosse ancora infantile.
E sorrise, come a cacciare un pensiero.
“No, nulla”
~»«~
“Sai che possono nascondersi dei Nargilli nei tuoi capelli?”
Alzai gli occhi dal libro che stavo leggendo – perché ero sempre con un libro alla mano, che si trattasse di scuola o di letture personal – e guardai la figura slanciata che si sedeva sotto l’albero insieme a me.
Se ne usciva così Dorian Alexander Baston dopo giorni di silenzio. Con una frase del genere.
“Come fai a saperlo?” chiesi, piegando lievemente la testa nella sua direzione.
“Ho appena parlato con Lysander Scamandro” ammise, sorridendomi. E io dimenticai tutti i giorni in cui lui non c’era stato. Dorian era tornato da me. E tanto bastava. “Mi ha detto che i Nargilli si nascondono tra le cose colorate di chiaro. I tuoi capelli sono chiari”
Sorrisi, esasperata, scuotendo la testa.
“Stai scacciando i Nargilli?”
“Dì la verità, Dorian: certe frasi te le studi prima di andare a dormire” mormorai, ridendo divertita. Posai la testa sulla sua spalla e accantonai per un attimo il mio libro. “Non è possibile che dopo giorni di silenzio tu arrivi e mi dici che ci sono dei Nargilli nei miei capelli!”
“Scusa” Il suo tono non era più scherzoso. Era un mormorio basso, colpevole. Non era mia intenzione farlo sentire in colpa.
“Non volevo dire questo” mi corressi, stringendo la sua mano e sorridendogli. “Volevo farti notare il tuo strano metodo d’approccio”
“E’ la prima cosa che mi è venuta in mente da dire” Diventò improvvisamente rosso, la sua pelle chiara si imporporò. Sorrisi, intenerita.
“Iniziare con un semplice Ciao era troppo banale per Dorian Baston?” domandai, inarcando un sopracciglio.
“Mi sembra ovvio, no? Sono Dorian Baston, mica un qualsiasi ragazzo!”
Risi, divertita, e mi strinsi a lui. Volevo godermi quel momento il più a lungo possibile.
“Ovvio” borbottai, storcendo il naso.
Lui mi strinse la mano e sorrise, divertito.
“Non ne sembri tanto entusiasta” commentò, scompigliandomi i capelli. Sospirai e cercai di trattenermi dallo scagliarmi contro di lui. Possibile che tutte le persone che conoscessi adorassero scompigliarmi i capelli?
“In effetti” Chiusi gli occhi, mentre una brezza leggera si levava attorno a noi e muoveva delicata le chiome verdeggianti degli alberi. Un sole esitante brillava incerto su di noi, quasi non fosse sicuro di doverlo fare.
Dopo giorni di pioggia era tornato il sole. Un sole pallido, timido, esitante...ma pur sempre il sole.
E mi illusi che potesse andare così anche a me. Sperai che anche con me, dopo la pioggia, sarebbe tornato il sole.
“Dorian?”
Sentii che si girava verso di me, ma non potevo vedere la sua espressione. Avevo gli occhi chiusi e non avevo alcuna intenzione di aprirli.
Non mi servivano gli occhi, stupidi e ingannevoli. Con gli occhi non riuscivo a vedere bene, erano offuscati dalla mia mente.
Volevo vedere con il cuore, il mio cuore, che non mi aveva ascoltata quando lo avevo obbligato al rifiuto di quei sentimenti che sentiva nascere, un cuore testardo, come me. Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.*
Lessi questa frase a dodici anni, in un libro che zia Hermione mi aveva regalato per Natale. Mi aveva detto che avrei amato quel libro, ma a dodici anni non capii nulla di quello che voleva dire. Strano che mi fosse venuto in mente proprio in quel momento, quando a vedere era il mio cuore e non i miei fragili occhi.
Forse ora potevo capire ciò che voleva dire.
“Uhm?”
“Io e te...” giocherellavo con un mio boccolo, tesa, e mi mordicchiavo il labbro inferiore, ma ancora non mi decidevo ad aprire gli occhi.
“Sì?” Lo sentii irrigidirsi, forse l’idea dell’ io e te lo metteva a disagio.
“Siamo ancora amici? Anche se io sto con...” non volevo dire il suo nome ad alta voce, quasi potesse rovinare la magia che si era creata. E avevo il terrore che qualcuno lo scoprisse.
Dorian sembrò pensarci a lungo e io mi sentii senz’aria. Come se improvvisamente mi avessero privato dell’ossigeno.
“Sì” disse, infine, in un sussurro così debole da farmi dubitare di averlo sentito. “Siamo ancora amici. Non riesco a stare senza di te e sono disposto ad esserti amico e... vederti felice, piuttosto che starti lontano”
Sospirai e, ancora con gli occhi chiusi, mi strinsi ancora di più a lui, come a non volerlo lasciare più.
“Dorian?”
“Uhm?”
Aprii gli occhi, per guardarlo in viso, con un mezzo sorriso che spuntava sulle mie labbra.
“Grazie. Ti voglio bene”
Anche lui sorrise e mi strinse a sé con più determinazione.
~»«~
“Ti ho vista con Dorian” la voce di James tradiva un po’ di gelosia. Ridacchiai, divertita, mentre lui mi spingeva verso un corridoio vuoto e buio.
“Geloso, Potter?” chiesi, ironica. Lui mi fulminò con lo sguardo e si guardò intorno, accertandosi che non ci fosse nessuno.
Ma era sera, molto dopo la cena. Chi poteva mai esserci?
“Sì, sono geloso” ammise e persino nel buio riuscii a vedere delle chiazze rosse che gli tingevano il viso.
“Non devi esserlo” sussurrai, posando la mia mano sulla sua guancia e sorridendogli, anche se lui non poteva vedermi. “Dorian è il mio migliore amico”
“Lo so” Un sospiro, le sue mani furono sul mio viso e i nostri volti a pochi centimetri di distanza. “Eppure, ogni volta che ti vedo parlare con qualcuno...non lo so, è come se volessi togliere di mezzo quello che ti sta parlando. E’...è più forte di me”
Non risposi e posai le mie labbra sulle sue, stringendolo in un abbraccio.
“Ti amo” mormorai, scostandomi un po’ da lui. “E non devi temere nessuno, perché non potrei preferire nessuno a te”
“Ti amo” rispose lui, prima di chinarsi nuovamente su di me e baciarmi.
Anche nel buio, vidi chiaramente un’ombra che si allontanava, correndo.
*= Frase tratta da “Il Piccolo Principe”
Angolo Autrice
E finalmente pubblico il nono capitolo, eh? Trovarsi col PC rotto non lo auguro a nessuno, specie se poi, l’unico PC della casa da dove puoi aggiornare la tua storia è quello di tua madre che lo reclama, giustamente.
Anche adesso, purtroppo.
Non ho il tempo di ringraziarvi tutti – anche perché il libro di Antologia troneggia fastidiosamente sulla scrivania, ordinandomi di aprirlo – per cui vi dedico un unico, grande Grazie.
Grazie a tutti, ora lascio il PC a mia madre.
Capitolo 11 *** Capitolo 10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
10 – Ad un passo dalla fine, Aprile 2022
“Chi era?”
James sospirò e mi scostò un ricciolo biondo dal viso, con aria esasperata.
“Non lo so, Dominique” sussurrò, con voce tremante. “Non lo so, non sono
riuscito a vederlo nel buio”
Mi morsi il labbro inferiore e la vista mi si annebbiò in un istante.
Dannazione, no! Non volevo piangere davanti a lui, non volevo fargli capire
quanto stessi male per ciò che era accaduto, ma non potevo farci nulla.
La consapevolezza che tutto sarebbe potuto finire in meno di un secondo
annientava completamente la mia volontà.
Forse ero stata troppo felice, forse era giunto il momento di stare male. Di
nuovo.
“Piangi?” Si chinò su di me e mi guardò con espressione sofferente. Scossi la
testa, ma le lacrime già scendevano lungo le mie guance arrossate.“Oh, Dominique!”
Mi strinse in un abbraccio disperato, poggiai la mia testa sul suo petto e
respirai a fondo, cercando di trattenere il tremolio della mia voce. Era così
rassicurante, l’abbraccio di James. Così terribilmente estraneo al resto del
mondo.
Era come se fosse un universo a parte.
James Potter era il mio piccolo angolo di mondo dove non esisteva il dolore.
Eppure, sapere che sarebbe finito a breve, mandò in frantumi la tranquillità
che le sue braccia sembravano emanare.
“Non è giusto!” strepitai, singhiozzante. Pestai i piedi a terra con tale
violenza dal farmi anche male. Poggiai male il piede a terra in uno dei miei
strepitii e se non fosse stato per James, io sarei caduta. Ma lui mi sorresse e
mi tenne stretta a sé con delicatezza incredibile, quasi fossi di porcellana.
“Non è giusto! Perché deve sempre finire tutto?”
Lui sospirò.
“Potrebbe non aver capito che eravamo noi. Potrebbe averci scambiato per una
normalissima coppia. In fondo, nessuno ha fatto il nome dell’altro. Ed era
buio” cercò di consolarmi, stringendomi delicatamente al suo corpo.
Singhiozzai ancora.
“Abbiamo fatto … oh, accidenti! Ho fatto il nome di Dorian, quanti altri Dorian
credi che scorrazzino liberi per il castello?” strepitai, continuando a
piangere disperatamente contro il suo petto. “Maledizione! Maledizione!”
Picchiai i pugni contro di lui, ma James non si mosse affatto sotto il mio
tocco.
“Andrà tutto bene” sussurrò, posando un bacio sulla mia fronte, fra i miei
capelli. “Te lo prometto. Rimarremo insieme, qualunque cosa succeda”
Annuii, aggrappandomi a lui come se fosse l’unica cosa certa del mio mondo.
“Voglio solo sapere chi è stato” mormorai, con voce atona, gli occhi fissi sul
pavimento della Stanza delle Necessità. “Voglio sapere chi è stato a rovinare
tutto”
“Dominique!”
Dorian aveva il volto pietrificato dallo stupore, gli occhi spalancati, la
bocca aperta.
“Non ci posso credere!” esclamò, prendendo il mio volto fra le mani. “Vi hanno
visti?” bisbigliò poi, abbassando di molto il suo tono di voce.
“Non ne sono sicura, Dorian” sussurrai a mia volta, allontanandomi da lui con
le lacrime agli occhi. “Era buio. Però abbiamo fatto il tuo nome”
“Ma ci sono moltissime persone che mi conoscono in questa scuola!”
“Ho detto che eri il mio migliore amico” mormorai, singhiozzando
nuovamente.Mi sentivo spezzata,
dilaniata e, irrimediabilmente, vuota.
Come se ogni briciolo di sentimento fosse scomparso con la terribile verità. Ci
avevano scoperti.
E ora sì che importava quello che eravamo. E non si poteva dire più che non ce
ne fregava nulla, perché quelle parole non dette bruciavano sulle nostre labbra
ogni volta che ci baciavamo.
Dannazione, eravamo cugini. Cugini di
primo grado, per Merlino. Come potevamo fare una cosa del genere alla nostra
famiglia, a noi stessi? Come potevo amarlo, sapendo che nelle sue vene scorreva
un quarto del mio sangue? Come potevo considerare attraenti quegli occhi
castani , della stessa tonalità Weasley di mio padre, se prima io avevo
rischiato di ereditarli?
“Merda” si lasciò andare Dorian, mordendosi il labbro inferiore. Non capivo
come mai tutto questo lo rendeva inquieto. Avrebbe dovuto fregarsene, a dir la
verità.
Me l’ero scelto io, questo destino. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto.
Eppure Dorian sembrava davvero partecipe al mio dolore, quasi non volesse che
le cose andassero in questo modo. Ma sapevo che lui voleva che andassero così,
lo sapevo.
Sapevo che non era contento che io amassi mio cugino. Mi avrebbe voluta con sé,
sarebbe stata una scelta migliore, più responsabile, più normale.
Ma non era così che doveva andare.
“Sono d’accordo” borbottai, tetra, facendomi strada nel corridoio affollato per
raggiungere l’aula di Incantesimi.
Dorian mi accompagnò fino a lì, poi mi salutò con un sorriso dispiaciuto e mi
lasciò entrare, scombussolata e con il cuore a pezzi.
Non potevo fare a meno di
guardarmi attorno ogni volta che mi sentivo osservata.
Il mio assassino era lì, tra la folla di studenti. Camminava ignaro della
ferita che stava provocando al mio cuore e felice di avere uno scoop da
raccontare a tutta Hogwarts. Nessuno mi guardava strano, sembrava tutto
normale. Eppure … eppure sapevo che nulla sarebbe stato più normale, ne ero
certa.
“Dominique …”
Mi voltai lentamente. La consapevolezza della fine faceva sì che mi godessi ogni
solo istante con James, certa che qualunque sarebbe potuto essere l’ultimo.
Quanto era durato? A stento un mese.
La mia felicità non era destinata a resistere per molto tempo.
“James …”
Lui mi sorrise, come solo James sapeva fare. James, non James Sirius Potter.
Perché ora avevo capito la differenza tra il vero James e la maschera che
indossava quando voleva difendersi dal mondo. Quella maschera sarcastica di
ragazzo menefreghista, di fratello iperprotettivo, di cugino fastidioso e di
amico leale …
Il vero James era quello che esisteva con me, ne ero certa. Il ragazzo
sinceramente innamorato – di sua cugina,
mi impose la mia razionalità – e che preferiva nascondersi piuttosto che
dimostrarsi per quello che era.
“Andrà tutto bene” sussurrò, avvicinandosi a me con quel sorriso rassicurante
sulle labbra rosee.
“Lo ripeti in continuazione” mormorai, di rimando, appoggiandomi dolcemente a
lui, con un debole sorriso. “Stai cercando di rassicurare te stesso?”
“Anche” ammise, con l’ombra di un sorriso ironico nella voce. “E’ che ti amo
troppo per vederti andare via così, senza che io possa fare nulla”
Lo strinsi a me.
“Io non me ne andrò, James” dissi, con tutta la fermezza di cui ero capace. Lui
mi scostò i capelli dalla fronte e vi posò un bacio.
“Ho paura che ti portino via da me” ammise, con un sorriso amaro.
