Different together, diversi insieme

di Sole Walker
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Like broken glass ***
Capitolo 3: *** Non é bello correre in autostrada ***
Capitolo 4: *** Centauri, semidei e genitori fuorilegge ***
Capitolo 5: *** Non sono figlia di Apollo ***
Capitolo 6: *** Incubi e genitori ***
Capitolo 7: *** Risvegli traumatici e ragazzi egocentrici ***
Capitolo 8: *** Scuse imbarazzanti e capelli rossi ***
Capitolo 9: *** Promise me you'll come back. ***
Capitolo 10: *** AAA: Cercasi nuovo stomaco. ***
Capitolo 11: *** Un biglietto di sola andata per gli Inferi. ***
Capitolo 12: *** Varchiamo la porta delle more fasulle ***
Capitolo 13: *** La dea sconfitta ***
Capitolo 14: *** Not today ***
Capitolo 15: *** Wanted dead or alive ***
Capitolo 16: *** Secrets ***
Capitolo 17: *** This is my life ***
Capitolo 18: *** Don't take him away, please. ***
Capitolo 19: *** Alone in the Storm of Death ***
Capitolo 20: *** Give me back. ***
Capitolo 21: *** Jumping into the deep ***
Capitolo 22: *** The past returns... Then run. ***
Capitolo 23: *** Forgiveness or Revenge ***
Capitolo 24: *** Back to the start ***
Capitolo 25: *** Anima Cogitans ***
Capitolo 26: *** The Goddess's Plan ***
Capitolo 27: *** The Choice ***
Capitolo 28: *** You can't change the things ***
Capitolo 29: *** Forget the Death ***
Capitolo 30: *** To see once more the stars ***
Capitolo 31: *** Hold me to you ***
Capitolo 32: *** What needs to be done ***
Capitolo 33: *** When your light goes off ***
Capitolo 34: *** The last verse ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Chloe aveva sedici anni, ma del mondo conosceva ben poco al di fuori delle mura dell’orfanotrofio in cui era cresciuta. Unico indizio sul suo passato uno dei tre ciondoli della catenina che teneva al collo da quando ne aveva memoria e che recava inciso il suo cognome: “Evans”. La sua storia prima dell’arrivo alla Family of Orphans era avvolta totalmente nel mistero, come quella di molti altri ragazzi che vivevano con lei.

Nulla della sua vita lasciava presagire ciò che realmente era, o meglio, a posteriori la dislessia e la scarsissima capacità di concentrazione si potrebbero considerare validi indizi. Ma chi si sarebbe mai potuto immaginare un risvolto del genere? Lei di certo no.

Le sue giornate erano sempre trascorse in attesa di un avvenimento che cambiasse la sua noiosa vita: i primi anni li aveva passati aspettando, in vano, una famiglia mai arrivata; l’ultimo periodo bramando il raggiungimento dei diciotto anni, per abbandonare finalmente quel luogo in cui aveva passato tutta la sua vita ma che non avrebbe mai definito “casa”. Invece, quel 1° agosto l’evento tanto atteso che stravolgesse la sua esistenza arrivò, in anticipo di due anni, spazzando via i suoi piani e cambiando totalmente il mondo attorno a lei, in un modo che mai avrebbe potuto immaginare.


 

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Capitolo 2
*** Like broken glass ***


1. Like broken glass

La luce entrava nella piccola stanza dalla finestra spalancata che dava sul grande cortile dell’orfanotrofio illuminando a giorno la camera, era piena estate ma la vicinanza all’oceano e al Montauk Point State Park rinfrescava le giornate. Un venticello fresco entrò portandosi dietro un leggero odore di salsedine e scompigliando i fogli appoggiati sul tavolo facendoli cadere sul pavimento e sotto al letto a castello, che insieme all’armadio e alla scrivania costituivano tutto il mobilio della stanza. Il rumore ruppe il silenzio e nel letto in basso qualcuno si mosse sotto le coperte con un lamento girandosi verso la luce. Il sole illuminò il viso della ragazza ancora mezza addormentata provocando un borbottio infastidito, Chloe alzò una mano per coprirsi i grandi occhi verde oliva e sbadigliando si stiracchiò lentamente mettendosi supina, dopodiché si rigirò nuovamente verso la finestra con gli occhi socchiusi. Non ricordava di averla aperta quindi dedusse che fosse opera di Madison, la sua compagna di stanza da tre anni a quella parte. Abbassando lo sguardo notò i fogli sparsi sul pavimento, erano i suoi “compiti della vacanze” se così si potevano definire visto che alla Family of Orphans non esistevano delle vere vacanze estive. L’orfanotrofio aveva una scuola privata interna che si autososteneva grazie alle entrate della serra annessa all’edificio, quindi durante l’anno scolastico si svolgevano delle normali lezioni, mentre durante il periodo estivo e le festività natalizie i ragazzi più grandi partecipavano alle attività in serra. Si riceveva persino un piccolo compenso, grazie al quale Chloe aveva comprato la maggior parte dei libri impilati vicino al suo letto e messo da parte qualche soldo per andarsene di lì il giorno stesso del suo compleanno.

La sera prima era crollata sul letto subito dopo aver finito di scrivere una relazione sull’Hemerocallis Lilioasphodelus, le piacevano le piante e la serra era sempre stato il suo posto preferito. Quando entrava nella grande struttura di vetro una sensazione di pace le riempiva la mente, inoltre prendersi cura dei fiori la distraeva dalla noia quotidiana. Le cose purtroppo erano cambiate negli ultimi sei mesi, la sua insegnate preferita era andata in pensione all’inizio di febbraio e a marzo era arrivata la supplente per coprire la posizione di botanica. Sapeva di doverselo aspettare, la signora Moore ormai era diventata un po’ anziana per tutto il lavoro che la serra richiedeva, ma aveva sperato che restasse almeno fino al compimento del suo diciottesimo compleanno. O per lo meno si sarebbe aspettata un po’ di preavviso da Gillian, in fondo Chloe era cresciuta in serra con lei e tra le due c’era un affetto reciproco. Invece la donna era scomparsa da un giorno all’altro, la ragazza ricordava ancora la stretta al cuore che aveva a provato quando il gestore della Family of Orphans era entrato in classe avvisandoli che la professoressa era andata in pensione anticipata. Le mancava il sorriso di Gillian, ora quando entrava in serra Chloe non trovava più l’anziana donna dalla pelle scura ed i capelli grigi ad accoglierla con grandi occhi gentili, al suo posto c’era Cora Wright. Quella donna era l’incubo peggiore di Chloe, il suo aspetto di per sé non la rassicurava: abituata com’era alla stazza di Gillian, abbondante ma non al punto di impedirle di muoversi con grazia tra i vasi, le braccia rinsecchite della Wright le sembravano i freddi resti di un cadavere. Il viso della donna era per lei un mistero, non era mai riuscita a guardarla in faccia per più di dieci secondi perché quando lo faceva l’immagine della professoressa le appariva come dietro ad un sottile velo e la cosa la spaventava. Soprattutto perché sembrava che nessun altro avesse il suo stesso problema. Come se non bastasse la Wright aveva una palese ed ingiustificato odio nei suoi confronti, Chloe si era resa conto che la donna cercava in tutti i modi di metterla in difficoltà e a disagio quando erano nella stessa stanza ma non riusciva a capirne il motivo. Aveva ripercorso più e più volte nella propria mente le prime lezioni con l’insegnante ma non era riuscita a trovare una spiegazione plausibile all’atteggiamento della professoressa.

Oltretutto le assegnava in continuazione compiti per il giorno seguente con le scuse più assurde, relazioni dettagliatissime su argomenti difficili da trovare sulle enciclopedie, sapendo benissimo che l’orfanotrofio disponeva di pochi computer che erano perennemente occupati. L’ultimo era la ricerca sull’Hemerocallis che ora giaceva sparpagliata sul pavimento, Chloe ci aveva messo tutta sé stessa ma sapeva già che alla Wright non sarebbe bastato. Poteva già vedere l’espressione contrariata che la donna avrebbe fatto quando gliel’avrebbe consegnata.

Questo pensiero attraversò la mente della ragazza e dopo un istante la fece balzare seduta sul letto -Oh no- esclamò poco prima di picchiare la testa contro la rete del letto sopra di lei, imprecando si portò una mano alla fronte massaggiando il livido che si sarebbe formato da lì a poco e si girò a guardare la sveglia che segnava le 8:15. Con un calcio respinse le coperte scendendo dal letto in fretta e furia -cavolo, cavolo, cavolo…- borbottò togliendosi il pigiama caldo e afferrando i vestiti che aveva appoggiato sulla sedia prima di andare a dormire.

-Dannazione- si lamentò mentre inciampava nel tentativo di infilarsi lo stretto paio di jeans camo pieno di tasche e sporco di terra dal giorno prima. Dopo aver allacciato i pantaloni ed essersi infilata la maglietta, le calze e le scarpe afferrò lo spazzolino dalla mensola vicina al suo letto e ci mise del dentifricio prima di infilarselo in bocca. Lo passò sui denti un paio di volte prima di afferrare la spazzola dalla stessa mensola per dare una veloce sistemata ai folti capelli castani che le arrivavano fino a metà schiena. Senza perdere tempo li legò in uno chignon disordinato mentre si dirigeva al bagno delle donne del secondo piano dell’orfanotrofio per sputare il dentifricio e sciacquarsi la faccia. Non voleva essere più in ritardo di quanto già non fosse, doveva andare in serra e già sapeva che quei minuti le sarebbero costati un paio di pagine in più per lunedì o qualche altra punizione. Uscì di corsa dal bagno e fece per dirigersi alle scale quando si ricordò del compito. Imprecando tornò in camera e raccolse le pagine della ricerca dal pavimento sperando che fossero tutte, dopodiché si fiondò verso le scale e scivolò lungo i corrimani fino al piano terra. Attraversò il grande atrio uscendo dal portone principale e corse verso la grande struttura in vetro stringendo i fogli al petto, i ciondoli che portava al collo tintinnavano ad ogni passo. Arrivata alla serra sbirciò all’interno, ovviamente erano già tutti al lavoro, guardò l’orologio attraverso le vetrate: 8:25, venticinque minuti di ritardo le sarebbero costati molto cari. Si appoggiò qualche secondo alla parete per riprendere fiato e con un sospiro scoraggiato si apprestò a spingere la porta -E va bene- disse cercando di infondersi coraggio -iniziamo anche questa giornata-

La porta cigolò vistosamente attirando l’attenzione di tutti, lo sguardo di Chloe cadde immediatamente sugli occhi freddi della professoressa che la fissava con un sorriso decisamente soddisfatto, se la Wright fosse stata in grado di esprimere tali emozioni la si sarebbe potuta definire al settimo cielo. La ragazza abbassò lo sguardo avvicinandosi lentamente -Guardate un po’ chi ha deciso di degnarci della sua presenza…- la voce stridula della donna le provocò un brivido lungo la schiena -hai portato la relazione?- Chloe in tutta risposta tese le mani porgendole i fogli senza nemmeno guardarla in volto. La professoressa li prese e cominciò a sfogliarli dando una lettura veloce -Mancano delle pagine- dichiarò alla fine, la ragazza sbiancò in volto e imprecò mentalmente ripensando ai fogli sparsi sul pavimento: molto probabilmente i mancanti erano ancora da qualche parte nella stanza.

-Chiedo scusa- rispose forzandosi ad alzare lo sguardo da terra per incontrare gli occhi dell’insegante -devono essermi caduti stamattina mentre venivo qui- la donna alzò un angolo della bocca in un sorriso meschino, Chloe deglutì prima di aggiungere -le porterò le parti mancanti subito dopo pranzo-
La Wright scosse la testa con una finta espressione delusa -Finita la lezione fermati qualche minuto- la luce nei suoi occhi lasciava trasparire la gioia che provava nel dirle quelle cose -dobbiamo parlare dei tuoi continui ritardi-

La ragazza strinse i pugni -D’accordo professoressa- rispose cercando di sembrare il più cortese possibile -Ovviamente ti assegnerò qualcosa da fare nel fine settimana per riparare al fatto di avermi presentato questa ricerca superficiale e per lo più incompleta- continuò lei voltandole le spalle e gettando i fogli nel cestino più vicino -ah, hai di nuovo scambiato la b con la d nella maggior parte del testo- aggiunse. Chloe sentì la rabbia ribollirle nello stomaco e provò la ormai famigliare sensazione di essere sul punto di esplodere. “Magari se lei mi permettesse di scrivere la relazione a computer o in stampato maiuscolo invece che in stampatello questo non succederebbe” si ritrovò a pensare, ma fece un bel respiro reprimendo l’istinto a risponderle male. Portò la mano alla collana che teneva al collo come faceva sempre quando aveva bisogno di calmarsi, la frustrazione l’abbandonò immediatamente ma la rabbia rimase andando ad aggiungersi a quella accumulata in quei mesi.

-Su ragazzi ricominciamo da dove eravamo rimasti- disse l’insegnante, battendo le mani per attirare l’attenzione dei ragazzi che stavano ancora ridacchiando alla scena di Chloe, rossa in viso, che veniva rimproverata per l’ennesima volta. La ragazza prese posto ad uno dei lunghi tavoli d’acciaio e iniziò ad eliminare le foglie secche dalla pianta che aveva davanti, una leggera nuvola di serenità le avvolse mente, fino a quando delle risatine soffocate attirarono la sua attenzione. La ragazza scoccò un’occhiata alla sua sinistra per vedere la sua compagna di stanza Madison intenta a scambiarsi sguardi divertiti con i ragazzi attorno a lei.

-Perché non mi hai svegliata?- chiese tornando a concentrarsi sulla pianta, la ragazza fece spallucce e scostando una ciocca di capelli biondi dal viso paffuto commentò -Ho aperto la finestra, dovresti ringraziarmi- soffocò una risatina guardando il ragazzo davanti a lei, Joshia, di un anno più grande di Chloe, alto circa un metro e ottanta centimetri con i capelli a spazzola che uniti agli occhi azzurro ghiaccio lo rendevano abbastanza attraente e gli davano quell’aria da cattivo ragazzo che tanto faceva impazzire le ragazze del secondo piano -se non fosse stato per me a quest’ora saresti ancora nel letto- continuò Madison.

Chloe mormorò un grazie tra i denti e si sforzò di fingere di non sapere che stavano ridendo di lei, per tenere le mani e la mente impegnate decise di prendersi un po’ cura della sua piantina personale. Mise quindi da parte il fiore che stava sistemando e si recò in fondo alla serra, sul pavimento tra gli altri vasi ce n’era uno bianco piccolo e decorato con immagini floreali blu attorno ad un piccolo sole giallo. Prese il vaso colorato contenente un piccolo bonsai di Osmanto Odoroso, la sua pianta preferita, guardarlo le faceva ricordare i bei momenti passati con Gillian. Era stata lei ad insegnarle come prendersene cura, accarezzando la ceramica liscia ripensò al giorno in cui la donna, tornando da una vacanza di qualche settimana, le aveva fatto vedere il piccolo germoglio che aveva portato in regalo a Chloe. Dopo l’aveva persino portata in città a scegliere il vaso che preferiva “Se te ne prenderai cura questa piantina resterà con te per sempre, quindi scegli il vaso che ti rispecchia di più” le aveva detto con un caldo sorriso. Chloe si era innamorata di quel vaso all’istante, non appena vi aveva appoggiato gli occhi sopra qualcosa dentro di lei si era mosso. Era come se qualcosa la legasse all’oggetto, non avendo informazioni sul suo passato questa era una sensazione che aveva provato solo verso la collana che portava al collo.

Sorrise ripensando alle giornate passate con Gillian nella serra: ricordava tutte le sue pazienti spiegazioni e l’espressione stupita sul viso della donna quando una pianta praticamente morta tornava magicamente in vita dopo qualche ora passata alle cure di Chloe. Facendo attenzione a dove metteva i piedi la ragazza portò il vaso al tavolo di lavoro e prese ad annaffiare la pianta canticchiando sovrappensiero.

-Hai ragione, da quando non c’è più la vecchia grassona le lezioni sono diventate una pacchia- lo sprazzo di conversazione arrivò alle orecchie della ragazza rompendo la bolla di pace che si stava creando attorno alla sua mente. Tentò di ignorare la cattiveria rivolta verso quella che era stata non solo la sua insegante preferita, ma l’unica persona con cui si era sentita a proprio agio in quell’istituto.

-Beh d’altronde la Moore ormai si era fatta vecchia- disse un’altra voce che Chloe riconobbe essere quella di Joshia -non mi sorprende che sia scomparsa all’improvviso-

-Che vuoi dire?- chiese Madison.

-Non mi dirai che hai creduto alla storia della pensione, vero?- commentò il ragazzo ridacchiando -Andiamo, la vecchia scompare da un giorno all’altro senza nemmeno salutare e vi sembra una cosa normale?-

Joshia alzò un sopracciglio prima di continuare -È ovvio che ci ha lasciato le penne- Chloe spalancò gli occhi, si sentì come se qualcuno le avesse appena rovesciato addosso un secchio d’acqua gelata -probabilmente il signor Miller ha preferito dirci che era andata in pensione in anticipo per evitarci “il dolore”- continuò facendo le virgolette con le mani -come se ci importasse davvero- concluse ridacchiando.

-Stronzate!- il tono di Chloe attirò l’attenzione di tutti, compreso quello della professoressa, le mani della ragazza erano strette attorno al vaso e tremavano vistosamente. Il sorriso di Gillian e i suoi grandi occhi dolci contornati da rughe erano impressi nella sua mente, la donna non poteva essere morta. Chloe non poteva accettarlo, non così all’improvviso. Alzò gli occhi sbarrati per incontrare lo sguardo scioccato di Joshia -Stronzate- ripete con voce tremante stringendo i pugni lungo i fianchi -Gillian è viva-

-Come fai a saperlo?- chiese il ragazzo con tono serio -Ti ha salutata prima di andarsene?- la ragazza abbassò lo sguardo accarezzando la ceramica colorata del vaso -Come pensavo- continuò lui -se non ha salutato te, che eri come una nipote per lei, non c’è nessun’altra spiegazione-

Il respiro di Chloe si fece ancora più irregolare -Eh, e così la vecchia è schiattata davvero- commentò Madison in tono divertito portandosi una mano al mento e sporcandosi di terriccio -allora tutte le maledizioni che le ho mandato in questi anni sono servite-

-Taci!- sbottò Chloe voltandosi per affrontarla, aveva gli occhi pieni di lacrime e l’espressione di una persona in preda alla collera. Una mano ossuta si poggiò sulla sua spalla sinistra stringendo forte -Signorina Evans, il tuo comportamento è inaccettabile- sibilò la Wright alle sue spalle, la ragazza voltò la testa quanto bastava per incrociare il suo sguardo e vi scorse una luce divertita -non puoi trattare in questo modo i tuoi compagni solo perché ti ostini a non accettare la realtà- Chloe spalancò gli occhi e alzò il braccio sinistro scacciando la mano della professoressa dalla propria spalla -Lei ne stia fuori- mormorò tornando a guardare negli occhi la sua compagna di stanza. Aveva appena risposto male alla sua insegnante e sapeva che questo le sarebbe costato caro, ma non le importava, in realtà non le importava più di nulla. Il terrore che i suoi compagni e la Wright potessero aver ragione, la rabbia che il loro comportamento scatenava le stavano riempiendo la mente impedendole di pensare lucidamente. Poteva sentire il sangue arrivarle al cervello ed era stranamente consapevole del mondo attorno a sé, come se tutti i suoi sensi fossero all’erta. Le sembrava di poter percepire ogni centimetro quadrato della serra, ogni filo d’erba, ogni fiore, ogni goccia d’acqua che attraversava i tubi e cadeva dai gocciolatori bagnando il terreno nei vasetti. Dietro di lei la professoressa la scrutava incuriosita, con un sorriso decisamente inquietante.

-Che vuoi Chloe?- borbottò Madison divertita dalla reazione della ragazza.

-Che tu la smetta di parlare in questo modo della professoressa Moore- rispose Chloe puntando il dito contro la ragazza -Gillian era- trattenne il fiato prima di correggersi -Gillian è una donna straordinaria ed un’ottima insegnante-

La ragazza si lasciò sfuggire una risatina divertita agitando i ricci biondi -Io parlo di chi voglio come mi pare e piace- dichiarò alzandosi in punta di piedi per superare in altezza di qualche centimetro Chloe, erano alte entrambe un metro e sessanta circa anche se la bionda era più piccola di due anni e mezzo -e poi la Moore era una vecchia pazza che parlava con le piante- aggiunse agitando la mano in un gesto di stizza -ormai non ci stava più con la testa, lo testimonia il fatto che tu fossi la sua preferita-

-Ora basta Madison- commentò Joshia guardandola con disappunto -stai esagerando- la ragazza lo guardò, sorpresa ed irritata dal fatto che la sua cotta disapprovasse il suo atteggiamento -E allora?- rispose in tono di sfida -Vuoi difenderla?- il ragazzo si guardò attorno confuso percependo gli sguardi curiosi dei compagni -N-no…- balbettò alla fine mettendo le mani avanti.

-Che sfortuna- ridacchiò la ragazza sospirando in modo teatrale -per un attimo ho creduto che ci fosse ancora qualcuno a cui importasse di te- disse guardando nuovamente Chloe, un sorriso cattivo si formò sul suo volto facendola assomigliare terribilmente ad una versione giovane e paffuta della Wright -invece a quanto pare l’ultima è sepolta sottoterra-

Le pupille di Chloe si restrinsero visibilmente mentre tentava in tutti i modi di contenere la rabbia e non mettere le mani attorno al collo della sua insopportabile compagna di stanza, abbassò lo sguardo e fece un bel respiro prima di guardare di nuovo Madison negli occhi -Mi fai pena- disse schiettamente, sul viso dell’altra ragazza si formò un’espressione stupita -provi gioia nel veder soffrire le persone nonostante la tua esperienza personale- continuò con un tono che esprimeva tutto il suo disgusto -sei solo una bambina cinica che non sopporta che altri possano essere felici quando tu non lo sei-

-Smettila- borbottò la bionda abbassando lo sguardo, Chloe le prese il viso tra le mani costringendola a guardarla negli occhi -Non devi essere per forza così, smettila di combattermi- la implorò -io non sono tua nemica, possiamo ricominciare da capo ed essere amiche se vuoi- Madison sembrò rifletterci per qualche secondo ma il brusio attorno a loro la riportò alla realtà. Afferrando le spalle della ragazza di fronte a lei le rivolse un’espressione disgustata, come se le avesse appena proposto di mangiare gli scarafaggi che scorrazzavano sul pavimento della serra -Non potrei mai essere amica di una sfigata come te Chloe- dichiarò in tono serio e definitivo -e toglimi le tue sporche mani di dosso!- gridò spingendola via.

La reazione colse Chloe alla sprovvista e per non cadere a terra tentò di aggrapparsi al tavolo urtando violentemente il vaso dietro di sé. Il rumore della ceramica che andava in mille pezzi la raggiunse, gelandole il sangue ancora prima che si voltasse per vedere cos’era successo. Le persone attorno a lei trattennero il fiato mentre il suo sguardo si abbassava sui cocci colorati e la piantina dai piccoli fiori bianchi con le radici esposte. La ragazza si abbassò in silenzio, inginocchiandosi vicino ai frammenti, con mano tremante raccolse un coccio di forma triangolare girandolo per vedere il disegno. Quando i suoi occhi incontrarono il sole giallo tagliato a metà ebbe un tuffo al cuore.

-Chloe, mi disp…- tentò di dire Joshia avvicinandosi alle sue spalle, ma la ragazza lo fermò immediatamente con un gesto della mano. Appoggiò il coccio sul pavimento e rimase in silenzio a fissare i frammenti accarezzando le foglie verdi della piantina mentre il dolce profumo dei fiori le riempiva le narici. Erano passati quasi sei anni da quando Gillian gliel’aveva regalata, ora la donna le mancava ancora di più.

-Visto cosa succede a fare queste scenate Evans- borbottò una vocetta stridula sopra la sua testa, un piede femminile infilato in un’orrenda scarpa antinfortunistica comparve nella sua visuale calciando via un piccolo coccio. Chloe non alzò nemmeno lo sguardo -non si aggrediscono fisicamente i compagni, è molto grave quello che hai fatto- la rabbia cominciò nuovamente ad accumularsi nel suo petto unendosi alla tristezza di aver perso l’unico oggetto che la legasse ad una persona cara -appena avrai finito di pulire questo disastro e avrai buttato via i pezzi di quell’orrendo vaso vorrei che mi accompagnassi nell’ufficio del signor Miller-

Chloe rimase in silenzio stringendo il fragile tronco della pianta tra le mani, la voce della professoressa le arrivava come un sussurro, tutto ciò a cui riusciva a pensare era quanto fosse sola e quanto la vita fosse ingiusta. La rabbia accumulata in quegli anni nel profondo della sua anima stava risalendo tutta insieme.

-Sei diventata sorda Chloe?- gracchiò Madison alle sue spalle -La professoressa ti sta parlando-

-Oh, andiamo- borbottò la Wright strappandole la piantina dalle mani e gettandola nel cestino più vicino insieme ai fogli della relazione -alzati non fare la bambina-

Lo shock per l’azione della donna fu tale che a Chloe parve di sentire uno strano suono, come una bottiglia che viene stappata, un PLOP secco. Qualcosa le si spezzò dentro, rompendosi in mille pezzi come un vetro e all’improvviso sentì una strana energia invaderle il corpo. Tutte le sue emozioni si riversarono fuori, la ragazza non si accorse che stava gridando fino a quando la gola non iniziò a farle male e le mancò il fiato, ma non smise ugualmente. Sentii le forze fluirle fuori dal corpo e attraversare il terreno come una scossa di terremoto, chiuse gli occhi e gridò ancora più forte verso il cielo stringendosi le mani al petto per fermare il dolore e cancellare il vuoto che continuava a crescere. Un rumore terribile di vetri infranti e grida attraversò l’aria, ma Chloe lo ignorò abbassando il busto verso il pavimento e continuando a tenersi il petto senza smettere di gridare, le lacrime le scivolavano lungo il viso. Dopo qualche secondo calò il silenzio, interrotto solo dal respiro affannoso della ragazza e un rumore di acqua corrente, Chloe si portò una mano alla gola mentre cercava di riprendere fiato. Aveva bisogno di bere e di dormire, non si era mai sentita così svuotata da ogni energia ed emozione.

Mentre aveva ancora gli occhi chiusi si accorse che qualcosa stava inzuppando i suoi pantaloni, per quanto avesse pianto non potevano essere le sue lacrime, quindi alzò lo sguardo lentamente asciugandosi gli occhi e ciò che vide la lasciò totalmente senza parole.

Una delle piccole querce della serra era cresciuta a dismisura sfondando il vaso e soprattutto il tetto in vetro della struttura, i suoi rami si estendevano ovunque e avevano bucato le pareti, il tronco doveva avere un diametro di almeno due metri. Era allo stesso tempo meravigliosa e spaventosa, inoltre molte tubature della serra dovevano essere esplose perché il pavimento era praticamente allagato. Chloe si alzò tremante appoggiandosi esitante ad uno dei rami, cercò disperatamente di trovare una spiegazione a ciò che stava vedendo ma fallì miseramente. Guardandosi ulteriormente intorno notò che i suoi compagni giacevano a terra in mezzo ai vetri e si precipitò verso il più vicino tentando di ignorare le vertigini e il corpo che le implorava di fermarsi a riposare.

-Hey! Rispondimi, come ti senti?- chiese mentre ripuliva la maglietta del ragazzo dai vetri e cercava qualunque traccia di una ferita grave. Guardandolo in viso si accorse che si trattava di Joshia, fortunatamente sembrava avere solo un leggero livido sulla fronte. Il ragazzo si riprese dopo qualche secondo portandosi una mano alla testa -Cosa è successo?- chiese Chloe impaziente mentre lo aiutava a mettersi seduto, ma appena il ragazzo la notò un’espressione terrorizzata si formò sul suo volto e respinse le mani della ragazza gridando -Non mi toccare! Stai lontana da me-

Lei lo guardò sconcertata ma fece come gli veniva detto e si alzò allontanandosi di qualche passo, appoggiandosi nuovamente alla pianta per impedire alle proprie ginocchia di cedere, attorno a loro le altre persone si stavano riprendendo lentamente. Numerosi schiocchi attirarono l’attenzione di Chloe facendole alzare lo sguardo verso la fonte del rumore, una sagoma si agitava nella folta chioma spezzando il legno per liberarsi dalla presa dell’albero. All’improvviso un ramo cedette, la sagoma precipitò e si schiantò producendo un rumore terribile. Chloe spalancò gli occhi, era impossibile che quella persona fosse sopravvissuta dopo essere precipitata nel vuoto per otto metri, il tonfo sordo che aveva prodotto cadendo sulle piastrelle rimbombava ancora nell’aria. Eppure dopo qualche secondo una donna si alzò e si incamminò nella sua direzione. Strizzando gli occhi offuscati dal mal di testa la ragazza riconobbe l’esile figura della Wright che si dirigeva verso di lei a grandi passi, con uno strano sorriso trionfante sul volto. Qualcosa infondo al suo petto, un istinto sconosciuto, le stava gridando di scappare, di allontanarsi il più possibile da quella donna. Chloe però non si mosse: era troppo confusa e non vedeva come le cose potessero andare peggio di così, ma si sbagliava, eccome se si sbagliava.


ANGOLO AUTRICE:
Hey ciao, grazie per aver letto il primo capitolo revisionato! Se hai letto la storia prima del 20/11/2019 saprai che ho introdotto 3 nuovi personagg: Madison, Joshia e Gillian. Inoltre ho cercato di rendere più interessante la professoressa cattiva, sperando di esserci riuscita.
Fammi sapere cosa ne pensi del nuovo capitolo lasciando una recensione:)
Grazie!

Sole Walker

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Capitolo 3
*** Non é bello correre in autostrada ***


Era un disastro...
c'erano ragazzi appesi a testa in giù ovunque. Un grande albero al centro della stanza si era formato da tutte le piante della serra fuse insieme; era la cosa più bella che avessi mai visto, ma anche la più spaventosa.
Aveva inglobato tutti i tavoli ed era alto 15-20 metri con un diametro di 8 metri circa. Teneva tutti i miei compagni sospesi tra i rami a testa in giù e sembrava aspettasse solo un segnale per stritolarli.
L'acqua usciva ancora dai tubi e ormai mi arrivava alle ginocchia. Il pavimento era pieno di vetri scintillanti delle pareti e del tetto.
Della serra ormai era rimasta solo la struttura di metallo e qualche lastra qua e là. 
Caddi in ginocchio era come se qualcosa mi avesse prosciugato di tutta l'energia vitale... non mi reggevo in piedi, la testa mi girava e mi veniva da vomitare.
Ed ero terrorizzata, non capivo cosa stesse succedendo. Ma sapevo di essere in guai seri.
Poi sentii un tonfo e mi alzai di scatto peggiorando il mal di testa. La Evil era riuscita a liberarsi ed era caduta in acqua... pensavo fosse morta, aveva appena fatto un volo di 10 metri atterando di testa in un lago d'acqua profondo una trentina di centimetri! 
Invece si rialzó tutta sorridente e venne verso di me. Avrei voluto scappare via ma ero troppo debole.
Mi si avvicinó lentamente facendosi strada tra pezzi di legno e foglie galleggianti. Era ad un metro da me ormai, indietreggiai incerta.
-Non avere paura voglio solo parlare.- disse mettendomi un braccio intorno alle spalle.
Stavo tremando e non per l'acqua fredda che mi entrava nelle scarpe.
-Non é colpa tua andiamo.- disse spingendomi verso l'uscita.
-Ma e loro?- dissi voltandomi e indicando i miei compagni ancora intrappolati sull'albero. Ma lei mi ignoró continuando a spingermi verso la porta ripetendo  -Su andiamo a parlare dei tuoi problemi a relazionarti con gli altri. Io ti posso aiutare...- sempre con quel sorriso stampato in faccia.
Mi lasciai portare fuori dalla serra e raggiungemmo la sala professori all'ultimo piano.
Mi fece entrare e chiuse la porta dietro di sé. Fu in quel momento che mi resi conto di aver commesso lo sbaglio più grande della mia vita.
La Evil si sedette sulla cattedra e mi squadró divertita. Io mi tenevo ad un metro di distanza.
Poi inizió a parlare -Tu sai perchè sono qui?-
Rimasi stupida dalla domanda, come facevo a saperlo? 
-Perché le piace insegnare ed aiutare i ragazzi?- tentai. Era ridicolo non aveva mai insegnato niente a nessuno e tanto meno aveva aiutato qualche alunno, figuriamoci me...
-Non proprio.- disse -Ma hai ragione mi piace.-
capivo sempre meno e la testa mi girava ancora.
-Vuoi un bicchier d'acqua cara?- mi disse porgendomi un bicchiere.
-I ragazzi confusi sono difficili da digerire.- non feci molto caso a questa affermazione credevo che con "digerire" intendesse "sopportare" o "gestire"..... mi sbagliavo.
Bevvi tutto il bicchiere in un sorso solo, avevo una sete trenda.
Poi notai che la Evil era un po' che fissava un punto imprecisato del mio collo... mi faceva sentire a disagio.
-C'è qualcosa che non va?- le chiesi.
-No va tutto benissimo...- mi rispose e poi aggiunse -Tesoro hai una zanzara sul collo, non muoverti che te la tolgo.- e mi si avvicinó.
Io ero immobile mentre la sua faccia si avvicinava al mio collo. Poi però guardai giù e vidi una cosa strana. 
Gli occhi della Evil sembravano più rossi, poi sorrise e aprì la bocca. Aveva due canini affilatissimi e stava per mordermi!!!
Lanciai un grido e feci un salto indietro, poi corsi verso la porta... ma era chiusa.
La Evil era dietro di me.
Mi voltai e la guardai con gli occhi sbarrati.
-Ma lei è un vapiro!- esclamai, lei mi si avvicinó e con una faccia annoiata precisò
-Sono un empusa non un vampiro! Stupide leggende mortali... non hai visto le mie gambe?-
Guardai in giù e se non mi venne un infarto allora non mi verrà più. Al posto delle gambe umane che avevo sempre visto c'erano delle gambe di metallo con zoccoli d'asino. Lanciai un grido e la Evil-empusa mi guardò malissimo
-Ehy non è che le tue siano tanto meglio. E ora vieni qui che mettiamo fine alle tue sofferenze. Prometto che sarà una cosa veloce e quasi indolore.-
Io la guardai come se fosse impazzita e dissi -No.- 
scappai di lato proprio mentre stava per afferarmi. Vidi la chiave sulla cattedra e mentre era ancora voltata la presi e la infilai in una tasca del giubbino che indosavo.
Poi lei si voltò e sospirò -Acidenti a voi semidei... non vi lasciate più mordere come una volta.- la guardai perplessa -Come mi ha chiamato?-
-Semidea- mi rispose -Non mi dirai che credevi davvero di appartenere a questo mondo di insulsi mortali....-
Effettivamente no, non mi ero mai sentita a mio agio nella mia casa famiglia. Ma di certo non credevo di essere figlia di un dio o di una dea. Credevo semplicemente che ha farmi sentire a disagio fossero miei compagni, e che una volta maggiorenne sarei uscita da lì e tutto sarebbe cambiato. Ma a quanto pare non avevo considerato le mie origini...
-Io non sono una semidea!- dissi e lei -Oh si che lo sei! E a giudicare dal tuo odore probabilmente sei figlia di qualcuno di molto potente.- disse passandosi la lingua sui denti. Era piuttosto inquietante.
-E allora chi sono miei genitori?-
-E io cosa ne so! Se non ti hanno ancora riconosciuta ormai lo faranno presto sono giá fuori dalla regola di quattro anni.-
Ero sempre più confusa...
-Quale regola?-
-Quella che hanno giurato di rispettare alla fine della guerra con i titani: "Entro i 12 anni tutti i semidei devono essere riconosciuti dal genitore divino".-
Oh bene ora c'era anche una regola sul riconoscimento dei figli... e nonostante tutto io ero ancora orfana!
Ma ora basta chiacchiere sono 6 mesi che aspetto questo momento!
-Perchè non mi hai attacata prima?-
-Perchè dovevo aspettare il segnale.-
Disse e senza farmi aggiungere altro si avventò su di me.
Io mi lanciai di lato e poi corsi verso la porta infilando la chiave e spalancandola con una velocitá che non credevo di avere.
Corsi fuori inseguita dalla Evil sbraitante.
-È inutile che scappi ti raggiungerò-
Iniziai a correre giù per le scale, ma l'empusa era sempre dietro di me. Dovevo trovare il modo di fermarla a tutti i costi.
Passai davanti ai bagni di corsa e dell'acqua iniziò ad uscire da sotto la porta, la Evil se ne accorse troppo tardi e ci scivolò sopra finendo a gambe all'aria nella stanza di fronte.
Io intanto ero uscita dalla scuola. Avevo davanti un sentierino che portava all'autostrada di Long Island.
La Evil si affacciò ad una finestra e sostenendosi a fatica.
E guardando in fondo alla strada gridò
-Ammasso di ferraglia e il tuo turno. VENDICAMI!- poi cadde all'indietro nella stanza.
Non capivo con chi parlasse. Poi sentii uno sferragliare. Mi voltai giusto in tempo per farmi da parte mentre un toro di bronzo enorme mi veniva addosso sputando fuoco.
"Rivoglio l'empusa" pensai.
Non avevo mai visto un toro meccanico così grande e oltre tutto sputante fuoco, ma decisi di mon fermarmi ad ammirarlo troppo.
Stava caricando verso di me; mi misi a correre lungo il sentiero che portava all'autostrava, non ero mai stata molto veloce nella corsa mi avrebbe raggiunto immediatamente se non fosse stato per le piante dietro di me che invadevano il passaggio impedendo al toro di proseguire velocemente.
Nela mia testa rimbombò di nuovo quella voce
"Non ti abbandonerò mai"
Raggiunsi l'imbocco dell'autostrada. Non avevo intenzione di attraversarla, era chiaramente un suicidio.
Poi però mi voltai e vidi che quell'affare di bronzo stava per liberarsi e allora decisi che tra essere investita o essere investita sceglievo essere investita combattendo. Mi lanciai sulla prima corsia facendo lo slalom tra le macchine che inchodavano. Mi sembrava che il mondo andasse a rallentatore... arrivai a alla fine delle corsie che andavano verso est e mi sembrava fossero passati 100 anni, davanti a me avevo il muretto che mi separava da quelle che andavano ad ovest.
Mi voltai e vidi il toro dietro di me che attraversava la corsia rovesciando macchine senza fermarsi.
Allora mi convinsi a saltare dall'altra parte....
Mi rimisi a correre e quasi una macchina mi investii. Tutti gli automobolisti suonavano terrorizzati e infuriati ma sembravano non accorgersi del toro di bronzo che stava per saltare il muretto e mi inseguiva. 
Arrivai a fine corsie sana e salva anche se non potevo crederci.
Il toro mi seguiva ancora, ed era due corsie più in là.
Davanti a me c'era un bosco, non avevo idea di dove portasse ma lo attraversai. Iniziai a correre in mezzo alle piante mentre sentivo il toro lamentarsi per gli alberi che cercavano di rallentarlo
Mi trovai su una strada sterrata. Sorpassai un cartello con la scritta "Farm Road". Mi parve di vedere una casa in lontananza, allora mi inoltrai in un altro bosco in quella direzione.
Correvo senza fermarmi e il toro era sempre a tre metri da me, se avesse sputato fuoco avrebbe incenerito me e metá bosco, ma non lo fece.
Davanti a me c'era un fiumiciattolo lo attraversai e l'acqua mi entrò nelle scarpe.
Continuai a correre e vidi delle persone davanti a me; cercai di raggiungerle ma mi trovai davanti una specie di trincea. Avrei potuto scenderci dentro e poi risalirla ma non avevo tempo, sentii un rumore di rami che si strappavano e un dolore lancinante alla spalla. Il toro si stava liberando.
Guardai la trincea e la voce tuonò nella mia testa
"Vai!"
Allora saltai nella trincea; ma successe qualcosa di insolito. La terra si alzò e formò un sentiero tipo un ponte strettissimo di terra e radici che univa le due sponde. Non mi feci troppe domande. Mi rimisi a correre lungo il ponte e sarei caduta parecchie volte ma ogni volta che mettevo un piede fuori il sentiero si allargava.
Arrivai dall'altra parte, mancavano 6 metri tra me e le persone che avevo visto, ormai ad aspettarmi c'erano una decina di ragazzi e ragazze.
Notai che c'era qualcosa di strano, sembravano sotto una cupola.
Una ragazza gridò qualcosa che non capii ma vidi che indicava dietro di me.
Mi voltai e vidi la il muso di bronzo del toro ad un metro da me.
Mi rimisi a correre. Sentivo il fiato del toro sulla mia schiena.
Cinque metri alla cupola, quattro, tre, due, uno.
Chiusi gli occhi, saltai e caddi sull' erba, in ginocchio giusto in tempo per sentire un boato dietro di me.
Il toro si era schiantato e la cupola mi aveva salvato.
ANGOLO AUTRICE
Ehy eccomi tornata con il secondo capitolo! Spero vi piaccia. Un ringraziamento specaile va sopratutto alla ragazza che ha recensito. GRAZIE DI CUORE! Poi anche a chi ha messo la storia tra quelle da seguire, da ricordare e preferite ❤️ Grazie.
Recensite vi pregoooooo! Io vi assicuro che continuerò a scrivere nonostante quella scuola di babbani insegnanti mortali.😓
Alla prossima. Che gli dei siano con voi!
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 4
*** Centauri, semidei e genitori fuorilegge ***


Ero ancora in ginocchio sul prato, non osavo guardarmi alle spalle. Avevo paura che il toro mi comparisse davanti agli occhi e non volevo guardare chi avevo davanti per paura che fossero tutti empuse.
Qualcuno mi si avvicinò. Sentivo la sua presenza ma continuai a tenere gli occhi fissi sul terreno. Poi mi appoggiò una mano sulla spalla.
Allora alzai lo sguardo lentamente. Lo vidi. E saltai per aria gridando e probabilmente battendo qualsiasi record di salto in alto per poi inciampare in un sasso e cadere miseramente.
Quell' "uomo" aveva la parte inferiore di un cavallo bianco!
L'uomo mi guardó con un sorriso rassicurante mentre i ragazzi intorno a lui cercavano di trattenersi dal scoppiare a ridere.
-Va tutto bene. Sei al sicuro ora. Come ti chiami?-
-Francesca Evans- risposi balbettando.
-Mi sembra di aver giá sentito quel cognome- disse guaradandomi incuriosito, poi aggiunse porgendomi la mano -Benvenuta al Campo Mezzosangue Francesca Evans... figlia di?- chiese inchinandosi.
-Non lo so...- risposi distogliendo lo sguardo
-Impossibile! Quanti anni hai?- disse rialzandosi in fretta e furia.
-sedici.-
-Percy!- esclamò sbiancando in volto, un ragazzo di circa 18 anni con i capelli neri e degli occhi verdi semplicemente stupendi alzò la testa  -Fagli fare il giro del campo e mostragli la casa 11. Poi chiama gli altri capi e venite alla Casa Grande.- disse voltandomi le spalle e andandosene al trotto.
~~PERCY~~
Quella giornata era iniziata benissimo. A colazione avevo preso un frullato al mirtillo e biscotti RIGOROSAMENTE blu.
Poi avevo fatto una passeggiata sulla spiaggia con Annabeth, una volata a prendere delle ciambelle con Black Jack, concluso sano e salvo l'arrampicata e a tiro con l'arco non avevo ucciso nessuno. La giornata non poteva andare meglio.
Ero seduto sul prato con Annabeth e Juniper ci faceva compagnia mentre Grover era andato a pendere delle enchiladas per tutti.
Il sole splendeva fuori e dentro la cupola, di Gea non c'era più traccia e nemmeno dei suoi figli.
Stavamo parlando di come Annabeth aveva rinnovato l'olimpo quando vedemmo Grover che ci veniva incontro.
Alzammo la mano per salutarlo quando era più o meno a 20 metri da noi.
Lui ci sorrise e ci mostro le quattro enchiladas che teneva in mano. Poi però guardó qualcosa dietro di noi. Si bloccò di colpo a bocca aperta e le enchiladas gli caddero.
Noi ci voltammo e restammo a bocca aperta.
Una ragazza correva verso i confini del campo.
Indossava un paio di jeans blu bagnati fino sopra al ginocchio e una maglietta viola, larga e sporca di terra sotto un giubbino nero aperto. I capelli le ricadevano continuamente sulla faccia, non capivo di che colore fossero perchè in base a come la luce gli cadeva sopra andavano dal biondo scuro al marrone e avevano sfumature dal rame al verdognolo.
Si avvicinava rapidamente e si capiva che faticava a tenere i piedi nelle scarpe nere e fucsia, larghe e probabilmente bagnate.
Dietro di lei si sentiva un fracasso assurdo di metalli e rami spezzati. Non capivo cosa stese succedendo e perchè corresse così.
Poi dalla boscaglia emerse un toro della colchide piuttosto arrabbiato e mi venne voglia di correre via.
L'ultima volta che ne avevo visto uno era stato quando Thalia era ancora un pino e avevo scoperto che Tyson era mio fratello... e un ciclope.
Le correva dietro e le era sempre più vicino. Lei si avvicinava pericolosamente alla trincea che avevamo scavato da poco per un esercitazione speciale. Inchiodó sul bordo e la guardò perplessa per un po', poi si voltò e vide il toro correrle incontro. Allora guardò davanti a sè e si lanció in avanti.
Pensavo fosse imazzita. Sarebbe precipitata nel buco e il toro l'avrebbe raggiunta sicuramente prima che riuscisse ad uscire.
Però appena mise un piede avanti a sè si formò un ponticello di radici e fango.
Lei lo attraversò di corsa senza guardare dove metteva i piedi.
Arrivata dall'altra parte continuò a correre ma il toro era sempre più vicino.
-ATTENTA! Più veloce!- gridò Annabeth indicando il toro.
La ragazza girò la testa e vide che quell'ammasso di bronzo era a due metri da lei.
Mancavano pochi metri alla cupola. Accellerò. 5-4-3-2-1. 
Saltò e il suo corpo attraversò i limiti del campo. Fu un immagine da film con tanto di esplosione alle sue spalle dato che il toro si era appena schiantato.
Cadde in ginocchio. E restó con lo sguardò fisso sul terreno. Intanto mezzo campo, compreso Chirone, ci avevano raggiunto e la guardavano aspettanto che alzasse lo sguardo.
Poi Chirone le mise una mano sulla spalla. Lei lo guardò e lanciò un urlo.... e chi non l'avrebbe fatto, Chirone è un centauro.
Lui la guardò mentre noi cercavamo di rimanere seri e le disse di stare tranquilla perchè era al sicuro. Si chiamava Francesca Evans.
Poi venne la parte critica.
-Benvenuta al Campo Mezzosangue Francesca Evans figlia di?- chiese Chirone e tutti ci inchinammo guardando sopra la sua testa in attesa di un segno.
Ma non accadde niente e lei imbarazzata rispose -Non lo so...- 
-Impossibile! Quanti anni hai?-
-sedici.-
Chirone sbiancò in volto. Io non potevo crederci. Erano passati pochi anni dalla promessa che gli dei mi avevano fatto e giá avevano sforato di ben quattro anni!
-Percy!- disse Chirone voltandosi verso di me e facendomi sobbalzare -Fagli fare il giro del campo e mostragli la casa 11. Poi chiama gli altri capi e venite alla Casa Grande.- poi si allontanò al trotto.
La suqadrai perplesso aveva dei profondi occhi marroni. E mi guardava stanca e incuriosita. Quella ragazza aveva una personalità travolgente, me lo sentivo.
-Allora... per prima cosa io sono Percy Jackson- dissi porgendogli la mano.
-Francesca, ma puoi chiamarmi Francy.- disse stringendomi la mano e accenando un sorriso.
-Scusaci l'accoglienza ma veniamo da un periodo difficile. Vogliamo andare?- dissi.
*~Me~*
Accadeva tutto così in fretta.
Nella mia mente appariva una sorta di lista dei compiti da fare con tutto ciò che miera successo:
~Far esplodere la serra; FATTO
~Scoprire che la professoressa che hai sempre odiato è un empusa; FATTO
~Farti quasi uccidere da lei; FATTO
~Scoprire che qualcuno vuole ucciderti e ha mandato un'empusa e un toro della clonchide per il lavoro sporco; FATTO
~Attraversare l'autostrada di corsa con un toro di bronzo alle calcagna; FATTO
~Finire in un posto chiamato Campo Mezzosangue dove tutti non fanno altro che ripeterti che sei una semidea; FATTO
~Incontrare un centauro; FATTO
~Farsi sottolineare nuovamente il fatto di non avere genitori; FATTO
~Girare con un certo Percy Jackson per tutto il campo; IN CORSO
Non che mi dispiacesse Percy era molto simpatico e mi stava tirando su il morale. Ma era evidente che c'era qualcosa che lo preoccipava molto, ma non voleva dirmi cosa...
Mi condusse alle scuderie dei pegasi, al padiglione della mensa, mi fece vedere tutte le case.
Il tutto mentre tentava di convincermi di essere un semidio e ribadendo che io ero come lui altrimenti non avrei sorpassato il limiti magici del campo.
Io me la ridevo e lo prendevo in giro. Poi persi la pazienza e dissi
-Va bene. Dimostrami di essere un semidio.-
-Come?-
-E io cosa ne so? Di chi sei figlio?-
-Di Poseidone e Sally Jackson.
-Allora di mostrami di essere figlio di Poseidone!-
-Ok- rispose lui con aria di sfida.
Eravamo vicino al laghetto delle canoe.
Lui sollevò una mano e l'acqua rispose ai suoi comandi. Si sollevò un onda altissima che si abbatte sul molo.
Credevo giá che avrei fatto un gran bagno. Ma lui venne vicino a me e l'acqua ci cadde addosso senza bagnarci.
-Adesso ci credi?- disse con un sorrisino ipocrita.
Io ero senza parole.
-Lo prenderò per un si.- e mi trascinò via per un braccio ridendo.
Mi portò davanti alla casa 11 che scoprii essere quella dei figli di Ermes.
-Eccoci qui! Questa è la casa 11 dei figli di Ermes. Starai insieme a loro fino a quando non verrai riconosciuta.-
-Ma quanto ci vorrà?- ero impaziente di sapere l'identitá del mio genitore divino. Forse così avrei potuto anche ritrovare quello mortale... mi avevano spiegato che molti semidei stavano al campo solo per l'estate e per l'anno scolastico tornavano dalle loro famiglie. Mi sarebbe piaciuto avere finalmente una famiglia da cui tornare.
-Beh dipende. Spero poco.- mi rispose.
Poi qualcuno mi fece il solletico sui fianchi facendomi sobbalzare.
-Tranquilla con noi il tempo passerá in un lampo e dopo non vorrai più andar via!-
Mi voltai e davanti a me c'erano due gemelli che mi sorridevano.
-Loro sono Connor e Travis Stoll. Capi cabina.-
-Ciao! Benvenuta al Campo Mezzosangue!- diessero in coro porgendomi la mano.
-Bene. Ti lascio in buone mani.- disse sorridendo e mettendomi un braccio intorno alle spalle.
-Grazie Percy.. Ci vediamo-
-E di che?- disse lui avviandosi.
-Non dimentichi niente?- gli chiesi.
Lui si voltò perplesso -No non credo...-
-Non dovevi dire qualcosa a tutti i capi cabina?-
-Oh dei è vero! Grazie.- sorrise -Sei qui da pochi minuti e non so cosa farei senza di te.-
-Figurati...-
-Connor e Travis mostratele dove sistemarsi e raggiungetemi alla Casa Grande.
-Ok. Vieni Francy ti facciamo vedere la casa provvisoria più divertente di sempre!!-
-Chi di voi è Connor?- chiesi, i due si scambiarono un occhiata divertita.
-IO- dissero contemporaneamente.
-Si ok lasciamo stare...- dissi e scoppiammo a ridere.
ANGOLO AUTRICE
Bene bene bene... Eccomi tornata con questo nuovo capitolo! Spero che vi piaccia.
Avete visto che amore il mio Percy!!! È il migliore. Parlando del capitolo... Ebbene si la nostra Francy è arrivata al campo mezzosangue! Per rispondere alla vostra domanda la trincea mi serviva per questo capitolo... Al Campo Mezzosangue non mi risulta che ci siano trincee...
Ovviamente non vi dirò di chi è figlia la nostra Francesca Evans... NIENTE SPOILER PER VOI!
Probabilmente molti di voi saranno semidei romani (ciao Astoria99) invece che greci. Ma io sono una greca e il Campo Mezzosangue spacca!!! Comunque molto probabilmente inserirò anche qualcosina sul Campo Giove.
In ogni caso ringrazio chi ha recensito in particolare Francesca lol (omonima della protagonista e quindi anche mia) per il suo appoggio, grazie❤️, poi Astoria99 (ci vediamo domaniii). Chi ha messo la storia tra le seguite: Sara JB, e Francesca lol (grazie ancora); chi l'ha messa tra quelle a ricordare: Ariel_Jackson11; e infine chi l'ha aggiunta alle preferite:  Dreamer_10 e Bertile_bossuet_enjolras. Invito tutti ha recensire...è importante per me sapere cosa ne pensate...VI PREGO RECENSITEEE!!!
Tornando alla storia i prossimi capitoli saranno più avvincenti lo prometto, d'altronde ne Roma ne Atene sono state fatte in un giorno...;)
Grazie ancora a tutti quanti

my_hero_is_percy jackson 

Ps: non so se scriverò sotto Natale visto che io sfrutto l'ora di noia totale del tragitto in pullman casa-scuola e scuola-casa per produrre questi capitoli... Ma ci rivedremo promesso...

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Capitolo 5
*** Non sono figlia di Apollo ***


~~Percy~~
Ero in sala grande, il tavolo da ping pong era occupato da Grover e tutti i capo cabina... tranne Piper. Chirone voleva evitare che anche il Campo Giove venisse a sapere questa cosa; così aveva deciso di tenere la ragazza di Jason fuori da questa storia.
Chirone si riferì subito a Connor e Travis che stavano discutendo animatamente su quanti chicchi di mais potessero stare nel mio naso...
-Connor, Travis come si sta ambientando la ragazza?-
I due gli rivolserò un sorriso raggiante.
-Beh quando ce ne stiamo andati stava sistemando le sue cose.- disse Connor -Riguardo al resto con noi si è subito ambientata.- e Travis aggiunse -E come non farlo... siamo adorabili...-
Tutti i capi cabina scoppiarono a ridere e anche Chirone.
Beh sul fatto che quei due fossero adorabili ho qualche dubbio ma con loro mi ero subito trovato bene anche io. E ora spesso mi manca la casa 11, essere da soli nella casa 3 è così noioso...
-Ora torniamo alle cose serie. La questione non sfuggirà agli dei ancora per molto.. E non sará piacevole quando lo scopriranno.- intervenne Chirone in tono serio.
-Si incolperanno a vicenda e scoppierà una guerra come sempre...- intuii io.
-Esatto... agli dei non piacerà essere accusati dagli altri di aver infranto un patto.-
-Allora cosa dobbiamo fare?- domandai.
-Dobbiamo aiutarla a far uscire i suoi poteri il più in fretta possibile in questo modo un dio dovrà riconoscerla per forza... Dobbiamo tenerla d'occhio durante l'allenamento, il falò e se necessario dobbiamo metterla in pericolo.-
-COSA? Perché?- esclamai
-Percy tu dovresti saperlo... è nei momenti di pericolo che vengono fuori le tue qualità.-
-Si ma è rischioso potrebbe farsi male e...-
-Uffa ma quanto sei noioso Jackson! Divertiti un po'.- sbuffò Clarisse dando una manata al tavolo così forte che i bicchieri di dietcoke si rovesciarono facendo sussultare Clovis che si svegliò di colpo gridando -NO! Non ti darò il mio peluche di panda Ottaviano.- per poi afflosciarsi di nuovo sulla sedia.
-Divertirsi non proprio.- specificò Chirone -È una cosa necessaria. Non la facciamo per puro divertimento. Ma visto che Clarisse è la più esperta inizierà lei. Io terrò d'occhio la ragazza durante l'allenamento e Percy al falò.-
-Perfetto... è il giorno dell'iniziazione!- esultò Clarisse... la fulminai con lo sguardo; ricordavo perfettamente ciò che aveva tentato di farmi il mio primo giorno al Campo...
-Prima di lasciarvi andare.. Grover ti ho fatto chiamare perchè mi dicessi le tue impressioni su Francesca.-
-Da quello che ho sentito è molto potente. Ma ho fatto fatica a classificarla è qualcosa di molto confuso.-
-Ok Grover grazie lo stesso. Potete andare.-
La sala si svuotò rapidamente rimanemmo solo io e un Grover dall'aria abbattuta.
-Non è colpa tua Grover... non puoi sapere di chi sono figli i semidei solo dall'odore.-
-Lo so Percy ma Chirone si aspettava un aiuto da me e io non ho saputo fare niente.-
-E cosa avresti potuto fare?-
-Avrei potuto trovarla prima ad esempio... viveva a due passi dall'autostrada. Circa 1 km dal campo eppure nessun satiro l'ha sentita.-
-Probabilmente eravamo troppo preoccupati da Gea per accorgercene. Non è colpa vostra.-
-Può darsi.- sospirò -Ma ora basta deprimersi andiamo a vedere come se la cava e poi passiamo da Annabeth per vedere cosa ne pensa.-
-Perfetto.-
*~Me~*
Mi sentivo accolta e confusa. Tutti iragazzi del Campo erano passati a trovarmi almeno una volta (Percy, Annabeth e Grover circa quattro volte).
Però mi sentivo ancora confusa appartenevo davvero a quel mondo? Cioè io sarei una semidea?
La mia testa era piena di pensieri quando una ragazza bussò alla casa 11 chiedendo di me. Era bassa e robusta con dei capelli castani coperti da una bandana.
Era Clarisse, figlia di Ares. Percy mi aveva messo in guardia sui figli del dio della guerra quindi fui un po' titubante quando mi chiese di seguirla. In realtá iniziò a tirarmi per un braccio fuori dalla casa 11.
Mi condusse fino ai bagni. C'erano molti suoi fratelli, la faccenda puzzava sempre di più.  E non per l'odore che usciva dai water.
-Bene ragazzi questa è Francesca Evans ancora non riconosciuta. È il suo primo giorno qui... sapete cosa significa questo?- disse stringendo la presa sul mio polso.
-INIZIAZIONEEE!!!- gridarono tutti. Questa faccenda mi piaceva sempre meno.
Clarisse iniziò a tirarmi verso il bagno fino ad arrivare davanti al water. Mentre fuori continuavano a gridare "iniziazione" a gran voce.
Tentai di liberarmi il polso ma la stretta era troppo forte. Non sapevo cosa fare ma di certo non mi sarei lasciata immergere la testa in quel liquido maleodorante.
Mi guardai intorno disperatamente alla ricerca di qualcuno. Ma sembrava che la coda infinita che c'era poco prima fosse sparita.
Mi venne un'idea, folle ma pur sempre un idea.
Mi infilai sotto le gambe di Clarisse e sbucai dall'altra parte tirando il braccio ancora intrappolato.
Clarisse dovette lasciare il braccio, mi alzai di scatto e la spinsi in avanti. Lei mi dava ancora la schiena quindi perse l'equilibrio e finì con la testa dritta nel gabinetto.
Corsi fuori con Clarisse che gridava ai suoi fratelli tra gli sputi -FERMATELA! Nessuno sfugge all'iniziazione!-
Un ragazzo e una ragazza (non saprei dirvi chi  fosse la ragazza e chi il ragazzo, di femminile non aveva niente nessuno.) mi sbarrarono la strada appena uscii dai bagni.
"Bene ora devo solo superare una mandria di figli di Ares prima che Clarisse esca da quel bagno per distruggermi... no problem!"
Mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi. Dei ragazzi di altre case si erano radunati per vedere cosa stava succedendo, ma non sembravano intenzionati di aiutarmi... vidi perfino Chirone guardarmi di sottotecchi e fare finta di niente.
Perchè nessuno mi aiutava? Dove erano finiti tutti quelli che mi avevano accolto?
"Vuol dire che me la dovrò cavare da sola come sempre" pensai.
Indicai qualcosa di fronte a me e gridai. Tutti i figli di Ares si voltarono e anche i ragazzi venuti ad assistere allo spettacolo. Una tattica banale e vecchissima, ma funzionava bene sempre. Soprattutto per scappare dai bulli tutti muscoli niente cervello come loro.
Scattai in avanti. Li superai quasi tutti e quando si accorsero che li avevo presi in giro ormai era troppo tardi. Qualcuno tentò di afferrarmi ma schivai tutte le mani che si allungavano verso di me con un agilità che non pensavo di avere. E raggiunsi Chirone e gli altri fra applausi e imprecazioni.
-Wow sei stata grande!- disse qualcuno.
-Grazie- borbottai irritata e me ne andai voltando le spalle a tutti.
Ero ancora un po' stanca dalla giornata quando mi portarono a fare allenamento (si ho dovuto fare allenamento dopo essere stata rincorsa da un' empusa permalosa, da un toro di bronzo sputa fuoco, dopo aver corso su un autostrada, dopo aver scoperto di essere una semidea con genitori fuorilegge, dopo essere sfuggita all' **si sente un coro di figli di Ares** "INIZIAZIONEEE!"...).
Chirone mi portò in una specie di arena. Percy era in un angolo e combatteva con un biondino figlio di Giove venuto da un altro campo per salutarli.
Sorrisi ha entrambi, poi il centauro mi trascinò di fronte ad un bersaglio.
-Tira.- disse porgendomi un arco.
-Ma io non ho mai usato un arco!- ribadii -Potrei far del male a qualcuno...- dissi incerta guardando Argo seduto vicino al bersaglio.
-Tranquilla non potrai mai fare più danni di Percy...- Percy gli lanciò un occhiataccia mentre il ragazzo biondo rideva a crepapelle -e in quanto ad Argo... ci vuole molto più di una freccia per ucciderlo.-
-Ok...allora provo.- rispondo titubante. Afferrò l'arco e lo punto davanti a me. So a malapena come si incocca un freccia. Miro davanti a me, tendo e lascio. La freccia cade a terra inerme.
Guardo Chirone delusa. Ma lui mi rassucura e mi dice di riprovare.
Allora raccolgo la freccia, incocco, miro e lascio.
La freccia schizza in avanti ma non va verso il bersaglio. Va verso Argo e si ferma in un occhio sulla sua spalla.
Mi lascio sfuggire un grido e l'arco mi cade dalle mani. Corro verso il guardiamo della sicurezza del campo. Ma lui mi ferma con un gesto della mano per dirmi che sta bene.
Percy mi mette un braccio intorno alle spalle
-Ahahahah tranquilla sai quante volte mi è successo.- dice ridendo -Una volta ho quasi ucciso Clarisse!- allora vedo che tutti scoppiano a ridere e rido anche io.
-Quando ti capiterà di dover usare un arco per forza ricordati di pregare più volte Apollo e Artemide.-
-Ahahahah ok lo farò.-
~~Percy~~
Eravamo tutti in piagiama alla casa grande. Ed ero un po' in imbarazzo nel mio pigiama a delfini blu. Ma poi mi ricordai di quando Grover mi raccontò di aver svegliato Chirone e di aver scoperto che dormiva con i bigodini sulla coda... scoppiai a ridere mentre gli altri mi guardavano male.
-**tossisce** Allora se Percy ha finito di sghignazzare senza motivo possiamo parlare di Francy...- disse Chirone guardandomi male. Mi ricomposi ma dalla faccia di Annabeth capii di avere un sorriso stupido sulla faccia che si ostinava a non andarsene.
-Allora di sicuro non è figlia di Apollo visto lo scarso risultato nel tiro con l'arco...- disse e tutti ci girammo a guardare Argo in fondo alla sala.
-Tu Percy cosa puoi dirci dal falò?-
-Beh concordo sul fatto che non sia figlia di Apollo. Non ama cantare e non ha nessuna particolare vocazione né nella musica né nella poesia.-
-Ok grazie Percy. Purtroppo il tentativo di Clarisse è andato in fumo.- credo che Clarisse ringhiò la parola "vendetta" -Quindi temo che dovremo provare con qualcosa di più pericoloso.-
-Ma e se fosse figlia di Atena?- la storia del metterla in pericolo non mi piaceva per niente. -Grover e gli altri satiri hanno detto che è molto potente.- mi rispose Chirone con in un sospiro e guardando Annabeth aggiunse -poi Atena credo che esiterebbe parecchio prima di infrangere un patto e, senza offesa per i figli di Atena, le ragazze come Annabeth non emanano tutto questo potere.-
-Nessun problema.- rispose lei.
-Ora potete andare sarò io a metterla alla prova domani.-
Ci alzammo e uscimmo tutti.
Nella stanza rimase solo Chirone. Stavo per chiudere la porta ma prima mi voltai preoccupato.
-Chirone.-
-Si Percy?-
-Ci vada piano.-
-Farò ciò che è necessario.-
Abbassai lo sguardo.
-Ora va a dormire Percy.-
-Buona notte signore- bisbigliai. Chiusi la porta e mi avviai verso la casa 3 vuota come sempre con gli incubi che mi aspettavano nell' unico letto della casa. Chissà come se la sarebbe cavata Francy quella notte.
ANGOLO AUTRICE
Ehyyy salve eccomi tornata dopo la pausa Natalizia... È giá la mia mente malata non ha smesso di partorire idee malsane... Ed ecco di nuovo qui a torturarvi...
Avrei voluto pubblicarla ieri per il mio compleanno ma sono sopraggiunte complicazioni. Ad esempio il mio telefono che non la smetteva di correggermi "Percy" in "Lercy"... 😒😂 in ogni caso grazie a tutti! Ha Francesca lol, Astoria99 (ci vediamo lunedì), Dreamer_10 (grazie del complimento ❤️) che hanno recensito❤️
Grazie a tutti pubblicherò presto promesso.
Che gli dei siano sempre con voi
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 6
*** Incubi e genitori ***


OLIMPO
Gli dei sono seduti sui loro troni, hanno un aria indagatrice e guardano Zeus in attesa che parli. Nessuno di loro sa perchè è stato chiamato lì per una riunione di emergenza. Nessuno tranne Era.
-Bene signori. Vi ho chiamato qui per una questione molto importante.- tuonò Zeus alzandosi, poi aprì la bocca per continuare ma Era andando vicino a lui lo interruppe.
-È stata trovata una semidea al Campo Mezzosangue ieri e nessuno l'ha riconosciuta.- gli dei si guardarono intorno bisbigliando.
-Perchè l'hai detto tu? Dovevo dirlo io!- bisbigliò non troppo a bassa voce Zeus ad Era.
-Perchè tu avresti fatto un giro di parole enorme e avremmo finito domani.- gli rispose la moglie molto schietta.
-Ma...- tentò di ribattere il signore del cielo.
-Shhh...- lo zitti la moglie.
Atena tossì per richiamare l'attenzione dei due, mentre Afrodite se la rideva alla grande.
-Allora in pratica vorremmo sapere chi di voi e perchè ha infranto il patto.- continuò Era mentre il re degli dei tornava a sedersi sul suo trono con il broncio.
Si guardò intorno speranzosa. Ma nessuno parlò.
-Io so di chi si tratta.- tutti alzarono lo sguardo sulla dea incuriositi.
-E allora parla.- esclamò Zeus che era il più stupito di tutti.
-Non posso. Sono la dea dei parti. So sempre quando nasce  un bambino.- spiegò Era -Ma ora non posso parlare. Devo proteggere i genitori e la figlia. Anche se uno dei due genitori è un dio.- disse e percorse tutta la stanza con lo sguardo senza soffermarsi su nessuno in particolare, cosa che fece innervosire Atena che cercava di capire chi fosse il dio che aveva infranto il patto.
Zeus perse la pazienza.
-Allora non è figlia di nessuno? Quindi non vi dispiacerá se la fulmino!- disse e afferò una folgore.
-NO!- gridarono tutti alzandosi in piedi.
Parlò Poseidone -Non farlo è solo una ragazzina. Qualcuno parli per l'amor del cielo!-
-Come mai ti interessa tanto quella bambina?- indagò il signore degli dei.
-So dove vuoi arrivare Zeus... non è figlia mia.- rispose il dio del mare guardando il re degli dei negli occhi.
-Non ho più avuto nessuno dopo Sally. E Afrodite può confermartelo.- disse e si voltò verso la dea che era intenta a giocare con i capelli.
-È vero...- sospirò -è così noioso!-
Zeus tornò a sedersi sul trono con aria stanca e appoggiò la folgore. Tutti tirarono un sospiro di solievo. E qualcuno si tolse anche un grosso peso dallo stomaco.
-Allora qualcuno vuole parlare?- si sentirono solo le ninfe giocare fuori dal tempio.
-Peggio per voi.- sentenziò il signore del cielo alzandosi -Rimarremo qui fino a quando uno di voi non parlerá.-
-Si possono avere restrizioni?- chiese Ermes -Sai ho una ditta da gestire e...-
-NO.-
-Ok...-
*~Me~*
Sono in un posto buio. Beh non prorio buio, a dir la verità è penombra. Il che è peggio... perchè al buio non vedi niente. Nella penombra vedi ma non sai cosa... tutto si confonde e si trasforma intorno a te.
Ogni tanto dei lampi rossi squarciano il buio e si vede di nuovo. Ma preferirei che rimanesse buio. A volte delle urla rompono il silenzio, rimbalzano su delle pareti che mi sembra di non raggiungere mai e si espandono in quella che credo essere una grotta.
Sará passata un'ora da quando mi sono alzata dal letto e mi sono ritrovata a vagare in questo posto.
Un altro lampo e non troppo lontano vedo una specie di arco che sembra portare in una altra stanza.
Ci arrivo più in fretta di quanto mi aspettassi.
È un arco altissimo... lo oltrepasso.
Arrivo dall'altra parte e ci trovo un sacco di gente. Tutti si girano a fissarmi. Non sono tutti umani... alcuni hanno aspetti mostruosi. Serpenti al posto delle gambe. Cani-delfino. Incroci tra umani e belve.
Mi volto per scappare e tornarmene da dove sono venuta ma sbatto contro un muro. L'arco è sparito.
Mi rialzo e mi volto di scatto. In fondo alla sala c'è una porta aperta da cui entra molta luce. Molti uomini e creature mostruose sono accalcate lì davanti e aspettano di passare. L'arco dietro le mie spalle si riapre improvvisamante e entrano due creature mostruose di corsa. L'arco si richiude subito. I due corrono verso la porta scansando gli altri a gomitate e la attraversano.
Dovevo uscire da lì. Ma cera solo una via d'uscita, ed ora era circondata da mostri.
"Beh tanto vale provarci"
Mi misi a correre verso la porta e mi feci strada tra i mostri. Ma loro mi circondavano e si lamentavano, i pochi umani sibilavano qualcosa riguardo ad una lista d'attesa da rispettare.
Ma io continuavo ad andare avanti. Poi sbattei la testa contro l'armatura di uno strano tizio con corpo d'umomo e testa di toro. Caddi a terra. I mostri mi guardavano dall'alto e sembravano ridere. Si chinarono verso di me. In quella penombra rossastra erano ancora più spaventosi.
Gridai e mi coprii la faccia con le mani.
Qualcosa mi afferrò e mi rimise in piedi. Mi stavano spingendo verso la fine della sala. Guardai davanti a me e la porta si allontanava sempre di più. Non potevo accettarlo.
Mi lanciai in avanti sgomitando. Superai tutti. Arrivai davanti alla porta stavo per uscire ma qualcosa mi afferrò per un braccio.
Mi voltai con le lacrime agli occhi ma con mia grande sorpresa non vidi nessuno. Era come se una forza invisible mi stesse trattenendo. Nessuno osava avvicinarsi. Strattonai il mio stesso braccio e la presa si strinse intorno al mio polso facendomi urlare di dolore.
Una voce profonda bisbigliò...
"Oggi ti lascio andare. Ma mi devi un favore ricordatelo!"
Sembrava molto lontana, eppure sentivo il suo fiato sul collo.
La forza invisibile mollò la presa. E io caddi oltre la porta.
Mi alzai a sedere sul letto gridando.
Connor e Travis si svegliarono in parte a me e mi si avvicinarono. Ma io li guardai e misi a gridare. Vedevo ancora quelle ombre rosse sulle loro facce, sentivo delle grida e la stanza girava. La voce rimbombava nella mi a testa. Non era la stessa che mi aveva guidata dalla family of orphans fino al Campo Mezzosangue.
Mi alzai dal letto di scatto e corsi fuori dalla casa 11 con i gemelli Stoll che cercavano di fermarmi.
Fuori pioveva. Corsi gridando fino al centro del cerchio formato dalle case. Qualcuno mi afferrò per un braccio ma ormai non riconoscevo più le facce. Vedevo mostri ovunque.
Grida intorno a me qualcuno tentò di trascinarmi.
Urlai e alzai le braccia a pugni chiusi la terra esplose.
Uscirono rami ovunque, una prigione si formò intorno a me spazzando via chiunque mi stesse tenendo il polso. Vidi la sua ombra schizzare via colpita da un ramo e atterrare piuttosto male.
Feci appena in tempo a scorgere Chirone che usciva dalla Casa Grande di corsa togliendosi dei bigodini dalla coda e tutti i semidei che uscivano dalle loro case di corsa e restavano a bocca aperta. Alcuni non li avevo mai visti. Guardai giù e mi accorsi di essere in cima ad un albero. Cercai di chiamare il nome di Travis e Connor ma mi venne una fitta allo stomaco e svenni battendo la testa.
~~Percy~~
Non stavo sognando stranamente. In realtà ero mezzo sveglio quando delle grida mi fecero sobbalzare.
Corsi fuori in pigiama, con i capelli sparati mentre la pioggia mi bagnava i vestiti.
Molte persone erano giá accorse da ogni parte. C'era perfino Chirone con un bigodino incastrato nella coda.
Corsi da lui.
-Cosa è successo?-
-Mi sa che abbiamo appena scoperto di chi è figlia Francy...-
-Di chi?-
Per tutta risposta indicò qualcosa dietro di lui. Non so come avessi fatto a non notarla prima, era la quercia più grande che avessi mai visto ed era cresciuta proprio al centro del cerchio formato dalle case.
-Cosa è successo?-
-Non lo so, Francy si è spaventata. I fratelli Stoll hanno detto che si sono svegliati di soprassalto perchè lei gridava. Hanno provato a calmarla ma lei li ha respinti ed è corsa fuori gridando. Poi ha alzato le braccia è questo albero enorme è uscito dal terreno.-
-Quindi è figlia di Demetra.-
Chirone annuì -La più potente che abbia mai visto.-
-Dove è adesso?-
Chirone si voltò e mi indicò la cima dell'albero.
-I suoi fratelli stanno cercando di far morire l'albero in modo da abbassarlo.-
Scossi la testa -È troppo potente per loro, non ce la faranno mai.-
-Penso anche io. O in ogni caso non faranno in tempo.- dopo un po' aggiunse -È svenuta e probabilmente ha battuto la testa.-
-Vado a prendere Black Jack.-
-Sta attento hai rami Percy. Ci ha giá provato Clarisse e l'albero ha cercato di proteggerla.- mi gridò mentre correvo alle scuderie.
-Si ma io non ho provato ad infilarle la testa nel water.- risposi voltandomi e continuando a camminare.
Andai nelle scuderie.
-Black Jack abbiamo un'amica da aiutare.-
"Ha delle ciambelle capo?"
-Black Jack le hai mangiate stamattina!-
"Ma una scatola di ciambelle al giorno toglie il veterinario di torno!"
-Non credo proprio. Ma se mi aiuterai te ne comprerò una scatola.-
"Sono le due di notte capo."
-Ok due scatole.- sospirai.
Il pegaso balzò fuori dal box e ci dirigemmo al galoppo verso l'albero.
"**** che albero!"
-Black Jack le parole!"-
"Scusa capo. Ma la tua amica si è data da fare. Sicuro che voglia essere salvata? Sai non vorrei essere preso a bastonate da una quercia gigante."
-Non è cattiva. Ha solo avuto paura.-
Spiccammo il volo e girammo intorno all'albero. Arrivammo alla bariera di rami.
Stavo già pensando ad un piano per entrare nella gabbia, ma con mia grande sorpresa i rami si aprirono lasciandomi pasare.
Scesi da Black Jack. Dalla cima di quell'albero si vedeva tutto il campo. Era una vista stupenda.
Caricai Francy su Black Jack e scendemmo a terra.
-Dobbiamo portarla in infermeria. Ottimo lavoro Percy.-
-Non ho fallito solo perchè si fida di me.-
ANGOLO AUTRICE
Ehyyyy eccomi qui... E così Francy è figlia di Demetra. Ma non abbandonatemi le sorprese non sono finite! Chi è la voce che ha parlato a Francy? Chi sono i semidei che non ha mai visto?
Non mi perdo in ringraziamenti perché sono di corsa!
alla prossima.
my_hero_is_percy jackson 

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Capitolo 7
*** Risvegli traumatici e ragazzi egocentrici ***


*~Me~*
Una risata malvagia mi segue mentre corro nel buio di quella grotta. Ho paura e corro senza guardare dove metto i piedi, cercando di raggiungere l'uscita che si allontana da me.
Inciampo in qualcosa. O meglio in qualcuno. Lo sento gemere. Tento di rialzarmi e il ragazzo si muove all'improvviso. Balziamo in piedi contemporaneamente ma il mio piede non trova appoggio.
Cado all'indietro in una voragine trascinandomi dietro la prima cosa a cui mi sono aggrappata.
Le urla del ragazzo si uniscono alle mie, mentre cadiamo insieme stretti in un abbraccio imbarazzante. Stringo il suo braccio così forte che ad un certo punto sento il bagnato sotto le unghie, il suo sangue scorre sulle mie dita. 
Abbasso lo sguardo, si vede il fondo.
Chiudo gli occhi; mi preparo all'impatto. Ma niente.
Apro gli occhi e la luce mi travolge; sono nel prato più bello che abbia mai visto. Mi guardo intorno ma lo sconosciuto non c'è più.
Una voce sembra venire da ogni singola cosa intorno a me.
"Ehy non c'è più niente di cui avere paura ora."
-Chi sei?-
Nessuna risposta.
-Fatti vedere!-
"Ma tu mi vedi."
Non capisco.
-Sei tu che mi hai guidato al Campo Mezzosangue?-
"Si sono io."
-Perchè?-
'Perchè ti voglio bene figlia mia."
Figlia mia... no non può essere vero. Non può essere davvero lei.
-Mamma?- dico con le lacrime agli occhi. Avevo sognato tutta la vita questo momento, pensando a quanto bello sarebbe stato. Ma ora ero arrabbiata. Cioè era mia madre e dopo avermi ignorato per anni e aver distrutto la mia "vita" in pochi secondi ora non si degnava neanche di farsi vedere.
"So che sei arrabbiata. Ma non c'è tempo." sospirò "Ti ho tenuta nascosta il più possibile. Ti aspettano ancora molte prove tesoro. E tutte più pericolose di quelle che hai superato."
-Cosa mi aspetta?-
"Tu non dovresti essere qui." capii che non si riferiva al giardino.
"Dovrai lottare per esistere. Io sarò con te." ci fu una breve pausa e mi parve di sentire un singhiozzo "Ti voglio bene ricordatelo. So che farai la scelta giusta."
Il paesaggio cominciò a dissolversi. Il primo incontro con mia madre stava terminando.
-NO! Aspetta dove stai andando???- gridai alzandomi di scatto. Tentai di trattenere il paesaggio; abbracciai un albero ma si dissolse come un illusione, mi inginocchiai e immersi le mani nell'erba fino a stringere la terra ma tutto svanì.
-Non puoi lasciarmi così...- singhiozzai.
La stanza vuota inizió a roteare intorno a me e poi implose portandomi con sé. Io gridai e mi svegliai tirandomi su a sedere all'improvviso in un letto dell'infermeria. Mi ritrovai a fissare un paio di occhi verdi stupendi e molto familiari.
-Ben svegliata!- disse Percy sorridendomi.
-C-cosa è successo?- balbettai tentando di alzarmi.
-No non ti alzare. Beh come puoi vedere sei figlia di Demetra.- disse indicando un segno verde che fluttuava sulla mia testa.
-Ieri sera hai avuto un incubo, Chirone vorrebbe che glielo raccontassi ma capirá se non te la senti.- rabbrividivo al solo pensiero di ricordare quel sogno.
-Comunque ti sei svegliata gridando e sei corsa fuori dalla casa 11, un ragazzo del Campo Giove ha tentato di fermarti ma è stato spazzato via, poi e sbucato dalla terra una quercia enorme e...- parlava senza fermarsi e la testa mi girava, capivo ciò che diceva solo dopo un po'.
-Campo Giove?-
-Si sono arrivati ieri sera preceduti da Jason.-
-Ho spazzato via un ragazzo del Campo Giove?- chiesi allarmata.
-Si ma va tutto bene...-
-Dove è adesso?-
-Qui in infermeria ma...-
Tentai di alzarmi ma Percy mi bloccò.
-Non puoi muoverti hai battuto la testa devi riposare.-
-No devo vedere come sta!- mi ricordavo vagamente di quell'ombra che schizzava via e atterrava sul braccio.
Percy si guardò intorno in cerca di aiuto.
Fece cenno con la testa a Clovis, figlio di Morfeo, quello si avvicinó lentamente con una faccia assonnata.
-NO!- feci appena in tempo a gridare mentre cercavo di divincolarmi dalle braccia di Percy che cercavano di tenermi ferma -Io devo chiedergli scu...- Clovis alzò una mano davanti a me e mi guardò negli occhi, sarebbero bastati la sua faccia sciupata e i suoi occhi rossi per far dormire tutta manhattan, caddi addormentata.
☆OLIMPO☆
Il signore del cielo guardava la sorella con una faccia severa.
La dea giocava con i capelli e fingeva grande interesse per il mosaico sul pavimento.
-Perchè l'hai fatto?-
-Non lo so- mentì la dea.
-Non farmi arrabbiare di più Demetra. Infrangi raramente i patti, ci deve essere un motivo valido se l'hai fatto.-
Nessuno intorno a loro fiatava. Ermes non rispondeva al telefono che squillava ininterrottamente, Artemide e Apollo non litigavano,...
-Demetra rispondimi.-
La dea strinse i denti e serrò i pugni. Non poteva dire la verità e lo sapeva.
-Me ne ero dimenticata.- azzardò tutto d'un fiato.
-Ti eri dimenticata di avere una figlia? È la scusa più ridicola che abbia mai sentito.-
-Ma è vero!-
-Anche se fosse perchè quando ho chiesto di chi era non hai fiatato?-
-Mi vergognavo... nessuno di noi si era mai dimenticato di un figlio prima d'ora.-
Zeus la guardò dubbioso ma Era intervenì.
-Andiamo, ha sbagliato ok... ma ora l'ha riconosciuta che motivo c'è di discuterne ancora?- Demetra guardò la sorella più riconoscente che mai.
-Si ma...- tentò di ribattere il re degli dei.
-Abbiamo tutti delle cose di cui occuparci! Ermes la sua ditta , Artemide le cacciatrici, e io un po' di parti arretrati- disse con la voce decisa e un po' seccata.
-Qualcuno ha detto party??-chiese Dioniso speranzoso.
-Lasciaci andare.-
-Ok per questa volta finisce qui. Ma non voglio che capiti più! Sono stato chiaro?- disse guardando negli occhi profondi di Demetra.
-Questa volta ti lascio andare, ma attenta a dimenticarti dei tuoi figli la prossima volta.- ringhiò alla dea mentre si allontanava uscendo dalla sala, seguito da tutti gli altri.
Demetra rimase sola nella stanza enorme. Si guardò intorno con le lacrime agli occhi e cadde in ginocchio con la testa tra le mani.
Al centro di quella stanza che aveva sempre visto come una casa non si era mai sentita così sola. Non poteva contare su nessuno, sua sorella l'aveva già aiutata, era sul punto di crollare ma Era l'aveva salvata e lei sapeva che non si sarebbe spinta oltre.
Rimanevano comunque pochi giorni prima del loro arrivo al Campo Mezzosangue.
E Demetra ne era sicura. Quelle non avrebbero risparmiato sua figlia, lei non avrebbe potuto fare niente per salvarla a quel punto. E come se non bastasse tutti gli dei l'avrebbero scoperta.
All'inizio, quando Francy era nata, credeva che ignorandola non gli sarebbe importato, in fondo lei aveva giá una figlia bellissima e immortale da godersi in primavera e estate e tanti altri figli nella casa 4, ma non riusciva a starle lontano. "È troppo importante per me, farò di tutto per proteggerla: infrangerò ogni patto che sará necessario infrangere, andrò contro ogni legge che non mi permetta di starle accanto."
Pensando questo si riprese la testa tra le mani e pianse imprecando in greco contro la morte e facendo affermazioni poco carine verso suo fratello e la sua folgore.
Poi però si asciugò le lacrime dal viso e a testa alta uscì dalla sala dei troni spalancando le porte, senza guardare nessuno in faccia. Rialzandosi come aveva sempre fatto.
*~Me~*
Grazie agli dei non sognai. Anche perchè quello in cui mi aveva fatto cadere il figlio di Morfeo probabilmente si avvicinava di più al coma che al sonno. Sentivo tutto.
Aprii gli occhi dopo circa tre orette e mi trovai davati la faccia sorridente di Grover.
-Ehy puoi alzarti ora se vuoi...- non me lo feci ripetere due volte e balzai in piedi provocandomi una fitta alla testa.
-Fai piano sei ancora debole. L'albero ha prosciugato tutte le tue forze.- disse Grover sostenendomi da un braccio.
-Dove è lui?- chiesi subito.
-Lui chi?-
-Il ragazzo che ho spazzato via. Dimmi che è vivo ti prego!-
-Certo che è vivo! È in quel letto laggiù. Non si è ancira svegliato...-
Non fece in tempo a finire di parlare che ero giá infondo alla stanza. Mi sentivo troppo in colpa.
Mi avvicinai al letto dove una ragazza con una maglietta viola stava tamponando la fronte del semidio.
Lo guardai. Aveva dei bellissimi capelli marrone scuro tagliati corti ai lati e lunghi in cima, delle braccia muscolose con una fasciatura sulla spalla sinistra. Aveva anche un enorme cerotto quadrato sulla guancia destra.
Ero stata io ha ridurlo così.
-Come si chiama?- chiesi
-Sole.- rispose lei smettendo di bagnare la fronte del ragazzo per rispondermi.
La guardai perplessa. Era un nome strano da dare.
-La madre era un'astrologa di lei non si sa di più.- disse interpretando la mia faccia.
-Di chi è figlio?-
-Non si sa ancora.-
-Ah.-
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante.
-Lascia faccio io.- dissi prendendo gentilmente il panno bagnato dalla sua mano.
Avevo notato che guardava continuamente verso l'uscita. Era stufa quindi non se lo fece ripetere due volte. Mi diede il panno e uscii di corsa.
Mi misi a tamponare la fronte del ragazzo;
"Scusami." pensai.
Passai il panno tutto intorno al cerotto quadrato e bianco che gli copriva tutta la guancia.
Ad un certo punto il suo braccio sano scattò e mi afferrò per il polso. Ma insomma era prorprio un vizio quello di trattenermi.
-La volpe perde il pelo ma non il vizio.-
Poi lui aprii gli occhi. Erano molto simili ai miei, ma i suoi tendevano più all'arancione. Erano bellissimi.
Mi aspettavo che gridasse dicendo che ero un mostro come ogni persona normale avrebbe fatto.
Invece sorrise, per quanto glielo consentisse il cerotto enorme.
Era uno di quei sorrisi spavaldi da prendere a schiaffi, ma ero comuqnue contenta che stesse bene.
-Ehy- disse tirandosi su a sedere con la sola forza degli addominali (un braccio era fuori uso e con l'altro mi teneva ancora per il polso).
-Ehy...- dissi io in imbarazzo.
-Sapevo che saresti venuta.-
-Davvero?- chiesi. Era così scontato?
-Certo nessuna resiste al mio fascino.- mi rispose ridendo e passandosi una mano nei capelli.
"Ma chi si crede di essere!"
-Beh nel caso tu non lo sappia io stanotte non ti ho visto in faccia, ti ho scaraventato via e poi ho battuto la testa. Quindi se sono venuta qui è solo per assicurarmi che tu stia bene!- detto questo strattonai il braccio con cui mi teneva frema, gettai a terra lo straccio e uscii come una furia dalla stanza.
-Ehi aspetta!- gridò lui, poi brontolò qualcosa tipo "che caratterino la bimba." il che mi fece andare su tutte le furie. Me ne tornai a casa con un diavolo per capello.
Connor e Travis si fecero saggiamente da parte lasciandomi passare mentre imprecavo in greco contro il genere maschile.

*~Me~*

Una risata malvagia mi segue mentre corro nel buio di quella grotta. Ho paura e corro senza guardare dove metto i piedi, cercando di raggiungere l'uscita che si allontana da me.Inciampo in qualcosa. O meglio in qualcuno. Lo sento gemere.

Tento di rialzarmi e il ragazzo si muove all'improvviso. Balziamo in piedi contemporaneamente ma il mio piede non trova appoggio.Cado all'indietro in una voragine trascinandomi dietro la prima cosa a cui mi sono aggrappata.

Le urla del ragazzo si uniscono alle mie, mentre cadiamo insieme stretti in un abbraccio imbarazzante. Stringo il suo braccio così forte che ad un certo punto sento il bagnato sotto le unghie, il suo sangue scorre sulle mie dita.

Abbasso lo sguardo, si vede il fondo.Chiudo gli occhi; mi preparo all'impatto. Ma niente.

Li riapro e la luce mi travolge; sono nel prato più bello che abbia mai visto. Mi guardo intorno ma lo sconosciuto non c'è più.Una voce sembra venire da ogni singola cosa intorno a me.

"Ehy non c'è più niente di cui avere paura ora."

-Chi sei?- Nessuna risposta.-Fatti vedere!-

"Ma tu mi vedi."

Non capisco.

-Sei tu che mi hai guidato al Campo Mezzosangue?-

"Si sono io."

-Perchè?-

"Perchè ti voglio bene figlia mia."

Figlia mia... no non può essere vero. Non può essere davvero lei, dopo tutto questto tempo.

