Happy Ending

di MikaCellos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Heroes ***
Capitolo 2: *** I see you! ***
Capitolo 3: *** Tah Dah ***
Capitolo 4: *** My Interpretation ***
Capitolo 5: *** Good Gone Girl ***
Capitolo 6: *** Good Guys ***
Capitolo 7: *** Blue Eyes ***
Capitolo 8: *** Aula 19 ***
Capitolo 9: *** "Thank God that you found me" ***
Capitolo 10: *** Promiseland ***
Capitolo 11: *** "I could be anything you like!" ***
Capitolo 12: *** "I can't stop hearing words" ***
Capitolo 13: *** "When will I see you again?" ***
Capitolo 14: *** Any Other World ***
Capitolo 15: *** A little stardust ***
Capitolo 16: *** One of a kind ***
Capitolo 17: *** Hurts ***
Capitolo 18: *** Unbreakable ***
Capitolo 19: *** Ring Ring ***



Capitolo 1
*** Heroes ***


Quella domenica sera era diversa dalle altre. Di solito passavo le notti in bianco a pensare e ripensare sulle note delle canzoni del mio idolo; quella notte, però, il sonno mi raggiunse un po’ prima del solito,forse a causa della stancante giornata passata a suonare.
— “ I could be brown, I could be blue, I could be violet sky…”— fu così che mi svegliai quella mattina. Solo dopo aver aperto gli occhi mi resi conto di essermi addormentata con le mie inseparabili cuffiette ancora alle orecchie… Ebbene, iniziava un’altra lunghissima settimana. — Magari dopo tutto questo risveglio non sarà così tanto male — pensavo fra me e me.
13.05, fine delle lezioni.
I ragazzi si ammassarono sulle scale ansiosi di tornare a casa; Io, invece, presi il mio violoncello e mi recai direttamente alla stazione per la mia lezione settimanale al Conservatorio. Il lunedì, talvolta, fa pesare anche la musica… Per fortuna ho il mio Mika. — “ Scende su di me, la certezza e…Ora io so che sei l’Origine dell’amor!” —.
Ero totalmente immersa in quel fiume di parole e pensavo,continuavo a pensare a lui. Perché quel ragazzo riusciva a comunicare così bene con me solo tramite la sua musica? Perché non potevo parlarci solo per un secondo? Perché non…
Fu lo squillo del mio cellulare a riportarmi alla realtà. Sulla schermata comparve il numero di telefono del mio Maestro: — Chiara dove sei?—  chiese. — Sono appena arrivata, sto salendo — risposi con voce affannata a causa delle scale. — Ti aspetto,ci sono novità! — concluse il Maestro.
Non diedi molto peso a ciò che disse: Forse qualche concerto,forse qualche concorso… Una volta entrata nell’aula iniziai a posizionarmi e dopo qualche minuto eccomi lì, con il violoncello posato sulle gambe e l’archetto in mano. Dio solo sa quanto suonare il violoncello mi rassicuri; quelle note così profonde e armoniose che mi accompagnano, mi rendono così felice… Un po’ come le canzoni di Mika.
Alla fine della lezione ero soddisfatta, forse più del solito! Sorridevo leggermente mentre intanto riponevo il violoncello nella custodia, per poi sentire il Maestro che mi chiamava. — Allora…Stammi a sentire—  iniziò. — L’orchestra del conservatorio è stata chiamata per la registrazione di un disco qui a Monopoli. Si tratta del nuovo disco di un famoso cantante! — concluse il Maestro.
A quel punto alzai di scatto il capo e fissai il Maestro con occhi sgranati per poi scorgere un insolito sorriso sul suo volto.  Potrebbe essere lui… Ma no! O magari si! pensavo ansiosamente in attesa di una replica da parte del Maestro.
— Si tratta di Tiziano Ferro! — disse con tono sicuro.
Mi limitai a sorridere in quel momento, misi il violoncello in spalla e, dopo aver salutato il Maestro, mi avviai velocemente verso l’uscita del Conservatorio.
La rabbia, l’invidia, l’odio… Ma soprattutto la delusione. Non facevo altro che pensare a tutte i felici racconti delle ragazze che aveva incontrato Mika, e io? Il mio “Happy Ending” dov’era?
Una lacrima rigò il mio viso e scese rapidamente a causa della camminata veloce.
Ancora una volta i miei pensieri vennero interrotti. Mi scontrai all’improvviso con un uomo. I miei libri di musica caddero e, con la testa bassa, mi chinai per raccoglierli in fretta
— Ehm…Scusami... Tranquila, racolgo io!— esclamò l’uomo. — Grazie — risposi per poi ricominciare a camminare velocemente.
— Wait, aspetta! — urlò l’uomo.
Dopo appena tre passi mi fermai.
Avevo già sentito quella voce, con quel tono un po’ insolito e rassicurante, come le note del mio violoncello.
A quel punto mi girai, il mio respiro si fece affannoso e mi bastò scorgere un po’ le sue scarpe per capire che…







 











 
Note:
Grazie mille per aver letto questo pseudo primo capitolo ^-^ È la prima volta che scrivo una storia quindi perdonatemi se ho fatto errori grammaticali o altro. Se la storia vi è piaciuta potreste recensire o altro, cercherò di pubblicare altre capitoli il più presto possibile, grazie ancora per aver letto e alla prossima! <3

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Capitolo 2
*** I see you! ***


Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e intanto il mio sguardo saliva piano piano fino a che i nostri sguardi non si incontrarono.
Quei suoi occhi così perfetti in cui ci si perde facilmente mi scrutarono lentamente il volto, ancora un po’ bagnato da quelle lacrime di delusione per quanto accaduto qualche minuto prima.
Era Mika, il mio Mika; era lì di fronte a me, ma perché non riuscivo a fare o dire nulla? Tutto il tempo passato a progettare il nostro incontro mi ricadde addosso in quel momento che desideravo non passasse mai.
-I’m sorry, scusa per prima but…Sono in ritardo! See you son.- disse velocemente.
No, non riuscivo a realizzare ciò che era appena successo. Ero  davanti a lui, totalmente incantata e persa nel suo sguardo così dolce e infantile…Che non l’avevo neanche salutato. Il rimpianto cominciò a crescere dentro di me, passo dopo passo. Ero ancora tanto confusa, avevo bisogno di parlare con qualcuno ma in quel momento avevo dimenticato tutto. “See you son”, “Ci vediamo presto”. Aveva davvero detto così, ma chissà se sarebbe successo davvero. Quella sera i pensieri si stavano lentamente impossessando della mia mente, sentivo che da quel momento sarebbe cambiato qualcosa… O almeno lo speravo. Da quando Mika si era girato per andare via dopo la nostra conversazione, sentivo come un vuoto dentro di me: Perché non gli ho detto che è la mia vita? Perché non l’ho abbracciato? Perché sono rimasta immobile e in silenzio? L’ultima domanda, particolarmente, mi tormentava più delle altre. Erano già le 3.00 di notte, insolitamente il mio telefono vibrò squarciando la quiete che mi circondava.
-Pronto?- risposi a voce bassa.
- Beh, com’è andata la lezione?-. Era Teresa, la mia migliore amica.
- Senti…Devo dirti una cosa.- risposi sicura di me, come se non mi fossi accorta della sua domanda.
-Che succede?- chiese ansiosamente Teresa.
- Oggi ho…- ansimai. Seguì un silenzio, un silenzio diverso dagli altri, quasi soffocante. E poi cedetti, le lacrime scesero lentamente sul mio viso mentre singhiozzavo. Dall’altro lato della cornetta Teresa aspettava, lei mi conosceva. Sapeva benissimo che le avrei detto qualcosa di importante da un momento all’altro, per questo restò in silenzio: Un silenzio comprensivo, uno di quelli che solo un’amica può darti.
Presi fiato, asciugai il mio viso alla ben meglio e ricominciai a parlare lentamente:
-Penso di aver buttato la mia vita per colpa della mia timidezza.- dissi d’un fiato. Ancora non sentivo nessuna parola da parte di Teresa, così continuai:
-Oggi ho incontrato Mika, era lì al conservatorio. Ci siamo scontrati, lui mi ha parlato ma io invece di rispondergli mi sono limitata a fissarlo; mi dispiace, credimi! Avrei dovuto…- a quel punto Teresa mi interruppe.
-Ehi… Non avresti potuto fare altrimenti. Se davvero per te è così importante, stare lì in silenzio davanti a lui…E’ stato l’unico modo per farglielo capire.- disse.
- Mi ha detto “See you son”, prima di andarsene.- aggiunsi in attesa di una risposta che, tuttavia, non arrivò. A quel punto capii. Quel mio silenzio davanti a Mika avrebbe potuto significare due cose: La svolta positiva della mia vita o la rovina della mia vita. Ciò che non capivo, era se sarebbe dipeso da me o da lui.


 

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Capitolo 3
*** Tah Dah ***


La mattina dopo mi svegliai più stanca del solito. Sentivo un cerchio alla testa, i miei occhi a mala pena si aprivano e avevo le gambe doloranti; forse avrei fatto meglio a dormire la notte prima, ma anche provandoci non ci sarei riuscita. La strada verso la scuola mi sembrò più lunga del solito anche perché, questa volta, non avevo Mika con me. Dopo il nostro incontro non ero ancora riuscita ad ascoltare una sola sua canzone, sapevo che i sensi di colpa mi avrebbero sovrastata di nuovo.
-Stai seguendo?- mi domandò la professoressa con tono irritato.
Ero tanto, troppo distratta dai miei pensieri…Non sentii neanche la sua voce!
-Allora!- urlò improvvisamente.
Alzai di scatto la testa e la fissai un momento, per poi ricominciare a fissare il mio banco.
-Scusate, ho bisogno di…- non terminai la frase, mi alzai e corsi fuori dalla classe. Non volevo piangere ma dalla notte prima non avevo più il controllo di me stessa, quel uomo mi aveva improvvisamente rubato la vita! Sentii un dolore lancinante alla pancia, mi appoggiai al davanzale della finestra e lentamente mi abbassai ritrovandomi accovacciata a terra, ancora fra quelle stesse lacrime che mi tormentavano dal giorno prima.
-Basta,basta!- sussurrai fra me e me. La campanella dell’ultima ora suonò violentemente e in pochi minuti i corridoi si riempirono di studenti, come sempre eccitati all’idea di abbandonare le noiose mura scolastiche. Mi alzai e tornai in classe per prendere il mio zaino; la professoressa mi guardò scioccata e si avvicinò lentamente:
-Che sta succedendo?- domandò a braccia conserte.
-Nulla, ho i miei problemi “adolescenziali” come li definite voi professori!- risposi con voce squillante.
Subito dopo corsi via ancora una volta, impedendole di aggiungere qualsiasi cosa e mi diressi verso la stazione.
Avevo paura di tornare in conservatorio, tanta paura. In quel momento riuscii a dimenticare tutto e chiusi gli occhi nella speranza di riposarmi…Ma ero già arrivata, era la mia fermata. La situazione si fece drastica quando fu il momento di entrare, quel corridoio mi terrorizzava. Feci un respiro profondo ed entrai sicura di me nella scuola di musica. Per fortuna non ebbi problemi o, peggio, incontri durante quei pochi metri. Quando fui dietro la porta dell’aula sentii delle voci, probabilmente il maestro che parlava con i suoi colleghi… Bussai due volte ed entrai immediatamente. Ero ancora sulla soglia della porta quando vidi lui. Sentii ancora quel dolore lancinante alla pancia ma cercai di non abbassarmi e di sopportare il dolore in silenzio, dopotutto ci sarei riuscita benissimo con la presenza di Mika. Aperta la porta mi trovai gli sguardi di Mika e del maestro puntati addosso. Questa volta non sentii nulla, a parte quel dolore che sembrava non passare mai. Dei due, Mika aveva il sorriso più bello, così naturale, così splendente, così perfetto.
-Buonasera- disse il maestro. Notai che aveva un disco in mano e risposi subito:
-Buonasera a…Entrambi!- risposi balbettando e intanto lasciando la custodia.
-Hi Chiara! Sono felice di vedere te. Comme stai?- rispose a mia grande sorpresa Mika. Non riuscivo a dire nulla,non a lui…Ma dovevo fare qualcosa, così sorrisi dolcemente guardandolo negli occhi. Lui ricambiò e continuò a fissarmi così, con quel sorriso meraviglioso.
- Beh le novità non finiscono mai. Mika, che come ho notato conosci, sta cercando dei violoncellisti per il suo nuovo singolo che uscirà fra un mese e…- disse il maestro.
-So, tu sei una cellist?- lo interruppe Mika che continuava a sorridermi.
-S-si...- risposi quasi sottovoce. Mika ricambiò con una risatina sotto i baffi.
-Dicevo, per partecipare devi fare un’audizione qui fra una settimana. Ti andrebbe?- continuò il maestro.
-Certo- risposi guardando Mika che mi sorrideva ancora.
-Vai! Vollio sentire te playing cello!- aggiunse Mika con voce sicura.
- Alora vi lascio suonare, I’ll come back later!- continuò aprendo la porta.
-A dopo, grazie- rispose il maestro. Prima di chiudere la porta Mika mi guardò e sorridendo mi fece un occhiolino e io lo salutai con la mano.
Quella volta mentre suonavo mi sentivo diversa, quasi felice…Una grande novità dopo tutte quelle lacrime.
-Allora ci vediamo la settimana prossima, guarda che Mika è esigente. Preparati bene!- mi disse il maestro prima che me ne andassi.
- Lo so… Ma è Mika! Ce la farò.- gli risposi sorridendo. Appena chiusi la porta mi girai e cominciai a camminare verso l’uscita quando sentii nuovamente quella parola:
-Wait!-. Era Mika. Mi girai e lo vidi dall’altra parte del corridoio. Avevo già vissuto una scena simile… La paura che sembrava essere scomparsa per quelle due ore, tornò improvvisamente dentro di me. Mika si avvicinò a passo svelto e proprio quando credevo che sarebbe successo qualcosa…



 

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Capitolo 4
*** My Interpretation ***


