Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono

di Trapezoidale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono ***
Capitolo 2: *** Quante volte t'ho atteso alla stazione nel freddo, nella nebbia ***
Capitolo 3: *** La morgana che in cielo liberava torri e ponti è sparita al primo soffio ***



Capitolo 1
*** Poi che gli ultimi fili di tabacco al tuo gesto si spengono ***


Il lungo fiammifero si insinuò nel braciere della pipa, la sua fiamma anelante ossigeno e tabacco. L’inspirazione del giovane fece scoccare la scintilla. All’accensione, una prima lingua di fumo scaturì, tracciando una sottile e languida spirale, prima densa, poi sempre più evanescente.

L’espirazione successiva fu di totale e completo soddisfacimento.

Le circonvoluzioni diventarono sempre più ampie, disperdendosi lente nella piccola stanza. Era giunto il momento: si alzò, prese la sua copia di Narciso e Boccadoro e si adagiò sulla consumata poltrona, immergendosi nella ragione ascetica e nei vagabondaggi passionali.

Lysandro era quel genere di persona che amava prendersi tutto il tempo di cui aveva bisogno, per riflettere, ascoltare e scrivere. La sua stessa voce denotava questa posatezza: era bassa e profonda, monotona ma rassicurante. Francamente, non comprendeva proprio perché avessero scelto lui, durante il liceo, per recitare la parte del frettoloso Bianconiglio. Ma, dopotutto, c’erano state così tante assurdità in quella scuola che si sorprendeva di aver avuto il tempo di studiare.

Un debole toc toc lo riportò alla modesta realtà con la quale doveva convivere. La voce del fratello risuonò attutita nella camera.

-Lys, è arrivato Castiel-

Leigh aveva adottato la consuetudine di non disturbare il fratello, quando sapeva che questi si concedeva di fumare. Lysandro apprezzava la cortesia, anche se aveva l’impressione che il fratello maggiore evitasse volutamente di guardarlo, per timore di lasciar trasparire una malcelata commiserazione. Questo ambiguo sentimento, rifletteva Lysandro, era forse dovuto al fatto che Leigh attribuisse l’abitudine del fratello più ad un malinconico ricordo che non ad un reale desiderio. Essa era cominciata negli anni della scuola, da una scommessa persa e un’amicizia dissipata nel tempo.

Assorto in questi nebulosi pensieri, il giovane si avviò alla porta. Il fratello e l’amico erano vicini, l’uno con uno sguardo accogliente, l’altro con un ghigno stampato in volto.

-Amico, mi devi una birra-

-Anche io sono felice di vederti- replicò Lysandro a Castiel, inarcando un sopracciglio. –Vuoi entrare?-

Castiel diede una rapida occhiata alla stanza fumosa e fece una smorfia poco convinta.

-Non sai quanto vorrei farmi una paglia in tua compagnia, ma non abbiamo tempo. Devo assolutamente portarti in un posto-

Lysandro fissò l’amico per qualche attimo. Forse quell’attimo durò troppo a lungo, poiché Castiel si spazientì subito.

-E allora?!-

-Che posto sarebbe?-

-Dobbiamo davvero parlarne adesso? Ti dico solo che te ne pentirai, se non mi segui-

Qualche altro secondo di silenzio. Lysandro lanciò un breve sguardo a Leigh, che sfuggì alla sua occhiata. Sapeva che, se il fratello non avesse distolto l’occhio, lui avrebbe compreso tutto. La curiosità e l’inquietudine si agitarono nel suo stomaco. Non avrebbe retto un altro istante.

-Arrivo-

Rientrò in fretta in camera, prese il lungo cappotto -la stagione era gelida- e il suo quaderno sgualcito.

Sperò che valesse la pena di portarlo, ma soprattutto pregò di non perderlo.

 

Alcuni Nota Bene

-          Sto scrivendo in questo fandom, ma personalmente trovo questo gioco abbastanza superficiale per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi (anche se comunque mi piace abbastanza, altrimenti non ci giocherei). La necessità di scrivere una fanfiction deriva proprio dal fatto che sentivo il bisogno di carpire meglio la loro personalità. Se li trovate un po’ Out Of Character, ho fallito nella resa.

