Two souls, one heart.

di KyraPottered22years
(/viewuser.php?uid=308982)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Ritorno a casa. ***
Capitolo 2: *** 2. Esame finale. ***
Capitolo 3: *** 3. La verità viene sempre a galla. ***
Capitolo 4: *** 4. Il vero passo avanti. ***
Capitolo 5: *** 5. Per amore. ***
Capitolo 6: *** 6. Gioco sporco. ***
Capitolo 7: *** 7. Amore e odio bruciano alla stessa intensità. ***



Capitolo 1
*** 1. Ritorno a casa. ***


Two souls, one heart.



Parte II - Lacrime di un
angelo.



"Immaginare il bene ci rende soltanto più sensibili al male. Il dente crudele del dolore non fa mai soffrire tanto come quando rode la ferita e non la taglia di netto."

cit. William Shakespeare






* * *


 
 
Persefone non riusciva più a spiegare le sue ali, era la volontà che glielo impediva, da quello strano sogno che aveva fatto due notti prima lei non trovava più sonno.
Sua sorella, Alagasies, era morta? Perché era comparsa nei suoi sogni chiedendole consiglio nel Limbo se continuare a vivere o meno? Persefone si tormentava: cosa mai aveva consigliato alla sorella e che scelta aveva preso ella? 
Klaus le aveva detto che era solo un sogno senza alcun significato, ma come poteva vedere sua sorella all'età di ventun'anni se l'ultima volta che l'aveva vista aveva poco più di sei mesi di vita? Cosa poteva mai saperne Persefone del vero aspetto di Alagasies (ormai di nome midgardiano Artemide)? 
Mentre guardava il sole sorgere, gli occhi ambrati della giovane donna rilucevano di malinconia e dubbi privi di risposte. Sussultò quando delle mani si posarono sui suoi fianchi, si voltò e trovò suo fratello ad osservarla con preoccupazione.
"Non hai dormito nemmeno questa notte, sorella?" Domandò l'uomo con un tono di voce che rispecchiava perfettamente il suo sguardo.
"No, Klaus, non ho chiuso nemmeno un occhio." La voce profonda di Persefone uscì fuori spezzata e piena di disprezzo, i suoi lunghi capelli corvini ondeggiarono da destra a sinistra ripetutamente mentre percorreva l'elegante stanza da letto.
"Sorella, non essere acida con me, parlami." Gli occhi ambrati di Klaus incontrarono quelli della giovane donna, anch'essi dello stesso colore. Le iridi, la testardaggine e la madre erano le uniche cose che li accomunavano, ciò non toglieva che i due avevano vissuto per lunghi anni da soli, alla costante ricerca della felicità e quando trovarono finalmente un attimo di pace: ecco che venne a tormentare quel sogno le notti di Persefone, anche se poche, a dire il vero.
"Cosa mai potrei raccontarti? Sai già il motivo della mia insonnia."
"Alagasies si trova a Midgard a condurre una vita normale e tranquilla, lontano dalla maledizione della nostra dannata natura." Persefone non credeva alle parole del fratello, doveva pur esserci un motivo a quel sogno.
"E per quale assurdo motivo io l'ho rivista in esatta forma fisica di come lei è veramente adesso?"
"Come fai a sapere qual è il suo aspetto?" Domandò il fratello, avanzando di qualche passo.
"Perché l'ho vista nello specchio dopo il sogno."
"Hai praticato la magia?!" La richiamò il fratello, avvicinandosi pericolosamente a lei, tanto che ella si allontanò, sbattendo lievemente contro la porta in legno.
"Non ho praticato la magia. Ho solo spiato nello specchio."
"Che apparteneva a nostra madre, un oggetto magico ben nascosto, e tu sei andata a cercarlo, praticando, di conseguenza, la magia!" Urlò questa volta il fratello, ma non cos' forte da far chiudere le palpebre di Persefone.
"Ero preoccupata per la vita di nostra sorella!" Urlò anche lei, avvicinandosi rabbiosamente al volto perfetto del fratello. La bellezza era una qualità di famiglia, più che bellezza: perfezione, ereditata dalla madre e dal padre guarriero. Poteva essere una qualità, ma a volte rivelarsi un difetto. 
La perfezione negli Alai Obscuri era presagio di sete di sangue. 
"Lei è morta, Klaus. E probabilmente avrà fatto come tutti i nostri fratelli hanno fatto al momento della scelta." 


La loro famiglia lavorava da anni al palazzo.
Klaus era una delle guardie più fidate del Padre degli Dei, a età matura, il ragazzo aveva sostituito il padre, morto anni prima in battaglia.
Persefone era la dama di compagnia di Frigga, la moglie, nonché Regina del Padre degli Dei.
Quel giorno, entrambi i fratelli sentirono numerose voci riguardo a una battaglia terminata in Midgard e il ritorno di Thor, inoltre, si vociava pure che Loki, il figliastro di Odino, fosse ancora vivo, ma riguardo la battaglia in Midgard non si speva molto, solo che era così critica che Thor era dovuto partire. 
Persefone sapeva solo che sua sorella era morta, con le molteplici possibiltà. Quale Alao Obscuro avrebbe scelto di continuare a vivere? Chi nasceva da questa razza era eternamente dannato. Metà Angeli, metà Dèi, una stirpe impura e dannata. Belli, forti, coraggiosi, creature alate, ma con un difetto che prevaleva su tutti gli altri: la sete di sangue. No, non si tratta assolutamente di sete vera e propria di sangue come quella dei vampiri, quelle creature si estinsero secoli e secoli fa. Un Alao Obscuro con la maledizione addosso aveva bisogno di uccidere, più uccideva, più si manteneva lucido e in splendida forma, fino a quando avrebbe riconosciuto il vero e unico amore sarebbe guarito. 
Suona come una favoletta, vero? E qui vengo a dirvi che è tutto tranne che una favoletta, perché in questa vita e in questo mondo il lieto fine non esiste. L'amore vero non esiste.


Persefone optò per fermarsi insieme alle serve e così fece, si avvicinò ed elle la salutarono educatamente, tra la servitù lei era nel ramo più alto e privilegiato, anche se non molti si fidavano di lei. Una donna Alae Obscura non prometteva nulla di buono, bastava guardare le orme di Andromeda, la madre.
"Quindi il principe sta ritornando?"
"Sì, penso proprio di sì."
"Ma non dovrebbe essere accolto da cibo, bevande e una folla di nobili esultanti?"
"Non so dirvi nulla, mie amiche."
"Ho sentito delle voci." Disse poi la voce calda di Persefone. "Thor sta ritornando con suo fratello, Loki." Pronunciò quel nome con estremo ripudio, quasi avrebbe voluto sputare dopo aver pronunciato quelle due sillabe.
"Impossibile, il principe Loki è deceduto più di un anno fa." Disse una serva più che convinta.
"No, mia amica, vi sbagliate: il principe Loki ha scatenato quella guerra a Midgard."
"E' stato lui l'artefice della guerra?" Domandò incredula Persefone, stentando a credere quello che la serva disse.
"Sì, è quello che ha sentito mio cugino, Abel, una delle guardie più fidate di Odino."
A Persefone mancava l'aria. Quel dio schifoso era ancora vivo, non erano solo voci, era davvero così. Scappò letteralmente via, senza rivolgere un misero saluto alle tre serve.
Doveva trovare Klaus, doveva parlargli. 
Egli sapeva tutto, anche lui aveva sentito tutto. Entro mezzogiorno i principi sarebbero ritornati, uno di loro sarebbe stato messo sottochiave, in una delle prigioni più luride di tutta Asgard, nell'attesa che si decidesse la sua pena. Mentre l'altro sarebbe stato acclamato da reali, nobili e dèi. Klaus, come la sorella, odiava Loki Laufeyson, il dio degli inganni. L'essere più schifoso e terribile di tutti i Regni. Klaus lo avrebbe ucciso, in un modo o nell'altro lo avrebbe sterminato, anche se la vendetta sarebbe stata ripagata con la morte.
"Fratello!" Klaus stava marciando verso il Bifrost insieme agli altri, ma si fermò quando udì la voce di sua sorella che lo chiamava. Klaus si lasciò scappare un sorrisetto divertito quando vide la sorella correre come una bambina verso di lui: impugnava il tessuto del suo vestito verde smeraldo e i suoi capelli corvini svolazzavano di qua e di là.
"Sorella, cosa c'è?" Ritornò serio non appena lei si ritrovò davanti a lui con aria preoccupata.
"Hai sentito le voci?" Chiese lei.
"Riguardo cosa?"
"Riguardo il ritorno del Principe, in compagnia del mancato Re." Mancato Re, era così che chiamavano alla corte Loki.
"E' proprio lì che sto andando, da Hemindall." Persefone sgranò gli occhi. "Il Principe sarà di ritorno fra pochi minuti, strano che non ti abbiano avvisata di recarti fra pochi minuti alla sala del trono." Persefone voltò le spalle al fratello e iniziò a camminare lontano da lui, a passi normali; Klaus rimase un po' confuso da quel gesto, ma ritornò subito al suo compito.
Otto guardie marciavano dietro Odino, diretti verso il Bifrost.
Persefone aiutava Frigga a vestirsi.
Tutto pareva normale, quando invece non lo era.


"Preparami al meglio, Persefone. Fra pochi minuti rivedrò il mio amato figlio." Ordinò gentilmente Frigga mentre Persefone si occupava dei suoi capelli, intrecciandoli elegantemente con fili dorati. "Non vedo l'ora di rivederlo!" Esclamò la Regina con un sorriso a trentadue denti.
"Tutto il popolo non vede l'ora di rivedere il Principe di Asgard." Disse Persefone con un falso sorriso mentre incastrava fra i capelli dei piccoli fiori bianchi in argento.
"Stasera ci saranno balli e banchetti in onore a lui, in compagnia di nobili e guarrieri." Sorrideva ancora la donna di fronte al suo riflesso nello specchio.
"Questo e altro per il forte e potente Thor." Persefone terminò il suo lavoro con i capelli.


Non appena Hemindall si scostò, fu possibile individuare Thor e Loki, Principi di Asgard e una giovane donna, di cui nessuno sapeva di chi si trattasse, tranne per Klaus, quest'ultimo vide qualcosa di terribilmente familiare in lei. 
Nemmeno il tempo di dare uno sguardo che Loki si ritrovò circondato da quattro guardie. Il mancato Re rise di scherno.
"Grazie per il benvenuto, Odino." Dopo di ché gli lanciò uno sguardo di sfida. 
"Portatelo nella cella più sudicia del castello." Ordinò Odino, senza smettere di guardare negli occhi suo figlio adottivo.
Due guardie afferrarono Loki dai polsi e lo strattonarono in avanti, facendolo camminare contro la sua volontà. 
Klaus voleva ucciderlo in quel momento, afferrare la sua spada e trafiggerlo nel cuore, ma non lo guardò nemmeno, più lo guardava più voleva ucciderlo; era qualcosa che bolliva nel suo sangue ed era incontrollabile.
Odino notò la ragazza, osservò il suo sguardo ambrato rivolto verso Loki, esso era triste, malinconico, come quando si ha la consapevolezza di aver perso qualcuno. 
E fu un attimo.
Odinò notò gli occhi di Loki che cercavano disperatamente quelli della ragazza, voltandosi, strattonando le guardie addirittura. I due unirono i loro sguardi, essi si fusero fra di loro e il padre degli dèi capì. 
Capì che c'era ancora un briciolo di speranza nella salvezza di Loki.
Loki fu portato via in fretta e fra le guardie vi era Klaus. Lo sguardo di Odino si posò sul suo amato figlio e si avvicinò a lui abbracciandolo, cosa che faceva raramente, infatti Thor si ritrovò sorpreso e impreparato a questo suo gesto, ma alla fine ricambiò e basta.
"Padre, questa è Artemis, viene dalla Terra, ma è originaria di questo mondo." Artemis, con gli occhi lucidi, guardò il Padre degli dèi e si inchinò come aveva visto fare nei film medievali.
"Ella è una guarriera, ha combattuto con coraggio durante la battaglia e..."
"Figlio mio, potrà restare." Disse Odino, guardando poi la ragazza. "E verrà trattata come una nobile fanciulla fino a quando non scoprirà qual è il suo posto." 
"Grazie, mio Signore." Disse la ragazza inchinandosi goffamente un'altra volta. Odino le sorrise e si incamminò con le guardie verso il palazzo.
Thor stava al fianco di Artemis che guardava ovunque con occhi stupiti.
"Artemis," La ragazza scattò la testa. "Non c'è bisogno di inchinarsi in quel modo di fronte a un reale." E si sentì eternamente imbarazzata.
"Uhm.. okay."


                                                                                             ° ° °



Era tutto così nuovo per me. I paesaggi erano la cosa più bella, erano semplicemente paradisiaci. Venni accompagnata subito nelle mie stanze, e che stanze... tutto era un lusso e dal balconcino si vedeva tutta Asgard. Dopo una manciata di minuti entrarono due giovani donne, due serve, e mi prepararono per una festa che si sarebbe svolta in onore del ritorno di Thor. Mi misero a mollo in una vasca d'oro, piena di acqua calda che profumava di rose.
Misero sul letto tre abiti, uno blu, con una scollatura dietro la schiena bassa fino alla zona lombare della schiena, l'altro vestito era dello stesso modello ma di colore rosso, il terzo fu quello che scelsi: era di colore verde smeraldo, lungo fino ai piedi, aveva dei ricami dorati sul corpetto e con una scollatura davanti e dietro, il tessuto leggero si reggeva da due spille dorate sulle spalle. I capelli mi furono arricciati fino ad ottenere delle morbide ciocche che ricadevano elegantemente sulle spalle. Sulle palpebre mi applicarono una striscia sottile di glitter dorati, e un rossetto rossiccio dando un colore naturale alle mie labbra.
Quando mi guardai allo specchio non mi riconobbi completamente, ero un'altra persona, sembrava che venissi da un'altra epoca, da un altro mondo... ed era così.


Feci il mio ingresso alla sala del trono. Iniziai ad agitarmi senza motivo, pensando di essere ridicola, tutti mi fissavano ed era estremamente fastidioso. Dopo quasi un'ora passata a parlare con nobili, decisi di prendere una boccata d'aria.
Impugnai il metallo freddo della ringhiera e respirai forte. Ero troppo confusa, non avevo riposato e il cambio di ambiente mi aveva scossa troppo. Mi mancava Loki.
Dov'è? Starà male? Sì, stava sicuramente male, per colpa mia.
Possibile che mi debba autocommiserare anche adesso? Mi biasimai dentro la mia mente.
Presi un altro respiro profondo.
"Alagasies?" Questo è il mio vero nome. Sgranai gli occhi e mi voltai. 
Davanti a me, a pochi metri di distanza ci stava una donna dai capelli corvini e ondulati, vestita quasi più elegante di me. Era bellissima e dannatamente familiare. Si avvicinò e quando fu davanti a me, mi accorsi dei suoi occhi ambrati, proprio come i miei.
Capii subito e la ricordai. Ricordai tutto: il Limbo, tutto quello che successe.
Lei era Persefone, lei era mia sorella.
"Persefone?" Lei annuì e sue lacrime le rigavano il viso di porcellana mentre sorrideva con gioia. Rise e la sua risata contagiò anche me. "Sei mia sorella?" Gli occhi mi diventarono lucidi e inizai a piangere anche io. Lei annuì.
Avevo davanti mia sorella, la mia famiglia. Le sue mani si posarono sulle mie guance e mi accarezzò dolcemente, piangendo ancora di gioia. Mi gettai sul suo collo, abbracciandola, e lei ricambiò stringendomi la vita. Strizzai gli occhi, mi sembrava un sogno. Quando li riaprì un uomo si trovava davanti ai miei occhi. Era giovane, aveva i capelli biondo cenere e un fisico da guarriero, i lineamenti erano severi, ma la sua bocca carnosa e i suoi occhi ambrati lo rendevano affascinante. Mi staccai da mia sorella e si voltò.
"Klaus, fratello." Non potevo assolutamente crederci. Guardai Persefone incredula e poi quell'uomo, di cui avevo scoperto da poco il nome. "Questa è Alagasies, nostra sorella." Il giovane sorrise.
"Lo avevo capito fin dall'inizio." E si avvicinò. Indugiò un attimo, voleva abbracciarmi, ma credeva che sarebbe stato inappropriato, ci pensai io: mi avvicinai a lui e lo abbracciai.
"Sono così felice di conoscervi, finalmente!" E all'abbraccio si unì anche Persefone.
Mi sentivo a casa.


Finalmente capivo il senso di vero amore familiare.






N.d.a

Buonasera <3

Eccomi ritornata con la seconda stagione! Come avete potuto vedere, ci sono dei nuovi personaggi, anche se erano stati un po' anticipati nella prima stagione.
Che ne pensate? Vi piace? Che cosa vi aspettate?
Sinceramente a me ha fatto tenerezza l'ultima volta che Loki & Artemis si sono visti.
Perché ultima? Mhhhh....... Anticipazione del prossimo capitolo: passerà un bel po' di tempo...

Fatemi sapere OBBLIGATORIAMENTE (no, vabeh, scherzo OwO) cosa ne pensate, è importante per me sapere se vi sta piacendo o meno.


Ho molti progetti per questa stagione, come avete potuto notare nella trama c'è il trailer, e... negli avvertimenti c'è possibiltà di una coppia slash...

Ho taaaaaaante idee. 

Recensite per farmi sapere che ne pensate.

I love you.


ALLA PROSSIMA. ;)




 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Esame finale. ***


Two souls, one heart.



"Dinanzi a me non fuor cose create
se non eterne, e io etterno duro:
lasciate ogne speranza, voi ch'intrate."

cit. Dante,
Inferno, III, 7-9



* * *



* * *

 
 
Nothing goes as planned,
everything will breake.
People say goodbye, in their own special way


6 mesi dopo



Aprii gli occhi di scatto e mi misi subito a sedere. 
Il corpo mi andava in fiamme e i capelli erano bagnati di sudore, attaccati alla fronte e al collo, anch'essi sudati. Mi liberai dalle coperte e mi sedetti con le gambe a penzoloni sul letto. Era il quarto incubo che facevo quella notte; immagini di sangue e morte, scene sconnesse fra di loro senza alcun senso a volte, tuttavia mi fecero passare una notte a girarmi e a rigirarmi sul letto. 
Controllai l'ora, erano le cinque del mattino e il sole ad Asgard non era ancora sorto.
Possibile che fra tutte le notti passate a dormire come un angelo, proprio questa dovevo passarla male? Sbottai dentro di me, mentre mi alzavo con poca eleganza. Ebbi una vertigine, ma dopo un paio di secondi passò, andai in bagno e mi lavai dal sudore. 
Quel giorno avrei avuto l'esame finale per diventare una vera lady e unirmi ai guerrieri iniseme a Sif, Fandral, Volstagg e naturalmente Thor. L'esame finale trattava di combattere in un'arena contro alcuni feroci  prigionieri, davanti ai reali, a nobili e dèi. Quella notte avrei dovuto riposare per bene, ma l'ansia non me lo permise.
Decisi di andare a trovare i miei fratelli e successivamente mi sarei potuta allenare un'ultima volta.