-Mamma?- dico con le lacrime agli occhi. Avevo sognato tutta la vita questo momento, pensando a quanto bello sarebbe stato. Ma ora ero arrabbiata. Cioè era mia madre e dopo avermi ignorato per anni e aver distrutto la mia "vita" in pochi secondi ora non si degnava neanche di farsi vedere.

"So che sei arrabbiata. Ma non c'è tempo." sospirò "Ti ho tenuta nascosta il più possibile. Ti aspettano ancora molte prove tesoro. E tutte più pericolose di quelle che hai superato."

 -Cosa mi aspetta?-

"Tu non dovresti essere qui." capii che non si riferiva al giardino.

"Dovrai lottare per esistere. Io sarò con te." ci fu una breve pausa e mi parve di sentire un singhiozzo "Ti voglio bene ricordatelo. So che farai la scelta giusta."

Il paesaggio cominciò a dissolversi. Il primo incontro con mia madre stava terminando.

-NO! Aspetta dove stai andando???- gridai alzandomi di scatto. Tentai di trattenere il paesaggio; abbracciai un albero ma si dissolse come un illusione, mi inginocchiai e immersi le mani nell'erba fino a stringere la terra ma tutto svanì.

-Non puoi lasciarmi così...- singhiozzai.La stanza vuota inizió a roteare intorno a me e poi implose portandomi con sé. Io gridai e mi svegliai tirandomi su a sedere all'improvviso in un letto dell'infermeria. Mi ritrovai a fissare un paio di occhi verdi stupendi e molto familiari.

-Ben svegliata!- disse Percy sorridendomi.

-C-cosa è successo?- balbettai tentando di alzarmi.

-No non ti alzare. Beh come puoi vedere sei figlia di Demetra.- disse indicando un segno verde che fluttuava sulla mia testa.-Ieri sera hai avuto un incubo, Chirone vorrebbe che glielo raccontassi ma capirá se non te la senti.- rabbrividivo al solo pensiero di ricordare quel sogno.-Comunque ti sei svegliata gridando e sei corsa fuori dalla casa 11, un ragazzo del Campo Giove ha tentato di fermarti ma è stato spazzato via, poi e sbucato dalla terra una quercia enorme e...- parlava senza fermarsi e la testa mi girava, capivo ciò che diceva solo dopo un po'.

-Campo Giove?-

-Si sono arrivati ieri sera preceduti da Jason.-

-Ho spazzato via un ragazzo del Campo Giove?- chiesi allarmata.

-Si ma va tutto bene...-

-Dove è adesso?-

-Qui in infermeria ma...-Tentai di alzarmi ma Percy mi bloccò.-Non puoi muoverti hai battuto la testa devi riposare.--

No devo vedere come sta!- mi ricordavo vagamente di quell'ombra che schizzava via e atterrava sul braccio.Percy si guardò intorno in cerca di aiuto.Fece cenno con la testa a Clovis, figlio di Morfeo, quello si avvicinó lentamente con una faccia assonnata.

-NO!- feci appena in tempo a gridare mentre mi divincolavo dalle braccia di Percy che cercavano di tenermi ferma -Io devo chiedergli scu...- Clovis alzò una mano davanti a me e mi guardò negli occhi, sarebbero bastati la sua faccia sciupata e i suoi occhi rossi per far dormire tutta Manhattan, caddi addormentata.

☆OLIMPO☆

Il signore del cielo guardava la sorella con una faccia severa.La dea giocava con i capelli e fingeva grande interesse per il mosaico sul pavimento.

-Perchè l'hai fatto?-

-Non lo so- mentì la dea.

-Non farmi arrabbiare di più Demetra. Infrangi raramente i patti, ci deve essere un motivo valido se l'hai fatto.- Nessuno intorno a loro fiatava. Ermes non rispondeva al telefono che squillava ininterrottamente, Artemide e Apollo non litigavano,...

-Demetra rispondimi.-La dea strinse i denti e serrò i pugni. Non poteva dire la verità e lo sapeva.

-Me ne ero dimenticata.- azzardò tutto d'un fiato.

-Ti eri dimenticata di avere una figlia? È la scusa più ridicola che abbia mai sentito.-

-Ma è vero!-

-Anche se fosse perchè quando ho chiesto di chi era non hai fiatato?-

-Mi vergognavo... nessuno di noi si era mai dimenticato di un figlio prima d'ora.- Zeus la guardò dubbioso ma Era intervenì.

-Andiamo, ha sbagliato ok... ma ora l'ha riconosciuta che motivo c'è di discuterne ancora?- Demetra guardò la sorella più riconoscente che mai.

-Si ma...- tentò di ribattere il re degli dei.-Abbiamo tutti delle cose di cui occuparci! Ermes la sua ditta , Artemide le cacciatrici, e io un po' di parti arretrati- disse con la voce decisa e un po' seccata.

-Qualcuno ha detto party??-chiese Dioniso speranzoso.

-Lasciaci andare.-

-Ok per questa volta finisce qui. Ma non voglio che capiti più! Sono stato chiaro?- disse guardando negli occhi profondi di Demetra.

-Questa volta ti lascio andare, ma attenta a dimenticarti dei tuoi figli la prossima volta.- ringhiò alla dea mentre si allontanava uscendo dalla sala, seguito da tutti gli altri.

Demetra rimase sola nella stanza enorme. Si guardò intorno con le lacrime agli occhi e cadde in ginocchio con la testa tra le mani.Al centro di quella stanza che aveva sempre visto come una casa non si era mai sentita così sola. Non poteva contare su nessuno, sua sorella l'aveva già aiutata, era sul punto di crollare ma Era l'aveva salvata e lei sapeva che non si sarebbe spinta oltre.

Rimanevano comunque pochi giorni prima del loro arrivo al Campo Mezzosangue.E Demetra ne era sicura. Quelle non avrebbero risparmiato sua figlia, lei non avrebbe potuto fare niente per salvarla a quel punto. E come se non bastasse tutti gli dei l'avrebbero scoperta.

All'inizio, quando era sorto il problema, credeva che ignorandomsua figlia non le sarebbe importato, in fondo lei aveva giá una figlia bellissima e immortale da godersi in primavera e estate e tanti altri figli nella casa 4, ma non riusciva a starle lontano.

"È troppo importante per me, farò di tutto per proteggerla: infrangerò ogni patto che sará necessario infrangere, andrò contro ogni legge che non mi permetta di starle accanto."

Pensando questo si riprese la testa tra le mani e pianse imprecando in greco contro la morte e facendo affermazioni poco carine verso suo fratello e la sua folgore.Poi però si asciugò le lacrime dal viso e a testa alta uscì dalla sala dei troni spalancando le porte, senza guardare nessuno in faccia. Rialzandosi come aveva sempre fatto.

*~Me~*

Grazie agli dei non sognai. Anche perchè quello in cui mi aveva fatto cadere il figlio di Morfeo probabilmente si avvicinava di più al coma che al sonno. Sentivo tutto.

Aprii gli occhi dopo circa tre orette e mi trovai davati la faccia sorridente di Grover.

-Ehy puoi alzarti ora se vuoi...- non me lo feci ripetere due volte e balzai in piedi provocandomi una fitta alla testa.

-Fai piano sei ancora debole. L'albero ha prosciugato tutte le tue forze.- disse Grover sostenendomi da un braccio.

-Dove è lui?- chiesi subito.

-Lui chi?-

-Il ragazzo che ho spazzato via. Dimmi che è vivo ti prego!-

-Certo che è vivo! È in quel letto laggiù. Non si è ancora svegliato...-Non fece in tempo a finire di parlare che ero giá infondo alla stanza. Mi sentivo troppo in colpa.

Mi avvicinai al letto dove una ragazza con una maglietta viola stava tamponando la fronte del semidio. Lo guardai. Aveva dei bellissimi capelli marrone scuro tagliati corti ai lati e lunghi in cima, delle braccia muscolose con una fasciatura sulla spalla sinistra. Aveva anche un enorme cerotto quadrato sulla guancia destra.

Ero stata io ha ridurlo così.

-Come si chiama?- chiesi.

-Sole.- rispose lei smettendo di bagnare la fronte del ragazzo per rispondermi.

La guardai perplessa. Era un nome strano da dare.

-La madre era un'astrologa di lei non si sa di più.- disse interpretando la mia faccia.

-Di chi è figlio?-

-Non si sa ancora.-

-Ah.-

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante.

-Lascia faccio io.- dissi prendendo gentilmente il panno bagnato dalla sua mano.Avevo notato che guardava continuamente verso l'uscita. Era stufa quindi non se lo fece ripetere due volte. Mi diede il panno e uscii di corsa.

Mi misi a tamponare la fronte del ragazzo;

"Scusami." pensai.

Passai il panno tutto intorno al cerotto quadrato e bianco che gli copriva tutta la guancia.Ad un certo punto il suo braccio sano scattò e mi afferrò per il polso. Ma insomma era prorprio un vizio quello di trattenermi.

-La volpe perde il pelo ma non il vizio.- bisbigliai

Poi lui aprii gli occhi. Erano molto simili ai miei, ma i suoi tendevano più all'arancione. Erano bellissimi.

Mi aspettavo che gridasse dicendo che ero un mostro come ogni persona normale avrebbe fatto.Invece sorrise, per quanto glielo consentisse il cerotto enorme.

Era uno di quei sorrisi spavaldi da prendere a schiaffi, ma ero comuqnue contenta che stesse bene.

-Ehy- disse tirandosi su a sedere con la sola forza degli addominali (un braccio era fuori uso e con l'altro mi teneva ancora per il polso).

-Ehy...- dissi io in imbarazzo.

-Sapevo che saresti venuta.-

-Davvero?- chiesi. Era così scontato?

-Certo nessuna resiste al mio fascino.- mi rispose ridendo e passandosi una mano nei capelli.

"Ma chi si crede di essere!" Pensai.

-Beh nel caso tu non lo sappia io stanotte non ti ho visto in faccia, ti ho scaraventato via e poi ho battuto la testa. Quindi se sono venuta qui è solo per assicurarmi che tu stia bene!- detto questo strattonai il braccio con cui mi teneva frema, gettai a terra lo straccio e uscii come una furia dalla stanza.

-Ehi aspetta!- gridò lui, poi brontolò qualcosa tipo "che caratterino la bimba." il che mi fece andare su tutte le furie.

Me ne tornai a casa con un diavolo per capello.Connor e Travis si fecero saggiamente da parte lasciandomi passare mentre imprecavo in greco contro il genere maschile.

 

ANGOLO AUTRICE

EHYYY SONO RISORTA DALLE CENERIII. Dopo tutto questo tempo riesco a pubblicare il capitolo che è pronto da una settimana!

Quindi Francy si è svegliata... Ed è entrato in gioco un nuovo personaggio... Cosa ne pensate di Sole?

E sopratutto chi arriverà al Campo fra pochi giorni??? **musichetta di sottofondo ** Da da da dannn da da da dann.

Ringrazio ancora chi recensisce e chiedo scusa per il ritardo. Ho anche un favore da chiedervi: se avete voglia passate per questa pagina Facebook https://www.facebook.com/pages/Books-pages-are-our-souls/1770111889881043

Grazie per il sostegno.

Vi amo tutti giuro.

my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 8
*** Scuse imbarazzanti e capelli rossi ***


*~Me~*

 "Ma chi si crede di essere per parlarmi in quel modo... cioè io mi sono tutta preoccupata, quindi sono corsa a vedere come sta e lui fa lo spiritoso?"

Avevo ancora il suo sorrisetto stampato nella memoria e mi sarebbe piaciuto poterglielo togliere dalla faccia a suon di schiaffi.
Ero seduta sul mio mio letto a gambe incrociate, presi il cuscino spiaccicandomelo in faccia e infilando le unghie nell'imbottitura, ci soffocai un grido.
Dovevo sfogarmi in qualche modo;
"Tra poco ci saranno gli allenamenti grazie agli dei." pensai. Forse sarei riuscita a trovare un modo per lasciare andare la tensione che non fosse spaccargli la faccia.
Aspettai il segnale e corsi fuori. Quel giorno mi toccava l'arrampicata e mi sentivo pronta.
Sensazione che passò subito quando mi mostrarono la parete con la lava che colava...
-Voi siete pazzi... totalmente pazzi!- dissi indietreggiando.
-Avanti ce la puoi fare!- disse Connor spingendomi in avanti.
Mentre io avanzavo li sentivo ridacchiare.
Mi aggrappai alla prima sporgenza e iniziai a salire. Da sotto Travis gridò
-Vai tranquilla è un po' che non muore nessuno!- poi si mise a ridere insieme agli altri.
-Ah ah ah grazie dell' informazione ragazzi. Ora sono mooolto più tranquilla!- borbottai in tono sarcastico.
"Beh per ora sto andando bene" mi dissi.
Proprio in quel momento scese la prima colata. Mi spostai velocemente di lato.
Guardai vicino a me e anche gli altri cinque ragazzi avevano fatto lo stesso. Tranne uno che fu meno fortunato, grazie agli dei la lava gli colpì solo una mano. Le persone in fondo alla parete lo aiutarono a scendere e corsero in infermeria.
Io deglutii e continuai a salire.
-Ehy.- sentii una voce familiare alla mia sinistra. Una voce troppo familiare. Una voce che avrei preferito non sentire almeno per un mese.
Mi voltai lentamente sperando che non fosse lui. Ma il destino è crudele.
-Ciao...- brontolai continuando a salire.
Lui aveva il suo solito sorrisetto stampato in faccia.
-Scommettiamo che arrivo prima io?- disse accellerando la scalata.
Borbottai una risposta non troppo carina in greco antico e continuai a seguirlo con lo sguardo.
Poi scese la seconda colata. Lui scattò di lato 
ma fu troppo lento e la corda di sicurezza con cui era attaccatto prese fuoco e si spezzò, lui mise male un piede e scivolò giù. Accadde tutto così velocemente sotto i miei occhi.
Era odioso. Ma non potevo lasciarlo precipitare.
Saltai all'indietro scendendo vicino a lui. Gli afferrai il polso fermando la nostra caduta.
Lui alzó lo sguardo e sorrise.
"Avrei dovuto lasciarlo cadere."
Con una forza che non credevo di avere sollevai il braccio e lo tirai su. Lui si aggrappo ad una sporgenza.
Stava per dirmi grazie ma poi gridò
-Attenta.-
Mi voltai troppo tardi. Un liquido rosso e incandescente scendeva veloce verso di me. Istintivamente saltai verso l'esterno per non bruciarmi le gambe.
Però la corda si fuse travolta dalla lava prima che io tornassi sulla parete. Sentii la paura stringermi lo stomaco e iniziai a precipitare. Mi voltai e guardai il terreno. Non avevo intenzione di aspettare l'impatto. Non ero nata semidea per spiaccicarmi sulla ghiaia, le parche non potevano aver scelto questo come mio destino.
Tesi la mano concentrandomi su ciò che volevo accadesse, sentii un formicolio salirmi dalla mano e percorrere il braccio. Allora chiusi la mano in un pugno.
Un ciuffo d'erba crebbe a dismisura lasciando tutti a bocca aperta. Ogni filo sembrava uno scivolo di un parco giochi per adulti.
Mentre precipitavo un ciuffo verde mi avvolse la gamba fermando la caduta. Ma ebbe come un effetto a molla e io schizzai per aria.
In qualche modo riuscii a girarmi e atterrai in piedi sul filo d'erba.
Guardai la parete. Prima di cadere ero quasi in cima.
Mi slanciai in avanti e con un agilitá che non pensavo di avere scivolai in piedi lungo tutto il filo d'erba come se fossi su uno skate.
Sembrava la scena di un film d'azione. Arrivata in fondo il ciuffo si curvò verso l'alto dandomi la spinta.
In meno di un secondo mi trovai attaccatta alla parete tra gli applausi.
Tirai un sospiro di solievo e avanzai. Gli altri si erano bloccati a bocca aperta, anche Sole e questa fu la soddisfazione più grande. Arrivai in cima e mi sedetti sul bordo. Mi guardai intorno per un attimo e poi sollevai le braccia gridando al cielo in tono di sfida. Sperai che le mie grida raggiungessero la Evil ovunque si trovasse ora e tutti i miei compagni Perché ce l'avevo fatta. E per la prima volta ero orgogliosa di me stessa.
Li rividi nella mia mente che mi ripetevano "sei un incapace" all'infinito e gli risi in faccia.
¤Sole¤
 Beh che dire. Non me l'aspettavo e non mi riferisco soltanto al fatto che sarei precipitato giù dalla parete.
Quella ragazza mi aveva sorpreso, cioè si era lasciata cadere all'indietro per salvarmi rimanendo senza corda.
Poi con un agilità impressionante era saltata su un filo d'erba gigante spuntato dal nulla e dopo qualche capriola in aria me la ero ritrovata accanto mentre tutta tranquilla risaliva la parete e arrivava in cima.
....
Wow
....
Probabilmente avrei dovuto chiederle scusa per come mi ero comportato in infermeria, anche se le scuse non erano il mio forte.
Quindi scesi dalla parete aspettai che i fratelli Stoll e Percy Jackson (che era arrivato di corsa con la spada ancora sguainata con una faccia da "chi devo uccidere?") finissero di esaminarla tutti preoccupati per accertarsi che fosse intera e la presi in disparte.
Mentre camminavamo ai margini della barriera tenevo lo sguardo fisso a terra cercando le parole giuste. Fui tentato più di una volta di iniziare la frase con il mio solito "hey" accompagnato da un sorriso raggiante. Ma decisi che era meglio evitare.
Mentre nella mia testa mi prendevo a schiaffi da solo per non aver preparato un discorso lei si fermò e si mise davanti a me. 
Allora sollevai lo sguardo.
Grave errore.
I miei occhi incontrarno i suoi e mi sembró di andare a fuoco.
-Dovevi dirmi qualcosa?- mi chiese con un sorriso sicuro.
-Emh... io...- balbettai passandomi una mano nei capelli.
-Magari è qualcosa che inizia con "g" e finisce con "razie" oppure è qualcosa tipo "scusami sono un idiota" ?-
Entrambi ci guardammo facendo una faccia offesa. Ma nessuno resistette e scoppiammo a ridere.
-Grazie. Senza di te ora sarei una macchia informe di egocentrismo e idiozia spiaccicata sulla ghiaia.- dissi tutto d'un fiato abbassando lo sguardo imbarazzato.
-Figurati... ma manca una parte.- disse lei trattenendosi dal scoppiare a ridere.
-Vuoi proprio sentirtelo dire?- chesi con la migliore faccia implorante che sapessi fare.
-Si... e non guardarmi così!- disse coprendosi gli occhi con la mano.
-Ok... allora... scus...-
-Aspetta.-
-Cosa?-
-In ginocchio!- disse guardandomi divertita.
-COSA? scordatelo!- sgranai gli occhi.
-Peggio per te.- mi rispose girandomi le spalle e allontanandosi.
Non potevo lasciarla andare via. Mi guardai intorno, non c'era nessuno... tanto valeva umiliarsi per una volta.
-Aspetta!- gridai. Lei si voltò compiaciuta. E avrei preferito attraversare l'oceano fino alle antiche terre in inverno senza bombola e muta, sarebbe stato piú facile.
Mi avvicinai e mi inginocchiai.
-Vuole accettare le mie scuse madame?- 
-Ne sarò molto lieta Monsieur.- disse lei soffocando una risata.
-Quindi sono perdonato?- chiesi rialzandomi.
-Si non mi viene in mente nient'altro di imbarazzante per ora. Ma non abituarti troppo... ti odio ancora.- rispose lei sorridendo.
Stavo pensando a quanto fosse contagioso il suo sorriso quando Francy si piegò in due davanti ai miei occhi tenendosi lo stomaco.
Le opzioni erano due: o stava ridendo troppo o stava male.
-Ehy che hai... tutto bene?- chiesi preoccupato chinandomi.
Lei non rispondeva e continuava a tenersi la pancia.
-Cosa hai???- gridai preoccupato inginocchiandomi per guardarla in faccia e scuotendola dalle spalle.
Lei tolse il braccio e per poco non caddi all'indietro dallo spavento.
Un liquido rosso scuro e dall'odore pungente le colava sul braccio. Stava sanguinando.
Lei mi guardò terrorizzata e poi abbasso lo sguardo sulla maglietta. Non era il braccio a sanguinare.
Dalla parte bassa l'arancione della maglietta stava sparendo per lasciare il posto ad un rosso ruggine.
-Che succede?- chiesi alzandomi lentamente.
-N-non lo so.- balbettò lei con le lacrime agli occhi.
Da lontano si senti una voce gridare -Più forte! Colpite più forte! Deve venir giù prima di cena.- la voce veniva da dietro la Casa Grande. Dove erano tutte le case dei semidei.
Guardai in quella direzione e vidi un gigantesco albero tremare e perdere parecchie foglie.
In quello stesso istante Francy si piegò in due gridando e cadde a terra tenendosi lo stomaco.
In quel momento capii cosa stava succedendo, e probabilmente anche la figlia di Demetra perchè si alzò e si incamminò barcollando verso le case.
Mi misi a correre per raggiungerla e all'ennesimo grido in lontananza lei cadde a terra fra le imprecazioni.
Arrivai accanto a lei e la presi in braccio, era più leggera di qualsiasi ragazza romana avessi mai sollevato.
-G-grazie.- balbettò aggrappandosi al mio collo.
-Figurati. Tieniti forte.- le risposi serio.
Corsi più veloce di quanto avessi mai fatto in qualsiasi gara al Campo.
*~Me~*
Arrivammo ai piedi dell'albero e mi scappò un grido di orrore.
Molti miei fratelli erano lì e stavano usando i loro poteri per far seccare le foglie e i rami, per terra c'era già un tappeto di foglie secche ma di quel passo avrebbero finito tra tre anni.
Infatti intorno c'erano ragazzi di tutte le case intenti a spaccare il tronco con asce e seghe nel tentativo di farlo crollare.
Un ascia colpì il legno e io mi accartocciai tra le braccia di Sole sporcandogli la maglietta viola di sangue.
-Fermi!- gridò depositandomi a terra e mettendosi tra l'albero e la squadra di abbattimento.
-Sole che stai facendo? Levati.- disse una ragazza dai capelli lunghi e neri e un'aria autorevole, era in piedi vicino a Clarisse, teneva un ascia caricata sulle spalle e aveva le mani impregnate di linfa.
-La state uccidendo! Dovete fermarvi...- rispose lui senza muoversi.
-Cos'è ti sei fatto amico l'albero pivello?- gli gridò contro Clarisse, quella ragazza era una cosa allucinante. Teneva una sega elettrica abbassata e la maglietta arancione era sporca di terra, nonostante Sole fosse più alto di lei continuava a guardarlo negli occhi sfidandolo a ribattere.
-Non sto parlando dell'albero!- gridò per sovrastare il rumore delle motoseghe che entravano in funzione e mi indicò mentre cercavo di rialzarmi.
Lo guardai riconoscente e sgranai gli occhi vedendo un ragazzo mai visto prima che si avvicinava al tronco con la motosega accesa.
Tutti si voltarono giusto in tempo per vederlo avvicinare la lama.
Mi alzai gridando e l'albero proiettò dei rami che si abbatterono sul motore della motosega strappandola alle mani del ragazzo e disintegrandola.
Rimanerono tutti a bocca aperta, si sentivano solo i passi della gente che accorreva da ogni direzione.
Mi camminai lentamente verso la mia creazione inciampando nei rami secchi caduti tra le foglie e ci appoggia una mano. Lentamente tutti tagli da cui colava la linfa si richiusero e le foglie ricrebbero sui rami.
Nello stesso istante il sangue smise di bagnarmi la maglietta.
In quel momento arrivò il Chirone, Sole lo guardò perplesso, non si era ancora abituato all'idea di avere come capo un non-umano.
-Che sta succedendo?- gridò.
Mi ritrassi e aprii la bocca per parlare ma intervenne prima Sole.
-Non potete abbattere quest albero!- rispose sostenendo lo sguardo del centauro.
-Perchè no?-
-Perchè facendolo mi ucciderete. Io ho messo tutta la mia forza in questo e voi lo state ferendo.- risposi mettendomi tra lui e Chirone e mostrano la mia maglietta.
-Ma questo coso non può stare qui!- protestò Clarisse -È proprio davanti alla Casa di Ares.-
-È esattemente al centro del cerchio Clarisse...- ribattei roteando gli occhi -comunque forse posso risolvere la cosa. Ma vi consiglio di allontanarvi.-
Tutti si spostarono e allargai le braccia. Non ero sicura che avrebbe funzionato, ma tanto valeva provRci. Un ondata di energia uscì dall'albero e si fiondò su di me. La sentii abbattersi sul mio petto e barcollai all'indietro. Il mio corpo sembrò assorbirla e più ne assorbivo più l'albero si rimpiccioliva, alla fine sparì totalmente tra la ghiaia.
Abbassai le braccia giusto in tempo ver vedere una chioma rossa farsi strada tra la folla a gomitate 
.
Alla fine una Rachel con gli occhi spalancati da cui usciva un'inquietante nebbiolina verde si piazzò dove prima c'era la quercia e iniziò a parlare.
    ANGOLO AUTRICE
Ehyyy scusate il ritardo imperdonabile... Ma sono stata malata e quindi non ho scritto niete fino a mercoledì ldì. Ma ora finalmente ecco il 7^ capitolo!!!
Beh che dire grazie a chi mi segue assiduamente e soprattuto chi recensisce (siete la mia unica salvezza). Parlando della storia...si entra finalmente nel vivooooo. Rachel sta per pronunciare la sua profezia (che ho impiegato dieci anni a scrivere) quale sarà mai... Un cosa è certa: la vita di Francy sta per essere stravolta di nuovo.
Quindi alla prossima semidei. Spero di non impiegarci così tanto...
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 9
*** Promise me you'll come back. ***


*~Me~*
Rachel era lì... in piedi di fronte a tutti. Sapevo che era lei ma la nebbiolina verde che usciva dai suoi occhi luminescenti mi inquietava, sembrava così solenne, così potente, così...non Rachel.
Poi inizió a parlare e dalla sua bocca uscì una voce profonda, sconosciuta, lontana e antica. Emanava un potere eccezionale e tutti rispettavano questo momento, greci e romani senza differenze. Era lo spirito di Delfi a parlare.
Dalla bocca di Rachel uscì un fiume di parole che sembrava espandersi nella folla di semidei ammutoliti come la nebbia nauseante che usciva ad ogni parola dalla bocca dell'oracolo.
-La figlia della Terra la verità scoprirà.- cominciò Rachel e ottenne subito l'attenzione di tutti.
-Verso la terra senza ritorno camminerá.
Il Sole con sé portare dovrá,
insieme cadranno nell'abisso da cui sono venuti
e sopravvivere dovranno alla Terra e ai Minuti.
- mi guardai intorno e vidi Percy vicino ad Annabeth interrogare Chirone con lo sguardo, ma il Centauro rimandò le domande con un cenno della mano.
-Dovranno uscirne con la chiave della porta che li lasciò passare,
prima del giorno senza sole dovranno arrivare.
Una scelta coraggiosa il destino segnerà
e forse alla fine la pietà vincerá.
-
Rachel terminò la frase in tono solenne e si accasciò a terra, due semidei la aiutarono ad alzarsi. La nebbia si dileguò velocemente e i ragazzi iniziarono a parlottare tra loro cercando di analizzare i versi della profezia.
"La figlia della Terra." pensai "Non posso essere io... sono appena arrivata. Non sono pronta."
Mi guardai intorno e mi resi conto che mi stavano guardando tutti. Probabilmente si aspettavano che mi facessi avanti per la missione.
Mi feci coraggio e tutto d'un fiato diedi voce ai miei pensieri
-Non posso essere io. È presto, non sono pronta per un'impresa.-
La gente riprese a mormorare intorno a me, poi Chirone e Reyna entrarono nel cerchio e tutti si zittirono.
-Non si è mai realmente pronti per una missione Francy. Si parte senza sapere cosa ci aspetta e si spera di fare ritorno.- mi disse il Centauro appoggiandomi una mano sulla spalla.
-Wow beh grazie dell'incoraggiamento.- borbottai ironica.
-Francy ha ragione.- annunciò Reyna -È qui da troppo poco tempo per uscire dai confini.- la guardai riconoscente.
-Mandiamo un'altra figlia della Terra.- disse il pretore del Campo Giove indicando il gruppo di figli di Demetra.
Gli interessati si ritrassero dimostrando di non aver per niente voglia di accettare questa avventura probabilmente di sola andata.
Chirone si rivolse di nuovo a me.
-Le profezie non si discutono Francy. E non si scelgono neanche.- disse con sguardo severo, poi aggiunse -È chiaro. L'oracolo di Delfi ha riservato questa avventura a te.-
Dicendo questo guardò Rachel che annuì.
-Tocca a te Francesca Evans.- mi disse infine Chirone. Era da quando ero entrata al campo che nessuno pronunciava il mio cognome, esclusa Clarisse.
Guardai la folla e scorsi gli occhi preoccupati di Percy.
-Ma perchè dovrei partire? Qual è lo scopo di questa impresa?- chiesi pensierosa.
-Beh la profezia dice "La figlia della Terra la verità scoprirà"...- disse Annabeth.
"La verità..." da quando ero arrivata al Campo Mezzosangue era tutto ciò che cercavo. Possibile che parlasse della veritá sui miei genitori?
Se era davvero questo... allora sarei partita, avrei corso ogni rischio.
-Allora Francy quale è la tua risposta?- mi chiese Chirone guardandomi dall'alto.
-Partirò. Io Francesca Evans accetto l'impresa.- intorno a me tutti applaudirono e io sperai che quello non fosse l'ultima cosa che mi sarei ricordata di loro.
Percy mi guardò serio ma poi sorrise e mi abbracciò.
-Stai attenta.-
-Lo farò.- risposi io stringendolo.
-Dobbiamo trovarti un'arma. Preparare lo zaino. Spada, lancia o arco... no arco meglio di no. Io direi spada...- Percy parlava a raffica e io scoppiai a ridere.
-Percy prima di tutto dobbiamo decidere chi andrà con lei.- lo riprese Chirone.
-Ah giusto...- disse lui grattandosi la testa e allontanandosi da me.
Il silenzio regnava nel cerchio. Dopo un periodo di guerra nessuno voleva lasciare il campo.
-Parto io.- una voce ruppe il silenzio da dietro di me.
Era Sole. Si portò in avanti sforzandosi di fare una faccia sicura. Aveva i capelli spettinati dalla corsa e la maglietta sporca di sangue, ma era comunque bellissimo... non che la cosa mi importasse.
Reyna lo guardò torvo.
-Tu non puoi lasciare ancora lasciare il campo Walker. Torna al tuo posto.- ringhiò il pretore, era la prima volta che sentivo il suo cognome.
-Ma perchè?- gridò lui.
-Perchè sei ancora un probatio!-
Sole abbassò lo sguardo e diede un calcio ad un sasso.
-Cosa significa che è un probatio?- chiesi perplessa.
-Significa che non sono ancora stato riconosciuto.- sbuffò lui alzando gli occhi al cielo come per accusare suo padre -E quindi non posso partire.- disse guardandomi negli occhi con un espressione dispiaciuta.
Forse un po' ero delusa, ma solo un po'.
-Quindi dobbiamo trovare qualcun altro.- dissi guardando le facce della folla. Sembravano pesci nell'acquario. Tutti spaventati, con gli occhi spalancati, intenti a cercare di passare inosservati e a pregare gli dei perché non toccasse a loro seguirmi.
Si guardavano continuamente alle spalle aspettando di poter tornare alle loro attività.
Nessuno di loro sarebbe mai partito con me.
-Forse non ce ne è bisogno.- annunciò Annabeth.
Tutti la guardarono incuriositi.
-La profezia dice "Verso la terra senza ritorno CAMMINERÁ" non accenna a nessun altra persona.- spiegò.
-Forse hai ragione... ma poi dice "Il Sole con sé portare dovrá, insieme cadranno nell'abisso da cui sono venuti..."- ribattè Chirone.
-No!- gridò Reyna -Sole non lascerá il Campo fino a quando non verrá riconosciuto.-
-Magari non parla di una persona. E poi le profezie non dicono mai i nomi... dubito che si tratti di Sole.- disse Annabeth scuotendo la testa.
-Potrebbe essere un oggetto a forma di Sole, o che ha qualche legame con il dio!- propose.
Chirone annuì -Un semidio portò un ciondolo a forma di Sole dall'Europa una volta. É in soffitta.-
-Beh mi accontenterò.- sospirai, avrei preferito avere qualcuno accanto per la mia prima impresa.
Percy mi diede una pacca sulla spalla e il cerchio si sciolse, lui mi trascinò via blaterando qualcosa sulle spade e l'ambrosia da mettere nello zaino.
Mi guardai indietro e scorsi Sole che mi osservava deluso, poi si voltò e sparì dalla mia vista.
~~Percy~~
Beh non credevo di doverla salutare così presto. Erano passati circa due giorni da quando era arrivata e speravo di poterla conoscere meglio.
Invece eccoci lì... intenti a cercare un' arma adatta a lei.
Parlammo delle mie imprese, le parlai anche dell'impresa dei sette: il viaggio nelle Antiche Terre, l'arrivo a Roma, la mia non troppo allegra passeggiata nel Tartaro, il ritorno a casa...
Continuammo a cercare tra le armi nel bunker nove, ma nessuna sembrava adatta a lei. Avevamo optato per una spada perché i con i coltelli non riusciva a combattere, la lancia era troppo lunga e la impacciava nei movimenti, le scuri erano troppo sbilanciate in avanti, di darle un arco non se ne parlava nemmeno...
Quindi aveva
mo deciso che la spada era la soluzione adatta a lei. Ma nessuna era bilanciata, erano tutte troppo pesanti o troppo leggere.
Alla fine ne avevamo scelta una in bronzo celeste che sembrava la più adatta.
-Dai proviamo a vedere come te la cavi.- dissi togliendo il cappuccio a vortice e lanciandole la sfida.
-Ci sto.- disse lei sorridendo e afferrando l'elsa della sua spada.
-NON QUI!- protestò Leo piazzandosi tra noi -Ci sono macchinari in via di costruzione, oggetti fragili... E il sangue non viene via molto facilmente dai tavoli quindi che ne dite di andarvi ad affettare da un' altra parte eh? Gazie e arrivederci.- disse spingendoci fuori.
Ci incamminnammo verso l'arena con le spade sguainate.
Guardai Francy avanzare sicura con la sua nuova arma in mano. Sapevo che era pronta. Anche io ero arrivato da poco quando dovetti partire per la mia prima impresa.
Ma non era questo a farmi ben sperare che sarebbe tornata. Quella ragazza emanava un'energia familiare.
E speravo sinceramente di vederla tornare viva e vegeta.
-Allora sei pronto???- disse voltandosi di scatto.
-Io sono sempre pronto.- le risposi sorridendo e allargando le braccia.
Lei partì all' attacco e menò un fendente verso di me. Io lo schivai con facilità, ma dovevo ammettere che come prima mossa non era niente male. Francy era una ragazza molto agile, e nonostante la spada sbilanciata si muoveva velocemente.
Rischiai un paio di volte di essere infilzato, era determinata. Ma era una lotta impari... io, da anni al campo, contro lei qui da solo due giorni, e anaklusmos contro una spada qualsiasi.
Quindi alla fine la disarmai, ma ero tutto sudato. Buon segno.
Forse sarebbe tornata.

*~Me~*
Avevo perso... beh era anche inevitabile: Percy era il miglior spadaccino del campo da molti anni.
Raccolsi la mia spada e andai verso di lui nascondendo la malinconia dietro a un sorriso.
-Sei stata grande!- mi disse con un sorridendo entusiasta.
-Ma ho perso.- risposi con una finta faccia delusa.
-Beh che ti aspettavi, hai davanti a te il migliore, il più agile, il più forte, il...-
-Si vabbè ho capito.- dissi ridendo.
Lo guardai negli occhi e sospirai -Ti mancherò un pochino?-
-Credo che mancherai anche a Clarisse.- mi rispose abbracciandomi. Sorrisi all'idea di mancare alla figlia di Ares.
Mi staccai e mi guardai intorno, molti ragazzi osservavano la scena dall'inizio del combattimento e le ninfe poco lontano si asciugavano gli occhi. Nell'aria c'era profumo di cibo, la cena era quasi pronta e le case erano illuminate. Si era giá fatta sera.
-Chirone ha detto che ci aspettava in Casa Grande per discutere dell'impresa.- disse Percy e passandosi velocemente una mano sugli occhi.
Lo guardai divertita.
-No.- mi disse puntandomi un dito in faccia.
-Si... Ti sei commosso!!!- gridai.
-No! Mi è andata la sabbia dell'arena negli occhi.- rispose allontanandosi.
-AHAHAHAH si certo come no.- dissi correndogli dietro.
***
Arrivammo davanti alla porta della Casa Grande e entrammo con il fiatone e i capelli scompigliati. Annabeth, Connor, Travis, Leo, Piper, Jason e Rachel ci sorrisero. Reyna e altri romani che erano a capo delle coorti ci guardarono male e si mossero a disagio sulle sedie intorno al tavolino da ping pong. Da quanto mi era stato detto sapevo che erano abituati a molto più che quattro sedie, un tavolino e delle tortilias con la salsa piccante.
Chirone inizió a pronunciare ad alta voce nomi e cognomi di tutti come ad un appello scolastico -Annabeth Chase, Percy Jackson, Piper Mc Lean, Clarisse la Rue, Will Solace, Jason Grace, Leo Valdez, Nico di Angelo, Miranda Gardiner, Travis Stoll, Connor Stoll, Polluce, Butch, Clovis, Lou Ellen, Francesca Evans e infine Reyna Avila Ramírez Arellano.- concluse. Reyna sobbalzò e lanciò un' occhiataccia a Chirone nel sentire il proprio cognome, ma il Centauro la ignoró.
-Bene, ci siamo tutti. Allora...- disse Annabeth guardando Chirone.
-Si. Quindi per prima cosa Francy noi abbiamo pensato che per garantire il successo dell' impresa dovresti partire presto.- disse il Centauro prendendo una patatina.
-Presto quanto?-chiesi preoccupata portandomi alla bocca una tortilias.
-Domani mattina. Prima di colazione.- disse Reyna che combatteva con la voglia di prendere una patatina e la sua serietà di pretore.
Mi misi a tossire. Per poco non mi strozzai con la patatina.
-DOMANI???- gridai.
-Si l'eclissi è tra quasi due settimane... non hai molto tempo.- ribattè Annabeth.
-L'eclissi? Cosa centra l'eclissi?- domandai perplessa.
Reyna sbuffò -Dobbiamo tentare di interpretare la profezia dall'inizio se vogliamo che capisca qualcosa.- concluse.
Tutti annuirono.
-La figlia della Terra la verità scoprirà. Verso la terra senza ritorno camminerá.- recitai a memoria.
-Non sappiamo di cosa parli rispetto alla "verità".- disse Percy giocando con un patatina -Ma temiamo che per "verso la terra senza ritorno" intenda Los Angeles.-
Trattenni una risata -Beh cosa c'è di così terribile a Los Angeles?- chiesi sorridendo ironica.
Tutti mi guardarono seri.
-Gli inferi.- disse Annabeth.
-Oh.- ora non mi sembrava più una città tanto carina e innoqua Los Angeles.
-Sará meglio proseguire.- disse Reyna.
-Giá altrimenti faremo tardi a cena!- concordò Travis.
-Il Sole con sé portare dovrà, insieme cadranno nell'abisso da cui sono venuti e sopravvivere dovranno alla Terra e ai Minuti.- continuai.
-Ah sì. Per il Sole tieni.- disse Chirone lanciandomi un oggetto avvolto dalle ragnatele.
Io lo afferrai e Annabeth si scostò da me con gli occhi sbarrati.
-È il medaglione che abbiamo trovato in soffitta.- sbuffò Clarisse interpretando la mia faccia perplessa.
Io tolsi le ragnatele dall'oggetto e mi trovai in mano un grosso ciondolo a forma di Sole. Era appeso ad una catenella e entrambi erano oro.
Era molto bello, ma a parte questo non sembrava avere niente di particolare. Rimasi delusa. Cosa avrei fatto una volta fuori da lì, una volta sola negli inferi? L'avrei lanciato addosso ai nemici, beh era piuttosto pesante avrebbe potuto funzionare, o li avrei accecati facendoci riflettere la luce?
-Andiamo avanti.- disse Percy.
Mi misi in tasca l'amuleto -No prima dovete dirmi cosa vuol dire "insieme cadranno nell'abisso da cui sono venuti e sopravvivere dovranno alla Terra e ai Minuti.".-
Tutti si guardarono perplessi, Annabeth e Percy guardarono Chirone preoccupati, ma il Centauro scosse la testa.
-Avevamo un idea ma è una follia.- disse.
-Quindi non sapete cosa possa essere questo abisso da cui io e questo aggeggio siamo venuti?- dissi sollevando la collana dalla catenina.
-No ma speravamo potessi dircelo tu.- disse Nico.
Io scossi la testa -Non ho nessun particolare ricordo su un abisso...- dissi, in quel momento comparve nella mia mente qualcosa, forse un' idea... ma non riuscii a trattenerla.
-Temo che questo sarà una delle cose che scoprirai strada facendo.- annunciò Chirone riscuotendomi.
-Dovranno uscirne con la chiave della porta che li lasciò passare, prima del giorno senza Sole dovranno arrivare.- continuò Nico.
-È questo il punto in cui parla dell' eclissi? "il giorno senza Sole"?- chiesi. Tutti annuirono.
-E immagino che sulla porta dovrò ragionarci da sola.- conclusi. Nessuno rispose.
Sospirai -Una scelta coraggiosa il destino decreterà e forse alla fine la pietà vincerá.-
-Anche questo è difficile da interpretare. Ma probabilmente il tuo destino dipende dalla scelta di un' altra persona.- disse Chirone.
Io annuì perplessa.
-Non posso portare proprio nessuno con me?-
Tutti si guardarono intimoriti, alla fine Percy parlò.
-Dubito che qualcuno si faccia avanti. Usciamo da un periodo difficile... l'unico era il ragazzo romano. Ma...- disse guarando Reyna.
-È una regola. Fino a quando suo padre non lo riconoscerà non farà parte ufficialmente della legione e quindi non potrà prendere parte alle imprese.- disse con sgardo sicuro.
Il segnale della cena risuonò in lontananza.
-Beh io direi che la seduta è tolta.- disse Connor alzandosi -Chi arriva primo si prende la braciola?- chiese guardando suo fratello.
-Ci sto!- rispose Travis alzandosi in fretta. Scattarono verso la porta ma Travis cadde a terra mentre il fratello usciva e correva verso il padiglione della mensa ridendo.
-Non vale!- si lamentò Travis alzandosi da terra e iniziando a saltellare verso l'uscita, Connor gli aveva legato le stringhe.
Tutti noi scoppiammo a ridere.
***
La cena finì velocissima e pure il falò passò troppo in fretta per poter essere l'ultimo.
Stavo per avviarmi alla casa di Demetra. Ma qualcuno mi prese per il braccio e mi tirò nell'oscurità senza nemmeno darmi il tempo di gridare.
Mi ritrovai appiccicata ad un corpo caldo. Sentivo il respiro caldo sui capelli e quando alzai la faccia due occhi marroni preoccupati mi catturarono.
-Sole!- dissi scostandomi.
-Ehy...- disse lui sorridendo -Quindi parti domani.- la voce gli si icrinò leggermente nel dirlo.
-Si. Ma tu come lo sai?- chiesi sgranando gli occhi.
-Ormai lo sanno tutti.- disse scuotendo le spalle.
-Strano Chirone mi ha detto che avrebbe mantenuto il segreto sul giorno della mia partenza.- dissi.
Sole abbassò lo sguardo e bisbigliò qualcosa.
-Cosa?- dissi -Non ho sentito.-
Sole alzò lo sguardo, si guardò intorno e poi mi tese una mano dicendomi -Mi mancherai.-
Io lo guardai qualche secondo sbalordita, e poi afferrai la sua mano e la strinsi. Avrei preferito un abbraccio, ma mi accontentai.
Camminammo un po' in silenzio. Poi all'altezza del posto dove mi aveva chiesto scusa Sole si fermò. Mi girai verso di lui.
-Promettimi che tornerai.- mi disse serio.
Questa volta mi guardò dritta negli occhi mentre parlava. E avrei preferito che non l'avesse fatto, forse sarei riuscita a mentirgli.
Mi guardai alle spalle: alla Casa Grande si spensero le luci, seguite da quelle delle case, il padiglione della mensa era vuoto. Feci un giro su me stessa per vedere tutto il campo e mi ritrovai di nuovo con gli occhi di Sole puntati nei miei.
-Non posso farlo.- dissi con voce spezzata e corsi via.
***
Arrivai alla casa 4 di corsa asciugandomi gli occhi. Entrai e inciampai su qualcosa.
-Ahi- gemetti rialzandomi. Accesi una luce e vidi che ero caduta sopra le mie cose sparse per terra. Ricordavo benissimo di averle messe su un letto.
Nel letto più vicino alla porta Miranda Gardiner si svegliò e mi guardó torvo.
-Qual è il mio letto?- bisbigliai sollevando il mio zaino.
-Tu dovevi partire. Non hai un letto.- ringhiò lei.
-Ma lo sai che parto domani mattina prima di colazione.- dissi stupita.
-Se vuoi c'è il divano. Dormi lì.- disse girandosi dall'altra parte.
-Ma c'è un letto libero là!- indicai il fondo della stanza.
-Si ma così sveglieresti tutti quando ti alzi...- replicò.
-Ah e quindi avete buttato tutte le mie robe per terra.- dissi storcendo la bocca -Ovvio! E dove pensavate che dormissi? Fuori?- indicai la porta.
-Se vuoi.-
-Beh almeno mi avete fatto lo zaino...- cercai di pensare positivo.
Miranda sbuffò -No ci ha pensato Percy Jackson. Ora sparisci e lasciami dormire.-
Spense la luce e io rimasi al buio indecisa sul da farsi.
Alla fine aprii la porta e uscii maledicendoli. Mi avviai verso la casa 3 sperando che Percy fosse ancora sveglio.
Bussai e un ragazzo scompigliato mi aprì la porta.
-Francy!- disse Percy sgranando gli occhi -Sei ancora sveglia! Vai a dormire domani devi partire presto.-
Alzai una mano e gli mostrai il mio zaino pronto.
-Alla casa 4 mi hanno giá sfrattato. Comunque grazie per lo zaino.- dissi con un sorriso abbattuto.
-Beh non ti hanno trattato molto bene per essere la tua famiglia.- concluse lui appoggiandosi al muro. Indossava i pantaloni di un pigiama blu con i delfini.
-Ma se vuoi la casa 3 è grande e vuota- disse indicando l'interno con un cenno della testa.
-Grazie!- dissi sorridendo.
Mi fece entrare e notai un solo letto matrimoniale.
-Purtroppo hanno portato via da poco i letti a castello per sostituirne alcuni sfondati e vecchi nella casa 11.- disse grattandosi la testa -Ma se non ti da fastidio...- disse indicando il letto.
-No tranquillo.- dissi ridendo -Ho dormito fra Connor e Travis quando ero nella casa di Ermes. Non mi dará fastidio dormire con te.- conclusi.
-Perfetto.- disse lui sorridendo -Ma sappi che mentre dormo sbavo.-
Risi e andai in bagno a cambiarmi. Quando tornai Percy era spaparanzato sul letto e sbavava sul suo cuscino.
Soffocai una risata e mi sdraiai. Sentii le palpebre farsi pesanti. Ma prima di addormentarmi recitai per intero la profezia ad alta voce.
-La figlia della Terra la verità scoprirà.
Verso la terra senza ritorno camminerá.
Il Sole con sé portare dovrà,
insieme cadranno nel abisso da cui sono venuti
e sopravvivere dovranno alla Terra e ai Minuti.
Dovranno uscirne con la chiave della porta che li lasciò passare,
prima del giorno senza Sole dovranno arrivare.
Una scelta coraggiosa il destino decreterà
e forse alla fine la pietà vincerà.-
ANGOLO AUTRICE:
Bene bene bene... Ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo. Ma devo dire che è il più lungo che abbia mai scritto, quindi viva me!!!  **volano coriandoli**
Non sono molto soddisfatta della profezia... Ma giuro che mi sono impegnata! Quindi siate clementi e ditemi cosa ne pensate! 
Volevo ringraziare Francesca lol 💙 e Astoria99 🌊 per le recensioni (vi adoro grazie fes!) e anche chi ha messo la FF tra le seguite o tra le preferite⭐️.
Grazie davvero e se avete voglia vi chiedo ancora una volta di passare per la pagina Facebook "Book's pages are our souls" ovvero "Le pagine dei libri sono le nostre anime" eccovi il link: https://www.facebook.com/pages/Books-pages-are-our-souls/1770111889881043?ref=ts&fref=ts
Alla prossima semidei!
my_hero_is_percy jackson 

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Capitolo 10
*** AAA: Cercasi nuovo stomaco. ***


*~Me~*

Presto. Troppo presto.

La sveglia che mi aveva dato Chirone suonò alle cinque, un suono perforante e ancora più insopportabile del solito. La rimandai di qualche minuto alla velocitá della luce per non svegliare Percy. 
Salutarlo sarebbe stato impossibile. Mi girai su un fianco e lo guardai dormire per cinque minuti, dormiva girato di schiena con le braccia spalancate sotto le coperte, i capelli neri arruffati e un filo di bava che scendeva lungo la guancia per poi ricadere sul cuscino. Allungai una mano nei suoi capelli arruffati e sorrisi. La sveglia protestò con un suono sommesso da sotto io mio cuscino.

Mi alzai brontolando e andai in bagno. Avevo mezz'ora per prepararmi, alle cinque e mezza dovevo essere nel padiglione della mensa dove mi avrebbero dato dei panini e l'ambrosia per il viaggio.
Avevo messo la sveglia alle quattro per fare il giro del Campo Mezzosangue prima di partire, non sarei partita prima di aver rivisto tutto.
Mi sciaquai la faccia velocemente e mi infilai i vestiti così di corsa che la prima volta misi la maglietta al contrario.
Uscii dal bagno lentamente cercando di non fare rumore.
Percy stava ancora dormendo. Ma ora occupava tutto il letto, si girò di lato e sembrò cercare qualcosa con le braccia.
Mi accorsi che cercava me e che non mi avrebbe trovata. La sua mano si mosse lungo tutto il copriletto.
Afferrai lo zaino e corsi verso la porta, lanciai un occhiata veloce alla casa tre, respirai l'aria profumata di oceano e  mi chiusi la porta blu dietro le spalle.
Guardai il cerchio di case con le luci spente. Mi diressi verso l'arena.
Stavo per lasciare l'area delle case quando mi venne un idea.
Mi fermai davanti alla casa 4.
I miei fratelli non mi avevano voluto con loro. Non mi avevano voluto nella loro casa.
Beh ora avrebbero avuto qualche difficoltà a lasciarla. Allungai una mano davanti a me e la alzai. Una pianta sbucò da sotto le fondamenta e la casa inizió ad alzarsi silenziosamente sempre più in alto.
Alla fine si trovò a circa 10 metri di altezza. Potevo dirmi abbastanza soddisfatta quindi mi voltai e andai verso l'arena ridendo.
Arrivata mi tolsi le scarpe e mi chinai a raccogliere la sabbia, la mia mente volò al combattimento con Percy. Portai istintivamente la mano alla spada. Pensai a quando sarei stata sola là fuori, di certo i mostri non avrebbero accettato un incontro amichevole.
Passai davanti alle stalle dei pegasi e decisi che c'era un amico che valeva la pena di salutare. Entrai in punta di piedi nelle stalle e mi affacciai ad un box.
-Ehy Black Jack!- sussurrai.
Una testa nera si levò dalla paglia secca e due occhi neri mi fissarono.
-Sono venuta a salutarti. Volevo rivedere il tuo faccione prima di partire per questa pazza avventura improvvisa.- sospirai allungando entrambe le mani sul suo grande muso.
Black Jack nitrì qualcosa e io risi triste.
-Io non sono Percy Black Jack... Non capisco ciò che dici.- lo guardai con un sorriso sbilenco palesemente finto. Avrei tanto voluto capire ciò che mi stava dicendo. Solo questo.
Black Jack mi guardò negli occhi e mosse la sua testa verso di me. Mi ritrovai fronte contro fronte con lui e in quel momento capii che non c'era bisogno di parlare per capire ciò che lui voleva trasmettermi. Sarebbe bastato guardare nei sui profondi occhi e aprire la mente.
Chiusi gli occhi e il messaggio era chiaro, gli sarei mancata, mi voleva bene e mi avrebbe aspettato. Sentii i sensi di colpa farsi strada verso mio cuore, mi sembrava di avere un macete nel petto che affettava  tutte le cose belle a cui pensavo lasciando solo un sentiero di angoscia e tristezza... (Che pensiero deprimente, a volte mi stupisco di me stessa. ~l'autrice)
Gettai le braccia al collo del pegaso che alzò la testa sollevandomi di qualche centimetro da terra. Mi staccai da lui dandogli un bacio sul naso.
-Mi mancherai piccolo pegaso pazzo, prenditi cura di Percy... E digli che gli voglio bene.- dissi con voce spezzata e mi allontanai velocemente dalle stalle.
Mi diressi verso la parete della scalata. Guardai in alto senza smettere di camminare, due corde rotte erano appese una accanto all'altra.
Sembrava tutto così facile senza la lava che scendeva. Ritornai a quel giorno, avevo salvato Sole e me stessa, avevo ricevuto i complimenti di tutti e le scuse di Sole.
Risi ricordandomi la scena imbarazzante e senza rendermene conto mi ritrovai sulla collina. Mi guardai intorno e vidi il ponte di rami e terra che passava sulla trincea.
Ricordai la Evil che mi inseguiva per i corridoi della scuola, il toro della colchide, la corsa in autostrada e il salto oltre la barriera del campo.
Gli occhi di Percy, Chirone e gli altri ragazzi.
Allora mi tornò alla mente il giorno in cui ero stata riconosciuta, l'incubo che scacciai velocemente dalla mia mente, l'albero, l'infermeria, il ragazzo che aveva tentato di trattenermi.
Allora inevitabilmente mi comparirono davanti gli occhi di Sole trascinandosi dietro tutti i ricordi.
Il giorno in cui si era svegliato in infermeria con quell'enorme cerotto sulla guancia e il sorriso sbilenco che tanto odiavo, la caduta dalla parete, le scuse e per ultimo il ricordo più doloroso: "Promettimi che tornerai." "Non posso farlo.". Non ce l'avevo fatta, era una promessa troppo pericolosa. E poi chi era lui per chiedermi una cosa del genere... Infondo lo conoscevo da soli due giorni.
Una lacrima mi rigò la guancia. La asciugai velocemente e guardai la sveglia che mi ero portata dietro.
Erano le 5.40. "In ritardo come al solito signorina Evans." disse la voce stridula della Evil nella mia mente.
Mi sembrava di essere tornata a scuola. Solo che quel giorno nessuno mi avrebbe chiesto di portare una giustifica.
Corsi verso la mensa voltandomi indietro un'ultima volta e per un attimo vidi Sole che mi guardava triste mentre quella notte scappavo da lui, da una promessa più grande di me.
***
Chirone mi aspettava seduto sulla sua sedia a rotelle.
-Sei in ritardo.- disse. Ma non aveva uno sguardo severo.
-Mi dispiace. Ho avuto da fare.- risposi sforzandomi di sorridere.
-Questo è il cibo per l'impresa.- disse passandomi un sacchetto -Cerca di fartelo bastare.- lo infilai nello zaino.
-Questa invece è la tua colazione.- mi porse un altro sacchetto, lo aprii e ci trovai dentro un succo di frutta, una brioches, una mela e una bottiglia d'acqua. Sembrava il pranzo al sacco di una gita scolastica. Solo che da quelle normalemte si era certi di tornare a casa.
Sotto alla mela scorsi un sacchetto di velluto rosso. Lo aprii e ci trovai una decina monete luccicanti ed evidentemente d'oro. Le presi in mano e le mostrai a Chirone.
-Cosa sono?- cheisi.
-Sono dracme d'oro. Ti serviranno per pagare il passaggio, mandare messaggi Iride e pagare Caronte una volta arrivata a Los Angeles.-
-Ah ok. C'è altro?-
-Solo un consiglio: non mangiare il cibo degli Inferi!-
-Perchè?- chiesi con sguardo interrogativo.
-Ricordi il mito di Persefone?- disse alzando gli occhi al cielo.
-Persefone è figlia di Demetra, venne rapita da Ade che voleva sposarla e rimase intrappolata nel suo palazzo dopo aver mangiato la melagrana e...- strabuzzai gli occhi -La melagrana! Certo... che stupida non me lo ricordavo.- Chirone annuì soddisfatto.
-Ok niente cibo dal giardino degli Inferi.- concordai.
-Ora che devo fare?- chiesi.
-Vuoi salutare qualcuno?-
-NO... meglio evitare.-
-Beh allora Argo ti sta aspettando sotto il pino... andiamo.-
Ci avviammo al trotto su per la collina. Cioè lui si avviò al trotto... io arrancai per stargli dietro.
Chirone salutò Argo con un cenno della mano, il guardiano dai mille occhi rispose con un movimento della testa e io ripresi fiato portandomi una mano al petto.
-Prendi una moneta dallo zaino Francy.- mi disse Chirone.
La presi, era molto più pesante delle monete normali, aveva il volto di un dio, che molto probabilmente era Zeus, su un lato e l'Empire State Bulding sull'altro.
-Bene. Ora stringila, ripeti questo e poi gettala a terra.- disse passandomi un foglietto.
C'erano delle lettere greche sopra. Ma con mia grande sorpresa non feci per niente fatica a leggerle.
-Stêthi. Ô hárma diabolês!- gridai al vento.
Mi resi conto di avere appena detto "Fermati. Cocchio della Dannazione!" e sperai di non vedermi apparire davanti la classica carrozza trainata da due cavalli neri guidata da uno scheletro.
Lanciai la moneta a terra e la ghiaia la inghiottì.
Per un attimo non successe nulla e temetti di aver sbagliato qualcosa. Poi però i sassolini davanti a me si fusero in un rettangolo grande più o meno come un' automobile. Poi la pozza diventò rosso sangue e ne emerse un taxi grigio piuttosto sgangherato dall'aria non molto solida... sembrava fatto di fumo.
-Ehy ha funzionato!- dissi e mi voltai a cercare Chirone e Argo con lo sguardo. Ma non c'era più nessuno. Si erano dileguati.
Chiunque fosse alla guida abbassò leggermente il finestrino e disse con una vocina stridula da vecchia -Un passaggio signorina?-
Sobbalzai quando la portiera si aprì da sola.
-S-si grazie.- balbettai e salii in macchina voltandomi verso il campo.
La portiera si chiuse dietro di me.
-Dove si va?- chiese una voce davanti a me.
Sedute sul sedile anteriore del taxi c'erano tre vecchiette girate di schiena.
-Los Angeles.- dissi.
Le tre sobbalzarono.
-Agli Inferi?- chiese una.
-Si.- risposi.
-Bene allora pedaggio extra. Non ci piace passare per quella zona.-
-Ok. Quanto mi costerà?-
-Beh la distanza é un problema... direi otto dracme.-
Guardai nello zaino. Ne avevo dieci... non sapevo quanto mi avrebbe chiesto Caronte per lasciarmi passare. Quindi decisi di farmi abbassare la tariffa.
-Cinque.- dissi sicura.
-Sette.- ribattè una.
Scossi la testa -Sei dissi agitando il sacchetto.- le sentii mugugnare.
-Ci stiamo!- dissero all'uninsono e quella al volante premette l'accelleratore.
Il taxi sfrecciò in avanti e io mi spiaccicai sul sedile posteriore. Sgranai gli occhi terrorizzata e mi aggrappai alla pelle del sedile pieno di bozzi con tutte e due le mani. Sembravo un gatto aggrappato alle tende, terrorizzato perché la padrona gli vuole fare il bagno.
Guardai lo zaino con la colazione. E pensare che volevo mangiarla prima o durante il viaggio. "Se l'avessi fatto ora starei vomitando lo stomaco." pensai.
Una voce maschile risuonò davanti a me.
-Sono Ganimede il coppiere di Zeus e quando vado a comprare il vino per il Signore del Cielo mi allaccio sempre la cintura.-
"Mica male come idea." pensai e mi misi a cercare la cintura con lo sguardo. Peccato che alla mia destra ci fosse soltanto una grossa catena nera.
-Emh... magari un'altra volta Ganimede.- dissi ad alta voce.
La signora al volante si voltò leggermente verso di me facendomi intravedere la bocca senza denti e la faccia rugosa.
-Andrai di fretta bimba immagino. E chi non lo farebbe con quelle tre alle calcagna.- disse ridendo e accellerando ancora di più
-Di cosa sta parlando?- chiesi quasi gridando per farmi sentire sopra il rumore assordante del motore.
L'anziana seduta nel mezzo le diede una gomitata.
-Zitta Tempesta! La ragazza non sa niente.-
-Beh scusa Vespa volevo avvisarla che le tre...-
-Zitta!- protestò Vespa.
-ATTENTA CAMION!- disse la vecchia seduta vicino al finestrino.
Tempesta sterzò a destra e io vidi il camion passarmi a sinistra. Ora avevo il cuore in gola e lo stomaco non sò dove... probabilmente era rimasto fermo al Campo Mezzosangue.
-SINISTRA!- gridò di nuovo quella vicina al finestrino, l'altra seguì l'indicazione. La terza signora sembrava l'unica a vederci bene.
-Se tu mi dessi l'occhio Rabbia lo vedrei da me.- protestò Tempesta al volante.
-Sempre la stessa storia- brontolò Vespa seduta nel mezzo.
-Ci sono dei turni da rispettare! L'ultima volta l'ha tenuto lei! Ora tocca a me.- gridò Rabbia.
Mi sporsi un po' verso di loro.
-Ma che state dicendo?- chiesi perplessa.
Per tutta risposta le tre si voltarono. Avevano la faccia rugosa e grigia i capelli sembravano paglia. Ma non fu questo a spaventarmi: avevano tutte le orbite vuote e le bocche sdentate. Tranne Rabbia che aveva un occhio e Vespa che aveva un dente.
Gridai. E mi schiacciai di più nel sedile. Le tre si voltarono ridendo.
-È sempre così divertente vedere le facce dei semidei che vedono per la prima volta le Sorelle Grigie.- disse Rabbia ridendo. Le altre due si voltarono minacciose verso di lei e nel veicolo calò un silenzio gelido.
"Le sorelle Grigie..." pensai "Ma certo!"
-Voi siete le Graie! Facevate la guardia al nascondiglio delle Gorgoni.- esclamai.
Si sentì una risatina.
-Giá... le nostre giovani sorelle.- borbottò Vespa.
-FRENA!!!- gridò all'improvviso Rabbia.
Ma era troppo tardi. Il taxi non si fermò al rosso e attraversò sfrecciando un incrocio.
Gridammo tutte mentre le macchine inchiodavano e sbandavano suonando il clacson a più non posso.
-I-io credo che l'occhio dovrebbe averlo chi guida...- balbettai mentre l'auto sfrecciava sull'asfalto.
-SI!- concordò 
Tempesta.
-NO!- gridò Rabbia coprendosi la faccia con le mani ossute.
-NO!- protestò Vespa chinandosi per cercare di prendere l'occhio alla sorella. Scena raccapricciante.
Risultato della mia esclamazione? Ora Rabbia era troppo impegnata a nascondersi la faccia e a borbottare qualcosa tipo "I turni. Ci sono i turni." per guardare la strada e dare indicazioni alla sorella
.
Guardai davanti a me e scorsi il cartello con scritto Los Angeles. Tutti i miei organi, o per lo meno quelli che erano rimasti, si contorsero dalla felicità. Peccato che stessimo per sbatterci contro...
-ATTENTA!!!- gridai a Tempesta, ma attenta a cosa che non vedeva niente...
Rabbia e Vespa smisero di litigare. Appena quella con l'occhio vide il cartello si mise a gridare e le altre due la seguirono senza accennare ad una svolta. Probabilmente quando sei la personificazione immortale della vecchiaia non ti importa più di tanto di andare a sbattere contro al cartello che segna l'inizio di Los Angeles.
Allora infilai la mano nella fessura che divideva il posto di guida da quello dei passeggeri, di solito era chiusa dal plexiglas, ma lì era aperta.
Afferrai il volante e lo girai a destra.
La macchina sterzò improvvisamente evitando per un pelo il palo ma sbalzandomi indietro e facendomi sbattere la testa contro il finestrino.
Tempesta riprese il comando del taxi e sfrecciammo negli incroci di Los Angeles.
"Questo viaggio sta per finire grazie a gli dei" pensai guardando fuori dal finestrino massaggiandomi il mio nuovo bernoccolo.
Ci intrufolammo nelle stradine superando ogni limite di velocità sparpagliando folle di bambini che uscivano da scuola e facendo volare i giornali delle edicole ovunque.
Ad un certo punto sbucammo in una vietta e Tempesta frenò all'improvviso scaraventandomi contro il suo sedile.
Mi raddrizzai toccando il secondo bernoccolo in 
testa della giornata.
-Ahi! Non può andare più piano?- commentai.
-Sono sei dracme bambina.- disse per tutta risposta Vespa. Tutte e tre si girarono e tesero le mani ossute e semitrasparenti verso di me.
Presi le monte dallo zaino e ne diedi due a testa.
-Dividetevele.- dissi uscendo dal taxi.
Respirai a fondo l'aria fresca ringraziando gli dei per avermi fatto sopravvivere e mi voltai per salutare le Graie.
-Grazie mille...- ma mi accorsi che l'auto era giá schizzata via.
C'era poca gente per strada, a quanto pare neanche hai mortali piaceva passare di lì...
Mi guardai intorno. Era notte.
"Non credevo di aver viaggiato per così tanto tempo." pensai, ma d'altronde avevo appena attraversato gli Stati Uniti.
Fermai una signora che camminava sul marciapiede.
-Scusi, sa dirmi che giorno è e che ore sono?-
La signora mi squadrò da capo a piedi come se si aspettasse che le saltassi addosso per rubarle il portafoglio.
-Oggi è il 10 marzo 2015. E sono le...- mi rispose guardando l'orologio -undici e mezzo di sera.- disse stringendosi addosso la borsa.
Non feci in tempo a ringraziarla che mi superò e se ne andò a passo veloce.
-IL 10 MARZO!- ad un certo punto me ne resi conto -HO VIAGGIATO 2 GIORNI.- Non mi sembrava vero. Il taxi era schizzato a tutta velocità e credevo di aver viaggiato pochi minuti.
-Due giorni... sono partita l' 8 marzo. Mancavano dodici giorni all'eclissi. Questo vuol dire che ora ne ho solo dieci.- dissi estraendo la collana a forma di Sole dallo zaino.
Alzai lo sguardo per la prima volta sull'edificio che avevo di fronte.
Sulla facciata campeggiava la scritta a caratteri cubitali: "studi di registrazione R.I.P".
"Beh originale come nome..." feci un passo avanti ma il mio stomaco brontolò.
Guardai verso la porta é un senso di inquietudine e tristezza mi attanagliò la mente.
Scossi la testa "Magari domani."
Attraversai la strada e mi ritrovai in un parchetto. Cercai un angolo appartato e mi arrampicai su un albero.
I rami si chiusero intorno a me riparandomi dal freddo e dalla vista della gente o di eventuali mostri.
Mi sedetti e contai le botte che mi aveva lasciato il viaggio, ne contai tre e decisi di chiamarle Rabbia, Vespa e Tempesta.
Sguainai la spada vidi il mio riflesso sulla lama, per poco non mi venne un colpo.
"Ecco perché la signora è scappata." effettivamente avevo l'aria di una persona che non mangiava né dormiva da due giorni; avevo la faccia bianca, smagrita e sciupata, gli occhi avevano un espressione vacua e i capelli erano tutti spettinati con quella strana sfumatura verdastra che tanto odiavo. 
Tentai di aggiustarmi i capelli ma dopo vari tentativi sbuffai e ci rinunciai. Lasciai ricadere le braccia lungo i fianchi e mi appoggiai ai rami, il mio pensiero volò al Campo Mezzosangue... Passarono davanti ai miei occhi diverse immagini: il mio arrivo, la collina, l'arena, il padiglione, i miei fratelli, la casa tre, ricordai tutti i semidei pronunciandoli uno a uno ad alta voce di casa in casa.
Con quel ultimo pensiero deprimente mi sdraiai e mentre le palpebre si chiudevano dissi a voce alta ridendo ironica.
-Ho accettato proprio una fantastica vacanza premio... "Sei al Campo da soli due giorni e non sai cavartela da sola? Bene! Questa vacanza è quella che fa per te. Parti per un viaggio a tutta velocità accompagnata da tre vecchiette pazze, e se dopo sarai ancora viva in omaggio solo per te.... **ta ta ta taaaa** un biglietto di sola andata per gli Inferi e una caduta gratuita in un abisso! Il tutto con tre tizie che non conosci che ti inseguono senza un apparente motivo ma che probabilmente non hanno buone intenzioni. Buona vacanza e mandaci una cartolina!".- dissi tentando di imitare la voce di Chirone.
Mi guardai intorno. Ero sola, accampata in un albero con la nausea per il viaggio e la paura di non tornare più nella casa che avevo appena trovato. Nessuno con cui parlare... sospirai -Che fregatura.- 
ANGOLO AUTRICE
allora... Eccoci con un altro capitolo. Sapete qual è la cosa straordinaria? Oggi ho scoperto che ci sarà seriamente un eclissi il 20 marzo... Il punto sorprenedente? Io la profezia l'ho scritta prima di scoprirlo... È avevo pure già scelto di usare Marzo come mese, poi quando ho scoperto che il 20 c'è l'eclissi di sole ho messo la data definitiva dell' impresa...
beh spero di ricevere molte recensioni. Intanto ringrazio Francesca lol e Candyeater03 delle due recensioni ❤️ Vi  aspetto anche questa volta.
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 11
*** Un biglietto di sola andata per gli Inferi. ***


*~Me~*

La sveglia suonò facendomi prendere un colpo e risvegliandomi dall'ennesimo incubo. Mi ero totalmente dimenticata di averla infilata nello zaino, quindi mi svegliai di nuovo alle quattro.
Mi alzai a sedere di scatto sbattendo la testa contro il "soffitto".
Infilai le mani nello zaino alla ricerca disperata di quel aggeggio che odiavo sempre di più.
Quando la trovai la spensi, la guardai con odio per qualche minuto e poi la spedii con rabbia in un angolo dell'albero.
Mi appoggiai con la schiena contro il muro improvvisato e sbuffai guardandomi intorno.
Non era male come rifugio. 

-Se quando tornerò al Campo i miei fratelli non mi vorranno potrò sempre costruirmi una casetta sull'albero.- dissi con una punta di amarezza nella voce. "Già, quando tornerò... Sempre se tornerò." pensai.
Scostai un paio di foglie e guardai fuori. Poche macchine sfrecciavano sull'asfalto.
Tirai finalmente fuori la colazione e il mio stomaco esultò come per assicurarmi la sua presenza in una qualche parte indefinita del mio corpo.
Iniziai a mangiare lentamente cercando di placare i pensieri che correvano da una parte all'altra della mia testa. Presi il sacchetto con le dracme d'oro.
Chissà quanto mi avrebbe chiesto Caronte. Sempre che lasciasse passare i vivi... Beh infondo tornarmene al Campo Mezzosangue subito non mi sarebbe dispiaciuto.
La colazione finì ad una velocità impressionante ma Il mio stomaco brontolò ancora.
Guardai nel sacchetto del cibo dell'impresa.
Frutta disidratata, una bottiglietta d'acqua, carne secca, patatine,  ...manzo biologico...
"Questo è opera di Clarisse." Pensai facendo una smorfia divertita e sorrisi all'idea che la figlia di Ares avesse pensato a me. 
Stavo per chiudere il sacchetto quando vidi sul fondo un foglio accartocciato. Lo presi e lo scartai. Mezzo pacchetto di arachidi al cioccolato mi cadde sulle gambe.
Rimasi immobile a guardarlo per qualche secondo poi aprii bene il foglio di carta e scorsi delle scritte scarabocchiate a penna. Mi sforzai di leggerle, lottando contro quelle che iniziavano a roteare sotto i miei occhi e provocandomi un leggero mal di testa.
"Buona fortuna Francy. Ci mancherai.
Connor & Travis
"
Restai a bocca aperta e mi asciugai una lacrima, ecco perchè quella sera a cena Connor non aveva bruciato il mezzo sacchetto per suo padre: la sera l'aveva dato a me.
Lo ringraziai mentalmente e mi misi in bocca una nocciolina.
Poi chiusi tutto e sbirciai di nuovo l'ingresso. Nessuno in vista. Il palazzo era illuminato ma dalla porta a vetri non si vedeva nessuno.
Stavo chiudendo lo zaino quando mi venne un dubbio: come scorreva il tempo negli Inferi?
Giusto. Chi me lo diceva che scorreva allo stesso modo che sulla superficie terrestre. Mi serviva qualcosa per tenere il conto dei giorni.
Guardai l'angolo dell'albero. La sveglia era ancora lì dove l'avevo lanciata. Mi avvicinai e la presi sembrava tutta intera.
-Non credere che io abbia bisogno di te. Stupido aggeggio infernale.- le borbottai contro.
La infilai nello zaino togliendo la sveglia delle quattro di mattina, lo chiusi e aprii cautamente l'albero tenendo la mano sulla spada infilata nella fodera.
Scesi a terra con un salto. Mi guardai intorno. Via libera, il parco era vuoto se si escludeva un barbone che dormiva sulla panchina nascosto completamente dai giornali.
Gli passai accanto cercando di non fare rumore ma i rametti non me lo permisero. Allora corsi verso l'ingresso sperando di non averlo svegliato.
Arrivai dall'altra parte della strada e mi fermai davanti alla porta. Mi sfilai il medaglione oro dalla tasca e me lo legai al collo. Presi il Sole in mano e lo strinsi fino a farmi male. Il ciondolo emise un bagliore impercettibile ma non gli diedi peso.
Con un respiro tremante appoggiai una mano sulla porta e sentii il freddo salirmi lungo il braccio percorrendomi tutta la schiena. Lessi la scritta a caratteri cubitali sulla porta, diceva "NO VENDITORI, NO PERDITEMPO, NO VIVI.".
"Wow beh cominciamo bene." pensai "Devo proprio farlo?"
Deglutii e spinsi la porta a vetri.
***
Beh se gli inferi erano una sala d'aspetto o il piano inferiore di un albergo a me andava bene.
Su un lato della stanza molte persone aspettavano qualcosa muovendosi in continuazione ma tenendosi a debita distanza da una specie di reception. Sembravano normali, ma avevano uno sguardo spento ed erano un po' trasparenti, un po' inconsistenti, un po'... morti.
Nell'aria delle casse che non riuscivo ad individuare diffondevano una musichetta raccapricciante che avrebbe ucciso dalla depressione chiunque. Cercai di ignorarla.
Da dietro la scrivania qualcuno tossì per attirare la mia attenzione. Mi girai di scatto e vidi un uomo in smoking con gli occhiali da sole e un orecchino.
-S-salve.- dissi agitando la mano libera dallo zaino -Gran bel posto per essere gli Inferi complimenti... lei è Ade?- chiesi perplessa.
La pelle dell'uomo sembro cambiare colore, passando dal bianco al rosso e dal verde al viola.
Poi l'uomo scoppiò in una fragorosa risata.
-AHAHAHAHAHAHAH...gli Inferi... AHAHAHAH... Ade...AHAHAHAHAHAH.- per un attimo temetti di aver sbagliato posto. Poi però l'uomo smise di ridere e mi guardó serio.
-Questi non sono gli Inferi ragazzina. E io di certo non sono Ade... altrimenti ora non sarei qui a controllare questi idioti.- disse lanciando un occhiataccia alle anime. Queste smisero di vagare per la stanza e si sedettero.
-Ma allora gli Inferi dove sono?- chiesi.
L'uomo alzò gli occhi al cielo e indicò il pavimento.
-Questa è solo l'entrata.-
Mi guardai intorno, la stanza non era piccola, ma effettivamente era impossibile che quelli fossero gli inferi.
-Ma lei chi è allora?- scorsi una targhetta sul suo smoking ma le lettere imbrogliarono la mia mente facendomi leggere qualcosa tipo "Cetonte" o "Cabonde".
-Io sono Caronte, il traghettatore.- disse squadrandomi -E tu chi sei?-
-Oh. Mi scusi è che... non leggo molto bene.- dissi indicando la targhetta.
-Tranquilla mi capita spesso.- mi rispose scuotendo la testa.
Era il momento. "Devo chiedere quel passaggio se non voglio rimanere qui per sempre."
-Sono qui per il passaggio comunque.- dissi d'un fiato.
Caronte sospirò e attorcigliò le mani pensieroso.
-Lo immaginavo. Sai la gente normalmente non viene da me per farsi quattro chiacchiere.- in quel momento mi fece un po' pena.
-Ma vedi c'è un problema.- disse sporgendosi oltre la scrivania.
-Sarebbe?- chiesi cercando di non sembrare spaventata.
-Beh sai.... Sei un po' troppo viva e anche troppo "semidea in missione" per i miei gusti.- disse voltandomi le spalle.
-Cosa hanno che non va i semidei?- brontolai offesa, anche se temevo che Caronte potesse trasformarsi da un momento all'altro in un mostro-mangia-semidei.
Caronte si voltò con un sorriso triste e sbuffò
-Tutte le volte che li ho lasciati passare mi hanno portato solo guai... l'ultimo un po' di anni fa. Un certo Percy Jackson mi pare.-
Sobbalzai nel sentire il suo nome.
-Che genere di guai?- chiesi cercando di sembrare indifferente al nome di Percy.
-Mah... niente di particolare, più che altro bisticci con il mio capo.- disse guardando verso la porta dell'ascensore. Poi si chinò verso di me e mi bisbigliò -Ade ha proprio un caratteraccio, e poi è tirchio.-
-Ahh capisco.- bisbigliai a mia volta -Quindi Ade non vuole visitatori vivi nel suo regno?- chiesi.
-Esatto. Ma non è solo questo.- sospirò strofinandosi una dracma sulla giacca -Il punto è che i semidei portano guai. Senza offesa... ma siete parecchio abili a crearvi e a crearci problemi.- disse ridacchiando.
-Giá, lo so.-
-Il punto è che spesso chi viene quaggiù viene per portare via qualcosa o qualcuno. E Ade non gradisce.- sospirò Caronte -Quel Percy poi ne ha creati di problemi.-
-Oh. Si ma io non sono Percy Jackson e non cerco nulla di materiale... una profezia mi ha detto che dovevo venire qui e trovare la verità.- dissi abbozzando un sorriso -E dubito che Ade sappia molto su di me. Se passerò dal suo palazzo lo farò solo per delle indicazioni.-
Caronte mi guardò perplesso, come se stesse valutando la mia proposta. Ma poi scosse la testa e mi disse
-Mi dispiace ragazzina ma non ho voglia di passare dei guai. Quindi per favore esci di qui e lasciami lavorare.- mi indicò la porta.
"Ok è ora di usare le maniere forti."
Presi una dracma dal sacchetto rosso e la buttai sul tavolo. Caronte la fissò e le anime alle mie spalle iniziarono ad agitarsi. Mi voltai perplessa verso di loro
-Perché si agitano così?-
-Sono le anime che non possono pagare l' attraversata.- mi spiegò il traghettatore senza distogliere lo sguardo dalla moneta.
-Nah non posso farlo.- disse voltandosi a malincuore.
"Ha esitato buon segno. Mi basterà aggiungere una o due dracme."
Stavo per alzare l'offerta quando qualcuno irruppe nella stanza spalancando la porta a vetri e piazzandosi vicino a me ansimando.
-Stanno arrivando! Sono tantissimi.- disse qualcuno tirandomi un braccio.
Mi voltai verso la voce e rimasi pietrificata a bocca aperta.
-Chi?- chiese Caronte allarmato.
-Un'orda di mostri enorme e...-
-Mostri?- chiese sempre più allarmato il traghettatore.
-Si e poi... tantissimi spiriti indisciplinati. Cercano noi!- disse il nuovo arrivato indicandomi -Deve farci passare se non li vuole tutti nel suo bellissimo ingresso.-
Caronte mi guardò terrorizzato dall'idea che il suo salotto potesse essere invaso da una marea di mostri e spiriti indisciplinati.
-Quante dracme hai da darmi?- disse d'un fiato.
-Quattro.- annunciai lanciandogli il sacchetto.
-Non è il massimo ma mi accontenterò.- disse afferrando il sacchetto, uscì da dietro il bancone e chiamò l'ascensore.
-Sbrigatevi!- disse spingendoci dentro. Mi voltai e la porta si chiuse davanti a me. Dall'altra parte si sentiva Caronte che borbottava e buttava le monete in un sacchetto.
Nell'ascensore c'erano molte anime che avevano potuto pagare. Mi facevano sentire in soggezzione.
Qualcuno mi toccò la spalla, mi voltai. Un sorriso sbilenco e un paio di occhi raggianti mi travolsero. Mille pensieri passarono nella mia testa senza che riuscissi a tenerne a mente uno.
-Che ci fai tu qui?- gridai puntandogli un dito sul petto.
¤Sole¤
 Francy era lì, davanti a me e mi guardava con una strana espressione: un misto di rabbia, stupore e felicità (che era chiaramente intenzionata a non farmi notare).
-Non avrai davvero pensato che ti avrei lasciato partire da sola... mi sarei perso tutto il divertimento!- dissi ridendo -Comunque... Ehy tutto bene?- terminai con un altro sorriso da so-di-essere-semplicemente-fantastico.
-Non guardarmi in quel modo Sole!- gridò voltandomi le spalle.
-Ma che hai?- chiesi con un sospiro esasperato.
-Niente... credo solo che tu non saresti dovuto venire.-
-Reyna mi ucciderà lo so. Ma ero stufo di non poter partecipare mai a niente.- brontolai -E poi volevo assicurarmi che tornassi.-
-Ah e hai pensato bene di seguirmi... così a non tornare saremo in due.- disse ironica voltandosi -A proposito, come hai fatto?-
Risi, giá come avevo fatto? 
-Una cosuccia da niente... Ho solo volato due giorni su un pegaso rubato dal campo dietro ad un taxi che correva alla velocità della luce e sbandava ogni due secondi.- dissi passandomi una mano nei capelli, Francy mi guardava a bocca aperta. Le soddisfazioni della vita.
-Hai volato due giorni?- gridò stupita.
-Si. Smettila di gridarmi contro.- gli dissi con una finta faccia scocciata.
Francy strinse i pugni lungo i fianchi e si girò verso la porta dell'ascensore, io feci lo stesso guardandola perplesso. Poi lei si girò di scatto dandomi un pugno sul braccio.
-Ahia! Ma perchè?-
-Perchè è pericoloso e perchè dovevo sfogarmi.- disse ridendo per la prima volta.
-Ma se hai volato due giorni sarai distrutto.- disse guardando il mio aspetto semplicemente favoloso.
-Beh ti ho lodato quando hai deciso di fermarti e entrare la mattina.- risi -Quando sei andata a dormire sono venuto vicino alla tua "casetta sull'albero" e mi sono addormentato. Ti avrei persa ma la mattina mi sei passata vicina correndo rovesciando la mia coperta improvvisata.- feci un sospiro melodrammatico -E poi che vuoi farci, la mia bellezza non può essere annientata solo con due giorni di cavalcata.-
Un altro pugno.
-Ahia! Sei violenta.-
Non rispose, riuscivo quasi a vedere il suo cervello che lavorava.
-Nah non può essere.- disse.
-Cosa?- chiesi.
-Invece si.- concluse con una faccia stupita
-COSA?-
-Non ci posso credere... tu eri quel barbone che dormiva sulla panchina?- disse alla fine.
-Beh barbone, allora non mi lavo da due giorni ma non sono un barbone!- protestai ridendo.
-AHAHAHAHAHAHAH- Francy si piegò in due dalle risate.
Poi la porta si aprì, Caronte ci guardò male ed entrò con noi.
-E non toccate niente mentre non ci sono!- gridò agli spiriti nella stanza.
Poi premette un pulsante borbottando un "Mi pagano troppo poco per questo.".
Io e Francy ci guardammo e lei mi sorrise. Non potevo ancora credere di avercela fatta. Ero stanco morto ma eravamo insieme, e per ora mi bastava.
Ad un certo punto l'ascensore partì. Ma sembrava di andare in avanti più che in basso.
La figura di Caronte tremolò e la sua faccia diventò incavata, semitrasparente e al posto degli occhiali da sole comparvero due orbite vuote. Lo smoking lasciò il posto ad una lunga tunica nera. All'improvviso il pavimento inizió a muoversi ondeggiando come su una barca.
Francy si aggrappò a me per non cadere, ma perdemmo l'equilibrio e ci schiantammo su un pavimento di legno ai piedi di tutte le anime. Ci guardarono tutti male, i morti non indossavano più i loro abiti ma avevano una lunga tunica e ci fissavano da sotto il cappuccio.
Guardai Francy sopra di me imbarazzato.
-Scusa- mormorò e tentò di rialzarsi, ma i suoi capelli rimasero sotto il mio braccio.
-Ahia! Stupidi capelli.- brontolò.
-Scusa non volevo!- dissi alzandomi di scatto. Le nostre teste si scontrarono e tornai giù.
-Ahi!- gridammo.
Lei si alzò con cautela togliendo i capelli da sotto il mio braccio. Poi mi tese una mano per aiutarmi ad alzarmi.
La afferrai senza esitare e mi tirai su. La barca era ferma. Caronte e le altre anime ci guardavano esterefatti.
-Non credevo foste così idioti.- brontolò riprendendo a remare.
Noi ci guardammo e trattenemmo una risata. Gli spiriti invece non si trattenettero. Anche se più che una risata era un sibilo inquietante.
-Siamo riusciti a far ridere gli spiriti dei morti negli Inferi.- bisbigliai a Francy.
-Ora nulla ci può fermare...- disse lei ridendo.
In quel momento si sentì un latrato poco lontano. Il peggior suono del mondo alle mie orecchie.
-Siete sfortunati ragazzi. Il piccolo "Tre Teste" non ha ancora mangiato.- gracchiò Caronte.
ANGOLO AUTRICE
**emerge dall'oscurità** Ebbene si!!! Sono ancora viva. Chiedo umilmente perdono per il ritardo ma siamo ad Aprile e la scuola babbana mi sta uccidendoooo.
In realtà questo capitolo è pronto da tre settimane ma fino adora non sono mai riuscita a pubblicarlo. Quindi spero seriamente che vi piaccia.
Parlando della storia come potete vedere Sole è di nuovo fra noi... Non riuscivo a stragli lontana per più di un capitolo...
fatemi sapere cosa ne pensate e magari passate anche da una pagina appena fondata da me e dalle mie amiche. Non è la stessa che vi consigliavo tempo fa quidi fateci un salto: https://www.facebook.com/deliriofandom
Grazieeeee💙
my_hero_is_percy jackson alias Lo Stregatto:)

 

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Capitolo 12
*** Varchiamo la porta delle more fasulle ***


*~Me~*
Arrivati alla riva opposta ai miei piedi c'era una pozza fetida di acqua nera. La barca a quanto pare non era abituata a sopportare il peso dei vivi.
Caronte ci scaraventò letteralmente fuori dalla sua barca. Sentii un il remo sbattermi contro la schiena e caddi oltre il bordo insieme a Sole.
Mi alzai brontolando e toccai la melma nera che mi si era incollata alla faccia e al resto del corpo. Puzzava terribilmente.
Iniziai a districare i miei capelli alla bene e meglio. In quel momento erano un biondo scuro tendete al verdognolo.
-Bleah.- dissi guardandoli nella penombra.
Sole allungò una mano verso di me e mi mostrò la mia collana, quella con i tre ciondoli che avevo fin da bambina e che portavo sempre al collo.
-Oddei grazie.- dissi afferrandola e richiudendola attorno al collo. 
"Probabilmente si è staccata quando sono caduta addosso a Sole" pensai. Guardai il gancetto era integro. Strano.
Quando l'oro freddo tocco il mio petto sotto la maglietta del campo mi sentii più protetta. Quella collana aveva sempre avuto uno strano effetto su di me. Mi tranquillizzava, era come se il semplice fatto di averla addosso potesse proteggermi.
Sbuffai e mi voltai per lanciare un occhiataccia a Caronte, che ovviamente si era già dileguato.
-GRAZIE PER IL PASSAGGIO!- gridò Sole portandosi le mani a cono alla bocca per amplificare la sua voce. La barca dondolava in lontananza. Caronte si voltò e fece una smorfia, che probabilmente voleva essere un sorriso, poi si voltò e riprese a remare.
-Bene...- dissi guardandomi intorno -che facciamo ora?-
Ero immensamente grata agli dei per la presenza di Sole. A quel punto del viaggio non avrei saputo cosa fare.
-Beh tu sai cosa intende la profezia per "l'abisso da cui sono venuti?"- chiese lui.
-Non ne ho la minima idea...- ridposi io scuotendo la testa.
-Non ricordi proprio niente? Nessun ricordo di quell' affare?- chiese Sole indicando il medaglione.
Scossi nuovamente la testa. Non avevo mai visto quel ciondolo prima, di questo ero quasi certa.
-Allora temo che dovremmo chiedere indicazioni a chi ne sa più di noi disse indicando un enorme palazzo nero con un cenno della testa.
Ci misi un po' a mettere a fuoco l'enorme struttura. Ma appena riuscii a capire di cosa su trattava indietreggiai mettendo un piede nell'acqua nera.
-Nonono. NO.- dissi scuotendo la testa.
-È l'unica nostra possibilità Francy.- ribattè Sole prendendomi dalle spalle e guardandomi negli occhi.
Sospirai abbassando lo sguardo. Non morivo dalla voglia di far visita al dio degli Inferi. 
Ma Sole aveva ragione, non avevamo scelta. Quindi mi sforzai di sorridere e avanzammo nella sabbia nera.
Camminammo per un po' in silenzio poi Sole mi chiese
-Ma che fiume era quello?-
Lo guardai perplessa -Quello su cui ci ha traghettati Caronte?-
-Si.-
-Credo fosse lo Stige. Il fiume dell'odio. Annabeth mi ha spiegato che è così inqiunato per via dei desideri e dei sogni delle anime.-
-Wow... è una cosa raccapricciante.- disse Sole con gli occhi spalancati guardando lo Stige che spariva dalla nostra vista.
Camminammo per un altro po' e iniziammo a scorgere delle anime che camminavano in fila.
Le guardai. Ce ne erano alcune che avranno avuto la mia età se non di meno.
Stavo fissando una ragazza che camminava senza trasparire emozioni quando Sole mi indicò qualcosa.
Davanti a noi si eregevano tre giganteschi archi ognuno dei quali dotato di metal detector e poco più avanti a due di esse c'era una cabina con qualcuno dentro. Probabilmente un demone.
-Wooow... devono essere le entrate degli inferi.-
Su due dei tre archi c'era scritto "OPERATORE IN SERVIZIO" inciso a caratteri cubitali. La scritta sul terzo dovetti leggerla tre volte per essere sicura di aver letto bene.
-"More Fasulle"?- chiesi a Sole.
Lui mi guardò per un secondo e poi scoppiò a ridere.
-More Fasule??? Fancy c'è scritto "Morte Facile"! M-o-r-t-e f-a-c-i-l-e.- disse indicandomi ogni lettera con il dito.
-Scusa dislessia...- dissi passandomi una mano nei capelli -comunque non so cosa significhi "Morte Facile" ma credo che avrei preferito "More Fasulle"-
Sole rimase in silenzio per un po' e poi stringendo gli occhi disse -Credo che sia la porta che usano gli spiriti che vogliono evitare il tribunale. Porta dritta alle Praterie degli Asfodeli. È quella la strada che dobbiamo prendere.-
Lo guardai con gli occhi spalancati.
-Come fai a saperlo?- gli chiesi.
Lui mi guardò perplesso e si portò una mano alla testa sorpreso.
-Non ne ho idea.-
In quel momento un ululato scosse la terra. Sole tremò da capo ai piedi e si guardò attorno.
Un enorme cane nero a tre teste si erigeva tra l'arco e noi. Tra le sue zampe una fila di anime passava indifferente.
-Come abbiamo fatto a non notarlo prima?-
Sole non rispose.

