13 kisses

di greenapples
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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(Prologo)





Le luci intermittenti del locale non facevano altro che aumentare il suo mal di testa che persisteva ormai da qualche ora. George si portò invano una mano fra i capelli, tentando di asciugarsi il sudore sulla fronte.
Non capiva perchè avesse deciso di andare a quella dannata serata in discoteca, ma soprattutto perché avesse improvvisamente preso a dare retta a Jaymi Hensley. Non l’aveva mai ascoltato, e solo in quel momento ne capiva il motivo. Probabilmente aveva accettato solamente perchè pensava che un po’ di alcool gli avrebbe fatto dimenticare Riley anche solo per qualche secondo. In realtà, si sentiva ancora peggio con sé stesso, depresso come non mai, con una enorme voglia di rinchiudersi in una qualche stanza a piangere. E la sua ex ragazza era ancora lì nei suoi pensieri, vivida più che mai, al contrario della sua vista che si andava offuscando sempre di più.
Il ragazzo strizzò gli occhi, tentando di orientarsi in mezzo alla pista da ballo, cercando con lo sguardo il suo amico moro. Con disappunto notò che i tre quarti delle persone presenti nella discoteca avevano i capelli scuri, e non potè far altro che sbuffare e avvicinarsi alla zona propriamente detta ‘della gente che non ha più voglia di ballare’. Si sedette su un divanetto color rosso vermiglio, attendendo una sensazione di sollievo che però sospettava non sarebbe arrivata presto.
«Ehi, George!» esclamò una voce alle sue spalle.
«Jo – Josh.» disse piano il castano, mettendo a fuoco l’immagine davanti a sé.  Faceva fatica persino a parlare, tanto aveva bevuto. Eppure, non aveva smesso di pensare a Riley nemmeno per un secondo, e la odiava per questo, ma forse odiava più se stesso per averle permesso di farlo soffrire in quella maniera. A tutti, persino ai suoi genitori – che praticamente accoglievano tutto il mondo a braccia aperte – non era piaciuta quella ragazza dai capelli rossi un po’ sbarazzina, che riusciva sempre a stappargli un sorriso dalle labbra. Anche in quel momento, da ubriaco e stanco, ci riuscì, ma ritornò serio non appena si accorse che il ragazzo dagli occhi azzurri lo guardava con tenerezza.
«Hai passato una bella serata?» chiese il moro, tentando un approccio ad una conversazione.
George, che voleva tutto meno che la compassione dei suoi amici – eppure sembrava l’unica cosa che ultimamente riusciva a ottenere – assunse un’espressione piuttosto scocciata.
«Sì, grandiosa. Sto aspettando Jaymi per tornare a casa.» tentò di liquidarlo ponendo un punto fermo alla fine della frase, ma questo non sembrò scoraggiare Josh.
«Già, anche io. Vado a casa fra un po’, il tempo di divertirmi un pochino.»
George non rispose, fece un lieve cenno di assenso per far capire di aver inteso, per poi guardare il ragazzo allontanarsi dopo un ‘ci si vede’; evidentemente aveva capito che non tirava aria quella sera.
Tamburellò lievemente le dita sul tavolino, cercando di concentrarsi sui movimenti della sua mano piuttosto che quelli che avvenivano dentro la sua testa. Ci mise davvero poco a capire che quello sforzo era estremamente inutile.
 
 
                                                                                                                     *
 
Non si era mai sentita così libera. Libera da ogni pensiero che le aveva offuscato la mente in quegli ultimi diciassette anni di vita.
Forse avrebbe dovuto ascoltare la sua amica Laine più spesso. Uscire il sabato sera a svagarsi era stata l’idea più brillante che la sua testa avesse mai partorito.
«Ti stai divertendo?» chiese la ragazza bionda al suo fianco.
«Non mi avevi mai detto che bere fosse così divertente!» urlò in risposta Hallie, lanciando le braccia in aria, come a voler  abbracciare il cielo.
La bionda sorrise. «Veramente sì, ma eri troppo occupata a studiare per considerarmi.»
Hallie non rispose, troppo occupata a ballare e ad agitarsi sfrenatamente. Quella era la prima volta che si ubriacava, tolto qualche bicchiere di vino e champagne ogni tanto, ed era una sensazione fantastica. Le sembrava di volare ogni volta che i suoi piedi si staccavano da terra e trovava allegra qualunque cosa le venisse detta. Non si era mai sentita tanto leggera, e ogni suo problema sembrava essere svanito nel nulla. Quel sabato sera sarebbe rimasto nella sua memoria come uno dei più belli di sempre.
Dopo qualche ora, drink e chiacchierata di qua e di là, Laine la avvertì che sarebbe stato meglio andare via.
«Ma no, rimaniamo ancora un po’ qui, voglio divertirmi!» le rispose esultando Hallie, scuotendo i suoi lunghi capelli scuri.
«Credimi, ti sei divertita abbastanza. Fidati, ne so di queste cose, domani mi ringrazierai.» disse Laine con un sorriso, prendendola per mano e conducendola alla zona dove c’erano i divanetti.
«Aspettami qui. Vado a pagare la gara di drink che ho perso contro JJ e poi chiamiamo un taxi per tornare a casa.»
Hallie annuì enfaticamente, sorridendo. In quel momento solo pensieri positivi le stavano attraversando la mente. Era da tempo che non le capitava di essere così spensierata; lei era abituata sempre a pensare troppo a tutto e a tutti, e la sua mente si stava fondendo. Quello era un momento di pausa, un momento in cui staccare dai problemi della vita reale e rifugiarsi in un mondo parallelo in cui tutto sembrava estremamente semplice. Un momento in cui sorridere e basta, senza doversi preoccupare delle conseguenze delle sue azioni.
Probabilmente la figura che si trovava accanto a lei non la pensava allo stesso modo, a giudicare dalla sua espressione. Un ragazzo dai capelli mossi e castani, con due occhi brillantissimi se ne stava accasciato sul suo posto, con la testa a penzoloni su una spalla e le due mani intrecciate prese a torturarsi. La sua faccia mostrava segni di noia, mista a seccatura e forse un pizzico di amarezza. Forse fu l’enfasi del momento che fece esclamare Hallie, cosa che di norma non avrebbe fatto nemmeno sotto tortura.
«Che muso lungo...»
Il castano alzò lievemente la testa, per poi riabbassarla subito dopo.
«Come mai sei triste?» chiese Hallie, imperterrita.
«E’ la tua prima volta da sbronza?» chiese, senza staccare gli occhi dalle sue mani.
«Questa è una vera e propria offesa.» replicò in tono triste, ma accompagnato da una faccia allegra.
«Non ti hanno mai detto che le brave ragazze devono stare a casa il sabato sera?» le chiese George, con voce rauca e strascicata.
«Anche tu non mi sembri messo bene.» ripose prontamente Hallie, come riprendendosi.
«Io non sono un bravo ragazzo.»
«E allora perché non ti scateni in pista?» chiese con fare curioso, avvicinandosi di qualche centimetro alla postazione del ragazzo.
«Sono stanco.» replicò, guardandosi le scarpe.
«Beh, anche io.»
«Questo non fa di te una cattiva ragazza.» rispose il castano, tirandosi seduto dritto e passandosi una mano sulla fronte sudata.
Si pentì subito di quell’azione affrettata perché venne colto da un giramento di testa e dovette immobilizzarsi per un attimo per far andare via la sensazione di nausea.
«Ti senti bene?» chiese preoccupata Hallie, avvicinandosi a lui, posandogli una mano sulla fronte diventata improvvisamente pallida.
«No. Devo andare in - » non fece in tempo a finire la frase che corse in volata verso il bagno.
Hallie lo seguì, senza preoccuparsi del passo barcollante che aveva e bussando alla porta del bagno.
«Ehi, ehm …», cercò di fare mente locale se lui le avesse detto il suo nome, ma concluse che non lo sapeva comunque. «Ehm, ragazzo cattivo, stai bene?»
Ci fu un lungo silenzio, che fu interrotto solo dal rumore dall’acqua che scorreva nel lavandino del bagno. Poco dopo il ragazzo riemerse da dietro la porta e chiese se Hallie avesse un fazzoletto.
«Sì, aspetta.»
Hallie frugò per una buona trentina di secondi nella sua borsa larga – a prova di ladro! – prima di esibire un pacchetto di fazzoletti e porgerne uno al ragazzo che le si trovava di fronte.
Il ‘ragazzo cattivo’ provò a muovere qualche passo, ma si ritrovò a cadere nelle braccia di Hallie che cercavano di sostenerlo.
«Torniamo a sederci.» disse lei, nel tono più calmo che poteva assumere e avviandosi molto cautamente verso la zona dei divanetti.
Una volta seduti, Hallie riprese a sorridere. «Allora, cosa ti ha ridotto in questo stato?»
«Non dovresti farmi delle domande. Lo sapevi che gli ubriachi rispondono sinceramente?» chiese George, posando lo sguardo su quello della ragazza.
«No, non lo sapevo. Te lo stavo chiedendo per sapere e basta. Mi aspettavo che mi avresti detto la verità in qualunque caso.»
«Ah, povera innocente… ragazza.», disse con fare teatrale «E’ stata una ragazza.» concluse poi, sotto il suo sguardo interrogativo.
«Oh. Già, immagino che facciano proprio male le relazioni.» disse Hallie, agitando in aria la mano con fare vago.
«Perché, tu non ne hai mai avuta una? Cioè, non sei mai stata fidanzata?» chiese lui sorpreso.
«Sì, beh, qualche ragazzo qua e là. Ma alla fine niente per cui ridurmi nel tuo stato.»
«Beata te.» replicò lui, alzandosi e abbassandosi ripetitivamente la polo blu per farsi aria.
«Già.»
«Potrei farti uno schema sul funzionamento dell’amore, ma non ti assicuro una piena riuscita della teoria.», sherzò George. «Hai una penna?»
Prontamente Hallie tirò fuori una biro blu dalla sua borsa di Mary Poppins e la porse al ragazzo.
«Ok.», disse lui, concentrandosi – per quanto potesse farlo da ubriaco – e prendendo la mano della ragazza fra le sue. Cominciò a tracciare linee confuse sul dorso della sua mano. «Se io sono qui… chiamiamomi cattivo ragazzo, cr.», detto questo scrisse ‘cr’ in alto. «e sono innamorato di R. e faccio di tutto per lei, ed è scientificamente provato che soffrirò.»
«E’ così semplice?», chiese Hallie, guardando le scritte sulla sua mano, «Cioè se io mi sacrifico per qualcuno non ne varrà la pena?»
«Esattamente.»
«Ma non è sicuro.» ribadì ancora la ragazza.
«Esistono le eccezioni.» affermò George, ridando la penna alla mora.
«Beh, risposta soddisfacente.» disse Hallie, sorridendo e avvicinandosi al ragazzo.
«E tu come mai per una sera hai deciso di fare la cattiva ragazza?» chiese il castano, inclinandosi pericolosamente verso il viso di Hallie.
«Perchè ero stanca di fare la buona. Sono ancora stanca di dover sempre dire di sì a tutto e a tutti, vorrei solo non pensare a nulla. Tanto domani tornerà tutto alla normalità.»
«No, non se non vuoi.» affermò, guardandola intensamente negli occhi scuri.
«Che vuoi dire?» chiese curiosa, schiarendosi la voce che sembrava andare via sempre di più a ogni parola che le usciva di bocca.
«Puoi anche fare la cattiva ragazza tutti i giorni.»
George adesso era tornato in sé. Era riuscito a dimenticare anche solo per pochi secondi Riley, grazie, non all’alcool, bensì a quella ragazza che di cattivo aveva ben poco.
Si avvicinò a lei cautamente, facendo attenzione a non sbilanciarsi per cadere dal divanetto. Si pulì le mani sudate, macchiate dall’inchiostro della penna che non era stato capace di impugnare dal lato giusto, aspettando una risposta dalla ragazza.
«Non ci riuscirei. Avrei sempre bisogno di un po’ di alcool nelle vene.»
«Non ci prendere troppo la mano.» soffiò lui a pochi centimetri dal suo viso.
«E se lo facessi?» chiese Hallie, quasi sussurrando.
Erano tanto vicini che la musica non riusciva a sovrastare le loro voci.
«Ti ritroveresti a baciare dei tipi sconosciuti su un divanetto di una squallida discoteca il sabato sera.»
«E se succedesse?»
«Non ne ho idea.» rispose George, senza allontanarsi.
Prima che se ne accorgesse le labbra del ragazzo erano incollate alle sue, provocandole una scia di brividi lungo il corpo. La mano del ragazzo si appoggiò al suo braccio, mentre  le sue mani accarezzavano il collo e le guance di George.
Non sembrava il solito bacio schifoso da discoteca – nonostante i due fossero comunque ubriachi persi – ma se non fosse stato per tutto il resto, sarebbe stato quasi… romantico? Ovviamente i momenti migliori sono fatti per finire, e come tutti, anche quello. Questa volta ci pensò Laine a chiamarla al telefono e costringerla a rispondere.
«Hallie!» urlò, tanto forte da far sentire la sua voce anche a George. «Vieni fuori in fretta che è già arrivato il taxi!»
Hallie si girò verso il ragazzo, che la guardava divertito.
«Perlomeno sono riuscita a farti sorridere, ci vediamo ragazzo cattivo!»
«Ci vediamo Callie!»
Ma ormai era troppo lontana per sentirlo.

