Ratman & Supergay in: Homo, Odio di ToraStrife (/viewuser.php?uid=44143)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Omo-foibe? ***
Capitolo 2: *** Pride e Pregiudizio ***
Capitolo 1 *** Omo-foibe? ***
Ratman vs Supergay
Ratman &
Supergay
Homo, Odio
Per la serie, fandom sconosciutissimi.
Supergay, chi è costui?
E' un fumetto
online, dal seguito molto sparuto (neppure 4000 anime, al momento.
Questa è la pagina Facebook.
L'autore si
firma, almeno nelle prime tavole, con lo pseudonimo di Vime.
Contrariamente a
quanto potrebbe far supporre il nome, Supergay, il personaggio è
abbastanza atipico.
Ha 'gay' nel
nome, ma non è una parodia, né ricalca gli stereotipi del mondo gay. Il
suo orientamento sessuale è implicito, ma mai stato effettivamente
dichiarato.
E nonostante il
"super", non veste né mantello né calzamaglia (tantomeno rosa).
Indossa un
completo sobrio che lo avvicina di più a Matrix che non ha un chiassoso
eroe Marvel/DC.
E' dotato della
classica forza sovrumana, in grado di volare, di sparare raggi calorici
dagli occhi, ed in casi estremi anche di riscrivere gli orientamenti
sessuali delle persone (leggi: può farti diventare gay).
Tuttavia, l'uso
di questi poteri è puramente accessorio.
Essendo nato
come personaggio di denuncia contro l'omofobia, ricorre soprattutto
alle spiegazioni e alla logica, preferendo affrontare gli avversari con
la ragione, piuttosto che con la violenza, a cui ricorre solo se
costretto.
Perché questo
crossover?
Non saprei,
forse perché ce li vedo bene assieme, forse perché Ratman in sé porta
fortuna.
Lo avvallerebbe
il precedente crossover, con Simple&Madama.
La Magic Press
ne ha pubblicato il primo numero, dopo il precedente con Genus.
Insomma, da Internet i personaggi sono diventati carta. Un piccolo
miracolo, che auguro anche al signor Vime.
Nel frattempo,
si può godere la sua prima Fanfiction (devo avere un debole per
inaugurare fandom in sordina).
E non
tralasciamo l'argomento trattato che, dopotutto, è molto importante.
Salutando
affettuosamente Leo Ortolani e Vime.
Tanta fortuna a
voi, e buona lettura con ringraziamento anticipato a quei quattro gatti
che avranno la voglia di seguire questa minilong.
Vi auguro una
buona lettura.
"Città senza nome.
La città che non dorme mai. Quindi non lo faccio neppure io.
Tranne quando sono di ronda.
Per fortuna il Rat-wing è dotato di pilota automatico, così posso
schiacciare un meritato pisolino mentre distendo i piedi sui comandi e
lascio che il gioiello tecnologico comprato con i miei infiniti
risparmi mi culli durante il tragitto.
E rifletto sul perché i soldi non possano comprare le donne.
Io sono così negato con il sesso femminile che le lucciole sotto i
lampioni pagano me purché non le importuni.
Forse perché non sono alto come Alain Delon o Shaquille O Neill.
A un certo punto mi accorgo che qualcosa, anzi, qualcuno si affianca a
me.
Apro un occhio, poi lo richiudo. Poi li riapro tutti e due, in preda
allo sbigottimento.
Per poco non cado dal sedile.
E' un tizio volante, come Superman.
Un supereroe, come me?
Solo che non ha mantello né calzamaglia.
Non ha neppure la mascherina, a dire il vero: solo un paio di occhiali
dalle lenti giallastre.
Per il resto, uno smoking elegante con tanto di cravattino, forse
doveva andare ad una festa.
Mi squadra con un sorriso ammiccante, i capelli rossicci sparpagliati
dal vento. Mi fa un cenno con la mano, salutandomi, poi aumenta la
velocità e si allontana.
Se non era Superman, chi poteva essere?
Il mio genio che mi ha valso il titolo di Detective più abile del
mondo, titolo erroneamente attribuito ad un mio simile in fissa con i
pipistrelli, mi fa giungere alla conclusione più logica.
Torno a dormire, bofonchiando su quante ne studino gli extracomunitari
per tentare di lavare i parabrezza. E non li puliscono mai bene.
Neppure a mille metri di quota."
Il plurimiliardario Deboroh La Roccia si alzò di buon ora, come al
solito, dopo una notte di lavoro.
Era pomeriggio presto, il fido maggiordomo Archibald gli aveva
preparato la familiare colazione: chinotto caldo con panna e ciambelle
di salvataggio.
C'era ancora tempo per i consueti programmi della giornata: alle cinque
merenda al bar da Tiffany e poi la sera dal sindaco per discutere
sull'Ellegibitì-Pride che si sarebbe tenuto l'indomani.
Era la prima manifestazione del genere nella Città senza Nome.
Segno che i tempi stavano cambiando... sesso.
