Non Aver mai avuto Paura

di LadySissi14
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Diabolik

Non aver mai avuto paura

Capitolo Uno

Diabolik era nel suo laboratorio, stava preparando un colpo con la massima cura e attenzione. Bastava trascurare anche solo un piccolo dettaglio per rovinare un piano bene costruito, e un colpo andato male significava correre il grosso rischio di essere arrestati. Per quel particolare furto poi aveva perso il sonno, erano anni che tentava di rubare quella maledetta collana. I primi due tentativi erano andati falliti per delle assurde e quasi imponderabili coincidenze.

La prima volta che aveva tentato il colpo, circa cinque anni prima, aveva passato un mese a organizzare un piano perfetto, i Conti Fronans possedevano la collana con la perla nera da molte generazioni, la coppia di anziani coniugi era senza figli o eredi e l’unica possibilità era sostituirsi al marito. La moglie era troppo minuta e nessuno della servitù aveva una corporatura simile alla sua o a quella di Eva.

Il colpo era pronto e la notte in cui avrebbe dovuto sostituirsi al conte era entrato favorito dal buio nel loro maniero. Aveva eluso tutti gli allarmi e si accingeva ad addormentare attraverso l’occhiolino della porta i due consorti,  quando sentì la moglie gridare. Preoccupato si era nascosto veloce dietro alle pesanti tende e poco dopo la contessa era uscita gridando e in lacrime. Il conte era morto d’infarto quella notte e Diabolik dovette attendere molte ore nascosto dietro la tenda prima di poter lasciare la casa.

Era stato un vero smacco per lui e dovette rinunciare al colpo, ma non accettava i fallimenti e anche se erano passati anni di quella collana, non si dimenticava.

Due anni fa era arrivata la notizia che la contessa Fronans avrebbe dato un ricevimento in onore del marito scomparso con lo scopo di raccogliere fondi per beneficenza. Durante la festa tutta la collezione dei gioielli di famiglia sarebbe stata esposta dentro a delle speciali teche. Per Diabolik parve finalmente arrivare una nuova occasione per impossessarsi della collana.

Conosceva tutte le misure di sicurezza prese, il controllo del volto durante la festa non lo aveva di certo fermato. Alterando i lineamenti con la paraffina si era finto un Lord inglese e aveva anche fatto una donazione per sviare i sospetti. Dopo essere entrato senza alcun problema alla festa, aveva esaminato con cura tutti i gioielli e quando finalmente vide la teca con la collana, si rese subito conto che qualcosa non andava. La collana era un falso, fatto bene ma un falso.

Dopo aver interrogato la sera stessa l’anziana signora con il phentonal aveva scoperto che la collana era stata rubata durante un viaggio all’estero tanti anni addietro e che per non dare un dispiacere al marito, la donna aveva fatto realizzare una copia. Dopo quella scoperta si era dato da fare per cercare la collana ma a nulla erano valsi i tentativi per rintracciare il ladro.

Diabolik dovette quindi mettere nuovamente da parte la collana con la perla nera.

Il genio del crimine non dimentica e finalmente una nuova occasione gli si era presentata.

Una donna di nome Maria Mcnott si era trasferita da poco a Clerville, era una donna ricca e non si faceva remore nel dimostrarlo in tutti i modi possibili. Feste sontuose nella sua villa, vestiti sfarzosi e ovviamente gioielli meravigliosi. In poco tempo era diventata una donna molto invidiata e molto famosa in tutta Clerville per le sue strane abitudini e lo sperpero di denaro.

Ovviamente i gioielli non sfuggirono a Diabolik che teneva d’occhio la giovane donna per stabilire l’ammontare della collezione e valutare l’eventualità di rubarla. Il Re del terrore però non perdeva il suo tempo per rubare dei gioielli comuni, stava quindi per lasciar perdere quanto durante un’intercettazione sentì nominare la collana con la perla nera. A quanto pare la donna l’aveva acquistata illegalmente mentre viveva all’estero e la teneva nascosta da qualche parte poiché era un gioiello molto noto.

Bastarono queste parole per accendere in lui il bruciante desiderio di impossessarsi di quella collana che faceva di tutto per sfuggirgli.