“Non mi lascerò portare via”
“Potrebbero costringerti”
“Non li ascolterò”
Sapevo a cosa si riferiva. Ai nostri parenti, ovviamente. Se qualcuno fosse
venuto a conoscenza di quello che c’era tra me e mio cugino, i nostri genitori,
i nostri parenti sarebbero venuti a saperlo. E allora avrebbero cercato in
tutti i modi di separarci. Ma io non avrei permesso loro di portarmi via da
James, a costo di essere odiata e disprezzata da tutti.
“Ti porteranno lontano con la forza”
Sospirai e lo guardai seria.
“Possiamo non pensarci?” gli chiesi, con le lacrime agli occhi. Lui annuì e si
chinò ad asciugare con le labbra le due lacrime che erano scivolate sul volto.
“Va bene” acconsentì, sorridendo di nuovo.
E poi mi baciò.
Tendevo sempre a dimenticare ogni cosa quando le labbra di James toccavano le
mie, ma quella volta … quella volta sentii la disperazione nel suo bacio, il
dolore sulle sue labbra. Era uno di quei baci che non mi aveva mai dato, tanto
carico di rabbia e di paura e di passione da rendermi senza forze.
Mi aggrappai a lui, in cerca di sostegno, mentre le sue mani finivano tra i
miei capelli e mi attiravano ancora di più al suo corpo.
Erano emozioni che facevano male a livello fisico, come sentire mille
stilettate al cuore – che già era stato dilaniato troppe volte.
E poi la mano di James finì sotto la camicia della divisa scolastica.
Era calda e contro la mia pelle fredda creava un contrasto doloroso.
Mi scostai da lui, leggermente scossa, e lo guardai con occhi spaventati. Lui
mi sorrise e mi accarezzò il viso.
“Scusami” sussurrò, guardandomi triste.
Sospirai.
Ci avevo pensato, in quel periodo. Mi ero vergognata di me quando quel pensiero
era affiorato nella mia mente, eppure non avevo potuto fare altro che pensarci.
Mi chiedevo se mai avremmo compiuto quel passo. Mi ripetevo continuamente che
era troppo presto per pensarci, che era stupido.
Ma ora, ora che ci restava pochissimo da vivere, cosa importava che fosse
trascorso appena un mese? Quanto poteva contare il fatto che fosse troppo
presto?
Nulla, in confronto alla consapevolezza che tutto sarebbe finito.
“Non devi scusarti” sorrisi debolmente e mi strinsi a lui, circondando la sua
vita con le mie braccia.
“Non volevo spaventarti” mi accarezzò il volto e mi sorrise, con quel sorriso
intenerito che avevo imparato ad amare.
“Non mi hai spaventata” sussurrai, di rimando. Le sue mani mi circondarono la
vita e mi attirò ancora di più al suo corpo.
“Sembravi scossa” Si chinò su di me e iniziò a baciarmi il collo, con dolcezza.
Mi tenni stretta a lui per non crollare a terra.
“Lo ero” sussurrai, un suono così basso da essere appena percepibile.
“Ora non lo sei più?” chiese lui, con voce tremante. Il suo respiro sul collo
mi fece rabbrividire.
“No” dissi, con insolita fermezza nella voce. Mi scostai da lui e lo guardai,
seria, a lungo. Poi mi sporsi un po’ e lo baciai, stringendolo a me con forza.
Lui ricambiò immediatamente, le sue braccia mi cinsero con più forza la vita e
mi ritrovai stretta al suo petto, senza via di uscita.
Le sue mani finirono nuovamente sotto la mia camicia, più esitanti di prima,
come a chiedere il permesso. Io mi strinsi ancora più forte a lui e sorrisi
sulle sue labbra. Lui sorrise a sua volta e le sue mani iniziarono a vagare
sulla mia schiena gelata e mi fecero piacevolmente rabbrividire.
“Non voglio forzarti” sussurrò, dopo, scostandosi leggermente da me e
guardandomi con aria serissima.
“Non mi stai forzando” riposi, con un sorriso ironico sulle labbra. Anche lui
si concesse di ridere e prese il mio volto fra le mani.
Mi baciò nuovamente, con più intensità e passione di prima, se possibile, e mi
trascinò dolcemente sul letto, apparso per magia.
Sorrise sulle mie labbra e mi strinse a sé. Il mio corpo bruciava sotto il suo
tocco, mi sentivo andare a fuoco.
E poi non sentii altro che i suoi baci.
Dannazione.
Dorian imprecò in mente contro il destino e contro sé stesso.
Era diviso a metà, spaccato.
Da un lato, voleva che Dominique fosse felice, che continuasse a vivere per
sempre con James al suo fianco che le stringeva la mano quando nessuno li
vedeva, che potesse continuare a sorridere radiosa come in quel momento. Dall’altro,
voleva che tutto finisse, che James scomparisse dalla sua vita, che lasciasse
Dominique. E che lei lo amasse, come faceva ora con James.
Sospirò.
Entrambi i suoi desideri erano impossibili. Avrebbe dovuto sperare in qualcosa
di possibile, di reale, e invece si ritrovava a illudersi su cose che non
sarebbero mai accadute. Dovrei desiderare quello che posso
ottenere. Ma rimproverarsi non serviva a niente, imporsi di dimenticare era inutile.
Doveva solo trascinarsi avanti, ancora un altro giorno e poi un altro e un
altro ancora...almeno fino a quando Dominique non avrebbe capito tutto.
Un singhiozzo improvviso lo destò dai suoi pensieri. Non era uno di quei
singhiozzi leggeri e inconsistenti, non un lontano eco di una sofferenza che
attanagliava le viscere...era un singhiozzo disperato. Quelli brevi, interrotti
dalla lacrime.
“Chi c’è?” chiese, avvicinandosi un po’ al luogo da dove provenivano i
singhiozzi. Scorpius Malfoy era seduto a terra, nel corridoio, con i capelli
chiarissimi talmente disordinati da far concorrenza a James. James. Una fitta al cuore, Dorian
strinse i denti.
Ma non era Scorpius a piangere. Il ragazzo aveva un braccio posato sulla spalla
scossa dai singhiozzi di...Rose Weasley. La ragazzina era rannicchiata su se
stessa, il viso nascosto dalle gambe che teneva stretta al petto, i boccoli
castani che le ricadevano disordinatamente sulle spalle. Tremava.
“Cosa è successo?”chiese Dorian al
ragazzo che stringeva il braccio attorno alle spalle della sua ragazza.
Lui fece una faccia rassegnata.
“Non lo so, Baston. Non me lo vuole dire” rispose, con voce atona. “Stavamo camminando,
ma all’improvviso è scoppiata a piangere. Non è la prima volta che succede, ma
lei non mi vuole dire nulla”
Rose alzò gli occhi dalle sue ginocchia e fissò a lungo il ragazzo davanti a sé.
Dorian sospirò e si chinò all’altezza della ragazzina.
“Cosa succede, Rosie?”
Lei si librerò della presa di Scorpius e si buttò fra le braccia di Dorian,
continuando a singhiozzare.
“Io non volevo! Hugo ha solo tredici anni, si è spaventato, non sapeva cosa
fare! Dorian, non volevo!”
Il ragazzo traballò un poco sulla sua posizione e si rialzò, ma Rosie continuava
a piangere sulla sua spalla.
“Non volevo, davvero. Io non avevo idea che...io non sono cattiva” continuava a
singhiozzare, battendo i pugni sul torace di Dorian.
Lui la scostò da sé e la guardò a lungo negli occhi.
“Cosa non volevi?” chiese, serio. Scorpius Malfoy la raggiunse in un attimo e
le posò la mano sulla spalla, preoccupato.
“James e Dominique” sussurrò Rose, con aria colpevole, mentre il cuore di
Dorian faceva un capitombolo. “Ho detto tutto a mia madre”
Angolo Autrice
Punto primo, sono
imperdonabile. Ho aggiornato tardissimo, colpa delle feste. Provate voi a stare
vicino al computer – trillando istericamente “Devo aggiornare la mia storia,
per il nome di Lord Voldemort" – attorniata da parenti
di ogni tipo.
Bah, per fortuna le feste sono finite.
Punto secondo, sono cattiva. Poverini, non faccio che farli soffrire, i miei
personaggi. Dominique soffre, James soffre e Dorian soffre. Ora si aggiunge
anche Rosie e il quadro è completo.
Vi aspettavate che fosse Al a vedere i nostri piccioncini? Be’, ci avevo
creduto anche io, ma mi sembrava troppo ovvio.
Capirete meglio nel prossimo capitolo, non vi preoccupate.
E sì, lo so che quella descrizione fa schifo, non vi preoccupate. Nell'ultima parte ho passato la narrazione a Dorian, ma in terza persona, perché mi piaceva l'idea che lui scoprisse la verità - ovvero, chi è stato a vederli (che non è Rosie) - prima di Dominique e James.
Ora devo andare, che mia madre strepita sul cenone e cose del genere.
Capitolo 12 *** Capitolo 11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
11 – Verità e lettere da casa, Maggio 2022
“Dominique?”
“Uhm?”
Aprii gli occhi lentamente. A dir la verità, non volevo aprirli. Era una bella
sensazione, quella. Restare abbracciata a James con gli occhi chiusi, respirando
il suo profumo, ascoltando il suo respiro.
Appena fui in grado di vedere, notai il viso di James vicinissimo al mio, il
suo sguardo malizioso e il suo sorriso vagamente ironico. Arrossii.
Era da molto che non vedevo quell’espressione e, al solo posarvi il mio
sguardo, il cuore mi si riempì di gioia.
Poi mi resi conto perché non vedevo da tempo quell’espressione.
Fu come cadere dalla Torre di Astronomia. Un atterraggio doloro, che mi tolse
il fiato.
Il torpore che mi invadeva scomparse definitivamente, la mia mente tornò lucida
e la verità tornò a farmi disgustosamente male, pungendomi il cuore con troppa
intensità.
James mi fissava con sguardo triste, senza dire una parola.
“Tutto bene?” mi chiese, infine, preoccupato. Sospirai e annuii, sorridendo
falsa e rannicchiandomi meglio tra le sue braccia, come se lui potesse
proteggermi dalla verità.
“Tutto bene” sussurrai, chiudendo nuovamente gli occhi. Pregai che quella dolce
incoscienza tornasse ad invadermi.
~
“Dobbiamo parlare”
Dorian mi bloccò la strada, mentre James, dietro di me, lo guardava con aria
stupita.
“Cosa c’è?” chiesi, preoccupata. Lui sospirò.
Non l’avevo mai visto tanto distrutto, neanche quando mi aveva fatto capire la
verità. Sembrava che fosse diviso in due ed entrambe le sue parti gli facevano
male.
“Dobbiamo parlare” ripeté, con voce stanca.Era come se il pronunciare quelle parole lo spossasse fisicamente. Lo
guardai in viso, preoccupata, e mi sporsi un po’ verso di lui. Raggelai.
Il suo viso era bianco, pallido come quello di un cadavere. Profonde occhiaie
violacee risaltavano sul colorito spettrale della sua pelle, gli occhi verdi
erano lucidi e stanchi, le labbra di un rosa scolorito. Qualunque cosa gli
fosse successa, non stava bene.
“Dorian, che cosa hai?” Gli accarezzai il volto. La pelle era calda, a differenza
di quello che mi aspettavo. Lui sobbalzò sotto il mio tocco e scostò la mia
mano.
Mi chiesi se per lui fosse arrivato il momento di dire cosa provava nei miei
confronti, ma immediatamente dopo scacciai quel pensiero.
No, Dorian non lo avrebbe fatto. Dorian non era così, lui non mi avrebbe
costretta a scegliere tra amore e amicizia, tra lui e James.
Dorian voleva restarmi accanto.
“Non si tratta di me, Dominique” un sussurro quasi impercettibile, lui guardò
me e James, che teneva la sua mano poggiata sulla mia spalla, come a chiarire
che io ero sua.
“Si tratta di noi?” mormorai, con la voce spezzata. Lui annuì debolmente e mi
strinse la mano.
“Ho scoperto” disse, semplicemente. Aveva scoperto... cosa? Chi ci aveva visti?
E ora, ora cosa sarebbe accaduto?
Strinse ancora di più la mia mano e mi trascinò verso un’aula vuota. Guardai
James e lui passò il suo braccio attorno alle mie spalle. Mi sentivo goffa a
camminare così, una mano imprigionata tra quelle di Dorian e le spalle strette
nel possessivo abbraccio di James, ma non dissi nulla. Volevano proteggermi.
Dopotutto, ero io quella fragile, pronta a spezzarmi al minimo soffio di vento.
Nell’aula c’erano quattro persone. Quattro persone che non mi aspettavo
minimamente. Seduta sulla scrivania c’era Rose, con il volto coperto dai
boccoli castani, arruffati e in disordine. Quel poco di viso che riuscivo a
vedere sbirciando tra i suoi capelli era contratto in una smorfia, come quando
si cerca di non scoppiare a piangere. Scorpius Malfoy le stringeva la mano con
aria seria e mi guardava di sfuggita, senza quel solito sorriso sarcastico che
avevo visto mille volte sul suo volto quando si rivolgeva a me. Accanto a loro
c’era Albus, terribilmente simile a James. Non riuscii a guardarlo in viso,
perché fissava tutto tranne che noi.
E, infine, nell’angolo della stanza, il più lontano possibile da Rose, Scorpius
e Al, c’era Hugo Weasley. Non aveva un’espressione addolorata come quella di
Rosie, né terribilmente seria come quella di Scorpius. Aveva le braccia
conserte, il viso accigliato, contratto in una smorfia di disapprovazione, i
capelli rossi arruffati come al solito. Avrei potuto giurare che sulle sue
labbra aleggiava un piccolo sorriso di soddisfazione.
“Cosa... cosa succede?” chiesi, voltandomi verso Dorian con aria stupita. Non
capivo cosa ci facessero lì i miei cugini. O almeno, non capivo cosa ci
facessero Rosie e Hugo. Negli ultimi giorni avevo provato una sorta di sospetto
nei confronti di Al, ma non avevo mai pensato che davvero fosse stato lui. Mi
sembrava impossibile. Nella mia mente, l’immagine di colui che aveva visto
tutto non combaciava con quella di Albus, così dolce e comprensivo.
“Io non volevo!” trillò Rose, scoppiando a piangere. Scorpius le cinse le spalle
con un braccio e la strinse a sé con espressione triste. “Non volevo, io non
...Hugo è piccolo, ha solo tredici anni, come poteva reagire? Non capisce, non
può capire!” cercava di difendere Hugo da qualunque cosa avesse fatto. Mi
voltai a guardarlo, ci squadrava con aria ostile.
