Lui mi disarma

di Kaliy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Viaggio in auto ***
Capitolo 3: *** I miei primi baci ***
Capitolo 4: *** Tutto è finito ***
Capitolo 5: *** la sua voce ***
Capitolo 6: *** Voglio te ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***






Non ne ho più la forza.

Sono stanca.

Voglio solo che tutto questo termini.

 

Le sue mani vagano sul mio corpo lentamente esplorano ogni millimetro di pelle.

Con il dorso percorre la curva delle spalle, accarezza il collo, pian piano scende e si appropria del mio seno.

Gli occhi sono chiusi, non riesco a guardarlo, non voglio farlo.

Le sue labbra si posano sulle mie e come sempre la sua lingua si insinua prepotente tra esse.

Una sua mano accarezza il seno l'altra stringe con possesso il gluteo destro.

Poso le mani sul suo petto ed esercito una piccola pressione, lui si stacca e mi guarda interrogativo.

«Basta, devo tornare in classe»

Lui mi strattona bloccandomi i polsi sopra la testa « Tu sei mia, lo decido io quando devi fare qualcosa» detto ciò violentemente si riappropria della mia bocca rafforzando la stretta sui polsi.

Si stacca per riprendere fiato.

« Ora puoi andare, dopo ti aspetto all'ingresso»sorride sfiorandomi le labbra con le sue prima di abbandonare la presa liberandomi così le braccia ed esce dal ripostiglio.

 

Sono passate solo due settimane da quando lo conosco eppure sono distrutta.

Mi ha sconvolto la vita, è entrato con irruenza nella mia quotidianità.

È entrato in questa scuola circondato da uno stuolo di ragazze.

Tutti gli occhi erano puntati sulla sua imponente figura fasciata da quel completo nero, sul suo viso squadrato con un accenno di barba.

Gli occhi erano coperti da un paio di occhiali da sole , i capelli sistemati in un acconciatura disordinata e sul suo volto era dipinto un ghigno di superiorità.

Io dopo avergli dato una breve occhiata ero andata in bagno.

Non l'avessi mai fatto!

« Scusi, guardi che questo è il bagno delle signore. Quello degli uomini è in fondo al corridoio.»

Gli dissi non appena entrò dalla porta. Lui però non fece una piega, varcata la soglia si chiuse l'uscio alle spalle e si immobilizzo sulla soglia. Mi squadro per qualche secondo e poi alzò gli occhiali, tutto in religioso silenzio.

Nel frattempo io morivo dall'imbarazzo.

Non sono una persona abituata ad avere contatti con il gentil sesso e considerando che davanti a me avevo la perfezione fatta uomo la cosa mi risultava al quanto estranea.

Così con il capo chino cercai di superarlo e di uscire da quel luogo troppo intimo.

Ma come al solito i miei piani andarono in fumo, infatti lui mi bloccò la strada sovrastandomi con la sua figura.«Scusi, io dovrei uscire»dissi con voce tremolante non osando alzare il capo per guardarlo.

«Perché mai vorresti uscire? In fondo, l'hai detto tu, questo è il bagno delle donne quindi...»disse con tono derisorio. A quel punto senti un assoluto bisogno di scappare, mi sentivo braccata, rinchiusa così mandai al diavolo le buone maniere e aggirandolo uscii velocemente da quella stanza opprimente.

Quella mattina passò in fretta e non pensai più di tanto a quel ragazzo.

Così terminate le lezioni mi apprestai a raccogliere le mie cose e ad uscire, camminavo velocemente senza prestare molta attenzione alle persone che mi circondavano perché non avevo alcuna intenzione di perdere il bus. Ma come ho detto prima tutti i miei piani vanno sempre a rotoli , infatti improvvisamente qualcuno mi afferrò le spala costringendomi a tornate sui miei passi e a girarmi.

«Sai ? Non sei stata molto gentile questa mattina. Oltre a non presentarti non mi hai degnato neanche di una risposta» disse lo stesso ragazzo di quella mattina.

Io ero completamente spiazzata.

Non capivo perché mi avesse fermato,perché volesse sapere il mio nome e perché continuasse a sorridere in quel modo.

Così pensai subito ad uno scherzo.

«May»risposi in un sussurro«mi chiamo May del Giglio»detto ciò cercai di liberarmi dalla sua presa, ma inutilmente.

«Non scappare . Devo presentarmi pure io,no?» rimase in silenzio fin quando io non annuii.

«Io sono Axen d'Altavilla» si chino e mi baciò la guancia.

A quel contatto il mio viso aveva assunto tutti i colori del arcobaleno con una predominanza del rosso.

Quella fu la prima volta in cui un essere di sesso maschile si avvicinava così tanto.

Vedendomi in imbarazzo allentò la presa e io mi liberai.

Così trovai il coraggio di alzare il capo per guardarlo in volto.

Era praticamente perfetto, sembrava un dio in terra tranne per un particolare: gli occhi.

 

Quella mattina avevo sentito decantare la sua bellezza e lo splendore dei suoi occhi da quasi mezza scuola. Tutte le ragazze che gli si erano avvicinate tessevano le lodi di qui occhi maliziosi e pieni di divieti,occhi che a loro dire appartenevano ad un dio eppure io non vedevo nulla di tutto ciò.

Non c'era nulla, nulla di strano, nulla di diverso da tanti altri.

Dei semplici occhi con iridi scure tendenti al nero.

Rimasi imbambolata per qualche secondo a studiarlo, poi una volta tornata sulla terra abbassai il lo sguardo e lo salutai con un timido ciao.

 

Sconsolata mi sedetti sulla panchina fredda in attesa del arrivo del successivo mezzo di trasporto perché naturalmente il nostro piccolo “dialogo” era durato più di dieci minuti.

Così mi persi tra i miei pensieri. Ero sempre più convinta che fosse uno scherzo e lo sono ancora. Uno scherzo molto crudele che spero lo annoi in fretta.

«Ti porto io a casa» Alzai lo sguardo mi ritrovai davanti Axen con il suo solito ghigno.

«No, Grazie. Non c'è problema aspetterò» dissi con voce incerta.

Lui però mi afferrò per un braccio e mi trascinò verso la macchina.

« Dai, infondo è colpa mia se sei rimasta a piedi» mi disse aprendo la portiera dell'auto.

Io ancora un po titubante salii.

Quello fu uno dei miei sbagli più grandi.

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Capitolo 2
*** Viaggio in auto ***


Entro in classe e tutti puntano gli occhi su di me.

Senza salutare o scusarmi mi dirigo verso il mio banco.