Ci ritrovammo l’uno di fronte all’altro. Lui mi fissava, ancora con quel sorriso stampato sul volto; io lo guardai per un po’ e poi abbassai lo sguardo verso il pavimento.
-Alora cosa suonnerrai la next settimana?- chiese Mika ancora sorridente. Io non riuscii a rispondergli, continuavo a guardare a terra e d’un tratto sentii ancora quel dolore lancinante allo stomaco. Era la sua presenza…Non mi spiegavo il perché, ma ogni volta che lo vedevo o pensavo solamente a quel nostro incontro il giorno prima stavo male. Il dolore sembrava più forte del solito così portai la mano alla pancia stringendo gli occhi cercando di nasconderlo il più possibile.
-Cosa hai? Stai male?- mi chiese con tono ansioso.
Io ero lì immobile a causa del dolore e scossi la testa come per negare. Una lacrima rigò il mio viso e poi un’altra e un’altra ancora…
-D-devo andare!- dissi balbettando. Cominciai a correre verso l’uscita il più velocemente che potevo cercando di non voltarmi per guardare Mika.
-Please wait! Vollio aiutarti!- urlò Mika cominciando a camminare verso di me. Ma continuavo ad andare avanti e dopo un po’ fui fuori dal conservatorio, diretta verso la stazione. A metà strada ero stremata, il dolore mi stava uccidendo… Posai lo strumento a terra e mi sedetti per riposarmi. Ero riuscita a rovinare tutto anche questa volta. Per qualche motivo che non comprendevo non riuscivo a parlare davanti a Mika, le emozioni erano troppe! Pensai all’audizione della settimana seguente, quella che mi avrebbe portata a lavorare con lui per chissà quanto tempo… Volevo ancora andarci? Forse no,non più. Non volevo perdermi ancora una volta nel mare dei miei pensieri, il dolore era sparito. Mi alzai, misi il violoncello in spalla e percorsi quel breve percorso che mi separava dal ritorno a casa.
Quella sera fu la più difficile di tutte. Appena tornai a casa mi sedetti sul letto, con le mani fra i capelli e la testa bassa. Quell’ audizione cominciò a spaventarmi: In un certo senso non volevo vedere Mika, i sensi di colpa mi avrebbero assalita come non mai e avrei sbagliato tutto. In quei momenti avevo sempre le mie adorate cuffiette nelle orecchie, e la musica del Mika di cui mi ero innamorata nella testa; mi aiutava sempre, così decisi di dare alla sua musica una seconda possibilità. Le dolci note di Underwater furono le prime a raggiungermi, provocando una gioia immensa dentro di me…Che ormai non sentivo più da giorni. La sua musica e lui parlavano allo stesso modo, solo che alla sua musica riuscivo a rispondere! Tutti dicono che non bisogna giudicare un cantante solo dalle sue canzoni, ma ormai mi ero accorta che fra Mika e le sue canzoni c’era davvero un legame fortissimo…Che li portava a essere una cosa sola. A quel punto ripensai all’audizione, a quei pochi minuti che avrebbero potuto cambiare la mia vita. La mia musica è molto simile a me: Dolce, melodiosa, ironica, allegra e a momenti malinconica. Chissà, magari se non riuscivo a parlare con Mika con le parole…Ci sarei riuscita anche meglio con la musica! Non potevo ignorare per tutta la vita quel sogno, non potevo ignorare Mika, non potevo abbandonarmi e perdermi d’animo dopo tutte le lacrime che avevo versato per lui prima e dopo il nostro incontro. Mi alzai dal letto di scatto, interruppi la canzone e rimasi lì a fissare il telefono per un momento. Presi il mio violoncello e cominciai a suonare. Volevo passare quel audizione, avevo bisogno di Mika! I giorni che seguirono furono lunghi e pesanti: Passavo intere giornate suonando, doveva essere tutto perfetto! La mattina del “Giorno” mi sveglia di colpo, in un bagno di sudore. Erano appena le 6.00 così mi distesi, cercando vanamente di riprendere sonno. Non ce la facevo, ero troppo eccitata… Mi alzai e cominciai a svuotare il mio guardaroba in cerca di un vestito adatto, tutti sanno che Mika ci tiene all’eleganza oltre che alla musica! Una volta pronta aspettai le 9.00 con ansia, presi il mio strumento e uscii di casa. Dopo un’ora di macchina ero lì, le mie gambe tremavano ma avevo promesso che niente mi avrebbe impedito di trionfare quel giorno. Appena entrai nella scuola di musica vidi un’enorme folla di persone radunata vicino all’entrata dell’Auditorium, dove Mika stava facendo le selezioni con il direttore d’orchestra e i maestri di violoncello. L’attesa fu devastante, non riuscivo a stare ferma. Gli altri intorno a me ripetevano il brano fissando lo spartito, io sapevo che se solo avessi preso in mano quello spartito sarei caduta nell’ansia più profonda.
-E’ il tuo turno!-, disse indicandomi un signore con una lista in mano.
Rimasi immobile per alcuni secondi e poi mi alzai. Ero lì, dietro il palco che tremavo. Pochi momenti prima di andare lì al centro, sentii una voce da dietro:
-Spacca tutto, ce la farai!- sentii. Mi girai di scatto, era Teresa. Mi aveva detto che avrebbe cercato di essere lì quel giorno, e infatti c’era. Le sorrisi dolcemente e ci abbracciamo.
-Puoi andare.- disse ancora quell’uomo. Feci un respiro profondo e cominciai a camminare verso il centro del palco…

 

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Capitolo 5
*** Good Gone Girl ***


Le mani fredde, le gambe che tremavano e i pensieri che affioravano. Il mio stato emotivo calava passo dopo passo, finchè non arrivai in corrispondenza del tavolo degli esaminatori sul palco. Mi sedetti, presi l’archetto e mi asciugai rapidamente la mano sul mio vestito. Cielo, non ero ancora riuscita ad alzare la testa anche solo per un millesimo di secondo. A quel punto , toccava alla musica! Tirai un grande sospiro e iniziai a suonare. Sentivo qualcosa che non andava, non riuscivo a controllare il mio strumento. Iniziai a pensare. Ancora una volta. No, non potevo rovinare tutto! “Concentrati, forza. Questa sarà la chiave per la realizzazione del tuo sogno, non puoi permetterti di perderla così!”. Magicamente, la mia mente si fermò. Sentivo la potenza della musica dentro di me, quella sensazione così  unica in quel momento così speciale: Pura magia. Le mie palpitazioni si fecero più veloci, stavo per arrivare alla fine. Il brano accellerava, da piano a fortissimo, l’archetto sfrecciava da una corda all’altra e … Tutto si interruppe. Il silenzio piombò sovrano in quella stanza. Alzai lentamente il volto e i nostri sguardi si incontrarono per l’ennesima volta. Lui era lì, in piedi, immobile, che mi osservava. Gli altri due maestri, seduti al tavolo, iniziarono ad applaudire, lui invece no. Rimase lì imbambolato ,con quello sguardo tagliente e un minuscolo sorriso appena accennato. La sua era un’espressione naturale, tanto naturale da far paura. Quello non era il Mika che conoscevo. Quel sentimento di liberazione cominciò a far spazio alla paura. “E adesso? Mika, perché mi guardi così? Ti prego, sorridi.”, non desideravo altro. Aspettai. Il tempo scorreva, ma ancora niente. Intanto i due maestri smisero di applaudire. Entrambi fissarono Mika con aria confusa  cercando invano di attirare la sua attenzione. Cosa gli stava succedendo? Io ero ancora lì, che tremavo. Ancora  un po’ sottomessa a quello sguardo e sarei scoppiata in lacrime. Mi alzai, feci un piccolo inchino e scesi dal palco senza mai voltarmi. Non sapevo più cosa fare o cosa pensare: Cosa diamine avevo fatto di sbagliato? Perché? Perché il mio sogno mi sembrava ancora più lontano di prima? Un ragazzo si avvicinò, preoccupato, e mi chiese:-Ehi, va tutto bene?-. Lo guardai e risposi ansimando:-S-si, grazie.-.-Com’è andata?-  continuò con tono sollevato. Un silenzio assordante si diffuse tutt’intorno: Alcuni parlavano, altri ridevano, altri gioivano … Quel clima così spensierato e affollato mi stava deprimendo ancora di più … Il tutto fuori da quella maledetta stanza. Rischiavo di scoppiare, cosa mi stava succedendo? Mi scompigliai i capelli e salutai il ragazzo frettolosamente:-Perdonami, h- ho bisogno di tornare a casa!-. Riposi il mio violoncello e cominciai a correre verso l’uscita. Da quella confusione riconobbi ancora una volta la voce di quel ragazzo:-Andrà tutto bene!-, urlò con forza. Ormai era troppo tardi per tornare indietro; un’altra delle mie solite uscite di scena infantili. Dopo due ore rieccomi a casa. La porta si chiuse rumorosamente alle mie spalle; mi abbassai lentamente fino ad accovacciarmi sul pavimento. In quel momento, il mio stato emotivo si sgretolò completamente. I miei occhi si fecero lucidi, ma questa volta non riuscivo a piangere. Grandioso, il mio unico modo di sfogare la tristezza svanito. Quanto quell’uomo aveva stravolto la mia vita? Non riuscivo proprio a togliermi dalla testa l’immagine del suo volto dopo la mia esibizione; quel ragazzo di quasi due metri in piedi, davanti a me. Eppure ero riuscita ancora una volta a perdermi nei suoi occhi. Per quanto fossero lontani mi avevano colpita ancora una volta. Quei suoi ricci scompigliati, la camicia bianca, i pantaloni neri … Doveva essere tutto perfetto. Ormai era inutile continuare a pensarci, in una settimana avrei ricevuto notizie riguardo l’audizione. Mi rialzai da terra e corsi verso il mio letto e, senza nemmeno preoccuparmi di togliere il vestito, mi addormentai profondamente. Quella fu la settimana più lunga di tutta la mia vita: Più volevo che i giorni finissero e più il tempo si divertiva a farli sembrare interminabili. La notte non esisteva più, chiudevo occhio non prima di aver preso tre tranquillanti … Ero semplicemente stremata. Il dolore mentale è peggio di quello fisico. Dopo quell’audizione avevo totalmente perso i contatti con Teresa; la verità è che non mi andava di vedere più nessuno. Per quanto quell’uomo fosse riuscito a distruggermi, sentivo di amarlo di più ogni minuto che passava. Mika è una droga, crea dipendenza … E se ci cadi, non ne esci più! Ancora non riuscivo a realizzare il fatto di averlo incontrato, di aver avuto la fortuna di poterlo guardare negli occhi, di … A quel punto capii. Non tutto questo, questo era ancora troppo per me. Ero ad un passo dalla felicità, quel sentimento più unico che raro che ormai non provavo da tanto, troppo tempo.  Non potevo passare un’intera vita rinchiusa in casa, senza una vita sociale, senza un effettivo scopo da perseguire nella mia esistenza. La vita non è fatta di rimpianti. Alcune esperienze di vita è scritto che avvengano, ma allo stesso tempo spetta a noi ricavare il massimo da quanto ci è stato dato.  I risultati della prova erano online da circa tre ore, e ancora mi ritrovavo bloccata a fissare lo schermo spento del computer. Io sapevo cosa avrei dovuto fare, era il momento. In breve tempo mi preparai alla ben meglio, uscii di casa e corsi verso la stazione. Comprai un biglietto al volo e in meno di dieci minuti ero sul treno. “Forza, non ce la faccio più ad aspettare.”. Ecco che la porta si apre. Scesi rapidamente dal vagone e cominciai a correre, ignorando quella sensazione di debolezza che ancora mi stressava dopo quei giorni. Eccomi. Ero davanti alle liste dei risultati. Sentivo che era la cosa giusta da fare, dovevo per forza. Il mio sguardo, fisso sul pavimento, cominciò pian piano a farsi curioso. Chiusi gli occhi e tirai un grande sospiro per scaricare la tensione. “Ok, sono pronta.”.

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Capitolo 6
*** Good Guys ***


Puntai il dito sul nome del primo candidato e cominciai pian piano a scorrere la lista, nome per nome. I primi in classifica avevano tutti punteggi  100 su 100; diamine, perché non ero ancora riuscita a vedere il mio nome? Stavo cominciando a perdere nuovamente le speranze, proprio non ci voleva in quel momento. Ma, ad un tratto, mi si illuminarono gli occhi. Eccolo, il mio nome! Ero in undicesima posizione; ecco la data dell’audizione, il brano che avevo suonato, ma c’era qualcosa che non andava: Il punteggio. “Non classificato”. Mi corse un brivido lungo tutta la schiena. Ebbene si: Tutti gli altri menzionati nella lista dopo di me erano “non classificati”. In quell’istante, strano ma vero, ricomparve nella mia mente l’immagine di Mika, quel maledetto giorno. I suoi occhi, non riuscivo davvero più a non pensarci. Mi avevano catturata fin dal primo momento insieme a tutto il resto che facevano di quella persona la Mia persona. Dio, se era bello … Cosa avrei dato per averlo lì con me in quel momento. Per quanto mi facesse paura stargli vicino, non avrei desiderato altro … Rimasi immobile davanti quel cartellone per non so quanto tempo. E adesso? Adesso non mi restava che dimenticare, tornare alla mia vita di tutti i giorni. La solita vita da ragazza che sogna costantemente il suo idolo. Non volevo piangere. Forse sarei dovuta restare a casa. Ma per l’ennesima volta i miei pensieri svanirono all’improvviso. Avvertii la presenza di qualcuno alle mie spalle. Mi voltai rapidamente e … -Ciao!-. Era quel ragazzo, quello del giorno dell’audizione. Aveva un’aria del tutto felice e spensierata totalmente invidiabile. -Ciao … - ricambiai. –Allora? Com’è andata?-, mi chiese con aria soddisfatta. Inutile, proprio non ce la facevo a nascondere la delusione che provavo per me stessa in quel momento. Il mio limite di sopportazione cominciò a diminuire. Ancora quella domanda, la stessa di quel famoso giorno di una settimana fa. Quel suo tono così allegro cominciava ad innervosirmi. Non gli risposi, mi voltai lentamente guardando la lista. Lui fece lo stesso, si avvicinò e cominciò a cercare il mio nome come avevo fatto io poco prima. –Oh … -. Il suo volto si oscurò velocemente, ecco che l’allegria cominciò a svanire lentamente. Si voltò ancora una volta, mi guardò e mi sorrise dolcemente per nascondere quella tristezza che proprio non gli apparteneva. – Perdonami- disse dopo aver nuovamente abbassato il volto. Non capivo: Che centrasse lui con Mika? Era il momento di vederci chiaro, avevo davvero bisogno di certezze in quel momento. Misi da parte la mia timidezza che per troppo tempo mi aveva controllata e chiesi – Per cosa?-. Lui alzò rapidamente lo sguardo per poi guardare ancora una volta quel cartellone. Ancora quel silenzio, adesso basta. – Per cosa?- ripetei ancora una volta. Si girò di scatto verso di me e senza nemmeno distogliere lo sguardo mi disse: - Alessandro – per poi indicare la tabella. Mi voltai, ecco ancora quel brivido lungo la schiena.’ Alessandro M.’, era il secondo nome sulla lista con punteggio 98 su 100. Rimasi pietrificata, la bocca semi spalancata e i pungi stretti. Le mie mani si fecero fredde, il mio viso pallido e tutt’intorno il clima diventò glaciale. Eccola di nuovo, quella lacrima scese ancora una volta. Alessandro ancora mi guardava, con un’espressione seria. Notò che la situazione stava cominciando a precipitare e senza pensarci disse : - Ha fatto l’errore più grande della sua vita! -. Al’’inizio non mi accorsi nemmeno  di cosa stesse dicendo, quel cartellone cominciava a farmi davvero paura. Mi feci forza e gli risposi quasi sottovoce, sperando che in qualche modo non mi sentisse:- Chi?- quella parola uscì tremolante dalle mie labbra. Alessandro fece un passo avanti, era un po’ più alto di me. Il suo tono era tranquillo e arrabbiato allo stesso tempo:- Mika – disse. Mi girai lentamente verso di lui, non sarei mai riuscita a rispondergli. Quel nome pronunciato da lui in quel momento fu tutt’altro che soave. Stava parlando di Lui, della Mia persona. Chiusi gli occhi e quella lacrima scivolò ancora più veloce sulle mie guance, e poi un’altra e un’altra ancora. Scoppiai a piangere singhiozzando davanti ad Alessandro, che imbarazzato dalla situazione non riuscì a dire nulla. Alzai le mani e mi toccai i capelli. Ero ancora di fronte a quella lista, per nessun motivo al mondo avrei voluto rimanere ancora solo per un secondo lì vicino. La gente che passava mi guardava stranita, con un’espressione tutt’altro che piacevole. Alessandro riprese la parola:- Senti io … Non mi va più di fare nulla. Insomma per me questo non è importante, non quanto per te, non lo so ... -, disse balbettando per poi sospirare. –Ehi- disse, cercando di attirare la mia intenzione. Le lacrime cominciarono a diminuire, deglutii e mi voltai verso di lui. Non ero più io a parlare, era una voce che tenevo dentro da tempo ed era arrivato il momento di farla venire fuori: – Credevo fosse importante. Lo volevo davvero.- gli dissi balbettando. Lui sorrise dolcemente e dopo una piccola pausa disse guardandomi dritto negli occhi:- E’ davvero importante!-. Quella frase mi aveva colpito. Come faceva quel ragazzo che appena conoscevo a interpretare i mie sentimenti e i miei pensieri meglio di me stessa? Da sempre non ero mai riuscita ad affrontare i miei problemi. Ero sempre scappata da tutto e da tutti … Anche da Mika. Cercai di asciugarmi velocemente gli occhi con la mano e ripresi parola:- Io … -. Non feci neanche in tempo a parlare che una confusione assordante squarciò il silenzio,avvicinandosi sempre di più. Alessandro corse all’inizio del corridoio per capire cosa stesse succedendo. Nonostante fosse distante da me, si girò e mi fece segno con la mano di avvicinarmi. Cosa stava succedendo? Non poteva essere, non di nuovo. Sopraffatta dai pensieri mi bloccai ancora una volta. La confusione si fece sempre più vicina. Alessandro si voltò e iniziò a correre verso di me: - Eccolo!-, mi disse con tono affannoso.




