Himiko and Kurama's adventures

di Xandalphon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My little queen ***
Capitolo 2: *** Dangerous nightmares ***
Capitolo 3: *** My dear friend raccoon ***
Capitolo 4: *** The king and the queen ***



Capitolo 1
*** My little queen ***


My little queen

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Il sovrano di Yamatai guardò basito il cadavere del suo consigliere dagli inquietanti occhi rossi. Poi guardò ai suoi piedi. Un'imbarazzante macchia di liquido aveva decorato il pavimento.

 

Non aveva mai creduto nella magia. Era un uomo d'affari, lui. Troppo impegnato a far sopravvivere il proprio regno per badare alle storie delle vecchie comari. Che il popolo adorasse e venerasse pure quel che voleva, ma per quanto riguardava lui, non esistevano né oni, né yokai, ne akuma. Gli unici veri dei erano l'oro ed il potere.

 

Ma quel giorno aveva avuto un saggio del fatto che, forse, il mondo non era semplice e scontato come lui credeva. Quel giorno aveva visto la magia. Quella vera, non i trucchetti di qualche straccione errante che fa felici i bambini, o quelli inventati dai sacerdoti per incutere timore nei fedeli e fargli spillare più quattrini sotto forma di offerte votive.

 

Quelle erano forze che andavano al di là di ogni sua comprensione. Il buco nel muro che dava sul suo giardino privato non era frutto della sua immaginazione. Quella era la gente delle antiche leggende. Gli uomini venuti dal mare che sapevano controllare gli elementi!

 

No, non era più posto per lui, quel dannato palazzo. Doveva scappare, e subito! Inciampando e barcollando si avviò verso la sala del tesoro e sgraffignò quanto poteva mettere in un sacco, per poi sparire. I servitori, che lo videro schizzare fuori in tutta fretta dopo aver sentito degli strani rumori provenire dalla sala da pranzo privata, si chiesero cosa diamine stesse succedendo, ma non osarono fermarlo. Fu l'ultima volta che videro il loro sovrano.

 

***

 

Solo dopo diverso tempo, Kurama e Himiko si accorsero dell'esistenza del mondo intorno a loro. Dopo la paura e la felicità, ora veniva lo stupore. La sala era vuota. Del sovrano loro anfitrione, nessuna traccia.

 

Si guardarono intorno piuttosto confusi.

 

“E adesso?” Fece Himiko

 

“Beh, bambina, adesso è il caso che leviamo le tende prima che...”

 

Kurama non fece in tempo a concludere la frase che degli uomini armati di spada entrarono, sfondando la porta e urlando: “Sua Maesta!”

 

“...Ecco, appunto. Proprio quello che stavo dicendo...” Riprese Kurama, sbuffando rassegnato. Himiko, Mugi, Naruto... Erano le poche eccezioni che confermavano la regola che gli umani fossero mortalmente prevedibili.

 

Poi, ignorando palesemente le guardie che si avvicinavano minacciose, si rivolse a Himiko e le chiese: “Questi qua li vuoi fritti o in padella, pulce?”

 

La ragazza rispose: “No, aspetta, grande volpe... Non penserai mica di farli fuori? Stanno facendo solo il loro dovere, no? E poi non mi sembrano troppo pericolosi... Non si può proprio risolvere la cosa pacificamente, secondo te?” Chiese dubbiosa lei.

 

“Non dicevo mica di ammazzarli... Solo fargli perdere i sensi dopo averli gonfiati per bene di botte... Sai, sei troppo buona, Himiko... Colpa dei geni difettosi degli Uzumaki, suppongo...”

 

“Ehi!” Esclamò piccata lei.

 

Il capo delle guardie ascoltò piuttosto basito il discorso tra i due. Era un tipo alto e muscoloso. E molto, ma molto sicuro di sé. Se c'era una cosa che proprio non riusciva a sopportare, era di essere bellamente ignorato in questo modo.

 

Si trovava di fronte due stranieri: un ragazzo dai capelli di uno strano color rosso e una delicata ragazza con gli occhi azzurri e la pelle diafana. Il cadavere del consigliere del re era a terra e il re stesso era scomparso.

 

A rigor di logica quei due erano assassini inviati da qualche nemico, per quanto faticasse a crederlo, vista la costituzione apparentemente non proprio robusta dei due. Perché non avevano timore di lui, il temuto Daijiro Kobayashi, primo difensore del regno?

 

“Dove si trova il nostro sovrano?” tuonò con la sua voce possente.

 

“Vedi? Adesso è pure incazzato. Giuro che se riesci ad uscire di qui senza pestarlo almeno un po', smetto di chiamarti 'pulce' e 'scricciolo' per una settimana.” Spiegò tranquillamente Kurama, sempre rivolto ad Himiko.

 

“Facciamo un mese?” Disse lei sorridendo. Con tutta la calma del mondo si avvicinò all'uomo nerboruto e gli disse, inchinandosi: “Ci perdoni signora guardia, ma eravamo ospiti del re e del suo primo ministro. All'improvviso però quest'ultimo è come impazzito ed ha estratto la sua spada per ucciderci tutti. Presumibilmente si trattava di una spia di un paese straniero che aspettava solo il momento giusto per compiere il suo esecrabile gesto. Noi lo abbiamo sconfitto dopo una lunga e feroce battaglia. Quanto al re, non sappiamo dove si sia nascosto, poiché siamo svenuti e abbiamo ripreso i sensi solo da poco, dopo l'aspro scontro.”

 

“Ahahahah! E io dovrei credere ad una storia così patetica? Dite le vostre preghiere, qualsiasi sia la divinità in cui credete, madamigella!” Detto questo, Daijiro abbatté la propria spada sul collo di Himiko, che la schivò a malapena. Con uno sbuffo di disappunto.

 

“Uffa...” Si limitò a dire, mentre sentiva dietro di sé Kurama che ghignava sommessamente.