Mi siedo, porto le gambe al petto abbracciandole e poso la testa sulle ginocchia.

Questa posizione fetale mi fa sentire protetta, mi fa sentire piccola, mi fa sentire invisibile come se da un momento al altro potessi sparire.

La professoressa mi guarda ostile ma non dice nulla, ricomincia a spiegare.

Ormai si sono abituati al mio comportamento e al mio silenzio.

Da quel giorno non ho più parlato.

Ho paura che facendolo le lacrime prendano a scorrere sulle guance.

Ho paura di lasciarmi andare.

Non voglio che qualcuno mi vede fragile, non voglio che tutti capiscano quanto sono distrutta.

Non voglio piangere davanti a nessuno, soprattutto non davanti a lui.

 

Per questo motivo varie volte sono uscita dall'aula, al improvviso, senza dire nulla, accompagnata dalle urla dei docenti irritai.

Nell'ultima settimana sono finita dalla preside almeno una decina di volte.

Lei puntualmente mi chiede il motivo per cui mi comporto così ma come faccio a dirle la verità. Come faccio a dirle che nel silenzio comincio a ricordare, che le sue parole tornano alla mente, che quella sensazione d'impotenza mi soffoca.

Come faccio a spiegarle che in quei momenti devo sfogarmi, devo piangere e urlare, devo colpire e rompere qualcosa,devo sentirmi libera e padrona di me.

Non posso farlo, non riuscirebbe a capirlo.

Così rimango in silenzio, la testa bassa e gli occhi persi ne vuoto.

 

Nel silenzio, un silenzio iniziato nella sua macchina.

Quel pomeriggio non mi accompagno subito a casa.

Vagò per strade e stradine a me ignote, per una buona mezzora il silenzio la fece da padrone.

«Scusi, ma io dovrei già essere a casa. Penso che lei abbia sbagliato strada.»Dissi con voce incerta.

Lui si voltò a guardarmi con un sorriso poco rassicurante«Non preoccuparti piccola, non ho sbagliato strada. Siamo esattamente dove dovremmo essere.»

A queste parole il mio respiro si fece irregolare, la paura prese il sopravento ,raccolsi le gambe al petto nascondendo il viso con il cappuccio. Persa nei miei pensieri mi immobilizzai così, guardarlo avrebbe solo aumentato l'ansia.

Pensai ad una via di fuga ma non né trovai, lui era più forte e veloce, inoltre non conoscevo il luogo.

Cercai di immaginai ciò che potesse volere da me, non ero ricca e neanche benestante, non ero bella tutto alto e non mi sembrava di essere stata così scortese da farlo arrabbiare.

Allora cosa voleva?

Ancora oggi non capisco il perché.

In quel momento capì che tutti i miei sforzi di non apparire, di essere invisibile, di non dare nel occhio erano stati inutili.

 

Ho sempre avuto paura di vivere, di affrontare le persone e i problemi che si portano dietro.

Ho sempre avuto paura di perdere il controllo della mia vita, di essere imprigionata, di essere alla mercé di qualcuno.

Per diciotto anni ho cercato di allontanare le persone, di scappare da coloro che volevano capirmi, ho cercato di non affezionarmi per non rischiare di diventare dipendente e succube delle persone.

 

Una mano si poggiò sulla mia spalla stringendola con forza e costringendomi a girarmi verso il sedile del conducente. Solo allora mi resi conto che l'auto era ferma ma non volli alzare la testa, non avevo intenzione di rendermi più vulnerabile di così.

«May, siamo arrivati.» Disse con tono gentile accarezzandomi il braccio.

«Siamo a casa mia?»Chiesi in un sussurro non muovendo alcun muscolo.

«Non preoccuparti piccola, non voglio farti male, per adesso dobbiamo solo parlare.»Affermò continuando ad accarezzarmi«dopo ti riporto a casa.»

 

Il silenzio si diffuse all'interno della vettura ma la scena rimase invariata .

Immobile con la faccia nascosta sentivo le sue carezze,il suo tocco era leggero e percorreva tutto il mio corpo. Iniziava la sua corsa dalla testa, scendeva lungo la spalla, percorreva il profilo della schiena ricurva e successivamente delle gambe flesse. Una volta arrivato alle caviglie ripercorreva a ritroso il suo percorso.

«Ho deciso, da oggi in poi tu sei mia» affermò sicuro.

«Cosa? Cosa sta dicendo? Cosa dovrebbe significare?»Domandai con voce impaurita.

In quel momento mi sembrava di essere la protagonista di un film horror che da un momento al altro sarebbe stata squartata viva.

«Ho voglia di divertirmi, ultimamente la mia vita è diventata alquanto noiosa e tu sembri un ottimo passatempo. Sarai il mio giocattolino, farai tutto ciò che ti dirò e lo farai quando e come io vorrò.» Affermò con tono pacato. Il mio cervello non era in grado di assimilare ciò che le orecchie avevano appena ascoltato. Aveva detto che io sarei stata il suo giocattolino.

«Co...cosa? No..no..non posso averlo sentito veramente.» sussurrai incredula «non esiste, come fa anche solo a pensarlo?».

«Dai piccola, non è poi così male. Io sono perfetto,sono ricco, divertente e soprattutto bellissimo. Per te sarà come vivere in una fiaba, per un periodo avrai tutto ciò che si può desiderare ed in cambio io chiedo solo che tu mi ubbidisca senza contestare.» disse continuando a sfiorare il mio corpo che si irrigidiva ogni secondo di più.

«No»alzi la testa e lo fissai«non lo farò mai, è una cosa indecente.

Una fiaba?

Tutto ciò che si desidera?

Solo ubbidire?

Come può pretendere una cosa del genere? »affermai sicura e allo stesso tempo scandalizzata.

Lui si arrestò studiandomi per alcuni secondi«Dammi del tu non pi piacciono le relazioni formali. Tu non hai scelta. Ho già deciso. Tu sei mia.».

« No , non può succedere a me. Sto solo avendo un brutto, bruttissimo incubo.»dissi tornando a nascondere il viso. Gli occhi cominciavano a pizzicarmi, la testa martellava e mi sentivo in trappola.

Sentii il suo tocco leggero su di me, le sue dita ricominciarono il loro percorso sul mio corpo.

Rimasi in quella posizione per non so quanto tempo, tremavo e la sua presenza non aiutava.