Pigramente sprofondato nella poltrona, prese il telecomando e accese la
TV, facendo apparirà la nota figura di Clara Clain, la moglie del
suo amico Brakko.
Costei stava presentando, microfono in mano, l'ennesimo caso di
cronaca nera.
- Ed è in questo vicolo che ieri notte si è consumato un nuovo,
scellerato caso
di teppismo, il terzo questa settimana, in cui le vittime hanno il
denominatore comune di appartenere al nuovo movimento politico
denominato Sforzo
Innovativo.
Un bellimbusto vestito di un pesante chiodo, piagato da un occhio
pesto e il naso rotto, intervenne, quasi strappando il microfono
all'inviata.
- E' stata una barbarie, vi dico! Una discriminazione! Questo tizio è
apparso all'improvviso e ci ha fatto una ramanzina assurda, dopodiché
ci ha presi tutti a pugni. Ma dico! Come si può stare tranquilli con
certi incivili in giro?
Dopo la sfuriata, l'inviata ebbe il tempo di riprendere il
microfono e formulare una domanda.
- Mi dica, che cosa stavate facendo lei e i suoi colleghi, per strada
alle quattro del mattino?
- Stavamo tranquillamente interloquendo con una coppia di pervertiti
che si tenevano per mano, due maschi, capisce? Stavamo illustrando loro
la nostra opinione di rispettabili cittadini.
- Questa opinione ha a che fare con la mazza chiodata che le vedo
nell'altra mano?
L'uomo guardò allibito lo strumento, poi fulmineamente lo fece sparire
dietro la schiena.
- Ma no, questo è solo il mio portachiavi! - Rispose, con un gran
sorriso nervoso.
- E questo... vandalo, com'era? Grosso? Minaccioso?
L'uomo porse una mano sul mento, riflettendo. - In realtà non sembrava
tanto alto, era vestito in giacca e cravatta, e aveva degli stravaganti
occhiali colorati e una pettinatura assurda. Doveva professarsi come un
supereroe, dato che si è presentato come... Supergay.
- Supergay? - Ripeté Clara, incuriosita.
- Sì, quello era il nome! - Confermò, mentre i suoi compari, tra
medicamenti e fasciature, annuivano davanti alla telecamera. - Uno
schifoso malvivente che si proclama paladino dei diritti gay. Un
pervertito! E cosa fanno i supereroi di questa città? Cosa fanno?
Riprendendo a fatica il controllo del microfono, Clara commentò alla
telecamera.
- A quanto pare, un misterioso vigilante ha fatto la sua comparsa nella
città senza nome. Il nostro supereroe, Ratman, come interverrà?
- I supereroi non servono a nulla! - Soffiò indignato l'uomo,
rimpossessandosi dell'apparecchio. - Qua ci vogliono pulizia ed ordine.
E
solo Sforzo Innovativo sarà in grado di salvare questa città dal
marciume!
A quel punto la contesa per il microfono si fece più concitata,
tanto che Clara preferì salutare e chiudere il servizio, mentre in
sottofondo continuavano le urla di propaganda.
Con esso, la televisione si spense, lasciando Deboroh a riflettere
sulle novità.
- Supergay... mi domando chi sia questa nuova minaccia!
- Se leggesse i giornali, sir. - Intervenne il maggiordomo,
mentre alzava il vassoio per portarlo via. - Saprebbe che sono già tre
notti che è all'opera.
- Arci, non è colpa mia se leggo solo la pagina dei fumetti! - Protestò
vivamente. - E poi sono tre notti che giro con il
Batwing, e non l'ho mai visto in giro.
- Ne è proprio sicuro, sir? - Domandò il domestico alzando un
sopracciglio. - Stando a quanto affermano i testimoni, costui è in
grado di volare.
- Volare? - Si chiese Ratman, mentre il domestico aveva già abbandonato
la stanza. - Ma non ho visto volare proprio nessuno, in queste notti, a
parte...
Un'illuminazione lo fulminò: l'extracomunitario del parabrezza.
Lo aveva salutato, ed in effetti stava...volando!
Che fosse lui Supergay?
- Che scempiaggini! - Concluse. - Non aveva neppure una tutina rosa!
Un poderoso Dling Dlong
interruppe la quiete della magione e deragliò il piccolo vagone di
riflessioni di Deboroh.
Dopo qualche minuto, Arcibaldo si presentò nella stanza.
- Sir, c'è una visita per lei. O meglio, l'altro lei.
- Fallo entrare tra un minuto, Arci, il tempo di cambiarmi in... Ratman!
Il fruscio coreografico di un mantello giallo, ed il supereroe fece la
sua apparizione.
- E adesso, sono pronto a ricevere l'ospite.
- ♥♥ Rattino!♥♥
Il tono contemporaneamente civettuolo e nerboruto della voce smontarono
immediatamente ogni entusiasmo al mascherato.
- Cinzia Otherside. - Bofonchiò depresso.
Il muscoloso transessuale fece la sua entrata nella stanza, la parrucca
bionda a scivolare lungo le spalle come in una pubblicità del Badedas.