Ci vollero diversi giorni di appostamenti per scoprire le abitudini della donna, faceva di certo una vita molto intensa ma non invitava mai uomini in casa se non durante le feste e lei in quei frangenti era sempre al centro dell’attenzione. Anche la servitù era rigorosamente tutta composta da donne. Diabolik dovette quindi valutare bene come procedere e anche se non proprio convinto dovette accettare la proposta di Eva di fare il colpo al suo posto. Lui era di certo più bravo ma non poteva ignorare che in un ambiente di sole donne ci voleva una donna.

Per questo progettava il colpo con ancora più attenzione. L’incolumità di Eva era al primo posto, ma un colpo è sempre un colpo e il rischio era il compagno delle loro vite.

Quando giunse il momento Eva con qualche espediente riuscì a sostituirsi alla signorina Mcnott. Non sapeva dove fosse nascosta la collana per cui era suo compito prima di tutto scoprire dove fosse e poi capire come riuscire a impossessarsene.

L’impresa però non era semplice, il tempo per le ricerche di Eva non era molto dato la vita che faceva con l’identità di Maria. La donna faceva una vita molto frenetica, per Eva c’era sempre qualcosa da fare fuori casa. Non volendo insospettire qualcuno, la compagna di Diabolik era costretta a seguire quel turbine di impegni vari. Questo ovviamente creava il problema della mancanza di tempo per cercare la collana.

Dopo dieci giorni di ricerche, Eva non aveva ancora trovato nessun indizio, Maria era molto ordinata in casa e a quanto pare non vi era alcun documento in cui trovare traccia dell’acquisto del gioiello. Di notte Eva cercava nascondigli segreti per la casa. Quella vita frenetica e le notti passate sveglie la facevano sentire nervosa e spossata.

Una mattina dopo le solite poche ore di sonno Eva si svegliò con un forte mal di testa, si sentiva veramente a pezzi, la sera poi l’attendeva la solita festa con tantissime persone a cui interessava soltanto bere e mangiare a spese della padrona di casa. Aveva comunque una piccola speranza di poter comunicare presto buone notizie al compagno.

La notte prima le era parso di notare che dietro ad una colonna vi fosse del vuoto. Una delle cameriere si era però svegliata e aveva costretto Eva a interrompere le ricerche. Sapeva di dover attendere almeno fino alle prime ore del mattino per guardare con più attenzione quella colonna. Diabolik poi le sembrava sempre più nervoso, ogni volta che si sentivano era  scostante e freddo, lei capiva che saperla lontana innervosiva il compagno.

Quella sera prima che cominciasse la festa, Eva si mise in contatto con Diabolik, la voce dell’uomo però era glaciale e la conversazione finì per essere molto tagliente con il compagno che la accusava di aver preso gusto a quel tipo di vita e che forse per questo non si stava impegnando a sufficienza. La donna si arrabbiò molto e non gli disse che forse aveva trovato qualcosa.

I due litigarono e chiusero il malo modo il contatto. Eva nei panni di Maria era decisamente infuriata, non solo le toccava fare una vita che la stava spossando, ma doveva pure sopportare le accuse del suo compagno.

Per quanto non era di certo in vena di fare sorrisi la sontuosa festa stava per cominciare e lei era costretta a prendervi parte. Si sentiva ancora ribollire dentro e anche se stava ballando con un certo Stefano, non gli prestava la minima attenzione. Improvvisamente però cominciò a sentirsi strana, quasi che il tempo rallentasse, non ebbe nemmeno la possibilità di capire che cosa le stava accadendo che perse i sensi.

Si risvegliò che era in ambulanza, un po’ intontita e con la nausea. Lo sballottare del veicolo le stava rivoltando lo stomaco. Con apprensione si toccò il viso, la maschera era ancora al suo posto. I Paramedici cercavano di dirle di stare tranquilla ma lei si guardava intorno impaurita e disorientata, le avevano tolto l’orologio e non lo vedeva da nessuna parte. Cercava di spiegare loro che voleva solo sapere dove avevano messo l’orologio, che stava meglio e che voleva tornare indietro. Non fece in tempo a chiarire le cose che arrivarono in ospedale. Eva scese dall’ambulanza e cercò di vedere se in giro c’era Diabolik. Tra la barella in movimento e tutte le persone davanti all’ingresso ambulanze però non riuscì a individuarlo. Forse non aveva fatto in tempo, in effetti, non poteva sapere che si era sentita male.

In compenso quel che aveva bevuto e mangiato durante la serata si ripresentò in gola e prima ancora di entrare dovette vomitare. Dopo quell’episodio a nulla valsero le sue proteste, i medici insisterono per farle almeno le analisi prima di dimetterla. Eva acconsentì solo per toglierseli di torno e poter così alzarsi e andarsene.