 

Nei successivi dieci secondi, si scatenò il parapiglia: le cinque guardie più il loro capitano si avventarono contro i nemici, con tutta l'intenzione di farli a fette. Se non che, la graziosa ragazzina sbucava qua e là, davanti a loro... Dietro di loro... tutto intorno a loro. Per quanto si sforzassero, non riuscivano a colpirla nemmeno di striscio.

 

Fu un quel momento che Daijiro realizzò che gli stranieri, o quantomeno la ragazza, non erano affatto degli sprovveduti. Ma darsi per vinto? Mai! Mentre i suoi uomini barcollavano sentendosi mancare l'equilibrio, a furia di star dietro alle piroette e giravolte di Himiko, quello non si arrese, mulinando come una furia la propria katana. Cascasse il mondo, avrebbe ucciso quello spirito maligno spuntato fuori da chissà dove.

 

Kurama, che continuava a starsene a braccia conserte, assistendo allo spettacolo ridendosela sotto i baffi, ad un certo punto disse: “Ahem... bella mia, quello è ostinato... Raikirizzalo e andiamo a casa, forza!”

 

“Cosa hai detto?”

 

“Fulminalo, per tutti gli dei!”

 

“No! Lo ammazzerei di sicuro!”

 

“Ok, come vuoi, ma piantala di giocarci... Il fatto che mi stia nascendo della pietà per lui è una sensazione che mi ripugna.”

 

A quel punto, per quanto provasse un certo fastidio all'idea di fare davvero del male a qualcuno, diede finalmente un leggero (o quantomeno, quelle erano le sue intenzioni) calcio in un posto che di solito, se colpito, procura agli uomini un certo tipo di dolore. E che mette anche a serio rischio la sua possibilità di generare una prole.

 

“Waaaah!” Un urlo disumano proruppe da Daijiro mentre si inginocchiava a terra dolorante.

 

Kurama commentò: “Una pedata nelle palle? Ti sto proprio trasformando in un mostro crudele...”

 

“Dici che ho esagerato?” Chiese leggermente preoccupata Himiko.

 

“Un tantinello...” replicò la volpe in forma umana, con un eloquente gesto della mano, mentre si avviava verso il portone da cui erano entrati gli uomini.

 

Quando passò vicino ad un dolorante capitano delle guardie, si abbassò verso di lui e gli disse: “Comunque la piccola stava dicendo la verità. Porta un po' più di rispetto alle signorine, la prossima volta. Intesi?”

 

Per tutta risposta, però, quello si alzò, con fatica e disse: “Pe-perdonatemi miei signori... Ma cercate di comprendere... Ora il re è scomparso e noi siamo senza una guida!”

 

“Beh, non è che siano affari nostri, no? Andate a cercare il vostro amato sovrano e fategli riportare il culo sul trono...”

 

Nel frattempo, un'altra guardia entrò nella sala urlando: “Il tesoro! Manca almeno un quarto del tesoro!”

 

A quella notizia, Daijiro fece due più due e sibilò: “Razza di codardo bastardo...” Poi aggiunse, rivolto ad Himiko: “Mia signora, perdonatemi per la mia irruenza...”

 

"Piuttosto sono io che devo chiedervi scusa... Non avevo intenzione di farvi così male.”

 

“Me ne rendo conto. Siete una dama forte e gentile allo stesso tempo. Posso chiedervi il vostro nome?”

 

In quel momento Kurama sentì un fortissimo prurito alle orecchie. Se quello non era un segno di guai seri imminenti, non sapeva cos'altro potesse essere.

 

“Ahem... Himiko, messere. Il mio nome è Himiko.”

 

A quel punto, con lo scopo di farsi sentire da tutti i presenti che nel frattempo erano accorsi lì, urlò forte: “Lunga vita a Himiko, nuova regina di Yamatai!”

 

“E ti pareva. Le mie orecchie non mentono mai...” Fece Kurama, mentre guardava la sua pulce preferita fare una faccia sorpresa.

 

“Io... Regina?” Chiese, più che altro a sé stessa, la ragazza, sgranando gli occhi.

 

“In fondo, perché no, scricciolo? Anche se io te l'avevo detto che preferivo la repubblica...”

 

Angolino dell'autore

 

Come avevo promesso tempo fa, ecco il seguito delle avventure di Himiko e Kurama. Che ne dite? Adesso la piccola entra per davvero nella storia e nella leggenda, diventando, in modo del tutto inaspettato, regina del piccolo regno di Yamatai. Quali imprese la attenderanno ora?

 

Beh, seguite questa storia e lo scoprirete...

P.s: Ai pochi coraggiosi che seguiranno questa storia, segnalo anche che ho iniziato una nuova long fic, intitolata “The beginning of everything”, che narra, per come me la mia bacata mente le ha immaginate, le peripezie della giovane Kaguya, in un paese molto, molto lontano dalla Konoha che conosciamo, sia nel tempo, sia nello spazio, e come è arrivata ad essere ciò che si vede nel manga.

 

Seeya!

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Capitolo 2
*** Dangerous nightmares ***


Dangerous nightmares

 

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Adesso ha il potere eh? Che stupido che sei stato...

 

E' stata una svolta inaspettata, ma che importa?

 

Non lo sai?

 

Non succederà quello che pensi. Himiko è...

 

Himiko è un'umana. Niente di più, niente di meno. Cosa ti fa credere che si comporterà in modo diverso da quelli della sua stirpe?

 

Anche Naruto e Mugi hanno ottenuto il potere. E non mi sembra che siano diventati dei mostri, no?

 

Konoha era un'altra cosa, lo sai anche tu. L'hokage è sempre stato più un capitano che un vero sovrano. Qui è diverso. Ti sfrutterà per diventare una grande e potente regina. Non sarai che un'arma nelle sue mani, per nutrire le sue ambizioni di gloria.

 

Cavolo, adesso capisco come si sentivano i miei jinchuuriki. Avere una voce dentro di te che ti scartavetra i gingilli a sproposito non è il massimo del vivere...

 

Con me è inutile che indossi quella maschera di ironia. Non serve. Io sono te e tu sei me. Io conosco tutti i tuoi più intimi desideri e sentimenti... Paure comprese.