Poi mi disse di allacciare la cintura aggiungendo« Adesso ti accompagno a casa» , mise in moto e partì. In pochi minuti il motore si spense e la sua mano mi costrinse ad alzare il viso. Aspettò che i miei occhi si posassero sulla sua figura « Ci vediamo domani mattina, ti passo a prendere»disse poggiando le labbra sulle mie. Appena allentò la presa mi scansai ricominciando a respirare. Lo fissai per alcuni secondi, non riuscivo ancora a dare un senso a tutto ciò. «Ora puoi andare, ma forse preferisci rimanere qui con me.»disse sorridendo in modo strano. A quelle parole io scattai, ripresi il controllo del mio corpo, aprì lo sportello e finalmente abbandonai il veicolo che mi aveva tenuto prigioniera per ben tre ore. L'auto partì quasi subito e io ancora scioccata entrai in casa.

 

Gli occhi ricominciano a pizzicarmi,mi alzo ed esco.

Non m'importa nulla, ho bisogno di piangere.

Tra poco lui sarà qui e io non posso permettermi di crollare, non so cosa abbia in mente oggi ,non so cosa aspettarmi.

Arrivo in bagno, mi chiudo a chiave, tolgo la sciarpa, la arrotolo e la posiziono davanti alla bocca.

Grido.

Grido fino a sentire la gola in fiamme.

Grido per sentirmi libera, per allontanare da me la rabbia e la frustrazione.

 

Sento la campanella suonare.

Lentamente apro la porta e mi dirigo in classe, ormai non c'è più nessuno.

Raccolgo le mie cose e le getto alla rinfusa nella borsa.

Mi dirigo verso il cancello come Maria-Antonietta al patibolo.

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Capitolo 3
*** I miei primi baci ***


I miei primi baci

 

 

Non capivo perché avesse scelto me.

Non capivo perché mi avesse tenuta prigioniera in auto.

Non capivo il perché di quelle sue parole.

Non riuscivo a capire i suoi gesti e le sue espressioni.

Passai una notte infernale cercando di dare un senso a tutto ciò.

Non trovavo alcuna risposta.

Feci una doccia rinfrescante,asciugai i capelli castani ed indossai jeans e una maglia molto larga per coprire le deformità del mio corpo.

Ero in sovrappeso, qualsiasi cosa metessi mi stava male e ai miei occhi faceva risaltare i rotoli di grasso. Non mi guardavo più allo specchio, non volevo vedere la persona che si rifletteva in esso, mi sarei sentita ancora più ripugnante.

Questo era uno dei principali motivi per cui ero convinta che mi stesse prendendo in giro.

E ne sono ancora convinta, presto si stancherà e quando accadrà mi distruggerà in mille pezzi.

 

Varcata la soglia mi immobilizzai.

Lui era lì, poggiato sulla sua costosa automobile con le gambe incrociate e le mani in tasca. Indossava un paio di jeans strappati , una camicia bianca e una giaca elegante nera. Sembrava che quegli abiti fossero una seconda pelle, facevano risaltare il suo metro e novanta di muscoli dandogli ancora più fascino.

Appena mi vide mi venne in contro e mi diede un baciò sulla guancia«Buongiorno, dormito bene?».

Negai con in capo, le parole non volevano uscire dalle mie labbra. Lui mi prese la mano con gentilezza e mi fece salire in auto senza riscontrare alcuna resistenza. La mia mente era un buca nero, non riuscivo a pensare.

Mise in moto e partì.

La strada correva e io abbandonata sul sedile sentivo la sua mano bollente sulla mia, leggera ma allo stesso tempo prepotente.

«Perché? »chiesi in un sussurro «Perché sei venuto?»

Lui mi guarda sorridendo «Non mi hai sentito ieri ? Tu sei mia e oggi cominciamo a giocare »

«Non esiste... non voglio..non può costringermi»dissi con voce tremolante, rischiavo di scoppiare a piangere da un momento al altro.

La sua mano si bloccò, strinse forte, tanto da farmi male.

L' auto inchiodò di colpo.

Axen aprì lo sportello ,scese e con passi veloci si avvicinò a me.

Agguantò il mio braccio e con violenza mi costrinse a seguirlo al interno di un edificio a me sconosciuto.

Percorremmo lunghi corridoi e salimmo varie rampe di scale fino ad arrivare in un ampio salotto.

Appena dentro, chiuse la porta a chiave e mi impose di andarmi a sedere sul divano di pelle nera al centro della stanza.

Volevo obbiettare ma subito capii che non era il caso, aveva un'espressione furente in viso e la sua voce mi fece tremare. Con passo incerto esegui il suo ordine.

Mi sentivo nella tana del lupo cattivo.

Indifesa fisicamente ma soprattutto psicologicamente.

Assunsi nuovamente la posizione fetale per cercare di contenere i tremori e di riscaldarmi. Avevo freddo, molto freddo anche se il riscaldamento era acceso.

Axen fermo sella soglia, mi guardava e sembrava stesse decidendo la mia sorte.

Mi guardava ma non mi vedeva, era distaccato, perso nei più oscuri meandri della sua mente.

Nascosi il viso chiudendo gli occhi ed aspettai.

«Se tu non farai ciò che dico io ne pagherai le conseguenze»Disse con voce atona. Alzai di poco la testa per poterlo collocare nello spazio e scopri che lui non si era mosso«Conseguenze?»chiesi.

«Tuo padre potrebbe perdere il lavoro e non trovarlo mai più»fece una pausa «poi chi sa potreste rimanere senza casa e andare a vivere sotto i ponti»un'altra pausa« Inoltre nessuno può assicurarci che non capiti anche qualche brutto incidente»concluse indifferente.

Io rimasi in silenzio,non reagii, non sapevo cosa dire.

«Ultimamente ci sono molte morti inspiegabili »aggiunse.

«Va bene, ho capito» dissi indispettita.

«Brava piccola, così mi piace»disse sorridendo e avvicinandosi a me. Sentii una lieve carezza sui capelli poi la sua mano scese posandosi sul braccio e costringendomi a scoprire il volto. Si accomodò sul divano e tenendomi saldamente il braccio mi costrinse ad alzarmi posizionandomi davanti a lui.

Batté con la mano due colpetti sulle ginocchia per invitarmi a sedere ma io rimasi immobile«Non farmi arrabbiare, non ti piacerebbe»disse con un'espressione inquietante.

Spaventata mi posai timidamente sulle sue ginocchia «ti faccio così schifo?» chiese con un espressione infastidita.

