AGGIORNAMENTO
(08/01/2015) – cambio dell’impaginazione.
C
A P I T O L O
uno
Il sole dormiva ancora, avvolto nella
coperta della notte mentre la radiosveglia sul comodino segnava in verde le
sette di un mattino che sarebbe stato esattamente come tutti gli altri.
Un
mattino di merda.
«SVEGLIA!» la voce trillante di Lee
risuonò per tutta la casa, accompagnata da un assordante rumore metallico.
«FORZA RAGAZZI, IL SOLE SORGE E LA GIOVENTÙ RISPLENDE» aggiunse spalancando
tutte le persiane, lasciando che il freddo dei primi di ottobre si insinuasse
nelle stanze, sotto le coperte dei suoi coinquilini ancora addormentati. «NEJI,
ALZATI CON LA FORZA DELLA GIOVINEZZA!» strillò al ragazzo che condivideva la
camera con lui, picchiando ripetutamente un mestolo di legno sul fondo di una
vecchia padella incrostata.
«Lee, per favore, sono sveglio» fu
l’unica cosa che ricevette in risposta da quel cumulo di coperte.
Ma lui non era ancora soddisfatto.
«Allora alzati!» rimbeccò, avviandosi
con la sua personalissima sveglia verso l’altra stanza.
«KIBA, SHINO. LA FORZA DELLA
GIOVINEZZA È CON VOI» continuò ad urlare, «ORSÙ, ALZATEVI! FIORITE TUTTI
QUANTI», ma nessuno sembrò dargli ascolto, nemmeno Akamaru
che, steso sul suo grosso cuscino rosso, sbadigliò e poi richiuse gli occhi.
E lui che aveva anche preparato la
colazione.
Ingrati.
― ♦ ―
Bipbip. Bipbip.
Bipbip.
Quel suono irritante gli rimbombò
nelle orecchie, costringendolo a scivolare fuori dal tepore delle coperte solo
per tirare una manata su quell’aggeggio infernale che Naruto aveva voluto
comprare, ma che puntualmente non sentiva suonare.
Stupida
sveglia.
Sasuke sospirò passandosi una mano fra
i capelli spettinati, osservando i suoi compagni di stanza dormire ancora.
«Sai, sono le sette» borbottò con la
bocca impastata dal sonno, tirandogli un colpetto sul fianco. Il ragazzo mugolò
aprendo piano gli occhi, mormorando qualcosa che Sasuke non riuscì a capire. Se
non si alzavano non era un problema suo, la sveglia era suonata, non spettava a
lui far saltare fuori dai letti tutti gli abitanti di quella casa.
Si diresse in cucina strisciando i
piedi nudi sul pavimento, aprendo il frigorifero per cercare qualcosa con cui
fare colazione. Fu subito raggiunto da Choji, probabilmente richiamato dal
profumo delle uova che stava cucinando, seguito dal gatto che, miagolando
forte, si strusciava contro la sua gamba, aspettando la sua bustina di umido.
«Cosa c’è per colazione?».
«Uova, caffè, latte, cereali,
marmellata, riso e il pollo fritto di ieri sera» rispose stancamente «e cibo
per gatti, se vuoi» aggiunse, senza avere la pretesa di essere divertente.
Choji fece un lungo verso non identificato grattandosi la pancia. Sasuke, dal
canto suo, ignorò quella che sembrava una mucca muggire e si servì le uova nel
piatto, dando poi da mangiare al gatto.
Choji recuperò il pollo avanzato dal
microonde, sedendosi al tavolo «Shikamaru non si sveglierà mai, è rimasto in
piedi fino alle quattro a giocare a LOL»
spiegò, ma non era la prima volta che succedeva da quando si erano trasferiti,
quindi non c’era nulla di nuovo od eclatante in quell’informazione. League of Legends era il male della società, e Shikamaru ne era
la prova.
«Possiamo sempre chiedere in presto
Rock Lee per cinque minuti» constatò, così si sarebbe di certo svegliato, dato
che riuscivano a sentire quell’assordate fracasso anche con la porta chiusa e
un intero pianerottolo a separarli.
«O lo sbrandiamo…»
propose Choji mentre Sai si dirigeva in bagno, attraversando il corridoio con
le movenze di uno zombie.