¤Sole¤
Si ok... lo ammetto. Io Sole Walker ho paura dei cani.
Colpa del barboncino di mia zia.
Quella pulce si chiamava Fanfulla. (Grazie alla mia compagna di classe per l'idea che mi ha involontariamente fornito. ~L'autrice)
Era grande più o meno come un' unghia  di Cerbero. Ma era sempre riuscito a terrorizzarmi ugulamente da quando mi aveva morso. Si ok io mi ero seduto sulla sua coda... ma ero piccolo. Non l'avevo fatto apposta.
Ma quella bestiaccia non mi aveva mai perdonato.
Ma sinceramente avrei ringraziato ogni dio se al posto di Cerbero in quel momento mi avessero fatto trovare Fanfulla accoccolato sulla sua privatissima e intoccabile sedia di velluto rosso.
Stavo lì immobile ripensando a tutta la mia vita, chiedendo perdono per ogni sbaglio: dalla volta in cui avevo sbagliato il gusto del gelato da prendere a zia Agnes alla volta in cui in qualche modo avevo quasi dato fuoco alla casa.
Poi Francy prese a scuotermi dalle spalle gridandomi qualcosa.
-Muoviti Sole!- inizió a trascinarmi verso un enorme tronco caduto.
Ci nascondemmo dietro.
-Si può sapere che ti è preso???- mi chiese accucciandosi. Mi sedetti nella terra umida.
-Io non...- balbettai stringendomi le ginocchia al petto. Tenevo lo sguardo fisso e Francy cercava nei miei occhi la risposta.
Avvicinó il viso al mio tanto che riuscivo a sentire il suo respiro.
Appoggiò la mano sulle mie braccia e mi guardó negli occhi così intensamente che ebbi la sensazione di sprofondare nella terra.
-Tu hai paura...- bisbigliò infine.
-No ma che dici.- sbottai cercando di apparire il più sicuro possibile facendo un largo sorriso.
Francy però continuò a guararmi storto.
Poi Cerbero abbaiò di nuovo e io sobbalzai stringendomi contro il suo corpo. Mi sentivo come quando mia mamma mi portava dalla zia Agnes e Fanfulla mi correva incontro. Allora io mi nascondevo dietro alle sue gambe.
Però lei non era mia madre e non potevo farmi vedere così, non potevo lasciare che lei capisse... troppo tardi.
-Tu hai paura di Cerbero! Beh quello anche io... ma tu di più.- disse staccandomi da lei per guardarmi negli occhi -Tu hai paura dei cani.- disse sorridendomi dolcemente. Cosa che mi fece sentire ancora più in colpa, io dovevo essere forte. Insomma ero il ragazzo dell'impresa!
-Puoi evitare di guardarmi negli occhi mentre mi dici che sono un codardo?- dissi distogliendo lo sguardo e allontanadomi da lei.
Mi sentivo un' idiota... "Ho volato due giorni su un pegaso per seguirla, non ho esistato ad infilarmi negli inferi per lei. E poi ho paura di un cane?!"
-Ehy guarda che non c'è niente di male...- disse lei mettendomi una mano sulla spalla -tutti abbiamo paura di qualcosa.-
Stava per aggiungere altro ma Cerbero la interruppe.
-Dobbiamo trovare il modo di superarlo.- dissi gurdando in quella direzione.
Francy aggrottò la fronte per un attimo. Poi inizió a frugare nello zaino.
-Cosa cerchi?-
Francy senza rispondermi prese un sacchetto e ne tirò fuori una quantità immensa di striscioline marroni.
Mi avvicinai e lo guardai storto.
-Che roba è?-
-Manzo biologico.- rospose lei storcendo il naso -Un pensierino di Clarisse.-
-Credi che Cerbero mangerá quella roba?-
-Beh ad Ella piace. Speriamo piaccia anche al nostro amico peloso.- dicendo questo si avviò lentamente verso il bestione nero.
-Ma che fai sei impazzita?- gli bisbigliai correndogli dietro.
-È un cane. Se gli piace il manzo biologico non mi fará niente.-
-Ma come farai a distrarlo? Hai solo sei striscioline di manzo!- lei non rispose.
Mi bloccai mentre continuava ad avanzare sicura.

*~Me~*
 Mi tremavano le gambe ma cercavo di non darlo a vedere.
"I cani sentono l'odore della paura" mi ripetevo mentre avanzavo stringendo tre strisce di manzo nella mano destra.
Arrivata quasi alle zampe di Cerbero iniziai a dubitare del piano che avevo in mente.
"E se non gli piace il manzo?" mi chiesi. Beh in quel caso potevo già considerarmi un osso di gomma per cani a tre teste.
Cerbero inizió a ringhiarmi contro ma non attaccò. Cercai di ripensare ai corsi di addestramento cani che avevo fatto a scuola.
Quindi alzai la mano destra aprendola il più possibile.
Tre enormi teste si mossero verso di me e annusarono le tre strisce.
La testa centrale tirò fuori un enorme lingua e leccò le tre strisce.
Cerbero si ritrasse per un secondo e mi guardò storto. Poi però si mosse lentamente e le teste aprirono la bocca. Quel cane aveva un sacco di denti appuntiti.
Probabilmente nel cercare di mangiare la carne mi avrebbe strappato la mano quindi velocemente lanciai un pezzo di manzo in ogni bocca.
Cerbero richiuse tutte e tre le bocche ,si leccò i baffi, e inizió a saltellare intorno a me facendo tremare la terra.
Allora alzai un' altra strisciolina di manzo sopra la mia testa e gridai -Seduto!-
Incredibilmente Cerbero ubbidì e si sedette su un paio di anime che stavano passando fra le sue zampe. "Scusate." pensai.
Lanciai una strisciolina a Cerbero e chiamai Sole con un cenno della mano. Lui mi guardò terrorizzato e scosse la testa, aveva capito ciò che volevo fare. Insistetti.
Sole si fece avanti cautamente senza perdere mai di vista Cerbero.
Arrivò vicino a me con tutti i sensi all'erta.
Gli diedi un pezzo di manzo biologico in mano e mi allontanai di qualche passo da lui.
Lui rimase immobile per qualche secondo con lo sguardo fisso sul terreno, poi alzò lentamente la mano sopra   la testa come avevo fatto io e Cerbero di sdraiò davanti a Sole facendo tremare tutto l'Ade.
Perdemmo tutti e due l'equilibrio visto che non eravamo anime svolazzanti.
Io caddi all'inidietro sulla terra.
Sole invece cadde in avanti verso Cerbero.
Mi venne da gridare ma avevo la gola secca e non usciva nessun suono.
Sole finì sul muso peloso e nero di Cerbero. Restó inmobile terrorizzato. Lo guardai immobile in attesa che succedesse il peggio.
Cerbero però non se la prese per niente. Alzò il muso e diede una leccata a Sole facendogli il bagno.
Lui era esterrefatto. Mi avvicinai di corsa a lui. Ma Sole mi fece cenno con la mano che stava bene, e stava sorridendo.
-Grazie amico.- disse con un sorriso a Cerbero e gli lanciò la sriscia di manzo. Poi inizió a accarezzargli il muso.
-Bene, dobbiamo andare.- gli bisbigliai.
-Non possiamo portarlo con noi???- disse con una faccia da cucciolo.
Ma io scossi la testa -Dubito che ad Ade faccia piacere- borbottai -e non riusciremo a passare inosservati con un enorme cane nero alle calcagna.-
Sole sospirò -E come pensi di liberarti di lui?- disse indicando Cerbero che con la lingua a penzoloni ci guardava di traverso.
-Tranquillo ci penso io. Tu inizia ad avviarti lentamente.-
-Okay...- un altro sospiro -ciao Cerbero.-
Sole inizió ad allontanarsi e io alzai una mano mostrando l'ultima strisciolina di manzo per attirare l'attenzione del cane che stava seguendo i passi di Sole con i suoi sei occhi.. E funzionò le tre teste impazzirono e Cerbero inizió a saltare.
-Ciao Cerbero. Magari ci rivedremo.- dissi sorridendogli e poi lanciai la striscia più in alto possibile.
Poi mi concentrai e dalla terra uscì un pioppo nero che afferrò la striscia e la tenne bene in alto.
Cerbero inizió a saltargli addosso per prenderla e io me la filai.
Raggiunsi Sole e lo presi per il braccio. Ci mettemmo a correre verso la porta della "Morte Facile".
Ci buttammo oltre il metal detector e subito partirono gli allarmi.
Portai istintivamente una mano alla collana con i tre ciondoli.
E mi voltai.
-Che hai?- mi chiese Sole tirandomi per un braccio.
-Aspetta...- strinsi un pugno davanti a me e il pioppo nero si disintegró lasciando cadere la striscia su cui Cerbero si  buttò tutto contento.
-Ok ora possiamo andare.- dissi sorridendo.
Sole mi guardò sorridente -Grazie.-
-E di che?-
Stava per rispondere ma dei demoni si alzarono in cielo in lontananza.
-Magari ne parliamo dopo?- dissi e ci guardammo.
-Sarà meglio...- disse lui, mi prese la mano e iniziammo a correre.

ANGOLO AUTRICE
 Ed eccomi qui! Ormai la storia conta 11 capitoli ma non temete siamo solo all'inizio...volevo ringraziare una mia compagna di classe e Francesca lol per l'incoraggiamnto: GRAZIEEEE.
Detto questo ormai i nostri personaggi preferiti sono negli Inferi e si dirigono verso il palazzo di ossidiana... Temo che da qui la loro avventura diventerà un poco più pericolosa...
Alla prosima semidei!!!
my_hero_is_percy jackson
PS: trovate la stessa storia anche su wattpad se vi è più comodo leggerla lì. Dovete solo cercare SoleWalker grazieee

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Capitolo 13
*** La dea sconfitta ***


*~Me~*

Erano passati circa venti minuti da quando ci eravamo nascosti dietro una parete di roccia schiacciati l'uno contro l'altro. Iniziavo a non poterne più quando finalmente i demoni rinunciarono e se ne andarono borbottando.
Io e Sole ci buttammo fuori dal nascondiglio con un sospiro di solievo.
Iniziai a stiracchiarmi -Finalmente non ne potevo più!-
-Nemmeno io... si crepava dal caldo schiacciati così.- disse lui stirandosi la schiena e allungando le braccia muscolose verso l'alto.
Ci avviammo, cauti con le spade sguainate, verso il palazzo di ossidiana.
Era tutto tranquillo, dei demoni non c'era più traccia.
Camminammo fianco a fianco per un po'. Le magliette del campo puzzavano dell'acqua putrida dello Stige in cui eravamo caduti ed erano sporche di terra.
Attraversammo una grande prateria piena di anime che si trascinavano senza meta bisbigliando parole incomprensibili. Vedemmo il tribunale dei morti con due file che si separavano: la più numerosa andava verso i campi della pena e l'altra verso i campi elisi. 
Lasciammo la prateria e ci avvicinammo al palazzo restando vicino alle pareti di roccia. 
Ad un certo punto Sole si fermò a fissare una caverna.
-Che hai Sole?- chiesi.
Lui guardò perplesso prima me e poi la grotta.
-Mi pare ci sia una luce verdognola lá in fondo.- disse.
Mi sporsi mentre mettevo nello zaino il ciondolo a forma di Sole, quell'affare dopo un po' pesava. Non vidi niente.
-Io non vedo nessuna luce...- dissi chiudendo lo zaino.
-Ora nemmeno io... sarà un effetto ottico.- concluse lui poco convinto e ci rimettemmo in marcia mentre nell'oscurità qualcuno ci osservava impaziente.

***

Dopo quella che sembrava un eternità arrivammo davanti ad un enorme porta di bronzo.
-Wow...- disse Sole. Era enorme.
-Da lontano non sembrava così grande.- disse guardando verso l'alto.
Mi avvicinai per vedere le incisioni. Rappresentavano tutte scene di morti atroci più o meno attuali.
-Carine...- commentai ironica.
-Soprattutto molto rassicuranti!- aggiunse Sole sbirciando da sopra la mia spalla.
-Dici che dovremmo bussare?- chiesi. Sole scrollò le spalle e aprì la porta tirando i battenti che si mossero pesantemente emettendo uno scricchiolio tremendo.
Dentro un giardino bizzarro illuminava la stanza.
Ci guardammo impietriti per un attimo e poi entrammo cautamente stringendo le spade.
Il terreno era cosparso di funghi multicolore e pietre preziose di ogni genere. Mi chinai a toccare delle bizzarre piantine che emanavano una luce bianca. Alzai lo sguardo e notai degli alberi bianchi e scheletrici, dei pini argentei. Mi voltai su me stessa per vedere cosa avevo in
torno e per poco non mi venne un infarto. Mi ritrovai faccia a faccia con un bambino pietrificato. Mi lasciai sfuggire un grido.

Sole corse vicino a me -Cosa è succes... WOAH!- fissò la statua con una faccia sconvolta. Io portai una mani al mio cuore che batteva all'impazzata.
-È-è u-un bambino pietrificato.- balbettai.
-C-così sembra.. Guarda ce ne sono altre.- disse Sole indicando altre statue. Mi avvicinai. Rappresentavano donne, uomini, bambini e satiri urlanti con le facce terrorizzate.
-Devono essere statue di medusa...- dedussi io. Ci allontanammo schifati da quelle statue e perlustrammo il resto del giardino.
Al centro del guardino notai un frutteto con dei grossi melograni maturi che mandavano un odore irresistibile. Il mio cervello inebriato dall'odore cercava di ragionare e mettere a fuoco ciò che mi circondava tentando di resistere alla tentazione di sbranarsi l'intero frutteto.
Alla fine riuscii a cogliere l'immagine di una ragazza che veniva trascinata sotto terra e mangiava un melograno, poi una donna più anziana che la cercava disperatamente.
"Aspetta un'attimo..." pensai "melograni...Inferi...quella ragazza è..."
Mi voltai di scatto verso Sole -È il giardino di Persefone non toccare niente!- gridai.
Lui ritrasse immediatamente la mano con cui stava per afferrare un melograno e io tirai un sospiro di sollievo e lo trascinai su per una scalinata.
Solo allora notai che tutto il castello non aveva un tetto.
Arrivammo in un corridoio dai muri lucidi e neri, a sorvegliare tutte le porte laterali c'erano due guarrieri-scheletro appartenenti a diverse epoche. Alcuni indossavano armature greche e romane, altri armature medievali o divise dell'esercito americano.
Strinsi la presa sull'elsa della spada e guardai le loro orbite vuote seguirci per tutta la lunghezza del corridoio.
Arrivati in fondo ci trovammo davanti ad un' altra porta. Sole bussò e i battenti si aprirono lentamente, gli scheletri di guardia ci guardarono con un ghigno di pietà e i loro teschi emisero un rantolio.
Una voce profonda ci chiamò dalla sala.
-Avanti.- disse in tono seccato.
Entrammo, un dio dalla pelle pallidissima e i capelli neri stava seduto elegantemente su un trono di ossa umane e ci squadrava da capo a piedi con aria annoiata.
-S-salve...- balbettai -lei deve essere Ade.-
Il dio fece una smorfia -Ce ne avete messo di tempo ad arrivare!-
Io e Sole ci guardammo perplessi.
-Ci stava aspettando?- chiese lui.
Ade ci guardò con aria scioccata alzandosi di scatto dal trono -E me lo chiedete? È una settimana che aspetto quelle poltrone e mia moglie mi rompe l'anima!- gridò.
Sole aprì la bocca per ribattere ma non sapeva più cosa dire.
-Mi dispiace per sua moglie ma credo che lei ci stia confondendo con qualcun altro...- intervenni io.
Il dio si voltò corrugando la fronte e facendo muovere le sue vesti nere di anime singhiozzanti.
-Noi non vendiamo poltrone.- dissi non sapendo se dirgli o meno la verità.
Ade si avvicinó lentamente -E allora chi siete e cosa volete da me?-
Io e Sole gli mostrammo le magliette infangate.
-Oh no! Quelle magliette...- disse Ade accasciandosi sul trono con una espressione stanca mentre la sua figura tremolava e quella di Plutone appariva e spariva.
-Non ne posso più di voi semidei!- gridò.
Noi i indietreggiammo.
In quel momento la porta si aprì e una donna bellissima vestita si nero entrò nella stanza.
-Si può sapere cosa hai da urlare?- chiese -E dove sono le mie poltrone???- gridò a sua volta.
-Persefone non è il momento, giuro che avrai quelle poltrone di velluto nero e legno di abete.- disse Ade massaggiandosi le tempie.
-È MOGANO NON ABETE!- (Effie approved :')) gridò lei di rimando.
Poi si voltò e ci vide per la prima volta.
Guardó prima Sole e gli rivolse un sorriso dolce, poi guardò me e rimase perplessa per un attimo.
-Ci siamo già viste?- chiese.
-Non credo...-
-Hai un aria familiare.- disse avvicinandosi.
-S-siamo sorellastre.- ammisi.
-Oh certo! Tu sei Francy, nostra madre mi ha parlato molto di te.- mi sorrise portandosi una mano alle testa e mi abbracciò. Rimasi di sasso.
-Davvero?- chiesi stupita.
Ade intervenne -Mi dispiace interrompere questa bella riunione familiare. Ma vorrei sapere cosa ci fate nel mio palazzo se non vi è di troppo disturbo.- disse in tono seccato.
-Oh si scusi.- disse Sole -Vede io e Francy avremmo bisogno di un'informazione.-
-E di vestiti nuovi.- aggiunse Persefone toccando disgustata la melma nera sulla mia maglietta e togliendo ciò che era finito sul suo vestito.
-Sentiamo...- sbuffò il dio degli Inferi.
-Ho ricevuto una profezia al Campo che mi diceva di venire qui perché avrei scoperto la verità.- dissi.
-Beh non so di cosa parli.- mi rispose Ade alzandosi dal trono.
-Non voglio sapere la verità da lei...- spiegai -ma lei a cosa pensa se le dico "abisso"?-
Ade e Persefone si scambiarono una serie di sguardi stupiti e contrariati. 
Si parlarono con gli occhi per circa cinque minuti ma alla fine il dio degli Inferi parlò ignorando l'ultima occhiataccia della moglie -C'è solo una cosa che potrebbe venirci in mente pensando alla parola "abisso", ma...-
-Ma?- chiese Sole.
-Dubito che vogliate andarci davvero.- disse Ade scuotendo la testa.
Persefone annuì andandosi a sedere su un bellissimo trono a forma di fiore nero.
-Ma noi non abbiamo scelta!- ribattè Sole -Non si può cambiare il destino.- Ade annuì pensieroso.
-Beh state andando in contro ad un destino piuttosto brutto.- sospirò Persefone -Potrei sempre rimandarvi indietro, o ospitarvi qui.- parlava a raffica.
Ade la interruppe con un cenno della mano -Avete ragione: il destino non si può cambiare e noi non possiamo fermarvi...- disse il dio alzandosi e dirigendosi verso un balcone.
Lo seguimmo e ci indicò la caverna davanti alla quale Sole si era fermato poco prima.
-Quello è l'ingresso.- disse il dio -Sappiate che una volta entrati nell'abisso nessun dio potrà proteggervi o comunicare con voi.-
Sole guardò in silenzio la caverna.
-Ma dove porta?- chiesi.
Persefone e Ade si guardarono intorno.
-Quella caverna porta dritta al Tartaro. È quello l'abisso di cui parla la profezia.- disse mia sorella guardandomi triste.
Nel pronunciare quel nome la temperatura nella stanza calò drasticamnete. Mi vennero in mente tutti i racconti di Percy.
-C-ci deve essere un errore... ci sarà un altro abisso!- balbettò Sole.
Gli dei scossero la testa.
-Prova a dirci la profezia... magari c'è un'altra interpretazione.- disse Persefone speranzosa, ma si vedeva che nemmeno lei ci credeva.
-La figlia della Terra la verità scoprirà.
Verso la terra senza ritorno camminerá.
Il Sole con sé portare dovrá.
Insieme cadranno nell'abisso da cui sono venuti
e sopravvivere dovranno alla Terra e ai minuti.
Dovranno uscirne con la chiave della porta che li lasciò passare.
Prima del giorno senza sole dovranno arrivare.
Una scelta coraggiosa il destino decreterà
e forse alla fine la pietà vincerá.
- pronunciai tutto d'un fiato.
In quel momento nella stanza entrò un vento gelido, il vestito di Persefone si mosse elegantemente, io mi portai le mani alle braccia per riscaldarmi e mi strinsi accanto a Sole.
Si sentì un bisbigliare lontano e una risata sommessa.
Ade restò immobile per qualche secondo e poi ci guardò -Manca un verso.-
-Impossibile...- replicai -Rachel l'ha pronunciata così...-
Poi però un ricordo mi attraversò la mente.
-Però effettivamente Rachel ha avuto un momento in cui si è bloccata, ma al momento non gli ho dato importanza.- ammisi -È successo più o meno verso il quarto verso.-
-E poi manca una rima.- concluse Sole. Guardammo tutti Ade.
-"Il sole con sé portare dovrà, perché la dea sconfitta risorgere vorrà."- pronunciò il dio.
Persefone spalancò gli occhi e rabbrividì.
-Se Chirone l'avesse saputo non avrebbe mai autorizzato nessuno a partire.- replicò Persefone -Almeno non se la profezia parla di...-
-Non lo sappiamo.- la interruppe Ade.
-Di cosa state parlando?- chiese Sole.
Ade non gli rispose -Partirete domani, ormai è tardi.- dichiarò.
-Soprattutto per tornare indietro...- bisbigliò guardando verso la caverna. Poi aggiunse alzando la voce -Persefone vi assegnerà una camera e vi darà dei vestiti puliti.-
-Ma...- tentai di ribattere ma Persefone ci trascinò entrambi fuori dalla stanza e ci chiuse in una camera da letto buia con delle magliette dei rispettivi campi pulite dicendo solo -Sono di Nico.-
Poi chiuse la porta a chiave e se ne andò. Lasciandoci soli e confusi.
-Tu sai di cosa stavano parlando?- mi chiese Sole.
-Non ne ho idea.- risposi scuotendo la testa.
-Già...Nemmeno io.-
ANGOLO AUTRICE
Zalve piccoli semidei! Eccoci qui con un altro capitolo e la solita profezia... A no aspetta... La mia mente malata ha prodotto un altro verso per completare la rima... Non siete contenti??!
Tornando alla storia che ne dite del rapporto Francy-Persefone? E di quello Francy-Sole?
In ogni caso la nostra avventura continua... Quindi non abbandonatemi ok?
se avete voglia seguitemi su wattpad cercate SoleWalker
grazie vi voglio bene ❤️ 
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 14
*** Not today ***


*~Me~*

Cadevo... sempre più in basso... una caduta infinita nel buio.

Gridai, non ero sola. Una mano strinse la mia mentre una voce lontana e cantilenante ripeteva i versi della profezia.

Ad un certo punto una luce squarciò le tenebre e i miei piedi toccarono la terra morbida.
Intorno a me erba, spighe di grano e papaveri uscirono dalla terra scura illuminando l'aria con i loro colori. Mi guardai alle spalle e una donna bellissima con dei lunghi capelli scuri mi venne in contro sorridente.
-Ciao mamma.- dissi sorridendogli a mia volta -Cosa ci fai qui?-
-Volevo parlarti prima che partissi. Laggiù non potrò comunicare con te.-
-Lo so.-
Lei allungò la sua mano verso il mio viso -Sei diventata così grande e bella dall'ultima volta che ti ho vista...- chiudo gli occhi e lasciandomi travolgere dal suo profumo.
-Ci sono alcune cose che dovresti sapere.- continuò lei guardandosi le mani.
-Sarebbero?- chiesi curiosa.
-Una è la verità che devi scoprire. Vorrei dirtela di persona ma non posso farlo... rischierei di compromettere la tua missione e quindi la tua vita...- disse passandosi una mano sugli occhi.
-Non importa.- dissi per tranquillizzarla ma in realtà ero delusa.
Lei mi guardò riconoscente -Non abbiamo molto tempo... sappi che ti vorrò bene qualunque sarà la tua scelta.-
-Di cosa stai parlando?- chiesi confusa.
-Niente... ma c'è una cosa importante che devi sapere: tu non sei come gli altri miei figli che hai conosciuto al Campo Mezzosangue, sei figlia della mia parte potente, quella che controlla tutte le piante e i fiori; e per questo che lei ti cerca. Lei è meschina, malvagia e potente; se risorgerá distruggerà me e gli altri dei, e con noi tutta la civiltà e tutti quelli che conosci.- la ascoltai attentamente. Le stesse cose che disse le avevo sentite il giorno prima da Ade e Persefone. Ma tutti si fermavano sul ciò che volevo sapere, chi mi stava cercando?
-Ma chi è?- gridai esasperata.
Demetra si guardò intorno sospettosa e poi parlò.
-Lei è...- si zittì all'improvviso.
-Mamma?-
Si portò le mani alla gola come se delle mani invisibili la stessero strangolando.
-Mamma???- gridai cercando di toccarla ma senza riuscire a muovermi.. La sua figura si contorse, i papaveri persero i petali e sparirono nella terra seguiti dalle spighe di grano. M
ia madre mi lanciò un ultimo sguardo disperato e sparì.
-MAMMA!-
La terra tremò sotto i miei piedi. Alzai lo sguardo. Degli occhi enormi campeggiavano sopra di me.
-Chi sei???- gridai. Tentai di liberarmi dalla morsa che mi teneva bloccata muovendo convulsamente le spalle, ma i piedi si rifiutarono di muoversi mi sentivo come immersa nel cemento.
Una risata crudele mi travolse facendomi accapponare la pelle.
La terra si squarciò scomparendo da sotto i miei piedi e il buio mi inghiottì di nuovo mentre la risata si allontanava.
Mi alzai di scatto a sedere su un letto a baldacchino scalciando in aria con le gambe. Mi guardai intorno senza capire perché ero lì. 
La stanza era immersa nel buio e le pareti scure non aiutavano di certo. Un piccolo spiraglio di luce entrava dalle tende illuminando le decorazioni oro della stanza.
Quando realizzai di essere nel palazzo di Ade qualcuno vicino a me gridò e si sedette vicino a me facendomi sobbalzare.
Tirai un sospiro di solievo. Era Sole con i capelli sparpagliati.
Mi guardò con una faccia scossa. Poi fece un lungo sospiro e si accasiciò di nuovo sul materasso.
Mi sdraiai anche io e lui mi passò un braccio dietro le spalle.
-Incubo?- chiesi.
-Lo stesso da giorni.- disse passandosi una mano sugli occhi.
Restammo stesi in silenzio per un po'.
-Secondo te a chi si riferisce la profezia quando dice "la dea sconfitta"?- chiesi.
Sole mi guardò con una faccia perplessa.
-Non ne ho idea. Ma di chiunque si tratti Ade e Persefone non vogliono dircelo.- disse 
Annuii e aggiunsi con un sospiro -Mia madre stava per dirmelo in sogno...-
Sole si voltò verso di me stupito -E...-
-Poi è sparita e io sono precipitata nel buio.-
-Ah...- disse deluso tornando a sdraiarsi.
Restammo zitti ognuno con i propri pensieri per un bel po'.
Mi voltai e guardai la sveglia appoggiata sul comodino, erano le sei e mezza del mattino.
-Dici che dovremmo alzarci?- chiesi.
Sole mugugnò e tirò le coperte fin sopra le nostre teste.
Scoppiai a ridere e gridai quando le sue braccia si allungarono verso di me e le sue mani iniziarono a farmi il solletico sui fianchi.
Scalciai cercando di liberarmi dalla sua presa. Rotolai di lato cadendo dal letto, per fortuna atterrai su un tappeto.
Mi alzai e andai ad aprire una finestra. La poca luce che c'era fuori entrò con prepotenza inondando la stanza. Sole infilò la testa sotto un cuscino protestando.
Mi avvicinai di soppiatto e tirai le coperte verso il fondo del letto.
Sole cercò di afferrarle ma le lenzuola nere scivolarono via fino ai suoi piedi.
Rimasi di sasso, aveva dormito in boxer. Avevo dimenticato questo piccolo particolare.
Ripercorsi mentalmente tutta la notte alla ricerca di qualcosa che avrei dovuto ricordarmi. Ma giunsi alla conclusione che siccome c'era buio non avevo notato come Sole era entrato nel letto. Dopodiché eravo crollati subito entrambi. Tirai un sospiro di sollievo vedendo che io indossavo una camicia da notte di Persefone.
Sole guardò divertito la mia faccia, si passò una mano nei capelli spettinati e fece quel suo sorrisetto malizioso che tanto odiavo, lo stesso che mi fece la prima volta in infermeria.
-C'è qualcosa che non va?- disse mettendosi a sedere.
Mi ripresi velocemente, raccolsi i suoi vestiti da terra e glieli lanciai in faccia.
-Vestiti cretino.-
¤Sole¤
Uscimmo dalla stanza insieme e ci ritrovammo nel corridoio buio del palazzo.
Gli scheletri mossero i loro teschi verso di noi e mi si accapponò la pelle.
Persefone e Ade non si vedevano da nessuna parte.
Ci dirigemmo verso l'uscita del palazzo. Attraversammo il giardino di corsa evitando gli sguardi raccapriccianti delle statue di Medusa.
-Dove credete di andare?- la voce di Persefone bloccò la nostra corsa.
-Ehm noi dovremmo andare...- risposi.
Persefone fece una faccia dispiaciuta -Siete ancora convinti di volerci andare?-
Francy annuì -Non abbiamo scelta.-
-Mio marito non voleva lasciarvi partire... dice che è un rischio troppo grande lasciare una scelta del genere nelle vostre mani.- disse la dea -Non si è mai fidato dei semidei.-
-Che genere di scelta?- chiesi, ma la dea ignoró la domanda e io feci del mio meglio per non mettermi a urlare. "Ma perché nessuno vuole dirci cosa ci aspetta?"
-Io ho deciso di fidarmi di voi. Quindi vi lascerò uscire.- disse lei.
-Grazie.- Francy le sorrise.
Persefone ci porse dei sacchetti.
-C'è la vostra colazione.-
Noi ci guardammo perplessi, se era cibo degli inferi saremmo stati costretti a rimanere lì per sempre.
Mi fidavo di Persefone, ma poteva darsi che volesse proteggere Francy... in fondo era sua sorella.
-No grazie... ce l'abbiamo già.- disse Francy rifiutanto i sacchetti gentilmente.
-Capisco... allora fatevi abbracciare.- Pefsefone ci strinse entrambi in un abbraccio da rompere le costole, poi guardandosi intorno furtivamente disse -Io ora vi apro la porta. Dovrete correre fuori prima che Ade se ne accorga.-
Ci avvicinammo al portone, Persefone spinse i pesanti battenti senza battere ciglio.
Mi buttai fuori dal cancello seguito da Francy.
Nell'istante in cui i nostri piedi toccarono la terra oltre il portone la voce autoritaria di Ade gridò -PERSEFONE!- mi venne la tentazione di fermarmi: io ero solo un semidio, quello era il dio degli Inferi e io dovevo obbedirgli; ma capii subito che era solo la sua aurea che mi stava influenzando e raggiunsi Francy.
Ci voltammo senza smettere di correre. Ade ci guardava furioso, Persefone ci sorrideva con le lacrime agli occhi e delle furie si levavano in volo dietro di noi.
*~Me~*
Corremmo per dieci minuti buoni tenendoci lontano dalle mura mentre le furie ci inseguivano urlando imprecazioni.
-Ma dov'è quella dannata caverna??- gridò Sole accanto a me.
Mi guardai intorno e scorsi un enorme rientranza in una parete.
-Eccola!-
Ci lanciammo in quella direzione. Entrammo e il buio ci avvolse. Le pareti di roccia scorrevano vicino a noi come in un lungo tunnel, la ghiaglia faceva slittare le nostre scarpe.
Sole inchiodó improvvisamente e mi mise un braccio davanti per bloccarmi.
Guardai oltre il suo braccio e scorsi a un passo da noi il bordo di una voragine.
-Wow.- sole si sporse -È più profonda di quanto pensassi.- ci allontanammo di qualche metro.
Dietro di noi le furie emisero un grido. Ci voltammo sguainando le spade ma loro si limitarono a guardarci con un ghigno rassegnato dall'entrata della caverna, poi si alzarono in volo e se ne andarono.
Tirammo un sospiro di sollievo e ci sedemmo a terra lasciando cadere le spade. La corsa ci aveva sfiancato, per di più non avevamo ancora fatto colazione.
Tirai fuori dallo zaino le arachidi al cioccolato e aprii il pacchetto.
-Fame?- dissi porgendo il sacchetto a Sole. Lui annuì e ne prese alcune in mano.
Ne presi alcune anche io e mi misi a fissare la voragine. Quanto poteva essere profonda? Dieci metri? Cento metri? Forse anche 500 ipotizzai.
-Sembrano buone, ma mai quanto voi.- disse la voce di Sole riscuotendomi dai miei pensieri.
-Come scusa?- chiesi guardandolo.
-Io non ho detto niente.- disse lui perplesso.
-Oh scusate sono stato io.- disse la mia voce.
Ci guardammo ad occhi sbarrati e balzammo in piedi contemporaneamente afferrando le spade.
Ci mettemmo schiena contro schiena guardando l'oscurità.
-Chi sei? Cosa vuoi?-
Si sentirono dei passi pensanti verso l'entrata della grotta. Ci voltammo in quella direzione, ma la luce non entrava più. Qualcuno di enorme copriva l'entrata.
Il tizio si passò una mano enorme sulla pancia -Due semidei piuttosto potenti direi... oggi si mangia bene.- questa volta fu una voce profonda a parlare. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, se era ciò che pensavo eravamo spacciati.
Sole si avvicinó leggermente e strinse gli occhi per vedere meglio, poi si girò verso di me con gli occhi sbarrati -Ha un occhio solo...-
-Oh no è un ciclope! Ahhh fuggiamo!- aggiunse il ciclope con la voce di Sole e un grido da ragazzina. Il modo in cui riusciva ad imitare le nostre voci mi faceva rabbrividire.
Sole tornò velocemente vicino a me.
-Sai qualcosa sui ciclopi?- gli chiesi.
-So che sono ignifughi, enormi, hanno un occhio solo, Odisseo ne aveva accecato uno con un palo di legno... e poco altro.-
Il ciclope si mosse lentamente verso di noi
-Siete fregati. Io mangerò voi e loro mi daranno la libertà come ricompensa.-
Mi guardai alle spalle, la voragine era a circa tre metri da noi.
Guardai Sole. Si era piazzato fra me e il ciclope, sembrava pronto a saltargli addosso non appena l'altro avesse provato a farmi del male. Era una cosa dolce e allo stesso tempo ridicola, se il ciclope ci avesse attaccato Sole non avrebbe potuto fare assolutamente niente per difenderci e io mi sentivo troppo debole.
Sole si voltò sospirando come se si fosse reso conto in quel momento quanto fosse stupido ciò che stava facendo. Guardò me e la voragine. Fece un sorrisetto nervoso.
-Io non voglio morire.- disse sorridendomi.
Guardai i suoi occhi e fu come leggergli nella mente, riuscii a vedere perfettamente tutto ciò che gli passava per la testa.
-Non oggi.- dissi, avevo capito cosa aveva in mente. Era folle, ma era anche l'unica nostra possibilità.
-O almeno non così facilmente.- aggiunse.
Annuimmo.
-Beh mi spiace- dissi rivolta al ciclope - ma temo che dovremmo rimandare la nostra cena.-
Il ciclope ci guardò storto e non ebbe nemmeno il tempo di reagire. Io e Sole ci voltammo e iniziammo a correre verso la voragine. Era la cosa più stupida che avessi mai fatto, ma tra essere sicuramente mangiati e rischiare la vita saltando nel Tartaro preferivo 
di gran lunga saltare.
Il ciclope si mosse a grandi passi verso di noi.
Arrivammo vicino al bordo, raccolsi al volo lo zaino da terra. Sole mi guardò senza smettere di correre.
-Insieme?- disse porgendomi la mano.
-Insieme.- la afferrai e i nostri piedi saltarono oltre il bordo contemporaneamente. Il buio ci avvolse,le nostre gambe vennero trascinate verso il basso. Le grida del ciclope si udirono in lontananza. Io e Sole iniziammo a precipitare insieme stritolandoci le mani.
ANGOLO AUTRICE
Buooon gioooorno semidei!!! Finalmente sono riuscita a pubblicare questo capitolo e udite udite il prossimo é già in cantiere...
E così i nostri semidei si sono volontariamente buttati nel Tartaro... Alzino la mano quelli che l'avrebbero fatto.
nel prossimo capitolo ci sarà un passo importante per la storia, quindi non mancate.
Che gli dei siano con voi!
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 15
*** Wanted dead or alive ***


*~Me~*

Mi resi conto di quanto fosse stupida come idea nello stesso istante in cui i miei piedi si staccarono da terra. Ma in quel momento era troppo tardi, le mie gambe vennero trascinate giù e le pareti iniziarono a scorrere troppo lontane da me per pensare di aggrapparsi e risalire.
Sole mi stringeva fra le braccia, smettemmo di gridare quasi subito: quando ci eravamo rendemmo conto che il fondo era molto più lontano di quanto pensavamo.
L'aria fischiava nelle le mie orecchie facendomi girare la testa, i miei capelli volavano disordinatamente verso l'alto. Sole poggiava il suo mento sulla mia testa e mi stringeva forte. I suoi capelli correvano sulla sua faccia e gli occhi fissavano il vuoto intensamente, aveva uno sguardo molto determinato e coraggioso che esprimeva sicurezza.
Ad un certo punto l'aria si fece sempre più calda e irrespirabile. Il mio corpo cedette alla stanchezza, la mia mente si offuscò. L'ultima cosa che vidi fu Sole che stringeva i denti e faticava a respirare, poi le sue sue braccia mi strinsero più vicino a lui e mi addormentai sul suo petto.

***

Ero al Campo, Percy era seduto davanti al box di Black Jack e stringeva la sua collana in una mano.
Aveva un'aria triste e si passava ripetutamente la mano libera nei capelli sparpagliati. Era preoccupato e borbottava in continuazione.
Mi fece tenerezza vederlo così quindi provai ad avvicinarmi ma nel momento in cui stavo per toccarlo fuori dalle stalle si sentirono delle voci che mi fecero sobbalzare.
-Che ci fanno qui?- chiedeva la voce piena di agitazione di Chirone.
Percy alzò di scatto la testa e uscì velocemente dal box. 
La scena cambiò in un attimo: mi ritrovai davanti a Chirone e ad altri semidei fra cui Percy, Annabeth, Connor e Travis.
Chirone guardando qualcosa alle mie spalle disse -A cosa dobbiamo il piacere?- la sua voce era chiaramente ironica e la sua faccia tradiva il suo tentativo di apparire sicuro, credo di non averlo mai visto così preoccupato.
Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con tre signore anziane, una di loro reggeva un cestino di vimini, come quelli che le nonne usano per metterci i gomitoli, dal quale spuntavano delle lunghe forbici un po' arrugginite.
-Siamo qui per i due fuggitivi.- dissero con una tranquillità agghiacciante.
Chirone le guardò perplesso -Vi manda Ade?-
Una delle tre si fece avanti e rispose in tono seccato -No, lui non sa niente. Loro non sono affar suo.- la donna indossava degli eleganti vestiti neri e portava uno scialle di lana grigia sulle spalle, i suoi capelli grigi e crespi le ricadevano pesantemente sulle spalle e incorniciavano il suo viso trasparente e ossuto. Era vecchia, lo si vedeva anche dalle sue mani scheletriche, ma non dimostrava tanti anni quanti quelli delle Sorelle Grigie, anche se sospettavo che ne avesse molti di più.
Percy non riuscì a trattenere la curiosità e l'irritazione per l'atteggiamento di superiorità delle tre signore e
 disse in tono un po' troppo aggressivo -Non sappiamo di chi state parlando, qui non ci sono fuggitivi. Se ci fate la cortesia di darci indicazioni più chiare forse potremmo aiutarvi.-

La stessa anziana che aveva risposto a Chirone lo guardò sprezzante -Porta rispetto ragazzino. Noi abbiamo la tua vita nelle nostre mani.- poi rivolse uno sguardo contrariato al direttore del campo -Dovresti insegnare ai tuoi ragazzi a portare un po' più di rispetto.-
Percy le guardò con un espressione tra lo spavento e la rabbia, poi Annabeth lo tirò vicino a sè bisbigliandogli qualcosa all'orecchio.
Le tre donne lo guardarono compiaciuto ed emisero una risatina che fece sobbalzare tutti i presenti, mi venne la tentazione di estrarre la spada ma era solo un sogno quindi anche se le tre si fossero rivelate delle vecchiette sprint insegnanti di arti marziali e avessero steso tutti con un paio di mosse io non avrei potuto fare niente.
La donna tornò seria, guardò tutti i semidei uno ad uno, romani compresi, e poi disse digrignando i denti -Cerchiamo Francesca Evans e Sole Walker.-
***
 Sole mi scuoteva dalle spalle. Feci fatica a capire cosa volesse ma vidi che indicava il basso gridandomi qualcosa, quindi abbassai lo sguardo.
Spalancai gli occhi con un grido. Il fondo della voragine era lì.
-Ce l'abbiamo fatta!- gridò Sole.
-Non ancora... se non troviamo il modo di rallentare la caduta ci sfracelleremo a terra!- dissi.
Sole si guardò intorno ma le pareti erano ancora troppo lontane e in basso si vedeva solo un fiume, già ci vedevo spiaccicati sul terreno nero oppure con ogni singolo osso rotto per l'impatto violento con l'acqua.
Ma forse avevamo una possibilità: chiusi gli occhi ignorando l'agitazione di Sole che si muoveva freneticamente cercando un appiglio e mi concentrai sull'entrata della caverna che portava al Tartaro.
Immaginai una corda che scendeva rapidamente nell'abisso e correva verso di noi pronta a frenare la nostra caduta.
Sole vicino a me aveva smesso di agitarsi e ora contava i metri che mancavano. Cosa che non facilitava di certo la mia concentrazione.
-20 19 18...-
Si sentì un fruscio, dall'alto una pianta rampicande ci veniva incontro velocissima.
Stavo per dire "guarda" a Sole ma uscendo dalla voragine entrammo in uno spazio aperto e l'impatto con l'aria carica di zolfo mi bruciò i polmoni.
-11 12 **coff coff* 13...- disse Sole respirando l'aria bollente.
Il terreno si avvicinava sempre di più.
In quel momento la pianta ci avvolse alla vita tirandoci così vicini che riuscii a sentire il cuore di Sole battere contro il mio petto.
Quando ormai mancava un metro la pianta si bloccò tirandosi al massimo della sua capacità. Vidi Sole sfiorare con una guancia il terreno. Poi il rampicante ci strattonò verso l'alto facendoci rimabalzare più di una volta.
Sentii la spina dorsale diventare più molle ad ogni salto. Poi la pianta mollò la presa lasciandoci cadere. Per un attimo fu come non essere più nel mio corpo, non sentivo più neanche un muscolo. Ma nel momento in cui tentai di alzarmi lanciai un grido.
Mi guardai la mano, era totalmente ricoperta di piccoli vetri neri.
Sole si alzò gemendo vicino a me e inizió a togliersi le schegge dal palmo con una smorfia di dolore sul viso.
Guardandomi intorno notai che il terreno era totalmente ricoperto di vetro nero e lucido e guardando Sole vidi che aveva un grosso taglio su una guancia.
-Tutto bene?- mi chiese Sole guardandomi negli occhi.
-Io si... ma tu perdi sangue.-
Sole scrollò le spalle -È solo un taglietto...-
Mi avvicinai e toccai il liquido rossastro che gli colava lungo il viso, Sole mi guardò negli occhi senza smettere di togliersi le i frammenti dalla mano e mi rivolse un sorriso dolce guardandomi di sottecchi con i suoi occhi marroni pieni di frammenti arancioni.
-Dobbiamo lavarlo...- dissi, era un taglio abbastanza profondo e soprattutto era sporco di terra e vetro.
Tagliai con la spada la manica arancione della mia maglietta e andai a bagnarlo al fiume lì vicino.
"Dubito che Nico la rivorrá indietro appena usciremo da qui." pensai.
Mi avvicinai camminando con qualche difficoltà sui vetri neri che scricchiolavano sotto le mie solite scarpe.
Ragiunta la sponda mi chinai e immersi la mano tagliata nell'acqua fredda.
Dei brividi mi percorsero tutto il corpo e delle voci raccapriccianti iniziarono a bisbigliare intorno a me, la mia mente si annebbiò e i lineamenti del paesaggio si confusero ai miei occhi.
-La vita è sofferenza...- sussurrava qualcuno al mio orecchio -non ha senso torturarsi ancora. Unisciti a noi.-
Quelle voci mi tentavano cercavano di trascinarmi giù nel fiume, mi invitavano a scorrere in quelle lamentele insieme a loro.
Singhiozzi, pianti disperati vorticavano intorno a me offuscandomi la vista e martellandomi la testa.
In quel momento notai dei volti di anime che scorrevano davanti a me trasportati dalla corrente e mi guardavano con i loro occhi vitrei.
-Avanti, hai mai avuto qualcosa di bello dalla vita?- dissero più voci unite in un coro lamentoso, come se ognuno di loro stesse ancora piangendo sulle sue sofferenze passate o in realtà stesse rimpiangendo la scelta di lasciarsi trascinare nel fiume abbandonando la vita.
Quella frase fece correre la mia mente immediatamente alla Family of Orphans. Ricordai i periodi peggiori: le prese in giro, le notti passate a piangere rannicchiata nel mio letto,...
Sentii le lacrime rigarmi il viso e scendere copiosamente. La mia anima non opponeva più resistenza. Il fiume mi stava attirando a sè e io non avevo alcuna intenzione di oppormi.
-Francy tutto bene?- la voce di Sole irruppe nella mia corrazza di sofferenza entrando con prepotenza e inondandomi la mente.
I ricordi corsero al Campo: Connor, Travis, Percy, Annabeth e Grover, le risate, i falò, le cene, gli allenamenti,... ero rimasta poco al Campo, ma quei pochi giorni erano decisamente i migliori della mia vita e anche solo il ricordo bastava a farmi sorrdere.
Strinsi il pugno nell'acqua e ritrassi il braccio.
-Spiacente ma per ora credo che ci sia ancora qualcosa per cui valga la pena vivere.- immersi il pezzo di maglietta e mi rilzai in piedi.
Tornai da Sole malferma sulle gambe ma con un sorriso vittorioso stampato in faccia.
Sole mi guardò perplesso e tentò di sorridermi ma con il taglio sulla faccia riuscì solo a fare una smorfia strana.
Avvicinai il fazzoletto alla faccia e iniziai a pulirlo delicatamente.
-Ahi... ahi... AH!- gemette bloccandomi la mano -Fa male!-
-Lo so smettila di fare il bambino ho finito.- misi lo straccio bagnato nello zaino e presi una scatolina bianca. La aprii e ci trovai dentro dei cerotti.
Ne presi uno grande e quadrato, ci spalmai sopra un po' di ambrosia sperando che il taglio si chiudesse in fretta.
-Vieni qui.- dissi, Sole avvicinó la faccia e gli appiccicai delicatamente il cerotto su tutta la guancia.
Feci un passo indietro per vedere il risultato e il mio cuore mancò un battito.
Non ci avevo fatto ancora caso, ma Sole era esattamente come il primo giorno in cui l'avevo visto: i capelli leggermente sparpagliati, la maglietta del Campo Giove, e quell' enorme cerotto bianco sulla guancia destra...
Sole mi guardò con un sorriso perplesso.
-Stai bene?-
Mi ripresi in fretta.
-Si si...- borbottai distogliendo lo sguardo imbarazzata.
-Quanti giorni sono passati?- chiese Sole guardandosi intorno.
Raccolsi lo zaino e presi la sveglia. La guardai. Erano le otto e dieci. La caduta era durata circa un' ora.
-È il 12 marzo.- dissi facendo un breve calcolo -Abbiamo circa otto o nove giorni per trovare quelle porte e uscire da questo posto.- conclusi guardando il paesaggio che ci circondava.
Il terreno di vetri neri scintillava nella luce rossastra emettendo un bagliore che rendeva tutto sinistro.
Tutto si fa per dire, perché non è che ci fosse granché: a parte noi, il fiume di anime e le rocce nere che sbucavano qua e là nel terreno come alberi... o come peli.
Non c'erano punti di riferimento, era tutto uguale e monotono. Nessuna direzione richiamava l'attenzione più di un'altra:era come attraversare il deserto in una notte perenne alla ricerca di una città o di un'oasi, in poche parole era una follia.
Alzai lo sguardo verso la voragine da cui eravamo caduti. Era a circa 15 metri di altezza se non di più, in ogni caso tornare indietro era decisamente fuori questione.
Sbuffai togliendomi la collana con il medaglione a forma di Sole. Quell'affare pesava sempre di più ogni volta.
-Vuoi che lo tenga io?- mi chiese Sole indicandolo.
-Non sarebbe una brutta idea.- ammisi sollevata
Glielo passai e lui se lo allacciò al collo. Dovetti ammettere a me stessa che gli stava benissimo, sembrava che quel ciondolo fosse fatto più per lui che per me.
-Dove andiamo ora?- chiesi.
Sole alzò uno sguardo perplesso dal ciondolo e indicò con sicurezza una roccia nera -Per di là.- disse.
Lo guardai stupita -Come fai a sapere che è la direzione giusta?-
Lui alzó le spalle -Perspicacia?- disse allontanandosi in quella direzione.
"Si certo come no..." pensai, Sole mi nascondeva qualcosa più o meno da quando eravamo partiti e io avrei fatto di tutto per scoprire cosa.
¤Sole¤
Camminammo tenendoci vicino al fiume e sostenendoci a vicenda per non cadere.
"Ma io dico: chi è quell'idiota che ha avuto l'idea geniale di disseminare il terreno di vetri
?" pensai massaggiandomi il cerotto che mi copriva il taglio sulla guancia.
-non potevano essere fragole, caramelle, panna montata, cioccolatini...- dissi scocciato mentre scansavo con il piede un pezzo più grosso degli altri liberandoci la strada.
Francy non commentò e continuò a guardarmi storto per tutto il viaggio, capii che probabilmente sospettava che gli nascondessi qualcosa; ma non sapevo ancora come dirgli quello che vedevo.
Mentre cercavo le parole nella mia mente lei
 si bloccò.
-Che c'è?- chiesi.
-Guarda!- disse lei indicandomi il fondo del fiume.
Sul fondale grigio si muovevano dei detriti e qualche pezzo di vetro nero.
-Io non vedo nient... no aspetta c'è qualcosa laggiù!-
A qualche metro da noi uno zaino si muoveva lentamente trascinandosi pesantemente nel letto del fiume.
Ci avvicinammo.
-Ma che ci fa qui uno zaino?- chiesi passandomi una mano nei capelli.
Francy alzo le spalle pensierosa -Resta qui e tienimi le cose- mi disse Francy inginocchiandosi davanti alla riva del fiume, guardò esitante l'acqua per un po' e alla fine aggiunse senza guardarmi -e se non torno su entro trenta secondi trascinami fuori.-
La guardai perplesso e feci appena in tempo a dire "Ok" che lei si tuffò nell'acqua gelida senza esitare.
La vidi muoversi agilmente verso il fondale, i suoi capelli fluttuavano liberi verso l'alto e la maglietta arancione si sollevava dal suo corpo.
Iniziai a contare, vidi Francy afferrare lo zaino e frugare sul fondale. Erano già passati circa venti secondi quando si voltò con lo zaino stretto in una mano. Si diresse velocemente verso di me.
Le sorrisi ma quando era quasi fuori si bloccò e mi guardó con un'espressione vacua.
-Francy?- la vidi allontanarsi trascinata verso il fondale dal peso dello zaino.
Non capivo cosa stesse succedendo, ma mollai tutto in terra e mi abbassai vicino alla riva.
Infilai un braccio nell'acqua e le afferrai il polso poco prima che la correntela portasse via.
Delle voci iniziarono a bisbigliare nelle mie orecchie qualcosa sull'inutilità della vita ma ero troppo impegnato a salvare quella di Francy per ascoltare tutti gli errori che avevo fatto nella mia.
I suoi occhi ripresero vita improvvisamente e lei strinse la presa sul mio polso senza mollare la presa dell'altra mano sullo zaino.
La trascinai fuori di peso, lei mi guardò con un sorriso stanco e riconoscente, poi si accasiciò su di me.
La sua maglietta bagnata si attaccò alla mia gelandomi il petto, tirai un sospiro di solievo sentendola respirare.
Mi staccai leggermente imbarazzato.
Lei tossì un paio di volte, poi mi mostrò lo zaino fradicio che aveva raccolto.
Mi avvicinai e lei cominciò a rigirarselo fra le mani.
-Non ci posso credere.- disse tutto ad un tratto.
-Cosa?-
Lei mi guardò con gli occhi sgranati dalla sorpresa e mi mostrò una scritta a caratteri cubitali su un'etichetta.
L'inchiostro era leggermente sfumato per il tempo passato nel fiume ma la scritta si leggeva ancora bene.
-"Annabeth Chase"!- lessi senza esitazioni -Ma che ci fa qui?-
-Deve essere caduto nel fiume dopo il crollo del pavimento della grotta di Aracne...- disse Francy aprendolo -e poi la corrente deve averlo portato fino a qui.-
Le sue mani estrassero delicatamente un computer portatile con il simbolo Δ blu, me lo passò.
Lo aprii facendo attenzione in caso di scosse ma il computer non diede il minimo segno di essersi bagnato all'interno.
-Provare ad accenderlo sarebbe troppo rischioso.- dissi -Ma sembra a posto e credo che ad Annabeth farebbe piacere riaverlo.-
Francy tolse dallo zaino un sacchetto pieno di ambrosia sciolta e lo gettò lontano.
Poi le sue mani frugarono sul fondo dello zaino e sulla sua faccia si dipinse un sorriso soddisfatto.
-Credo che le farà ancora più piacere riavere questo!- disse trionfante mostrandomi un pugnale di bronzo celeste.
La guardai perplesso -A me sembra un normalissimo pugnale.-
Francy mi guardò storto -Sono rimasta al Campo abbastanza tempo per farmi raccontare un po' di storie.- fece una pausa abbassando lo sguardo, il Campo Mezzosangue le mancava sempre di più.
-E tra tante c'era anche quella di questo pugnale.-
La guardai facendo un espressione da bambino in estasi, lei mi guardò sorpresa alzando un sopracciglio.
-Dai mamma continua con la storia, tanto abbiamo tempo... non siamo nel luogo in cui finiscono tutti i mostri quando muoiono tranquilla.- dissi, Francy mi lanció dietro lo zaino vuoto.
-Era il pugnale di Luke, lo aveva dato ad Annabeth quando si erano incontrati la prima volta. Ed è stato lo stesso pugnale con cui si è ucciso disintegrando Crono.- Francy mi guardò compiaciuta della mia faccia stupita, ero a bocca aperta -L'ha sempre tenuto con sé ma quando lei è Percy sono caduti quaggiù lo zaino e il pugnale erano spariti, probabilmente la corrente li aveva portati lontano da loro.- Francy terminò la frase guardando soddisfatta l'oggetto fra le sue mani.
-Lontano da loro ma vicino a noi.- dissi riempiendo lo zaino di Francy con le cose di Annabeth -Ora ci conviene  muoverci se vogliamo arrivare in tempo.- dissi rialzandomi e tendendole la mano.
Procedemmo a passo spedito per qualche minuto... credo... il tempo era strano lì.
L'inquietante sensazione di essere spiato mi seguì per tutto il viaggio, sentivo degli occhi invisibili addosso e come se non bastasse ogni passo era come camminare nell'acqua. L'aria si faceva densa intorno a noi e il tempo sembrava rallentare.
Ad un certo punto Francy si fermò protestando ed iniziò a grattarsi un braccio. Effettivamente anche a me prudeva un sacco la pelle, ma tutte le volte che provavo a grattarmi mi sentivo bruciare.
-Dannazione quanto brucia!- protestò lei.
Mi avvicinai e le guardai le braccia, erano totalmente ricoperte di piaghe e bolle, così come la faccia e il resto del corpo.
-Le ho anche io!- dissi guardandomi le braccia e le gambe scoperte.
-Deve essere quest'aria- concluse lei appoggiandosi una mano sulla cassa toracica -si fa fatica a respirare, mi bruciano i polmoni e la pelle.-
Tirai fuori una mano dalla tasca e sentii la mia pelle bruciare e rangrinzirsi.
-Se continuiamo così non riusciremo a camminare ancora molto.- dissi, l'aria pesava sempre di più nei miei polmoni e il mio corpo chiedeva disperatamente un po' d'aria pulita -Dobbiamo trovare una soluzione.-
Francy ci pensò su un attimo. Poi sgranò gli occhi -Il fiume!- la guardai perplesso e mi voltai verso il Cocito.
-Non quello, quello che Percy chiamava "il flagello dei tonti".- disse guardandomi speranzosa, io allargai le braccia: non avevo idea di cosa Percy potesse voler dire.
-È un fiume di fuoco, dobbiamo berlo e tutte queste piaghe spariranno per un po' di tempo.-
-Un fiume di fuoco... da bere...-
-Si.-
-Il Flagetonte!- esclamai, alcuni miti che avevo sentito dai lari al Campo Giove parlavano di questo fiume che serviva per permettere alle persone che soffrivano nei Campi della Pena di sopravvivere alle torture per poter scontare la loro pena.
-Si quello!- disse Francy entusiasta, poi fece un sorriso riconoscente guardando verso l'alto -Grazie Percy.-
La guardai storto e sbuffai mentre finiva di lodare il "grande Testa d'alghe". "Percy,Percy, sempre Percy." pensai. Non c'era momento in cui non lo nominasse, non che io fossi geloso... ma insomma mi dava fastidio.
Ero stato io a seguirla non Percy, io la stavo aiutando non quel figlio di Poseidone, io mi ero buttato nel Tartaro per lei.
Le voltai le spalle e mi allontanai borbottando, Francy mi seguì gridando -Dove vai ora??-
Mi voltai camminando all'indietro, allargai le braccia e dissi con una finta voce lodante -Al fiume che ti ha indicato il nostro caro salvatore Percy Jackson.- poi mi girai di nuovo e aggiunsi -Vieni anche tu o preferisci stare qui ad aspettare che il tuo superman venga a salvarti?-
Mi raggiunse velocemente e mi guardò divertita -Ah ah ah...- commentò dandomi un leggero pugno sulla spalla.
ANGOLO AUTRICE
 Buooon salve semidei... La vostra autrice è finalmente tornata con questo nuovo capitolo. Scusate se ci ho messo tanto ma è lunghetto.
beh che dire mancano cinque giorni scolastici alla mia libertà e poi sarò ufficialmente in vacanzaaaa.
Parlando del capitolo... Ci tenevo a far ritrovare ai protagonisti lo zaino di Annabeth com il computer di Dedalo e il suo pugnale perche mi è dispiaciuto troppo quando l'ha perso.
Detto questo recensite, lasciate le vostre opinioni e ci vediamo alla prossima...💙
che gli dei siano con voi!
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 16
*** Secrets ***


*~Me~*

Camminavamo da un quarto d'ora ormai e io non avevo ancora capito quale logica usasse Sole per guidarci in quel deserto di vetro; Sembrava tutto casuale, eppure lui non batteva ciglio e continuava a camminare serio senza voltarsi.
Non mi aveva mai rivolto la parola da quando eravamo ripartiti, nemmeno una volta. Continuava a camminare con il suo zaino sulle spalle, le mani attaccate alle spalline e lo sguardo serio puntato all'orizzonte.
Avevo un sacco di tempo a disposizione per pensare, anche troppo. Nella testa mi turbibavano i versi della profezia e più cercavo una risposta agli enigmi che contenevano più si attorcigliavano nella mia mente confondendomi.

Da quando eravamo partiti, o meglio scappati, dal palazzo di Ade mi scervellavo per tentare di capire chi potesse essere la "dea sconfitta" di cui parlava la profezia. Il dio degli Inferi non mi era sembrato particolarmente felice di apprendere di questa dea il cui più grande desiderio era risorgere.
Ma la parte che mi preoccupava di più era quella della scelta coraggiosa per scegliere il destino: l'ultima cosa che volevo era fallire, e se dalla mia missione dipendeva il destino di qualcuno l'idea mi piaceva ancora meno.
Mentre io ero intenta a deprimermi l'aria si faceva sempre più insopportabilmente calda e irrespirabile, i nostri corpi erano totalmente sfigurati da bolle e piaghe che ci tempestavano la pelle e lo zolfo pesava nei nostri polmoni.
Era difficile andare avanti, ma era l'unica nostra possibilità.
Sembrava passata un eternità da quando avevamo lasciato il corso del Cocito per trovare il fiume di fuoco e i piedi cominciavano a farmi male.
Cercai di immaginare come potesse essere il Flegetonte: era davvero fatto di fuoco? O era solo una metafora?
Mentre riflettevo con lo sguardo inchiodato al terreno vetroso Sole si fermò di colpo e io andai a sbattere contro la sua schiena.
-Che succede?- chiesi con la voce strozzata, mi sentivo la gola piena di piaghe cone se avessi la tonsillite.
In tutta risposta Sole alzò una mano piena di bolle per indicare una scogliera illuminata di rosso.
-Siamo arrivati.- decretò con un sospiro e riprese a camminare.
Arrivati sul bordo il calore del fiume ci colpì come un pugno in faccia. Circa venti metri sotto di noi il fiume scorreva nel suo letto passando tra due rive tempestate di vetri scintillanti che riflettevano le movimentate tonalità rossastre del fuoco.
-Si... bene...- dissi -come scendiamo?-
Sole si guardò intorno -Dovrebbe esserci una stradina da qualche parte qui vicino...-
Percorsi con gli occhi il bordo del precipizio finché non mi sembró di individuare una sporgenza a circa dieci metri da noi.
-Eccola!- dissi avviandomi.
La striscia di terra percorreva din diagobale tutta la parete fino al fondo ed era larga poco più di due piedi.
-Vado avanti io.- decise Sole -Così se inciampi ti prendo.-
La cosa che mi stupì di più era il fatto che sembrava sincero.
-Scordatelo.- dissi scostandolo e mettendo un piede sul terreno sconnesso della stradina.
-Francy ti prego... non ho voglia discutere.- mi implorò alzando gli occhi esausti al cielo.
-Nemmeno io.- replicai voltandogli le spalle e muovendo qualche passo incerto verso il basso.
-Ma..- tentò di ribattere lui.
Misi un piede davanti all'altro e voltai la testa per guardarlo in faccia.
-Niente "ma"!- dissi tornando indietro di qualche passo per guardarlo negli occhi -Tu hai già fatto tanto per me senza che io ti chiedessi niente.- sospirai -E non ti ringrazierò mai abbaztanza per questo.-
Sole abbassò lo sguardo e serrò la mascella.
Poi rialzó il viso e guardandomi negli occhi sospirò -Okay ma stai attenta.-
Gli sorrisi e mi rivoltai lentamente ricominciando a camminare e sentendo i suoi passi che mi seguivano.
Sapevo di avere il suo sguardo appiccicato alla schiena e riuscivo a sentire la sua ansia schiacciarmi ma non volevo voltarmi.
Mettevo un passo davanti all'altro senza fretta tastando sempre il terreno davanti a me per non scivolare e con la mano sinistra percorrevo la parete cercando appigli a cui aggrapparmi in caso un piede finisse in un posto sbagliato... insomma precipitare non era nei miei piani. Ma gli imprevisti sono sempre in agguato.
Mentre spostavo il piede destro in avanti mi reggevo ad una sporgenza nella roccia, nel momento in cui sollevai il piede un rumore sordo raggiunse le mie orecchie. Mi accorsi troppo tardi di quello che stava succedendo.
La sporgenza di roccia si spezzo e mi rimase in mano sbilanciandomi verso l'esterno. Tentai di recuperare l'equilibrio ma il mio piede non trovò l'appoggio.
Sole reagì e mi prese per i fianchi ma il peso aggiuntivo lo trascinò fuori dalla stradina.
In un millesimo di secondo ci trovammo fuori dal sentiero sospesi senza modo di tornare indietro.
La gravità inizió a trascinarci giù, era la seconda volta che precipitavamo insieme.
Mi aspettavo una lunga caduta con uno spiaccicamento finale invece dopo circa un metro e mezzo il terreno vetroso accolse la mia schiena. Il dolore mi investì ma non avevo niente di rotto.
Sole si rialzó dolorante poggiando le mani sul terreno e staccandosi dal mio corpo che aveva attutito la sua caduta.
-Ci ho provato.- borbottò con un sorriso tirato tendendomi una mano.
Sbuffai afferrando la sua mano e rialzandomi. Scrollai la mia maglietta togliendo i pezzi di vetro infranti. Ora avevo una serie di ferite sanguinanti sulla schiena oltre ai tagli sulla mano che si ostinavano a restare aperti.
-Mi aspettavo una caduta più lunga...- dissi con la gola gonfia.
-Già...-commentò Sole guardandosi le mani sanguinanti -eravamo così intenti a guardare il sentiero da non accorgerci che eravamo arrivati.-
Mi voltai verso la sponda infuocata a pochi metri da noi e il calore avvolse il mio viso.
Sole si avvicinó a me e la luce rossa del fiume illuminò il suo viso. Rimasi sconvolta da quanto le piaghe avessero modificato i suoi lineamenti.
-Dobbiamo sbrigarci.- disse a fatica -Inizia a mancarmi l'aria.-
Mi inginocchiai sulla riva pronta a bere ma mi bloccai.
-Ma secondo te c'è un rituale particolare, uno strumento specifico o qualcosa del genere?- dissi voltandomi verso Sole.
Lui alzó le spalle perplesso e si inginocchiò vicino a me.
-Non ne ho idea.-
-Perfetto...- commentai ironica.
Fissai il fuoco che scorreva lento e fumante.
Bere la bibita preferita dei dannati non era esattamente il sogno della mia vita, ma era una prospettiva migliore alla morte per ustioni, piaghe e bolle e soffocamento.
Presi un grande respiro e ignorando quella vocina nella mia testa che tentava disperatamente di farmi ragionare immersi le mani.
Il dolore colpì immediatamente i nervi travolgendomi la mente. Il fuco era leggermente denso e così caldo che i miei nervi sovraccaricati e non riuscirono a percepire tutto il calore che diffondeva alle mie mani.
Unii le mani formando una coppa e raccolsi del fuoco. Strinsi i denti per un secondo, chiusi gli occhi e mi portai le mani alla bocca.
Il liquido bollente inondò la mia gola. Il sapore era peggio di quanto mi sarei mai potuta immaginare, sembrava di bere della benzina a cui qualcuno aveva dato fuoco.
Guardai Sole con gli occhi sbarrati. Vidi lui gridare qualcosa, probabilmente il mio nome, mi afferrò le spalle e tutto divenne nero.
Fu come se la mia anima cercasse disperatamente di separarsi dal mio corpo. Sentivo il mio petto sussultare e le braccia agitarsi come in preda ad un attacco epilettico.
Poi improvvisamente sentii le braccia rilassarsi e i miei occhi ripresero a vedere. Trassi un lungo respiro e l'aria entrò di nuovo nei miei polmoni. Iniziai a tossire e Sole fece un sospiro di sollievo.
Mi alzai a sedere con un movimento veloce provocandomi un grande mal di testa.
Intanto sulla mia pelle le bolle e le piaghe iniziarono a sparire e la gola tornò libera.
Guardai Sole con aria preoccupata, aveva il viso gonfio sfigurato dalle bolle e si vedeva che faceva molta fatica a respirare.
-Devi sbrigarti prima che sia troppo tardi.- dissi.
Sole guardò il fuoco perplesso e fece un ultimo lungo respiro poi immerse le mani.
Sulla sua faccia non comparve nessuna smorfia di dolore.
Portò le mani a coppa vicino alle labbra e bevve in tutta tranquillità, alla fine lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e le bolle iniziarono immediatamente a ritirarsi.
-Che schifo!- commentò passandosi una mano sulla bocca.
Lo guardai stupita -Tutto qui?-
Mi guardò perplesso.
-Nessuno svenimento, nessun grido di dolore?- continuai -Hai appena bevuto il fuoco!-
-Non era così caldo disse lui alzando le spalle con nonchalance.
Lo guardai a bocca aperta allargando le braccia in cerca di spiegazioni ma lui si alzò voltandomi le spalle.
-Allora vogliamo proseguire?-
Mi porse la mano e mi aiutò a rialzarmi.
-Ma...- tentai di ribattere.
-Seguiremo il corso del fiume per un po'.- concluse caricandosi lo zaino sulle spalle e avviandosi.
Io rimasi ferma con la testa piena di domande mentre lui continuava a camminare imperterrito.
-Allora vieni?- gridò voltandosi.
Lo raggiunsi e rimasi dietro di lui guardandolo con sguardo indagatore mentre il Flegetonte scorreva vicino a noi tra schizzi bolle e esplosioni di calore improvvise.
La mia testa era piena di domande inespresse e la maggior parte riguardavano il mio compagno di viaggio e mi rendevo conto solo ora di non conoscerlo affatto.
Sole aveva più segreti di quanto pensassi questo ormai lo avevo capito, quello che ancora non capivo è che ne avevo anche io.
¤Sole¤
Fu un'esperienza strana, mi aspettavo di sentire la mia gola andare a fuoco di svenire per il troppo dolore e perdere il controllo del mio corpo come era successo a Francy. Invece no.
Appena immersi le mani nelle "acque" del Flegetonte riuscii ad avvertire il calore scorrere attorno e dentro di me ma non mi provocò nessun dolore nemmeno quando portai il fuoco alla bocca.
L'unica cosa che mi fece pentire di averlo bevuto fu il sapore, non bevevo una cosa tanto rivoltante da quando avevo sette anni...
Appena il liquido si sparse nel mio corpo le bolle iniziarono a ritirarsi dalla mia pelle, quando alzai lo sguardo dalle mie mani graffiate incontrai lo sguardo pieno di interrogativi di Francy, interrogativi alla maggior parte dei quali nemmeno io avevo una risposta.
L'unica cosa che riuscii a dire fu "che schifo" patetico considerando quello che era successo a lei, infatti gli occhi di Francy si spalancarono esterrefatti e la sua mente iniziò a tempestarmi di domande.
Non ebbi il coraggio di rispondere a nessuna, mi alzai e la feci rialzare poi mi allontanai cercando di sfuggire al suo sguardo indagatore che però continuava a seguirmi. La sua fiducia verso di me diminuiva sempre di più e questo non mi piaceva affatto.
Continuai a guidarla lungo il corso del fiume la traccia era sempre lì davanti a me.
Questa missione diventava sempre più importante, perché non era solo Francy ad avere qualche verità da scoprire e io ero quasi certo che infondo alla strada ci fosse anche qualche risposta per me.
ANGOLO AUTRICE
Ben ritrovati semidei.... Scusate il tempo che ci ho impiegato per pubblicare ma come già sapete io per scrivere sfrutto le due ore di totale noia sul pullman e quindi essndo in vacanza normalmente non scrivo...
Ringrazio tutti quelli che mi seguono e vi prego di lasciare qualche recensione... Alla prossima!
my_hero_is_percy jackson
PS: a chi mi ha chiesto di leggere  la sua storia, io non passo molto tempo su EFP ma appena ho tempo prometto che la guarderò. 

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Capitolo 17
*** This is my life ***


~Percy~

Ormai era passata un'ora da quando Chirone si era rinchiuso nella Casa Grande con le tre vecchiette.
Quasi tutti i ragazzi del Campo erano seduti fuori sul prato ad aspettare pazienti.
Chirone era già uscito due volte per dirci di staccarci dalle finestre e dalle porte e alla fine aveva deciso di salire in soffitta, anche se Connor gli aveva comunicato che secondo lui le tre signore si sarebbero disintegrate al terzo gradino.
Cumunque sia i fratelli Stoll erano quasi più interessati di me ad ascoltare ciò che dicevano, e mio malgrado io mi ero fatto contagiare dal loro entusiasmo.
Questo spiega perché mi trovo appeso al bordo della finestra, intento ad origliare dal vetro rotto, seduto sulle spalle di Travis a sua volta seduto su quelle di Connor.
Iniziavo già a pentirmi di ciò che stavamo facendo e Annabeth non mi aiutava di certo girandoci continuamente intorno diperata maledicendoci per la nostra stupidità e annunciando a gran voce tutte le fasi dello spiattellamento che avrei eseguito se mi fossi sbilanciato.
Ma proprio quando stavo pensando di scendere il discorso si fece interessante.

***

La vecchietta al centro posò sul tavolino polveroso il cestino contente le vecchie forbici e i gomitoli.
Chirone, dopo aver rivolto uno sguardo diffidente al contenuto del cestino tornò a concentrarsi sulle tre donne.
-Scusate l'accoglienza ehm... polverosa- disse lanciando un occhiata alla stanza -ma almeno qui potremmo parlare in tranquillità.-
-Come abbiamo già detto...- sbuffò infastidita una delle Parche -quei due non sono affar tuo Chirone.-
Il centauro lanciò uno sguardo di disprezzo alla donna, poi abbassò lo sguardo su un cimelio impolverato che prima era appoggiato sul tavolo e riprese a parlare.
-Francy fa parte del campo che dirigo, quindi qualsiasi sia il motivo per cui vi siete date il disturbo di cercarla è anche affar mio.- e lanciando un' occhiata a Reyna aggiunse -E credo che anche al pretore del Campo Giove interessi che fine a fatto il ragazzo della sua legione.-
Reyna che fino a quel momento era rimasta in un angolo a osservare la scena fece una faccia disgustata e dichiarò -Lui non fa parte della mia legione.-
Chirone sospirò e la donna al centro riprese la parola.
-Sinceramente Chirone non vediamo il motivo di portarci fin quassù.- gracchiò -Potevamo parlare anche davanti ai tuoi ragazzi.-
Il centauro accennò un sorriso -Beh sapete, per quanto possano essere dei ragazzi preparati non capita tutti i giorni di trovarsi al cospetto delle Moire.-
Le tre vecchiette si scambiarono uno sguardo e scoppiarono in una risata fredda. Reyna guardò Chirone con preoccupazione.
-Quindi tu hai paura che rimangano spaventati da noi? Beh sappi che oltre ad essere molto coraggiosi, molto più di quanto credi, sono anche molto curiosi.- con un cenno del capo indicò la finestra a cui ero appeso e aggiunse -Credo che il ragazzo appeso qui fuori sia molto interessato alla  storia della sua amichetta.-
Chirone si alzò di scatto e venne verso di me, guardo oltre il vetro e vide tutti i ragazzi nel prato concentrati a guardare qualcosa proprio sotto la finestra.
Abbassò lentamente lo sguardo, sarei voluto sparire.
-PERCY! Che diavolo state facendo.-
Sentendo queste parole Connor si agitò e la nostra torre umana crollò rovinosamente al suolo.
Controllai velocemente di non essermi rotto niente e mi rialzai dolorante con l'aiuto di Annabeth.

Una volta in piedi Travis si aggrappò ai miei pantaloni e li usò per aiutarsi ad alzarsi a sua volta.
Guardò Chirone che si sporgeva ancora dalla finestra e massaggiandosi il sedere con una mano disse -Vogliamo sapere anche noi!-
-Giusto.- concordai e un mormorio di assenso si alzò per tutto il Campo.
Chirone scosse il capo sconsolato.
E dieci minuti dopo eravamo tutti seduti per terra davanti alle Moire.
***
-Non abbiate paura di noi solo perché abbiamo il potere di mettere fine alle vostre vite, in fondo abbiamo anche l'onore di iniziarle.- disse Cloto sorridendo mentre filava la vita di qualcuno, vicino a lei Lachesi avvolgeva il filo intorno ad un fuso e lo guardava come se potesse vedere ogni attimo della vita che stava scorrendo.
Vicino a loro sedeva Atropo con un lungo paio di vecchie forbici in mano. Sembrava la più vecchia ma probabilmente era colpa del viso senza espressione che mostrava.
A queste parole molti ragazzi si rilassarono.
-Allora- sbottò Atropo -immagino vogliate sapere dove si trovano i vostri amici.- le orecchie di molti romani si tesero, anche se da quando Sole era partito parlavano di lui come di un disertore.
-Beh dobbiamo ammettere che ci sono sfuggiti per un pelo.- disse con una faccia disgustata.
-Ma perchè li cercate?- la interruppi.
-Perché nessuno sfugge alla morte Perseus Jackson.-
Sobbalzai nel sentire il mio nome intero.
-Già... peccato che per recidere una vita del genere bisogna trovarsi davanti alla persona indebolita.- aggiunse Lachesi con uno sbuffo.
Atropo le rivolse un' occhiata sicura -Tranquilla, questa volta non ci scapperanno- disse ridendo -li aspetteremo direttamente all'uscita.- la dona che filava si unì alla risata.
Connor e Travis si scambiarono un'occhiata perplessa e Connor, con un po' di titubanza nella voce chiese -Scusate, ma all'uscita di cosa esattamente.-
Atropo gli rivolse un sorriso sdentato e puntò il suo sgardo su me e su Annabeth prima di parlare.
-Ma all'uscita del Tartaro naturalmente.-
A sentire quel nome Annabeth mi afferrò il braccio con gli occhi sbarrati.
Scattai in piedi -Dobbiamo andare a prenderli! Non sopravviveranno mai.-
Le tre Moire mi guardarono perplesse per un attimo poi scoppiarono a ridere, le tre bocche quasi totalmente senza denti spalancate.
-Tu non hai proprio capito Figlio di Poseidone vero?- disse Atropo squadrandomi -Loro NON devono sopravvivere.-
-Già- aggiunse Lachesi -e se muoiono laggiù, meno lavoro per noi.-
Atropo fece uno sguardo frustato e tagliò l'aria con le forbici.
-Già ma ho come la netta impressione che ce la faranno anche questa volta.- mi guardó severa e aggiunse -Perchè caro Perseus quei due anno molte più risorse di quanto credi.-
Sentii un moto di rabbia invadermi il corpo.
-Come potete anche solo pensare che possano sopravvivere alla loro prima esperienza nel Tartaro dopo neanche un mese di allenamento?- chiesi guardando Chirone.
Atropo mi guardò con un sorriso spietato -Oh ma questa non è la loro prima volta.- e con queste parole tagliò il filo.
*~Me~*
Avete presente quei sogni in cui qualcuno vi insegue e voi vorreste mettervi a correre ma non ci riuscite?
Ecco è esattemente quello che stava succedendo a noi, solo che era la realtà...
Il tempo ci scorreva accanto veloce, riuscivo quasi a vederlo mentre mi passava davanti e si dileguava simile ad una polvere oro.
Era come camminare in acqua ogni passo era più pesante. Forse dipendeva dal fatto che il fuoco del Flegetonte ci teneva in vita ma non ci dissetava e non calmava la fame: era pur sempre il fiume dei dannati.
Il fiume scorreva schizzando vicino a noi, il terreno vetroso scottava e scricchiolava sotto i piedi.
Non avevo ancora capito esattamente quale fosse la nostra meta, ma Sole mi aveva giurato che stavamo andando in un posto sicuro e nonostante i segreti io mi fidavo di lui.
Dopo un po' ci fermmammo e questa volta non chiesi perché, era evidente...
Davanti a noi si stendeva una lunga pianura piena zeppa di mostri che barcollavano da una parte all'altra, si scontravano, litigavano e si uccidevano... alcuni addirittura si mangiavano.
Vicino a loro scorrevano tre fiumi: il Lete, il Cocito e il Flegetonte. I tre fiumi sfociavano tutti nello stesso lago nero che dava origine ad un solo fiume, probabilmente l'Acheronte.
A scoraggiarmi ancora di più era la scogliera a strapiombo tra noi e la pianura.
Perché non bastavano i mostri, tra noi e loro c'era una parete altissima da cui il Flegetonte scendeva in una enorme e fumante cascata.
Sole mi guardò, era evidente che nessuno dei due era entusiasta all' idea di un' altra ripida discesa.
-Questa volta vado prima io.- Sole mi scrutò deciso aspettando una mia protesta.
Io guardai giù e alzai le spalle in segno di resa.
¤Sole¤
La scalata era più alta e più difficile di quanto sembrasse, e questo è tutto dire.
Ogni tanto alzavo la testa per dare un'occhiata a quello che stava facendo Francy.
Ma devo dire che se la cavava egregiamente e ormai eravamo quasi in fondo.
A un metro di altezza mi voltai verso di lei, Francy ricambiò con un cenno di assenso. Al tre i nostri piedi si staccarono contemporaneamente per poi atterrare vicini un metro più sotto, dritti nella pianura dei mostri.
Il tonfo si propagò rimbalzando sulle pareti del Tartaro.
Nel sentire il tonfo i mostri più vicini a noi si girarono a guardarci.
Portai velocemente la mano all'elsa della spada, ero pronto a combattere.
Ma loro si limitarono a voltarsi di nuovo dall'altra parte, due Lestrigoni soffocarono delle risate e si allontanarono insieme.
Rimasi interdetto, con la mano destra ancora pronta a sfoderare la spada.
Poi Francy mi toccò la spalla voltai la testa e lei mi fece un cenno con la testa si proseguire.
Staccai la mano dall'elsa dando le spalle ai mostri guidai la mia compagna di viaggio verso la nostra prossima metà.
*~Francy~*
Il terreno ora non era più tempestato di vetri neri scintillanti, era più che altro un insieme di sassi disconnessi su un terreno polveroso.
Non che questo rendesse più facile la camminata.
La salita che stavamo percorrendo sembrava destinata a durare ore.
L'oscurità intorno a noi si faceva sempre più fitta. Sole camminava al mio fianco, sul viso aveva uno sguardo perplesso, in tutta probabilità stava ancora pensando ai mostri che avevamo incontrato nella pianura.
Anche io non riuscivo a capire perché ci avessero lasciato passare, ma quando ci eravamo trovati davanti ai due Lestrigoni avevo deciso che mi stava bene così. Non avevo intenzione di fermarmi ad interrogarli, tanto valeva indossare un cartello con la scritta "Kill me please".
Alzai lo sguardo per capire dove finiva quella salita infernale e proprio in quel momento un lampo di luce rossa trapassò l'oscurità.
Afferai convulsamente il braccio di Sole mentre davanti ai miei occhi comparivano delle immagini definite: un lampo di luce rossa, delle facce di mostri orribili, una voce, una luce improvvisa, un grido e un albero enorme. Ricordi di un incubo.
Qualcuno inizió a scuotermi dalle spalle, cacciai un urlo e le immagini scomparvero.
Il viso preoccupato di Sole prese il loro posto, mi stava dicendo qualcosa ma io riuscivo solo a sentire il battito del mio cuore nelle orecchie.
-Francy... FRANCY!- mi gridò. Lo guardai confusa borbottando un "sto bene" e evitando di guardare i lampi rossi che continuavano ad apparire e sparire nell'oscurità.
-Cosa è successo?- mi chiese.
-Niente... era solo un vecchio incubo- lo rassicurai portandomi una mano alla testa che girava -Andiamo avanti. Spero non manchi molto.-
-No é proprio qua dietro.- disse Sole indicando la fine della salita.
Lo guardai poco convinta e mi affrettai ad arrivare in cima. E indovinate un po'... era davvero lì.
Un gruppo di colonne nere in rovina e al centro un altare.
Sole mi mise una mano sulla spalla e indicando le rovine annunciò -Benvenuta al tempio di Ermes.- mi tese la mano per aiutarmi a scendere e aggiunse -Madame, mi faccia l'onore di mostrarle il nostro rifugio per la notte.-
-O il giorno- lo corressi guardando il soffitto nero.
***
Cibo... tanto cibo... era più di quanto potessi desiderare.
A quanto pare il tempio non aveva perso la sua funzione cadendo quaggiù: l'altare era totalmente ricoperto da mezze porzioni di cibo.
-Da dove credi che vengano?- mi chiese Sole prendendosi una mezza porzione di arrosto.
-Beh da tutti i bracieri che fanno sacrifici ad Ermes- dissi guardando un piatto di pizza comparire sull' altare -Anche se spero che Ermes abbia anche un altro altare... altrimenti questi sono sacrifici sprecati.- aggiunsi alzando un sopracciglio mentre del manzo biologico prendeva forma.
Sole si sedette appoggiando la schiena ad una colonna.
-Credi che vengano anche dai campi?-
Mi irrigidii, la sua voce era un po' nostalgica.
Presi la metà di pizza e mi sedetti di fronte a lui.
-Non avresti dovuto farlo...- dissi ignorando la domanda sui campi.
-Ne abbiamo già parlato di questo.- mi rispose lui smettendo di mangiare. Dal suo tono era chiaro che non aveva intenzione di tornare sull'argomento.
-Perché l'hai fatto?- insistetti.
-Possiamo parlarne dopo pranzo per favore?- si stava spazientendo.
-Ok.-
***
Beh per essere una pizza bruciata nel padiglione dovevo ammettere che era deliziosa.
Misi il mio piatto a terra e mi sedetti vicino lui.
Appoggiai la schiena alla colonna, Sole sbuffò, appoggiò il piatto e si sdraiò con la testa sulle mie gambe. Rimasi un po' spiazzata, non sapevo come comportarmi. Eppure lui sembrava perfettamente a suo agio.
Dopo qualche minuto di silenzio portò le mani dietro la nuca e inizió a parlare.
-Sai... il fuoco del Flegetonte mi ricorda vagamente un intruglio che mi aveva fatto bere mio cugino.- disse guardandomi negli occhi con uno dei suoi mezzi sorrisi.
Inarcai un sopracciglio perplessa ma non dissi niente per paura che smettesse di parlare.
-Erano passati pochi mesi dalla morte di mia madre.- sua madre era morta?
-Mi ero da poco trasferito a vivere a casa di mia zia... avevo sette anni.- senza accorgermene iniziai a passare una mano nei suoi capelli. Erano incredibilmente belli, anche dopo tutto quel tempo passato nel Tartaro.
-Mio cugino Alex ne aveva sedici credo, veniva spesso a trovarci in quel periodo.-
-Beh questa è una cosa positiva, giusto?- commentai.
Sole scoppiò in una risata amara -Se stai pensando che venisse per consolarmi ti sbagli di grosso.- disse con un finto sorriso.
-Si divertiva a prendermi in giro, mi faceva in continuazione degli scherzi di pessimo gusto e spesso mi picchiava.- i suoi occhi si rabbuiarono a questo ricordo, ma fu solo un attimo poco dopo fece un largo sorriso e aggiunse -Questo fino a quando non ho imparato a difendermi.-
Lo guardai sorridendo e qualcosa nei suoi occhi si illuminò, per un attimo calò il silenzio.
Poi Sole si riscosse e abbassando lo sguardo riniziò a parlare.
-Il peggior scherzo che mi abbia mai fatto me lo ricordo ancora: quel giorno mia zia non era in casa e aveva chiesto ad Alex di farmi da babysitter, ovviamente lui aveva accettato;- sospirò -per lui era un'occasione in più per torturarmi.-
-Oh andiamo non poteva essere così catt...- mi interruppi perché il mio pensiero corse a Mark e alla professoressa Evil, eravamo semidei, poteva esserlo eccome.
Sole inarcò un sopracciglio e riprese a raccontare il ricordo -Quel giorno mi chiamò dalla cucina, sul tavolo c'era un bicchiere con un intruglio che probabilmente conteneva tutto ciò che si poteva trovare in quella cucina.-
-Ti ha costretto a berlo?- lo interruppi esterrefatta.
Lui mi fivolse uno sguardo che diceva "magari l'avesse fatto" e disse -Oh no... ha fatto di peggio.- aggrottai le sopracciglia invitandolo a continuare.
-Mi disse che se avessi bevuto quel intruglio mia madre sarebbe tornata.- i suoi occhi si spensero e aggiunse -Mi sento ancora stupido per averci creduto.-
-Eri solo un bambino...- tentai di consolarlo.
Restammo in silenzio per qualche minuto e poi mi decisi a chiederglielo.
-Cosa ricordi di tua madre?- Sole alzò uno sguardo un po' perplesso su di me -Solo se hai voglia di raccontarmelo.- mi affrettai ad aggiungere.
-Non ho tanti ricordi.- sospirò -Ricordo che spesso andavamo all'osservatorio dove lavorava, la sera mi faceva guardare le stelle e cercava di insegnarmi i nomi guardando le mappe.- rise al ricordo -Ma io me li dimenticavo sempre, così quando mi chiedeva di ripeterli me li inventavo. Lei rideva e me  li faceva scrivere su una mappa vuota.-
Sorrisi immaginandomi la scena, anche se non avevo la minima idea di cosa volesse dire avere una famiglia.
Ad un certo punto la sua voce divenne più profonda, come se raccontare gli costasse più fatica di prima.
-Poi  scomparve. Mi disse che doveva aiutare un amico e sarebbe tornata presto, ma la sua faccia diceva il contrario. Tentai di trattenerla ma non volle sapere ragioni.- si portò le mani sul viso coprendosi gli occhi e sussurrò -"Scusami. Per tutto, é tutta colpa mia." sono le ultime parole che mia madre mi ha detto prima di uscire dalla porta di casa per sempre.-
Non pianse, la cosa mi sorprese.
-Io non ho mai conosciuto mio padre- le parole mi uscirono dalla bocca prima che riuscissi a bloccarle -non so nemmeno come si chiami.-
Sole mi guardò incuriosito.
-Questo è tutto ciò che ho della mia famiglia.- spiegai toccando i tre ciondoli della collana che portavo al collo.
Solo i lampi rompevano il silenzio illuminando di tanto in tanto l'aria di rosso e rendendo ancora più spettrali le colonne spezzate del tempio. Lui giocava con il medaglione a forma di sole che teneva ancora al collo.
-Siamo un disastro.- concluse Sole ad un tratto guardandomi con i suoi occhi luminosi -Metti le nostre due famiglie insieme e non ne formi una decente.-
Scoppiammo a ridere insieme. Era incredibile come anche nel Tartaro riuscissimo a trovare sempre i nostri attimi di felicità...
Intorno a noi l'aria era fredda, il buio ci circondava, le colonne mandavano ombre sinistre quando i lampi attraversavano l'oscurita e il cielo si tingeva di rosso. Eppure, sembrava che niente potesse entrare nella nostra corazza di luce fintanto fossimo stati insieme.
ANGOLO AUTRICE:
Eeeee sono tornata! Muahahahahah. Con un capitolo accetabile direi... Chiedo perdono per l'assenza ma ora che è iniziata la scuola prometto che cercherò di aggiornare frequentemente!
Sappiate che in questo capitolo poco è lascito al caso: i particolari sono importanti.
Mi siete mancati <3 fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo! Aspetto le recensioni.
Che le Moire vi sorridano semidei.
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 18
*** Don't take him away, please. ***


¤Sole¤

Quando mi svegliai la prima cosa che vidi furono i lampi rossi nel cielo e pensai di tornarmene a dormire.
Il mio secondo pensiero fu che dormire sui sassi non era comodo e avrei fatto meglio a farmi un letto di fette di pizza.
"Beh almeno il cuscino è comodo" mi dissi.
Ma dopo qualche secondo mi ritrovai a chiedermi dove avevo trovato un cuscino, quindi mi alzai a sedere per scoprire che era Francy il mio cuscino. Aveva dormito appoggiata alla colonna.
La lasciai dormire mentre riempivo lo zaino di Annabeth con del cibo.
Poi mi avvicinai a lei e la svegliai scuotendola leggermente.
Le si guardò intorno spaesata. Spostò ripetutamente lo sguardo da me al paesaggio e alla fine appoggiò di nuovo la testa alla colonna con un sospiro.
Rimase in silenzio per un po' prima di dire -Speravo di risvegliarmi in superficie-
-A chi lo dici.- risposi con un sorriso tirato tendendole la mano.
Francy l'afferrò e si alzò dolorante.
-Quanti giorni saranno passati?- mi chiese.
In tutta risposta gli tesi la sveglia.
Lei la guardò e vidi distintamente la sorpresa sul suo volto.
Mi avvicinai, guardai da oltre la sua spalla e rimasi a bocca aperta.
Le lancette sembravano diventate di oro puro e giravano ad una velocità impressionante.
-Temo sia rotta.- concluse Francy.
In realtà entrambi pensavamo che ci fosse qualcosa di più dietro a quella storia, ma nessuno dei due aveva voglia di perdere tempo con una sveglia impazzita.
Francy la guardò un' ultima volta poi tese il braccio e lanciò la sveglia il più lontano possibile.
-Ottimo modo per risolvere i problemi.- dissi ironicamente, Francy mi lanció un'occhiataccia prima di caricarsi lo zaino sulle spalle.
-Dove si va ora mia guida turistica?- mi chiese con finto entusiasmo.
-Beh io direi verso l'uscita...- dissi incamminandomi.