Mi affrettai a negare con il capo aggiungendo «No, no...ecco...io...bé non l'ho mai fatto». Il suo ghigno apparve nuovamente «Quindi sei vergine?» appena udii le sue parole il mio volto assunse tutte le tonalità di rosso conosciute dal essere umano. Lui per tutta risposta mi mise a cavalcioni su di se in modo da potermi guardare in volto.«Non preoccuparti, penseremo a tutto. Questo non fa altro che rendere il tutto più divertente»con due dita mi alzò il volto e con la mano sinistra mi avvicinò ulteriormente al suo torace. Ero entrata in fibrillazione,respiravo a fatica e il mio encefalogramma era piatto. Non ero mai stata così vicina ad un altro essere vivente che avesse più di tre anni. Non sapevo come comportarmi, avevo solo voglia di scappare, di nascondermi e sparire ma la paura mi bloccava. L'espressione contrariata che era apparsa poco prima sul suo volto mi aveva terrorizzata, non sapevo quanto potesse essere pericoloso ma qualcosa mi diceva che era meglio non scoprirlo.

«Piccola, dimmi una cosa. Tu hai mai baciato qualcuno?» abbassai subito gli occhi negando in modo quasi impercettibile .

«Ancora meglio. Sarò il primo in tutto. »disse costringendomi a guardarlo «Sarai mia completamente.». Le sue mani accarezzavano le cosce con movimenti sinuosi andando avanti e indietro, una mano cominciò a salire e la mia mano lo bloccò di colpo. Lui inizialmente parve sorpreso poi mi agguanto i polsi portandoli dietro la schiena e legandoli con non so cosa.

«Prima regola, tu non puoi negarmi nulla. Se voglio qualcosa me la prendo»dicendo ciò si alzò con me in braccio e mi poso sul divano sovrastandomi.«Ora per punizione rimarrai legata»disse ghignando.«Non....ma..»cercai di protestare ma lui mi zittì «Non contestare, potresti peggiorare la tua situazione.»Non sapevo cosa fare, le lacrime minacciavano di bagnarmi le guance e il senso d'impotenza non mi faceva respirare. Axen sembrava non accorgersi del mio disaggio oppure più semplicemente non gli interessava. No,mi corresi mentalmente, se ne accorgeva benissimo e si divertiva anche. Ricominciò a sfiorare le mie gambe salendo con estrema lentezza, ogni millimetro del mio corpo si irrigidiva al suo passaggio, la rabbia mi premeva sui polmoni e tutte le mie forze erano impegnate a non far uscite le lacrime. Non volevo dargliela vinta, non volevo mostrargli quanto male mi faceva, si sarebbe divertito ancora di più. Sentivo le se mani salire, arrivarono al bordo della maglia si insinuarono all'interno e cominciarono ad analizzare il ventre.«No..ti prego... »mi ammoni con lo sguardo e poi aggiunse«Cosa c'è che non va? Perché non vuoi farti toccare?» Non risposi, rimasi in silenzio. Non avevo intenzione di espormi ulteriormente, non avevo intenzione di svelargli le mie paure. Lui salì fino ad arrivare al seno e lì si soffermò per alcuni secondi scrutandomi per cogliere ogni mia reazione.«E ora passiamo alle cose importanti»disse avvicinandosi al mio volto«da oggi in poi non potrai più fare a meno di me»era cosi vicino che mentre parlava le sue labbra sfioravano le mie, il suo respiro fresco sapeva di menta. Prese il labbro inferiore tra i denti e lo mordicchio dopo di che mi baciò.

Un bacio che non volevo, un bacio prepotente ed imposto.

Il mio primo bacio.

Il primo bacio su cui tutte le ragazzine fantasticano, che sognano di dare al principe azzurro, al ragazzo perfetto mi era stato rubato.

«e soprattutto non potrai più fare a meno dei miei baci » disse sorridendo per poi ricominciare a baciarmi. Lo assecondavo ma non riuscivo a provare nulla, se non fastidio e rabbia.

 

 

Asciugo una lacrima, questi ricordi mi fanno sentire sempre impotenti.

Apro la porta e lui è li come quel giorno, quando arrivo davanti a lui lo bacio«Brava piccola, finalmente hai imparato»dice sorridendo contento. Da quel primo giorno mi aveva imposto di baciarlo ogni volta che ci saremo incontrati, di solito cercavo di contestare ma oggi proprio non ce la faccio. Lui mi abbraccia e rimane così per un po «Oggi sarai mia completamente».

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Capitolo 4
*** Tutto è finito ***


                                     Tutto è Finito




Un leggero profumo di dopobarba, la sua mano sulla coscia e una canzone di sottofondo.

Sono così i nostri viaggi in auto, tranquilli e silenziosi.

La calma prima della tempesta.

In questi momenti sto bene, in questi momenti non penso ,sono in pace con il mondo, sono in pace con me stessa.

Il veicolo si ferma lentamente, Axen scende elegantemente e da perfetto gentiluomo qual'è apre lo sportello porgendomi la mano e aiutandomi a scendere.

Siamo davanti ad un magnifico ristorante ricoperto di vetrate «Dai piccola entriamo » dice dandomi un veloce bacio e trascinandomi all'interno.

 

Il locale è molto lussuoso, ci sono lampadari di cristallo che scendono dal soffitto, i tavoli sono ricoperti da tovaglie di un candido bianco e i camerieri in uniforme si aggirano sicuri e sinuosi per il locale accogliente. Tutto è studiato per trasmettere sicurezza e tranquillità, per regalare un atmosfera rilassante accentuata dalla dolcissima melodia di un pianoforte. Uno scenario fiabesco, uno di quei luoghi in cui le bambine immaginano Cenerentola e il principe.

Uno di quei luoghi in cui si ha l'illusione che la vita è perfetta, che nulla può andare male, che nulla può ferirci.

È tutto perfetto, tutto tranne me. Mi sento sbagliata, inadatta a qualsiasi situazione, non riesco ad accettare ciò che mi accade. Osservo tutto con diffidenza, odio non avere il controllo, odio non avere una via di fuga ma quando sono con lui è così.

Mi sento vulnerabile, impotente, senza speranza di potermi opporre.

 

C'è qualcosa di diverso in lui, oggi è diverso. Ci accomodiamo al centro della sala, lui fa un cenno al cameriere che si avvicina,dopo aver scrutato distrattamente il menù ordina per entrambi e il ragazzo si defila velocemente.

Restiamo lì , uno difronte all'altra, in silenzio mi scruta come se mi vedesse per la prima volta, come se cercasse di capire cosa penso. Non ha ancora perso quest'abitudine, ogni volta che ci incontriamo mi sento sotto esame.

«May, cosa ti succede? C'è qualcosa che non va?» lo guardo interrogativa.