                                                                                             

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Capitolo 7
*** Blue Eyes ***


Eccolo? Ma come eccolo? Cosa ci faceva qui? –Chiara!- urlò Alessandro tentando di “svegliarmi”. –Devi andare, non puoi non … - continuò per poi voltarsi improvvisamente. La folla di persone aveva raggiunto l’inizio del corridoio e ora era di fronte a noi. Il mio cuore batteva sul petto scalpitante, sentivo la mia temperatura corporea salire sempre di più. Alessandro mi guardò preoccupato. Ero ancora troppo impegnata a realizzare cosa stesse succedendo, ma nonostante ciò mi voltai e subito gli annuii accennando un piccolo sorriso. Potevano essere venti o trenta persone tutte accavallate le une sulle altre che urlavano, urlavano istericamente. Sapevo che era Lui, ne ero sicura. Era quello il tipico stato emotivo di una persona pazzamente innamorata, e di certo non poteva essere uno stato solo mio. Procedevano verso di noi girati di spalle. –Non spingete!  State calmi!- queste parole risuonavano rumorosamente fra quell’ammasso di gente la prima, la seconda, la terza volta ma nessuno sembrava minimamente interessato ad ascoltare cosa quelle persone stessero dicendo. Aspettavo, stavo aspettando e ,ad un tratto, eccolo lì. Un fulmine a ciel sereno il cui tuono silenziò quell’orrendo accumulo di urla, pianti e isterie che in quel momento ci stavano separando. La sua figura da me ormai troppo conosciuta non poteva passare inosservata nemmeno in una banale scuola di musica. La potenza di quell’uomo, potete immaginarla? Aveva attirato a se tutte quelle persone senza dire o fare nulla. Si, è così: Di lui ci si innamora facilmente. Non sentivo più nulla, il vuoto mentale che avevo mi stava distruggendo. Accanto a me Alessandro mi guardava sorridente, aveva capito meglio di me cosa stava succedendo. Il volto di Mika era spento, lo sguardo rivolto verso il basso e un’espressione tutt’altro che felice. Per un secondo, e solo per quel secondo, non mi sentii più sola. I suoi ricci spettinati si muovevano impetuosamente a causa degli spintoni dei ragazzi e ai suoi lati due guardie del corpo in giacca e cravatta che gli tenevano le braccia quasi fosse seriamente in pericolo. Una scena davvero spregevole, da dimenticare. Che cosa gli era successo? Mentre la mia mente continuava a correre a cento all’ora, la folla improvvisamente si fermò. Perché, che altro succede? Scossi la testa confusa, in quel momento sentii che sarei scoppiata a piangere. Potevo percepire la sofferenza della Mia persona, ma non potevo fare nulla.  –Adesso basta.- disse sottovoce Alessandro stringendo i pugni. Lo guardai preoccupata, i nostri sguardi si incrociarono per circa tre secondi. Subito dopo Alessandro si avvicinò alla folla correndo. Era chiaro, la rabbia sei suoi occhi diceva tutto. Si gettò addosso ad un ragazzo cercando invano di penetrare in quella barriera. Girò lì intorno quasi quattro volte, ma nulla. Cominciò a tirare pugni in aria e ad urlare:-Che cazzo hai fatto? Eh? Guardami in faccia!-. Voleva chiaramente attirare l’attenzione di Mika, che continuava ad essere sballotto lato violentemente dalla folla. Ma perché gli stava urlando quelle cose? Non poteva essere per quell’audizione, io e lui ci conoscevamo appena. Nemmeno un mio strettissimo amico l’avrebbe fatto per me. La situazione stava precipitando, Alessandro continuava a chiamare Mika infuriato:-Bastardo, sei un bastardo! Guarda che hai fatto!- disse indicandomi. Magicamente, Lo sguardo di Mika si alzò. Cielo, ancora quegli occhi; quei suoi occhi in cui ci si perde facilmente, quelli che mi avevano stregato per ben tre volte e che si stavano riuscendo ancora una volta. Quel dito puntato verso di me bruciava, bruciava tanto. Mi sentivo quasi in colpa … Ma di cosa? Non avevo fatto nulla. Mika era lì, lo sguardo fisso su Alessandro. Durò ben poco, la folla cominciò nuovamente a muoversi ma nonostante tutto non avevo perso il contatto con quegli occhi inconfondibili anche fra tante persone. Avevo i brividi, le mie gambe tremavano. A mia grande sorpresa, ecco che quegli occhi si abbracciarono amorosamente ai miei. Mi stava guardando, lui mi stava guardando. Il mio viso divenne pallido e le mani ancora una volta fredde, ed ecco ancora quel brivido lungo la schiena. Sarei rimasta lì, imbambolata a fissarlo per ore se solo avessi potuto. Prima della bacheca alla quale era affissa la lista dei risultati, c’era un altro corridoio che conduceva al piano superiore; era proprio lì che Mika era diretto. Non sarebbe passato davanti a me … Non ci saremo incontrati. Quello sguardo così naturale era totalmente diverso dallo sguardo tagliente dell’audizione, una scorciatoia che conduceva alla felicità. Io continuavo a guardarlo, in tutta la sua naturalezza senza curare il fatto che si stesse allontanando sempre di più da me. Il tempo stava per scadere, ma i nostri sguardi non avevano alcuna intenzione di lasciarsi andare ancora una volta. Mentre la sua figura scompariva lentamente dietro l’angolo, ecco un altro spintone. La testa di Mika si chinò interrompendo quella magia unica nel suo genere. Si fermò fissando il pavimento, ma ecco che il suo sguardo mi fulminò teneramente per la seconda volta. “Ti prego, resta. Non andare via,ho bisogno di te.”,pensavo. I suoi occhi si fecero lentamente più piccoli e improvvisamente il suo viso si illuminò di gioia. Mi sorrise. No, non poteva essere successo. Abbassai lo sguardo confusa, per poi rialzarlo subito dopo ma … Mika non c’era più. Ecco tornare quella confusione assordante, rimpiansi da subito il silenzio che mi aveva avvolta fino a pochi momenti prima. Alessandro era ancora lì fermo, in quel preciso punto dove si era rivolto a Mika in quel modo del tutto inappropriato. Non se lo meritava, perché lo aveva fatto? Quello, però, era il mio ultimo pensiero in quel momento. Alessandro cominciò a camminare lentamente verso di me con lo sguardo basso verso il pavimento ed ecco che ci ritrovammo di nuovo uno di fronte all’altro. Qualcosa dentro di me mi scosse all’improvviso. Cominciai a correre verso quel corridoio che ci stava separando. –Dove stai andando?-, chiese Alessandro. Mi fermai davanti quel corridoio, da lì proveniva un’aria gelida a dir poco sconcertante. Quel sorriso risplendeva nei miei pensieri come il sole in piena estate  e il suo calore continuava ad abbracciarmi. Da quando avevo incontrato Mika quello era stato il momento più bello in tutta la sua invidiabile semplicità. Sorrisi dolcemente guardando nel nulla:-Ti prego, aspetta.-, sussurrai ansimando.

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Capitolo 8
*** Aula 19 ***


Alessandro si avvicinò lentamente a me;-Se n’è andato!- disse con tono infastidito, quasi scocciato. Nel sentire quelle parole scoppiai:-Perché gli hai detto quelle cose? Neanche lo conosci! Non conosci nemmeno me!- gli dissi. Quello che era successo poco tempo prima mi stava distruggendo e, pian piano, il calore di quel sorriso ancora fisso nei miei pensieri cominciò a bruciare. –Senti io non  … - cercò di aggiungere Alessandro per poi essere subito interrotto:-Tu non sai nulla, non puoi saperlo!- gli urlai arrabbiata.-L’ho fatto per aiutarti, insomma lui non ti ha presa all’audizione e credevo … -,-Non ho bisogno del tuo aiuto, non ho bisogno di nessuno! Si, non mi ha presa. Ma questo non ti autorizza a gridargli contro, in un momento  di estrema confusione in cui veniva spintonato da una parte all’altra senza nemmeno poter fare nulla. Cielo, lo si vedeva dalla faccia che qualcosa non andava e tu hai anche … -,-Chiara, calmati.- mi interruppe. Sospirai con le mani fra i capelli. –Ho bisogno di vederlo … - dissi con sguardo basso. Alessandro mi guardò, dapprima serio e poi sorridente. Alzò il braccio indicando quel corridoio:-Vai.- mi disse sottovoce. Mi girai verso di lui, il sorriso era svanito. Forse avevo davvero esagerato ad urlare così con lui, non riuscivo più a controllarmi: –Io non … -,-Vai!-, mi interruppe ancora una volta fissandomi. Non dissi più nulla, distolsi lo sguardo per guardare quel corridoio per l’ennesima volta. Aspettai qualche momento, per poi cominciare a camminare lentamente lasciando Alessandro dietro di me che ancora una volta rimase lì fermo mentre mi allontanavo sempre di più … Come la prima volta che ci eravamo incontrati. Ecco il primo ostacolo: Le scale. Ad ogni gradino che salivo i miei pensieri si ammassavano gli uni agli altri, come quella folla di gente intorno a Mika. Eccomi, secondo piano. Strano, che fine aveva fatto quel rumore assordante che aveva invaso il piano inferiore poco prima? L’unica “confusione” che si poteva udire era la sovrapposizione del tutto scoordinata dei singoli strumenti in ogni aula. Cominciai a camminare davanti alle aule e questa volta agii d’impulso, senza pensarci. Rivolevo quel sorriso, lo volevo davvero. Nulla, niente da fare. Il piano era totalmente vuoto, ma non potevo assolutamente arrendermi. Corsi verso la segreteria e lì trovai un signore tutto preso dal suo frenetico lavoro al computer. –Scusi?- chiesi alzando il dito in modo che potesse vedermi. Quel signore mi guardò senza dirmi nulla, quindi continuai:-Ehm, cercavo Mika - dissi balbettando. Lui sgranò gli occhi con espressione confusa per poi controbattere:-Chi scusami?- mi chiese con tono altezzoso.- Mika, il cantante … -, dissi quasi sottovoce con voce timida. Il signore strinse gli occhi per poi alzarsi e controllare dei fogli accanto a lui sulla scrivania.-Il casinista vorrai dire … -mi disse con tono serioso. Casinista? Ma come? La confusione che avevo in testa stava cominciando ad annebbiare il ricordo di Mika di poco tempo prima. Guardai il signore con sguardo confuso.-Aula 19.- mi disse velocemente indicando l’uscita. Rimasi lì ferma per quasi un minuto, ignorandolo del tutto nonostante continuasse a guardarmi con quell’espressione altamente fastidiosa.-Sempre dritto e gira a destra.- mi disse cercando di mandarmi via. Evidentemente stavo disturbando il suo lavoro; in ogni caso se avessi avuto bisogno di pensare ancora una volta quello di certo quello non era né il momento né il luogo giusto per farlo. Uscì dalla segreteria e cominciai a dirigermi lentamente verso l’Aula 19. Io lo sapevo bene dove fosse quell’aula, eccome se lo sapevo. Proprio lì, sei anni prima, avevo tenuto il mio esame di ammissione al conservatorio. Mi venne la pelle d’oca … Era stato uno dei giorni più felici di tutta la mia vita fino a quel momento, proprio da lì era iniziato un nuovo capitolo della mia vita. Sorrisi dolcemente mentre continuavo a camminare guardando ai miei lati il numero delle porte che, però, conoscevo a memoria. Svoltai a destra e … Eccola lì: Aula 19. Mi fermai lì davanti ad osservarla mentre ripercorrevo il più velocemente possibile i ricordi di quel giorno di 6 anni fa. Quanto tempo era passato. Sorrisi ancora una volta a testa bassa sospirando e finalmente trovai il coraggio di alzare il volto. “E ora? Cosa faccio? Non dovrei …”, e la porta si aprì all’improvviso. Un uomo alto in giacca e cravatta mi allontanò con forza quasi sbattendomi al muro:-Non può stare qui, signorina. Se ne vada!- mi urlò con voce grossa. Ero lì appoggiata al muro che lo guardavo tornare dentro. Mise la mano sulla maniglia intento a chiudere quella porta dietro di sé come se nulla fosse. Subito  scattai:–Aspetti, la prego io … - cercai di impormi. –Ho detto se ne vada, non mi costringa a prendere misure drastiche!- disse avvicinandosi ancora una volta per farmi arretrare. Era chiaro, c’era qualcosa di grave che stava succedendo. Lo fissai con attenzione ed ebbi un’illuminazione: Era la stessa guardia del corpo che era con Mika al piano di sotto. Lo guardai negli occhi per pochi secondi e scappai il più velocemente possibile da dietro di lui.- Mika!- urlai quasi all’entrata dell’aula. Mi sentii tirare da dietro e sbattei violentemente contro il muro. –Adesso basta!- disse quell’uomo per poi avvicinarsi a me più di prima. I suoi occhi bruciavano di rabbia e aveva i pugni stretti all’altezza dello stomaco. Alzai velocemente le mani tremolanti per evitare il peggio. –Ti  avevo detto di andare via!- aggiunse infuriato l’uomo per poi alzare i pugni e scagliargli contro di me. –No!-, questa voce lo interruppe improvvisamente. Sarebbero bastati appena due millesimi di secondo in più e sarebbe davvero successo il peggio. Quell’uomo si girò lentamente per poi spostarsi da davanti ai miei occhi ancora coperti dalle mie mani. Feci scivolare pian piano le mani sulle mie guance. Alzai lentamente lo sguardo … Ed eccolo lì ancora una volta. Il suo sguardo sprizzava rabbia ovunque, ma non era rivolto a me. Mika era lì che fissava quell’uomo dritto negli occhi ma, dopo un po’, i suoi occhi mi raggiunsero per l’ennesima volta.



                                                                  



Note: Ecco a voi l'ottavo capitolo, spero vi piaccia.
Accoglierò volentieri le vostre recensioni.
Grazie mille e buona lettura!

