Boys & Snakes: How to survive an adventure...

di Elly Priest
(/viewuser.php?uid=788616)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Delfino di Giada ***
Capitolo 2: *** Il Medaglione del Tempio ***



Capitolo 1
*** Il Delfino di Giada ***


-No, non voglio quel delfino!
Riley cercava inutilmente di conversare con il mercante.
-Plenda, delfino di giada! Molto plezioso!! Plenda, plenda!
Era capitato per caso in quella bancarella. Un mercante cinese cercava a tutti i costi di rifilarglielo.
Riley non demordeva, e cosí neppure l' altro.
-Con delfino, anche caltolina e busta glatuita!
Era andato nel quartiere cinese per trovare un bel regalo da dare alla sua fidanzata, Jenny. Ora non sapeva piú come uscirne, allora dovette cedere.
-Glazie, signole! Buona giolnata!
"Parla per te", stava per dire, ma ritornó subito sui suoi passi.
-E ora che me ne faccio di questo affare?
Dalla busta tiró fuori un delfino intagliato finemente, fatto interamente di giada. Non era male, ma nemmeno strabiliante, solo qualche incisione in cinese sotto il dorso del piccolo animale.
Meglio di nulla, pensó. Lo teneva in vista per osservarlo meglio, lo incuriosiva, per quanto anonimo potesse sembrare.
La Chinatown di San Francisco era tra le piú belle attrattive della città: esotica e pittoresca. Lontana qualche fermata di taxi, era il posto dove si puó trovare di tutto.
Quel giorno, peró, gli era andata male: quel delfino non gli piaceva per niente. Si fermó ad un chioschetto di strada, spiedini e carne di dubbia provenienza. Gli sembró di riconoscere una cavalletta. Preferí non rischiare.
Mentre dava un morso ad una sana mela, suonó il cellulare, solo che quella non era la sua suoneria. E decisamente non proveniva dalla sua tasca. Veniva dalla busta che gli aveva dato il mercante, ma dentro sembrava vuota. Strappó il fondo e vide che lí era nascosto il cellulare sospetto. Numero privato, figurarsi.
-Pronto?
-Ciao, hai vinto la lotteria, ti consiglio di iniziare a correre!
Riley pensava ad uno dei classici scherzi telefonici, i negozianti non sapevano più che inventarsi. Però quell’ accento era tutt’altro che cinese.
-Si, va bene. Buona giornata…
-No, davvero, ti consiglio di correre, guardati dietro e capirai.
Riley gettò un’ occhiata alle sue spalle: un gruppo di ninja saltava da un tetto all’altro, andavano tutti verso di lui, come nelle scende dei fumetti. Erano armati? Cosa volevano da lui? Per poco schivò una specie di freccia diretta alla sua testa.
Sì, erano decisamente armati.
Senza farsi troppe domande, iniziò a correre tra le stradine di Chinatown, scaraventò a terra cesti di frutta, biciclette e anziane signore che imprecavano nella loro lingua. I ninja non demordevano, anzi erano più vicini di prima.
-Perché vogliono uccidermi? Chi sei tu?
-Muoviti che ti stanno raggiungendo! Lombard Street, subito!
Uno sconosciuto al cellulare che gli dava indicazioni, inseguito da ninja assassini. L’apice della sua giornata.
Lombard Street, la via principale che attraversava San Francisco. Perché proprio lì? Mancava qualche metro e lo avrebbe scoperto.
La discesa ripida della via lo fece accelerare, guardava a destra e sinistra, si chiedeva dove fosse lo sconosciuto. Gli inseguitori gli erano alle calcagna e per poco uno non gli saltò addosso, Riley saltava a destra e a manca per schivarli, su per le scale, giù per le scale. Ad un certo punto, inciampò in un tavolino da bar, cadde rovinosamente a terra. La sua fine.
Cercò di rimettersi in piedi, ma uno dei ninja gli era balzato addosso, Riley non era un esperto di combattimenti, quindi tirava pugni a casaccio. L’uomo lo prese per i capelli, sbraitava qualcosa in cinese mentre gli puntava una lama alla gola.
-Cosa volete? Non ho nulla da darvi! Ahi, ahi!
-Yu tun, yu tun! Ba ta gei wo!
D’improvviso, la presa si allentò, seguita da due spari che vennero dal nulla. Senza pensarci due volte, riprese la sua fuga, gli altri ninja sbucarono dalle vie laterali, riprendendo l’inseguimento.