«Continuerebbe a dormire anche sul
pavimento» disse l’altro, rompendo il tuorlo dell’uovo con un pezzo di pane e
iniziando a mangiare. Sasuke non parlava mentre mangiava e questo dava le
premesse a Choji per abbuffarsi di qualsiasi cosa.
La giornata poteva pure prendere una
piega piacevole, constatò Sasuke tra sé e sé, versandosi del caffè mentre Choji
continuava a masticare silenziosamente. Non fece in tempo a concludere il
pensiero che il campanello dell’appartamento trillò e Sai, asciugandosi i
capelli con una mano, spalancò la porta senza chiedere nemmeno chi fosse.
«Allora, siete pronti?!» sbraitò Kiba,
lasciando che il suo cane-troppo-cresciuto iniziasse
a correre per il piccolo salotto, sbattendo la coda ovunque e facendo cadere i
dischi e i giochi della PlayStation3 perfettamente impilati.
«Naruto e Shikamaru dormono ancora»
rispose Choji dopo aver ingoiato, iniziando a bere un bicchiere di succo che, a
detta di Sasuke, era rimasto aperto in frigo da più di una settimana.
«Non va bene, non va bene!» Kiba
scosse la testa, appoggiando le mani sui fianchi, «Akamaru,
vai a svegliare Naruto, subito!» e indicò la porta al cane, dettando ordini con
il fare solenne di un vero capo.
Il
capo degli idioti.
«È tardi» la voce di Neji si fece
spazio nel fracasso di Akamaru che grattava contro la
porta della stanza di Naruto, aiutato finalmente dal padrone che gliela aprì.
«Ho promesso a Tenten e alle altre ragazze che le accompagnavo io, dato che c’è
sciopero dei mezzi» e fece per scendere le scale, ma Lee lo afferrò per la
camicia, tirandolo dentro casa.
«TU NON VAI DA NESSUNA PARTE!».
Il
vicecapo degli idioti.
Continuò a pensare Sasuke, sciacquando il piatto per metterlo in lavastoviglie.
«Non dirmi che preferisci andare con
quelle quattro ochette, Neji» gli puntellò la spalla con un sorriso a metà tra
il malizioso e il fallimentare tentativo di fare il bastardo. Rock Lee aveva
qualcosa di particolarmente insopportabile quella mattina.
«Lasciami stare Lee, Tenten mi ha
chiesto se potevo accompagnare lei e le sue amiche e le ho detto di sì. Qual è
il problema».
«Già, qual è il problema, Lee?» si
intromise Kiba, abbandonando il suo cane nella stanza con Naruto. Sai richiuse
la porta e ritornò in bagno a finire di prepararsi. Sasuke rimase ad osservare
la scena, quasi divertito. Quasi.
Erano tutti strani e non riusciva a capire
perché.
«Fai così solo perché Neji prende
sicuramente più figa di te, non è vero?» continuò Kiba, battendo la mano sulla
spalla di un Neji stanco già alle sette del mattino, mentre l’altro gli
sussurrava cose come «rubacuori», «cuore d’oro» e altre parti anatomiche che
Sasuke preferiva non ripetersi.
«Kiba, smettila» sentenziò Shino. In quel momento, a interrompere una lite nascente,
fu un Naruto che spalancava la porta, tenendosi le mutande mentre il cane di
Kiba le mordeva nel tentativo di tirargliele giù.
«Che schifo» mugolò Sasuke, sentendo
la colazione muoversi nel suo stomaco.
C’era un tale casino in casa che, a
quel punto, Sasuke non poteva aspettarsi che il mattino di merda potesse migliorare. A far tacere il tutto fu lo
sbattere dell’ultima porta ancora non scardinata di casa – quella di Shikamaru
– che, richiudendosi leggermente, produsse un inquietante cigolio.
Tutto si paralizzò in casa, persino lo
stomaco in subbuglio di Sasuke.
Shikamaru respirò profondamente prima
di parlare, accompagnando con lo sguardo Akamaru che,
con la coda fra le gambe e un pezzo delle mutande di Naruto tra le zanne, andò
a cercare riparo dal suo padrone.
«Sapete che diavolo di ore sono?» la
sua voce era la voce del diavolo.
Silenzio, fu Choji a parlare: «un
quarto alle otto» incominciò, «siamo in ritardo».
Per tutta risposta, Shikamaru fece
dietro-front e chiuse la porta dietro di sé.