Il maglione beige aderente lasciava intravedere i muscoli guizzanti e
ben scolpiti, risultato di anni di quidditch palestra.
Un paio di pantaloni attillati completavano il tutto, dagli sgargianti
disegni maculati.
- Allora, hai riflettuto sulla mia offerta? - Domandò con un
sorrisone.
- Eccome se ci ho riflettuto. - Confessò l'eroe. - Non ci ho chiuso
occhio!
Non aggiungesse che a causa di quella proposta non riusciva
più a dormire bene nel suo letto, con il risultato di assopirsi invece
nelle ronde da supereroe.
- Quindi verrai con me all'Ellegibitì Pride?
Le ciglia finte dell'ospite sbatterono ripetutamente, tra speranza e
civetteria.
- Scordatelo. - Fu la glaciale risposta.
Gli occhi del fedele compagno cominciarono a incresparsi di lacrime.
- Ma, Rattino...io...?
- Probabilmente ci sarò. Ma non in piazza, a manifestare con te e
quelli come te.
Si voltò, il riflesso davanti alla finestra. Preferiva non guardare
Cinzia in faccia, forse per vergogna di aver pronunciato quelle ultime
tre parole, un po' ghettizzanti.
Lei...pardon, lui era stato un amico fedele negli anni, ma quella
faccenda che gli aveva proposto era ben altra cosa.
- Mi dispiace, ma io sono un supereroe. Io mi occupo di criminali,
difendo gli innocenti e gli oppressi da...
- E noi non siamo gli oppressi? - Lo interruppe Cinzia. - Oppressi da
ingiustizie, dai pregiudizi della gente, da leggi ingiuste che...
- Sono appunto leggi, Cinzia. Un supereroe non infrange la legge, la fa
rispettare.
- Tzé. - Sibilò il transessuale con disprezzo. - Sei esattamente come
quei barbari di Sforzo Innovativo! Ti giustifichi con la legge, ma
delle persone non ti importa nulla! Non sei degno del titolo di
supereroe!
- Non è vero! - Si girò Ratman indignato. - Con tutto quello che ho
fatto per questa città!
- Con tutto quello che non
fai per me... e quelli come me.
- Aggiunse,
scimmiottandolo con stizza. - Supergay. Lui è un vero supereroe.
- Ancora quel nome! - Ripeté Ratman. - E già la seconda volta che lo
sento oggi.
- Ratty, se tu leggessi i giornali.....
- Va bene, va bene, Cinzia, ho capito. - Liquidò il mascherato. - Ma
come puoi definire eroe uno che ha aggredito un gruppo di bravi
ragazzi...
- Delinquenti spietati, semmai! - Lo corresse il platinato. Strinse il
pugno fino a far diventare le nocche bianche. - Quelli di Sforzo
Innovativo sono un gruppo di fanatici e violenti.
- Perché, ti hanno aggredito?
- Ci hanno provato. - Rispose Cinzia con un ghigno sadico, facendo
sottintendere i risultati.
- Ne hai le prove? - Continuò Ratman, scettico.
- Potremmo sempre fare l'esame del DNA. - Propose il transessuale. -
Dovrebbe esserci rimasto del sangue sulle nocche...
- Mi sembra che sia tu il vero pericolo. - Ribatté il vigilante, con
tono severo. - Tu, e quel buffone con la tuta rosa.
- Ratty, come al solito non capisci nulla! Ah, ma perché mi sono
innamorato di uno stupido?
E così dicendo Cinzia se ne andò, senza neppure ascoltare la risposta
dell'eroe, simile a un "Ma chi te l'ha chiesto".
Il rumore della porta sbattuta risuonò nella magione, facendo calare il
silenzio.
Arcibaldo, il fedele domestico, entrò nella stanza.
Con la sua solita flemma, non riuscì a fare a meno di parlare.
- Sir, se posso dire la mia, la signorina Cinzia non ha tutti i torti
nei confronti di quei selvaggi di Sforzo Innovativo.
- Arcibaldo, Arcibaldo. - Lo rimproverò Ratman con un tono paterno. -
Tu sei solo un domestico. Cosa vuoi capirne? Io invece sono un
miliardario, ho studiato nei migliori college, e sono in possesso di un
curriculum di tutto rispetto. - Aggiunse, tirando fuori dal mantello un
documento e sventolandolo con orgoglio.
- Quello è un pedigree, signore. - Rispose il maggiordomo, con tono
pacato. - E' di Fufi, il barboncino che ha comprato la settimana scorsa.
- Ma guarda, ecco dov'era finito. - Congetturò il roditore. - A
proposito, dov'è il cane?
- Ha vinto una cattedra ed ora insegna ad Harvard. -
- Oh, al diavolo, - Sbottò Ratman, stufo dell'atteggiamento del suo
sottoposto. - Anziché chiamarti Arcibaldo, dovresti chiamarti Arcigay!
Non è che tu...?
- Lo escludo, sir. Ma sull'essere gay, potrei sempre ricordarle
le voci che mesi fa giravano su di lei e su Topìn...