Il pronto soccorso era un delirio di medici e pazienti, andarsene non era semplice perché molte persone la riconoscevano come Maria e non si levavano di torno. Quando finalmente sembrava che ci fosse la possibilità di allontanarsi tornò il medico. Eva però non fece caso a lui perché con la coda dell’occhio aveva intravisto un viso familiare, era una tra le tante maschere preparate dal suo compagno. Lui era venuto e solo per questo Eva si sentiva meglio. Diabolik era a meno di un metro da lei, vestito con la divisa da infermiere. La presenza però del collega realmente dottore gli impediva di avvicinarsi o avrebbe destato sospetti su chi fosse.

Il medico davanti ad Eva dovette chiamarla tre volte prima che la donna si girasse ad ascoltarlo. La sua attenzione era tutta per il compagno a pochi passi di distanza.

“Signorina Mcnott, sono il dottor Logan, come si sente?” chiese premuroso il medico.

“Meglio, sarei anche pronta a tornarmene a casa” replicò lei sperando che presto potesse andarsene con Diabolik, non si vedevano da più di dieci giorni.

“Ottimo, ho con me i risultati dei suoi test, è tutto posto, anche se dovrebbe seguire una vita più tranquilla d’ora in poi” disse il dottore mentre leggeva i dati sulla cartella.

Eva si era fatta un’idea di quanto poteva esserle successo. Normalmente faceva una vita sana, fatta di buon cibo e di attività fisica. Da quanto era nei panni di Maria aveva mangiato male, bevuto e fatto una vita notevolmente lontana dalla sua. Conscia quindi di questo era notevolmente tranquilla e sperava solo di uscire in fretta da lì.

Il dottore però tentennava davanti a lei e schiarendosi la voce continuò

“Il malore di questa sera ha comunque un’origine, sicuramente avrà percepito una forte stanchezza in questo periodo, del tutto normale dato che lei è in stato interessante.” Concluse il medico.

Eva era certa di non aver sentito bene, non poteva aver capito bene. Difatti come in trance chiese all’uomo davanti a lei.

 “Come scusi?”.

Il dottore con aria comprensiva le rispose.

“Signora Mcnott lei è incinta”.

La donna era rimasta pietrificata, il suo mondo era appena imploso. Cercò subito lo sguardo del compagno, Diabolik era a fianco a lei, aveva uno sguardo glaciale e senza dire una parola “si” era girato e se ne era andato.

Il medico la stava fissando preoccupato. Lei non riusciva nemmeno a respirare, l’unica cosa che continuava a pensare era che non poteva essere davvero accaduto.

“Signora si sente bene? Vuole un bicchiere d’acqua?” Chiese il dottore.

Eva alzò lo sguardo smarrita

“Non può essere, deve esserci un errore”. Replicò subito lei.

La sua non era neanche un’affermazione, quasi una supplica a che il dottore le dicesse che era tutto un terribile scherzo.

“No signora abbiamo ripetuto il test due volte per sicurezza, le posso assicurare che è corretto” cercò di rassicurarla il medico.

“Io prendo la pillola e sono sempre stata attenta a non scordarla, le dico che non è possibile” rispose Eva ormai nel panico.

“Mi dispiace ma anche con quella la sicurezza è al 99%, anche se quindi molto raro lei è tra quella piccola percentuale cui non ha fatto il corretto effetto. Capisco che non si aspettava una simile notizia. Se le serve altro mi chiami, tra poco le firmerò il foglio di dimissione e potrà tornare a casa. Il mio consiglio e di andare al più presto dal suo medico e valutare come procedere” Le rispose il dottore prima di andarsene.

Eva si portò le mani sull’addome, era incinta. Non sarebbe dovuto succedere, un figlio per loro era sempre stato escluso. Lei stessa vi aveva rinunciato per stare con l’uomo che amava. Adesso era accaduta l’unica cosa che avrebbe potuto davvero distruggere il loro legame.

 

Note Autore: sono una vera appassionata di Diabolik ed Eva Kant, ed ho sempre immaginato che anche loro potessero avere problemi comuni e che prima o poi sarebbe toccato scontrarsi con certe situazioni. La storia sarà in totale in due capitoli, di cui il secondo già scritto e solo da rivedere.