Aprii il guardaroba e presi la mia armatura.
Inoltre, quel giorno, i miei sarti mi avrebbero chiesto quale colore avrei scelto per rappresentarmi; ogni guerriero ha il suo colore e io avrei scelto il mio. Al momento avevo solo una blusa, un sott'abito color panna, corazza di bronzo al busto e bracciali anch'essi dello stesso materiale, pantaloni attillati e neri e dei stivali dello stesso colore. Mi vestii con calma e allacciai la cintura che conteneva le mie due spade, riposte nei loro foderi. Ogni guerriero aveva la propria arma, io avevo due spade, come ero solita a Midgard.
Mi guardai allo specchio prima di andare: parevo uscita da un film ispirato alla cultura greca, ma la cosa che mi piaceva di più dell'armatura era lo spazio che c'era dietro la corazza per far uscire le ali durante il combattimento.
Mi legai i capelli in una coda e uscii, cercando di fare il meno rumore possibile.


 
All that you rely on
and all that you can fake,
Will leave you in the morning, but find you in the day


"Alagasies, che sorpresa!" Mia sorella mi si avvicinò velocemente e mi strinse in un abbraccio; amavo i suoi abbracci, mi facevano sentire al sicuro e protetta. Forse era questo il potere dell'amore all'interno di una famiglia.
"Ma non dovresti dormire a quest'ora?" Domandò mio fratello, lasciandomi un bacio sulla gota in segno di saluto.
"Oh, non ho trovato sonno stanotte. Penso sia stata colpa dell'ansia." Sorrido prendendomi un po' in giro. Mi siedo sulla comoda poltrona nel soggiorno e stessa cosa fanno Klaus e Persefone sul piccolo divano.
"Oppure è stata colpa del vino che hai bevuto ieri durante la festa." Ridemmo tutti e tre.
"Può darsi." Sorrisi un po'.
Klaus si alzò, avvisandoci che doveva andare a prepararsi.
"Hai dei capelli magnifici, sorella." Osservò Persefone. "Perché li hai legati?" Domandò dispiaciuta. Prima di rispondere mi strinsi nelle spalle e sorrisi giocosamente.
"Mi portano fastidio, sono troppo lunghi." Infatti erano cresciuti parecchio. 
Quando ero arrivata ad Asgard, la chioma arrivava sotto il seno, ma adesso toccava quasi il coccige. "Specialmente durante i combattimenti." Affermai e Persefone si alzò, sciogliendomeli.
"Hai un bel colore, potresti decorarli con fiori e fili d'oro." Risi ironicamente.
"Mi conosci, Persefone, non sono quel tipo di persona che addobba i suoi capelli come un albero di Natale." Risi ancora, ma mia sorella rimase seria e con un aria leggermente confusa.
"Albero di Natale?" Ah, già, sono cose da Midgard. Mi morsi il labbro inferiore, dandomi della stupida. Quando arrivai qui ad Asgard decisi subito di voler diventare una guerriera e il mio tutore fu proprio Thor e la prima cosa che mi disse fu: "Cerca di fare meno riferimenti possibili a Midgard, non verresti capita da nessuno e probabilmente verresti considerata come una pazza", ma qualche volta mi scappava una battutina, come in quel caso.
"Oh, niente, una cosa Midgardiana." Farfugliai con una smorfia stampata in viso. E un'idea mi lampeggiò nella mente come la sirena delle auto della polizia. Mi alzai in piedi e afferrai le spalle di Persefone, entusiasta.
"Sorella, che succede?" Disse con un sorriso miscelato con sorpresa, curiosità e confusione.
"Tu sei brava con i capelli, giusto?" E quella annuì. "Bene, allora riuscirai anche a tagliarli?"
Persefone si allontanò da me e scosse ripetutamente la testa.
"Non ti taglierò mai i capelli, Alagasies, sarebbe uno spreco!" Sbottò seria.
"Oh, ti prego!" La pregai con le mani congiunte davanti al mento. "Ti prego, ti prego, ti preeeeeeego." Cantilennai come una bambina. Quando la sentii sbuffare, capii che avevo appena guadagnato la sua approvazione, sfoggiai così un sorrisone a trentadue denti. 
"Mi sono sempre chiesta come fosse avere una sorella minore, beh, adesso lo so!" Iniziò a camminare verso le scale e a salirle rabbiosamente. "Seguimi, prima che me ne penta."

"Oh, guarda che terribile spreco!" Esclamò pentita Persefone. "Ma che mi hai fatto fare?"
"Secondo me le stanno bene." Commentò mio fratello che se ne stava appoggiato al cornicione della porta e ci sorridemmo giocosamente. I capelli erano corti fin sopra il seno e ondulati, una chioma che mi stava a dir poco bene e che risaltava le mie gote paffutelle. Mi alzai dalla seggiola soddisfatta e lasciai un bacio su una guancia di Persefone e su una di Klaus. Mentre scendevo freneticamente le scale urlai: 
"Ci vediamo tra qualche ora!" E non appena uscii fuori dalla casa dei miei fratelli, spiccai le ali e presi il volo, ignorando gli sguardi allibiti e sorpresi degli Asgardiani.


                                                                                                          * * *

 
Oh, you're in my veins
and I cannot get you out

 

La vide arrivare nell'arena con le ali ancora spiegate, era di una bellezza incomparabile. Il dio sorrise quando notò i suoi capelli, erano più corti e le donavano molto. Artemis rientrò le ali e iniziò ad allenarsi, quel giorno ci sarebbe stato il suo esame finale, come ci sarebbe stato anche l'incontro fra Loki e Odino per decidere la sua pena. Era da sei mesi in quella lurida cella nei sotterranei e si era abituato al puzzo di cadavere in putrefazione e di sterco di cavallo. Loki era sudicio, come quel posto, non aveva quasi più memoria dell'ultimo bagno che si fece, il massimo che gli veniva portato per lavarsi era una bacinella piena di acqua calda, e con quella si arrangiava. Aveva provato ad urlare e a fare incantesimi vocali, ma Odino ordinò di mettergli una museruola, proprio come una bestia. Loki preferì morire, che vivere un altro di quei giorni. 
In quel momento, mentre era sdraiato sul pavimento sporco e polveroso, aveva gli occhi chiusi e spiava tramite un incantesimo mentale Artemis. Lo faceva già da tempo, era diventato il suo passatempo preferito spiare la gente, ma preferiva di gran lunga osservare e studiare la nuova vita della persona, ormai, più importante della sua vita. Eppure Loki era arrabbiato con lei, perché non era venuta nemmeno una volta a trovarlo? Cosa le costava? Pensava qualche volta a lui? Solo Frigga si era degnata di visitare suo figlio. Loki pensava al suo angelo della morte costantemente e un giorno una rabbia lo invase così tanto che si promise di non spiarla più, ma non resistette più di tre giorni, era più forte di lui. Era troppo piacevole il calore che sentiva al cuore ogni volta che pensava ai suoi occhi, alla sua bocca e a quel corpo che era stato suo più di una volta. La desiderò, ogni giorno. Loki si sentiva stupido ogni volta che si ricordava di averle detto "Ti amo", uno sbaglio che non avrebbe mai dovuto fare e che non avrebbe mai più commesso. Anche se lui lo sapeva e non lo nascondeva a sé stesso quanto la amasse e quanto questo sentimento lo stesse consumando. 
Loki avrebbe voluto essere lì con lei quel giorno, ad abbracciarla, baciarla e sostenerla, perché anche tramite un incantesimo riusciva percepire la sua ansia e la sua paura di non farcela e avrebbe voluto dirle proprio in quel momento quanto lui fosse fiero di lei.
Aprì di scatto gli occhi e la connessione con Artemis finì all'istante, tutto a causa del cigolio della porta principale; ed ecco suo fratello davanti alle sbarre della cella, accompagnato da un gruppo di guardie. Loki avrebbe voluto imprecare o salurarlo velenosamente, come era solito fare, ma la museruola glielo impedì e allora si sentì schifosamente inutile e imbellettato come un salame.
"Fratello, come ti sei ridotto?" Loki aprì una connessione mentale con lui, gli avrebbe parlato nella mente.
"Chi mi ha incarcerato?" Disse Loki acido e freddo; Thor sgranò gli occhi e guardò Loki con sospetto, ma capii poi il gioco del fratello.
"Perché hai scombussolato la vita dei Midgardiani?" Chiese riluttante Thor.
"Per essere un Re, un mio diritto di nascita!" Loki urlò nella mente di Thor e quello si portò una mano alla fronte per il forte fischio alle orecchie.
"Principe, si sente bene?" Chiese una guardia preoccupata avanzando verso Thor.
"Sì, sto bene. Prendetelo e prima di scortarlo alla sala del trono fategli fare un bagno, puzza da far schifo."



                                                                                                         * * *


 
Oh, you're all I taste
at night inside of my mouth
Oh, you run away cause I'm not what you found


Un altro calcio in aria, un gancio destro e una piroetta con finale una bella ginocchiata. 
Il fiatone mi impediva di respirare normalmente e mi fermai per regolarizzare i battiti cardiaci, bevvi un po' d'acqua, ma la sputai per lo spavento. Sobbalzai quando vidi Frigga, la regina, a qualche metro distante da me a guardarmi con un sorriso sulle labbra. 
Che figura di merda, imprecai dentro di me e mi asciugai frettolosamente.
"Vostra Altezza." Mi inchinai e quando la riguardai lei era più vicina. 
Fortunatamente rimase impassabile alla mia stupida mancanza di grazia.
"Oggi è il grande giorno." Sorrise, avvicinandosi alle spade, prendendone una per tastare quanto fosse affilata.
"Già." Mi scappò via dalle labbra in un sussurro. La Regina posò l'arma e si avvicinò a me.
"Mio marito vorrebbe parlare con te prima del combattimento, quindi è meglio se vai a prepararti adesso, mia cara." Mi irrigidii subito, se il Re voleva parlare con me era qualcosa di veramente serio.
"Oh, tranquilla, non è niente di grave, vuole solo augurarti una buona fortuna prima dell'esame." Grazie a Dio avevo fatto una buona impressione ad Odino fin da subito e anche a Frigga e ai guerrieri, ma Sif.. lei era diversa con me e non ne capivo la ragione, infatti, non appena sarei diventata una Lady guerriera le avrei parlato.
"Allora, con il suo permesso, io andrei a prepararmi." Dissi gentilmente.
"Va' pure, cara, i tuoi sarti e le tue serve sono già nelle tue stanze." Mi inchinai e mi feci strada volando, così avrei fatto più velocemente.
Non appena arrivai fui spogliata immediatamente e gettata nella vasca con l'acqua più gelata dei ghiacciai del polo Nord. 
"E' f-fred-dissima!" Urlai a scatti, con i denti che sbattevano tra di loro per la forte intensità del freddo.
"Milady, se foste venuta prima l'acqua l'avreste trovata bollente!" Dice uno dei miei quattro sarti, il più odioso, che sarebbe il capo dell'equipe. Un uomo alto e magro, con comportamenti fin troppo aggraziati per un uomo; portava sempre delle parrucche, quel giorno ne aveva una con dei ricci blu. 
Una serva si mette dietro di me per lavare i miei capelli.
"Ma cosa avete combinato ai capelli?! Perché diamine li avete tagliati?!" Domandò rabbiosamente l'altro sarto dai capelli arancioni, sì, avete capito bene, ARANCIONI, come un'arancia.
"Lunghi sono fastidiosi!" Mi difesi, ma fui richiamata da quattro sarti che sembravano in preda alla crisi post-ciclo mestruale; le tre serve erano silenziose e si occupavano dei miei capelli e delle mie unghie.
Ma diamine, stavo andando a combattere, non stavo mica partecipando al Victoria's Secret Fashion Show!
Esco fuori dalla vasca con la pelle più fredda del ghiaccio e vengo subito riscaldata con delle accappatoio e una volta asciugata mi fecero salire su un piedistallo nuda come un pollo e iniziarono a prendere misure. Le prime volte mi vergognavo di mostrare il mio corpo a persone sconosciute dal sesso opposto del mio, ma quando seppi dell'omosessualità di tutti e quattro allora mi sentii tranquilla e a mio agio. Dopo un quarto d'ora, eccomi vestita con un'armatura del tutto nuova, non più in bronzo, ma in ferro, una sotto veste nera, pantaloni attillati e grigiastri, stivali neri. I capelli erano raccolti in numerossissime trecce sottili, legate fra di loro con fili d'argento.
Quando scesi dal piedistallo i sarti mi osservarono soddisfatti. 
"Adesso scegli il tuo mantello, cara." Ecco che si presentò la scelta del mantello e dei guanti del mio colore personale. 
Davanti a me c'era un tavolo con diversi mantelli di diversi colori, da destra: uno blu, uno giallo, uno bianco, uno nero, uno verde, uno azzurro e uno viola. Guardai le stoffe, facendo scorrere le dita sui tessuti morbidi, uno mi colpii a prima vista: quello verde. Lo presi fra le mie dita e apprezzai la morbidezza del tessuto. I sarti si irrigidirono.
"Perché hai messo quello verde, razza di stupido!" Sussurrò arrabbiato il riccio blu ad un sarto.
"Ho fatto la mia scelta." Dissi, indicando il mantello fra le mie mani.
"Ma, milady, quello era il colore del principe Loki e portarlo significherebbe..."
"Me lo mettete voi, o faccio da sola?" Gli domandai acida e arrabbiata.
Loki.
Loki.
Loki.

Quel nome si ripeté nella mia testa un centinaio di volte mentre i sarti mi aiutavano ad indossare il mantello. Avevo cercato di non pensarlo e questi quattro stupidi lo nominano così, senza pensare alle conseguenze. Anche se, alla fine, colpa non ne avevano.
Mi misero un po' di cipria, una striscia di ombretto nero sulle palpebre e mi colorarono le labbra con un pizzico di rosso, dopo di che mi lasciarono finalmente andare.
Mentre camminavo per andare verso la sala del trono mi sciolsi i capelli. Prima di entrare, mi specchiai davanti alla porta di bronzo, mi stupii del mio aspetto, quei cosi hanno fatto un buon lavoro. Scossi la testa ed entrai, senza pensarci molto. Appena mi ritrovai davanti al Re e a sua moglie, mi inchinai.
"Mio Re, mi avete convocata?"
"Sì, Artemide." Ormai avevo ufficialmente due nomi: Artemide (Artemis) o Alagasies, ma solo la mia famiglia mi chiamava con l'ultimo. "Volevo solo augurarti una buona fortuna, spero che tu riesca a guadagnarti con onore il titolo di Lady guerriera."
"E lo farò mio Re." Gli sorrisi con gentilezza. Mi irrigidii quando vidi che i suoi occhi (il suo occhio) vagarono sul mio abbigliamento e si soffermarono sul mantello.
"Verde. Come mai questa scelta?" Il suo sguardo mi trasmetteva una terribile ansia. 
E adesso?
"E' il mio colore preferito, mio Re." Odino ridacchiò e disse:
"Certo, certo." Ricominciai a respirare regolarmente. "Ti dispiacerebbe stare al fianco di mia moglie Frigga per un paio di minuti come un piccolo sostegno morale?" Aggottai leggermente la fronte. Sostegno morale per cosa?
"Odino!" Lo richiamò la moglie.
"Certamente, mio signore." E quello sorrise soddisfatto mentre mi avvicinavo a sua moglie, fino a posizionarmi di fianco a lei.
Calò il silenzio per un paio di minuti, mentre la mia ansia per l'esame cresceva, insieme alla curiosità. Il silenzio era così assordante che riuscivo a sentire i battiti del mio cuore e il respiro della regina. Perché dovevo rimanere al fianco della Regina? 
"Fate entrare il prigioniero!" Ordinò Odino e le porte si spalancarono facendo entrare Thor e dietro di lui delle guardie che tenevano Loki in catene.


 
Nothing stays the same
and nobady here's perfect.
Oh, you're in my veins and I cannot get you out.
Oh, you're all I taste
at night inside of my mouth


La Regina afferrò il mio braccio come appoggio, quando invece ero io quella che stava per svenire.
I miei occhi erano sgranati, il mio cuore batteva inferocito contro la cassa toracica, implorando di uscire, le mie mani erano fredde come il ghiaccio e le mie dita iniziarono a tremare come delle foglie. 
Loki Laufeyson, dopo sei mesi, era lì a pochi metri di distanza da me. 
Il rumore delle catene che si scontravano fra di loro mi confondeva i sensi e mi intontiva ancor di più, facendosi sempre più ottavato nei miei timpani.
Il mio respiro si fece più pesante e più lo guardavo, più si avvicinava, più i ricordi riaffioravano nella mia mente e mi odiavo per averlo lasciato marcire lì per sei mesi.
Gli occhi mi si fecero lucidi e iniziarono ad annebbiarmi la vista.
Frigga mi guardò e mi chiese se andasse tutto apposto, ma non le risposi, non ci riuscii. I miei occhi erano puntati sul corpo snello e scolpito di Loki e lo studiavo famelicamente. Notai che i suoi capelli erano cresciuti di molto, erano lunghi quanto i miei, osservai la camminata e l'odio che emanavano i suoi occhi.
Loki non smetteva di fissare Odino e non appena si fermò emise apposta un tonfo assordante con le catene che gli intrappolavano le caviglie. Loki rise freddamente, una risata che non aveva nemmeno un briciolo di gioia, tutta ironia, un suono gruttale che fece tremare la mia anima. Poi si voltò verso sua madre e di scatto i suoi occhi incontrarono i miei, accorgendosi della mia presenza, e io emisi un rumore gruttale, simile a un respiro mozzato. 