-          Ho scelto Lysandro come protagonista perché il “poeta maledetto” esercita sempre un fascino potente.

-          Se non si fosse capito, la storia è ambientata qualche anno dopo la fine del liceo. I personaggi sono tutti maggiorenni e perlopiù universitari.

-          Nella mia testa questa storia non ha una fine: è solo una “raccolta di momenti” tra i personaggi. Non so se avrò voglia di continuarla, perché sono una persona molto scostante. Spero comunque che possa piacere.

-          Il titolo viene dalla poesia di Montale “Nuove Stanze”. Il motivo per cui l’ho scelto è piuttosto semplicistico e si capirà durante la storia.

Adieu.

 

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Capitolo 2
*** Quante volte t'ho atteso alla stazione nel freddo, nella nebbia ***


 

Oltre l’uscio di casa, l’aria era fossilizzata in un’opaca e gelida nebbia. Non ci si accorgeva subito di quanto fosse fredda: l’umidità lambiva le persone, penetrando giacche, sciarpe, cappotti e stringendo loro il cuore in un abbraccio crudele, così fitta ed ovattata da coprire ogni rumore distante più di qualche metro dai due giovani.

Castiel, come al solito vestito in modo molto più leggero di quanto la stagione inclemente richiedesse, corse in fretta alla portiera della macchina, rifugiandosi subito al suo interno e infilando le mani sotto le ascelle. Lysandro lo seguì a grandi passi. L’aria calda e secca del climatizzatore sapeva di plastica bruciata, ma era senz’altro gradita.

Una volta entrati, Castiel mise in moto e si avviò verso una direzione non ben precisata.

Lysandro non aveva mai imparato a guidare. In realtà sapeva fin troppo bene che, prima o poi, il fatidico momento sarebbe giunto, ma la necessità non si era ancora presentata. Inoltre era più che sicuro che i suoi profondi momenti di riflessione l’avrebbero inevitabilmente condotto ad un incidente.

La nebbia si stendeva ancora in una coltre impenetrabile. Castiel fu costretto a sporgersi un paio di volte per verificare che fosse ancora all’interno delle strisce, e ad un certo punto fu sicuro di aver sbagliato strada. Fortunatamente un cartello che sorpassarono di lì a poco lo ricondusse sul percorso giusto, ancora ignoto a Lysandro. Aveva deciso di non chiedere spiegazioni all’amico: il sorrisetto mascherato dalla reticenza delle parole del chitarrista, ma soprattutto lo sguardo sfuggente del fratello, l’avevano attratto più di un profumo inebriante. D’altro canto sapeva fin troppo bene che qualsiasi domanda posta a Castiel sarebbe stata deviata con una battuta pungente; era uno dei tanti aspetti del chitarrista a cui era affezionato. Un altro aspetto che rispettava e apprezzava molto nell’amico era la sua capacità di non sentirsi forzato a rompere i momenti di silenzio: Castiel dissimulava la sua introversione presentandosi ironico, impaziente ed egocentrico, ma oltre il guscio duro si celava una personalità seria e protettiva, che si riusciva a scorgere proprio in quei momenti di quiete. Tuttavia Lysandro non vedeva l’amico da qualche tempo, perciò non esitò a chiedergli come stesse.

-Mah, che posso dirti? La vita da mantenuto comincia ad annoiarmi, ma sempre meglio che studiare ancora- rispose canzonatorio Castiel.

Lysandro socchiuse pigramente gli occhi. -Io non ti avrei visto male a fare l’università- disse –magari qualcosa come ingegneria… Sai quanto avremmo bisogno di un tecnico del suono-

-Sì, e non abbiamo i soldi per permettercelo- sbuffò Castiel. –Lo so, ma gli esami finali mi han fatto scoppiare la testa. Forse, in futuro. Ah ecco, siamo quasi arrivati-

Svoltarono a sinistra e si ritrovarono davanti in un grande parcheggio. Ad una non ben precisata distanza, una luce incredibilmente forte segnalava il loro luogo di arrivo.