Ratman avvampò. - Non è colpa mia se era inciampato sul mio mantello ed
eravamo finiti a rotolare assieme proprio davanti alla sede della CSN
News! - Allargò le braccia per manifestare la sua innocenza.
Poi lo sguardo gli scivolò sull'orologio da polso.
- Oh, è già ora della merenda da Tiffany's. Io esco, Arci!
- Bene, sir.
Sulla soglia, l'eroe in calzamaglia si fermò per dare un'ultima
imbeccata al maggiordomo.
- E ricorda che l'intenzione di Sforzo Innovativo è solo quella di
voler eliminare le differenze!
- Certo, sir...
La porta si chiuse, il silenzio calò di nuovo.
Arcibaldo, cominciò a fare pulizie.
Nelle faccende, un ultimo commento gli sfuggì, tenue, di bocca.
- Eliminare le differenze, eliminando i differenti.
***
Questa piccola storia
apparentemente non c'entra nulla. Forse è solo una piccola parentesi,
ma non so perché, ci tenevo a raccontarla.
Anche la Città Senza Nome ha le sue piccole storie. Piccole,
drammatiche vicende.
Come quella, per esempio, di una ragazzina che stava trascinando i
piedi, l'espressione indecifrabile.
Era uscita dal catechismo, le parole di Padre Angelini gli rimbombavano
ancora nella testa.
"Dio ci ama per ciò che siamo".
Non ne era più così sicura. Non da quando aveva scoperto quell'orribile
verità. Aveva provato quel giorno a parlargliene, poi all'ultimo
momento le era mancato il coraggio.
Liz, i capelli rossicci, mossi da una lieve brezza, stava
ritornando così verso casa, senza sapere davvero che fare.
Aveva paura, una grande paura. E molta confusione.
Tirò fuori il cellulare. Ebbe la tentazione di chiamare la sua migliore
amica, chiedendole se magari avrebbe potuto dormire da lei.
Guardò il display colorato, e finalmente si decise.
***
Sede di Sforzo Innovativo.
Su di un pulpito, il capo stava intavolando un monologo infarcito di
toni duri e marziali.
I seguaci, una sfilza di energumeni dai capelli corti o rasati, pesanti
chiodi neri e pantaloni nel medesimo colore, infilati in anfibi
militari,, annuivano, salutavano ed esultavano.
- No all'ideologia Ellegibitì! - Proclamò il capo.
- Sìììì! - Esultò il pubblico.
L'oratore li corresse. - Ho detto no
all'ideologia Ellegibitì!
- Sììì! - Ripeté il pubblico.
- Dovete dire 'no'! - Sbottò il
capo, spazientito.
I presenti si guardarono, confusi, poi annuirono.
- Allora, avete capito?
- Nooo! - Rispose il pubblico, felice.
Il capo si passò una mano sulla faccia. - Va beh, lasciamo stare.
- Ora vi mostrerò un volgare pervertito con cui alcuni di noi stanotte
andranno a fare un confronto civile.
L'ultima parola provocò una serie di sghignazzate nell'aula.
Il comiziante indicò un poster appeso al muro.
Vi era rappresentato un uomo di mezz'età, imbrigliato in una camicia di
forza e con una museruola.
- Costui. - Spiegò il leader. - Si chiama Hannibal Lecter!
Un coro sbalordito si levò dai presenti.
Uno del pubblico si fece avanti per commentare.
- Ma costui non è colui che è stato appena rilasciato dal manicomio
criminale?
- Proprio così! - Esclamò soddisfatto l'arringatore. - E avrebbe dovuto
rimanerci, perché ha detto una cosa blasfema e inaudita!
- Che cosa? - Chiese un altro.
- Ha affermato esplicitamente che gli piacciono i maschi!
Un brusio di commenti indignati sparse a macchia d'olio.
- E noi gli faremo rimangiare tutto quello che ha detto!
- Nooo! - Fu il coro entusiasta del pubblico, che si azzittì davanti
allo sguardo omicida del comandante. - Sìììì! - Si corressero
immediatamente.
- Prendete subito le armi!
- Sììììì!
- Ecco, - Commentò sollevato il capo di Sforzo Innovativo. - Perlomeno
quando si tratta di picchiare, capiscono al volo.
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Capitolo 2 *** Pride e Pregiudizio ***
Ratman vs Supergay
Ratman & Supergay
in
"Homo, Odio"
Parte 2:
Pride e Pregiudizio
Il rumore di un gettone che attraversa l'apparato di un telefono pubblico.
Sì, esistono ancora, nella Città Senza Nome, le cabine telefoniche.
Tra l'altro, su precisa richiesta di Rat-man.
C'è sempre bisogno di un luogo dove cambiarsi, affinché l'eroe possa agire ovunque.
Imprecando per l'ingombrante presenza di una gruccia, sulla quale vi
era appesa una tuta gialla con tanto di mantello, uno degli uomini di
Sforzo Innovativo sollevò la cornetta.
- Pronto, centralino? - Esclamò, con voce agitata - Presto, mi passi la
sede di Sforzo Innovativo, è una questione di vita o di morte.