 
Everything is dark, 
It's more than you can take


Gli occhi di Loki si fecero lucidi e tutto quello che volevo fare era gettarmi fra le sue braccia e abbracciarlo, implorandogli di perdonarmi. Una lacrima rigò silenziosamente la mia guancia e gli occhi di Odino e di Thor furono su di lei, sulla mia lacrima, tanto che me la sentii bruciare sotto la mia pelle candida e pallida. Il suo sguardo e i suoi occhi mi riportarono in mente immagini, ricordi, momenti felici e tristi passati con lui e sentii il mio cuore fermarsi sul mio petto per poi ribattere più forte.
Lo vidi ricomporsi e rivolgersi alla madre, non appena il suo sguardo non fu più sul mio mi sentii vuota, offesa, carica di rabbia e frustrazione.
"Loki." Lo chiamò con dolcezza Frigga.
"Salute, Madre." Mi sentii spezzata in due quando udii il suono tiepido e graffiato della sua voce, un suono che mi era mancato tantissimo, un suono che sognavo ogni notte e che iniziavo a dimenticare. Il mio sguardo cadde sui miei stivali di pelle e un'altra lacrima scese.
Non riuscivo più ad alzare gli occhi verso di lui. "Ti ho reso orgogliosa?" Chiese acido, e ironico allo stesso tempo.
"Per favore, non peggiorare le cose." Lo pregò Frigga, ma Loki se ne fregò totalmente.
"Definisci peggiorare." Disse acido come mai lo avevo sentito. Frigga abbandonò la presa sul mio braccio.
"Basta!" Ordinò Odino. "Parlerò con il prigioniero da solo." Gettai un sospiro di sollievo, sarei potuta scappare da quella situazione e andare via.
Quando voltai le spalle per andarmene insieme alla Regina il Re mi fermò.
"Artemide!" Urlò e io mi bloccai sul posto, rigida come un sasso, mentre Frigga era già andata via. "Tu rimarrai insieme a me e Thor." Mi voltai e gli occhi di tutti, anche quelli delle guardie, erano su di me. Respirai silenziosamete con la bocca, nel tentativo di immagazzinare più aria. Salii in fretta i gradini stando attenta a non cadere e mi misi al fianco di Thor.
I miei occhi si piantonarono nuovamente sui stivali.
Sentivo lo sguardo di Loki percorrere il mio corpo, studiandolo con malizia.
Mi era mancato quello sguardo, anche se mi faceva incazzare la maggior parte delle volte.
Sentii Loki ridere nuovamente.
"Non capisco il motivo di tutto questo subbuglio." La sua voce stava avendo un effetto letale su di me, più parlava, più volevo sentirlo parlare. Era una droga. Lui era magnetico.
"Davvero non comprendi la gravità dei tuoi crimini? Ovunque tu vada porti guerra, rovina e morte." Proprio la stessa fine che ha fatto il mio cuore, innamorandomi di lui.
"Sono sceso su Midgard per governare il popolo degli umani come un dio benevolo, esattamente come te." Aggiunse infine con disprezzo.
"Noi non siamo migliori, nasciamo, viviamo, moriamo, esattamente come gli umani." Disse Odino.
"Cinquemila anni in più o meno." Trattenni una risata, ma mi lasciai scappare solo un sorriso. 
"Tutto questo perché Loki brama un trono." Commentò strafottente Odino.
"Un mio diritto di nascita." Ribatté freddo e autoritario Loki.
"Il tuo diritto di nascita era morire! Da bambino, abbandonato su rocce di ghiaccio." Urlò Odino arrabbiato.
Thor si avvicinò al mio orecchio.
"Artemis, va tutto bene?" Solo in quel momento mi accorsi che stavo tremando.
"Non lo so nemmeno io, Thor." E alzai gli occhi per fissare i suoi, facendogli capire così il mio disagio e il mio nervosismo.
"Se vuoi possiamo uscire." Sussurrò ancora.
"No, va bene così." Volevo uscire, ma una parte di me lo impediva. Alzai gli occhi e nel momento in cui lo guardai, i suoi occhi incontrarono un'altra volta i miei.
"Se io non ti avessi salvato, ora non potresti essere qui ad odiarmi." Loki ritornò a guardare il suo padre adottivo.
Ringraziai Odino nella mia mente mille volte. Se Loki non fosse mai esistito, io che fine avrei fatto? Dove sarei? Cosa sarei? Grazie Odino, grazie.
"Se la scure mi attende, per amor della misericordia, finiscimi." Disse Loki avanzando di un passo e le catene emisero dei rumori metallici fra di loro. "Non è che io non ami i nostri colloqui, è solo che... non li amo." Ironia su ironia. Ma questa volta non sorrisi, rimasi seria.
"Frigga è l'unica ragione per cui sei vivo, forse c'è anche un'altra persona che tiene a te quanto tua madre, ma non potrai rivedere nessuna delle due." Un'altra persona? Non starà mica parlando di me?! "Trascorrerai il resto dei tuoi giorni nei sotteranei."
No, non può farlo. Non può.
Lo sguardo arrabbiato e deluso di Loki incontra il mio, preoccupato e confuso.
Non posso immaginare la mia vita senza di lui, come non posso immaginare la mia vita con lui. Le guardie iniziarono a strattonare le catene all'indietro e più indietreggiava, più lo stavo perdendo.
L'adrenalina che mi andava in circolo mi stava bruciando le vene e la ragione, infatti, agii senza pensarci, lo feci e basta.
"Padre degli Dèi." Lo chiamai e i miei occhi saettarono sui scalini, scendendone alcuni, mi misi davanti a lui facendo un profondo inchino, dando le spalle a Loki e alle guardie.
"Cosa c'è, Artemis?" Mi chiese Odino con disponibilità, quasi come se fossi sua figlia.
"La prego di prendere in considerazione la mia idea, proprio qui, davanti al futuro Re e al mancato Re." Indicai i due principi, indugiando di qualche secondo sugli occhi di Loki.
"Ti sto ascoltando." Scesi i gradini, fino ad arrivare vicinissimo al dio degli inganni, quando odorai il suo profumo resistetti nel buttarmi su di lui e rimasi impassabile, mettendomi di fianco a lui, un po' più distante.
"Nonostante i suoi crimini, Loki rimane ancora un principe, un reale." Loki mi guardava confuso e non riusciva a capire dovevo volevo andare a parare. "Con tutto il dovuto rispetto, mio Re, ma farlo marcire fra le catene nei sotterranei insieme ai prigionieri non mi sembra un'ottima decisione." In quel momento anche Thor mi guardava indeciso e confuso. "La mia proposta è quella di rinchiuderlo nelle sue vecchie stanze e non farlo uscire più di lì, sorvegliato 24 ore su 24." 
Silenzio.
Silenzio assordante.
"La tua idea mi lascia indeciso, Artemis." 
"Vi prego di tenerla in considerazione."
"E lo farò." Sgrano gli occhi, cercando di trattenere l'entusmo. "Se il principe Loki non combinerà danni per una settimana nelle celle dei sotterranei, allora farò come mi hai consigliato, ma se non sarà così, potrà marcire in quella cella per il resto dei suoi giorni." Mi inchinai goffamente.
"La ringrazio infinitamente, mio Re." Feci un altro profondo inchino.
"Non sei tu che devi ringraziare, ma deve essere Loki." E mi voltai verso di lui. "Prendi esempio da questa giovane, che ha avuto pietà per te." Loki sorrise acido e io mi sentii morire di angoscia, dentro.
"Pietà?" Rise e poi disse, "Ti ringrazio, lady Artemide."
"Non c'è di che, principe Loki." Che cosa ci è successo? Perché siamo diventati improvvisamente così freddi?
"Non è ancora una Lady, lo diventerà presto e tu avrai l'onore e il privilegio di vederla combattere, avrai così un modo migliore per ringraziarla." Odino indicò con il mento Loki.
"Portatelo nell'arena, noi arriveremo tra pochi minuti e lì verrà proclamata pubblicamente la sua pena." Ordinò il Re e improvvisamente lui fu lontano da me.
Quando le porte si chiusero realizzai tutto quello che avevo fatto e una sola domanda pavoneggiava nella mia mente, che cosa ho combinato?
"Artemide, puoi andare." Mi inchinai e due guardie mi affiancarono, accompagnandomi nell'arena.
Mi domando ancora e ancora nella mia mente: che cosa ho combinato?



 
Canzone del capitolo

In My Veins - Andrew Belle



N.d.a

Salve, salvino!!

Riecco che ritornano i nostri due ragazzi innamorati! Questo forse è il capitolo più lungo che io abbia scritto, quindi: apprezzatemi u.u
Cosa ne pensate? Voglio saperlo!
Questa storia vi piace e perché?

Avanti, avanti, sono curiosa!

Recensite e...

ps. Ho deciso di attribuire ad ogni capitolo una canzone che rispecchi un po' la situazione. :D

ALLA PROSSIMA :*
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. La verità viene sempre a galla. ***


Two souls, one heart.



"Non avrei potuto essere più disperatamente cieca se fossi stata innamorata.
Ma è stata la vanità, non l'amore, che mi ha perduta."


cit. Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio. 


* * *







* * *

 
 
Empty spaces fill me up with holes,
distant faces with no place left to go



Sgozzai un'altra gola e non appena l'orrida creatura cadde a terra, altre grida si alzano nell'arena. Il sangue che usciva a fiotti formava una pozza di sangue nero intorno al corpo. Ormai avevo un aspetto a dir poco indecente, perfino alcune piume delle mie ali erano sporche di sangue. Ero esausta, ne avevo fatti fuori a decine e non vedevo l'ora che il corno suonasse, ponendo fine allo spettacolo. Sì, perché era uno spettacolo, non un esame. Quella gente godeva della morte di altre persone e io stupida che li divertivo. Ma come ci si può divertire con la morte? Tossii e la nausea era così forte che i conati stavano risalendo. Non aveva mai guardato Loki se non quella volta. Era seduto accanto ai reali, con due guardie dietro che lo tenevano con le catene attaccate ai polsi, mi guardava attento e sapevo che mi stava leggendo nella mente. Sapevo che provava ciò che io stavo provando. 
Sputai sul terreno e corsi verso altri due prigionieri, tagliando ad uno la testa e all'altro la gola. Altre urla di incitazione, urla divertite, che richiedevano di più. Più morte e più violenza. Spiegai le ali e guardai l'arena esultante con ripudio, riducendo gli occhi in due fessure.
Tutto quello che volevano non era altro che morte, per spettacolo, per divertimento. 


                                                                               
                                                                                         * * *

 
Distant faces, with no place left to go.
Without you within me, I can't find no rest.
Where I'm going,
is anybody's guess
 


Loki riusciva a percepire la stanchezza e la delusione di Artemis. 
"Che schifo." La sentì parlare dentro la sua mente. Quel commento non era riservato al sangue o alle membra amputate, no, Artemis ci era abituata a quello. La giovane donna non era abituata a quel popolo. Artemis fissava l'arena con aria arrabbiata e questo sembrava che non l'avesse notato solo Loki, ma anche Odino, Frigga e Thor.
"Ultimo prigioniero!" La voce di Odino si propagò per tutta l'arena e Artemis fu scaraventata a terra quando quest'essere volante gli si scagliò addosso ad una velocità disumana. Loki ebbe un fremito e i suoi occhi erano puntati su di lei.
Artemis si alzò dolorante, tossendo pure, e guardò cosa aveva davanti ai suoi occhi. Era una creatura alata, con ali e occhi interamente neri, e canini sporgenti e aguzzi. Era molto simile ad un Alao Obscuro, ma questo era stato completamente avvolto dalla maledizione, tanto da essere sfigurato e putrido: la pelle pallida stava andando in decomposizione e c'erano dei vuoti di piume nelle ali e si intravedevano le piccole ossa ramificate.
Artemis raccolse la sua spada e spiccando il volo si scagliò contro quell'essere senza paura e senza timori. Solo che quello schivava ogni suo attacco e quando Artemis si scosto per sferrare un altro colpo, l'essere gli conficcò le sue unghie nella carne delle spalle. La giovane donna urlò in preda al dolore e Loki si faceva sempre più nervoso, senza sapere cosa avesse potuto fare per aiutarla.
L'Alao si posizionò dietro la schina di Artemis e le circindò il busto con le gambe nude dalla pelle più che marcia; le braccia dell'essere le bloccavano le mani e con la bocca morse il collo della ragazza. Artemis urlò, un urlo atroce e acuto che fece regnare il silenzio fra la folla. Erano tutti in ansia e stavano iniziando a credere che non ce l'avrebbe fatta. Loki si alzò in piedi e questo fu un gesto che notarono i reali e un paio di nobili. Lo stomaco e il cuore del dio degli inganni erano stretti in una morsa dolorosa e creò d'istinto un contatto mentale con Artemis.
"Usa la testa!" Gli urlò. Artemis era ormai caduta a terra e la creatura si stava nutrendo del suo sangue, ad ogni sorsata, ella diveniva sempre più debole. Ma i suoi occhi ambrati guardarono quelli di Loki, a metri e a metri di distanza.
"Che aspetti?! Usa la testa!" Artemis non capì del tutto ciò che Loki gli stava chiedendo, ma con un respiro profondo la ragazza gettò violentemente la testa all'indietro e la creatura si staccò completamente dal suo collo, cadendo a terra.
Artemis si gettò a terra, strisciando velocemente verso un arco e una freccia, appartenenti a un prigioniero che aveva ucciso minuti prima.
Loki si sentì attraversato da un incredibile senso di sollievo e si sedette; capendo che la vittoria era nelle mani della ragazza il dio indugiò ad osservare le sue curve con malizia, ridendo silenziosamente, mentre la folla iniziava a rifare il tifo per lei. Artemis prese l'arco e la freccia, si alzò e con la ferita al collo che pompava disumanamente, posizionò la freccia nell'arco e spinse la cordoncina verso l'esterno, cercando la creatura. Essa era in alto e le si stava scagliando addosso, ma Artemis fu più veloce: prese la mira e in un attimo la freccia fu conficcata al cuore dell'essere, che cadde sopra la ragazza per una seconda volta, ma questa volta, privo di vita. La folla urlava e gioiva, si alzarono tutti in piedi e Artemis spostò con aria disgustosa la creatura dal suo corpo.
Il corno suonò.
Il petto della giovane si alzava e abbassava continuamente e scesero nel campo di battaglia Thor e Volstagg, accertandosi se Artemis stesse bene o meno.
Thor l'aiutò a reggersi in piedi e Volstagg le procurò un calice pieno d'acqua, che lei finì in tre sorsate. Loki provò un'ardente invidia per Thor e il guerriero.
"Ce l'hai fatta!" Gli annunciò Thor, tirandola su di morale.
"Popolo di Asgard!" Urlò Odino e tutti furono silenziosi, lasciando parlare il loro Re. "Con grande gioia, vi presento Lady Artemide, guerriera di primo grado, protettrice dei Nove Regni!" Annunciò Odino.
"Lunga vita a Lady Artemide, lunga vita a Lady Artemide, lunga vita a Lady Artemide." Urlava l'arena all'unisolo, Thor e Volstagg la sollevarono e la fecero sedere sulle loro spalle, tanti fiori bianchi e rossi le furono lanciati e Loki si innamorò ancora una volta del suo sorriso.


                                                                                           * * *

 
I tried to go on like I nevere knew you,
I'm awake, but my world is half asleep


"Ti sei battuta benissimo, sorellina." Klaus mi strinse la guancia con due dita e io gli sorrisi affettuosamente, o almeno, cercai di sorridere affettuosamente. Mia sorella mi strinse a sé, ripetendomi una dozzina di volte quanto brava ero stata nell'arena. Almeno dodici asgardiani, tra cui due Alai Obscuri, mi invitarono a ballare quella sera, ma non ne avevo assolutamente voglia. La mia testa era su Loki.
Era bastata una sola volta vederlo per mandarmi fuori controllo. Se non fosse stato per lui, probabilmente sarei morta dissanguata.
Mentre nobili e guerrieri mi presentavano a dèi e Alai, io desideravo sempre con più ardore di andare via da quella festa.
Non danzai, non bevvi e non toccai cibo. Non appena trovai un minuto di pace, corsi fuori, nella speranza di trovare un po' di pace. 
L'aria gelida si schiantava con dolcezza contro la mia pelle, i miei occhi semi-chiusi completavano l'espressione rilassata che avevo stampato in viso.
"Lady Artemide." Quella era la voce di Thor; mi voltai e gli sorrisi lievemente. Pregai che se ne andasse, ma si avvicinò a me, che ero appoggiata alla robusta ringhiera di pietra. Stammo un paio di minuti a contemplare la bellezza della freschezza del venticello notturno, ma successivamente Thor socchiuse bocca per parlare.
"Non stai molto bene." Commentò con aria apprensiva, fissandomi con quei due occhi che parevano due pozzi d'acqua.
"Beh, mica tutti i giorni mi viene succhiato il sangue da un mio simile maledetto." Ridacchiai, ma nella mia risata non c'era nemmeno una traccia di divertimento.
"No, intendo, non stai moralmente." Non volevo sfogarmi con Thor, non ero proprio in vena di sfogarmi con qualcuno. L'ultima cosa che volevo fare era apparire debole.
"Sto benissimo, Thor." Per la prima volta da quando aveva aperto bocca, lo avevo guardato. "Torna a danzare con le dee e a bere vino." Gli consigliai senza alcuna nota di durezza, nella speranza che ascoltasse.
"Artemis, cosa c'è tra te e mio fratello?" 
Fu un colpo secco al cuore, un proiettile dritto al petto.
Sgranai gli occhi, rimanendo completamente senza parole.
"N-niente, cosa vuoi che ci sia tra me e.. e.. Loki." Pronunciai quel nome con una certa enfasi, che danneggiò completamente il mio tentativo di salvarmi la coda con una bugia.
"Beh, non so: il mantello verde, il modo in cui tremavi durante la sua udienza con Odino, il fatto che ci tieni così tanto che venga trasferito nelle sue stanze, il modo in cui lui ti guardava oggi... tanti motivi che destano qualche sospetto." Fu così naturale nel parlare che persi ogni speranza. Non ci sarebbe stata speranza di salvare il salvabile, perché di salvabile non c'era un bel niente.
"E' così evidente, allora." Sospirai, cercando di trattenere le lacrime in bilico fra le palpebre.
"Non ti ha soggiogata a Midgard, non è vero?" Domandò Thor, avvicinandosi a me, trasmettendomi il suo forte calore.
"No." Sussurrai piano.
"Lo hai liberato di tua spontanea volontà." Disse con tono severo. "Artemis, devo pensare che tu abbia tradito tuoi amici?"
"Fa come ti pare, Thor. Se amare vuol dire essere colpevoli, allora considerami tale." Dissi secca, voltandomi, camminando lontano da lui. Ma a mio sfavore, mi seguì.
"Artemis, fermati." Mi fermai come mi ordinò e mi voltai a guardarlo. "Lui ti ama?" Domandò dopo un po'. Rimasi impietrita a quella domanda.
Loki mi ama? Me lo aveva detto, più di una volta, ma in quel momento non ero più sicura.
"Non lo so più." Gli risposi, senza guardarlo negli occhi.
"Sono felice, perché forse c'è speranza per poterlo salvare. Ma tu? Ti fa bene questo amore?" Si stava spingendo oltre, troppo oltre. Calò un silenzio che durò più di un minuto e restammo immobili, io che fissavo il pavimento e lui che fissava me, aspettando una risposta.
"Non lo so più." Ripetei di nuovo, andandomene da lì, e quella volta, Thor non mi seguì più.