Davvero ha il coraggio di farmi una simile domanda?

È serio?

Come può non averlo ancora capto, glielo detto, dimostrato e ridetto che è lui, è lui il problema e, che se sparisse starei bene.

Ma con un semplice movimento del capo nego, oggi non riuscirei a contraddirlo.

Lui non sembra soddisfatto, pare stia cercando qualcosa nei miei occhi ma non troverà nulla.

Sono vuoti, spenti, indifferenti.

Distoglie lo sguardo,come se avesse timore di qualcosa. Si passa una mano tra i capelli setosi e guarda un punto fisso alle mie spalle.

È combattuto, indeciso.

Non l'ho mai visto così,non è il solito Axen.

Non so cosa lo tormenti e sinceramente non m'interessa, non voglio pensare anche ai suoi problemi, non ho la forza di affrontare anche quelli.

Il cameriere torna con due piatti di carne. Lui inizia a mangiare ma io non ci riesco, bevo un paio di bicchieri d'acqua e guardo il mio piatto. Una nausea improvvisa mi assale, mi alzo dirigendomi in bagno.

Non vomito, non ci riesco. Rimango lì seduta con quella orribile sensazione ,priva di qualsiasi pensiero razionale. Orfeo sembra ammaliarmi con una dolce melodia proveniente dalle ingannevoli labbra di una sirena, quei attimi sembrano eterni e le mie palpebre si chiudono per assaporare meglio quel canto celestiale.

Delle calde e possenti braccia mi sollevano, mi sembra di volare.

Vorrei volare, librarmi tra le bianche nuvole, in un cielo limpido priva di qualsiasi preoccupazione. Ma quelle braccia che mi stringono possessivamente mi costringono a rimanere lì, vincolata alla realtà, a quel mondo così diverso dal mio. Chiudo gli occhi, sognando un mondo perfetto, fatto da persone perfette. Mi piacerebbe tornare bambina per poter continuare a credere nelle fiabe, in quelle storie a lieto fine dove tutti vivono in armonia.

 

 

Piccoli e delicati baci accarezzano la mia fronte.

Braccia rassicuranti mi tengono stretta ad un corpo possente.

Cerco di aprire gli occhi, ma la luce mi scalfisce e istintivamente mi rannicchio nascondendo il volto.

«Finalmente ti sei svegliata» sospira«piccola, mi hai fatto preoccupare» sussurra al mio orecchio.

Pian piano mi abituo alla luce e punto i miei occhi nei suoi.

Non sono brava a capire le persone e non so leggere le espressioni ma per la prima volta da quando lo conosco penso che sia sincero, forse si è preoccupato davvero.

Neanche il tempo di formulare quel pensiero ed ecco che comincia ad sbottonarmi la camicetta.

Sì, si è preoccupato di perdere il suo giocattolo. Sorrido tristemente.

«Piccola, cosa ti è successo? » chiede calmo gettando a terra l'indumento.

Volto la testa dalla parte opposta e chiudo nuovamente gli occhi.

« Sei dimagrita tantissimo» constata sfiorandomi l'addome «Quando hai mangiato l'ultima volta».

Silenzio.

Non ho intenzione di rispondere. Anche perché non saprei cosa dire, non ricordo l'ultima volta che ho messo qualcosa in bocca. Prende il mio volto e lentamente mi costringe a girarmi nella sua direzione« Guardami» ordina. Ma i miei occhi rimangono serrati come se così potessi sfuggirli.

«May, apri gli occhi e guardami » dice alzando il tono di voce e io lo faccio.«Ora rispondi» insiste « quand'è l'ultima volta che hai mangiato?» resto per un attimo interdetta e poi scrollo le spalle. Lui mi guarda « perché ?» attende secondi interminabili « Perché non mangi?»scrollo nuovamente le spalle.

Mi afferra per le braccia scuotendomi «May parla. Non mi piace questo gioco. Rispondi , voglio capire perché non mangi. Perché cazzo non mangi? »urla. «Non ci riesco»sussurro intimorita, alche mi riappoggia sul letto ed esce dalla stanza dicendo «Ora mangerai».

Pochi attimi dopo entra con un cesto di frutta, prende un mandarino privandolo della buccia e si avvicina a me. La nausea mi assale nuovamente e quando Axen mi porge il frutto giro la testa schifata.«May mangia»intima porgendomi uno spicchio« Non c'è la faccio mi viene da vomitare»cerco di protestare ma nulla, lui è impassibile così apro la bocca e mangio.

Appena ho finito Axen mi bacia, mi accarezza la schiena e pian piano mi toglie il reggiseno, «Ti voglio» sussurra tra un bacio e l'altro.

Quelle parole mi fanno tornare in me «No, fermo. Non voglio» protesto con voce flebile, lui come al solito non mi ascolta e scende baciandomi tutto il collo,per poi soffermarsi sui seni e percorrere tutto l'addome. Posa alcuni baci sul bordo degli slip e poi me li sfila risalendo per riappropriarsi della mia bocca. Mi sento totalmente indifesa e vulnerabile perciò cerco di coprirmi ma lui prontamente me lo impedisce bloccandomi le mani sopra la testa«May ti voglio, oggi sarai mia» sussurra con voce roca .

E così fa. Per tutto il tempo mi bacia dolcemente,mi accarezza ma il mio cervello è spento e non registra sensazioni.

Mi ritrovo stretta tra le sue braccia, cerco di alzarmi ma inutilmente perché mi stringe più forte.

«Lasciami andare»

«No, tu resti qui » dice sorridendo.

«Axen , sono stanca. Lasciami andare.»

«May, lo sai che non mi piace ripetere le cose. Tu resti qui. Punto »

Non posso più sopportarlo«Basta. Non c'è la faccio più. In queste settimane mi hai reso la vita un inferno. Non mi ascolti, non mi consideri. Fai tutto ciò che vuoi di me come...come se io fossi un oggetto. Sono stanca del tuo modo di fare, tu non sei superiore a nessuno. Pensi di poter fare tutto solo perché hai i soldi. Usi le persone solo per divertirti , senza considerarle degne di essere ascoltate»gli urlo.«May stai esagerando» mi avverte serio«non m'importa nulla, voglio solo che questo inferno finisca. Voglio sentirmi di nuovo libera, padrona di me. Ti sei già preso tutto di me cos'altro vuoi?» in un secondo mi ritrovo stretta tra le sue braccia, la mia schiena contro il suo torace «Ti ho detto che rimani qui. Ora dormi prima che mi incazzi sul serio »ringhia al mio orecchio intensificando la stretta. Ero stanca e stremata, non avevo più forze per contrastarlo o per replicare,mi abbandonai tra le sue braccia addormentandomi poco dopo.