-In aeroporto? Siamo venuti a prendere qualcuno?- chiese Lysandro, scendendo dall’auto.

-Siamo venuti per sfottere gli aerei che non partono per la nebbia- disse Castiel, digrignando i denti –Contento adesso? Dai, sbrighiamoci, siamo davvero in ritardo-

 

L’aeroporto non era particolarmente grande, ma la loro città non era particolarmente conosciuta. Lysandro lasciò che Castiel lo guidasse attraverso persone affrettate, valigie ingombranti e negozietti di marca. Intanto, nella sua mente, vaghe ipotesi su chi fosse la persona che fossero venuti a prendere si condensavano in idee inconsistenti. Era improbabile che si trattasse della madre o del padre di Castiel: l’amico non avrebbe mai chiesto di essere accompagnato. Una stretta al cuore gli suggerì un ricordo pieno di dolcezza e rimpianto, ma lo scartò quasi senza accorgersene, abituato com’era ad annichilire il desiderio della memoria. Ma, ad un tratto, Castiel cominciò ad aumentare il passo e la sua solita espressione corrucciata si trasformò in una risata gioviale.

-Dio mio, hai sempre la stessa brutta faccia, Cornelia-

Un colpo allo stomaco l’avrebbe lasciato con più fiato.

-Non si può dire lo stesso di te, Castiel. Tu purtroppo sei peggiorato- ribatté una voce sommessa.

I suoi occhi si catapultarono sui suoi più cari amici di vecchia data, l’uno intento ad abbracciare l’altra, trascinandola in una giravolta che contorse anche il cuore di Lysandro.

Quando finalmente i due si lasciarono, la ragazza gli rivolse lo sguardo e si distese in un sorriso stanco che fece crollare tutti i muri della memoria del giovane. Lei gli prese la mano e la avvicinò piano alle labbra, senza però sfiorarle.

-È un piacere rivederti- disse, incurvandosi in un inchino farsesco –Anche se non mi aspettavo proprio di trovarti qui-.

-Come potevo non venire?- replicò Lysandro, maledicendosi perché la sua voce si era fatta di due toni più bassa. Castiel l’avrebbe preso in giro fino alla morte.

La ragazza non perse l’occasione di mostrare una smorfia divertita. -Mi chiedo dove siano al giorno d’oggi questi galantuomini, non è vero Castiel?-

-Ma che vuoi?-

-Se ben ricordo, quando ti ho chiamato eri più scocciato perché ti avevo chiesto un passaggio che non felice di sentirmi!-

-Nessuno è mai felice di sentirti!-

“Io sarei stato molto felice” pensò fra sé Lysandro. Lo shock iniziale cominciava ad affievolirsi, lasciando spazio a un viscerale risentimento. Avrebbe chiesto spiegazioni, ma non in quel momento.

I tre lasciarono in fretta l’aeroporto, tornando alla macchina di Castiel. La nebbia, col calare della sera, cominciava lentamente a diradarsi, facendo riemergere la realtà tra veli di delicata foschia.

Una volta partiti, il gruppo rimase per qualche attimo in un silenzio pregno di ricordi. Alla fine Castiel sbottò:

-Signorina, tu ci devi delle spiegazioni-

Cornelia fece un profondo sospiro.

-Sì, mamma, cosa vuoi sapere?-

-C’è poco da scherzare! Ci hai fatto preoccupare molto, vero Lysandro?-

-Direi di sì-. Lysandro si schiarì la gola, preparandosi –Perché hai smesso di scrivermi? E di chiamare Castiel?-

Lysandro vide la ragazza accavallare le gambe e appoggiare la testa sulla mano. Il giovane superò la vastità dei suoi occhi, riuscendo a leggere un lieve disagio.

-Da quando siamo andati via di qui, mia madre ha avuto dei problemi di salute e ci siamo dovuti trasferire per un po’ fuori città. Nel casino complessivo della situazione, non ho davvero avuto tempo per sentire nessuno. Mi dispiace moltissimo, ma cercate di capirmi- rispose a voce bassa.