                                                                                              * * *

 
I pray for this heart to be unbroken,
but without you I'm gonna to be is
Incomplete

Dalla brace alla padella. 
Loki se ne stava seduto su un lettino ad osservare la sua nuova cella. Le pareti erano interamente bianche, così bianche da dar fastidio, c'era solo un letto, un tavolino e una sedia. La cella era pulita, un Paradiso in confronto a quella in cui aveva marcito per sei mesi. Non c'erano sbarre, solo un giallo velo magico, che divideva la cella con il corridoio. Frigga aveva lasciato qualche libro sul tavolino e Loki ne aveva già iniziato uno, tuttavia era noioso e non gli interessava per niente leggere.
Non riusciva a non pensare ad Artemis e al suo combattimento di quella mattina; la paura di perderla si era accesa come un fuoco dentro il cuore di ghiaccio del dio. In quel momento c'era la sua cerimonia, la sua festa. In quel momento stava danzando con dèi e guerrieri che non erano lui. Il dio pensava che ormai lei avesse perso interesse per lui, ma ripensando al suo comportamento quando lui era accanto a lei, lo faceva sperare ancora. Pensava a lei constantemente, anche quando aveva provato a leggere un po' per distrarsi, la sua mente e la sua anima erano solo su Artemis.
Loki dovette ridudurre gli occhi in due fessure e successivamente strizzarli per capire se quella che udiva era veramente la sua voce.
"Non può visitare il prigioniero, è vietato." Diceva una guardia.
"Sono Lady Artemide, il mio è un grado molto più alto rispetto al tuo e devi obbedire!" Ordinava, e Loki capì che si trattava ovviamente di lei.
"Milady, non poss.." Si sentì un rumore violento di pelle su pelle e un tonfo metallico che si schiantava contro il suolo, dopo una frazione di secondi, Artemis era davanti alla cella di Loki. Al dio erano mancati tantissimo quegli occhi ambrati, quel viso, lei.
Era bellissima. Aveva addosso un tipico abito asgardiano di seta, verde chiaro, tenuto su da due spille alle spalle, le braccia erano scoperte e anche metà schiena. I suoi capelli erano sciolti e morbidi sulle spalle. Quegli occhi fatti di ambra lo guardavano e lo studiavano, proprio come lui faceva con lei. Dopo un po', uno dei due ebbe il coraggio di parlare.
"Sei venuta a farmi visita." Osservò sarcastico Loki, un sarcasmo che aveva un non-si-sa-cosa di acido. "Quale gioia." Ma non c'era nessun segno di entusiasmo nella sua voce.
"Grazie." Disse lei, lasciandolo completamente inorridito. "Se non fosse stato per te, oggi sarei probabilmente morta." Artemis avanzò, salendo degli scalini, trovandosi precisamente davanti al giallo velo magico che li divideva. "Quindi, grazie."
Il cuore di Loki era stretto in una morsa e non sapeva cosa fare, cosa rispondere.
"La ferita?" Domandò, sorprendendo Artemis e sé stesso. "Come va?"
Artemis socchiuse la bocca per parlare, ma la risposta uscì dopo.
"I guaritori dicono che rimarrà la cicatrice." Fece spallucce, sorridendo lievemente. 
"Perché?" Domandò Loki con freddezza, alzando di poco la voce. "Perché hai chiesto pietà per me ad Odino, se non ti sei degnata nemmeno una volta in sei mesi di venirmi a fare visita?" Loki avanzava lentamente, ad ogni parola, si avvicinava di più ad Artemis.
"Perché non potrei sopportare un giorno di più senza te." Una lacrima la tradì e percorse la gota rosea velocemente. "Mi dispiace di essere stata così ingenua e stupida da credere che potessi dimenticarti, non venendoti a fare visita." Loki si avvicinava di più, incantato, intenerito e furibondo da quelle parole. "Stasera vengo qui da te, ringraziandoti e chiedendoti perdono, perché io senza di te non respiro più." Altre lacrime le rigarono il viso e gli occhi di Loki si fecero umidi. "E mi dispiace così tanto che me ne sia accorta solo oggi." Artemis si morse il labbro inferiore dall'interno, punendosi della sua sensibilità.
Solo quel maledettissimo velo li divideva, erano così vicini, ma così lontani.
"Ti dispiace?" Domandò Loki con freddezza. "Ti dispiace?!" Urlò, dando un pugno al velo magico. Artemis sobbalzò all'impatto, il suo petto si abbassava e alzava più veloce e i suoi occhi erano vergognosamente pieni di lacrime. Lacrime che confermavano la sua debolezza. "Hai idea di come io ti ami così tanto da non riuscire ad odiarti?! Come puoi pretendere che io ti perdoni per avermi insegnato ad amare di nuovo?!" Ormai, a quelle grida, Artemis stava piangendo a singhiozzi. Loki ingoiò un fiotto di saliva e si incolpava, si incolpava per la maledetta situazione che si stava creando. Artemis allungò la mano e la poggiò, proprio dove Loki stringeva un pugno contro il velo magico. Anche attraverso il velo, riuscivano a percepire il calore dell'altro. Lei smise di piangere e Loki aprì il suo pugno. Le loro mani erano nella stessa posizione, l'una pressata verso l'altra, ma quel maledettissimo velo evitava che si toccassero.
Artemis fissva la sua mano e quella sua, e come Loki, desiderò di poter toccare il suo dio, abbracciarlo e baciarlo. Rimasero in quella posizione a lungo, fissandosi negli occhi; ma un paio di guardie si stavano avvicinando e quella che Artemis aveva messo a tappeto stava per svegliarsi.
"Devo andare." Sussurrò a malincuore e dopo un minuto scappò via, senza voltarsi nemmeno una volta.
Loki teneva ancora la mano sul velo magico, senza lasciar svanire il dolce ricordo di lei.


 
Incomplete


 
(Canzone del capitolo

Incomplete - Beckstreet Boys)


 





N.d.a

Buon anno a tutti!! :D

Lunghetto anche questo capitolo, eh?

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente e che seguono, dopo tanto tempo, questa storia con entusiasmo e pazienza.

Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo in una recensione.

Buona serata e ...


ALLA PROSSIMA ;)
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Il vero passo avanti. ***


Two souls, one heart.


"Il vero passo avanti è capire le donne e l'
amore.
O forse il passo avanti era saper
uccidere con indifferenza."

cit. Charles Bukowski



* * *







* * *

 

Oh, my heart, it breaks
every step that I take,
but I'm hoping that at the gates
they'll tell me that you're mine




Passarono sei giorni, ma il ricordo di Loki era sempre vivo nella mia mente; chiudendo gli occhi riuscivo ad individuare il suo volto incorniciato dai lunghi capelli corvini, illuminato dagli occhi verdi e i lineamenti di un dio. 
Mi mancava tantissimo e dovevo ammetterlo, mettendo da parte il mio maledetto orgoglio; era come un fuoco che ardeva dentro di me, era una voglia terribile di lui. Riuscii a ricordare il desiderio di toccarlo, poter sentire il calore della sua pelle sulla mia. Mancava solo un giorno, solo uno e avrei potuto vederlo libero, senza catene, nelle sue stanze. Ero felice del fatto che fossi riuscita ad ottenere il suo scarceramento, o quasi; ma ci sarei riuscita a renderlo completamente libero. Era un'impresa che avrei dovuto assolutamente vincere. 
Una parte di me voleva lasciare le cose com'erano, farmi una nuova vita e magari trovare un altro uomo, ma l'altra parte di me urlava contro questa quanto stupida potesse essere. Come pretendi di poter iniziare una nuova vita dopo tutto quello che è successo fra di voi? 
Perché così era.
Erano troppi i ricordi e tanti i sentimenti. Come avrei potuto pretendere di poter dimenticare quello sguardo? Quegli occhi così verdi da potermici perdere, quegli occhi che erano ormai tutto per me. Ero innamorata, stupidamente innamorata.
Riuscii a ricordare la nostra prima volta, a quei momenti ricchi di passione e.. amore, forse. Un sentimento che molto probabilmente mi avrebbe portato alla mia autodistruzione, dato che, c'erano possibilità che Loki non nutrisse più ciò che io provavo per lui. Gli avrei dovuto parlare, ma era una continua battaglia contro me stessa. Una parte approvava ciò che decidevo, l'altra no.
Ero in un vero casino, e la parte peggiore era che ci finii volontariamente.
Per amore si vive, si combatte, io, invece, per amore stavo morendo, l'amore mi stava portando alla pazzia. Ma combattevo. Quello sempre, quello non doveva mai mancare.
"Alagasies?" Mi voltai di scatto, incontrando gli occhi di mia sorella.
Quella notte dormii a casa dei miei fratelli, più stavo al castello, più avevo voglia di scendere nelle prigioni per andare a visitarlo, cosa che era vietata. L'ultima volta che andai nelle celle, mi vidi costretta a minacciare quella guardia per non farla parlare. Era una dolce tentazione. Dubitavo che Loki mi avesse gettato un incantesimo, perché non era in me essere così ossessionata e dipendente da qualcuno. Era davvero così essere innamorati?
"L-l'ho rifatto, vero?" 
"Rifatto cosa?" Domandò, aggrottando le sottili sopracciglia.
Ridacchiai silenziosamente. Mia sorella aveva intuito che si trattasse di qualcuno di cui ero follemente presa, ma non le raccontai nulla, per quanto lei fosse insistente.
"Nulla." Scossi la testa e continuai a guardare Asgard dalla finestra.
"Perché non vuoi parlarmi di questo fortunato, che pare ti abbia rubato anima e cuore?" Abbassai gli occhi sulle mie mani prima di guardare Persefone che aveva piegato le labbra in un sorriso malizioso. "E speriamo che non ti abbia rubato che il corpo." Quel sorriso si allargò di più, fino lasciar uscire una risata divertita. "Guarda come sei diventata tutta rossa!" Rise ancora, e molto presto le feci compagnia. "Lasciando da parte gli scherzi, Alagasies, tu puoi confidarti con me, lo sai questo, no?" Mi accarezzò una guancia e io sorrisi al dolce gesto.
"Preferisco essere misteriosa, sorella." Le rivolsi un ultimo sorriso, prima di ritornare a guardare con aria assente il paesaggio dalla finestra.
Volevo parlarne con qualcuno, anche se Thor sapeva già tutto, ma volevo confidarmi con qualcuno che forse di amore ne capiva qualcosa, e magari mia sorella poteva essere una di quelle. Ma qualcosa dentro di me (come al solito) mi imponeva di non farlo. Di non fidarmi troppo, anche se si trattava del mio stesso sangue.
"Comunque, una guardia è venuta qui." Scattai verso mia sorella, con occhi sgranati, pensando al peggio su Loki.
"Cosa è successo?!" Mi avvicinai velocemente a lei. Persefone sgranò i suoi occhi ambrati, con aria confusa e un poco spaventata, mi rispose: "Mi ha chiesto di riferirti che Odino richiede la tua presenza alla sala del trono il prima possibile." Mi voltai e senza pensarci salii sulla finestra e mi buttai giù. Il vento si abbatteva volentemente contro la mia pelle, ma questo non mi impedì di spiegare le ali quando mi trovai a pochi centimetri dal terreno. Volai il più velocemente possibile verso il castello e in meno di due minuti feci il mio ingresso nella sala del trono.
Fortunatamente avevo la mia divisa da guerriera, o sarei stata impresentabile in camicia da notte.
"Padre degli dèi." Mi inchinai, richiamando la sua attenzione, "Avete chiesto della mia presenza. C'è qualche problema?" Il mio cuore batteva in modo disumano contro la cassa toracica, quasi implorava di uscir fuori. 
Qualcosa mi diceva che c'entrava Loki.
E che non promettesse niente di buono.

 
                                                                                                        * * *

 

Come and take a walk on the wild side,
let me kiss you hard in the pouring rain,
you like your girls insane



"Tu sai che non avrei potuto passare l'eternità a leggere libri." Sorrise ironico Loki a Frigga, sedendosi sul lettino.
"Lo so, lo so. Ma grazie a quella ragazza forse c'è possibilità che tuo pad.." Loki fulminò la matrigna quando stava per pronunciare quelle due parole "tuo padre", così la donna si corresse. "..Forse c'è possibilità che Odino ti renda libero del tutto." Loki ridacchiò acido.
"Perché, tu mi vorresti vedere libero, dopo tutte le vite che ho tolto a Midgard?" Ci fu un lungo silenzio, ma poi Frigga decise di rispondere al figliastro.
"Sì, Loki. Perché ti amo come un figlio.. ed è quello che sei per me." La Regina si sedette accanto al dio, prendendo una sua mano accarezzandola dolcemente fra le sue. Ogni volta che Loki riceveva queste dimostrazioni d'affetto da parte di qualcuno sentiva una forte e violenta morsa allo stomaco. Ritirò la mano, rivolgendo a Frigga un lieve sorriso.
"Davvero una ragazza d'oro, non trovi?" Loki sapeva di chi stava parlando la Regina, tuttavia, con il cuore in gola, domandò:
"Chi?"
"Artemide, di chi, se no?" Era incredibile l'impressione che aveva dato Artemis ai reali di Asgard, era riuscita a farsi considerare positivamente con niente, questo dimostrava il forte carisma di cui era dotata e che forse non sapeva nemmeno di avere. 
Era lei, semplicemente lei, e forse non sapeva nemmeno l'effetto che faceva alle persone. Loki pensava, in quel momento, di quanto forte e incredibile lei era, ma nessuno sapeva di quel suo lato innocente che lui era riuscito a conoscere. Era innocente, sì, ma Loki sapeva che l'innocenza non sarebbe durata in eterno. Lì ad Asgard le cose erano molto più cruente di Midgard e si preoccupava per lei, non voleva che cambiasse. Così aveva temuto durante l'esame nell'arena: era spietata e violenta e Loki aveva temuto che la sua Artemis avesse perso quell'innocenza che l'aveva fatto impazzire per lei. Quel mix di forza e debolezza, determinazione e indecisione, coraggio e paura che l'avevano fatto innamorare di lei.
"La ami?" Frigga era stupita, sgranò gli occhi e sorrise felicemente a Loki, alzandosi dal lettino. Il figliastro la guardò incredulo e si alzò, mettendosi davanti alla Regina.
"Cosa?" Loki ridusse gli occhi in due fessure, lei non rispose, sorrideva e basta. Poi il dio capì. Era stata proprio la matrigna ad insegnargli l'arte della magia, ed era chiaro che mentre pensava ad Artemis, lei avesse letto nella mente del figliastro, capendo così tutto. Che stupido sono stato, si insultò, chiudendo gli occhi, sospirando amaro, camminando per la cella.
"Oh, cielo!" Esclamò ancora felice. "La ami veramente!" Loki si voltò infastidito verso la madre.
"Maledetto a me che non ho pensato a trattenere i miei stupidi pensieri in tua presenza." E si sedette frustrato sulla poltrona in vimini, portandosi una mano a massaggiarsi le tempie.
"Oh, Loki, è una cosa positiva, tu non ti rendi conto di quanto lo possa essere!" Frigga stava quasi piangendo dalla felicità e questo dava molto fastidio al dio: il sentimento che provava per lei era una cosa molto personale e sapeva che Frigga sarebbe andata a raccontarlo ad Odino il prima possibile, la conosceva.
"Frigga." La chiamò freddo e infastidito. "Adesso basta." La guardò negli occhi, ma lei continuava a sorridere, felice.
"Questo cambierebbe tutto!" Iniziò così a parlare da sola, Loki la fissava con un sopracciglio inarcato, confuso e infastidito. "Potresti guadagnarti la libertà,   questo potrebbe riscattarti!" 
"Frigga, non starai pensando a..."
Matrimonio.
Lesse nella sua mente.
Loki si alzò in piedi.
"No." Sbottò subito.
"Ma come no? E poi è una bellissima giovane, ha un corpo adatto a procreare e.."
Procreare.
Figli.
Matrimonio.

Loki sgranò gli occhi stupito, incredulo, infastidito e spaventato dai pensieri della matrigna.
"Frigga! Non affrettare cose che forse non accadranno mai." La richiamò, prima che pensasse ad altro. Ma quella parve non ascoltare.
"Lo sai da dove capisco che ha un corpo perfetto?" Fece una pausa, mentre Loki si portava una mano alla fronte, sospirando ormai arreso. "Dalla vita! E' stretta, ma i fianchi sono sinuosi e anche il seno!" Le guance pallide di Loki presto si colorarono presto di un rosso vivido. 
"Ma tu hai avuto occasione di osservare per bene il suo corpo, no?" Loki era allibito, guardò con occhi sgranati la matrigna, mentre lei sorrideva con non poca malizia. Questo è troppo, pensò Loki imbarazzato.
"Frigga, la mia vita privata non ti appartiene, tanto meno quella.. intima." Inclinò un po' la testa quando pronunciò quell'ultima parola con insicurezza; Frigga inarcò le sopracciglia in un'espressione di pura  mailiza, Loki sospirò spazientito.
"Lei ricambia?" Loki guardò con aria assente Frigga, si voltò, dandole le spalle; passeggiò lentamente per tutta la cella. 
Non sapeva cosa risponderle, Artemis lo amava ancora? Dopo quello che gli aveva detto sei giorni prima, era sicuro che fosse così, ma Loki aveva sempre paura che forse, quella di Artemis, fosse solo un'ossessione. Molte dee avevano perso la testa per Loki anni prima, dichiarandosi innamorate quando invece erano solo affamate da una folle passione. 
Solo una persona aveva davvero convinto Loki del suo amore. E l'aveva portata alla pazzia. Fu proprio per lei che Loki promise di non innamorarsi più, perché non voleva ridurre la persona che avrebbe amato in quello stato. Infatti, fu terribile per lui osservare e assistere alla pazzia di Artemis, quelle ore prima del suo suicidio. Ricordò della promessa fatta a se stesso mentre stingeva il suo corpo privo di vita fra le sue braccia; l'aveva infranta, si era innamorato di nuovo, e nemmeno il tempo per rendersene conto, lei era già morta.
"Non lo so." Rispose, guardando la matrigna, che aveva gli occhi lucidi e qualche lacrima le era sfuggita. Loki capì che aveva nuovamente letto nei suoi pensieri e glielo lasciò fare. Sapeva del suo sentimento, no? Tanto ne valeva che allora sapesse cosa provava davvero.
"Oh, Loki."