Dall'altra parte gli rispose una voce preregistrata.
"Servizio Telefonia Città Senza Nome.
Tutti i centralinisti sono stati licenziati per via dei tagli alle
spese. Tagli proposti proprio da Sforzo Innovativo. In sostituzione,
abbiamo il nuovissimo Servizio Automatico di Chiamata. Ora, per
risentire il messaggio, prema Uno, per collegarsi a un numero preciso,
prema..."
Il bullo imprecò di nuovo, sbattendo la cornetta contro l'apparecchio,
poi la risollevò, cercando, con il dito tremante, di ricordarsi il
numero diretto della Sede.
- Dannazione, com'è che era?
La gola era asciutta, il sudore copioso, il respiro corto, il battito
cardiaco a mille, le pupille impazzite che rimbalzavano da tutte le
parti.
In qualche modo riuscì a comporre il numero, ma di nuovo l'odiata voce ripeté la sua litania.
"Servizio Telefonia Città senza Nome..."
L'uomo sbatté con più forza la cornetta, tanto che da farla incrinare.
- Oh, no! Non si sarà guastato?
La voce era strozzata dall'ansia.
Si impose di digitare il numero con più calma, chiedendo immani sforzi all'autocontrollo.
In quel momento avrebbe voluto mollare tutto e correre via a gambe levate.
Dannazione al Capo e alla sua idea della spedizione punitiva contro l'Uomo A Cui Piacciono i Maschi.
Ma se c'era una cosa più temibile di quest'ultimo, era proprio il Boss.
"Servizio Telefonia Città senza Nome...".
Ancora quella dannata voce.
- No, di nuovo!
Fece per rinunciare, quando le parole del messaggio cominciarono a differire.
"... Adessò verrà messo in contatto con il numero della Sede di Sforzo Innovativo. Attendere prego..."
- Perché non smetti di parlare e mi colleghi e basta?!? - Strillò esasperato il poverino contro l'apparecchio.
Finalmente un "click" indicò che la comunicazione era finalmente aperta.
- Capo! Capo! Abbiamo bisogno di rinforzi! Quell'Hannibal...E' più
pericoloso di quanto credessimo. Tutti i miei camerati sono
finiti...oddio!
Il solo pensiero lo fece distogliere dalla cornetta, per vomitare appena fuori dalla cabina.
Dall'altra parte, il Comandante non capiva.
- Pronto? Pronto? Cosa succede, per l'armor di Benito!
Pulendo la bocca con la manica, il sottoposto si fece forza e cercò di spiegare.
- Siamo finiti dalla padella alla brace, cioè, no! Credevamo di farlo alla brace, ma ci ha fatti in padella! Cioè cavolo, no!
- Spiegati meglio! Cos'è successo?
- Hannibal, Haninbal! Lui è qui vicino. Mi sta cercando! Mi vuole... Mi vuole...
- Che scoperta, è un ignobile sodomita!
- No, Capo, non capisci, lui...
- Ma è solo uno contro tanti, miei fidi camerati, addestrati e armati fino ai denti. Uno del genere ve lo mangiate a colazione!
- E' proprio il contrario, Capo! Lui....
Il Comandante di Sforzo Innovativo non riuscì a finire la frase, perché
l'urlo del suo sottoposto lo stordì gli penetrò nelle orecchie, poi si
affievolì in un silenzio innaturale.
- Pronto? - Azzardò a chiedere. - Pronto? Sei in linea?
La voce che gli arrivò in risposta non apparteneva al tirapiedi.
- Oh, ultimamente sto ingrassando, ma è colpa vostra che mi mandate così tante prelibatezze...
- Chi diavolo sei?
- Scusa capo! Ti volevo fare uno scherzo!
Il timbro vocale aveva ripreso il suono di sempre. Con la differenza
che il tono non era più spaventato, ma anzi, era di colpo diventato
allegro e gioviale.
Roba così irritante che il Comandante sbatté il pugno sul tavolo.
- Mi prendi in giro, dannato imbecille?
- Avevo solo cammuffato la voce, ma l'emergenza è autentica! Il signor
Lecter è stato molto gentile e ci ha invitati tutti a mangiare a casa
sua. Il fatto è che abbiamo assolutamente bisogno di rinforzi, avrei
ancora un certo languorin... cioè, è davvero forte e bisogna essere in
tanti per tenerlo a bada!
Il Comandante ringhiò, ripromettendosi di cucinarlo a dovere, metaforicamente parlando, al loro ritorno.
- Ti mando subito dei rincalzi, ma poi in sede faremo un discorsetto sulle tue stupide imitazioni!
I telefoni vennero riattaccati all'unisono.
Hannibal guardò il corpo esanime del bullo, leccandosi le labbra di fronte al volto sbocconcellato.
- Hai sentito? Non gli è piaciuta la mia imitazione. - Eclamò, con una punta di falso disappunto.
Fece spallucce e si caricò a spalle il cadavere.
- Beh, andiamo, ti porto a fare quattro salti...in padella.