Lasciala ora, o ti ferirà. E' inevitabile. E' nella natura delle cose. Vattene senza farti più rivedere da lei, prima che il tuo cuore venga lacerato dalla stupidità degli umani ancora una volta.

 

Andarmene? Figuriamoci... Lo scricciolo ha... Ha ancora bisogno di me, dannazione!

 

Bisogno? Come suona male questa parola, detta da noi. Nessuno ha mai 'bisogno' di Kurama, la grande volpe a nove code. Solo del suo potere. E poi, a prescindere da questo, anche ammettendo che quel che hai detto sia vero... Credi davvero che necessiti di un cane da guardia per la sua protezione? La ragazzina sa già benissimo badare a sé stessa, è inutile che tu ti faccia delle illusioni...

 

Le spezzerei il cuore, se me ne andassi. Non avrei mai il coraggio di farle una cosa del genere!

 

Oh oh... Le spezzeresti il cuore? Ma qui non facciamo altro che tornare al punto di partenza: il cuore degli uomini è incline al tradimento e alla scarsa memoria. Magari sì, soffrirà per un anno, due... Anche tre. Ma poi le tue forme saranno sempre più sfuocate, nel suo ricordo... Le parole che le hai rivolto verranno portate via dal tempo, come sabbia nel deserto, senza lasciare alcuna traccia. Gli uomini dimenticano in fretta, è una verità universale che non può essere mutata.

No... Anche stando così le cose non potrei farlo. Non... Non ci riuscirei io, brutto bastardo!

 

Bene, finalmente onesto con te stesso, vedo... Sinceramente non pensavo che fossi così debole da farti rubare il cuore da una misera ragazzina umana senza esperienza del mondo... Nel giro di un solo anno, per giunta!

 

Debole e stupido. Ma se ami veramente quell'insulsa creatura, a maggior ragione dovresti andartene. La vedresti invecchiare... La vedresti diventare una crudele e perfida strega, un tiranno che opprime il suo popolo con il potere che TU le hai donato, nella tua immensa follia. Se scomparissi ora, almeno la conserveresti ancora pura, nel tuo ricordo. Pensaci Kurama, pensaci bene, a ciò che ti ho appena detto...

 

Kurama si svegliò di soprassalto, madido di sudore.

 

“Che incubo di merda...” imprecò a mezza voce. Mentre si alzava dal letto, concentrò lo sguardo su Himiko, che dormiva tutta rannicchiata. Poverina, la sera prima era crollata letteralmente di stanchezza. Non c'era da biasimarla, dopo tutto il casino che era successo.

 

Come poteva quello sguardo, così sereno, farsi inevitabilmente quello di un crudele mostro divorato dall'ambizione? Sembrava veramente impossibile.

 

Eppure, nel suo lungo passato, aveva visto accadere anche quello.

 

Era pur vero che Himiko aveva lasciato le guardie di palazzo con una mezza risposta, riguardo al fatto di diventare regina. E non era detto che i nobili del regno o gli anziani non decidessero di frenare quell'istintivo impulso di entusiasmo di Daijiro e degli altri soldati, seguito alla fuga di quello smidollato grassoccio che avevano prima...

 

Ma aveva troppe qualità per non riuscire a ottenere quel trono, se l'avesse veramente voluto.

 

Che doveva fare? Doveva dirle 'No, guarda, non voglio vederti corrotta dalla politica, dall'ambizione, dalla vanità e da tutte le altre cose che di solito succedono alla gente che posa il culo su uno sgabello dorato'?

 

Sarebbe stato sommamente stupido. Ed anche un po' egoistico, da parte sua, privarla di una possibilità di quelle che capitano una sola volta nella vita.

 

Mentre era intento a riflettere su tali questioni, vide che l'espressione di Himiko, nel sonno, si era fatta angosciata, ansiosa.

 

'Mamma, no...”la sentì mugolare sommessamente. Doveva essere un incubo. Non era la prima volta che sognava la morte dei propri genitori.

 

Come sempre quando accadeva, Kurama si avvicinò a lei, per svegliarla dolcemente e portarla via da quei tristi pensieri. Ma un'altra frase, biascicata a mezza voce lo bloccò, mozzandogli il fiato:

 

“Grande volpe... Kurama... Ti prego non abbandonarmi... Non andare via... Non ti ho fatto niente di male... Non andare...”

 

Prima che la volpe potesse svegliarla, Himiko si alzò di scatto, come un cobra prima di mordere, con gli occhi sbarrati ed il respiro affannoso. Appena vide Kurama, però, rilassò la propria schiena. Era lì ancora. Non era scappato via da lei. Non ancora, perlomeno.

 

Dal canto proprio il Kyuubi, forse per la prima volta dopo molti, moltissimi anni, era sinceramente sorpreso, al punto da non sapere come reagire di fronte a ciò che aveva appena visto.

 

Himiko... Davvero la ragazzina aveva paura che lui prendesse e, senza dire nulla, se ne andasse per i fatti suoi, piantandola lì? Fatto tanto più straordinario se si pensava che lui, in quel momento, non riusciva a togliersi dalla mente ciò che la misteriosa voce aveva detto nel suo incubo.

 

Se le starai vicino lei prima o poi vorrà il tuo potere. Diverrà crudele e ti tradirà... Esattamente come quell'altra, molti secoli fa.

 

Kurama scosse la testa, ma quel pensiero non voleva proprio uscirne.

 

Come per distrarsi, pensando a qualcos'altro, le chiese: “Allora, cos'hai deciso di fare con questo branco di idioti?”

 

“Daijiro desidera a tutti i costi che io mi presenti al consiglio degli anziani. Anche perché i nobili della regione si stanno preparando per accorrere qui. Alcuni hanno già preteso il trono, ma lui e i suoi li hanno messi alla porta. Però non può andare avanti a lungo, questa situazione...”

 

“Ottima risposta, scricciolo, ma non era quello che ti avevo chiesto. Tu cosa desideri veramente, Himiko?”