Attendo le vostre opinioni su come vi sembra a dove è certamente possibile migliorare.  Grazie

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


Diabolik

Non aver mai avuto paura

Capitolo Due

 

 “Il malore di questa sera ha comunque un’origine, sicuramente avrà percepito una forte stanchezza in questo periodo, del tutto normale dato che lei è in stato interessante.” Concluse il medico.

Eva era certa di non aver sentito bene, non poteva aver capito bene.

 

Diabolik correva a folle velocità per le strade deserte della città.

Era uscito dall’ospedale urtando tutte le persone che si trovava davanti, si era messo in macchina e aveva messo il piede sull’acceleratore.

Non aveva una meta, voleva solo correre dentro alla sua jaguar e tentare così di sfogare la rabbia ceca che lo invadeva. Tanta era la sua furia, che sapeva di non poter tornare al loro rifugio. Se avesse visto Eva in quel momento, forse non sarebbe riuscito a fermarsi e l’avrebbe uccisa. Per questo filava nel buio della notte, scappando da tutto, scappando da lei.

Eva poco dopo le notizie date dal medico era stata dimessa. Era uscita fuori con la speranza che forse lui la stesse aspettando all’ingresso. Non ci credeva molto ma lo sperava. La sua delusione non arrivò quindi inaspettata quando si accorse di essere sola.

Si sedette un attimo davanti all’edificio per raccogliere i propri pensieri. Non sapeva dove andare se tornare nel loro rifugio, o vestire ancora i panni di Maria. Aveva paura, si sentiva maledettamente sola. In quel momento per la prima volta da quando aveva deciso di condividere la propria vita con Diabolik, lui non c’era. Lui non voleva esserci, era certa che non avrebbe desiderato vederla.

Eva prese un taxì e dopo aver riflettuto decise di tornare nel loro rifugio, si sarebbe di certo tradita a vestire i panni di una sconosciuta.

A casa le luci erano spente, lui non c’era, e forse non sarebbe tornato.

Eva si spogliò e si fece una lunga doccia, voleva lavarsi di dosso l’angoscia, ma l’acqua non aveva questo potere. Dopo essersi asciugata si preparò una tisana e si accomodò sul divano per cercare di riflettere. Stava per berla quando le venne in mente che forse qualche erba poteva danneggiare il bambino, e questo le provocò una crisi di pianto. Non poteva tenerlo, lei lo sapeva e allora non aveva motivo di preoccuparsi di cosa beveva. Il loro bambino doveva morire. Era condannato ancor prima di nascere. Diabolik non avrebbe mai permesso che loro figlio venisse al mondo, era una vita pericolosa la loro, vissuta al limite. Non C’era posto per bambini, pannolini e pappe.

Eva si chiedeva allora perché, una decisione già presa, potesse dilaniarla tanto. Pianse a lungo fino ad addormentarsi che il sole era alto.

 

Diabolik aveva raggiunto un loro rifugio fuori città, si era calmato ed era soddisfatto di aver atteso di ritrovare il sangue freddo. Aveva riflettuto, compreso che non era colpa di nessuno, che prendersela del tutto con la compagna era una scelta egoistica. Entrambi avevano creato il problema.  Adesso dovevano solo porvi rimedio. L’idea di un figlio era fuori discussione, era certo che anche Eva sarebbe stata d’accordo.

Si fece una doccia e più calmo si mise in macchina per tornare al rifugio dove sapeva che Eva lo stava aspettando.

Quando rientrò trovò la sua compagna addormentata sul divano, il viso gonfio di pianto e la braccia strette sul ventre. Quando la vide la sua rabbia si svegliò di nuovo. Non la svegliò e andò nella loro palestra ad allenarsi.

Eva si svegliò che erano le tre passate. Passò i primi 10 minuti al bagno, la gravidanza e la nausee erano una novità per lei e non le apprezzava particolarmente. Era china sulla tazza quando vide Diabolik sulla porta. I suoi occhi erano duri e il viso tirato. Si vedeva che era arrabbiato e trovarla così non aveva facilitato le cose.

Eva lo guardava seduta sul pavimento, senza dire una parola.

“Questa sera libereremo la vera Maria, i giornali portano la notizia della scomparsa, andandotene così il colpo è rovinato” sentenziò lui trattenendo a stento l’ira.

Eva rimase senza parole, era dunque questo ciò che lo preoccupava.

“Scusami se non son rientrata nel mio ruolo dopo aver saputo di essere incinta” rispose adirata

Diabolik si voltò e fece per andarsene.