 

*~Me~*

Era strano, mi sentivo leggera. Nonostante tutto, nonostante fossimo ancora nel Trataro mi tranquillizava l'idea che nessuno ci aveva ancora attaccato e noi ci stavamo avviando verso l'uscita.
Avrei dovuto saperlo che non poteva essere davvero così, avrei dovuto sentirlo che stava per succedere qualcosa.
-Tu cosa farai quando la scuola ricomincerà?- mi chiese Sole.
-Non ne ho idea.- risposi -Ma una cosa è certa: non me ne tornerò alla family of orphans.-
Di questo ne ero al quanto sicura, non avrei rimesso piede in quella scuola per nulla al mondo.
-Probabilmente me ne rimarrò al campo.- conclusi -E tu cosa farai?-
Sole mi guardò per un attimo e poi con uno sguardo pensieroso disse -Me ne tornerò da mia zia immagino.-
Lo guardai prima di chiedergli a cosa stesse pensando.
-No niente...- disse scuotendo la testa, ma poi vedendo che non gli credevo affatto sospirò -Sai vivere da solo con mia zia  non è esattamente esaltante e non mi sono fatto molti amici al Campo Giove quindi non mi va di stare a Nuova Roma... è troppo monotona.-
Rimanemmo in silenzio per un po'.
-Quindi non hai molti amici tra i romani- gli chiesi un po' stupita.
-Ne ho quasi di più tra voi greci...- disse ridendo -Sai, tranne i figli di Mercurio e di Dioniso, i romani sono tutti piuttosto freddi.- si strinse nelle spalle -Stanno rigidamente alle regole e sono anche molto classisti.-
Poi probabilmente pensò che stesse facendo la figura dell'emarginato sfigato e si affrettò a dire -Beh certo ho un sacco di ragazze che mi corrono dietro sia del Campo Giove che del Campo Mezzosangue: Drew, Katie,...- disse toccandosi le punte delle dita come per contare i nomi delle sue innumerevoli fan -Rose, Sandy, Annie,...- fece un sospiro teatrale e passandosi una mano nei capelli aggiunse -Ma la vita da vip super figo alla lunga stanca.-
Roteai gli occhi al cielo pensando che quei giorni nel Tartaro non l'avevano cambiato affatto e lui in tutta risposta mi rivolse il suo sorriso sbilenco che tanto odiavo irritandomi ancora di più.
Continuammo la nostra camminata fino ai piedi di un'altra salita piuttosto ripida.
Il paesaggio intorno era particolarmente tetro, dalla terra spuntavano fitti ammassi di rocce nere scheggiate.
La terra era scura, arida sembrava pelle e le rocce potevano passare per peli ma cercai di non pensarci troppo.
Le rocce frequenti ci costringevano a giri larghi e provocavano tagli alle mani se provavi a toccarle. Diciamo che non era esattamente una passeggiata.
Quando arrivammo ai piedi della salita sarei voluta morire, ero pronta a buttarmi nel Cocito o nel Flegetonte.
Quando Sole si fermò di colpo rimasi piacevolmente sorpresa.
Poi vidi che sembrava preoccupato si guardava intorno circospetto.
-Qualcosa non va?-
Non mi rispose ma il suo sguardo si fissò su una roccia nera, piuttosto grande, alla nostra destra.
Rimasi a fissarlo e ad un certo punto la sua mano corse all'elsa della sua spada e la sguainò.
-Qualcosa ci ha seguito fino a qui- disse guardandomi serio -e non credo abbia buone intenzioni.-

***

Sfoderai la mia spada giusto in tempo per veder spuntare da dietro la roccia la testa di un leone. Gli ochhi gialli che ci scrutavano crudeli.
-Vieni fuori!- ringhiò Sole.
Ripensandoci avrei prefirito che non gli avesse dato ascolto, ma ovviamente le cose non vanno mai come vorresti.
Quando l'intero corpo spuntò da dietro la roccia avrei voluto gridare e a giudicare dalla sua faccia Sole non era da meno.
Il mostro avanzò verso di noi, il corpo da capra bene in mostra e un serpente al posto della coda che fendeva l'aria irrequieto.
Era una chimera.
-Dovevi proprio incitarla?- bisbigliai lanciando un'occhiataccia a Sole.
-Sembrava una buona idea prima...- si giustificò lui senza distogliere gli occhi dal mostro.
-Allora ragioniamo...- dissi cercando di sembrare più tranquilla di quanto ero in realtà -qual è il suo punto cieco?-.
-Questo cosa ha punti ciechi?- chiese scettico Sole con un sopracciglio alzato.
Con la spada indicò la testa del serpente che si muoveva velocemente spostando lo sguardo da lui a me.
-Siamo in due- lo incoraggiai -abbiamo un vantaggio.-
Lui sospirò e per la prima volta distolse lo sguardo dalla bestia.
-Io tengo occupata la coda.- decise guardandomi -Tu stai attenta alla testa e insieme cerhiamo di colpirla ai fianchi.-
Annuii decisa. -Ah e già che ci sei...- aggiunse -elencami tutto ciò che sai di questa cosa.- dopodiché si lanció all'attacco.
La Chimera rimase spiazzata e reagì troppo tardi all'attacco, Sole schivò la testa di serpente e colpì il fianco destro della bestia di striscio.
Mi gettai in avanti sfruttando il momento di distrazione della Chimera per superare la testa. La colpii e sul costato si formo una grossa ferita.
Mi abbassai giusto in tempo per evitare le fiamme.
-Sputa fuoco.- dissi ad alta voce per farmi sentire da Sole.
-Qualcosa che non so?- disse lui schivando la coda per l'ennesima volta.
Rotolai di lato.
-Venne uccisa per la prima volta da Bellerofonte.- gridai a pancia in giù mentre facevo leva sulle braccia per rialzarmi.
-Qualcosa di utile?- commentò Sole -Prometto che quando l'avremo uccisa potrai dirmi anche che marca di croccantini mangia più volentieri ma al momento gradirei informazioni più importanti.-
Sbuffai -Ci sono due versioni sul morso del serpente- dissi mentre cercavo di superare la testa -la prima è che sia mortale- mi buttai a terra per evitare un'altra fiammata -la seconda è che immobilizzi le vittime per circa un'ora.-
-La seconda! Scelgo la seconda.- gridò Sole, lo vidi gettarsi indietro evitando appena in tempo la coda.
Il serpente chiuse le fauci di scatto ingoiando l'aria e si ritrasse irritato sibilando.
In quel momento la Chimera sembró distrarsi per concentrarsi su Sole, non persi l'occasione.
Mi rialzai velocemente, corsi verso la Chimera. In quel momento la testa si voltò nuovamente verso di me.
Le pupille si dilatarono riducendo gli occhi gialli a due pupille nere. Quando si rese conto di ciò che stava succedendo era troppo tardi.
Saltai, con la spada pronta colpire, superai la testa atterando sul dorso da capra della Chimera.
Sollevai la spada e in un movimento veloce la abbassai perforando il costato della bestia.
In quel istante la Chimera ruggì di dolore e scalciò, venni sbalzata via e la spada rotolò lontano da me.
Atterrai sulla schiena e prima che potessi rialzarmi sentii un dolore lancinante alla gamba.
In un attimo persi la sensibilità delle gambe e poco dopo quella del resto del corpo.
Vidi gli occhi della Chimera scrutarmi come indemoniati, la bocca semi aperta pronta a sputare fuoco per incenerirmi eliminandomi definitivamente mentre la coda si ritraeva mostrando le fauci sporche di sangue. Ero stata morsa dal serpente, quindi avevo due possibilità: il veleno mi avrebbe ucciso lentamente, oppure mi immobilizzava per un'ora lasciano il tempo di divorarmi alla Chimera. Sinceramente nessuna delle due era particolarmente allettante.
Stavo già pensando che per me fosse finita quando udii una voce gridare era Sole ne ero certa.
In un attimo vidi gli occhi del serpente diventare inespressivi, una spada d'oro imperiale lo attraversò tagliandogli di netto la testa.
La Chimera diede un altro grido di dolore e si voltò di scatto verso Sole.
Sputò una vampata di fuoco rovente che Sole schivò senza difficoltà.
La maglia rimase un poco bruciacchiata ma lui era illeso.
Si avventò sulla bestia cercando di trafiggerla ma questa si scansò velocemente. Ciò che rimaneva della coda non cessava di muoversi.
Una cosa l'avevo imparata da questa lotta: i mostri sono molto più resistenti nel Tartaro.
La spada di Sole sfiorò la ferita procurata dalla mia e la Chimera ruggì di dolore.
Da lì tutto divenne confuso ai miei occhi.
Vidi la Chimera correre via. Ma c'era qualcosa che non andava.
Sole era caduto a terra e veniva trascinato via dalla coda senza testa mentre agitava la spada cercando di liberarsi senza colpire la propria gamba.
Tentai di gridare e di rialzarmi: lo stava portando via.
Ma ormai era tutto inutile, i miei muscoli non mi rispondevano più.
Ero inutile.
Non potevo fermarla.

"Non portarlo via, per favore." implorai la Chimera nella mia mente "Ti prego, non portarlo via da me."
Ma la Chimera continuò a correre via trascinandosi dietro l'unica persona che avevo al mio fianco.
Sole mi lanció un ultimo sguardo preoccupato, poi sparì dalla mia vista nascosto dalle rocce. Riuscivo a sentire le sue grida e la spada che fendeva l'aria.
Una lacrima mi rigó la guancia ma non potevo asciugarla e non potevo tapparmi le orecchie per lasciare fuori le grida che mano a mano si allontanavano.
Continuai ad ascoltare fino a quando non si spensero in lontananza.
Allora inizia a gridare dentro. Volevo correre fuori da quel posto, arrivare in superficie per gridare contro gli dei le peggiori maledizioni.
Ma non potevo fare niente, ero bloccata. Non avevo nessuna possibilità di reagire.
Allora chiusi gli occhi e pregai che nessun mostro mi trovasse.
ANGOLO AUTRICE (IMPORTANTE LEGGETELO TUTTO):
E booom! Si avete letto bene: il nostro Sole è appena stato trascinato via da una Chimera mezza morta... Non uccidetemi vi prego!
Ora ci sono domande che devono assillarvi la mente, ovvero:
~cosa fará Francy ora che è rimasta sola?
~riuscirà a trovare la strada per le Porte della Morte?
~che fine ha fatto Sole? ma soprattutto... Di chi è figlio?
Comuqnue vorrei che lasciaste qualche recensione visto che questo capitolo non ne ha ricevuta neanche una. Altrimenti potrei decidere di scrivere questa storia solo su wattpad invece di impiegare il doppio del tempo per scriverla anche qui ma mi dispiacerebbe per quiei semidei che seguono la storia. Mi basta anche un semplice "bella" o "brutta" o "riporta in dietro Sole o ti ammazzo".
Detto questo vi aspetto al prossimo capitolo! Che le parche vi sorridano.
my_hero_is_percy jackson

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Capitolo 19
*** Alone in the Storm of Death ***


*~Me~*

Tutto inizió gradualmente: prima iniziai a sentire di nuovo le dita dei piedi, era un buon segno perché voleva dire che il veleno non mi stava uccidendo.
Poi toccò alle gambe, alle mani e alle braccia. Quando toccò alla testa e al collo mi sentii di nuovo libera e mi sedetti di scatto, tutti i muscoli che si erano appena ripresi protestarono.
Guardai la gamba che perdeva ancora del sangue: due buchi si vedevano distintamente sul polpaccio. Dal momento in cui il serpente mi aveva morso era andato tutto storto.
Mi accorsi di avere lo zaino dietro la schiena. Lo aprii, scostai il computer di Dedalo, presi dell'ambrosia e la spalmai sulla ferita coprendola poi con una benda.
Aspettai qualche minuto e mi alzai in piedi con qualche difficoltà.
Mi guardai intorno circospetta ma non si vedeva nessun mostro. Allora mi incamminai verso la mia spada e la raccolsi da terra. Tutti questi movimenti erano istintivi, il mio cervello faceva fare al mio corpo ciò che considerava più ragionevole in quel momento... Ma niente veniva dal cuore.
Portai la lama sporca di polvere vicino al viso e guardai il riflesso dei miei occhi. In quel momento il cervello si ricollegò al cuore e la mente si riaccese, fu come riprendere a vivere davvero. Abbassai lo sguardo e il flashback della battaglia iniziò a scorrere davanti ai miei occhi stanchi.
La comparsa della Chimera, il sarcasmo di Sole, il salto, il morso, la testa di serpente che cadeva e la Chimera che scappava trascinandosi dietro qualcosa. No, non qualcosa... qualcuno.
Rialzai la testa di scatto lasciando cadere la spada, gli occhi spalancati.
-Sole...- bisbigliai. Mi portai le mani nei capelli: l'aveva portato via, non potevo sapere nemmeno se era ancora vivo.
"Sarà sicuramente riuscito ad ucciderla" pensai "sarà qui da qualche parte".
-Sole!- chiamai, nessuna risposta -Avanti vieni fuori. Non è divertente.-
Abbassando lo sguardo vidi la mia spada mandare un bagliore sinistro mentre rifletteva il lampeggiare rosso dei fulmini. Guardai davanti a me con uno sguardo deciso e in uno scatto raccolsi lo zaino, la spada e mi misi a correre verso la roccia dietro la quale la Chimera era scomparsa dalla mia vista.
Corsi a perdifiato, ignorando le numerose storte e gli scivoloni su quel terreno scomposto. Arrivata alla grande roccia nera mi fermai un attimo per riprendere fiato, dopodiché le girai intorno.
Con mia grande sorpresa mi ritrovai davanti a quella che sembrava un'enorme foresta. Mi guardai intorno: degli alberi morti e dai lunghi fusti si paravano davanti a me formando una barriera oltre la quale i miei occhi non riuscivano ad andare.
Mi rimisi a correre facendo lo slalom tra gli alberi e graffiandomi le braccia con i rami più bassi. La spada era di nuovo alla cintura e lo zaino ciondolava appeso alla mia mano. Ad un certo punto guardandomi indietro non riuscii più a vedere da dove ero venuta o a capire la direzione che dovevo prendere per uscire quindi mi fermai gettando lo zaino a terra in malo modo. Non c'era anima viva ma non persi la speranza.
Portai le mani a cono davanti alla bocca e gridai -SOLE!-
Trattenni il fiato speranzosa ma nessun suono giunse zigzagando tra gli alberi tranne dei rumori sinistri di rami spezzati e il fruscio di alcune ali.
Ignorai quei rumori e provai più di una volta ma era inutile, avrei solo attirato altri mostri.
Strinsi le labbra in una linea sottile mordendomi il labbro inferiore preoccupata.
-Sole...- bisbigliai prima di accasciarmi a terra.
La verità era che ogni tentativo sarebbe stato inutile, non sarebbe tornato. Non l'avrei rivisto. Ero sola, per davvero questa volta.
Intanto intorno a me si radunavano mille occhi malevoli ma io non vi facevo caso: rimasi per terra, un'espressione di dolore puro sulla faccia. Troppo vuota per piangere e troppo sconvolta per andare avanti.

~Percy~

Tutti al campo erano piuttosto sconvolti dalla notizia, ma io e Annabeth più di tutti.
Solo l'anno prima eravamo noi quelli rinchiusi lá sotto e il ricordo restava vivo popolando i nostri incubi.
Sembrava impossibile che a soli sedici anni due ragazzi potessero essere costretti da una profezia ad affrontare lo stesso destino due semidei esperti con anni di allenamento alle spalle.
Chirone era riuscito a convincere le Parche a portarci con loro dicendogli che sarebbe servito da lezione a tutti sapere che nessuno sfuggiva alla morte.
In realtà le Moire erano le uniche a sapere dove sarebbero sbucati Sole e Francy, se fossero riusciti a sopravvivere, e noi non avevamo certo intenzione di lasciare che li uccidessero senza combattere.
Saremmo partiti all'alba del giorno dopo. Tutti i semidei si davano da fare per raccogliere il necessario per il viaggio, anche se solo alcuni di noi sarebbero partiti.
Ero in cima alla collina, vicino all'albero di Talia e guardavo i semidei correre da una parte all'altra del campo. Avevo appena finito di preparare i pegasi, compreso Thunderbolt: il pegaso che aveva usato Sole per raggiungere Francy.
Qualcuno mi appoggiò la mano sulla spalla facendomi sussultare. Era Annabeth.
I suoi occhi tempestosi mi guardavano preoccupati ma dalla sua bocca uscirono parole d'incoraggiamento.
-Andrà tutto bene vedrai.- mi disse stringendomi la mano -Vinceremo anche questa volta.-
Ma io non riuscivo ad immaginare come quel avventura potesse finire bene, questa volta in mezzo c'erano le Moire.
Come poteva finire bene con le divinità più vicine al Fato contro di noi.
-Se dovesse succedergli qualcosa credo che non me lo perdonerei.- dissi tutto d'un fiato.
Annabeth mi guardò perplessa -Perché tieni tanto a lei?- mi chiese mettendosi di fronte a me e incrociando le braccia.
Roteai gli occhi al cielo, ne avevamo già parlato più di una volta. Vedendomi irritato dalla domanda la figlia di Atena cambiò tono.
-Tutti noi siamo preoccupati per lei Percy!- tentò di spiegarsi -Ma tu di più. Tu non riesci a pensare ad altro!- esclamò esausta.
-Perché?- mi chiese con sguardo implorante.
I suoi occhi vorticavano come grandi nuvole grige e lampeggiavano ordiandomi di dire la verità. E l'avrei fatto volentieri, ma non la conoscevo nemmeno io.
-Io...N-non lo so.- balbettai confuso. Annabeth fece per volatarsi spazientita ma la afferrai per le spalle impedondole di andarsene.
-Ma una cosa la so con certezza.- cominciai e aspettai di avere la completa attenzione della bionda per continuare -Io amo solo te.-
Gli occhi della ragazza si addolcirono in un istante e il temporale al loro interno sembrò bloccarsi.
-Però c'è qualcosa in quella ragazza che la rende speciale per me.- abbassai lo sguardo temendo che gli occhi di Annabeth si rabbuiassero di nuovo, detestavo vederla triste.
Ma ero sicuro di quello che stavo dicendo: tutto in Francy mi colpiva perché ,nonstante fossimo così diversi, mi ricordava me stesso.
Rialzai lo sguardo, Annie era lì davanti a me. Così diversa da lei esattamente come era diverso il sentimento che io provavo nei loro confronti -Farò qualsiasi cosa per impedire che muoia.- conclusi deciso.

*~Francy~*

Mi sembrava di sentire le ore passare sul mio corpo mentre restavo immobile, in ginocchio, con lo sguardo fisso al terreno.
Cercavo nella mia mente la motivazione di andare avanti ma non la trovavo: Sole era scomparso probabilmente per sempre, avevo perso la mia unica guida, avevo fame e sete.
"Non so nemmeno come uscire da questa foresta" pensai torturandomi le mani "figuriamoci come uscire dal Tartaro.".
In quel momento lo zaino emise un suono, un misero "bip", come un segnale di notifica e si illuminò di blu.
Lo guardai perplessa e allungai le mani esitanti. Aprii lentamente la cerniera e la luce blu si precipitò fuori inondandomi il viso. Misi le mani nello zaino e estrassi la fonte della luce.
La grande Δ impressa sul computer di Dedalo si era illuminata ed espandeva la sua luce tutto intorno. Con qualche esitazione aprii il computer e la luce bianca dello schermo di unì a quella blu della lettera Delta ad illuminare i tronchi degli alberi.
Tornai a guardare lo schermo dove una finestra che si era aperta riportava un messaggio in greco antico. Non ebbi difficoltà a tradurlo ma lo rilessi più di una volta per paura di aver capito male, il messaggio recitava "Scansione automatica del luogo completata. Cliccare su "continua" per visualizzare la cartina, altrimenti premere "invio" per annullare. In questo caso la cartina sarà rimossa definitivamente.".
Un sorriso iniziò a farsi strada sulla mia faccia: se avevo capito bene quella cartina poteva essere la mia salvezza.
Facendo molta attenzione portai le mani tremanti alla tastiera del computer, tenendomi bene distante dal pulsante "invio", e avvicinai il puntatore alla scritta "continua" e con il cuore che batteva sempre più forte premetti il pulsante.
Un' altra finestra iniziò a comparire e poco dopo i miei occhi riflettevano una cartina in bianco e nero.
Il mio sguardo schizzava irrefrenabile da una parte all'altra dello schermo alla ricerca disperata di un segno inequivocabile che quello era proprio ciò che cercavo.
E ad un certo punto sulla carta comparve un piccolo punto rosso lampeggiante. Avvicinai il viso allo schermo, il punto si trovava in una parte della cartina piena di linee confuse.
Ci misi un po' a capire che quelli erano alberi e quel puntino ero io, o meglio era il computer appoggiato sulle mie cosce.
Guardando il resto della cartina vidi che erano segnati tre corsi d'acqua. Tre corsi che si incontravano in un unico punto. Poco lontano da lì si scorgeva quello che poteva essere un tempio.
Tornai al puntino rosso e provai a cliccarci sopra, apparve una piccola finestra che mi chiese di scegliere una destinazione. Con un dito percorsi tutta la cartina, ad un certo punto mi fermai su quella che sembrava una grossa pianura oltre un piccolo fiume. Vicino alle pareti di roccia si poteva scorgere qualcosa di simile all'inizio di un tunnel. Non esitai, ci cliccai sopra.
*bip* "percorso selezionato: Foresta delle Maledizioni-Porte della Morte. Premere "ok" per visualizzare il percorso"
In un attimo sulla cartina comparve un percorso blu, il puntino rosso ora era una freccia che indicava la direzione in cui ero girata. Studiai il percorso mentalmente e senza esitare richiusi il computer e lo infilai nello zaino. Lo raccolsi e con decisione mossi qualche passo in direzione dell'uscita dalla foresta.
"Ucirò di qui sana e salva, scoprirò la verità. Lo farò per entrambi Sole."

***

Si riusciva di nuovo a scorgere una leggera luce rossastra farsi spazio fra gli alberi, ero quasi uscita quando un forte rumore di rami spezzati e sbattere di ali mi fece sobbalzare. Sguainai la spada girandomi di scatto, in tempo per scorgere una sagoma nera  atterrare poco distante da me con un tonfo sordo.
Altre la imitarono, in pochi secondi venni circondata.
-Chi siete? Cosa volete da me?- gridai girandomi più di una volta su me stessa e cercando di tenerle lontane tutte con la spada.
La prima figura che era scesa dagli alberi alzò la testa e i suoi occhi rossi fissarono i miei. Mosse qualche passo in avanti mantenendosi distante dalla spada.
"Noi siamo le Arai. Popoliamo questa foresta dall'alba dei tempi." la voce non proveniva da quella che avevo davanti: veniva da ogni direzione, sfrecciando sulla terra rugusa, infilandosi tra gli alberi morti e rimbombando in tutta la foresta.
-Cosa volete da me?- approfittai del fatto che non sembravano volermi attaccare per studiarle meglio: gli occhi rossi illuminavano il viso anziano da vecchietta demoniaca dandogli un'aria assassina piuttosto raccapricciante, delle ali da pipistrello nere erano ripiegate lungo i fianchi, il corpo era fasciato in una veste di seta nera stracciata e al posto delle gambe scintillavano un paio di artigli dall' aria tagliente. Sembravano Arpie.
"Ti stavamo aspettando Francesca Evans, sembrava che ti volessi fermare prima ma alla fine sei arrivata." tuonò nuovamente la voce "Benvenuta nella Foresta delle Maledizioni."
-Quali Maledizioni?- chiesi rialzando la spada.
"Quelle degli amareggiati, degli abbandonati e dei morenti che implorano vendetta come loro ultimo desiderio." mi rispose la voce "Ognuna di noi ne incarna una e l'avvera quando ne ha l'occasione, noi portiamo giustizia. Tu sei una giovane semidea con una grande maledizione sulle spalle fin da quando sei nata. Nessun mostro a mai voluto maledirti."
Le guardai perplessa: in pratica quelle "donne" erano delle paladine della giustizia, salvatrici dei depressi che maledicono il mondo. Questo secondo loro, ma per me rimanevano delle vecchie rugose demoniache portatrici di maledizioni. La storia della maledizione che mi portavo sulle spalle da sempre senza saperlo sembrava interessante ma non avevo molta voglia di trattenermi a chiacchierare con le Arai.
-Bene... quindi visto che la mia pena la sto già scontando se non ci sono problemi io me ne andrei.- tentai di allontanarmi ma il cerchio delle Arai si strinse di più intorno a me.
-Sentite: io voglio solo andarmene da questo posto.- dissi esasperata.
"Prima devi accogliere la tua maledizione Francesca Evans." le Arai iniziarono ad avvicinarsi di più, senza staccare i loro occhi rossi dalla lama della spada.
-Ma avete detto che nessun mostro mi ha mai maledetto.- protestai.
"Ma noi non esaudiamo solo i desideri di vendetta dei mostri ma di tutti quelli che hanno sofferto per colpa di qualcuno." Una delle arai mostro i denti in un sorriso mal riuscito "E tu hai portato molta sofferenza mia cara."
-Io non ho mai fatto soffrire nessuno, almemo non tanto da beccarmi una maledizione.-
"Forse semplicemente non puoi ricordarlo..."
Smisi di tentare di farmi strada tra le arai e mi voltai incuriosita verso quella che era scesa per prima dall' albero.
-Cosa intendete?- ora volevo delle risposte.
"Stai per scoprirlo." Con queste parole una delle arai mi si lanciò contro, la evitai buttandomi a terra e poi velocemente mi rialzai roteando la spada. Sopra la testa.
Altre arai si alzarono in volo spalancando le grandi ali nere, iniziarono a volarmi intorno come un piccolo tornado che si stringeva sempre più.
Il vento provocato dal turbine mi avvolgeva e sparpagliava i miei capelli offuscandomi la vista. Alcuni artigli si allungavano esitanti verso di me graffiandomi le braccia.
Riuscii a vedere una di quelle vecchiette malefiche staccarsi dal gruppo e venirmi incontro con gli artigli tesi giusto in tempo per reagire, la respinsi con il piatto della lama rimandandola nel gruppo. La sagoma colpì una sua compagna intenta a volarmi intorno e la trascinò fuori con il suo peso.
"Non puoi resistere per sempre" tuonò la voce "arrenditi e accetta la maledizione che ti sei meritata."
Un' altra demone lasciò il tornado e venne verso di me più decisa delle precedenti. Sollevai la spada pronta a colpire e urlai tutta la mia frustazione: -Non ho fatto niente!- menai un fendente, la lama della spada incontrò il corpo della demone e la disintegrò.
Le Arai si bloccarono, per un secondo pensai davvero di aver vinto, molte tornarono tranquille sui rami degli alberi. Abbassai la spada ansimante e feci per prendere lo zaino e incamminarmi verso la luce ma una voce rise sprezzante.
"Anche questa volta giustizia è stata fatta" suonava gelida e divertita allo stesso tempo "sei condannata Evans: maledetta per la sola colpa di essere nata, odiata da chi la vita te l'ha data."
Mi guardai intorno confusa -Ma sono viva, sto bene.- dissi indicandomi -Avete fallito.-
"Ma il nostro obbiettivo non era ucciderti, tu hai una maledizione speciale." Nel momento in cui queste parole risuonarono nell'aria un vento gelido iniziò a soffiare attraverso gli alberi, un nuovo turbine si formò intorno a me.
"Lui è morto per colpa tua, e ora tu sei condannata a sentire il freddo che si prova a dover abbandonare la vita. La consapevolezza di non avere più scelta e gli ultimi sorrisi delle persone amate portano più freddo dell'inverno.
" Piccoli cristalli di ghiaccio iniziarono a formarsi nell'aria che roteava sempre più forte intorno a me, iniziai a tremare per il freddo. Il vento sollevava i miei capelli e la mia maglietta, piccoli fiocchi di neve mi sferzavano la faccia come lance appuntite.

-No non può essere.- il mio cervello ragionava in fretta tralasciando i dettagli -Lui non è morto. Lui non mi ha maledetto.- ogni singolo mio pensiero andava verso un' unica persona.
Ma non poteva essere stato lui, non l'avrebbe mai fatto.
"Perché no?" mi ritrovai a pensare.
Se davvero era morto era tutta colpa mia e allora avrebbe avuto tutte le ragioni di maledirmi. Ma non riuscivo a crederci.
"Che aspetti?" rimbombò la voce per l'ultima volta "Ormai è tardi per tornare indietro."
Puntai lo sguardo verso la luce e mi avviai barcollante nelle correnti gelate che mi circondavano. La temperatura fuori si faceva sempre più bassa e le frecce di ghiaccio tempestavano la mia pelle. Ma la cosa più insopportabile era sentire il freddo farsi strada all' interno del il mio corpo.
Il vuoto lasciato dai sensi di colpa si stava riempiendo di ghiaccio congelandomi lentamente.
Appena uscita dalla Foresta delle Maledizioni  mi ritrovai dentro la vera tempesta. Il vento mi colse impreparata, le mie gambe cedettero e mi rotrovai in un attimo con la faccia a terra.
Le braccia e le gambe congelate, il cuore svuotato.
Mi misi in ginocchio tremante e portai le mani a coprire le braccia.
Una lacrima iniziò a scendere lungo la guancia e rimase congelata su di essa a rappresentare esattamente come mi sentivo.
Con le labbra tremanti mormorai -Perché? Perché l'hai fatto?- altre lacrime mi rigarono le guance. -Sole...- pronunciai il suo nome senza disprezzo, era più una supplica: mi mancava, avrei dato la mia vita per la sua e me ne rendevo conto adesso. Ora mi trovavo all'inferno.
ANGOLO AUTRICE:
Buon salve semidei! Visto che sono una persona magnanima ho deciso che nonostante la quasi totale assenza di recensioni continuerò a scrivere questa storia anche su EFP perche è il sito che l'ha vista nascere. Ma comunque (messaggio diretto alla gente che legge questa storia e non si é mai degnata di lasciare neanche un "bella storia" o un "storia schifosa")  sappiate che per quanto possa sembrarvi una cosa di poco conto per chi scrive è importante ricevere l'opinione dei lettori. Mi scuso con Sara JB per lo sfogo, grazie per la recensione cara💙.
Bene detto questo, buona lettura ragazzi!
my_hero_is_percy jackson
PS: io ho sempre recensito le storie che leggevo, punto primo perché fa bene esprimere la propria opinione di tanto in tanto e punto secondo perché le recensioni invogliano gli autori a continuare a scrivere. Quindi non siate pigri portate le mani alla tastiera e spendeteli quei due minuti di tempo.

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Capitolo 20
*** Give me back. ***


*~Me~*

 Faceva freddo, troppo freddo. Per la prima volta da quando ero nel Tartaro avrei voluto avere un maglione e non un ventilatore.

Quando ero partita dal Campo Mezzosangue faceva abbastanza caldo e Annabeth mi aveva detto che gli Inferi non erano esattamente un posto freddo, quindi avevo deciso di partire senza una felpa. Fino a quel momento si era rivelata una scelta vincente, ora invece la rimpiangevo.
Dai tagli che le schegge di vetro avevano fatto nei miei jeans entravano l'aria gelida e la neve congelandomi i muscoli e tormentandomi i tagli ancora aperti.
Ma d'altronde come facevo a sapere che delle vecchie-pipistrello-gallina mi avrebbero maledetto costringendomi a camminare nell'inverno più freddo che la mia giovane vita avesse mai vissuto?
Mentre pensavo a queste cose continuavo a camminare in discesa facendo ben attenzione a dove mettevo i piedi. Camminavo da un po' seguendo la cartina sul computer e le mie gambe iniziavano a protestare. Era una discesa piuttosto ripida e il terreno era disseminato di ciottoli e grosse pietre dall'aria instabile.
Era talmente tanto tempo che incespicavo su quella strada che quasi non mi accorsi quando i miei piedi iniziarono a camminare in piano. Alzai lo sguardo, la bufera intorno a me lasciava intravedere una nebbiolina gialla che sostava su un terreno piano ricoperto di macchie verdognole viscide e puzzolenti. Ogni tanto dalla terra spuntavano delle canne, quelle più vecchie erano tutte spezzate come se qualcuno fosse passato in tutta fretta oltre quella barriera di nebbia.
Mi incamminai e dopo un po' di tempo mi ritrovai su quello che sembrava un sentiero di muschio. Allora alzai la testa: la nebbia si era diradata e ,quando le piccole schegge di ghiaccio non mi tormentavano gli occhi, riuscivo ad intravedere infondo al sentiero quella che sembrava una casa.
Trattenni il respiro con un espressione speranzosa e feci un passo sul sentiero. Riuscivo a sentirlo morbido sotto le scarpe, intorno a me si stendeva una palude dal forte odore di fogna. Delle canne spuntavano altissime in mezzo all'acqua putrida e a quello che sembrava catrame.
Guardandomi intorno distratta misi un piede fuori dal sentiero (che era anche piuttosto largo) e prima di riuscire a trovare qualcosa dove reggermi scivolai sulla melma verde e finii con la faccia nella palude. L'acqua mi si chiuse sopra la testa zittendo l'urlo del vento e il lontano rumore dei tuoni.
Pensai seriamente di fingermi morta e rimanere lì per sempre, le mie gambe non ne potevano più di camminare. Dovevo fermarmi e in fondo quell' acqua schifosamente viscida e puzzolente era il posto più accogliente dell'ultimo periodo.
Fu proprio il pensiero della casa accogliente a darmi il coraggio di reagire, misi una mano sul sentiero e puntai le ginocchia nel terreno melmoso. Rialzai la testa gocciolante dall'acqua un eternità dopo e presi un bel respiro non per il bisogno di aria ma per recuperare un po' di volontà.
Mi alzai in piedi barcollante. L'acqua mi arrivava appena sopra alle ginocchia, ero totalmente zuppa. I capelli erano un unico groviglio di melma e la collana che portavo al collo aveva raccolto un grosso pezzo di quella sostanza nera appiccicosa. Mentre la guardavo disgustata notai che a pochi passi da me c'era quella che sembrava un' enorme orma di dinosauro. Rimasi stupita per un attimo, poi decisi che era meglio uscire da quell' acqua putrida e mi voltai.
Alzai una gamba portandola sul sentiero e tentai di risalire dandomi la spinta con l'altra, ma fu inutile: l'acqua densa opponeva troppa resistenza e io non avevo più la forza di reagire. Così appoggiai il busto sul muschio e rotalai sul sentiero con un movimento decisamente poco elegante.
Rimasi per un attimo a guardare il soffitto con le braccia e le gambe allargate. Dalla mia bocca uscì un lamento di frustrazione.
Mi misi a sedere non senza difficoltà e mi allungai per prendere lo zaino che era a qualche passo da me. Ero riuscita a lanciarlo appena in tempo per fortuna: lì dentro c'era il mio cibo e il cibo andava protetto con la vita.
Tirai fuori il computer per controllare che fosse tutto intero, schiacciai un tasto a caso sulla tastiera e lo schermo si accese mostrandomi la mappa su cui lampeggiava la mia posizione. Ero a pochi passi da quella che poteva essere la mia salvezza.
Rimisi tutto a posto e mi alzai con fatica. Notai che quelle orme enormi continuavano verso la casa ma non mi lasciai scoraggiare.
***
I vestiti mi si erano quasi congelati addosso quando mi trovai a pochi metri dalla casa e quando alzai lo sguardo rimasi a bocca aperta: era enorme e con enorme non intendo che era una villa. Sembrava più una capanna per un gigante, alta almeno dieci metri.
Tutto intorno era deserto, ma in lontanaza si scorgeva qualcosa, sembrava un albero ma la tempesta mi impediva di vederlo chiaramente così decisi di avvicinarmi. Quando gli arrivai vicino dovetti mettermi una mano davanti alla bocca per non gridare.
Era effettivamente un albero, ma era conficcato nella bocca spalancata di un vecchio scheletro appartenuto probabilmente a chi aveva lasciato quelle impronte nel catrame.
Indietreggiai traballante fino alla porta della casa e la mia mado toccò qualcosa di viscido. Mi resi conto che le pareti erano fatte con quella che sembrava la pelle di un serpente. Lucida gialla e resistente, doveva essere un serpente enorme.
A quel punto collegai lo scheletro alla pelle arrivando alla conclusione che non si trattava di un dinosauro... molto probabilmente era un -Drago...- bisbigliai.
Notai che delle orme leggermente più fresche si staccavano dalla fila orignale che portava allo scheletro e arrivavano fino alla porta per poi proseguire in un'altra direzione. Mi abbassai per vederle meglio: erano abbastanza profonde, come se l'animale avesse aspettato un po' sulla soglia prima di andarsene.
Di sicuro non si trattava dello stesso che era conficcato nel terreno quindi era molto probabile che ce ne fossero altri. Era più furbo entrare in casa sperando che il padrone si fosse preso una luuunga vacanza ai caraibi.
Iniziai a spingere la porta verso l'interno puntando i piedi e appoggiando la schiena alla superficie in legno ricoperta di pelle. Il vento mi tirava per la maglietta come se volesse impedirmi di entrare.
L'asse di legno era spessa quindi pesava parecchio ma riuscii a muoverla quel tanto che bastava per infilarmi dentro. Diedi un ultima occhiata al paesaggio per assicurarmi che non arrivasse nessuno e feci scivolare dentro il mio corpo strappandomi dalla morsa della tempesta. La porta si richiuse all'istante dietro di me con un tonfo sordo.
Per un piacevole attimo provai una sensazione di calore al riparo dalla neve e dalle interperie, ma durò poco. Dopo un minuto iniziai a sentire il gelo nel mio petto espandersi in tutto il mio corpo.
Fuori le intemperie scuotevano la casa, il vento urlava e si schiantava contro i muri sibilando, la neve turbinava tutto intorno in attesa che mi facessi di nuovo viva ma il vero inferno era dentro: i sensi di colpa mi stavano uccidendo.
Un vero mostro puoi combatterlo e sperare di vincere, ma quando si tratta di lottare contro sé stessi hai già perso in partenza.
☆Olimpo☆
Il re degli dei era seduto impassibile sul suo trono, come una di quelle statue di marmo che i mortali amavano tanto mettere nei loro tempi. Ecco, Zeus era un immenso e regale blocco di marmo.
Ade aveva richiesto un consiglio straordinario, cosa che non capitava dai tempi della guerra di Troia. Gli dei speravano che non li avesse riuniti tutti lì per parlare del problema della sovrapopolazione del suo regno o della campagna "rinasci per una vita migliore".
Ade era in piedi davanti a tutti e fissava il fratello in attesa che gli concedesse la parola. Non sembrava agitato, solo ansioso di comunicare qualcosa di importante.
-Allora sentiamo. Cosa è così urgente da portati fuori dal tuo, bellissimo e luminoso, regno e spingerti a convocare un consiglio straordinario di emergenza quassù fratello mio?- tuonò Zeus, Dioniso che si stava addormentando sobbalzò.
Ade percorse tutti i troni con uno sguardo prima di dire -Una semidea si è addentrata nel mio regno qualche giorno fa e...-
Poseidone non gli lasciò finire la frase e scoppiò a ridere -E tu ci hai convocati qui per dirci che la ragazza partita dal Campo Mezzosangue è arrivata negli Inferi? Grazie ma lo sapevamo già.- anche gli altri dei si unirono alla risata, tranne Demetra che sembrava troppo intenta a fissare i propri piedi con interesse per prestare attenzione alla conversazione. Guardandola meglio si poteva notare con quanta forza si accingesse a torturare i braccioli rosso papavero del suo trono con le unghie lunghe. Ma per un occhio poco attento come quello di Zeus poteva tranquillamente sembrare impassibile e non interessata al dibattito.
Il dio degli Inferi guardò irritato i presenti e non potè fare a meno di notare la reazione insolita della dea. Nelle risate generali sbottò -Allora immagino che sappiate anche perché le Moire sono andate a fare
 visita ai nostri figli...-
L'assemblea si zittì all'improvviso. E Demetra alzò la testa in un gesto istintivo. A quel punto fu chiaro nella mente del dio che la sorella sapeva qualcosa.
-Mi scuso per avervi disturbato e sciolgo il consiglio straordinario.- disse compiaciuto alle facce degli dei.
-Aspetta...- brontolò Zeus -parla.-
-Oh beh grazie- Ade si finse lusingato e si sistemò la tunica nera prendendosi un po' di tempo prima di parlare -Le Moire hanno deciso di fare una visitina al campo questa settimana, mio figlio ha pensato bene di dirmelo subito.-
-Si ma perché?- chiese Ares spazientito.
-Ottima domanda.- commentò Ade e percorrendo a grandi passi la stanza continuò -All' inizio, quando le Moire hanno lasciato il loro nascondiglio non gli ho dato molto peso perché non era la prima volta che accadeva, ma quando la ragazzina è arrivata al mio palazzo e mi ha annunciato la profezia le cose sono cambiate.-
-In che senso?- Zeus si sporse in avanti con la fronte corrucciata.
-Zeus, la ragazza ha portato una profezia che parla di "dea sconfitta".-
L'intero olimpo sembrò sobbalzare a quelle parole.
-Sappiamo tutti a cosa si riferisce vedo...-
-M-ma come è possibile?- Era sembrava la più sconvolta di tutti.
-Non lo so...- Ade scosse il capo pensieroso e per un attimo rimase muto mentre nella sala si diffondeva il terrore portato dalle sue parole.
All'improvviso il dio degli Inferi rialzò il capo con un sorriso tirato -Ah però c'è un'altra cosa che forse potrebbe aiutarci a capire
...- si voltò verso Demetra che era rimasta immobile sul suo trono e camminò veloce fino ad arrivarle davanti. La dea si mosse a disagio e spostò lo sguardo su Afrodite che era nel trono accanto al suo.
-La profezia parlava anche di un "abisso da cui sono venuti".- il dio le prese il volto con una mano e lo raddrizzò i modo da guardarla negli occhi -Tu ne sai qualcosa?-
Tutti gli dei la guardavano aspettando che parlasse.
-Non so di cosa parli.- sibilò la Dea con odio spostando la mano di Ade in malo modo.
-Perché tua figlia e quel ragazzo romano si sono buttati nel Tartaro Demetra? Perché le Moire li stanno cercando?- Ade batté il pugno su un bracciolo del trono, si stava surriscaldando.
-Aspettate... anche il ragazzo romano è andato con lei?- chiese Apollo spezzando per un attimo la tensione. Tutti gli sguardi furono su di lui in un attimo.
-Si...- disse Ade perplesso.
Apollo sembrò soppesare la notizia per un attimo, poi notando che tutti gli occhi erano su di lui si affrettò ad aggiungere -Ok... scusate non lo sapevo. Continuate pure.-
Ade tornò subito ad attaccare la sorella senza dare troppo peso all'intromissione del dio
-Le Moire non si scomodano per poco e tu lo sai... che cos'ha di tanto speciale tua figlia da spingerle fino al Campo Mezzosangue?-
-Ho detto che non ne so niente!- gridò la dea con rabbia e alzandosi spinse Ade lontano dal proprio trono. Le labbra di Demetra tremavano mentre gridava e i suoi occhi scattavano da un dio all'altro per esaminare i loro volti perplessi.
-Demetra!- tuonò Zeus alzandosi in piedi, aveva un'espressione irritata e guardava la dea con decisione -Smettila di mentire e dì quello che sai.-
Demetra sibilò qualche insulto in greco antico verso il fratello che si sistemava la tunica nera indifferente.
-Demetra di quello che sai e non verrai punita. Hai la mia parola.- Era rivolse uno sguardo comprensivo alla solella.
Le gambe della dea iniziarono a tremare, e alla fine cedettero sotto il peso dell'ansia e dei segreti tenuti nascosti per tutti quegli anni.
I capelli scuri le ricaddero davanti al volto rigato di lacrime, Zeus la guardava impassibile mentre gli altri sembravano tutti trattenersi dal correre a consolarla.
-N-non è per me che mi preoccupo. M-mi dispiace...- balbettò alzando lo sguardo -avrei dovuto dirvelo prima ma non potevo farlo, ormai è troppo tardi.-
*~Me~*
Un fuoco caldo brillava al centro della stanza ma non mi riscaldava affatto. Non era servito un genio per capire che quelle ossa raggruppate con cura in un angolo potevano essere bruciate insieme alla pece.
Vicino al fuoco giacevano un pentolone vuoto e un libro dal titolo "stufato di drago e altre ricette a base di mitologia". Puntualmente il mio cervello mi fece notare che probabilmente poteva esserci anche qualche ricetta a base di semidio lì dentro.
Rabbrividendo andai ad esaminare il resto della casa: poco più in là del fuoco c'era un letto enorme ricoperto di cuscini di pelle e coperte di lana. Era disfatto, notai allora che molti oggetti sembravano essere stati lasciati abbandonati sul pavimento in tutta la casa. Chiunque abitasse lì se ne era andato in tutta fretta.
Resistetti alla tentazione di buttarmi sul letto e dormire così come ero: bagnata e sporca di melma. Indietreggiando distrattamente andai a sbattere contro il bordo di un lavandino bianco candido, dello stesso colore delle ossa che ora ardevano nel fuoco.
Tutto il fondo era sporco di melma, segno che l'acqua che scendeva da lì era la stessa della palude e quindi non utilizzabile. Ma pregai ugualmente tutti gli dei perché aprendo il lavandino mi trovassi davanti dell'acqua bevibile, sapevo benissimo che non potevano sentirmi ma la speranza è sempre l'ultima a morire quindi mi concentrai sul mio desiderio e stringendo i denti girai l'enorme manovella.
Il mio cuore mancò un battito: una scia di acqua pulita scendeva verso il fondo del lavandino a sinistra e a destra un miscuglio denso di melma e altre schifezze usciva dallo stesso rubinetto.
"Probabilmente il propietario ha installato un filtro speciale" pensai e poi senza riflettere gridai -Ehy Sole vieni a vedere!- mi voltai di scatto e corsi nella stanza accanto dove il fuoco ardeva ancora. Percorsi con lo sguardo tutta stanza, il sorriso ancora stampato in faccia... Ma lui non c'era e il sorriso scomparve all'istante dal mio viso sporco. Il mio cervello mi diede della stupida e il mio cuore mandò un'altra ondata di gelo in tutto il corpo. Barcollai indietro appoggiandomi ad una parete per impedirmi di cadere a terra. Portai una mano al petto ma la ritrassi subito: era gelato, il mio corpo non emanava più calore.
Iniziai a pensare che continuando così sarei morta ibernata molto presto o comunque il mio cuore avrebbe smesso di battere.
Tornai nel bagno con un'espressione stravolta, mi tolsi rapidamente i vestiti puzzolenti che indossavo e ficcai velocemente la testa sotto l'acqua corrente. Era gelida ma almeno si stava portando via un po' della melma verde che avevo nei capelli.
Afferrai la saponetta bianca che era in bilico sul bordo del lavandino e cercando di non pensare che probabilmente era grasso di drago me la strofinai sui capelli.
Lavarsi dopo tutto quel tempo era una sensazione magnifica. Rialzai la testa lasciando cadere i capelli gocciolanti sulla schiena.
Afferrai i vestiti e buttandoli nel lavello iniziai a strofinarli con violenza.
-Vedrai Sole usciremo di qui... usciremo di qui.- continuavo a borbottare tra i brividi di freddo.
Presi una coperta dal letto e me la misi sulle spalle, poi portai i vestiti puliti vicino al fuoco.
Buttai dentro un po' di ossa e rimasi incantata a guardare le sfumature arancio rosse del fuoco.
"Quanto somigliano ai suoi occhi?" pesai lasciando la stanza.
Arrivai davanti al letto e mi lasciai cadere sopra il materasso morbido a peso morto. Di chiunque fosse quella casa mi stava salvando anche senza essere lì.
Mi avvolsi meglio nella coperta e chiusi gli occhi. Il freddo prendeva possesso del mio corpo dall'interno e fuori dalla casa lottava ancora per entrare, ma la casa non vacillava nemmeno.
Una lacrima mi rigò il viso, che piacere può darti un letto comodo se non dà calore? Pensai con nostalgia al tempio di Hermes, dormire seduti era scomodo esattamente come lo era il pavimento ma avrei dato tutti i letti del mondo per tornare a quel giorno.
ANGOLO DELL'AUTRICE RITARDATARIA
Ebbene sì! Sono tornata, no non sono ancora morta... Dopo ben due mesi, ooops. Devo porgervi le mie infinite scuse per due motivi:
-due mesi è un ritardo imperdonabile e me ne rendo conto;
-sono stata decisamente troppo dura negli ultimi due angoli autrice, sinceramente non so cosa mis sia preso: non era mia intenzione aggredirvi davvero... Ero un po' nervosa in quei giorni e mi sono sfogata così.
Ma ora basta riflettere sul passato... Parliamo della storia.
Questo capitolo si interrompe con un interrogativo (solo uno? Davvero?): cosa sa Demetra? Ook forse anche: Perché le Moire stanno cercando i nostri eroi???? Sole mi suggerisce anche: che fine ha fatto il nostro superfigo?
Chi ha letto la casa di Ade sa di chi è la casa dove si trova Francy... Piango :'(
Beh per ora è tutto, che le Parche vi sorridano!
my_hero_is_percy jackson
Ps: il nuovo capitolo è già scritto per metà quindi dovrei pubblicarlo presto! Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo :-*

 

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Capitolo 21
*** Jumping into the deep ***


*~Me~*

 Mi svegliai tremando, avevo la sgradevole sensazione di non riuscire più a muovere niente. Mi chiesi di nuovo se volevo davvero continuare questo viaggio o fermarmi lì: avevo una casa enorme a mia disposizione, dell'acqua corrente, un letto comodo e il tempio di Ermes a qualche chilometro di distanza. Cosa mi serviva ancora?

Facendomi forza mi alzai trascinandomi dietro la coperta, mi diressi verso il lavandino e aprii il rubinetto. Stavo per mettere le mani a coppa sotto l'acqua corrente ma mi ritrassi disgustata: l'acqua non scorreva più pulita, era un unico miscuglio di schifezze.
Portai le mani alla faccia e sbuffando mi strofinai gli occhi. Sentii qualcosa di ruvido sotto le dita, allora passai la mano lentamente su tutta la guancia, era ruvida e fredda.
Alzai lo sguardo, sopra il lavandino era appeso uno specchio ma ero troppo bassa per arrivarci (che novità) così appoggiai le mani sul lavello, un leggero strato di ghiaccio si diffuse sulla superficie bianca ma non ci feci caso, dopo un bel respiro mi detti una leggera spinta con le gambe e raddrizzai le braccia. Tremavo per lo sforzo ma riuscii a raccogliere le gambe quasi fino al petto, appoggiandole sul bordo del lavandino e riguadagnando un po' di stabilità. Raddrizzai la schiena titubante, mi ero arrampicata su mobili più alti me quando ero alla family of orphans ma in quel momento mi sentivo come se il mio intero corpo potesse essere spazzato via in una nube di polvere da un leggero soffio di vento.
Appoggiando le mani al muro distesi lentamente le gambe ritrovandomi all'altezza dello specchio, alzai lo sguardo dai miei piedi e sgranai gli occhi: la mia pelle aveva un colore grigiastro a tratti azzurrognolo ed era piena di quelle che sembravano crepe, come in una bambola di porcellana solo che la mia pelle era ruvida e screpolata, le mie labbra erano quasi totalmente blu e i miei occhi avevano perso colore tranne per le grosse occhiaie viola che erano comparse. Aprii la bocca per gridare ma non ne uscì alcun suono, d'istinto staccai le mani dal muro per portarle al viso ma il movimento veloce mi sbilanciò all'indietro.
Un attimo dopo mi ritrovai stesa a terra molto dolorante. Mi misi a sedere di scatto portandomi di nuovo le mani al viso, potevo sentire le crepe sotto le dita percorrermi tutta la faccia. Stavo morendo congelata. Tolsi velocemente la coperta e osservai il mio corpo nudo: proprio sul cuore si aprivano dei grossi tagli profondi, come se qualcuno mi avesse pugnalato più volte, i tagli si diramavano poi in linee più sottili che percorrevano tutto il corpo. Tutta la pelle aveva il colore del mio viso e i tagli sembravano crepe nel ghiaccio.
Mi alzai e velocemente mi arrampicai sul letto, mettendomi in punta di piedi riuscii a scorgere il mio riflesso nello specchio.
-Devo andarmene di qui.- bisbigliai ancora incredula -Devo uscire, questo posto mi sta uccidendo.- dissi più forte.
Afferrai la coperta, corsi vicino al fuoco, presi i miei vestiti caldi e me li misi addosso; il calore sparì in un attimo ma almeno il tessuto coprì il corpo alla mia vista. Accesi il computer e consultai la mappa: avevo un lungo percorso da fare prima di arrivare in un punto in cui la strada da percorrere si interrompeva per ricominciare all'improvviso poco dopo. Decisi che avrei proseguito ugualmente per quella strada finché potevo, poi avrei deciso cosa fare.
Richiusi il computer nello zaino che mi caricai in spalle e mi avvolsi nella coperta. Diedi un ultimo sguardo alla casa e gettandomi sulla porta la tirai verso di me quel tanto che bastava per farmi uscire. Una scritta in greco antico tracciata nella terra catturò il mio sguardo, non l'avevo notata prima. Era proprio dietro alla porta, sulla soglia all'interno della casa, diceva "Non accettare mai un destino che non vuoi solo perché te lo hanno assegnato, combatti fino alla fine e non arrenderti mai. Io non l'ho fatto."
Rimasi sulla soglia titubante. All'esterno la neve giaceva immobile sul terreno, il vento sembrava essersi placato. Nell'aria alleggiava un silenzio che non sentivo da tempo.
La porta si richiuse all'improvviso dietro di me spingendomi in avanti, non persi l'equilibrio ma, non appena i miei piedi toccarono la neve depositata, iniziai a sentire del movimento in lontananza.
Alzai lo sguardo, gli occhi sbarrati, dalla palude si alzò una corrente di vento che sollevava la neve portandola con sé e si precipitava verso di me. Portai le mani al viso per proteggermi, la tempesta mi centrò in pieno petto scaraventandomi addosso alla porta.
I fiocchi di neve turbinavano intorno a me veloci e si appiccicavano al mio viso scoperto congelandosi; sembravano molto felici di rivedermi, ma io non avevo il loro stesso entusiasmo.
Mi alzai traballante mentre la tempesta mi strattonava da ogni parte, le orme di drago erano di nuovo visibili ora che la neve turbinava intorno a me e guarda caso procedevano proprio nella direzione in cui dovevo andare io.

 

~Percy~

Da ormai due giorni eravamo stanziati all'uscita del Tartaro o almeno quello era il posto da cui, secondo le Moire, sarebbero dovuti uscire Sole e Francy.
Era una una grossa pianura verdeggiante con qualche raro albero ancorato al terreno, ma la cosa più strana era che se camminavi per una decina di metri dal nostro accampamento improvvisamente ti ritrovavi in una porzione di terreno pianeggiante e arida. Al centro del cerchio di terra scura si trovava un altare di legno.
Su quel terreno non cresceva nemmeno un filo d'erba, era in contrasto con il resto del paesaggio quindi era assolutamente inconcepibile che nessun mortale l'avesse mai notato prima.
Le Moire ci avevano proibito di entare nel cerchio di terra arida per vedere l'altare, ma da lontano si poteva capire che non era altro che un albero che sosteneva una lastra di marmo con degli strani simboli indecifrabili scritti sopra.
Emanava una sorta di energia magica piuttosto potente, la sentivamo tutti. Quel altare era stato costruito dagli indiani nativi del luogo molto tempo prima, emanava un potere incredibile motivo per cui i mortali non amavano avvicinarsi alla pianura.
-Che cosa guardi?- mi voltai di scatto: Annabeth era in piedi dietro di me e mi guardava con i suoi occhi grandi.
-L'altare...- risposi, ma il mio sguardo era perso nel vuoto.
-È davvero bello, è un perfetto esempio di architettura nat...- si interuppe e mi guardò storto -e a cosa stai pensando?-
-Perché siamo qui? L'uscita del Tartaro è alla Casa di Ade, non a pochi isolati da New York!-
Per un attimo sembrò stupita di non aver dovuto insistere perché le dicessi la verità, poi sospirò e si sedette al limite del cerchio di terra arida.
-Abbiamo tolto le catene alle porte quel giorno. Ricordi?-
-E allora?-
-E allora???- disse esasperata -Le porte possono apparire ovunque Percy...-
-Oh... giusto.- aspettai un po'di tempo prima di chiedere -E perché proprio qui?-
Annabeth scosse la chioma bionda -Le Moire sanno qualcosa che noi non sappiamo...-
-Sanno molte cose che noi non sappiamo.- aggiunsi sedendomi accanto a lei e cingendole le spalle con un braccio, la sua testa scivolò sulla mia spalla mentre davanti a noi il sole tramontava sull'ennesimo giorno.

 

*~Me~*

Tanto per cambiare il sentiero sembrava fatto apposta per non farti mai abbassare la guardia, era totalmente dissemminato di sassi appuntiti. Inoltre era scivoloso per via di un leggero strato di ghiaccio che si era formato in alcuni punti al mio passaggio.
Ricontrollai più volte il computer per accertarmi di essere sulla strada giusta, intorno a me si intravedevano di nuovo i lampi rossi squarciare l'aria e dipingere la neve vorticante di rosso sangue.
La coperta mi era stata strappata via dal vento quindi ora non avevo più nulla che mi coprisse le braccia violacee e fredde, la maglietta era strappata in più punti ed io ero di nuovo bagnata per via della neve.
Sul sentiero spuntavano sempre più frequenti cespugli di fiori e erbe strane, erano velenosi, avevano colori accesi e profumo nauseante. Mi chinai su un fiore per vederlo più da vicino nel tentativo di spiegarmi come potesse crescere qualcosa su quel terreno arido, l'aria lo scosse strappandolo dalla pianta e questo cominciò a roteare intorno a me trasportato dal vento, i suoi petali rossi erano in netto contrasto con la neve bianca e io rimasi incantata a guardarlo volteggiare per un istante.
In quel preciso momento dei forti singhiozzi penetrarono nella tempesta superando le urla del vento.
Alzai la testa di scatto e, traballando nel turbine d'aria, mi guardai intorno con la mano sull'elsa della spada: non riuscivo a vedere assolutamente niente. Tesi le orecchie e lo stesso suono mi giunse più volte dalla medesima direzione.
Sguainando la spada avanzai incerta, ora che ero molto stanca il fatto che non fosse molto bilanciata iniziava a pesare ma cercai ugualmente di impugnarla come se niente fosse. Mi ritrovai in uno spazio pianeggiante disseminato degli stessi fiori, davanti a me una donna molto magra reggeva uno scudo in grembo e lo bagnava con le lacrime che scendevano dal suo viso coperto dai capelli grigi.
"È solo una donna..." mi dissi "non mi farà del male" il mio braccio si rifiutò ugualmente di rimettere nel fodero la lama di bronzo celeste.
La donna non diede segno di avermi notato quindi tentai di attirare la sua attenzione con un finto colpo di tosse. Le sue spalle ossute non sobbalzarono, girò lentamente la sua testa verso di me e quello che vidi mi fece stringere di più la presa sull'elsa: i suoi occhi erano gonfi di pianto e le sue guance avevano dei profondi graffi di unghie. Probabilmente io avevo un aspetto di gran lunga peggiore ma in quel momento non ci pensai.
-Chi osa disturbare il pianto di Akhlys dea della Disperazione?- biascicò con la bocca impastata di pianto.
Indietreggiai un poco e balbettai -M-mi scusi, credevo non mi avesse vista.-
Lei mi guardò scettica -Un po' difficile non ti pare?- commentò adocchiando la tempesta che mi roteava intorno scompigliandomi i capelli. Non trovando niente per ribattere decisi di starmene zitta. Mi guardò per un attimo socchiudendo gli occhi e poi fece un sorriso storto, non era per niente come uno di quelli di Sole, mi mostrò i suoi denti gialli spezzati e spinse via lo scudo che rotolò per qualche metro per poi fermarsi con un rumore metallico.
Si alzò di scatto raddrizzando le gambe sottili sulle ginocchia gonfie e si mosse velocemente verso di me. Piccole lacrime continuarono a scorrerle lungo il viso nonostante il sorriso sempre più largo.
Allungò una mano e la posò di colpo sul mio viso percorrendone i lineamenti, non feci in tempo a scostarmi che una serie di immagini mi percorse la mente. Tutti i momenti peggiori della mia vita mi passarono davanti agli occhi ed ero abbastanza sicura di aver sentito un rumore sinistro provenire dal mio petto, probabilmente una crepa si era appena allargata. Cercai con tutte le mie forze di allontanarmi ma era come una calamita, non riuscivo a lasciarmi alle spalle la sofferenza quindi non riuscivo a respingere quella donna orribile.
-Quanta bella sofferenza...- commentò felice, la dea della Disperazione poteva essere felice?
-Tutta in una persona sola... incredibile che tu sia riuscita ad arrivare fino a qua. Chissà quanta ancora ne può sopportare la tua mente.- il suo sorriso si allargò ancora di più fino a raggiungere una dimensione che non credevo possibile, io mi sarei slogata una mascella probabilmente.
Raccolsi tutta la volontà che mi rimaneva -Si allontani... Mi lasci andare.- riuscii a bisbigliare.
-Oh non credo proprio ragazzina.- disse decisa togliendo la mano dal mio viso -Non capita mica tutti i giorni una semidea con una resistenza del genere. Voglio vedere quanto tempo ci metti a morire tra atroci sofferenze, vediamo potrei usare un po' di Belladonna... Nah é una morte troppo veloce.- si voltò per analizzare le diverse specie di fiori che la circondavano. Era decisamente troppo esaltata per i miei gusti. Nel momento in cui mi voltò le spalle i suoi occhi interruppero il contatto con i miei e la mia testa iniziò di nuovo a pensare autonomamente, insomma quella donna voleva uccidermi!
-No senta forse non ci siamo capiti.- raccolsi tutte le mie forze e alzai la spada -Non ho intenzione di fermarmi qui per farle da cavia, io uscirò di qui. Ho solo bisogno di un'indicazione.-
Akhlys mi ignorò totalmente -Oh questo potrebbe andare bene...-
-Mi sta ascoltando??? La prego mi dica solo se questa è la strada giusta per le Porte della Morte!-
La dea si chinò a toccare un fiore e commentò acida -Con quale coraggio?-
La guardai perplessa dalla sua domanda -Come scusi?-
Si voltò, le lacrime le rigavano il viso ma appena i suoi occhi rossi e gonfi mi videro si illuminarono.
-Con quale coraggio lasci questo posto sapendo che è tutto ciò che ti meriti?- Avanzò allargando le braccia, dietro di lei i fiori venivano somersi da un liquido nero dall'aria densa.
-Che cosa intende?- avevo un brutto presentimento.
-Lui non meritava tutto questo...- con una mano indicò il paesaggio circostante.
-N-non so di cosa stai parlando.- indietreggiai mentre la neve intorno a me si scuriva gradualmente, in pochi secondi nell'aria roteavano velocemente fiocchi neri che a contatto con la pelle formavano piccole bruciature dolorose.
-Sei un'assassina, ti meriti tutta questa sofferenza!- era sempre più vicina, la neve roteava sempre più fitta e sempre più veloce 
-Io non ho ucciso nessuno.- protestai.
-Lui ti ha seguita e tu lo hai abbandonato.- sapevo benissimo a chi si riferiva non servivano nomi.
-N-non è stata colpa mia...- dissi debolmente, la mia voce era incerta e le mie gambe tremavano -Io non l'avrei mai lasciato solo.-
-Sei rimasta ferma, non hai fatto niente per difenderlo...- non vedevo più la sua brutta figura, ma la sua voce entrava nella mia testa come sciolta nei vapori velenosi e mi confondeva facendomi abbassare la guardia.
-Io ci ho provato... non ho potuto fare niente.- la mia mente era annebbiata -Non ho potuto fare altrimenti.-
-Avresti potuto impedirgli di venire con te, lo sapevi che era un suicidio... saresti dovuta venire da sola!-
La mia testa scoppiava, Akhlys aveva ragione era solo colpa mia, se dovevo morire perché non adesso? Almeno mi sarei tolta i sensi di colpa.
-I-io...- bisbigliai.
-L'hai ucciso! Non meriti di uscire da qui mai più.-
Improvvisamente nella mia testa passò il ricordo di una promessa, avevo giurato che sarei uscita di qui per entrambi. Avevo fatto la promessa che non avevo avuto il coraggio di fare a Sole quando ancora eravamo entrambi al Campo Mezzosangue.
Il Campo Mezzosangue... facevo fatica a ricordarmelo ma sapevo che era la mia prima vera casa da quando ero nata.
Volevo tornarci, dovevo tornarci.
-Lasciati andare... lascia che la morte calmi i tuoi rimorsi.- la voce di Akhlys suonava dolce e comprensiva, ma probabilmente oltre la tempesta di neve nera la dea si stava godendo le mie sofferenze. Non potevo arrendermi ora.
-Non sono stata io.- la mia voce suonava decisa, ero determinata a non arrendermi ora.
-Oh si invece perché...-
-NON HO UCCISO NESSUNO.- gridai -SMETTETELA DI DIRMI CHE SONO UN'ASSASSINA.- il turbine di neve intorno a me tornò ad allargarsi ed io ripresi a respirare. Riuscivo a vedere la dea della Disperazione guardarsi intorno sconcertata.
Lasciai cadere la spada e in un gesto istintivo spalancai le braccia, la neve sembrò esplodere. Le macchioline nere schizzarono da tutte le parti compresa la faccia di Akhlys che si coprì il viso spaventata.
-Che cosa credevi di fare?- chiesi acida mentre intorno a me
 fiocchi di neve candida scendevano lentamente posandosi sulle mie spalle -Volevi schiacciarmi con i sensi di colpa, distruggermi con la sofferenza? D'altronde è la tua specialità, giusto?-

Akhlys, che ancora si guardava intorno spaesata nel tentativo di capire cosa fosse successo, sobbalzò. Si girò di scatto verso di me con gli occhi che grondavano lacrime.
-Che cosa hai detto?- puntò il suo indice ossuto verso di me.
-Volevi schiacciarmi con...-
-No, no dopo.- aveva un'espressione spaventata.
-È la tua specialitá...- dissi senza capire cosa ci fosse di così importante in quella frase.
Akhlys si avvicinò al mio viso e i suoi occhi guardarono a lungo nei miei, come in cerca di qualcosa nascosto in profondità per molto tempo, una piccola informazione che viaggiava nella mia anima confusa. All'improvviso lanciò un grido,
 saltò all'indietro e inciampando nello scudo finì a terra.
Continuando a guardarmi strisciò all'indietro trascinandosi sulle braccia e gridando -Tu sei come lui! Come ho fatto a non capirlo prima, stupida Akhlys! Lei è come lui...-
Con uno sguardo interrogativo tentai di avvicinarmi alla dea -Si sente bene? Posso fare qulacosa per...-
-NO! Non toccarmi.- dai suoi occhi sgorgavano due fiumi ormai -Non farmi del male.-
Ritrassi la mano guardandola sconcertata trascinarsi il più lontano possibile da me -Se non ricordo male è lei che ha tentato di uccidere me e non il contrario!- gridai -Io volevo solo sapere se questa è la strada giusta per le Porte della Morte...-
-Sisi!- si affrettò a dire vedendo che mi stavo di nuovo arrabbiando -Se vuoi ti accompagno, il passaggio non è lontano. Però tu stai calma, ok?-
-Ok...- dissi ancora indecisa su se fidarmi o meno, ma Akhlys si alzò in fretta e afferrandomi il polso con la mano fredda mi trascinò nel buio dietro di sé senza darmi tempo per pensare.
***
Incespicavo su un terreno che non riuscivo a vedere, il buio intorno a me era sempre più denso. Oltre la mano di Akhlys che teneva ancora il mio polso poteva esserci tutto come poteva esserci niente, eppure lei procedeva sicura trascinandosi dietro il mio corpo che invece era ancora riluttante all'idea di seguirla.
Riuscivo solo ad intravedere le rocce, che attraversavano il sentiero, giusto in tempo per aggirarle o per saltarle senza inciampare.
Più ci avvicinavamo alla fine della corsa più sentivo che era una pessima idea, c'era un potere antico lì da qualche parte e noi sembravamo proprio intenzionati a saltargli addosso.
Mentre ero immersa nei miei pensieri Akhlys si fermò di colpo e mi spinse in avanti, incespicai per uno o due metri prima di riuscire a ritrovare l'equilibrio.
-Ma cos...- mi voltai di scatto verso il punto da cui ero venuta, la dea si stava già allontanando ma io la richiamai -Ehy! Dove mi hai portato?-
Infastidita si bloccò e tornò indietro prestando molta attenzione a qualsiasi mio movimento -Sei nel punto esatto in cui la tua mappa si interrompe mia cara, proprio dove volevi arrivare.-
-Perché la mappa si interrompe? Come faccio ad arrivare dall'altra parte?- avevo un sacco di domande che mi frullavano nella testa ma tratteni quelle più imprudenti tipo: perché hai paura di me? A chi assomiglio?
-Dubito che quel coso- indicò sprezzante il mio zaino che conteneva il computer di Dedalo, come faceva a sapere che lo avevo non lo saprò mai -possa scannerizzare quello.- indicò con aria annoiata qualcosa alle mie spalle.
Mi voltai, a pochi metri da me la strada sembrava interrompersi. Mentre mi avvicinavo per controllare la dea era indecisa su se restare ancora, andarsene o darmi una spinta per farmi cadere nel baratro che ormai era praticamente ai miei piedi.
Infatti improvvisamente la terra si interruppe e io mi ritrovai a guardare verso il fondo di un burrone
 che sembrava non averne uno. L'oscurità si stava facendo più densa ma notai che molti metri più sotto c'era una specie di atrio che portava a sua volta ad una porta, una porta enorme e spalancata sulla facciata di un altrettanto enorme palazzo.
-Chi abita là sotto?- chiesi voltandomi verso Akhlys che sobbalzò -Mia madre.-
Tornai a guardare il baratro e stavo per chiedere chi fosse sua madre quando notai che il buio sembrava avvicinarsi.
-Dovresti spostarti.- mi avvisò la dea, ma io non ne vedevo il motivo. Il buio non ha una consistenza giusto? Sbagliato.
Venni investita in pieno e scaraventata un poco più in là. Qualcosa di duro mi aveva colpito in pieno viso, mi aspettavo che il naso mi sanguinasse e invece portandomi la mano al volto sentii sempre la solita pelle ruvida.
Mi rialzai dolorante a sedere e i miei occhi si ritrovarono a fissare il buio. Davanti a me stava un enorme massa scura informe, mi diedi della stupida: e io che avevo paura del buio sotto al letto da bambina quando ancora ero alla family of orphans.
Questo era davvero buio, appena i miei occhi si abituarono iniziai a scorgere una sagoma umanoide. La prima cosa che vidi fu il frustino di stelle che teneva in mano, forse perché lo fece scoccare ai miei piedi più di una volta.
Poi, seguendo la forma del suo braccio magro, arrivai al suo viso o meglio hai suoi occhi che brillavano rossi attirando il mio sguardo e nascondendo il naso
, mostrava una smorfia inquietante ogni volta che il suo sguardo passava da Akhlys a me. Scendendo il suo corpo era fasciato da un vestito lungo che sembrava contenere tutte le galassie e dalla sua schiena spuntava un paio di ali nere enormi che sbattendo lasciavano andare ondate di buio. La donna era davvero alta, di certo non era umana. Due cavalli neri dall'aria spettrale trainavano il cocchio sul quale la sua figura si stagliava fiera.
Mentre ero ancora intenta a studiarla con lo sguardo la donna parlò cogliendomi di sorpresa, ma non era rivolta a me. Il suo volto era rivolto verso Akhlys e non aveva un'espressione troppo felice.
-Ti avevo detto che non volevo vederne altri!- sibilò esasperata -Solo un compito ti avevo dato: fare in modo che i semidei non arrivassero al mio palazzo. NON MI SEMBRAVA COSÌ DIFFICILE!-
-M-madre... lei è... è come quello che era arrivato qui prima di lei!-
Per un attimo agghiacciante l'attenzione di entrambe fu su di me. Poi la madre di Akhlys tornò a guardarla e io ne approfittai per alzarmi in piedi.
-Ma che stai dicendo.- la voce della donna sembrava vagamente divertita -Si vede lontano un miglio che è solo una stupida figlia di Demetra.-
-Ehy!- gridai infastidita prima di riuscire a frenare l'irritazione per il suo commento, entrambi gli sguardi furono su di me e Akhlys mi guardò come se fossi impazzita.
Portai velocemente la mano alla bocca e spalancando gli occhi guardai il viso ossuto della donna avvicinarsi a me.
-Non ci siamo presentate, che sbadata...- disse fingendosi dispiaciuta -Io sono Nyx, Dea della Notte.-
Mi porse la mano libera dal frustino, non pensai nemmeno per un attimo di prenderla ma mi limitai a dire -Francesca Evans.-
"Dea della Notte" pensai "un titolo da niente insomma."
-Posso sapere cosa ci fa una semidea confinata nel Tartaro?- stavo per rispondere ma mi bloccò con la mano, il suo sguardo si fece serio ed aggiunse -Non tentare di rifilarmi la storia del tour turistico o ti butto nel Caos.-
Annui perplessa, la bocca ancora aperta -Dovrei arrivare alle Porte della Morte, ma non so come attraversare il baratro.- dissi evitando di parlare della missione che mi aveva portata lì.
-Oh beh questo è facile, avvicinati.- avanzai 
tenendomi a distanza da lei e mi sporsi di nuovo per guardare il baratro -Lo vedi quel palazzo? È il mio, ed è l'unico modo esistente per arrivare alle Porte della Morte da questo punto.-
Rimaneva un problema -E come faccio ad arrivare fino a lì?-
-Saltando...- la dea fece spallucce, come fosse una cosa da niente.
-CHE COSA?-
-L'hanno fatto altri prima di te, per ultimi i tuoi amichetti.- vedendo la mia faccia ancora incerta aggiunse -Oppure potrei portarti io con il mio carro.- disse osservando interessata le stelle sul suo frustino.
-Davvero?- sarebbe stata la prima cosa bella della giornata.
Nyx rialzò la testa e mi guardò negli occhi con un sorriso smagliante -Assolutamente no.- e ti pareva. Sospirai mentre Akhlys rideva alle mie spalle.
-Beh allora immagino di dover saltare...- mi stavo già preparando psicologicamente quando la dea mi bloccò.
-Credi davvero che lasci entrare chiunque nel mio palazzo?-
-Ma io credevo che...-
-Nemmeno i tuoi amici erano degni di attraversarlo, Perry e Elisabeth mi pare...-
-Percy e Annabeth.- la corressi senza pensare.
-Giusto.-
-Quindi?- sbuffai infastidita -sono arrivata fino a qui in mezzo ad una tempesta di neve, non le sembra abbastanza.-
Nyx scoppiò in una sonora risata e con un sorriso orgoglioso disse -Le mie figlie sono state proprio brave vero?-
-L-le sue figlie?-
La dea spalancò le ali nere e nell'oscurità apparvero una decina di arai. Tutto il mio corpo sussultò e con un salto all'indietro estrassi la spada.
-Voi...- la mia voce era piena di odio -guardate cosa mi avete fatto!- la mia mano non indicava la tempesata ma il mio corpo gelido.
Le arai si spinsero fra loro come per vedere tutte e poi dall'alto venne il rumore di una risata.
"Se ti riferisci a quello che ti sta uccidendo dall'interno sappi che non è merito nostro."
Cercai con lo sguardo Nyx in cerca di riposte, ma la dea era totalmente immersa nell'oscurità.
"Quelli sono i tuoi sensi di colpa cara."
-I sensi di colpa non ti congelano.- protestai -Sono una cosa astratta!-
Un'altra odiosa risata giunse alle mie orecchie "Forse nel tuo mondo no, ma nel Tartaro le cose astratte diventano le più reali e quelle reali diventano astratte. I sentimenti si possono toccare, possono uccidere o ridare la vita."
Ero senza parole, tutto quello che stavo vivendo era solo colpa mia. Io credevo davvero di meritarmi tutto quello che stavo vivendo?

"I tuoi muscoli si irrigidiscono abbandonando il tuo corpo in questo stato di ibernamento, ma tutto parte dal tuo cuore, ti senti così in colpa che aspetti solo che smetta di battere."
Tutto quello che stavano dicendo era tremendamente vero, e io dovevo sbrigarmi se volevo uscire viva da lì.
-NYX!- gridai, la dea emerse dall'oscurità con un'espressione perplessa -voglio uscire da questo posto, cosa devo fare per guadagnarmi l'entrata al tuo palazzo?-
Mi percorse per un attimo con lo sguardo, era evidente che non aveva intenzione di lasciarmi passare facilmente, poi sbatte le ali un paio di volte liberando grandi masse di buio che si stagliarono impenetrabili fra di noi.
-Dimostrami la tua intelligenza e la tua forza piccola semidea.- la sua voce mi giunse lontana. Davanti a me il buio stava cambiando. Lentamente presero forma un paio di gambe e di braccia, il buio si avvolse su sè stesso formando un torace possente e una testa piccola. Nyx non era molto brava con le proporzioni, la sua figura comparve dietro al mostro e con un sorriso sicuro mi disse -Scopri il suo punto debole, sconfiggi il buio e potrai attraversare il mio palazzo.-
Probabilmente a lei sembrava una cosa facile, ma quel pupazzone di oscurità era alto almeno quattro metri. La dea sbatte di nuovo le ali circondando il campo con un fitto muro nero inconsistente.
Il mio sfidante era immobile davanti a me, con una versione gigante della spada di Nico Di Angelo stretta in pugno.
Feci qualche passo esitante in avanti aspettandomi una reazione, invece non accadde nulla.
Voltai leggermente la testa per cercare Nyx con lo sguardo, era sicuramente nascosta da qualche parte a godersi lo spettacolo con le arai intorno a lei.
"Ma cosa diavolo dovrei fare? Aspettare in questo cerchio di diventare troppo vecchia per poter fare una salto nel baratro?" mentre riflettevo sulla prossima mossa tornai a guardare il mio avversario, giusto in tempo.
Abbassandomi evitai la lama nera che passò a pochi centimetri dalla mia testa, lo spostamento d'aria mi fece rabbrividire ma non ebbi tempo per riflettere.
-Ehy! È sleale... mi ha attaccato alle spalle.-
-La notte non arriva forse quando meno te lo aspetti cara?- la voce di Nyx mi giunse così vicina che mi sembrò di sentire il suo respiro sul collo.
Il gigante tornò alla carica, mi scostai velocemente e la massa di buio si scontrò contro il limite del campo fondendosi con l'oscurità, ci fu un attimo di silenzio in cui mi voltai incessantemente da una parte all'altra per tenere sott'occhio tutto il campo. Improvvisamente, dall'altro lato, prese forma una nuova massa che si lanciò all'attacco.
Parai un fendente e scivolai sul suo lato sinistro che rimaneva indifeso. Menai un colpo deciso verso la gamba ma la mia spada attraversò il buio di netto. Rimasi interdetta, sapevo che il buio non aveva consistenza ma mi aspettavo seriamente di ferirlo, i miei piani di gloria erano appena andati in fumo.
Il gigante si voltò infastidito e mi colpì con il piatto della spada scaraventandomi poco più in là dolorante.
"È fatto di buio Francy... cosa può sconfiggere il buio." avevo caldo, il che era impossibile: intorno a me roteava ancora la stessa neve e il mio corpo era ancora ghiacciato, ma qualcosa appeso al mio collo scottava. Abbassai lo sguardo cautamente, la collana con i tre ciondoli emanava del fumo a contatto con la pelle fredda.
Rotolai di lato evitando di essere infilzata e improvvisamente mi venne in mente. Come un lampo nella mia testa, un pensiero velocissimo.
-La luce!- gridai rialzandomi -La luce sconfigge il buio.- guardai il gigante, che si era fermato con la spada alta sopra la testa, avevo vinto.
La nebbia scura si dissipò e comparve la figura fiera di Nyx con uno strano sorriso sulla faccia.
-E allora?- 
La guardai perplessa, avevo fatto quello che voleva e ora doveva farmi passare.
-La mia creatura mi sembra ancora in piedi...- il sorriso si allargò sul suo volto.
Stavo ancora metabolizzando le sue parole quando dovetti alzare la spada per parare un fendente del mio avversario. "Ma dove crede che possa prendere della luce quella megera???" mentre pensavo questo al mio collo i tre ciondoli si scaldavano sempre di più rendendo difficile concentrarsi.
Il gigante mi spingeva sempre più verso il baratro e io facevo fatica a tenergli testa. "Luce, mi serve la luce..."
Per l'ennesima volta il piatto della lama in ferro dello Stige mi colpì in pieno petto scaraventandomi vicino al bordo.
Mi rialzai traballante, ormai il gigante si stava avvicinando con la spada pronta a colpire. La mia d'altro canto era parecchi metri lontana da me.
Prima pensai che fosse finita per me, poi che avevo un caldo assurdo solo intorno al collo e che non volevo morire così.
Portai velocemente la mano alla collana, i tre ciondoli risplendevano lanciando riflessi dorati. Senza pensarci due volte strinsi la mano attorno alla catenina e tirai.
Il gancio cedette con facilità e la collana mi rimase in mano, ma appena abbassai lo sguardo stretto in pugno non avevo la catenina. Una spada in bronzo celeste brillava espandendo la sua luce intorno a me. Mi presi del tempo per guardarla incredula, nella lama a foglia erano incastonati i tre ciondoli oro e sull' elsa un'incisione recitava "Live for me too" ovvero "Vivi anche per me". Non mi aspettavo di trovare una scritta in inglese su una lama greca, questo stava ad indicare che qualcuno l'aveva fabbricata più o meno recentemente.
Sarei rimasta a guardarla per ore ma il pavimento iniziò a tremare, anche il gigante si era ripreso dalla sorpresa e ora correva verso di me in modo scooordinato. Mi lanciai in avanti senza esitare, la spada rispondeva perfettamente ai miei movimenti e io mi sentivo come se niente potesse andare storto.
Passai sotto le sue gambe e sfruttando la sua lentezza mi portai sul suo lato cieco. Presi la rincorsa e con gli occhi puntati sull'obbiettivo saltai volando direttamente addosso alla schiena del gigante. Il mio corpo lo attraversò, ma la lama lo trafisse tagliandolo di netto in una scia di luce. Il buio sembrò urlare di dolore dopo di che in un attimo si dissolse.
-No. NO!- la voce di Nyx mi giunse alle spalle, mi voltai di scatto. Il suo viso non era minimamente preoccupato o dispiaciuto, solo molto arrabbiato -Non è possibile...-
-I patti sono patti: ora devi lasciarmi passare.-
La dea mi scoccò uno sguardo di odio puro, si lisciò un paio di volte il vestito con le mani e le galassie si agitarono. Giocò con la loro immagine un paio di volte prima di rivolgermi la parola.
-E va bene.- sospirò -Se proprio ci tieni...-
-Davvero?- ero quasi stupita che avesse ceduto così facilmente.
-Io mantengo sempre le mie promesse, a differenza di altri. Ma sappi che potrebbe essere meno facile di quanto sembra.- i suoi occhi scintillarono tornando su di me.
-In che senso?-
-Beh vedi...- cominciò con una risata teatrale -Il mio è un palazzo particolare, pieno di orrori che la tua mente non riesce neanche ad immaginare. Nemmeno gli dei volgiono entrarci, lo temono tutti.-
-Ma Percy e Annabeth ci sono passati. Giusto?-
Il sorriso della dea si trasformò in una smorfia di disgusto -Beh si, presumo che non abbiano aperto gli occhi.-
-Beh se basta non aprire gli occhi...-
-Il palazzo e intelligente cara, ha il compito di distruggere la mente e non ti lascerà andare tanto facilmente.- in un movimento agile Nyx saltò sul suo carro -In ogni caso, che le Moire ti sorridano ragazzina. Hai dimostrato di valere abbastanza da guadagnarti l'entrata nel regno della Notte. Non guardarti troppo attorno però, sarebbe un peccato vederti morire così.- con un ultimo sorriso spronò i cavalli e sparì in un turbine di oscurità.
Allora guardai la mano in cui stringevo la spada ma ora era rimasta solo la catenella con i ciondoli. Per un attimo credetti di essermela sognata, desideravo averla in mano almeno un'altra volta. Fu un attimo, in un lampo di luce la spada riprese la stessa identica forma.
Cominciavo a capire il meccanismo: bastava un pensiero, un semplice desiderio per decidere cosa avrei tenuto in mano. Ripensai alla collana e immediatamente la spada sparì. Il gancio sembrava essersi riparato automaticamente così me la rimisi al collo. Rimaneva il mistero della frase: chi poteva aver scritto una cosa del genere? "Vivi anche per me" era davvero destinata fin da subito a me? E cosa diavolo voleva dire quella frase?
Mi sporsi sul baratro con la testa ancora affollata di domande, era un salto altissimo e non riuscivo a pensare ad un modo indolore per atterrare nell'atrio.
"Ok... riflettere non servirà a niente." Mi dissi "Salta e basta." Infondo dopo la caduta nel Tartaro questo doveva essere un giochetto da ragazzi.
Presi un bel respiro, intorno a me non c'era più nessuno Akhlys si era dileguata prima di sua madre. Eravamo solo io e la mia nuova sfida. Sfiorai la collana e la speranza mi invase nonostante il mio corpo fosse di nuovo congelato dai miei sensi di colpa. Strinsi i pugni e mi allontanai dal bordo per la rincorsa.
"Salterò al primo tentativo." non posso fermarmi. Feci lo scatto in avanti, svuotai la mente e in pochi metri arrivai alla fine della strada, senza pensare mi diedi la spinta. Non esitai ma nel momento in cui i miei piedi si staccarono da terra il respiro mi si bloccò in gola.
L'aria mi avvolse, i fiocchi di neve si lanciarono al mio inseguimento e precipitammo insieme nell'abisso, tra noi e il Caos una piccola possibilità di centrare il pavimento.
ANGOLO AUTRICE:
Eeeee salve! Come promesso ecco il nuovo capitolo.
Mi sono commossa a scrivere la frase sulla terra nella capanna di Damaseno :'( e la descrizione di Francy mi ha fatto rabbrividire. In un certo senso spero faccia lo stesso effetto anche a voi.
Domande del capitolo: perché Akhlys ha paura di Francy? Cosa c'è nel palazzo di Nyx? Da dove viene quella spada? E soprattutto Francy cadrà nel Caos, si schianterà sul pavimento del palazzo o sopravviverà al salto?
Ho una buona notizia per voi: la risposta a tutte queste domande la troverete nel prossimo capitolo! * urla di gioia* Quindi vi aspetto.
Che le Parche vi sorridano miei amati lettori.
Sole Walker
PS: si ho cambiato username *----* che ne pensate?