                                                                                                       * * *

 

Choose your last words,
this is our last time,
cause you and I
we were born to die


"E' notevole come questi fiori crescano così in fretta." Commentai, per evitare che si creasse un silenzio al quanto imbarazzante. 
"E' un ritmo normalissim. Lì a Midgard quanti giorni ci vogliono affinché un fiore sbocci in tutta la sua bellezza?" Odino passeggiava sul grande sentiero della serra reale, mentre io lo affiancavo a circa un metro di distanza.
"Molto tempo, ma non saprei dirvelo con precisione, non mi sono mai interessata di botamica." Anche se me ne pentii; mi sarebbe davvero piaciuto studiare le piante e i fiori, ma se volevo lavorare nello S.H.I.E.L.D. dovevo studiare fisica e solo fisica: termofisica, astrofisica, fisica degli atomi, fisica nucleare... Non avrei mai potuto trovare un minuto per dedicarmi a qualcos'altro.
Fino a quel momento, Odino non mi aveva fatto parola di Loki e questa era una cosa assai positiva, ma negativa per i miei poveri nervi. L'ansia cresceva a dismisura e il mio tic nervoso alle dita si era rifatto vivo dopo tanto tempo.
"Mio Re." Mi fermai e lui mi copiò, guardandomi, aspettando che continuassi a parlare. Ormai non potevo più tirarmi indietro. "Scusatemi se sono invadente, ma non penso che abbiate richiesto d'urgenza la mia presenza per parlare di piante e fiori." Gli sorrisi, cercando di alleggerire la cosa.
"Hai ragione, Lady Artemide." Odino le sorrise, facendo una pausa. "Mi ricordo ancora dell'accordo che abbiamo fatto sei giorni fa." Ricominciò a camminare e io lo seguii. "A quanto pare Loki non ha combinato niente di grave nelle celle." Una gioia, pian piano, come un fuoco d'artificio, stava crescendo dentro di me. "Quindi, se non succederà nulla fino a domani, verrà trasferito nelle sue stanze, come tu mi hai consigliato di fare." Desiderai di saltellare per tutta la serra reale, urlando felice, ma naturalmente mi trattenni e confesso che non fu affatto facile.
"La ringrazio, mio Re." Mi portai una mano al cuore, chinandomi più volte. "La ringrazio davvero, davvero molto." Okay, stavo esagerando.
"Ti prego, Artemide, basta." Quasi ridacchiava divertito. 
Mi ricomposi, anche se il rossore nelle mie gote non mi abbandonò con facilità.
"Vi chiedo perdono per il mio stupido comportamento." Non osavo guardarlo negli occhi, o le mie gote sarebbero scoppiate per il rossore.
"Non devi scusarti, all'amore non si chiede perdono." Sgranai gli occhi mentre i miei polmoni richiedevano insistenti dell'ossigeno. "Dovrebbe essere esso a chiedere perdono a noi." Guardai Odino con un'espressione stampata in volto a dir poco sbigottita.
"Scusatemi, ma non riesco a comprendere." Dissi, mentre la mia mente stava già ipotizzando mille possibiltà del perché si riferisse a Loki quella frase filosofica. Odino mi guardò negli occhi con fare divertito; non mi rispose subito, solo dopo un po'.
"Domani, all'ora del crepuscolo, ti aspetto con tutti gli altri membri del consiglio nella sala del trono. C'è un dio, da scarcerare, o mi sbaglio?" E se ne andò, lasciando me in balia di mille pensieri e dubbi.
In un attimo ha deciso che io diventassi membro del consiglio. Me. Proprio me.
E ancora prima fece uno strano riferimento all'amore, guardandomi con l'aria del gatto che aveva mangiato il ratto.
"Porca miseria." Imprecai sussurrando.

                                                                                                   

Stessa situazione di una settimana fa: tremavo come una foglia, non osavo rivolgere sguardo a Loki e il suo sguardo mi perforava la pelle. Ero sulle scale fra Volstagg e Sif, e grazie a qualunque Dio, nessuno aveva notato il mio strano comportamento, tranne Thor, che qualche volta mi lanciava delle occhiate con la punta degli occhi per accertarsi che stessi bene.
"...Decido, così, di trasferirti dalle celle comuni dei sotterranei del Palazzo, alle tue vecchie stanze per il resto della tua vita fino a decisione contraria."
Fino a decisone contraria.
Ce la posso fare, 
mi ritrovai a pensare determinata, dimenticandomi, per un attimo, della presenza di Loki.
"Che gioia." Commentò acido Loki senza alcuna nota di felicità.
Con un cenno del capo di Odino, le guardie scortarono Loki nelle sue stanze.
Ce l'avevo fatta. La prima parte del mio piano era stata compiuta con successo.
"Chiedo a mio figlio e a Lady Artemide di rimanere nella sala, il resto di voi può pure andare." E così fu, rimanemmo nella sala del trono solo io, Thor e un paio di guardie.
"Le stanze del Mancato Re saranno sorvegliate giorno e notte, sarà possibilie visitarlo e sarà di obbligo farlo per uno di voi due almeno due volte al giorno." Io e il dio del tuono eravamo davanti alle scale che conducevano al trono affiancati. 
Per uno di voi.
Okay,
non avevo affatto sbagliato a pensare a tutta la notte che Odino sapesse dei miei sentimenti riguardo Loki, ed era pure evidente che quell'uno di noi ero assolutamente io.
Calò un silenzio assordante, non si sentiva nessuno fiatare.
"Odino," disse una voce femminile, "penso che Artemide si debba occupare di controllare due volte al dì Loki, visto che è stata proprio lei a consigliarti di agire così e che Thor ha troppo da fare per occuparsi anche di questo." Non sapevo che Frigga fosse rimasta nella sala del trono, ciò nonostante me la aspettavo una cosa del genere. 
Tutti gli occhi furono su di me.
"A questo punto mi sento obbligata a dover prendere io questo incarico." Dovevo far finta di essere indifferente a quel che provavo per Loki e continuare a comportarmi come una vera Lady guerriera, anche se in quella sala tutti ne erano al corrente.
Per un attimo mi sentii completamente spogliata dai miei segreti e dalla pia privacy.
"Allora è deciso." Stabilì Odino. "Inizierai già da stasera."
Mi congedai ai reali e mi ritirai nelle mie stanze.
Chissà che bella seratina mi sarebbe aspettata (dato che tremavo e sudavo freddo già in quel momento).



 

Don't make me sad, 
don't make me cry
Sometimes love is not enough 
and the road gets tough

 




Canzone del capitolo

Born to Die - Lana Del Rey




 

Nda.

Buonasera, miei cari lettori :D

Intanto parto col ringraziare tutti coloro che leggono questa storia e che la recensiscono.

Che ne pensate di questo capitolo? Lo so, è un po' più corto rispetto agli altri, ma penso di aver compiuto il mio lavoro in giusto tempo.

Adesso però voglio sapere il vostro parere, su su, sono curiosissima!

Un abbraccio a tutti voi e..


Alla prossima;)
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Per amore. ***


Two bodies, one soul.



"Facciamo la guerra per poter vivere in pace."


        cit. Aristotele






 

 
 


   °  °



Ero pronta.
Ma che dico? Non ero pronta per niente.
Il mio pugno sfiorava il portone delle stanze di Loki, ma non aveva intenzione di bussare. Sospirai, abbassando la mano. Le due guardie che si occupavano di sorvegliare la stanza giorno e notte mi guardarono stranite. 
Certo, mica capita ogni giorno di vedere una stupida che non riusce a bussare.
Scossi la testa.
Basta, io busso.
Appoggiai le nocche sul legno e bussai tre volte. Con la mano tremante e il cuore che batteva disumano contro il petto, aprii il portone, entrai velocemente e me lo chiusi alle spalle.
Spalancare gli occhi non era abbastanza per ammirare la lussuosa stanza in cui mi trovavo: il pavimento in marmo, le tende color panna, oro e verde, il grande balcone, l'enorme letto matrimoniale a baldacchino dalle lenzuole degli stessi colori delle tende, l'armadio e la scrivania in mogano, i quadri sulle pareti, tutto in quella stanza era perfetto. 
Ammiravo la stanza avanzando di qualche passo, ma solo dopo un po' mi domandai dove potesse essere Loki. Alzando gli occhi in alto mi accorsi della presenza di una nuvola di vapore, e, cercando di capire da dove provenisse, la seguii.
Mi portò davanti ad una tenda che conduceva a quello che doveva essere il bagno. Fiotti di sangue salirono alle guance colorandole di un rosso intenso. 
Che devo fare?, mi domandai indecisa sul da farsi. Controllai il lungo vestito di seta grigio e mi sistemai i capelli sulle spalle, in modo tale da coprire le spille che tenevano l'abito. Feci un lungo respiro e mi schiarii rumorosamente la voce. Aspettai. Nessuna risposta, solo altro vapore che fuoriusciva. Ritentai, schiarendomi nuovamente la voce. 
Nessuna risposta.
Sbuffai, immaginando che, se Loki si trovasse davvero lì dentro, lo stava facendo apposta a non rispondermi. Mi morsi il labbro e ritentai per una terza volta, ma questa volta accompagnato dalla mia voce.
"Principe Loki, sono Lady Artemide, mi è permesso entrare?" Nel dubbio, io usavo un tono formale. 
"Potete entrare, Lady Artemide." Loki pronunciò il mio nome con una certa enfasi che non fece altro che peggiorare la mia ansia. Mi mancò la sua voce leggera, soave, affilata
Mi feci forza, respirai profondamente e, senza pensarci troppo, scostai le tende, entrando nel lussuoso bagno. Il vapore era così fitto che per un momento non riuscii a vedere nulla, ma quando i miei occhi iniziarono ad abituarsi individuai la figura di Loki, completamente nudo.
Sgranai gli occhi, coprendomeli subito con il palmo della mano.
"Dio!" Imprecai imbarazzata. Sentii la sua profonda risata gorgogliare nella gola. 
"Cosa vi turba, Lady Artemide?" Domandò sarcastico, continuando a darmi del voi.
"D-davvero me lo chiedete?!" Chiesi in un mix di imbarazzo, frustrazione e rabbia. "Mi pare abbastanza ovvio cosa mi turbi!" Loki era nudo, a pochi metri da me, ed io come una ragazzina mi coprivo gli occhi con la mano. 
La situazione non era imbarazzante, ma ridicola, o almeno, io ero ridicola.
"Oh, perdonatemi, ma non riesco proprio a comprendervi." Sentii la sua voce più vicina. Bene, si stava pure avvicinando. 
Lui sì che era l'unica persona nei Nove Regni in grado di mettermi così tanto a disagio. 
Sentii le sue dita circondarmi il polso, togliendo via la mia mano davanti agli occhi, che comunque tenni chiusi. Due cose erano altrettanto ovvie: 1) lui era davanti a me, nudo, e 2) stavo morendo di infarto.
"La cosa che mi turba è il suo... aspetto attuale." Strizzavo le palpebre fra di loro, mantenedo il mento all'insù. Non guardare giù, non guardare... lì, mi ripetevo continuamente. Non che per me fosse una tentazione così forte da non poter sostenere, ma il trucco era sempre: non guardare giù.
"E perché mai?" Domandò a bassa voce, sensuale. 
Mantieni la calma, mantieni la calma. 
Mantieni. 
La. 
Calma.

"Perché siete nudo, Principe." Aprii di scatto gli occhi, incotrando quelli suoi dannatamente vicini ai miei. Era abbastanza evidente quanto stessi tremando come una foglia e dovevo assolutamente smetterla, o Loki avrebbe continuato così fino all'indomani mattina. Lui amava provocarmi, lui aveva sempre amato provocarmi.
"E perché questo dovrebbe essere un problema?" Domandò ancora, solo che, in quel momento, maledii di aver aperto gli occhi, poiché quelli suoi mi facevano troppo effetto: brillavano di malizia, e sapevo cosa stesse desiderando in quel momento. Mi promisi di non cedere alla sua trappola, anche se sarebbe stato molto difficile.
"Il coso fra le tue gambe è il problema!" Risposi con una sincerità fin troppo spontanea. Quando mi resi conto di cosa avevo appena detto spalancai gli occhi, e lui rise di gusto.
"Come siete maleducata, Lady Artemide." Sussurrò il mio nome all'orecchio e riuscii a sentire il suo respiro sul mio collo. "E come può portarvi disagio qualcosa che avete già visto?"
Lo ha detto sul serio?
LO HA DETTO SUL SERIO?!

Socchiudevo le labbra in un'espressione scioccata. Dovevo assolutamente rispondere senza fare la figura del sasso.
"Beh... hem...mh..." Che figura di... Mi morsi l'interno delle guance, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, che mi fissavano con bramosia e desiderio.
"Non rispondete?" Piegò la testa di lato. Gli lanciai un'occhiataccia dritta negli occhi, percependo quanto si stesse divertendo a provocarmi. Rimasi, poi, a guardarlo intensamente negli occhi, senza spostare lo sguardo o rispondere. "E così sia." Alzò le sopracciglia e sospirò, si voltò e si incamminò verso la vasca da bagno scolpita nel marmo. Il mio sguardo non poté non cadere proprio lì sotto. Arrossii violentemente, sorrisi imbarazzata e anche un po' maliziosa.
Carino, commentai dentro di me. Scossi la testa, spostando lo sguardo da qualche altra parte mentre lui si immergeva nell'acqua calda.
"Vi interessano le pareti?" Domandò con quel suo solito sarcasmo pungente, riferendosi al mio sguardo fisso sul muro. Guardai Loki e notando che, una volta immerso in acqua, non c'era pericolo di genitali esposti alla luce del sole, decisi di rivolgergli completamente le mie attenzioni, anche se la visione dei suoi pettorali rendeva tutto molto più difficile.
"Allora, Lady Artemide, a cosa devo l'onore della vostra visita?" Gesticolò con la mano.
"Odino mi ha dato l'incarico di venirvi a controllare personalmente, ogni giorno." Deglutii rumorosamente mentre Loki sorrideva di una felicità (per i miei gusti) abbastanza sadica.
"Oh, ne sono davvero felice." Concluse, guardandomi come un cane affamato guardava un muffin al cioccolato dopo giorni di digiuno. Loki iniziò a lavarsi, ignorando del tutto la mia presenza.
Era troppo tardi, non potevo distogliere lo sguardo dalla scena che avevo davanti agli occhi. Tutto dentro di me urlava di non fissarlo in quel modo, o...
"Avete intenzione di ammirarmi per tutta la durata del mio bagno?" Domandò dopo vari minuti, beccandomi a fissarlo.
"N-no." Risposi impacciata, abbassando lo sguardo.
"Allora vi dispiace darmi una mano?" Rischiai seriamente di svenire. "Sempre se non vi dispiace." Alzai lo sguardo, incontrando il suo: sapeva benissimo che non mi dispiaceva, ma la mia ansia, l'insicurezza e la ragione, di cui ancora ero in possesso, mi ordinavano di rifiutare e di starmene ferma lì dov'ero.
Inaspettatamente i miei piedi avanzarono verso la vasca da bagno. Mi ero già pentita di ciò che stavo per fare, ma non potevo più tirarmi indietro: mi ero abbastanza ridicolizzata e ritirarsi non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.
"Come posso esservi utile?" Domandai con voce ferma e sicura, mentre dentro bruciavo di vergogna, e le mie guance ne erano un giusto esempio.
"Non riesco ad arrivare alla schiena, se potreste gentilmente aiutarmi, ve ne sarei davvero grato." Ad ogni parola, la sua voce si faceva sempre più intensa, sensuale. Le mie unghie affondarono nella carne, chinai il capo in segno di conferma. Mi posizionai dietro di lui e mi sedetti sul bordo della vasca da bagno. Presi in mano una spugna, la immersi nell'acqua calda e indugiando un attimo, la poggiai sulla spalla di Loki.
La strofinai contro la sua pelle, lentamente, avevo paura di fargli male. Immersi nuovamente la spugna nell'acqua e gliela strofinai cautamente sulla pelle diafana. Sentivo Loki rilassarsi sotto il mio tocco e ne fui soddisfatta. Soprendendo me stessa e anche lui, iniziai a lavargli pure i lunghi capelli corvini, massaggiandogli la testa con dei movimenti circolari delle dita.
"Sono abbastanza brava, Principe Loki?" Gli angoli della mia bocca si alzarono all'insù in un sorriso ammiccante: stavo al suo gioco.
"Se non lo foste davvero, vi avrei chiesto di aiutarmi?" Domandò con un evidente tono di voce rilassato.
"Penso proprio di no." Sciaquai un'ultima volta i suoi capelli e mi issai in piedi, mettendomi davanti a lui, pericolosamente vicina ai bordi della vasca. "C'è altro che potrei fare per voi?" Lo guardai intensamente negli occhi, con aria provocatoria, proprio come lui stava facendo.
"No." Rispose semplicemente. Chinai il capo. Stavo per voltarmi, uscendo così dal bagno, ma la suola della scarpa calpestò un lembo del vestito: cercai di recuperare l'equilibrio, ma mi fu impossibile dato che il marmo era troppo scivoloso. Finii dentro la vasca da bagno. Optai per non risalire in superfice, ma la risata divertita di Loki mi fece cambiare idea. Salii in superfice, espirando profonodamente. Tossii un paio di volte e quando mi voltai, Loki stava ancora ridendo con un sorriso a trentadue denti e gli occhi semichiusi.
"Vaffanculo." Gli dissi acida tra i denti, cercando di alzarmi. Finii, vergnognosamente, una seconda volta in acqua, ma questa volta fin troppo vicina a Loki, che con entrambe le braccia mi trascinò verso di lui dalla vita. Cercai di dibattermi, con il risultato di finire sopra di lui, a gambe aperte, faccia a faccia. Le sue mani stringevano i miei polsi, bloccandomeli sul suo petto. Rimanemmo a fissarci negli occhi, intensamente, a pochi centrimetri di distanza.
Fu la prima volta, dopo mesi, che i nostri sguardi si fusero in quel modo.
"Sei diventata più impacciata in questi sei mesi." Commentò con un ghigno divertito. "Un giorno, potrai anche diventare la guerriera più audace di tutti i Nove Regni, ma tu rimarrai sempre la mia Artemis." Sorrise dolcemente.
Quel sorriso.
Non vedevo quel sorriso da quella notte.
La notte più bella della mia vita.
Rimasi impietrita da quelle parole. Loki allentò la presa sui miei polsi e io abbassai il mio sguardo, mentre percorrevo lentamente il suo petto con le mie mani, fino a raggiungere le sue spalle.
"Sono a conoscenza del fatto che in questi mesi hai cercato di dimenticarmi. E che non ci sei riuscita." Quella situazione era troppo per me, e lo deducevo dal mio cuore che era letteralmente impazzito. "E vuoi sapere il perché?" Loki prese il mio mento fra l'indice e il pollice, costringendomi così a guardarlo dritto negli occhi. "Perché tu mi appartieni, Artemis." Io gli appartenevo, sapevo che era così, sapevo che non c'era via d'uscita, ma sentirmelo dire da lui rendeva le cose un po' più semplice. Distolsi lo sguardo da un'altra parte, non volevo guardarlo negli occhi mentre una lacrima scivolava sulla mia guancia. "Guardami." Mi ordinò. E così feci, mentre lui mi asciugava quella lacrima. "Guardami." Ripeté ancora, ma quella volta con un tono  più serio.
"Ti sto guardando." Dissi con voce fievole, confusa.
"No, non mi stai guardando. Perché se tu mi guardassi davvero, ti renderesti conto che non c'è bisogno di avere paura di amarmi." Trattenni il fiato, incredula. Lo ha detto... sul serio?
"Io non ho paura." Mentii, per chissà quale ragione, sperando che non leggesse la mia mente. 
"Shh." Sussurrò lui, mettendomi a tacere. Poggiò le sue mani sulle mie guance, le nostre fronti si toccarono e sentimmo i respiri l'uno dell'altro sui nostri visi, respiri affannosi, urgenti. "Resta qui con me stanotte." Fu più un'esigenza che una proposta.
"No." Scossi la testa e altre lacrime scesero sulle mie guance, silenziosamente.
"Rimani." Sussurrò vicino alle mie labbra, sfiorandole.
Quel contatto mi fece impazzire e in un attimo, feci plasmare le nostre labbra in dolci movimenti. Loki mi circondò la vita con le sue braccia e io, con le mie, gli circondavo il collo. La sua lingua saettava frenetica sul mio labbro inferiore, trasformano così quel bacio da dolce a passionale; le nostre lingue si scontravano e arrivato ad un certo punto fu più un mangiarsi, che un baciarsi. Eravamo stati così distanti per mesi e quel bacio era un ritorno al passato, un ritorno a quel dolce e passionale momento. 
Appunto: passato.
"Il passato è passato, devo guardare in faccia il presente", mi dissi sei mesi fa. E in quel momento stavo ritornando indietro nel tempo, "non posso permettermi di vivere in un ricordo". Eppure volevo rimanere lì, con lui, per tutta la notte.
D'impulso, attraversata da tutti quei pensieri: morsi la sua lingua e lo feci allontanare da me. Mi alzai in piedi ed uscii dalla vasca in fretta e furia. Sentii la sua voce chiamarmi per nome, ma avevo già lasciato il bagno, quando Loki mi richiamò una seconda volta, ero già fuori dalle sue stanze. Ignorai gli sguardi interrogativi delle guardie e il freddo pungente sul mio corpo bagnato. 