Riley non ce la faceva più, non capitava tutti i giorni di essere inseguiti da strani uomini intenti ad ucciderlo, non esisteva allentamento per quello. Correva al centro della strada, le macchine gli passavo vicinissimo, tra clacson ed insulti. Sentì un ronzio che diventava man mano sempre più forte.
-Dove sei, maledetto? SONO IN LOMBARD STREET!
-Calmati, amico! Guarda su..
Un deltaplano arancione gli volava a qualche metro dalla testa. Il pittoresco della situazione raggiunse l’apice, quando Riley si gettò verso la portiera aperta del piccolo aereo che iniziava a sorvolare il mare. Per metà fuori e metà dentro, cercava di salire con forza, ma un peso alle gambe lo fece quasi cadere dal mezzo: un ninja gli si era attaccato in volo.
Cercava di scavalcarlo e quando tirò fuori un pugnale iniziò il panico. Riley ondeggiava come un tonno appena pescato, mentre gridava a più non posso.
-Vattene, VA’ VIA!! Vade retro!!
Quando si liberò una gamba, sferrò una serie di calci in faccia al cinese, che cadde in mare con un tonfo sordo. Per un momento fu sicuro di lasciare la presa, ma una mano forte lo tirò dentro con forza. Riley stringeva convulsa quella mano sconosciuta.
Un ragazzo gli stava davanti, sorridente e calmo come non mai. Aveva i capelli neri, completamente attrezzato di corda e zaino, indossava un cappello a larga visiera.
-Lio Martinis, avventuriero di professione! Piacere di conoscerti! Come ti chiami?
Parlava ad alta voce, mentre si metteva al posto del pilota come se nulla fosse.
-Riley, mi chiamo Riley, ma…
-Tranquillo, ti spiego tutto! Hai il delfino?
Riley rimase di sasso. Il delfino. Lo tirò fuori dalla tasca con mano quasi tremante. Lio lo prese, mentre distoglieva completamente l’attenzione dalla guida, Riley si sentì subito male. Un sorriso a trentadue denti si allargò sul viso abbronzato dell’avventuriero.
-Perfetto! Yan ha fatto un ottimo lavoro!
-Yan!?
-Il mercante cinese che te lo ha dato! Mio stretto collaboratore: a chiunque lo avrebbe venduto avrebbe rifilato anche il mio cellulare.
Riley guardo lo scassone di telefono che aveva in mano, un Nokia 3310. Tirò giù saliva che non c’era.
-E quindi..?
Lio gli tese la mano.
-Siamo appena diventati soci, piacere di incontrarti, socio!
Riley stava per avere una crisi isterica.
-Perché quelli volevano uccidermi?
-Correggiti, vogliono ancora ucciderti. Ti presento la mafia cinese!
Riley si accasciò sul sedile accanto al pilota, la testa fra le mani.
-Sotto questo delfino c’è una trascrizione antica. Dice che ci sia un immenso tesoro millenario mai stato ritrovato! Il delfino è la chiave per arrivarci. La mafia cinese, ovvero La Triade della Mantide, se ne vuole impossessare e sa che anche io sono sulle sue tracce! E per questa impresa ho bisogno di un secondo in plancia! Quindi…tu sarai mio nuovo e fedele partner!
Riley guardava il vuoto, aveva programmato un pomeriggio tranquillo, invece quel delfino era la causa della sua disfatta.
-Perché io?
-Non avevo preferenze, chiunque lo avesse preso sarebbe stato comunque perfetto. Hai la faccia da avventuriero, te la caverai benissimo, vedrai! Non c’era alternativa, se non andarci sino in fondo. Dopotutto, ci era dentro fino al collo ormai: La Triade della Mantide sapeva già chi era e dove abitava, con ogni probabilità. Non gli rimase che accettare di controvoglia ciò che il destino chi riservava.
-Dove siamo diretti?
Lio gli passò una cartina vecchia e strappata, indicando un posto.
-Nella provincia di Yunnan, Sud della Cina, territorio inesplorato e selvaggio! Si parte per l’AVVENTURA!
Il deltaplano accelerò all’improvviso, puntando verso Est: la terra del sol levante.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Medaglione del Tempio ***


-Lio Martinis, giuro che ti ammazzo!  
