Oltre l’uscio di
casa, l’aria era fossilizzata in un’opaca e gelida nebbia. Non ci si accorgeva
subito di quanto fosse fredda: l’umidità lambiva le persone, penetrando
giacche, sciarpe, cappotti e stringendo loro il cuore in un abbraccio crudele, così
fitta ed ovattata da coprire ogni rumore distante più di qualche metro dai due
giovani.
Castiel, come al solito vestito in modo molto più leggero
di quanto la stagione inclemente richiedesse, corse in fretta alla portiera
della macchina, rifugiandosi subito al suo interno e infilando le mani sotto le
ascelle. Lysandro lo seguì a grandi passi. L’aria
calda e secca del climatizzatore sapeva di plastica bruciata, ma era senz’altro
gradita.
Una volta
entrati, Castiel mise in moto e si avviò verso una
direzione non ben precisata.
Lysandro non aveva mai imparato a guidare. In realtà sapeva
fin troppo bene che, prima o poi, il fatidico momento sarebbe giunto, ma la
necessità non si era ancora presentata. Inoltre era più che sicuro che i suoi
profondi momenti di riflessione l’avrebbero inevitabilmente condotto ad un
incidente.
La nebbia si
stendeva ancora in una coltre impenetrabile. Castiel
fu costretto a sporgersi un paio di volte per verificare che fosse ancora
all’interno delle strisce, e ad un certo punto fu sicuro di aver sbagliato
strada. Fortunatamente un cartello che sorpassarono di lì a poco lo ricondusse
sul percorso giusto, ancora ignoto a Lysandro. Aveva
deciso di non chiedere spiegazioni all’amico: il sorrisetto mascherato dalla
reticenza delle parole del chitarrista, ma soprattutto lo sguardo sfuggente del
fratello, l’avevano attratto più di un profumo inebriante. D’altro canto sapeva
fin troppo bene che qualsiasi domanda posta a Castiel
sarebbe stata deviata con una battuta pungente; era uno dei tanti aspetti del
chitarrista a cui era affezionato. Un altro aspetto che rispettava e apprezzava
molto nell’amico era la sua capacità di non sentirsi forzato a rompere i
momenti di silenzio: Castiel dissimulava la sua
introversione presentandosi ironico, impaziente ed egocentrico, ma oltre il
guscio duro si celava una personalità seria e protettiva, che si riusciva a
scorgere proprio in quei momenti di quiete. Tuttavia Lysandro
non vedeva l’amico da qualche tempo, perciò non esitò a chiedergli come stesse.
-Mah, che posso
dirti? La vita da mantenuto comincia ad annoiarmi, ma sempre meglio che
studiare ancora- rispose canzonatorio Castiel.
Lysandro socchiuse pigramente gli occhi. -Io non ti avrei
visto male a fare l’università- disse –magari qualcosa come ingegneria… Sai
quanto avremmo bisogno di un tecnico del suono-
-Sì, e non
abbiamo i soldi per permettercelo- sbuffò Castiel.
–Lo so, ma gli esami finali mi han fatto scoppiare la testa. Forse, in futuro.
Ah ecco, siamo quasi arrivati-
Svoltarono a
sinistra e si ritrovarono davanti in un grande parcheggio. Ad una non ben
precisata distanza, una luce incredibilmente forte segnalava il loro luogo di
arrivo.
-In aeroporto?
Siamo venuti a prendere qualcuno?- chiese Lysandro,
scendendo dall’auto.
-Siamo venuti
per sfottere gli aerei che non partono per la nebbia- disse Castiel,
digrignando i denti –Contento adesso? Dai, sbrighiamoci, siamo davvero in
ritardo-
L’aeroporto non
era particolarmente grande, ma la loro città non era particolarmente
conosciuta. Lysandro lasciò che Castiel
lo guidasse attraverso persone affrettate, valigie ingombranti e negozietti di
marca. Intanto, nella sua mente, vaghe ipotesi su chi fosse la persona che
fossero venuti a prendere si condensavano in idee inconsistenti. Era
improbabile che si trattasse della madre o del padre di Castiel:
l’amico non avrebbe mai chiesto di essere accompagnato. Una stretta al cuore
gli suggerì un ricordo pieno di dolcezza e rimpianto, ma lo scartò quasi senza
accorgersene, abituato com’era ad annichilire il desiderio della memoria. Ma,
ad un tratto, Castiel cominciò ad aumentare il passo
e la sua solita espressione corrucciata si trasformò in una risata gioviale.
-Dio mio, hai
sempre la stessa brutta faccia, Cornelia-
Un colpo allo
stomaco l’avrebbe lasciato con più fiato.
-Non si può dire
lo stesso di te, Castiel. Tu purtroppo sei
peggiorato- ribatté una voce sommessa.
I suoi occhi si
catapultarono sui suoi più cari amici di vecchia data, l’uno intento ad
abbracciare l’altra, trascinandola in una giravolta che contorse anche il cuore
di Lysandro.
Quando
finalmente i due si lasciarono, la ragazza gli rivolse lo sguardo e si distese
in un sorriso stanco che fece crollare tutti i muri della memoria del giovane.
Lei gli prese la mano e la avvicinò piano alle labbra, senza però sfiorarle.