Qualunque cosa avesse fatto, m ritrovai a pensare che non avesse bisogno di
essere difeso.
“Non è colpa tua, Rosie” sussurrò Al, con voce accorata, stringendole la mano.
Ancora non ci guardava.
“Neanche mia, se loro due hanno deciso di fare gli imbecilli” borbottò Hugo,
guardando male me e James. Lui sobbalzò leggermente e la reazione fu
istantanea. Mollò la presa attorno alle mie spalle e fece per scagliarsi contro
mio cugino, ma non fece in tempo, perché Dorian lo trattenne.
Hugo rideva, divertito. Io rimasi a guardarlo, stordita. Cosa mi era sfuggito?
Perché James si era scagliato contro di lui?
“Tu...hai visto tutto?” chiesi, con voce tremante. Hugo mi fissò male, mi
squadrò dall’alto in basso, e poi guardò dall’altro lato, come se la mia vista
l’avesse disgustato.
“Sì” disse solo. E in quella sillaba c’era tutto l’odio del mondo. Tornò a
fissarmi.
Rimasi congelata al mio posto, sotto lo sguardo di puro odio di Hugo, mentre
Rosie continuava a singhiozzare, disperata.
“Io non volevo” continuava a ripetere lei, mentre Scorpius la stringeva a sé e
le accarezzava la schiena per calmarla.
Un brivido freddo mi percorse la schiena, come se lì dove erano posate le mani
di James, alla base del collo, ci fossero stati due blocchi di ghiaccio.
“Rose... cosa hai fatto?” chiesi, senza fiato.I pezzi combaciavano. Hugo aveva visto tutto. Lo aveva detto a Rose.
Rose aveva... mi aveva tradita? E James aveva capito tutto, dall’inizio. Per
questo si era scagliato contro Hugo. Perché aveva capito.
“L’ho detto a mamma” sussurrò lei, con voce roca. Il mio mondo crollò in
miliardi di schegge di vetro. Lo aveva detto a...a zia Hermione. E zia Hermione
lo avrebbe detto a mia madre. E... sarebbe stata la fine.
Non mi ero neanche accorta di essermi accasciata a terra, fino a quando le mani
di Dorian non mi risollevarono. Mi prese in braccio e mi fece sedere su un
banco vuoto, mentre sentivo un calore dolce avvolgermi la mano.
“Dominique...” James era vicino a me, mi stringeva la mano e sussurrava il mio
nome.Non riusciva a calmarsi, neanche
io.
Era tutto finito, allora? Non c’era niente che potessimo fare? Avevamo avuto la
nostra dose di felicità, ora già ci toccava scontare una pena per aver infranto
tutte le regole?
“Dominique, ti prego, non odiarmi!” esclamò Rose, liberandosi della stretta di Scorpius
e di Al e venendomi incontro. Mi prese le mani, lasciando che io abbandonassi
la presa di James, e me le strinse forte, quasi a volermi trasmettere le sue
emozioni. “Io non volevo, Dominique! Hugo è venuto da me, dicendo che vi aveva
visti, che vi stavate baciando! Io cosa potevo fare? Vi ho visti, in questi
giorni, e ho visto che vi baciavate! Io non sapevo cosa fare, Dominique! Ero
spaventata, anche Hugo lo era! Ho scritto a mia madre per chiederle un
consiglio, non credevo che sarebbe andata così... ” Riprese a singhiozzare, con
più violenza. Al e Scorpius fecero per avvicinarsi, ma Dorian li fermò.
“Così come?” domandai. La mia voce era insolitamente ferma, quasi a voler
contrastare il dolore che avevo dentro.
“Così... che mamma si preoccupasse tanto! Non...non sapevo, Dominique”
Alzai lo sguardo dalle mie mani e fissai Rose.Il mio sguardo doveva essere di ghiaccio, perché lei arretrò e lasciò la
presa. I suoi occhi si appannarono nuovamente, ma io mi voltai.
Strinsi la mano di James e scesi dal banco.
“Andiamo” sussurrai. James annuì e passò il suo braccio attorno alle mie
spalle, come a sostenermi. Ne avevo bisogno. Molto bisogno.
“Ma non vi vergognate?” tuonò Hugo, prima che potessimo uscire dall’aula.
“Stesso sangue! Siete cugini! Non vi odiate neanche un po’ per questo?”
Sentii le lacrime che avevo trattenuto pungermi gli occhi.
A capo chino, io e James uscimmo dall’aula, mentre le parole di Hugo
rimbombavano nel mio cuore.
~
Dominique,
cosa
diavolo credevi di fare?
Non pensavo saresti arrivata a tanto, pur di sfidare la tua famiglia.
Tuo cugino, phua!
Quando
tornerai, questa estate, non ti aspettare un clima allegro.
Qui nessuno sarà felice di rivederti.
Victoire
~
Dominique,
non dare ascolto a tua sorella: è piuttosto arrabbiata. Crede che tu lo stia
facendo solo per sfidare la tua famiglia, per dimostrare la tua diversità. Ho
provato a spiegarle che tu non sei così, che, anche se non sei particolarmente
entusiasta della tua famiglia, non faresti mai niente contro di noi, ma lei è troppo
infuriata per darmi retta. Non leggere quella lettera che ti ha spedito, e se
già l’hai letta, non ti preoccupare: la calmerò io, prima o poi. Prima del tuo
ritorno sarà tutto come prima.
Dominique, io mi fido di te. Ti sono sempre stato accanto, qualunque cosa fosse
successa e ti ho aiutato spesso. Mi sono sempre schierato con te, che tu avessi
ragione o torto. Ma questa volta non posso farlo, mi dispiace. So che non lo
fai per sfidare la tua famiglia, Dominique. Ti conosco e mi fido di te. So che
deve essere qualcosa più grande di te, che non riesci a controllare.
Ti conosco, Dominique, per cui so come reagiresti se ti dicessi che stai
facendo un errore. Non te lo dirò, perché mi fido di te, ancora una volta. So
che l’avrai già capito da te e che non c‘è bisogno che te lo dica io. Voglio
dirti che tutto questo ti distruggerà, se non l’ha già fatto. Ti sposserà,
stancherà, devasterà... scegli il vocabolo che ti piace di più, non cambierà
quello che accadrà. Come credi di poter andare avanti, in questo modo,
Dominique?
Ti prego, riflettici.
Ted
P.S.:
Buona fortuna per i M.A.G.O.
~
Dominique,
appena tornerai a casa, dovremo parlare.
E’ molto grave quello che hai fatto.
I
tuoi genitori
~
Dominique,
andrà tutto bene.
Fai un respiro, fanne un altro e tieni duro. Passerà tutto.
Mi dispiace.
Zia
Hermione
~
James aveva ricevuto lettere uguali, se non peggiori.
Gli avevano scritto i suoi genitori, imprimendo in una pergamena tutta la loro
indignazione e tutto il loro orrore; Ted Lupin, che gli aveva detto le stesse
cose che aveva detto a me e zia Hermione, come aveva fatto con me, chiedendo il
suo perdono e dicendogli di tener duro.
James le accartocciò e le gettò nel camino della stanza delle Necessità, mentre
io lo guardavo con le lacrime agli occhi dal letto. Io non fui capace di
bruciarle. Le conservai gelosamente nel libro di Trasfigurazione, come prova
della mia stupidità e della mia ingenuità. Avevo davvero creduto che per noi ci
sarebbe stato un futuro? Illusa, ecco cos’ero. Un’illusa.
“Tutto bene?”
Non mi ero neanche accorta che James si fosse riseduto su letto, accanto a me.
“Sì” mormorai, ma non ero per nulla convincente. Senza dire altro, mi strinse a
sé e mi cullò fra le sue braccia. Poggiai la testa sul suo petto e chiusi gli
occhi, mentre lui respirava il profumo dei miei capelli.
Non sapevo quando sarebbe successo, ma sapevo che tutto sarebbe finito a breve.
Angolo
Autrice
La mia Musa Ispiratrice è sotto stress per il troppo lavoro
che le sto facendo avere, visto che passo allegramente da Only Hope a Romeo and
Juliet, scrivo senza sosta e mi fermo solo per mangiare. Ho pensato che era
meglio approfittare di queste vacanze per farlo, visto che ora ricomincia la
scuola e solo la prima settimana ho quattro compiti in classe. E ho l’esame
ECDL.
* si mette le mani nei capelli, disperata *
Vi supplico, non odiate Rosie e Hugo, anche loro hanno le loro buone ragioni! E’
stato difficile immedesimarsi non in Dominique o Dorian o James, ma in qualcuno
estraneo alla vicenda. E’ stato difficile immaginare come avrebbero potuto reagire
gli altri.
Avrei potuto chiedere consigli a qualcuno, se non mi avessero tutti guardata
storto.
Davvero, non odiate Rose e Hugo. Verranno fuori i loro buoni motivi, prima o
poi.
Per finire, un gigantesco GRAZIE a tutte le mie adorabili lettrici.
Capitolo 13 *** Capitolo 12 – Incubi e realtà, Maggio 2022 ***
Capitolo
12 – Incubi e realtà, Maggio 2022
Era un sogno. Doveva
esserlo.
In quale mondo, altrimenti, ci sarebbe stata una dolce melodia a svegliarmi? Di
certo non nel mio.
Solitamente, a svegliarmi, era Maddie Goldstein con le sue urla isteriche
dovute all’incredibile ritardo, o, peggio, le note ben poco dolci della
stridula voce di Lucy Ackerley che tentava di imitare Celestina Werbeck. In qualunque caso, non ci sarebbero state
dolci note di un pianoforte.
Era un sogno, ne ero convinta, ma sapevo di star sognando e tutto questo mi
confondeva non poco.
Camminavo leggiadra nei corridoi di Hogwarts. O, almeno, di quella che credevo
Hogwarts.
Concentrai la mia attenzione sui miei piedi. Erano fasciati in scarpe
terribilmente alte, da cerimonia, così come il mio corpo minuto era avvolto in
uno strato di tulle color pesca. Lo conoscevo, quell’abito. Era l’abito che
avevo indossato alla promessa di matrimonio di Ted e Victoire.
Camminavo, incerta, ma i miei piedi sembravano guidarmi. A stento toccavano il
pavimento, volteggiavano a mezz’aria, leggiadri.
Raggiunsi in fretta la Sala Grande. Non c’erano i tavoli delle quattro Case, ma
un grandissimo spazio vuoto riempito da mille persone in abito da sera,
terribilmente eleganti e belli.
Al centro della Sala c’era un pianoforte nero e lucido, come quello che avevo
suonato nella Stanza delle Necessità insieme a James. Un ragazzo biondo e
pallido era chino sui tasti, ma non lo vidi in volto. Suonava una melodia stupenda,
triste e dolce al tempo stesso. Era quella di James.
Iniziai a chiedermi dove fosse lui. Mi guardai intorno, ma non ebbi il tempo di
scorgere nulla, perché più di dieci persone mi accerchiarono e mi impedirono la
visuale. La mia famiglia, tutti con volti arrabbiati, delusi, amareggiati.
Arretrai, ma loro continuavano ad avanzare.
“Come hai potuto?” ringhiò Victoire, sputandomi addosso il suo rancore. Tirò un
lembo del mio vestito color pesca e lo strappò tra le sue mani, innaturalmente
forti. Vidi la stoffa svanire in mille brandelli colorati e inizia a piangere,
senza neanche sapere perché.
“Con tuo cugino, non ti vergogni?” chiese Hugo, guardandomi male e prendendomi
per le spalle. Mi scosse fin troppo forte e quando le sue mani mi lasciarono
andare, io caddi per terra, stordita. Le persone che assistevano a questo
spettacolo, studenti e mille altri che avevo incontrato per caso, distoglievano
in fretta lo sguardo, quasi potessero stare male.
“Dominique, mi hai profondamente deluso” fece zio Harry, guardandomi con gli
occhi verdi terribilmente vuoti.
“Non credevo saresti stata capace di questo!” continuò mia sorella, mentre Ted,
al suo fianco, annuiva.
“Mi dispiace, mi dispiace” trillava Rose, con le mani sul viso per nascondere
le lacrime, singhiozzando. Evitai di guardarla, mentre le lacrime continuavano
a cadere lungo le mie guance.
In lacrime, con le braccia strette al petto per proteggermi, mi voltai verso il
pianoforte, in cerca di speranze.
Il ragazzo biondo era ancora chino sui tasti, ma la melodia era cambiata.
Era diversa, più tetra. Era simile a quella di James, ma meno dolce e
malinconica, più tetra, cupa, mortale.
Come un carillon tintinnante, la melodia mi inquietava alla stessa maniera.
“Sei la nostra vergogna, Dominique!” La mia famiglia innalzò, innaturalmente, e
poi iniziò a vorticare velocissimo, e poi ancora più veloce, come se fossero
tutti la stessa persona.
Guardavo il pianista, in cerca di aiuto. Singhiozzai, lo invocai e quello alzò
lo sguardo.
Mentre lo faceva, il suo aspetto cambiò.
Raggelai e gridai, tra le lacrime.
A fissarmi, pallido, etereo, tetro, con gli occhi castani mortalmente vuoti
come se fosse stato a lungo torturato, c’era James.
~
Mi svegliai di colpo, stringendo a me il leggero lenzuolo.
Avevo il terrore di aprire gli occhi, quasi credessi che il sogno potesse
essere reale. E se lo fosse stato? Cosa sarebbe successo?
Trattenni il respiro, per non scoppiare a piangere al ricordo di quell’incubo,
e aprii gli occhi. Niente Sala Grande, niente abito da sera, ma un leggero
tintinnio a cui prima non avevo fatto caso.
Tetro, cupo, mortale nonostante il sole che splendeva aldilà delle finestre. La melodia.
Mi tirai a sedere di scatto, raggelata, mentre il sole illuminava il mio viso.
“Buongiorno”
Sobbalzai e mi voltai verso la voce, lentamente, incapace di distinguere il
sogno dalla realtà.
Raggelai nuovamente e gridai.
Seduto ad un pianoforte nero e lucido, con le mani poggiate sui tasti e
innaturalmente pallido, c’era James.
Non aveva lo stesso sguardo vuoto del sogno, ma questo non bastò a farmi
sentire meglio. Ero fossilizzata dalla paura.
Lui sobbalzò, il suo sorrisetto svanì immediatamente e mi venne incontro,
sedendosi accanto a me sul letto.
“Piangi?”
Mi accarezzò i capelli con tenerezza, mentre io mi asciugavo le lacrime che
erano scivolate dai miei occhi. Lo guardai, con il respiro tremante, e lui mi
sorrise, dolcemente.
