The Klaine Advent Challenge

di F l a n
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 5: Evening ***
Capitolo 2: *** Day 6: Fall ***
Capitolo 3: *** Day 7: Grace, Day 8: Harmony ***



Capitolo 1
*** Day 5: Evening ***


Note Iniziali: Sono mesi che non scrivo. O meglio, sto scrivendo, ma così lentamente che voi non avete idea. C'è una fic che arriverà in futuro e sarà completa, tuttavia devo ammettere che questi mesi non sono stati facili. Ho iniziato l'università magistrale, mi sono trasferita e una serie di altre cose non hanno facilitato la mia voglia di applicarmi o vivere il fandom. Tuttavia eccomi qua. Ho notato questa challenge carina e ho pensato di farla, anche se siamo già al quint- sesto giorno. Probabilmente scriverò anche le prime cinque (o forse no lol) per completezza, ancora non saprei! Se non riuscissi a pubblicare giornalmente, è probabile che faccia due update di fila il giorno successivo. Comunque, volevo tornare a dare una lucidatina a questo account e al fandom Klaine, specialmente ora che si avvicina la fine di Glee.

I prompt sono presi da qua: http://klaineadvent.tumblr.com/ ovvero il tumblr dedicato alla challenge stessa. Ogni anno viene ripetuta e su tumblr accoglie un sacco di consensi! Se vi va di partecipare, trovate lì la lista dei prompt :)

Le fic non saranno betate, anche perché non riesco a trovare nessuno che giorno per giorno mi rilegga ciò che scrivo, ma mi auguro che non ci siano troppi errori!
Bene, ho finito di blaterare, vi lascio alla raccolta.

Warning: Angst, lievi spoiler per la sesta serie (ma lievissimi proprio)


Evening. 

 
Kurt aggiustò l’ultima pallina di Natale sull’albero e alzò gli occhi, guardandolo dal basso. Mancavano dieci giorni; il Natale era un evento che solitamente lo rendeva nostalgico e felice allo stesso tempo. In realtà, aveva cominciato a essere più interessante da quando Blaine era entrato nella sua vita, e forse era per questo che ora cominciava a sembrargli così vuoto.
Aveva deciso lui di rompere con Blaine, o almeno, c’era stato una sorta di tacito accordo.
Una lite un po’ troppo marcata, un braccio che indicava la porta e solo il freddo che passava da essa, niente di più.
Blaine se ne era andato tra le lacrime e Kurt si era raggomitolato sul divano, in un pomeriggio di ottobre, gettando sul pavimento l’anello con rabbia.
Erano troppo giovani, avevano commesso un errore.
Eppure, adesso, quella casa era così vuota che avrebbe voluto piangere. Nemmeno l’albero di Natale riusciva a riscaldarla con i suoi colori accesi e le lucine lampeggianti. Aveva passato l’intero pomeriggio a decorarlo, ma non vi era la metà della gioia e farlo da solo era una delle cose più deprimenti al mondo.
Si sedette sul pavimento, rannicchiandosi su se stesso.
Forse, se avesse chiuso gli occhi ed espresso un desiderio, Blaine sarebbe tornato.
Non aveva più provato a chiamarlo, nemmeno per sbaglio. E neanche Blaine lo aveva fatto, e quel silenzio poteva voler dire soltanto una cosa: era finita. Finita davvero, non come quella volta al liceo.
Chiunque gli aveva consigliato di avere pazienza: Rachel, Elliot, Mercedes, ma aveva agito d’impulso e ne stava pagando le conseguenze.
Si accarezzò il collo, sfiorando la collana con appeso l’anello di Blaine a mo’ di ciondolo: non aveva ancora avuto il coraggio di rimetterlo al dito o di nasconderlo in un cassetto. Tenerlo al collo era come ricordarsi che tutto poteva succedere: era a metà via tra il cassetto del comodino e la sua mano. Era sul suo corpo ma al tempo stesso era appeso alla catena, sospeso. Aveva deciso di tenerlo lì finché dentro di sé non avesse davvero sentito che era finita del tutto. E in fondo, sperava non fosse davvero finita.
Scorse la rubrica del cellulare, sentendo la tentazione di mandare una foto dell’albero a Blaine, di dirgli che farlo senza di lui non era lo stesso. Lo spense e appoggiò di lato. Non sarebbe comunque tornato, non una seconda volta.
Si distese sul pavimento, mentre le luci lo illuminavano a intermittenza.