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Capitolo 22
*** The past returns... Then run. ***



*~Me~*

Il pavimento si avvicinava ad una lentezza spaventosa, credevo che non avrei avuto nemmeno il tempo di pensare e invece di quello ce ne fu anche troppo. Riuscii in pochi secondi ad immaginare dieci finali diversi per la mia vita, uno peggio dell'altro ovviamente.
Alla fine le mattonelle nere si avvicinarono al punto da poter scorgere il simbolo di Nyx, una stella al centro di una luna crescente, brillare sul pavimento nero. Rimasi incantata dal roteare delle stelle in quel simbolo, era come guardare l'universo dall'esterno.
L'aria fredda sulla faccia mi riportò velocemente alla realtà. Piegai le gambe preparandomi all'atterraggio, il mio piede destro toccò appena la mattonella nera e subito spostai il mio peso in avanti rotolando sul fianco e attutendo la caduta.
Rimasi con la schiena a terra ansimante. Ce l'avevo fatta. Le mie mani accarezzarono le mattonelle lisce, le avrei baciate. Avrei baciato ogni centimetro di quel pavimento.
Mi rialzai ancora incredula e i fiocchi di neve mi avvolsero contenti tempestandomi il viso. Mossi qualche passo in direzione della porta, il simbolo di Nyx emanava una leggera luce ma dalla porta usciva il buio più totale.
Ricordai le parole della dea "Il palazzo è intelligente cara, è programmato per distruggere la mente e non ti lascerà andare tanto facilmente." Mi chiesi cosa poteva esserci di così terribile da distruggere la morte di un semidio, avvicinandomi alla porta tentai di guardare dentro, ma il buio era come un velo davanti all'entrata. Diedi un'ultima occhiata verso l'alto, dopodiché stringendo i denti e chiudendo gli occhi mi gettai all'interno.

***

Camminavo lentamente, nel castello alleggiava un silenzio tombale ma una corrente calda attraversava la tempesta di neve guidandomi nel labirinto di corridoi.
Riuscivo a percepire la larghezza di questi ultimi e il soffitto altissimo, più di una volta fui tentata di aprire gli occhi, anche solo per dare una sbirciatina alle pareti.
Svoltai parecchie volte a destra e camminai per un bel pezzo seguendo quella scia di calore e sperando che mi guidasse fino all'uscita.
I fiocchi di neve si posavano su di me e ricoprivano il pavimento, ogni mio passo era accompagnato dal sinistro scricchiolio del ghiaccio che rompeva il silenzio sovrannaturale del corridoio.
Ero talmente abituata a quel suono che appena iniziai ad udire un nuovo insieme di rumori mi fermai di colpo. Uno scoppiettio lontano e delle voci allegre risuonavano poco lontano da me.
Mi lasciai guidare ancora una volta dalla corrente e mano a mano che avanzavo riuscivo a distinguere alcune parole di quella che sembrava una canzone. Svoltai a sinistra cauta, il calore di un falò mi inondò il viso e mi costrinse a mettere una mano davanti agli occhi ancora chiusi, la tempesta si strinse intorno a me estinguendo quella sensazione di torpore che aveva invaso il mio corpo dopo tanto tempo. Voci intonate e stonate cantavano intorno a me lo stesso motivetto. Qualcuno dietro di me scoppiò in una risata squillante, la riconobbi all'istante: era sincera, coinvolgente ed esagerata.
-Connor?- dissi ad alta voce voltandomi su me stessa e allungando le mani per cercare di afferrare quelle voci -Sei tu? Ti prego rispondimi... Connor!-
La risata si spense e la canzone rimbombò ancora più forte risuonando in tutto il corridoio, era la canzone che cantavano la sera al Campo. Riconobbi la voce di Travis, di Percy e di Annabeth in mezzo alle altre e mi lanciai in avanti nel tentativo disperato di trattenerle ma sembrava impossibile raggiungerle, le mie mani si agitavano nel buio afferrando il buio. Ad un certo punto sbattei forte la testa contro qualcosa di duro e caddi a terra.
Portai una mano in avanti e, mentre con l'altra mi massaggiavo la testa, toccai la superficie liscia della parete. Quelle voci non esistevano, non erano davvero lì. Strizzai gli occhi spaventata e decisa a non aprirli mai.
Mi rialzai e mi misi a correre seguendo la corrente, girando di scatto per i corridoi senza riuscire a lasciarmi alle spalle la canzone, una lacrima calda mi rigò la guancia. Il cuore mi martellava nel petto e sentivo i pomoni sul punto di scoppiare quando, all'improvviso, le voci si spensero. Mi fermai, appoggiandomi traballante alla parete, per riprendere fiato, gli occhi serrati con forza. Ero scossa, sentire le voci dei miei amici e non riuscire a toccarli era stata un'esperienza orribile, avevo bisogno di riprendermi un attimo quindi mi sedetti lasciandomi andare con la schiena contro la parete fredda e abbandonando lo zaino al mio fianco. Con il dorso della mano mi asciugai la guancia lungo la quale era scesa la lacrima.
Nella mia mente risuonava ancora la canzone, quelle parole familiari trasportavano la mia mente fino al Campo. Fin da quando c'ero entrata la prima volta avevo avuto la vaga sensazione di essere finalmente a casa, ma avevo contemporaneamente pensato che nessuno dei semidei greci o romani che avevo conosciuto mi assomigliava davvero fino in fondo. Non riuscivo a sentirmi perfettamente a casa tra di loro, ma per ora era la realtà che sentivo più vicina e di certo era meglio del mondo mortale.
Ma era comunque chiaro l'intento con il quale il palazzo mi aveva fatto sentire le voci dei miei amici: farmi aprire gli occhi, farmi sentire le risate delle persone importanti per me e creare una speranza da distruggere.
Mentre ero seduta ad occhi chiusi, con le gambe raccolte al petto e la testa sulle ginocchia, una brezza diversa si infilò nella tempesta familiare e sollevando i miei capelli mi solleticò le guance. Un suono leggero raggiunse le mie orecchie, un sibilo appena udibile.
"Francy... Francy...
Mi alzai di scatto e portai la mano alla cintura pensando di trovarci la spada, poi mi ricordai della collana e in un movimento veloce strappai la catenina. Vidi distintamente la luce attraverso le palpebre diffondersi intorno a me. Mi rimproverai per essermi fermata, sarei dovuta correre fuori ad occhi chiusi come avevano fatto Percy e Annabeth.

-Chi sei? Parla!- la mia voce non suonò troppo sicura, ero ancora in po' agitata.
"Francy, sono io. Abbassa la spada, andrà tutto bene." la voce era familiare, eppure non riuscivo a ricordare: era maschile, forte, eppure emanava dolcezza, una dolcezza che non le apparteneva.
-I-io ti conosco...- dissi incerta, lasciai leggermente andare il braccio che sosteneva la spada.
"Certo che mi conosci! Sono io Francy... finalmente sono riuscito a trovarti, non sai quanto ti ho cercato." non sembrava particolarmente felice, era più un misto di dolore e rabbia. "Sono Sole."
-COSA?!- la spada mi cadde dalle mani e smise immediatamente di brillare. Mi chinai velocemente alla ricerca della collanina e quando le mie mani incontrarono il metallo freddo la luce si diffuse di nuovo.
Mi raddrizzai e rimasi immobile incredula, avrei voluto saltargli al collo, guardarlo, abbraccialro. Ma una consapevolezza fino a quel momento ben nascosta mi bloccava.
-N-non puoi essere davvero tu... tu sei morto, mi hai maledetto.- muovendo la spada indicai la neve intorno a me.
"Sì. È vero, l'ho fatto." fu come ricevere un pugno nello stomaco: sapevo che era stato lui, ma sentirselo dire fu insostenibile. Portai una mano al cuore, il petto mi faceva male.
-E come fai ad essere qui?- la mia voce era piena di tristezza ed ogni secondo che passava la sgradevole sensazione che il mio corpo stesse per rompersi in mille pezzi aumentava.
"Credo che le anime possano girovagare liberamente nel Tartaro." Se davvero era lui allora aveva alzato le spalle e si era passato una mano nei capelli biondo scuro. Mentre parlava nella mia mente comparivano la sua immagine, i suoi gesti più abitudinari, il suo sorriso storto e il ricordo della facilità con cui mi irritava il suo modo di salutarmi, quel "Ehy" capace di farmi arrabbiare.
"Ma perché tieni ancora gli occhi chiusi?"
La sua domanda improvvisa mi lasciò perplessa, se lui era lì e mi stava guardando perché io mi ostinavo a non aprirli?
-Non posso guardare il palazzo.-
"Si ma questa stanza è vuota." La sua voce era troppo insistente "Apri gli occhi, non vuoi vedere come sono diventato?"
-C-cosa?- strizzai gli occhi.
"Sono morto e, devo ammettere che, nemmeno tu hai un bel aspetto. Ma dovresti vedere come mi hai conciato." lo disse con una semplicità agghiacciante, come se non fosse importante.
-I-io non ho fatto niente.- sentirsi accusati dagli altri non era stato così pesante da sopportare.
"Oh giusto, tu mi hai soltanto lasciato in balia del mostro. Poi è stata la manticora a ridurmi così..." da qualche parte intorno a me la sua voce mi incitava "apri gli occhi e guarda il motivo della tua sofferenza."
Le palpebre mi tremavano, non riuscivo più a tenerle chiuse e stavo per arrendermi quando Sole parlò di nuovo.
"Guardami, guarda il mio corpo sfigurato. Sono orribile."
Le ultime due parole risuonarono nella mia testa a lungo. La sua voce 
stonava con quelle parole, c'era qualcosa di profondamente sbagliato. Tentai di immaginarmi Sole davanti a me, ci riuscivo alla perfezione, ma fargli pronunciare quella frase sembrava impossibile.
-Tu non sei Sole.- lo dissi senza pensarci, ma mi resi subito conto che era la verità.
"Cos... Perché dici così?" La voce era tornata di una dolcezza innaturale, anche questa non gli apparteneva. Il suo tono era sempre scherzoso e punzecchiante, anche quando parlavamo di cose serie.
-Lui non l'avrebbe mai detto.- strinsi il pugno intorno all'elsa e rialzai la spada -Poteva anche avere tagli su tutto il corpo, i capelli bruciacchiati, e gli occhi stanchi, ma non avrebbe mai perso il suo sorriso spavaldo e, soprattutto, non avrebbe MAI ammesso di avere un aspetto orribile!-
Mi voltai di scatto e raccolto lo zaino mi misi a correre, più veloce di quanto avessi mai fatto un vita mia. Davanti ai miei occhi chiusi vedevo Sole che mi sorrideva come sempre, mi piaceva ricordarlo così. Non importava se era morto e se mi aveva maledetto, non l'avrei dimenticato.
Era strano ma la sua immagine mi guardava soddisfatta, come se fosse orgogliosa di me.
"Non puoi scappare. Non puoi abbandonarmi di nuovo!" la voce mi inseguiva e giocava con i miei sensi di colpa, mi sforzai di non ascoltarla e di concentrarmi sui miei piedi che percorrevano veloci la superficie ghiacciata.
Mentre continuavo a correre sentivo la corrente d'aria farsi più calda, tanto che alcuni fiocchi mi si sciolsero sulle braccia. Continuavo ad avere freddo ma sudavo ugualmente per la corsa. Il palazzo risuonava di mille suoni, le pareti scricchiolavano,il vento risuonava nei corridoi e la voce mi urlava nelle orecchie di aprire gli occhi e accettare il mio destino.
Improvvisamente riuscii perfettamente a sentire lo spazio intorno a me allargarsi, grazie alla tempesta che sembrò esplodere verso l'esterno: il vento si riversò fuori dal corridoio, i capelli mi volarono davanti alla faccia e la tempesta che mi aspettava all'esterno del palazzo si unì a quella che mi aveva inseguito all'interno del castello.
Mentre i miei piedi percorrevano il terreno liscio sentii un rumore di acqua corrente, un fiume scorreva proprio davanti a me. Largo tre metri, acqua sporca che scorreva veloce, molto profondo, mancavano sei metri alla riva. Per qualche ragione queste in formazioni comparvero nella mia mente non appena percepii la sua presenza.
Non simisi di correre, cinque metri, quattro, tre... la mia mente riveva l'arrivo al Campo Mezzosangue e i miei piedi avanzavano da soli lasciandosi guidare dall'istinto.
Due metri, uno... il mio piede destro toccò esattamente il punto in cui iniziava il letto del fiume e mi detti la spinta. Sapevo benissimo di non poter saltare tre metri in lunghezza, ma volevo uscire di lì, ed era la mia unica possibilità. Sperai in un miracolo.
I miei piedi toccarono la terra dura dopo qualche secondo interminabile e le mie gambe cedettero per lo sforzo della corsa e del salto. Rimasi accucciata con la testa bassa, esattamente come avevo fatto tempo prima davanti a Chirone e ai semidei del Campo. Le mie mani toccavano la terra fredda e arida, come per assicurarsi che fosse davvero lì. Un tuono squarciò il silenzio, un'arpia lanciò uno strillo acuto. Ma la voce di Sole non si sentiva da nessuna parte.
Ero all'aria aperta, ma come facevo a sapere se potevo aprire gli occhi o no? Il vento mi scuoteva agitando i miei capelli e spingendomi a destra e a sinistra. Non avevo scelta dovevo rischiare.
Stringendo i pugni aprii esitante le palpebre, la luce rossastra mi colpì gli occhi. Dovetti comprirmeli con le mani perché ero stata troppo tempo al buio, ma g
radualmente mi riabituai alla luce e riuscii a scorgere la pianura sconfinata davanti a me.
Il terreno era rugoso, rossastro e ricoperto di striature violacee, ma non fu questo a colpirmi... nell'aria risuonava un rumore ritmico "tum-tum... tum-tum... tum-tum..." e il terreno sembrava muoversi a ritmo su e giù.
Mi alzai in peidi con qualche difficoltà, le mie gambe erano distrutte. Letteralmente. Delle grosse crepe le percorrevano in lunghezza e avevo paura di guardarmi il volto nella lama della spada. Mi voltai su me stessa, qualche metro più distante da me scorreva il fiume, come riuscii a superarlo non lo capirò mai.
Mi guardai ancora una volta intorno, mostri solitari si aggiravano indifferenti mella pianura, nel cielo tre arpie volavano in cerchio sopra ad una specie di cane-foca malmesso. Ogni tanto un lampo rosso illuminava il cielo rendendo visibile le pareti di roccia.
Chinandomi sullo zaino estrassi il computer di Dedalo, il pugnale di bronzo celeste scintillò in modo sinistro ma non ci feci troppo caso e mi concentrai sulla mappa.
Il simbolo della porta era dritto davanti a me, mancava pochissimo ormai. Ero stanchissima e abbasatanza sicura che non mancasse tanto alla disgregazione del mio corpo in minuscoli pezzetti di semidea, frugai speranzosa nello zaino ma l'ambrosia era finita tempo prima. Mi accontentai di una fetta di pizza al salame piccante, dopodiché rimisi tutto nello zaino e mi preparai a partire. Stavo per muovere il primo passo, ma con la coda dell'occhio vidi un movimento alle mie spalle, con la spada in pugno mi voltai di scatto.
A parecchi metri da me due figure avanzavano a passo deciso, fianco a fianco. Erano un uomo e una donna, appena si avvicinarono notai subito la chioma bionda di lei, i capelli lisci e luminosi le ricadevano in modo disordinato sulle spalle e le incorniciavano il viso abbronzato. Il suo corpo era slanciato e atletico, delle cicatrici le ricoprivano le braccia nude e i jeans a vita alta erano strappati in diversi punti.
Mentre la mia mente cercava di capire se fosse meglio scappare o aspettare di sapere chi fossero, la donna alzò il viso e i suoi occhi azzurri si puntarono nei miei. C'erano ancora una decina di metri fra noi, ma riuscii ugualmente a vedere il suo viso spaventato 
e la sua mano correre alla cintura in un gesto istintivo che facevo spesso anche io. Appena si rese conto di non avere un'arma con sé rimase turbata per un attimo, poi iniziò a fissarmi strizzando gli occhi come per vedere meglio. In una frazione di secondo cambiò totalmente espressione: le si illuminò il volto e la sua bocca si aprì in un sorriso magnifico.
Con un movimento veloce fermò il compagno, che non aveva ancora smesso di camminare, e dicendogli qualcosa entusiasta mi indicò. L'uomo alzò lentamente lo sguardo dai propri piedi e lo puntò nel mio. Rimasi senza fiato. I suoi capelli neri e scompigliati, le braccia abbronzate e gli occhi verde mare. Quell'uomo era la versione trentenne di Percy.
Ero paralizzata, la donna si mise a correre nella mia direzione con le braccia tese in avanti, ma il mio sguardo era fisso in quello dell'uomo immobile che ora mi stava guardando di traverso, come se cercasse in me qualcosa che non riusciva a trovare. E la stessa cosa stavo facendo io, c'era un legame fra noi ma non riuscivo ad individuarlo.
La mia mente smise di pensare in modo logico, non capivo più nulla. Sapevo solo che non sarei scappata, non questa volta. Rimasi immobile, lo sguardo fisso, in attesa che le braccia della donna circondassero mio corpo.
ANGOLO AUTRICE 
Zalveeeee sono tornataaaa... In questo capitolo la nostra protagonista supera il castello di Nyx, cosa ne pensate della figura del "falso Sole"??? Ah giusto si accettando scommesse sull'identità dell'uomo e della donna che Francy sta per incontrare! Queste due persone si presenteranno nel prossimo capitolo, promesso.
In ogni caso ci saranno grandi sorprese e grandi scoperte, quindi non mancate!
Sole Walker

 

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Capitolo 23
*** Forgiveness or Revenge ***


Le braccia della donna circondarono le mie e mi sollevarono da terra, era forte, e il battito del mio cuore accelleró, come succedeva quando avvertivo un possibile pericolo e mi preparavo a reagire. Non distolsi lo sguardo dalla massa di capelli scompigliati che si avvicinava incerta, guardandomi con i suoi occhi verde mare.
-Oh mio dio come sei cresciuta! Quasi non ti abbiamo riconosciuto... vero Paul?- la donna si giró verso il compagno che si limitó ad annuire con un espressione scioccata sul suo bel viso abbronzato. Classica situazione imbarazzante in cui un perfetto sconosciuto ti viene incontro urlando al mondo quanto tu sia bella e cresciuta, ma tu riesci a pensare solo ad una cosa: "e questo chi é?". Già, solo che questa volta i due erano nel Tartaro e non sembravano per niente sorpresi di trovarmi lì.
-Oh per Zeus! Credevamo già  di essere arrivati troppo tardi, invece siete ancora qui!- la donna aveva circa una trentina d'anni e mentre parlava mi scuoteva dalle spalle in preda all'eccitazione, i suoi capelli biondi si agitavano spinti dalla mia tempesta personale, i fiocchi di neve le vorticavano attorno al corpo evitandola, per poi attaccarsi al mio viso e alle mie braccia congelandosi sulla pelle blu.
-Sono così felice... io davvero non speravo più di rivedervi, ma lui dove é?- chiese voltando la testa freneticamente per guardarsi attorno. La domanda mi spiazzó, non riuscivo davvero a capire chi fosse lei e a chi si riferisse. Lo sguardo della sconosciuta lasció per una frazione di secondo il mio e si posó su un fiocco di neve che attraversó volteggiando lo spazio tra i nostri corpi andandosi a posare sul mio collo.
Gli enormi occhi azzurri si spalancarono, con un salto la donna fece un passo indietro e,portandosi una mano davanti alla bocca aperta, mi guardó esterrefatta.
-Diana, c-cosa ti é successo? Da dove viene questa neve?- e guardandomi dritta negli occhi aggiunse -E dove é Sole???-
Rimasi scioccata, quella donna conosceva Sole.
-Ehy ehy aspetti- misi le mani avanti per bloccare la valanga di domande con cui mi stava sommergendo -Volete spiegarmi chi siete voi due e cosa ci fate qui?-
I due si guardarono, la donna ancora sconvolta e l'uomo con una faccia indecifrabile.
-Hai ragione. Eri troppo piccola per ricordarti di noi, scusa- alle parole della bionda l'uomo mi guardò e sul suo viso si dipinse un espressione sofferente e dolce allo stesso tempo. Il suo sguardo si abbassó sul mio corpo ricoperto di crepe bluastre e subito chinò la testa stringendo i pugni con rabbia.
-Io mi chiamo Claire- la donna si sforzava evidentemente di mantenere la calma -e lui é...-
-Paul- la voce dell'uomo mi colse alla sprovvista: era profonda e tranquilla, entrava nella mia testa e mi dava sicurezza placando tutte le mie paure. Ero certa di averla già sentita.

-Paul Evans- mi tese la mano con finta sicurezza.
-Paul... Evans?- la mia mano corse al ciondolo a forma di moneta sul quale era inciso il mio cognome, Evans. L'uomo notó il movimento e annuì appena, le domande sul mio passato all'improvviso trovarono una risposta.
-Sono tuo... padre...- era teso, sembrava non credesse nemmeno lui alle parole che aveva appena pronunciato. Ma quando le nostre mani si toccarono il suo viso si illuminó e sul suo volto apparve un sorriso. Provavo sentimenti contrastanti verso di lui: ero arrabbiata per l'abbandono che avevo dovuto subire e per il suo totale disinteresse nei miei confronti fino a quel momento. Ma ora lui era lì, in quello che probabilmente era il peggior periodo della mia vita e ancora io non riuscivo a credere di averlo trovato.
-Diana, posso far...- la donna riprese la parola, ma la bloccai con un movimento della mano.
-Non mi chiamo Diana, sono Francesca. Non so chi sia Diana- dissi decisa e guardando Paul aggiunsi -Il mio nome é Francesca Evans.-
L'uomo rise amaramente -Eppure sono sicuro che quello non sia il tuo vero nome- mi guardó e i suoi occhi verdi scintillarono -e credo di saperlo bene-
-Beh ma anche Francesca é un gran bel nome- Clare entrò nella conversazione tentando di sciogliere la tensione che si era venuta a creare tra noi -all'orfanotrofio hanno fatto un buon lavoro.- a queste parole Paul storse il naso con un espressione disgustata.
-Si sono presi cura di me quando nessun altro si é preso la briga di farlo- ringhiai offesa dalla sua reazione.
-Oh andiamo, odiavi quel posto- 
-Non puoi saperlo...- aveva ragione, ogni giorno alla family of orphans era stato peggiore del precedente, ma non volevo dargli la soddisfazione di vedermi d'accordo con lui.
-Si invece.-
-No! Non puoi. Per tutto questo tempo mi hai lasciato da sola e io...- le nostre voci si sovrapposero, entrambi eravamo sulla difensiva e gridandoci addosso tenevamo i pugni stretti al petto come per difenderci in un combattimento. Era incredibile vedere quanto ci somigliassimo negli atteggiamenti nonostante non ricordassi di averlo mai visto -Non ti ho mai lasciato sola, fino all'ultimo dei miei giorni ti ho guardato crescere da lontan...-
-BASTA!- Claire agitò le braccia e si mise tra di noi. Il suo sguardo era deciso, severo e allo stesso tempo comprensivo. I suoi occhi azzurri si tinsero d'arancione quando un lampo rosso attraverso l'aria ed io ebbi la certezza di aver già visto quel viso da un'altra parte, su un'altra persona.
-Smettetela di litigare. Ormai è passato e non si può cambiare.- Paul abbassò lo sguardo mortificato e non parló più.
-Dian.. volevo dire, Francy cosa ti è successo?-
-In uno scontro con una manticora sono rimasta ferita, io e l'altro semidio siamo stati separati. Cercandolo sono finita nella Foresta delle Maledizioni e le Arai hanno fatto tutto il resto.- risposi sinteticamente guardandomi intorno -Cioè più o meno tutto- mi corressi -da quanto ho capito, questo- accennai con il capo al resto del mio corpo -è opera mia.-
Paul stava per dire qualcosa ma Claire lo interruppe -L'altro semidio? Vi siete divisi?- il suo sguardo era perplesso ed allarmato.
-Si... Io e Sole Walker, siamo partiti insieme dagli Inferi ma arrivati qui, lui...- le parole mi si bloccarono in gola. Ma non ci fu più bisogno di parlare, la donna si mise le mani nei capelli e guardò mio padre disperata.
-Non può essere, lo saprei... vero Paul?- gli occhi le divennero subito lucidi e delle piccole lacrime le scesero lungo le guance, guardó mio padre intensamente aspettando una risposta ma lui distolse lo sguardo con un espressione sofferente -Lui non è morto. Mio figlio non è morto!- iniziò ad agitarsi e a sbattere i pugni sul petto dell'uomo, che l'abbracciò bloccandone i movimenti.
-Calma, stai calma.- le sussurrava -Non è colpa tua, abbiamo fatto il possibile, ok?-
-Il mio bambino...- grandi lacrime le scendevano  lungo le guance e le labbra tremavano.
-Suo f-figlio?- balbettai, il freddo faceva  scricchiolare le mie ossa.
-Lei è Claire Walker.- Paul mi guardó  negli occhi e continuando a tenere  la donna stretta a sé aggiunse -È la madre di Sole.-
Mi tornarono in mente i racconti di Sole sulla donna che avevo davanti e capii subito dove  avevo già  visto quell'espressione sicura e quello scintillio negli occhi, erano identici.
"Fantastico..." pensai "sono un mostro" vedere Claire piangere faceva aumentare ogni secondo di più i miei sensi di colpa e mi schiacciava lentamente togliendomi il respiro.
-I-io...- non sapevo cosa dire -Claire, mi dispiace. Giuro che ho fatto di tutto per ritrovarlo, io...-
La donna si voltò e con gli occhi rossi di pianto forzò un sorriso -N-non fartene una colpa tesoro- si passò una mano sul viso asciugandosi gli occhi -ci sono tre vecchie là fuori che si stanno già complimentando con loro stesse per la vittoria.- detto questo rivolse uno sguardo di puro odio al soffitto e strinse i pugni.
-Non hanno ancora vinto...- si intromise Paul e mettendole le mani sulle spalle e guardandola negli occhi con convinzione -abbiamo ancora una speranza, c'è ancora una vita da salvare.- dicendo questo alzò lo sguardo guardandomi.
Claire tirò su con il naso e disse incerta -Si hai ragione, devo smetterla di piangermi addosso. Avrò tutta l'eternità per farlo- si voltò verso di me e con voce sicura mi ordinò -Raccogli le forze Francy, ora ti portiamo fuori di qui.-
Dicendo questo mi prese per il braccio e iniziò ad incamminarsi nella direzione in cui stavo andando prima di notarli.
Mi convinsi a seguirla senza opporre resistenza solo quando vidi mio padre sorridermi e incoraggiarmi ad avanzare. Tuttavia riuscii a fare solo qualche passo. Uno o due passi traballanti sulle mie gambe fragili, la tempesta che mi spingeva da un lato all'altro come una pallina in una partita di ping pong, i capelli sparsi sul viso e la mano di Claire intorno al mio polso. 
Poi in un attimo si fece tutto buio, sbattei le palpebre confusa ma non erano i miei occhi ad essersi chiusi.
-C-claire...- nessuna risposta, la sua mano era scivolata via dal mio braccio -Claire dove sei? Cosa sta succendo? Non vedo nulla...-
Una mano grande mi coprì la bocca e mi trascinò indietro. Mi spaventai e subito dopo iniziai ad agitare le braccia e ad emettere grida soffocate.
-Shhh zitta, va tutto bene ma devi stare zitta- era mio padre, mi lasciò andare lentamente e io ripresi a respirare normalmente.
-Dov'è Claire?-
-Sono qui- una voce giunse da qualche parte alla mia destra.
-Mi volete spiegare cosa sta succedendo?-
-Ora non c'è tempo... dobbiamo andarcene da qui.- la voce di Paul era allarmata.
-Paul che cosa succede?- a quanto pare Claire ne sapeva quanto me.
-Mi seguono da sempre, da quel dannatissimo giorno
.- i miei occhi si stavano abituando alla ritrovata oscurità e riuscivo a vedere il viso sconvolto di mio padre, qualunque cosa ci fosse nascosta nel buio lo spaventava a morte -Dobbiamo portare Francy fuori di qui, adesso.-
Mi afferrarono per le braccia e mi tirarono in avanti. Un rumore agghiacciante tagliò l'aria, come un urlo disumano, acutissimo e insostenibile.
-Troppo tardi- disse Paul e mi si parò davanti, Claire mi copriva le spalle. Mi chiesi come avevano intezione di proteggermi visto che erano entrambi disarmati.
"Guarda chi si vede..." un sussurro leggerissimo ci arrivò alle orecchie "è un piacere rivederti dopo... quanto Tisifone?"
"Quasi nove anni Aletto!" due voci taglienti e ironiche provenivano dall'alto.
"Pensavi di poter scappare dalla tua pena per sempre Paul Evans?" Claire voltò la testa leggermente, quanto bastava per scorgere il profilo di mio padre, e lo guardò perplessa. Paul però era di spalle, teneva la testa bassa e i pugni serrati.
"Guardalo, non ti fa pietà Megera?"
"Assolutamente no"
Le tre voci scoppiarono in una risata sgraziata.
-Smettetela e lasciateci proseguire- la voce di mio padre era chiaramente infastidita.
"Oh loro sono libere di andare... ma tu rimani con noi" dopo queste parole si aprì un varco nell'oscurità e tre figure scesero a terra sollevando una grande quantità di polvere.
Le grandi ali da pipistrello si ripiegarono sui fianchi femminili e le bocche larghe si aprirono in sorrisi inquietanti mentre i serpenti che avevano al posto dei capelli si agitavano sibilando.
Paul si mise davanti a noi allargando le braccia, io e Claire lo guardavamo sconvolte. Quella che doveva essere Aletto avanzò di qualche passo e quando agitò la mano una frusta apparve dal nulla. Contemporaneamente nelle mani di Tisifone e Megera si accesero due torce.
"Sei giunto alla fine della corsa semidio" pensai che si stesse riferendo a me, la sua frusta si agitò e io alzai le braccia sopra la testa per difendermi, ma io non ero il suo obiettivo e il colpo schioccò contro il petto di mio padre.
Claire gridò, io ero troppo srupefatta per riuscire a reagire.
-Scappate!- l'ennesimo colpo di frusta lo colpì alle gambe mandandolo a terra. Aletto si alzò in volo sopra di lui e si preparò per un altro colpo. Claire si lanciò in avanti e fece scudo a Paul con il proprio corpo, la frustata le arrivò in piena schiena facendola cadere in ginocchio.
-Claire no!- mio padre si sollevò quanto bastava per metterle una mano sul viso -Dovete andare via-
-Io non ti lascio qui!- delle grosse lacrime le solcarono il viso.
"Che gesto nobile, verso un uomo così meschino!" un altro colpo partì in direzione di Paul, ma questa volta ebbi la forza di reagire e corsi dietro a Claire.
Alzai la spada e la frusta le si avvolse attorno. Con un grande sforzo la tirai verso di me mettendo entrambe le mani sull'elsa.
Aletto venne colta di sorpresa e perse l'equilibrio venendo trascinata a terra. Si alzò in piedi e dopo aver liberato la frusta corsi verso di lei, quando tentò di difendersi mettendo avanti le braccia la mia spada l'aveva già raggiunta al petto.
Ci fu un istante di silenzio, Megera e Tisifone mi guardarono esterrefatte, io ero paralizzata. Era la prima volta che uccidevo un mostro ritrovandomi faccia a faccia con lui.
Gli occhi luminosi di Aletto erano fissi nei miei, in un lento movimento sollevò il braccio e appoggiò la mano con i lunghi artigli sulla mia guancia segnata da crepe bluastre "Perché difendi l'uomo che ti ha fatto del male?" disse guardandomi con pietà. Infine con urlo straziante, che mi costrinse a lasciare andare la spada per tapparmi le orecchie, si disintegrò.
Rimasi senza fiato per un attimo, il tempo necessario per lasciare che le altre due erinni si riprendessero dallo shock. Lanciando grida terribili si lanciarono verso di me, mi abbassai giusto in tempo per evitare che le loro fiaccole accese mi toccassero. Il calore del fuoco non passava oltre la tempesta di neve e il mio corpo ghiacciato dai sensi di colpa lo respingeva con ondate di gelo che mi facevano scricchiolare le gambe e battere i denti. Probabilmente se mi avessero toccato non avei sentito dolore, ma sicuramente sarebbe rimasta la ferita.
"Non vogliamo te sciocca ragazzina" tuonò Tisifone alle mie spalle "siamo qui per vendicarti"
-Io non voglio essete vendicata- mi voltai di scatto puntando la lama lucente della spada verso il suo petto -È vero, mio padre mi ha abbandonata- dicendo queste parole lo guardai con la coda dell'occhio, lo vidi tentare di ribattere ma Claire lo fermò mettendogli la mano sulla spalla -Ma non per questo ve lo lascerò torturare!- le mie parole erano determinate ma spezzate dal dolore che provavo al petto, era sempre più insopportabile.
"Lui non te l'ha detto vero?" odiavo i loro sguardi compassionevoli.
-Cosa avrebbe dovuto dirmi?- le mie sopracciglia si alzarono formando con gli occhi un'espressione perplessa.
"Chi ti ha condannato a questo" indicò con un largo movimento della mano la tempesta che mi scuoteva i vestiti "dopo averti lasciata da sola?"
La mano che teneva la spada lasció andare leggermente la presa intorno all'elsa -I-io credevo...- un dubbio comparve nella mia mente e andò a bucare le poche certezze che mi erano rimaste, lo scacciai scuotendo la testa. Non era possibile e con fermezza continuai -È stato Sole, io l'ho lasciato solo e lui è morto per colpa mia- abbassai lo sguardo sentendo un singhiozzo sfuggire dalla bocca di Claire.
"AHAHAH" le due erinni si guardarono e risero "tu ti illudi piccola bimba... Vorresti solo credere che l'unica persona rimasta ad accompagnarti nella tua vita ti ami davvero"
"Chi ti ha fatto questo è troppo meschino ed egoista per amare una ragazza così pericolosa..." mi voltai e vidi Paul stringersi nelle spalle e evitare il mio sguardo.
"Per odiare il sangue del tuo sangue devi prima odiare te stesso, questa é stata la sua rovina"
"Incolpare una bimba di soli sette anni..."
"La creatura che hai contribuito a dare al mondo..."
"É così ingiusto" Tisifone spalancò le ali e strinse la presa attorno al bastone ardente "E le ingiustizie vanno punite!"
Rimasi immobile,dando le spalle ai miei due compagni, mentre le due erinni mi superavano in volo e si dirigevano verso Paul a braccia tese. Non credo di aver mai provato tanto odio per una persona come in quel momento. Ma quando voltai la testa vidi mio padre spingere via Claire per impedirle di mettersi in mezzo, la donna urlò il suo nome disperata e io incrociai gli occhi dell'uomo che mi aveva maledetto. Quegli occhi che una volta mi avevano guardato come se fossi la causa di tutti i problemi ora pensavano che fossi la cosa più bella di questo mondo, anche con la faccia graffiata, i vestiti strappati, le labbra bluastre, i capelli in disordine e gli occhi stanchi.
Quegli occhi così diversi dai miei contenevano la mia stessa sofferenza, entrambi i nostri cuori erano corrosi dai sensi di colpa. Mio padre non si sarebbe mai perdonato per ciò che mi aveva fatto e se la punizione era morire guardando quanto grande e forte fosse diventata sua figlia nonostante tutti i problemi e tutti gli errori che aveva fatto, probabilmente l'avrebbe accettata senza problemi.
Impiegai meno tempo del previsto a mettere da parte il rancore nei suoi confronti, le erinni non lo avevano ancora raggiunto. Afferai senza pensarci troppo la lunga frusta di Aletto che era a pochi passi da me e con un largo movimento la feci roteare in aria, con uno scatto la fune raggiunse la schiena di Megera. Un rumore secco percorse l'aria, la donna lanciò un grido di dolore e cadde su Tisifone trascinandole entrambe a terra.
Corsi verso Paul e appena lui mi fu di fronte aprì la bocca per ringraziarmi, ma lo bloccai -Mi devi delle spiegazioni, ho bisogno di sapere tutto sul mio passato. Ma ora non abbiamo tempo-
Lanciai un'occhiata ai due corpi che faticavano a rialzarsi -Non posso trattenerle entrambe e voi siete disarmati-
-Dobbiamo andarcene ora- concluse Claire rialzandosi da terra -Giusto- concordai e prendendola per il braccio feci per allontanarmi.
-No-
-Come scusa?- Paul era immobile e mi guardava serio.
-No- ripeté e aggiunse -noi non andiamo da nessuna parte-
-Tu sei pazzo- protestai -fossimo in superficie potrei far spuntare una barriera di rovi per proteggerci o potrei farle stritolare dalle piante rampicanti, ma qui non cresce nulla!-
-Puoi farlo davvero?- mi guardava sinceramente sorpreso.
-Si certo, basta che mi concen... oh smettila non abbiamo tempo per chiacchierare!-
-Sai Francy, credo che il pericolo faccia venire alla luce capacità che non pensavamo di avere- aveva un sorriso folle stampato in faccia e lo stesso sguardo infantile che faceva Percy quando per la testa gli giravano idee stupide. Senza aggiungere altro mi superò e si mise vicino a Claire.
Poco lontano Tisifone stava aiutando Megera a rialzarsi, quando furono in piedi alzarono lo sguardo verso di noi "Questa ce la pagate schifosi mortali!"
Rapidamente raccolsero le due fiaccole ancora accese, si sollevarono in volo e le fiamme crebbero a dismisura.
-P-Paul...- balbettò Claire indietreggiando.
-Tu sei pazzo- gridai, la mia mente era un turbinio di emozioni, avevo le braccia rigide e le gambe che tremavano, da lontano arrivava un rumore roboante e fortissimo ma io non riuscivo a sentirlo perché il battito del mio cuore mi riempiva le orecchie.
"Ancora una volta trascini la tua famiglia nell'oblio Paul Evans? Sei senza speranze" con un grido, che si insinuò nella mia mente interrompendo ogni collegamento razionale con la realtà, scagliarono le fiaccole nella nostra direzione. Più che bastoni accesi erano palle di fuoco di due metri per due, non saremmo mai riusciti a schivarle in tempo. Eravamo in trappola.
Le pupille dei miei occhi si dilatarono per la paura, il mio cervello tentava di ragionare ma era tutto inutile, pensieri disastrosi inondavano la mia mente. Mi misi le mani nei capelli, tra noi e le sfere di fuoco c'erano solo pochi metri, mi chinai leggermente in avanti e tappandomi le orecchie lanciai un grido di frustazione fortissimo. Alle mie spalle Paul, sempre con il sorriso stampato in faccia, cinse con il braccio il fianco di Claire e l'attirò a sé accucciandosi e portando il braccio libero sopra alla testa come per proteggersi da qualcosa.
Ed effettivamente qualcosa arrivò, un'onda altissima si sollevò alle nostre spalle e ci passò sopra. L'impatto con la mia schiena mi fece cadere in avanti, il vortice di acqua mi trascinò con sé facendomi girare diverse volte perdere l'orientamento, un paio di capriole dopo mi ritrovai senza fiato immersa in acqua e piccoli cristalli di ghiaccio. I polmoni mi scoppiavano perché non avevo avuto il tempo di trattenere il respiro, aprii la bocca per cercare l'aria ma mi si riempì di acqua. Tentavo di respirare ma non ci riuscivo, iniziai ad agitare le braccia in preda al panico senza riuscire ad individuare l'uscita da quell'incubo. La vista mi si offuscò lasciandomi intravedere un'ombra farsi largo tra il ghiaccio verso di me e afferrarmi per il fianco.
Venni trascinata via e un attimo dopo mi sentii come se stessi attraversando una bolla di sapone, l'aria mi riempì i polmoni e mi accasciai sul terreno asciutto sputando acqua. Appena mi ripresi mi girai sulla schiena e iniziai a sentire la voce di Claire chiamare il mio nome.
-C-cosa è successo?- chiesi mettendomi a sedere, gli occhi azzurri della donna mi scrutavano preoccupati mentre mi tastava il polso con la mano destra Paul era in piedi vicino a noi e mi guardava soddisfatto, con un sorriso trionfante.
-Hai finalmente scoperto i poteri che ti ho lasciato in eredità, sono orgoglioso di te!- mio padre mi diede una pacca sulla schiena che mi fece riprendere a tossire.
-Oh smettila, hai già fatto abbastanza per oggi!- disse la donna guardandolo male e prendendomi la testa con le mani iniziò a muoverla osservando i miei occhi, sembrava molto professionale, come se lo facesse da tempo -Come stai?- mi chiese.
-Cosa intendeva con "i poteri che ti ho lasciato in eredità"?- chiesi ignorando la domanda.
Claire stava per rispondermi ma Paul la interruppe -Non abbiamo tempo l'acqua si sta ritirando- si abbassó avvicinandosi a noi e mettendoci le braccia attorno alle spalle.
Alzai la testa e vidi l'acqua che iniziva a ritirarsi andando verso il fiume, alla fine anche gli ultimi centimetri si dileguarono lasciando sul terreno solo qualche pozzanghera. La terra scura appena intorno a me era perfettamente asciutta, al contrario dei miei vestiti zuppi, guardando meglio Claire e Paul notai che ero l'unica ad essermi bagnata.
In una pozza scura galleggiavano le due fiaccole ormai ridotte a due bastoni gonfi d'acqua e inutilizzabili. Le due donne poco lontano agitavano le ali appesantite dalle quali scivolavano grandi gocce.
-Che cosa è successo?-  chiesi guardandomi attorno.
-Wow, niente male per essere la prima volta!- mio padre era entusiasta e si guardava intorno freneticamente.
-Saresti così gentile da darmi una risposta per una volta?!- 
Un grido stridulo giunse dalle due erinni, Paul mi guardó serio -Saresti in grado di farlo di nuovo?-
-I-io...- la testa mi girava e gli occhi mi si stavano per chiudere dalla stanchezza -non so nemmeno come ho fatto la prima volta-
-Devi solo concentrarti,ok?-
-S-si- non riuscivo a ragionare, la sua voce mi giungeva dopo un po' e vedevo tutto sfuocato.
Però riuscii benissimo a vedere due figure alzarsi in volo alle spalle di Paul.
-Paul attento!- gridai, l'uomo si voltò e alzò le braccia: due proiettili d'acqua partirono come sparati da un cannone invisibile e colpirono in pieno Megera e Tisifone. Corse verso di loro, un sottile strato d'acqua lo seguiva strisciando sul terreno. Iniziò il combattimento e esternamente poteva sembrare che avesse una possibilità,  ma c'era un problema: lui aveva solo proiettili d'acqua con cui poteva distrarle e infastidirle, loro erano dotate di artigli affilati.
Anche Claire l'aveva notato e non perse tempo, raccolse un sasso e senza chiedermi niente strappò una lunga striscia di stoffa dal fondo della mia maglietta, mise il sasso al centro e iniziò a farlo roteare in aria. I suoi occhi seguivano la figura di Tisifone che sospesa in aria si stava preparando per attaccare Paul. Quando la mezzadonna iniziò la sua discesa Claire lanciò il sasso, non avrei mai pensato che ce l'avrebbe fatta e invece il proiettile raggiunse il mostro in pieno facendolo ripiegare su se stesso e cadere a terra. Paul voltò la testa e la ringraziò con un muto movimento delle labbra e un grande sorriso.
Io mi mossi con la spada in mano verso il corpo steso a terra di Tisifone, era vicino ad una parete di roccia che tre o quattro metri più in alto si appiattiva formando un sentiero largo. Il suo corpo era scosso da fremiti e respirava affannosamente, probabilmente il sasso le aveva colpito il costato. Giunsi a pochi passi da lei e mi voltai, vidi Paul osservare ogni mio movimento da lontano. Si era distratto, Megera alle sue spalle lo osservò con un sorriso maligno e si lanciò all'attacco tendendo le mani con i lunghi artigli. Aprii la bocca per gridare ma Claire fu più veloce di me -Paul no!- l'uomo si voltò di scatto e spalancò gli occhi. In una frazione di secondo nella nostra testa passò la stessa idea e, di fronte  alla pressione di due ordini uguali, l'acqua esplose: una grande quantità di liquido scuro si sollevò da terra schiantandosi contro il corpo della mezzadonna respingendolo verso l'alto, l'impatto spinse a terra Paul e quando la massa d'acqua si schiantò contro il soffitto tutta la caverna tremò e rimbombò dell'ulro di Megera.
Rimanemmo tutti a bocca aperta a fissare la polvere dorata scendere lentamente verso terra disperdendosi nell'aria, la donna si era disintegrata. Paul esultò sollevando entrambi i pugni verso l'alto e Claire corse ad abbracciarlo, un sorriso illuminó il mio volto, ero felice: guardavo i due ridere, mio padre parlava eccitato e descriveva la scena con gesti e suoni, la donna lo guardava e rideva ancora più forte. In quel momento non mi importò più nulla della mia impresa, del mio passato e di ciò che aveva fatto mio padre, volevo solo continuare a sentirmi così felice per sempre.
Invece quella sensazione che non provavo da tempo durò solo per un breve istante perché poco dopo un dolore improvviso mi fece gridare. Un bruciore improvviso, una fitta fortissima. Guardai la mia spalla destra con gli occhi spalancati e la bocca aperta da cui usciva un verso strozzato, una mano scheletrica mi stringeva con forza infilando i lunghi artigli ricurvi nella carne. La pelle si era squarciata e rivoli di sangue bagnavano la maglietta e scivolavano sul mio petto seguendo le crepe bluastre.
Voltai leggermente la testa e mi ritrovai a guardare gli occhi luminosi di Tisifone "Non avresti dovuto metterti in mezzo ragazzina" disse stringendo la presa, delle grosse lacrime scivolarono sulle mie guance e staccandosi dal mio viso si congelarono per poi essere portate via dal vento.
Mio padre da lontano sollevò una mano per tentare di colpire la donna con un getto d'acqua ma Claire si apprestò ad abbassarglielo -Sei pazzo? Se colpisci Tisifone la spazzerai via e come minimo le strapperá il braccio!- Paul mi guardó con gli occhi pieni di terrore e rivolse uno sguardo implorante a quella che mi stringeva ancora la spalla -Lasciala andare! È me che vuoi- gridò - vienimi a prendere, non opporrò resistenza. Ma lascia andare mia figlia-
"È tardi per implorare Evans!" replicò lei "Questa ragazza si è intromessa in affari che non la riguardavano, ha deciso spontaneamente di condividere la tua pena" dicendo questo mi scosse infilando gli artigli ancora più in profondità e facendomi gridare.
-Francy!- l'uomo si agitava in lontananza sentendosi impotente -Mi dispiace, non volevo niente di tutto questo. Ero disperato e arrabbiato, non volevo maledirti- le labbra gli tremavano e gli occhi divennero lucidi, improvvisamente cadde in ginocchio mettendosi le mani sul viso -Tu sei la cosa più bella che mi ha dato la vita-
Le lacrime iniziarono a scendere più copiose sul mio viso, vederlo in quello stato mi faceva stare malissimo ma mi stava dando la forza necessaria a reagire. Avevo appena ritrovato mio padre e nonostante il dolore che mi aveva provocato avevo bisogno di stare ancora con lui, di ascoltare ciò che aveva da dirmi, di sapere che nonostante tutto qualcuno era rimasto ad amarmi. Recuperai il controllo della mia mente, ignorando il dolore alla spalla sollevai la spada e muovendo il braccio all' indietro alla cieca colpii Tisifone procurandole una ferita al fianco destro. La donna mollò subito la presa e con un grido di dolore barcollò all'indietro portando la mano alla ferita, era a pochi metri da me e spostava lo sguardo dalla mia spada al suo fianco digrignando i denti.
Mi voltai e tenendomi con la mano sinistra la spalla tentai di dirigermi verso di lei approfittando del fatto che era distratta dal dolore. Riuscii a fare solo un passo, dopodiché le mie ginocchia cedettero trascinandomi a terra "Non ora" pensai "Resistete ancora un attimo, vi prego!" tentai di rialzarmi ma il mio corpo non mi rispondeva più, era rigido e freddo, le crepe percorrevano oramai tutta la pelle. La donna notò subito la mia difficoltà e guardandomi con odio misto a soddisfazione sollevò una mano munita di artigli "È giunta la tua ora Francesca Evans, dí nuovamente addio alla tua vita"
-Nuovamente?- la mia vista era offuscata dalle lacrime e dal dolore, tentavo di guadagnare tempo ma Tisifone ignorò la domanda e fece un passo traballante verso di me. Non staccai gli occhi dal suo viso sfuocato e non alzai la spada per difendermi, sarebbe stato tutto inutile, tra la sua mano e il mio corpo c'era solo un metro di distanza. Ormai sapevo che era finita, aspettavo solo che la sua mano raggiungesse la mia gola fredda e mettesse fine alla mia vita, ma una figura dorata e confusa comparve nella mia visuale, saltò dall'altura sopra di noi e atterrò sulla schiena della donna. I due si accasciarono a terra, tutto quello che vidi fu un groviglio di ali e che si agitò per parecchio tempo, Tisifone emetteva strilli terribili. Poi calò il silenzio. Le ali da pipistrello smisero di agitarsi, un braccio sottile macchiato di rosso si lasciò andare sulla terra polverosa e un attimo dopo il corpo esplose in una pioggerella di polvere dorata. L'altra figura rimase stesa a terra a respirare profondamente per un attimo, dopodiché fece leva sulle braccia e mi guardó negli occhi.
ANGOLO AUTRICE:
Ehyy sono tronata! Scusate l'attesa ma sono riusicta a finire il capitolo solo due giorni fa e ho avuto tempo per pubblicarlo solo ora. Passando al capitolo, come promesso abbiamo conosciuto due nuovi personaggi: Paul Evans e Claire Walker. Io li trovo adorabili, voi?
Immagino che innumerevoli domande siano comparse nella vostra mente dopo aver letto questo capitolo: cosa significa "i poteri che ti ho lasciato in eredità"? Perché Tisifone dice "dì nuovamente addio alla tua vita"? Chi é la misteriosa figura dorata?
Ebbene, tutte queste domande troveranno risposta nel prossimo capitolo che sarà moooolto interessante. Sostanzialmente vi narrerò il passato di Sole e Francy attraverso dei Flashback. Oltretutto é una specie di esperimento per me, quindi al termine del capitolo vi chiederò un vostro parere al riguardo... quindi NON MANCATE! Grazie, vi amo♡
Sole Walker
 capitolo come promesso abbiamo conosciuto due nuovi personaggi: Paul Evans e Claire Walker. Io li trovo adorabili, voi?
Immagino che innumerevoli domande siano comparse nella vostra mente dopo aver letto questo capitolo: cosa significa "i poteri che ti ho lasciato in eredità"? Perché Tisifone dice "dì nuovamente addio alla tua vita"? Chi é la misteriosa figura dorata?
Ebbene, tutte queste domande troveranno risposta nel prossimo capitolo che sarà moooolto interessante. Sostanzialmente vi narrerò il passato di Sole e Francy attraverso dei Flashback. Oltretutto é una specie di esperimento per me, quindi al termine del capitolo vi chiederò un vostro parere al riguardo... quindi NON MANCATE! Grazie, vi amo♡
Sole Walkercome promesso abbiamo conosciuto due nuovi personaggi: Paul Evans e Claire Walker. Io li trovo adorabili, voi?Immagino che innumerevoli domande siano comparse nella vostra mente dopo aver letto questo capitolo: cosa significa "i poteri che ti ho lasciato in eredità"? Perché Tisifone dice "dì nuovamente addio alla tua vita"? Chi é la misteriosa figura dorata?Ebbene, tutte queste domande troveranno risposta nel prossimo capitolo che sarà moooolto interessante. Sostanzialmente vi narrerò il passato di Sole e Francy attraverso dei Flashback. Oltretutto é una specie di esperimento per me, quindi al termine del capitolo vi chiederò un vostro parere al riguardo... quindi NON MANCATE! Grazie, vi amo<3

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Capitolo 24
*** Back to the start ***


La figura si alzò in piedi e, senza dire una parola, iniziò a scuotersi via la polvere dai vestiti creando una piccola nuvola di terra marrone tra noi. Strizzai gli occhi per scacciare le lacrime e mi sforzai di riconoscere la figura sfocata che gradualmente riprese dei contorni definiti, mi ritrovai a fissare dei jeans lunghi e stretti strappati in più punti da cui riuscii a scorgere le gambe piene di graffi e tagli più profondi, il ginocchio destro era avvolto in un bendaggio improvvisato di stoffa viola macchiata di sangue. La maglietta dello stesso colore era a pezzi e giaceva abbandonata contro il petto graffiato, pieno di ferite sanguinanti e macchie violacee.
Il ragazzo agitò le braccia indolenzite lasciando andare la spada scintillante che atterrò con un tonfo poi alzò di nuovo lo sguardo verso di me, i miei occhi si fermarono ad analizzare il suo viso stanco: aveva un colore grigiastro su cui ogni tanto si rifletteva la luce rossa abbagliante della caverna, piccoli graffi si erano aperti su tutta la faccia e facevano da sfondo a un paio di occhi marroni, spenti, contornati dalle occhiaie di chi non dorme da molto tempo. Nel momento i cui i nostri occhi si incontrarono il suo sguardo si legò al mio. Il colore dei suoi passò improvvisamente ad una tonalità più accesa e tendente all'arancio e mettendo da parte la stanchezza il suo viso si illuminò diventando molto più bello. Un sorriso storto terminò l'opera gettandomi nella confusione totale.
Non importava quanti tagli ricoprissero la sua figura, l'avrei riconosciuto comunque. Eppure il mio cervello continuava a ripetermi che non era possibile, non poteva essere lui. Ma il ragazzo continuava a fissarmi immobile, il suo petto si alzava e si abbassava lentamente e le sue mani tremavano ma non faceva freddo, attorno a noi gli ultimi fiocchi di neve si stavano sciogliendo grazie alle parole di mio padre e il caldo soffocante del Tartaro stava tornando a farsi sentire ma io ancora non lo percepivo. Giacevo in ginocchio a due metri da lui, totalmente immobile, con lo sguardo fisso sul suo viso e un'espressione incredula sul volto.
All'improvviso la sua bocca si aprì, voleva dire qualcosa ma era come se non riuscisse a trovare le parole adatte, rimase a balbettare per un tempo che mi sembrò interminabile. Poi il suo volto assunse un'espressione più sicura e un suono uscì dalla sua bocca, una sola parola che alle orecchie degli altri poteva sembrare insignificante. Ma non alle mie.
-Hey-
Nell'udire quel saluto qualcosa scattò nella mia testa, era come se il mio corpo si fosse risvegliato improvvisamente. Non mi ero mai sentita meglio, il mio cuore si scaldò ed ebbe un sussulto fortissimo tanto da farmi quasi vomitare, ignorai l'improvviso calore che si stava diffondendo dentro di me e scattai in piedi. Corsi verso di lui con il sorriso stampato in faccia e gli saltai al collo, il ragazzo si limitó ad allargare le braccia e non vacillò nemmeno quando il mio corpo si scontrò con il suo. Un' ondata di calore mi invase e per la prima volta sparì quell'eterna sensazione di freddo che mi perseguitava dal momento in cui avevo notato la sua scomparsa. Le sue braccia mi strinsero e il suo sorriso giocoso si spense lasciando un'espressione che non avevo mai visto sul suo viso e si affrettò a nasconderla tra i miei capelli. Sentii dei passi dietro di me, ammetto che in quell'istante mi ero totalmente dimenticata di mio padre e di Claire, mi scostai velocemente uscendo dall'abbraccio un po' imbarazzata.
Sole mi guardó negli occhi e i suoi mi sembrarono un po' lucidi, schiarendosi la voce sollevò un angolo della bocca scoprendo i denti in un sorriso -Pensavi di esserti liberata di me eh...- disse mollandomi un pugno sulla spalla
-Ahi!- gridai guardandolo male e mi toccai la pelle liscia, mi stupii di sentirla così calda. Notai che era tornata del suo colore naturale e che non c'era più traccia delle crepe. Abbassai la testa guardando sotto la maglietta, all'altezza del cuore una cicatrice bianca a forma di sole si diramava sul mio petto. Sole notó il mio sguardo perplesso e si allungò in avanti per cercare di vedere al di sopra della mia testa. Appena lo notai mi ritrassi di scatto chiudendo le braccia attorno al mio corpo -HEY!- gridai diventando rossa in viso.
Lui rise di gusto e bloccò le mie mani prima che riuscissi a colpirlo con un pugno.
-Sei appena arrivato e già mi hai stancato!- sbuffai, ma un sorriso spuntò sul mio viso.
-Tanto lo so che ti sono mancato- mi rispose facendomi l'occhiolino, dopodiché lasciandomi andare le mani si allontanò per chinarsi a raccogliere la spada d'oro imperiale. In quel momento una mano si appoggiò sulla mia spalla facendomi sussultare, voltandomi di scatto portai la mano alla collana. Ma i miei occhi incontrarono lo sguardo serio di mio padre.
-Oh, sei tu... che cosa c'è?- chiesi rilassando le spalle, in tutta risposta mosse la testa indicando qualcosa alle sue spalle. Mi alzai in punta di piedi per guardare e scorsi Claire, sembrava appena uscita da un incontro con Medusa, sembrava pietrificata con lo sguardo fisso su Sole, l'unico segno di vita arrivava dal suo petto che si alzava e abbassava lentamente.
-Allora Francy qual è il piano?- chiese lui avvicinandosi a me, teneva ancora lo sguardo fisso sulla spada che roteava nella sua mano e non aveva ancora notato Paul. Presi coraggio e con serietà dissi -Sole, credo ci sia una cosa che devi vedere-
Lui alzò lo sguardo, per primo vide mio padre ed ebbe un sussulto ma vedendo che ero tranquilla mi lanciò un'occhiata interrogativa e sospettosa, gli feci cenno di non fare domande e con un braccio spostai mio padre scoprendo la figura di Claire. I loro occhi si spalancarono nello stesso istante e nella pianura cadde un silenzio carico di tensione, con tempismo perfetto i fulmini smisero di illuminare la grotta e riuscivo addirittura a sentire il respiro di Sole accanto a me farsi sempre più affannato. La donna era immobile davanti a noi e fissava suo figlio incapace di credere ai suoi occhi, quanto era cambiato dall’ultima volta he si erano visti? Claire si mosse esitante verso di noi, mi superò senza staccare gli occhi da quelli di Sole e alzò una mano tremante verso il suo viso senza però osare toccarlo, come se avesse paura di vederlo svanire all'improvviso sotto alle sue dita.
-Il mio bambino...- un suono debole uscì dalle sue labbra socchiuse e gli occhi le si riempirono di lacrime che scesero scintillanti lungo le sue guance abbronzate. Sole lasció andare la spada che teneva ancora stretta in pugno, un rumore metallico rimbalzò sulle pareti di roccia, il suo viso assunse un'espressione dura, abbassó lo sguardo e pensò a lungo prima di parlare -Mi avevi giurato che saresti tornata-
-M-mi dispiace... ma cosa potevo dirti? Eri solo un bambino- balbettó la donna e si coprì il volto con entrambe le mani. Il ragazzo levò di nuovo lo sguardo sulla madre in lacrime, sbuffò -Beh...- cominciò e la donna alzò gli occhi azzurri arrossati dal pianto -adesso sei qui, quindi- si passò distrattamente una mano nei capelli, come se fosse davanti ad un'estranea -credo che un abbraccio sia d'obbligo- non fece nemmeno in tempo ad allargare le braccia che la madre gli si era già gettata al collo. La testa di Sole si appoggiò sulla sua, era  più alto di lei di almeno dieci centimetri, e le sue braccia strinsero il corpo singhiozzante che si era abbandonato contro il suo -Mi sei mancata mamma- bisbigliò.
Mentre i due si tenevano ancora stretti l'uno all'altra io e mio padre ci guardavamo di sottotecchi senza sapere bene cosa fare o dire. Ero ancora arrabbiata con lui e aspettavo solo che lui parlasse per spiegarmi tutto quello che stava succedendo, ma sembrava essersi dimenticato come si inizia una conversazione.
-Ora credo che dovremmo rimetterci in cammino- Sole e Claire si erano separati e lui mi stava parlando -abbiamo tutti bisogno di un po' d'aria fresca- senza dire un’altra parola tutti si avviarono, rimasi al mio posto e li guardai allontanarsi di qualche passo poi protestai -Assolutamente no- Sole mi rivolse uno sguardo stupito ma mio padre aveva capito benissimo e non sembrava contento -Non vuoi sapere cosa ci fanno loro qui? Non vuoi sapere perché io e te siamo finiti in questo pasticcio?- ero agitata ma determinata -"La figlia della Terra la verità scoprirà" dice la profezia, e io non ho intenzione di andarmene finché non mi avrai detto tutto- puntai un dito contro mio padre -dall’inizio- specificai-
Paul guardò Claire e lei gli lanciò un'occhiata che diceva "devi farlo", sbuffò e disse -C'è un modo solo per farvi capire tutto in fretta- guardò me e Sole con un' espressione seria -ma vi avverto: non sarà bello-
Nessuno si mosse o parlò, sospirando ci fece cenno con le mani di avvicinarci -Venite, anche tu Claire: anche tuo figlio ha il diritto di sapere- 
Paul e Claire si diedero la mano, mio padre prese la mia con quella libera e la madre di Sole prese quella del figlio -Chiudete il cerchio- disse la donna, la mano di Sole si chiuse sulla mia, era calda e un po' sudata. Lo guardai, il suo sguardo era fisso sui nostri genitori che con gli occhi chiusi recitavano delle formule, li trovai molto inquietanti ma ciò che mi spaventava di più era non avere nessuna certezza, a differenza di Sole io non sapevo nulla sulla mia nascita e non ricordavo altro che le squallide pareti e il cortile dell’orfanotrofio. Improvvisamente la voglia di conoscere la verità che mi aveva spinto ad accettare di partire per quella folle impresa lasciò il posto alla paura, mi morsi nervosamente il labbro, Sole percepì la mia agitazione e mi strinse la mano più forte facendomi sentire più sicura.
All'improvviso le pareti di roccia presero a vorticare intorno a noi sempre più veloci, un lampo di luce fortissimo si alzò dal centro del cerchio costringendomi a chiudere gli occhi. La mano di Sole era stretta saldamente sulla mia, ma quella di mio padre mi lasciò andare di colpo, mi portai il braccio sugli occhi per proteggerli dalla luce.
-Mamma!- urlò Sole, anche Claire doveva aver lasciato andare la sua mano.
-Andrà tutto bene tranquilli! Rimanete uniti,quando cambia non lasciatevi assolut...- la voce si interruppe bruscamente e la luce accecante cessò. 
Aprì gli occhi e mi ritrovai in un immenso spazio bianco, i nostri corpi non facevano ombra e facevo fatica a camminare perché non riuscivo ad avere il senso della profondità, era come trovarsi sospesi in un nulla senza confine. Guardai Sole in cerca di spiegazioni ma anche lui sembrava confuso quanto me -Loro dove sono finiti?- chiese allarmato guardandosi la mano destra vuota, sul suo viso si leggeva tutta la paura di perdere la madre appena ritrovata.
-Non ne ho idea- sospirai -cosa dovremmo fare ora?- avevo appena finito la frase quando un rumore mi fece abbassare lo sguardo: un rivolo d'acqua trasparente scorreva sotto ai nostri piedi e il livello si alzava velocemente. Mi strinsi al mio compagno che non lasció la mia mano ma guardó spaventato l'acqua salire oltre le nostre ginocchia -Francy…- balbettò indietreggiando, si mise dietro di me appoggiando la sua schiena alla mia -ora che facciamo?- in un attimo l'acqua ci arrivò al collo, scorreva sui nostri corpi senza bagnarci, sollevando i nostri vestiti e i nostri piedi dal suolo -Non ne ho la minima idea- dissi tendendo il collo per continuare a respirare . La mia mano stritolò quella di Sole e tentai di urlare quando all'improvviso tutto sembrò capovolgersi e ci ritrovammo immersi completamente, l’acqua turbinava attorno a noi confondendomi le idee. L’aria mi sfuggì dai polmoni e i nostri corpi vennero trascinati verso il basso da un vortice, lontano dalla superficie, dall’aria fresca e dalle certezze.
ANGOLO AUTRICE:
Heyyy eccomi, scusate ma il capitolo che stavo scrivendo era chilometrico. L'ho messo su word e ho notato che erano 17 pagine e leggere con il cellulare come faccio io e magari molti di voi era difficile, quindi ho deciso di dividerlo in altre parti. La buona notizia è che mentre finisco di scriverlo potrò pubblicare alcuni pezzi di quello che ho già scritto.
Fatta questa comunicazione di servizio, HEYYYYYYY guardate un po' chi è tornato! Vi è mancato il nostro amato Sole? A me un sacco. Vi avviso che i prossimi capitoli saranno praticamente una storia a parte, parleranno interamente della vita di Paul e Claire e dei primi anni di vita di Sole e Francy. Saranno piuttosto importanti per la storia e non credo che vi annoierete, ma fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate.❤
Scrivete qui le ipotesi sul passato di Paul e Claire, dove finiranno secondo voi Sole e Francy come prima tappa?
Aspetto le vostre numerossissime recensioni :-* ❤
S¤le Walker

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Capitolo 25
*** Anima Cogitans ***


Sbattei le palpebre più volte per mettere a fuoco ciò che c’era attorno a me,il silenzio era totale e la mia mente si stava riprendendo dalla confusione che il vortice aveva creato. Piccole bolle d’aria salivano verso l’altro passandomi tra i capelli e facendomi il solletico al viso, alzai il viso per seguirle con lo sguardo, la luce del sole filtrava sopra di noi. Strinsi la mano a Sole che mi rivolse uno sguardo confuso, i suoi occhi mi scrutavano interrogativi e i suoi capelli mossi dall’acqua sembravano tendere verso la luce. Sollevai lentamente la mano sinistra e gli indicai quella che poteva essere la nostra salvezza, la sua bocca si aprì in un sorriso e insieme nuotammo verso la superficie, improvvisamente le nostre bocche trovarono l'aria fresca e prima che riuscissi a rendermene conto il mondo si era di nuovo capovolto, i nostri corpi vennero trascinati fuori dall’acqua da una forza invisibile, lanciai un grido e atterrammo di pancia contro una superficie morbida.
Tastai con le mani il terreno erboso e mi girai sulla schiena ritrovandomi a guardare il sole splendente sopra di noi, Sole si alzò sistemandosi la maglia, si passò la mano nei capelli per poi tendermela e aiutarmi ad alzarmi.
-Cosa è successo?- gli chiesi massaggiandomi la testa, l’erba aveva attutito il colpo ma probabilmente mi sarebbe spuntato un bel bernoccolo.
-Anima Cogitans- cominciò e lo guardai stupita -Ne ho sentito parlare quando ero al Campo Giove- il suo volto si scurì prima di continuare la spiegazione, avevo sempre la sensazione che non si trovasse completamente a proprio agio con i suoi compagni romani -praticamente è come un viaggio nel tempo, l’unica differenza è che non puoi interferire con gli eventi-  vedendomi ancora perplessa continuò -È la proiezione molto realistica di un pensiero-
-Ahhh, potevi dirlo prima che affogassimo in quella strana acqua asciutta- sbottai guardandolo storto.
-Non so come funzioni, so cosa è. Comunque- disse guardandosi intorno -Dove siamo?-
-Non lo s...- mi interruppi e guardandomi attorno più attentamente continuai -ho già visto questo lago, vieni-
Lo condussi fino in cima ad un pendio e insieme guardammo il Campo Mezzosangue estendersi sotto di noi. Mi venne una stretta al cuore: vedere tutti quei semidei felici passeggiare per il prato ridendo e pensare a quello che stavo passando io lontano da casa mi faceva stare male.
-Andiamo- Sole mi tirò per la mano e scendemmo nel prato avviandoci verso le case sistemate a forma di ferro di cavallo, un gruppo di ragazzi ci passò accanto senza vederci, stavano andando tutti alla mensa per pranzare e le abitazioni dei semidei ormai erano deserte. Mentre il gruppo si allontanava da noi sul prato scendeva il silenzio -Siamo nel passato- dissi interrompendo il filo dei pensieri di Sole.
-Da cosa l'hai capito?- mi chiese guardandomi con curiosità, -È sicuramente prima della guerra con i Titani, Percy non ha ancora stretto il patto. Vedi- indicai gli spazi vuoti dietro di noi -Mancano quelle per i figli di Ade e degli dei minori: Iride, Ipno, Nemesi, Nike, Ebe, Tyche e Ecate- rimanemmo in silenzio per qualche secondo camminando molto lentamente, in attesa che qualcosa spezzasse quella quiete a cui non eravamo più abituati.
-In che anno credi che ci troviamo?- chiesi ad un certo punto.
Sole si guardò intorno e indicò un ritardatario che si affrettava ad uscire dalla casa XI infilandosi la maglietta arancio nei jeans larghi, sul suo viso erano ancora impresse le pieghe del cuscino, molto probabilmente un figlio di Ipno ancora indeterminato -A giudicare dall'abbigliamento siamo negli anni novanta, alla fine per la precisione- lo guardai e scuotendo le spalle spiegò con non curanza -Quel modello di scarpe è uscito nel '95 e sembrava un po' consumato- accennò con la testa al ragazzo che si allontanava dietro di noi.
-Non guardarmi come se fossi un alieno!- protestò per la mia faccia stupita, stavo per rispondere ma lui mi zittì, qualcosa alle mie spalle aveva attirato la sua attenzione, mi voltai e vidi un ragazzo sui diciotto anni con i capelli scuri trascinare dietro alla casa undici una ragazza bionda che protestava animatamente. Senza dire una parola li seguimmo.
***
-Vuoi dirmi che ti succede Claire?- stava dicendo il ragazzo.
Lei incrociò le braccia e con voce aggressiva disse -Non ho nulla! Vuoi smetterla di perseguitarmi?-
Lui sbuffò levando con un movimento della testa una ciocca di capelli neri dagli occhi, lo guardò storta ma il suo sguardo venne ignorato -Sono settimane che sei strana! E Trevor mi ha detto che ieri notte ti ha visto riempire uno zaino con vestiti e cibo- alzò gli occhi al cielo, quel dannato ragazzino l'aveva tradita -Stupido bambino... gli avevo detto di tenere la bocca chiusa-
Per un attimo rimasero in silenzio, si guardavano negli occhi e sotto lo sguardo preoccupato e sincero di lui la finta indifferenza di Claire cedette.
-Devo andarmene Paul- disse tutto d'un fiato -solo io e lui-
L'espressione di Paul si fece dura -Lui chi Claire?-
La ragazza avrà avuto diciassette o diciotto anni al massimo, distolse lo sguardo dal viso dell’amico e posò una mano sulla propria pancia -Io e mio figlio- attese l'esplosione di rabbia e le urla di lui che però non arrivarono. Alzò lo sguardo timorosa e vide che lui la guardava incredulo, i suoi occhi la scrutavano in cerca di indizi, come se si aspettasse di vederla scoppiare a ridere per uno scherzo ben riuscito -Non stai scherzando- concluse, lei scosse la testa e osservò il viso di lui passare da rabbia, a preoccupazione e infine a gioia -Ma è una notizia grandiosa! Beh tranne per il padre che dovrà vedersela con me per averti lasciata sola, a proposito chi è? No ora non ha importanza, dobbiamo dirlo agli altri: ti aiuteranno e ne saranno felicissimi e poi...- parlava a raffica pieno di eccitazione. La testa di Claire scoppiava e spazientita lo fermò -Non lo dirò a nessuno, e nemmeno tu lo farai-
Paul la guardò sorpreso, aveva il fiatone e le sue braccia tremavano in preda a quell’eccitazione frenetica, la ragazza sbuffò -Questo non è un bambino come gli altri, lo sento. È diverso dai mortali e anche da noi- gli occhi le si riempirono di lacrime -Non posso restare qui, partirò stanotte-
-Ma perché??- chiese lui
-Li hai visti anche tu! I mostri arrivano da ogni parte sempre più spesso, già tre persone sono finite in infermeria- era vero, il campo non aveva barriere abbastanza resistenti per tenere lontano i mostri e nelle ultime settimane il lavoro per le sentinelle era diventato molto più duro, più di una volta piccoli gruppi di mostri erano riusciti a penetrare nel Campo sfuggendo ai ragazzi sorvegliavano i confini. Due notti prima una chimera era riuscita a spingersi fino alle case e si era diretta senza esitazioni verso quella di Apollo, Claire se l’era trovata davanti aprendo la porta per uscire ad aiutare gli altri. Cercavano lei, volevano ucciderla e restare al campo metteva a rischio la vita di tutti.
-E questo cosa c'entra?- Paul si spazientì.
-È lui!- gridò lei perdendo la pazienza e indicandosi la pancia con entrambe le mani -Il suo potere li attira, non posso restare qui-
Il ragazzo abbassò lo sguardo e rimase in silenzio, grosse lacrime scendevano lungo il viso di Claire. Voleva che Paul le credesse, che capisse quanto la situazione era pericolosa e che non avrebbe fatto altro che peggiorare mentre il bambino cresceva, doveva lasciarla andare.
-Io vengo con te- disse Paul infine, il suo sguardo non ammetteva repliche ma lei non si diede per vinta -Scordatelo. Non questa volta. Non centri niente con questa storia e non posso coinvolgerti-
-Togliti dalla testa che io ti lasci da sola- continuò lui guardandola negli occhi. L'azzurro e il verde si mischiarono, si guardavano così intensamente che sembrava stessero continuando la conversazione con il pensiero. Poi Paul fece una cosa inaspettata, si inginocchiò appoggiando il braccio sulla propria gamba e parlò piano all'altezza della pancia di Claire -Tranquillo piccolo, probabilmente non puoi sentirmi... non credo che le orecchie si formino così in fretta- accarezzò la pancia -ma sappi che d'ora in poi, ci sarà lo zio Paul a prendersi cura di voi- guardó Claire negli occhi, la conversazione ormai era chiusa, l’aveva convinta -e comunque hai una mamma bellissima- lei iniziò a piangere e appena Paul si alzò gli gettò le braccia al collo. 

***
La scena iniziò a sfumare lentamente, voltai la testa e vidi Sole sfregarsi nervosamente la mano libera sugli occhi. Non dissi nulla.
Il paesaggio non cambiò, eravamo sempre dietro alla casa undici nel Campo Mezzosangue, ma all'improvviso si era fatto buio, alzai lo sguardo e vidi la luna alta nel cielo il coprifuoco era passato da molto tempo. Un rumore ci fece sussultare, girammo attorno alla casa per vedere mio padre uscire guardandosi attorno circospetto. 
***
Paul strinse ansioso la tracolla di un grosso borsone verde scuro chiaramente pieno di viveri e vestiti, appeso ad una spalla penzolava uno zaino da cui spuntava l'elsa di una spada in bronzo celeste. Dopo aver dato un'ultima occhiata alla strada deserta si incamminò e a passo felpato superò la casa di Efesto, salì i gradini della numero sette e lanciò un' occhiata alle proprie spalle pensando a quanto sarebbe stato brutto essere sorpresi da un’arpia dopo il coprifuoco. Mentre un brivido lo percorreva si avvicinò alla porta e, appoggiando la guancia sinistra sulla superficie dorata, sussurrò -Hey... riccioli splendenti sei pronta?-
Dopo un attimo di silenzio dall'interno giunse un sibilo scocciato -Non chiamarmi così!- con un sorrisetto Paul si voltò appoggiandosi ad una delle colonne color oro e tenne d'occhio la strada fino a quando il rumore della porta che veniva aperta non lo fece voltare. Claire era davanti a lui con un grosso borsone rosso a tracolla, in una mano stringeva uno zaino aperto e con l'altra cercava di far entrare una mappa di Long Island spingendo da parte un arco, una faretra piena di frecce e due o tre libri che nessun altro sarebbe riuscito a far entrare in quello zainetto. Aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, una felpa nera con il cappuccio sopra ad una maglietta rossa e un pugnale appeso ai jeans ciondolava sul suo fianco, nulla di speciale ma per lui era sempre bellissima.
-Allora andiamo?- chiese scuotendolo dai suoi pensieri, annuì senza esitare, prese la carta dalle mani di Claire e la infilò velocemente nel proprio zaino semivuoto. Scesero i gradini in silenzio e si allontanarono dalle case, raggiunsero il fiume e senza dire una parola lo attraversarono cercando di non scivolare sulle rocce bagnate. Solo quando si trovarono a pochi metri dalla casa grande Paul parlò -Il piano qual è?-
-Dammi la mappa- disse lei, lui si frugò nello zaino estrasse la cartina e una torcia, Claire prese la mappa, si avvicinò ad una delle pareti della casa grande e facendo il minor rumore possibile l’aprì, Paul accese la torcia e la illuminò.
-Il piano è uscire dai confini del campo senza farci vedere e prendere il taxi fino a qui- indicò con l'indice sottile un punto sulla mappa. Paul guardò, la ragazza indicava un punto tra Riverhead e Northampton ma c’era solo una macchia di alberi -Ma non c'è nulla lì-
-Esatto- disse lei trionfante -una piccola radura lontana dalle strade, da New York e da altri semidei. Ma abbastanza vicina ad una città in cui potremmo rifornirci di ciò che ci serve- spiegò indicando il centro di Riverhead
-Ma cosa faremo una volta là?- non riusciva a capire cosa avesse in mente, sperò che nella mente della compagna ci fosse un piano ben studiato che per qualche ragione non voleva rivelargli.
-Ho una piccola tenda da due nella mia sacca e dopo esserci stabiliti dovremo pensare a costruire qualcosa di più... solido diciamo, tipo una casetta- Claire alzò lo sguardo dalla mappa e lo guardò con apprensione -credi sia possibile?-
Paul ci pensò bene prima di rispondere, ma poi guardandola negli occhi decise che valeva la pena provarci -Siamo semidei, nulla è impossibile- le rispose sorridendo -Quello che non capisco è: perché proprio questo punto?- chiese osservando che c'erano molti altri spazi liberi ancora più lontani dalla città.
-Forse potrà sembrarti stupido, ma sono giorni che sogno questo posto- lo guardò, probabilmente aspettandosi che scoppiasse a ridere ma Paul la osservava incuriosito e lei continuò -Sorvolo Long Island e quando arrivo in questo punto scendo lentamente tra gli alberi, faccio qualche passo e mi ritrovo nella radura. C’è una piccola casa in rovina, basterebbe davvero poco per metterla a nuovo e poi…- si interruppe, indecisa se continuare o meno.
-E poi?- la incitò Paul, lei rivolse i suoi grandi occhi al cielo - quel posto emana un po’ della magia che si sente qui. Credo che potremmo sentirci a casa-
-Ma come faremo con i mostri?- chiese interrompendola -saremo soli, non sarà come essere al Campo-
-Ho fatto delle ricerche- rispose Claire con un sorriso quasi folle, tolse uno dei libri dallo zaino e lo aprì nel punto in cui aveva infilato un segnalibro. Le pagine erano ingiallite e delicate, l’inglese settecentesco attirò la curiosità di Paul -Dove l’hai preso?-
-Sono entrata nella casa dei figli di Atena un paio di giorni fa, quando tutti eravate a vedere la gara di canoe, e ho cercato informazioni sulla zona-
-I figli di Atena lasciano sempre qualcuno di guardia, non ho mai capito perché- commentò Paul -i ragazzi della casa XI sono entrati  parecchie volte, ma non sono mai riusciti a trovare nulla di interessante prima di essere scoperti-
-Se cerchi informazioni e non armi potenzialmente pericolose i figli di Atena hanno un sacco di cose interessanti, e io volevo solo dare una spiegazione logica al mio sogno ricorrente- obiettò Claire alzando un sopracciglio senza però distogliere lo sguardo dalla pagina che stava leggendo.
-In ogni caso non ti avrebbero mai lasciata entrare nella loro preziosa libreria dopo l’incidente con i dardi infuocati-
-C’era Marie di guardia, mi ha aiutata- spiegò girando pagina.
“Ah ecco…” pensò Paul, Marie Lows era la figlia di Atena più strana che avesse mai conosciuto: pallida con dei lunghissimi capelli biondi lisci e dei grandissimi occhi grigi sempre persi nel vuoto. Poteva sembrare svampita e assente, ma aveva una mente geniale e notava ogni particolare, in più era socievole e non si interessava alle faide che i suoi fratelli aprivano con i membri delle altre case.
-Trovato- sussurrò Claire indicando una riga con l’indice -“luogo con un’alta distorsione della realtà, si intima agli abitanti della zona di mantenere le distanze da quest’area potenzialmente pericolosa per le loro anime pure”-
Paul la guardò perplesso -perdonami, ma non stavamo cercando un luogo più sicuro?-
-Era l’anno del processo di Salem, per qualche ragione le idee di quella gente erano arrivate fino a Riverhead. Io sono convinta che nella zona abbia vissuto un figlio di Ecate o qualcosa di simile molto tempo fa perché c'è un'alta concentrazione di foschia su tutta l'area fino alla città e credo che con i giusti sacrifici a Ecate riusciremo a viverci- un sorriso spuntò anche sulle labbra di Paul -dovrebbe bastare per coprirlo fino a quando non crescerà, quanto a noi: i figli di Apollo non emanano molto potere, tu non sei mai stato riconosciuto e non hai mai mostrato grandi poteri- continuò lei e vedendo la faccia del compagno aggiunse -questo non toglie che tu sia un grande spadaccino e un ragazzo molto intelligente e forte- un rumore in lontananza attirò la loro attenzione, Paul spense la torcia prese la mappa e dopo averla chiusa a casaccio la infilò nello zaino, Claire mise via il libro e rimasero in silenzio per un po’.
-Andiamo- disse lui ad un certo punto, era tutto pronto non mancava nulla.
-Aspetta- la ragazza balzò sul portico della sala grande e tolse dalla tasca dei suoi jeans una lettera che infilò sotto la porta -ecco ora possiamo andare, non potevamo non salutarli dopo tutto quello che hanno fatto per noi-
-Cosa hai scritto?- chiese Paul curioso mentre si allontanavano.
-"Il campo ci sta stretto, le nostre strade si separano. Grazie di tutto, Claire Walker e Paul Evans" e un piccolo postscriptum in cui chiedo a Chirone di spiegarlo agli altri-
Salirono fino in cima alla collina più alta e si girarono a guardare per l'ultima volta il Campo Mezzosangue. Era stata la loro casa per molto tempo ma ora non poteva più proteggerli, Paul sospirò pensando ai ragazzi della casa undici che erano stati la sua unica famiglia e che tra qualche ora si sarebbero svegliati senza di lui, ma poi sorrise pensando che la persona più importante per lui era lì accanto e la prese per mano -Andiamo- lei annuì e scesero il pendio di corsa.
Arrivati in fondo Paul estrasse una dracma oro e lanciandola in aria disse -Stêthi. Ô hárma diabolês!- il taxi delle Sorelle Grigie si fermò cigolando davanti a loro. Salirono senza fiatare e una volta dentro Claire disse sicura -Northampton- , Paul ebbe appena il tempo di guardare fuori dal finestrino dopodiché il paesaggio sparì e il taxi sfrecciò tra gli alberi allontanandosi a tutta velocità.

***
-Hanno preso lo stesso taxi con cui sono partita per questa missione- pensai a voce alta mentre il paesaggio mutava attorno a noi, i colori si mescolavano e colavano a terra trasformandosi nella stessa acqua che ci aveva portati al campo fra i ricordi di Claire.
-Come credi si andata a finire?- chiese ad un certo punto Sole rompendo l'ostinato silenzio in cui si era chiuso -Penso che stiamo per scoprirlo- gli strinsi la mano mentre l'acqua ci sommergeva di nuovo e la tenni stretta quando si ritirò lasciandoci cadere bruscamente a faccia in giù. Con un lamento alzai lo sguardo, intorno a noi c'erano molti alberi che si alzavano coprendo la luce ma in lontananza dietro di noi arrivavano risate e voci confuse.
-Andiamo- Sole si alzò in fretta ed iniziò ad avanzare seguendo i suoni, il bosco si diradò man mano e alla fine sbucammo in una radura aperta, una graziosa casetta in legno era stata costruita al centro. Poco lontano un uomo sollevava un bambino biondo che rideva a crepapelle tutte le volte che lo lanciava in aria e lo riprendeva al volo. La chioma bionda del bambino scintillava al sole, avrà avuto due anni.
Stavo ancora ammirando Paul giocare con il bambino che ovviamente era Sole quando un rumore alle nostre spalle ci fece voltare tutti. Calò il silenzio, l'atmosfera si fece gelida e Paul improvvisamente smise di ridere.
ANGOLO AUTRICE:
Ed eccomi qui, con un altro pezzo del capitolo. Capiamo un po' di cose del passato di Paul e Claire entrando in una versione anni '90 del Campo Mezzosangue sprovvisto della protezione di Talia, del vello d'oro e dell' Athena Parthenos.
Ah, non abituatevi al clima pacifico della storia perchè tutto sta per cambiare. I problemi iniziano con il prossimo capitolo!
Cosa ne pensate della relazione tra Paul e Claire? E cosa ha fatto calare il gelo sulla radura? Da da da dannn... ok ok la smetto.
Che le parche vi sorridano
le Walker

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Capitolo 26
*** The Goddess's Plan ***


Era passato quasi un anno dall'ultima volta che si erano visti e la donna non poteva essere più diversa da quella che lui aveva conosciuto. Chloe era una ragazza allegra, con la pelle abbronzata e gli occhi scuri, lunghi capelli castani che le ricadevano lisci sulle spalle e arrivavano a metà schiena, vestita con i colori dei fiori. Il sorriso sempre sulle labbra, i pomeriggi che Paul aveva passato con lei, da quanto ricordava, erano tutti accomunati da un sole splendente e da un’atmosfera primaverile, anche in pieno Dicembre. Ma lui non gli aveva dato importanza, si era sentito protetto da quell’aurea di calore. Lei era stata il suo attimo tranquillità nella vita complicata.
La donna che gli veniva incontro ora era molto più vecchia, i capelli che una volta erano di un bel castano d'orato ora sembravano sbiaditi dal tempo, gli occhi marroni lo fissavano con uno sguardo duro e nessun sorriso le illuminava il volto. Il vestito verde e le spighe oro nei capelli stonavano con la sua figura cupa. Ma lui se lo aspettava, aveva capito chi era la ragazza che si era fatta chiamare Chloe, quella che aveva incontrato per molti mesi ogni due settimane quando andava in città a comprare il cibo per Claire e Sole, aveva capito tardi che quello che lei gli aveva mostrato di sé stessa era solo una maschera. Tutto era andato bene tra loro, fino a quando non aveva commesso il grosso errore di trascorrere la notte con lei, si era spinto troppo oltre, ma non aveva avuto paura di ciò che aveva fatto fino a quando il mattino dopo lei non era sparita in un lampo dorato guadandolo in modo strano.
La fragile mortale di cui si era innamorato non era altro, in realtà, che la dea che ora finalmente vedeva per ciò che era veramente. Demetra avanzava inesorabilmente verso di lui, e non c'era modo di fermarla. Era preparato a rivederla, ma non a quello che teneva tra le braccia, la dea si fermò davanti a lui e gli tese senza dire nulla il piccolo corpo avvolto nella coperta verde. Lui non lo guardò nemmeno ma tenne gli occhi fissi nei suoi.
-Sole entra in casa e non uscire finché non te lo dico io- disse toccando con la mano destra i capelli biondi del bambino ma senza staccare gli occhi dalla donna, poi ci pensò un attimo e aggiunse -o finché non arriva tua madre-
Il bambino li guardò confuso con i grandi occhi arancio spalancati, ma poi barcollando si avviò verso la casa con un gran sorriso e quando chiuse le porta Paul parlò -Cosa vuoi?-
-Consegnarti tua figlia affinché tu te ne prenda cura- rispose lei con un falso sorriso -io sono una dea, mi fa male doverla lasciare ma non posso tenerla con me-  il semidio non le credette nemmeno per un secondo, gli stava mentendo ed era evidente.
-Tu mi hai ingannato- disse Paul a denti stretti abbassando lo sguardo sulle mani strette in due pugni -Si è vero, ma per un bene superiore- rispose lei seria.
-Certo, il tuo- Demetra non disse nulla ma lui capì di aver fatto centro e continuò -Cosa vuoi dimostrare? Che anche tu puoi avere figli potenti come quelli dei tuoi fratelli?-
La donna rise e poi lo guardò con gli occhi che brillavano maligni -L'intelligenza, una dote molto rara- disse accennando un sorriso -la capacità di "leggere tra le righe", uno dei tanti motivi per cui ho scelto te- guardò il volto addormentato della bambina che teneva in braccio e ne accarezzò i lineamenti, ma nel suo gesto non c’era nulla di materno -Quando crescerà mostrerà dei poteri al pari di quelli dei figli di quei tre sbruffoni!- i suoi occhi brillarono in un modo così folle che Paul dovette trattenersi dal strapparle la bambina dalle braccia -Sarà desinata ad una grande profezia, mi porterà onore sull’Olimpo, i figli degli altri dei sentiranno il mio potere e guarderanno con timore alla mia casa- rise e guardò il semidio negli occhi -ti ringrazio di esserti offerto così spontaneamente di aiutarmi-
Paul sentì la rabbia montare dentro di lui e non riuscì più a trattenersi -Vattene!- gridò, vicino a lei sembrava un ragazzino arrabbiato con la mamma, la dea era chiaramente divertita mentre lui avrebbe volentieri dato un bel pugno al suo scolpito viso divino.