                                                                                         
                                       °   °




A Persefone parve che quel busso violeto facesse parte dei suoi sogni, ma quando si svegliò sussultando, capì che era reale.
Si sentivano due voci da dietro, quella del maggiordomo e di... Thor?
Persefone rimase pietrificata davanti alla porta, con la mano che sfiorava la maniglia d'oro. 
Che cosa ci faceva Thor in casa sua? Non restava che scoprirlo.
Persefone si fece coraggio ed aprì la porta, richiamando l'attenzione del maggiordomo e del Principe di Asgard. Persefone si sentì il corpo prendere in fiamme quando gli occhi azzurri di Thor lo percorsero con imbarazzo, notando che era in camicia da notte e il tessuto di seta bianco metteva in risalto le sue forme femminili.
La giovane si inchinò e disse:
"Principe Thor, prego, entrate." Lo fece entrare e chiuse la porta, lasciando il maggiordomo confuso e sbigottito.
Non era da tutti giorno che un reale venisse a far visita.
"Dovevo vederti." Affermò Thor, dando le spalle a Persefone.
"E' successo qualcosa a vostra madre?" Domandò lei, cercando di evitare il vero motivo della visita di Thor, Persefone sapeva perché lui fosse lì, solo che non si immaginava che ne avesse voluto parlare dopo tutto quel tempo.
"Smettila di fare come se non fosse successo niente." Lui si voltò e prima che il suo sguardo si unisse con quello di lei, quest'ultima chiuse gli occhi in un'espressione amara.
"Guardo solo in faccia la realtà, mio signore."
"Cosa? Quale realtà?!" Tuonò Thor, gesticolando rabbiosamente con la mano. Persefone non si lasciò intimidire, rimase ferma sul suo posto, con la rabbia che si riaccendeva.
"La realtà che c'è fra voi e la midgardiana!" Urlò lei più forte. Thor sapeva di aver sbagliato, ma come poteva farsi perdonare? Era da un anno e mezzo che quella situazione andava avanti. 
"Ero debole, pensavo che non avrei fatto mai più ritorno ad Asgard." Ammise con coraggio, senza vergogna di se stesso. L'unica vergogna che provava era di aver tradito la donna che più amava.
"E pensate che questa sia una buona scusa per farmi cadere fra le vostre braccia un'altra volta?" Thor rimase in silenzio, abbassando lo sguardo. "Non sono più quell'ingenua che voi ricordate. Sono cambiata, Principe Thor." Girava lentamente attorno alla sua figura alta e possente. "E questo è un vostro punto a sfavore." Si fermò davanti a lui, a pochi centimetri di distanza. Si guardarono per dei lunghi ed interminabili secondi, con mille emozioni che esplodevano dentro di loro.
"Persefone," amava quando lui pronunciava il suo nome, "dammi un'altra possibilità, ti prego." Sapeva che Thor, il dio del tuono, Principe di Asgard, futuro Re, raramente pregava qualcuno e Persefone si sentì per un attimo onorata da questa cosa, ma successivamente, un senso di rabbia e dolore la pervase, come una goccia d'inchiostro su un bicchiere mezzo pieno d'acqua.
"Tornatevene dalla vostra midgardiana." Disse acida Persefone, avvicinandosi alla porta.
"Come hai potuto dimenticare tutto ciò che è stato?" Domandò Thor, mettendosi davanti a lei, costringendola a guardarlo negli occhi.
"Io non ho dimenticato, Thor." I loro visi si avvicinarono.
"Allora perché non vuoi darmi un'altra occasione?" Persefone indugiò: voleva dargli un'altra occasione, voleva riprovarci, perché stare senza di lui era diventato così difficile che la sua maledizione da Alae Obscuro non si risvegliò per un pelo. Ma qualcosa la bloccava, facendola sentire piccola ed inutile. Il dolore che provò quando scoprì del tradimento di Thor fu grave, Persefone impazzì. Se non fosse stato per suo fratello Klaus sarebbe morta suicida.
Non voleva riprovare quel dolore, non ci teneva. Sapeva che se avrebbero ricominciato a stare insieme come una volta, ma di nascosto e che i sovrani di Asgard non avrebbero mai accettato l'unione del figlio con una misera serva, per giunta Alae Obscura. Quindi, la loro storia, non aveva mai avuto un inizio, tanto meno una fine.
"Perché non è rimasto più niente per continuare a sperare che le cose possano ritornare come prima." Persefone aprì la porta.
"Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami più." Troppo difficile.
"Io..." Ma doveva farlo, per il bene di lui e di sé stessa. "Non vi amo più." Mentì.
 Thor uscì dalla stanza, lasciando dentro Persefone un vuoto incolmabile. 




N.d.a.

Buonaseraaaaaassss (?)

Lo scorso capitolo avete recensito in pochissimmi :( Vabe, dettagli!
Ho scritto questo capitolo ispirandomi, ahimé, a San Valentino, ma siccome sono anticonformista, pubblico un capitolo pieno d'amore nella festa dei single. Sì, lo so che sono un geniaccio. ^-^

Aluuuurs, com'è? Vi è piaciuto? 
Parlando della prima scena, ammetto di essermi divertita a scrivere quella situazione, è stato davvero troppo divertente!! Ma voi vi siete divertiti a leggere? Vi piace questa nuova Artemis più umana?
E per quanto riguarda il POV di Persefone, mh... ve l'aspettavate questa relazione con Thor? :33

Fatemi sapere con una bella recensione.

E VOI, LETTORI SILENZIOSI, SAPPIATE CHE VI OSSERVO, OwO.

Ringrazio se siete arrivati fin qui.

Buon inizio settimana e

Alla prossima ;)

Ps. Sto correggendo la prima stagione di
Two bodies, one soul. Se andate a rileggere, potrete notare che in alcuni capitoli ho aggiunto un paio di scene e battute, ma specialmente ho corretto quegli orrori grammaticali.
Pps. Ho completamente rivoluzionato il carattere iniziale di Artemis, quindi, mi fareste un favore se andreste a "ripassare" i primi capitoli (sono arrivata al nove c: )

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Gioco sporco. ***


Two souls, one heart.


 
"Meet the time as it seeks us."
(Andiamo a far fronte agli eventi che ci si parano davanti)
 
William Shakespeare, La tragedia di Cimbelino 


* * *




 
* * *

 
 
Klaus si svegliò non appena i primi raggi di Sole illuminarono la camera da letto. Era sdraiato a pancia in giù e solo quando cercò di issarsi su con i gomiti sentì delle forti fitte alla schiena. Soffocò un gemito e si coricò supino. Rimase sorpreso quando si rese conto di essere da solo sul letto, così si sedette e appoggiò la schiena allo schienale.
"Buongiorno." Sorrise Klaus.
"Buongiorno." Rispose l'altro di rimando, mentre si allacciava i braccioli di bronzo.
Klaus controllò l'orario nella meridiana poggiata ordinatamente sul comodino: era ancora presto per prepararsi, così, si rilassò un altro po' sul soffice materasso.
"Stanco?" Gli domandò dopo un po', avvicinandosi a lui.
"Tutta colpa tua." Ridacchiò con un po' di malizia, saltando improvvisamente in piedi. Anche l'altro iniziò a ridere, fino a quando Klaus si avvicinò a lui, lasciandogli un dolce bacio sulle labbra.  Era da molto che non passavano una notte insieme e quella fu la più intensa di tutte. 
"Adesso devo andare, tra pochi minuti inizia il mio turno." A malincuore, Ares si staccò dal suo amante e si avviò verso la porta.
"Ci vediamo a lavoro." Klaus sorrise maliziosamente e Ares rispose chiudendo l'occhio destro con fare giocoso, dopo di ché sparì dietro la porta.
 

 
"Buongiorno, Lady Persefone." Il suo fiume di pensieri venne interrotto da... Ares? Persefone rimase sbigottita per un paio di secondi, ma fortunatamente riuscì a riprendersi dallo schok momentaneo e si alzò velocemente dalla sedia. Le sue labbra schiuse rilasciarono un:
"Buongiorno." E cercò di sorridere. "Vi accompagno alla porta?" Propose educatamente.
"Conosco la via, non vi scomodate." Ares sorrise, con un inchino del capo si congedò una seconda volta e andò via. 
Persefone abbandonò la sua colazione sul tavolo, salì velocemente le scale - stando attenta a non inciampare - e prima di entrare in camera del fratello bussò energicamente.
"Sempre di buon umore, sorella." Commentò sarcastico Klaus mentre di vestiva della blusa. Persefone chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò a lui.
"Devo chiederti una cosa, fratello."
"Anche due, mia dolce sorella." Persefone deglutì e schiuse le labbra per parlare, dando libero sfogo alla sua frustrazione.
"Hai idea di quanto sia pericoloso farlo uscire dalla porta principale? Cosa potrebbe pensare la gente?" Domandò con le mani poggiate sui fianchi, in attesa di una risposta. Klaus squadrò la sorella con noncuranza e, dopo vari secondi, si decise a parlare.
"Penseranno che abbia passato la notte con te." Rispose con la mascella digrignata, più irritato che mai.
Odiava quando sua sorella si faceva così protettiva riguardo quel segreto. Persefone aveva accettato quella relazione fra suo fratello ed Ares, appoggiandola addirittura, ma da quando ne era venuta a conoscenza, la sua paranoia era cresciuta senza limiti. 
"Quindi la gente può tranquillamente immaginare che io sia impura, giusto?" Il tono di voce di Persefone divenne più marcato. Klaus poté leggere nello sguardo della sorella quanto lei si fosse offesa. 
"No, non fraintendere la mia parola." Disse, pentendosi di ciò che aveva detto precedentemente.
Persefone sospirò, cercando di calmarsi, ma la vena sopra il sopracciglio sinistro continuava a pulsare.
"Cerco solo di aiutarti, Klaus." 
"Allora non ti sforzare più di tanto." Legò i lacci dei braccioli, raccolse l'elmo e la spada. "Se non ti dispiace, adesso dovrei andare a svolgere il mio dovere." Era furioso: il suo sguardo di ghiaccio e le parole che gli uscivano dalla bocca erano taglienti come lame affilate. Persefone si scostò e lo lasciò passare.
"Se fossi in te, mia cara sorella, mi preoccuperei più per me stesso." Persefone sgranò gli occhi, lo guardò incredula mentre i battiti del suo cuore si fecero più pesanti e frequenti. "Non sapevo che il principe Thor visitasse la nostra dimora, appositamente per te." Lei rimase immobile dov'era, quasi non fiatò per la sorpresa. Come aveva fatto a scoprirlo? Klaus sorrise tagliente a quella reazione e si voltò, andando per la sua strada.
 
 
                                                                              
                                     °     °

 
 
Lady Sif contava ogni stridulo rumore che producevano le lame nell'impatto in cui si scontravano. Fandral era un incredibile spadaccino, lottava con grazia ed agilità. Tutto il contrario di me. Quella era proprio una giornata no per la sottoscritta: durante il duello ero solamente capace di schivare gli attacchi (a mala pena).
Improvvisamente alzai una mano in aria, ponendo fine al duello.
"Ti arrendi?" Domandò sbigottito il guerriero, mentre il mio viso assumeva una strana espressione.
"Sta vomitando?" Domandò Volstagg con un grappolo d'uva in mano.
Starnutii, facendo cadere a terra la spada.
La sera precedente ero cascata nella vasca di Loki e avevo percorso metà castello con gli abiti fradici, ero fortunata ad essermi presa solo un raffreddore. Tirai fuori dal bracciolo destro un fazzoletto di cotone, asciugandomi le lacrime che erano sgorgate via dagli occhi nel momento dello starnuto.
"Non puoi mettere fine ad un duello perché devi starnutire!" Mi ricomposi al severo richiamo si Lady Sif. "Immagina di duellare contro un gigante di ghiaccio: gli chiedi una pausa perché devi starnutire? Stiamo scherzando?!" In effetti aveva ragione. Per me, quello era il primo addestramento con i miei nuovi compagni di squadra. Avevamo iniziato due ore fa e non c'era ancora stata una pausa, nemmeno per un minuto. Lady Sif non faceva altro che osservare ogni mia mossa, ogni mio movimento; era un po' imbarazzante, in realtà. Mi studiava come se stesse cercando di cogliere il suddetto pelo nell'uovo.
"Mi dispiace." Cercai di dire ad alta voce, ma mi uscii quasi in un sussurro. "Non si ripeterà." 
"Lo spero." Annunciò rigidamente. "Afferra l'elsa della tua spada, Lady Artemide. Combatterai contro di me." La guerriera sguainò la sua arma e dall'elsa fuoriuscì un'altra lama. Con un po' di esitazione, raccolsi da terra la spada e ne sguainai un'altra. Incrociai le lame davanti a me, studiando con attenzione lo sguardo tagliente della mia avversaria.
Quando il suo piede destro avanzò, mi scostai velocemente, schivando un colpo che andò a scagliarsi violentemente sul terreno. Fino a quel momento non avevo attaccato nemmeno una volta, ma presa dall'adrenalina avanzai, e cercai di colpirla allo stomaco, ma la lama della mia spada si scagliò contro la sua avversaria in uno stridulo colpo. Continuò così per un'altra decina di mosse, fino a quando non iniziai a stancarmi sul serio. Nel tentativo di schivare l'abile attacco di Lady Sif, indietreggiai, inciampando su un sasso. Caddi a terra, bloccando la lama avversaria tra l'incrocio delle mie due spade.
Era tutta questione di forza, chi cedeva, perdeva.
Un rumore paragonabile a mille unghie che graffiano una lavagna invase i miei timpani. Per circa un minuto opposi resistenza, ma la voce di Thor mi colse alla sprovvista, così le mie spade caddero a terra e la lama di Sif mi sfiorò la gola, proprio sopra la ferita del morso dell'alao obscuro.
"Artemide." La voce del principe mi chiamò una seconda volta. Sif sogghignò crudelmente e si scostò, lasciandomi alzare. Recuperai le spade e le infilai nei propri foderi. 
"Ti ascolto." Le mie gote si colorarono di un rosso intenso, sia per la fatica, sia per l'imbarazzo della sconfitta.
"Questa mattina hai ispezionato le stanze di Loki?" Porca miseria.
"No." Me ne ero completamente dimenticata. Che stupida.
"Allora va a svolgere il tuo dovere." Mi ordinò.
"Lo farò." Senza congedarmi con i due guerrieri e Lady Sif, camminai lesta verso le stanze di Loki.
"Dopo aver svolto il tuo compito, devi correre ad allenarti!" Udii la voce di Lady Sif in lontananza, ma non mi voltai. Solo mi nascosi dientro una colonna, recuperando fiato.
"E' una stolta!" Disse a denti stretti la guerriera, rivolgendosi a Thor. "Pare che in questi sei mesi non si sia preparata a niente!" Gridò quasi.
"Dalle tempo, Sif, è il suo primo allenamento con noi, falla abituare." Volstagg era sempre il più ottimista del gruppo (e il più affamato), per quel poco tempo che avevo passato con loro, avevo colto questo particolare.
"Non so come diamine abbia fatto a prendersi il titolo di Lady guerriera!" Era davvero furiosa, potevo comprendere la sua rabbia. Anche io ero arrabbiata con me.
"Concordo con Sif. Thor, ha fermato il duello perché doveva starnutire!" Sentii dire da Fadral.
Basta.
Mi staccai dalla colonna e mi incamminai verso le stanze di Loki, non li volevo stare lì ad ascoltarli nemmeno un secondo di più.