Sarebbe stato un altro normale pomeriggio d’inverno, dove il pavimento freddo e la neve fuori dalla finestra gli avrebbero fatto compagnia.
 

Note finali: giuro che la prossima sarà più allegra! Purtroppo il mio mood attuale non è dei migliori e quindi partorire cose angst è più facile, tuttavia sono felice di aver deciso di tornare a scrivere. Sono senz'altro un po' arrugginita, e la speranza è quella di riaccendere il motore e ritornare in pista!
Come sempre, se avete qualcosa da dire, i commenti sono graditissimi ;) vedrò di rispondervi quanto prima!

PS: per chi segue You've Got Mail... giuro che la continuerò. Ho pronti un paio di capitoli, ma vorrei finirla tutta prima di tornare a pubblicare. Mi auguro che un po' di quiete natalizia mi faccia tornare tantissima voglia di scrivere.

A domani,

Flan 
 

 

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Capitolo 2
*** Day 6: Fall ***


Note Iniziali: come potete vedere sono già in ritardo. Domani spero di poter recuperare i giorni mancanti e di pubblicarne tre, comunque, questa è la shot del giorno 6, che ha come prompt "fall", ovvero "cadere".
Ringrazio chiunque abbia letto la shot precedente e chi ha recensito o messo tra le preferite e seguite, non pensavo di poter davvero mancare a qualcuno nel fandom :) <3
Come al solito non è betata causa tempo: essendo shot veloci e giornaliere non ho nessuno che possa riguardarmele anche solo velocemente! Spero non vi siano troppi strafalcioni.

PS: Questo è ciò che nasce quando vai al supermercato con Flurry: (alla quale dedico questa one shot) ti racconta un aneddoto e tu pensi: "Perché non farne una fic Klaine?". Perciò sappiate che questa è niente meno che una supermercato!AU... o anzi, Kurt cassiere!AU. Sì, avete tutto il diritto di ridere, ma potrei addirittura creare un intero 'verse con questa cosa :P