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Capitolo 9
*** "Thank God that you found me" ***


Mika guardò ancora quell’uomo:- Now devo parlare con lei!- disse con tono fermo e deciso. La guardia si impose immediatamente:-Ma Michael … -,- Shut up!- lo interruppe Mika tempestivamente. L’uomo non disse più nulla e abbassò lo sguardo rapidamente. Mika mi guardò ancora una volta e subito dopo mi porse la sua mano. Cominciai a tremare ancora più di prima, a stento trattenevo le lacrime. Riuscii ad alzarmi e lentamente mi avvicinai a Mika che mi sorrideva dolcemente. Si spostò da vicino la porta facendomi cenno di entrare. Le mie gambe non smettevano di tremare. Dio, ero davvero davanti a Mika? Non credevo che quel momento sarebbe mai arrivato dopo tutto il tempo che avevo aspettato … Ma adesso? Cosa avrei fatto? Cosa mi avrebbe detto? La porta si chiuse dolcemente. Dentro la stanza c’era uno splendido profumo di colonia da uomo che cominciò stranamente a rilassarmi. Ero ferma in mezzo alla stanza, poco distante dalla porta; Mika si diresse velocemente verso una sedia vicino la finestra e vi spostò accanto lo sgabello del pianoforte. Subito dopo incrociò le gambe e mise la mano sulla sedia: Voleva che mi sedessi. Cominciai a provare un’insolita sensazione di ansia. Mi avvicinai alla sedia per poi sedermi. In nessun modo avrei potuto nascondere il tremolio delle mie mani ancora fredde per lo spavento di pochi attimi prima. Mika lo notò, stava fissando le mie mani con un mezzo sorriso stampato sul volto. Sentii ancora di più quel profumo, era proprio il suo. Mika si piegò leggermente verso il basso, eravamo uno accanto all’altro. Stava ancora cercando di attirare il mio sguardo sul suo, ma proprio non riuscivo ad accontentarlo. Ero bloccata, non riuscivo a fare nulla. –Ok, ha capito.- disse Mika rompendo il silenzio. Si alzò rapidamente e sollevò lo sgabello del pianoforte per poi posizionarlo di fronte a me. Ero in trappola, riconobbi subito il suo comportamento ironico facilmente riconoscibile dalla Tv … Ma quello non era un programma, stava succedendo veramente. Il viso di Mika si fece cupo e triste all’improvviso, forse il mio atteggiamento lo stava davvero stancando. Cosa avrei dovuto fare? Non riuscivo davvero a prendere in mano la situazione che stava chiaramente sfuggendo.-Chiara … - disse Mika quasi sottovoce.-Please, guardami.- aggiunse. E ora? Continuavo a guardare le mie mani e a strofinarle per riscaldare, ma i mie sforzi erano inutili. Quella forse era l’unica possibilità che mi rimaneva per rimediare ai disastri precedenti. Sospirai, lo sentì anche Mika. Il mio sguardo cominciò a salire lentamente … E finalmente potei guardare Mika in faccia senza paura. Sentii una sensazione di vuoto provenirmi dallo stomaco, come cadere dal decimo piano di un grattacielo per poi aprire il paracadute giusto in tempo per salvarsi. Mika, in quel momento, era il mio paracadute. Lui aveva ancora gli occhi abbassati, sperava davvero di ritrovarsi faccia a faccia con me nel momento in cui avrebbe alzato lo sguardo … E così fu. Ci guardammo. Non potevo crederci, ero davvero a pochi metri da quegli occhi profondi che si stavano mescolando con i miei. Mika sorrise ancora una volta arricciando il naso. - Finalmenteee! – urlò allegramente per poi scoppiare in una sonora risata subito dopo. Sorrisi anche io abbassando involontariamente lo sguardo.- No plaese, guardami! Sono qui!- disse Mika ridiventando serio. Lo ascoltai, era il momento di affrontare la realtà … Non potevo continuare a scappare. Mika sbuffò leggermente per poi giungere le mani e prendere parola:-Ascolta …  C’è stato un problema enorme.-, si fermò per poi riprendere:- The poject con il conservatorio è stato annullato.- disse. Si fermò e mise le mani nei capelli abbassando lo sguardo e cominciando a spettinarsi quei folti ricci. Non dissi nulla, continuai a guardarlo. Era chiaramente frustrato da quanto era accaduto.-The people che hai visto prima … Erano molto arabbiatte!- continuò. Alzò lo sguardo per un secondo per capire se stessi ascoltando e riprese immediatamente:- Non è stata colpa mia, io ci tengo a lot … But-. Si fermò e si alzò di scatto cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza:- Il mio new disco non uscirà più! Non potevvo continuarlo ancora … -disse fissando il pianoforte di fronte a lui. Era tutto più chiaro adesso: Il perché quel signore l’aveva definito “casinista”, il perché della folla attorno a lui e della sua espressione triste … Ma perché quel giorno all’audizione mi aveva guardato così? Forse non l’avrei mai scoperto, semplicemente perche non sarei mai riuscita a chiederglielo. Mika mi guardò ancora una volta e si sedette di nuovo sullo sgabello di fronte a me. – I want to play with you!- mi disse sorridendo. “Voglio suonare con te”. Ero terrorizzata e felice allo stesso tempo. Sentivo le lacrime che bussavano sui mie occhi, le avevo trattenute troppo a lungo. Mi voltai verso il pianoforte fissando la tastiera. Mika continuò a guardarmi ancora per un po’, si girò e guardò anche lui il pianoforte. Si alzò ancora una volta e spostò lo sgabello per l’ennesima volta, stavolta collocandolo davanti al pianoforte. Un brivido mi corse lungo la schiena all’improvviso. Si sedette e allungò le braccia verso l’alto facendo schioccare le dite delle mani. Fece un grande sorriso guardando la tastiera e subito dopo vi pose le mani sopra. Quella visione fu celestiale. Mika al pianoforte … Non credevo che avrei mai visto una cosa del genere, e invece stava accadendo davvero. Sorrisi dolcemente guardando il pianoforte. Mika mi guardò e sorrise ancora una volta. Le corde del pianoforte cominciarono a risuonare armoniosamente rimbombando in quella stanza. Quelle vibrazioni così soavi furono meglio di cento medicine … Magicamente sparii ogni mio dubbio, ogni mio pensiero; quella era la musica di Mika. Sembrava che Mika stesse continuando a parlare con me, il linguaggio della sua musica era identico al suo. Le note di Underwater danzavano magicamente fra le dita di Mika che sfioravano con tanta maestosità quei tasti bianchi e neri. Rimasi lì ad ascoltare senza intervenire, come avrei potuto interrompere quella magia? Mika suonò l’accordo finale che risuonò ancora più forte nella stanza. Mika mi guardò togliendo per qualche momento le mani dallo strumento. Mentre si preparava, intento a suonare un’altra canzone, decisi di sfidare la mia timidezza una volta per tutte. Mi voltai verso di lui e mi alzai in piedi di scatto:-Ok, lo farò!-.



                                        



Note: Ecco a voi il nono capitolo, spero vi piaccia.
Accoglierò volentieri le vostre recensioni.
Grazie mille e buona lettura!

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Capitolo 10
*** Promiseland ***


Mika mi guardò, ancora con le mani fisse sul pianoforte. Il suo sguardo serio cominciò ad addolcirsi sempre di più fino a mostrare un luminoso sorriso, lo stesso sorriso che avevo sognato tutte le notti per tanto tempo. – Really? -, mi chiese alzandosi in piedi di scatto. Annuii sorridendo leggermente. Quel ragazzo, quello’uomo, cominciò ad urlare esultando per tutta la stanza …  In quel momento sembrava un piccolo bambino nel mondo dei sogni. Stava succedendo per merito mio, ancora non ci credevo. Ora si che ero nei guai: Sarei mai riuscita a suonare davanti al mio idolo? Dovevo mantenere la promessa, in qualche modo mi sentivo in debito verso quella felicità che stava letteralmente esplodendo davanti ai miei occhi. Mika si fermò fissandomi ancora sorridente;-Stavolta non vollio essere cattivo. Promesso!- disse chinandosi in avanti. Ero davvero tanto bassa rispetto a lui. Quella situazione mi fece ridacchiare sotto i baffi. Eravamo lì da qualche minuto eppure mi sembrava una vita … Erano dieci anni che aspettavo. Dicono che a volte  l’attesa è più bella di ciò che si sta aspettando …  Ma non è vero. Tutto ciò che di più bello avrei potuto immaginare o sognare era lì davanti a me, chinato su se stesso che mi guardava negli occhi. Cattivo? Perché cattivo? Forse si riferiva a ciò che era successo dopo l’audizione, ciò che mi aveva tormentata fino ad allora. Ma, in ogni caso, non mi importava. Ero lì con lui, e non avrei voluto nient’altro. Gli sorrisi ancora una volta. Quell’atmosfera così tranquilla e spensierata, venne all’improvviso a mancare. Qualcuno stava bussando alla porta.- Come on. – disse Mika facendosi improvvisamente serio. Due delle sue guardie del corpo entrarono furtivamente nell’aula e mi fissarono con uno sguardo agghiacciante.- Dobbiamo andare Michael.- disse una delle due. Fra i due c’era ancora una volta la stessa persona che aveva cercato di farmi del male poco prima … Nonostante la sua presenza mi sentivo stranamente sicura. Il fatto che Mika mi fosse vicino mi dava conforto, sentivo di essere davvero al sicuro … Lo stesso effetto che la sua musica aveva su di me.  Mika si voltò verso di me con sguardo preoccupato. Lo guardai per un momento per poi abbassare lo sguardo. Mika si rivolse nuovamente a quel signore in giacca e cravatta:- Five minutes, please.- disse giungendo le mani. A quel punto lo guardai; il suo era uno sguardo di intesa con quel signore che lo fissava senza dire nulla. In quell’aula cominciò a diffondersi una sensazione di timore ed ansia, ma questa volta sentivo di non essere la sola a provare questi sentimenti. C’era qualcosa che non andava tra Mika e quelle persone e, qualunque cosa fosse, lui ne era molto provato. Mika continuava a fissarli, ma non avevano chiaramente alcuna intenzione di uscire da quella stanza. Il tempo riservato a noi due, ormai era già scaduto. Mika sospirò voltandosi verso di me e mi sorrise subito dopo. Quel sorriso era diverso dagli altri: Era un sorriso quasi forzato, forse avrebbe voluto tenerlo da parte per un altro momento o forse cercava di nasconderlo a quelle persone. –Mi dispiace … Now devo andare.- mi disse. Subito sentii la tristezza crescere ancora una volta dentro di me. Fu come svegliarsi improvvisamente da un sogno troppo meraviglioso. Abbassai lo sguardo, Mika aveva colto il mio stato d’animo. Fece lo stesso, ora mi sembrava di essere distante da lui più delle altre volte. Alzò il volto nella speranza che io facessi lo stesso, ma proprio non ci riuscivo. A quel punto si girò di scatto verso le guardie:-Andate via!- urlò. Ma erano ancora lì, non si mossero di un millimetro.- Ehy! Go out, now!- aggiunse Mika urlando ancora una volta. Ma ancora nessuna risposta. Si avvicinò alle guardie guardandoli dritto negli occhi:-Leave me alone!- disse sottovoce. La stessa guardia che mi aveva precedentemente allontanata da Mika ruppe il silenzio che era calato nella stanza:-Stop! Come on!- urlò più forte di lui. Mika si allontanò e, passo dopo passo, ci ritrovammo ancora uno accanto all’altro. –Ti aspetterò, qui … - mi disse sottovoce. Non riuscii neanche a rispondergli, che subito le due guardie gli piombarono addosso prendendolo per le braccia e allontanandolo da me. Ero impotente, questa volta non potevo davvero fare nulla. Stavo guardando la mia Persona andare via ancora una volta, ma quella fu la più brutta. Ci avevano letteralmente strappato quel momento di felicità che stavamo condividendo. Poco prima di uscire definitivamente dalla stanza Mika si girò ancora una volta verso di me:-I will wait you!- urlò ad alta voce:- I promise!-. Furono quelle parole le uniche cose che mi rimasero di lui. In lontananza cominciai a risentire quella folla avvicinarsi a lui. Non avrei mai voluto assistere a quella scena ancora una volta: La gente che lo spinge irritata e quei due uomini che lo tengono stretto come fosse colpevole di chissà cosa. Avrei voluto tanto trascorrere quegli ultimi pochi minuti insieme a lui, solo per il piacere di condividere con quel ragazzo la mia felicità. Già mi mancava … Quello era stato davvero un momento magico, breve ma intenso. “Ti aspetterò”. Quelle due parole scorrevano continuamente nella mia mente. “Qui”, in quella stessa stanza. Chissà se ci saremmo davvero rivisti lì. Lo aveva promesso. A quel punto ricordai: La mia promessa! Voleva che suonassimo insieme, lo avevo promesso anche io. Chissà chi dei due non sarebbe riuscito a mantenere la propria promessa. Chissà se ci saremmo riusciti entrambi. Ero rimasta immobile, al centro dell’aula. Nell’aria si respirava ancora il profumo di Mika. Mi voltai verso il pianoforte; ormai quello strumento era diventato troppo importante. Mi avvicinai lentamente fissando la tastiera. Decisi di sedermi sullo sgabello: Volevo guardare il mondo da un’altra angolazione. Quello era il modo in cui lo guardava Mika, ed era semplicemente fantastico. Appoggiai le dita sui tasti e chiusi gli occhi. Tirai un piccolo sospiro e ripensai all’intensità delle note di Underwater suonate con tanta maestria da Mika. Quella stanza si era riempita di pura magia per qualche momento, peccato solo che quel momento fosse finito troppo presto. Riaprii gli occhi e riposi tutta la mia delicatezza in un accordo che fece vibrare le corde del piano. Non sarebbe mai stato degno della musica di Mika.
                     

                                           


 

Note: Ecco a voi il decimo capitolo, spero vi piaccia.
Ultimamente sto cercando di mantenere una certa continuità nell'aggiornare la storia,
è diventato un vero e proprio impegno per me. Se volete potete recensire, accoglierò con
gioia i vostri commenti.
Grazie mille e buona lettura!

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Capitolo 11
*** "I could be anything you like!" ***