-C’è anche un altro motivo per cui ti ho scelto tra tanti semidei. Vuoi saperlo?- chiese lei di nuovo seria. Paul ci penso un po' poi sospirando chiese -Perché?-
Demetra sorrise e da ogni angolazione lo si guardasse quel sorriso rimaneva una smorfia malvagia. Si chinò e appoggiò la bambina sul prato erboso, poi si rialzò e si buttò i capelli alle spalle con non curanza -Perché sono certa che, per quanto tu possa odiarmi e per quanto vorresti opporti al mio piano, farai tutto ciò che è in tuo potere per proteggere questa bambina- sbuffò -e anche se odio dover dipendere da una creatura così piccola e insignificante per il mio prezioso piano, non posso negare di avere bisogno di lei-

 -Tu… sei un essere ripugnante!- Paul scattò in avanti e tentò di afferrarla ma ci fu un lampo di luce dorata e le sue mani afferrarono l’aria. Demetra era fuggita, l’uomo abbassò lo sguardo e vide la coperta verde avvolta totalmente attorno alla bambina, non si intravedeva nemmeno il viso. Rimase a fissarla per molto tempo, sulla radura era sceso il silenzio più totale. Passarono i minuti e il corpicino iniziò ad agitarsi emettendo piccoli vagiti, poi scoppiò a piangere -Scordatelo… non l’avrai vinta. Ora prendo questa coperta, salgo su un taxi e la porto il più lontano possibile da qui- disse il semidio guardando verso il bosco -la lascerò davanti alla porta di qualche milionario californiano- Paul fece uno sguardo sicuro e piegando le ginocchia si chinò sul fagottino piangente, mise le mani sotto la coperta e con delicatezza cercò di sollevarla. Improvvisamente il piccolo pezzo di coperta che copriva il viso della bambina scivolò giù, l’uomo la guardò e la bambina smise di piangere, i loro occhi si incrociarono e in un attimo lui capì che non sarebbe più riuscito a trovare il coraggio di abbandonarla. Aveva gli occhi dello stesso colore di quelli della madre ma i suoi erano più profondi ed sembravano catturare tutta la luce del mondo per poi rifletterla. Ed erano dannatamente grandi, Paul pensò che con occhi del genere si poteva sicuramente vedere il futuro e avrebbe voluto averli lui per sapere che conseguenze avrebbe avuto la scelta che stava per prendere.
La bambina alzò una mano verso di lui e rise riscuotendolo dai suoi pensieri -Va bene mi arrendo- sospirò, ma sorrideva mentre la prendeva in braccio -hai vinto, puoi restare. In fondo tu non hai niente a che vedere con il suo piano, tanto meno con lei- si avviò con la bambina tra le braccia verso la porta -Sole vieni a salutare la nuova arrivata!- gridò e il bambino uscì di corsa, inciampando sulla soglia, come se non aspettasse altro. Nascosta tra gli alberi la manipolatrice sorrise soddisfatta.
***
-Dei ma quanto eri carina?- mi chiese Sole con una faccia entusiasta -Cosa ti è successo dopo?- e sulla sua faccia spuntò un sorriso divertito, ma io non lo ascoltai, ero troppo intenta a cercare di accettare quello che avevo visto.
-Che hai?- mi chiese -Beh si questi ricordi sono un po' sconvolgenti: mia madre semidea del campo mezzosangue, messa incinta a diciassette anni da un'ignota divinità e costretta a lasciare il campo, te scaricata a tuo padre quando avevi poco più di due mesi... non è stata troppo carina tua madre in effetti-
-Credevo mi volesse bene- bisbigliai con lo sguardo fisso -invece mi ha solo usata, e in qualche modo lo sta facendo ancora- ero terribilmente furiosa con lei, tutta quella dolcezza era falsa. Aveva ingannato mio padre e gli aveva affidato una cosa che chiaramente non sarebbe riuscito a gestire, e ora stava ingannando me.
-Gli dei sono tutti così- disse lui con una scrollata di spalle, -e comunque credo che il peggio debba ancora arrivare-
Il paesaggio non si sciolse questa volta, ma la notte e il giorno iniziarono ad alternarsi, guardare la luna e il sole ruotare così velocemente mi faceva girare la testa quindi abbassai lo sguardo fino a quando la luna piena non si fermo nel cielo illuminando il prato. Eravamo rivolti verso il bosco, con la casa alle spalle, e nella radura si sentiva un forte odore di bruciato. Ci voltammo.
***
La casa stava prendendo fuoco, le fiamme avevano già divorato la porta e stavano annerendo le assi attorno.
-Cosa diavolo è successo??- stava gridando Paul appena arrivato, reggeva due borse di plastica piene di cibo in ogni mano, Claire si voltò e lo guardò spaventata -Sono stato via solo un'ora!-
"Possono succedere tante cose in un'ora con questi due" pensò Claire tenendo i due bambini lontani dal fuoco, era passato ormai un anno e mezzo da quando Francy era arrivata nella loro famiglia e le cose non erano mai state così difficili come negli ultimi tre mesi. Rimase seduta sull'erba con le gambe al petto a guardare Paul gettare l'acqua sulla casa, l’aveva chiamata dal fiume vicino. Tre mesi prima in un impeto di rabbia i suoi poteri si erano rivelati e da un mese li padroneggiava alla perfezione, eppure Poseidone non aveva ancora pensato di riconoscerlo, comprensibile dato il patto che c'era tra i tre pezzi grossi. E comunque nella situazione in cui si trovavano era l’ultimo dei loro problemi.
Dopo qualche minuto Paul si lasciò cadere vicino a lei asciugandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano, prese Sole in braccio e lo fece sedere sulle proprie gambe, poi mise una mano sul braccio di Claire e la guardò negli occhi -Tranquilla, ora è tutto finito- e guardandola con dolcezza aggiunse -ora dimmi cosa è successo esattamente-
Claire prese fiato e cominciò -Ero in casa a giocare con i bambini quando ho sentito un rumore e… sono uscita a vedere cosa stava succedendo- singhiozzò ripensando al rischio che avevano corso, la voce le tremava -quando sono arrivata sulla soglia lui era lì- indicò un punto poco distante da dove erano loro e a qualche metro dalla casa.
-Cosa era?- chiese Paul.
-Io... non lo so, non era come gli altri e non so nemmeno come ho fatto ad ucciderlo- disse Claire guardandolo con gli occhi vuoti -pensi sia possibile che...-
-Venisse da un'altra mitologia?- continuò lui e Claire annuì mettendosi le mani nei capelli.
-Non lo so- disse Paul scuotendo la testa -ma se iniziano ad arrivare anche mostri che non conosciamo potrebbe diventare difficile sopravvivere-
Passarono alcuni secondi in silenzio -Comunque, cosa è successo alla casa? Sputava fuoco?-
Claire scosse la testa -Non so bene come sia successo- lo guardò negli occhi e continuò -Avevo appena aperto la porta e Francy e Sole mi avevano seguita senza che me ne accorgessi, quando l'ho visto devo aver urlato e loro probabilmente si sono spaventati e poi- parlava a raffica, Paul le prese la mano e lei trasse un lungo sospiro, lo guardò e pensò a tutte le volte in cui le aveva tenuto la mano quando stava per crollare. Trasse un lungo respiro e continuò -e poi la porta ha preso fuoco, all'improvviso. Io mi sono distratta e il mostro anche, appena me ne sono accorta l'ho colpito. Lui ha tentato di reagire ma- guardò Francy, la bambina era seduta ai suoi piedi e stava giocando con l'erba, ma non come una bambina normale... lei alzava una mano e i fili d'erba si alzavano e le si avvolgevano attorno alle dita -era come bloccato a terra da qualcosa-
Paul si allungò per accarezzare la testa della figlia che si voltò sorridendo -Almeno questo ha una spiegazione logica- risero.
Poi il fruscio delle foglie li fece voltare. Paul si alzò di scatto con la spada in mano, Claire trasse a sé Sole e Francy
-Chi è lá?- gridó Paul, nessuno rispose -Fatti vedere- disse con più calma. 
-Tutta questa aggressività, forse dovrei ripensarci- la voce risuonava tutt'attorno a loro, Claire udì dietro di sé il rumore di uno squarcio, voltò la testa di scatto. Davanti a loro stava una donna bellissima dai lunghi capelli neri acconciati in una semplice treccia che le ricadeva su una spalla, era avvolta in un abito rosso con strani simboli ricamati in oro, alla vita aveva legato uno scialle nero da cui si alzava una leggera nebbiolina bianca. Nella mano destra reggeva una torcia accesa, la luce illuminava il viso pallido e i grandi occhi verdi.
-Lei è...- cominciò Paul abbassando la spada e rimanendo a bocca aperta.
-Ecate- rispose lei senza lasciargli finire la domanda -dea delle strade, degli incroci, delle ombre e della magia… non che quella che ultimamente avete ricoperto di doni graditi-
-Sono contenta che le siano piaciuti- disse Claire alzandosi in piedi, tenne Francy in braccio e porse la mano libera a Sole, poi abbozzò un sorriso e accennò un piccolo inchino con la testa tentando di nascondere l'incredulità e il timore che non sarebbe finita bene.
-Ma non sono qui per ringraziarvi, sono venuta per aiutarvi- disse Ecate avvicinandosi.
-Come può aiutarci?- chiese Paul lasciando cadere a terra la spada, la dea si sedette a terra con grazia e fece segno ad entrambi di imitarla -Se vuole posso prenderle una sedia, non abbiamo troni dorati in casa ma se si accontenta...- lo fermò con un gesto della mano -Non sono abituata a quel genere di cose, io non ho un posto sull'olimpo- spostò una ciocca di capelli dagli occhi e i bracciali oro tintinnarono cozzando tra loro -ora ci sono cose più importanti di cui discutere- Claire annuì e lasciando che Sole si allontanasse un poco per giocare dedicò tutte le sue attenzioni alla dea, era così straordinario averla lì. Era come se tutte le loro speranze dipendessero dalla sua presenza.
-Come avrete notato le cose da un anno a questa parte si sono fatte piuttosto dure per voi- fece una pausa durante la quale i suoi occhi verdi fissarono intensamente quelli di Francy che la guardava incantata -Giles Corey era un grande manipolatore della foschia, riuscì a far credere a tutti i presenti in aula di essere morto durante l'interrogatorio, invece si rifugiò qui con sua moglie- vide le loro facce confuse e la strana espressione di Claire che temeva di abitare nella casa di un assassino -Il processo alle streghe di Salem... una stupidaggine- spiegò e allontanò la questione con un gesto della mano.
-Oh, quindi hanno davvero catturato delle streghe durante quel processo?- chiese Claire stupita.

 -se li vogliamo chiamare così… sì, due o tre miei figli sono stati catturati. Comunque sono molti meno dei mortali che sono rimasti uccisi. La moglie di Giles non era una semidea e si è salvata solo grazie a lui- fece una pausa e aggiunse -Tutti i miei figli conoscevano almeno tre modi per scampare alle torture e alla pena morte e so per certo che nessuno di loro a mai maledetto nemmeno una di quelle ragazzine- una luce lampeggiò nei suoi occhi e fece capire a tutti che era meglio cambiare discorso.
-Ma il punto è che, per quanto potente sia l'incantesimo che circonda questo posto, non è abbastanza forte da coprirvi tutti- guardò Paul e poi puntò i luminosi occhi verdi in quelli di Claire, la ragazza la osservava con una finta espressione di perplessità ma in realtà aveva capito benissimo quello che li aspettava. Ma non le piaceva affatto.
-Dovete andarvene- continuò la dea -Adesso, ma non tutti nello stesso posto-
-Dovremmo separarci?- Paul ruppe il suo silenzio per la prima volta -Non se ne parla-
-Credi che a Zeus passerebbe inosservata una grossa palla di foschia su questo posto?- la dea si stava spazientendo, chiaramente non si aspettava obiezioni al suo piano, ma Paul era il suo unico appoggio e Claire non riusciva ad immaginare di vivere senza di lui.
-Deve esserci un altro modo- bisbigliò ma Ecate scosse la testa e tese una mano chiusa a pugno verso di loro con il palmo rivolto verso l'alto, la aprì mostrando il piccolo oggetto che era comparso: sembrava una grossa moneta oro, tipo una dracma ma aveva delle incisioni molto più elaborate. Fece segno a Claire di prenderla e la donna esitante allungò la mano e la prese cercando di non toccare la mano della dea, si rigirò la moneta tra le dita, su una faccia c'erano incise delle strane iscrizioni in una lingua che lei non conosceva e l'altra era occupato dal simbolo della dea.
-Sembra una semplice moneta oro, in realtà vi basterà collocarla fuori dalla porta di una casa per azionarla- guardò Claire passare stupefatta la moneta a Paul -il suo potere basta per coprire uno di voi e uno di loro. Ma non di più-
Rimasero in silenzio fino a quando, con quello che sembrava un enorme sforzo, Paul tese la moneta a Claire -Prendila tu- le disse -vai via da qui, tua zia con un po' di fortuna accetterà di ospitarvi-
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi -Non posso, se io la prendo voi due cosa farete?- non poteva sopportare l'idea di separarsi da lui.
-È l'unica soluzione, io non ho parenti disposti ad aiutarmi- mormorò lui abbassando lo sguardo -e anche se trovassimo un lavoro non potremmo permetterci una casa- prese la mano di Claire e la chiuse attorno alla moneta -L'importante per me è che tu stia bene, io resterò qui. Potrai venirmi a trovare ogni tanto-
Ma la loro discussione venne interrotta da Ecate -Non potete restare qui. L’incantesimo attorno alla casa si sta esaurendo e non basta più a coprirvi, i poteri stanno crescendo con loro- spiegò -e no: non posso rinnovare la magia, Zeus lo noterebbe. Se dovesse controllare, beh… sapete tutti come finiscono i figli troppo potenti nella mitologia-
-Devi prenderla tu- protestò Claire cercando di restituire la moneta a Paul, ma lui era deciso -No, tienila- poi si rivolse alla dea e con lo sguardo più supplichevole che era in grado di fare chiese -C'è un modo... uno qualsiasi... per proteggerla?-
Lei sospirò -Ho una cosa che potrebbe proteggerla per un po'- questa volta non tese la mano in avanti, se la portò al collo e la fece scorrere tra le numerose collane,  prese una catenina oro e se la tolse. Attaccato alla collana dondolava un ciondolo: una piccola monetina, la dea le passò una mano davanti e su un lato comparve la scritta "Evans".
Allungò la mano verso Paul -Sappi che sono veramente pochi i mortali che hanno ricevuto doni del genere dagli dei. Vanne fiero- Paul tese una mano tremante e afferrò la catenina -Come funziona?- chiese guardandola.
-Mettigliela al collo- Paul lo fece senza esitare, Claire pensò che dovevano essere davvero disperati per fidarsi così tanto di un dio, ma il cuore le diceva che era la cosa giusta da fare, Ecate era sincera. La bambina iniziò subito a giocare con la collanina che il padre le aveva messo al collo e quando Paul ritrasse le mani qualcosa nell'aria cambiò: era come se un peso fosse stato tolto dalle loro spalle, Claire si sentiva leggera.
-La collana diminuisce i suoi poteri facendola sembrare una semplice semidea, Zeus non baderà a lei per il momento. Stanno succedendo cose molto più gravi- spiegò la dea -È fantastico- commentò Paul al settimo cielo.
-Quindi resterete qui?- chiese Claire scettica -Due semidei al limitare del bosco attirano parecchio l'attenzione- ma Paul scosse la testa e con fatica bisbigliò -Devo lasciarla... da qualche parte- lei fece una faccia confusa e lui allontanò lo sguardo cercando aiuto da Ecate.
-C'è un orfanotrofio, poco lontano dal Campo Mezzosangue...- cominciò lei e Claire fece una faccia disgustata, come potevano pensare di lasciarla in orfanotrofio? -non fare quella faccia davanti a me, è l'unico modo- ringhiò la dea -loro non possono restare insieme e io non posso aiutarvi più di così-
Claire abbassò gli occhi guardandosi le mani ancora contrariata ma ben attenta a non darlo a vedere, e Ecate continuò -La lascerai davanti alla porta di una donna in città, non è sicuro per voi viaggiare insieme e avvicinandovi al Campo attirereste molti mostri in quella direzione mettendo in pericolo gli altri. Penserò io a farla arrivare alla Family of Orphans-

Guardò la bambina e sfiorò la collana che un tempo era sua -La collana le impedirà di utilizzare i suoi poteri- spiegò -in questo modo passerà inosservata ai mortali, ma una forte emozione può spezzare l'incantesimo in qualunque momento-
-Io non so davvero come ringraziarla- la interruppe Paul.
 -Non ce n'è bisogno- rispose lei -da quando siete arrivati qui non avete fatto altro che inondarmi di doni, neanche fossi una degli olimpi- disse con una finta faccia scocciata -ho pensato che fosse giunto il momento di ricompensare la vostra fedeltà - la dea si alzò e si voltò verso il bosco pronta ad andare, ma Claire ruppe il silenzio -E tu cosa farai?- chiese rivolta all'uomo in piedi davanti a lei.
-Resterò qui- rispose lui alzando le spalle -sarò al sicuro Claire non preoccuparti, ti manderò dei messaggi iride ogni giorno alla stessa ora-
Lei guardò la dea in cerca di conferma -Da questo momento in poi mi occuperò io di mantenere viva la foschia attorno a questa casa, sarà al sicuro- 
Calò il silenzio, poi lo sguardo di Ecate si spostò da loro a qualcosa alle loro spalle -Dimenticavo- disse semplicemente e con passo deciso li sorpassò, proprio sotto la finestra della casa crescevano due piccoli fiori, Claire sapeva che erano lì da molto tempo, ma non ci aveva badato molto. La dea tese una mano e la terra si ritirò lasciando le radici scoperte, li prese e dopo aver fatto comparire un vaso li ripiantò. Fece avvolgere il fiore arancio attorno a quello blu, poi si voltò e tornò verso di loro.
-C'è una cosa che dovete sapere: le moire hanno fissato da molto tempo un limite alle vite delle persone, legano la vita a cose destinate a consumarsi lentamente perché i fili delle anime che hanno sfiorato l’immortalità sono difficili da tagliare- mostrò loro il vaso -e a giudicare dall’aspetto di questi fiori i vostri figli non avrebbero vissuto ancora a lungo.-
Claire la guardò confusa e spaventata, se suo figlio sarebbe morto ugualmente giovane per cosa stava combattendo?
-Tenete- la dea le cedette il vaso e le mani della donna tremarono per la responsabilità che aveva appena realizzato di avere -se ve ne prenderete cura sono sicura che arriveranno a trenta o quaranta anni senza problemi-
-I fiori non vivono così a lungo- obbiettò Claire con voce tremante, Ecate raccolse la fiaccola da terra e quella si riaccese guardò la donna negli occhi e le sorrise -Normalmente nemmeno i semidei- e dopo queste parole sparì nella notte.


ANGOLO AUTRICE:
Salve gente di EFP, chiedo perdono se ci ho messo tanto a pubblicare questo capitolo, nonostante fosse praticamente completo, ma non trovavo mai un momento per mettermi al computer. 
Comunque ora eccomi qui! Che ne pensate del capitolo? Finalmente è entrata in scena Demetra e... VOILÁ, la sua dolcezza era tutta una copertura. Sì lo so che mi odiate :)
Ed ecco Ecate! Un grande aiuto per Claire e Paul. Fatemi sapere cosa pensate delle due dee nelle vostre recensoni, vi aspetto.
Alla prossima!
le Walker

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Capitolo 27
*** The Choice ***


Eravamo entrambi a bocca aperta, il mio sguardo era fisso sul punto in cui Ecate era svanita, la mia mano si mosse verso la moneta che tenevo appesa al collo. Quello era il dono che la dea mi aveva fatto.
-Ecco cosa era quella grossa moneta appesa all'acchiappasogni fuori dalla porta!- disse Sole battendosi una mano sulla fronte -Ora capisco perché mia madre era così preoccupata quando da piccolo ero riuscito a toglierla e l’avevo nascosta in giardino-
Risi immaginandomi la scena, ma poi mi venne in mente che quello fu il giorno in cui venni separata da mio padre e il mio viso s'incupì. Sole mi guardò e in silenzio mi strinse più forte la mano, intanto attorno a noi il giorno e la notte si alternavano più velocemente che mai.
-Sai, me la ricordo bene quella moneta…- bisbigliò ad un certo punto -la mamma mi raccomandava sempre di portarla con me ovunque andassi, a scuola, al parco, all’osservatorio dove aveva trovato lavoro. Mi ero sempre domandato per quale motivo dovessi farlo, quando glielo chiesi mi rispose che era il dono di una donna bellissima che teneva tanto a noi e che fino a quando l’avessi tenuto con me non ci sarebbe successo nulla- sulle sue labbra si formò un sorriso triste e sarcastico -quando scomparve continuai a portarlo con me per molti anni, speravo che questo l’avrebbe protetta e che un giorno quella donna bellissima l’avrebbe riportata a casa. Dopo un po’ di tempo iniziai a capire che non sarebbe più tornata, pensai che non aveva più senso portarmi appresso quello stupido medaglione, ero stufo delle prese in giro dei miei compagni e di mio cugino- strinse i pugni -così un giorno, circa un anno e mezzo fa, decisi di lasciarlo a casa. Quel pomeriggio mentre tornavo a casa da scuola evitai come sempre la strada principale per non incontrare i miei compagni, entrai nel solito vicolo sporco e stretto. Ma quel giorno trovai una donna ferma appoggiata al muro, tentai di ignorala superandola a testa bassa ma appena le passai accanto mi parve di scorgere qualcosa di strano, tipo la coda di un serpente- socchiuse gli occhi come se stesse cercando di ricordare i particolari -mi voltai di scatto e me la ritrovai praticamente addosso. Aveva gli occhi rossi e cercava di mordermi il collo, usò la coda viscida per farmi cadere a terra, lei gridava e anche io. Ancora non so come ho fatto a scappare, ma ricordo che ero terrorizzato e che corsi fino al tramonto quando all’improvviso mi ritrovai davanti la Lupa. L’istinto mi aveva guidato da lei-
Rimanemmo in silenzio per un po’ -Nemmeno io so come sono arrivata al Campo Mezzosangue, ho corso e basta- sorrisi al ricordo, sembrava passata una vita da quel giorno -Tua zia si sarà spaventata tantissimo non vedendoti tornare- pensai.
-Non lo so- rispose lui -ma immagino di sì-
-Come non lo sai?- chiesi perplessa -Non sono mai tornato da lei, avevo la sensazione di dover cercare delle risposte per entrambi prima di tornare. E ora finalmente credo di averle trovate-
Capii perfettamente ciò che intendeva, anche io mi sentivo come se tutto ora avesse un senso, o quasi -Se ne usciremo vivi mi piacerebbe tornare da lei per vedere come sta e raccontarle un po’ di cose, e poi…-
-E poi?- lo incitai guardandolo incuriosita.
-Vorrei che tu venissi con me, le farebbe piacere. E non credo di potercela fare a reggere tutto da solo- distolse lo sguardo dai miei occhi imbarazzato. Gli strinsi leggermente la mano e feci un debole sorriso, poi tornammo a guardare il bosco.
Era tardo pomeriggio quando Paul sbucò traballante dal bosco, la spada stretta in una mano e il braccio che la reggeva abbandonato lungo il fianco. Con la mano libera si stringeva una grossa ferita sanguinante sull'avambraccio. Sembrava parecchio invecchiato e provato, come se non dormisse da giorni e chiaramente aveva avuto uno scontro piuttosto duro con qualche mostro. Ci superò e si fermò davanti alla porta della casa con la mano sulla maniglia, sospirò e la aprì.
***
Paul guardò la stanza buia, era sempre più difficile tornarci. Da quando Claire e i due bambini non erano più con lui faticava a trovare un senso alla propria vita. Entrò e con fatica sollevò il braccio ferito per abbandonare la spada sul tavolo, prese la poca ambrosia che gli era rimasta e un rotolo di bende, poi si lasciò cadere sulla sedia. Stringendo i denti iniziò a pulirsi la grossa ferita e a coprirla meglio che poteva con le bende. A lavoro ultimato guardò nello specchio sporco appeso alla parete la fasciatura larga e irregolare che era riuscito ad ottenere e commentò sarcastico -Meglio di un figlio di Apollo-
Poi il suo viso tornò pensieroso, era stata proprio una giornataccia. I mostri lo seguivano ovunque, quelle tre vecchie dovevano essere proprio decise a farlo fuori ma non prima di aver scoperto dove si nascondevano gli altri. Quel giorno c'erano quasi riuscite, rabbrividì al ricordo di quanto erano state vicine a sua figlia. Ma per il momento erano entrambi salvi, probabilmente avrebbe avuto la notte intera per riposare.

Si alzò con aria stanca e accese il fuoco, nonostante fosse piena estate, lo guardò prendere vita lentamente e si sedette davanti con carta e penna. Delle incisioni profonde sul blocco mostravano la frase che scriveva da settimane.
"Non posso più andare avanti da solo, se non mi aiuti la troveranno.
Se non vuoi farlo per lei, fallo per il tuo piano.
Paul"
Guardò fuori dalla finestra il buio totale e sospirò sconfitto. Demetra non sarebbe mai venuta, e lui lo sapeva, ma non poteva smettere di provare. Scrisse la lettera, strappò il foglio dal blocco e dopo averlo guardato speranzoso lo gettò nel fuoco -A Demetra- disse con voce stanca e trattenne il fiato fino a quando la lettera non venne completamente arsa dalle fiamme.
Rimase lì immobile a fissare le fiamme e ad ascoltare lo scoppiettante rumore della legna che bruciava, escluso quel debole suono la casa era avvolta nel silenzio totale, niente risate e niente pianti… odiava quel posto. Un fruscio improvviso fuori dalla finestra lo fece sobbalzare ma voltandosi si accorse che era solo un grosso gatto rosso che uscito dal bosco attraversava il prato diretto alla città. Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia e si mise le mani nei capelli, avrebbe anche dovuto chiamare Claire ma in quelle condizioni non se lo sentiva, l'avrebbe solo fatta preoccupare di più, la conosceva bene: avrebbe insistito per venire ad aiutarlo e non era il caso. Se solo la foschia fosse stata ancora attorno alla casa lui avrebbe potuto continuare a vivere tranquillo, e non con il timore che quelle tre arrivassero a Claire o ai due fiori che rappresentavano la vita dei loro figli. Pensando questo si alzò, prese una brocca piena d'acqua con la mano sinistra e tornò al tavolo. Lì, poco distanti dalla lama della spada, due fiori con i lunghi steli attorcigliati si protendevano verso l'alto. Paul versò dell'acqua nel vaso e poi alzò lo sguardo, una delle assi del tetto si era spostata e lasciava filtrare la luce bianca della luna, avrebbe dovuto sistemarla prima o poi.
Accarezzò i petali chiusi per la notte del fiore blu, quello arancio era sempre rimasto aperto, anche di notte, come se non avesse bisogno del sole per vivere -Mi dispiace tesoro- disse pensando alla sua bambina rinchiusa in quello squallido orfanotrofio -non so quando potrò tornare a trovarti- in realtà non sapeva nemmeno se sarebbe vissuto abbastanza da rivederla, ma almeno la collana di Ecate sembrava funzionare ancora.
Questo pensiero gli illuminò la mente, si bloccò con le dita a pochi centimetri dal fiore e con gli occhi spalancati iniziò a ragionare. Demetra non l'avrebbe mai aiutato e non poteva di certo chiedere a uno degli altri dei sull'Olimpo, ma lei non aveva un posto lassù. Per qualche ragione era sparita dalla circolazione con la sua protezione, ma poteva ancora sperare in un aiuto.
Si mosse velocemente e ,con un gesto brusco del braccio destro che gli fece scoppiare la testa di dolore, prese i fogli e la penna,si sedette davanti al fuoco e cominciò a scrivere.
"Divina Ecate,
So che se è scomparsa sicuramente ci sarà una buona ragione. Non le chiederò di tornare a proteggermi con la sua foschia, ma ho bisogno del suo aiuto un'ultima volta.
La prego
Paul Evans"
Dopo averla riletta attentamente piegò il foglio, andò verso la dispensa praticamente vuota e scelse una mela ancora in buone condizioni. La guardò scettico, quasi con odio, incolpandola per la sua bruttezza e riaprendo il foglio scrisse sotto la firma
"PS: Chiedo scusa per l'offerta decisamente scadente (e di certo non all'altezza della sua persona) ma al momento è tutto ciò che ho da offrirle."
Legò il foglio alla mela con un pezzo di spago e ,dopo averla guardata speranzoso, la gettò nel fuoco -A Ecate- disse forte e chiaro. Quando la mela e il foglio furono totalmente scomparsi dalla sua vista caricò il fuoco per assicurarsi che se fossero arrivati messaggi dalla dea avrebbero trovato il fuoco acceso. Superò il tavolo e chiuse la porta lasciando fuori la calura estiva, poi si sedette sulla sedia a capotavola dando le spalle all’entrata e con la spada in mano iniziò a fissare il fuoco oltre il vecchio tavolo rettangolare.
Le ore passavano, Paul pensò a quanto sarebbe stato bello avere una vita normale, o essere ancora al campo, iniziò a fantasticare cercando di ricordare i dettagli del luogo che aveva lasciato ormai più di sei anni prima e, mano a mano che immaginava, il campo diventava più nitido e il resto spariva.
***
Un rumore di un oggetto infranto rimbombò per la casa e Paul si svegliò di soprassalto, balzò in piedi con la spada in mano. Si guardò alle spalle, la porta era stata spalancata, davanti a lui si vedeva solo il punto del tavolo illuminato dalla luna e il vaso di fiori era ancora intero. Le tende alle finestre erano state tutte chiuse ma Paul non ricordava di averlo fatto, il fuoco si stava lentamente spegnendo. Udì un rumore di passi e di frammenti che venivano spostati -Chi sei?- bisbigliò passandosi una mano sugli occhi, la testa gli girava per essersi alzato velocemente e gli faceva male tutto, conclusione il tavolo era scomodo -Chi sei?- chiese un po' più forte cercando di concentrarsi.
-Non è carino invitare una persona e farsi trovare addormentato con la porta chiusa- gli rispose una voce femminile, un attimo dopo lungo le pareti si accesero fiammelle galleggianti e Paul la vide di nuovo dopo molto tempo. Ecate era lì davanti a lui avvolta in un lungo abito nero dalle sfumature violacee, sulle spalle teneva il solito scialle fumante, molte collane pendevano tintinnanti dal suo collo.
-I-io... non m-mi aspettavo...- balbettò Paul a corto di parole -Che venissi?- indovinò la dea evidentemente compiaciuta dal suo stupore.
-Beh io speravo in una risposta ma non in- indicò la dea e le fiamme con un gesto della mano -questo-
La dea sorrise -Anche dopo aver ottenuto il mio aiuto non avete smesso di offrirmi un sacrificio ogni volta che ne avevate l'occasione. Considerala una ricompensa- poi il suo viso tornò serio -Ma veniamo al punto-
Paul fece il giro del tavolo le offrì una sedia e si sedettero entrambi davanti al fuoco che lentamente si spegneva -Immagino che per qualche ragione lei non possa più proteggermi con la sua foschia-
La dea scosse la testa con aria stanca -Le cose stanno cambiando sull'Olimpo, devo decidere da che parte stare prima che inizi la guerra-
Paul non capiva, non erano informati di quello che accadeva nel mondo degli immortali, ma si limitò ad annuire -Non pretenderò che lei mi protegga, ma le voglio chiedere un ultimo favore- la dea lo guardò intensamente con gli occhi verdi, Paul si concesse un attimo per riordinare le idee poi prese un lungo respiro e continuò -Io non durerò ancora a lungo, tentando di resistere sto mettendo in pericolo tutti gli altri. Mi sacrificherò- disse convinto, Ecate gli rivolse uno sguardo comprensivo -Io e lei siamo gli unici a sapere che Claire vive con Sole da sua zia Kaitlyn e che Francy è alla Family of Orphans. Posso contare sul fatto che non rivelerá mai a nessuno la loro posizione?- la dea annuì con aria convinta -Bene, allora se io- faticava a dirlo, era difficile prendere una decisione del genere a sangue freddo e dirlo alla dea significava prendere una decisione definitiva -se io mi lascio uccidere da quei mostri... è molto probabile che per anni saranno al sicuro-
Ecate distolse gli occhi da Paul e guardò fuori dalla porta aperta, tutto era tranquillo, i raggi della luna illuminavano gli alberi e nemmeno un soffio di vento faceva muovere le foglie -E perché ti serve il mio aiuto? Penso tu sappia farti uccidere benissimo da solo-
-Il punto è- rispose lui -che quando io me ne sarò andato Francy rimarrà sola. Io mi fido della vostra collana, ma presto o tardi dovrà affrontare grandi pericoli- la guardò implorante -Vorrei qualcosa con cui possa proteggersi, qualcosa che le faccia coraggio e la tenga vicino a me. Lei ha una cosa simile?-
Lei lo guardò dolcemente e tese una mano verso di lui che la guardò perplesso, lei gli fece un cenno d'incoraggiamento con la testa. Paul sollevò lentamente una mano dal tavolo e la tese con cautela verso quella della dea, Ecate la prese e le due mani si strinsero come se stessero facendo un accordo.
-Pensa a qualcosa di felice- gli disse -e guardami negli occhi-
Gli occhi verde mare di Paul si tuffarono nel verde speranza innaturale della dea, non aveva mai notato quanto fossero luminosi, era difficile sostenere lo sguardo e abbassò gli occhi sul tavolo -Impegnati, ce la puoi fare- lo incoraggiò.
Paul con uno sforzo alzò la testa e iniziò a pensare: il suo primo giorno al campo (sconvolgente e bellissimo), la prima volta in cui Claire gli aveva rivolto la parola (erano entrambi a lavare i piatti dalle arpie) la sua risata e il suo sorriso, il suo diciottesimo compleanno, il giorno in cui avevano finito di costruire quella casa, i primi passi di Francy, il momento in cui era andato a trovarla per la prima volta dopo tanto tempo, la sua famiglia unita e felice... un dolore fortissimo alla mano lo fece gridare, la ritrasse di scatto e, quando le loro mani si lasciarono, un oggetto cadde tintinnante sul tavolo. Paul si guardò la mano ma non c'erano tracce di ferite o ustioni, quindi lentamente la appoggiò sul tavolo e si concentrò incredulo sull’oggetto davanti a lui: una croce. Rivolse uno sguardo perplesso alla dea -É un ciondolo- disse lei
-Questo lo vedo, ma a cosa serve?-
-La croce è il simbolo del tuo sacrificio e della morte- continuò lei ignorando l'insolenza di Paul -contiene un po' della tua felicità, come un piccolo pezzo di anima-
Paul si confficò le unghie nel polso della mano pensando al pezzo di anima che gli era stato strappato.
-Questo come la aiuterà?- chiese scettico -Le farà luce quando si troverà in mezzo al buio, ti avrà sempre vicino quando si sentirà sola e se questo non dovesse bastarti- la dea strinse la mano attorno al ciondolo e in un getto di luce prese forma una spada in bronzo celeste che risplendeva come oro, incastonata  appena sopra l'elsa c'era la croce  -Non posso dare l'invulnerabilità a tua figlia, posso solo aiutarla a difendersi- aggiunse osservando il viso triste dell'uomo.
-Vivi anche per me- disse lui ad un tratto.
-Come scusa?- chiese Ecate sporgendosi in avanti -Vorrei che ci fosse scritto sopra "vivi anche per me"- insistette e lei con un sorriso gli porse una penna dorata -Scrivilo-
Lui prese la penna e la guardò -È una penna di Stinfalide- rispose lei alla sua muta domanda. Paul abbassò lo sguardo sulla lama della spada e al centro iniziò a scrivere le parole "Live for me too" direttamente sul metallo. Quando ebbe finito Ecate allungò una mano e la spada tornò ad essere un ciondolo -Mettilo al collo di tua figlia prima di salutarla per l'ultima volta-
Paul abbassò lo sguardo sul tavolo, prese la croce e cominciò a muoverla nella mano nervosamente -Fa male?- chiese ad un tratto, non disse cosa ma lei capì -Non saprei, non mi è mai successo. Ma normalmente è un attimo, è molto peggio veder morire chi ti sta a cuore-
Paul annuì e la dea si alzò in piedi, diede un' ultima occhiata alla casa e si diresse verso la porta ancora aperta -Sarò lì ad aspettarti Paul Evans, non sarai solo- con queste parole rivolse uno sguardo all'uomo seduto davanti al fuoco ormai spento e in un lampo di luce sparì portando con se le fiamme galleggianti. La stanza piombò nell'oscurità e così anche la mente di Paul.


ANGOLO AUTRICE:
Ed eccomi con un altro capitolo, cosa ne pensate del piccolo flash back sulla vita di Sole prima dell'incontro con la Lupa? 
Ecate è tornata di nuovo per dare un ultimo aiuto a Paul, la trovo una donna dolcissima, voi cosa ne pensate? E che dire della scelta di Paul, è difficile e di sicuro Claire non la prenderà bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle vostre recensioni! Grazie mille
Sole Walker

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Capitolo 28
*** You can't change the things ***


Sole mi guardò a bocca aperta e io ero stupita quanto lui, non avevo parole. In quei ricordi mi ero già resa conto di quanto mio padre fosse una persona altruista, disposta a donare tutto, ma non credevo che si sarebbe spinto a tanto. Non riuscimmo a dire una sola parola fino a quando la casa avvolta nell’oscurità non fu colata totalmente a terra nella pozza d'acqua grigia che, dopo averci sommerso, si ritirò lasciando sentire ai nostri visi l'aria fresca. Traballanti atterrammo su un liscio pavimento di mattonelle bianche, mi fermai di colpo appoggiando i palmi delle mani su una superficie liscia lasciando uno spazio di pochi centimetri tra il mio naso e il vetro sporco di una grande finestra
-Dove siamo?- chiese Sole confuso allargando le braccia per stabilizzarsi -Non credo di esserci mai stato, me lo ricorderei- disse lanciando un'occhiata malevola alle sbarre scrostate all’esterno della finestra che si estendeva per tutto il corridoio, fuori si vedeva un cortile deserto. Un pallone abbandonato giaceva in un angolo in mezzo alle erbacce e per tutto il prato erano sparsi rifiuti abbandonati, mi voltai dall'altra parte e osservai il muro scrostato, grossi pezzi di intonaco giacevano a terra in mille pezzi e gli spazi vuoti lasciavano vedere i mattoni rossi.
-È uguale a com'è ora- sospirai sfiorando il muro polveroso, lui mi guardò -benvenuto alla Family of Orphans!- gli dissi allargando le braccia con un sorriso ironico -Orfanotrofio cinque stelle per bambini di tutte le nazionalità-
-Tu hai vissuto qui?- mi guardava incredulo -Ma questo posto cade a pezzi- disse toccando la parete scrostata -in che anno siamo?-
Stavo per rispondere che non lo sapevo quando una voce mi fece voltare, guardai la bambina venire verso di noi saltando da una piastrella bianca all'altra. I suoi capelli castano chiaro splendevano di sfumature rosse e verdi cadendo sui grandi occhi marroni ad ogni saltello, mi abbassai esterrefatta guardandola canticchiare a testa bassa
-Five little monkeys jumping on the bed
One fell off and bumper his head
Mama called the doctor and the doctor said
”No more monkeys jumping on the bed!”
Four little monkeys…-
Continuò a cantare superandomi e saltando per qualche ragione il numero tre, era così strano vedermi in quel posto dall’esterno. Guardai Sole e lo sorpresi a canticchiare a bassa voce la canzoncina senza distogliere gli occhi dalla bambina, mi guardò e gli sorrisi divertita. Lui sbuffò spostandosi verso la finestra, fuori il cielo era diventato nuvoloso, la giornata stava per cambiare.
***
Saltellava da una piastrella all'altra canticchiando qualcosa ogni tanto si voltava incerta verso la porta, ma non aveva ancora notato i suoi occhi che la spiavano dall’entrata socchiusa. Non doveva nascondersi, ormai nell’edificio lo conoscevano tutti come “l’uomo che ogni tanto viene a far giocare i bambini”, poteva sembrare un po’ inquietante e sinceramente lo preoccupava il fatto che facessero entrare le persone così facilmente. Però gli piaceva guardarla giocare, poter stare con lei e immaginare di poterle dire chi era veramente. Invece, se tutto fosse andato come previsto quella sarebbe stata l'ultima volta in cui si sarebbero visti, voleva imprimersi la sua immagine nella mente per essere sicuro di ricordarla.
-Signor Teddy che cosa ci fai dietro alla porta?- abbassò lo sguardo e vide la bambina che, aggrappata ai suoi jeans, lo guardava incuriosita, era bastato un attimo di distrazione per perderla di vista. Guardò i suoi grandi occhi marroni, erano così diversi dai suoi che a volte si chiedeva se fosse davvero sua figlia, ma non assomigliavano nemmeno a quelli della madre e questo lo consolava.
-Francy! Mi hai beccato, volevo farti uno scherzo- disse ridendo e si chinò per prenderla in braccio,cominciò a girare su sé stesso facendola ridere, la bambina gli si aggrappò al collo e con un grosso sorriso gli chiese -Giochi con me?-
Paul fece un sorriso triste si abbassó di nuovo e la appoggiò a terra, poi si inginocchiò sulle mattonelle bianche e prese le piccole mani della bambina tra le sue -Mi piacerebbe tantissimo giocare con te, ma oggi ho davvero poco tempo- disse guardandola negli occhi con la voce carica di tristezza, la bambina alzò le spalle e disse -Allora torni domani!-
Paul rise spingendo la testa all'indietro -Non questa volta Francy- le accarezzò una guancia -Vedi, devo fare una cosa importante e probabilmente starò via molto, moltissimo tempo- spostò lo sguardo dai suoi occhi non riuscendo a sostenere lo sguardo allegro della bambina.
-Ci rivedremo però?- chiese lei preoccupata.
-Tutti si rivedono prima o poi- rispose Paul, la bambina ovviamente non capì ma lo prese per un “sì”.
-Ma tornerai per il mio compleanno?- gli domandò facendo un gran sorriso.
-No non credo- sospirò e la bambina lo guardò perplessa -Ma me l'avevi promesso!-
-Lo so, davvero mi dispiace- disse lui mordendosi il labbro, era nervoso e cercando di rimediare si frugò in tasca alla ricerca del pacchetto -Però ti ho portato questo- la bambina si illuminò alla vista della piccola scatola ricoperta di carta d'oro, la afferrò e con fatica lo scartò. Un piccolo ciondolo d’oro cadde a terra, Paul lo raccolse e delicatamente slacciò la collanina dal collo della bambina -La porterai sempre con te e sarà come avermi accanto- disse riallacciandola -quando avrai paura io sarò lì- la guardò intensamente, gli occhi della bambina non si staccavano dai suoi e dopo un attimo di silenzio lei parlò -Me lo prometti?-
Paul non se lo aspettava, credeva semplicemente che avrebbe accettato il regalo senza fare domande, ma doveva immaginarselo: era una bambina straordinariamente intelligente per la sua età. La guardò orgoglioso e disse -Te lo prometto- la bambina si avvicinò e gli mise le piccole braccia attorno a collo abbracciandolo, Paul chiuse gli occhi per un attimo e cercò la forza per alzarsi e andare via per sempre. Con un sospiro allontanò la bambina, le diede un bacio sulla testa e si alzò in piedi. Fece per andarsene, aveva già percorso il corridoio fino alla porta, sentiva gli occhi della bambina sulla propria schiena ma non aveva il coraggio di voltarsi.
-Ti voglio bene papá- si fermò con la mano sulla maniglia e voltando la testa la guardò negli occhi -Cos’hai detto?- chiese, era quasi sicuro di aver sentito male. Ma la bambina lo guardò sicura, aveva gli occhi leggermente lucidi e teneva la mano destra stretta attorno alla collana -Ti voglio bene papà- ripeté, Paul pensò che non era possibile, abbassò gli occhi sul pavimento pensieroso e scosso. Lei non poteva sapere che lui era davvero suo padre, non poteva ricordarlo, aveva aspettato due anni prima di cedere e andarla a trovare per la prima volta. Ma l'affetto che le aveva dato negli ultimi anni non glielo aveva dato nessun altro. Era sempre stato lì ad aiutarla e lei l'aveva scelto -Ti voglio bene papa!- gridò la bambina mentre delle lacrime iniziavano a bagnarle le guance rosa. Paul si risvegliò bruscamente dai suoi pensieri, aveva la vista offuscata e temeva di scoppiare a piangere, alzò lo sguardo e guardandola negli occhi prese un bel respiro -Anche io tesoro mio- la sua voce tremava, aprì la porta e senza guardarsi indietro uscì, attraversò i corridoi di corsa e scese le scale con le lacrime che gli scendevano lungo il viso. Si muoveva agilmente evitando le figure perplesse degli insegnati fermi nei corridoi, aveva solo 24 anni e aveva preso decisioni molto più importanti nella sua vita di quelle prese da quelli che lo guardavano male giudicandolo per i singhiozzi che cercava di reprimere. Uscì dalla scuola saltando gli ultimi due gradini trovandosi sotto la pioggia battente, si tirò il cappuccio sulla testa e si strinse nel giubbino nero. Superò il cancello in ferro battuto iniziando a correre a perdifiato sul sentiero che portava all’autostrada; il momento decisivo ormai era arrivato, mancava solo una persona da avvisare e non sapeva se ne avrebbe trovato il coraggio.
***
Ero sconvolta, avevo totalmente dimenticato quell'uomo, solo qualche immagine confusa di un uomo che rispondeva al bizzarro nome “Teddy” aveva popolato i miei ricordi fino a quel momento. Credevo che mio padre mi avesse abbandonato per proteggersi e solo ora scoprivo che mi era sempre stato vicino, fino a quando aveva potuto, sacrificando tutto per me, anzi per noi. Non potevo essere arrabbiata con lui.
Sole mi guardava in silenzio per non interrompere i miei pensieri, quando l'acqua fu alle nostre ginocchia puntò lo sguardo avanti e chiuse gli occhi con una smorfia, era come se sapesse cosa ci aspettava. I nostri corpi rimasero sospesi in quel mare argentato mano nella mano fino a quando sotto di noi non iniziarono a delinearsi le pareti di una casa, un attimo dopo i piedi toccarono terra. Misi le mani avanti e mi trovai appoggiata a un bellissimo tavolo di legno lucido in una grande sala da pranzo, davanti a me un bambino biondo di sei o sette anni disegnava con dei gessetti colorati una piccola casa in mezzo ad un bosco. Dei passi ci fecero voltare, una vecchia signora entrò nella stanza, aveva i lunghi capelli grigi raccolti in uno chignon alto molto elegante, una gonna lunga fin sotto il ginocchio e una camicetta lilla le coprivano il corpo magro e slanciato, le scarpe erano perfettamente abbinate ai gioielli e alla borsa che lasciò cadere sonoramente sul tavolo. Guardando la casa si capiva subito che la proprietaria era quella donna, era elegante, pulita, semplice e un po’ anni ’40, come lei. Il bambino alzò lo sguardo e le sorrise -Ciao zia Kaitlyn! Guarda- disse alzando il disegno per farlo vedere alla zia -sto disegnando la mia vecchia casa-
-Ma che bel disegno!- disse lei e sul suo viso magro spuntò un sorriso, andò dal nipotino e gli diede un bacio sulla testa osservando il disegno da vicino, i corpi stilizzati e ancora incompleti di quattro persone erano stati disegnati tra le confuse linee verdi, che dovevano essere alberi, e la casa in legno molto simile al castello della Disney -Dov'è tua madre?- chiese spettinando ulteriormente i capelli già arruffati del bambino -In camera- rispose lui con un’alzata di spalle, poi tornò a colorare. Gli occhi grigi della donna esprimevano tutta la sua disapprovazione -Mi chiedo cosa faccia tutti i giorni alla stessa ora chiusa in quella stanza- borbottò, poi si chinò sul bambino e dolcemente gli chiese -Ti va se questa sera ordiniamo una bella pizza? Würstel e patatine per tutti, come piace a te!- il bambino annuì vistosamente -Perfetto!- disse lei e dopo avergli dato un bacio uscì dalla stanza. La seguimmo arrivando nel largo corridoio in fondo al quale c'era una lunga rampa di scale che saliva al piano di sopra, la donna lanciò un'occhiata veloce in quella direzione e poi si allontanò per telefonare. 
-Vieni- mi disse Sole e mi guidò fino in cima alle scale -questa è la sua stanza- ci fermammo davanti ad una porta chiusa di legno chiaro. Sembrava pietrificato e potevo capire il perché, stava per succedere qualcosa di importante e per la prima volta avrebbe visto con i suoi occhi la verità che aveva sempre cercato. Appoggiai la mia mano sul suo braccio e gli sorrisi, girò il viso verso di me, era chiaramente spaventato da ciò che avrebbe potuto vedere entrando in quella stanza, in realtà non era poi così tanto diverso dal bambino che stava disegnando al piano di sotto. Ma io in quel momento ero lì per lui, non l’avrei lasciato solo. Portai la mia mano sopra la maniglia e dopo un bel respiro aprii la porta.
***
Claire era sdraiata sul letto a guardare il soffitto da più di un'ora, aveva già deciso di non scendere per cena, per sicurezza, e aspettare ancora. Iniziava davvero a preoccuparsi, non aveva ricevuto nessuna chiamata il giorno prima e nemmeno quello prima ancora, sospirò e chiudendo gli occhi immaginò il viso sorridente di Paul e la sua voce che la chiamava -Claire- le sembrava quasi di sentirla davvero -Claire svegliati!-
Balzò a sedere sul letto e si guardò intorno, ed eccolo lì alla destra del letto, un messaggio iride.
-Paul!- gridò e si avvicinò così tanto al viso dell’uomo da farlo indietreggiare istintivamente -Avevi promesso di mandarmi un messaggio ogni giorno- era furiosa.
-Mi dispiace, ho avuto una lunga settimana- rispose lui, il suo sguardo stanco la fece calmare, anche nei momenti più difficili non l’aveva mai visto così abbattuto, il suo primo pensiero era sempre stato sorridere per lei e cercare di farla ridere. C'era qualcosa che doveva dirle ma non trovava il coraggio, era evidente -Paul, cosa sta succedendo?- chiese guardandolo negli occhi, lui sospirò ma non abbassò lo sguardo -Devo dirti una cosa importante, ma non so davvero da dove cominciare…- Claire attese in silenzio non riuscendo ad immaginare cosa volesse dirle -Questo sarà l'ultimo messaggio iride che riceverai da me- disse lui tutto d'un fiato.
Claire non riusciva a capire -Beh non è un problema- disse con un sorriso incerto -puoi mandarmi una lettera ogni tanto-
-Senti...- tentò di spiegarle.
-Oppure puoi venire a farmi visita, zia Kaitlyn sarebbe felice di conoscerti-
-Ma...- tentò lui, ma lei non voleva lasciarlo parlare, aveva paura di sapere la verità.
-Tranquillo lei sa cosa siamo, non le ho spiegato proprio tutto… ma sa chi sei quindi non sarà un problema se...-
-Claire!- gridò lui zittendola -Ho poco tempo per spiegarti- disse passandosi la mano sul viso stanco -Non potevo continuare a nascondermi a Northampton, non è più sicuro. Ormai sono ovunque- spiegò guardandola -e non posso continuare a farvi visita, né a te né a Francy. È troppo pericoloso, loro mi usano per trovarvi, ho rischiato molto l'ultima volta e non voglio che vi accada qualcosa quindi...- si bloccò e abbassò lo sguardo per poi guardarsi attorno visibilmente agitato -Stanno venendo da me Claire, questa sarà l'ultima volta che ci vedremo. Mi dispiace tantissimo-
Qualcosa nel suo cuore si ruppe, Claire si portò una mano tremante alla bocca e bisbigliò -No... ti prego Paul, torna a casa- ma lui scosse la testa, la guardò negli occhi e alzò una mano nella sua direzione come per accarezzarle il viso, poi sorrise debolmente e disse con voce tremante -Tu e i bambini siete stati l’unica cosa bella della mia vita, valeva la pena di fare tutta questa fatica anche solo per passare questi anni con voi. Vi voglio bene- un rumore alle sue spalle lo fece voltare e Claire scorse alcuni dettagli del posto illuminato da pochi lampioni, poi lui tornò a guardarla -Devo andare, addio Claire-

-No!- gridò lei senza curarsi che le persone al piano di sotto potessero allarmarsi -PAUL!- lacrime di rabbia e disperazione iniziarono a scorrerle lungo il viso, l’uomo la guardò bene per un'ultima volta, imprimendosi la sua immagine nella mente, poi le rivolse un sorriso triste -Ti prego non lo fare- bisbigliò lei tra i singhiozzi, ma Paul prese un bel respirò e si voltò, il messaggio Iride si dissolse in un attimo.
Non poteva essere vero, lui era il suo migliore amico e non l'aveva mai lasciata sola. Non aveva mai immaginato che le cose potessero andare così, ed era tutta colpa sua. Lei si era fatta fregare da un dio di cui non conosceva nemmeno il nome, lei era rimasta incinta, lei li aveva portati in quella casa permettendogli di seguirla e lasciare il Campo Mezzosangue. Certo anche lui aveva contributo cadendo nella trappola che Demetra aveva preparato per il suo folle piano, ma anche quello in fondo era colpa sua: avrebbe dovuto mostrare di più quanto teneva a lui, parlargli della strana sensazione che aveva riguardo a quello che le raccontava e della preoccupante somiglianza che c’era tra la situazione che stava vivendo con quella ragazza sconosciuta e quello che era capitato a lei più di un anno prima.
Improvvisamente un pensiero cominciò a farsi strada nella testa di Claire. Non poteva permettere che morisse da solo, combattendo per lei. Si alzò dal letto e aprì l'armadio, prese la spada,la sua fodera e il pugnale, poi uscì dalla stanza senza guardarsi alle spalle. Corse giù dalle scale con il cuore a mille, aveva già una mano sulla maniglia quando una vocina la fermò -Mamma dove vai?- si voltò lentamente e vide suo figlio correrle incontro con un disegno stretto in una mano lo guardò negli occhi e cercando di non piangere disse -C'è un amico che ha bisogno di me, torno subito amore mio- tentò un sorriso ma non riuscì a fingere davanti a quei occhi arancioni, all'improvviso la zia Kaitlyn uscì dalla cucina e si fermò in corridoio. La guardò, il suo sguardo era freddo e accusatorio, Claire la guardò chiedendole aiuto. Passò qualche istante e l'anziana donna abbassò gli occhi e avvicinandosi mise le mani ossute sulle spalle di Sole.
-È per te mamma- disse il bambino porgendole il disegno colorato -siamo noi tutti insieme- Claire si abbassò fino a trovarsi all'altezza del figlio di sette anni, prese il disegno tra le mani e lo guardò distrattamente, la sua testa era piena di pensieri. Guardò la piccola casa marrone vicino agli alberi e le venne l’assurda idea che il bambino potesse ricordarsi di quegli anni, poi il suo sguardo cadde sulle persone che si tenevano per mano: un uomo dai capelli neri, una donna bionda e due bambini. Non ebbe più dubbi, con le lacrime agli occhi prese il disegno, lo infilò nella tasca interna della giacca leggera, all’altezza del cuore, poi mise le mani sulle braccia del bambino stringendole forte -Ti voglio bene Sole. Non dimenticarlo mai, ok?- disse scuotendolo un poco, poi asciugandosi le lacrime aggiunse -Scusami. Per tutto, è tutta colpa mia- spinse leggermente il bambino mandandolo contro le gambe della zia che prontamente gli infilò le dita nelle piccole spalle, Claire si alzò di scatto e aprì la porta.
***
Fu un attimo, fino a quel momento avevamo sempre assistito alla scena in silenzio, senza partecipare, ma Sole non ce la fece più, e senza le mani della zia sulle spalle che l’avevano trattenuto quando era bambino, il ragazzo scattò in avanti. Tentò di afferrare la figura della madre mentre il bambino dietro di lui gridava e tentava di divincolarsi dalla presa di Kaitlyn che con lo sguardo basso stringeva i denti tentando di non mostrare emozioni, ma nessuno di loro poteva vede Sole, e le sue mani attraversarono il corpo di Claire. Si trovò all'esterno della casa e io lo raggiunsi subito tentando di farlo ragionare -Sole fermati. Questo è solo un ricordo, non puoi cambiare le cose!- ma lui non mi stava ascoltando, si guardava le mani con un misto di disperazione e stupore, poi si voltò e guardò la madre, che senza saperlo lo stava guardando dritto negli occhi. Claire si guardò indietro un' ultima volta, la grande casa illuminata non le sarebbe sicuramente mancata perché i momenti più belli li aveva vissuti in una piccola casetta di legno a Northampton e l'uomo che si stava per sacrificare per lei era colui che li aveva resi così speciali. Ma di sicuro non si sarebbe mai perdonata di aver lasciato solo suo figlio. Sole si mise le mani sulle orecchie, abbassò lo sguardo e chiudendo gli occhi gridò -BASTA! Non voglio sentire... smettila!- per la prima volta capii cosa voleva dirci mio padre quando ci spiegò che non sarebbe stato bello: vivere i ricordi di Paul e quelli di Claire uno dopo l’altro, e con essi sentire anche le loro emozioni e i loro pensieri. Era difficile sopportarlo senza poter intervenire. Il rumore della porta che si chiudeva fece alzare lo sguardo a Sole, si sentirono le grida e il rumore che il bambino, liberatosi delle mani della zia, stava facendo battendo i pugni sulla porta e urlando a sua madre di tornare indietro. Claire attraversò il giardino correndo fino alla strada e senza esitare lanciò in aria la moneta d'oro e sussurrò le parole in greco antico che negli ultimi anni aveva usato spesso, la figura del taxi si fermò davanti a lei, le tre vecchie abbassarono il finestrino. Quella al volante la guardò con l'unico occhio che avevano -La sua ultima corsa signorina Walker?- Claire salì e una volta dentro la guardò sconsolata -Vorrei risponderle "no" ma so bene che sarebbe un' illusione- le tre annuirono con aria solenne e lei, con il cuore in gola, aggiunse -Port Morris, più in fretta che potete-
Il taxi sfrecciò via ad altissima velocità e Sole corse in avanti in un ultimo disperato tentativo di cambiare le cose. Mi guardai attorno, i lampioni sembravano sciogliersi e lentamente anche la casa della signora Kaitlyn colava a terra, l'acqua mi arrivava alle caviglie -Sole!- gridai e lui si voltò verso di me -la mano, dobbiamo andare avanti- lanciò un'ultima occhiata al vicolo illuminato che andava sparendo e quando l'acqua era ormai alle nostre ginocchia iniziò a farsi strada verso di me. Intrecciò le dita della sua mano con le mie e guardò l'acqua sommergerle e salire lungo i suoi fianchi.
-Mi dispiace che tu abbia dovuto riviverlo- dissi, aveva un'espressione distrutta. Il mondo le era crollato addosso una seconda volta portandogli via sua madre.
-Perché l'ha fatto?- disse dopo un attimo di silenzio -Tuo padre non voleva questo-
Rimasi in silenzio per un po’, poi con lo sguardo dritto davanti a me bisbigliai -Nessuno lo voleva- e l'acqua ci trascinò via.
ANGOLO AUTRICE:
Da da dannn... finale tragico me ne rendo conto, ma non avete ancora visto il prossimo :') vi amo <3 
Avete visto quanto è tenera Francy?! E che dire, Paul ha dovuto prendere una decisione difficile, e da quel momento in poi nemmeno la vita di Sole sarà più stessa. 
Cosa ne pensate del capitolo? Fatemelo sapere nelle vostre recensioni. Vi aspetto :)
Sole Walker

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Capitolo 29
*** Forget the Death ***


Atterrammo quasi di faccia in una grossa pozza d'acqua stagnante -Bleah!- dissi alzandomi, per fortuna niente di quella roba poteva rimanermi attaccata ai vestiti (non che io profumassi di rose dopo il tempo interminabile passato a vagare nel Tartaro), ma la puzza riuscivo a sentirla ugualmente. Tutto attorno, il pavimento di cemento era ricoperto di ogni genere di rifiuto, alzai lo sguardo. Era una specie di tunnel, i muri erano ricoperti di graffiti colorati e da una parte i resti di una vecchia macchina anni '70 data alle fiamme giacevano abbandonati. 
-Dove siamo?- chiesi, il posto era illuminato dalla luce calante del sole
-Port Morris immagino- rispose Sole alle mie spalle.
-No non credo- dissi -ho visto ancora immagini del porto e non era in questo stato-
-Beh evidente questo non è il porto, sembra più una ferrovia abbandonata- riprese subito la mia mano nella sua, non sapevamo cosa sarebbe successo se, nel momento del passaggio, avessimo rotto il cerchio, ma la cosa mi spaventava.
-Tuo padre non poteva scegliere un posto più bello dove andare a morire?-
-Di certo non poteva portare un'orda di mostri nel centro di New York o nei quartieri ricchi- risposi un po' scocciata -avrà pensato che qualunque cosa fosse successa in questa zona del South Bronx sarebbe passata inosservata-
Un rumore attirò la nostra attenzione voltai la testa di scatto, qualcuno era appena saltato nel tunnel e ora si stava rialzando, si guardava attorno sospettoso per poi avanzare lentamente nell'acqua fetida. Quando fu più vicino lo riconobbi: era Paul. Passò oltre senza guardarci, il sole era definitivamente calato e ci aveva lasciato nella totale oscurità, solo un lampione brillava in lontananza -Andiamo- dissi e seguimmo mio padre in quella direzione. Eravamo alle sue spalle quando si fermò di colpo e si appiattì contro la parete, istintivamente lo imitai e riuscii a sentire la sua paura, un suo pensiero si insinuò nelle nostre menti "Ma cosa sto facendo??" pensava "Devo morire, è inutile nascondersi" si fissò i piedi per un attimo, indeciso sul da farsi poi allontanò il corpo dalla parete muovendosi sulle gambe traballanti, tenne la mano ferma sulla parete.
***
Fuori cominciava a piovere, nemmeno un metro lo separava dall'uscita del tunnel che dava su una piazza illuminata dal lampione, le finestre delle case malmesse erano tutte sbarrate e nessuna luce era accesa. Qualunque cosa dovesse succedere quella sera sarebbe rimasta un segreto, gli abitanti non ne avrebbero parlato e i poliziotti vedendo il suo cadavere avrebbero pensato ad una reazione violenta dj qualche fazione. Paul prese un lungo respiro e stringendo i denti staccò la mano dal muro uscendo allo scoperto. I suoi piedi si trascinavano sulle pietre del piazzale bagnato, poco lontano da lui una figura deforme di spalle fiutava l'aria, Paul chiuse gli occhi per un secondo e ascoltò il rumore dell'oceano che poco lontano da lì si infrangeva sulla costa. Sembrava agitato, magari suo padre era preoccupato per lui pensò. Ma subito rise della sua stessa idea, probabilmente quel movimento era dovuto alla felicità che provava nel sapere che non avrebbe più rischiato che gli altri dei scoprissero il suo figlio segreto. Riaprì gli occhi e alzando una mano fece schioccare le dita senza esitare più, il mostro voltò la testa di scatto e lo guardò, era un Minotauro. Mentre si squadravano una voce corale parlò alle sue spalle -Di nuovo in trappola Paul, è davvero così che vuoi passare la tua vita? Nascondendoti da noi?- Paul non si voltò, sapeva cosa avrebbe visto, tre vecchiette dall'aria maligna che lo fissavano pronte a recidere il filo della sua vita, si limitò a scuotere la testa in un "no" silenzioso.
-Allora dicci dove si trova quel fiore e dove si nascondono gli altri, poi noi ti lasceremo in pace-
Una voce singola si separò dal coro, era la più dolce e tra le tre era quella che preferiva -Cerca di capire Paul, dobbiamo riprendere il controllo delle loro vite. Fatti da parte-
Mio padre prese fiato prima di rispondere -Altrimenti?- calò un attimo di silenzio, vidi la donna ,che si era allontanata dal gruppo per avvicinarsi alle sue spalle, tornare al suo posto. E quella che sembrava la più anziana farsi avanti. Teneva in pugno un grosso paio di forbici arrugginite che raggelavano l'atmosfera, le aprì con un gesto della mano scheletrica -Altrimenti preparati a morire- le forbici tagliarono l'aria e il Minotauro si preparò ad attaccare. I suoi occhi erano fissi in quelli di Paul, aspettava un suo segnale. L’uomo si ordinò mentalmente di agire, ma il suo corpo non voleva ubbidirgli, abbassò gli occhi sulla spada di bronzo celeste che teneva in pugno e ,dopo averla rigirata nella mano un paio di volte, allentò la presa. Il tempo parve rallentare, l'elsa della spada scivolò tra le sue dita e cadde rumorosamente al suolo riempiendo il silenzio della notte. Paul tenne gli occhi chiusi e allargò le braccia mentre il mostro partiva correndo pesantemente verso di lui, i suoi pensieri volarono a Claire, a sua figlia e a Sole, era già pronto all'impatto. Ma uno spostamento d'aria improvviso vicino al suo orecchio gli fece spalancare gli occhi. Il Minotauro era fermo a poco più di un metro da lui e lo guardava incredulo, Paul lo fissò perplesso per qualche secondo prima di notare il pugnale conficcato esattamente al centro della sua testa. In quell'istante il mostro si disintegrò e l'arma cadde a terra tintinnando, l’uomo pregò gli dei che non fosse lei, ma avrebbe riconosciuto il suo pugnale ovunque. Lo raccolse insieme alla sua spada e si voltò in tempo per vedere un taxi malandato allontanarsi a tutta velocità, Claire era lì e lo guardava con un misto di rabbia e terrore, il suo petto si alzava e si abbassava velocemente. Paul si avviò verso di lei con passo veloce, gli consegnò l’arma e poi la afferrò per le spalle -Che cosa ci fai qui? Dovevi rimanere al sicuro con tuo figlio!-
-Per lasciarti morire da solo senza muovere un dito per difenderti?- disse lei allontanandogli le braccia bruscamente.
-Tu non capisci! Francy e Sole hanno bisogno di te... se moriamo entrambi nessuno coltiverà il fiore e non sappiamo quanto potranno durare- gridò lui cercando di farla ragionare, ma Claire non voleva saperne -Loro hanno bisogno di noi due insieme! Senza di te non resisterei un giorno. Perché non mi hai detto che ti stavano perseguitando?-
-Non volevo che venissi da me, ti avrebbero scoperto e tutto sarebbe finito- la guardò negli occhi -Claire va via, prendi il fiore e nasconditi. Resta nascosta due o tre giorni e poi torna a casa da Sole-
-Troppo tardi- sibilò una voce alle spalle della donna, Paul vide il volto vecchio di Atropo, i pochi denti gialli mostrati fieramente in un sorriso maligno, la odiava. Si guardò attorno, mostri di ogni genere arrivavano da ogni vicolo, li avevano circondati. Paul girò le spalle a Claire e lei fece lo stesso, ora erano schiena contro schiena. Entrambi erano pronti a morire per difendere l'altro, improvvisamente il fiore e i due bambini passarono in secondo piano nella mente di Paul, doveva difenderla ad ogni costo, non poteva perderla. Aveva di nuovo la sua spada stretta nella mano destra, Claire reggeva il suo pugnale nella sinistra. Le loro mani libere si sfiorarono per un attimo, Paul colse l'occasione e prendendola la strinse forte mentre il cerchio di creature si stringeva attorno a loro. La mano di lei era stranamente calda, senza voltare la testa le chiese -Sei pronta?- 
-Ho scelta?- rispose lei, e sorrisero perché nonostante stessero andando in contro alla morte l'avrebbero fatto insieme. I mostri si lanciarono verso li loro tutti in una volta emettendo suoni terribili, le loro mani e le loro schiene si separarono. Paul scattò in avanti ed iniziò a schivare mani munite di artigli, armi rozze, denti affilati e code con aculei velenosi sferrando fendenti da ogni lato, cercando di non dare mai la schiena per troppo tempo a nessuna creatura. Poco lontano da lui Claire infilava il pugnale nell'addome e nei fianchi dei mostri passando a pochissima distanza dalle braccia che tentavano di afferrarla, si muoveva veloce e sferrava colpi precisi.
Dopo minuti frenetici che sembrarono interminabili l'atmosfera sembrò calmarsi, i mostri attorno a loro si ritirarono lentamente per leccarsi le ferite. Quando anche l'ultimo si fu trascinato in uno dei vicoli Paul andò verso Claire e prese ad osservarla, era sudata, aveva i capelli spettinati e qualche taglio e graffio sule braccia e sul viso, ma stava bene. La abbracciò senza dire una parola, immerse il viso nei capelli biondi e la strinse, lei ricambiò.
-Devi andare- le disse senza guardarla negli occhi.
-Non posso farlo- rispose lei -non ti lascerò morire per i miei errori- 
Paul fece l'errore di alzare lo sguardo, smise di osservare le proprie mani graffiate e la guardò negli occhi azzurri e rimase incantato, per la prima volta dopo tanto tempo si perse dentro di loro e pensò a quanto fossero belli. Forse lei aveva ragione, come avrebbe fatto senza di lei negli Inferi? Senza quegli occhi che si aggrappavano ai suoi in cerca di sicurezza. Aprì la bocca per parlare ma l'espressione di Claire lo bloccò, era un misto tra terrore e preoccupazione e i suoi occhi non guardavano più lui ma qualcosa alle sue spalle. Non fece in tempo a voltarsi, lei alzò un braccio e lo spinse di lato cogliendolo di sorpresa. Paul barcollò in avanti e si girò in tempo per vedere un arpia volare verso Claire con le braccia tese, in una mano stringeva una lama luccicante. I loro corpi si avvicinarono, la semidea allungò il braccio infilando il pugnale nel petto del mostro che cacciò un urlo, il peso del corpo indusse Claire ad abbassare il braccio diminuendo la distanza tra loro. La scena agli occhi di Paul sembrò durare secoli, ma in realtà tutto avvenne velocemente: l'arpia piegò le braccia in un ultimo sforzo e trapassò Claire alla schiena esplodendo subito dopo in una pioggia di polvere. La donna traballò sulle gambe portandosi le mani al petto e con un lamento fece per accasciarsi a terra, Paul lasciò cadere a terra la spada, scattò nella sua direzione e tendendo le braccia sostenne il suo corpo. Sulla schiena, all'altezza del cuore si stava formando una grossa macchia rossa, l'uomo la sentì allargarsi contro il suo petto, ora le loro magliette erano entrambe macchiate di sangue. Guardò disperatamente il volto della sua migliore amica, era ogni secondo più pallido e il suo corpo tremava. La prese in braccio e scuotendola leggermente la implorò -Claire... Claire parlami!- ma lei respirava a fatica, percepì il sangue scorrergli lungo l'avambraccio con cui le sosteneva la schiena. La disperazione prese il sopravvento e cominciò a gridare -Claire guardami! Dimmi qualcosa...-
Le creature mitologiche iniziarono ad affacciarsi ai vicoli in cui erano sparite, le più coraggiose avanzarono lentamente seguite a ruota dalle altre. Le lacrime iniziavano a scendere lungo il volto di Paul, con la coda dell'occhio vide i mostri avanzare e lanciando occhiate furiose alla ricerca delle tre vecchie gridò -Non avete fatto abbastanza per oggi? Andate via e lasciatemi solo- ma di loro non c'era più traccia, una voce leggerissima gli arrivò all'orecchio, tanto flebile che per un attimo pensò di averla sognata "Non incolpare noi del destino che ti sei scelto, ti abbiamo dato più di una volta l'opportunità di cambiarlo" l'uomo ripensò agli incubi ricorrenti in cui le donne gli chiedevano di portare loro i fiori, per qualche regione non erano in grado di percepire la presenza della casa nel bosco o di vederla, quindi i fiori erano al sicuro. Ma se fosse morto anche lui sarebbero rimasti senza cure, le Moire avrebbero vinto in ogni caso.
"Questa è la tua ultima possibilità Paul Evans" disse la voce "abbandona il corpo di Claire Walker e portaci i fiori dell'anima. Ti lasceremo libero di vivere la vita che ti resta, nessun mostro si avvicinerà mai più a te"
-Non avrete mai quei maledettissimi fiori- urlò stringendo il corpo di Claire -E potete anche uccidermi se ci tenete, tanto la mia vita senza di lei non vale nulla-
"Scegli quindi di essere fedele al tuo segreto proteggendo la donna che ti ha rovinato la vita fino a portarti qui?" abbassò lo sguardo sul corpo della semidea abbandonata tra le sue braccia, tutto era cambiato circa sette anni prima quando lei era rimasta incinta, ma alla fine si erano sistemati. La situazione è degenerata due anni dopo, quando era arrivata lei, le voleva bene ma non poteva ignorare i fatti.
-Non è stata Claire a rovinarmi la vita-
"Noi parlavamo di una donna molto più potente di quella mezzosangue" si riferivano a Demetra, ma Paul ormai l'aveva rimossa dalla mente. L'unica colpevole per lui era Francy, sapeva di sbagliare ma la rabbia lo teneva in vita. Per un attimo pensò che in fondo avrebbe potuto portare solo il fiore della bambina, ma era impossibile: erano legati insieme, inseparabili, uniti nella loro diversità. E non poteva fare questo a Claire.
"Scegli dunque di morire?" chiese la voce. Paul non disse nulla, le braccia cominciavano a fargli male e si sentiva sempre più debole, annuì. Le ombre dei mostri si fecero sempre più vicine, lui chinò la testa e chiuse gli occhi, lacrime calde gli scendevano lungo le guance e cadevano bagnando la maglia di Claire che rimaneva immobile.

-Non piangere così, mi stai inzuppando la maglietta- disse una voce debole e dolorante, Paul spalancò gli occhi, Claire lo stava guardando con un finto sguardo do disapprovazione, ma i suoi occhi erano spenti.
L’uomo alzò gli occhi sui mostri che si stavano avvicinando e si concentrò, un idrante esplose e da alcuni vicoli l'acqua dell'oceano arrivò strisciando. E quelli spaventati arretrarono di due metri, l'acqua formò un anello davanti a loro e si alzò creando un muro.
Dopo lo sforzò Paul cadde in ginocchio, aveva paura che le braccia gli si staccassero dal corpo ma tenne ugualmente Claire stretta a sé. La donna alzò una mano con un enorme sforzo, e tremando gli accarezzò una guancia ruvida e bagnata -Mi dispiace Paul, è tutta colpa mia. Non dovevo permetterti di venire con me quella notte-
Ma lui scosse la testa -Non sarei mai stato felice senza di te- sul suo viso si formò un sorriso triste -forse avrei dovuto dirtelo più spesso- una piccola lacrima scese lungo la guancia pallida di Claire, lui se ne accorse subito e alzando lo sguardo al cielo pensò ad alta voce -Questi sono stati gli anni più pericolosi e avventurosi della mia vita. La nostra idea di pericolo prima era rubare le bibite dalla casa grande e uscire dopo il coprifuoco per guardare le stelle-
La donna fece una risatina e subito si portò le mani all'addome, poi lo guardò negli occhi -Te lo ricordi ancora?- la sua voce era solo un sussurro che spariva dietro il rumore della barriera d'acqua e i versi arrabbiati dei mostri che tentavano di sorpassarla, ma Paul non sentiva altro -Come avrei potuto dimenticarli? Tenevo la coperta sotto la branda nella casa XI, pronta in caso fossi venuta a chiamarmi la sera stessa. La guardavo ogni sera prima di addormentarmi-
La donna sorrise a quelle parole ma poi il suo sguardo divenne serio -Devi andartene Paul, sei ancora in tempo- gli disse, ma lui scosse la testa -Non ti lascio qui a morire, ti farebbero a pezzi-
-Ci faranno a pezzi entrambi se resti- precisò lei -Devi occuparti dei fiori, è per questo che sei venuto qui, per far perdere le loro tracce... è per questo che sto morendo-
-Non dire così… tu non morirai!- protestò lui con le lacrime agli occhi. Claire alzò gli occhi al cielo e si sforzò di parlare ancora -Sono viva e ti sto parlando solo perché non hanno ancora tagliato il filo- 
Paul abbassò lo sguardo sulla maglietta insanguinata della compagna -I fiori sono già in un posto sicuro Claire, la casa non può essere individuata dalle... da loro- disse, evitando di pronunciare il nome delle Moire.
-Ma senza nessuno che se ne prenda cura i nostri figli non arriveranno ai 18 anni- Paul voleva gridarle che ormai non gli importava più, ma sapeva di non poterlo fare davanti a lei.
-Ti porto con me- disse cercando di alzarsi in piedi, ma lo sforzo che stava facendo per sorreggere la barriera e il dolore che provava sapendo che Claire se ne stava andando lentamente gli impediva di muoversi.
-Paul è tutto inutile- disse lei mentre le lacrime riprendevano a scendere lungo il suo viso, voltò la testa verso la barriera e vide che scendeva lentamente, mani umane e zampe di varie forme iniziavano ad attraversarla, guardò Paul negli occhi e con un enorme sforzò si alzò per dargli un bacio sulla guancia e appoggiandosi a lui gli sussurrò -Ce ne andremo insieme-
Paul la strinse a sé e mentre le lacrime iniziavano a bagnare la sua barba scura le vide, in piedi dritte davanti a lui. Cloto guardava Claire con pietà ma era allo stesso tempo determinata a mettere fine a quella caccia, Lachesi era totalmente indifferente, reggeva in mano un gomitolo rosso e non dava segno di voler distogliere gli occhi dalla scena. Infine Paul guardò Atropo, l’aveva sempre odiata più delle altre, ai suoi occhi era quella più brutta e vecchia, ora quell’essere non stava guardando Claire, i suoi vecchi occhi incavati erano fissi su di lui per cogliere il momento in cui il mondo gli sarebbe crollato addosso. Nella mano stringeva la vecchia forbice dalle lame scintillanti, le aprì di scatto e la schiena di Paul venne percorsa da un brivido. Atropo fece segno a Lachesi di procedere, la vecchia srotolò il gomitolo lentamente porgendo un capo a Cloto che lo prese controvoglia.