“Cosa c’è?” mi chiese, con dolcezza. Io scoppiai a piangere, posando la testa
sul suo petto e aggrappandomi a lui in cerca di sostegno.
Gli raccontai, fra i singhiozzi, del sogno, mentre lui mi accarezzava
dolcemente i capelli e mi stringeva a sé, esitante.
“E’ solo un sogno” sussurrò, infine, scostandomi un po’ da sé. “Solo un
orribile, bruttissimo sogno. Va tutto bene, qui ci sono io”
Sorrisi e mi asciugai con il polso le lacrime che stavano ancora cadendo dai
miei occhi, ma lui si sporse un po’ e le asciugò con le dita sottili.
“Lo so” mormorai, dopo un po’, appoggiando la mia testa sulla sua spalla e
chiudendo nuovamente gli occhi.
Sentivo anche da lì il suo cuore battere all’impazzata.
“Che stavi suonando?” gli domandai, dopo un po’, ammiccando al pianoforte nero
che troneggiava nell’altra parte della stanza, cercando di non scoppiare
nuovamente a piangere.
“Qualcosa...” arrossì di botto ed io risi, divertita. Non lo vedevo arrossire
da secoli e quel piccolo gesto portò con sé milioni di ricordi, alcuni
vecchissimi – quasi in bianco e nero – altri più recenti. Sentii travolgermi
dall’ondata di ricordi che arrivò, improvvisa.
“Che cosa?” chiesi, distogliendo i miei pensieri dai ricordi.
Lui si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.
“Una canzone” sussurrò. Io lo fissai in attesa. “Per te”
Rimasi a guardarlo, incantata, poi gli gettai le braccia al collo e mi buttai
su di lui con tanto entusiasmo che lui cadde sul letto, senza fiato.
“Dominique!” esclamò, stupito. Ridacchiai un po’, poi mi chinai su di lui e lo
baciai, dolcemente. Non lo facevo da troppo tempo, da troppo tempo le sue
braccia non mi cingevano la vita e mi stringevano al suo corpo.
“Scusa” sussurrai, dopo, scostandomi da lui. Lui ridacchiò debolmente e mi
accarezzò i capelli che gli solleticavano il volto.
“E di che?” disse, invertendo le posizioni e tornando a baciarmi come prima.
Era come se le lettere del giorno prima, la verità venuta a galla e il mio
sogno non fossero esistiti, come quando eravamo solo James e Dominique e ci
baciavamo di nascosto, nelle aule vuote, per non farci scoprire.
Poi, improvvisamente, mi ricordai della scuola, delle lezioni e, soprattutto,
quella di Pozioni che mi attendeva.
“James! Siamo in ritardo!” esclamai, scostandolo da me con rapidità e
sistemandomi la divisa. Lui mi guardò un po’, in attesa, poi sbuffò e si alzò,
porgendomi la mano.
“Andiamo”
~
“Tutto bene?”
Mi sedetti al mio posto con aria tetra, mentre James entrava subito dopo di me
e si sedeva qualche banco indietro.
Dorian, accanto a me, mi guardò, preoccupato.
“No” dissi, secca. La verità tornò a travolgermi, dolorosa. L’onda di dolore
che scatenò si abbatté su di me con violenza, tanto da non farmi vedere più
nulla. E non avevo idea di dove quest’onda sarebbe finita, anzi, arrivai a
credere che non ne sarei mai uscita.
“Mi dispiace” Lui sospirò e mi strinse la mano, mentre il professore parlava di
ingredienti e di pozioni. Guardai la lavagna, ma non capii una sola parola.
“E’ inutile. Tu non c’entri” non volevo essere cattiva con lui, con Dorian.
Aveva fatto per me più di quanto io avrei potuto fare per lui in dieci anni,
eppure lo stavo trattando malissimo.
Lui non fu comprensivo, questa volta.
Forse ne aveva abbastanza di me, dei miei sbalzi d’umore, dei miei capricci.
Quando mi ritrovai a pensarlo, mi sentii soffocare.
Cosa avrei fatto senza Dorian a sorreggermi? Ero egoista, terribilmente
egoista.
Non volevo lasciarlo andare, volevo che fosse ancora mio amico nonostante tutto
il dolore che gli stavo infliggendo.
Lui sobbalzò, come se gli avessi dato una gomitata nelle costole, e si voltò,
amareggiato. Lo avevo ferito, ancora. Non potevo credere di essere così
cattiva.
Probabilmente aveva sentito il mio singhiozzo soffocato, ma non si voltò a
guardarmi, non allungò la sua mano verso di me, non mi fece alcun sorriso
rassicurante.
Era, per l’ennesima volta, colpa mia. Colpa mia se facevo del male a me, a
Dorian e a James. Colpa mia se lui ora non si sarebbe voltato verso di me,
colpa mia se James mi guardava preoccupato, dietro la fila di ragazzi.
Sospirai, con il respiro tremante, e poggiai la mia mano su quella di Dorian,
ma lui la allontanò bruscamente.
Sapevo che questa volta non mi avrebbe perdonata.
Mentre mi concentravo sulla mia pozione, mi chiesi perché avessi il potere di
fare tanto male a chi amavo.
~
“Dormi”
Guardai James ancora una volta, mentre lui mi stringeva al suo petto. Da secoli
non dormivamo nelle nostre stanze e ci rifugiavamo lì, nella Stanza delle
Necessità. Volevo rimanere con lui, non volevo lasciarlo andare. Avevo il
terrore che tutto svanisse, se lo avessi lasciato andare.
“Non ho sonno” replicai, stringendomi ancora a lui. Sentii il suo sospiro
esasperato, mentre mi accarezzava i capelli.
“Hai sonno, ma non vuoi addormentarti” mi corresse, facendo un piccolo sorriso.
Sorrisi a mia volta, ma mi uscì solo una smorfia. “Hai paura che me ne vada?”
“Sì” sussurrai immediatamente, senza neanche rendermene conto. Arrossii quando
me ne accorsi. Lui mi sorrise intenerito e mi accarezzò il viso.
“Non vado da nessuna parte senza di te” mormorò. Il suo tono era triste,
malinconico. Non avrei saputo decifrarlo. “Non posso stare senza di te,
Dominique” precisò.
“Non mi piace sentire queste sdolcinatezze dalla tua bocca, James” dissi, con
quello che voleva essere un sorrisetto sarcastico. “E’ come vedere Scorpius
Malfoy che va in giro con la cravatta dei Grifondoro”.
Lui sorrise, divertito, e mi scombinò i capelli, tenero.
“Non dirò sdolcinatezze, ma promettimi che ti fiderai di me” sussurrò, tornando
nuovamente serio. Mi accarezzò il volto distrattamente, i suoi occhi fissi nei
miei. Sembrava che volesse leggere nella mia mente, andare oltre quegli occhi
di ghiaccio che facevano da maschera al mio volto e scoprire la vera me stessa.
“Certo che mi fido di te” sussurra mentre un sorriso tornava a far capolino sul
suo viso. Ma i suoi occhi non ridevano, quei pozzi castani non brillavano come
sempre, erano scuri, opachi, seri. Troppo, forse.
“Posso dire un’ultima sdolcinatezza?”
“Quale?” Inarcai un sopracciglio, lui rise, divertito.
“Ti amo”
Restai per un attimo sorpresa. Sentirlo così chiaramente mi fece venire i
brividi e mi spaventò, senza alcuna ragione precisa.
Ero incapace di parlare, le mie labbra rifiutavano di sillabare quelle due
parole.
Lo strinsi a me il più forte possibile, affondando la testa nel suo petto, e
lui capì lo stesso.
~
Un raggio di sole fastidioso illuminò la stanza e mi
svegliò. Socchiusi gli occhi e mi guardai intorno, maledicendo la primavera in
tutte le lingue possibili. Mi tirai a sedere e mi guadai intorno, certa che
mancasse qualcosa.
Poi mi venne in mente.
Allungai il braccio verso la parte destra del letto, ma c’era solo il vuoto.
James non c’era, se ne era andato.
Senza di me.
Le parole della sera precedente rimbombavano nella mia mente. “Non vado da nessuna parte senza di te” Possibile che mi avesse mentito?
No, forse era solo sceso per colazione e non aveva voluto svegliarmi. Sì,
doveva essere per forza così.
E poi, la mia mano, tastando il letto sotto di me, trovò qualcosa di ruvido,
che non somigliava né alle lenzuola, né al materasso.
Un foglio di pergamena.
Lo presi immediatamente e me lo portai davanti agli occhi. Dominique.
C’era scritto il mio nome, tracciato dalla disordinata scrittura di James.
Aprii la busta in fretta, con le mani tremanti.
E poi i miei occhi si riempirono di lacrime.
Dominique,
darei tutti i Galeoni del mondo per non essere qui a scrivere questa lettera,
ma, lo sai anche tu, le cose non vanno mai come vorresti che andassero. La vita
non è una favola, non lo sarà mai e non esiste il “vissero per sempre felici e
contenti”. Lo sai meglio di me, vero, Dominique?
No, la vita non è una favola. La vita fa male, fa male e tu non puoi fermare il
suo dolore, perché il dolore non se ne andrà mai.
Mi dispiace doverti infliggerti altro dolore, ancora una volta. Come se non
f0sse abbastanza tutto quello che ti ho fatto passare.
E’ colpa mia, Dominique. Colpa mia se tu stai male, se Dorian mi odia e se io
sto scrivendo questa lettera. Colpa mia se tu la stai leggendo.
Se la stai leggendo, vuol dire che sono un vigliacco. Mi hanno sempre detto che
ero coraggioso, un vero e proprio Grifondoro, il degno figlio di mio padre,
sprezzante del pericolo. Per un po’, ci ho anche creduto, ma poi mi sono reso
conto della verità.
Non sono mai stato coraggioso. Quando mi sono allontanato da te, trattandoti da
schifo, non sono stato coraggioso. Sono stato vigliacco, perché non ho avuto il
coraggio di dirti la verità. Quando ho bruciato le lettere della nostra
famiglia sono stato vigliacco, perché non ho avuto il coraggio di affrontare la
realtà.
E anche ora sono vigliacco, perché scrivo invece di parlare, perché lascio che
tu legga, invece di ascoltarmi. Forse perché so che non avrei la forza di fare
questo discorso a voce, Dominique.
Io non posso andare avanti così, Dominique. Non possiamo. Non avremmo mai dovuto infrangere le
regole.
Ti amo, ti amo tantissimo, ma non posso continuare. Il fardello della verità
che troppo spesso negavamo pesa sulle nostre spalle. Forse tu riesci ad andare
avanti e ad ignorarla, ma io no. Questa verità pesa troppo.
Noi siamo cugini, dannazione. Cugini.
Abbiamo lo stesso sangue nelle vene. Potevi avere i miei stessi occhi, potevi
essere uguale a me.Perché dannazione ti
amo? Come è possibile una cosa del genere?
Ti amo, ma sei mia cugina.
La verità fa male di più quando si è perso tanto tempo a cercare di negarla. E’
doloroso rendersene conto. Cugini.
Questa parola veniva accuratamente nascosta nel fondo dei nostri occhi ed io
riuscivo ad ignorarla, prima. Ma ora che loro sanno tutto, non riesco a guardarti negli occhi, perché vedo la parola
tanto nascosta affiorare nella superficie dei tuoi occhi di ghiaccio.
Non possiamo andare avanti.
Sono codardo, sì. Non ho il coraggio di sacrificarmi per i miei sentimenti, ma
Ted ha ragione.
E se un giorno, una volta allontanatici dalla nostra famiglia, ci stancassimo l’una
dell’altra. Con quale faccia di bronzo ci presenteremmo a casa?
Non mi guardare così, Dominique. Finirà che questo amore proibito ci stancherà,
ci stuferà, non ci guarderemo più negli occhi perché ci odieremo... e allora
che succederà?
Anche se loro ci faranno ritornare in casa, nulla tornerà come prima.
Ti amo, Dominique, ma per il tuo bene devi cancellare tutto quello che ha a che
fare con me.
Dimenticami, cancellami, tienimi fuori da te. Non ricordarmi più, non ci vorrà
poi molto a perdere i miei ricordi.
Ti amo, ma cancellami.
James.
Rilessi la lettera cinque volte, per essere sicura di aver
capito tutto. James mi aveva lasciata. Per il mio bene, certo!Mi ritrovai
a dare pugni al cuscino, tra le lacrime.
Come credeva che avrei cancellato tutto? Credeva che davvero io sarei riuscita
a dimenticare tutto, a perdere i ricordi che avevano a che fare con lui, ad
andare avanti senza ricordare?
Illuso.
Io lo amavo, ecco. Non potevo
cancellare tutto, era impossibile.
Diedi un altro pugno al cuscino, singhiozzando disperatamente.
Era impossibile che riuscissi ad andare avanti senza di lui, lo amavo. Avevamo
detto che avremo affrontato tutto questo insieme, perché solo insieme avremmo
potuto riuscire a vincere, e ora..ora lui decideva che no, insieme non potevamo
andare avanti. Ora lui capiva che eravamo cugini.
Quella parola era crollata su di noi. Io avevo avuto la forza di sollevarla,
lui era rimasto sotto le macerie.
E aveva rinunciato a combattere. Aveva rinunciato a me.
Codardo.
Aveva ragione a definirsi così. Codardo perché non aveva avuto il coraggio di
combattere, perché non aveva avuto il coraggio di amarmi.
Codardo.
Sferrai un pugno più forte sul cuscino e quello esplose in miliardi di piume
che crollarono su di me. Come i resti della mia vita.
Singhiozzai, con il cuore spezzato.
Codardo.
Ma lo ero anche io.
Capitolo 14 *** Capitolo 13 – Ritorno a casa, Giugno 2022 ***
Only
Hope ~
Sei disposto a metterti in gioco per qualcosa che non esiste?
Capitolo
13 – Ritorno a casa, Giugno 2022
Il treno iniziò a rallentare e, sbirciando dal finestrino,
riuscii a scorgere la stazione di King’s Cross.
Sospirai, rassegnata, stringendomi nelle spalle. Il tanto atteso momento era
arrivato. Il momento della verità.
Era trascorso più di un mese da quando James aveva deciso che era finita e
tutto sembrava essere tornato alla fastidiosa normalità. Avevo perdonato Rose, ne
avevo abbastanza delle lacrime che versava, implorando il mio perdono. La
odiavo ancora, sì, ma non potevo permettermi di rimanere da sola. Non potevo
tornare a vivere in solitudine, avevo bisogno di qualcuno che mi sorreggesse.