 

*
 

«Buongiorno, e benvenuta nel post-sbornia.»
Hallie mugolò qualcosa di incomprensibile, prima di tirarsi le coperte fin sopra la testa.
Si sentiva come se tutta la nausea della sua vita si fosse concentrata in un momento solo, e la voce squillante di Laine non la aiutava affatto. Evidentemente era più brava e allenata di lei a reggere l’alcool. Hallie avrebbe solo voluto dormire fino a quando non fosse passato tutto il dolore che provava alla testa, e si ritrovava anche con un mal di gola infernale, mentre Laine sembrava che fosse appena tornata da una visita alla spa.
I suoi capelli biondi erano perfettamente pettinati incorniciandole il viso, nonostante fosse ancora nel letto, e gli occhi azzurri erano vispi e brillanti. Appena poco sotto di essi c’era una spruzzata di lentiggini che risaltavano sulla pelle bianca pulita e idratata.
Hallie, dal canto suo, si sentiva come se avesse appena corso una maratona e non avesse più fiato né voce. Non ricordava nemmeno cosa aveva fatto  la sera precedente per ritrovarsi in quello stato pietoso. Sperava infinitamente di non essersi cacciata nei guai in nessun modo, o di non aver fatto cose che avrebbero potuto macchiare la sua reputazione a vita, se no i suoi genitori l’avrebbero scoperta e sgridata subito. Non poteva credere di aver davvero accettato di uscire a ballare con Laine. Intanto, perché non sapeva ballare e probabilmente aveva solamente agitato le mani per aria, e poi perché non l’aveva detto ai suoi, usando la scusa del ‘vado a dormire dalla mia migliore amica’.
«Ehi, Hallie, chi ti ha fatto quel disegno sulla mano?» chiese improvvisamente la bionda.
La ragazza, quasi come le avessero gettato un secchio d’acqua gelida in testa, si drizzò sul materasso e si portò la mano avanti agli occhi. Delle linee confuse si presentarono alla vista della ragazza, insieme a dei nomi e delle frecce, le quali indicavano altri nomi.
Si sforzò di ricordare, e lampi della serata precedente le parevano scorrere davanti agli occhi. La risposta le venne subito alle sue labbra. «Un ragazzo.»
«Un ragazzo? Cosa hai fatto?» chiese Laine, più stupita che arrabbiata.
«L’ho baciato.»



_____




Ciao mele!
Sono felice di arrivare ad intasare anche questo fandom :)
Penso di aggiornare piuttosto in fretta, dato che ho molti capitoli pronti. Questa storia è una long-fic.
Mi fareste sapere cosa ne pensate, anche se questo è solo il prologo? Ve ne sarei eternamente grata :) Ovviamente accetto anche le critiche, si impara da quelle.
Ho dato a Hallie il volto di Selena Gomez - non sono una grande fan, ma la sua descrizione nella mia testa le calzava a pennello - e il coprotagonista è George. Anche Jaymi, JJ e Josh sono molto importanti nella storia, insieme a qualche altro personaggio che entrerà in scena più avanti.
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Un grosso bacio,

Apple.




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«E comunque non devi più pensarci. Sai quanti ragazzi ho rimorchiato io di cui il giorno dopo non ricordavo nulla?»
«Tu sei tu.» disse a bassa voce Hallie.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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(1)




George aveva sempre saputo che il miglior modo per affrontare un post-sbornia era dormire fino a tardi, bere acqua, stare tranquillo, non uscire per evitare un infarto – questo era più per le persone che l’avrebbero guardato in faccia – e ancora dormire. E quello fu esattamente quello che fece fino alle tre del pomeriggio, quando il suo orologio biologico lo costrinse a trascinare i piedi fuori dal letto.
Solitamente avrebbe dormito fino alla mattina del giorno dopo, ma nella sua testa un angolo del suo subconscio lo stava pungendo con un ago. Si tirò in piedi, essendo molto indeciso sul da farsi. Non era la prima volta che capitava; e si sentiva come se si fosse perso un pezzo della storia e dovesse trovare il tassello mancante del puzzle.
Afferrò il telefono dal comodino, per vedere se durante il suo sonnellino rinvigorente gli fosse arrivato qualche messaggio.
Sua madre lo aveva avvertito che sarebbe rientrata dopo cena, un paio di persone lo avevano sollecitato con il restituire i quaderni degli appunti, i quali doveva assolutamente cominciare a cercare, e poi tre da parte di Josh, JJ e Jaymi.
Quello di JJ diceva: “Non sono riuscito a salutarti ieri sera, comunque ho conosciuto una ragazza niente male. Penso venga alla nostra scuola, ma non l’ho mai vista. Va beh, ci vediamo domani.
Poi c’era quello di Josh: “Ehi George, spero tu ti sia ripreso da ieri sera. Ti ho visto con una ragazza dopo che me ne sono andato. Ridevi e sembravi felice. Sono contento di questo. Ne parliamo domani.
George roteò gli occhi al cielo. Il modo in cui Josh lo compativa era palese. Il castano aveva un attaccamento morboso nei confronti di George, da sempre, e la rottura con Riley e la sua conseguente sofferenza non avevano fatto altro che alimentare questo lato materno e sensibile di Josh. Da un lato faceva quasi ridere, dall’altro era estremamente fastidioso.
Per ultimo aprì pigramente quello di Jaymi, aspettandosi di ritrovare il resoconto di come avesse passato la serata a fumare e a fare a botte con qualcuno. “G, volevo dirti che ieri sera hai dimenticato la felpa nella mia macchina, te la porto domani alla piazza, se vengo. E comunque eri troppo ubriaco persino per parlarmi della ragazza carina con cui stavi parlando e ridendo, ma non credi che avrei il diritto di sapere tutto? Devi raccontarmi com’è andata e cos’è successo. A presto.”
George storse il naso. Quel messaggio era troppo persino per Jaymi. E poi chi diamine era quella ragazza di cui parlavano lui e Josh? Non si ricordava di aver parlato con nessuno. L’ultimo suo ricordo risaliva a lui seduto al bancone, quando aveva ordinato l’ennesimo drink che aveva bevuto in un sorso. Scosse la testa, confuso.  Che avesse fatto qualcosa di sbagliato di cui si sarebbe pentito poi in seguito? No, era piuttosto sicuro di non essersi spinto così oltre.
Andò in bagno, stropicciandosi gli occhi con forza. Quando si guardò allo specchio, quasi non gridò. I suoi occhi erano completamente contornati di blu, e poco dopo scoprì che la causa di tutto erano i suoi palmi macchiati d’inchiostro.
Poi fu come se George stesse guardando un film a scatti. Un flashback di frasi curiose, miste a un disegno che aveva fatto lui sulla mano di qualcuno, o meglio, di qualcuna.
Si portò le mani fra i capelli, tirandoli leggermente. Quello era un gesto che ripeteva spesso
quando era frustrato, e in quel momento lo era moltissimo. Cos’era successo la sera prima che lo faceva sentire così… diverso?
 