 

La ragazza emise un lieve sospiro: “Se dovessi guardare a quello che voglio io, scapperei a gambe levate da questo posto. Ma, in un modo o nell'altro, mi sento responsabile per questa gente che, per qualche assurdo motivo che non ho ancora ben compreso, ha riposto tutta questa fiducia in me. Per quanto non sappia bene perché, detesto l'idea di doverli deludere.”

 

“Capisco...” Disse pensoso Kurama.

 

“Eh? Tutto qua?” Replicò lei, sorpresa.

“In che senso, scusa?”

 

“Niente battute, niente commenti sarcastici... Proprio niente?”

 

“Mpf... guarda che ogni tanto anche io ho dei momenti in cui non ho la battuta pronta.”

 

“Onestamente, in più di un anno questa è la prima volta. Sicuro di stare bene?” Insistette lei.

 

“Mah, magari tutto il movimento di ieri mi ha buttato a terra più di quanto non pensassi. Comunque non preoccuparti... Dammi un po' di tempo per prendermela comoda, poi mi passa.

Piuttosto, fatti dare da quel capo delle guardie tutto muscoli un profilo dei tuoi avversari. Scommetto che i nobili di questo posto sono una manica di riccastri senza nerbo. Probabile che nel loro cervello si possa pure sentire l'eco. Nondimeno, farsi un'idea, male non fa, se dovrai arrivare a prenderli a legnate. Intendo in senso metaforico, giusto per essere chiari. Anche se un paio di calci nelle palle come ieri risolverebbero il problema con meno sforzi, in fondo...”

 

“Perché, dici che arriverebbero allo scontro?”

 

“Himiko... Dall'alto delle mie migliaia di anni di esperienza, te lo dico eccome. Ah, e da domani, occhio anche al the che ci servono. Nove su dieci sarà avvelenato... Tsk, gli umani alla fine sono sempre tutti uguali. Passano gli anni ma vogliono sempre le stesse cose...”

 

“E io cosa sono?” Chiese, con più preoccupazione di quanto non ne volesse far trasparire, la ragazza.

 

Fingendo di non capire, Kurama rispose:”In che senso, scusa?”

 

“Sono un'umana anch'io, no?”

 

“Ok, ok, scusa... Ma a mia discolpa va detto che sei un'umana decisamente bella e intelligente, ma soprattutto un po' strana e per giunta assurdamente divertente...”

 

Almeno per ora... Questa malizioso pensiero aleggiò per un istante nella sua mente. Serrò la bocca come per non farselo scappare ad alta voce.

 

“Chissà perché, ma quando esageri con i complimenti sento sempre puzza di bruciato...” Disse lei divertita. Per quanto il viso leggermente arrossato fece capire alla volpe quanto quelle lusinghe le avessero in fondo fatto piacere.

 

Dopo un istante, per uno strano caso della sorte, Daijiro stesso bussò alla porta della loro camera per sapere se andasse tutto bene. Approfittandone lo fecero entrare e lo interrogarono sui possibili pretendenti interni alla corona di Yamatai, in particolare coloro che avevano legami con l'esterno e che potevano vantare un seguito armato più grande delle forze a loro disposizione. Himiko ascoltava con attenzione, facendo domande precise e intuendo il più delle volte il loro punto debole, ancor prima che Daijiro lo rivelasse (quando lo sapeva). Elaborò strategie e simulò il discorso da fare al consiglio degli anziani, per convincerli della sua candidatura quale regina.

 

Kurama parlò poco, osservando più che altro, soddisfatto, l'arguzia della sua amata pulce.

All'improvviso venne però gelato di nuovo da una frase dell'incubo che aveva avuto.

 

La ragazzina sa già benissimo badare a sé stessa, è inutile che tu ti faccia delle illusioni...

 

Come preso da una strana febbre, un opprimente peso al petto che non riusciva a cancellare, non fu più in grado di prestare attenzione al resto del discorso.

 

Dopo che Daijiro ebbe preso congedo, Himiko non perse tempo. Si voltò di scatto verso di lui e lo fissò per un lungo momento negli occhi. Poi gli disse: “Ti prego, mi vuoi dire cosa diavolo hai, grande volpe? E non venirmi a raccontare la storia della stanchezza. Sarò anche una stupida ragazzina ingenua, perlomeno per i tuoi standard, ma non così ingenua.”

 

Kurama esplose in una risata, cercando di farla risultare il meno possibile falsa, poi, come per fuggire da quella pericolosa domanda, le rispose: “Ancora con questo ritornello? Dai, baka, fatti passare questi pensieri idioti...”

 

Lei fece per replicare, ma uno strano senso di spossatezza la invase. Per un attimo le sembrò di vedere le mani di lui che si ritraevano veloci dal suo corpo, prima di chiudere gli occhi, entrando in un sonno profondo.

 

“Scusa pulce... Ma forse quella voce ha ragione. Non posso permettere che il mio potere rovini una persona così splendida come te. O, forse, ho solo e semplicemente troppa paura... Che bella codarda, la tua 'grande volpe', eh? ”

 

Disse sommessamente, con amarezza, adagiandola delicatamente sul letto.

 

Poi scappò silenziosamente dal palazzo, mentre il brontolio lontano ed il cielo grigio annunciavano un temporale imminente.

 

Angolino dell'autore

 

Eh, dannato Kurama e la sua sfiducia negli uomini... Il suo sacro terrore di essere ferito mortalmente se osa provare un sentimento più profondo... Ma molte cose potrebbero giustificare una reazione del genere. Io, con il permesso dell'autrice, ho tratto spunto dalla bella quanto triste storia breve 'Born to hate' di Lunatharis1992, che vi consiglio di leggere.

 

A presto!

 

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Capitolo 3
*** My dear friend raccoon ***


8)My dear friend raccoon

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Himiko si svegliò di soprassalto. Gli unici suoni udibili intorno a lei erano il ritmico scrosciare di un'acquazzone ed il sordo rumore di lontani tuoni.

 

Aveva fatto ancora, di nuovo, quell'orribile sogno: Kurama che se ne andava. Fuggiva da lei. Perché era umana, perché era inadeguata, perché era troppo attaccato agli amori del suo passato... Non importavano i motivi. La conclusione era sempre la stessa, che lui non sarebbe stato mai più al suo fianco.