.Fall 
 


Kurt alzò gli occhi verso il cliente, porgendogli il resto.
Il cassiere era un lavoro sottovalutato da tutti: eri un po’ quella presenza passeggera con cui le persone interagiscono per qualche secondo mentre aspettano, con aria frettolosa, di pagare e andarsene. Tuttavia, per quanto non fosse il lavoro dei suoi sogni, non gli dispiaceva così tanto.
Aveva fatto amicizia con gli altri colleghi e riusciva ad arrivare a fine mese con lo stipendio e a pagarsi gli studi, il che non era poco. Infatti, Kurt faceva il cassiere part time solo durante il weekend, per arrotondare i soldi che gli passavano Burt e Carole – e dei quali sperava di poter fare presto a meno.
“Arrivederci e grazie,” disse, dando il resto ad un’ altra cliente anziana dall’aria stanca. Avrebbe voluto aiutarla a portare la spesa, ma non poteva muoversi di lì.
Kurt aveva anche scoperto che stare seduto tutto il giorno poteva essere stranamente stancante.
Diede uno sguardo veloce al cellulare per poi rialzarlo, quando sentì appoggiare degli oggetti sul rullo. Notò un ragazzo dai capelli neri scuri, ricoperti di gel e dalle sopracciglia bizzarre. Teneva tra le braccia una quantità eccessiva di oggetti e Kurt poteva già prevedere cosa sarebbe successo nei prossimi tre secondi. Un barattolino di sugo stava lentamente sfuggendo dall’incavo del gomito, mentre tentava goffamente di appoggiare tutto sulla cassa.
Esistevano i cestini con le ruote, i cestini normali, i maledettissimi carrelli, eppure c’era ancora gente che si ostinava a non prendere niente e tenere tutto tra le mani con la pura convinzione di averle grandi quanto Hulk. Quasi voleva passarsi una mano sul viso, esasperato, ma era a lavoro e doveva sempre sorridere al cliente, anche se era uno strano – affascinante – ragazzo con una grande sopravvalutazione della sua forza e di quanti oggetti si possono tenere tra le mani.
E come predetto, un tonfo lo distrasse dalle sue riflessioni: il barattolino di sugo era sfuggito dalla sua presa e si era schiantato sul suolo, rompendosi in mille pezzi e sporcando tutto il pavimento di fronte alla sua cassa.
“Oddio scusa! Scusami tantissimo, mi dispiace! Non volevo…”
A quel punto, Kurt non poté più resistere, specialmente quando l’altro ragazzo alzò lo sguardo con fare colpevole e con un’espressione piuttosto dispiaciuta. Disse qualcosa, ma Kurt non lo sentì perché era già pronto a partire con la sua ramanzina.
“Esistono carrelli e cestini, mi chiedo per quale assurdo motivo voi clienti pensiate ancora di poter portare tutta quella mole di prodotti tra le braccia senza che vi cada qualcosa!” esclamò, spazientito.
“Chiamo subito qualcuno per far pulire,” aggiunse, voltandosi e prendendo il telefono della cassa per chiamare una delle donne che lavoravano nei reparti. Il ragazzo abbassò lo sguardo, mortificato, e Kurt si sentì quasi in colpa perché i suoi occhi somigliavano a quelli di un cucciolo bastonato.
“Mi dispiace, è solo che andavo di fretta e dovevo comprare solo del pane, ma poi ho fatto un giro tra i reparti e mi sono ricordato che dovevo comprare altro…”
Kurt cominciò a passare gli articoli sulla cassa, “non si preoccupi. La prossima volta si ricordi di prendere almeno un cestino…” ribatté, soffermandosi soltanto dopo sul volto del suo cliente. Effettivamente aveva appena rimproverato un ragazzo carino e giovane, forse era per questo che non riusciva mai a trovare qualcuno: si comportava sempre in maniera rigida e scontrosa.
“Sarà fatto,” mormorò il ragazzo in risposta, ancora dispiaciuto, dando i contanti a Kurt per pagare la spesa. La sua espressione mortificata sembrava essersi trasformata in qualcosa di diverso, forse irritazione. Kurt si sentì doppiamente dispiaciuto mentre gli dava il resto.
“Non è niente di grave, comunque,” disse, porgendogli lo scontrino, “scusami se sono stato eccessivo,” e fu in quel momento che vide spuntare sul volto del cliente un sorriso accennato, forse un po’ amaro, ma che lo illuminò e gli fece notare quanto fosse bello.
“Non si preoccupi. Ha fatto bene a farmelo notare, la prossima volta che verrò qui la cercherò e le farò vedere che ho imparato la lezione,” il ragazzo prese le buste e salutò Kurt con un cenno e uno sbrigativo “buona serata”, mentre il suo cuore sprofondava un po’.
Dubitava che sarebbe tornato da lui, forse lo avrebbe addirittura evitato come la peste – e non avrebbe potuto biasimarlo.
Continuò a fare il suo lavoro, mentre l’odore del sugo al pomodoro schiantatosi al suolo gli pungeva ancora le narici.
 
Passò una settimana dall’incidente del vasetto di sugo e ogni giorno che Kurt andava a lavoro, non poteva fare a meno di pensare a quel cliente e ai suoi occhi così grandi ed espressivi. Era assurdo: sembrava essersi preso una cotta a mo’ di colpo di fulmine per una persona che non conosceva nemmeno e che - con tutta probabilità - non avrebbe mai più rivisto.
Servì la prima cliente dall’inizio del suo turno, rivolgendole un sorriso cortese e cominciando a passare gli articoli sul lettore. Le diede lo scontrino e il resto, si voltò e cominciò a passare sul registratore i prodotti del secondo cliente, quando una voce lo distrasse.
“Ciao,” disse la voce e Kurt alzò lo sguardo. Di fronte a lui un paio di occhi luminosi e un sorriso radioso, dei capelli ricoperti di gel e…
“Come puoi vedere oggi non ho fatto cadere niente e ho il carrello,” ridacchiò, indicandolo con aria fiera.
Il cuore di Kurt perse un battito.
“Sono felice di vedere che ha imparato a usare i mezzi giusti.”
Il cliente fece le spallucce, “diciamo che vedere il tuo sguardo triste e irritato l’altra volta mi ha fatto capire che forse è meglio evitare di vederlo di nuovo. Insomma, è un peccato veder arrabbiato uno come te…”
Kurt si bloccò, tenendo sospeso il prodotto che teneva tra le mani. Stava per caso flirtando con lui? Gli stava dando del tu?
“B-beh… io…”
“Scusami, non intendevo metterti in imbarazzo,” intervenne immediatamente, “solo che hai un bel sorriso. L’ho visto prima, sai? Quando hai salutato l’altra cliente. Mi piacerebbe vederlo ancora e… scusami, sto divagando e sto rallentando il tuo lavoro.”
Kurt scosse la testa con fin troppa energia.
“No! No figurati! Ogni tanto è bello parlare con i clienti, non hai idea di quanto ci si annoi qui,” diede un’occhiata al fondo della cassa, notando che per il momento non vi era nessuno in coda e che avrebbe potuto prendersela un po’ più comoda. In fondo quel pasticcione sembrava un tipo simpatico oltre che tremendamente affascinante.
Continuò a passare gli articoli sulla cassa un po’ più lentamente del dovuto.
“Mi chiamo Blaine, comunque,” continuò il ragazzo.             
“Kurt,” rispose, sorridendogli istintivamente, “Kurt Hummel,” sentì lo sguardo di Blaine posarsi sul suo cartellino.
“Bene Kurt, ti lascio al tuo lavoro. Sono felice di averti incontrato di nuovo,” disse, finendo di mettere gli acquisti nelle buste. “Quando ti vedrò in cassa tornerò da te per vedere ancora il tuo splendido sorriso,” concluse, per poi fargli l’occhiolino e allontanarsi, senza aspettare una sua risposta.
Kurt rimase pietrificato e incantato, seguendolo con lo sguardo mentre usciva dal negozio.
Forse le sue giornate al supermercato sarebbero diventate più interessanti.