“Fermo dove sei, non ti permetto di fare così. Non mi merito di essere trattata in questo modo. Sono rimasta incinta di nostro figlio, non è solo colpa mia” gridò lei mentre lo rincorreva per il salotto.

Lui si voltò di scatto folle di rabbia, la prese per la gola e la scaraventò sul muro. Sentire la compagna chiamare il problema “nostro figlio” lo aveva fatto andare su tutte le furie.

“Non intendo nemmeno discutere di questo, domani interromperai la gravidanza, e non voglio sentire dire mai più una parola in proposito. Ti libererai di tutto.” Gli urlò mentre la teneva saldamente contro il muro.

Eva boccheggiava, le mancava l’aria e lui non sembrava nemmeno accorgersene. Sentiva gli occhi pizzicare e fece di tutto per evitare di piangere, guardò il compagno negli occhi e vi lesse tutta l’ira di cui era capace il re del terrore.

Con un filo di voce gli rispose “Termina quello che hai iniziato se vuoi, uccidimi subito se è questo quello che desideri” concluse con voce sempre più bassa e flebile.

Forse le sue parole fecero breccia tra la rabbia di lui perché la lasciò andare e si allontanò come se avesse preso la scossa. Diabolik le voltò le spalle e andò verso le cantine, lasciandola sul pavimento, poco dopo ricomparve con la donna che avevano rapito e senza dire nulla lasciò la casa.

 

Diabolik doveva liberare Maria Mcnott, rapita per il colpo, e si concentrò solo su quel compito. Quando ebbe terminato rimase in macchina a fissarsi le mani, le stesse mani che aveva messo intorno al collo della sua compagna. Si sentiva vuoto, una sola cosa era importante per lui, Eva. Non teneva a nulla, la sua stessa vita non voleva niente senza di lei. L’amava incondizionatamente, completamente, ma non poteva permetterle di pensare che avrebbero mai potuto tenere il bambino.

Quella situazione lo faceva impazzire, solo al pensiero perdeva il controllo e diventava pericoloso.

Gli occorsero più di ventiquattr’ore prima di ritrovare la calma necessaria per poter rientrare.

Eva dopo essere stata lasciata sola aveva dato sfogo alle lacrime. Per ore non si era mossa fissando il vuoto. Lei aveva rinunciato all’idea di un figlio, non lo voleva, non ci pensava mai. Adesso però l’impensabile era accaduto, era parte di lei e di lui.

Solo in quel momento si rese conto che non avrebbe mai potuto farlo, era certa che uccidere quel bambino equivaleva ad uccidere lei stessa. Lo avrebbe protetto, a tutti i costi. Per salvarlo dovette prendere una decisione difficile, ma una volta prese si mise subito all’opera. Aveva poco tempo.

Quando Diabolik tornò a casa si rese subito conto che Eva non c’era. Insospettivo fece un veloce giro della casa. I vestiti erano al loro posto e anche tutte le altre cose, ma per il re del terrore qualcosa comunque non andava. Il suo istinto lo aveva messo sull’attenti. Scese in laboratorio, sembrava che fosse tutto come lo aveva lasciato, solo un cassetto non sembrava perfettamente chiuso, era dove teneva le maschere di riserva. Ne mancavano almeno quattro. Fulminato da un dubbio corse ad aprire la cassaforte che conteneva molto denaro, gioielli e pietre preziose. I contanti erano spariti, insieme a tutte le pietre sfuse. Una furia ceca gli fece mettere sotto sopra l’interna stanza. Eva era scappata, lo aveva abbandonato per qualcosa che era meno di niente.

L’avrebbe ritrovata a tutti i costi e avrebbe pagato caro il suo gesto. La voglia di vendetta aveva preso il sopravvento su tutto. L’avrebbe scovata ovunque fosse, nessuno poteva sfuggire alla sua mano, nemmeno Eva.

Diabolik aveva però sottovalutato la sua compagna. Nei tanti anni trascorsi insieme aveva imparato da lui moltissime cose, tra cui come nascondersi. Iniziò le ricerche tra tutti i loro rifugi, sapeva che era quasi impossibile che avesse commesso un errore tanto banale, ma non poteva escludere che fosse andata in qualcuno delle loro case all’estero. Il giro di tutte le proprietà richiese meno di un mese. Eva Non era in nessuno dei loro rifugi, e a quanto sembrava non ci aveva proprio messo piede.