***
Il dito si era fermato all'ultimo momento, sfiorando appena il tasto verde.
Liz non ce l'aveva fatta. Non aveva avuto il coraggio di chiamare.
Confidarsi? Inventare una scusa?
No, forse le maggiori scuse le stava raccontando a sé stessa.
Quando non voleva ammettere ciò che più temeva.
Di essere ciò che molti cristiani demonizzano. Un qualcosa di sbagliato.
Ebbe il contradditorio impulso di tornare sui suoi passi e svuotare il sacco allo stesso Padre Angelini.
Lui era una persona fidata. Ma aveva paura. Paura di essere giudicata. Ripudiata.
Se gli uomini mentono, le sacre scritture no.
I sentimenti che attraversavano il suo cuore erano, o le sembravano, sbagliati.
Non avrebbe dovuto provarli, non avrebbe voluto.
Poi si fermò, perché qualcosa attirò la sua attenzione.
Li riconobbe dagli inconfondibili giubbotti di pelle e pantaloni, rigorosamente neri.
Tre militanti di Sforzo Innovativo, il movimento di cui si parlava tanto di recente nella Città Senza Nome.
Erano impegnati a fare una delle loro prediche a un travestito, dall'aria molto infastidita.
Il Travestito era molto muscoloso, ma gli altri erano una decina, e forse più.
Liz prese di nuovo in mano il telefono, e chiamò, in disparte, la polizia.
***
Città senza nome, ma con una precisa identità: Ratman.
L'uomo in calzamaglia locale, in quel momento nella insospettabile
identità di miliardario filantropo, aveva posteggiato la lussuosa
Cadillac Geronimo dell'86 in seconda fila.
Era quasi impossibile trovare parcheggio, a quell'ora, dopotutto, figurarsi per un bolide lungo quanto un dragster.
- Dannazione, questi macchinoni mi danno gli stessi problemi della
Rat-Mobile. Forse dovrei comprare una Rat-Smart, vanno così di moda in
Giappone.
Poi, volgendo lo sguardo a destra e sinistra, vide non vi era nessuno,
tantomeno irritantissimi tutori dell'ordine. Lui, in effetti, inteso
come Rat-man, era l'unico. Ed è sempre disordinatissimo.
- Meno male, - Tirò un sospiro. - Non credo mi faranno la multa.
Non ebbe neppure il tempo di riflettere su quanto detto, che la
smentita arrivò puntuale alle sue spalle, con una serie di rumori alquanto disturbanti.
Un rombo di motori, una frenata, due portiere che si aprivano e
chiudevano, un qualcosa che si agganciava a qualcos'altro, un motorino
elettrico, ancora due portiere che si aprivano e chiudevano, un nuovo
rombo di motori e una sgommata.
Voltandosi, Deboroh non poté che constatare la meravigliosa puntualità del carro
attrezzi e degli addetti del servizio alla rimozione forzata.
Il miliardario fece spalluce. Dopotutto, era un tutore dell'ordine così
disordinato che si sarebbe comunque dimenticato dove l'avesse
parcheggiata.
Deboroh, quale filantropo (e in altre spoglie, vigilantropo) della
comunità, era stato caldamente invitato alla cena col sindaco.
- Signor La Roccia! Che piacere vederla! - Furono le accoglienti parole del primo cittadino, sulla soglia della sontuosa villa.
- L'onore è tutto mio. - Rispose il miliardario, mentre il maggiordomo
di casa attendeva impassibile, con una mano tesa, che l'ospite gli
porgesse il soprabito.
Venne frainteso e liquidato con un distratto
"Non ho spicci".
- Non trovo le parole per dirle quanto io sia contento di averla qui,
soprattutto in funzione di quella problematica manifestazione di quei
come li chiamate voi? Beh, non ha importanza. Esprimo solamente la mia
preoccupazione sulle agitazioni che tale evento può portare. Lei che
dice?
- Meno male che non trovava le parole. - Ribatté ironicamente l'ospite. - E a proposito di aria fritta, è pronto in tavola?
Il sindaco si stupì. - La merenda da Tiffany's non l'ha soddisfatta?
- Oh, il buffet era nutrissimo, peccato solo che un ciccione barbuto si
sia piazzato subito davanti e abbia spazzolato tutto come un elefante con una
mangiatoia. Ma dico io, come possono permettere a certi pachidermici
ammassi di cellulite di partecipare a...
Le parole morirono in gola a Deboroh, quando si ritrovò davanti, nella
sua imponenza, il soggetto di cui stava allegramente sparlando.
- Salve. - Balbettò La Roccia, agitando la mano con fare amichevole e un sorriso
disarmante (in realtà, avrebbe fatto prendere a chiunque un'arma per
usarla su di lui).
Il personaggio in questione, tuttavia, si limitò a fissarlo con una severa aria di disapprovazione.
Il sindaco non pareva aver colto la situazione imbarazzante.
- Ah, vi conoscete già?
- Solo di vista. - Precisò Deboroh. "Una vista enorme", si trattenne dall'aggiungere.