In un certo senso non volevo più uscire da quella stanza. Mi sembrava di sentire ancora la presenza di Mika e il suo profumo non era ancora svanito. Quello era stato il luogo del nostro primo Vero incontro. Ero ancora seduta davanti al piano ma dopo un po’ quello scenario cominciò a trasmettermi malinconia. Spostai la mani dalla tastiera alle mie gambe. Cominciai a fissare il vuoto in cerca di un pretesto per rimanere lì … Ma non lo avrei mai trovato.
La verità è che non riuscivo a distrarre i mie pensieri da quanto era successo poco prima con Mika. Pensavo e ripensavo alla sua camicia azzurra, alle sue scarpe sempre originali, ai suoi ricci disordinati che gli coprivano quegli occhi verdi e marroncini allo stesso tempo.
Immaginavo ancora il momento in cui si era piegato verso di me e i ricci gli erano scesi ancora una volta sul viso. Mi scappò un piccolo sorriso, allegro e rassegnato contemporaneamente. Chissà se ci saremmo rivisti … Per quanto tempo avrei dovuto aspettarlo? Anche se era stato lui a dire “Ti aspetterò”, già mi sentivo esausta da quel tempo che continuava a scorrere lentamente; di questo passo sarebbe trascorsa un’eternità.
Mi alzai dallo sgabello di fronte al pianoforte e mi diressi verso la porta senza voltarmi. Poco prima di uscire sentii un colpo al cuore, davvero non ce la facevo. Mi girai a fissare il centro della stanza ancora una volta, appoggiata alla porta con le mani giunte dietro la schiena. Chiusi gli occhi e tirai un grande sospiro. – Io sarò qui, te lo prometto!- dissi sotto voce. Misi la mano sulla maniglia e aprii la porta di scatto per poi chiuderla a malincuore alle mie spalle. Diedi un ultimo sguardo al numero “19” posto lì vicino sul muro e mi allontanai con le mani in tasca e a testa bassa.
Scesi le scale lentamente, fermandomi su ogni gradino, e percorsi il corridoio del primo piano. A mia grande sorpresa non trovai nessuno. Alessandro non c’era, di lui neanche l’ombra. Mi avvicinai confusa alla bacheca dov’era affissa la lista dei risultati dell’audizione, lì mi bloccai. La lista era strappata a metà e sopra vi erano riportate le seguenti parole:”La nostra musica non è un giocattolo! Siamo stan-”e si interrompeva, non c’era scritto nient’altro.
Spalancai la bocca con le mani fra i capelli. Cosa era successo? Perché sentivo per l’ennesima volta che qualcosa non andava?
Mi guardai intorno. Ero più sola che mai, non c’era davvero nessuno! Le porte delle aule erano tutte spalancate, alcune aperte a metà e altre poggiate al muro. Non riuscivo davvero a capire cosa fosse successo ma la mia paura più grande era che centrasse Mika. Che fine aveva fatto Alessandro? Perché non era lì, dove lo avevo lasciato prima di salire?
Mentre ero lì ferma, cercando in tutti i modi di capire cosa fosse successo, sentii qualcuno scendere dalle scale. Mi affacciai al corridoio e vidi il direttore del conservatorio insieme ad altri docenti correre frettolosamente verso di me. Mi sfrecciarono davanti quasi come fossi invisibile.
– Scusi!- urlai cercando invano di attirare la loro attenzione. Continuavano a correre verso l’uscita senza nemmeno parlare fra di loro, c’era un’unica soluzione: Dovevo seguirli. Cominciai a correre verso l’uscita ma, poco dopo, mi fermai di scatto. Vidi un foglio accartocciato per terra, in direzione del bancone dei segretari. Continuavo a chiedermi se avessi dovuto prenderlo oppure no. Alla fine decisi; Mi chinai verso il basso e, prima di afferrarlo, mi guardai per l’ultima volta intorno per controllare che non ci fosse nessuno. Lo raccolsi e mi alzai lentamente da terra. Iniziai ad aprirlo con cautela e subito ebbi un colpo allo stomaco.
Era la parte mancante della lista strappata.”-chi! Addio casinista!”. Abbassai le braccia a causa del senso di debolezza che mi invase improvvisamente. “Casinista”: Lo stesso modo in cui quel segretario aveva chiamato Mika. Quelle parole bruciavano violentemente su quel pezzo di carta … Allentai la presa delle dita e il foglio di carta cominciò a cadere a terra accanto a me. Il mio sguardo si perse nel vuoto e cominciò ad appannarsi. Subito ricominciai a correre  verso l’uscita mentre le lacrime cominciarono a rigare le mie guance scendendo velocemente a causa del vento. Me lo sentivo, sentivo che era successo qualcosa a Mika. Tutto tornava, non volevo crederci. Sentivo dentro di me un senso profondo di rabbia che saliva sempre di più ad ogni passo che facevo; era successo tutto mentre ero lì, davanti a quel piano, a pensare a me stessa come una sciocca.
Maledetti pensieri,maledetto modo di fare, maledetta Chiara. Qualcosa mi diceva che era successo tutto per colpa mia, per la mia stupida mania di pensare sempre e solo a me stessa e ai mie problemi non curando ciò che succede nella realtà. “Svegliati” mi diceva sempre il mio Maestro a lezione, e aveva proprio ragione. Adesso basta pensare, pensare troppo fa male. Ero talmente occupata a capire ciò che succedeva nella mia schifosa testa tanto da trascurare la vita reale, ma quella sarebbe stata l’ultima volta. Non ci sarei più ricaduta, non volevo. Volevo solo sapere che Mika fosse al sicuro, volevo che tutto fosse al suo posto, che fosse solo un brutto sogno.
Mi avvicinai sempre di più all’uscita e cominciai, a mio grande dispiacere, a sentire di nuovo quella confusione fastidiosa. Davvero, non la sopportavo più. Quella volta, però, il rumore sembrava dieci volte più forte. Le urla, i pianti … Si sentivano fin da dentro la scuola. Arrivai davanti alla porta e uscii rapidamente attirando l’attenzione della gente che vi era davanti. Ero fuori dal conservatorio, insieme a tante altre persone.
Erano di tutte le età e tutti erano fermi al loro posto con le braccia conserte e sul volto un’espressione spregevole. Cominciai ad avanzare il più velocemente possibile in quella folla; una parte di me mi diceva di non avvicinarmi, qualcosa non andava. Ma ormai ero partita, volevo arrivare fino infondo. Più procedevo e più la folla si accalcava, tanto che ad un tratto non riuscii più a fare un passo. Mi misi in punta di piedi sperando di vedere qualcosa, ma fu del tutto impossibile.
Un signore di fronte a me si girò e mi guardò con un’espressione triste per poi sorridermi. Mi limitai a guardarlo, nemmeno lo conoscevo. Il signore si girò e urlò a gran voce:
-Fate passare!-. Non capivo, perché l’aveva fatto? Gli fui da subito riconoscente:
Alcuni si girarono verso di lui e cominciarono ad allargarsi. Mi guardò ancora una volta sorridente per farmi cenno con la mano di andare avanti. Gli sorrisi. –State indietro!-, quelle parole emersero dalla poca folla che mi separava dall’obbiettivo. La riconobbi, era la voce della guardia del corpo di Mika. Non ce la facevo più. Sospirai e subito iniziai a spingermi avanti e, poco dopo, mi ritrovai finalmente davanti a quello scenario.
Rimasi immobile, non potevo crederci.



                                                          

 

Note: Ecco a voi l'undicesimo capitolo. Sono molto contenta che la storia
vi stia piacendo, per me è davvero molto importante. Cercherò di pubblicare
i prossimi capitoli il prima possibile; intanto vi invito a recensire e a lasciare
anche un piccolo commento. Vi ringrazio tanto, buona lettura!

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Capitolo 12
*** "I can't stop hearing words" ***


Era Alessandro. Tutta quella gente era lì con lui!
Ma cosa gli stava passando per la testa? Era di fronte a me, girato di spalle che sbatteva i pugni irritato sullo sportello di una macchina, anch’essa circondata dalla folla. Insieme a lui c’erano decine di ragazzi che continuavano ad urlare insulti pesanti fissando l’auto. Era chiaro, in quella macchina doveva per forza esserci Mika. La rabbia cominciò a crescere dentro di me. Mi avvicinai velocemente ad Alessandro, mettendogli la mano sulla spalla.
Si girò di scatto fissandomi con aria seria, per poi rigirarsi subito dopo facendo totalmente finta di non avermi visto.
–Ehi!- gli urlai dandogli un colpetto sulla schiena.
Era un atteggiamento che proprio non gli apparteneva … Ma dopotutto non lo conoscevo, probabilmente quello era uno dei lati oscuri di quel ragazzo. Continuava a dare pugni allo sportello della macchina il cui clacson cominciò a martellare cercando di allontanare i ragazzi. Ma Alessandro proprio non voleva mollare la presa: Ma perché era così arrabbiato? Come è possibile cambiare atteggiamento per una semplice audizione che alla fine era anche andata a buon fine? Almeno per lui era stato così.
–Basta! Fermati!- gli urlai stringendogli il braccio.
Si voltò verso di me con uno sguardo a dir poco agghiacciante.
–Spero che tu sia felice!- mi disse con tono fermo.
I suoi occhi trasmettevano tutta la rabbia che stava provando in quel momento, non ce la facevo a guardarli. Lo guardai confusa per poi spostare il mio sguardo verso quell’auto. I finestrini erano oscurati, ma non impedivano del tutto la visuale di ciò che era nascosto all’interno. Spinsi Alessandro dietro di me e mi avvicinai allo sportello, poggiando le mani sul vetro.
Oh Mika, non puoi nasconderti da te stesso … Non ne hai bisogno. Cominciai ad urlare il suo nome più forte che potevo, il suo sguardo era rivolto verso il basso; proprio non ce la facevo a vederlo triste. Decisi, allora, di battere qualche colpo sul finestrino. Mika si voltò verso di me e subito si avvicinò al vetro. Posizionò le mani in corrispondenza delle mie e vi appoggiò la testa sopra. Il suo stato d’animo era facilmente percepibile, nonostante ci fosse ancora una volta qualcosa che ci stava dividendo. Era affranto, tutta quella gente continuava a gridargli contro quando lui non aveva nessuna colpa. Avrebbe fatto di tutto pur di dimostrare loro che il “casino” dell’audizione non gli apparteneva. Non era quella la persona che gli altri gli rimproveravano di essere, dovevano semplicemente conoscerlo meglio.
A quel punto ebbi un lampo di genio. Per quanto potesse essere difficile, faticoso e impossibile era davvero l’unica soluzione. Bussai ancora una volta sul vetro e subito Mika alzò lo sguardo verso di me. Quegli occhi non smettevano mai di stregarmi, ma in quel momento non potevo concentrarmi sui miei sentimenti. Già  in precedenza l’avevo fatto, ed era successo tutto questo. Era il momento di rimediare.
Sapevo che Mika non poteva sentirmi, dovevo trovare un altro modo per comunicare con lui. Provai in tutti i modi a fargli dei gesti per trasmettergli le mie idee, ma lui continuava ad agitare la testa per farmi cenno che non stava capendo. Mi arresi, era davvero impossibile. Inizialmente avevo pensato di fargli abbassare il finestrino, ma in quelle circostanze sarebbe successo il peggio. Mi girai velocemente, Alessandro era sparito ancora una volta.
E adesso? Che fine aveva fatto? Al diavolo, ancora pensavo a lui dopo tutto ciò che aveva detto a Mika.
La macchina si mise in moto, continuando a far rimbombare il suono del clacson che diventava sempre più rumoroso. Allontanai le mani dal vetro fissando Mika; lui era ancora immobile,gli occhi preoccupati e le mani sul finestrino. A quel punto mi limitai a fargli due semplici numeri con le dita: 1 e 9. 19.
Mi aveva promesso che mi avrebbe aspettato nell’aula 19, e lì ci saremmo rivisti. Non restava che aspettare, per me non sarebbe stato un problema.
Mika si fa sempre attendere, ma ripaga tutto quel tempo in un millesimo di secondo.
Mi sorrise, questa volta aveva capito. Gli sorrisi anche io:
-Aspettami, ci sarò davvero!-, era questo che volevo comunicargli.
Non avrei mai saputo se avesse capito o no, ma l’importante era esserci riusciti a mettere in contatto per quella frazione di secondo. Mika allontanò le mani dal vetro, ancora sorridente. Subito dopo mi salutò con la mano e, pian piano, la macchina iniziò a partire. Vedere quell’auto nera allontanarsi sempre di più da me fu triste ma, allo stesso tempo, rassicurante.
Mika ora era al sicuro, lontano da tutta quella gente. Speravo davvero di essere riuscita a darli un po’ di quell’affetto che in quel momento era davvero l’unico modo per aiutarlo. I ragazzi continuavano a parlar male di lui, nonostante fosse ormai lontano da noi. Proprio non capivo:
Perché tutta quella confusione? Una domanda come quella che nasceva da me, proprio dalla stessa persona che fino a quel pomeriggio stava piangendo sulla sua stessa vita. In quei pochi attimi che avevo trascorso con Mika era stato capace di insegnarmi così tanto. Proprio quando credevo che tutto fosse finito, in quel preciso momento, tutto stava appena avendo inizio.
Si, quello era solo l’inizio. I ragazzi cominciarono ad allontanarsi dalla strada e a tornare dentro la scuola di musica. Io, invece, rimasi lì immobile a fissare quella strada che aveva portato via Mika. Quella volta, però, non ero lì a pensare  o a rimpiangere.
Ero lì semplicemente perché ero felice.




                                                                

 

Note: Ecco finalmente il dodicesimo capitolo! Ogni volta che scrivo un nuovo
capitolo faccio in modo che rispecchi ,almeno in parte, i mie stati d'animo;
spero davvero di riuscire a trasmettervi ciò che provo tramite queste righe.
Non dimenticate di recensire!
Grazie e buona lettura!

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Capitolo 13
*** "When will I see you again?" ***


Erano passati due mesi. Per la prima volta il tempo sembrava dalla mia parte; non avevo sentito per niente il pesare dei giorni ma in me aumentava la preoccupazione che stessi davvero cambiando. Allo stesso tempo era una preoccupazione liberatoria, in un certo senso mi ritrovavo totalmente con la nuova ragazza che stavo diventando.
Dall’ultima volta che avevo visto Mika, davanti al conservatorio, non c’era stato un solo momento in cui io non sentii la sua mancanza. Fu dura mettermi nel letto ogni notte dopo una stancante giornata di studio e ricordare quella sua espressione triste dietro quel vetro oscurato dell’auto. Ma quella, per fortuna, era solo una parte dei ricordi che avevo di lui. Ripensavo ai suoi sorrisi, ai suoi capelli, alla sua gentilezza, alla sua spontaneità.
Ogni giorno, quando andavo al conservatorio, passavo davanti all’aula 19. Non avevo dimenticato la promessa di Mika, e non avevo nemmeno perso le speranze.
La mia vita sembrava rigenerata, rinata. Certo, lo stress non mancava; da lì a poche settimane avrei dovuto sostenere il mio secondo esame di violoncello per passare al livello Accademico. Per quanto la commissione mi spaventasse, non aspettavo altro. Sapevo che quell’esame sarebbe stato un vero e proprio “rito di passaggio”: Stava per iniziare la seconda fase della mia vita.
Passavo interi pomeriggi a suonare, nella mia camera, sempre con una tazza di caffè vicino. Di solito la mia sessione di studio odierno finiva nel tardo pomeriggio, il che mi dava l’occasione per rimediare alla mia vita sociale che avevo perso in precedenza. Ogni tanto mi sentivo con Alessandro per telefono. Con lui parlavo tranquillamente di tutto ciò che mi turbava, dei miei successi personali … Stavamo iniziando a conoscerci meglio.
Tuttavia, non volle mai darmi una spiegazione al suo comportamento con Mika. Non volevo insistere, volevo lasciare alle mie spalle tutte le preoccupazioni che avrebbero potuto in qualche modo intralciare la mia preparazione all’esame in quel periodo.
La sera prima del “rito di passaggio” decisi di non rinchiudermi in casa con il mio strumento. Chiamai Alessandro che mi raggiunse in macchina dalla sua città e passammo un’insolita serata fra risate, scherzi e battute; il senso dell’umorismo non mancava ad entrambi.
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Ad un tratto decidemmo di sederci in una delle panchine che si affacciano sul mare e iniziammo a contemplare il silenzio, adoravo i rumori della natura. Chiusi gli occhi non curando dei capelli che si muovevano delicatamente al soffiare del vento. Mi concentrai solo sulle mie emozioni, ormai era tanto tempo che non lo facevo.
Alessandro mi guardò, con quello sguardo che non fa trasparire i suoi pensieri facilmente; sembrava stupito ma era rilassato allo stesso tempo.
–Come ti senti?- mi chiese voltandosi verso il mare.
–Bene, benissimo.- gli dissi ancora ad occhi chiusi.
–Andrà bene!- mi disse sicuro di se. Aprii subito gli occhi e lo guardai ad occhi sgranati:
- Ti prego non dire così. - gli dissi.
– Perché?- chiese ridacchiando;
- Perché ogni volta che mi hai detto “Andrà bene” qualcosa è sempre andato male!- gli dissi ricambiando la sua risatina.
Alessandro sorrise ma era evidente che quello era un sorriso di delusione.
- Scherzavo … - gli dissi continuando a guardare il mare.
– Non l’ho mai potuto vedere.- disse tutto d’un fiato. Lo guardai confusa per poi continuare:
- Chi?-, gli dissi.
- Mika – aggiunse guardandomi.
Piombò il silenzio, rischiarato dal rumore delle onde. Perché? Perché me lo stava dicendo proprio il giorno prima dell’esame?
Abbassai lo sguardo e subito Alessandro riprese a parlare:
- Ho fatto quell’audizione perché avevo bisogno di soldi. Fare un disco con un personaggio del genere non è poco!- disse facendo una piccola pausa e poi continuando:
- Ecco perché quando ho visto che ci tenevi così tanto e che lui non ti aveva selezionata me la sono presa. Ho capito di essere stato uno stronzo con me stesso, ma Mika è stato più stronzo di me. – disse con tono deciso.
Non potevo credere a ciò che stava dicendo. Che razza di persona avevo accanto? Un egoista che sfrutta una persona come Mika per fare soldi? Avevo udito abbastanza, le sue spiegazioni erano state un’ulteriore conferma. Mi alzai all’improvviso per poi allontanarmi senza nemmeno voltarmi, non volevo più avere a che fare con lui.
– Aspetta!- disse alzandosi dalla panchina per poi rincorrermi.
Mi afferrò il braccio per poi aggiungere:
- Te lo sto dicendo perché non voglio avere segreti con te!-.
Mi voltai intenta ad allontanarmi ancora una volta per poi essere nuovamente bloccata da Alessandro:
- Ci tengo a te, forse ho sbagliato a tradire la tua fiducia!- mi disse.
Iniziai a correre nonostante avessi dei tacchi ai piedi, non spettava a me parlare in quella situazione e, per quanto mi riguardava, lui aveva detto già abbastanza.
–Scusami!- aggiunse gridando in lontananza, ormai era troppo tardi.
------------
 Arrivai al conservatorio un’ora prima dell’esame.
Durante la notte ero riuscita ad oscurare quasi del tutto il ricordo dell’uscita con Alessandro, non mi interessava davvero più.
Nei corridoi del pian terreno c’erano tanti ragazzi, ognuno con uno strumento diverso. Amavo quello scenario; tutti quei ragazzi riuniti vicino all’aula dell’esame che abbracciavano il proprio strumento aspettando di suonare.
Mi avvicinai al banco delle informazioni accanto al corridoio che conduceva al piano superiore.
- Mi scusi per gli esami di violoncello?- chiesi appoggiandomi al bancone.
–Al piano superiore!- mi disse una segretaria.
La ringraziai e ripresi a camminare con in spalla la mia custodia. Salii le scale il più velocemente possibile e mi diressi subito verso la segreteria. Poco prima di entrare nella stanza sentii qualcuno chiamarmi da infondo al corridoio:
- Chiara! Di qua!-.Era il mio maestro. Mi fece cenno di avvicinarmi e così feci.
Ad ogni passo, quel corridoio cominciò a sembrarmi sempre più lungo. Ero ancora un po’ distante dal maestro quando mi disse:
- Quest’anno ci tocca la 19!- annunciò ridacchiando. Mi bloccai fissandolo con gli occhi spalancati.
– La 19?- chiesi incredula.
In quel momento rimbombò nella mia testa la promessa di Mika. Fu come ricevere una pugnalata al petto, quella stanza stava diventando troppo importante. Cominciai a camminare verso l’aula con accanto il maestro.
- La commissione è cambiata, mi raccomando non ti emozionare troppo!- mi disse sorridendo ironicamente. Non diedi molto peso a ciò che mi aveva appena detto, ero ancora un po’ scioccata dalla notizia dell’aula. Ci fermammo davanti alla porta e si avvicinò alla maniglia. Si voltò verso di me un’ultima volta per poi aggiungere:
- Una promessa è una promessa!-, disse sorridendo.