Paul guardò le lame della forbice avvicinarsi al filo, abbassò la testa appoggiando la fronte a quella di Claire, chiuse gli occhi e bisbigliò -Claire…- lei lo guardò con gli occhi socchiusi -tu… sei stata davvero- non riusciva a trovare le parole giuste per dirglielo -…importante per me- la guardò sperando che capisse ciò che cercava di dirle.
-Anche tu Paul, anche tu- rispose lei e una lacrima le scese lungo il viso sfiorando la bocca sorridente.
Le forbici tagliarono il filo di netto e il rumore attraverso l’aria giungendo alle orecchie di Paul, nello stesso istante la luce sparì per sempre dagli occhi azzurri della donna, sul suo viso rimase bloccato l’ultimo sorriso che aveva rivolto all’uomo che ancora la teneva tra le braccia piangendo sul suo corpo inerme. Attorno a loro la barriera era crollata e i mostri si stavano avvicinando tendendo le braccia umanoidi verso di loro, Paul diede un bacio sulla fronte a Claire e le sussurrò -Torno subito- appoggiò delicatamente il suo corpo sul terreno bagnato e si alzò. Le braccia sporche di sangue gli pendevano lungo i fianchi, le guardò e strinse i pugni, a pochi passi da lui la spada di bronzo celeste scintillava. Si chinò a raccoglierla e la guardò rigirandosela nella mano, una dracena si lanciò verso di lui sibilando e brandendo la lancia, quando il mostro gli fu vicino Paul si spostò delicatamente di lato schivando l’arma e menò un fendente con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo. La dracena cadde a terra divisa a metà tra il torace e le code di serpente che ancora si agitavano scalciando, dopo qualche secondo il corpo di disintegrò e una nuvola di polvere dorata si alzò alle spalle di Paul.
L’uomo guardò la schiera di mostri con aria di sfida, quelli bisbigliarono tra loro con suoni incomprensibili, un sorriso al limite della follia increspò le sue labbra, gridò e corse verso di loro. Il corpo del semidio sparì nella mischia. Armi, frecce, artigli e denti lo sfioravano, occasionalmente colpivano il bersaglio affondando nella carne, il sangue sgorgava dalle numerose ferite sporcando la maglietta arancione del Campo Mezzosangue, l’aveva indossata apposta quel giorno, anche se gli andava un po’ corta ed era sgualcita dal tempo. Voleva morire da eroe e voleva farlo dimostrando che la sofferenza non lo aveva cambiato, era lo stesso ragazzo che sette anni prima viveva nella casa XI. Ma forse non era vero, non sentiva il dolore fisico inferto da quelle ferite, era accecato dalla rabbia e dalla tristezza. Aveva perso la voglia di resistere, voleva solo morire.
Dopo un tempo che sembrava interminabile Paul rischiò di inciampare in qualcosa, riuscì a ritrovare l’equilibrio e a schivare appena in tempo l’ascia che mirava alla sua testa, chinandosi vide il viso pallido di Claire. Era stanco, aveva delle profonde ferite sulle braccia, sulle gambe e sul torace, la vista del corpo senza vita della donna lo fece tornare bruscamente alla realtà. Un senso di nausea gli riempì il petto, avrebbe voluto chiedere il time out per fermarsi a vomitare. Alzò gli occhi stanchi dalla spada, non aveva nemmeno più la forza di reggersi in piedi, probabilmente aveva ucciso più mostri in quei minuti che in tutta la sua vita, eppure attorno a lui ce ne erano ancora abbastanza per tenere impegnato tutto il Campo. Prese un bel respiro mentre il cerchio si stringeva attorno a lui, girò la testa verso destra e incrociò lo sguardo di Atropo. La vecchia lo fissava oltre la cerchia di mostri, Paul la guardò e per la prima volta capì che poteva morire a testa alta, la donna abbassò il capo in un inchino quasi impercettibile ma carico di rispetto. Il semidio spostò lentamente lo sguardo davanti a sé e cadde in ginocchio, non percepiva più alcun suono e la sua vista era sfuocata, nella mano destra tenne ben salda la spada e con la sinistra prese la mano di Claire. Mani umane o munite di artigli si allungavano verso di lui arrivando ormai a sfiorarlo, di fronte a Paul si fece strada un essere di grandi dimensioni che non riuscì ad identificare, il mostro alzò le braccia verso l’alto sollevando un’arma che poteva essere una grossa spada o un’ascia. “È la fine pensò il semidio” in fondo la cosa gli era quasi indifferente, eppure pensò che le cose sarebbero potute andare diversamente se quella bambina non fosse entrata nella sua vita. Se avesse avuto più tempo per pensare si sarebbe reso conto di quanto sua figlia avesse reso la sua vita speciale e degna di essere vissuta, ma il tempo era finito e il suo ultimo desiderio fu quella bambina provasse almeno un po’ quello che stava provando lui in quel momento, il freddo della morte, la consapevolezza di non avere più una via d’uscita e il dolore si prova avendo stampati in testa i sorrisi delle persone che si deve abbandonare.
Il mostro emise un grugnito e abbassò la spada, in quell’ istante un altro filo rosso venne tagliato.
***
Sentii tutto nella mia testa, la paura di mio padre, la sua disperazione nel vedere il corpo di Claire cadere tra le sue braccia, la sua rassegnazione, la sua rabbia. Vidi Sole spalancare gli occhi in preda al panico nel momento in cui l’arpia trafisse la madre e stringere i denti sforzandosi di non correre da lei. Mi aspettavo finisse tutto lì, invece mio padre cadde in ginocchio, lo guardai alzare lo sguardo verso il mostro e pensare a tutte le sofferenze che gli avevo causato. Volevo solo gridargli che mi dispiaceva per tutto e che era solo colpa mia, ci provai ma lui non poteva sentirmi.
Il mostro sollevò lentamente l’ascia sopra la testa, sembrava di vedere una scena a rallentatore. In sottofondo sentivo il suo ultimo desiderio, la maledizione, e il panico cresceva dentro di me -PAPÁ NO!- urlai, Sole lascio la mia mano e mi prese per le spalle scuotendomi -Non puoi fare nulla per lui, è solo un ricordo Francy… come quello di mia madre- cercava di calmarmi ma io non lo sentivo, alle sue spalle il mostro scosse la testa ed emise un grugnito.
-NO, devo fermarlo!- mi divincolai dalla sua presa spingendolo di lato con forza e corsi verso la mischia. Il mio corpo attraversò quelle creature orribili come se fossero fatte di nebbia, era come essere in un incubo, ma sapevo che era tutto reale. Mi trovai di fronte a mio padre e mi girai appena in tempo per vedere la scure calare verso di me, alzai le mani convinta di poterla fermare. In un attimo la lama mi attraversò lasciandomi di sasso, dietro di me udii un rumore orribile che non dimenticherò mai. Mio padre era stato colpito, ne ero certa, lì finivano i loro ricordi e io mi sentivo l’unica responsabile della loro fine prematura.
Non feci in tempo a trovare il coraggio di voltarmi che sentii la voce di Sole chiamarmi, voltai il viso in quella direzione. Sole agitava le braccia verso di me, aveva l’acqua alle ginocchia e gridava -Sbrigati, non abbiamo più tempo!- attorno a noi la scena colava a terra ad una velocità impressionante, ormai avevo quasi l’acqua alla vita. Guardai dietro di me, non c’era più traccia dei corpi di Paul e Claire -Francy!- mi chiamò Sole ancora una volta. Distolsi lo sguardo dal punto in cui era morto mio padre e finalmente il panico mi assalì, “quando cambia non lasciatevi assolutamente” avevano detto. Mi lanciai verso Sole che mi stava venendo in contro, tentai di correre ma l’acqua mi arrivava alla vita e per la prima volta si stavano formando delle onde che mi sollevavano da terra facendomi perdere l’equilibrio. Una grande quantità d’acqua mi si riversò addosso capovolgendomi e quando tornai con la testa fuori dall’acqua il terreno era sparito da sotto ai miei piedi, Sole si agitava poco distante da me cercandomi -Sole!- gridai. Si voltò verso di me e nuotò  nella mia direzione, ma l’acqua turbinava incontrollata trascinandolo via, le ordinai di smetterla ma non avevo alcun potere su quello strano fluido. Mi spinsi con le gambe e con le braccia verso di lui, lentamente cominciammo ad avvicinarci.
-Ancora un ultimo sforzo!- disse mentre le onde gli sommergevano la testa senza bagnargli i capelli biondi spettinati. Le nostre mani finalmente si sfiorarono, ma in quel momento la terra sembrò capovolgersi, iniziai a ruotare in modo incontrollato in ogni direzione, la testa mi stava per scoppiare. Aprii la bocca e conciai a gridare, andai a sbattere violentemente contro qualcosa e stavo per essere sbalzata via quando una mano forte afferrò la mia. Sole mi trasse a sé circondandomi con le  braccia e tenendomi stretta, le nostre gambe si avvolsero le une sulle altre come gli steli dei fiori che Ecate aveva raccolto a Northampton. Smettemmo immediatamente di girare, mi guardai attorno, era come essere dentro ad un piccolo tornado, l’acqua ruotava velocemente poco lontano da noi e i nostri corpi erano sospesi nell’aria sorretti da una forza invisibile, i nostri capelli si alzavano verso l’alto scompigliati da un forte vento.
Attorno a noi prese forma un luogo a me familiare, guardai verso il basso: delle mattonelle bianche, quadrate, larghe circa una spanna ricoprivano tutto il pavimento della grande serra ma i nostri piedi non le toccarono, rimanemmo sospesi a dieci centimetri da terra. Poco lontano da noi una bambina di circa dieci anni veniva derisa da un gruppo di bambini -Sei una stupida, sei una stupida- canticchiavano in coro.
-Non sono stupida!- gridò lei stringendo a sé un vaso di primule.
-Non sai nemmeno leggere- la prese in giro una bambina, le lacrime iniziarono a riempirle gli occhi -N-non è colpa mia- borbottò -lasciatemi in pace-
Un ragazzino più grande le si avvicinò e la spinse contro un tavolo di legno, il vaso le cadde dalle mani schiantandosi sul pavimento e rompendosi in mille pezzi. Distolsi gli occhi dalla scena per non vedere la me di sei anni prima scoppiare a piangere e correre via. Avevo passato praticamente tutta la mia vita in quella scuola, ed ogni singolo giorno era andato in quel modo.
Ad un certo punto Sole strinse la mia mano con rabbia, alzai lo sguardo perplessa e vidi che la scena era cambiata, ora un ragazzo biondo stava uscendo dal portone della scuola media, cinque ragazzi più grossi di lui e molto probabilmente anche più grandi di qualche anno lo raggiunsero. Quello che probabilmente era il capo gli si parò davanti e senza preavviso lo spinse violentemente facendolo finire tra gli altri che iniziarono a strattonarlo prendendolo dai vestiti, il ragazzo tentò di reagire ma erano troppi. Gli strapparono il giubbino e lo buttarono a terra, portava la felpa bordeaux aperta sulla maglietta bianca e ora che non aveva più il giubbino chiuso su di essa si poteva vedere la collana con la grossa moneta d’oro. Quello più grande gli si avvicinò e lo prese per la catenina che portava al collo avvicinando il ciondolo alla propria faccia, evidentemente aveva un grosso problema di acne.
-Hey Walker dimmi un po’- gracchiò sogghignando -questa cos’è?-
-Sono affari miei McLaughlin- Sole tentò di sembrare coraggioso ma la voce gli tremava, alzò una mano e senza pensarci strappò via il ciondolo dalla mano del bullo.
-Dammela e ti lasceremo andare- disse il ragazzo tendendo la mano verso di lui.
Sole ci pensò un attimo, guardò la moneta scintillare nella sua mano e pensò a sua madre -Mai.- McLaughlin alzò un sopracciglio sorpreso, i ragazzi della sua banda lo guardarono agitati non sapendo cosa fare: era raro che qualcuno si opponesse al loro gruppo. Dopo qualche secondo il capo si riscosse e sorridendo spavaldo fece cenno a quelli vicino a lui di stringere il cerchio -Allora saremo costretti a prendercelo da soli- disse ridendo.
Molte mani si avventarono sul bambino che scalciava in preda al panico, stringeva la collana tra le mani cercando di proteggerla e pregava che qualcuno venisse ad aiutarlo. Dopo qualche minuto si sentì una voce adulta gridare -Hey voi! Che state facendo?-
McLaughlin alzò la testa e sbiancò -Via via!- gridò, il branco si separò immediatamente correndo in direzioni diverse. Sole si mise a sedere e si portò la mano al viso, si sentiva un occhio gonfio e toccandosi il labbro scoprì di essersi tagliato. Guardò le proprie dita sporche di sangue e doloranti, aprì la mano lasciando finalmente cadere la collana sul petto, nel palmo bianco si erano impresse quelle strane iscrizioni. Sentì dei passi affrettati venire nella sua direzione, istintivamente nascose la collana all’interno della maglietta bianca sporca di polvere e lasciò su di essa delle piccole impronte rosse toccandola con le mani macchiate dal sangue che gli usciva dal labbro.
-Santo cielo, Walker come ti senti?- alzò la testa dolorante e incrociò lo sguardo del signor Moss, il suo insegnante di musica, il grande faccione paffuto gli grondava di sudore per i tre metri di corsa che aveva fatto per arrivare fino a lì. Vicino a lui c’era un uomo in divisa che lo scrutava preoccupato, probabilmente temeva che il professore potesse avere un infarto da un momento all’altro, Sole pensò la stessa cosa.
-Sto bene signore, non si preoccupi- borbottò, si sentiva la bocca impastata dal sangue e la testa sembrava sul punto di scoppiare, inoltre nel parlare si rese conto di quanto gli facessero male le costole e dovette trattenere un gemito di dolore.
-Ci penso io a lui, lei vada pure- disse il poliziotto prendendo il bambino per un braccio e aiutandolo ad alzarsi -Vieni, ti accompagno a casa da tua madre- lui annuì e salì in macchina, alzò una mano per salutare il signor Moss che lo guardava asciugandosi la fronte con un fazzoletto dopodiché l’auto partì, Sole abbandonò la testa contro il sedile e l’immagine sfumò nell’acqua.
Guardai il mio compagno di viaggio abbassare lo sguardo, non riuscivo a capre le emozioni che stava provando, sembrava arrabbiato, imbarazzato e triste nello stesso momento. Non sapevo cosa dire quindi decisi di tacere e rispettare il suo silenzio. Intanto attorno a noi presero forma delle pareti in legno scuro, guardandomi attorno riconobbi subito il posto: era la casa nel bosco di Northampton, però non capivo come fosse possibile, nessuno di noi era mai tornato lì.
Le finestre erano sporche e lasciavano filtrare pochissima luce, eppure la stanza era abbastanza luminosa. Alzai lo sguardo verso il tetto, il buco che avevo visto l’ultima volta nel ricordo di Paul ora era molto più grande, molte assi si erano spezzate e ora giacevano sul pavimento, nella casa si sentiva un forte odore di marcio.
Improvvisamente Sole mi chiamò -Francy guarda- alzò un amano e indicò il tavolo, spostai lo sguardo in quella direzione e per poco non gridai. Ecate era seduta nel buio di fronte a noi, sul lato lungo del tavolo e guardava il vaso di fiori illuminato dal sole, il suo viso non lasciava trapelare nessuna emozione ma i suoi luminosi occhi verdi sembravano tristi. La guardai bene, era sempre una donna bellissima e dall’aspetto soprannaturale, ma sembrava particolarmente stanca, non doveva essere un periodo facile per lei.
La scena ruotò lentamente su sé stessa confondendomi, ci fermammo alle spalle della dea e sbirciammo il vaso. Mi venne una stretta al cuore, sul terriccio erano cresciute molte piante infestanti e il fiore arancione si era lasciato andare, ora era sorretto da quello blu che stava sostenendo il peso di entrambi ma era sul punto di crollare.
-Stanno… stanno morendo- bisbigliò Sole scosso, annuii.
Ecate alzò una mano e accarezzò delicatamente i petali color cobalto del fiore e un espressione dolce attraversò il suo viso -È quasi ora. Mi dispiace Paul ma non posso più fare niente, non posso intromettermi ancora- lasciò cadere la mano sul tavolo e trasse un bel respiro, il volto della dea tornò serio -adesso la vita deve fare il proprio corso-
Lo stelo verde ebbe un fremito, lo guardai ondeggiare leggermente a destra e sinistra, avrei voluto afferrarlo, tenerlo fermo e dirgli di restare vivo ancora un po’.
-No…- borbottò Sole stringendomi la mano e portandosi quella libera al cuore. Sapevo ciò che provava, io mi sentivo allo stesso modo, tutto ciò era già successo ma ero ugualmente terrorizzata dall’idea di morire. E di lì a poco la me del passato sarebbe morta davvero, ma allora perché io ero viva?
Improvvisamente lo stelo si piegò lasciandosi andare, i due fiori caddero sul tavolo e si udì un tonfo, non mi aspettavo che facessero un rumore simile e mi spaventai, pochi secondi dopo il vaso si spaccò in due.
-Addio ragazzi- bisbigliò Ecate -è stato un piacere- la donna si alzò dalla sedia, lanciando un’ ultima occhiata alla stanza uscì dalla porta malmessa e si diresse verso il bosco. Intanto davanti ai nostri occhi il vaso scompariva insieme al tavolo per lasciar posto all’acqua vorticante.
Mi resi conto di avere una mano appoggiata al petto solo quanto attorno a me iniziarono a delinearsi i contorni del salotto di Kaitlyn, la zia di Sole. Dopo pochi secondi quest’ultimo entrò nella stanza con un pacchetto di patatine stretto nella mano, era leggermente diverso da come era ora questo voleva dire che i fatti non erano accaduti molto tempo prima. Lo guardai in viso, sembrava stanco e malconcio, si lasciò sprofondare su una poltrona rossa davanti alla TV accesa che trasmetteva il telegiornale, guardai la data che appariva in basso a destra: era mercoledì 20 gennaio 2010, questo voleva dire che Sole quel giorno non era andato a scuola.
-Ricordo questo periodo…- dichiarò il ragazzo che mi teneva la mano -erano parecchi giorni che stavo male, mi sentivo sempre più stanco e debole ma nessun medico riusciva a capire cosa avessi-
Quello seduto sul divano lanciò un’occhiata annoiata al televisore, e si lasciò sfuggire un gemito quando scorse il telecomando appoggiato al mobile a due metri da lui. Penso per un attimo se valesse la pena di alzarsi, in fondo il telegiornale non era male. Scosse la testa sorridendo debolmente, nonostante tutto il suo sorriso era sempre bello e luminoso -Ti stai rammollendo Walker- borbottò tra sé imitando la voce del allenatore di football della scuola, prese un respiro profondo e spingendosi con le braccia si alzò sulle gambe traballanti. Trascinò i piedi fino al tavolino.
-Che scena pietosa- mormorò il semidio accanto a me e io non riuscii a trattenere un sorriso, ma un secondo dopo questo sparì dalla mia faccia lasciando posto ad un’espressione preoccupata.
Il ragazzo che si trascinava verso il televisore sbiancò fino a sembrare sul punto di svenire, barcollò e si appoggiò con la schiena alla parete portandosi le mani al cuore. La bocca si spalancò in un silenzioso grido di dolore e strizzando gli occhi cadde in ginocchio per poi afflosciarsi a terra in una posizione scomposta.
Nella stanza calò il silenzio, nessuno di noi osò parlare, alzai lo sguardo sul televisore per non guardare il corpo morto di Sole, un giornalista in giacca e cravatta aveva un espressione seria e parlava di un ragazzo scomparso da qualche giorno, vicino a lui campeggiava una foto di Percy con sotto il suo nome. Su un lato della foto scorsi dei riccioli biondi, dovevano aver tagliato il volto di Annabeth dalla foto.
-Quello è Percy o sbaglio?- mi chiese Sole cercando di sembrare indifferente ma dai suoi occhi si capiva che era sconvolto -Sì- risposi tornando a guardare il volto del figlio di Poseidone -deve essere il periodo della guerra contro Gea-
Improvvisamente la stanza cambiò, diventò più piccola e buia. Una mia versione del passato era seduta sul letto in pigiama e giocava nervosamente con la collana guardando nel vuoto, era bianca in volto. La osservai terrorizzata e mi voltai verso il petto di Sole appoggiando la testa, chiusi gli occhi, il ragazzo mi strinse a sé appoggiando la testa sulla mia. Poco dopo udii un tonfo e mi si gelò il sangue nelle vene, mi strinsi a lui sforzandomi di non gridare per la frustrazione.
Improvvisamente l’aria attorno a noi cambiò, mi voltai con cautela, era tutto buio ma percepivo l’enormità dello spazio in cui ci trovavamo. Una piccola palla di luce si avvicinò a noi, alzai la mano e con mia grande sorpresa riuscii a toccarla.
-Deve essere qui per aiutarci a vedere qualcosa in questo posto buio- commentò Sole guardando quella buffa sfera che ci ronzava attorno, stavo per parlare quando qualcosa ci passò accanto correndo, mi voltai in quella direzione vidi un corpo esile allontanarsi, la luce si lanciò all’inseguimento e il vortice la seguì trascinandoci con lui, quando fummo a pochi passi mi riconobbi: stavo correndo a perdifiato, nella mia testa rimbombava la risata malvagia che mi aveva spinta a lasciare la fila per il tribunale. Improvvisamente la ragazza inciampò in un corpo steso a terra, quello emise un gemito e subito dopo si rialzò spaventato. Lei si rimise in piedi, guardando terrorizzata il ragazzo biondo e barcollò all’indietro, il suo piede perse l’appoggio e si trovò nel vuoto, agitò le mani disperatamente cercando qualcosa a cui aggrapparsi. Allungai la mano verso di lei cercando di afferrarla ma non aveva consistenza, nonostante questo la sua trovò un appiglio, una maglietta nera. Un corpo si scontrò con il suo e in un attimo caddero entrambi all’indietro. Vidi il viso del ragazzo passarmi vicino, gli occhi arancio erano spalancati, la bocca si aprì per cacciare un grido. Un millesimo di secondo dopo precipitarono, abbracciati, in una voragine senza fondo.
-Io… credevo fosse solo…- dissi sconvolta -un incubo- concluse Sole guardandomi, i suoi occhi sembravano brillare al buio e anche senza la sfera luminosa sarei riuscita benissimo a leggere la paura nel suo sguardo.
In un attimo ci trovammo sospesi a pochi centimetri dal pavimento polveroso del mondo sotterraneo illuminato da lampi rossi, pensai si essere tornata indietro ma non c’era traccia dei nostri genitori. Poco dopo il mio corpo mi passò accanto, camminavo spaventata e sfinita, sola. Sole ed io ci voltammo, lui era parecchi metri più indietro della ragazza e sembrava non averla nemmeno vista. Improvvisamente lei si mise a correre e noi la seguimmo sorvolando le rocce appuntite. Superò un arco di pietra e noi ci infilammo dietro di lei, la moltitudine di gente che c’era nella stanza si voltò a guardarla e lei sbiancò in volto, anche io e Sole dovemmo trattenerci dal gridare: non avevo mai visto tanti mostri tutti assieme.
La me del passato si voltò terrorizzata e cercò di tornare indietro ma il passaggio si era richiuso, quindi sbatte la testa contro la parete di roccia. Si rialzò velocemente e tornò a guardare la stanza nervosamente: le pareti erano altissime e nessun lampo illuminava l’area, eppure una forte luce la inondava. Guardò verso il fondo e scorse la fonte, una porta aperta oltre la folla, in quel momento due umanoidi entrarono dietro di lei e si fecero largo sgomitando, saltarono nella luce scomparendo. Una porta automatica si chiuse dietro di loro e in quel momento la ragazza capì che si trattava di un ascensore e rimase a bocca aperta, un attimo dopo questa si riaprì e un altro gruppo di mostri entrò.
Quella doveva essere la via d’uscita, pensò, e assunse un’espressione decisa, prese un bel respiro e cominciò a correre verso la luce, quelli che aspettavano pazientemente la guardarono irritati e poco dopo una figura enorme le si parò davanti all’improvviso. La ragazza sbatte rumorosamente contro la sua corazza e cadde a terra, alzò lo sguardo sul muso del Minotauro e gridò, il mostro la guardò con un ghigno, molte mani si chinarono su di lei facendola rialzare e iniziarono a spingerla malamente allontanandola dall’uscita. Non poteva permettere che accadesse, voleva uscire da lì e tornare nella sua stanza adesso. Si divincolò e superò la folla evitando le mani e le zampe che si allungavano verso di lei, arrivò davanti alla porta incatenata a terra e si lanciò verso la luce, Sole era dietro di lei e la imitò. La ragazza allungò la mano verso l’uscita pensando di avercela fatta, ma una mano fredda le strinse il braccio bloccandola, il corpo del ragazzo la superò infilandosi nell’ascensore. La me del passato si voltò con le lacrime agli occhi ma non trovò nessuno a trattenerla, la forza invisibile strinse la presa facendole male e una voce femminile, lontana, antica come il tempo le parlò nell’ orecchio, sentii il fiato della donna sul collo e rabbrividì “Oggi ti lascio andare. Ma mi devi un favore ricordatelo!” una piccola mela d’oro con un morso prese forma davanti ai suoi occhi e si inserì sulla sua collana tintinnando contro gli altri due ciondoli, la persona a cui apparteneva la voce lasciò la presa e la ragazza cadde oltre la luce, le porte si chiusero dietro di lei facendo cadere la stanza nell’oblio.
-Eravamo già stati qui- dissi incredula guardando Sole negli occhi -E come diavolo facciamo a non ricordarcelo?- commentò lui, effettivamente era strano -Probabilmente abbiamo pensato che fosse un incubo e non gli abbiamo dato peso-
-Non ti sei chiesta da dove venisse il ciondolo?- mi fece notare lui indicando la piccola mela.
-No, in realtà- dissi stringendo gli occhi tentando di ricordare -credevo di averla sempre avuta con me. Qualcuno deve avermelo fatto dimenticare-
Improvvisamente l’acqua iniziò a vorticare più violentemente, un rumore fortissimo ci costrinse a tapparci le orecchie e non fu facile visto che non potevamo lasciarci la mano. Gridai, delle scene velocissime ci passarono davanti agli occhi: Sole che si chiudeva la porta di casa alle spalle lasciando la moneta donatagli da Ecate sul mobile davanti all’ingresso, la donna che lo aggrediva nel vicolo e l’incontro con Lupa, il giorno in cui avevo distrutto la serra della scuola facendo crescere un albero di dimensioni sovrannaturali, il mio arrivo al Campo Mezzosangue. E ancora, il nostro primo incontro in infermeria, il momento in cui l’avevo salvato dalla caduta mentre scalavamo la parete di lava, la profezia pronunciata da Rachel, il mio viaggio in taxi, l’istante in cui Sole aveva notato la mia assenza.
I nostri corpi iniziarono una caduta vertiginosa verso il basso, intanto i miei occhi osservavano i nostri corpi precipitare nuovamente nel Tartaro, vedere il ragazzo che mi teneva la mano essere portato via dalla Chimera mi fece soffrire di nuovo. Guardai il ragazzo accanto a me, aveva gli occhi puntati sulla scena in cui le Arai mi lanciavano la maledizione e in seguito il momento in cui mi guardavo allo specchio e notavo le crepe bluastre sulla mia pelle, era teso, triste, arrabbiato e si sentiva in colpa. Lo percepivo. Io mi ero sentita allo stesso modo. Tornai a guardare l’acqua e vidi il mio incontro con Akhlys e Nyx, la battaglia con il mostro del buio e l’atterraggio davanti all’entrata del palazzo della dea. Poi fu il turno di Sole, furono solo pochi passaggi ma lo vidi combattere contro qualcosa di enorme, arrampicarsi su una parete di roccia, cadere e guardare sconsolato verso l’alto, una luce verde brillava in lontananza e sembrava guidarlo, strinse il medaglione a forma di Sole che teneva al collo e si fece forza rialzandosi e ricominciando ad aggrapparsi agli spuntoni di roccia. Arrivato in cima si trovò su una grande piana poco lontano da lì iniziava un’altra parete identica alla precedente, la guardò sconsolato e camminò in quella direzione. Rimasi a bocca aperta, erano degli enormi gradini.
Mentre l’acqua ci mostrava l’ultima scena, in cui Sole notava due corpi in lontananza che si azzuffavano, il vortice si dileguò improvvisamente e fu come rientrare nel mio corpo, percepii la sensazione di avere il terreno sotto ai piedi e l’aria densa e irritante del Tartaro mi riempii i polmoni. Quando aprii gli occhi mio padre mi guardava preoccupato.

ANGOLO AUTRICE:
zalve cari,
sono tornata! Capitolo pesantino me ne rendo conto, non uccidetemi vi prego! Era un sacrificio necessario. Fatemi sapere se sono riuscita ad emozionarvi, cosa ne pensate di Paul, di Claire e dei sensi di colpa di Francy.
dal prossimo capitolo si torna alla realtà, basta flash back promesso.
Aspetto le vostre recensioni, alla prossima!
Sole Walker

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Capitolo 30
*** To see once more the stars ***


I nostri genitori ci avevano portato all'ombra di una delle rare alture che interrompevano la piana deserta,  si erano nascosti lì e avevano impugnato le nostre armi per poterci proteggere in caso di bisogno. Mio padre mi restituii la collana e appena mi fui messa in piedi ispezionò con sguardo critico il mio corpo alla ricerca di ferite visibili e quando non ne trovò iniziò a tempestarmi di domande su cosa fosse successo e perché fossimo in ritardo. Sia io che Sole rimanemmo sul vago -Ad un certo punto sono andata nel panico e accidentalmente ci siamo lasciati la mano- dissi e vedendo la faccia preoccupata di Paul mi affrettai ad aggiungere -ma ci siamo riuniti subito-
-E cosa avete visto?- si intromise Claire.
-Alcuni ricordi di entrambi- dissi guardando Sole, aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse ancora pensando a ciò che era successo -ma erano molto confusi- mentii, lui mi guardò riconoscente. Nessuno dei due aveva voglia di parlarne.
-Le altre anime con cui abbiamo parlato,prima di metterci in viaggio per venire qui, hanno detto che può essere doloroso- commentò mio padre -Ha fatto male?- dopo essersi assicurato che stessi bene era diventato più tranquillo e ora sembrava più incuriosito che preoccupato.
-Non fisicamente- risposi e per chiudere il discorso chiesi -Ma voi come avete fatto ad arrivare fin qui da... da dove eravate-
Claire rise -Per due semidei non è impossibile uscire dai Campi Elisi-
-Eri nei Campi Elisi?- Sole era evidentemente felice di sapere che sua madre avesse passato gli ultimi anni in un posto bello e confortevole.
-Beh sì, a quanto pare le nostre gesta sono bastate ad assicurarci un posticino nell’Eliseo- disse lei sorridendo orgogliosa -anche se sospetto che Ecate abbia messo una buona parola per noi-
-Comunque una volta usciti dai Campi Elisi è bastato seguire i fiumi per arrivare fin qui- spiegò Paul, mentre lo ascoltavo mi scappò un sorriso. Ero nel Tartaro è vero, respiravo a fatica l'aria tossica che una volta entrata nei polmoni sembrava corrodermi dall'interno ogni secondo di più. Ma per la prima volta da quando ne avevo memoria ero con la mia famiglia.
Mentre ero immersa nei miei pensieri Sole tossì un po' più violentemente del solito e sua madre lo guardò preoccupata -Forse è meglio sbrigarsi ad uscire da qui, voi non potete resistere ancora a lungo-
-Vero- commentò mio padre -e poi più passa il tempo e più aumenta il rischio che si accorgano che siamo spariti senza passare dal Lete, potremmo finire nei guai-
Raccolsi il mio zaino e mi preparai a ripartire, Sole mi guardò con un sorriso: ormai eravamo quasi usciti.
***
Attraversammo lo spiazzo che  ci divideva dalle porte probabilmente in pochi minuti, ma sembrò un eternità. Il peso del mio corpo e dello zaino gravava sulle mie gambe stanche, la gola secca bruciava e ad ogni respiro era come ingoiare un tizzone ardente. Né io né Sole parlammo molto durante il viaggio, ci limitammo a rispondere alle domande dei nostri genitori con un cenno stanco della testa.
Improvvisamente Claire allungò il braccio e indicò qualcosa di fronte a noi esclamando -Guardate!- alzai gli occhi dal terreno e guardai nella direzione indicata da Claire. Dovetti strizzare un po' gli occhi perché l'aria acida di quel posto mi stava facendo lacrimare gli occhi, però scorsi una luce in lontananza. Man mano che ci avvicinavamo i contorni delle porte diventavano sempre più definiti.
Non erano come le avevo sognate, ricordavo un arco maestoso e altissimo bloccato a terra da grandi catene. Invece quelle vere erano proprio come quelle che avevo visto nel mio ricordo durante l'anima cogitans: la porta di un ascensore, la luce filtrava attraverso la fessura tra le due ante scorrevoli. Accelerai il passo nella loro direzione, un sorriso mi si formò sul volto, mi voltai verso Sole e lo vidi tirare un sospiro di sollievo.
Arrivai di corsa di fronte all'ascensore, le mie gambe erano doloranti e non reggevano più il mio peso quindi caddi in ginocchio e appoggiai le mani sul metallo freddo delle porte, riuscivo già ad immaginarmi mentre respiravo di nuovo l’aria fresca, non riuscivo ancora a crederci, ero viva. Mi rialzai a fatica appoggiandomi alla lastra di metallo e Sole allungò il passo verso di me, mi voltai a guardarlo e gli tesi un mano, ma proprio quando stava per afferrarla qualcosa si materializzò tra di noi.
Claire gridò e Sole fece un salto all'indietro, dalla mia posizione vidi prendere forma dall'oscurità un corpo umano muscoloso e abbronzato. Alzai lentamente lo sguardo e vidi due bellissimi occhi dorati a pochi centimetri dai miei e intenti a fissarmi con aria severa. Rabbrividii e l'uomo si allontanò qualche passo da me per permettermi di muovermi, spinsi il mio corpo ancora di più contro le porte fredde tentando invano di mettere ancora più distanza tra di noi e poi lo guardai più attentamente, i capelli scuri gli ricadevano sul viso incorniciando i suoi magnetici occhi d'oro e dalla schiena spuntava un maestoso paio d'ali nere.
-Non potete usare queste porte- sbottò semplicemente, ignorò gli altri mantenendo lo sguardo fisso su di me -Mma noi dobbiamo tornare indietro, non siamo morti quindi abbiamo il diritto di tornare a casa- balbettai -non abbiamo fatto tutta questa strada per farci bloccare qui-
L'uomo scosse la testa -Sono Thanatos, personificazione della Morte e guardiano di queste porte- disse indicando l'ascensore alle mie spalle -Non posso farvi passare se non siete prima passati per il Lete, o se non avete la chiave- ero confusa, pensavo che sarebbe bastato arrivare fino a lì e oltrepassare la soglia per tornare nel mondo mortale. Invece ora mi trovavo davanti Sono-più-figo-di-quanto-ti-aspettassi con i suoi occhi d'oro e le sue ali nere a sbarrarmi la strada, dubitavo che qualche lacrima l'avrebbe convinto a lasciarci passare senza fare storie.
-Non abbiamo molto tempo- disse Sole introducendosi nella conversazione, allontanando un po' l'attenzione di Thanatos mi permise di respirare di nuovo -potrebbero essere passati tre giorni come un mese da quando siamo partiti, c'è in gioco il nostro destino e quello di tutti i nostri amici-
-Siete in missione quindi?- chiese il dio alzando un sopracciglio, Sole annuì. Le parole del dio mi riportarono alla mente la profezia in particolare mi soffermai su una frase: “Dovranno uscirne con la chiave della porta che li lasciò passare”. Mi prese il panico, possibile che avessimo saltato un passaggio? Ripercorsi tutto il tragitto con la mia mente alla ricerca di una chiave di qualsiasi forma o dimensione. Forse al tempio di Hermes, o alla capanna nella laguna, o al castello di Nyx. Oppure potevo aver sbagliato fin dall’inizio e magari nella soffitta della Casa Grande c’era una chiave che aspettava ancora me.
Avrei potuto continuare all’infinito a torturarmi, ma non sarebbe servito a nulla, guardai  la cornice della porta alla ricerca di una serratura che mi desse un minimo indizio sulla forma della chiave ma non c’era nulla, la superficie era totalmente liscia.
Guardai di nuovo il dio -Per favore ci lasci passare- lo implorai -c'è qualcosa che possiamo fare per convincerla?- a queste parole il dio si voltò nuovamente verso di me, il suo volto rimase impassibile ma la sua aura si fece più forte. Prima mi attirava e cercava di spingermi verso di lui, ora era come un vortice che trascina a fondo tutto ciò che ha intorno. Sentii il respiro mozzarsi in gola, schiacciai la mia schiena il più possibile contro la parete, con una mano afferrai lo stipite metallico delle porte e l'altra la portai istintivamente alla gola. Toccai la catenina d'oro alla quale erano appesi i tre ciondoli, era calda e aveva iniziato a illuminarsi avvertendo il pericolo.
-Ragazzina, io sono il dio della morte pacifica e naturale- disse avvicinandosi di pochi centimetri ma quanto bastava per gettarmi ancora più nel panico, il mio corpo era totalmente tentato di lasciare andare la parete per abbracciare il suo -hai mai visto la morte essere corrotta?- continuò con la voce calma gli occhi carichi di una luce aggressiva -o per caso vorreste anche voi legarmi e incatenare le porte a terra per farne l’uso che più vi piace?- dedussi che per lui quello era un argomento su cui era particolarmente sensibile.
Scossi il capo così velocemente da farmi male al collo, la catenina rimbalzò sul mio petto mentre cercavo disperatamente di riempirmi i polmoni con l'aria acida. A quel punto lo sguardo del dio colse il bagliore della collana, i suoi occhi dorati si spalancarono e tese una mano verso i ciondoli, istintivamente cercai di proteggerli con la mano -Si allontani- disse la voce di Sole alle nostre spalle -non la tocchi per favore, sta già facendo fatica a respirare- il dio mi guardò negli occhi e indietreggiò, sentii il peso che mi schiacciava la cassa toracica alleggerirsi e tirai un sospiro di sollievo. Sole corse vicino a me e mise un braccio attorno al mio fianco per sostenermi.
Quando mi fui ripresa il dio guardò Sole e indicando la mia collana disse -quella mela... viene dal giardino delle Esperidi, come ne siete entrati in possesso?- Sole mi guardò, spettava a me spiegarlo. 
-Me la sono ritrovata al collo dopo esser passata da queste porte qualche anno fa, quando erano incatenate a terra- dissi semplicemente, d’altronde non sapevo altro -Deve essere il dono di un dio- concluse Thanatos.
-Io... Può essere, ma non so di chi- pensai a mia madre ma mi dissi che era impossibile, non si sarebbe mai scomodata fino a quel punto. A quel pensiero il mio sguardo si spostò da ciondolo d’oro a forma di mela agli occhi di mio padre e la rabbia iniziò a ribollirmi nel petto.
-Questo cambia tutto- proclamò il dio con un sorriso pacifico -dammi la mela- vedendo la nostra diffidenza si apprestò a spiegarci la situazione -le mele del giardino delle Esperidi sono doni preziosi, chi le mangia diventa immortale- a queste parole spalancai gli occhi, ero davvero sempre stata così vicina ad un potere enorme?
-Ovviamente quello che porti al collo è solo un simbolo, non è una vera mela dell'immortalità- aggiunse lui, rimasi un po' delusa -ciò nonostante dall'aurea che emana si capisce subito che è opera di un dio-
-E questo ciondolo cambia qualcosa?- chiese Sole speranzoso -Cambia tutto ragazzo, potrebbe essere un lasciapassare- rispose Thanatos con un sorriso -avere questo simbolo con lei le dà il diritto di tornare in superficie, significa che un immortale molto potente desidera che esca da questo posto-
Un sorriso si formò sul mio viso, nonostante sapessi che quella non  era necessariamente una buona notizia. Mi tornò in mente la voce che avevo sentito la prima volta uscendo dal Tartaro "Oggi ti lascio andare. Ma mi devi un favore ricordatelo!", che fosse giunto il momento in cui la voce avrebbe chiesto la sua ricompensa? Decisi che ci avrei pensato più tardi e mi limitai a ricambiare Sole che mostrava uno dei suoi migliori sorrisi.
-Posso esaminarla più da vicino?- chiese il dio allungando una mano, mi tolsi la collana e sfilai il ciondolo a forma di mela dalla catenina lasciandolo cadere sul suo palmo. Appena la pelle scura toccò il metallo dorato sulla superficie piatta del retro del ciondolo prese forma una piccolissima scritta.
-λευθριος- disse il dio e vedendo che i nostri occhi si socchiudevano nello sforzo di leggere aggiunse -essenzialmente significa "libero", però è strano-
-Cosa è strano?- chiesi preoccupata -Normalmente questo tipo di doni riporta una firma o un simbolo che rimanda al dio da cui proviene, mentre qui non viene citato nessuno- spiegò e il suo sguardo si faceva sempre più pensieroso -inoltre non c'è traccia nemmeno del nome delle persone a cui è destinato-
-Questo è un problema?- domandai sperando con tutta me stessa che non lo fosse -Beh per voi immagino di no, ma senza un'indicazione più precisa sarò costretto a farvi passare tutti- sorrisi perché non avrei mai lasciato Sole indietro da solo, piuttosto avrei trovato un altro modo per uscire.
-Bene allora procediamo, accomodatevi- disse il dio e lasciò cadere la mela di nuovo nella mia mano, il ciondolo smise di scintillare e la scritta scomparve -vale per un solo viaggio- aggiunse il dio vedendo la mia perplessità. Dopo questa spiegazione si spostò di lato e le porte si aprirono lentamente, la luce si riversò fuori e mi parve di sentire una brezza fresca, probabilmente un residuo di aria del mondo in superficie rimasto intrappolato nel suo ultimo viaggio. Ci fece cenno di salire, io e Sole entrammo nella cabina illuminata mentre rimettevo la collana al suo posto attorno al collo, poi ci voltammo, i nostri genitori non si mossero rimasero esitanti al loro posto -Che aspettate?- chiesi guardandoli. Paul abbassò lo guardo e si passò una mano nei capelli con un'espressione tesa. Fu Claire a parlare -Noi non veniamo- a queste parole Sole ebbe un fremito e si appoggiò pesantemente alle pareti fredde -Perché?- chiese con voce tremante, capii subito che per lui era come rivivere la notte in cui sua madre lo lasciò per sempre.
-Cercate di capire, non avremmo più un corpo in cui tornare. L'unico modo per noi di tornare in vita sarebbe rinascere- Thanatos annuì e si allontanò di qualche passo per lasciarci del tempo per parlare, i nostri genitori si avvicinarono senza osare toccarci. Non riuscivo a guardarli negli occhi, mi sentivo come se mi avessero appena privata di tutto, davanti ai miei occhi passarono di nuovo le scene della loro morte -Io... credevo che saremmo finalmente rimasti insieme- balbettai cercando di trattenere le lacrime -pensavo che saremmo finalmente stati una famiglia- una lacrima mi rigò la guancia destra e scese cadendo sul pavimento. Riuscii a sentire il tonfo leggero che produsse toccando terra, la tristezza si fece ancora più pesante. Sole prese dolcemente la mia mano senza stringerla, lo guardai, aveva il viso girato verso la parete dell'ascensore ma gli occhi lucidi non guardavano in nessun punto in particolare. Vidi le sue labbra tremare un poco e con il braccio libero si sfregò freneticamente gli occhi.
-Ma noi siamo una famiglia- le parole di mio padre mi colpirono, lo guardai negli occhi -l'unica che abbia mai avuto. Io e Claire saremo sempre al vostro fianco.- vidi il loro sorriso e gli sguardi felici che ci rivolgevano, lasciai la mano di Sole e mi buttai tra le braccia di mio padre, strinsi forte la sua maglietta tra le mie mani e soffocai i singhiozzi sul suo petto. Lui mi abbracciò a sua volta baciandomi i capelli -Scusa se ti ho fatto del male, non accadrà più- mi sussurrò all'orecchio. Mi scostai e lo guardai asciugandomi le lacrime con la mano -Non devi scusarti, non m'importa più ormai- dissi, lui prese tra le dita la croce che avevo appesa alla catenina e guardandomi negli occhi mi disse -Io sarò sempre con te, ogni giorno della tua vita. Soprattutto nei momenti più difficili-
Abbassai lo sguardo stringendo i ciondoli nella mano destra, non volevo lasciarlo lì. Ma dovevo rispettare la sua scelta.
-Ti voglio bene papà- dissi sorridendogli, lui fece una smorfia strana cercando di ricacciare indietro le lacrime e mi sorrise felice -Anch’io tesoro mio-
Mi voltai verso Sole, stava guardando sua madre come per decidere cosa dirle, lei aveva lo sguardo fisso negli occhi di lui ma non accennava a parlare. Rispettava il suo silenzio.
-Cosa dirò alla zia?- disse lui infine.
-Come scusa?- chiese lei con un'espressione confusa, visibilmente sorpresa dalla domanda.
-Ho detto: cosa dirò alla zia?- ripeté lui abbassando lo sguardo -Sai ormai è molto tempo che non la vedo, ma pensavo di andare da lei quanto tutta questa storia sarà finita-
Claire sorrise e prese il volto del figlio tra le mani -Lei sapeva che non sarei tornata nel momento stesso in cui ho messo piede fuori dalla porta- 
Sole strinse la mano della madre e le diede un bacio sulla fronte -Ciao mamma, ti voglio bene- poi guardò Paul e avvicinandosi a lui si rivolse un’ultima volta a Claire - e ora capisco la tua decisione di partire quella notte- tese la mano a Paul -grazie di averci sempre protetti- lui lo tirò verso di sé abbracciandolo -Per me sei come un figlio, era mio dovere proteggerti- Sole rimase spaesato per un attimo ma poi lo strinse a sua volta in un abbraccio.
-E poi sono io che dovrei ringraziarti, sei sempre rimasto accanto a mia figlia e l'hai protetta. Grazie- Paul gli diede una sonora pacca sulla schiena e lo rispedì vicino a me nell'ascensore. Thanatos ci guardò e ci chiese se fossimo pronti, entrambi annuimmo guardando i nostri genitori per l'ultima volta, Claire aveva il braccio di Paul attorno alle spalle e si appoggiava a lui, sorrideva con le lacrime agli occhi.
Il dio della Morte interruppe i miei pensieri -Vi consiglio di trattenere il fiato il più possibile e di reggervi forte, sarà un viaggio pesante-
-Grazie- dissi sorridendogli, poi abbassai lo sguardo mentre si apprestava a premere il pulsante. Le porte iniziarono a chiudersi, sembrava che si muovessero a rallentatore. Una voce mi chiamò, alzai lo sguardo di scatto appena in tempo per vedere mio padre con gli occhi lucidi -Sei diventata grande, sono fiero di te. Sarà difficile ma so che farai la scelta giusta- vidi una luce orgogliosa nei suoi occhi, era la prima volta che qualcuno mi guardava in quel modo. Sentii il mio cuore riempirsi di gioia, era una sensazione totalmente nuova.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime mentre la porta si chiudeva definitivamente sulla figura di mio padre. Appoggiai la testa al metallo freddo e sussurrai un "grazie".
-Senti...- fece Sole dopo avermi lasciato qualche secondo per riprendermi, mi voltai guardandolo in faccia, nell’ascensore si sentivano solo i suoni metallici che annunciavano l’imminente partenza. Lui si passò una mano nei capelli e con un sorriso nervoso continuò -stavo pensando che quando avremo finito la missione potresti venire con me da mia zia- mi guardò negli occhi e aggiunse -penso che le farebbe piacere conoscerti. Sempre se te la senti ovviamente-
Lo guardai sorpresa, ma l'idea non mi dispiaceva per niente. Rimanere anche d’inverno al Campo nella casa di mia madre era fuori discussione, gli sorrisi e feci per rispondergli ma all'improvviso mi sentii come schiacciata da un masso. Un grosso grasso masso. L'ascensore aveva di colpo iniziato a salire ad una velocità inconcepibile, mi mancò il respiro e la mia testa iniziò a girare. Non riuscivo a gridare per via della pressione sulla cassa toracica, cercai Sole con lo sguardo ma avevo la vista annebbiata, il mio corpo era schiacciato verso il basso ma cercai con tutte le forze di rimanere sveglia e in piedi.
Cercai di aggrapparmi alle porte ma il metallo era troppo liscio e le mie mani non trovavano nessun appiglio, mentre contavo i secondi che passavano la luce si fece più intensa fuori dalle mie palpebre chiuse. Aprii gli occhi a fatica e cercai la fonte di tanta luce, guardai le porte ma erano ancora chiuse. Una mano afferrò il mio braccio, voltai la testa lentamente quanto bastava per vedere Sole reggersi in piedi a fatica attaccato al mio braccio con una mano e appoggiato con la schiena alla parete dell'ascensore. La sua bocca si aprì e si chiuse come se avesse detto qualcosa, non riuscivo a sentire nulla, la testa mi stava per scoppiare. Mi sforzai di leggere il labiale, Sole lasciò andare il mio braccio e con i muscoli tesi nello sforzo indicò il suo collo e poi me, le sue labbra mormorarono una domanda "Perché si sta illuminando?".
Abbassai lo sguardo e vidi la fonte della luce abbagliante, la mela aveva ripreso a brillare. Con la mano tremante per lo sforzo la afferrai e in un attimo una sensazione di terrore pervase la mia mente, fu come cadere in una vasca d’acqua gelata, un brivido mi percorse la schiena. L'interno dell'ascensore sparì davanti ai miei occhi sbarrati per la paura lasciando solo il buio attorno a me, un vento forte sferzava la mia pelle dandomi la sensazione di non avere nessun vestito addosso, i miei piedi affondavano sempre più in pavimento soffice che non riuscivo a vedere.
Una voce antica e femminile risuonò da ogni direzione "Eccola la mia salvatrice" il tono era gentile eppure incuteva un timore reverenziale tanto forte da farmi barcollare. Caddi, un po’ per la sorpresa e un po’ per via delle forti raffiche di vento, appoggiai le mani e le mie narici si riempirono di un odore molto familiare, mi tornò in mente la serra della scuola, la luce che inondava l'ambiente illuminando i tavoli stracolmi di vasi e sporchi di terra. Terra. Ecco cos'era quel'odore tanto familiare. Terriccio umido. Mi alzai a fatica e sprofondai fino a metà polpaccio.
-Chi sei? Cosa vuoi da me?- chiesi guardandomi attorno freneticamente mentre cercavo di liberare le gambe. La voce ignorò le mie domande "Sai credo sia giunta l'ora di rendermi quel favore che mi devi" improvvisamente i miei timori diventarono reali, era giunto il momento. Sentii distintamente una mano attraversarmi i capelli e portandomi le mani alla testa mi lasciai scappare un grido "Non devi aver paura. Voglio solo darti l'opportunità di fare la cosa giusta e vendicare i cari che hai perso" sentii il terreno freddo arrivarmi alle ginocchia e superarle "in fondo è anche merito mio se sei viva e sei hai potuto rivedere tuo padre. Ci guadagneremo entrambe vedrai" come faceva a sapere queste cose? La mano mi accarezzò il viso, era calda e accogliente ma a tratti diventava fredda e inospitale.
Ormai ero sprofondata fino all'ombelico e prima che me ne accorgessi anche le mani erano state bloccate "Ma avremo tempo di parlarne meglio tra poco. Deviamo un po' il tuo viaggio verso di me, che ne dici?"
-Fammi uscire- gridai dimenandomi, la collana che tenevo al collo sparì sommersa dalla terra, non riuscivo a respirare. Mi sentivo immobilizzata, come se fossi stretta da una mano gigantesca, il terreno premeva sulle mie costole facendomi male.
Una risatina divertita rimbombò nell’aria e poi la voce parlò di nuovo ignorando le mie richieste d'aiuto "Forse faresti meglio a dire al tuo amico di tenersi forte" fu l'ultima cosa che sentii, dopodiché la mia testa sparì sotto terra.
L’improvviso impatto con la luce dell'ascensore dopo il buio totale mi accecò e fu come svegliarsi da un incubo. Barcollai appoggiandomi alla parete con un tonfo, Sole mi guardava preoccupato mentre continuava a reggersi alla parete con le gambe tremanti per lo sforzo. Improvvisamente ricordai la voce della donna e aprii la bocca per avvisarlo, ma prima che potessi dire nulla la mela tornò a brillare anche con maggiore intensità di prima e in una frazione di secondo l'ascensore si arrestò. Fu così improvviso che temetti di essermi rotta entrambe le caviglie, non ebbi il tempo di controllare. Guardai Sole che era scivolato sul pavimento e aveva un espressione stordita, staccai le mani dalle porte per avvicinarmi e vedere se stesse bene ma appena lo feci la scatola di metallo in cui ci trovavamo riprese a muoversi scattando verso destra. Spalancai gli occhi e persi l'equilibrio, vidi il corpo di Sole venirmi addosso per il brusco spostamento, infine picchiai la testa contro la parete dura e fu il buio totale.

ANGOLO AUTRICE:
eccomi gente di EFP, si lo so... sono imperdonabile ma lasciatemi spiegare prima di linciarmi: quest'anno ho avuto un po' di problemi miei verso gennaio e poi con gli esami di maturità ho avuto troppi impegni. Ma ora è tutto finito *esultanza generale* YAS! *ballo imbarazzante* e ora sono qui, con un nuovo capitolo che in realtà era pronto da tempo.
Alloooora analizziamo insieme questo capitolo. Spero tutti abbiate notato la citazione dantesca nel titolo, c'è sempre tempo per sfoggiare un po' di sana cultura italiana :')
E così i genitori di Francy e Sole non li seguiranno, penso abbiate capito a che dea mi riferisco. mi rendo conto che potrebbe essere una ripetizione ma vi assicuro che non sarà noioso.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo <3
Alla prossima semidei
Sole Walker

 

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Capitolo 31
*** Hold me to you ***


~Percy~
Ormai erano passati alcuni giorni dal nostro arrivo. Gran parte del Campo Mezzosangue e alcuni membri del Campo Giove erano accampati a poca distanza dal cerchio di terra bruciata dove, secondo Rachel, sarebbero comparsi Francy e Sole. Due sentinelle sorvegliavano la zona in attesa del loro arrivo.
La tensione si faceva sentire ogni giorno di più, e man mano che passava il tempo la mia preoccupazione aumentava. Praticamente non la conoscevo ma per qualche ragione provavo un profondo attaccamento nei suoi confronti, dal primo momento in cui l'avevo vista al campo mi ero sentito in dovere di proteggerla. Non mi ero nemmeno posto problemi quando la notte prima della sua partenza si era presentata alla mia porta con le sue cose chiedendomi se poteva dormire da me. Avevo dormito così tranquillamente che la mattina successiva non mi ero nemmeno accorto che si fosse alzata, questo pensiero mi tormentava da allora: non ero riuscito a salutarla, ad augurarle buana fortuna. Non le avevo nemmeno dato qualche consiglio.
-Che pessimo fratello maggiore- sospirai, portandomi subito dopo la mano alla bocca stupito dal mio stesso pensiero: Francy non era mia sorella, era una figlia di Demetra. Ma nonostante questo non riuscivo a non preoccuparmi per lei.
A peggiorare la situazione ci eravamo svegliati tutti con una strana sensazione addosso, alzando lo sguardo al cielo potevamo osservare la luna avvicinarsi sempre più al sole. Il giorno era arrivato. Speravo di vederla uscire dall'ascensore al più presto e allo stesso tempo temevo ciò che sarebbe potuto accadere dopo.
Le Moire stavano tutto il giorno sedute sulle loro vecchie sedie a dondolo di legno a tessere fili, più di una volta avevo visto Atropo pulire le forbici e rimirarle. Mia madre mi aveva insegnato a rispettare gli anziani, ma quella vecchia decrepita mi dava sui nervi, non mi sarei fatto scrupoli a superarla in fila alla cassa del supermercato.
Seduto nella mia tenda tolsi il tappo alla penna e guardai vortice prendere forma nella mia mano, il mio istinto di semidio stava dicendo che tra non molto mi sarebbe servita.
-Sei preoccupato- disse una voce alle mie spalle. Annui senza neppure alzare lo sguardo dalla lama scintillante. Annabeth era in piedi all'entrata della tenda, si avvicinò a me e si sedette sul mio sacco a pelo, rimisi il tappo a vortice e la guardai negli occhi. Da tempo avevo imparato che quello era il modo più facile per capire cosa le passasse davvero per la testa, in quel momento il suo viso era rilassato ma gli occhi erano grigio tempesta: cercava di non darlo a vedere ma era pensierosa.
-Stanno bene, ne sono sicura. Sono più forti di quello che sembra-
-Magari fisicamente, ma tu non hai dimenticato come é stato attraversare quel posto vero?- lei abbassò lo sguardo con una strana espressione -scusa non avrei dovuto- aggiunsi, il ricordo era ancora vivo in entrambi e lo sapevo bene.
-Tra loro c’è un legame molto forte, l'ha percepito anche Piper. Si saranno sostenuti a vicenda come abbiamo fatto noi- disse lei prendendomi la mano -quando tutto questo sarà finito saranno più forti di prima-
Guardai la penna della mia mano - Temo che non finirà in fretta come speriamo- sussurrai.
Prima che Annabeth potesse rispondermi le teste dei gemelli comparvero dall’apertura della tenda e con uno sguardo stranamente serio dissero -Preparatevi-
Connor mi guardò e aggiunse -Le tre vipere si sono alzate e si sono avvicinate al cerchio-
-E quella ha in mano le forbici- sbuffò Travis in tono sprezzante.
Da quando eravamo arrivati in Colorado e ci eravamo accampati nel “Giardino degli Dei” non si erano mai avvicinate all'altare, nemmeno il primo giorno quando tutti noi avevamo osservato incuriositi lo strano cerchio di terra bruciata. Mi alzai di scatto e uscii dalla tenda seguito da Annabeth. Sollevando lo sguardo guardai la luna e il sole, mancava davvero pochissimo, d’altronde l’eclissi era prevista da lì a poche ore.
Chirone era al margine del cerchio, esattamente dal lato opposto rispetto alle tre dee, accanto a lui stava Reyna armata di tutto punto. Il portamento era impeccabile come sempre, ma lo sguardo severo puntato al centro del cerchio lasciava trasparire una leggera preoccupazione. I semidei giungevano da ogni lato del campo improvvisato.
-Ormai ci siamo- borbottò Chirone quando raggiunsi il suo fianco, guardò la mia tasca alla ricerca di Vortice -sei pronto?- chiese e io annui. I nostri sguardi si posarono sulle tre Moire per tentare di scovare qualche informazione su ciò che stava per avvenire, ma nessun’ emozione giungeva dalle tre donne.
Mentre tentavo di interpretare il loro atteggiamento un improvviso raggio di luce si diffuse alle nostre spalle e un forte boato squarciò l’aria, ci voltammo tutti di scatto, per un attimo pensai fossero arrivati ma quello che vidi mi stupì ancora di più: Zeus, Era, Poseidone, Atena, Demetra e Apollo erano in piedi davanti ai nostri occhi. Molti semidei indietreggiarono spaventati, io mi limitai a fissare le divinità con un grosso punto di domanda scritto in faccia. Il loro arrivo non faceva che aumentare la mia preoccupazione e probabilmente Chirone la pensava allo stesso modo visto che non aveva accennato ad inchinarsi né a parlare.
-Chiedo perdono per l’intrusione- si scusò il padre degli dei, ovviamente il suo tono era ben lontano dal dispiaciuto ma rispetto al solito non trasmetteva nessun’arroganza -Non vorrei dovervi dare ulteriori preoccupazioni così all’ultimo minuto, ma temo che quanto che sta per accadere sia più importante di quanto pensiate- la sua voce risuonò in tutta la piana, e fu come ricevere una pioggia fredda per il morale di tutti. Le uniche a non essere sorprese e turbate erano le tre Moire.
Rivolsi uno sguardo interrogativo a mio padre, non l’avevo mai visto così pallido, il dio colse la richiesta di spiegazioni e aprì la bocca per parlare a sua volta ma non ne ebbe il tempo perché la terra cominciò a tremare sotto ai nostri piedi. Istintivamente indietreggiammo tutti di qualche passo dal confine di terra bruciata e qualche istante dopo una crepa si formò nel terreno secco, con un rumore fortissimo un blocco di metallo lucido alto tre metri e largo circa un metro e mezzo schizzò fuori da sottosuolo atterrando bruscamente. Non appena la nube di polvere sollevata iniziò a disperdersi l’oggetto tornò ad essere visibile, tossendo e pulendomi il viso dalla terra guardai il blocco di metallo. Mi mancò il fiato, potrei giurare di aver sentito il mio cuore smettere di battere per almeno tre secondi. Il prisma metallico altro non era che un ascensore, non uno qualsiasi ma lo stesso che io e Annabeth avevamo preso per risalire in superficie dopo l’estenuante viaggio nel Tartaro.
Guardai le persone attorno a me, pian piano quelli che erano indietreggiati tornarono ad avvicinarsi al bordo, li seguii portando istintivamente la mano vicino alla tasca in cui tenevo vortice. Le porte di ferro dello Stige erano incredibilmente intatte, non avevano nemmeno un graffio, come se l’ascensore si fosse mosso attraverso un budino invece che attraverso la terra e le rocce. Trattenni il respiro fino a quando la porta non iniziò ad aprirsi lentamente con un leggero stridio, all'interno giacevano due corpi appoggiati l'uno all'altro. Tesi il collo e vidi il ragazzo muoversi leggermente, portandosi una mano alla testa per poi dirigersi immediatamente verso la ragazza che giaceva ai suoi piedi. Lei si mise seduta a fatica e lentamente si aiutarono a vicenda per alzarsi. In quel momento vidi il volto del ragazzo, era stanco e sporco ma riuscii lo stesso a riconoscere i lineamenti di Sole. La figura femminile barcollò e si appoggiò all'uscita portandosi una mano alla bocca come per trattenere un conato, aveva i capelli sparpagliati e i vestiti sporchi, alcuni tagli le ricoprivano le braccia, alzò lo sguardo e vedendoci spalancò i grandi occhi marroni.
In quel momento la riconobbi, era Francy ed era viva. Sconvolta ma viva. Non riuscii a trattenere un sorriso.
Qualcuno mi toccò la spalla, voltai lo sguardo e vidi che Chirone mi stava porgendo un piccolo sacchetto di ambrosia, sorridendo mi fece segno con la testa di avanzare, Will mi seguì portando una cassetta del pronto soccorso.
Mentre mi dirigevo verso di lei la ragazza si mosse barcollando per raggiungermi e non appena le fui abbastanza vicino si lasciò cadere tra le mie braccia, rimasi stupito ma non esitai a ricambiare l'abbraccio - Come ti senti?- le chiesi -Adesso meglio- rispose lei trattenendo un singhiozzo. Dopo pochi secondi anche tutti gli altri semidei iniziarono a riversarsi nel cerchio per controllare le condizioni dei due ragazzi, ma decisi di tenere Francy tra le mie braccia ancora per qualche secondo. Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi di Sole, Will gli stava fasciando un grosso taglio che aveva sul braccio mentre lui stava in piedi appoggiato allo stipite dell’ascensore. Escludendo Clarisse, Annabeth, Piper e Rachel che era rimasta a Long Island, tutte le ragazze del campo Mezzosangue erano radunate attorno a lui e apparentemente stavano facendo a gara per chi emetteva il gridolino più fastidioso mentre controllavano le sue ferite, Will lanciava loro occhiatacce chiedendo che lo lasciassero lavorare in pace ma quelle non accennavano ad allontanarsi nemmeno di un passo. Il rumore prodotto da quelle ragazze era intollerabile, come se non bastasse le loro mani continuavano a toccare il suo volto e le sue braccia, mi chiesi come facesse a sopportarlo e immediatamente mi resi conto che probabilmente non le aveva nemmeno notate. Infatti, gli occhi arancioni di Sole erano fissi su di me e sulla schiena di Francy, avevano un’espressione tale che, pur non essendo un figlio della dea dell'amore ed essendo sempre stato negato in queste cose, non mi fu difficile capire di che tipo di legame stesse parlando Annabeth. Per un attimo temetti che se avesse continuato a guardarmi in quel modo presto avrei preso fuoco e mi sarei trasformato in un mucchietto di cenere, ma quando gli feci un cenno con la testa per ringraziarlo lui sembrò riscuotersi dai suoi pensieri e scosse la testa con un mezzo sorriso, poi chiuse gli occhi e portandosi una mano nei capelli si concesse un lungo respiro. Cosa che fece quasi svenire tutte le oche che gli si erano radunate attorno, ricordai in un attimo cosa si provava a respirare l'aria tossica del Tartaro e il piacere che si provava una volta tornati in superficie, scacciai il pensiero aiutando Francy a mettersi seduta.
Connor a Travis la stavano già riempiendo di domande mentre contemporaneamente lodavano il suo coraggio, lei rideva rossa in viso per l’imbarazzo. Annabeth mi raggiunse e dopo avermi rivolto uno sguardo alla "te l'avevo detto" si concentrò su di lei, io le sorrisi e mi guardai alle spalle, i miei occhi caddero su mio padre e la paura si fece strada nuovamente nei miei pensieri. Era cupo e pensieroso, un’espressione che poche volte avevo visto sul suo volto e che non gli donava per nulla, così erano anche gli altri dei. Guardai l'ascensore chiudersi e scendere di nuovo nelle profondità della terra, la crepa nel terreno si chiuse dietro essa senza lasciare nemmeno una traccia di ciò che era successo, sembrava un bel lieto fine ma non era ancora finita anzi, per noi era appena cominciata.
 
*~Francy~*
Quando le mie mani avevano toccato Percy non ero riuscita a fare a meno di tirare un sospiro di sollievo e ora che ero seduta a terra con Annabeth che disinfettava delicatamente le mie ferite, mi concessi di abbassare la guardia e chiudendo gli occhi respirai l'aria fresca riempiendo di gioia i miei polmoni.
Un profumo dolce vagamente familiare attraverso le mie narici e aprendo gli occhi vidi Percy tendermi un cubetto d'ambrosia, Annabeth si era alzata in piedi e sorridendomi si diresse verso Will per consegnargli le bende avanzate. Presi ciò che il ragazzo mi stava tendendo senza esitare e mi voltai a guardare Sole, Will aveva appena finito di fasciargli il petto, lanciai un ultimo sguardo al suo corpo muscoloso prima che si rimettesse la maglietta. Lui mi vide e mi rivolse il sorriso beffardo che mi faceva tanto arrabbiare e che non vedevo sul suo volto ormai da parecchio tempo, si passò una mano nei capelli sparpagliati, prese il pezzo d'ambrosia che Will stava porgendo e se lo lanciò in bocca mentre il figlio di Apollo gli elencava una raffica di "consigli del dottore" che lui chiaramente non stava ascoltando. Con un cenno della mano salutò le ragazze che lo stavano praticamente assalendo e senza degnarle di uno sguardo, si diresse verso di me sedendosi con la schiena appoggiata alla mia -Cosa stavi guardando Evans?-
Arrossii fino alle orecchie e sbottai - Nulla-
Lui rise e il ricordo del suo sorriso divertito si fece strada nella mia mente -Non direi- rispose lui, un sorriso si formò anche sulla mia bocca e cercando di sembrare scocciata senza successo borbottai -Non sei cambiato per nulla vedo-
-Ti dispiace?- chiese lui divertito, non risposi ma conoscevo la risposta.
Risi e il mio sguardo cadde sugli altri semidei che stavano chiacchierando animatamente tra loro scambiandosi presunti aneddoti del nostro viaggio che però nessuno dei due aveva ancora raccontato. Chirone ci rivolse un sorriso e si diresse verso di noi -Ben tornati ragazzi, sono contento di vedere che siate arrivati più o meno sani e salvi- l'ambrosia stava iniziando a fare effetto e lentamente il dolore andava scemando, gli rivolsi un caloroso sorriso e presi la mano che Piper mi tendeva per aiutarmi ad alzarmi. Stavo per ringraziarla quando una voce mi interruppe.
-Walker noi dobbiamo parlare- per un attimo gli occhi di Sole si spalancarono, poi il ragazzo alzò lo sguardo: Reyna, il pretore del campo Giove, era in piedi davanti a lui in armatura completa e con uno sguardo tremendamente serio. Pur appartenendo allo stesso Campo lei sembrava così diversa dal semidio che mi aveva accompagnata nella mia missione.
Si alzò di scatto, anche troppo velocemente perché sbiancò e barcollò di lato, fu Percy a sostenerlo. Sole mormorò un grazie per poi raddrizzarsi e tornare a guardare il pretore negli occhi, il suo sguardo deciso sostenne gli occhi autoritari di lei.
-Signorina Arellano penso che il suo discorso possa aspettare- una voce profonda catturò l'attenzione di tutti. Mi voltai e mi si gelò il sangue nelle vene: tre donne anziane stavano in piedi davanti a noi, sia io che Sole conoscevamo fin troppo bene quelle figure. Come se non bastasse esattamente dietro di loro stavano sei dei dell'olimpo, tra cui quella che più odiavo: mia madre.
-Abbiamo un conto in sospeso da troppo tempo con questi ragazzi- continuò Atropo.
-È proprio necessario?- singhiozzò Demetra dietro di lei e immediatamente la rabbia mi riempì il petto -Oh ma piantala- sbottai prima di riuscire a fermarmi, tutti mi guardarono stupiti, tutti tranne Sole che inarcò un lato della bocca in un mezzo sorriso e si fece più vicino a me -Questa scenetta è durata fin troppo- continuai sotto lo sguardo perplesso della dea -non te n'é mai fregato nulla né di me né di mio padre. L’ho incontrato sai, mi ha raccontato tutto- gli altri dei la guardarono, senz'altro anche loro ricordavano la scena drammatica eseguita ad opera d'arte quando avevano scoperto la mia identità.
-Non ho bisogno del tuo falso amore, e non realizzerò mai i tuoi piani di grandezza quindi puoi anche andartene- dissi sprezzante.
Sul suo viso si formò una smorfia -Questo lo vedremo figlia mia, non puoi opporti al tuo destino- sorrise malevola e continuò -questo è quello che nemmeno Paul…-
-Non osare!- gridai –Non devi pronunciare il suo nome, non ne hai il diritto-
La dea sbuffò -D’accordo- e quindi ripeté -questo è quello che nemmeno tuo padre ha mai capito-
mi avvicinai a lei per risponderle ma in quel momento la terra iniziò a fremere, una crepa si formò lungo tutto il perimetro del cerchio e istintivamente cercammo tutti di allontanarci, io e Sole ed altri ragazzi indietreggiammo verso l’interno del cerchio mentre altri uscirono dal perimetro. Mi rivolsi a Demetra e lei guardò me -Cosa credi di fare?- le nostre voci risuonarono insieme e una risata attraversò l'aria, era fin troppo familiare. La terra smise di tremare, la crepa che si era formata sembrava parecchio profonda ma era non più larga di dieci centimetri. Un bagliore improvviso ci fece voltare tutti verso un piccolo altare che fin ora non avevo notato, non era latro che una pianta nodosa morta da molto tempo ma che emanava un potere smisurato, nonostante il fragile aspetto i rami sostenevano una pesante lastra di pietra bianca con i bordi grezzi e la superficie liscia. Era molto semplice e sembrava molto antico, ma non mi soffermai troppo a guardarlo perché qualcos'altro catturò l'attenzione di tutti.
Una figura femminile era seduta sull'altare e ci guardava sorridente, aveva l’aspetto di un'anziana donna con il volto segnato da rughe, il suo abbigliamento non assomigliava per nulla né a quello classico greco o romano né a quello moderno, ma piuttosto ai tradizionali vestiti degli indiani d’America.
Guardai Demetra, il suo volto era pallido come quello degli altri dei, ad eccezione delle Moire che se ne stavano in disparte con espressione neutra. All'improvviso la donna parlò -Vi sono mancata?- la sua bocca era aperta in un sorriso che mostrava i denti bianchi ma nello sguardo che teneva fisso su Percy si poteva scorgere un bagliore maligno. Non appena udirono la sua voce gran parte dei semidei sobbalzarono, il figlio di Poseidone portò immediatamente la mano a vortice e digrignando i denti borbottò -Ancora tu-
-Percy che sta succedendo?- chiesi toccandogli il braccio, ma il semidio era come ipnotizzato, teneva lo sguardo fisso sulla dea e sembrava pronto a scattare al minimo segnale di ostilità. Fu Chirone a spiegarmi la situazione -Quella donna è Gea, dea primordiale della Terra-
-Non è possibile- balbettai -non l'avevate sconfitta nella guerra contro i giganti?-
Chirone annuì -Infatti questa è solo una rappresentazione spirituale, in questo stato non può fare nulla eccetto comunicare- detto questo si accigliò e aggiunse -eppure mi sorprende che dopo così poco tempo sia già in grado di apparire in una forma definita-
Gea scosse la testa ridendo divertita facendo ondeggiare le due trecce di capelli argentei, con un agile salto scese dall'altare facendo tintinnare la moltitudine di talismani che aveva attorno al collo. Si appoggiò all'altare e accarezzò la superficie con la mano ossuta -Vedi figlio di Crono- sentendosi chiamare con il nome del padre Chirone si agitò muovendo la coda istintivamente, ma il suo volto rimase impassibile -è tutto merito di questo altare e della devozione che i nativi del luogo mi hanno sempre mostrato- la sua voce roca risuonò come se provenisse da più posti contemporaneamente e il suo sguardo tornò alla schiera di semidei -sinceramente non vedo il motivo di tutte queste spade sguainate- per un momento il suo volto assunse un’espressione intristita.
-Se davvero credete che non sia in grado di fare nulla cosa ci fate ancora qui?- un brusio seguì le sue parole, non aveva torto.
-Questa domanda potremmo farla noi a te non credi?- fu Percy a parlare -Se sei venuta per proporci un picnic all'ombra dell'eclissi non siamo interessati-
La donna rise -Percy Jackson, pungente come sempre. Mi hai messo i bastoni tra le ruote così tante volte che in un altro momento potresti sicuramente essere il mio obiettivo principale- detto questo il suo sguardo si posò su di me e mi rivolse un caloroso sorriso -ma oggi non sono qui per distruggerti, devo fare una proposta alla ragazzina accanto a te- mi indicò allungando la mano magra nella mia direzione e con voce autoritaria aggiunse -è una conversazione privata, quindi vi sarei molto grata se vi allontanaste di qualche metro-
Prima che potessi comprendere cosa stava succedendo Annabeth mi sbarrò la strada con un braccio -Non ti permetteremo di avvicinarti a lei- non avevo mai visto un'espressione così tesa sul suo viso.
-Oh andiamo è solo una chiacchierata tra conoscenti- a quelle parole Percy sollevò un sopracciglio e mi rivolse uno sguardo interrogativo.
-L’ho vista un paio di volte in sogno, l’ultima volta in una visione poco prima di arrivare qui. Non so come abbia fatto, ma credo abbia deviato il percorso dell’ascensore fino a questo luogo- dopo una breve pausa aggiunsi -inoltre, sembra che io l'abbia incontrata qualche anno fa all'inizio della vostra guerra, ma è un ricordo confuso e non so dirvi altro-
Chirone mi appoggiò la mano sulla spalla -Non devi preoccuparti. Non lasceremo che si avvicini a te, il suo interesse nei tuoi confronti non promette nulla di buono- il tono della sua voce era preoccupato, con un cenno della testa indicò gli dei e aggiunse -nemmeno la loro improvvisa riunione è rassicurante-
Gea guardò nella direzione che il centauro aveva indicato e il suo viso assunse un’espressione divertita -Ma guarda chi si rivede- la vecchia aprì le braccia come per accoglierli in un abbraccio materno -i miei nipotini- tutti gli dei storsero il naso disgustati dalla dimostrazione d’affetto della dea, lei ignorò la loro reazione e si rivolse direttamente al padre degli dei -come vanno le cose sull'Olimpo Zeus?-
Il dio sbuffò -Non so esattamente quali siano i dettagli del tuo piano Gea ma ti assicuro che non ti permetteremo di portarlo a termine-
-È proprio vero che non conosci i dettagli- sbuffò lei -altrimenti sapresti che non avete assolutamente voce in capitolo- il suo tono ora era leggermente alterato e le rughe della fronte si erano fatte più profonde.
-Comunque direi che abbiamo chiacchierato abbastanza non credete?- tese una mano esile verso di me -Tesoro vieni qui un attimo vorrei parlarti di una cosa-
"No grazie gentile signora" era ciò che stavo per risponderle ma Sole mi si parò davanti -No- disse semplicemente. La donna lo guardò stupita dalla sua insolenza, dopodiché assunse un'espressione contrariata -Tu devi essere Sole Walker- e sbuffando aggiunse -queste profezie mettono sempre in mezzo ragazzi innocenti-
Una freccia sibilò vicino alle nostre teste oltrepassandoci e attraversando il petto della dea andò a conficcarsi nel terreno. La donna si voltò verso l’altare e per un attimo parve preoccupata, ma fu un momento brevissimo quasi impercettibile dopodiché la sua risata riecheggiò ancora una volta, era solo una proiezione per cui le nostre armi non potevano nulla contro di lei.
-Devo considerarlo un affronto Chirone?- disse guardando il centauro che stringeva in mano l'arco.
-Direi più una risposta- commentò lui -non ti lasceremo scambiare nemmeno una parola con lei-
Gea sospirò -Non volevo arrivare a questo ma non mi lasciate altra scelta- la sua mano ossuta si appoggiò alla superficie bianca e improvvisamente delle scritte comparvero sulla pietra, erano scolpite eppure sembravano muoversi come lava incandescente che scorre sul terreno. O come sangue su un altare sacrificale. Preferii pensare alla prima opzione.
Improvvisamente una forte energia si sprigionò dall'altare, sentii l’aria investirmi e fu come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. Molti ragazzini caddero in ginocchio, erano più giovani di me e probabilmente questa era la prima volta che affrontavano pericoli del genere. Resistetti alla tentazione di piegarmi in due, tenendomi lo stomaco ricacciai indietro le lacrime e guardai avanti.
Dalla terra bruciata stavano emergendo delle strane figure dai tratti umani, non avevano armi ma erano alti tre metri e il loro corpo era fatto di pietra. In totale erano tre, quello più alto si voltò verso la dea inginocchiandosi, molto più agilmente di quanto mi sarei mai aspettata da uno della sua stazza, e le disse qualcosa in una lingua che non compresi, solo un nome mi suonò familiare: Nokomis, "la nonna". Il gigante di pietra usò questo nome per rivolgersi a Gea, tempo prima a scuola avevo letto un libro sulla mitologia degli indiani d'America e mi ricordai che gli Arapaho chiamavano così la Madre Terra.
-Che sta succedendo?- chiesi a Chirone, lui mi guardò e scuotendo la testa rispose -Vorrei saperlo anch’io-
Altre figure comparvero alle nostre spalle, erano piccoli uomini così bassi da poter essere scambiati per bambini ma in mano stringevano antiche armi rozze fatte di legno e pietra. Eravamo circondati, alcuni di noi erano rimasti all’esterno del cerchio e i piccoli uomini gli impedivano di avvicinarsi a noi agitando le lance con sguardo minaccioso facendo però attenzione a non oltrepassare la crepa nel terreno.
-Non avevi detto di non poter far nulla in questo stato?- gridò Percy alla dea, lei gli rivolse uno sguardo innocente -Io non ho mai detto nulla del genere, è stato il centauro- Gea spostò il suo sguardo su di me -possiamo evitare tutto questo. Voglio solo parlare-
-Non sei molto credibile- osservò Zeus, la donna lo guardò offesa ma poi un sorriso si fece strada sul suo volto e avvicinandosi mi guardò con i grandi occhi marroni -Giuro sullo Stige che se accetterà di parlare con me non torcerò nemmeno un capello a Francesca Evans- sussultai, la dea aveva giurato sul fiume degli Inferi e nel poco tempo passato al Campo Mezzosangue avevo imparato che quello era un giuramento che non si poteva infrangere. Per un attimo riflettei sulla possibilità di accontentarla, in fondo una chiacchierata non poteva fare del male nessuno. Guardai i giganti di pietra e i piccoli uomini, nonostante la differenza di dimensioni erano minacciosi allo stesso modo. Incrociai lo sguardo di Sole, dovevo avere l’espressione di una persona alla ricerca di aiuto perché senza pensarci due volte il semidio afferrò la propria spada e con un fendente colpì la gamba del capo dei giganti lasciando un grosso taglio. Il mostro spostò il piede di pietra emettendo un verso profondo ma non reagì, si limitò a guardare la dea aspettando un suo segnale, Gea guardò il ragazzo contrariata.
-Questa è la nostra risposta- disse Percy avvicinandosi a Sole e appoggiandogli una mano sulla spalla, la dea assunse un’espressione maligna e tornando verso l’altare gridò -Ga-oh, Teihiihan- a queste parole il gigante di pietra più alto e il gruppo di piccoli uomini si voltarono a guardarla, una volta seduta sull’altare la donna mi guardò negli occhi e continuò -fateli a pezzi, avete campo libero. Ma la ragazzina mi serve viva e possibilmente cosciente-
Dopo le sue parole fu il caos, il gigante di pietra iniziò ad evocare sassi di grosse dimensioni dal terreno e iniziò a lanciarli verso i semidei imitato immediatamente dagli altri due.
-Dobbiamo allontanarci da qui- gridò Chirone -probabilmente Gea può controllare solo l’area attorno all’altare, usciti dal cerchio saremo liberi di andarcene- seguendo le istruzioni di Chirone ci sparpagliammo cercando di uscire dal cerchio evitando i grandi sassi che cadevano dall’alto e si sbriciolavano al suolo, purtroppo i mostri sembravano aver capito il nostro piano. I giganti colpivano chiunque gli arrivasse vicino e lungo tutto il perimetro del cerchio si erano disposti quelli che avevo identificato come Teihiihan, i piccoli uomini armati di lance e coltelli ci impedivano di uscire mentre contemporaneamente tentavano di tenere lontani i semidei che si erano trovati all’esterno del cerchio quando si era formata la spaccatura e ora tentavano di aprirci un varco.
Mi guardai attorno, i semidei del Campo Giove armati di lance e scudi si erano radunati attorno ai giganti e proteggendosi dai sassi cercavano di atterrare le enormi creature colpendoli alle gambe e spingendoli verso il margine del cerchio, ma quelli pur vacillando di tanto in tanto non accennavano a cadere. Un gigante indietreggiando schiacciò con il grosso piede molti Teihiihan, i semidei del Campo Mezzosangue lì vicino lo evitarono per un pelo. Lungo tutto il margine del cerchio i miei compagni tentavano di ingaggiare dei duelli con i piccoli mostri, ma questi dopo un paio di colpi assalivano il malcapitato in gruppi per poi disperdersi quando altri semidei arrivavano in soccorso. Un paio di semidei giacevano per terra tenendosi un braccio o una gamba sanguinante mentre i compagni li difendevano dai feroci nani. Gli dei erano all’esterno del cerchio e aiutavano i propri figli cercando di aprire un varco ma non davano un grande contributo, probabilmente perché nelle loro forme attuali i loro poteri erano ridotti e con tutte quelle persone attorno era impossibile tornare alla forma originale.
Non sapevo bene come comportarmi, non avevo mai combattuto in gruppo e mi sentivo spaesata, oltretutto stavano tutti combattendo per me e non potevo fare a meno di sentirmi in colpa. Vidi Percy evocare acqua dal terreno, ma il cerchio di terra in cui ci trovavamo era particolarmente arido quindi non era una grande quantità, il sudore gli grondava dalla fronte, doveva essere un enorme sforzo per lui. Inserì il braccio ferito nella bolla d’acqua e i tagli si richiusero all’istante, Annabeth gli parava le spalle con la spada in osso di drago.
Improvvisamente sentii il bisogno di fare qualcosa, non potevo più starmene con le mani in mano. In fondo ero quella più avvantaggiata, Gea aveva dato il preciso ordine di catturarmi viva quindi nani e giganti sarebbero stati in grossi guai se mi fosse successo qualcosa. Un’idea folle ma fattibile mi attraversò la mente, cercai Sole tra la folla e lo trovai in mezzo ai suoi compagni del Campo Giove, non aveva uno scudo e nemmeno una lancia, ma passava sotto gli scudi degli altri semidei e con la spada infliggeva grandi tagli alle gambe di roccia dei giganti per poi indietreggiare velocemente evitando di essere schiacciato. Stava rischiando parecchio.
Senza più esitare mi diressi verso di lui, diversi Teihiihan mi si pararono davanti minacciosi, la mia collana iniziò a brillare, afferrai il ciondolo e la spada prese forma nella mia mano. I nani mi guardarono stupiti, prima che potessero reagire ne colpii alcuni riducendoli nella solita polvere dorata e superai gli altri con un salto.
Passai sotto gli scudi che i romani tenevano sopra la testa, raggiunsi Sole mentre si preparava a partire nuovamente all’attacco e gli toccai il braccio per attirare la sua attenzione. Si voltò di scatto, aveva uno sguardo estremamente concentrato, il viso era ricoperto di polvere e sudore ma appena mi vide la sua espressione mutò completamente -Benvenuta tra noi principessa- disse con un sorriso sarcastico, ignorai il suo commento e dissi -Ho bisogno del tuo aiuto con una cosa, mi è venuta un’idea-
Un sorriso quasi folle prese forma sul suo viso -Ti seguo- disse semplicemente, gli spiegai velocemente il piano e il suo sorriso si aprì ancora di più -Mi piace, facciamolo-
Uscimmo da sotto gli scudi evitando i sassi lanciati dai giganti, raggiunsi Percy e mi fermai davanti a lui -Ho bisogno che tu faccia una cosa- dissi, lui si asciugò il sudore dalla fronte e con un gesto della mano mosse la bolla d’acqua verso un nano che stava per attaccare Annabeth alle spalle mandandolo al tappeto, dopodiché ci rivolse la sua attenzione.
-Quando te lo dico devi smettere di controllare la bolla d’acqua lasciandola cadere- lui mi guardò perplesso e anche un po’ dubbioso, evidentemente l’idea di lasciar andare la piccola quantità d’acqua che era riuscito ad evocare con tanto sforzo non lo convinceva -Fidati di lei- disse Sole -sa quello che fa-
-Potrebbe essere utile se ne evocassi un altro po’?- chiese una voce alle nostre spalle, mi voltai e vidi Poseidone dietro di me, annuii con un sorriso. Il dio tese una mano verso il terreno e l’acqua iniziò a risalire verso la bolla evocata da Percy triplicandone il volume -Esibizionista- sbuffò il semidio, ma rise quando il padre gli diede una leggera spinta.
-D’accordo- disse Percy guardandomi -farò come dici- gli sorrisi e aggiunsi -Tieniti pronto- poi mi allontanai con Sole.
Raggiungemmo nuovamente lo schieramento del Campo Giove tenendoci alle loro spalle, indicai il gigante alla nostra destra -Quello è il nostro obiettivo, è il più vicino al confine- gridai a Sole per sovrastare le grida e il rumore delle pietre che colpivano gli scudi -sei pronto?- lui mi guardò con il suo sorriso più presuntuoso -Sempre-
Scossi la testa cercando inutilmente di trattenere un sorriso divertito -Allora andiamo- lui annui e si portò le mani alla bocca per amplificare la propria voce e gridò -DAKOTA, HANK- due semidei delle retrovie di voltarono a guardarlo -fateci saltare!- i due lo guardarono perplessi per un attimo ma poi sembrarono capire e sorridendo alzarono il pollice in segno di assenso. Lasciarono cadere le lance e il primo si mise in ginocchio tenendo lo scudo parallelamente al terreno a circa trenta centimetri da terra, quello in piedi ci fece segno di procedere mentre teneva la pesante lastra di metallo sopra la testa con entrambe le mani. La mia spada scintillò prima di tornare ad essere il ciondolo appeso alla mia collana -Comodo- osservo Sole conficcando la sua nel terreno -dovrò procurarmene una anche io- poi prese la mia mano e cominciammo a correre verso i due ragazzi. Una voce femminile molto alterata giunse alle mie orecchie -Cosa state facendo? Non rompete la formazione!- con la coda dell’occhio vidi Reyna dirigersi a grandi passi verso di Dakota e Hank ma ormai era troppo tardi, il piede di Sole toccò il primo scudo e saltammo agilmente verso il secondo aiutati dalla spinta di Hank. Avevamo pochi secondi, dovevamo essere veloci. Prima di toccare lo scudo di Dakota Sole mi tirò davanti a sé e incrociò le dita delle mani sotto il mio piede destro pronto a darmi la spinta. Quando i suoi piedi toccarono lo scudo Dakota lo spinse verso l’alto con un lamento, in quell’istante gridai -PERCY- il semidio si voltò a guardarmi e senza esitare lasciò il controllo che aveva sull’acqua. Il potere che aveva su quell’elemento era decisamente superiore al mio, non sarei mai riuscita ad evocarla da quel terreno arido e nemmeno a strapparla al suo controllo, ma in questo modo avrei dovuto essere in grado di controllarla. In quell’istante abbassai lo sguardo verso Sole e lui mi sorrise prima di spingermi verso l’alto, grazie alla collaborazione delle persone sotto di me mi trovai all’altezza degli occhi del gigante che avevamo scelto come obiettivo. La creatura mi guardò perplessa e si preparò a reagire, nonostante le sue dimensioni aveva dei riflessi molto sviluppati, chiusi gli occhi per concentrarmi e pregando che funzionasse cercai l’acqua con la mente trovandola immediatamente, ne presi il controllo senza sforzo e la diressi verso le gambe del gigante. Fu questione di un secondo, il mostro la vide avvicinarsi e abbassò le braccia per ripararsi proprio come volevo che facesse, in quel momento immaginai un germoglio uscire dal terreno e allungarsi verso di me. Dovetti sforzarmi molto per mantenere il controllo sull’acqua e contemporaneamente generare un albero dal terreno al margine del cerchio, all’interno dell’area bruciata non era possibile perché il terreno era sotto il controllo di Gea e troppo arido per far crescere più di un filo d’erba. Il germoglio prese forma velocemente diventando robusto, allungandosi sotto di me e attraversando il cerchio, lo diressi verso la testa del gigante colpendolo in pieno volto facendogli perdere l’equilibrio. Cadendo appoggiai i piedi sull’albero che aveva preso forma rimanendo a cica tre metri da terra, il mostro di pietra afferrò il braccio del capo cercando di sostenersi per non cadere al di là del confine di terra bruciata. In quel momento temetti di vedere il mio piano fallire, quindi senza pensarci due volte corsi verso di lui restando in equilibrio sul tronco, il mio piede scivolò e rischiai di cadere ma un ramo si spostò per sorreggermi, mi voltai leggermente per vedere mia madre tre metri sotto di me, fuori dal perimetro del cerchio, con una mano tesa nella mia direzione. Repressi il briciolo di riconoscenza che si stava facendo strada dentro di me prima che diventasse visibile e continuai a correre, arrivata alla fine mi fermai e con una mano feci emergere dalla terra dietro ai due giganti dei fusti che si attorcigliarono attorno alle braccia dei due mostri tirandoli verso il basso. Sotto di me vidi Sole avvicinarsi alle gambe del gigante colpendolo con forza con la spada e lasciando grossi tagli nella pietra, ma visto che ancora non accennavano a cedere presi una leggera rincorsa e portando la mano alla collana afferrai la spada. Saltai atterrando sul petto del gigante e con tutta la forza che avevo in corpo lo colpì al collo scheggiando la pietra, la lama della mia spada produsse scintille contro la roccia e la crepa si allargò velocemente separando la testa dal resto del collo. Il mostro smise di opporre resistenza precipitando al suolo insieme al compagno che tentava di aggrapparsi a lui, quando fummo a poca di stanza da terra saltai atterrando sul terreno polveroso mentre dietro di me con un rumore fragoroso i due corpi cadevano a terra schiacciando molti Teihiihan mentre i semidei si allontanavano velocemente. Quando la nube di polvere si dileguò dei giganti rimaneva solo la metà inferiore, la testa e il busto che erano caduti al di là del perimetro erano come polverizzati.
-Si è aperto un varco, usiamolo!- gridò qualcuno e tutti i semidei che erano rimasti all’interno iniziarono a correre verso l’uscita trasportando i feriti mentre i compagni all’esterno tenevano occupati i nani assassini rimasti. Mi guardai alle spalle, Percy e Sole correvano verso di me, il primo sorreggeva Annabeth la quale aveva una ferita sanguinante su una gamba ma tentava ugualmente di muoversi il più velocemente possibile. Invece Sole teneva in una mano la sua spada e nell’altra aveva il mio zaino, malconcio ma integro.
-Pensi che il computer di Dedalo funzioni ancora?- gli chiesi appena mi raggiunse, Annabeth e Percy ci superarono oltrepassando la crepa nel terreno con l’aiuto dei ragazzi dall’altro lato, -Tranquilla- mi rispose lui aprendo la cerniera dello zaino -ho già controllato e non sembra danneggiato, immagino sia costruito in un materiale piuttosto resistente. Ricordati che è pur sempre precipitato nel Tartaro come noi-
-Hai ragione- dissi sorridendo sollevata, quel computer mi aveva salvata quindi lo consideravo uno strumento che sarebbe potuto tornare utile ad altri semidei in futuro. Oltretutto Annabeth sarebbe sicuramente stata molto felice di riaverlo. -Sbrighiamoci ad allontanarci da qui- aggiunsi e il ragazzo annuì, ci dirigemmo insieme verso la crepa nel terreno e proprio mentre stavo per saltare dall’altro lato Sole mi afferrò il braccio trascinandomi indietro contro il suo petto. Non feci in tempo a chiedergli nulla perché improvvisamente una fontana di lava si innalzò dalla crepa separandoci dagli altri, sgranai gli occhi spingendomi ancora più contro il ragazzo dietro di me che aveva lasciato cadere la spada e teneva entrambe le mani sulle mie braccia. Per un istante vidi lo sguardo incredulo di Percy e la sua mano tendersi verso di noi prima che Connor e Travis gli afferrassero le spalle per trattenerlo, mi gridò qualcosa ma ero così terrorizzata che non riuscii a capire una parola e in un attimo un muro rosso di lava oscurò la visuale circondandoci.

ANGOLO AUTRICE:
sì lo so, ormai avevate perso le speranze, probabilmente avrete pensato fossi morta. E INVECE NO! Eccomi qui, vi chiedo umilmente scusa per la lunga pausa ma ho avuto un periodo difficile e in più ho iniziato l'università... quindi capite, ci sono stati un po' di cambiamenti.
Tornando alla storia: Francy e Sole sono finalmente usciti dal Tartaro, si sono felicemente riuniti ai propri amici (anche se sembra che una bella ramanzina attenda Sole) ma purtroppo la sfida finale è appena cominciata. Abbiamo a che fare con Gea, so che potrebbe sembrare una ripetizione ma tutto ha un senso tranquilli.
Spero la lunga assenza non vi abbia fatti scappare tutti :')
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo <3, si accettano insulti per la vacanza che mi sono deliberatamente presa.