Castiel strabuzzò gli occhi.

-Stai scherzando? Adesso sta meglio, spero! Accidenti, potevi almeno avvisarci-

-Lo so, hai ragione. Mia madre ora sta bene, comunque- si scusò lei. Lanciò uno sguardo impenetrabile a Lysandro.

-E adesso, da quanto ho capito, sei qui perché…-

-…mi sono trasferita nuovamente da mia zia. Avevo bisogno di staccarmi un po’. Ho già fatto il cambio di facoltà-

-Studi ancora storia?- le chiese Lysandro.

Lei annuì impercettibilmente. –E tu ancora letteratura, giusto? Non avresti potuto scegliere una facoltà migliore-

Lysandro sorrise con una punta di compiacimento: Cornelia aveva sempre sostenuto la sua scelta, difendendolo strenuamente anche nelle discussioni con Leigh, il quale approvava la passione per l’arte del fratello minore, ma non la sua totale e completa dedizione. Leigh, per quanto fosse sempre stato uno spirito libero, era comunque più terreno di Lysandro. Non per niente quest’ultimo aveva capito già da tempo che il fratello maggiore stava risparmiando per andare a vivere con Rosalya; aveva pochi dubbi sulla stabilità del loro rapporto e ne era molto felice.

-Ehi, siamo arrivati-. La voce di Castiel lo riscosse: erano giunti a casa.

Lysandro si volse e osservò Cornelia. Nella penombra del sedile posteriore, lei ricambiò l’occhiata, le labbra curvate in un sorriso sornione. Quell’aria beffarda ma elegante gli era mancata moltissimo.

-Mi farò sentire presto- lo anticipò lei. Lysandro le concesse un sorriso e uscì dalla macchina, salutando Castiel con un cenno del capo.

Fu solo quando l’automobile fu ripartita che si rese conto di aver dimenticato il suo quaderno.

 

 

Commenti e note

-       Volevo ringraziare le ragazze che hanno cominciato a seguirmi. La storia sta acquistando una certa consistenza nella mia mente e spero di riuscire ad arrivare a dei bei punti. Però specifico nuovamente che sono una persona molto scostante, quindi non vi prometto che la finirò. Chiedo scusa.

-       Si è introdotto il personaggio della Dolcetta, finalmente! Certo, non è proprio una personalità tradizionale e non so se vi piacerà. Nei prossimi capitoli delineerò meglio sia la sua personalità che la descrizione fisica. Oh, il nome Cornelia mi è sempre piaciuto molto, prima o poi avrei dovuto darlo ad un mio personaggio.

-       Se pensate che l’atmosfera finora sia stata molto fumosa, allora ho centrato il segno. Questa storia è all’insegna del nebuloso.

-       Il titolo di questo capitolo è preso ancora da una poesia di Montale, “Nel fumo”.

See y0u.

P.S: buon anno.

 

 

 

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Capitolo 3
*** La morgana che in cielo liberava torri e ponti è sparita al primo soffio ***


Anelli cinerei disegnavano sinuosi sentieri nella tiepida penombra della stanza. Occhi socchiusi li osservavano, e il pensiero proiettava invisibili dita accarezzanti le volute. L’impercettibile ticchettio della pioggia sulla finestra si mischiava a sussurranti voci del passato, fondendosi nella mente di Lysandro in un quadro dai colori incerti e sfumati. La morgana di ricordi si librò su quelle danzanti ceneri.

 