Diabolik continuò le ricerche partendo dalle maschere con cui Eva si era allontanata. Le tracce però svanivano quasi subito. La donna doveva aver creato altre maschere per non farsi trovare. Era stata furba, ma niente lo avrebbe dissuaso dal continuare a cercarla.

Gli occorsero altri sette mesi per trovarla. A tradirla era stato un vecchio ricordo che era tornano in mente a Diabolik. Molti anni prima avevano fatto un colpo in Italia, in una piccola isola Siciliana, che all’epoca era stata la location scelta da uno Sceicco per la festa della bella moglie. Mentre erano sull’isola a fare un sopralluogo prima dell’evento, videro dei bimbi giocavano che sulla scogliera e tra le strade. Eva li aveva guardati con uno sguardo leggermente triste.  Lui aveva subito capito a cosa pensava la sua compagna in quel momento. Eva si era girata, gli aveva sorriso e gli aveva detto che per dei bambini era sicuramente fantastica poter crescere in quella splendida isola.

Diabolik si maledisse per non aver ricordato prima quel fatto. Aveva girato mezzo mondo per cercarla, stavolta era certo che l’avrebbe trovata e partì subito per la piccola isola.

 

Eva dopo aver preso la difficile decisione di lasciare Diabolik aveva dovuto fare molte tappe, all’inizio del suo peregrinare si era spostata ogni quindici giorni in un luogo diverso. Con l’avanzare della gravidanza però diventava sempre più complicato viaggiare. Era certa che Diabolik non l’avrebbe mai perdonata per un simile tradimento, che l’avrebbe cercata a lungo. Sperava solo che con il tempo e un pizzico di fortuna il suo compagno si sarebbe arreso.

Nascondersi sapeva che sarebbe stato faticoso ma aveva avuto un ottimo maestro e sperava di riuscire a far perdere le sue tracce. Il ventre cresceva, e con lui anche i mal di schiena, i piedi gonfi e la sensazione di essere diventata un barattolo gigante. Dopo aver tanto girato si era ricordata di quella piccola isola ai confini della Sicilia in cui a nessuno sarebbe venuto in mente di cercarla. Era il posto perfetto per ricominciare da capo e se il fato l’avesse aiutata a non essere mai rintracciata da Diabolik.

Dopo aver trovato una bella casetta che dava sul mare Eva aveva fatto il necessario per renderla accogliente per il futuro nascituro. Certo era indubbio che il figlio che portava in grembo era il degno erede del suo terribile compagno, fermo un momento non ci stava. Le tirava calci e pugni per tutto il giorno, non facendola dormire quasi mai.

Lei si lamentava con il suo piccolo terrorista, ma lo faceva sorridendo e mai si era pentita della sua scelta.

Diabolik arrivò sull’isola di mattina, travestito da turista. Era leggermente fuori stagione, Dicembre non era proprio il mese più turistico ma qualche avventuroso in giro lo si trovava sempre.

L’isola era molto piccola, con solo 3500 abitanti, non sarebbe stato difficile trovarla, e quando ci sarebbe riuscito le avrebbe fatto rimpiangere a caro prezzo l’essergli scappata tanto a lungo.

Prese una stanza in un piccolo bad & breakfast e cominciò a chiacchierare con i proprietari sulla bellezza dell’isola e sul desiderio di trasferirsi sul posto per cominciare una nuova vita.

Gli avventori lo presero in simpatia e gli raccontarono che ogni tanto qualche straniero comprava casa e si trasferiva sul posto, come quella donna che aveva deciso di far nascere qui suo figlio.

Diabolik comprese di aver trovato Eva e con qualche scusa si fede indicare dove aveva comprato casa la donna.

L’uomo si incamminò verso la casa che gli era stata indicata, era piccola ma accogliete con davanti il mare e ai lati ma non troppo attaccate altre piccole abitazioni. Intorno la vegetazione era abbastanza rigogliosa. Ma non sufficiente a nascondere un uomo in pieno giorno. Dovette quindi aspettare fino a quando il sole non fosse calato per poter iniziare il suo appostamento.

Con il buio e la sua solita tuta nera non difficile arrivare alla casa e nascondersi tra una piccola macchia di alberi limitrofa. La prima cosa era capire se era veramente Eva la donna che abitava l’immobile e non dovette attendere a lungo. Una donna apparve dal fondo della strada con qualche busta della spesa, camminava lenta e tenendosi una mano sul ventre gravido.