 
 
"Avanti." Rispose dopo tre bussi. 
La voce di Loki non mi era affatto mancata, invece, ne avevo timore. Temevo che quelle note così rudi e graffianti mi avessero fatto perdere il controllo un'altra volta, e non dovevo assolutamente farlo di nuovo. Per dimenticarlo al meglio sarei dovuta stare lontana da lui, ma a quanto pareva, tutti lì volevano che il principe passasse del tempo con me; tuttavia non potevo lamentarmi, dato che ero stata così maldestra da far capire i miei sentimenti a quei tutti.
Presi un respiro profondo e mi feci coraggio, entrai nelle stanze e chiusi la porta alle mie spalle.
Loki se ne stava sdraiato sul letto a torso nudo, con un paio di libri disposti alla rinfusa sull'enorme materasso. Ingoiai un fiotto di saliva, cercando di mantenere il controllo e di non arrossire. Trasalii quando si alzò improvvisamente in piedi, facendo cadere un libro sul pavimento in marmo.
"Buongiorno." Ammiccò, avvicinandosi lentamente a me. 
Dovevo far finta di niente.
Dovevo comportarmi come se avesse addosso una blusa.
Semplice, no? No.
"Non sono qui per giocare, principe Loki." Annunciai con fredezza e camminai per tutta la stanza, ispezionandola, proprio comemi era stato ordinato. 
Eppure volevo stare ai suoi giochetti, volevo rispondere alle sue provocazioni, fare il suo gioco.
"Non so a cosa vi state riferendo, Lady Artemide." Le sue sottili labbra si schiusero in un ammiccante sorrisetto, scatenando in me il lato che voleva provocarlo alla stessa maniera di lui.
"Ditemi, principe, è di vostra abitudine presentarvi nudo, o seminudo, dinanzi alle fanciulle?" Congiunsi le mani dietro la schiena piantonando il mio sguardo in quello suo. Una risata gorgogliò nella sua gola e mi fu impossibile non ammirare con la coda dell'occhio la perfezione di quei pettorali così delineati e diafani da sembrare di porcellana.
"Dipende dalla fanciulla, milady."
"Ma davvero?" Incrociai le braccia al petto, inarcando un sopracciglio.
"Ad esempio," Loki avanzò un'altra verso di me con fare lento, provocante, sensuale.
Tutta colpa del torso nudo, pensi fra me e me. "Voi, milady, siete una di quelle fanciulle che tentano di resistere in tutti i modi al fascino dell'uomo che più vi attrae," I miei piedi si incollarono al pavimento quando Loki fu davanti a me. Pochi centimetri ci distanziavano e non nego che quella vicinanza mi intimidii così tanto da far impazzire i battiti del mio cuore (e i miei ormoni pure). "Ma in realtà siete così deboli da non comprendere ciò che bramate di più." La sua voce si ridusse in sussurro.
"Sarebbe?"
Prima di mordersi il labbro inferiore, se lo leccò, piantonando i suoi occhi sulle mie labbra. Fu proprio in quel momento che ricordai con ardore il bacio nella vasca da bagno. Loki mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, si abbassò in modo tale che le sue labbra arrivassero al lobo. 
"Pura lussuria, milady."  Sussurrò. Il mio cervello entrò in uno stato di confusione: quelle parole mi stordirono completamente. Quando il suo viso fu vicinissimo al mio, percepii l'attrazione che vi era fra le nostre bocche, come fossero armoniosi i nostri respiri assaporati da vicino e quanto le mie dita bramassero lambire ogni centimetro della sua pelle nuda.
Ma ebbi la forza di non cedere così facilmente, il mio buon senso, fortunatamente, ritornò a riprendere le redini della situazione.
"Ho detto che non sono qui per giocare, Loki." Sibilai sprezzante, avvicinandomi così tanto da sfiorare il suo naso con il mio. Indietreggiai e mi voltai, ma proprio quando stavo per avanzare di un passo, le dita affusolate di Loki impugnarono il mio polso, costringendomi a rivolgergli ancora una volta le mie attenzioni. Le braccia di lui circondarono la mia vita e mi ritrovai con le mani poggiate sopra i suoi pettorali.
"Ammettilo." Il suo respiro sfiorava le mie labbra. I nostri corpi erano attraversati da fremiti elettrici, il tocco della sua pelle era piacevolmente rilassante ed eccitante. "Vuoi ammettere che in questo momento mi vuoi con tutta te stessa?"
No, non lo avrei mai ammesso.
"Ho i miei doveri." Lo spinsi via. "Non posso perdere tempo con voi, principe." Mi allontai velocemente da lui, dirigendomi verso la porta. Prima di uscire dalle sue stanze mi voltai verso di lui, con una brillante idea in testa. "Se volete soddisfare le vostre voglie, mi occuperò io stessa di trovarvi una compagnia per questa notte." 

 
 
Se voleva giocare sporco, io ci stavo.
Loki doveva mettersi in testa che io ero cambiata e l'Artemis che aveva conosciuto sulla Terra era morta da quando aveva iniziato il primo allenamento ad Asgard. 
"Che cosa posso fare per aiutarti?" I sorrisi di Klaus mi tiravano sempre su di morale, erano dolci, ma quello di quel giorno era particolarmente frizzantino. Non mi suffermai a chiedere del perché di quel particolare.
"Ti prego di non fraintendermi quando te lo chiederò, ma..." Ecco, come avrei mai potuto domandare una cosa del genere a mio fratello, sottolineando che lo conoscevo da soli sei mesi, quindi non si era ancora fatto una precisa idea di come ero in realtà? Farfugliai per un po', ma la sua aria confusa ed enigamatica mi fecero già sentire da principio in imbarazzo. "Qui ad Asgard esistono dei... centri... di... ecco..." Continuai a farfugliare.
"Alagasies, cosa stai cercando di chiedermi?" Nemmeno quel suo gentile sorriso di incoraggiamento riuscì a darmi un po' di forza di spirito.
"Ad Asgard esistono dei..."  Dai, su forza, è semplice. Dillo. Dillo! "Delle locande... del piacere?" Non mi venne un modo più elegante e appropiato per dirlo, ma fui comunque fiera di quello che dissi, o almeno fino a quando Klaus non mi fissò sbigottito.
"Case di piacere? Sì, Alagasies." Quel sopracciglio inclinato verso il basso gli dava un'aria maledettamente stranita e confusa. "Ma... perché dovrebbe interessarti?" Ora entrambi i sopraccigli erano inclinati verso il basso.
"Beh, ecco..." Dovevo dirgli la verità, non poteva mica pensare che sua sorella era una pervertita! "Tu sai che Odino mi ha assegnato il compito di vigilare personalmente le stanze di Loki, no?" Non appena pronunciai il suo nome, Klaus sgranò gli occhi e nel suo sguardo riuscii a scorgere un fortissimo sentimento.
Odio.
"No, non ne ero al corrente!" Alzò la voce di qualche decibel in più e questo fece voltare un paio di dame verso di noi. 
"Non avete niente da fare?" Le ripresi non appena iniziarono pure a parlottare di noi. Rivolsi nuovamente le mie attenzioni a Klaus. "Comunque, Loki è un uomo e ha le sue... voglie." Pensavo di essermi espressa bene, ma lo sguardo di mio fratello continuava a vagare ovunque, pensieroso e preoccupato. "Klaus?" I suoi occhi furono sui miei. "Ti senti bene?"
"Devi stare attenta, Alagasies. Quel dio è pericoloso, manipola la mente delle persone anche senza usare la magia, quando vuole una cosa la ottiene con inganno. Lui è il..." Si interruppe. Che brutta immagine che aveva di lui, del resto, tutti gli Asgardiani lo odiavano dopo quello che aveva fatto; e se non avessi ascoltato per prima la versione dei fatti da Loki stesso, la gente di Asgard me lo avrebbe fatto odiare.
"Ti prometto che starò attenta." Ingoiai un fiotto di saliva. Lo so bene, Klaus. So bene che devo stare attenta, gli avrei voluto dire, ma mi morsi la lingua, trattenendomi.
"Comunque vada, vuoi che ti accompagni io?" 
"Sarebbe magnifico." Infatti lo sarebbe stato, per due semplici motivi: 1) non conoscevo la strada e 2) non potevo mica presentarmi da sola in un bordello, che cosa ne sarebbe stata della mia immagine da guerriera(non che se ci fossi andata in compagnia la cosa sarebbe cambiata, se si entra lì a prescindere si è rovinati)? 
 

 
Arrivammo lì a cavallo, prima di entrare indossai il cappuccio del mio mantello verde, cosa che Klaus invece non fece.
"Perché non ti...?" Domandai retorica.
"Non ce n'è di bisogno." Sicuramente ci sarà già stato una volta.
Non appena entrammo, il boato di risate e musica mi pervase violentemente i timpani. C'erano moltissimi tavoli di legno pieni di bottiglie di vino e altre strane bevande, uomini ubriachi e dolci compagnie ovunque; alcune prostitute giravano a petto nudo, altre invece erano vestite. In fondo alla locanda c'era una specie di bancone, ove ci stava appollaiata una donna cicciottella. 
"Quella è la proprietaria della Casa." Klaus si dovette avvicinare al mio orecchio per fare in modo che io lo sentissi bene. "Ti avviso, non tutte le donne avranno il coraggio di giacere insieme a Loki." 
"Pensi che avranno il coraggio di fare il loro lavoro se le pago con dieci monete d'oro?" Domandai con un piccolo sorrisetto, convinta di potercela fare, e Klaus ricambiò quel sorriso complice.
"Ti aspetto fuori, tu parla direttamente con lei." Mi fece cenno alla donna panzuta dietro il bancone. Prima che potessi fiatare, Klaus era già fuori. 
Odiavo già quel posto, così decisi che avrei fatto il tutto in fretta.
Mi incamminai verso quel bacone a passi decisamente da gigante, con una mano poggiata sull'elsa di una delle mie spade: non si sa mai. Solo un metro mi distanziava da quella donna quando qualcuno si buttò a peso morto su di me. Fui abbastanza svelta da spingere quella persona via, ma mi si parò davanti e con imbarazzo notai che si trattava di una prostituta.
"Tesoro, vuoi passare una notte di fuoco?" Solo due persone mi si erano avvicinate così tanto in tutta la mia vita: Steve e Loki. Solo un centimetro e quelle labbra impregnate di vino sarebbero finite sulle mie. Mi fu maledettamente difficile repirimere un conato di vomito.
"Sono una donna." Schifata, mi scostai da lei.
"Lo sapevo!" Mi fece l'occhiolino, allontanadosi di sua spontanea volontà (sì, o lo avrei fatto io con un gancio destro). Il mio corpo venne attraversato da un brivido di ribrezzo a sol pensiero di quello che avevo appena vissuto, ma ritornai in me e in due passi fui davanti al bancone.
Dopo una lunga sorsata dal suo boccale, la donna si decise a rivolgermi l'attenzione. Non sentii nemmeno una sillaba di quello che disse dato che all'improvviso tutti gli uomini di quel locale gridarono all'unisolo "Un altro!", scaraventando i boccali a terra, riducendoli in mille frantumi sul pavimento.
Devo. Andarmene. Via. Subito!
"Sono Lady Artemide, guerriera al servizio di Odino." La donna, anche se ubriaca, cercò di assumere una posizione più formale.
"Come posso servirla, milady?" Ecco che arriva la parte cruciale, pensai mentre ingoiavo la bile.
"Fra le vostre... dame, vi è una disposta a giacere per una notte con il Principe Loki?" La proprietaria della Casa sgranò gli occhi in un'espressione sbigottita e spaventata. Per un attimo dubitai che mi cacciasse via dalla locanda a calci per il sedere.
"Almeno un paio ce ne dovranno essere, ma tutto dipende dalla vostra offerta, milady." Ma la sua paura svanì subito e accennò un sorrisetto malizioso. Tirai fuori dalla mia sacca di cuoio un sacchiettino, lo diedi alla donna, non appena constatò che le monete erano d'oro chiuse il bottino e se lo conservò dietro la gonna, sfoggiando un sorriso a trentadue denti... forse non proprio trentadue...

 
 
I decolté delle due erano troppo succinti, così gli prestai due mantelli con cui coprirsi. Giunte davanti alla porta, ordinai loro di entrare non appena glielo avrei ordinato io stessa. Durante il tragitto le sentii sussurrare eccitate di quanta paura avessero a soddisfare come cliente il Principe Loki in persona, affermando senza pudore quanto potesse essere bello e sensuale quel suo essere cattivo e misterioso. Mi scrocchiai più volte le dita, una strana sensazione di rabbia ribolliva sempre di più ad ogni passo che facevo. 
Non posso essere gelosa, sono solo due prostitute, mi petei per l'ennesima.
Quando fummo davanti alle porte ordinai alle due di entrare solo quando io glielo avrei detto; dopo di ché, entrai. Individuai subito Loki: era nel balconcino, appoggiato alla balaustra, ed osservava Asgard di sera con espressione maliconica, anche se era presente un filo di ammirazione. 
Quando mi guardò negli occhi ebbi un tuffo al cuore. Entrò in stanza e si avvicinò a me. Più le distanze si accorciavano, più uno strano senzo di rimorso si appesantiva nel mio petto.
"Buonasera." Sorrise malizioso, come al solito.
"Buonasera, Principe Loki." Lo salutai senza ombra di cortesia, fui fredda e distaccata. Aggrottai le sopracciglia quando poggiò una mano sulla mia guancia, facendo scorrere le dita sui miei capelli castani. I suoi movimenti non erano guidati da avidità o malizia, ma dalla dolcezza. 
Eccolo lì, il Loki di cui mi ero follemente innamorata, con cui ci avevo fatto l'amore.
"Non te l'ho ancora detto, ma i capelli così ti donano." Adesso mi carezzava con due mani ed i miei piedi si erano saldamente incollati al pavimento.
"Che stai facendo?" Gli domandai con voce tremante, e i nostri occhi crearono un fantastico contatto visivo.
"Ci ho pensato molto, Artemis." Era incredibile come facesse suonare così bene il mio nome. Ormai quasi nessuno mi chiamava così: i miei fratelli mi chiamavano Alagasies e tutti gli altri Lady Artemide o milady. Ogni volta che pronunciava il mio nome, il mio cuore aveva così tanti tuffi che dubitavo si fosse aperto un parco acquatico nel mio petto. "Ho pensato ai nostri momenti a Midgard." Oh, credimi, ci ho pensato pure io. "Mi manchi, Artemis. Mi manca tutto di te." Le sue parole sono leali, dolci, piene di... amore? "Ricordo quando ti ho detto che ti amavo." Una lacrima mi riga il volto, ma lui me la asciuga col suo pollice. Le mie barriere, pian piano, si stavano spezzando. "E mentirei se ti dicessi che non provo più gli stessi sentimenti di sei mesi fa." La sua fronte toccò la mia e nostri nasi si sfiorarono dolcemente. 
Oh Loki, quanto mi sei mancato.
"Tu sei il dio degli inganni." Sorrisi lievemente. "Come faccio a sapere se dici il vero?" Accarezzavo i dorsi delle sue mani poggiate sulle mie guance e i nostri sguardi non si staccavano nemmeno per un secondo. 
"Io posso essere sincero solo con te, Artemis." Le sue labbra sfiorarono le mie, inutile dire che quel contatto mi fece impazzire, proprio come la sera precendente, nella vasca da bagno.
Lo spingo via quando mi ritornarono in mente le due prostitute che aspettavano dietro la porta.
Che cosa ho fatto? Piagnucolai dentro di me. Proprio quando Loki si decideva a fare sul serio, mi mettevo ad ordinargli puttane come la pizza? 
"Che cosa succede?" Domanda un po' preoccupato, data la mia espressione.
Mi stavo abbandonando a lui ancora una volta, lui stava vincendo ancora una volta. No. Non dovevo farlo. L'indomani lui avrebbe giocato un'altra volta con i miei sentimenti. Io non avevo dimenticato come mi aveva trattata nella Stark Tower mentre ero debole e disarmata. E se si stesse solo divertendo, dato che è destinato a stare in prigione per il resto della sua eterna vita?
Dovevo essere forte. E se invece sono io quella che si sta facendo trascinare dai pregiudizi degli altri?
Quella volta toccava a me coglierlo di sorpresa. Rifletti, Artemis, rifletti.
Indietreggio di un po' e schiudo le labbra per parlare:
"Potete entrare." Dissi ad alta voce. Le due donne entrarono nelle stanze di Loki e quest'ultimo le fissò indignato, sorpreso, deluso. I suoi occhi furono sui miei e per un attimo mi feci intimidire dalla sua rabbia, ma con gli occhi lucidi e arrossati dal pianto, dissi: "Spero che queste donne possano soddisfarvi, Principe Loki." Dopo di ché andai via. 
Quella era la seconda sera che uscivo dalle sue stanze correndo, in lacrime, in un mare di rimorsi. 
Non potevo continuare così. Anche mio fratello mi aveva messo in guardia!
L'indomani stesso avrei chiesto udienza ad Odino, quella storia doveva finire. E subito.



Nda.

Chiedo scusa per il ritardo, non avevo ispirazione e dovevo aggiornare altre storie! Ieri ho provato a pubblicare, ma tutta la correzione mi si è cancellata e non ho potuto fare niente se non incazzarmi come una bestia!
Ma... dopo mille peripezie eccolo qui un bel capitolo (luuungo).

Che ne pensate di queste insicurezze da parte di Artemis e anche da parte di Loki? Quale sarebbe la soluzione per farli smettere con queste provocazioni? Rispondete e fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto in una recensione.

Vi adoro,

alla prossima;)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. Amore e odio bruciano alla stessa intensità. ***


Two souls, one heart.




“Tu, Ettore, sei per me, padre, madre, fratello,
giovane sposo. Abbi pietà di me: resta qui [...]”

Cit. Iliade, Libro VI, vv. 423 – 424



* * *


* * *
 



Se ne stava nelle stanze di Frigga insieme a una decina di dame, ridendo e scherzando, intrattenendo così la sovrana. Quella mattina Persefone si era svegliata molto presto, quando il sole non era ancora sorto fra i colli. Si era preparata con tranquillità, aveva indossato un abito di seta bianco tenuto su da due spille d’oro alle spalle e il colore di queste ultime richiamavano i fili con cui aveva legato i lunghi capelli corvini. Quel giorno avrebbe fatto compagnia alla regina dal mattino, alla ricevimento reale della sera, ed era un’ottima occasione per mettere l’abito più elegante che aveva; anche se non era proprio il più elegante. Ne aveva un altro, solo che gli era stato regalato dal principe Thor e non aveva alcuna intenzione di indossarlo. Avrebbe dovuto bruciare quel vestito molto tempo prima, ma era l’unica cosa che ormai gli ricordava quell’incredibile rapporto che c’era stato fra di loro. Faceva male prendere in mano il soffice tessuto verde smeraldo e portarselo al naso, ricordando la notte in cui lo aveva indossato, la notte in cui lei si era unita a lui per la prima volta. Ma poi ricordava ciò che Thor aveva fatto a Midgard e gettava quello straccio nella cassa, maledicendolo.
Quando le dame iniziarono a parlare proprio di lui, Persefone si zittì senza proferire parola alcuna.
“Avete sentito l’ultima voce?” Domandò con fare malizioso una dama, quando le chiacchere sul principe stavano iniziando a scemare.
“Di che si tratta?”
“Raccontaci, Yrina!”
“Si tratta della nuova guerriera, Lady Artemide.” Disse dopo una risatina acuta. Persefone tese le orecchie e guardò, tra un misto di paura e curiosità, Yrina.
“Si vocifera che notti fa sia entrata nella casa del piacere giù alla radura,” non aveva ancora terminato il pettegolezzo e già le dame erano elettrizzate dalla notizia così piccante e divertente. Solo la regina parve disinteressata all’argomento. “e che abbia pagato due prostitute con un sacchetto di monete d’oro!” Dei respiri mozzati dallo stupore si propagarono nelle stanze.
“Sapevo che quella lì era una tipa particolare!” E molte di loro furono d’accordo.
Persefone non poteva starsene zitta ad ascoltare quelle falsità sulla propria sorellina, tra l’altro appena ritrovata dopo anni. Sapeva che Alagasies aveva il compito di controllare personalmente le stanze di quel dio, ma cosa avrebbe potuto fare in modo che se ne stesse alla larga? Non poteva competere con Odino, ma poteva comunque difendere l’immagine della sorella con le donne del suo stesso rango.
“Lo ha fatto per il mancato Re.” Non avrebbe mai pronunciato il suo vero nome, quelle quattro lettere non sarebbero mai uscite dalle sue labbra; era un odio ben diverso da quello che provavano gli altri asgardiani: loro lo odiavano perché era giusto così, perché Odino lo aveva incarcerato per il resto della sua vita. Persefone lo odiava da quando era solo una bambina e viveva in quel fuoco da anni, ormai.
“Lady Artemide ha il compito controllare personalmente le sue stanze, di conseguenza cerca di accontentarlo, almeno per quanto le sia possibile.” Diede una piccola spiegazione, ma abbastanza chiara da togliere quelle espressioni perplesse nei volti delle dame.
“Non ne ero a conoscenza.” Confessò Yrina in tono di scuse. “Come fate a saperlo?”
“Il vero nome di Lady Artemide è Alagasies, ed è mia sorella.” I volti delle dame si colorarono di un rosso acceso di imbarazzo, avevano sparlottato della sorella di una loro compagna.
Frigga fu l'unica ad assumere un’espressione sconvolta e nessuna se ne accorse. Quell’informazione le fece venire un colpo al cuore e quasi le mancava il respiro.
Lady Artemide era Alagasies.
Questo era un grave ed enorme problema.
Specialmente per Loki..
“Lasciatemi da sola.” Ordinò Frigga improvvisamente, facendo cadere il silenzio. Lentamente le dame si alzarono e andarono verso la porta.
“Non tu, Persefone,” ordinò la sovrana. “tu rimarrai con me.”