 

 

 

Sentendo freddo, ad occhi chiusi cerco le coperte, mi giro e rigiro ma non le trovo. Apro gli occhi e scopro che erano finite sul pavimento. Cerco con lo sguardo Axen ma lui non c'è.

La camera è totalmente vuota,su un tavolino lì vicino ci sono degli abiti nuovi. Mi alzo e cerco un bagno e lo trovo quasi immediatamente. Faccio una doccia veloce prendo uno degli acapatoi che trovo lì e corro in camera a vestirmi, quando improvisamente la porta si apre lasciando entrare una signora in uniforme « Questa è la sua colazione. Averta la recepsion quando se ne va, dobbiamo ripulire la camera»dice con tono sgarbato e allo stesso tempo schifato per poi uscire dalla camera. Solo ora mi accorgo di essere in un albergo. mi ha preso per una poco di buono,crede che io sia venuta qui di mia sopntanea volontà. Non sa niente eppure mi giudica. Le lacrime scendono copiose, la consapevolezza che mi abbia usata pesa ancora di più delle considerazioni di quella donna. Non riesco a credere che mi abbia trattato come una troia. Non riesco a credere che se ne sia andato senza dirmi nulla. Ma cosa mi aspettavo? Infondo lo sapevo che per lui non ero nessuno e che non mi ha mai considerata degna di essere ascotata.

Fa male sentirsi un oggetto di così poco valore.

Mi vesto fretolosemente senza neanche badare a ciò che metto, percorro le scale rischiando di rompermi l'osso del collo ed esco con la vista annebiata dalle lacrime.

Ero il suo giocattolo.

Mi ha usato.

Si è divertito.

Si è stancato e se ne è andato.

Nulla di più nulla di meno.

Sono distrutta, non so dove andare.

Comincio a camminare, da qualche parte arriverò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

May,

 

ti scrivo perché so che a voce non riuscirei a dirti tutto ciò, non riuscirei a vedere i tuoi occhi pieni d'odio, ne morirei.

 

So di essere degno del tuo disprezzo.

 

So di essere stato un egoista.

 

So anche che questa lettera non potrà cancellare nulla di ciò che ti ho fatto, ma voglio almeno spiegarti il perché.

 

 

È iniziato tutto come un gioco ma più ti stavo vicino e più ti desideravo.

 

Volevo il tuo corpo.

 

Volevo che tu ti fidassi di me.

 

Volevo che tu mi capissi.

 

Volevo che tu mi amassi.

 

Mi sono illuso di poterti avere tutta per me.

 

 

Ti ho rubato tutte le tue prime volte sperando così di diventare qualcuno di importante nella tua vita ma non ci sono riuscito.

 

 

I tuoi occhi sono cambiati, sono sempre più vuoti, il tuo sorriso è completamente sparito, la tua costante apatia, il rifiuto del cibo, ma soprattutto il tuo silenzio mi hanno fatto capire la più dura delle verità.

 

Io sono il tuo veleno e anche se tu sei la mia linfa vitale preferisco morire pur di non farti più del male.

 

Forse non sono riuscito a dimostrartelo ma finalmente, grazie a te,ho capito cosa significa amare un'altra persona.

 

Piccola mia, anche se me ne vado io non ti lascerò mai sola , veglierò su di te da lontano per non farti ancora del male. Ricorda che per te ci sarò sempre basterà che tu mi chiami ed io mi precipiterò da te.

 

 

Amore mio ti auguro di vivere una vita costellata di successi, felice ,piena d'amore, piena di quel amore che io non riesco a trasmetterti.

 

Ti chiedo solamente una cosa: se puoi perdonami, perdonami per tutto il male che ti ho fatto .

 

 

Axen.

 

 

 

 

 

 

Un piccolo foglietto posato sul cuscino, caduto sul pavimento di quella stanza d'hotel.

 

Quel piccolo foglietto che racchiude il cuore di un uomo, che racchiude la verità è stato gettato via.

 

Quel foglietto non verrà mai letto.

 

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Capitolo 5
*** la sua voce ***


Il vento gelido della notte entra attraverso i leggeri abiti che indosso, il buio mi circonda, le gambe stanche dolgono ma non riesco ancora a fermarmi. Cammino a testa bassa, senza smettere di piangere, non so dove sono e non so quanto tempo è passato. Sono confusa, stordita,persa. Non riesco a capire perché fa così male, volevo che se ne andasse, volevo che mi lasciasse in pace.

Lo ha fatto.

Allora perché mi sento così?

Sospiro.

Sentendo dei rumori alzo un attimo lo sguardo e vedo un meraviglioso labrador retriever scodinzolarmi affianco. É bellissimo, anche con la poca luce che c'è si nota il colore chiaro del manto, non resisto e fletto le gambe per arrivare alla sua altezza e accarezzarlo.

Lui si lascia coccolare e manifesta tutta la sua gioia girandomi attorno e cercando di leccarmi.

«Sissi...Sissi dove sei?» il cane abbaia facendo avvicinare quella voce.

Un anziana signora sorridendo infila il colare a Sissi« Buonasera, la mia Sissi le ha dato fastidio?» chiede gentilmente.«No,no signora anzi mi ha un po risollevato il morale» mi affretto a dirle con voce ancora rotta dal pianto. La signora si avvicina «Oh tesoro perché stai piangendo in questo modo?» chiede preoccupata, io scuoto la testa non riesco a parlarne e lei sembra capirlo.«Io sono Eris, tu come ti chiami?»chiede porgendomi la mano ,gliela stringo«May».

«Bambina sei un pezzo di ghiaccio» mi trascina dietro si se « vieni a casa mia, ti ammalerai!». In meno di cinque minuti siamo nel salotto di casa sua, una piccola villetta unifamiliare, una di quelle case che trasmettono calore solo a guardarle.

«May, mentre io accendo il camino tu vai a farti una bella doccia bollente.»mi ordina spingendomi in un enorme bagno.«Gli asciugamani sono nel mobile sotto il lavello e questi abiti dovrebbero andarti bene. Sono di mia nipote.» conclude con un sorriso ed esce dalla stanza. E così mi ritrovo qui : in un bagno sconosciuto di una casa estranea appartenente ad una persona di cui so soltanto il nome. Ormai penso si avere un talento particolare nel ritrovarmi nelle situazioni più strane.