Era chiaro a tutti che quel giorno non
si sarebbe presentato a lezione.
― ♦ ―
La coda di Tempura
le sfiorò il naso, mentre con le zampe aveva iniziato a massaggiarle la pancia
e a fare le fusa.
«No, Tempura,
lasciami stare…» si girò verso la parete, appoggiando
le mani e la fronte sulla superficie fredda e
verniciata da meno di un mese. La gatta continuò a strusciarsi contro la
sua schiena, iniziando a giocare con i suoi capelli. Qualche secondo dopo suonò
la sveglia, la gatta miagolò e Hinata si ritrovò costretta a uscire fuori dalle
coperte.
Tenten mugolò anche lei, iniziando a
lamentarsi su quanto fosse difficile svegliarsi dopo una serata del genere (che
genere? – ma non erano fatti di Hinata). La Hyuga si
girò dalla parte della compagna di camera e la vide, oltre la frangia e la coda
di Tempura, che gettava le coperte in fondo al letto,
alzandosi dal materasso e sbadigliando.
«Hinata, sei sveglia?».
«Sì, ora mi alzo…
vai in bagno prima tu?» le domandò sussurrando, chiudendo gli occhi e
arricciando il naso quando Tempura decise di
strusciarsi anche sulla sua faccia.
Tenten non disse nulla, afferrò i
vestiti che aveva preparato la notte prima e si diresse verso la doccia. Si
fermò d’un tratto sulla porta della camera, girandosi verso l’altra, «oggi
viene Neji a prenderci, c’è sciopero» le informò.
«Mi ricordo, grazie» le sorrise da
sotto le coperte e osservò la sua figura allontanarsi, sparendo in un alone di
luce proveniente dalla sala. Allora Sakura e Ino erano già sveglie.
Si fece forza, spostando gentilmente
la gatta sul fondo del letto, cercando con i piedi le pantofole e stiracchiandosi,
sentendo un leggero crock
alla schiena. Tempura saltò giù dal materasso e si
diresse zampettando verso la cucina a ritmo del campanellino attaccato al
collo.
Si legò i capelli, cercando la
vestaglia in cui avvolgersi per ripararsi da quel primo freddo d’ottobre. «Buongiorno…» non riusciva ancora ad essere totalmente
disinvolta con le altre coinquiline, ci doveva fare l’abitudine – per questo
era felice di aver visto Sakura pronta e sorridente ai fornelli, mentre cuoceva
le uova e agitava la spatola in segno di saluto.
«Dormito bene?».
«Sì… tu? E
Ino dov’è?» chiese, guardandosi in giro mentre si sedeva al tavolo.
«In bagno…
dove vuoi che sia? È dentro da tre quarti d’ora, neanche si stesse strappando i
peli delle gambe con le pinzette uno ad uno…» scherzò
Sakura, fingendo un tono polemico, continuando a brandire la spatola come fosse
una spada. «È stata una buona idea cercare un appartamento con due bagni,
comunque. Molto utili» e annuì, alzando la padella dal fuoco e mettendo le uova
nel piatto di Ino, in attesa che si facesse vedere.
Sakura era particolarmente di buon
umore e Hinata non riusciva a spiegarsi perché. Forse per la storia che Neji le
andava a prendere? Sospirò, alzandosi dal tavolo per recuperare latte e cereali
con cui fare colazione. No, non le sembrava possibile che per uno strappo in
macchina potesse essere così contenta.
Ti
fai troppe domande, Hinata. Goditi la giornata e basta.
Ino uscì finalmente dal bagno, canticchiando
le strofe della pubblicità del dentifricio, incrementando il buon umore di
Sakura e anche quello di Hinata. E, beh, era bellissima e perfetta come al
solito.
«Mi hai preparato la colazione,
Sakura?» domandò, sedendosi davanti alle uova strapazzate dall’aria
particolarmente invitante.
«Le sto preparando per tutte! Le vuoi
anche tu, Hinata?».
«No, no…
mangio i cereali, grazie!».
Non fece in tempo a sorriderle che Ino
sembrò impallidire, arraffando il tovagliolo e poggiandoselo sulle labbra,
sputando qualcosa e sbavandosi il rossetto. «Fanno schifo!» sbottò poi,
alzandosi e mettendo il piatto vicino al lavandino, «ci hai messo lo zucchero,
Sakura!» e prese un pezzo della omelette sventolandoglielo davanti, «neanche ai
maiali si dà da mangiare questa roba: vomiterebbero!».