La notte era particolarmente buia, il giorno in cui si erano conosciuti; sembrava che ogni luce fosse stata risucchiata in una dimensione oltre lo spazio, colmando i vuoti e spogli corridoi di creature silenziose e intoccabili, non più reali di un sogno, ma non per questo meno vere nella sua mente. Il buio non lo impauriva, ma a volte, quando tardava in quelle sere al liceo, aveva impressione che la notte non volesse separarsi da lui: lo implorava di continuare a solcare la carta con l’inchiostro dell’anima, ed egli accettava, lasciandosi trasportare al lume di una candela solitaria, in un’anacronistica eleganza che gli faceva bruciare gli occhi per la fatica di leggere ciò che vergava, finché Castiel non giungeva con una torcia e lo faceva riemergere dalle tenebre. Quella notte, però, qualcosa era cambiato; aveva udito un altro respiro accompagnare quello dell’amico e aveva temuto che la sua piccola e solitaria culla notturna venisse spazzata via. I timori, tuttavia, non avevano nulla di fondato: al bagliore della tiepida fiamma, era riuscito a scorgere una forma lunga, non ben definita, un guizzante sorriso e due occhi sibillini. Lysandro l’aveva osservata a lungo, aspettando una sua parola, ma la figura si mostrava silenziosa, sebbene non sembrasse per nulla a disagio. Alla fine Castiel l’aveva presentata: si chiamava Cornelia e si era appena trasferita. Spiegò anche che la ragazza aveva avuto dei sospetti sul fatto che qualcuno si nascondesse di notte nel liceo, ma non avrebbe rivelato nulla ai professori. Sotto l’occhiata inquisitrice del chitarrista, lei si era fatta una risata e aveva specificato con voce sommessa che aveva trovato l’indagine molto divertente. Lysandro aveva supposto che parlasse in modo così indistinto a causa dell’ora ma, nei giorni successivi, quando era capitato di trovarsela nuovamente davanti, aveva dovuto stare bene attento ad ogni sua parola pronunciata a mezza voce. All’inizio aveva trovato la cosa piuttosto stancante, tuttavia non impiegò troppo tempo per abituarsi sia al tono che alla compagnia della ragazza.

I giorni si susseguivano, diventavano mesi e poi anni, e il gruppo di amici diveniva sempre più affiatato. Lysandro non aveva perso il suo fare solitario, ma ammetteva sempre più frequentemente a se stesso di trovare la loro comitiva un piacere e un conforto: Castiel si era dimostrato un compagno irascibile, ma affidabile e divertente, e Cornelia… beh, Lysandro non aveva mai trovato una persona migliore con cui condividere i propri pensieri. Nella frescura del giardino in primavera e in un angolo tranquillo della classe in inverno, il giovane dava lentamente voce al suo impeto nascosto, mentre la ragazza rimaneva in silenzio per minuti interi, lasciando fuoriuscire dall’intimo di Lysandro le più ricercate e splendide parole. A quel punto, a lei bastava una manciata di frasi per esprimere con lucidità il proprio pensiero: nulla di quello che diceva era superfluo, ma nulla era nemmeno celato. Il giovane era estasiato da ciò. La grazia un po’ sfatta dell’amica e l’assoluta impenetrabilità dei suoi occhi sembravano quasi contrapposte alla limpidezza delle sue parole, e Lysandro, nel tempo, ne era rimasto ammaliato. Ma fu solo quando cominciò a ritrovarsi sempre più spesso ad osservare la ragazza da lontano che si accorse di essere diventato dipendente da lei. La consapevolezza dei suoi sentimenti lo investì con un brivido di imbarazzo e piacere allo stesso tempo. Alla fine, però, si risolse nel rimanere in silenzio, scegliendo di bearsi della compagnia dei suoi amici come aveva sempre fatto.

Insieme condivisero esperienze che avrebbero segnato la sua memoria come cesellature di un’impalpabile scultura. Tra una boccata di fumo e l’altra, Lysandro ricordò con una smorfia il giorno in cui Castiel aveva portato la pipa al liceo, inaugurando così il futuro vizio del giovane. Era stata Cornelia a sfidarli, dicendo che non sarebbero mai stati in grado di aspirare un’intera volta senza tossire. Castiel aveva accettato, mentre Lysandro li aveva guardati con disappunto, ritrovandosi suo malgrado coinvolto nella scommessa. Tuttavia, l’aroma del tabacco l’aveva inaspettatamente attirato e in qualche modo convinto a prendere parte a quella futile contesa. In conclusione Castiel aveva vinto –successivamente Lysandro pensò che la sfida non fosse stata molto corretta, dopotutto il chitarrista fumava già da qualche anno-, mentre lui aveva trattenuto il fiato, finché non era esploso in una ben poco raffinata tosse, durata anche qualche minuto!, suscitando le risate incontrollate dei due amici. Trattenendo le lacrime, alla fine Cornelia aveva commentato -forse solo scherzando- che avrebbe dovuto cominciare a fumare seriamente, per evitare altre simili figuracce. Mesi dopo, ripensando a quel momento, Lysandro aveva deciso per sfizio di seguire l’ironico consiglio e si era comprato una pipa.