Note finali: Ecco qua la shot per il prompt "fall", immagino che sia strano immaginarsi Kurt nei panni di un cassiere, ma non avevo mai letto nessuna AU con questo prompt e ho pensato che fosse carino! Mi piacerebbe far nascere altro da questa one shot, chissà! Come sempre, se avete qualcosa da dire i commenti sono più che graditi :) 
A domani con un'altra one shot! E per ogni aggiornamento potete seguirmi sulla mia pagina FB.

Flan 
 

 
 

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Capitolo 3
*** Day 7: Grace, Day 8: Harmony ***


Note iniziali: come sempre in ritardo, ma eccomi qua con le due one shot dei giorni 7 e 8, con i prompt "Grace" e "Harmony". Grazie a chi sta seguendo la raccolta e scusate per questi continui salti da un giorno all'altro, purtroppo è difficile essere costante in questo periodo!
(Come al solito non sono betate).


 
Grace. 



warning! - questa one shot contiene accenni di MPREG (gravidanza maschile) giustificato dalla non umanità di Kurt, se l'argomento non è di vostro gradimento skippate la shot e troverete la seconda.

 
Kurt si muoveva con grazia, camminando come se stesse danzando sulla neve, lasciando che le braccia oscillassero e che il suo corpo si muovesse sinuosamente.
Blaine sarebbe rimasto ore a guardarlo, seguendolo e rimanendo poco più indietro, per osservare la sua figura che si stagliava nel bianco. Persino adesso che aspettava un bambino, Kurt riusciva comunque a sembrare perfetto, anche con qualche chilo in più del solito.
Era al settimo mese, questo significava un sacco di cose; tra le quali molti sbalzi d’umore e anche malessere, ma Kurt sembrava riuscire a sopportare tutto meravigliosamente e Blaine era fiero di lui. Cercava, comunque, di rimanere al suo fianco il più possibile: lo aiutava a fare le faccende, andava a fare la spesa e gli evitava qualunque tipo di sforzo.
Kurt si passò una mano sull’addome, accarezzandosi la pancia. Sorrise e si voltò verso Blaine, “l’ho sentita scalciare,” disse, radioso. Il marito si avvicinò a lui e gli circondò le spalle con fare affettuoso.
“Forse gli piace la neve.”
Kurt abbassò lo sguardo.
“Potremmo chiamarla SnowWhite,” ridacchiò.
“Dubito che le farebbe piacere.”
“Chi non dovrebbe volere il nome di una principessa?”
Risero all’unisono, continuando a passeggiare insieme.
Blaine si sentiva al sicuro, caldo, felice: aveva incontrato Kurt proprio in una giornata d’inverno come quella. Lo aveva visto su una panchina, infreddolito e pallido. Si era avvicinato a lui e gli aveva messo la propria giacca sulle spalle, lasciando che si riscaldasse; l’altro aveva alzato i suoi occhi azzurri e intensi come per ringraziarlo. Non aveva detto una parola, e soltanto dopo Blaine ne capì la ragione: Kurt non era umano. Non aveva una casa sulla terra e non era un terrestre, era capitato lì per caso, forse era capitato lì per lui.
Blaine non aveva scoperto chi fosse Kurt o cosa fosse. Il ragazzo gli aveva sempre detto di aver perso tutti i ricordi, l’unica cosa che sapeva era che si chiamava Kurt Hummel e che non era un terrestre.
Erano trascorsi nove anni da quell’incontro e Blaine aveva insegnato a Kurt tutto ciò che sapeva: dall’inglese – che sembrava conoscere a malapena – alla cultura americana, a cucinare e cucire. In effetti, Kurt sembrava aver sviluppato un vero e proprio talento per le ultime due cose.
Nonostante i dubbi e le domande, a Blaine non importava di niente: non voleva davvero sapere chi fosse e cosa fosse Kurt Hummel. Era stato un dono divino, forse, un miracolo o qualcosa del genere. Non importava davvero; Kurt era qualcuno che amava, qualcuno che avrebbe protetto a costo della vita, qualcuno che lo faceva sorridere, meravigliare, eccitare. Kurt era la sua anima gemella, e non importava davvero da quale dimensione venisse o a quale razza appartenesse, era semplicemente la persona con la quale voleva trascorrere il resto della sua vita.
Intrecciò la propria mano con la sua e continuarono a camminare per il parco.
“Potremmo chiamarla Grace.”
“Come?” Kurt si voltò.
“Grace… sarebbe perfetto, no?”
L’altro cercò di capire il nesso tra “Grace” e il perché quel nome sarebbe stato perfetto. Poi sorrise.
“Oh, Will e Grace. So che ami quel film ma non pensavo che avresti voluto chiamare la nostra bambina come lei…”
Blaine scosse la testa.
“Non è per questo. Tu sei stato il dono della mia vita, mentre la bambina sarà ciò che la nostra unione ci ha donato. Sarà l’unione dei nostri esseri e lo sai, i comuni esseri umani non possono… avere bambini se entrambi uomini.”
Kurt cercò di capire il suo ragionamento e annuì. In fondo si erano trovati, e non gli era mai stata fatta grazia più grande. Blaine lo aveva salvato e non era spaventato da lui come avrebbe potuto fare chiunque altro.
“Grace sembra perfetto,” rispose, annuendo e stringendogli di più la mano.
Blaine rispose con un cenno e ripresero a camminare; presto sarebbero diventati una vera famiglia.