 

*

 

«Te l’avevo detto che non era una buona idea portarmi lì. Guarda cosa ho fatto. Ho baciato un ragazzo. Pensa se è qualcuno di non raccomandabile, se è qualcuno che non dovrei vedere, e se si ricorda di me? Pensa se mi sta cercando e –»
«Rilassati, Hal. Se ti ha baciato in quello stato sarà stato ubriaco fradicio anche lui.» la interruppe Laine.
Hallie non sapeva se rimanerci male, ma con il tempo aveva capito che quelle battute erano fatte con il puro scopo di farla stare zitta. Arrabbiarsi o prendersela era inutile, anche perché Hallie era incapace di arrabbiarsi. Preferita di gran lunga un ‘non importa’ in più che qualche giorno con i sensi di colpa dentro di sé per paura di aver detto qualcosa di troppo. Inoltre, era pienamente consapevole di essere in un certo senso inferiore alla sua amica. Non era un’autocommiserazione, era un dato di fatto per lei. Laine aveva un fisico mozzafiato, i capelli biondi leggermente mossi e gli occhi più cristallini del mare azzurro in una giornata di sole. Poi era molto più estroversa di Hallie, la quale non se la cavava nemmeno poi così male, ma non avrebbe  mai potuto dire quello che le passava per la testa nel modo in cui lo faceva Laine.
Hallie si limitò quindi a scrollare le spalle. «Già, hai ragione.»
Dopo una breve pausa la bionda si voltò lievemente verso Hallie, staccando lo sguardo dalle sue unghie laccate di rosa pastello. «Quindi di questo ragazzo anonimo non ti ricordi proprio nulla?»
Hallie tirò un sospiro, cercando di ricordare qualche cosa in più dei pochi scatti che la sua mente aveva fotografato. «Qualcosa. Pochissimo.» Poi riportò lo sguardo sulle sue mani dalle quali i disegni confusi che gli aveva fatto la sera prima il ragazzo misterioso non erano andati via.
«Questa mappa è il funzionamento dell’amore.»
Laine fece una specie di smorfia confusa, afferrandole il palmo e portandoselo vicino agli occhi. «Cr fa di tutto, freccia, cuore spezzato?» lesse in maniera sconcertata. «Cr?» chiese poi.
«Qualcosa ragazzo.» ricordò dopo una pausa.
«Caldo?»
«Caldo?!» esclamò Hallie. «Una persona non può essere calda.»
«Non lo immagini nemmeno.» disse Laine, scendendo dal letto e aprendo l’armadio.
«Già, non lo immagino.» rispose, tornando ad affondare la testa sotto il cuscino.
«E comunque non devi pensarci più. Sai quanti ragazzi ho rimorchiato io di cui il giorno dopo non ricordavo nulla?»
«Tu sei tu.» disse a bassa voce Hallie.
Poi si voltò verso l’amica, che intanto aveva indossato un paio di leggins estremamente stretti e una maglia altrettanto, e si toccava vanitosamente i capelli.
«Cattivo ragazzo, ecco cos’è ‘cr’.»
«Oh, hai rimorchiato un cattivo ragazzo, sono davvero colpita.»
Laine aveva un tono piatto, incurante, come se lei ci avesse fatto l’abitudine a conoscere e poi dimenticare ragazzi. D’altronde nessuno si stupiva di questo, tantomeno Hallie.
«Fai una cosa, Hallie: dimenticalo.»
«Hai ragione.» riuscì solo a dire. In fondo lei non sapeva assolutamente nulla su quel ragazzo. E allo stesso tempo non sapeva perché le si aggrovigliava piacevolmente lo stomaco ogni volta che ci pensava.
«Bene.»
Laine si avvicinò allo specchio, afferrando il mascara e cominciando a passarselo sulle lunghe e folte ciglia. «Ah, Hallie, ti ho già parlato del ragazzo che ho conosciuto al locale l’altra sera?»
«No, non credo.»
«Beh si chiama JJ e abbiamo fatto una gara di drink.» disse, facendo una pausa per passarsi il lucidalabbra color magenta sulle labbra rosee.
«Emozionante.» commentò l’amica fra le pieghe delle lenzuola.
«Ha vinto lui. Ma solo perché l’ho fatto vincere io, chiaramente.»
«Ovvio.»
Poi Laine si allontanò dallo specchio, andandosi a sedere sul materasso accanto a dove era sdraiata Hallie.
«Ascoltami, lo so che sei alterata e tutto, ma almeno ascoltami mentre cerco di distrarti.»
Hallie sbuffò, tirando fuori la testa dalle coperte. «Va bene, mi dispiace. Cos’è successo con questo JJ?»
«Allora, abbiamo fatto una gara di drink e ha vinto lui. Poi abbiamo parlato di molte cose e ho capito che è un ragazzo fantastico. Non molto il mio tipo, però un amico appetibile.»
«In che senso non molto il tuo tipo?»
«Eh, un po’ troppo alcolizzato. Cioè, davvero molto. Però un gran consigliare, ed è anche fidanzato.» disse, aggrovigliandosi le coperte intorno alle dita.
«Tu che parli con gente fidanzata e che non provi nemmeno a rimorchiarla? Ma cos’era… una specie di yeti delle nevi con un gran conto in banca?» chiese sinceramente stupita Hallie, spalancando gli occhi.
«Scema!», esclamò Laine, alzandosi e tirando l’amica per un braccio, costringendola a imitarla. «Era anche un gran figo. Ma te l’ho detto: non il mio tipo.»
«Gay?» ipotizzò.
«No! Ma che razza di impressione hai di me? Davvero, non so perché, ma non è il mio tipo.»
«Okay.» rispose Hallie, distogliendo orripilata lo sguardo dalla sua immagine riflessa nello specchio.
«Davvero.» ribadì Laine.
«Ci credo.»  
E Hallie ci credeva davvero. La cosa a cui non riusciva a credere era che Laine per una volta sembrasse sincera. Lei, la ragazza che parlava esclusivamente con gente single, ricca e disponibile. A volte si chiedeva perfino il motivo per cui fossero amiche, forse per il fatto che Laine non era sempre stata così popolare, anzi, alle elementari la bionda era un bersaglio piuttosto facile per gli aspiranti bulletti. Non era molto sveglia e i suoi capelli erano sempre gonfi poiché la madre glieli pettinava con una spazzola che li rendeva estremamente elettrici. Inoltre, non si poteva dire che fosse atletica; Hallie si ricordava ancora delle merendine preferite di Laine: le Pop-Tarts. Ne mangiava fino a stare male e un sacco di volte era dovuta andare dal medico per questo, il quale ogni volta le diceva di smettere di fare indigestione di quel cibo-spazzatura. La sua paffutaggine era poi sparita con la pubertà verso i dodici-tredici anni e l’anatroccolo era finalmente diventato un cigno.
Tutto il contrario si può dire invece di Hallie, che aveva fatto il percorso direttamente opposto. Lei da piccola era più snella, piuttosto alta per la sua età e aveva un fisico muscoloso dato dalla quantità estrema di attività fisica che faceva. Verso i tredici anni, mentre le ragazze intorno a lei scoprivano di dover solo aspettare per avere le soddisfazioni, Hallie si sentiva sempre peggio. Era diventata un pochino più ‘morbida’, come avrebbe detto suo padre per non offenderla, e le sue forme e costituzione erano completamente diverse da quelle snelle di Laine. Il suo viso, una volta delicato, si era trasformato in un bersaglio di odio da parte di Hallie, che lo odiava con tutta se stessa. Ogni giorno si chiedeva perché non potesse avere degli occhi chiari, o dei capelli più belli o anche solo il viso meno rotondo. A volte arrivava perfino a odiarsi, ma non l’aveva mai detto a nessuno.
«Comunque vestiti, che tua mamma ha detto che veniva a prenderti tra mezz’ora.»
Hallie sbuffò, riprendendosi e passandosi una mano fra i capelli scuri. Afferrò una camicia dal borsone , insieme a un semplice paio di jeans e una piccola trousse. Si avviò verso il bagno, dato che si vergognava a cambiarsi di fronte a Laine – o a chiunque altro – e cominciò a passarsi il fondotinta sul viso. Quell’attrezzo era l’unico trucco che usava per coprirsi, il resto lo riteneva futile perché “non si poteva salvare l’insalvabile”.
Non ci mise molto a finire tutto, e sistemò i suoi capelli gonfi in una coda che non sapeva quanto sarebbe resistita come tale.
Sentì il citofono di Laine chiamare e sbuffò ulteriormente. Casa sua distava al massimo dieci minuti a piedi eppure sua mamma doveva venirla a prendere. Certe volte si sentiva proprio una bambina, e non voleva nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se sua madre avesse scoperto cosa aveva fatto la sera prima. Lei era una discriminazione vivente per le discoteche, e si portava cibo e acqua da casa anche ai matrimoni delle sue amiche per paura che le infilassero qualcosa nelle bevande.
Hallie percorse velocemente il corridoio, afferrando la borsa e scendendo le scale.
«Hal, mi raccomando, chiamami se hai novità!» disse Laine, baciandola sulla guancia.
«Certo, anche tu. Ci vediamo domani a scuola.» ripose quasi meccanicamente.
Laine lasciò fuoriuscire dalle sue labbra una risata cristallina. «Domani non c’è scuola, Hal. Le vacanze sono iniziate ieri.»
«Già. Giusto. Ci vediamo, allora.»
«Ciao!» sentì ancora l’amica dire, prima di chiudere la porta.
L’afa estiva di Bristol l’investì, costringendola a fare una smorfia e a correre faticosamente verso la macchina di sua madre.
«Ciao.» disse semplicemente, allungando la mano per afferrare il suo i-Pod.
«Ciao.», rispose sua mamma, mettendo via il telefono, segno che aveva appena finito di parlare al telefono, come sempre. «Che brutti capelli che hai oggi.»
«Lo so, grazie.»
La mamma di Hallie era così, un po’ egoista ed egocentrica. Le due si vedevano sì e no due volte a settimana e talvolta Hallie voleva che fossero di meno.
«Allora, com’è andata?» chiese, come se niente fosse.
Hallie, che si stava già infilando una cuffietta verde nell’orecchio, girò lievemente la testa. «Bene.» rispose poi semplicemente.
«Non mi chiedi com’è andata alla riunione?»
«Com’è andata alla riunione?» chiese a bassa voce Hallie.
Stare con sua mamma la metteva di cattivo umore, ed era assurda come cosa. Sapeva di dover stare sempre in guardia, perché ogni volta che era felice con lei, da un momento all’altro avrebbe detto qualcosa che avrebbe rovinato tutto.
«Bene, ho parlato con un mio cliente che ha un figlio che è andato all’università a Boston e ha detto che i corsi sono molto buoni ma per entrare bisogna…»
Quello era il momento in cui Hallie si infilava anche l’altra cuffietta e premeva il tasto play. Sua madre avrebbe continuato a parlare per tutto il tragitto di scuola, il suo argomento preferito. Non parlava d’altro, sempre e comunque. Hallie non ricordava di aver mai intavolato una conversazione con lei che non fosse la scuola oppure il cibo. Già, perché sua mamma la spingeva sempre a mangiare bene, il che aveva anche i suoi lati positivi, ma il fisico di Hallie non sembrava sempre rispondere nella maniera giusta, e sua mamma la punzecchiava sempre su questo punto. Tutte le sue compagne avevano un rapporto invidiabile con le proprie madri, mentre a lei urtava persino il fatto di parlarle al telefono a volte.
Sua mamma si fermò davanti a casa del papà di Hallie. «Ciao!» esclamò entusiasta.
«Ciao.» disse semplicemente Hallie, non pienamente allegra, cercando le chiave nella sua borsa.
Mentre entrava in casa vide con la coda dell’occhio sua mamma andare via, e sbuffò sonoramente. «Ciao pa!» urlò, entrando in salotto, ma non ricevette alcuna risposta. Certo, suo padre lavorava fino a tardi tutta la settimana e durante i fine settimana lo si trovava in giro solamente con la sua ragazza.
Hallie si trascinò su per le scale e poi sul letto, prendendo a osservarsi le mani. ‘Cr’ era ancora in bella vista. Possibile che avesse davvero baciato uno che si faceva chiamare cattivo ragazzo’? Cercò di decifrare la mappa, arrivando alla conclusione che quella mappa aiutava la gente alla ricerca di un amore disastroso.
«Se tu ami una persona, fai di tutto per lei, avrai il cuore spezzato.», lesse ad alta voce, «Bella merda.»
Quando pensava a quella sera riusciva a ricordarsi vagamente il bacio, anzi, forse era la cosa più vivida di tutte, dal momento che né la faccia né il nome del ragazzo sembravano voler tornare alla memoria. Si ricordava di come non era stata una cosa estremamente squallida, come ci si sarebbe aspettato da un bacio in discoteca.
Fantastico. Gran bella prima volta in discoteca.