-È un piacere
rivederti- disse, incurvandosi in un inchino farsesco –Anche se non mi
aspettavo proprio di trovarti qui-.
-Come potevo non
venire?- replicò Lysandro, maledicendosi perché la
sua voce si era fatta di due toni più bassa. Castiel
l’avrebbe preso in giro fino alla morte.
La ragazza non
perse l’occasione di mostrare una smorfia divertita. -Mi chiedo dove siano al
giorno d’oggi questi galantuomini, non è vero Castiel?-
-Ma che vuoi?-
-Se ben ricordo,
quando ti ho chiamato eri più scocciato perché ti avevo chiesto un passaggio
che non felice di sentirmi!-
-Nessuno è mai
felice di sentirti!-
“Io sarei stato
molto felice” pensò fra sé Lysandro. Lo shock
iniziale cominciava ad affievolirsi, lasciando spazio a un viscerale risentimento.
Avrebbe chiesto spiegazioni, ma non in quel momento.
I tre lasciarono
in fretta l’aeroporto, tornando alla macchina di Castiel.
La nebbia, col calare della sera, cominciava lentamente a diradarsi, facendo
riemergere la realtà tra veli di delicata foschia.
Una volta
partiti, il gruppo rimase per qualche attimo in un silenzio pregno di ricordi.
Alla fine Castiel sbottò:
-Signorina, tu
ci devi delle spiegazioni-
Cornelia fece un
profondo sospiro.
-Sì, mamma, cosa
vuoi sapere?-
-C’è poco da scherzare!
Ci hai fatto preoccupare molto, vero Lysandro?-
-Direi di sì-. Lysandro si schiarì la gola, preparandosi –Perché hai
smesso di scrivermi? E di chiamare Castiel?-
Lysandro vide la ragazza accavallare le gambe e appoggiare
la testa sulla mano. Il giovane superò la vastità dei suoi occhi, riuscendo a
leggere un lieve disagio.
-Da quando siamo
andati via di qui, mia madre ha avuto dei problemi di salute e ci siamo dovuti
trasferire per un po’ fuori città. Nel casino complessivo della situazione, non
ho davvero avuto tempo per sentire nessuno. Mi dispiace moltissimo, ma cercate
di capirmi- rispose a voce bassa.
Castiel strabuzzò gli occhi.
-Stai
scherzando? Adesso sta meglio, spero! Accidenti, potevi almeno avvisarci-
-Lo so, hai
ragione. Mia madre ora sta bene, comunque- si scusò lei. Lanciò uno sguardo
impenetrabile a Lysandro.
-E adesso, da
quanto ho capito, sei qui perché…-
-…mi sono
trasferita nuovamente da mia zia. Avevo bisogno di staccarmi un po’. Ho già
fatto il cambio di facoltà-
-Studi ancora
storia?- le chiese Lysandro.
Lei annuì
impercettibilmente. –E tu ancora letteratura, giusto? Non avresti potuto
scegliere una facoltà migliore-
Lysandro sorrise con una punta di compiacimento: Cornelia
aveva sempre sostenuto la sua scelta, difendendolo strenuamente anche nelle
discussioni con Leigh, il quale approvava la passione per l’arte del fratello
minore, ma non la sua totale e completa dedizione. Leigh, per quanto fosse
sempre stato uno spirito libero, era comunque più terreno di Lysandro. Non per niente quest’ultimo aveva capito già da
tempo che il fratello maggiore stava risparmiando per andare a vivere con Rosalya; aveva pochi dubbi sulla stabilità del loro
rapporto e ne era molto felice.
-Ehi, siamo
arrivati-. La voce di Castiel lo riscosse: erano
giunti a casa.
Lysandro si volse e osservò Cornelia. Nella penombra del
sedile posteriore, lei ricambiò l’occhiata, le labbra curvate in un sorriso
sornione. Quell’aria beffarda ma elegante gli era mancata moltissimo.
-Mi farò sentire
presto- lo anticipò lei. Lysandro le concesse un
sorriso e uscì dalla macchina, salutando Castiel con
un cenno del capo.
Fu solo quando
l’automobile fu ripartita che si rese conto di aver dimenticato il suo
quaderno.
Commenti
e note
- Volevo
ringraziare le ragazze che hanno cominciato a seguirmi. La storia sta
acquistando una certa consistenza nella mia mente e spero di riuscire ad
arrivare a dei bei punti. Però specifico nuovamente che sono una persona molto
scostante, quindi non vi prometto che la finirò. Chiedo scusa.
- Si è
introdotto il personaggio della Dolcetta, finalmente! Certo, non è proprio una
personalità tradizionale e non so se vi piacerà. Nei prossimi capitoli
delineerò meglio sia la sua personalità che la descrizione fisica. Oh, il nome
Cornelia mi è sempre piaciuto molto, prima o poi avrei dovuto darlo ad un mio
personaggio.
- Se pensate
che l’atmosfera finora sia stata molto fumosa, allora ho centrato il segno.
Questa storia è all’insegna del nebuloso.
- Il titolo di
questo capitolo è preso ancora da una poesia di Montale, “Nel fumo”.
See y0u.
P.S: buon
anno.