A testa in giù, Riley fulminava con lo sguardo l'amico avventuriero. La sua indifferenza lo imbestialiva. 
-Non ti preoccupare, Riley.. Ho tutto sotto controllo! 
Il biondo si dimenava mentre le corde gli stavano tagliando i polsi.  
Tra tutte le cose che poteva immaginare non avrebbe mai pensato di finire nelle mani di una tribù azteca. Vedeva statue con forme strane e notó con orrore che erano ornate con dita umane. Una tribù cannibale, perfetto. 
-Queste cose succedono sempre per colpa tua, Lio! E una volta i mafiosi in Giappone... E l' altra volta il furto nel museo di Barcellona.. 
-Sottigliezze...
I
l bestione di guardia diede loro le spalle. 
-Coprimi Riley! 
Lio raggiunse con la testa le corde che gli legavano le caviglie e cominciò ad armeggiare. Riley si impegnò a non rispondergli, ma riconobbe che Lio aveva degli addominali assurdi per stare in quella posizione così a lungo.  
Riley si chiedeva come mai desse ancora retta all' amico: per colpa sua la differenza tra vita e morte si assotigliava sempre di più. Non era una bella cosa.  
Sta volta si trovarono nei casini per colpa di un medaglione molto antico, che avevano trovato in un tempio peruviano. Solo non sapevano che il furto non sarebbe stato ben accolto dal villaggio che lo venerava come una divinità.  
Ora eccoli lá: appesi ad un palo come prosciutti di macelleria.  
La struttura di legno su cui erano legati era alta da terra, le corde che li tenevano erano collegate ad una specie di argano a mano. C'erano quasi quindici metri tra loro e il terreno. Per arrivarci c'era un' alta scala fatta completamente di legno e liane. 
Una vera tortura di terrore per i sacrifici, cioè loro. 
I riccioli neri di Lio si muovevano a destra e sinistra mentre cercava di fare qualcosa che al biondo Riley sfuggiva.  
Sotto di loro stavano radunando una catasta di legna a piramide e cominciarono le danze: brutto segno.  
Il sole picchiava forte e Riley sperò quasi di morire disidratato piuttosto che bruciato vivo, ma probabilmente non si sarebbe potuto permettere un lusso del genere. Si girò un secondo e gli venne un colpo: Lio era sparito. L' amico doveva avere un superpotere dell' invisibilità, un giorno Riley sarebbe riuscito a diagnosticarglielo. Nessuno si era accorto della sua sparizione anche se era difficile non notare Lio: Bello, abbronzato e alto. Per non contare i perfetti boccoli neri dei capelli. Per essere un avventuriero si trattava veramente bene. 
Riley iniziava a preoccuparsi, quando le danze finirono ed i tamburi smisero di suonare. Un vecchio vestito in colori sgargianti ondeggiava con un bastone mentre parlava nella lingua Maya. 
Tutta la scena era seguita dall' intera popolazione che si era radunata davanti al tempio, fatto interamente d'oro e con mille scalini, per offrire agli dei i due infedeli. In questo caso solo uno era sacrificabile, l' altro aveva tagliato la corda. 
Riley cominciava davvero a spazientirsi, il sudore gocciolava dai capelli. 
-Pensa Riley, pensa... Cosa farebbe Lio? 
Si stupì delle sue stesse parole, ma gli venne un' idea. Per liberarsi doveva tagliare le corde delle caviglie. Non aveva la stessa forza dell' avventuriero per piegarsi, allora cominciò ad ondeggiare per consumare la corda. Avanti e indietro, avanti e indietro. 
Si rese conto di sembrare un idiota, i villaggeri lo guardavano perplessi, quasi divertiti. 
Il vecchio gridó alzando il bastone, il popolo esultò. Riley si sentiva strano, vedeva il paesaggio in movimento. Un orrendo presagio prese piede nella sua testa e dello stomaco: stava andando verso il basso. 
All' improvviso la catasta di legno prese fuoco ed il panico si impadronì di lui. La discesa sembrava infinita talmente era lenta e questo non faceva che impanicarlo ancora di più. Era a nove metri dal fuoco che cominciava a bruciare sulla faccia e le spalle. Iniziava davvero ad avere paura, continuava ad ondeggiare e strattonare, ma le corde sembravano indistruttibili. 
-Come ha fatto Lio a liberarsi?! 
Il popolo gridava esaltato per quello che stava per accadere, poi Riley notò una cosa: Non erano di certo urla di gioia quelle. 