_____



Ciao mele!
Come sta andando la storia? Ditemelo voi. Questo è stato il capitolo che mi sono divertita di meno a scrivere, non so perchè lol forse perchè non succede molto.

Mi fareste sapere cosa ne pensate per favore? Mi farebbe un piacere eeeeenorme (:
Ah, volevo ricordarvi che questa storia è una OOC (Out Of Character) e quindi i personaggi non si comportano come nella realtà - per quanto possa conoscerli lol - e anche le loro età sono diverse. Infatti George e Josh hanno 17 anni, mentre Jaymi e JJ 18, ma poi vedrete più avanti. Ci sarà anche qualche nuovo personaggio, spero vi piacciano.

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Un grosso bacio, 

Apple.



 

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 «E’ strano.», disse poi. «Lo vedi nei film, lo leggi nei libri, ma non pensi mai possa capitare a te. Invece succede. Ti innamori nel giro di dieci minuti, e poi non ti rimane nient’altro che il vuoto dell’emozione che hai provato.»

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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(2)




Hallie sedeva al bar ormai da dieci minuti, stringendo una barretta di cioccolato fra le mani, ignorando la vocina nella sua testa che l’avvertiva di non mangiare troppi dolci. Si guardò intorno, aspettando ansiosamente l’arrivo della sua amica.
«Hallie!» urlò una voce distante, ma ben riconoscibile.
La mora vide Laine farsi spazio fra i tavoli, mormorando qualche scusa dopo aver pestato un paio di piedi. Teneva stretti fra le mani tre sacchetti, che sventolava sopra le teste delle persone, superandole. Aveva un sorriso radiante, con la faccia leggermente rossa per il caldo. Quel lunedì Hallie era riuscita a prendere un tavolo per miracolo, arrivando con ben mezz’ora di anticipo dall’ora in cui aveva appuntamento con Laine. Quest’ultima si sedette, tirando un sospiro di sollievo e spostandosi i capelli biondi da una spalla all’altra. In quel momento arrivò un cameriere, portando un cappuccino che Hallie aveva ordinato per lei qualche minuto prima.
«Grazie.» disse Laine, sorridendo ancora di più al cameriere, mentre Hallie si affrettava ad allungargli qualche moneta per pagare le due consumazioni.
«Allora?», chiese la bionda, prendendo un cucchiaino di schiuma dal cappuccino e infilandoselo in bocca. «Hai scoperto come si chiama il ragazzo misterioso?»
«No.» rispose piano Hallie, abbassando gli occhi.
«Ah.»
Hallie riusciva quasi a sentire la delusione nella breve sillaba pronunciata da Laine. Non che questa stesse cercando il ragazzo anonimo solo per lei, però la sua amica era così spigliata con i ragazzi, così aperta che al suo confronto Hallie faceva quasi tenerezza.
«Beh, dai. Non ti devi preoccupare. Sono sicura che riusciremo a trovare qualcun altro.» si affrettò a rassicurarla, posandole una mano sopra la sua, come se dovesse prendersi cura di un cucciolo in cerca di una nuova famiglia adottiva.
«Ecco, no, proprio di questo volevo parlarti. Io… credo di essermi ricordata alcune cose.» quasi bisbigliò Hallie, sotto lo sguardo incuriosito di Laine.
«Bene… benissimo! E che cosa ti saresti ricordata?»
Hallie pensò a quanto fosse lunatica Laine. Il giorno prima le aveva detto di dimenticare il ragazzo misterioso, e quello dopo la incoraggiava a ritrovarlo.
«Qualche frase che mi ha detto. Qualche sprazzo d’immagine. Dio, che nervoso. Se solo non fossi stata ubriaca mi ricorderei tutto perfettamente e non sarei in questo pasticcio.»
«Se solo non fossi stata ubriaca probabilmente non avresti nemmeno avuto il coraggio di parlargli.»
Hallie aprì la bocca, ma poi la richiuse. Laine aveva ragione, la sua timidezza l’avrebbe bloccata e non sarebbe mai stata capace di attaccare bottone come aveva fatto sotto effetto di alcolici.
«Scusa, ho esagerato.», si corresse Laine. «Quello che voglio dire è che quello che è fatto è fatto e dobbiamo solo tentare di scovare questo tizio.»
«Ma tanto, cosa cambierebbe? Cosa dovrei dirgli? “Ehi ciao, senti, ci siamo conosciuti in discoteca quando entrambi eravamo ubriachi fradici, probabilmente tu non ti ricorderai nemmeno di me, e per finire penso di essere innamorata di te, l’unica persona che mi ha conosciuta veramente. Vuoi uscire con me?”»
«Sarebbe un inizio!» esclamò Laine, alzando il cappuccino e rovesciandone un po’ sul tavolo.
«Ma sei seria?», chiese Hallie, affrettandosi ad afferrare un fazzoletto. «Per favore, scendiamo dalle nuvole.»
«E invece dovresti rimanerci e dirgli quello che hai appena detto a me.»
«Per te è facile dirlo. Vai da un ragazzo ed è praticamente già ai tuoi piedi.»
«Questo non è vero. Per esempio Jaymi no.»
Hallie alzò gli occhi. «Forse perché lo tartassi di messaggi e lettere da quando siamo in terza elementare e lui non è mai stato interessato a niente che non fosse una tavola nera e quattro rotelle, cosa anche comunemente chiamata skateboard? Non escludiamo il suo orientamento sessuale che non combacia esattamente con te.»
«Beh, però è un esempio di maschio che non è mai caduto ai miei piedi.» affermò Laine, agitando nuovamente le mani.
«Ma per favore, Jaymi è più qualcosa vicino a una scimmia che a un maschio.» disse Hallie, forse per quella che era la ventesima volta.
«Tu non sai apprezzare il lato selvaggio della mascolinità: sudore grondante, barba incolta, cuffie sexy color verde militare intorno al collo, sigaretta a fior di labbra, e pantaloni color sabbia larghi ma che mettono in mostra il giusto –»
«E cappello che probabilmente gli si è incollato ai capelli? Sul serio, l’hai mai visto senza cappello? … ma stiamo seriamente avendo una conversazione su Jaymi Hensley?» chiese Hallie nervosamente, tornando a guardare Laine negli occhi.
«Ti correggo, Jaymi-sono-terribilmente-sexy-Hensley.» la corresse la bionda, ammiccando con lo sguardo.
«Ti ucciderei quando fai così. Sembri una di quelle oche con gli ormoni fuori posto.»
Laine si strinse nelle spalle, sapendo bene di aver appena fatto innervosire la sua amica. Le piaceva stuzzicarla ogni tanto. Hallie improvvisamente puntò il dito contro qualcosa alle spalle della bionda, facendola voltare.
«Ecco, scommetto che lui ti cadrebbe ai piedi senza alcuna fatica.»
Dietro di lei c’era un ragazzo con i capelli biondo scuro, la pelle più o meno chiara e un cappello grigio in testa. Hallie non intendeva davvero entrare nella conversazione, voleva solo provare a Laine che ogni tanto poteva avere torto. E comunque quel ragazzo non le sarebbe mai caduto ai piedi, aveva l’aria troppo intelligente.
«Ma non avevi detto che odiavi i cappelli?» chiese Laine, girandosi nuovamente.
«Voglio che tu ci vada a parlare.» disse Hallie, ignorandola.
«Che cosa?» chiese Laine, incredula.
«Se tu mi dimostri che saresti capace di fare cadere persino lui ai tuoi piedi, se mai troverò il ragazzo misterioso gli dirò quello che ho detto a te.»
«E con ‘persino lui’ intendi che ha un libro in mano?», Laine si voltò a guardare di nuovo per qualche secondo il ragazzo, riportando poi lo sguardo su Hallie, rivelando un’espressione contrariata. «Ma lo sai che non mi piacciono quelli sapientoni! Almeno con le scimmie non devo parlare di autori famosi e messaggi nascosti nei libri. Io non leggo.»
«Senti, poi non ci devi uscire. Vai lì, ci scambi due chiacchiere e se vedo che sta cascando ai tuoi piedi ti chiamo.»
«… d’accordo. I capelli sono un po’ alla Justin Bieber, ma me lo farò andare. Ah, e se cade ai miei piedi ci rimettiamo al lavoro con il ragazzo cattivo.»
«Divertiti!» le sussurrò Hallie, facendole l’occhiolino.
In realtà Hallie sperava di poter distogliere l’attenzione di Laine dal ragazzo misterioso, e non aveva alcuna intenzione di riferirgli quanto detto alla bionda poco prima; voleva che perdesse quella scommessa così che non ne avrebbero più parlato.
Era troppo sicura di sé, il sapientone non sarebbe mai caduto ai piedi di Laine. Lo si vedeva dal suo sguardo che quello era un tipo intelligente, che non si faceva abbindolare facilmente. Già si pregustava il ritorno della faccia sconfitta di Laine quando… un momento. Quello era un sorriso? Non poteva aver visto bene. Due sorrisi? Il sapientone stava sorridendo a Laine? Non era possibile.
Prese il telefono in mano, componendo velocemente il numero dell’amica, ma rimase molto delusa quando questa rifiutò la chiamata. «Tipico.» commentò a bassa voce.
Rimase per cinque minuti buoni a osservare Laine e il ragazzo sapientone parlare e ridacchiare amorevolmente fino a che lui non arrivò alla cassa e dovette pagare. Allora li vide congedarsi e osservò Laine tornare al tavolo trionfante.
«Si chiama Josh, ha diciassette anni e due occhi meravigliosi. Non è troppo un sapientone ed è molto simpatico. Ho numero di telefono e indirizzo. Laine è tornata!» disse tutta la frase d’un fiato, facendo un gesto di vittoria con entrambe le mani.
«Va bene.»
«Ho vinto. Questo significa che ci immergiamo fino al collo nella ricerca del tuo cattivo ragazzo.»
«Va bene.» ripeté Hallie, lanciandole uno sguardo torvo.
«Chi è che mi aveva sfidato?» Laine guardò Hallie con i suoi bellissimi occhi azzurri, spostandosi con fare teatrale una ciocca di capelli mossi dalla spalla.
«Ho capito, ho capito, ma non posso dirti di più di quanto non ricordi. E adesso è tardi e devo andare a casa.» mentì la mora, alzandosi e prendendo la sua borsa.
«D’accordo, ma vedi di ricordarti qualcosa o se no procediamo con le sedute ipnotiche.»
«Quali sedute ipnotiche?» chiese Hallie inorridita.
«Quelle per il recupero della memoria.»
«Devo andare, ciao!» gridò la ragazza, allontanandosi, spaventata dallo sguardo minatorio di Laine.
«Scappa che è meglio.»
 