La strada non era molto illuminata e dovette aspettare che arrivasse davanti alla porta per avere la certezza assoluta che si trattava di Eva. Si era tagliata i capelli corti e li aveva tinti di nero per non dover portare una sempre una maschera. Sembrava in salute anche se era evidente che la gravidanza era molto avanti. Diabolik non la vedeva da mesi, era bellissima.

Dopo essere entrata la donna si chiuse la porta alle spalle. E l’uomo sentì girare diversi chiavistelli e serrature.

Con cautela si avvicinò fino ad arrivare sotto ad un finestra, con un piccolo microfono direzionabile puntato contro l’abitazione poté ascoltare Eva mentre parlava apparentemente da sola.

 “Ti prego stai buono per un pochino, credo che tu abbia messo un piede sopra il mio rene. Non ti devi agitare, tra meno non molto avrai tutto lo spazio che vuoi. Vedrai che ce la caveremo bene io e te” sentì dire lui dalla sua posizione seminascosta. Capì che la donna parlava con il futuro nascituro e non voleva sentire altro.

Attese che la notte si facesse più scura, i chiavistelli e le serrature per lui non erano certo un grosso problema, dubitava che Eva li avesse messi per  fermare lui. Aprì la porta con molta delicatezza, e in un attimo scivolò dentro la piccola abitazione. Non si sentiva un rumore, ma il suo istinto lo mise subito in guardia. Dalla cucina Eva gli puntava contro una pistola ad aghi.

Eva teneva puntata con mano ferma la piccola pistola contro il compagno. Cercava di trovare tutta la sua forza per non far capire a chi le stava davanti quanto fosse spaventata. Sapeva che c’era il rischio di essere rintracciata per questo si era fatta istallare un piccolo congegno che le segnalasse una eventuale effrazione.

“Pensavi davvero di riuscire a scappare da me Eva?” chiese beffardo Diabolik

“Questi aghi contengono cianuro, non mi costringere ad usarli, vai via e lasciaci in pace” rispose la donna sperando che credesse alle sue parole.

Il piccolo sentendo la paura della madre scalciava come un forsennato e lei non potè evitare di sobbalzare per il dolore di quella scarica di calci e pugni. Diabolik approfittò di quel piccolo attimo di distrazione per disarmarla.

La guardava fisso negli occhi a pochi centimetri dal sui viso, non l’avrebbe mai perdonata, lo sapevano entrambi. Le teneva le palme alzate strette nella morsa d’acciaio delle sue mani.

“Perché non ci lasci in pace, che cosa potremmo mai farti da qui, siamo dalla parte opposta del mondo” gridò Eva, sapendo che se lui avesse deciso di ucciderla non lo avrebbe potuto impedire.

“No, Eva, Diabolik non perdona e lo sai” rispose lui avvinandosi ancora di più alla donna, finendo per toccare con il proprio corpo l’addome prominente di lei.

Eva era terrorizzata, ma cercava di restare lucida per tentare di salvare almeno la vita del bambino

“Lasciami, ti prego, portare a termine la gravidanza e permettimi di affidare il bambino a qualche famiglia. Poi potrai avere la tua vendetta uccidendomi come più ti soddisfa. Ti scongiuro, se mi hai amato sul serio di esaudire la mia richiesta” aveva gli occhi lucidi, avrebbe fatto di tutto per proteggere il neonato.

Il piccolo si muoveva ed essendo a contatto anche Diabolik lo percepì. Era pieno di vigore. A quel contatto l’uomo si allontanò, lasciando libere le mani della donna.

La coppia si guardò fisso ed in silenzio per dei minuti che parvero ore, per quanto desiderasse Eva, non vide alcuna pietà o compassione negli occhi dell’uomo che amava.

“Non posso lasciarvi vivere, lo capisci? Anche se nascesse come tu vuoi lo ucciderei comunque.” Rispose con fermezza lui.

Eva gli si avvicinò, gli prese una mano e la mise sopra il ventre dove il piccolo si agitava incessante.

“Ti prego fai vivere solo lui, è innocente, non ha fatto nulla, ti prego prendi me… Eva dovette aggrapparsi forse a lui, un dolore atroce l’aveva attraversata.

“Oddio, no non adesso.” Disse lei con uno sguardo di puro terrore.

Diabolik comprese subito che qualcosa non andava, forse il bambino stava per nascere. E dal volto di Lei capi anche che aveva tanta, tanta paura.