                                                        
 

Note: Capitolo 13! Sono molto orgogliosa dell'andamento della storia, in verità
me ne sto innamorando perdutamente anche io! E' in tutto e per tutto una valvola di sfogo
per me, e mi sorprende come io riesca a trasmettervi le emozioni che descrivo!
Ancora grazie, buon giovedì! ;)

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Capitolo 14
*** Any Other World ***


Aprì la porta di scatto per poi spalancarla e farmi cenno con la mano di entrare. Mi avvicinai e da subito scorsi due uomini in piedi, probabilmente altri due maestri di una certa importanza in ambito di musica locale.
Entrai nell’aula:- Salve.- dissi rivolgendomi ai due maestri.
- Buongiorno!-.
Sentii provenire quella parola da qualcuno alle mie spalle. Mi voltai … Era Mika.
Sentii la felicità scoppiare letteralmente dentro di me. Spalancai la bocca e vi posi le mani sopra, non potevo davvero crederci.
Dopo due mesi di attesa, finalmente era lì davanti a me. Aveva davvero mantenuto la promessa.
Era seduto ancora una volta allo sgabello del piano; si alzò e cominciò a venirmi incontro.
- Are you ready?- mi disse sorridendo mentre mi guardava negli occhi. I miei occhi stavano cominciando a farsi lucidi, non sapevo per quanto tempo avrei resistito.
–Si!- gli dissi con voce tremolante.
Ero davvero commossa, avrei voluto abbracciarlo e ancor prima ringraziarlo …  Ma quello era il mio momento, sarebbe dipeso tutto da quell’esame.
– Allora, possiamo iniziare?- disse uno dei maestri con voce grave.
Mika mi sorrise e si allontanò per sedersi accanto alla commissione. Il Maestro chiuse la porta dell’aula e posizionò la sedia al centro della stanza. Mi avvicinai alla mia custodia e iniziai a tirar fuori il mio strumento per poi recarmi vicino alla sedia. Mi sedetti senza fare rumore. Posizionai il violoncello sulle gambe e tirai un grande sospiro chiudendo gli occhi.
Guardai la commissione di fronte a me, e poi guardai Mika. Sembrava un bambino. Piegato su se stesso con la guancia appoggiata alla mano e quel sorrisino stampato sul volto. Il mio sguardo si spostò sulle corde, aspettai qualche secondo e subito iniziai a suonare.
Il suono rimbombava sovrano in quella stanza, era un suono particolare e anche un po’ diverso dal solito suono tecnico del mio strumento. In quel momento la mia era una musica che dava vita ai miei sentimenti, alla mia felicità. Le mie mani sapevano esattamente cosa dovessero fare; il mio strumento era diventato un mediatore: La musica parlava a modo suo, e il violoncello traduceva.
Non alzai nemmeno per un secondo lo sguardo, volevo davvero concentrarmi su ciò che stavo facendo. Quella musica era anche un soave sottofondo dei miei pensieri. Mi tornarono in mente tutti i momenti importanti che avevo vissuto prima di quel giorno. Ricordai le domeniche sera passate sul letto ad ascoltare le canzoni di Mika, la mia lite con Teresa, l’audizione per il disco, l’incontro con Alessandro e la lite del giorno prima.
Tutto questo era affollato nella mia mente, ma fu un ulteriore ragione per sfogarmi con la musica.
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 Tanti tanti complimenti! Davvero eccellente!- mi disse uno dei due maestri stringendomi la mano.
- Brava, buona fortuna per i suoi futuri successi!- si complimentò l’altro.
– Noi parliamo dopo!- disse il mio Maestro sorridente per poi uscire dalla stanza insieme agli altri due.
Eravamo lì, ancora una volta, solo io e lui. La porta si chiuse e subito mi voltai verso di lui. Era lì in piedi che mi guardava sorridente. Mi tese la mano davanti a lui e subito gliela strinsi guardandolo negli occhi.
– You’re so good little girl!- mi disse. Gli sorrisi.
– Grazie.- aggiunsi con voce timida.
– But … - disse allontanando la mano per poi continuare:
- La promessa non era questa!- disse ridendo e arricciando il naso.
– I said “I want to play with you”!- disse.
Scoppiai in una tenera risata per poi mettere le mani nei capelli. Aveva ragione, il mio esame non era ancora finito.
Seconda sessione: Suonare con Mika.
Si avvicinò al piano e si sedette per poi abbozzare degli accordi veloci per riscaldarsi. Alzò lo sguardo velocemente e mi disse:
- Come on!-.
Mi avvicinai alla sedia e sollevai il violoncello da terra. Ero di spalle al pianoforte, non riuscivo a vederlo. Spostai la sedia in direzione dello sgabello sul quale era seduto Mika e mi sedetti; solo così i nostri sguardi si sarebbero intesi.
– Follow me, okay?- disse Mika. Gli annuii.
Ci fu un breve silenzio e subito Mika iniziò a suonare le note di Last Party. Le vibrazioni del piano arrivavano fino alla cassa armonica del mio strumento:
La magia stava per iniziare.
Aspettai il momento giusto e iniziai ad accompagnare delicatamente il suono soave del pianoforte. Fu come essere presi in braccio con estrema delicatezza; la nostra musica comunicava senza problemi.
– It was the best time we’ve ever had … - cantò Mika per poi suonare l’ultimo accordo.
Alzò lentamente le mani dalla tastiera mentre continuava a guardarmi orgoglioso della nostra piccola magia. Il suono cominciò pian piano a svanire. Sorrise dolcemente voltandosi verso il pianoforte. Lo guardai ricambiando il suo dolce sorriso; era stata la promessa più bella di tutte. 
Mika si alzò di scatto e mi tolse il violoncello dalle gambe per poi appoggiarlo delicatamente sulla coda del pianoforte. Non dissi nulla, mi limitai a guardarlo un po’ confusa. Si voltò verso di me:
- Stand up, now!-  disse con voce bassa guardando il pavimento. Feci come aveva detto, mi alzai. Mika mi guardò e sorrise per poi spalancare le braccia.
– Come here, little girl!- mi disse facendomi un occhiolino. Gli sorrisi e corsi subito fra le sue braccia.
Ci abbandonammo in un abbraccio a dir poco strepitoso. La mia testa era poggiata sul suo petto, sentivo il suo cuore battere sonoramente. Mika non aveva intenzione di mollare la presa, il suo era un abbraccio che parlava da sé.
– Grazie, grazie, grazie!- mi disse sottovoce.
Il suo profumo mi stava avvolgendo teneramente e sentivo il suo calore sulla mia pelle. Non pensavo a nulla in quel momento, ogni secondo che passava era un tassello fondamentale per costruire nella mia mente il ricordo di quella promessa che entrambi eravamo riusciti a mantenere; era davvero tutto perfetto. Cominciammo ad allontanarci lentamente l’uno dall’altro;
Mika mi sorrise ancora una volta:
-Non posso finire quel disco senza di te!- mi disse con tono deciso. Gli sorrisi teneramente e lui continuò:
- Sarà la nostra nuovva promessa!- disse con sorriso smagliante.
- Okay little girl?- aggiunse poi sottovoce. Annuii e ricambiai a bassa voce:
-Okay.-.


                                                         



Note: Ecco il quattordicesimo capitolo.
Vi ringrazio tanto per il supporto che mi state dando, siete speciali;
sapere che alcuni di voi seguono la storia con tanta passione è ripagante al mille
per cento! Domani inizio un nuovo anno al conservatorio, tonerò ad immergermi
personalmente nella storia! Non vedo l'ora di pubblicare il prossimo capitolo.
Buona domenica e buona lettura a tutti voi! ;)

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Capitolo 15
*** A little stardust ***


Un disco, io e Mika. Una visione a dir poco celestiale.
Non pensai neanche lontanamente al detto “Era destino”; dopo tutto ciò che avevo passato, mi stavo limitando a vivere quel momento che sarebbe stato seguito da altri momenti altrettanto speciali.
Mika mi sorrise arricciando il naso:
-Hai bisogno di qualcosa?- mi chiese appoggiandosi al piano.
Era il momento, dovevo dirglielo. Ripensai alla situazione di due mesi prima, davanti al conservatorio. Mi tornò in mente l’immagine di Mika dietro quel vetro oscurato dell’auto e io che intanto cercavo di parlargli. Non sapevo se a Mika sarebbe piaciuta l’idea, non sapevo se sarebbe stata una cosa fattibile, se lui avrebbe accettato. Ma forse era l’unico vero aiuto che avrei potuto dargli.
Tirai un piccolo sospiro e mi rivolsi a lui guardandolo negli occhi:
-Io ho sentito ciò che ti stavano dicendo mentre eri in quella macchina.- gli dissi con voce ferma.
Mika si fece improvvisamente serio, potevo percepire la tristezza che lo stava avvolgendo in quel momento.
–Forse c’è un modo per sistemare le cose!- aggiunsi sorridendo.
Mika alzò lo sguardo e mi fissò fiducioso:
- Cioè?- mi chiese accennando un piccolo sorriso.
–Fai un concerto qui, nell’auditorium del conservatorio!- gli dissi entusiasta.
Mi guardò per alcuni secondi per poi farsi ancora una volta serio:
- Non penso little girl. I can’t… - ansimò per poi essere interrotto da me:
- Sarà la tua musica a parlare per te! Credimi, ci riuscirai benissimo. – aggiunsi.
Mika sospirò alzando gli occhi al cielo. I ricci si spostarono velocemente dalla sua fronte cadendo all’indietro. Abbassò lentamente il volto fissandomi sorridente. Subito dopo scoppiò in una tenera risata mentre si scompigliava i capelli:
- Okay, lo farò!- disse nascondendo i denti e mostrando le sue adorabili fossette.
–Anzi!- aggiunse improvvisamente. –Lo faremo insieme!- mi disse tendendo la mano verso di me.
Diventai improvvisamente seria; Anche io? Ma come? Era il suo concerto, era lui la star, sarei stata solo d’intralcio.
Fissai la sua mano ancora tesa davanti a me per poi rispondergli:
- Io non … - dissi a bassa voce per poi essere interrotta da Mika:
- Ehi! Ci riuscirai benissimo!- disse imitando la mia voce.
C’era davvero qualcosa in quell’uomo di talmente potente da non poter opporti a tutto ciò che dice. Cominciai a pentirmi amaramente solo di aver contestato qualche momento prima; sentivo dentro di me un vero e proprio senso di rinascita che mi stava invadendo più velocemente di quanto pensassi.
Strinsi la mano di Mika guardandolo sorridente; lui fece lo stesso.
In quel momento la porta si aprii e il mio maestro entrò furtivamente nella stanza fissandoci.
– Oh, scusate!- disse balbettando.
–Don’t worry, stavamo solo parlando!- rispose Mika facendomi un occhiolino.
- Ah si?- replicò il maestro con tono quasi arrogante.
Mika sorrise abbassando il volto e subito i ricci gli ricoprirono nuovamente la fronte.
– Cosa ne pensi di Chiara?- gli chiese il maestro avvicinandosi al pianoforte.
Mika alzò lo sguardo verso di lui per poi guardarmi dritto negli occhi. Mi venne la pelle d’oca, quello sguardo fu fulminante.
– Penso che … - disse Mika interrompendosi con la bocca semi aperta.
Si voltò verso il maestro per continuare:
- Non ci sono ragazze come lei! Penso che … - si interruppe nuovamente sorridendo.
Si morse il labbro delicatamente guardandomi. Gli sorrisi; non riuscivo a capire, mi sentivo in imbarazzo e felice allo stesso tempo. Era davvero strano sentire Mika che parlava di me!
–Io penso che sia speciale.- disse il maestro a braccia conserte continuando a fissare Mika.
–Yes. Very special!- aggiunse Mika.
Cercai di prendere parola senza dare nell’occhio:
- Ehm- balbettai rivolgendomi al maestro. –Io e Mika abbiamo una proposta.- dissi con voce tremolante.
Immediatamente Mika si girò sorridendomi, anche lui sentiva che stavo cambiando.
–Ditemi!- disse il maestro.
– Un concerto.- dissi.
–Che genere di concerto?- chiese confuso.
– Un concerto speciale, nella sua semplicità!- gli risposi guardando Mika.
–Ehm … Per i soldi parlerò io con il direttore!- disse facendosi serio.
–Beh, tu sai meglio di me come stanno le cose!- gli rispose il maestro incrociando ancora una volta le braccia.
Ancora? Stavano parlando di qualcosa di cui ero all’oscuro. Non potevo certo esigere di sapere l’accaduto; un conto è essere estroversi e un altro conto è essere maleducati. Le mie preoccupazioni più grandi erano per Mika, non volevo che passasse altri guai con il conservatorio. Ero già fortunata che fosse lì accanto a me senza aver creato nessun problema.
–E’ solo un’idea. – aggiunsi. Entrambi mi guardarono confusi.
– No please!- rispose Mika. – Vollio davvero fare questo concerto!- disse giungendo le mani.
Il maestro sospirò:
- Non posso aiutarvi.- concluse con tono seccato per poi uscire dalla stanza senza chiudere la porta.
–Oh boy!- disse Mika fra sé e sé per poi scoppiare in una risatina.
Ma come faceva quel ragazzo a ridere in una situazione del genere? Quelle caratteristiche uniche nel loro genere concentrate in un ragazzo di quasi due metri e con un cuore più grande di lui. La sua risata era davvero contagiosa.
– Perché ridi?- gli chiesi ridendo.
– I don’t know, little girl!- disse per poi perdersi in un vero e proprio mare di risate. La serietà di pochi attimi prima era scomparsa quasi in un battito di ciglio; ora nell’aula si respirava nuovamente un’aria di invidiabile spensieratezza.
–Sai che ti dico?- disse Mika sbattendo il pugno sulla coda del pianoforte. –Lo faremo lo stesso!- continuò ridendo. – Da soli! Io e te!- aggiunse.
–E come facciamo?- gli chiesi sorridendo.
– Non lo so! Ma sarà il nostro concerto, solo nostro!- rispose mostrando le fossette.