 

“Ku-Kurama?” Al suo richiamo rispose solo una lieve eco. Un crescente senso di angoscia la pervase. Era stato solo frutto della sua immaginazione... L'incubo era finito... O no?

 

Poté udire nitidamente il suono prodotto dai suoi battiti caridaci. Avrebbe potuto essere tranquillamente lo sbatter d'ali d'un delicato canarino, appena afferrato dalla fredda mano di un uomo e rinchiuso in una gabbia per il resto dei suoi giorni.

 

“KURAMAAAAA!” Urlò.

 

Dai, compari da dietro una colonna, prendendomi di sorpresa, come al solito... Spunta fuori con quel tuo irriverente ghigno sulle labbra, pronto a sputare una delle tue solite battutine sarcastiche...

 

Dannazione, dove sei finito?

 

La sua ragione le diede della stupida ragazzina innamorata, per tutta quell'esagerata preoccupazione.

 

Ma il suo cuore non aveva bisogno di quella stupida osservazione del cervello. In fondo erano pessimi amici i due. Raramente davano retta l'uno all'altro. Sì, era il primo ad avere ragione, non il secondo, questa volta.

 

Se n'era andato. Probabilmente per sempre.

 

Per un'istante, crollò in ginocchio, persa. Che senso aveva diventare principessa, ora? Che senso aveva aver imparato a controllare il chakra, ora? Che senso aveva tutto quanto aveva fatto da quell'orribile, stramaledetto, giorno?

 

Nessuno, ecco la verità. Si era convinta che quel male, se l'aveva condotta da lui, da Kurama, fosse stato almeno per qualcosa.

 

Strinse i pugni e digrignò i denti.

 

Eh, no, grande volpe. Non hai il diritto di prendere e andartene quando vuoi! Io sono la tua jinchuuriki, giusto? E allora non ti libererai di me tanto facilmente, per tutti i kami!

Indossò il primo mantello che le capitò a tiro e corse a perdifiato fuori, sotto la pioggia battente. Non aveva la più pallida idea di dove si fosse cacciato, ma l'avrebbe trovato, cascasse il mondo!

 

***

 

Maledetta pioggia.

 

Schifosa pioggia e ancor più schifoso cielo grigio.

 

Mugi Uzumaki, con quell'animo romantico che si ritrovava (sicuramente preso dal lato Hyuuga della famiglia, poco ma sicuro), avrebbe probabilmente detto: è il cielo che piange per la tua scelta, Kurama.

 

O forse, se si fosse risvegliato il lato Uzumaki, gli avrebbe urlato addosso: Brutta volpe deficiente, cosa cazzo ci fai qui a prendere l'acqua? Muoviti a tornare da lei! Idiota, idiota e ancora idiota!

 

Già. Magari gli avrebbe mollato anche un bel ceffone per farlo rinsavire... Ma che ne sapevano Naruto e Mugi, di quel che sentiva in quel momento? Da quant'è che non aveva la mente così confusa?

 

No. Non doveva cedere al suo cuore, quello che gli stava implorando di tornare indietro. Quello che stava facendo era per il bene di tutti, alla fine. Così nessuno si sarebbe fatto male, giusto?

 

Giusto?

 

Davvero?

 

Ne era sicuro al 100%?

 

Fin troppo assorto, a malapena si accorse di un viandante seduto al ciglio della strada. Indossava un grande cappello a tesa larga, da cui sbucava una lunga e stretta pipa, da cui esalavano ogni tanto graziose volute di fumo. Appoggiata al suo fianco stava una bottiglia di saké.

 

“Ehi vecchia volpe, dove te ne vai?”

 

A quella frase, Kurama si bloccò di botto.

 

“Come mi hai chiamato?”

 

“Vecchia volpe. Come avrei dovuto chiamarti, Kyuubi? Kurama?”

“E tu come...”

 

“Tsk... Ti dai sempre arie da superiore solo perché hai più code... Ma rimani il più idiota di tutti...”

 

Detto questo, l'altro fece una risata rauca. Poi, come per sciacquarsi la bocca, ingurgitò una generosa dose della bevanda che portava con sé.

 

Kurama lo fissava con tanto d'occhi. Non riusciva proprio a capire chi fosse! Poi, come colto da un'improvvisa illuminazione, sbalordito, esclamò: “Shukaku?”

 

“Alla buon'ora. Cominciavo a temere che ci avessi messo tutta la notte, per riconoscermi! Vero che ho fatto un po' di restyling al mio aspetto, però... Sai, non sei l'unico ad aver imparato ad assumere forma umana.”

 

“No, aspetta un attimo. Mi appari così per così all'improvviso, con il tuo chakra completamente soppresso e in questa forma e io sarei l'idiota perché non ti ho riconosciuto? Ma va' a cagare...”

 

“Quanto mi mancavano i tuoi insulti, baka-kitsune...”

 

“Certo, certo, i tuoi affettuosissimi convenevoli dopo, eh? Prima di tutto spiegami cosa diavolo ci fai qui.”

 

“Non ti pare ovvio? Ho percepito la tua presenza e ho deciso di farti una visitina. Così, sai, in onore dei vecchi tempi. Non è stato difficile capire dove ti trovavi. Sei sempre stato una merda a reprimere il tuo chakra.”

 

“Forse perché mi devo impegnare molto di più rispetto a te nel farlo, mezza sega.”

 

“Tanto mezza sega da aver imparato da solo a prendere l'aspetto umano, mentre il signorino qui presente si è fatto fare il vestitino su misura da una ragazzina...”

 

“Piano con le parole, tasso ubriacone. Non ho sentito a tal punto la tua mancanza da non potermi far venire nemmeno una mezza idea di farti fuori...”

 

“Gentile come sempre, volpe. Allora, la Uzumaki dove sta?”

 

“Uzumaki? Non so di cosa tu stia parlando.” Fece con aria vaga Kurama.