 

*

 

George aveva programmato di passare anche quella giornata nel letto, ma aveva deciso di andare comunque alla piazza per recuperare la sua felpa. Fosse stata una qualunque altra felpa l’avrebbe lasciata marcire in qualunque posto, ma quella felpa era un regalo di Riley. Probabilmente non era stata una buona idea mettere la felpa che profumava ancora di lei la serata che aveva passato a cercare di dimenticarsi della ragazza, ma per nulla al mondo avrebbe perso quella felpa di colore verde scuro. E George non si sarebbe fatto problemi ad andare a casa di Jaymi e prenderlo a pugni finchè non si sarebbe svegliato solo perché non aveva portato la felpa alla piazza. La ‘piazza’ in questione era in realtà un vecchio parcheggio nella zona periferica-residenziale di Bristol, il quale era stato trasformato in una specie di campo da basket, ma era più che altro un ritrovo per fumatori-alcolizzati-aspiranti pugili. George, Jaymi, JJ, Josh e un paio di altri amici si ritrovavano quasi ogni giorno lì alle tre. Erano soprannominati ‘Union J’ dalle altre bande ma loro non si erano mai considerati un vero e proprio gruppo, visto che Josh aveva sempre condannato la violenza e non avevano assolutamente nulla in comune l’uno con l’altro, se non l’iniziale del nome. Josh, per l’appunto, era un ragazzo molto tranquillo, a cui piaceva leggere e parlare dei suoi sentimenti, tutto il contrario di Jaymi, che non avrebbe perso occasione per picchiarsi con qualcuno e fare il gradasso –nonostante perdesse sempre – e per ultimo c’era JJ, a cui piaceva bere un sacco e testare tuti i nuovi drink in ogni locale in cui andava. Erano diventati amici per caso, in un corridoio delle scuole medie, e George non si ricordava nemmeno come fosse successo esattamente. Che dire, non aveva mai avuto una memoria brillante.
«Ehi, Shelley!», lo chiamò JJ, andandogli incontro e tirandogli una pacca sulla spalla, «Sei stato promosso?»
George ridacchiò, JJ era quasi ubriaco. Da quando aveva compiuto diciotto anni in primavera non aveva fatto altro che bere come una spugna, approfittando del fatto che uno, fosse maggiorenne e che due, lavorasse in un locale poiché non aveva voluto finire la scuola.
«Non lo so ancora, domani vado a vedere i tabelloni insieme a Josh.» rispose, trattenendo JJ dal cadere.
Jaymi aveva appena concluso l’ultimo anno, mentre Gorge e Josh dovevano sapere se erano stati ammessi a frequentare il loro ultimo anno di torture.
«Bravo ragazzo!», esclamò JJ, «Non mollare. Anche perché l’estate è appena iniziata!»
Dopo quelle poche parole si allontanò per andare a scroccare qualche sorso di una bevanda sconosciuta a un ragazzo dall’altro lato della piazza.
George avrebbe voluto chiedergli come fosse andata la serata con la ragazza del messaggio, ma temeva che in quello stato JJ non avrebbe capito nemmeno di cosa si stesse parlando.
Poco più lontano scorse Josh, seduto su un muretto, intento a leggere un libro. «Ciao!», esclamò George, «Cosa stai leggendo?» chiese, più per cortesia che per interesse.
«Sai, sei la seconda persona che me lo chiede oggi, che strano.»
«Davvero?» di nuovo a George non gliene sarebbe potuto fregare di meno.
«Già, una ragazza al bar… comunque, parlando di ragazze: voglio sapere di più sulla ragazza dell’altra sera.»
George si guardò un attimo i piedi, a disagio. «Non mi ricordo molto.»
«Ma sì, Callie, Mallie, o come diavolo si chiamava. Ne hai parlato per secoli dopo che era andata via. Di quanto fosse speciale ed eccetera… pensavo fossi realmente preso.» Josh aveva posato il libro con le pagine rivolte verso il basso sul muretto e George ne potè scorgere il titolo. Era un libro di Hemingway, uno di quelli che lui non avrebbe toccato nemmeno con le pinze.
«George, mi stai ascoltando?» chiese Josh, tirandogli un lieve scappellotto.
«Sì, sì, comunque non mi ricordo.» cercò di liquidarlo frettolosamente.
Il ragazzo dagli occhi azzurri lo guardò severo «Tu non vuoi dirmi come ti senti in realtà.»
George brontolò qualcosa, tenendo lo sguardo basso. Non era abituato a questo tipo di attenzioni. Josh continuò imperterrito.
«Guarda che puoi dirmi che in realtà non ci pensi perché ti innervosirebbe non ricordarti di una persona così speciale.»
George non rispose, ma l’amico capì di aver colpito in pieno.
«E’ strano.», disse poi il castano dopo una breve pausa. «Lo vedi nei film, lo leggi nei libri, ma non pensi mai possa capitare a te. Invece succede. Ti innamori nel giro di dieci minuti, e poi non ti rimane nient’altro che il vuoto dell’emozione che hai provato. E adesso so che rivoglio quel sentimento, ma è come se mi stessi aggrappando a una corda che si strappa ogni volta che inizio ad arrampicarmi.»
Josh rimase sbalordito; George non aveva mai usato quel tipo di vocabolario e il biondo era ormai convinto che non fosse più capace di esprimersi. Invece eccolo lì, a torturarsi interiormente per una ragazza. Sorrise vedendo che il ragazzo teneva lo sguardo basso, altro avvenimento imperdibile.
«Ti voglio aiutare.»
«Cosa?» chiese stupito George. «Io non ho bisogno del tuo aiuto.»
«Fa niente, io ti aiuto lo stesso.» tirò fuori dal suo zaino un quaderno e una penna, riponendo all’interno il libro. Tipico di Josh, pensò George, sempre tutto in ordine.
Scrisse ‘ragazza di George’ in alto sula pagina, suscitando un grugnito del castano. «Non è la mia ragazza.»
«Nella tua testa lo è, smettila di dire cavolate.», fece una pausa, riprendendo a scrivere. «Sappiamo il nome, giusto?»
George annuì. Aveva l’impressione che questa cosa esaltasse Josh più del dovuto. Lui era ancora molto scosso dal fatto che si potesse dichiarare quasi ‘innamorato’ di qualcuna.
«Callie, credo.»
«Bene, e ti ricordi in che circostanza ti ha detto il nome? Vi siete presentati all’inizio o alla fine? Lei sa il tuo nome?»
«Frena.», disse George, portandosi una mano fra i capelli. «Non lo so, non credo che sappia il mio nome, non ci siamo presentati.»
Cominciava a fare caldo, e George si pentì di non aver messo dei vestiti più leggeri. Si fece aria con la maglia, quando improvvisamente si ricordò di averlo fatto anche quel sabato sera mentre stava parlando con Callie. Era stupido, si ricordava questi particolari eppure non riusciva a richiamare altro.
«No, mi ricordo, una sua amica la aveva appena chiamata al telefono. Ha chiamato Callie per nome e il volume del telefono era talmente alto che avevo sentito tutto.»
Josh prendeva appunti silenziosamente. Alzò la testa di scatto, «Altro?»
«Hanno preso un taxi, perché ho sentito quella parola.»
«Mh, questo non dice molto, perché avrebbero comunque potuto avere diciotto anni e la macchina, ma aver deciso di andare via in taxi.» chiarì Josh.
«No, Callie aveva il bracciale uguale al mio. Quello ruvido che danno ai ragazzi fra i sedici e i diciotto anni per le consumazioni. Questo me lo ricordo perché mi si sfregava contro la guancia quando ci siamo baciati.» disse George, incredulo di se stesso.
«Interessante.»
George si incupì all’istante. «Smettila.», sibilò, strappandogli la penna di mano. «Mi sto solo illudendo. Magari lei non si ricorda assolutamente nulla e non ne vuole sapere niente.»
Josh lo guardò beffardo. «Ma non mi avevi detto che ti ricordavi che ti aveva confidato delle cose speciali?»
«Ah sì?»
«Sì. E di solito non si ha una conversazione ‘speciale’ da ubriachi.»
In quel momento arrivò Jaymi, dando una spinta di lato a George e interrompendo la loro conversazione. «Come va?» chiese ad alta voce.
«Mh.» rispose il castano, strappandogli dalle mani la sua felpa verde.
«Tutto a posto.» disse Josh, mettendo via in fretta le cose nella sua borsa.
A nessuno piaceva molto parlare con Jaymi, a parte le rare volte in cui si dimostrava sapere cosa volesse dire la parola ‘amico’. Lui preferiva passare alle mani per tutto, e se mai avesse scoperto cosa stavano tramando George e Josh avrebbe sicuramente preso in giro George finchè questo non si sarebbe autoconvinto a rimuovere dalla sua mente Callie.
«Io devo andare a casa.» ogni scusa sarebbe stata buona per togliersi da quella situazione, «Ci vediamo domani, Josh. Davanti a scuola alle dieci.»
«Va bene.», urlò il biondo. «Porta informazioni!» 