Rosie era lì, in attesa del mio perdono, ed io avevo bisogno di lei.
Il nostro rapporto era tornato quello di prima, come se non fosse successo
nulla.Con Hugo non avevo ancora
parlato, ma ero disposta a perdonare anche lui, nonostante lui non ne sentisse
la necessità.
Tra me e James era finita. Non ci eravamo più parlati. I primi giorni erano
stati duri, per me. Singhiozzavo ogni volta e mi rannicchiavo su me stessa per cercare
di sfuggire al dolore, ma quello tornava sempre a colpirmi. E poi anche quello
se ne era andato. Mi aveva abbandonata, come James, come Dorian, ed io ero
tornata lentamente alla normalità.
Facevo finta di nulla, fingevo che nulla mi toccasse, quando, invece, tutto mi
faceva fin troppo male. Ignoravo il dolore, cercavo di andare avanti.
Elaboravo la perdita, ecco.
Dorian...con Dorian avevo provato a parlare, ma lui non mi aveva mai dato
ascolto. Si limitava a ignorarmi. Non gli importava più nulla se io stavo male,
se James mi aveva lasciato. Voleva salvare sé stesso. Lo capivo.
Aveva fatto bene a lasciarmi andare, a fuggire lontano da me. Voleva
dimenticarmi. Forse lui sapeva come si faceva.
Sospirai e tornai a guardare fuori dal finestrino.
“Ci sono io” sussurrò Rose, intercettando i miei pensieri. “Ti aiuterò io”
Annuii, mentre ricambiavo il sorriso esitante che mi rivolgeva. Mi strinse la
mano e non la lasciò andare. Per un attimo, l’odio che provavo ancora nei suoi
confronti, svanì completamente. Poi tornò, come se nulla fosse.
“Grazie” mormorai, lottando contro me stessa per pronunciare quella debole
parola. Grazie.
Sembrava surreale dirlo a colei che aveva rovinato la mia vita, eppure dovevo
ringraziarla. Perché era lì, a tenermi la mano. E a giurarmi che avrebbe
lottato anche per me.
Scorpius e Albus assistevano immobili al nostro scambio di battute. Malfoy
guardava fuori dal finestrino con aria assente, mentre Al faceva di tutto per
non fissare il suo sguardo su di me.
“Mi mancherai, lo sai?” disse Scorpius, tutto d’un tratto, voltandosi verso di
me.
“Cosa?” chiesi, inarcando un sopracciglio e fissandolo scettica. Lui sorrise,
un sorriso sincero. Poche volte lo avevo visto così, di solito si limitava a
sorrisetti sarcastici o sguardi scettici. Questo era un vero sorriso.
“Be’...mi mancheranno le tue battute, i tuoi commenti sarcastici. Eri
simpatica” sussurrò,imbarazzato, tornando a guardare fuori dal finestrino.
Rosie sorrise intenerita al suo ragazzo, mentre Al tossiva, divertito.
Ricambiai il sorriso.
“E tu sei stato bravo a ribattere ai miei commenti. Mi mancherai anche tu,
Scorpius” mormorai, subito dopo, mentre il treno entrava nella stazione.
Era lì, tutto finito.
I miei sette anni ad Hogwarts erano finiti, per sempre. Non sarei più tornata
su quel treno, non avrei più trascorso le serate in Sala Comune, non avrei più
mangiato al tavolo dei Corvonero assieme a Rose e Scorpius.
E quando il treno finì la sua corsa, fermandosi, capii che anche la mia
adolescenza era finita.
“Andiamo?” Rose mi strattonò il braccio, indicandomi l’uscita dello
scompartimento.
“Aspetta”
Posai il mio baule per terra e mi voltai verso Scorpius, mentre lui si voltava
verso di me. Mi abbracciò, come un fratello minore avrebbe abbracciato la
sorella maggiore con cui aveva sempre litigato.
“Stammi bene, Malfoy” sussurrai, sorridendogli e spettinandogli i capelli. Lui
annuì, con gli occhi un po’ lucidi e mi lasciò andare.
“Dai, non facciamo i sentimentali. Lo inviteremo alla Tana!” esclamò Al,
ridendo divertito.
“Al, non voglio che mio padre tenti di strangolare il mio ragazzo” trillò
Rosie, con le mani sui fianchi comeuna
vera Weasley. Sorrisi, divertita, poi mi avviai da sola fuori, mentre loro si
scambiavano ancora battute. Per loro non era ancora finito nulla.
Ora dovevo andare da sola, lo avevo capito. Dovevo affrontare da sola quel
momento.
“Dai, Scarlett, muoviti!” sentii la voce di Dorian e sobbalzai. Lo vidi
aspettare pazientemente fuori dallo scompartimento, mentre incitava sua sorella
a muoversi.
Il mio cuore fece un salto al’indietro e mi immobilizzai.
“Ti vuoi muovere?” fece qualcuno dietro di me, ma io mi limitai a scostarmi un
po’ per farli passare. Dorian.
Non l’avrei più rivisto. D’improvviso, questo pensiero mi fece più male di
quanto potessi immaginare.
Dorian era il mio migliore amico, non potevo lasciarlo andare così, senza
neanche chiedergli scusa.
Lui si voltò verso di me nello stesso istante. I capelli castano chiaro gli
ricadevano disordinatamente sugli occhi verdi, il viso era increspato in un
sorriso divertito, all’indirizzo della sorella, ma quando mi vide, quel sorriso
sparì completamente dal suo volto.
“Dorian” lo chiamai, ma lui fece finta di non avermi sentito. Guardava sua
sorella raccattare le cose e metterle alla rinfusa nel baule.
“Dorian, ti prego” Lo implorai, ma lui non si voltò neanche una volta. Quando
sua sorella, Scarlett, uscì, ci fissò entrambi, poi prese per mano suo fratello
e insieme si avviarono verso l’uscita.
“Mi dispiace. Sono stata una stupida e ti ho fatto del male. Scusa” dissi,
tutto d’un fiato, prima che lui potesse andarsene. “Volevo dirti solo questo”
Lui si bloccò nel corridoio, mentre io presi il mio baule e lo superai in
fretta, con le lacrime agli occhi. Probabilmente, neanche questo aveva voluto
sentire.
Poco male, io avevo detto quello che volevo dire.
Poi, improvvisamente, sentii un piacevole calore circondarmi il polso e mi
voltai, stupita.
“Non posso perdonarti, Dominique. Non ora” Il suo volto era stravolto in una
smorfia sofferente. “Però sappi che mi mancherai”
Mollai il mio baule e lo abbracciai, come avevo fatto con Scorpius. Solo che
questa volta, in quell’abbraccio, ci misi tutto quello che non riuscivo a dire
a voce.
“Arriverà un giorno in cui saprò perdonarti, te lo prometto” disse. Annuii,
mentre le lacrime tornarono a scendere lungo le guance.
“Ti aspetterò” sussurrai, prima di avviarmi definitivamente verso l’uscita.
Sorrisi, tristemente, tra le lacrime. Ero divisa a metà. La mia metà felice
esultava, perché Dorian mi aveva parlato, aveva detto che un giorno mi avrebbe
perdonata e io non potevo fare a meno di sperarci, ma l’altra metà di me,
quella disillusa e cinica, si chiedeva se quel giorno sarebbe mai arrivato o
era solo una scusa di Dorian per liberarsi di me.
E, alla fine, il mio lato cinico e disilluso prevalse quando vidi Victoire, Ted,
mia madre e mio padre immobili, tutti con la stessa espressione amareggiata.
Tutto questo, e poi alla fine James aveva
rinunciato. Aveva deciso che non ne valeva la pena, che il gioco non valeva
la candela o come cavolo si diceva. E mi aveva mollata, a combattere da sola.
Credeva forse di fare qualcosa di giusto?
“Mamma, papà, Victoire, Ted” Salutai, con un sorrisetto di scuse, poggiando il
mio baule a terra. Tutti e quattro, contemporaneamente, aprirono la bocca per
parlare, ma io li anticipai. “Non ce bisogno di fare storie. Mi ha mollata” Mi ha mollata.
Quelle semplici parole avevano fatto malissimo. Mi ha mollata.
Non lo avevo mai detto ad alta voce, mi ero limitata a far leggere la lettera a
Rose, in lacrime, dopo essermi resa conto che da sola non ce l’avrei mai fatta.
Ma dirlo... faceva tutt’altro effetto. Ancora più doloroso, ovviamente.
Raccattai il baule e mi diressi verso Rose che scendeva dal treno. Lei mi venne
incontro e mi strinse in un abbraccio goffo, dovuto sia alla sua goffaggine che
ai bauli che ci trascinavamo.
“Andiamo. Mammae papà sono lì” Mi
indicò un punto lontano della banchina e iniziò a camminare.
“Hai già salutato Scorpius?” chiesi, facendo finta che andasse tutto bene. Lei
sapeva che tutto questo era una farsa, eppure non si scompose minimamente.
“Sì. Non volevo che papà ci vedesse. Già invitarlo per Natale, lo scorso anno,
solo perché gliel’aveva chiesto Albus, suo nipote,
era stato troppo, per lui. Chissà come reagirebbe se vedesse che io e il
rampollo Malfoy stiamo insieme” spiegò, sorridendo un po’. Me lo immaginai,
Ronald Weasley che cercava di strangolare – con molto successo – Scorpius
Malfoy. Sorrisi un po’ anche io.
“Ciao, zia Hermione” sussurrai, quando me la ritrovai davanti. Lei sorrise un
po’ esitante, ma io la strinsi in un abbraccio. Era giornata, evidentemente.
Cercai di farle capire tutto quello che non ero capace di dire in
quell’abbraccio e lei mi strinse a sé, esitante.
“Mi dispiace” mormorò, quando mi scostai da lei. Alzai le spalle e fissai il
mio sguardo su zio Ron, che mi sorrideva esitante.
“Sono sempre Dominique, zio. Non mi è cresciuta un’escrescenza schifosa sul
viso, non mi sono tagliata le vene. Sono sempre io”
Lui sospirò e mi scombinò i capelli, incerto.
“Lo so” sussurrò, prima di dirigersi verso l’uscita. Sospirai e mi chiesi se
mai tutto sarebbe tornato come prima.
“Sei sicura che posso rimanere, zia? Non ...do fastidio?” domandai, mentre
trascinavo il mio baule verso l’uscita.
“Certo che no, Dominique! Almeno fino a quando le acque non si saranno
calmate...potrai restare da noi” rispose lei, con un sorriso intenerito sul
volto.
Ringraziai, ma non riuscii a ricambiare il sorriso. Sentii i richiami di Ted,
che mi chiedeva di tornare indietro, ma non mi voltai.
Dovevo andare avanti, dovevo dimenticare. Senza voltarmi indietro.
Promisi a me stessa che non mi sarei più voltata.
~
“Come sono andati i M.A.G.O?” chiese zia Hermione,
porgendomi un pacco di biscotti. Eravamo solo noi due a colazione. Rose aveva
già mangiato ed ora era di sopra ad anticiparsi
i compiti delle vacanze, zio Ron e Hugo – con il quale ancora non avevo
parlato- dormivano ancora e io mi ritrovavo lì, a parlare con lei.
Non che non volessi, solo che... mi dava fastidio sentirla dire che le
dispiaceva, quando io non riuscivo a dimenticare.
“Credo bene. Ho la sensazione di aver sbagliato a tradurre alcune Rune, ma per
il resto sono andati fin troppo bene” mormorai in risposta, afferrando i
biscotti. Inizia a sgranocchiarne qualcuno, mentre zia sorrideva, divertita.
“Anche a Rose sono andati bene, gli esami”.
“Lo so, me l’ha scritto. Aspettiamo ancora il risultato ufficiale, ma mia
figlia è abbastanza autocritica con se stessa da dire che era sicura di aver
fatto tutto bene”
“Detto da Rosie, che è convinta di sbagliare sempre, è un grande passo in
avanti”.
“Già”
Restammo per un secondo in silenzio, senza sapere cosa dire.
Era strana, come situazione. Io e zia Hermione avevamo sempre parlato molto,
pronte a scambiarci consigli e pareri su ogni cosa. Mi trovavo a mio agio con
lei, ma non quel giorno.
Quel silenzio era imbarazzante.
“Dominique?”
Mi voltai verso di lei, inzuppando un biscotto nel latte.
“Si?” chiesi, inarcando un sopracciglio. Lei sospirò e guardò fuori dalla
finestra.
“Hugo vorrebbe parlare con te, ma non ha il coraggio. Ti prego, se venisse, tu non...non
trattarlo male. Dice che gli dispiace, che...”
“Non c’è bisogno di parlare per me, mamma” Sobbalzai e mi voltai di scatto,
stupita. La figura di Hugo, alta e magrissima, faceva capolino dalla porta
della cucina, con espressione colpevole.
Zia Hermione sospirò e guardò me, poi il figlio, prima di alzarsi da tavola e
lasciarci soli.
Bene, ottimo.
Rimanere sola con colui che mi aveva reso gli ultimi mesi un inferno era proprio
nelle mie priorità, secondo solo a buttarmi giù dalla Torre di Astronomia.
“Sei arrabbiata con me”
Non era una domanda, lo sentivo nel suo tono di voce. Incrociai le braccia e
fissai ostinatamente il mio bicchiere di latte.
“Anche tu lo sei”
Lui sospirò, ma non lo guardai in faccia. Mi ero sbagliata, non ero disposta a
perdonarlo. Forse perché lui mi aveva odiato.
“Sì” disse, sedendosi al posto lasciato vuoto dalla madre e fissandomi.
Caparbia come al solito, non lo degnai della mia attenzione.
“Anche io”
Sospirò ancora e fissò a lungo il mio volto.
“Mi dispiace”
“A me di più”
Silenzio. Forse non sapeva cosa rispondere, o forse non aveva la forza di
rispondere.
“E’ colpa mia”
“Già”
Ancora il silenzio. Forse non avrei dovuto rispondere a monosillabi, forse lo
intimorivo con quelle risposte secche.
“Avevo paura”
Mi voltai verso di lui, a metà tra lo stupito e l’arrabbiato.
“Paura?” ringhiai. Lui non aveva un’espressione intimorita, ma mi si strinse il
cuore a guardarlo. Non fissava più me, guardava il tavolo di legno chiaro.