Sospirando pesantemente tolgo la maglia, i pantaloni, la biancheria ed entro nella doccia. Il getto d'acqua calda scende su di me, lentamente ricomincio a sentire le dita delle mani , i muscoli si rilassano e la stanchezza si fa sentire. Sono avvolta in una nuvola di vapore, mi insapono con un bagnoschiuma alla camomilla, mi risciacquo ed esco. Dopo aver indossato i leggings neri e il gigantesco maglione grigio esco dal bagno dirigendomi verso l'unica luce che c'è. « Bentornata bambina, ti senti meglio?» mi accoglie sorridendo ed io annuisco.« Ora starai meglio! Ho acceso il fuoco e ti ho riscaldato questa minestra. Su vieni! Siediti e mangia!»dice conducendomi quasi di peso verso il tavolo. Eris si siede di fronte a me e mi guarda «Grazie signora ma non ho molta fame » le dico allontanando il piatto « Tesoro a malapena ti regi in piedi, come fai a dire di non aver fame?» mi chiede scandalizzata riposizionando il piatto«ora mangia e raccontami cosa c'è che ti turba tanto da farti vagare all'una di notte per un parco abbandonato» spalanco gli occhi, come l'una di notte? Con lo sguardo cerco un orologio,non ci posso credere Eris aveva ragione. Poso nuovamente gli occhi su di lei e la studio per la prima volta.

Il candido viso segnato dal tempo, contornato dai capelli color argento, le labbra rosee increspate in un sorriso e gli occhi di una bambina. La donna che mi sta difronte aspetta pazientemente tamburellando con le dita sul tavolo di legno. Lei vuole ascoltare ed io per la prima volta da tanto ho bisogno di parlare. Cerco di iniziare ma lei mi ammonisce facendomi cenno di mangiare, io prendo un cucchiaio e poi comincio a raccontarle del nostro primo incontro, del viaggio in macchina, dei baci, delle sue carezze, delle sue parole. Più racconto e più accorgo di quante cose abbiamo fatto in due settimane, di quante belle emozioni io abbia provato, di quante nuove cose io abbia sperimentato. «Allora perché riuscivo a vedere solo i lati negativi? Perché mi sentivo oppressa, in trappola? Io non vedevo l'ora che mi lasciasse in pace ed ora non capisco perché mi sento così... così... non so come mi sento.» dico scoppiando nuovamente a piangere.«May, calmati tesoro»dice la donna con dolcezza« le cose nella vita non sono mai come sembrano, tutto in questo mondo porta una maschera. L' arte del saper vivere consiste nel riuscire a trovare le cose nascoste, nel non credere mai alla prima impressione. Nel corso della vita si impara a distinguere le persone che ci vogliono far male da quelle che non sano come volerci bene.»si allontana per portare via il piatto che avevo appena svuotato per poi tornare con un enorme fetta di torta. « Tesoro, ora assaggia questa e chiama i tuoi, saranno preoccupati! »dice con un sorriso. Da quando non sento i miei genitori? Quando tornerò urleranno per almeno quattro ore.

Sospiro e invio il messaggio.

 

Da: May

A: Mamma

 

Sto bene, ho avuto un paio di contrattempi tornerò prossimamente.

Ciao.

 

Spengo il cellulare, sicuramente proveranno a chiamarmi e non sono pronta ad affrontarli.

«May ti ho preparato una stanza, è meglio se per questa notte dormi qui! Dai tesoro,da questa parte. »Dice portandomi in una piccola e accogliente cameretta rosa simile a quella di una principessa. La donna mi da la buonanotte ed esce , così rimango sola con i miei pensieri. Stesa su quel letto guardo il soffitto ripercorrendo con la mente tutti i momenti passati con Axen e Orfeo mi rapisce per portarmi nel suo mondo fatto di illusioni.

 

 

Un delizioso profumo di caffè mi riporta alla realtà, Eris entra nella stanza con un vassoio ricolmo di leccornie«Buongiorno tesoro, finalmente ti sei svegliata, sono già le undici» dice sorridendo. Mi stiracchio e la saluto cortese ed inizio a mangiare, devo essere in forze per afrontare le domande dei miei genitori. Restiamo lì a parlare, ridere e scherzare per molto tempo. Questa donna ha qualcosa di particolare, riesce a mettermi a mio aggio, con lei riesco ad essere sincera,ad aprirmi, a racontarle le mie paure. In tutta la mia vita non ha incontrato una persona come lei, non sono mai riuscita ad essere sincera con le persone che mi circondavano. Ho sempre detestato informare gli altri sulla mia vita, pensavo fosse inutile. Nel pomeriggio torno a casa e affronto l'estenuante interrogatorio dei miei genitori, poi verso le dieci di sera riesco finalmente ad andare a dormire.

 

È già mattina, la debole luce del sole invernale entra dalla finestra e si infrange sul mio volto dandomi il buongiorno. Mi alzo dal letto di malavoglia e dopo essermi lavata mi vesto con un largo maglione nero e un paio di jeans chiari a sigaretta. La ragazza che osservo nello specchio non sono io, ha uno sguardo vuoto e un sorriso sulle labbra. Sembra persa, smarrita chi sa dove nello spazio come se le fosse stata sottratta l'unica certezza, come se non ci fosse nulla che riesca a tenerla legata alla realtà. È così, mi sento vuota e come se mi mancasse qualcosa.

 

Apro la porta e constato che non c'è nessuno ad aspettarmi.

Sono delusa.

Solo in questo momento mi accorgo che desideravo vederlo qui davanti a casa mia ad aspettarmi con il suo solito ghigno, desideravo che mi prendesse tra le braccia e mi baciasse come ogni mattina, desideravo che mi portasse a scuola e che mi augurasse una buona giornata.

Non so se è per abitudine o per qualcos'altro ma senza di lui mi sento vuota

Mi manca il suo profumo.

Mi manca la sua voce calda e rassicurante.

Mi manca il suo tocco delicato e allo stesso tempo possessivo.

Mi manca il modo in cui mi abbracciava.

Mi mancano i suoi baci.

Mi manca Axen.

 

La giornata scolastica procede normalmente, io seduta in silenzio che penso costantemente ad Axen. Non mi sono accorta di nulla e di nessuno, ogni volta che svoltavo , ogni volta che aprivo una porta, ogni volta che andavo in bagno speravo di vederlo. Anzi no, desideravo che lui fosse la ma puntualmente non c'era. Una volta uscita da scuola prendo il cellulare e cerco il numero di Eris, ho bisogno di parlarle perché devo capire cosa succede, devo capire ciò che provo e lei e l'unica persona con cui io riesca a parlare. Mentre scorrono i nomi della rubrica mi accorgo di un contatto strano.