«Ehi!» rispose l’altra, abbassandole
la mano e corrugando la fronte, «se il mio cibo fa vomitare i maiali allora tu
sei la maialina che fa vomitare gli altri maiali!».
Si fronteggiarono qualche secondo,
lanciandosi fuoco e fulmini dagli occhi, per poi scoppiare in una risata.
Quando smisero, Ino buttò le uova nella spazzatura, cercando qualcosa da
mettere sotto i denti, «comunque davvero, facevano pietà. Ci hai messo lo
zucchero» continuò, ma a Sakura non sembrava toccare granché.
Hinata sorrise, dando da mangiare alla
gatta prima di fare colazione. Ino riprese a canticchiare e Sakura lasciò
perdere il tentativo di cucinare, dedicandosi a pane e marmellata.
«Neji ha detto che non riesce a
venirci a prendere» borbottò Tenten dal fondo della cucina, legandosi l’ultimo
dei due codini, e poi sospirò affranta, sedendosi nell’ultima sedia rimasta,
«non è colpa sua, saranno stati quegli idioti dei suoi coinquilini…»
e rubò una fetta biscottata dalla confezione che Sakura aveva preso, iniziando
a mangiarla.
«Mettici un po’ di marmellata…
e comunque non è la fine del mondo, no?» disse Sakura, appoggiata da Ino che
annuiva, «anche se prendere i mezzi pubblici sarà un inferno» constatò poi,
addentando la sua colazione.
«Poi le sentono quelli lì…» continuò Tenten con la bocca piena, «poi Neji per le
loro cazzate è costretto a lasciare a piedi degli amici, uff» c’era poca convinzione nella
sua voce, forse perché erano diventati un po’ più che amici, loro due. Ma
nessuna delle tre ragazze se n’era accorta e a Tenten andava bene così.
«Allora vado a prepararmi, così
usciamo prima!» esordì finalmente Hinata, afferrando la propria ciotola per
metterla nel lavello e sparire in camera a prendere i vestiti, seguita da Tempura che, con la pancia piena, aveva un’andatura
ciondolante e felice. «Oh!» comparse qualche secondo dopo sulla porta della
cucina, «lavo io i piatti quando ritorniamo, non preoccupatevi!». E a Ino non
dispiaceva affatto.
― ♦ ―
Erano quasi le quattro e mezza quando
Naruto aveva messo piede in casa di ritorno dalla facoltà. Era tutto molto
tranquillo, Sasuke se ne stava sul letto a castello con gli occhiali sul naso e
la testa chinata su un libro che, ad occhio e croce, doveva pesare quanto il
suo gatto grasso. Sai disegnava seduto al tavolo della cucina, e Choji se ne
stava sul divano con in mano un sacchetto di patatine.
C’era silenzio: una cosa rara e strana in quella casa.
Naruto si posizionò davanti alla
boccia d’acqua del pesce rosso che aveva vinto al Luna Park durante l’estate,
gli sembrava strano, un po’ giù di corda, forse stava male, magari aveva la febbre… sembrava anche un po’ più rosso del solito, a suo
dire. Ma Naruto non aveva idea di come si curasse un pesce rosso.
«Teme…» lo
chiamò picchiettando sul vetro con la punta dell’indice, «credo che Ramen abbia la
febbre», ma l’altro non si scompose più di tanto, nemmeno si girò a guardarlo.
«Non credo che i pesci rossi abbiano
la febbre» la voce di Sasuke era disinteressata e distante, così Naruto si alzò
con il piccolo acquario e si diresse verso la porta chiusa della stanza accanto
alla loro. «Shika, tu che sei intelligente e sai
sempre tutto…» incominciò mentre il ragazzo, seduto
davanti al computer, era intento a cliccare tasti in modo isterico con una
concentrazione che di certo non aveva quando frequentava le lezioni. «Secondo
te che cos’ha Ramen?» gli chiese, mostrandogli la
boccia nella quale galleggiava il pesce, riverso a pancia in su.