La sua espressione era davvero afflitta. Forse stava anche per piangere, ma non
potevo vedere i suoi occhi.
“Paura. Avevo paura che la mia famiglia andasse in frantumi. Con la storia di
te e James... si sarebbero schierati in due parti, lo sapevo. Alcuni con voi e
altri... altri contro di voi. E io non volevo, non volevo che accadesse. E non
sapevo neanche cosa fare, l’ho detto a Rosie e lei mi ha pregato di stare in
silenzio, di non dire nulla, ma non l’ho fatto. Rose ti ha mentito, Dominique.
Non è stata lei a dire tutto a mia madre”
Lo fissai, sconcertata.
Non riuscivo a credere che Rose fosse capace di mentire a me, la cugina che
considerava più vicina.
“Cosa?” biascicai, senza fiato.
“Già. Sono stato io a dire tutto a mamma, ma Rose non voleva che io finissi nei
guai. Ha detto a tutti che è stata lei, che lo aveva fatto per chiedere
consiglio. Mi voleva proteggere. E ora la odiano tutti per questo” concluse,
tetro. Mi guardò nuovamente, con quell’espressione afflitta che mi faceva male.
“Tu? E per tutto questo tempo... Rose ha finto? Ha recitato?” domandai,
disgustata.
Lui annuì.
Avrei voluto alzarmi e correre via da quella casa, da quella famiglia,
inventarmi una nuova identità, cancellare la mia memoria e ricominciare da
capo, ma forse fu l’espressione di Hugo a trattenermi.
“Ero disgustato dal fatto che tu e mio cugino stesse insieme...” Sentii una
fitta allo stomaco quando i ricordi mi assalirono nuovamente, ma cercai di
ignorarli. “Ho reagito in modo eccessivo. Ero disgustato. E spaventato. Non
volevo che la mia famiglia si dividesse”
“Ed eri disposto a sacrificare me e James?” chiesi, incollerita.
“Sì. Egoista, vero?”
“Già”
Calò, ancora una volta, il silenzio. Hugo era seduto sulla sedia con aria tetra
e le braccia poggiate sul tavolo. Si torturava le mani, respirando
silenziosamente.
“Hugo?” lo chiamai. Lui alzò lo sguardo, rassegnato. Forse si aspettava una
sfuriata.
“Sì, Dominique?” chiese, con voce limpida.
“Mi dispiace” sussurrai, prima di alzarmi. “Forse un giorno riuscirò a
perdonarti. Ma non ora”
“Posso concedermi di aspettare?” domandò, speranzoso.
“Sì” mormorai, restando in piedi e torturandomi un po’ le mani. “Direi di sì”
E uscii silenziosamente dalla cucina, con le lacrime agli occhi.
Angolo
Autrice
Penultimo capitolo. Eh sì, ci si avvia verso la fine, ormai.
Manca solo un capitolo e poi l’epilogo. Ho già scritto entrambi, ovviamente –
quando sono in fase di ispirazione acuta non c’è nulla che possa distrarmi
dalla scrittura – e ho scritto anche la parola “FINE”.
Ma ora non fa niente, i sentimentalismi li rimandiamo per l’epilogo.
Uhm...spero vi sia piaciuto questo capitolo, davvero. Ho impiegato secoli per
scriverlo, per dare il giusto peso ad ogni parola o verbo o qualunque altra
cosa. E’ stato impegnativo, ecco.
Spero vi piaccia.
Capitolo 15 *** Capitolo 14 – Decisione, Giugno 2022 ***
Capitolo
14 – Decisione, Giugno 2022
“Mi hai mentito”
Rose sobbalzò e si voltòdi scattò verso
di me, facendo cadere a terra il calamaio con l’inchiostro nero.
“Oh, accidenti!” esclamò, guardando il disastro che si allagava sul tappeto
azzurro della sua camera.
“Lascia, faccio io” Fu una soddisfazione puntare la bacchetta contro la macchia
nera, mormorare un incantesimo e guardare il tappeto tornare come prima. Un
piccolo capolavoro.
“Che stavi dicendo?” chiese mia cugina, ringraziandomi con un sorriso, mentre
tornava a sedersi alla scrivania, invasa da libri di ogni genere, ovviamente.
“Ah, sì. Mi hai mentito” Lo dissi con tranquillità, senza neanche sconvolgermi
più di tanto. Dopo tutto quel tempo trascorso tra incredibili rivelazioni, come
in soap opere Babbane, credevo ormai di aver sviluppato un incredibile
autocontrollo.
“Su cosa, esattamente?” domandò lei, accantonando per un attimo i libri e il
tema di Trasfigurazione. Io mi acciambellai sul letto e la fissai, scettica.
“Su me e James...” Sentii una fitta al cuore quando pronunciai quel nome.
Nonostante fosse passato più di un mese, non ero pronta. Non ero pronta a
ricordare, a pronunciare il suo nome, a pensare a lui. Una smorfia di dipinse
sul mio viso. Rose se ne accorse, ma non disse nulla. “Non l’hai detto a tua
madre. Lo ha fatto Hugo”
“Già” Non si scompose minimamente. Si limitò a fissare la sua attenzione sul
libro di Trasfigurazione posato sulla scrivania e ad ignorarmi completamente.
Rimasi in silenzio a guardarla, a metà tra ira e stupore.
“Perché?” chiesi, infine, mentre lei sospirava e si voltava a guardarmi. Mi
sentii trafitta dal suo sguardo, così simile al mio. Ghiaccio puro.
Ma lei non era fatta di ghiaccio, lei era fuoco. Allegro, scoppiettante,
caldo...mi sarebbe piaciuto essere felice come lei.
“Immagina che Louis abbia scoperto qualcosa di terribile e che, invece di
tenere il segreto come gli avresti consigliato, lui lo dicesse a tua madre.
Metti che abbia scoperto me e Al che ci baciavamo. Cosa avresti fatto?”
“Io non mi sarei addossata le colpe di Louis. Io gli avrei fatto notare il suo
errore, ma non lo avrei protetto” sussurrai,
guardandola con gli occhi pieni di lacrime. “Mi fidavo di te”
“ E non sbagliavi, Dominique. Io sono sempre stata con te. Non ho detto niente
a nessuno, ho sempre mantenuto il segreto!” Questa volta non piangeva, era
terribilmente calma. Mi faceva quasi paura, quell’aria risoluta sul volto tanto
delicato e gentile.
“Hai mantenuto il segreto sbagliato” borbottai, prima di scrollare le spalle e
avviarmi fuori dalla camera.
“Sei arrabbiata con me, ora?” mi chiese, prima che io potessi allontanarmi. Mi
voltai nella sua direzione. Avevo gli occhi pieni di lacrime non versate [e che non avrei versato] e vedevo poco
e niente, ma riuscii a distinguere la sua espressione preoccupata.
“No. Non lo sono”
Non potevo esserlo, se la persona sulla quale sarebbe dovuta cadere la mia ira
era l’unica su cui potevo contare.
~
Questa situazione continuò per un po’ di tempo.
Zia Hermione diceva che non c’era alcuno problema ad ospitarmi, che lo faceva
volentieri e che era contenta che Rosie non fosse l’unica ragazza in casa.Forse sperava che con il mio arrivo, i
neuroni di Hugo e zio Ron si dessero da fare per comprendere che no, le carte
non si alzavano da sole e si gettavano di loro spontanea volontà nel
cassonetto.
Ovvio che non lo fecero. Quei neuroni continuarono a rimanere inattivi come
prima che io piombassi a casa Weasley – Granger senza preavviso.
Aiutavo spesso in casa, per non sentirmi inutile, quasi un peso. Spesso la
mattina mi alzavo presto e facevo trovare la colazione a tavola, a mo’ di
ringraziamento per l’ospitalità che mi avevano offerto.
“Sei una benedizione, Dominique” disse una volta zio Ron, addentando una fetta
di pane tostato e marmellata di ciliegie. “Ultimamente Hermione se la prende
comoda”
Ovviamente, la gomitata tra le costole da parte di zia fu immediata. A
giudicare dall’espressione di Ron Weasley, fu anche molto dolorosa.
La mattinami svegliavo sempre presto.
Non c’era verso che io potessi dormire un po’ di più e quasi preferivo così. La
notte sognavo, anzi...ricordavo. Erano bei ricordi, ma la mattina, il mio
cuscino era zuppo di lacrime.
Restavo qualche minuto nel letto, a stiracchiarmi un po’ e a pensare
inevitabilmente al sogno della notte precedente, che non variava poi molto da
quello della notte prima.
Sognavo James, sognavo i momenti che avevamo trascorso insieme, sognavo la
felicità che mi era stata negata troppo presto. Era inutile fare finta di aver
dimenticato: James era ancora vivo [troppo]
nei miei pensieri.
E poi mi veniva in mente Dorian. Vedevo i suoi occhi verdi guardarmi con aria
delusa, soffocavo le lacrime contro il cuscino. Ero capace di reggere al
ricordo di James e Dorian singolarmente, ma, insieme diventavano qualcosa che
non ero capace di sostenere.
Quando mi rendevo conto che era inutile stare lì a piangere per uno che mi
aveva mollata e per un altro che mi odiava, decidevo di scendere in cucina e di
preparare la colazione. Molte volte, assorbita come ero da quei gesti, finivo
per preparare molto più del necessario, ma nessuno si era mai lamentato – anche
perché con due esseri come Hugo e zio Ron avrei potuto preparare anche una
mucca per colazione, quello sarebbe finito dopo tre secondi, seguito dall’ovvia
richiesta : “Ce n’è ancora?”
Dopo aver preparato quantità industriali di cibo – avrei potuto saziare un
esercito, con tutta quella roba – mi dirigevo verso il salotto e sceglievo un
libro da leggere, tra quelli che zia Hermione aveva disposto diligentemente, in
ordine alfabetico per autore, sullo scaffale della libreria. Scorrevo i dorsi
dei libri con l’indice e guardavo distrattamente i titoli.
Alla fine, mi fermavo sempre alla A di Austen e finivo per leggere sempre lo
stesso libro: Orgoglio e Pregiudizio. Mi piaceva, lo avevo letto ogni volta che
ero andata da zia Hermione. Le chiedevo sempre quella copia malconcia. Alla
fine, zia Hermione si era rassegnata a regalarmi una copia di quel libro, ma
per me, quella copertina vecchia e rovinata aveva un valore affettivo, ormai.
Purtroppo, il mio libro era rimasta a Villa
Conchiglia, dato che sapevo per certo che nella sezione ‘Letteratura Babbana’
della Biblioteca di Hogwarts lo avrei trovato sicuramente.
Non avevo previsto una situazione del genere.
Adoravo perdermi nella lettura, dimenticare me stessa e trovare altri
sentimenti, altre situazioni. Le parole diventavano il mezzo grazie al quale
potevo dimenticare per un secondo quello che era successo.
Il nome di James continuava a ronzarmi fastidiosamente in testa, però. James.
Avevo voglia di dimenticarlo, di non ricordare più quel nome, ma, allo stesso
tempo, volevo urlarlo a squarciagola, farlo sentire al mondo, liberarmi di quel
peso che, ormai, gravava solo sulle mie spalle.
Ma i miei zii e i miei cugini non lo nominavano mai, neanche accidentalmente.
Stavano tutti attenti, erano tutti precisi. Forse era stata Rose a pregare di
non fare riferimento a lui.
A volte, raramente, venivano Ted e Louis a trovarmi. Non erano arrabbiati, al massimo delusi, ma
accettavano di buon grado la mia decisione.
Dicevano che mancavo a casa, anche a Victoire. Per quanto il tono di mio
fratello fosse sincero – ed io sapevo per esperienza che lui non era in grado
di dire bugie – io non riuscivo a crederci. Victoire mi odiava, ormai.Non che prima fossimo in grandi rapporti,
ma...per lei avevo superato il limite, nel cercare di andare contro le regole.
Inutile spiegarle che non era un gesto di sfida, lei non mi avrebbe creduto.
Mi sentivo stanca al solo pensiero di affrontarla,di affrontare la mia
famiglia, improvvisamente svuotata di tutte le energie, senza più forze, senza
più voglia di combattere.
“Come va?” chiese Ted, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Ero stanca
anche di rispondere a quella domanda. Come voleva che andasse? Il mio
ragazzo/mio cugino – barrare la risposta scelta, prego – mi aveva appena
mollata, il mio migliore amico non poteva perdonarmi, la mia famiglia mi odiava
ed io ero costretta a vivere a casa di mia zia.
Come doveva andare?
“Benissimo. Davvero benissimo” sussurrai, guardando tetra fuori dalla finestra.
La mano calda di Louis circondò il mio polso e io mi sentii un po’ meglio.
Louis era di un anno solo più piccolo di me, eppure sembrava più maturo di
quanto potessi immaginare. Ai miei occhi era sempre stato il figlio prediletto,
il maschio di casa, il cocco di papà, terribilmente dolce da far venire il
diabete, ma ora mi rendevo conto che Louis era buono. Buono davvero. Continuava a regalarmi un
sorriso, nonostante fosse consapevole che fosse solo colpa mia se mi trovavo in
quella situazione.
“Dominique...” Ted aveva un’aria dispiaciuta, ma io scossi la testa.
“Non fa niente” tagliai corto, fissando il volto del mio quasi cognato. Lui
annuì, serio, e fissòun punto lontano,
fuori dalla finestra. “Che si dice dal fronte occidentale?” chiesi, cercando di
scherzare. Louis accennò ad un sorrisetto, Ted neanche quello.
“I tuoi genitori pensano cosa fare. Victoire è ancora arrabbiata. Crede che il
tuo sia stato un gesto di sfida, per dimostrarti superiore al resto della
famiglia” La sua voce era atona, ma sentivo un pizzico di tristezza che rendeva
tutto insopportabile.
“Non è così, Ted. Lo sai. Mi conosci” mormorai, indignata, con le lacrime agli
occhi. Perché cavolo dovevano credere che Dominique Weasley non potesse
innamorarsi di suo cugino? Perché era sbagliato, perché loro avevano ragione ed
io torto? Perché ero sempre stata troppo diversa?
“Non so più cosa pensare, Dominique. Conoscevo quella che eri prima, non quella
di adesso. La Dominique di prima, anche se odiava la sua vita e la sua
famiglia, non avrebbe mai osato sfidare tutti per dimostrarsi migliore, ancora
una volta”
Lo fissai, a metà tra lo stupito e l’indignato. Non potevo crederci.