Sole Walker

 

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Capitolo 32
*** What needs to be done ***


Il calore era talmente forte da bruciarmi il viso, senza allentare la presa sulle mie braccia Sole indietreggiò mantenendo lo sguardo fisso sulla parete di lava, la bocca leggermente aperta in segno di stupore. -Mi stai facendo male- sussurrai muovendo leggermente il braccio, mi stava involontariamente stritolando e i numerosi tagli peggioravano la situazione. Mollò immediatamente la presa senza dire una parola e distogliendo lo sguardo dalla fontana rossa si passò una mano nei capelli con un’espressione evidentemente preoccupata -Siamo in trappola- borbottò lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
-Poveri ragazzi- una risata echeggiò alle nostre spalle, ci voltammo lentamente per vedere l’espressione soddisfatta sul volto della dea. Gea era ancora in piedi vicino all’altare, un sorriso di scherno mostrava i denti incredibilmente bianchi -Ora che siamo sole che ne dici di avvicinarti per fare quattro chiacchere tra donne?- ignorando Sole si issò sul piccolo altare con un movimento sorprendentemente agile e guardandomi dritta negli occhi picchiettò con il palmo della mano la superficie accanto a lei per invitarmi a sedere sulla pietra liscia. In tutta risposta Sole si chinò per raccogliere la spada che aveva lasciato cadere a pochi passi da noi quando mi aveva afferrata per le braccia, impedendomi di venire investita dalla lava. Purtroppo Gea colse il movimento, con un gesto fulmineo alzò la mano puntandola verso Sole e all’istante dal terreno arido si alzò una nube di sabbia che avvolse il ragazzo, gridai il nome del semidio e feci per avvicinarmi ma una forte ondata di calore me lo impedì. Alzando lo sguardo notai che il ciclone di sabbia stava collidendo con la parete di lava surriscaldando i granelli, sgranai gli occhi terrorizzata e mi portai una mano alla bocca incapace di reagire, dopo pochi secondi la sabbia smise di turbinare e una volta che la polvere si fu diradata mi trovai difronte ad una strana forma sferica. Una sfera di vetro del diametro di circa due metri si era formata dalla sabbia surriscaldata dalla lava e al suo interno stava Sole, il semidio sputò della sabbia e si alzò barcollante. Tirai un sospiro di sollievo, aveva le braccia e il viso graffiati dai granelli ma, incredibilmente, era vivo. Gridai nuovamente il suo nome dirigendomi verso di lui e appoggiai le mani sulla superficie trasparente della sfera, si passò le mani sugli occhi e nei capelli per pulirsi dalla sabbia e dopo un momento di sconcerto notò la mia presenza. Con gli occhi spalancati appoggiò le sue mani sulle mie, era come se si trovasse all’interno di una grossa palla di neve -Stai bene?- gli chiesi preoccupata, ma dalla sua espressione capii che non riusciva a sentirmi. Gridai la stessa domanda ma lui scosse la testa indicandosi l’orecchio con l’indice e mimando con le labbra la frase “non ti sento”, la sfera era troppo spessa. In un attimo mi resi conto che se non poteva sentirmi significava che probabilmente la palla di vetro non aveva neanche una piccola apertura e quindi sarebbe rimasto presto senza aria. Mi guardai attorno allarmata cercando la spada di Sole ma la vidi un attimo dopo incastrata nel vetro fuso ai piedi di Sole, l’elsa fuoriusciva nella mia direzione ma la base della sfera era troppo spessa per farla rotolare e sicuramente non sarei riuscita a sollevarla. Come se non bastasse i sassi sembravano totalmente scomparsi dal terreno, portai una mano alla collana pronta ad impugnare la mia spada ma la voce della dea mi fermò -Io non lo farei se fossi in te-
Dopo quelle parole la sfera cominciò a rimpicciolirsi costringendo Sole a rannicchiarsi, per qualche motivo il vetro caldo sembrava non infastidirlo ma lo spazio a sua disposizione diventava sempre meno.
-SOLE!- gridai -Fermati, ti prego. Non fargli del male- implorai guardando Gea, la donna mi rivolse uno sguardo inespressivo -Ascolterai quello che ho da dirti?- mi chiese. Guardai Sole in ginocchio nella sfera lottare contro il vetro denso, stava tentando di respingere le pareti dal proprio volto per evitare di soffocare e mi resi conto che non poteva resistere più a lungo di così.
-Va bene- risposi guardandola negli occhi -ma non fargli del male- la dea in tutta risposta schioccò le dita e la sfera tornò ad ingrandirsi fino a raggiungere le dimensioni originali. -Lascialo libero- dissi indicando Sole, ma la dea scosse la testa -Non fino a quando non avremo finito di parlare-
Sbuffai e, ignorando Sole che tentava di attirare la mia attenzione battendo i pugni sulla superficie trasparente della sua prigione, mi diressi esitante verso la dea lasciandomi alle spalle lo zaino e la sfera di vetro. Mi rendevo conto che quello che stavo facendo era un grosso errore, o quantomeno un enorme rischio, ma non potevo fare altro: non avrei permesso a nessuno di fare del male a Sole. Raggiunsi l’altare senza guardarmi indietro, Gea mi fece segno di prendere posto sulla pietra accanto a lei ma il mio sguardo diffidente le fece capire che non avevo alcuna intenzione di sedermi, quindi con un agile salto si mise in piedi accanto a me. Sbuffando appoggiò i gomiti sulla lastra di pietra prendendosi il volto tra le mani e dandomi la schiena si perse con lo sguardo nella parte di lava. Tentai di organizzare una strategia ma non mi venne in mente nulla che potesse funzionare, quindi provai ad accelerare i tempi per evitare che Sole morisse soffocato -Quindi- accennai -di cosa voleva parlarmi?-
-Hai fretta ragazzina?- chiese lei girando leggermente la testa per guardarmi, sentii la pazienza esaurirsi in un attimo -In realtà sì- sbottai -mi piacerebbe tornare a casa il prima possibile, è stato un lungo viaggio-
-E così vorresti tornare a casa eh?- la donna si voltò verso di me appoggiando la schiena all’altare, per la prima vola mi resi conto che sembrava ringiovanita rispetto a quando era comparsa davanti a tutti gli altri. Se prima l’avrei potuta definire un’anziana, probabilmente una nonna, ora non dimostrava più di cinquant’anni. Mi rivolse un sorriso sarcastico -Cosa intendi con casa Francy?- la domanda mi lasciò perplessa -la Family of Orphans? Non credo- disse scuotendo la testa -magari ti riferisci a quel campeggio estivo per semidei in cui sei stata solo pochi giorni. Come si chiama?-
-Campo Mezzosangue- mormorai tra i denti -Ah, giusto. “Campo Mezzosangue”- rispose lei con sguardo pensieroso rivolto al cielo -strano, mi sembrava di aver capito che non ti trovassi molto a tuo agio tra i tuoi fratelli della casa IV- l’affermazione mi colpì come un pugno nello stomaco. Non ci avevo ancora pensato, mentre mi trascinavo nel Tartaro avevo sempre desiderato tornare a casa, ma conoscevo davvero un luogo simile? Il periodo più lungo della mia vita l’avevo passato alla Family of Orphans, ma decisamente non avrei chiamato quel posto “casa”, piuttosto l’avrei definito un inferno. Gli unici ricordi felici erano quelli che fino a pochi attimi prima avevo dimenticato: le visite di quel gentile signore che avevo scoperto essere mio padre.
D’altra parte, su un ipotetico modulo per la valutazione della mia esperienza al Campo Mezzosangue avrei potuto scrivere “breve ma intensa”. Nell’arco di due giorni avevo scoperto di essere una semidea, ero quasi morta un paio di volte, Demetra mi aveva riconosciuta come sua figlia e per finire in bellezza avevo ricevuto la mia prima (e ultima si spera) profezia con allegata missione suicida. Ma con tutti questi avvenimenti non ero riuscita ad ambientarmi, i miei stessi fratellastri mi avevano trattata come spazzatura cacciandomi dalla stanza. Quindi nella mia vita c’era davvero un posto che potevo chiamare casa? Probabilmente no.
Gea colse la mia espressione pensierosa e mi rivolse uno sguardo materno, al quale non ero minimamente abituata e che mio malgrado trovai in qualche modo rassicurante. -Hai sofferto molto non è vero?- mi chiese, ci pensai un po’ su e alla fine risposi con un sorriso amaro -Non più degli altri probabilmente-
-Beh in effetti praticamente tutti i semidei hanno una vita difficile, ma fidati- la dea mosse lentamente una mano verso il mio viso per poi appoggiarla sulla mia guancia, solo simbolicamente dato che non poteva toccarmi, eppure mi parve quasi di poterne sentire il calore -pochi hanno vissuto quello che hai dovuto passare tu- terminò.
-Voglio dire- aggiunse dopo un attimo di silenzio -scoprire di essere il figlio di un dio è dura per tutti, in un attimo ti trovi catapultato in un mondo che credevi esistere solo nei libri di storia- un sorriso comparve sul mio volto al ricordo della confusione che avevo provato -ma vivere in un orfanotrofio per tanti anni e poi scoprire di avere una madre che ti ha messo al mondo esclusivamente per compiere il proprio disegno di grandezza- mi guardò per poi concludere -diciamo che è difficile da digerire-
Strinsi i denti mentre rivivevo il momento in cui mia madre mi lasciava avvolta in una coperta davanti a mio padre, lui non aveva possibilità di opporsi e non l’avrebbe fatto perché sapeva che lei non sarebbe tornata a prendermi, ed io ai suoi occhi ero solo una bambina innocente -Lei lo ha ucciso- dissi alla fine -lo ha condannato a morte lasciandomi con lui senza nemmeno una protezione- la rabbia iniziava ad assalirmi, guardai Gea che mi stava ascoltando attentamente scrutandomi con i grandi occhi scuri -sapeva che i mostri non gli avrebbero dato tregua ma non ha fatto nulla per aiutarci- le lacrime mi offuscarono la vista ma le ricacciai indietro -è colpa sua se è morto. Li ha uccisi entrambi, mio padre e Claire. Per colpa sua Sole ha perso sua madre- la donna pose una mano sulla mia spalla e mi sorrise dolcemente.
-Demetra deve pagare per quello che ti ha fatto- la sua mano si spostò dalla mia spalla alla superficie liscia dell’altare, quando le sue dita sfiorarono la pietra un leggero bagliore si sprigionò dal centro di essa e delle lettere greche comparvero incise sulla superficie. Inclinai la testa per leggere, quattro parole erano incise attorno ad una piccola conca circolare comparsa dal nulla al centro dell’altare: αμα, θυσα, γ e ναβισκομαι; ovvero sangue, sacrificio, Gaia e richiamare alla vita. Rabbrividì comprendendo il significato di quelle parole e lo scopo dell’altare, con una mano sfiorai una delle incisioni irregolari che partendo dal centro si diramavano su tutta la pietra come radici, probabilmente per convogliare il sangue nell’imbuto centrale. Mi sporsi verso la piccola conca notando che aveva un piccolo buco centrale per far scendere il liquido sul vecchio albero, la dea notò il mio sguardo preoccupato. Una risatina uscì dalla sua bocca, la guardai perplessa dalla sua reazione -Stai tranquilla non ho intenzione di ucciderti- si affrettò a spiegare agitando le mani -Posso?- chiese indicando la mia collana, senza lasciarmi il tempo di rispondere evocò un germoglio dal terreno e toccò il ciondolo a forma di croce, questo iniziò a vibrare e dopo un paio di secondi la spada prese forma con riluttanza. La giovane piantina afferrò saldamente l’elsa avvolgendosi attorno ad essa -Devo fare i miei complimenti ad Ecate più tardi- disse la dea con un sorriso compiaciuto -il sigillo ha fatto più resistenza di quanto mi aspettassi e la spada è magnifica-
Indietreggiai di qualche passo mettendomi sulla difensiva, vedere quella spada nelle mani di qualcun altro mi metteva a disagio. Come se mi avessero preso qualcosa di molto personale, quasi una parte di me. Gea ignorò la mia reazione e continuò a spiegare -Il tuo sangue può risvegliarmi. Puoi decidere di donarmene un po’ e io, per ringraziarti, mi assicurerò che Sole, Claire e Paul possano stare insieme per l’eternità- disse con un sorriso gentile ma con uno strano bagliore negli occhi, dopodiché assunse un’espressione più determinata -Ti vendicherò, assicurandomi che Demetra soffra quanto avete sofferto voi- distolsi lo sguardo fissando il terreno davanti ai miei piedi pensierosa, il suono della battaglia al di là della barriera di lava era troppo debole perché potesse giungere alle mie orecchie e i pugni di Sole contro la solida superficie di vetro erano solo un flebile sottofondo. -Altrimenti- la punta di una lama luccicante molto famigliare comparve pericolosamente vicino al mio collo -ti incatenerò a questo altare e mi prenderò tutto il tuo sangue con la forza- appoggiando la lama al mio mento mi costrinse ad alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi freddi e decisi -non prima di aver distrutto tutto ciò che ti è rimasto- a queste ultime parole le mie pupille si dilatarono riempiendosi di paura.
-A te la scelta- concluse Gea sorridendomi, con un gesto comandò la piantina di lasciar andare la spada facendo cadere l’elsa nella mia mano. Osservai il mio riflesso nella lama, strinsi entrambe le mani attorno all’elsa vedendo la mia espressione terrorizzata. Il mio cuore stava battendo ad un ritmo che non credevo possibile, sentivo il peso di tutto il mondo sulle spalle e non vedevo alcuna via di fuga. -Perché non ti sei già presa il mio sangue con la forza?- chiesi nel disperato tentativo di prendere tempo.
La dea sbuffò -Volevo darti la possibilità di vendicarti- fece scorrere il dito lungo una delle incisioni sulla pietra con aria impaziente prima di aggiungere -inoltre il sangue donato è molto più potente di quello rubato, ne basterebbe davvero una quantità minima- alzò le spalle con aria indifferente -non amo sporcarmi troppo le mani, ma sono disposta a farlo-
Abbassai nuovamente lo sguardo fissandomi le mani con aria pensierosa, il mio petto si alzava e si abbassava ad un ritmo frenetico seguendo il respiro, avevo la fronte imperlata di sudore. La disperazione mi stava riempiendo gli occhi di lacrime, ne sentii una scorrermi lungo la guancia sporca di terra lasciandosi dietro una scia calda. Non mi curai nemmeno di asciugarla con la mano e tenni lo sguardo basso mentre molte altre la seguivano. Attraverso la vista offuscata vidi la piantina protendersi verso di me toccando le mie mani tremanti, girò attorno al mio braccio sinistro una volta per poi raggiungere il viso. Una foglia mi sfiorò la guancia teneramente raccogliendo una lacrima -Di cosa hai paura bambina?- la voce gentile mi invitò ad alzare lo sguardo. Presi fiato tra i singhiozzi e con voce tremante dissi -N-non voglio che…- feci un altro respiro profondo tentando di calmarmi e continuai -…che altri soffrano per colpa m-mia- la dea sospirò e senza smettere di accarezzarmi la testa attraverso il germoglio disse -Tesoro, tu non devi nulla a queste persone- guardai i suoi grandi occhi gentili ma decisi -non hai una casa e una famiglia degne di essere chiamate tali, questo mondo ti ha dato solo sofferenze- con un cenno alle sue spalle si corresse -vi ha dato solo sofferenze- capì subito che si riferiva Sole, la pianta aumentò la presa sul mio braccio tirandomi delicatamente verso l’altare, mossi qualche passo esitante fino ad arrivare nuovamente davanti alla pietra bianca senza distogliere lo sguardo dall’espressione incoraggiante di Gea.
-Lascia che distrugga la causa delle vostre sofferenze- continuò la donna -Sole sarà più felice insieme a sua madre, tu potrai andare a trovarlo ogni volta che vorrai e nel frattempo starai al mio fianco per forgiare una nuova era-
-E gli altri?- chiesi, la dea fece una smorfia prima di rispondere -Mi vedo costretta a spazzarli via- sentii il cuore stringersi a queste parole -cerca di capirmi- continuò lei -non accetterebbero mai questa realtà, sarebbero solo una noiosa spina nel fianco-
-in ogni caso non hai molta scelta- mi ricordò con uno sguardo serio -seguirmi e avere la vita che hai sempre voluto o morire e passare l’eternità nel punto più profondo del Tartaro- la pianta mi sollevò il braccio portando la spada sull’altare -qualunque decisione prenderai il mondo che conosci ora cesserà di esistere-
Vedendo che continuavo ad esitare un sorriso malizioso comparve sul suo volto per essere subito sostituito da un’espressione seria -Non vorrai dare questa soddisfazione a Demetra- sgranai gli occhi a quelle parole mentre nello sguardo di Gea si intravedeva la luce soddisfatta di chi sa di aver toccato il tasto giusto -tentare di salvare questo mondo fino alla fine, proprio quello che lei si aspetta dalla sua perfetta creatura- trattenni il fiato mentre pensavo a questa eventualità, il sorriso compiaciuto sul volto di mia madre era stampato nella mia mente, una vista insopportabile. Mentre ero sempre più convinta di non avere un’altra possibilità i rumori della battaglia alle mie spalle si facevano sempre più forti, la presa attorno al mio polso si fece più decisa mentre Gea mi sibilava nell’orecchio -Non abbiamo più molto tempo ragazzina e io non mi lascerò certo sfuggire quest’occasione d’oro- un altro ramo si avvolse attorno al mio polso sinistro avvicinando la mano alla lama della spada -basta un solo taglio deciso, sentirai un po’ di dolore ma nulla che una come te non possa sopportare- annuì mentre le parole della dea mi risuonavano nella mente e la rabbia verso Demetra si faceva sempre più strada dentro di me offuscandomi la mente ed impedendomi di ragionare. Mi portai più vicino all’altare mettendo la mano sinistra sopra la conca e avvicinando la lama al mio palmo, il germoglio allentò la sua presa ritirandosi, mentre mille pensieri mi travolgevano la mente sentii il metallo freddo premere contro la pelle e presi a respirare più velocemente. Avrei voluto gridare e scomparire, sentii persino la mancanza del Tartaro con la sua aria tossica e la solitudine che avevo provato, volevo correre nella casa nella palude, infilarmi sotto le coperte dell’enorme letto e rimanere lì per sempre. Chiusi gli occhi e trattenni il fiato mentre mi preparavo a muovere la lama lungo la mano tagliando la pelle, riuscivo a percepire lo sguardo penetrante di Gea e riuscivo ad immaginare il sorriso allargarsi sul suo volto in modo maniacale. Proprio mentre stavo per trascinare la mano una voce giunse alle mie orecchie, così inaspettata che pensai di essermela immaginata fino a quando non chiamò nuovamente il mio nome. Anche senza voltarmi capii subito che si trattava di Percy, il semidio cercava disperatamente di respingere la lava che si stava sempre più ritirandosi e mi chiamava disperatamente facendo ricorso alle sue ultime forze. Mi voltai leggermente incontrando la sua espressione stanca e per un attimo scorsi il viso di tutti quelli dietro di lui: i gemelli Stoll, Annabeth, Chirone e persino Reyna stavano lottando disperatamente per raggiungermi. Davanti ai miei occhi vidi scorrere le immagini dei loro volti felici nella vita di tutti i giorni, potevo davvero cancellare la loro felicità per la pura soddisfazione di vedere mia madre sconfitta? Guardando più lontano vidi Demetra osservarmi con espressione neutra, sentii l’odio pervadermi nuovamente la mente e le lanciai uno sguardo pieno di rabbia, dopodiché cercai disperatamente di reprimere quei sentimenti stringendo la presa attorno all’elsa.
Fu in quel momento che incontrai lo sguardo di Sole. In un attimo tutto divenne chiaro, non potevo sacrificare la felicità di tutti per una vendetta contro il mondo che ci aveva dato solo dolore. Oltretutto Sole non sarebbe mai stato felice in una vita del genere, non potevo farlo. Allentai la presa sulla lama della spada abbassando leggermente le braccia mentre chiudendo gli occhi ragionavo sul da farsi.
-Non posso- dichiarai, Gea mi rivolse uno sguardo perplesso mentre il sorriso spariva lentamente dalla sua faccia lasciando spazio ad un’espressione furiosa -Come? Che significa?- gridò lei stringendo i pugni -Non posso farlo!- gridai -Non posso cancellare la felicità di chi dopo tante battaglie ha trovato il suo posto solo perché io non ne ho uno mio- continuai -non posso distruggere questo mondo per vendicarmi di mia madre, la mia felicità non vale più di quella di tutte le altre persone- portai entrambe le mani sull’elsa, stringendo la presa mentre la folle e spaventosa scappatoia da quella situazione apparentemente senza uscita si faceva strada nella mia mente -La mia vita non vale così tanto- bisbigliai. -Hai preso la tua decisione ragazzina ingrata- borbottò la dea -ora muori!- gridò e si apprestò a comandare alle piante di attaccarmi, in quel momento con un colpo deciso conficcai la spada nel centro dell’altare spingendo la lama in profondità con tutte le mie forze. Le incisioni nella pietra divennero crepe, la dea lanciò un grido d’orrore mettendosi le mani nei capelli mentre la sua immagine tremolava. I germogli si scagliarono furiosamente verso di me, lasciai la presa sull’elsa scansandomi velocemente mentre le piante si affrettavano ad afferrare la spada tentando di estrarla. Sapevo di non avere molto tempo, non ero in grado di distruggere completamente l’altare che era chiaramente la fonte del potere di Gea, quindi non mi restava che portare a termine il mio piano.
Raccolsi tutto il coraggio e la determinazione che mi erano rimasti e corsi verso il mio zaino, incrociai per un secondo lo sguardo perplesso ma fiducioso di Sole, un sorriso speranzoso si stava facendo lentamente strada sul suo viso mentre si accarezzava le nocche violacee e sporche di sangue per i pugni dati alla parete. Caddi in ginocchio e iniziai a frugare freneticamente nello zaino, dietro di me sentii il respiro affannoso di Gea e un lamento seguito dal suono della spada che veniva estratta dalla pietra e cadeva successivamente a terra. Mi voltai e vidi Gea in ginocchio vicino all’altare aggrapparsi ad esso per alzarsi con fatica, scostai il computer di Dedalo e finalmente la mia mano incontrò l’oggetto che stavo cercando. Estrassi il pugnale che era appartenuto ad Annabeth mentre le lacrime iniziavano a solcarmi il viso, mi voltai a guardare Percy, lui mi guardò perplesso per un attimo e poi sgranò gli occhi abbassando la spada, distolsi lo sguardo per lanciare un’ultima occhiata a Sole. Il ragazzo mi guardava da dentro la sfera di vetro, le mani appoggiate alla parete e sul viso un’espressione terrorizzata. Gli rivolsi un sorriso dolce tra le lacrime, lui scosse la testa lentamente bisbigliando qualcosa, dopodiché prese a picchiare con le mani sul vetro gridandomi di non farlo. Stringendo i denti aumentai la presa sull’impugnatura del pugnale, sapevo di fare la cosa giusta ma ero terrorizzata, chiusi gli occhi e dopo aver preso un bel respiro guardai Sole negli occhi -Scu sa mi- bisbigliai facendo attenzione a scandire bene le sillabe, il ragazzo non smise di gridare e battere i pugni in preda alla disperazione ma io alzai le braccia tremanti. La lama scintillò alla luce del sole, per la prima volta notai che la luna era ormai praticamente sovrapposta al sole, un sorriso amaro si formò sul mio volto mentre i versi della profezia mi tornavano in mente e dopo aver preso un bel respiro mi impressi nella memoria quell’immagine. Con un sospiro, e senza distogliere lo sguardo dall’eclissi, calai il pugnale sul mio petto con tutta la forza che riuscii a trovare. La lama mi attraversò il cuore lasciandomi senza fiato, un dolore mai provato prima mi travolse mentre la bocca si riempiva di sangue. Due voci distinte mi arrivarono: quella di Gea ricolma di rabbia e quella disperata di Percy; guardai il semidio con gli occhi sgranati e dietro di lui vidi l’odiosa espressione soddisfatta di Demetra ma non le diedi peso, ormai non aveva più importanza. Sentii le forze abbandonarmi e caddi sulla schiena in modo scomposto, i miei occhi incrociarono quelli di Sole e l’ultima cosa che vidi prima di perdere i sensi fu la sua espressione distrutta mentre con le mani contro la sfera di vetro assisteva impotente alla mia morte. Improvvisamente cessai di sentire dolore e la vista sfumò così come i suoni attorno a me, il sangue caldo scorreva nel terreno arido lontano dal prezioso altare di Gea mentre il mio corpo ormai inutile sembrava diventare sempre più pesante. Un’ultima lacrima mi scese lungo la guancia e un sorriso triste si formò sul mio volto, mi consolai con l’idea di essere riuscita a fare ciò che andava fatto, dopodiché fu il buio assoluto.


ANGOLO AUTRICE:
Eeeeeeeeeee sono tornata gente, scusate il ritardo ma sono pigra. E malvagia a quanto pare. MOOOOOLTO malvagia. Ebbene si la vostra Francy ha appena compiuto l'estremo sacrificio nel disperato tentativo di salvare i suoi amici. Cosa farà ora Gea? Ma sopratutto: come reagiranno gli altri semidei? In particolare Sole.
Per scoprirlo tenete d'occhio gli aggiornamenti perchè ormai manca davvero poco alla fine di questa storia ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo pls <3
vi amo

Sole Walker

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Capitolo 33
*** When your light goes off ***


¤Sole¤
Da quando Gea mi aveva rinchiuso in quell’incredibile palla di vetro non avevo smesso di cercare un modo per liberarmi nemmeno per un secondo. Odiavo sapere Francy là fuori da sola, la dea era innocua solo in apparenza e vederla parlare con la ragazza senza poter sentire le sue parole mi metteva a disagio. Tentai di raggiungere la spada ai miei piedi ma era coperta da uno spesso strato di vetro fuso, non avevo nulla con cui rompere il vetro, quindi dopo qualche minuto mi concentrai sulle pareti più sottili. Chiusi la mano destra e sferrai un pugno deciso alla superficie liscia, nonostante vi avessi messo tutta la mia forza il vetro non dette alcun segno di cedimento, ignorai il dolore e ne sferrai un altro. Dopo un tempo che sembrò infinito mi fermai a guardare le nocche insanguinate di entrambe le mani, sapevo che era inutile ma non potevo rimanermene immobile aspettando che si esaurisse l’ossigeno. Alzai lo sguardo e vidi la dea avvicinarsi a Francy e la spada della semidea prendere forma davanti a loro, sgranai gli occhi gridando il suo nome ma non potevano sentirmi. Rimasi immobile a guardarla, mentre ascoltava le parole della dea il suo viso esprimeva le emozioni contrastanti che stava provando. Turbata si voltò dandomi le spalle e portando la spada sull’altare. Ripresi a battere i pugni sulle pareti della gabbia con ancora più forza, le mani imploravano pietà ma ero troppo preoccupato di ciò che stava accadendo fuori per badarci. All’improvviso Francy si voltò come richiamata da qualcosa alle mie spalle e dopo un istante mi guardò negli occhi, tentai di trasmetterle tutta la mia solidarietà e sembrare il più tranquillo possibile, ma probabilmente non ero molto credibile con le mani insanguinate appoggiate alla parete e il petto che si muoveva ad un ritmo frenetico. Eppure dalla sua espressione capii che in qualche modo le ero stato utile, lo sguardo combattuto lasciò immediatamente il posto ad uno deciso e la ragazza mormorò qualcosa che lasciò la dea visibilmente turbata. Francy si voltò verso la donna e parlò con più decisione, a quel punto la dea si preparò ad attaccarla e lei senza esitare conficcò la lunga lama della spada nel vecchio altare per poi correre verso di me. La guardai speranzoso mentre mi passava accanto, un leggero sorriso si fece strada sul mio volto perché capii che aveva un piano, ancora non sapevo che non mi sarebbe piaciuto per niente.
La vidi frugare nello zaino malmesso e lanciare occhiate preoccupate alla dea che si stava riprendendo dall’attacco a sorpresa, imprecò scostando il computer di Dedalo. Poi la sua mano estrasse un oggetto a cui levò il fodero, una piccola lama scintillò nella luce soffusa dell’eclissi quasi completa, la guardai confuso e sgranai gli occhi quando il mio sguardo incontrò una piccola lacrima che le stava scivolando verso il collo. In un attimo capii quali erano le sue intenzioni, anche se non avevo idea del perché lo stesse facendo, in realtà non m’importava nemmeno: non potevo accettarlo. Non potevo perderla, non volevo perderla. Francy guardò qualcosa oltre la parete di lava per un breve istante e poi si voltò verso di me, sul viso aveva il sorriso più dolce che mi avesse mai rivolto ma le lacrime le riempivano gli occhi bagnandole le guance. Scossi la testa lentamente -No, ti prego non farlo- bisbigliai, ma lei continuò a sorridere senza lasciare la presa sull’elsa del pugnale -NON LO FARE- gridai battendo i pugni sulla parete che ci divideva, mai come ora avrei voluto correre da lei. Le lacrime minacciarono di scendere anche lungo il mio viso mentre la guardavo terrorizzato, Francy chiuse gli occhi e prese un bel respiro stringendo il coltello tra le mani, poi tornò a guardarmi con i grandi occhi marroni e le sue labbra mimarono una parola: “scusami”. Sentii una mano invisibile stritolarmi il cuore e la chiamai ancora una volta, sull’orlo della disperazione, ma le sue braccia tremanti si alzarono sopra petto per poi abbassarsi conficcando la lama nel cuore. Mi parve quasi di sentire il rumore e per un attimo pensai di essere stato trafitto anch’io per quanto mi fece male il petto, il suo nome mi morì in gola mentre la guardavo accasciarsi sulla schiena, il pugnale ancora conficcato nel petto. Incrociai il suo sguardo e mi cedettero le ginocchia, caddi sul pavimento trasparente lasciando delle leggere strisce insanguinate mentre le mie mani scivolavano sulla parete liscia. Mi sentii terribilmente impotente mentre guardavo la ragazza a poco più di un metro e mezzo da me spegnersi lentamente. Una lacrima scivolò lungo la mia guancia, ma non aveva importanza, scorsi del movimento alla mia sinistra e mi voltai in quella direzione. I semidei si erano ammassati davanti alla breccia che si era formata nella parete di lava e guardavano la scena sgomenti, i miei occhi incontrarono quelli spalancati di Percy Jackson. Ci guardammo a lungo condividendo il nostro dolore, poi il figlio di Poseidone tentò di raggiungere il corpo senza vita di Francy ma i ragazzi alle sue spalle lo bloccarono afferrandolo per le braccia. Gesticolarono animatamente per qualche secondo tendando di far ragionare il ragazzo ed indicando la dea alla mia destra, sentivo la testa pesante ed ero molto assonnato, l’ossigeno a mia disposizione stava terminando. Con uno sforzo voltai la testa verso l’altare incontrando lo sguardo furibondo di Gea, la donna aveva evocato nuovamente un paio di ometti bassi e deformi. I due si stavano dirigendo lentamente verso di me agitando delle mazze, era evidente che ora l’obiettivo della dea ero diventato io. Tornai a guardare la schiera di semidei e una donna robusta sulla cinquantina attirò la mia attenzione: aveva spighe di grano e papaveri nei lunghi capelli castani. Capii subito che si trattava di Demetra, la dea osservava in silenzio il corpo esanime della figlia e sulle labbra aveva un piccolo sorriso compiaciuto.
Abbassai lo sguardo sui miei palmi sporchi di sangue, come poteva quella donna sorridere? Francy era appena morta davanti ai suoi occhi, perché io mi sentivo così distrutto se lei riusciva ad essere felice? Nessuno aveva mosso un dito per salvarla, avrei dovuto proteggerla ma avevo fallito. Strinsi i pugni, mi sentivo nuovamente come la sera in cui mia madre era uscita dalla porta di casa per non tornare mai più: abbandonato e divorato da un inutile e stupido senso di colpa. Rividi le labbra di Francy muoversi mimando l’ultima parola che mi aveva rivolto e con orrore mi resi conto che erano quasi le stesse di mia madre: “Scusami”.
Senti… stavo pensando che quando avremo finito la missione potresti venire con me da mia zia” mi tornò in mente la conversazione che avevamo avuto poco prima nell’ascensore “penso che le farebbe piacere conoscerti. Sempre se te la senti ovviamente” mi portai le mani alle orecchie pur sapendo che la voce era solo nella mia testa e abbassai il petto verso le ginocchia mentre le lacrime scivolavano attraverso le palpebre serrate. Ricordai lo sguardo felice che mi aveva rivolto quando le avevo fatto questa proposta, la sua bocca che si apriva per rispondermi interrotta dal movimento brusco dell’ascensore. Avrei voluto sentire ciò che voleva dirmi. Con orrore mi resi conto che non riuscivo a ricordare il suono della sua voce e mi sentii completamente vuoto, alzai lo sguardo smarrito al cielo e vidi la luna sovrapporsi quasi del tutto al sole. Volevo sentire la sua risata e il tono arrabbiato con cui mi riprendeva quando mi prendevo gioco di lei. La rabbia e la tristezza presero il sopravvento, chiusi gli occhi e gridai, ma dalla mia bocca non uscii alcun suono. La sfera di vetro iniziò a riempirsi di crepe e in un attimo andò in mille pezzi, una piccola onda d’urto si propagò attorno a me mandando a gambe all’aria i nani che erano arrivati ad un metro da me. Quando riaprii gli occhi i due ometti giacevano a terra, con le mani alzate come a tapparsi le orecchie e privi di sensi, i semidei dall’altro lato del cerchio mi guardavano stupiti. Non vi diedi peso, mi alzai barcollante e feci qualche passo. Raccolsi da terra la spada di Francy che la dea aveva scagliato via, la lama si ritirò e la collana tornò al suo aspetto originale. Mi precipitai verso la ragazza e una volta raggiunto il suo corpo caddi in ginocchio, con una mano esitante sfiorai il suo viso ancora caldo e una lacrima cadde sulla sua maglietta. Guardai con odio l’elsa che le spuntava dal petto e con un gesto deciso estrassi il pugnale buttandolo a terra. Un suono orribile arrivò alle mie orecchie e la vista della lama sporca di sangue mi fece venire la nausea, depositai la catenina con i tre ciondoli nella sua mano destra chiudendola in modo che la ragazza stringesse il regalo di suo padre. Sentii la testa girare mentre prendevo tra le braccia il suo corpo e la stringevo a me. Il sangue inzuppò anche la mia maglietta, affondai la testa nell’incavo tra la spalla e il collo della ragazza, tentai di piangere ma le lacrime non riuscivano più a salire. Mi sentivo come se fossi in un brutto sogno, tutto attorno a me sembrava così lontano, percepivo solo il calore di Francy e il vuoto nel mio petto.
-Sole Walker- la voce alle mie spalle mi fece ribollire di rabbia all’istante, un’energia nuova iniziò a scorrermi nelle vene riempiendomi lo stomaco di calore. Alzai lo sguardo per incontrare l’espressione crudele di Gea -è un peccato che sia andata così, ma la ragazza ha fatto la sua scelta-
-Cosa le hai detto?- gridai stringendo ancora di più le braccia attorno al corpo pesante della semidea, la dea alzò le spalle -Le ho proposto un patto: un po’ del suo sangue dato spontaneamente e in cambio mi sarei vendicata del male che sua madre vi aveva fatto- un sorriso malvagio si formò sulle labbra della donna mentre continuava a spiegare -oppure, se si fosse rifiutata, me lo sarei presa tutto. Non prima di essermi sbarazzata di te e di quegli altri semidei- strinsi i pugni pensando alla decisione difficile a cui Francy si era trovata davanti.
-Ma quella stupida ragazzina si è impuntata sulla clausola che mi dava il diritto di spazzare via l’umanità- disse Gea scuotendo la testa con evidente disappunto -e ha deciso di sprecare il suo sangue-
-Ha fatto la cosa giusta- dichiarai accarezzando il viso pallido della ragazza tra le mie braccia -io avrei fatto lo stesso- aggiunsi pulendo con il pollice il rigolo di sangue che usciva dall’angolo della bocca di Francy.
-Beh per colpa sua ora sarò costretta ad ucciderti- sollevai il viso lanciando un’occhiata perplessa alla dea -il suicidio della ragazzina non cambia il mio piano- spiegò lei -certo, il suo sangue sarebbe stato perfetto per me vista la sua discendenza- Gea mi rivolse uno sguardo famelico -ma anche il tuo può andar bene-
-Perché?- chiesi fissandola deciso -Cosa abbiamo di speciale io e Francy?-
-Dovresti saperlo- commentò lei -non si trovano ovunque due figli concepiti da un dio e un semidio- sgranai gli occhi ricordando ciò che avevo visto nell’Anima Cogitans, Paul e mia madre erano stati costretti a fuggire perché emanavamo troppo potere -siete essenzialmente dei per tre mezzi, questo vi rende più potenti di qualunque semidio- la dea tornò vicino all’altare danneggiato e con una smorfia aggiunse -Nemmeno il pretore del Campo Giove ha il vostro potere, Frank Zhang se non sbaglio, lui è figlio di Marte e una discendente di Periclimeno-
Deglutii, concentrandomi riuscivo a sentire il potere scorrere nel mio corpo, ma non mi ero mai sentito davvero più forte degli altri -Purtroppo noi due non abbiamo la stessa compatibilità che avevo con la ragazzina, quindi temo che dovrò prendermi tutto il tuo sangue e quello di un paio di semidei- aggiunse la dea con una finta espressione dispiaciuta -ma tanto vi avrei eliminati tutti comunque- chiarì ridendo.
Sentii la rabbia riempirmi la mente, non potevo permettere che il sacrificio di Francy fosse vano. Delicatamente depositai il corpo della semidea sul terreno arido -Torno subito, promesso- bisbigliai accarezzandole una guancia con il dorso della mano.
 -Ora stai fermo, mi assicurerò che sia doloroso- Gea alzò una mano con un gesto deciso e due germogli preso forma accanto a me attorcigliandosi attorno alle braccia, stringendo forte si alzarono verso l’alto trascinandomi bruscamente in piedi. Guardai la dea con odio e sentii il sangue pulsare nelle vene delle braccia, un leggero fumo si alzò dai rami che mi stavano immobilizzando. La donna ritrasse la mano con un grido come se qualcosa l’avesse scottata, di conseguenza i germogli si ritirarono allontanandosi da me.
-Che stai facendo?- gridò lei massaggiandosi la mano mentre dietro di lei prendeva vita un gigante di pietra. Li ignorai entrambi abbassando lo sguardo sulla semidea ai miei piedi, rimasi a guardarla per un istante: sulle labbra aveva ancora il sorriso dolce che mi aveva rivolto, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso. Li fissai per qualche secondo prima di capire che non erano più luminosi come una volta, la luce che li aveva sempre caratterizzati si era spenta per sempre. Mi impressi nella memoria il suo volto per non dimenticarlo come avevo fatto con la sua voce. Ogni secondo che passava sentivo la testa più pesante, nel mio stomaco il senso di colpa stava lottando con la rabbia provocando una nausea crescente. Non riuscivo a perdonarmi il fatto di non essere intervenuto in tempo per salvarla, ma allo stesso tempo incolpavo sua madre Demetra e la donna a pochi passi da me.
-Walker vieni via da lì- la voce di Reyna interruppe i miei pensieri -è un ordine- alzai lo sguardo nella direzione della voce ma non vidi nessuno. O meglio non vidi nulla. Attorno a me era tutto nero, sopra la mia testa la luna si era completamente sovrapposta al sole completando l’eclissi, ma non poteva essere quella la causa del buio. Era come se ai miei occhi la luce si fosse spenta del tutto, rimanevano visibili solo il corpo di Francy, il sorriso compiaciuto di Demetra, Gea e il suo gigante. Mi voltai dando le spalle alla semidea e alla voce del pretore per incamminarmi con lo sguardo basso verso l’altare. La testa pulsava e nel mio petto si stava accumulando un calore mai provato prima, un potere sconosciuto stava emergendo dal profondo della mia anima risucchiando ogni emozione. Mi fermai al centro del cerchio di terra bruciata, portandomi una mano al petto sentii il cuore battere contro la cassa toracica come se stesse per esplodere. Una lacrima scese lungo la mia guancia seguita da molte altre, mentre cercavo di respirare e ignorare il dolore al petto Gea fece segno al mostro di pietra di avanzare. Lentamente il gigante spostò i pesanti piedi fino a trovarsi davanti a me, alzai lo sguardo e lo vidi abbassare la mano verso di me per afferrarmi, ma non m’importava. Qualcosa sopra la sua grande testa attirò la mia attenzione, per la prima volta notai l’eclissi completa, un alone rosso fuoco circondava un cerchio nero. Provai l’immenso desiderio di vedere il cielo azzurro, mi sentivo soffocare, ma luce per me non sarebbe mai più tornata. Si era spenta per sempre con la vita di Francy, non importava quanto lo desiderassi. Ma non volevo arrendermi: guardai con insistenza quel cerchio di fuoco e lo chiamai disperatamente, volevo che mi circondasse cancellando quel buio insopportabile.
Come ascoltando le mie preghiere l’alone rosso s’ingrandì, continuai a pensarci anche quando la mano iniziò ad abbassarsi lentamente su di me -Ti prego- bisbigliai -brilla di più- nella mia mente l’immagine degli occhi spenti di Francy si faceva sempre più insopportabile. Con lo sguardo al cielo gridai fino a quando i polmoni me lo permisero, improvvisamente sentii tutta l’energia scorrere fuori dal mio corpo e salire verso l’alto, trattenni l’impulso a vomitare e allargai le gambe per non cadere. La testa mi faceva male e sembrava pesare come un macigno, sentii le dita di pietra del gigante sfiorarmi il corpo ma non distolsi lo sguardo dall’eclissi. All’improvviso una colonna di fuoco scese dal cielo schiantandosi a terra, non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto di ciò che stava succedendo, in un attimo mi ritrovai circondato dalle fiamme. Le grida di Gea giunsero alle mie orecchie seguite da molte altre, ma non mi sfiorarono nemmeno. Mi sentii sollevato come lo ero stato poche volte nella mia vita, anzi probabilmente quella era la prima volta, il calore avvolse il mio corpo e sentii i muscoli rilassarsi e la testa alleggerirsi. Quando le fiamme scomparvero una luce rossastra illuminava il paesaggio attorno a me, non c’era più traccia né di Gea, né del gigante, né dell’altare. Ero confuso ma sollevato, mi voltai rischiando di cadere, forse ero anche troppo rilassato. Mossi qualche passo esitante sul terreno che aveva la stessa consistenza del fango ma un colore rosso acceso, come la lava, le mie scarpe erano scomparse ma il resto del mio abbigliamento era intatto. Sotto la maglietta portavo ancora il medaglione a forma di sole che avevo avuto al collo per tutto il viaggio e che mi era tornato inaspettatamente molto utile, l’oro emanava un piacevole calore a contatto con la mia pelle. Da sopra la mia testa proveniva una strana luce, ma mi sentivo troppo assonnato per interessarmene, mi voltai e avanzai strisciando i piedi per raggiungere di nuovo il corpo della semidea. Ero sul punto di svenire, alzai lo sguardo e i miei occhi incontrarono la figura di un uomo, in piedi esattamente dietro Francy. Sembrava avere non più di venticinque anni, i capelli biondi risplendevano alla luce rossastra, il suo corpo muscoloso e abbronzato sembrava circondato da un alone luminoso. Gli occhi azzurri mi ricordarono quelli di mia madre, sul volto aveva un’espressione seria che stonava con la sua immagine. Ero quasi certo di averlo già visto e ancora più sicuro che non fosse umano, gli rivolsi uno sguardo perplesso e l’espressione dell’uomo si addolcì. Sentii le gambe cedermi e all’improvviso caddi in ginocchio, ero prosciugato da ogni energia, volevo dormire. Mi sdraiai sulla schiena alla sinistra di Francy, alzando la mano voltai il suo volto nella mia direzione e le abbassai le palpebre, in quel modo potevo sforzarmi e fingere che stesse solo dormendo. Poi presi la sua mano intrecciando le mie dita con le sue e chiusi gli occhi. Sentii il calore della sua mano, strinsi la presa accarezzando il dorso della mano della ragazza con il pollice mentre la mia mente scivolava via cancellando il dolore e la stanchezza.

ANGOLO AUTRICE:
ed eccoci qui, sempre più vicini alla fine di questa storia. Situazione attuale? Due semidei: una morta e uno svenuto; nessuna speranza per la povera Gea spazzata via da un raggio di sole. Detto così sembra una barzelletta.

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo :-* e aspettate il prossimo perchè le sfide non sono ancora finite.

Sole Walker

 

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Capitolo 34
*** The last verse ***


~Percy~

Quando la parete di lava ci aveva sbarrato la strada avevo istintivamente teso la mano verso Francy, ma Travis e Connor mi avevano bloccato giusto in tempo -Tranquilla, vi tireremo fuori di lì- avevo fatto in tempo a gridarle solo questo prima che il muro incandescente si mettesse tra noi.

Da quel momento in poi avevo collaborato con gli dei per oltrepassare la barriera, io e mio padre gettavamo acqua sulla parete di lava cercando di solidificarla ma stava diventando sempre più difficile richiamare acqua. Apollo immergeva le mani nude nella lava cercando di assottigliare il muro che ci divideva da Gea e i due semidei, ma il liquido incandescente continuava a fuoriuscire dalla spaccatura nel terreno. Accanto a noi Atena guidava il padre degli dei indicandogli i punti che era meglio colpire per indebolire il muro più velocemente. Indietreggiai più di una volta per prendere fiato e riposarmi lontano dal calore insopportabile, durante queste pause mi guardai attorno: anche gli altri semidei stavano facendo del proprio meglio, sia quelli del Campo Giove che del Campo Mezzosangue. Durante l’ultima pausa mi si avvicinò Annabeth, il sudore le grondava lungo la fronte, mi porse la sua borraccia con uno sguardo preoccupato e io le rivolsi un piccolo sorriso riconoscente prima di sospirare -Stanno tutti facendo del loro meglio- dissi guardando la massa di ragazzi a pochi metri da noi.

Annabeth si accigliò -Non proprio- commentò sedendosi accanto a me e facendo un cenno con la testa alla propria destra, mi chinai in avanti e notai le moire sedute tranquillamente all’ombra di un albero.

-Beh, sapevamo entrambi che non ci avrebbero aiutati- sospirai scrollando le spalle -Non mi riferivo a loro- continuò Annabeth spostando delle ciocche bionde che le si erano appiccicate al viso. Era raro che lasciasse trasparire le sue emozioni, ma questa volta la sua irritazione era palpabile. Mi sporsi in avanti ancora una volta e notai una quarta figura in piedi appoggiata all’albero -Demetra?- borbottai irritato -non è nemmeno un po’ preoccupata per sua figlia, non mi sorprende-

-Secondo te cos’ha in mente?- mi chiese la ragazza con tono preoccupato, guardai i suoi occhi grigio tempesta agitarsi sempre di più, le strinsi la mano -Non ne ho idea, ma temo che non ci piacerà-

-C’è un’altra cosa che mi lascia perplessa- aggiunse lei stringendo a sua volta la presa, la guardai invitandola a continuare -Apollo- disse indicando con la testa la schiena del dio intento a cercare un varco -forse è solo una mia impressione- chiarì -ma non l’ho mai visto così-

-Così come?- le chiesi senza staccare gli occhi dal dio -Preoccupato, agitato, concentrato… non lo so, sembra diverso- rispose -l’abbiamo incontrato più volte, quante di queste l’hai visto comportarsi in modo così serio?-

Poggiai le labbra sulla borraccia e bevvi un sorso d’acqua, riflettendo su ciò che Annabeth aveva appena detto -Hai ragione, è strano- nessuno dei due fece in tempo ad aggiungere altro perché un grido attirò la nostra attenzione. Scattai in piedi lasciando cadere la borraccia aperta sul terreno erboso e mi precipitai verso il semidio che stava gridando -Qui! Tutti qui!- continuava a ripetere. Mi feci strada tra la folla fino a raggiungere mio padre e Chirone accanto a Connor, Travis, Reyna e un paio di altri ragazzi del Campo Giove, tutti grondanti di sudore. Connor riprese fiato asciugandosi la fronte con il braccio e indicò la parete accanto a loro guardando me e Annabeth che mi aveva raggiunto. Notai che la lava si era solidificata alla base -Non sarà pericoloso?- chiese la ragazza alle mie spalle -Se rimane bloccato potrebbe esplodere- spiegò. Travis scosse la testa -Lungo gli altri lati scorre ancora, quindi non dovrebbe esserci pericolo-

-Ok- dissi -sbrighiamoci- tolsi il tappo a Vortice. Dopo numerosi fendenti la parete cominciò a sgretolarsi e alla fine crollò su sé stessa, immediatamente la lava liquida ai lati della spaccatura iniziò a colare verso il centro cercando di sbarrarci la strada. Ma Poseidone e Apollo la respinsero mentre io e gli altri semidei aprivamo ulteriormente il passaggio, quando il campo di fronte a me fu completamente libero alzai lo sguardo e ciò che vidi mi lasciò senza parole. Sole era bloccato in quella che sembrava una grossa sfera di cristallo e batteva i pugni contro le pareti trasparenti, il sangue colava lungo le nocche di entrambe le mani e sporcava il vetro ma lo sguardo del semidio era fisso davanti a sé. Seguì il suo sguardo e il sangue mi si gelò nelle vene. Francy era in piedi davanti all’altare accanto a Gea, mi dava le spalle ma riuscii a capire che teneva in mano la propria spada. Allarmato gridai il suo nome, vidi le sue spalle irrigidirsi ma non si voltò, così riprovai di nuovo e questa volta la semidea girò il viso di scatto guardandomi negli occhi. Non ebbi difficoltà a riconoscere la confusione sul suo volto mischiata al terrore, fissò qualcosa alle mie spalle e l’odio mutò la sua espressione. Ma fu solo un istante perché quando i suoi occhi incrociarono quelli di Sole tutte le emozioni negative vennero come spazzate via, all’improvviso sembrava molto più sicura di sé. Guardò Gea negli occhi e le disse qualcosa, quelle poche parole bastarono a far infuriare la dea che tentò di scagliare su di lei un rampicante. Francy con un movimento fulmineo conficcò la lama della spada nell’altare spingendola il più possibile in profondità, le grida della dea risuonarono in tutto l’altopiano. La semidea approfittò quindi della distrazione di Gea per fiondarsi verso il proprio zaino, frugò al suo interno per qualche secondo e alla fine estrasse un oggetto scintillante. Quando lo riconobbi sgranai gli occhi e guardai Annabeth alle mie spalle -Quello è…- cominciai e lei annuì più sorpresa di me. Ma non ebbi tempo di ragionare sul come Francy fosse entrata in possesso del pugnale della figlia di Atena perché quando incontrai il suo sguardo il piano mi fu chiaro, quel pugnale sarebbe stato usato ancora una volta per uccidere una persona che conoscevo. E questa volta avrebbe fatto senza dubbio più male. Non ebbi il tempo di dire niente, la semidea di voltò verso Sole, bisbigliò qualcosa e alzò le mani tremanti verso il cielo dove la luna si stava sempre più sovrapponendo al sole. Sentii l’elsa di vortice scivolarmi dalle dita ma non riuscii a fare nulla, solo quando il pugnale scese sul suo petto attraversando la carne trovai la forza di gridare il suo nome dopodiché rimasi incapace di fare qualunque cosa. Non sentii le grida rabbiose di Gea e nemmeno le persone dietro di me chiamare Francy, avvertii vagamente la mano di Annabeth stringersi sul mio braccio e vidi le lacrime rigarle il viso.

Quando alzai lo sguardo verso la palla di vetro i miei occhi incontrarono quelli altrettanto sconvolti di Sole e capii che lui stava soffrendo anche più di me. Senza pensare cercai di dirigermi verso il corpo immobile di Francy, ma numerose mani mi afferrarono impedendomi di muovermi, cercai di scrollarmele di dosso ma era tutto inutile. Connor mi afferrò per le spalle e mi fece voltare verso di lui, aveva il volto sconvolto ma la sua voce era ferma, non capii una parola di ciò che mi stava dicendo va lo vidi indicare Gea. Guardai la dea e vidi che aveva evocato altri due omuncoli armati di mazze che si dirigevano verso Sole con sguardi minacciosi, il ragazzo giaceva in ginocchio nella sfera con lo sguardo perso. Cercai di raccogliere i pensieri e trovare un modo per aiutarlo, ma prima che ci riuscissi il ragazzo si portò le mani alle orecchie e si chinò su sè stesso spalancando la bocca come se stesse gridando. All’improvviso la superficie della sfera si riempì di crepe fino a crollare su in mille pezzi. In quell’istante i piccoli mostri lasciarono cadere le armi portandosi le mani alle orecchie, ma evidentemente ciò non servì a proteggerli da qualunque cosa gli stesse dando fastidio perché dopo pochi istanti caddero a terra privi di sensi. Gea sembrava stupita quanto me, ma quando Sole riaprì gli occhi non ci fece caso, si alzò in piedi barcollante, raccolse la spada di Francy da terra e si precipitò verso di lei. Estrasse subito il pugnale dal corpo della ragazza, il suono orrendo arrivò anche alle mie orecchie facendomi venire la nausea ma non distolsi lo sguardo da Sole. Lo vidi prendere la semidea tra le braccia e immergere la testa tra i suoi capelli, rimase in quella posizione fino a quando Gea non chiamò il suo nome.

Il ragazzo la guardò con odio e cominciò a farle domande, dal loro discorso appresi che Francy si era sacrificata per salvare il mondo in cui vivevo e che sia lei che Sole erano figli di un dio e un semidio. Per questo Gea era interessata al loro sangue, ora che Francy era morta avrebbe usato quello di Sole e dei semidei lì presenti. Sentii il sangue ribollirmi nelle vene e istintivamente mi parai davanti ad Annabeth, non avrei retto un’altra perdita. Attorno a noi il paesaggio si faceva sempre più cupo, il sole era alto sopra le nostre teste ma sembrava di essere al crepuscolo. Alzai lo sguardo e notai che l’eclissi era completa.
Sole depositò delicatamente il corpo di Francy sul terreno, aveva uno sguardo pieno di rabbia e sensi di colpa. Gea agitò una mano e due germogli spuntarono dal terreno attorcigliandosi attorno alle braccia del ragazzo e trascinandolo in piedi, ma dopo pochi secondi la dea lanciò un grido e i ramoscelli si ritirarono lasciando libero il semidio. Non ci stavo più capendo nulla, alle spalle di Gea un gigante di pietra iniziò a prendere forma, mentre alla mia destra sentii Reyna gridare -Walker vieni via da lì, è un ordine- il tono autoritario non lasciava trasparire la preoccupazione che era evidente sul suo viso. Sole alzò la testa guardando nella nostra direzione, ma il suo sguardo era perso nel vuoto, ci fissò per qualche istante prima di darci le spalle definitivamente. Due ragazzi accanto a me, che riconobbi come Dakota e Hank del Campo Giove, chiamarono il suo nome implorandolo di tornare indietro, alle mie spalle molte ragazze di entrambi i campi lo guardavano preoccupate ma in silenzio.

Sole li ignorò avvicinandosi barcollante alla dea e fermandosi al centro del cerchio di terra, Gea fece cenno al gigante di avanzare. La terra tremava sotto i miei piedi ogni volta che il mostro di pietra muoveva un passo, cercai la forza di oltrepassare la barriera immaginaria che mi divideva dal semidio per riportarlo tra noi. Sapevo che Francy non avrebbe voluto vederlo soffrire, ma non riuscivo a scuotermi dallo stato d’impotenza in cui ero caduto. Quando il gigante di pietra abbassò una mano per afferrarlo tentati di chiamare il suo nome a mia volta ma dalla mia bocca uscì solo un suono strozzato, sentii la mano di Annabeth stringermi il braccio e mi voltai a guardarla. Sul suo viso serio non c’era traccia di lacrime, ma dai suoi occhi leggermente arrossati capii che se le era asciugate da poco -Non possiamo fare più nulla per lui-

-Che vuoi dire?- chiesi confuso, lei distolse lo sguardo per un attimo soppesando le parole e alla fine mi rivolse uno sguardo triste -Guardalo- quando i miei occhi incontrarono la figura di Sole capii immediatamente a cosa si riferiva. Il ragazzo era immobile con lo sguardo alzato verso l’alone sempre più rosso fuoco che circondava la figura scura della luna, era in piedi ma il suo corpo sembrava vuoto -deve pensarci da solo- continuò Annabeth -sono certa che non ha intenzione di arrendersi senza vendicare Francy-

E aveva senza dubbio ragione, come sempre. Ad una prima occhiata Sole sembrava un morto vivente, un corpo senz’anima, ma anche dalla mia posizione riuscivo a percepire un forte misto di rabbia, rancore, dolore e paura. All’improvviso l’ultima emozione sembrò prendere il sopravvento, diventando terrore puro e sovrastando tutte le altre, il ragazzo spalancò la bocca senza distogliere lo sguardo dall’eclissi e lanciò un grido che mi costrinse a portare le mani alle orecchie.
Per un secondo mi parve di vedere una colonna di luce lasciare il corpo di Sole e salire velocemente verso l’alto, la mano del gigante si strinse attorno al corpo del semidio e sull’altopiano scese un silenzio quasi irreale. Un secondo dopo mi sentii spingere di lato e un uomo dal fisico slanciato mi superò attraversando il confine di terra bruciata, si parò davanti al corpo immobile di Francy e allargò le braccia.

-State indietro!- gridò, ebbi appena il tempo di riconoscere la voce di Apollo quando una colonna di fuoco denso si schiantò sul terreno davanti a noi, avvolgendo Sole e Gea nelle fiamme. Mi coprii gli occhi con le mani quando una forte ondata di calore mi raggiunse il viso, era paragonabile a quando avevo bevuto le fiamme del Flegetonte. Alcuni semidei alle mie spalle gridarono, ma le urla che risuonarono sopra tutte le altre furono quelle di Gea. Il dio Apollo ci stava facendo da schermo contenendo la colonna di fuoco che era piombata giù dal cielo, ma la dea era stata colpita in pieno. All’improvviso le fiamme scomparvero così come erano arrivate, oltre l’uomo in piedi di fronte a me rimaneva solo Sole. L’altare, la dea e il gigante di pietra erano stati annientati. Ma ciò che attirò davvero la mia attenzione lasciandomi a bocca aperta fu l’ologramma sopra la testa del ragazzo, un arco d’oro e una freccia risplendevano sopra la sua figura illuminandola. Il ragazzo rilassò le spalle e si voltò verso di noi barcollando, trascinò i piedi nudi nella lava a testa bassa fino ad arrivare di fronte ad Apollo, a quel punto sollevò lo sguardo stanco. L’aria attorno a padre e figlio tremolava per il calore che emanavano, quando i loro occhi si incontrarono Sole lo fissò per qualche istante con un’espressione interrogativa sul volto, poi ebbe un capogiro e all’improvviso cadde in ginocchio, stremato. Con un lamento si distese accanto a Francy, le abbassò le palpebre sugli occhi senza vita e prese la sua mano, dopo averla fissata per qualche istante chiuse gli occhi e rimase immobile. Solo allora trovai la forza di muovermi, mi precipitai verso di lui seguito da Will Solace, inginocchiantomi accanto a lui lo presi per le spalle e iniziai a scuoterlo -Hey, Sole- lo chiamai -amico non fare scherzi, svegliati-

Will gli prese subito il polso controllando il battito, dopodiché si spostò sul suo petto, estrasse un coltellino dalla tasca e tagliò il collo della maglietta, con uno strattone deciso la strappò. Sul petto di Sole c’erano diversi tagli ed ematomi, la grossa fasciatura che Will gli aveva fatto poco prima copriva le ferite più importanti e sembrava intatta anche se un po’ allentata. Il ragazzo chinò la testa scostandosi i capelli ricci dall’orecchio e appoggiando quest’ultimo all’altezza dei polmoni del semidio, un’espressione preoccupata si fece strada sul suo volto -La temperatura corporea si sta abbassando troppo, polso e respiro sono deboli- borbottò -Greg portami dell’ambrosia, presto- gridò senza voltarsi. Un ragazzo del Campo Giove si avvicinò a grandi passi e dietro di lui molti curiosi trovarono il coraggio di avanzare. Will prese due cubetti abbastanza grandi di ambrosia e inizio a sbriciolarli -Non sarà rischioso dargliene così tanta?- chiesi aggrottando le sopracciglia -Hai visto cos’è in grado di fare?- rispose lui con una risatina nervosa -non è un semidio, la quantità sufficiente per noi non gli farebbe nemmeno il solletico-

-Ha usato troppo potere- la voce preoccupata di Apollo mi fece sollevare lo sguardo incontrando gli occhi azzurri del dio -gran parte della sua energia vitale è uscita dal suo corpo, non abbiamo molto tempo-

-Questo l’avevo capito da solo, grazie- sbottò Will senza guardare il padre negli occhi, Apollo non reagì ma si limitò ad inginocchiarsi tra i due corpi. Appoggiò una mano sul petto di Sole, del calore iniziò a diffondersi riscaldando l’intero corpo, l’altra la sollevò sopra la figura di Francy bisbigliando parole che non compresi. Guardando il petto della semidea notai che il taglio provocato dal pugnale si stava richiudendo, anche le altre ferite stavano scomparendo, sia sul corpo di Sole che su quello di Francy. Will aprì la bocca del figlio di Apollo disteso a terra e vi lasciò scivolare dentro l’ambrosia sbriciolata, ne prese un altro po’ e dopo averla sminuzzata la somministrò a Francy. Dopodiché alzò lo sguardo verso il padre facendogli un leggero cenno che probabilmente doveva significare riconoscenza, Apollo scosse le spalle e riprese a mormorare la litania. All’improvviso un oggetto mi sfrecciò accanto e prima che il dio riuscisse a reagire lo colpì dritto allo stomaco scagliandolo a parecchi metri di distanza, atterrò di schiena in mezzo ai semidei con un tonfo sordo.

-Padre!- gridò il semidio biondo alla mia destra scattando in piedi, fece per raggiungere il dio ma Apollo si mise seduto con un lamento e alzando una mano gli fece segno di non muoversi, mentre con l’altra si stringeva lo stomaco. Un brivido mi percorse la schiena mentre l’aria sembrava farsi più fredda -Non affannatevi- ridacchiò una voce alle spalle del gruppo che si era raccolto attorno al dio del sole, immediatamente tutti i semidei indietreggiarono con un’espressione tesa. Ora alle spalle del dio c’erano solo le Moire, Atropo, la più brutta e crudele delle tre, reggeva in mano una grossa mazza. Probabilmente si trattava dell’oggetto che mi era passato accanto scaraventando Apollo così lontano. Un misto di paura e rabbia iniziò a formarsi dentro di me quando il mio sguardo si posò sulle forbici che la vecchia teneva nell’altra mano. Ma ciò che mi lasciò davvero di stucco fu l’espressione di Apollo, nonostante l’avessi incontrato molte volte non l’avevo mai visto così deciso, serio ed arrabbiato. Era ancora seduto a terra, ansimando e stringendosi il ventre, ma la sua aura era decisamente minacciosa, ovviamente le inesorabili Moire non erano nemmeno lontanamente infastidite dalla sua aggressività.

-Che cosa volete?- un coraggio sconosciuto prese possesso del mio corpo, spingendomi ad affrontarle e a pararmi tra loro e i corpi dei miei due compagni che giacevano indifesi a pochi metri dalle minacciose vecchine.

-Ciò per cui siamo venute- brontolò Atropo -certo lo spettacolo è stato interessante, ma è giunto il momento della resa dei conti- annunciò sollevando le forbici e facendo aprire e chiudere le lunghe lame che produssero un suono raggelante.

-La vita di questi due ragazzini sarebbe dovuta terminare molto tempo fa- aggiunse Lachesi estraendo da un cestino due fusi di filo blu elettrico con striature dorate -sono riusciti a sfuggirci per molto tempo grazie all’aiuto divino, quando finalmente siamo riuscite a ristabilire l’equilibrio le loro anime sono riuscite a varcare le Porte della Morte spalancate da Gea, ma non si ripeterà- continuò -non può ripetersi-

La seconda donna sembrava essere meno decisa di Atropo, la sua espressione non era altrettanto dura, ma il suo pensiero era dominato dalla logica, poco spazio rimaneva ai sentimenti. Atropo invece era semplicemente inflessibile, determinata e spesso crudele, così appariva agli occhi di un semidio impotente davanti alla morte. La mia attenzione si spostò sulla terza vecchina, Cloto teneva in mano un cestino da cui spuntavano batuffoli di quella che sembrava lana grezza color blu elettrico. Dalla mia tristemente scarsa conoscenza della mitologia ripescai un ricordo che parlava di come le tre donne simboleggiassero i tre diversi stadi dell’esistenza: Cloto la nascita, Lachesi la vita e Atropo la morte. Quest’informazione rendeva in effetti più chiara la differenza nell’aspetto delle tre sorelle, Cloto aveva dei lineamenti molto più dolci rispetto alle altre due dee e in quel momento la sua espressione lasciava quasi trasparire tristezza per le vite che stavano per essere tagliate.

-Perché dovete a tutti i costi mettere fine alla vita di questi due ragazzi?- borbottò Apollo mettendosi in piedi a fatica.

-Perché così è stato deciso- rispose Atropo con un’alzata di spalle.

-Un così grande potere chiuso in due corpi umani implica una vita breve- spiegò Lachesi -è un sacrificio obbligatorio-

-Ci dispiace- aggiunse Cloto, guadagnandosi un’occhiataccia da Atropo.

-Ma non avete visto cosa hanno fatto?- domandai sull’orlo della disperazione -Ci hanno salvati sacrificando la propria vita, questo dovrà pur contare qualcosa- gridai avvicinandomi alle Moire di qualche passo, una mano si appoggiò sul suo avambraccio e non ebbi bisogno di voltarmi per sapere che si trattava di Annabeth. Un rumore di zoccoli e alla mia sinistra comparve Chirone, dietro di lui c’erano i fratelli Stoll, Reyna, Will, Dakota e Hank del Campo Giove, Apollo mi venne incontro barcollante ma con un sorriso incoraggiante. Guardando alle sue spalle incontrai lo sguardo di Zeus, il dio era alle spalle delle Moire circondato dagli altri dei -E voi?- esclamai attirando la loro attenzione -Non avete nulla da dire?-

Demetra alzò le spalle -Comunque vada io la vedo come una vittoria totale- mi ci volle tutto il contegno, mio e dei miei compagni, per non prendere a schiaffi la sua faccia tosta divina. Zeus invece sbiancò quando le tre vecchine si voltarono a guardarlo, terrorizzato dalle proprie figlie, Poseidone mi rivolse uno sguardo dispiaciuto rendendo chiaro che nessuno di loro poteva farci nulla. Le lacrime iniziarono ad offuscarmi la vista, le mie labbra tremavano di rabbia, Vortice era nella mia tasca ma sapevo che sguainarla davanti alle Moire sarebbe servito solo a farmi uccidere. Percepivo la frustrazione dei miei compagni e potevo quasi sentire il rumore dei loro cervelli che lavoravano disperatamente alla ricerca di una soluzione.

-Spostatevi- ordinò Atropo superandomi e raggiungendo i corpi alle mie spalle -Se non avete altre obiezioni noi vorremmo procedere, abbiamo dovuto aspettare che si indebolissero altrimenti non sarebbe stato possibile tagliare i loro fili- spiegò Lachesi con un tono apatico, come se stesse semplicemente traducendo i modi burberi della sorella in parole. Cloto le seguì a testa bassa, quando il suo sguardo catturò l’immagine della mano di Francy stretta in quella di Sole un velo di tristezza le scese sul viso, la mano che reggeva il cestino di vimini strinse la presa facendo diventare la pelle sulle nocche ancora più bianca.

-Cloto prendi l’altro capo- la voce di Lachesi riscosse la vecchia dea dai suoi pensieri, appoggiò il cestino a terra e afferrò il capo del filo che spuntava dal fuso, insieme alla sorella iniziò a srotolarlo e il respiro mi si bloccò in gola.

-Io una cosa da dire ce l’avrei, se mi permettete- una voce femminile attirò l’attenzione di tutti, mi voltai di scatto ma non vidi nulla. Le Moire però sapevano a chi apparteneva la voce -Ecate- sbuffò Atropo abbassando le forbici scintillanti. All’improvviso l’aria a pochi passi da noi assunse l’aspetto di una nebbia, turbinò e poi cadde come un velo rivelando la figura slanciata di una donna vestita di scuro. I lunghi capelli neri le incorniciavano il viso pallido e i luminosi occhi verdi, l’abito rosso scuro le arrivava fino ai piedi lasciando intravedere i sandali di pelle. Attorno alla vita uno scialle nero emanava ancora della leggera nebbia bianca, in entrambe le mani reggeva una torcia e ai suoi piedi sedevano tranquilli un labrador nero ed una puzzola.

-Chiedo scusa per l’interruzione- la voce della dea era tranquilla, sicura, niente lascava trasparire timore verso le dee del fato -ma avrei delle perplessità sull’effettiva necessità di…-

-Oh santo cielo, meno paroloni e più informazioni- sbottò Atropo, Lachesi roteò gli occhi quasi impercettibilmente e si affrettò a correggere la sorella -Parla pure Ecate, ti ascoltiamo-

-Sarà meglio che sia una cosa importante- aggiunse la prima vecchina stringendo la presa sulle sue preziose forbici -vorrei ricordarti è anche colpa tua se siamo finite in questa situazione-

-Mi sono semplicemente limitata a rispondere alle preghiere di due semidei disperati- si difese Ecate senza perdere la sua compostezza -preghiere che nessun altro sembrava intenzionato ad ascoltare- aggiunse lanciando un’occhiata eloquente a Demetra, la quale non mostrò la minima reazione.

-Dunque, quale sarebbe il suo dubbio?- la voce di Cloto la incitò a continuare, nella richiesta della dea era ben udibile un piccolo briciolo di speranza. Trattenni il fiato in attesa che la dea della foschia riprendesse a parlare.

-Nobili Moire- iniziò Ecate guadagnandosi immediatamente un lamento frustrato da parte di Atropo -da quanto mi è parso di capire voi ritenete necessario raccogliere le anime di questi due giovani “semidei”- continuò mettendo particolare enfasi sulla parola semidei, probabilmente per rendere chiaro che era consapevole della natura dei due ragazzi -in quanto il potere che gli è stato conferito al momento della nascita richiede il sacrificio di una vita, per bilanciare il dono di cui sono stati dotati. È corretto?-

Le Moire annuirono contemporaneamente, la dea sorrise e un leggero formicolio mi attraversò le braccia, la scelta delle parole, il tono tranquillo e la sua aura la rendevano estremamente convincente. Anche se ero certo che questo potere avesse effetto solo su noi mortali, se Ecate pensava davvero di convincere le tre dee a risparmiare Francy e Sole doveva aver trovato una motivazione seria e reale.

-Un grande potere in mano ai mortali porta inevitabilmente ad un grande sacrificio- confermò Lachesi.

-Questo lo comprendo- rispose la dea tornando seria -tuttavia…- aggiunse avvicinandosi ulteriormente, seguita a ruota dai due animali -non pensate che questi due ragazzi abbiano già sacrificato abbastanza?- fece una pausa per guardare i volti rilassati dei due semidei stesi a terra, un sorriso dolce le illuminò il viso per qualche istante. Era un’espressione rara sul volto di una divinità, ma durò solo pcohi secondi dopodiché la dea tornò a guardare le Moire con decisione.

-Francesca Evans, ha passato tutta la vita chiusa in un orfanotrofio. È arrivata al Campo Mezzosangue, per la prima volta si è sentita parte di una comunità e ha iniziato a farsi degli amici, ma un destino orribile si è messo in moto allontanandola da loro- fece una pausa per poi riprendere -non ha mai avuto un posto da chiamare casa, la sua intera esistenza non è altro che un piano di grandezza della sua madre divina- il disprezzo nella sua voce traspariva a tratti, come se Ecate lo stesse sopprimendo, probabilmente in qualità di dea aveva messo becco nelle faccende umane a sua volta e si rendeva conto di non poter criticare Demetra a cuor leggero -quando viene a conoscenza del suo passato una nuova voglia di vivere si fa strada dentro di lei, ma viene messa di fronte ad una terribile scelta che la costringe a sacrificare tutto ciò per cui ha combattuto-

Riprese fiato, nessuna emozione era visibile sul suo volto pallido -Sole Walker- continuò indicando con un cenno del capo il figlio di Apollo steso a terra -inseguito da un mostro ha lasciato la casa dell’unica parente che gli era rimasta, senza nemmeno avere il tempo di salutare- raccontò -arrivato al Campo Giove scopre di essere un semidio, stringe qualche amicizia ma non riesce ad integrarsi-
-Quando incontra la ragazza qualcosa scatta dentro di lui. Decide di infrangere le rigide regole romane, pur sapendo le conseguenze a cui la sua decisione avrebbe potuto portare, per seguirla in una missione estremamente pericolosa- il labrador nero passò accanto ai corpi dei ragazzi annusandoli -tutto questo per capire cosa si celasse dietro quel legame inspiegabile che aveva percepito quando aveva incontrato la semidea per la prima volta- la dea abbassò nuovamente lo sguardo sui due corpi -e dopo aver affrontato mille pericoli, aver rischiato tutto e aver trovato finalmente un senso a tutti quegli anni di solitudine… la persona a cui tiene più al mondo perde la vita davanti ai suoi occhi, senza che lui possa far nulla per aiutarla-

Ecate alzò il viso di scatto guardando le Moire dritte negli occhi -E ora io vi chiedo: davvero questo non è abbastanza?- le parole erano forti, ma il tono era tranquillo come se le quattro dee stessero semplicemente parlando d’affari -voi dite che il prezzo del loro potere è la vita, ma questi ragazzi non hanno ancora iniziato a vivere-

Guardai le Moire per vedere la loro reazione alle parole della dea e le loro espressioni dimostrarono ancora una volta la differenza di personalità che c’era tra le tre. Cloto sembrava sul punto di mettersi a piangere, Lachesi stava seriamente riflettendo sulla faccenda, teneva lo sguardo fisso sui semidei immobili ai loro piedi e si accarezzava le labbra con il dito ossuto mentre mormorava tra sé e sé; Atropo d’altro canto aveva un’espressione così alterata da far pensare che Ecate le avesse sottratto fisicamente il suo meraviglioso paio di forbici, per un attimo temetti che incenerisse la donna con lo sguardo. Ma la dea della foschia non sembrava preoccupata.

-Beh… forse potrebbe aver ra…-

-ZITTA CLOTO- la voce rabbiosa della sorella zittì immediatamente la più gentile delle moire, che ora però aveva un’espressione offesa -gran bel discorso Ecate, davvero- borbottò Atropo con una risatina irritata.

-Eri quasi riuscita a convincere le mie sorelle- aggiunse scoccando un’occhiata di disapprovazione a Cloto e Lachesi che la ignorarono -ma io sono l’Inflessibile- dichiarò orgogliosa con tono serio -e ti dico che il grande potere conferito a questi ragazzini NECESSITA che vengano spezzate due vite umane- sorrise beffarda prima di continuare -non ha importanza quanto vuote, brevi o tristi siano. La morte è inevitabile-

Quando ormai mi stavo arrendendo all’idea che non ci fosse più nulla da fare, sul viso di Ecate si formò un sorriso speranzoso che colse di sorpresa anche le tre streghe del destino. La dea si passò una mano nei lunghi capelli neri prima di dare voce alle proprie idee -Due vite umane eh?- le moire annuirono all’unisono ma ognuna con una diversa espressione, Cloto speranzosa, Lachesi imperturbabile ma curiosa e Atropo diffidente -vi dirò solo due nomi, ciò che deciderete di fare in seguito non lo metterò ulteriormente in discussione- spiegò in tono serio, osservò per un breve istante i visi di Sole e Francy con uno sguardo triste prima di tornare a guardare le tre dee -Paul Evans e Claire Walker- disse infine e le reazioni delle Moire non si fecero attendere: Atropo sbiancò in voltò sibilando il suo disprezzo, Lachesi sembrava stupita dal sentire quei nomi uscire dalla bocca della dea e Cloto era ancora più addolorata di prima.

-Claire e Paul?- la voce di Chirone mi colse alla sprovvista -Li conoscevi?- domandai perplesso. Chirone annuì nostalgico -Erano due ragazzi del Campo Mezzosangue, molto tempo prima che arrivassi tu e anche prima dell’arrivo di Annabeth- raccontò -Claire era una figlia di Apollo e Paul non era mai stato riconosciuto. Sparirono senza preavviso in una notte, nessuno seppe più nulla di loro fino a qualche anno più tardi- fece una pausa e prese un bel respiro prima di riprendere a parlare -La polizia li trovò morti in una brutta zona di Port Morris. Avevano il corpo martoriato di ferite gravissime, vennero fatte delle indagini ma ovviamente non vennero mai trovati i colpevoli- quando terminò di parlare la voce del centauro era ridotta a poco più di un bisbiglio.

-Mostri…- borbottai e Chirone annui triste -Pattuglie di semidei li avevano cercati per mesi senza mai trovare nemmeno il minimo indizio- aggiunse e il senso di colpa era evidentissimo nel suo tono di voce -Anni dopo apprendemmo la notizia dai giornali e ci precipitammo immediatamente nel Bronx per recuperare le salme- continuò a raccontare -ma una volta giunti sul posto ci dissero che la madre dei ragazzi le aveva già portate via. Claire e Paul erano entrambi senza famiglia e di certo non erano fratelli-

-Ci pensai io- spiegò Ecate -mi sono personalmente occupata dei loro funerali, di seppellirli vicino a quella che era stata la loro casa e di guidare le loro anime fino ai Campi Elisi- a queste parole un sorriso sollevato si formò sul volto del Centauro -Mi dispiace, tenervi fuori non è stata una scelta a cuor leggero. Ho voluto proteggere la vita dei due bambini-

-Quindi Francy e Sole sono rispettivamente i figli di Paul e Demetra, Claire e Apollo- commentò Chirone soppesando la notizia -Esatto- confermò la dea.

-Non sospettavo nemmeno cha avessero avuto dei figli- bisbigliò il centauro ancora incredulo, nel frattempo Will Solace rivolse un’espressione a metà tra lo sdegno e il disgusto al proprio padre -Hey- scattò Apollo alzando le mani in segno di resa -ho una buona spiegazione al riguardo. Claire è figlia della mia parte greca e Sole di quella romana, all’epoca erano due cose ben separate- spiegò -non sapevo fosse mia figlia, giuro- e guardando gli altri dei in faccia aggiunse -Non fate quelle facce, voi non siete certo meglio di me-

-Disgustoso- commentò Will e il dio della musica rispose con un sospiro amareggiato, passandosi la mano nei capelli come tante volte avevo visto fare a Sole. -Quanti anni sono passati?- la voce cupa di Lachesi attirò la nostra attenzione -A ripensarci sembra ieri, eppure non avrei mai pensato di risentire quei nomi oggi- borbottò l’anziana con le mani ancora strette attorno al fuso -Per un essere immortale undici anni non sono che briciole, le vite dei mortali sono così brevi che ricordarsi i loro nomi sarebbe inutile, giusto?- dichiarò Ecate voltandosi verso la dea, Lachesi annuì. -Le vite di Paul Evans e Claire Walker non sono quelle dei loro figli- si lamentò Atropo agitando le forbici pericolosamente -non è così che funziona- la dea della magia aprì la bocca per risponderle ma Cloto la precedette -Eppure loro sono morti per un motivo direttamente collegato alla vita di Francesca Evans e Sole Walker- era la prima volta che la vedevo esprimere la propria idea senza esitare, mi presi la libertà di considerarlo un buon segno -vi ricordo che ai genitori di questi due ragazzi era stata assegnata una vita ben più lunga-

-Questo era prima che si mettessero in mezzo impedendoci di arrivare ai loro figli!- ribatte Atropo avvicinando minacciosamente le lame scintillanti al viso della sorella che però non indietreggiò di un passo -Esatto!- gridò Cloto -Hanno perso la vita in cambio di quella dei loro bambini- una strana luce si era impadronita degli occhi dell’anziana dea, prese fiato prima di concludere -una vita per il potere, l’equilibrio è già stato ristabilito-

Atropo guardò la dea con disprezzo, ma per la prima non trovò le parole per ribattere. Lachesi colse l’occasione per intervenire -Il ragionamento ha senso Atropo- dichiarò mettendosi tra le due donne -e io credo di aver trovato la soluzione che accontenterà entrambe le parti- guardò Ecate e le fece cenno di avvicinarsi, la dea eseguì lasciando dietro di sé la puzzola e il cane. Le quattro donne discussero sul da farsi per qualche minuto, alla fine di quello che sembrò un secolo uno dei suoni più melodiosi del mondo giunse alle mie orecchie: il sospiro rassegnato della morte. Ecate si voltò tornando verso di noi con un’espressione imperscrutabile -Qui noi abbiamo finito- dichiarò Lachesi -Per il momento- aggiunse Atropo con la voce carica di astio -Lasciamo alla divina Ecate il compito di sistemare le cose- concluse Cloto con un sorriso dolce. Prima che potessimo reagire un lampo dorato squarciò l’aria e un millisecondo dopo le tre dee erano scomparse nel nulla.

Dopo qualche secondo di silenzio mi rivolsi alla dea, superando il timore reverenziale che mi aveva assalito nel vederla affrontare in quel modo le Moire -E… adesso?- mormorai. In tutta risposta la dea si spostò a fianco del corpo di Francy inginocchiandosi -Apollo- chiamò, riscuotendo il dio dai suoi pensieri -se potessi ultimare le cure su Sole te ne sarei grata- appoggiò una mano sul petto della semidea -a lei penserò io-

-Certo mia cara- dichiarò il dio, improvvisamente sembrava aver recuperato tutta la sua spensieratezza. I due dei iniziarono a mormorare litanie, non distolsi lo sguardo dal corpo immobile di Francy nemmeno per un secondo e all’improvviso, come una benedizione dal cielo, la ragazza aprì la bocca. Il petto della semidea si alzò verso la mano di Ecate quando, annaspando, riprese improvvisamente a respirare e i suoi grandi occhi marroni si spalancarono. Mi precipitai verso di lei, seguito a ruota da Annabeth, i fratelli Stoll e Chirone, circondammo la dea ignorando le sue proteste e l’invito a lasciarla respirare. Francy si guardò attorno confusa per qualche istante -C-che cosa è successo?- balbettò alla fine guardandomi negli occhi. Sentendo la sua voce le lacrime presero finalmente il sopravvento, guardando le persone attorno a me fui sollevato dal sapere che non ero l’unico. Alzai la mano asciugandomi gli occhi nervosamente e sorridendole ignorai del tutto la sua domanda, fu Chirone a dar voce ai nostri pensieri quando sorridendo calorosamente accolse la semidea rinvenuta -Ben tornata-

 
*~Francy~*

Quando l’aria mi riempì nuovamente i polmoni fu come nascere una seconda volta, spalancai la bocca e il primo respiro fu così violento che mi fece male al petto. Spalancai gli occhi richiudendoli immediatamente quando la luce del sole mi accecò, tossii ripetutamente per qualche secondo portandomi una mano al petto. Lentamente ripresi ad aprire gli occhi e questa volta la luce era schermata da diverse sagome sopra di me, la testa mi faceva un male terribile e tutti i muscoli erano indolenziti. Per qualche secondo credetti di essere morta, dovevo esserlo, ricordavo perfettamente il dolore che avevo provato quando il pugnale mi aveva attraversato il petto. Ma quando i miei occhi si furono abituati alla luce incontrai lo sguardo teso e preoccupato di Percy, accanto a lui c’erano Annabeth, Connor, Travis e Chirone. Come potevo essere morta se loro erano lì con me? Di certo non potevano aver fatto la stessa fine, non dopo tutto ciò che avevo fatto per evitarlo. Dopo qualche istante notai che inginocchiata alla mia destra c’era una bellissima donna dai lunghi capelli neri, ero certa di averla vista altre volte ma i miei ricordi erano così confusi che riuscivo a ricordare dove.

Avevo la gola secca ma riuscii lo stesso a dar voce alle mie perplessità -C-che cosa è successo?- le mie parole innescarono una strana reazione nelle persone in piedi accanto a me, le lacrime iniziarono a solcare i loro visi prima che potessero trattenerle. Guardai Chirone preoccupata e in risposta ricevetti un sorriso luminoso -Ben tornata-

Facendo forza sulle braccia mi misi seduta, allontanando le mani che tentavano di tenermi ferma -Non sono morta?- borbottai.

-Grazie agli dei no- esclamò Percy abbassandosi alla mia altezza e scompigliandomi i capelli -Grazie alla dea- lo corresse Annabeth accennando alla donna alla mia destra che si era alzata e ora stava pulendo il proprio vestito dalla terra polverosa. All’improvviso i miei ricordi tornarono nitidi, mi portai una mano alla testa e guardai la dea negli occhi verdi incredibilmente luminosi -Lei… è la dea Ecate vero?- la donna annuì -Grazie, per tutto- le rivolsi un sorriso riconoscente che inaspettatamente venne ricambiato da uno altrettanto sincero.

Presi un bel respiro assaporando la sensazione dell’aria pulita che mi rinfrescava i polmoni, voltai lo sguardo a sinistra e l’immagine di un uomo molto attraente attirò la mia attenzione. Era curvo su qualcosa che non riuscivo a vedere per via dei ragazzi raccolti attorno a me e mormorava insistentemente, i suoi lineamenti mi ricordavano molto quelli di Sole, era strano non vedere il ragazzo lì attorno -Dov’è Sole- chiesi, il viso di Annabeth si rabbuiò e i gemelli abbassarono lo sguardo ai propri piedi prima di spostarsi di lato rivelando la sagoma umana sdraiata alle loro spalle. Sentii il cuore fermarsi nuovamente e il respiro bloccarsi in gola, il semidio che stavo cercando era disteso a terra immobile e con gli occhi chiusi.

-No- mormorai -non è possibile- ero talmente scossa che le lacrime non accennarono nemmeno a salire -Francy…- tentò di calmarmi Percy prendendomi per le spalle, ma non lo guardai nemmeno e non sentii ciò che mi stava dicendo. Riuscivo solo a pensare era l’idea che non avrei mai più rivisto il sorriso di Sole, con questo pensiero mi alzai di scatto scrollandomi di dosso le mani del figlio di Poseidone. Un giramento di testa mi fece ricadere al suolo senza nemmeno riuscire a fare un passo, ma non mi fermai, trascinai le gambe che rifiutavano di collaborare e ignorando le proteste dell’uomo biondo che si stava prendendo cura di Sole mi issai sopra il corpo del semidio.

-Hey- mormorai mettendo le mani ai lati della sua testa e abbassandomi per parlargli nell’orecchio, non ricevetti nessuna risposta, nemmeno un piccolo cenno. Afferrai i lati stracciati della maglietta del semidio e iniziai a scuoterlo -SVEGLIATI- gli gridai in faccia, la sua testa dondolò seguendo i miei strattoni e alla fine si appoggiò a peso morto contro la mia spalla. Le lacrime iniziarono a scendere tutte insieme lungo le mie guance, offuscandomi la vista e mandandomi se possibile ancora più nel panico. Rimasi immobile per un po’ di tempo, le mie mani caddero lungo le sue braccia incontrando le dita di Sole semichiuse contro i palmi, il profumo dei suoi capelli mi riempì le narici e una risatina nervosa uscì dalla mia bocca -Tutto questo tempo nel Tartaro e hai persino il coraggio di profumare- borbottai mentre la bocca formava un sorriso teso -insopportabile-

Esitante alzai le mani tremanti e strinsi il corpo del semidio contro il mio, la mia mano sinistra risalì la schiena del ragazzo e si fermò nei suoi capelli. Appoggiai la testa nell’incavo tra il collo e la spalla di Sole mentre le lacrime continuavano a scendere ininterrottamente -Ti prego- bisbigliai -svegliati-

Tirai su con il naso rumorosamente -Non puoi lasciarmi sola. Sei tutto ciò che mi è rimasto- in realtà non era nemmeno quello il motivo per cui ero così sconvolta dall’idea di perderlo -dovevamo andare a trovare tua zia, ricordi?- “quindi devi svegliarti” pensai -Io… io non voglio perderti-

In quel momento sentii una mano appoggiarsi sulla mia schiena, inizialmente pensai si trattasse del figlio di Poseidone che cercava di separarmi dal corpo senza vita del semidio, quindi lo ignorai. Ma dopo qualche secondo mi resi conto che il mio abbraccio stava venendo ricambiato, sentii le braccia forti di Sole stringersi attorno a me, il suo petto alzarsi ed abbassarsi velocemente mentre il suo respiro si faceva più chiaro e un po’ affannato. Il suo cuore batteva contro il mio petto e un piacevole calore si stava diffondendo nel mio corpo. Rimasi immobile per un tempo interminabile mentre il mio cervello tentava senza successo di elaborare la situazione. Quando finalmente l’imbarazzo per la posizione in cui mi trovavo, la sorpresa e la felicità presero il sopravvento afferrai le spalle del ragazzo allontanandolo per guardarlo in faccia, Sole emise un lamento quando il mio petto di separò improvvisamente dal suo. I miei occhi incontrarono immediatamente i suoi, arancioni e luminosi come sempre, rimasi a fissarli totalmente incapace di distogliere lo sguardo e di formulare una frase di senso compiuto.

-Hey- il sorriso sbilenco di Sole mi accolse ancora una volta, quel sorriso che una volta odiavo e da cui ora non potevo separarmim-è preoccupazione quella sul tuo viso?- sghignazzò il ragazzo e con un lamento alzò una mano alla testa. La risata gli aveva provocato un capogiro, ma questo non lo fermò dal prendersi gioco di me ancora un po’ -a quanto pare tieni a me più di quanto tu voglia ammettere- ma le sue parole non mi imbarazzavano nemmeno, non lo stavo ascoltando, riuscivo solo a pensare a quanto fossi felice di averlo ancora lì con me. Entrambi vivi, ancora insieme, il cuore minacciava di scoppiarmi nel petto, una strana ondata di adrenalina si stava diffondendo nel mio corpo rendendo pensieri e azioni direttamente collegati. Ogni filtro era stato eliminato.

-“io… io non voglio perderti”- mi canzonò, il suo tono era scherzoso ma nei suoi occhi scorgevo la stessa gioia di essere vivo, la stessa voglia di andare avanti insieme. Eppure la sua bocca formava ancora quel sorriso compiaciuto, “Quanto mi piacerebbe farlo stare zitto e cancellare quello stupido sorriso irritante” pensai -ahh, credo proprio che per un po’ avrò abbastanza materiale per prendermi gioco di t…- prima che potesse finire la frase la mia bocca era sulla sua. L’adrenalina in circolo aveva fatto il suo effetto, senza pensarci avevo annullato la distanza tra noi. Sentii le sue labbra morbide sulle mie e mi resi subito conto di essere riuscita nell’intento di lasciarlo senza parole e contemporaneamente far sparire il suo sorrisetto spavaldo. Ma proprio mentre riflettevo sul fatto di aver vinto l’eccitazione del momento iniziò a scemare velocemente e mi resi conto di ciò che stavo facendo, nel panico indietreggiai allontanandolo con uno spintone e lasciando finalmente andare le sue spalle. Mi portai una mano alla bocca dove potevo ancora percepire il calore delle sue labbra, immediatamente sentii le guance e le orecchie prendere fuoco mentre tutto il viso si tingeva di rosso. Alzai lo sguardo, Sole era ancora sotto di me, le braccia tese dietro la schiena per sorreggersi, gli occhi spalancati e la bocca mezzo aperta in segno di stupore. Lo fissai incerta su cosa dire, il ragazzo si portò una mano alla bocca toccandosi le labbra ancora in trance.

-I-io…- balbettai diventano ancora più rossa, ormai il mio viso aveva assunto lo stesso colore della lava del Flegetonte e bruciava altrettanto. “Magari potrei fingermi morta” pensai, avrei voluto seppellirmi mille metri sottoterra -scusa non so a cosa stessi pensando!- blaterai alla fine, tentai di alzarmi in piedi per togliermi dalle gambe del ragazzo e mettere un po’ di distanza tra noi. Ma proprio mentre stavo per sollevarmi sulle gambe due braccia forti mi afferrarono i polsi tirandomi verso il basso, caddi nuovamente sulle gambe di Sole. Il semidio sollevò leggermente le ginocchia intrappolandomi tra il petto e le sue gambe, con un sussulto voltai il viso per guardarlo nuovamente negli occhi e i nostri nasi si sfiorarono. Prima che potessi reagire le sue labbra furono di nuovo sulle mie, Sole mi afferrò il viso tra le mani accarezzandomi le guance mentre le sue labbra morbide si muovevano sulle mie. Il secondo bacio fu completamente diverso dal primo, il semidio si era ripreso dallo shock, il mio cuore batteva ad un ritmo insopportabile ma quello di Sole non era da meno, potevo sentirlo rimbombare contro il mio petto. Un calore incredibile di diffuse nel mio stomaco, in un primo istante mi irrigidii non sapendo come reagire, ma dopo qualche secondo decisi che riflettere non sarebbe servito a nulla (anche perché il mio cervello aveva smesso di funzionare correttamente da parecchi minuti) così mi lasciai andare e ricambia il bacio. Misi le mani nei capelli morbidi del semidio tirandolo verso di me, alla mia reazione un piccolo sorriso si formò sulla bocca di Sole, ma durò solo pochi secondi dopodiché il ragazzo tornò a baciarmi come se avesse paura di vedermi scomparire tra le sue braccia. Eravamo solo io e lui, tutto il mondo attorno a noi era scomparso, il sole e la luna si allontanavano sempre di più e la luce del giorno tornava ad illuminare il paesaggio come se nulla fosse accaduto.

Dopo un tempo che sembrò interminabile le nostre labbra si separarono, appoggiai la mia fronte contro la sua e ripresi fiato -Non farlo mai più- bisbigliò Sole affannato, alzai gli occhi per incrociare il suo sguardo e lo guardai perplessa, temendo che si riferisse al bacio, ma l’espressione sul suo viso spazzò via quest’idea -non lasciarmi mai più indietro- il volto del semidio era terribilmente serio e addolorato, la sua voce tremò mentre parlava costringendolo a fermarsi per prendere fiato e calmarsi -d’ora in poi- continuò guardandomi dritta negli occhi -ovunque andremo, qualunque cosa faremo, saremo insieme- dichiarò con tono solenne -promettimelo-

Guardai il suo viso leggermente arrossato per l’imbarazzo che stava provando nel dirmi quelle cose e una nuova sensazione si fece strada dentro di me: l’immensa felicità di essere viva, anche se fosse stato solo per quel istante, poter stare con Sole ancora un po’ e sentirgli dire quelle cose. Gli presi il volto tra le mani e stampai un bacio veloce sulle sue labbra provocando una scarica di energia che mi attraversò tutto il corpo -Te lo prometto- dissi infine guardandolo negli occhi. Lui mi sorrise e fece per ricambiare il bacio ma un rumore metallico attirò l’attenzione di entrambi facendoci sussultare. Il nostro sguardò si posò sulla cassetta del pronto soccorso che ora giaceva a terra spalancata a pochi metri da noi, il contenuto sparpagliato sulla terra scura. Immediatamente un ragazzo si affrettò a raccogliere il tutto alzandosi con un’espressione mortificata, era Percy -Scusate non volevo interrompervi giuro!- le sue erano scuse sincere -Continuate pure, fate come se non ci fossimo-

Improvvisamente mi resi conto della presenza degli altri attorno a noi e il mio viso tornò ad attraversare tutte le sfumature del rosso, mi alzai di scatto aiutando Sole a mettersi in piedi. Entrambi evitammo di guardarci negli occhi troppo imbarazzati dalla situazione, Percy d’altro canto ricevette un pugno sulla spalla da una furiosa Annabeth e continuò a scusarsi, anche se non era ben chiaro se si stesse scusando con noi o con la figlia d’Atena. La scena tuttavia bastò a farmi ridere di gusto, la mia reazione diede il via libera agli altri semidei per circondarci e riempirci di complimenti, domande, battutine. Connor e Travis furono particolarmente attivi su quest’ultime, ma non mi dispiacque.

Circondati dai nostri amici la battaglia stava già diventando un lontano ricordo, il mio sguardo incontrò la figura di Sole, già circondato da ragazze dall’espressione funerea che mi lanciavano continuamente occhiate minacciose. Quando il ragazzo voltò la testa nella mia direzione i suoi occhi si posarono su di me e immediatamente un sorriso sbilenco prese forma sul suo volto, risi rivolgendogli il sorriso più luminoso che potessi fare e questo tramutò la sua espressione giocosa in una incredibilmente dolce. E per l’ennesima volta mi resi conto di essere felice come non lo ero mai stata in tutta la mia vita.


ANGOLO AUTRICE:
Salve gente! Anche questa volta sono tornata e con una buona notizia, questo capitolo è lungo ma è il penultimo!
Ebbene sì, siamo giunti alla fine, tra circa una settimana pubblicherò l'epilogo. Vedrete l'incontro tra la zia di Sole e Francy e tante altre belle cose. 
Insieme a questo capitolo ho pubblicato anche un' altra cosa: prologo e primo capitolo revisionati! PENSAVATE FOSSE FINITA EH?! E invece no, ho intenzione di revisionarli tutti. Ci saranno alcuni cambiamenti importanti, per esempio sto pensando di cambiare l'antagonista da Gea ad un altra dea misterrriosa :), tra le novità per così dire minori ci sono invece:
- il nome della protagonista che da Francy diventa Chloe;
- la storia è narrata in terza persona, mi è sembrata una scelta migliore perchè mi permette di trattare il punto di vista di più personaggi senza dover saltare da uno all'altro nel capitolo.

Quindi se avete tempo fatemi sapere cosa ne pensate e restate sintonizzati perchè secondo me la revisione promette bene.:-*
Grazie mille a tutti

Sole Walker

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