- Permette, signor La Roccia, di presentarle l'onorevole Adolfino.
Una rara scintilla di consapevolezza accese la testa dell'ometto.
Che stavolta sguinzagliò la lingua senza aspettare l'approvazione dei
neuroni.
- Adolfino! - Esclamò. - Detto il Colosso di Nolfi!
- La pregherei di non rivolgersi a me con quel soprannome insulso. -
Sibilò l'altro. - Non sarà di quelli che appoggiano quelle immorali
ideologie Ellegibitì?
- Non lo dica neppure per scherzo. - Ribatté Deboroh, pensando a Cinzia
e al loro battibecco. - Cioè, le loro cose non mi riguardano affatto!
La risposta piacque ad Adolfino. - Oh, vedo almeno che la lingua è
accompagnata da un cervello. Non potete immaginare quanto io sia
bersaglio di
disdicevoli critiche e insulsia ironia, e solo perché non sono disposto
a tollerare lo scempio che quegli essere stanno facendo alla società
per bene.
- Converrà, comunque, onorevole, - Ribatté il sindaco, - Che quella manifestazione è un loro diritto di cittadini ehm, votanti.
- Lei sbaglia. Se li lasciamo fare, arriveranno a
chiedere abomini come la maternità in affitto e l'utero surrogato!
Degenereremo! Avremo un futuro prossimo fatto di maschi incinti!
Deboroh lo studiò con aria interrogativa. - Scusi, ma lei non è inc...
Il maggiordomo intervenne con professionalità, annunciando la cena.
Il sindaco e Adolfino spostarono interamente l'attenzione sul lieto evento.
No, non il parto, ma il party.
(ok, una cena)
Deboroh rimase con la domanda sulla punta della lingua, poi l'acquolina
fece il suo corso, lo stomaco si impose, e una certa ansia pure.
- Presto, prima che finisca tutti gli antipasti!
All'improvviso, sentì un "beep" intermittente provenire da una trasmittente celata nella manica del cappotto.
Era il Rat-segnale, che si attivava quando nei paraggi qualcuno aveva bisogno di... Ratman!
Fingendo con nonchalance un evidentissimo "impegno urgente" il
miliardario Deboroh si congedò dalla casa del sindaco, salutato
solamente dal domestico, gli altri due nel frattempo impegnati in una
sonora orgia alimentare.
Appena fu libero da sguardi indiscreti, Deboroh pianificò il da farsi.
- E' troppo lungo tornare alla Rat-caverna e tornare con la Rat-mobile,
userò il mio nuovissimo bolide! Per fortuna nel bagagliaio ho i vestiti
da supereroe.
Il segnale di "Divieto di Sosta" gli ricordò un piccolo particolare: Niente macchina, niente vestiti.
Fortuna volle che ogni cabina telefonica della città avesse, nascosto, un vestito di Rat-man.
Il problema era trovare la cabina, dal momento che oggigiorno usano tutti il cellulare.
Dovette attraversare tre quartieri, prima di trovarne una...occupata. In tutto furono venti minuti di ritardo.
Quando uscì, imprecando su qualche piccola differenza di taglia tra le
tute disponibili, Ratman era finalmente pronto all'azione... a piedi.
Si rassegnò ad aspettare il tram alla fermata, quando vide che qualcuno lo stava salutando dall'alto.
- Quale sorpresa, il famoso Rat-man!
Quest'ultimo lo riconobbe subito, memore del loro incontro col Rat-wing.
- Il lavavetri della notte precedente! -
Il tizio, atterrò, con una nota di disappunto.
- Veramente il mio nome sarebbe Supergay.
Se Supergay era atterrato dolcemente, l'altro cadde dalle nuvole.
- Tu? Supergay? - Domandò, scettico. - E dove sarebbe la tutina rosa?
- Mi deludi, Rat-man, ragioni per stereotipi? Tu poi, che parodizzi lo stereotipo del supereroe?
- Stereotipi o no, almeno io non vado in giro a infrangere la legge.
- Ma un supereroe serve la legge, o la giustizia? Giustizia che
reclamano molti oppressi in questa città, e che in questo caso sarebbe
dovere... tuo.
- Ah, - Ratman liquidò il discorso. - Adesso non ho tempo per confrontarmi con te, c'è bisogno di me, poco lontano da qui.
- Ci stavo giusto andando. - Rispose Supergay, librandosi in volo. - Vuoi un passaggio?
- Giammai! Rat-man non ha bisogno dell'aiuto di nessuno! - Rispose
l'altro, tacendo del fatto che non si sarebbe mai fatto mettere le mani
addosso da... beh, aveva già i suoi problemi con Cinzia.
- Come vuoi, ci vediamo quando sarà tutto finito. - Si congedò
Supergay, lasciando il Topo Mascherato alla sua impettita posizione.
Trascorse un'eternità di minuti, quando finalmente Ratman scese dal
tram (ritardatario, per giunta) e lo vide per la prima volta in azione.