                                             



  Note: Ecco il capitolo 15! Scusatemi per il ritardo, ma
purtroppo in questi giorni la scuola si sta facendo pesante. Ci tenevo a 
ringraziarvi ancora una volta per il vostro sostegno, siete meravigliosi! 
Spero davvero di non deludere mai le vostre aspettative. 
Buona serata e buona lettura a tutti! :)

                                                

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Capitolo 16
*** One of a kind ***


Scendemmo insieme e ci fermammo davanti al conservatorio, era il momento dei saluti.
Mika mi guardò, aveva in mano il suo inseparabile cappello nero.
–E adesso?- chiese mettendosi il cappello.
Un senso di tristezza cominciò ad affliggermi ancora una volta, avevo paura dell’attesa che mi stava aspettando. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che avevo visto Mika e ora già dovevo salutarlo, non riuscivo neanche a pensare a quanto avrei sofferto. Ormai lui non era più solo il “Mika” immaginario, quello dei sogni di ogni notte, quello che si ammira in televisione … Stava diventando pian piano una persona con la P maiuscola anche per me, e la cosa mi spaventava parecchio.
–Little girl!- disse avvicinandosi – E adesso?- aggiunse ancora una volta chinando leggermente il volto per guardarmi negli occhi.
Non mi spiegavo perché, ma quando mi parlava voleva sempre il mio sguardo attento, voleva che ci fosse ancora più contatto fra di noi.
– Non lo so … - gli risposi a bassa voce.
– Tu puoi dire il mio nome! Non avere paura!- mi disse posando la mano sulla mia spalla. Il contatto aumentava ogni volta di più … Avevo la pelle d’oca ogni volta che mi si avvicinava.
– Non lo so Mika. – dissi tutto d’un fiato.
Mi sorrise orgoglioso.
Era una delle cose che mi stupivano di più in quel ragazzo: Come le semplici cose riuscissero a renderlo felice. Con lui bastava essere sé stessi, perché lui è proprio così, inimitabile nella sua semplicità.
– Ti accompagno alla stazione! Come on!- disse incamminandosi rapidamente per poi farmi cenno con la mano di seguirlo.
Era la prima volta che camminavo al suo fianco, mi sentivo sempre più piccola. La presenza di Mika ti rende minuscola, una briciola … E’ sempre lui il più grande. Ma questo era solo quello che pensavo io. Non gli piaceva stare al centro dell’attenzione, lo notai subito da come si guardava intorno mentre camminava. Ma infondo come potevo saperlo? Erano semplici pensieri di una ragazza perdutamente innamorata.
Arrivammo alla stazione, posai il violoncello a terra e ci sedemmo su una panchina, uno accanto all’altro. Quella situazione mi trasmetteva un non so che di familiare: L’immagine di una sera fa, io e Alessandro vicini e io che vado via senza neanche guardarlo in faccia.
Non volevo pensarci. Quello era l’ultimo momento che avrei passato con Mika, dovevo solo rilassarmi e godermelo al meglio.
– Allora!- urlò Mika con voce piccola:- Com’è prendere il treno?- chiese stendendo il braccio sulla mia spalla.
– Come? Non hai mai preso il treno?- gli chiesi stranita.
– Certo che ho preso il treno! Ma non with other people.- rispose guardando nel vuoto.
Accennai una piccola risata ma subito mi fermai. Notai qualcosa di malinconico in quelle parole.
– Davvero little girl … Never!- continuò voltandosi verso di me.
– Dove andrai adesso?- gli chiesi velocemente per cambiare argomento.
– Non lo so, non so mai dove vado!- rispose fissando i binari di fronte a noi. – This is my life!- continuò incrociando le braccia.
– E sei contento di tutto questo?- domandai con timidezza.
– Non so neanche questo, little girl … - mi disse.
Non capivo il perché di tutte le domande che gli stavo facendo, non erano affari miei! Stavo entrando nella sua vita privata ed era l’ultima cosa che avrei voluto fare.
– Ehm … Perdonami Mika, non volevo- dissi.
– Don’t worry! Stai tranquilla. - mi interruppe.
Lo guardai e gli sorrisi dolcemente. Per la prima volta non ricambiò il sorriso, rimase serio e continuò a parlare:
- Forse no, forse non sono contento! – disse.
Ero spiazzata, non sapevo cosa dire. Ero stata io a tirare in ballo l’argomento, non potevo più fuggire da ciò che stava accadendo.
Perché non era contento? Aveva successo, tante persone lo adoravano, sembrava tutto così bello guardato da altri occhi … Ma evidentemente non era così per lui.
Non volevo più continuare quella discussione, ero fortemente in imbarazzo. Mi appoggiai alla spalla della panchina in preda ai miei pensieri contorti.
“Che cosa starà pensando adesso di me? Che sono una ficcanaso? Una ragazza di poco più di vent’anni che sta sconvolgendo il suo mondo.”
Mika mi guardò:
- Ehi!- mi disse chinandosi su sé stesso come la prima volta che ci incontrammo. – Tutto questo è bellissimo!- mi disse sorridendo. – And you are the best thing of this!- mi disse.
Le sue fossette cominciarono a farsi notare.
A cosa si stava riferendo? E perché io ero la parte più bella?
Sbuffai, dovevo distogliere la concentrazione dai miei stupidi pensieri. Lo guardai, cavoli se era bello.
Con quei suoi ricci che sbucavano dal cappello e quelle fossette ancora incise sulle sue guance.
Il cuore cominciò a martellare sonoramente sul mio petto. Ogni volta che ero vicino a Mika non mi rendevo conto di ciò che stava succedendo … Me ne accorgevo solo prima che tutto finisse.
Gli sorrisi, non riuscivo a dire nulla. Strano, ormai era la terza volta che mi trovavo vicino a lui; ma ogni volta mi riscoprivo vulnerabile!
Quel gioco di sguardi fra me e Mika era il modo più efficace di comunicare. Come si dice: Uno sguardo vale più di mille parole.
Il suono del treno in lontananza mi fece tornare alla realtà. Controllai rapidamente l’orario dall’orologio che avevo al polso e mi alzai dalla panchina improvvisamente. Mika rimase seduto. Mi voltai, mi stava ancora guardando.
– Mika … - gli dissi con voce dispiaciuta.
Era consapevole di ciò che stava per succedere, ci stavamo separando un’altra volta.
Si alzò lentamente dalla panchina, ora era di nuovo più alto di me. Aveva ancora quel sorriso stampato sul volto; mi corse un brivido lungo la schiena, cominciai a sentire il bisogno di abbracciarlo.
Mi voltai verso i binari, il treno stava arrivando. Sorrisi per apparire più forte di quanto non lo fossi, non volevo sembrare più piccola di lui anche emotivamente. Ma non puoi scappare da ciò che sei.
Una lacrima rigò il mio viso seguita da altre e altre ancora.
“Scusami Mika, davvero non ce la faccio.”, pensai.
– Little girl … - mi chiamò.
Qualcosa mi bloccava, non riuscivo a guardarlo.
Mi prese delicatamente il mento e spostò il mio volto verso il suo. Il suo sorriso era ancora lì che fissava le mie lacrime.
Mika si tolse il cappello e lo appoggiò sulla panchina accanto a noi e spalancò le braccia davanti ai miei occhi. In quel momento non riuscii a resistere, avevo bisogno di stargli vicino.
Proprio mentre stavo per lanciarmi nel suo petto, mi ritrovai immediatamente tra le sue calde braccia. Adesso non sentivo più nulla: Il treno, la gente lì vicino … Mi era tutto estraneo. Sentivo solo il suo cuore battere, fu come abbracciare la felicità. Chissà per quanto tempo il ricordo di quell’abbraccio mi avrebbe consolata, chissà quanto avrei dovuto attendere per il prossimo. 
Il treno si avvicinò lentamente ai binari fermandosi gradualmente. Allentai la presa, era davvero il momento di andare.
Presi il mio violoncello e lo misi in spalla. Alzai lo sguardo verso Mika un’ultima volta.
– Sei forte little girl!- mi disse facendomi un occhiolino.
– Grazie … - gli dissi:- Mika!-.
Quel “grazie” in quel momento era ricolmo di significato. Volevo che Mika riuscisse a capirmi così come io capivo lui, con poche ma ricche parole allo stesso tempo. Non sapevo se avesse colto o no l’importanza delle mie parole, speravo solo che le ricordasse fino a quando non ci saremmo rivisti. 
Mi sorrise dolcemente. Abbassai lo sguardo e cominciai a camminare verso l’entrata più vicina del treno.
– Ci vediamo presto!- urlò da lontano.
Mi voltai, Mika era già di spalle che si allontanava lentamente.
– Si, ci vedremo presto. - sussurrai fra me e me.


                                                         
 

Note: Buon pomeriggio a tutti, ecco il capitolo 16. 
Inizialmente non avrei dovuto pubblicarlo oggi, non mi sembrava il momento adatto.
Il mio pensiero oggi va a Parigi, a tutta la gente innocente che è stata attaccata ieri.
Viviamo in un mondo dove la cattiveria e la violenza sono strumenti troppo valutati ed
è in momenti come questi che si inizia a dubitare dell'umanità. Continuo a ringraziarvi
per il vostro sostegno ma oggi vi chiedo anche di riflettere. Questo non è un bel mondo 
in cui vivere, ci stiamo distruggendo! Buon weekend e buona lettura.
 

#PrayForParisFor



 

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Capitolo 17
*** Hurts ***


Ero seduta in treno, il volto appoggiato al finestrino … E pensavo.
Pensavo a quell’abbraccio di pochi attimi prima, a quel disco, a Mika. Non riuscivo a dimenticare il suo sguardo così dolce e attento, le sue fossette, il suo sorriso. Non potevo sopportare il pensiero che non ci saremmo visti per chissà quanto tempo.
Mika era sempre in viaggio: Milano – Parigi, Parigi – Londra, Londra – Milano, Milano – Los Angeles, Los Angeles – Tokyo … La sua vita era sparsa in ognuno di questi posti fra tour, concerti, registrazioni discografiche; e ora c’era anche io.
Si, in tutto questo c’ero anche io. Una ragazza di 23 anni che studia per realizzare il suo sogno di musicista e che, intanto, proprio grazie alla musica ha realizzato il suo sogno più grande.
Ripensai alle parole di Mika “Tu sei la cosa più bella in tutto questo”; come poteva una ragazzina essere la cosa più bella?
Cominciavo ad esplorare un altro lato della vita di Mika, quello nascosto dalla monotonia della televisione e da tutti i suoi impegni musicali … Il lato della sua vita personale. Lui stesso non era contento di tutto ciò che stava facendo, ma perché?
– Signorina, il biglietto!- urlò il controllore.
–Oh si, mi scusi. Ecco a lei!- dissi mostrandogli il biglietto.
“Torna alla vita reale Chiara. Hai avuto ciò che volevi, adesso devi andare avanti.” Pensai.
Iniziai a fissare il mio violoncello; in tutto ciò mi ero dimenticata dell’esame che avevo tenuto quella mattina, ora mi mancavano solo altri due anni per prendere la laurea. Sorrisi. In quel momento ebbi un’illuminazione.
Ripensai a quando il maestro, dopo l’esame, mi aveva dato il diploma e subito iniziai a frugare nella borsa fra le centinaia di spartiti che avevo. Lo intravidi e lo sfilai velocemente dalla cartella.
“Chiara *****, Diploma di certificazione Livello B, Punteggio 100/100” così recitava.
Quel punteggio mi fece ricordare l’audizione di due mesi prima e, inevitabilmente, apparve nella mia mente la figura di Alessandro. Forse sarebbe successo davvero ciò che sperava: Avrei inciso un disco con Mika. Ciò che avrebbe voluto fare lui per guadagnare dei soldi schifosi. Non potevo davvero più pensarci, ripresi a guardare il diploma.
Scrutai le firme della commissione nell’angolo, in basso a destra. Qualcosa non andava, dov’era quella di Mika? Confusa girai il foglio, e lì rimasi folgorata. Era l’autografo di Mika che prendeva quasi metà di tutto il foglio e sotto:
“Sono fiero di te, little girl!”.
Sorrisi automaticamente e i miei occhi cominciarono a farsi lucidi. La dolcezza di quell’uomo, riuscite a immaginarla?
Tirai un piccolo sospiro di sollievo e ripresi ad analizzare la scritta sul retro. Subito il mi sorriso svanì.
Notai un particolare fondamentale. In basso, scritto in piccolo, lessi:
“Non posso farcela senza di te” con accanto un numero di telefono.
Il prefisso non era italiano ed era chiaramente un numero fisso. Cosa avrei dovuto fare?
Pensai immediatamente al disco, a ciò che mi aveva detto Mika. Si, dovevo chiamare.
Guardai fuori dal finestrino, ero arrivata. Misi il violoncello in spalla, afferrai la borsa e scesi rapidamente dal treno. Iniziai a camminare il più velocemente che potevo verso le scale del sottopassaggio e, proprio di fronte a queste, scorsi una figura ormai troppo conosciuta.
– Alessandro, che ci fai qui?- gli chiesi bloccandomi e tenendo lo sguardo fisso verso di lui.
– Tu credi di potertela cavare così?- mi chiese stringendo gli occhi e tenendo le mani in tasca.
–Rispondi!- urlò improvvisamente attirando l’attenzione della gente.
Mi guardai intorno preoccupata, ci stavano guardando tutti.
– Ma che stai dicendo?- gli chiesi con voce confusa.
– Ieri sera!- disse iniziando a camminare verso di me a piccoli passi.
Indietreggiai, la situazione non mi piaceva per niente.
– Dovresti ringraziarmi solo perché adesso ti sto parlando.- gli dissi con voce ferma.
Mi guardò con occhi infuocati e stringendo i pugni. Spostò lo sguardo verso il diploma che avevo in mano e improvvisamente mi corse incontro per poi strapparmelo dalle mani.
– No! Lascialo!- urlai cercando di riprenderlo.
–Ah, ma guarda! 100 su 100! Chissà Mika cosa direbbe!?- disse con voce ironica per poi scoppiare in una risatina odiosa.
Mi guardai ancora una volta intorno, la gente era lì ferma che guardava senza fare nulla … Cominciai a sentirmi minacciata.
– Non dire il suo nome. – dissi stringendo i pugni.
Alessandro mi guardò ridendo istericamente mentre agitava in aria il diploma. Fu in quel momento che scorse la scritta sul retro. Si fece serio e subito girò il foglio allontanandolo dai gli occhi e fissandolo amareggiato. Alzò il volto e subito riprese la parola:
- Lui era lì?- chiese. – Era lì, cazzo?!- disse urlando.
– Si, era lì!- risposi sussurrando. Nello scorgere tutta quella folla di persona, si avvicinò un poliziotto.
– Ehi, che succede qui?- chiese avvicinandosi ad Alessandro.
– La prego, mi ridia quel foglio!- chiesi rivolgendomi al poliziotto.
– Sei una grande bastarda.- disse Alessandro fissandomi mentre rideva.
– Ragazzo, dammi quel foglio!- si impose l’agente.
– E io che ti sono venuto incontro … Che stupido sono stato!- aggiunse non curando le parole dell’uomo.
– Vai, e stai con lui! Vedremo se saprà tenere a te come ci tenevo io! E’ un finto, un cazzo di finto che fa i miliardi facendo televisione mentre noi ci giochiamo una vita per fare ciò che ci piace!- aggiunse Alessandro urlando.
– Adesso basta!- lo interruppe l’agente prendendolo per il braccio. Il diploma cadde a terra mentre Alessandro cercava di liberarsi dalla presa dell’uomo. –Non lo capisci! Ti stai usando, non sei nessuno per lui! Non lo vedi? Apri gli occhi, siamo nel mondo reale!- continuò.
–Lo so che siamo nel mondo reale!- urlai trattenendo a stento le lacrime. Quelle parole mi stavano facendo male, troppo male. Una lacrima scese sulla mia guancia:
- Credi che non lo sappia? Lo so benissimo, è lui che me l’ha insegnato!- replicai piangendo a singhiozzi.
– Io tornerò, ve lo giuro! Dì a quel mezzo cantante di guardarsi le spalle!- disse scomparendo dietro la colonna portato via dal poliziotto.
Rimasi lì ferma mentre mi perdevo in un mare di lacrime. La gente era ancora lì intorno a me e mi guardava quasi disgustata. Mi asciugai rapidamente le lacrime con la manica del maglione e raccolsi da terra il diploma. Girai il foglio e subito afferrai il telefono con le mani tremolanti.
Iniziai a comporre il numero scritto e il telefono iniziò a squillare.