Note: la fanfiction finisce qua, ma mi piacerebbe strutturare un 'verse anche su questa one shot. Era la prima volta che scrivevo qualcosa che avesse minimamente a che fare con l'mpreg e stranamente l'argomento mi intriga abbastanza! Non ho specificato come Kurt abbia avuto il bambino, ma se mai scriverò qualcos altro sicuramente lo specificherò.


 
Harmony.


Vivere in armonia poteva essere difficile e Kurt lo sapeva bene. Aveva detto a Blaine di andarsene per quasi due volte e ora sembrava folle, molto folle, riprovarci per la terza volta da… sposati.
Dal momento in cui si erano scambiati gli anelli e un mare di promesse, entrambi avevano deciso di cambiare, maturare, crescere. Erano disposti a tutto, stavolta e avrebbero stretto i denti perché in fondo lo sapevano: non potevano vivere l’uno senza l’altro.
Il loro legame era più forte di ogni cosa, più della lontananza, degli screzi e delle liti. Kurt amava Blaine e Blaine amava Kurt, e tanto bastava.
Aprirono la porta del loro nuovo appartamento scambiandosi un’occhiata d’intesa reciproca. Dal momento in cui vi avrebbero messo piede dentro tutto sarebbe cambiato: sarebbe cominciata la loro convivenza, non vi sarebbero più stati “mio” o “tuo” ma soltanto “nostro.”
“Siamo abbastanza pronti?”
“Stavolta…” Kurt prese la sua mano, entrambi avevano un anello, ora “… Sì. Stavolta sì.”
Blaine si sporse per baciarlo ed entrarono insieme, chiudendosi la porta alle spalle.

Note finali: Dunque queste sono le due one shot che sono riuscita a recuperare :) sto già scrivendo le altre ma l'idea di pubblicarne troppe in una sola paginata non mi esalta, quindi continuerò a pubblicarle una ad una, sforando il countdown (purtroppo). Eventualmente posso continuare a postarne due per volta quando capita, fino a recuperare i giorni... ma vedremo! Mi sembra già un miracolo trovare del tempo per scrivere.
Vi ringrazio per i commenti e per gli apprezzamenti, anche se silenziosi. Come sempre se avete qualcosa da dire fatevi avanti! Mi fa solo piacere :)

A presto,
Flan 
 
 

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