Lo Stronzo.

Ok che i nomi che assegno sono strani come “Marco il biondo” , “Maria l'erborista” oppure “ Davide vecchio” ma non ricordo di aver mai dato un nome del genere a nessuno.

Provo a chiamare, non resisto, sono troppo curiosa.

Uno...Due...Tre...Quattro «May, piccola arrivo»

La sua voce.

 

 

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Capitolo 6
*** Voglio te ***


Il sole invernale si infrange sul mio volto sconvolto, credo di non aver mai anelato così tanto una persona, credo che in tutta la mia vita io non abbia mai voluto veramente stare con una persona eppure in questo momento darei qualsiasi cosa per poterlo stringere fra le braccia. In questo momento farei qualsiasi cosa mi chiedesse, in questo momento o solo bisogno dei suoi baci, di sentirmi al sicuro e protetta.

Ripenso a come ho sottovalutato tutto, a come sono stata cieca e stupida nel non accorgermi delle mie stesse emozioni. Se solo io me ne fossi resa conto in tempo tutto sarebbe andato diversamente, lui non se le sarebbe andato , forse si sarebbe un po' affezionato a me, forse mi sarei potuta godere la sua presenza ancora un po' , forse...

 

Il gelido vento scalfisce la mia pelle biancastra e assieme al rombo di un auto a me ben nota mi riporta alla realtà.

 

Scende e si posiziona rigido vicino all'entrata.

E qui davanti a me in tutta la sua bellezza.

I jeans fasciano le gambe alla perfezione, la camicia bianca sbottonata per metà e i sui capelli perennemente spettinati.

È qui immobile che mi osserva indeciso, non mi ha neanche salutato, non mi ha neanche sorriso. Rimane lì .

Ma infondo cosa pretendevo?

 

Corro e gli salto in braccio baciandolo, lui un po' titubante risponde all'abbraccio.

Mi è mancato tantissimo, solo in questo momento mi rendo veramente conto di quanto sia diventato importante nella mia vita.

 

Alzo la testa e punto i miei occhi nei suoi sussurrando « Perché... perché te ne sei andato senza....senza dirmi nulla?»

«Come senz...ma forse tu...»mi guarda incerto«ecco...May io...» ma non lo lascio finire che scoppio a piangere« Mi sei mancato... non volevo che tu te ne andassi , non volevo che mi lasciassi sola... io non volevo dire quelle cose.. io non sapevo cosa volevo.. non avevo mai permesso a nessuno di avvicinarsi così tanto a me ma tu ci sei riuscito ugualmente...in questi giorni non ho fatto che pensare a te...desideravo solo che tu tornassi, che mi abbracciassi, che mi baciassi e.. lo so che per te sono solo un divertimento momentaneo ma... ma io mi accontenterò di questo...io voglio solo poterti stare accanto... voglio solo passare più tempo possibile con te anche... anche se so che non appena ti stancherai tutto finirà e mi lascer... »ho pronunciato tutte queste parole ad una velocità impressionante interrotta solo dai miei singhiozzi ma all'improvviso lui mi allontana dal suo petto per guardarmi negli occhi « Io non ti lascerò.

Non più.

In questi giorni in cui mi sono costretto a starti lontano ho passato l'inferno.»si abbassa e mi bacia.

 

Un bacio lento, gentile e amorevole.

Quando si allontana mi dice«Non piangere. Dai piccola non fare così. Vieni, ci sono troppi spettatori»prendendomi dolcemente per mano e aiutandomi a salire in auto.

Una volta salito si gira a guardarmi e sorridendomi amorevole raccoglie le lacrime che solcano imperterrite il mio viso, posa un dolce bacio sussurrando« Non piangere May»mi osserva ancora, poi si volta e mette in moto.

 

Non so dove mi voglia portare ma non m'interessa, sono con lui e questa è l'unica cosa importante.

L'ambiente è intriso del suo profumo, quel dolce e deciso profumo, quel profumo che mi è mancato così tanto.

La sua imponente figura è rigida, concentrato sulla guida, perso nei suoi pensieri.

Il viaggio è silenzioso come tutti gli altri ma manca qualcosa.

La sua mamo.

Gli prendo la mano e sotto il suo sguardo sconvolto la posiziono sulla mia gamba, sorrido timidamente«È così che deve essere » lui sorride a sua volta e ricomincia a guardare la strada.

La sua stretta mi trasmette calore e sicurezza, non voglio che tutto questo finisca, non voglio pensare che lui un giorno se ne andrà.

So cosa ho detto, so che non posso chiedergli nulla eppure...

 

Ci siamo appena fermati.

Axen mi prende per mano e mi accompagna nel suo appartamento, più che appartamento sembra una reggia. Arredamento minimalista, elegante e lineare, colori neutro.

L'unica cosa che mi sorprende e che spicca è la presenza di un gigantesco orsacchiotto rosa. L'orso di peluche che abbiamo vinto alle giostre, quello che credevo avrebbe buttato.

 

«May, vieni devo parlarti »mi prende delicatamente e mi fa sedere sulle sue gambe,mi fa voltare verso di lui ,sospira e incomincia a parlare« Ecco May, non so come dirtelo perciò non interrompermi se no non credo di poter continuare»sposta lo sguardo dalla mia figura « io...io non l'ho mai fatto...non credevo che sarebbe mai potuto accadere ma eccomi qui e come faccio a...a dirtelo...»titubante torna a guardarmi, mi sorride «in queste due settimane mi hai insegnato una cosa importantissima, una cosa che ora ritengo sia essenziale. Voglio spiegarti perché ti ho lasciata da sola. Devi capire che avevo paura di farti troppo male, ogni giorno ti vedevo più triste e.. »cerco di fermarlo e per dirgli che ero solo confusa, che non sapevo cosa volevo ma che ora l'ho capito. Lui mi da un Baccio a stampo e poi continua «non voglio lasciarti mai più, non voglio più starti lontano. Voglio che tu sia mia, mia per sempre» detto ciò mi bacia.

Sono sconvolta, lui ha detto che mi vuole per sempre.

Sul serio , lui ha detto che non mi lascerà.

Mi stacco lentamente mettendo un po' di distanza fra noi«Io non so cosa provo ma voglio stare con te, voglio passare il tempo con te e capire cosa provo » ricomincio a baciarlo.

«Ti amo e ti assicuro che non ti libererai più di me »mi sussurra portandomi nella camera da letto. Sono felice, in questo momento posso veramente affermare di essere felice.

 

Fine.

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