                                                  

Note: Buon pomeriggio a tutti!
Come vedete non sono sparita, scusatemi tanto se pubblico il capitolo solo oggi.
Vi spiego: Mercoledì mattina mi è completamente impazzita la linea internet a casa e vi giuro che non ho trovato nessun modo per riuscire ad aggiornare.
Ho addirittura provato ad aggiornare a scuola durante l'ora di informatica, ma mi è stato impossibile ahaha :D
In ogni caso sono tornata, la linea è cambiata, il computer è salvo e la storia va avanti! Stavo anche pensando di creare un profilo
Instagram per aggiornarvi di eventuali inconvenienti come questo, fatemi sapere se l'idea vi piace. Non mi dilungo più di tanto:
Buona lettura! ;)

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Capitolo 18
*** Unbreakable ***


Ero lì che aspettavo una risposta e dall’altro lato del telefono si sentiva sempre lo stesso suono, squillava e squillava.
Iniziai a dubitare di ciò che stavo facendo, forse non era il momento di … Una voce rispose al telefono:
- Hello?- chiese l’uomo con accento inglese.
– Hello? – disse ancora una volta.
A quel punto attaccai, agii d’impulso senza pensarci. Dovevo solo calmarmi, era appena passata una di quelle situazione strane che stravolgono il tuo stato d’animo.
Sospirai e iniziai a scendere le scale del sottopassaggio e in breve tempo fui fuori dalla stazione. Decisi di prendere l’autobus, ero un po’ stanca e mi portavo dietro anche il peso di quanto era accaduto poco prima.
Alessandro era geloso, geloso di me! Non sopportava l’idea che io e Mika ci frequentassimo, ma dopotutto non avevamo fatto nulla di male … Eravamo lì che ci scambiavamo i nostri sguardi profondi fra sorrisi e poche parole.
Non riuscivo ad arrivarci: Perché era geloso? Perché diceva di non voler avere segreti con me e ogni volta mi riscoprivo più all’oscuro di quanto già non lo fossi prima? Quel ragazzo era ancora un’identità non inquadrata che cominciava a farmi un po’ paura. Aveva detto che sarebbe tornato, di guardarci le spalle; non mi sentivo più tanto al sicuro adesso.
Scesi dal pullman e percorsi quei pochi metri che mi separavano da casa. In quel momento non volevo fare altro se non riposare.
Posai lo strumento a terra e gettai la borsa accanto al letto per poi stendermi di getto su di esso e perdermi in un sonno profondo.
Riaprii gli occhi solo in tarda notte; erano appena le quattro del mattino. Non avrei potuto pensare altrimenti, mi ero addormentata solo alle diciannove di sera.
Sentivo la testa pesante, mi alzai senza forze. Strano, avevo dormito parecchio. Ero sempre più convinta che il mio malessere fisico dipendesse fortemente da quello psichico. Ma non riuscivo a capire il perché!
La mattina prima avevo passato il mio esame, avevo passato il mio tempo con la mia Persona e … Alessandro. Non volevo pensare a lui ma per qualche motivo avevo fissa nella mia mente la sua immagine che sventolava il mio diploma in aria rendendolo insignificante.  Evidentemente quell’episodio mi aveva ferita dentro.
La luce della mia camera da letto era accesa, probabilmente avevo dimenticato di spegnerla la sera prima. Mi diressi verso la cucina per mettere qualcosa sotto i denti, erano troppo ore che non mangiavo. Mi sedetti al tavolo della cucina con il mio piatto di pasta davanti e iniziai a gustarlo lentamente.
Non riuscivo a togliermi dalla testa la sonorità di quella parola “Hello” dall’altra parte del telefono.
Chissà chi era, di certo non poteva essere Mika. Era sicuramente la voce di un uomo … Ma sentivo di aver bisogno di tempo per rendermi conto di chi fosse realmente.
Poi subentrò l’immagine di Mika, del nostro abbraccio. Posai la forchetta iniziando a fissare il vuoto sorridendo.
Il suo cappello, la sua camicia bianca, le sue scarpe all’ultima moda. Lui era davvero il genere di persona bella fuori e ancora più bella dentro, una persona unica, rara, ineguagliabile. Mi resi conto che per poter giudicare davvero una persona bisogna conoscerla realmente, non si può lasciare che il tutto dipenda dal successo. Nel caso di Mika non c’era molta differenza fra il Mika che tutti conoscono e la Persona con nome Michael Holbrook Penniman Jr … E in ogni caso nessuno ci avrebbe fatto caso. Ma io si. Amavo contemplare il suo sorriso, se avessi potuto avrei trascorso il resto dei miei giorno facendo solo quello. Ma il mio pensiero ora si basava unicamente su una sola domanda, la solita, mi tormentava ancora una volta:
Quando lo rivedrò?
Quel numero di telefono era fondamentale, era la mia piccola occasione, la chiave del nostro incontro. Ecco perché volevo tenerlo da parte e custodirlo, avrei capito da sola quando sarebbe stato il momento giusto per utilizzarlo.
Una volta finito di mangiare misi il piatto nel lavello e mi diressi verso il soggiorno. Decisi di fare un folle esperimento.
Mi sedetti sul divano e iniziai a rovistare fra i miei DVD; cercavo il più consumato, quello più graffiato, quello che adoravo più di tutti.
“Mika – Live at ********”, eccolo lì!
Volevo semplicemente confrontare la persona che avevo conosciuto con l’artista che tutti conoscevano … Ma, più di ogni altra cosa, in quel momento avevo bisogno di vederlo, di sentirlo vicino, di poter guardarlo senza timore.
Una canzone dopo l’altra con energia e affetto verso i suoi fan, era quello il Mika che stavo guardando. Fu quello il momento in cui realizzai tutto quello che stava accadendo.
Vedere tutta quella gente lì, ai suoi piedi, così felice che cantava e ballava a ritmo della sua musica mi riportò inevitabilmente ai vecchi tempi. Fra quella gente c’ero stata anche io, capivo come ci si potesse sentire.
“Al diavolo!” pensai. Subito mi alzai dal divano e corsi verso la mia camera;
alzai la borsa da terra e presi in mano il diploma. Mi sedetti sul letto fissandolo, in sottofondo sentivo ancora la musica di Mika provenire dal soggiorno.
“Sei sicura di volerlo fare? Non avevi detto che lo avresti custodito per il momento giusto?” dicevo fra me e me.
Quante volte, però, mi ero persa nei miei pensieri rimpiangendo per troppo tempo ciò che non avevo voluto fare per mia scelta?
Io avevo un’occasione, era il mio trampolino di lancio, il passo decisivo. Già una volta la musica mi aveva aiutata. Quel giorno in cui mi scontrai contro Mika, il nostro primo incontro, quando raccolse i miei libri da terra e si allontanò lentamente da me, quando lo ritrovai davanti ai miei occhi che parlava con il maestro, quando scappai da lui assalita dalla paura della realtà che non riuscivo ad accettare, quando mi ritrovai lì ferma illuminata dal suo sorriso e quando ci abbracciammo prima di separarci ancora una volta.
“Non puoi essere forte, non ne hai bisogno!” pensai.
Io sentivo di aver bisogno di lui, della mia Persona. Volevo davvero aiutarlo, volevo poter renderlo fiero di un suo progetto musicale, volevo davvero che pensasse ciò che mi aveva detto il giorno prima:
“Tutto questo è bellissimo … And you are the best thing of this!”.



                                               


Note: Allora, eccomi qui con il capitolo 18!
Non sono sparita anche questa volta, stata tranquilli. Ho una notizia importante da darvi!
E' stata una decisione molto combattuta e ci ho pensato a lungo... Alla fine ho deciso di
fissare due giorni a settimana per la pubblicazione dei capitoli: Pubblicherò il mercoledì e
il sabato pomeriggio. In questo periodo sono davvero molto impegnata con la scuola e
lo studio mi porta via interi pomeriggi. Mi dispiace dover ricorrere a questa situazione ma
credo sia meglio per me e anche per voi da alcuni punti di vista!
Ultima news: Sto provvedendo all'apertura del profilo Instagram della storia, così potrete seguirmi più
attivamente anche da lì.Vi comunicherò tutto le informazioni nel prossimo capitolo.
Non aggiungo altro, buona lettura e grazie per l'attenzione! ;)

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Capitolo 19
*** Ring Ring ***


Ero lì che aspettavo che qualcuno mi rispondesse, questa volta ero pronta ad affrontare le conseguenze di ciò che stavo facendo. Aspettai impaziente l’ultimo squillo prima della risposta ed eccolo lì. 
–Hello?- rispose l’uomo con l’accento inglese.
– Ehm… Pronto?- risposi dubitante. In quel momento non riuscii a rispondere in inglese, la mia voce tremava, avevo paura.
–Chiara?- disse l’uomo. Era una voce che non conoscevo, come faceva a sapere il mio nome?
– Sono io!- risposi sicura.
– Si si, Michael mi aveva detto che avresti chiamato prima del dovuto!- aggiunse l’uomo ridacchiando.
Quella persona doveva davvero essere molto legata a Mika… Tanto da chiamarlo con il suo meraviglioso nome di battesimo.
Ridacchiai anche io immaginando Mika che avvertiva l’uomo della mia telefonata.
– Scusi, purtroppo non ce l’ho fatta ad aspettare…- aggiunsi con voce timida.
– Ma no tranquilla, Mika ci teneva che chiamassi. Mi ha raccontato del vostro incontro di ieri e del mio numero scritto sul tuo diploma!- aggiunse.
Il “mio” numero? Ma allora non era Mika! Con chi stavo parlando?
– Mi scusi se la interrompo… Con chi parlo?- chiesi confusa.
– Little girl!- sentii subito dopo. Ora era Mika che stava parlando, solo lui mi chiamava così.
– Mika…- risposi ridacchiando.
–Ci hai messo un po’ a chiamarmi! Sono passate quasi ventiquattro ore!- disse con tono ironico.
– Già- risposi.
– Tutto bene?- mi chiese facendosi serio.
Non risposi subito, mi tornò ancora una volta in mente l’episodio di Alessandro del pomeriggio prima. Sospirai e ripresi a parlare lentamente:
- Tu dove sei?- gli chiesi per cambiare argomento.
– Ora sono a Milano, little girl… - mi disse con voce triste.
Seguì un breve attimo di silenzio interrotto subito dopo da Mika:
- Ma cosa hai?- mi chiese con il suo tipico tono da italiano acquisito.
– Nulla, è troppo complicato da spiegare.- gli dissi.
– Spiegamelo…- insisteva lui.
Volevo davvero parlarne con lui? Era già tanto tanto impegnato con i suoi problemi, non volevo arricchire ancora di più la sua scorta.
– Te lo spiegherò, ma non ora… - aggiunsi -…Michael.- conclusi poi.
Sentii la sua tenera risatina provenire dalla cornetta del telefono. Almeno per il momento il discorso “Alessandro” era lontano.
– Da quando mi chiami per nome?- mi chiese imitando una voce altezzosa.
– Me lo hai chiesto tu ieri, ricordi?- gli risposi.
– Certo… Hai fatto bene!- mi disse con voce piccola.
Me lo immaginavo, immaginavo il suo volto mentre parlava con me, le sue emozioni, chissà se provava almeno qualche emozione… Ero lì che parlavo con lui ma mi sentivo sempre più lontana dalla mia persona. Sentivo ancora il calore del suo abbraccio sulla mia pelle, era una sensazione troppo malinconica per me.
– Quando ci rivedremo?- gli chiesi rompendo il silenzio.
Dall’altra parte del telefono Mika non rispose, sentii altre voci- compresa la sua- che si ponevano una sopra l’altra. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
– Pronto?- dissi cercando di attirare l’attenzione di Mika. Ancora non mi rispondeva.
Aspettai di riprendere la nostra conversazione, ma dopo un po’ mi parve alquanto impossibile. Ad un tratto sentii ancora una volta la voce di quell’uomo che mi aveva risposto al telefono prima di Mika:
- Chiara, ti richiameremo presto. Purtroppo ora Michael non può parlare. Buona serata!- mi disse con tono fermo e deciso.
– Ma almeno può… - cercai di aggiungere ma proprio in quel momento la telefonata si interruppe.
Ero confusa e irritata allo stesso tempo. Chi era quella persona? Perché aveva interrotto la nostra conversazione? Ero lì ferma che fissavo lo schermo del telefono quando ebbi un lampo di genio. Andai sulla schermata della chiamata per verificare la reale posizione… Lì rimasi scioccata. La posizione segnalava la città del mio conservatorio, proprio in quella città dove avevo lasciato Mika la mattina prima.
Perché allora mi aveva detto di essere a Milano? Troppe domande senza risposta, volevo vederci chiaro. Bloccai lo schermo del telefono e mi gettai a peso morto sul mio letto fissando il soffitto. Volevo cercare una soluzione, volevo sapere cosa stava succedendo a Mika. Erano già troppe volte che in preda all’emozione dimenticavo di chiarire alcuni aspetti che non mi erano mai stati chiari dal nostro primo incontro. La faccenda del conservatorio, lui nella commissione il giorno prima, il maestro che non voleva fargli fare un concerto in conservatorio, lui che diceva di essere a Milano quando in realtà era ad appena un’ora di macchina da me. Sospirai e guardai l’orario. Erano appena le sette di mattina, avevo passato una notte in bianco in compagnia del pensiero della mia persona… Ma non era quello che volevo. Cosa potevo fare? Una cosa era sicura: Mika era vicino a me ma non sarebbe rimasto lì a lungo. Se volevo davvero migliorare la situazione dovevo muovermi velocemente.
Il primo treno per andare verso il conservatorio partiva solo dopo due ore, ma era la mia unica possibilità.
Decisi di prepararmi velocemente in modo da schizzare via velocemente da casa nel momento giusto. Avrei viaggiato più leggere quella volta, portavo con me solo il necessario.
Uscii di casa e mi diressi di fretta alla stazione anche se consapevole dell’attesa di più di un’ora che mi stava aspettando. Per la prima volta dopo tanto tempo portai con le mie cuffiette; avevo deciso di perdermi nella musica di Mika, ormai era tanto che non lo facevo. Riscoprii con molto piacere l’aspetto migliore di Mika, quello della sua musica. Mi sentivo pronta, volevo sapermi al sicuro, volevo avere le idee chiare, volevo smentire tutte le orrende cose che mi aveva detto Alessandro su di Lui.
Non mi stava usando, non poteva. Io avevo fiducia in Mika, volevo che sapesse che avrebbe potuto avere la stessa fiducia in me.
Salii sul treno, non mi restava che godermi il viaggio prima del nostro incontro.


                                                           


Note: Buon pomeriggio a tutti. Come promesso ecco il vostro capitolo del sabato pomeriggio.
Spero vi troviate bene con questa soluzione, per me è molto più efficace. Mi consente di portare avanti
tutti gli impegni senza strafare. Per quanto riguarda il profilo Instagram: MikaCellos è ufficialmente
registrato su instagram! Vi lascio il link qui sotto per accedere al profilo. 
Buon sabato e buona lettura :)
Instagram

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