I villaggeri correvano tutti verso il tempio, sembravano spaventati o arrabbiati. Un' occhiata alle sue spalle e Riley capì: il tempio d' oro stava andando a fuoco. 
O meglio, il fumo si alzava da ogni entrata. 
D'improvviso sembrava che nessuno badasse più a lui che stava per fare una fine orrenda e dolorosa. 
Non per questo Riley smise di lottare, anzi era più deciso che mai a combattere per sopravvivere a quell' inferno. 
Chiuse gli occhi prendendo coraggio. In un istante sentì un sibilo. Sbatté malamente la faccia a terra, non ebbe un secondo per fare qualsiasi movimento che Lio era sopra si lui, notando con stupore che si era impossessato di nuovo del suo prezioso cappello. 
Con un machete liberó Riley, il biondo capì che era grazie a Lio se fosse ancora vivo. 
-Lio! Ma come...? 
-Non c'è tempo per spiegare, se vuoi diventare un bel manicaretto non hai che chiedere! 
L' avventuriero fece strada nella foresta e a Riley non rimase che seguirlo ciecamente.  
Usciti dalla radura abitata, si apriva la fitta foresta tropicale in cui Lio si muoveva con destrezza. 
Verde, verde e ancora verde: Riley vedeva solo questo, anche dopo quasi un' ora di corsa.  
Dovette ammettere di percepire un po' di claustrofobia, ma continuò a correre e correre. 
All' improvviso sbucarono in una radura che si stendeva lungo gli argini di un fiume, oltre la radura di nuovo il fitto della foresta. Avevano entrambi il fiatone, soprattutto Riley, ma con un po' di impegno era riuscito a stare dietro il passo sostenuto dell' amico. 
-Da qui possiamo procedere con calma, dubito che i nostri "amici" noteranno la nostra assenza.. 
Mentre procedevano lungo la sponda del fiume Riley riuscì a riprendere un po' di fiato. Guardò l' amico che era il ritratto della calma più assoluta. 
-Allora Riley...  
Il biondo si fece tutt' orecchie. 
-Hai ancora intenzione di uccidermi? 
Gli caddero le braccia. 
-Bhe contando che sono quasi stato bruciato vivo ed una tribù di cannibali aztechi ci stava per mangiare...
Assunse un tono serio. 
-Grazie per avermi salvato. 
Lio era sorpreso. 
-Bhe.. Prego! Anche se ti sei salvato da solo. Io ho creato il diversivo, tu ti sei liberato con le tue forze.. 
Lio gli diede una bella pacca sulle schiena ed alzò il pollice. 
-Bravo, mio giovane apprendista! 
Riley era davvero contento di questo: quando lui era in seria difficoltà arrivava sempre Lio a tirarlo fuori dai guai. Per la prima volta invece, era riuscito a scamparla praticamente da solo. Non aveva lo stesso charme dell' amico, ma era un inizio. 
Si impettí come un tacchino. 
-Penso sia inutile chiederti se si sia il tuo operato dietro l' incendio... 
-La mia firma é inconfondibile!  
Si mise a posto il cappello con la visiera larga. Lio ci era molto affezionato. 
-E quello? 
Lio toccò di nuovo la visiera. 
-Mentre che c'ero ho recuperato qualcosa dei nostri averi e... 
Dalla tasca tiró fuori un oggetto tondo e di bronzo, era ornato con meticolosità. Riley strabuzzò gli occhi e lo prese tra le mani. 
-Il medaglione Maya! Come hai fatto a prenderlo alla badessa del tempio? 
-L' ho sedotta. 
Riley gli tiró piano un pugno. 
-Lio! 
-Bhe, per "sedotta" intendo richiusa in uno stanzino senza pietà, ma ti lascio il beneficio del dubbio.
Scoppiarono a ridere entrambi, Riley decise di perdonarlo un' altra volta: aveva molto tempo davanti a sé per tentare di ucciderlo. 
-Allora, avventuriero spericolato, dove siamo diretti? 
Lio guardò davanti a sé e lo guardo serio. 
-Non ne ho la minima idea. 
A Riley caddero le braccia, ma si arrese all' evidenza: La vita dell' avventuriero era fatta di pericoli e incognite.
-Meglio l' ignoranza che la morte, giusto Lio?. 
-Sempre Riley, sempre!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2957227