 

“baka-kitsune, un'altra cosa in cui hai sempre fatto cagare è mentire... Non pensare di essere l'unico ad avere il diritto di proteggere la stirpe di Naruto. Tutti noi biju gli dobbiamo qualcosa. Specialmente io. Anche perché Kazeshiro me l'ha fatto promettere, prima di liberarmi, di vegliare sui suoi figli. E finora non ho potuto fare un granché, per mantenere tale promessa.”

 

“Eh?” Fece confuso Kurama.

 

“Devo averti proprio sorpreso, se non mi hai fulminato con una delle tue solite stronzate. Credo che mi darò una pacca sulla spalla da solo, dopo... Comunque. Ti sei perso un po' di passaggi di albero genealogico, vedo... Beh, allora te la faccio breve. Ti basti sapere che quella tua ragazza è erede sia di Naruto, sia di Gaara. Un po' più chiaro, ora?”

 

A quell'affermazione, Kurama digrignò i denti e, come una furia, avventò la sua mano sul collo di Shukaku, sbattendolo per terra. Poi sibilò ferocemente: “Allora dove cazzo eri mentre quel deficiente con la congiuntivite gli ammazzava la famiglia? Dove cazzo eri mentre rischiava di crepare? Eh?”

 

Con il filo di voce a malapena concessogli dalla stretta dell'altro, il monocoda rispose: “Ehi, guarda che l'onda finale che ha distrutto il nostro continente mi ha sballottato a miglia e miglia da qui, sai? Una penisola nel lontanissimo nord, dove ci sono solo neve, orsi e barbari che cacciano con lance dalla punta di selce. Non è stata proprio una passeggiata racimolare man mano indizi su dove diavolo potessero essere tutti quanti... E quando ho sentito il tuo chakra risvegliarsi, mi trovavo dall'altra parte del grande mare occidentale, in una terra che chiamano Cina. Ho faticato parecchio per beccarti qui, ora, per quanto non sembri...”

 

Dopo quel discorso, la volpe mollò la stretta, lasciando che Shukaku riprendesse faticosamente il respiro, tossicchiando. Dopo un paio di minuti, il tasso continuò: “Ad ogni modo non hai risposto alla mia domanda. Dove si trova ora la tua bella?”

 

“L'ho... Mollata.” Rispose Kurama, distogliendo lo sguardo, in un misto tra vergogna e imbarazzo, dal suo interlocutore.

 

Fu la volta di Shukaku adirarsi non poco.

“Tu cosa? Spiegami un po': io mi faccio mezzo giro del mondo per trovarla e tu, brutto stupido, la pianti in asso? Ma cos'hai nel cervello, le pigne?”

 

“Gli ho insegnato per bene come cavarsela. Ora non ha più bisogno del nostro aiuto.”

 

“Sei una volpe col cervello pieno di segatura, Hagoromo te l'ha mai detto?”

 

“Quattro parole, tasso mezzasega: fatti i cazzi tuoi.” Replicò il Kyuubi, digrignando i denti.

 

“Vediamo se indovino: ti sei innamorato dell'umana?”

 

“Devo ripetere le quattro parole di prima, Shukaku?”

 

“Ah-ah! Te l'aveva predetto, Hagoromo, che ti sarebbe successo! La nostra volpuccia ha sempre avuto il cuore troppo tenero, eh?”

 

“Prendi meno per il culo. Sai quanto l'ho pagata. E non voglio che capiti di nuovo.”

 

“In parole povere, sei un cacasotto.”, concluse ridacchiano il tasso.

 

“Può darsi. In ogni caso, non sono problemi tuoi.”

 

“Come vuoi, come vuoi... Allora non ti dispiacerà se ci pensassi io a consolarla, poniamo.” Shukaku lo disse con aria indifferente, guardandosi innocentemente le unghie delle mani.

 

“Stai scherzando, vero?”

 

“Oh, no. Io ho tutta l'intenzione di adempiere al mio voto, per cui, che tu ci sia o no, per me non fa differenza, io le starò comunque al fianco. E se nel frattempo dovessi farle dimenticare di te, non credo mi dispiacerebbe poi tanto...”

 

“Che ne dici se ti faccio a fette ora, così eliminiamo quest'incresciosa evenienza?” Kurama aveva fatto uno sforzo titanico per tenere il suo tono di voce calmo, di fronte a quella provocazione.

 

“Geloso, per caso, baka-kitsune?”

 

A quel punto, la volpe non ci vide più. Come prima, anzi, in modo ancor più furente, saltò addosso al tasso, pronto a farlo seriamente a brandelli.

 

Ma la mano pronta a strozzare Shukaku si fermò a mezz'aria. Davanti a lui stava una minuta ragazza con gli occhi arrossati da un lungo pianto, le labbra tremanti.

 

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Capitolo 4
*** The king and the queen ***


The king and the queen

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Il regno di Yamatai non era che un puntino sulla mappa. Qualcosa di apparentemente insignificante. Sembrava quasi strano che fosse sopravvissuto fino a quel momento, con tante signorie più potenti intorno ad esso. I suoi re, non escluso l'ultimo, erano sempre stati molto attenti a tenersi fuori dai guai.

 

Ma in quel momento, a sentire dalle notizie che circolavano per le valli, il sovrano era morto all'improvviso e le famiglie nobili sembravano in procinto di azzannarsi alla gola reciprocamente per ottenere il potere.

 

Sì, per lui, che aveva da tempo proclamato di voler unificare la regione di Kanto in un unico regno, quella era un'occasione perfetta per ampliare i propri domini. Già diversi clan erano giunti da lui supplicandolo, in nome di antiche parentele o legami economici. Volevano che prestasse loro soldi, o armi, o uomini per prendere il trono di Yamatai.

 

Lui ascoltava con molta attenzione, poi, con aria grave e sguardo compassionevole, diceva loro che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarli. Che manica di stolti.

 

Il suo esercito si stava preparando per marciare su Yamatai. Sarebbe entrato nella sua capitale entro la settimana successiva. Era sicuro di incontrare scarsa resistenza. Il puntino sulla mappa avrebbe finalmente cessato di esistere, a scapito del potente vicino, il regno di Yamato.