 
   °   °



Era passato un mese da quella notte, ma ogni volta che mettevo piede nelle sue stanze mi sentivo sempre più in colpa. Loki mi evitava, non mi rivolgeva nemmeno la parola e inutile dire che dopo una settimana mi ero rassegnata al fatto che non mi avrebbe mai perdonata. Avevo pregato Odino più di una volta affinché mi dimettesse dall’incarico, ma non ne sentiva ragione. Io avevo il dovere di controllare personalmente le stanze di Loki, l’alternativa era la perdita della mia carica e del mio titolo.
Solo quando volavo trovavo sollievo. La sensazione più bella era salire fin sopra le nuvole e volteggiare fra di esse, ed era quello che stavo facendo in quel momento.
Quella mattina Thor si era offerto per andare a controllare il fratellastro al mio posto, quindi avevo dedicato quella mezz’ora con un po’ di volo. Ma il dovere di guerriera mi chiamava, e per quanto odiassi farmi umiliare da Lady Sif, dovevo comunque allenarmi.
Attraversai le nuvole spumose e scesi in picchiata fino al campo di allenamento, ritirai le ali nel momento in cui i miei piedi toccarono il suolo.
“Era ora.” Sentii la voce di Sif in lontananza e, naturalmente, si riferiva a me. La me di qualche mese fa le avrebbe risposto, ma avevo imparato a starmene zitta, e purtroppo questa cosa mi faceva apparire abbastanza antipatica agli occhi del resto dei guerrieri. Decisi di iniziare con un po’ di mira. Andai all’armeria, presi un arco e una faretra con all’interno una decina di frecce ben appuntite. La prima freccia si conficcò nell’anello prima del centro, così come le prossime due. I miei pensieri vagavano ovunque, da Loki, al mio incarico, da Odino, alla mia famiglia.
“Concentrati!” Ringhiò Sif proprio dietro di me. “Pensi troppo!”
Quando ero un’Agente dello S.H.I.E.L.D mi piaceva allenarmi concentrandomi sui miei pensieri, trasformandoli così in rabbia e ferocia. Non avevo mai rivelato questo mio trucchetto a nessuno, ma il primo a scoprirlo fu proprio Loki, quando fu imprigionato nella cella all’interno della stanza ove mi allenavo, Fury mi aveva dato il compito di scoprire le sue intenzioni passando del tempo con lui. Già allora non mi riconoscevo quella strana attrazione che provavo per lui, per quella strana personalità. Ne avevo incontrati di prigionieri, assassini e cospiratori, ma lui era diverso.


"E' davvero strabiliante quello che riesci a fare quando concentri la tua forza sui pensieri e i ricordi." Aggottai le sopracciglia, leggermente confusa.
"E tu come fai a saperlo?" Chiesi con il fiatone, […]
"Leggo nella mente." Disse qualche secondo dopo. L'istinto mi suggeriva di fermarmi e di riempirlo di insulti, ma dovevo finire la serie di flessioni. E non appena finii mi alzai dal lettino, presi un asciugamano dal tavolino e mi ci asciugai il sudore dietro al collo.
"Quindi tu hai letto nella mia mente?" Era più un'affermazione che una domanda, il mio tono di voce freddo e distaccato avrebbe infastidito chiunque, tutti, tranne Loki. Sul suo volto si dipinse un altro dei suoi sorrisetti languidi.
"Beh, tecnicamente, sì." Il dio si alzò e parve che lo fece apposta per dare più enfasi alle sue parole.



Sorrisi a quel ricordo. In fondo non era cambiato molto da allora.
L’ultima freccia si conficcò proprio al centro del bersaglio, guardai Sif con un sorrisetto soddisfatto.
“Puoi darmi qualunque tipo di ordine, ma non potrai mai controllare il modo in cui mi concentro.” Intuii la sua voglia sfrenata di prendermi a pugni, così ritornai velocemente all’armeria e mi dedicai al duello.




                                                              °   °


Loki si tirò su svogliato, immaginando che si trattasse di Artemis, come tutti i giorni. Ma dalla porta entrò qualcun altro e Loki non sapeva se essere più sorpreso o arrabbiato.
“Thor,” Pronunciò quel nome con ripudio. “che diamine ci fai qui?”
“Aspettavi qualcun altro?” Domandò il futuro Re, con un sorrisetto divertito. “Oh, ma certo che aspettavi qualcun altro.” Loki lo trovò infinitamente patetico e fastidioso. Non aveva assolutamente voglia di discutere con lui, di qualunque argomento si trattasse.
“Non ho intenzione di richiedertelo.” Lo guardò dritto negli occhi, sperando che il suo cervello piccolo quanto un fagiolo capisse cosa stesse intendendo.
“Ho concesso ad Artemide un po’ di spazio. Padre insiste che tu passi del tempo con lei.” E Loki sapeva il perché. Odino era tutto tranne che scemo, aveva capito tramite Artemis, che tra loro vi era qualcosa, e sperava che l’amore gli avrebbe riportato il suo vecchio figliastro indietro. Ma nemmeno l’amore che provava per Artemis avrebbe portato indietro il vecchio principe. Perché quell’uomo era morto molto tempo fa e non esisteva un modo per riportare in vita i defunti.
Loki gettò un’occhiata di puro odio a Thor e quello sospirò.
“Sono venuto a farti visita.” Ammise in tono neutrale.
“Non ho bisogno della tua compassione, né di quella di Odino, o di Frigga, o di chiunque altro!” Urlò forte Loki, ormai spazientito.
Improvvisamente Thor si avvicinò pericolosamente al fratellastro, lo afferrò dalla blusa e lo spinse in alto, parlandogli in tono rabbioso: “Dopo tutto quello che hai fatto, qui ad Asgard, a Midgard, dovresti ringraziare mille volte Padre e Madre! Se fosse stato per me la tua testa giacerebbe nei fondali del Blåveis!” Loki se ne stava lì, a guardarlo impassabile, a qualche centimetro dal pavimento. Thor lo spinse giù e andò verso la porta. “Mi manca mio fratello.” Detto questo si voltò e andò via, sbattendo forte la porta.
A Loki non importava. Non prendeva più in considerazione niente. L’avevano voluto loro! Escludendolo sempre, trattandolo sempre come l’ultimo membro della corte, isolandolo. Cosa si sarebbero dovuti aspettare dopo questo? Gratitudine?
Li trovava patetici, fin troppo patetici. Tutti. Perfino Artemis. Si impegnavano tanto a tirar fuori il suo lato buono, quando ormai lo aveva represso per sempre.
Sì, adesso non gli importava più di niente. Avrebbe trovato un modo per uscire di lì, recuperare tutti i suoi poteri e riconquistare il trono di Asgard.
Avrebbe usato proprio la più debole di tutti. Artemis era la pedina perfetta.
Loki sorrise malefico e pensò ad alta voce: “Devo solo avere un po’ di pazienza.”




                                                        °    °


Quando mi avevano chiesto di partecipare a prendere qualcosa da bere alla locanda avevo categoricamente rifiutato, ma la stanchezza degli allenamenti mi aveva spinta a concedermi un momento per me, almeno una volta. Il locale non era sudicio come quella casa del piacere, ma lo stile era sempre quello.
“Qualche volta una pausa ci sta, dico sempre io!” Volstagg era già arrivato al quarto boccale, mentre il resto di noi stava per finire il primo. Era una strana bevanda, il sapore era quello della birra, ma era più dolciastra e il colore era violaceo.
“Basta così per me,” Posai il boccale sul tavolo e feci per alzarmi. “ci vediamo domani agli allenamenti!” La testa iniziava a girarmi come una trottola ed era meglio che tornassi subito al castello, ispezionare le maledettissime stanze di Loki e dopo di ché andarmene a letto.
“Dove credi di andare?” Fandrall mi afferrò per il polso e in una sola mossa mi fece risedere accanto a lui. Come per magia, il boccale che prima avevo posato sul tavolo si era riempito fino all’orlo. Per un attimo pensai di essermi ubriacata davvero.
“Ma come ha fatto?” Indicai la bevanda, guardando Fandrall scioccata.
“Si riempirà da solo fino a quando tu vorrai.”



Passarono due ore così, a bere, a ridere e scherzare. Inutile dire che dopo il boccale numero-che-non-ricordo ero ubriaca da far schifo, ma a quanto pare non lo ero abbastanza da non ricordare i miei doveri. Mi alzai in piedi barcollando, inciampai sui miei stessi piedi e caddi a terra. Con difficoltà mi rimisi in piedi e andai verso la porta della locanda. Presi un respiro profondo prima di spiccare il volo verso il castello. Tutto era sfocato e ruotava attorno a me, lo stomaco era pieno di quella strana bevanda viola e la bile saliva e scendeva ripetutamente. Decidere di andare in volo era stata una cattiva idea.
Arrivai davanti alla porta delle stanze di Loki in un quarto d’ora. Non ci sono parole per esprimere la confusione mentale delle guardie in quel momento, avevo sicuramente un aspetto terribile.
“Ragazzi!” Urlai con fare troppo amichevole. “Perché non vi prendete una pausa?” Uno di loro, quello più vicino a me, fece una smorfia di disgusto, probabilmente per il mio alito all’aroma di alcol asgardiano.
“Eseguiamo gli ordini del Re, rimarremo qui fino all’alba.” Rispose una.
“Oohh!” Esclamai, facendo un passo avanti. “E’ la prima volta che ti sento parlare… hai una voce strana, sai?” Quella più vicina a me tossicò un po’. Il mio alito doveva proprio far schifo. “Comunque, uomini! Io controllo un po’ la situazione lì dentro.” Sorrisi come un ebete e senza bussare aprii la porta ed entrai nelle stanze di Loki.
Se fossi stata sobria, avrei provato un’ansia indescrivibile, ma siccome non lo ero, mi misi a gironzolare per le stanze. Di Loki non c’era traccia. I miei occhi caddero verso il letto, che in quel momento mi appariva come la cosa più comoda al mondo. Mi gettai letteralmente su di esso. Iniziai a ridere mentre mi rotolavo fra le lenzuola verdi e dorate, afferrai un cuscino e me lo strinsi al petto.
“Artemis?”
“Non sono stata io!” Urlai come un ossessa, mettendomi seduta in tempo record. Guardai Loki dritto negli occhi e anche se ero ubriaca fradicia, realizzai che quelle furono le prime parole che ci scambiammo dopo quasi un mese. Indossava una vestaglia verde piena di prestigiosi ricami e un paio di pantaloni di pelle. Aveva i capelli spettinati ed era scalzo.
“Dio mio..” Esclamai seria. Aggrottò la fronte in un’aria enigmatica. “come sei sexy.” E ripresi a ridere come una scema.
“Sei ubriaca.”
“Cosa te lo fa credere?” Chiesi dopo un sospiro teatrale.
“Il puzzo che si sente fin da qui.” La sua voce era fredda e distaccata, quasi arrabbiata, ma non ci davo troppo peso, anzi, non ci davo nessun peso. Quanto amai l'alcol in quel momento..
“Perché mi guardi così?” Con aria disgustata. “Ho un brutto aspetto?” Rotolai via dal letto e corsi verso uno specchio.
La blusa bianca che indossavo aveva una macchia viola ed enorme sul petto, i pantaloni di cuoio che indossavo si erano strappati alle ginocchia e i stivali erano impolverati alle punte.
“Non sono così male, dai.” E ricominciai a ridere, acquisendo una stranissima autostima di me stessa.
“Se non ti dispiace, vorrei dormire. Quindi, va via.” Lo guardai, aveva tolto la vestaglia e adesso era a dorso nudo, mi guardava penetrante e con un’aria severa.
Ma me lo fai apposta?, pensai imperterrita.
“Dio come vorrei saltarti addosso.” Sussurrai invece.
Sapevo che l’indomani avrei voluto prendermi a testate sul muro per le oscenità che stavo dicendo in quel momento.
“Come?” Chiese lui, con un sorrisetto che pian piano si faceva spazio sulle sue labbra sottili.
“Cosa come?” Anche da ubriaca, mi ero resa conto della gravità della cosa che avevo appena detto.
“Ripeti quello che hai detto.” Ecco che i miei ormoni entrarono in fibrillazione quando iniziò ad avvicinarsi a me.
“Lo hai sentito!” Per qualche strana ragione mi sentii offesa. “E’ quello che voglio fare ogni volta che entro in questo posto!” Sbraitai con le mani all’aria. Sbuffai, portandomi una ciocca dietro l’orecchio.
“Sai, ti preferisco da ubriaca.” Disse, a pochi centimetri da me, così pochi che potevo sentire il suo respiro. “Sei molto più sincera.” Sentii il sangue fluire alle gote. Non riuscivo a concentrarmi per bene nello sguardo di Loki, la testa mi girava troppo.
Annuisco in una smorfia. “Anche io mi preferisco da ubriaca.” Tirai su col naso. “Sono più.. animale da festa. Invece.. da sobria sono sempre così.. preoccupata per tutto, e.. insicura!” Urlai spaventata l’ultima parola dato che inciampai un’altra volta sui miei piedi per mancanza di equilibrio, mi aggrappai su Loki e insieme finimmo a peso morto sul letto. Le sue mani erano poggiate sui miei fianchi e le mie mani sui suoi pettorali, pallidi e freddi. Non appena lo guardai negli occhi, le sue mani presero ad accarezzarmi lentamente. Il suo sguardo perforava la mia anima, studiandomi nel profondo. Improvvisamente mi sentii al sicuro, dopo tantissimi mesi, in quel momento non mi sentivo insicura.
“Scusami, Loki.” Aggrottò le sopracciglia e le sue mani si occuparono a tirar lembi della blusa fuori dai pantaloni di cuoio.
“Per cosa?” Domandò con dolcezza.
“Per.. le prostitute.. dell’altra volta.” Abbassai gli occhi, mi era difficile guardarlo mentre ricordavo quell’aneddoto.
“Infondo non sei così ubriaca.” Le sue mani si infiltrarono all’interno della blusa, accarezzando la mia pelle nuda. Brividi di caldo attraversarono tutto il mio corpo, scuotendolo di pura eccitazione per quel momento così intimo.
“Mi perdoni?” Gli chiesi, portando le mie dita a giocare con i suoi capelli corvini.
“Solo se mi baci.” Per un attimo lo guardai titubante. Nei suoi occhi percepivo lo stesso desiderio che c’era dentro di me. Mi avvicinai timidamente a lui, feci sfiorare i nostri nasi.
“E cosa succede se non lo faccio e ascolto la parte ragionevole in me?” Le sue mani mi spinsero verso il suo corpo e percepii sul ventre il suo desiderio di me fra i pantaloni.
“Sarò costretto a fare così..” Con sensualità, la sua mano percorse tutto il mio busto, fermandosi su un mio seno, stringendolo.
Quel suo tocco fu l’estasi ai cancelli dell’Inferno.
In un attimo le nostre labbra si plasmarono in un’unica cosa. Non fu qualcosa di dolce o passionale, fu esigente, come se le nostre bocche avessero sofferto d’astinenza l’una dell’altra per molto tempo. Solo quando Loki mi spinse sotto di sé mi resi conto di cosa stessi facendo. Non davo la colpa all’alcol asgardiano per quel bacio, perché lo avrei fatto comunque, perché lui era il respiro della mia anima e senza di lui non esistevo.
Restammo sdraiati così per ore, a noi bastava anche solo quello. Ma la parte più bella fu quando mi addormentai fra le sue braccia, finalmente con quella sensazione di protezione marchiata nella pelle.




 
          °    °
 


Adesso comprendeva tutto.
Quei silenzi, quella smorfia di dolore sulle sue labbra, quell’imbarazzo quando si parlava di quell’uomo misterioso…
Mai avrebbe immaginato una cosa simile.
Il cuore di Persefone era stretto in una morsa dolorosa, sentiva il sangue pulsarle alle tempie e le dita tremare per il nervosismo.
I suoi piedi non sapevano dove stavano andando, ma la sua mente individuava un unico luogo. Sentiva solo i passi ovattati dei suoi sandali sul marmo.
La rabbia, la delusione, il risentimento e la sete di vendetta le stavano perforando l’anima. Voleva andare da quel dio, risvegliare la sua magia, a lungo celata, e ucciderlo, urlargli di come le aveva rovinato l’esistenza, che a causa sua lei non aveva più una madre, che a causa sua la storia si stava ripetendo. Ma non lo avrebbe permesso, questa volta lo avrebbe fermato.
Lo giurò su Andromeda, sulla madre perduta.
Quando arrivò davanti alle stanze, le guardie le si pararono davanti, sbarrandole la strada.
“Non avete il permesso di aggirarvi qui. E’ pericoloso.” Non appena incontrarono gli occhi nero pece dell’alae, sguainarono le spade; ma non ebbero nemmeno il tempo di attaccare che Persefone, fuori di sé, alzò una mano verso di loro e un’onda d’urto, dallo strano colore verdastro, fece volare i due all’indietro, battendo le teste così forte che si udirono le ossa del collo spezzarsi come fragili ramoscelli.
Si avvicinò alla porta, ma non riuscì ad aprirla. Rimase ad ascoltare le loro voci.

 “Mi perdoni?” 
 “Solo se mi baci.”

Con l’intero corpo che tremava per la rabbia, indossò il cappuccio coprendosi completamente il volto, spiegò le ali nere come la sua anima, strappando l’abito e il mantello, e volò verso casa.















Nda.

Hallooooo!!

E' da un po' che non mi faccio sentire, eh? 
Che ne dite, vi piace questo super capitolone? Che ne pensate? Casini in vista, eh sìsì, 'o so.

Voglio TAAAAAAAAANTE recensioni, così so se questa storia, dopo più di un anno è ancora letta da qualcuno ^-^

#angoloSPAM

Sto scrivendo una nuova storia su Thor, si chiama Wahnssin, la potete trovare nel mio profilo (MA DDDAI), vi avviso che è una storia abbastanza complessa e a mio parere, è molto più particolare di questa (già, già T_T)
VI VOGLIO VEDERE PASSARE IN TANTIIIH.


Un bacione a tutti,


alla prossima ;)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2934007