Shikamaru si girò un secondo,
esasperato, «Ma perché dovete sempre venire a rompere le palle mentre sto
giocando?!» domandò retorico facendo un mezzo giro sulla seggiola. «Vuoi sapere
cos’ha il tuo pesce rosso?! È morto, Naruto. Morto. Caput. Andato,
esattamente come me in questo stupido gioco! E adesso, se non ti dispiace,
avrei da fare» concluse, tornando composto con un’imprecazione.
Naruto fissò il pesce galleggiare, e
come un soldato marciò di nuovo nella sua stanza, poggiando con un po’ troppa
forza l’acquario sulla scrivania.
«È STATO IL TUO STUPIDO GATTO, VERO?
HA UCCISO RAMEN, IO LO SO» gridò come un ossesso mentre Sasuke chiudeva il
libro con un sospiro.
«Se fosse stato Gatto a quest’ora il tuo pesce non ci sarebbe più, e invece mi pare
che sia ancora lì dentro» c’era qualcosa nella sua calma che gli dava ancora
più sui nervi.
«Ah, certo! Magari lo ha preso a
zampate! Prova a metterti nei suoi panni, poverino. Ucciso dal tuo gatto
grasso!» ribatté additando il micione che, con uno
sbadiglio, si appollaiò sul letto di Sai, «per questo è più rosso del solito:
ha perso un sacco di sangue, guardalo!».
Sasuke avrebbe voluto fargli notare
che non c’era nessun sangue e che, se proprio c’era un cambiamento cromatico
nel suo stupido pesce, era il fatto che stava perdendo colore. Ma il suo
cervello si concentrò solo sul commento di Naruto riguardo Gatto. «Non è grasso» proferì.
«Sii obbiettivo, peserà dodici chili,
teme! Mangia quanto una gatta incinta!» e non era un eufemismo, mangiava
davvero le dosi prescritte ad una gatta in gravidanza. E di certo non era
incinto.
«Ne pesa quasi nove, dobe» commentò, ma l’altro non lo ascoltò, gonfiando le
guance e camminando con le gambe aperte nel goffo tentativo di imitare la
camminata di un gatto grasso.
Poi si fermò di colpo, facendo un
lungo respiro prima di parlare, «sai cosa fai, adesso?! Scendi di lì e ti vesti
di nero, vi vestiti tutti di nero e vi fate trovare in bagno fra dieci minuti,
perché Ramen era parte della famiglia e merita di
essere ricordato!» disse categorico, e poi se ne andò con la boccia del pesce
defunto, sbattendo la porta alle sue spalle.
Altra porta scardinata.
― ♦
―
Sasuke sospirò seduto sul divano con
Shikamaru e Neji.
La situazione era a dir poco ridicola
e stupida, e nessuno dei tre aveva intenzione di prendere parte a quella
stupida pantomima che si stava per svolgere nel bagno.
Non avrebbero partecipato a nessun
funerale per nessun pesce rosso.
Naruto fece la sua comparsa vestito
interamente d’arancione, nelle mani aveva un pezzo di carta igienica sul quale
era poggiato il pesce morto. «Vi dispiacerebbe unirvi agli altri?!» chiese, e
Sasuke aspettò che uno degli altri due rispondesse al posto suo.
«Sì, e adesso puoi dirci perché cavolo
sei vestito di arancione dopo che ci hai fatto vestire come becchini?» rimbeccò
Shikamaru spaparanzandosi meglio sul divano.
«Per ricordare Ramen»
annuì convinto.
Si stava oltrepassando il limite della
decenza e della sua intelligenza. L’unica cosa a cui dovevano fare il funerale
era al cervello di Naruto, non al suo stupido pesce.
Nonostante la risposta idiota, Neji
mise il telefono in tasca e si alzò, «devo uscire, quindi prima iniziamo prima
finiamo» disse avviandosi verso il bagno. La ragione si dava ai matti.
Assecondarli avrebbe reso meno
indolore la cosa, forse. E probabilmente molto più veloce.
«Va bene, dobe,
muoviti e stammi lontano con quel coso» gli disse spingendolo verso il bagno,
seguito a ruota da Shikamaru.
Così si ritrovarono tutti e nove – più
Akamaru – in un bagno infinitamente piccolo, in fila
davanti alla tazza del water mentre Naruto pronunciava frasi senza un senso.