 

I suoi generali erano convinti che non fosse altro che una nuova campagna di conquista elaborata dal loro glorioso sovrano. Stolti anche loro, che non conoscevano la misura dei suoi sogni. Non era più il solo Kanto ad essere l'obiettivo. No, lui avrebbe unito sotto il suo scettro niente meno che tutte le isole del piccolo popolo. Persino i potenti e arroganti chugoku dall'altra parte del mare occidentale avrebbero sentito parlare di lui.

 

Non aveva messo a parte nessuno dei propri piani per il futuro. Del resto, avrebbero senz'altro riso di lui. Come unire mille e più signorie in un unico impero nel corso di una sola vita? Impossibile!

 

Ma lui conosceva un modo. Poco tempo prima, un vecchio monaco, prima di morire, gli aveva tramandato un segreto. L'antico popolo dei signori degli elementi, che era stato punito dagli dei per la sua superbia (attraverso il loro messaggero dagli occhi rossi), non era sparito tutto sotto le onde del grande mare orientale. Alcuni erano scampati da quel cataclisma e, trascinati dai flutti sulle coste del paese dei Wa, avevano costruito dei villaggi. Con sé, secondo il racconto dell'anziano, avevano portato nove anfore. In ognuna di esse era sigillata una bestia leggendaria, in grado di distruggere intere montagne con il solo soffio del proprio alito. Due andarono perse per sempre nelle profondità dell'oceano; una si ruppe, ed il demone contenuto in essa fuggì via.

 

Le restanti sei vennero nascoste, col proposito di essere celate per l'eternità.

 

Tuttavia il monaco aveva ricevuto dal proprio padre una tavoletta di argilla seccata, che mostrava i luoghi in cui le anfore erano celate. Una mappa, insomma.

 

E non solo. Sulla tavola vi erano anche due formule magiche. La prima era per poter aprire l'anfora. La seconda era per legare il demone alla volontà di chi l'aveva liberato.

 

Gli ci era voluto un po' per decifrare quei segni, ma alla fine, ce l'aveva fatta. L'anfora più vicina era seppellita proprio nel territorio di Yamatai. Col pretesto di riportare ordine e pace in un paese senza guida, avrebbe cercato il primo pezzo della propria personale collezione di demoni.

 

Sì, lui, Kira Shinigami, sarebbe diventato l'uomo più potente del mondo.

 

***

 

“Perché?”

 

Solo una parola. Flebile, quasi sussurrata. Ne conteneva altre centinaia, o, forse, migliaia, rimaste bloccate tra la laringe e la bocca.

 

Eppure, Kurama riuscì a capire perfettamente anche quelle. Il problema di quella domanda, così semplice eppure così complicata, era che non sapeva come risponderle.

 

Nella sua testa ronzavano migliaia di frasi, che avrebbe potuto usare per la circostanza; dopotutto non aveva fatto altro che scusarsi mentalmente con lei da quando se n'era andato. Il punto stava tuttavia nel fatto che nessuna di esse gli pareva anche solo minimamente adeguata.

 

Perché ciò che Himiko gli stava chiedendo – no, non chiedendo, pretendendo – era di infrangere definitivamente la barriera che aveva innalzato tra lui ed il mondo. Naruto e Mugi l'avevano incrinata, spezzata in numerosi punti, lasciando entrare spiragli di luce. Ma non bastava più.

 

Lei gli stava domandando di poterla oltrepassare, di condividere quello spazio di buio che era sempre stato solo suo, con quel 'perché'. E di non andarsene mai più.

 

Era davvero disposto a permetterlo?

 

Per un lungo momento, Kurama chinò la testa, rimanendo in silenzio. L'unico rumore era il tambureggiare monotono della fine pioggia sul terreno.

 

Nemmeno Shukaku, con la sua usuale lingua tagliente, osava interrompere quel momento. Capiva quale interna e soffocante lotta si stesse svolgendo nel cuore del suo rivale e – nel privato della sua mente poteva anche confessarselo – amico.

 

“Vieni, Himiko. Sediamoci su quella pietra. E' una lunga storia.” Disse solo, lentamente, la volpe.

 

La ragazza fece un cenno con la testa, e si accomodò sul masso sul ciglio della strada. Poi aggiunse, in tono serio: “Ti ascolto.”

 

A quell'invito, il Kyuubi iniziò la sua storia.

 

“Come ti ho già spiegato, non sono altro che un demone. Un ammasso di chakra concentrato, che ha assunto forma fisica. L'eremita delle sei vie, Hagoromo, mi ha fatto questo. Anzi, correggo, 'ci' ha fatto questo, dato che il qui presente amico col cappello, è Shukaku, il demone tasso monocoda.

 

Comunque. Hagoromo era l'umano più straordinariamente saggio e potente che fosse mai vissuto e che, probabilmente, vivrà mai. Sconfisse un enorme demone, che minacciava di spazzare via l'umanità, nientemeno. Ma anche lui commetteva degli errori. Per esempio, quello di dare un'autocoscienza allo spirito vitale del mostro, dopo averlo diviso in nove parti.

Coscienza di sé... Ciò significa ragione, emozioni, sentimenti... Grande, grandissimo sbaglio. Una volta che lui se ne fu andato, rimanemmo soli. Nessun padre che ci insegnasse come vivere nel mondo degli umani. Ci colse un inebriante senso di libertà.

 

Ma era un dono maledetto. Perché non eravamo, non siamo, né saremo mai come gli uomini. Esseri deboli e dalla vita breve. Eppure ci illudemmo. Credevamo davvero di poter vivere in armonia con loro, come degli... amici. Era il nostro sogno più grande. In particolare il mio.

 

Mi mancava troppo Hagoromo e cercavo la compagnia dei suoi simili, per riempire il vuoto che aveva lasciato dentro di me. Solo che fui talmente ossessionato da questo pensiero da non rendermi conto che loro, gli uomini, avevano cominciato ad osservarmi con occhi diversi. Per loro potevo essere un'arma. Guadagnarsi la mia fiducia era come assicurarsi la forza di diecimila uomini, in una battaglia.