Ted era stato il mio confidente da quando ero bambina. Ero cresciuta con lui –
mamma diceva che la prima parola che avevo detto era “Ted” -e non potevo credere che ora osasse dubitare
di me.
Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, ma non piansi. Avevo pianto fin troppo
negli ultimi giorni ed era ora di dire basta.
“Tu lo sai, dannazione! Tu mi conosci! Come puoi pensare che io possa fare una
cosa tanto ignobile? E’ così difficile credere che mi sia innamorata per te?”
“Di tuo cugino?” Distaccato, voce atona, fredda. Faceva male, ma non ci feci
caso, in quel momento, impegnata com’ero a trattenere le lacrime.
Non risposi. Non potevo rispondere. Tornaia guardare fuori dalla finestra, sperando che Ted capisse, anche se
sapevo che era impossibile.
“Zio Harry e zia Ginny stanno pensando a cosa fare” sussurrò Louis, dopo un
po’. Sentii il suo sguardo azzurro come il mio su di me, ma non mi voltai.
“Penso che vogliano mandare via James per un po’. Con le vacanze estive
rischiereste di incontrarvi e vogliono impedirvelo”
“E dove vogliono trapiantarlo?” La mia voce era piena di amarezza. Ted sobbalzò
leggermente, ma non mi guardò, mentre mio fratello sospirò, rassegnato.
“James non se ne vuole andare, dice che non ha fatto nulla di male ad
innamorarsi, ma ha deciso di andare a Diagon Alley. Zio George ha bisogno di un
commesso, da quando zia Angelina ha deciso di rimanere a casa per badare ai
bambini”
Sospirai.
Non dissi nulla, ma in cuor mio sapevo che non doveva andare così. James doveva
stare lontano da me e non doveva rinunciare alla sua famiglia. C’era una sola
soluzione per questo: che fossi io ad andarmene.
“No” sussurrai, rendendomi conto della spiazzante verità. D’un tratto, quando
mi capii con precisione cosa avrei dovuto fare, mi parve che tutte le azioni,
tutte le parole, tutti i pensieri mi avevano portata a quell’inevitabile fine.
Era come se tutti i tasselli del puzzle combaciassero.
“Cosa?” Ted si riscosse dal suo stato di torpore e mi fissò, con un
sopracciglio inarcato e l’espressione scettica.
“James...” Una fitta al cuore, cercai di non darlo a vedere. “Lui non se ne
deve andare” mormorai, voltandomi verso di lui con espressione sorpresa. Avevo
capito finalmente cosa dovevo fare. “Devo andarmene io”
Con mia grande sorpresa, Ted scoppiò in una risata amara, senza allegria.
“E dove credi di andartene? Non hai un lavoro, non hai una casa e non hai una
famiglia su cui contare” mi fece notare, ma io già non l’ascoltavo più.
“Ce l’ho, invece. Ho una casa e una famiglia. E posso trovare anche un lavoro”
gli risposi, alzandomi in piedi e andando a frugare tra le mille carte poggiate
sulla scrivania di Rosie, in cerca di un foglio di pergamena pulito. “Me ne
vado in Francia”
Seguì un silenzio scioccato, interrotto solo dal fruscio della carta che spostavo dalla disordinata scrivania.
“In...Francia?” chiese Louis, stupito. Mi voltai verso di lui. Aveva gli occhi
spalancati, l’espressione sorpresa. Anche Ted era meravigliato, di certo non si
aspettava questo da me.
“Da zia Gabrielle. Proprio qualche mese fa mi ha chiesto di andare da lei”
Mi sedetti alla scrivania e immaginai cosa potessi scriverle, ma Ted si alzò e
poggiò una mano sulla mia spalla, prima che potessi scribacchiare qualche giustificazione.
“Non sei obbligata, Dominique”
Lo ero, invece. Lo ero da me stessa che non riuscivo a superare il trauma
dell’abbandono, da James che non voleva abbandonare tutto, da Victoire che mi
odiava, dalla mia famiglia che voleva prendere provvedimenti e da Ted che
teneva la sua mano calda sulla mia fragile spalla.
Ero obbligata ad andarmene.
“Invece sì” risposi, fissando risoluta il mio amico più caro, colui che mi
aveva cresciuta e mi aveva adorata come una sorellina minore. “Me ne vado in
Francia”
~
Tempo una settimana e zia Gabrielle aveva già risposto alla
mia lettera – ovvero, una supplicante richiesta di aiuto, scritta in francese
improvvisato – e aveva dettoche per lei
andava bene, che potevo andare in Francia e stare a casa sua.
Non credevo avrei fatto questo passo. Un conto era andare avanti e cancellare
James dalla mia vita, un altro era cambiare radicalmente la mia esistenza.
Zia Gabrielle era sempre stato un tipo affettuoso. Non avevamo lo stesso
rapporto che io avevo con zia Hermione, ma mi era simpatica e tanto bastava.
Avevo visto rarissime volte suo marito, Jean François, un tizio dall’aria snob
e incredibilmente perfetto, ma il fatto che questo tizio avesse accettato una
nipote quasi sconosciuta in casa bastava a renderlo sopportabile. E poi c’era
Apolline, la mia adorabile cuginetta di undici anni, che non vedevo da quando
lei ne aveva sette.
Chissà se si ricordava di me...
Pensavo a questo mentre preparavo la valigia, infilandoci dentro tutto il
possibile. Non sapevo quando sarei tornata –forse non sarei neanche tornata, se
mi fossi trovata bene lì – e cercai di mettere di tutto. Purtroppo mancavo di
spirito organizzativo, così la mia valigia finì per essere piena immediatamente
senza che ci avessi messo dentro qualcosa di utile.
Sospirai. Forse una valigia non bastava.
“Allora è vero. Te ne vai”
Quella voce l’avrei riconosciuta fra mille.
Sobbalzai leggermente e sperai che lui non se ne fosse accorto, prima di voltarmi
verso la porta e fissare James con gelido distacco.
“Sì. Vado un po’ a Parigi a trovare zia Gabrielle” sussurrai. La mia
determinazione vacillò non appena incontrai i suoi occhi castani e mi ritrovai
a sospirare, con il respiro tremante.
“Mi dispiace. Io...io non volevo causarti tutti questi problemi. E’ colpa mia
se...”
“Basta!” esclamai. Non aveva detto molto, lo avevo capito dalla sua
espressione, ma quelle poche parole bastarono per farmi del male. Perché non
capiva che non volevo sentire le sue scuse? “Mi hai mollata, hai deciso che non
ne valeva la pena. Ok. Però ora non voglio sentire le tue scuse”
Rimase impalato davanti alla porta e sospirò.
“Lo capisco. Sei arrabbiata”
“James, va’ via, per favore” gli intimai, indicandogli la porta che aveva
appena chiuso “Se ti vedono qui, non oso immaginare cosa potrebbe accadere”
Lui se ne fregò ampiamente di quello che avevo detto e si avvicinò a me, mi
accarezzò il viso e sospirò.
“Mi dispiace, Dominique”
Trattenni a stento le lacrime.
Lo spinsi indietro con forza. Perché non voleva capire che non avevo bisogno di
lui, dannazione? Non ora, ora dovevo solo andarmene via, per dimenticare tutto.
“Ti dispiace, eh? Ti dispiace! Lui se ne va, lasciandomi sola a combattere, ad
affrontare una famiglia che non ne vuole sapere di me e poi viene a dirmi che
gli dispiace!” Ero furiosa. Non piangevo, ma urlavo. Sentivo il bisogno di
sfogare quel mese di lacrime trattenute e di dolore che graffiava un cuore
ormai rotto. “Certo che ti dispiace, ma io non me ne faccio nulla delle tue
scuse, James! Perché non vuoi capire che non voglio parlare con te? Perché devi
rendere tutto più difficile?”
James non mi guardava più. Fissava il pavimento sotto di sé, come a sperare che
potesse inghiottirlo. Quasi lo sperai anche io.
“Credevo che fosse più giusto. Credevo che se ti avessi lasciata loro non
avrebbero continuato ad odiarti. Ero convinto che stavo facendo la cosa giusta,
che avrei permesso che tu vivessi normalmente” mormorò, dopo qualche minuto di
silenzio in cui io avevo accatastato un paio di magliette sul letto, in attesa
che lui se ne andasse per continuare a fare la valigia.
“Eri convinto delle cose sbagliate” osservai, distaccata. Lui mi fissò
dispiaciuto e io sospirai. “Non riesco ancora a credere che tu mi abbia
lasciata qui da sola a combattere contro Victoire e la mia famiglia. Avevamo
detto che dovevamo continuare insieme, che avremmo combattuto insieme. Perché
noi eravamo una sola persona, legati indissolubilmente. Tu eri la mia unica
speranza, James, e quando mi hai lasciata...era come se il mondo fosse sparito.
Tu eri il mio mondo, la mia ancora di salvezza. Io avevo bisogno di aggrapparmi
a te, ma tu sei fuggito via” mormorai, con la voce rotta. Non piangevo, cercavo
di trattenere i singhiozzi. “E ora devo cercare di andare avanti. Per questo me
ne vado. Perché tu hai deciso che avrei dovuto vivere normalmente. Ora non ho
più bisogno di te. Ora devo andare avanti da sola”
James mi fissò per un attimo ancora, poi mi accarezzò il viso e mi fece un
sorrisetto amaro.
Vidi una lacrima brillare debolmente sulla sua guancia, ma lui sembrò non farci
caso.
“Sappi che non ho smesso di amarti” sussurrò, prima di voltarsi e andarsene.
“Neanche io” sussurrai al vuoto, prima di accasciarmi a terra e piangere per
tutta la notte.
~
“Mi mancherai”
Rose mi stritolò in un abbraccio targato Weasley e appoggiò la testa sulla mia
spalla, singhiozzando.
Alzai gli occhi al cielo. Non ero mai stata il tipo che amava gli addii
strappalacrime e tutta quella situazione non faceva che mettermi in imbarazzo.
E farmi stare ancora più male.
“Tornerò, te lo prometto. E ti scriverò tutte le settimane” le dissi,
stringendola a mia volta. Mi ritrovai a piangere, mentre anche lei piangeva.
Tutto questo non mi faceva stare meglio.
“Promesso?” chiese, scostandosi un po’ a me. Le scombinai i boccoli castani e
le feci un sorriso tra le lacrime.
“Promesso”
Mi avviai lentamente verso il treno. Avevo deciso di viaggiare in treno anziché
Smaterializzarmi – anche perché, mio malgrado, ancora dovevo superare l’esame.
L’ultimo era stato un fiasco totale – perché volevo abbandonare la mia vita
pian piano, senza fretta, vederla sfrecciare fuori dal finestrino, tra la
grigia campagna londinese e pensare che forse non avrei mai rivisto quel grigio
tanto familiare e caro.
“Scrivici, Dominique. Aspetto anche io una lettera a settimana” sorrise zio
Ron, stringendomi in un abbraccio goffo e impacciato. Non era mai stato bravo a
parlare dei sentimenti, ma capii ugualmente quello che voleva trasmettermi.
Sarebbe mancato anche a me.
“Promesso”
Poi toccò a Hugo, dispiaciuto, a Ted, con espressione addolorata, a Louis, che
scoppiò a piangere disperatamente, stringendomi come se fosse stato certo che
io non sarei mai tornata. Poi toccò a zia Hermione. Fu difficile.
La abbracciai e lei singhiozzò un poco, ma non scoppiò a piangere. Voleva
trattenersi.
“Ci mancherai, Dominique”
“Anche voi” sussurrai in risposta, prima di salire sul treno.
Mi sistemai in un vagone libero e poggiai le valigie sul portabagagli in alto.
Mi sedetti al sediolino e fissai la banchina, dove zio Ron e zia Hermione, Rose
e Hugo,Ted e Louis, mi salutavano in
lacrime, con un sorriso amaro sul volto. Sventolai la mano in segno di saluto, singhiozzando disperata e sorridendo tra le lacrime.
Poi il treno partì con uno scossone e di loro non rimase altro che una scia
debolissima.
Angolo
Autrice
Questo è l’ultimo capitolo di Only Hope. Il prossimo sarà l’epilogo.
Ora come ora non riesco ad essere triste, perché sul mio computer non si legge
il file di Only Hope e sto facendo salti mortali tra questo computer e l’altro
dove si legge, che, tra l’altro, non ha internet,, quindi devo poi passarlo di
qui con la penna USB...insomma, un casino mondiale. Di conseguenza, più che
triste, sono arrabbiata.
Già.
Un po’ triste però lo sono. Dite la verità, vi aspettavate che Dominique
fuggisse in Francia? Immagino di sì, dopotutto sono prevedibile.
Ringraziamenti:
Kimly: Grazie, grazie davvero.
Mi dispiace far piangere la gente, non è il mio principale obiettivo, ma sono
contenta che il capitolo ti sia piaciuto.
Emily Doyle: Immagino che, prevedibile come sono, avrai indovinato XD lilyluna_4e: Oh, vedo che il colpo di scena dello scorso capitolo non te
lo aspettavi. A dir la verità, neanche io, ma è saltato fuori così e...bum!
Rose non ha colpe – anzi, ha quella di aver protetto Hugo. Grazie mille per i
complimenti, per il comportamento di Dorian...be’, poveretto, anche lui ha
diritto ad un po’ di felicità. Grazie mille *___* Fede_Wanderer: Prima di tutto, grazie per le
stupende recensioni, davvero. Comunque, sì, per un po’ ho preso ispirazione da
New Moon, anche perché lo stavo leggendo prima di iniziare questa storia.
Alcune frasi sono uscite spontanee, non me ne sono neanche accorta, ma per il
resto è particolarmente ispirato, sì. Grazie mille e spero ti piaccia anche
questo capitolo.
Juliet: Oh,grazie mille. Grazie davvero per la tua recensione e per i tuoi
complimenti. E sono contenta di averti fatto piacere Dominique e James *___*
Miss Rainbow: No, dai. Mi sento davvero in colpa
^^ Mi piacerebbe leggere la tua storia, anche perché mi sembra sempre di essere
un caso isolato qui e vorrei leggere di qualcun altro. Spero che tu la scriva
*___* Comunque, grazie. Grazie davvero per i complimenti *__*
"Mi lasci suonare?" La melodia si interrompe bruscamente ancora una volta, mentre io sospiro, irritata, e chiudo gli occhi con la speranza che Apolline scompaia immediatamente, magari inghiottita da un buco nero comparso nel perfetto pavimento - accuratamente pulito da zia Gabrielle - di marmo.