_____



Ciau mele! 
Sono contentissima per le recensioni ricevute al capitolo precedente asdfghj
Continuate così lol
Alura, vi piace la piega che la storia sta prendendo? Aspetto vostri pareri perchè conto su di voi.
Come al solito vi lascio un piccolo 'sneak-peak' del prossimo capitolo con gif annessa.

- twitter 
Un bacio enorme,

Apple.



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«Beh.», ridacchiò, guardandola. «Sabato sera sono andata in discoteca ed è successa una cosa davvero scombussolante.»
«Davvero, davvero scombussolante.» precisò Laine.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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(3)




Quella giornata era iniziata male per George. Aveva sognato Riley, e questo non poteva essere un buon segno; tutto era iniziato con la sua dannata abitudine di dormire con la sua felpa verde vicino al cuscino – abitudine alquanto strana per uno che ha una discreta reputazione da menefreghista da difendere – e il profumo della felpa aveva fatto irruzione nei pensieri notturni del ragazzo. Si era ritrovato catapultato al suo primo San Valentino con lei, il giorno in cui lei gli aveva regalato quella felpa. George l’aveva portata a fare un picnic al parco, vicino alla panchina in cui erano soliti ad andare l’inverno e aveva portato delle coperte per il freddo pungente di febbraio. I due avevano cominciato a mangiare e gli occhi di George saettavano da tutte le parti per la felicità, prima guardava gli occhi azzurri di Riley, poi i suoi capelli rossi e infine la sua pelle lattea, quasi bianca. Sorrideva come molte delle volte in cui erano insieme e tutto sembrava perfetto.
Improvvisamente il cielo si era rabbuiato, e da dietro l’albero era comparsa una figura scura, che portava una felpa esattamente uguale a quella che possedeva George; lo riconobbe subito, era Lucas, il ragazzo che aveva ‘rovinato’ tutto.
Si svegliò di soprassalto e grondante di sudore, si alzò e lanciò la felpa verde con violenza in un cassetto, maledicendosi ogni giorno perché non si decideva a buttarla. Forse non era pronto a lasciare andare via il passato, aggrappandosi all’ultima cosa che gli rimaneva: la felpa. Riley se n’era andata dalla sua vita da ormai sei mesi, eppure lui aveva l’impressione che tutto fosse successo soltanto ieri: Lucas che baciava la sua ragazza, le urla, le lacrime, la frustrazione e poi il camion dei traslochi, la casa in vendita e infine l’addio. Non c’era stato un vero e proprio addio, ma George non era nemmeno sicuro che quello avrebbe potuto mettere in pace il suo animo.
Appoggiò le mani sopra l’armadio e in seguito poggiò anche la fronte sulla superficie fredda, chiudendo gli occhi. Lentamente il suo fiato riprese un ritmo regolare, così come il suo battito. Si staccò dal legno e cominciò a passeggiare per la sua stanza, tirandosi lievemente le punte dei capelli. Preso un bel respiro cominciò a vestirsi e in men che non si dica si ritrovò per strada, con un ‘non tornare tardi’ di sua madre alle spalle.
Un altro motivo per cui quella si prospettava una cattiva giornata era che si era ricordato di un’altra cosa riguardo a Callie, e questa non sembrava così bella. Nella tasca dei pantaloni aveva ritrovato un fazzoletto usato, e con lo sforzo più grande si era ricordato in quale parte della serata lo aveva usato. Quel fazzoletto glielo aveva dato Callie quando lui era andato in bagno a vomitare, e quella non era esattamente la famosa buona prima impressione che si dovrebbe fare sulla gente che non si conosce.
Sbuffò, facendosi largo fra la folla che si era formata dinanzi la scuola. C’era un gran trambusto e le facce di tutti i presenti erano piuttosto scocciate. Non riuscì nemmeno a capire il motivo di tutta quelle espressioni deluse che Josh lo chiamò a gran voce. George si fece largo fra le proteste dei presenti e raggiunse Josh vicino all’entrata della scuola. Quel giorno erano presenti solo le quarte superiori, dato che le altre classi avevano già ricevuto il loro verdetto nei giorni precedenti.
Era una giornata piuttosto calda, come ci si aspetterebbe da una giornata di giugno, e il sole splendeva nel cielo senza alcuna nuvola nei paraggi.
«Cosa succede?» chiese George rivolgendosi a Josh. Quest’ultimo alzò le spalle, indicando una donna che si guardava circospettamente intorno e che teneva un megafono fra le mani.
Questa signora aveva dei capelli biondi – evidentemente tinti per coprire i suoi capelli bianchi – che portava in un caschetto, e due occhietti scuri e vispi che scattavano da ogni parte. Portava una camicetta rosa e un paio di pantaloni neri di velluto, nonostante il caldo, e aveva anche un paio di scarpe piuttosto pesanti. Dopo essersi fatta portare una specie di panchetta di legno da un bidello ci salì sopra, cliccando a caso i tasti del megafono e facendo partire degli acuti terribili che fecero raggrinzire la pelle a tutti i presenti.
Dopo qualche tentativo si sentì la sua voce gracchiante arrivare forte e chiara alle orecchie di ognuno dei ragazzi.
«Buongiorno a tutti.», fece una breve pausa per accertarsi che tutti fossero attenti. «Come potete vedere non siamo ancora riusciti a mettere fuori i cartelloni perché ci sono stati dei problemi con alcuni studenti. Fra cinque minuti saranno appese delle liste con i vostri nomi in disordine, date le complicanze che abbiamo avuto. Se il vostro nome non è su nessuna delle liste, non vi dovete preoccupare, questo non vuol dir che siete stati bocciati, semplicemente dovete tornare qui alle cinque.»
Si levò uno sciame di lamenti dagli studenti della ormai conclusa quarta superiore che non potevano credere a quello che avevano appena sentito.
«Cosa vuol dire questo?» chiese qualcuno a gran voce.
«Questo vuol dire, Thompson, che la scuola è un posto per le domande, ma la scuola è finita venerdì, quindi se il tuo nome non è sulla lista vieni qui oggi pomeriggio alle cinque.»
Poi la donna scese dalla panchetta e rientrò a scuola, seguita a ruota dal bidello a dir poco terrorizzato. Passarono davanti a Josh e George per entrare nell’edificio, mentre quattro uomini stavano invece uscendo dalla scuola, portando una lavagna mobile a testa sopra le quali erano state appesi dei fogli. Non appena le ebbero posate in terra uno sciame di ragazzi si precipitò per vedere se il loro nome ci fosse oppure no, e ance Josh partì in quarta, ma venne fermato bruscamente dall’amico.
«No, aspetta. Non c’è fretta.» disse George, che era tutt’altro che tranquillo adesso.
«Perché?» chiese innocentemente il biondo.
«Perché…» George doveva trovare una scusa alla svelta. Non poteva dire a Josh che era terrorizzato perché temeva di non aver passato l’anno, oppure perchè aveva paura che se il suo nome non fosse stato su quella lista sarebbe finito in guai seri. Così gli disse la prima cosa che gli passava per la testa: quello che aveva scoperto sul fazzoletto di Callie.
Josh lo ascoltò silenziosamente, registrando tute le informazioni. «Quindi hai deciso che ti interessa?» chiese poi alla fine del monologo di George.
«Non essere stupido. Ti ho solo detto quello che mi sono ricordato.»
«Come vuoi.», disse Josh. «Adesso possiamo andare a vedere queste dannate liste?»
George acconsentì a malincuore, osservando l’amico farsi spazio fra la gente davanti a lui. Il più dei ragazzi erano andati a casa ormai e non fu difficile arrivare ai fogli di carta che avrebbero rivelato il fatidico verdetto. George non aveva nemmeno il coraggio di guardare. Dopo quelli che sembrarono degli interminabili minuti, vide la testa di Josh riemergere dal basso.
«Allora?» chiese il castano con una smorfia in faccia che non si aspettava nulla di buono.
«Non lo so, non ci siamo.»
«Come?» chiese incredulo. Non poteva credere che questa storia della scuola non era ancora finita, «Nessuno dei due?»
«No, né tu, nè io.»
George per poco non tirò un sospiro di sollievo a quest’informazione. Josh non poteva aver fatto qualcosa di male, quindi forse anche lui si poteva salvare in qualche modo.
«Cosa pensi che sia questa cosa? Cosa c’è dietro? Non posso crederci.» Josh più che preoccupato sembrava… scioccato. Come se gli avessero appena detto che la sua casa era crollata e sarebbe dovuto andare a vivere in un altro continente da un giorno all’altro.
A questo punto spettava a George il ruolo del rassicuratore, anche se non gli veniva molto bene. «Non ne ho idea. Dai, Josh, sono sicuro che sarà solo un malinteso e non avranno avuto tempo di, che so, stampare tutte le schede.»
Josh ridacchiò per l’assurdità dell’ipotesi, ma si rilassò un po’ e il castano gli tirò una pacca sulla spalla. «Andiamo a mangiare e poi torniamo qui a vedere cosa diamine vogliono ancora da noi.»
«D’accordo, abbiamo ancora qualche ora.», disse Josh. «E io che pensavo fosse finalmente finita.»
«Già, anch’io.»
 