 

La pioggia si era fatta più forte. Le gocce battevano sulla finestra della piccola stanza e nemmeno l’aria densa di fumo riusciva ad attenuare il fragore dell’acqua. Lysandro inspirò un’altra volta, ma si accorse che le ceneri erano ormai spente. Si rilassò per qualche istante sulla vecchia poltrona, assaporando il gusto pieno del tabacco, infine si alzò. Prese dall’armadio dei vestiti puliti, incamminandosi poi verso il soggiorno. Leigh stava stirando i vestiti, ascoltando con le cuffie quello che Lysandro immaginava fosse Liszt.

-Ti serve il bagno?- chiese al fratello maggiore. Questi si tolse le cuffie ed inarcò le sopracciglia.

-No- rispose semplicemente. Lysandro fu grato della poca insistenza.

-…Come mai stai uscendo?-

Evidentemente questa volta aveva sbagliato ad interpretare l’espressione del fratello. Si incupì, cominciando ad immaginare quali potessero essere i pensieri nella mente di Leigh.

-Ho dimenticato il mio quaderno e sto andando a riprenderlo- provò a schermirsi. Riusciva a sentire lo sguardo del fratello maggiore perforargli le vertebre. Non importava che ormai fosse più alto di lui di diversi centimetri; Leigh, quando voleva, era ancora in grado di farlo sentire un bambino.

-Lys, non puoi ricaderci. È passato del tempo e tu non sei riuscito a lenire la tua sofferenza…-

-Lei può aiutarmi-

-Lei è la causa-

Lysandro si voltò di scatto, socchiudendo gli occhi.

-Così sei ingiusto- mormorò. La sua voce profonda fece vibrare il petto di Leigh. –Da quando l’hai conosciuta, ti sei ostinato a vedere qualcosa di sbagliato in lei. Lo so che sei dubbioso perché coinvolge me, e ti sono grato della premura, ma non puoi decidere al mio posto. Mi dispiace che tu non riesca ad accettarlo-

I grandi occhi scuri del fratello maggiore si rattristarono ed egli sospirò.

-Forse è come dici tu, Lys. Eppure, ne sono certo, quella ragazza ha qualcosa di ambiguo. Può darsi che sia un’impressione solo superficiale, ma l’ho percepito fin da quando l’ho conosciuta. È una malinconia di fondo, anzi no… Qualcosa di diverso. Non te lo so spiegare-

Lysandro sostenne lo sguardo accorato del fratello e gli sorrise. Dopo qualche istante, Leigh ricambiò, non molto convinto. Per Lysandro fu sufficiente. Nell’arco di mezz’ora fu pronto per uscire. Sarebbe andato a piedi: da quel che ricordava, la casa di Cornelia non era molto lontana.

 

Il solito angolino

Ringrazio ancora chi commenta e mi segue, il vostro sostegno è davvero importante! Non avevo assolutamente fiducia in me quando ho cominciato a scrivere questa storia, ma vedendo che addirittura piace a qualcuno, mi sento lusingata!

Si incomincia a delineare meglio il personaggio di Cornelia. La sua storia è appena cominciata: sappiate che non è un personaggio felice e non so quanto vi potrà essere simpatica. Tuttavia è liberamente ispirata ad una persona reale che non ho conosciuto, ma di cui ho sentito tanto parlare. Se riuscirò a concludere la storia, vi svelerò chi è.

So che i capitoli non sono pieni di avvenimenti, ma questa storia è fatta apposta per essere “statica”.

Fatemi sapere cosa ne pensate!

 

Bonne nuit!

 

 

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