Ovviamente non succede e, quando riapro gli occhi, mia cugina è ancora lì a fissarmi con un sorrisetto irritante.
"Impiegheresti secoli per suonare come me" dico, con tono eloquente. Somiglia molto ad un "levati di torno", ma, come al solito, Apolline non capisce il messaggio sottointeso e mi fissa ancora con quel sorriso da bambina. Sospiro. Quel sorriso mi ricorda me stessa. E' incredibile come mia cugina mi somigli. Stessi capelli biondi, stessa pelle pallida, stesse labbra rosse. I suoi occhi sono castani, più caldi, più gentili, ma per il resto è troppo simile a me. Mi fa quasi terrore.
"Fa' niente, voglio suonare" dice, con voce sicura. Mi irrita parecchio, lo ammetto. E' una bambinetta viziata.
Quando partii dall'Inghilterra credevo che avrei trovato una cuginetta adorabile, dolce e compresiva, che avrebbe capito quando era il momento di lasciarmi in pace. Be', per un certo periodo di tempo è stato anche così, solo che sono trascorsi due anni ed è subentrato un mostro chiamato "adolescenza". E Apolline è diventata esattamente il prototipo dell'adolescente irritante.
Ormai rassegnata al fatto che dovrò dare lezioni di pianoforte a mia cugina, fisso gli spartiti che ho davanti e mi rendo conto che non è il caso che li suoni. Sono troppo complicati, io stessa ho impiegato anni per suonarli perfettamente. E so che Apolline non si accontenterà di suonare due note a caso.
"Andiamo in soffitta. Dovrei avere qualche spartito più semplice" sospiro. Lei annuisce, entusiasta, e si fionda a velocità incredibile al piano di sopra, lasciandomi indietro. Mi ritrovo a salire le scale con la speranza che sia inciampata, ma so che non succederà. Apolline è troppo aggrazziata, troppo Veela, per inciampare.
Apro la porta con un sospiro e immagino quanta polvere stia per attaccare i nostri corpi. Specialmente il mio, appena rimessosi da una fastidiosa influenza. Starnutisco immediatamente e tiro su col naso.
"Allora? Dove sono?"
"Dammi il tempo di trovarli" ringhio, iniziando a frugare tra i miei vecchi scatoloni. Zia Gabrielle aveva avuto la brillante idea di sistemare la mia roba qui, invece che nella stanza degli ospiti, certa che sarei rimasta a lungo. E così è stato. Ora sono trascorsi già due anni, ho iniziato un corso di Guaritrice e credo che finirò per lavorare qui.
Da uno scatolone vengono fuori pergamene vecchissime. Alcuni bigliettini che ci scambiavamo io e Victoire da piccole, quando i nostri genitori ci mettevano in punizione, le lettere che Rose mi ha spedito dall'America, quando aveva dodici anni e i suoi genitori l'avevano portata a New York, appunti di Storia della Magia, biglietti che Scorpius mi mandava quando era cotto di Rose e non sapeva come fare per conquistarla ... e poi, uno spartito. Un foglio di pergamena vecchio e fragile, stipato sul fondo dello scatolone. E' uno spartito macchiato, imperfetto, scritto con una grafia disordinato.
Non è mio.
Per Dominique Weasley.
Da James Sirius Potter.
Natale 2021
Un vecchio spartito tra le mie mani, una vecchia melodia riecheggia nella mia mente, un vecchio ricordo in bianco e nero si fa strada nel mio cuore.
La biblioteca di Hogwarts. Io sono seduta ad un tavolo, con il solito libro tra le mani. Un ragazzo arriva, trafelato. Mi consegna un pacco non più grande di un foglio. Lo apro. Uno spartito.
E poi il ricordo cambia. Io sono seduta al pianoforte, suono una melodia che, anche se non riesco a sentire, so che è bellissima. Il ragazzo dai capelli arruffati è seduto accanto a me, mi fissa come se ogni dettaglio del mio viso lo affascinasse. E le mie mani scorrono veloci su un pianoforte nero e lucido, su tasti d'avorio e di ebano, lievi su una melodia che mi spezza il cuore.
"Allora? Sono questi?"
E poi il ricordo svanisce, si dissolve in una nuvola di fumo grigio, mentre mi volto a fissare Apolline con aria stupita.
Lei si sporge da sopra le mie spalle e fissa lo spartito con un ghigno, ma io non ci faccio quasi caso.
"James Sirius Potter" legge, ma quel nome non suona bene pronunciato da quella voce acuta e dall'accento francese.
"Già"
Niente.
Non sento assolutamente nulla.
Nessun dolore sordo, nessun crac al cuore.
Vuol dire che ho dimenticato? Questo significa dimenticare?
Cancellare tutto, lasciar andare ricordi su ricordi, eliminare le sensazioni? Ho dimenticato davvero?
"E' quello da cui sei scappata?"
Apolline non avrebbe capito. Non capirebbe neanche adesso, se le dicessi che ho amato follemente James Sirius Potter, mio cugino. Non capirebbe nessuno. Forse neanche io.
"Sì"
Le dissi che io e lui ci sopportavamo a stento e che ero andata in Francia anche per stare un po' in pace. Una bugia che mi era costata notti di pianto.
"Ma l'ha scritto lui?" La sua voce è scettica, forse crede che James non avrebbe potuto scrivere musica. Annuisco, ancora stordita.
E' come trovare una testimonianza di una vita precendente. Questo ricordo appartiene alla vecchia Dominique, quella che viveva in Inghilterra, quella che amava James Sirius Potter.
Possibile che abbia davvero dimenticato quella Dominique? Due anni sono sufficienti a cancellare un'intera esistenza?
"Me lo fai sentire? Voglio ridere un po'" Sogghigna, Apolline. Non ha idea della bellezza di questo spartito e, improvvisamente, mi sento in dovere di difenderlo, di suonarlo come non ho mai suonato nessun altro spartito, di farle vedere che James è un genio.
Scendo immediatamente al piano inferiore, seguita da mia cugina. Mi siedo al pianoforte, un pianoforte nero e lucido - che porta alla mente troppi ricordi - e lei si siede accanto a me. Tutto questo mi è familiare. Uno spartito, un pianoforte nero, una presenza accanto a me.
Ma non è lui.
E, quando inizio a suonare quella melodia, mi rendo conto che non ho mai dimenticato. Mentre le mie scorrono da un tasto all'altro senza esitazione - come se in tutto questo tempo non avessi fatto altro che suonare questa melodia - mi accorgo che questa musica è bellissima e una lacrima cade dai miei occhi.
Non ho dimenticato nulla, non avrei potuto dimenticare. Un'onda di ricordi mi travolge ed io mi lascio travolgere. James che mi stringe la mano, James che mi sorride, James che mi bacia, James che mi accarezza i capelli, James che mi guarda dietro ad un velo di lacrime.
James. Un nome che troppo a lungo ho evitato di pronunciare. Esplode nella mia mente con la forza di mille Schiantesimi. Ma non fa male, è quasi...piacevole.
Ma è diverso. E' un ricordo diverso da quello che potevo immaginare due anni fa. E' il ricordo di un amore mai esistito, il rimpianto di qualcosa che poteva esssere.
Ma è diverso, ora. Ora è cambiato tutto.
Zia Gabrielle si ferma un attimo a guardarmi con gli occhi spalacanti, accantonando per un attimo il bucato e i mille lavori domestici che ha da fare. Mi guarda stupita, con le lacrime agli occhi. Le stesse lacrime che stanno cadendo sui tasti di questo pianoforte. Apolline mi fissa in silenzio, per la prima volta non ha nulla da dire.
Io non riesco a parlare. Piango, ma non sento dolore.
Perché ho capito cosa devo fare, dove devo andare.
So qual è il mio posto nel mondo.
~
"Mi raccomando, torna a trovarci"
Zia Gabrielle mi sorride, imbarazzata, e poi mi stringe a sé con tutta la forza che ha. Mi mancherà, sì. Non sopporto l'idea di doverla salutare, ma so cosa devo fare. E non posso rimanere in Francia.
"Ci puoi scommettere, zia" sorrido un po', poi mi scosto da lei e guardo Apolline.
Le sorrido e le scombino i boccoli biondi. So che lo odia, ma lo faccio proprio per questo. Mi fulmina con i suoi occhi castani e fa una smorfia arrabbiata.
Vorrei dirle di non essere come me, di lasciarsi andare alle emozioni, di vivere intensamente la propria vita, perchè la vita non le darà un'altra possibilità, che ce ne resta solo una e non dobbiamo sprecarla, ma non lo faccio. E resto in silenzio, a guardarla con le lacrime agli occhi.
Non capirebbe, mi dico.
O forse sono io che non sarei capace di farle un discorso del genere?
Le saluto con un ultimo sorriso e salgo sul treno, con uno strano senso di passato. Mi siedo sul sediolino e le saluto dal finestrino, con le lacrime agli occhi.
Passato. Due anni fa, quando scappai dalla mia famiglia, dalla mia vita. E ora ritorno.
Ho deciso di tornare a casa.
Devo tornare a casa.
Mentre il treno parte con uno scossone, mi rendo conto della nostalgia che provo per la mia casa. Voglio abbracciare Louis, parlare con Rose, rassicurare Ted ... e provare a spiegare tutto alla mia famiglia.
Chissà se Victoire mi odierà ancora, se per Dorian sarà giunto il momento di perdonarmi, se James si è rifatto una vita.
James.
Sento qualcosa all'altezza del cuore, ma non è una sensazione spiacevole. E' come quando, a secoli di distanza, si guarda un'esistenza che ormai non appartiene più a nessuno. Rimpianti, rimorsi, ricordi. James fa parte di una vita che ho cercato di cancellare, nonostante fossi consapevole che lui non se ne sarebbe mai andato. Ho cancellato tutto quello che poteva farmi del male, ma il suo ricordo è rimasto. Quell'amore che credevo eterno è svanito nel nulla, forse perché ormai il mio cuore si è abituato alla sua assenza, forse perché ho imparato a fare a meno di lui, ma il suo ricordo c'è ancora. E' un ricordo dolce, tenero, delicato come un bocciolo, che mi stringe il cuore.
Voglio tornare a casa. Ho deciso di tornare a casa.
Voglio provare a parlare con i miei genitori, perchè loro dovranno capire. Li implorerò di riaccettarmi nella famiglia, cercherò di far capire loro che ho davvero amato James e che me ne sono andata perché lui restasse. Dirò che non è cambiato nulla, che sono sempre la solita Dominique, in fondo.
E parlerò anche con Victoire, le dirò che deve capire, perché è mia sorella e perché sono passati due anni. Perché deve avere idea del tormento che ho passato sapendo che lei mi odiava.
E perdonerò Hugo, perché ho capito che, in fondo, l'ha fatto per il mio bene, nonostante lui non se ne sia reso conto. Forse non se ne renderà mai conto.
Dirò a Rosie che le voglio bene e che non la sostituirei mai con nessuna, che lei è stata e sempre sarà la mia migliore amica, che senza di lei mi sarei lasciata andare molto prima e non sarei riuscita ad arrivare dove sono arrivata ora.
Parlerò con James. Lo abbraccerò come si può fare con un cugino che ho amato, gli dirò che è ora di ricominciare da capo, di ricostruire un rapporto famigliare che non è mai esistito, un passo alla volta, senza mettere fretta al tempo. Forse ci faremo del male, ma cosa sarebbe la felicità se non esistesse il dolore?
Chiederò a Dorian di perdonarmi, ancora una volta. Gli dirò che lui è e sempre sarà il mio migliore amico, quello che per parlare con me usava la scusa dei Nargilli, che mi restava vicino quando avevo bisogno di conforto, che mi stringeva la mano anche desiderava scappare via. Forse lo illuderò, forse gli farò del male, ma poi lui capirà e tornerà tutto come prima.
E, soprattutto, continuerò a camminare, ad andare avanti senza aggrapparmi a niente e a nessuno. Camminerò per i roveti dei miei tormenti, per i sentieri della mia vita, senza cercare l'aiuto di qualcuno.
E, se inciamperò, pazienza. Perché inciampare non vuol dire sbagliare, perché solo inciampado potrò rialzarmi.
Perché ho capito che la mia unica speranza non è James Potter, nè tantomeno Dorian Baston.
La mia unica speranza ... be', sono io.
~ Fine ~
L'ho fatto davvero? Ho scritto la parola fine? Oh, per Merlino e Morgana, sul serio?
Cielo, ho terminato Only Hope. Quasi non riesco a crederci. Mi viene quasi da piangere, anzi, credo che fra poco scoppierò davvero a piangere. La mia lunghissima, deprimente, Only Hope. La storia partorita dalla mia mente malata, che ha tenuto occupata me stessa per tre lunghissimi mesi in cui sono stata un po' Dominique, un po' James, un po' Dorian e un po' tutti gli altri personaggi. Perchè non c'è stato un singolo personaggio in cui io non mi sia un po' calata. Ho provato a creare personaggi credibili, coerenti, certamente non perfetti e sicuramente avrò sbagliato in qualche punto. Forse Dorian è troppo comprensivo, forse James troppo codardo. Forse tra un paio di mesi rileggerò questa storia e mi dirò che ho scritto davvero delle stupidaggini, ma, per il momento, be'...sono fiera di me.
Esattamente.
Forse questo non è il finale che vi aspettavate. Neanche io, a dir la verità. Si è praticamente scritto da solo. E non ne sono così schifata, a dirla tutta. Avevo un miliardo di finali alternativi, ma credo che questo sia il migliore che sia riuscita a scrivere. Vero, realistico. O almeno credo. Non credo che ci sarà un seguito di Only Hope, per cui potete immaginare quello che volete quando Dominique tornerà in Inghilterra. Potete anche immaginare che il treno sia deragliato e lei sia morta - avevo in mente un bellissimo finale così, lo ammetto, ma poi l'ho cancellato -, potete immaginare che lei si sposi con Dorian e vivano per sempre felici e contenti, che diventi suora...quello che volete. Perché per me la storia di Dominique Weasley finisce qui.
Forse farò una raccolta di missing moments, momenti mancanti o visti con occhi che non sono quelli di Dominique. Forse, ma non ne sono sicura. Probabilmente impiegherò secoli per scriverne una decente, ma ci proverò.
Voglio ringraziarvi tutti. Tutti quelli che hanno letto questa storia, recensito questa storia, inserito nei preferiti questa storia e vissuto questa storia assieme a me. Perché, per un periodo, siamo tutti stati Dominique.
Questo epilogo è dedicato a voi. Grazie.