 

*

 
 
«Cosa vuol dire che non c’è il nostro nome?» chiese Hallie, incredula.
«Vuol dire esattamente questo: non c’è il nostro nome.»
Laine aveva la voce ferma, come se questo non la turbasse minimamente.
«Non è possibile.»
Il panico cominciò a impossessarsi di Hallie. Non poteva accadere a lei, non lì e non in quel momento. Questo doveva assolutamente essere il karma che la puniva per aver le cattive azioni commesse in passato. Cominciò a respirare affannosamente, come se stesse avendo un attacco di panico.
«Ehi, ehi, calmati Hal.» cercò di rassicurarla Laine, facendola sedere sulle scale dell’entrata della scuola, mentre una mandria di ragazzi che erano appena stati promossi stava correndo via.
«Mi sento male. Cosa vuol dire che non ci sono i nostri nomi?»
«Hai sentito la tipa prima, non c’è niente di cui preoccuparsi.» rispose la bionda, accomodandosi sullo scalino vicino all’amica.
«Dicono sempre tutti così quando in realtà c’è da preoccuparsi.»
«No, vedrai, sono sicura che sia qualcosa di veramente stupido che si risolverà subito.»
Hallie non ne era molto convinta, e invidiava la sua amica bionda che riusciva a tirare fuori la trousse e aggiustarsi il trucco in una situazione come quella. Si nascose la faccia fra le ginocchia, mugolando. Improvvisamente una voce fece alzare le teste delle due ragazze.
«Anche il vostro nome non c’è?»
La ragazza che aveva appena parlato era molto alta, aveva un fisico atletico e dei capelli castano scuri. Aveva gli occhi verdi, Hallie poteva notarlo visto che la guardava fissa negli occhi. Portava un paio di jeans lunghi, una maglietta bianca con dei fiorellini verde pistacchio e una specie di cardigan azzurro molto leggero, aperto sul davanti, che le ricadeva lungo i fianchi. Stringeva fra le mani una borsa blu, come se avesse paura di perderla, nonostante fosse ben fissata alla sua spalla da due manici marroni.
«Già.», rispose sconsolata Hallie, «Non siamo in molti vedo.»
Lei e la sconosciuta si voltarono per vedere un altro gruppo di ragazzi che si erano fermati nel piccolo cortile di terra bianca che circondava la scuola. Essa si trovava nel centro della città, ma per fortuna la zona era una delle più tranquille di Bristol.
«Comunque piacere, June.» si presentò la ragazza castana, tendendo una mano. Hallie non si alzò ma gliela strinse, coprendosi con l’altra dal sole che le arrivava dritto in faccia.
«Io sono Hallie, piacere.»
«Io sono Laine.» disse la bionda, che non l’aveva degnata nemmeno di uno sguardo, mentre si stava mettendo il mascara guardando la sua immagine riflessa in un mini-specchietto all’interno della sua trousse.
«Quindi, che si fa?» chiese quest’ultima, riponendo tutti i trucchi nella sua piccola borsetta di pelle marrone chiara. Quel giorno aveva messo un vestitino bianco a fiori blu, una cosa che Hallie non avrebbe potuto indossare nemmeno sotto tortura. Non che non le piacesse, ma non si sentiva adatta per quel tipo di abbigliamento.
«Io ho fame.», disse Hallie. «Andiamo a mangiare. Vuoi venire anche tu o hai da fare?» chiese rivolgendosi verso June.
«Oh, no, se non vi do fastidio vengo volentieri.»
«Ma figurati! Magari riusciamo anche a parlare se prima non viene un infarto a Hal per questa storia.» si intromise Laine.
«La chiamavano simpatica.»
Hallie sorrise, alzandosi e avviandosi insieme alle due ragazze al bar lì vicino.
«Intanto puoi dirmi se ti è venuto in mente qualcos’altro riguardo al cattivo ragazzo.» disse Laine, una volta che si era seduta al tavolino del bar.
June le guardò a disagio, evidentemente non voleva immischiarsi in affari di due perfette sconosciute che aveva incontrato pochi minuti prima e non voleva fare delle domande inopportune. Hallie notò il suo disagio e si affrettò a specificare.
«Beh.», ridacchiò, guardandola. «Sabato sono andata in discoteca ed è successa una cosa davvero scombussolante.»
«Davvero, davvero scombussolante.» precisò Laine. Intanto era arrivato il cameriere a prendere le ordinazioni che avevano scelto in poco tempo.
Hallie si era lanciata in una descrizione dettagliata di tutto quello che si ricordava di quella sera, mentre Laine annuiva e succhiava da una cannuccia blu un frappè alla fragola. Era entusiasta di poter condividere quell’esperienza anche con altre persone che non fossero la sua amica bionda Laine.
«Vorrei solo che mi stesse cercando anche lui.» concluse, sorridendo timidamente.
June annuì comprensiva. «Ti è successa una cosa davvero scombussolante. Secondo me ala fine riuscirai a mettere insieme una storia. A me era successo una cosa molto simile con un ragazzo, qualche mese fa, e adesso siamo fidanzati.»
«Che cosa carina!» commentò Hallie. Anche Laine sorrise, ma poi tornò a rivolgersi a Hallie. «Quindi?»
«Non so, ricordo poco o nulla. Un bel bacio, a dir la verità. Mi ricordo che lui era triste all’inizio, poi si è rallegrato un pochino. E mi ricordo che mi aveva detto di stare così male per una ragazza.»
«Ti ricordi il nome?» chiese frettolosamente Laine.
«Non credo proprio me l’abbia detto.»
«Mh.», commentò la bionda. «Poi?»
«Poi basta, davvero.»
«Ma nulla sull’aspetto fisico?» tentò June.
«No, affatto. Non mi ricordo nulla di come fosse fatto, solo le sue labbra, bellissime.»
«Sì, d’accordo, ma nient’altro. Cos’avete fatto? Gli hai dato qualcosa di tuo?» chiese indagatoria l’amica.
Questo fece scattare un campanello d’allarme nella testa di Hallie, sì, lei gli aveva dato un fazzoletto. Raccontò alle due ragazze l’episodio del bagno, accompagnata da mille domande.
Sarebbero state delle lunghe ore, in attesa di scoprire cosa fosse successo a scuola.
 
 

*

 
 