Si può dire che, prevedibilmente, gran parte del "lavoro" fosse già stato fatto.
Diversi membri di Sforzo Innovativo giacevano, esanimi, nelle posizioni più disparate, ai quattro angoli del vicolo.
Vi era l'ultimo rimasto, un bellimbusto residuato di palestra, un
concentrato di muscoli così fitto che il cervello si sentiva, comprensibilmente un po'
schiacciato.
Le mani era serrate come due presse su una mazza da baseball,
l'espressione dello zotico in ansia di vendicare i compagni picchiati.
Supergay era lì, davanti, immobile, con le braccia sui fianchi,
l'abito scuro perfettamente in ordine: non doveva essersi impegnato granché per stenderli tutti quanti.
Rimaneva l'espressione indecifrabile dietro gli spessi occhiali, e se
non fosse stato per le sopracciglia corrugate e la smorfia di
disprezzo, il suo stato d'animo sarebbero rimasto un mistero.
- Maledetto Supergay! - Ruggì il superstite di Sforzo Innovativo.
- Beh, sai. - Spiegò lui, in tono sarcastico. - Vi ho già dato altre
volte una bella lezione, ma non imparate mai. Avevate per forza bisogno
di un ripasso, anzi, di una ripassata.
Il teppista ruggì, tremando di rabbia. Ma stava tremando un po' troppo. Era forse paura?
- Se... se fossi negro... - Balbettò, apparentemente senza un senso
logico. - Se fossi uno sporco negro, ti picchierei con più gusto!
- Ah, siamo anche razzisti, vedo. - Rispose Supergay, con un sorriso provocatorio. - Basta chiedere.
Come a comando, la pelle del vigilante si scurì, diventando di un mulatto tipo quelli che ti vendono le rose ai ristoranti.
- Voilà, ora sono nero! Che aspetti?
Il teppista non resse la provocazione. - Ti faccio ancora più nero!
E partì all'attacco, la mazza alzata per colpire.
Venne spedito al volo contro il muro dietro di lui, investito da un solo, devastante pugno.
Ratman, in disparte, sorrise tra sé e sé, ridendo dell'ingenuità di quello stupido idiota.
- Cosa vai ad attaccare un nero, lo sanno tutti che i neri picchiano come Mike Tyson!
Poi il suo senso di Nano lo avvertì, facendogli notare una coincidenza pericolossima. Supergay, come da nome, era gay, ed era super. Inoltre, in quel momento era ne(g)ro. E lo sanno tutti che i ne(g)ri hanno...
- Se mi prende alle spalle sono fottuto!
In preda al panico, si attacco alla prima parete che riuscì a trovare.
- Ecco fatto, adesso sono con le spalle al muro, hahaha! -
Poi ripensò alla frase.
- Ma che cavolo rido a fare?
Supergay si era limitato a guardarlo, senza commentare.
Il colorito della pelle era intanto tornato normale. Assicuratosi che l'antagonista non avesse intenzioni "Cinziesche", Ratman azzardò due passi in avanti, e si complimentò.
- Devo riconoscere che sei stato velocissimo!
- Temo non abbastanza. - Rispose con tono cupo. Le lenti
colorate impedivano di guardarlo negli occhi, ma le sopracciglia si
aggrottarono ancora di più, e fece una smorfia di rabbia.
Sembrava, parve a Ratman, in collera con sé stesso.
E fu allora che lo/la vide.
Cinzia.
O meglio, ciò che in quel momento era rimasto.
Era spaventosamente irriconoscibile, persino peggio di quando si truccava.
Un massacro di lividi ed ecchimosi, qualche dente per terra, tracce di sangue ovunque. Il Topo poteva sentire a malapena il suo respiro. Fu una delle poche volte in cui Ratman rimase senza sciocchezze da dire.
E rimase anche come una statua di sale anche quando Supergay avanzò lentamente
verso il corpo del travestito, lo sollevò senza fatica e poi mormorò: "Lo porto in
ospedale".
Il vigilante si librò in volo come una saetta.
E' una di quelle scene dove di solito ci starebbe bene una bella pioggia: ovviamente non cadde una goccia.
Rimase a lungo laggiù, incurante dei corpi svenuti.
Il miliardario Deboroh, come poche volte in vita sua, stava combattendo il
desiderio di strapparsi mantello e maschera, gettarli a terra e
saltarci sopra dalla frustrazione.
Era così assorto, che solo il rumore di un barattolo scalciato riuscì a scuoterlo da quello stato, costringendolo ad alzare lo sguardo verso una ragazzina dai capelli rossicci, ancora tremante, con il telefonino in mano.
- Signor Ratman?
Intanto, in lontananza, cominciarono a sentirsi le sirene delle volanti.
Come in ogni stereotipo, la polizia arrivava sempre alla fine della storia.
La terza e ultima parte, prossimamente.
Come si risolverà l'Ellegibitì Pride?
Cosa tramerà Sforzo Innovativo?
E che c'entra Adolfino?
Come si comporterà Ratman?
E Supergay?
E Cinzia?
E Liz?
E CCetera?
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