Avevano passato una vita insieme, anche se lo avrebbe sempre negato dopo quanto successo, l’amava e non poteva vederla così.

“Devi calmarti, stenditi.” Rispose lui con voce glaciale.

Eva era in preda al panico e ai dolori, temeva per la vita del bambino, sapeva che era troppo presto e lui l’aveva già avvisata che lo avrebbe comunque ucciso.

Dopo aver acconsentito a malincuore a stendersi Eva guardava disperata colui che era stato il suo compagno.

Per Diabolik era un momento molto difficile.

“Chi devo andare a cercare?” le chiese con freddezza l’uomo.

Eva ansimava e faticava a parlare. “Non c’è nessuno, meno che mai a notte fonda, l’unico medico dell’isola è andato fuori qualche giorno per il Natale.” Rispose Eva in preda all’angoscia.

Che ironia, aveva cercato Eva per porre fina alla sua vita e a quella del bambino, e ora era l’unico che poteva aiutarla a farlo nascere.

La donna stesa davanti a lui interruppe i suoi pensieri

“Ti prego fai nascere nostro figlio, devi aiutarlo.. devi” lo implorò lei.

Lui non voleva, sapeva di non volerlo ma le urla di Eva lo costrinsero ad aiutarla. Avrebbe pensato ad ucciderlo dopo la nascita, era l’unica soluzione ormai.

Il travaglio difficile, Il bambino non era nella posizione corretta e farlo uscire quasi uccise Eva. Dopo ore che a Diabolik parvero giorni il pianto del bambino riempì la stanza. La madre con un filo di voce gli chiese di vederlo e di poterlo stringere. Diabolik non si rifiutò, la donna perdeva sangue e doveva arrestare l’emorragia o sarebbe morta di certo. Ci mese tutte le sue conoscenze mediche, e tutto l’amore non detto per lei, nel tentativo di strapparla alla morsa della signora con la falce.

Finalmente riuscì a fermare il sangue, la sua compagna per lo sforzo e le perdite aveva perso i sensi mentre continuava a stringere il bimbo.

Diabolik la pulì e la sistemò sul letto pulito, poi prese il piccolo, con l’intenzione di porre fine a tutta quella storia. Si sedette sul letto accanto alla sua donna.

Era incredibilmente leggero il bambino, e terribilmente simile a lei. Diabolik lo stava stringendo tra le mani e tra poco loro figlio sarebbe scomparto. Passarono lenti i minuti e si chiese perché non procedesse e basta, aveva ucciso tantissime volte e senza il minimo rimorso. Il piccolo si mosse e aprì leggermente gli occhi, erano li stessi occhi verdi di lei. E aveva anche un piccolo ricciolo nero sulla fronte.

Diabolik lo fissava esterrefatto, era loro figlio.

Eva si era svegliata ma non disse nulla. Fissò il padre mentre osservava il piccolo e piangeva in silenzio sperando in un miracolo.

Diabolik per la prima volta in vita sua ebbe veramente paura, di quello che non aveva il coraggio di fare e di cosa avrebbe significato per lui avere un figlio.

Eva gli mise una mano sul braccio e lui la fissò sbalordito, poi la mano prese a scuoterlo … forte … sempre di più.

Fino a quando finalmente non aprì gli occhi, sudato e con il cuore a mille nel cuore della notte.

Accanto a lui c’era Eva che lo scuoteva per un braccio, bella, bionda, splendida e sempre accanto a lui.

“Caro che è successo? Ho fatto molta fatica a svegliarti ti agitavi tantissimo e mi sono preoccupata” Gli chiede lei mentre guardava in apprensione il viso di lui.

“Niente, ho fatto solo un brutto sogno, un vero e proprio incubo” gli rispose mentre regolarizzava il proprio respiro.

“Ed è finito tanto male?” chiese lei incuriosita.

“No, non tanto male, ma non vorrei mai doverlo rivivere” sbuffò Diabolik ancora intontito per quanto vissuto durante la notte.

“Forse sei preoccupato per il colpo, la collana con la perla nera ti è sfuggita due volte, ma vedrai che quando domani prenderò il posto di Maria Mcnott andrà tutto bene” cercò di tranquillizzarlo Eva.

“Il colpo è annullato, domani andremo a fare dei controlli medici” rispose enigmatico lui.

“Annullare il colpo?Controlli? Ti senti male?”chiese lei perplessa.

“I controlli sono per te, a scopo preventivo” rispose lui con un sospiro.

 

 

 

 

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