 

Anche se avrei dovuto capirlo, o quantomeno riconoscerlo, la mia mente semplicemente si rifiutava di concepire una cosa del genere. Perciò non mi accorsi della meschinità di coloro che stavano intorno a me.

 

Poi... Poi avvenne un fatto. Ecco io... Io cominciai a provare affetto per un'umana. Per certi aspetti era simile a te, scricciolo. Mi ricordo ancora molto bene i suoi capelli rossi che ondeggiavano nel vento...

 

Sarei stato disposto ad ogni cosa per proteggerla. E questa fu la mia rovina. Il mio potere iniziò a cambiarla. Ricorse a me per sbarazzarsi di coloro che le avevano fatto del male, coloro che odiava. Mi sembrava una cosa legittima, in fondo. Poi iniziò ad utilizzarmi per nutrire la sua ambizione, per farsi venerare come una dea ed incutere il terrore in coloro che non le obbedivano. Ero confuso, spaventato da ciò che le stava accadendo. Ma le volevo troppo bene e non riuscivo a dirle di no.

 

Invecchiava, e prese invidia della mia immortalità. Qualche pazzo le disse che nutrendosi della mia energia, avrebbe avuto anche lei lo stesso dono... Beh, date le premesse, la conclusione mi sembra inevitabile, no?

 

Lei... Lei cedette alla tentazione, tenendomi una trappola per uccidermi. Io, che ero sempre stato al suo fianco... Io, che le avevo dato tutto quello che possedevo. Quel giorno caddi nella più nera disperazione. Ed iniziai ad odiare tutto e tutti. Odio feroce, malvagio... Una bestia ricolma d'ira. Riesci a vedermici, pulce, mentre rado al suolo città intere per placare la rabbia che avevo dentro? Così, solo per il gusto di farlo? Ho ucciso, molte, molte persone... Molte di più di quante riesca a ricordare e contare...

 

Ed ero contento della paura che suscitavo nella gente, nel disgusto e nel rancore che vedevo nei loro occhi mentre biascicavano il mio nome...

 

Ma invece di coalizzarsi contro di me, continuavano a tradirsi e massacrarsi tra loro, gli uomini... A volte riuscivano ad imprigionarmi nel corpo di qualcuno, ma non era mai per molto. Era divertente vedere che il povero malcapitato subiva il loro disprezzo sebbene non avesse fatto nulla per meritarselo. Ed io in questo vedevo una conferma di quanto fossero marci. Di quanto il mio odio nei loro confronti fosse legittimo. Arrivai ad odiare anche Hagoromo: sia per averci abbandonato troppo presto, sia per il fatto stesso di averci creato.

 

Poi, un giorno, arrivò un tuo lontanissimo avo, dai capelli del colore del grano. Era un idiota buono a nulla, una frana cosmica. Era il mio Jinchuuriki. La sua vita era un inferno di cui nemmeno lui si rendeva conto appieno. Ogni volta che subiva un torto, cercavo di farmi strada nel suo cuore, perché liberasse la mia furia... Niente. Non si arrendeva mai quel dannato. E alla fine, non si arrese nemmeno con me. Fu la prima persona, dopo centinaia di anni, che cercò di diventare mio amico. Sebbene la colpa della morte dei suoi genitori fossi proprio io. Un bel masochista, eh?

 

Fui io a cedere a lui, non viceversa. Quando invecchiò, si fece promettere da me che avrei badato a sua nipote. Come potevo dire di no? La piccola era identica a lui, solo – fortunatamente – un bel po' più intelligente. E da qui la storia la sai.

 

Piuttosto che usarmi come arma, ha preferito sigillarmi. Ha preferito mettere al sicuro il proprio amico, anche a costo della propria vita. Non penso proprio di aver meritato un tale trattamento...

Con te ho sperato di rivivere quei giorni, Himiko. Ma ad un certo punto... Beh, è diventato tutto diverso. Questo posto è identico a quello della mia gioventù. E anche tu...”

 

La lingua di Kurama, dopo essersi sciolta all'improvviso, come neve sorpresa dal primo sole primaverile, si ingarbugliò. Per tutto il tempo del suo racconto aveva fissato il vuoto, perso nelle immagini del suo passato, senza rendersi conto dei mutamenti d'espressione che quella storia generava nella ragazza.

 

Ma in quel momento si volse e notò il caldo sorriso di lei, che commentò soltanto: “Io non ho i capelli rossi, stupido.”

 

Sorpresa, la volpe emise un sospiro. “Ragazzina, ma hai capito qualcosa di quel che ho detto?”

 

“Certo. Che non devo preoccuparmi.” Mentre lo diceva, Himiko rideva e allo stesso tempo piangeva. Prese a battere lentamente i pugni sulla sua spalla.

 

“Stupido... Stupido... STUPIDO! Ero terrorizzata... Ho pensato che mi volessi abbandonare, perché... Perché non... Perché non ero niente per te. Tu con tutti quei tuoi mille e mila anni di esperienza alle spalle, cosa se ne faceva di una ragazzina sprovveduta come me, eh? Pensavo che avessi deciso che non avevi più tanta voglia di stare con un debole e noioso essere umano... Pensavo... Pensavo male! Stupido, stupido e ancora stupido... Stupido e codardo...”

 

Già. Sono stato uno stupido. Non gli stavo dando la libertà... Il testa quadra aveva ragione... 'L'unica e sola libertà, sta nei legami'. Ah, biondino, scusami per tutte le prese per il culo quando facevi casino con Hinata... Suppongo che da lassù tu me le stia rinfacciando tutte, eh?

 

Mentre il discorso di Himiko perdeva gradualmente di senso, fino a farsi una serie di singhiozzi , Kurama non trovò di meglio da fare, che abbracciare quello strano scricciolo tremante.

 

Shukaku fece un impercettibile cenno d'assenso. Poi con uno sguardo malizioso fece loro: “Di questo passo, prendetevi una stanza, piccioncini!”

 

La pioggia era terminata e gli ultimi raggi del sole al tramonto squarciavano le nuvole, tinteggiandolo di rosso e viola.

 

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