«Ramen era
un pesce estremamente silenzioso!» diceva con tono solenne, «sapeva mantenere
ogni segreto, era affidabile e gioioso. Ma oggi, fratelli, è stato assassinato
dal grasso gatto di quindici chili che credeva un amico» la finta disperazione
nella sua voce rendeva tutto ancora più ridicolo.
Prima
erano dodici, Sasuke
roteò gli occhi infilandosi le mani in tasca mentre il cane abbaiava,
adocchiando la sardina morta.
«Era bravissimo a fare i pesci d’Aprile…» continuò Naruto, ma fu interrotto da Shikamaru.
«Bene, ora possiamo buttarlo nel
cesso, per favore» commentò, esprimendo il pensiero della quasi totalità dei
presenti, picchiettando il piede per terra.
«Un po’ di rispetto per i morti,
Shikamaru!» lo rimproverò scherzando Kiba, poggiato con il gomito sul
lavandino.
Lasciarono che Naruto finisse il suo
triste e comico discorso, e poi lo guardarono mentre lasciava cadere il pesce
nella vasca e tirava lo sciacquone. In fine, se ne tornarono tutti al loro
posto, certi che quella sarebbe stata solo la prima di una lunga serie di
situazioni ridicole che si sarebbero svolte fra quelle quattro mura.
N O T E ♦ D ‘ A U T R I C I ; siamo in missione per
conto del Signore.
Ehilà. È la prima volta che approdiamo
come una persona assieme nel fandom, quindi piccola
presentazione.
Siamo yingsu
e radioactive, e questa è… non sapremo definirla
nemmeno noi.
Diciamo che volevamo fare AU
universitaria, dato che una di noi frequenta già l’università e l’altra la
frequenterà l’anno prossimo (speriamo ndRadioactive),
qualcosa che ci sia un po’ vicino, e quindi abbiamo immaginato questo gruppo di… rimbambiti(?).
Quindi eccoli qui, divisi in tre case, due degli uomini e una delle donne.
L’idea è che si siano persi un po’
tutti durante l’estate tra la fine del liceo e l’inizio di questa università e
che si siano ritrovati, alcuni un po’ prima per affittare gli appartamenti (o
per altri motivi, e chi vuol intendere intenda NejiTenCOFF),
altri non ancora, come vedrete poi, ma non vi anticipiamo niente.
Le stanze, per chiarire, sono le
seguenti: [CASA 1] Shikamaru e Choji + Sai, Naruto e Sasuke. [CASA 2] Neji e
Rock Lee + Shino e Kiba. [CASA 3] Tenten e Hinata +
Ino e Sakura.
Prossimo punto: il titolo.
Colla, preso in prestito da Irvine Welsh e
dal suo omonimo romanzo. Lui (e anche noi) lo usa per spiegare che i loro
legami rotti, aggiustati e rotti nuovamente verranno rimessi assieme, appunto,
dalla colla, come vedrete nel corso di questa AU. La definizione di colla all’inizio della storia è tratta
proprio dal suo libro.
Inoltre, volevo chiarire che il gatto
di Sasuke si chiama davvero Gatto – è
stata una scelta assolutamente consapevole. Così come il (ex-)pesce di Naruto
si chiama Ramen e il gatto di Hinata Tempura. Hanno tutti dei problemi, sì, Sasuke per primo.
Ultima cosa: i banner sono quattro
(forse diventeranno cinque) e verranno fatti girare ciclicamente. Sono
suddivise per team, quindi team Kakashi, seguito da Kurenai, Gai e Asuma. Mi dispiace
per Sai che non c’è nel banner, sorry Sai.
E… nulla, diciamo che sarà
principalmente molto comica, ma è così che ce li siamo immaginati quando
abbiamo provato a prenderli e lanciarli nel nostro universo ai giorni nostri.
Scusate il linguaggio scurrile, ma
penso che voi avrete amici che parlano anche peggio di così, roba da lavargli
la bocca con il sapone (scostumati! ndRadioactive). Quindi boh, abbiamo cercato di renderli
solo realistici in un contesto realistico ed ecco cosa è successo. Perdoniamo
il leggero OOC, motivato secondo noi da questo catapultarli in un altro mondo
completamente diverso dal loro, e da piccole cose che noterete nel corso della
storia.
Dovremmo aver detto tutto, quindi vi
ringraziamo e salutiamo.
Al prossimo capitolo.~
papavero
radioattivo