«Essendo qui, non avrete visto il vostro nome sulle liste. Ebbene, io sono qui apposta per spiegarvi il perché.» disse la donna che avevano già visto quella mattina – che poi si scoprì chiamarsi Bianca Bellwood – mentre li accompagnava al piano superiore di quella scuola non esattamente nuova.
«Sedetevi.» li fece entrare in una spaziosa aula, che di solito era destinata ai computer, ma al loro posto in quel momento c’erano semplicemente dei tavoli e delle sedie vuote. Era l’aula più grande dell’intera scuola, forse per quello li aveva fatti andare tutti lì; quella era l’unica stanza che poteva contenere tutti e cinquanta gli alunni che vi si stavano infilando dentro. Le aule non saranno state grandissime, però la scuola lo era, e di aule ne aveva davvero moltissime. Hallie però si stupì di quanta gente non avesse trovato il proprio nome sulle liste.
«Bene», esordì la signora Bellwood. «Tutti noi ci troviamo qui grazie, o dovrei dire a causa, di uno o più studenti che hanno pensato bene di boicottare il nostro sistema operativo dei dati. Come saprete, dall’anno scorso la scuola ha deciso di dare il benvenuto alla tecnologia, e abbiamo adattato il sistema elettronico anche ai nostri archivi quindi confidando al cento per cento nella tecnologia.», fece una pausa, guardando tutti i presenti. «Quello che è successo è che alcuni studenti, ipotizzo che siano più di uno perché le lettere coinvolte sono più di una, abbiano cancellato tutti i dati delle persone che avevano la loro iniziale. Penso che lo abbiano fatto per la fretta o semplicemente per creare uno scombussolamento, questo non lo so, quello che so è che le lettere C, E, G, H, J ed L dei nomi di battesimo  sono scomparsi dai nostri archivi.»
A questo punto si generò il caos più totale, perché tutti discutevano con tutti della gravità della cosa, ed erano cinquanta adolescenti contro una piccola signora con una camicetta rosa. Quest’ultima si fece forza, arrampicandosi su una sedia, e poi successivamente su un tavolo e urlò a gran voce. Quell’urlo fu così potente per essere fuoriuscito da un corpicino tanto minuto, che tutti si voltarono in silenzio.
«Non avevo finito.», la donna si schiarì la voce, continuando il suo discorso. «Stavo dicendo, non abbiamo più un singolo dato vostro, a parte i nomi, che siamo riusciti a prelevare dai registri di ogni classe. Quindi, per noi è come dire… che non abbiate mai frequentato o passato anni in questa scuola.» disse, e prima che chiunque potesse aprire bocca, ricominciò. «Non bisogna disperarsi. Ne abbiamo già discusso e non ripeterete nessun esame né alcuna lezione. Stiamo già provvedendo al recupero dei dati, che, grazie al cielo, è possibile grazie a dei geni dell’informatica – che costeranno un patrimonio –, ma non fa nulla. L’unica cosa che è un po’ una complicazione è che voi dovrete continuare a frequentare la scuola finchè il recupero dei risultati non sarà totale.»
Questa volta il silenzio regnava sovrano, ogni studente di quarta superiore che avesse il nome che iniziasse con C, E, G, H, J, ed L della Bristol HS, aveva la bocca spalancata.
«Dovrete semplicemente venire a scuola, e noi ne approfitteremo per farvi fare qualche lavoretto per tenervi impegnati, ma nulla di eccessivo. Non sappiamo per quanto ne avremo, stiamo avvisando i vostri genitori telefonicamente – anche quelli dati recuperati dai registri dei professori – ma state tranquilli, ognuno alla fine avrà quel che si merita.» vedendo le facce scioccate degli alunni, pensò bene che avessero ricevuto abbastanza informazioni. «Bene, ci vediamo domattina alle otto. Non portate nulla se non un po’ di buona volontà.» fece per uscire dalla sala, ma poi si ricordò qualcosa.  «Oh, e i grandi boicottatori sono fra di voi, quindi vengono puniti anche loro. Dobbiamo mantenervi qui e tentare di scoprire chi è stato a combinare questo pasticcio.»
Detto questo, per una manciata di secondi gli allievi rimasero ad ascoltare i tacchi della signora Bellwood allontanarsi in fretta e furia – Hallie pensò che avesse paura di essere aggredita dai ragazzi più violenti – e poi ci fu davvero un trambusto enorme.
«Ma stiamo scherzando?!» urlò Laine, sopra le grida degli altri.
Hallie sedeva nella sua sedia, a guardare il vuoto. «Non è possibile.» ripeteva. La scuola era finita, ma lei avrebbe dovuto continuare ad andarci. Tutti i dati persi per un cavolo di boicottaggio. Oh, se avesse preso lei i capi di questo manufatto, li avrebbe conciati per bene.
«Ma è illegale!» urlò qualcuno.
«Discriminati per le proprie iniziali.!» qualcun altro.
«Da quando gli archivi si tengono per nome e non per cognome?!» urlò un terzo.
«Scuola di merda!» e così via.
C’era gente in piedi che urlava, alcuni che lanciavano in aria le sedie per il nervoso, e poi c’era gente come Hallie, completamente sotto shock.
George, dall’altro lato della sala stava maledicendo tutti i santi. «Mi mancava solo venire a scuola d’estate, davvero, poi le avevo sentite tutte.» disse, tirando un calcio a un muro.
«Che schifo di organizzazione, non si può.» lo seguì Josh.
Di nuovo a George sembrava di essere catapultato in un film. Quella situazione era completamente surreale, in quale universo potevano capitare delle disgrazie del genere. Nel suo, evidentemente.
E così i ragazzi andarono avanti per quelle che sembravano delle ore: a lamentarsi, a gridare, a prendere a pugni il muro; ma tanto non c’era nessuno che avrebbe potuto mettersi contro il volere superiore che aveva deciso che avrebbero frequentato una scuola estiva fatta di lavoretti.
Era una sciagura vera e propria, o forse no?



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Ciau mele!
Vvvi piace il capitolo? Speeero di sì, fatemelo sapere in una recensione :))
Grazie mille a tutte le persone che hanno recensito, non avete idea di che piacere mi fate.
Alura, se c'è qualcosa di non chiaro e/o errori di grammatica (perdonatemi, ho ricontrollato e riletto 50 mila volte) fatemelo notare per favore!
Volevo dirvi che gli aggiornamenti d'ora in poi saranno settimanali - circa - ovvero, magari a volte saranno in anticipo e altre in ritardo, ma cercherò di fare il meglio che posso :)
Ahh, ho cambiato nickname di
twitter (cliccate sopra la scritta)
Un bacio enorme, 


Apple.

 

 

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«Ho un piano.» bisbigliò Josh.
«Ovvero?» chiese poco interessato George.
«Ci sono 11 Callie in questa scuola, tanto vale tentare.»



 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


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(4)




«Non è possibile.» si ripeté per l’ennesima volta Hallie, scendendo dal pullman.
«Beh, a questo punto direi di cominciare a crederci.» aggiunse Laine, che ormai si era rassegnata a dover passare ancora del tempo in quella scuola – non che avesse altri piani comunque, a parte andare alle feste, ma quello poteva farlo in ogni caso – e almeno così avrebbe occupato bene il tempo durante il giorno. «Come l’ha presa tua madre?» chiese poi, voltandosi a guardare l’amica bruna che camminava guardando dritto davanti a sé.
«Come l’ha presa mia madre? Me lo stai davvero chiedendo?», Hallie si sentiva come se l’avessero condannata a vent’anni di prigione, se non peggio. «Si è quasi strappata i capelli. Ha fatto una scenata immensa, nemmeno fosse colpa mia, e so che aveva già prenotato i viaggi studio e tutto, ma vorrei che per una volta sola smettesse di… di fare quello che fa.»
Laine la guardò tristemente, perché Hallie parlava raramente di queste cose, e quando lo faceva voleva dire che era arrivata vicina a un punto di rottura, ma era riuscita a evitarlo per un pelo.
«Non importa.», aggiunse la mora, «Ormai è fatta, dobbiamo solo superare questo problema e basta. Non voglio neanche pensarci.»
Laine annuì comprensiva, non voleva dirle delle cose che avrebbero ritirato fuori quest’argomento, almeno non fin quando avrebbe voluto Hallie stessa.
Arrivarono a scuola in fretta, dato che non c’era la solita fiumana di studenti che intasava la strada, e alle nove in punto entrarono nell’edificio accompagnate dal familiare suono della campanella. Si recarono nel grosso androne, dove tutti e cinquanta gli alunni della Bristol HS erano riuniti, forse puntuali per la prima volta in vita loro.
Laine e Hallie si posizionarono al fondo, ma con una buona visuale sulla signora Bellwood.
«Bene, vedo che siete tutti presenti.», esordì. «Ci scusiamo ancora per l’inconveniente e vi ricordo che non appena il vostro nome sarà presente nel database con i suoi annessi dati, convocheremo i genitori per consegnare la pagelle e sarete esonerati dalla frequenza estiva.» se quest’informazione doveva fungere da rassicurante, Bianca Bellwood avrebbe dovuto ripassare il significato del verbo ‘rassicurare’.
Poi prese una cartellina in mano e cominciò a leggere delle informazioni.
«Comunque, siete cinquanta allievi, e vi divideremo in cinque gruppi da dieci allievi ciascuno. Il primo gruppo rivernicerà la palestra, il secondo farà pulizia fra le vecchie scartoffie nei sotterranei, il terzo pulirà il teatro poi il quarto riordinerà la biblioteca e infine il quinto pulirà tutti gli armadietti.», si guardò intorno, come se sperasse che sarebbe arrivato qualcuno ad aiutarla in quell’impresa. «Non abbiamo potuto dividere per iniziale e quindi abbiamo fatto tutto assolutamente a caso, e no, non c’è possibilità di scambiarvi fra di voi. Le liste sono appese in corridoio sulla bacheca, insieme a tutte le cose che dovete fare, sentitevi liberi di prenderlo. Potete uscire all’una e mezza, come al solito, e le pause durano come quelle che avevate durante l’anno. Ah, non pensate di fare cose che non ho citato, perché abbiamo sorveglianti ovunque, siamo pur sempre a scuola. Comunque, per alimentare la vostra buona volontà abbiamo deciso di mettere in palio un premio: il gruppo che lavorerà meglio e si comporterà anche meglio il prossimo anno riceverà dei crediti extra. Buon lavoro e buona giornata.» detto questo si allontanò in fretta e furia, a parere di Hallie sempre perché aveva paura di essere aggredita da alcuni ragazzi. Ci furono diversi sbuffi, ma ormai ognuno di loro aveva capito che non c’era più niente su cui discutere.
 
 

*

 

«Ho un piano.» bisbigliò Josh.
«Ovvero?» chiese poco interessato George.
«Ci sono undici Callie in questa scuola, tanto vale tentare.»
«Ma che stai dicendo?»
Josh si fermò quasi di scatto, tenendo fermo anche George con una mano. «La festa, era un festa d’istituto, te lo ricordi questo, vero?»
George scosse la testa, non ne aveva idea. «E con questo?»
«E con questo erano invitati solo allievi o ex-allievi. E stando alle tue vaghe testimonianze questa misteriosa Callie ha tra i sedici e i diciotto anni.»
George ancora non riusciva a seguire il ragionamento di Josh, al che quest’ultimo si decise a farsi capire meglio. «La tua Callie ha tra i sedici e i diciotto anni e viene in questa scuola, genio, e ho fatto qualche ricerca, scoprendo che ce ne sono undici.»
Il castano era veramente colpito da questa rivelazione e rimase per qualche secondo in silenzio.
«Anche le persone con la lettera C sono qui, vero?» chiese, con un abbozzo di sorriso.
«Già, sei fortunato.»
George cominciò a sorridere. Forse avrebbe avuto una possibilità, forse riavere quelle labbra morbide sulle sue non sembrava più un sogno poi così tanto lontano.
«Però cavolo, undici Callie sono tantissime.» pensò il castano ad alta voce. E se non fosse riuscito nel suo intento?
«George, muoviti. Andiamo a vedere le liste dei gruppi.» lo interruppe Josh, trascinandolo per una spalla lungo il corridoio.
Arrivarono davanti alla bacheca, dove si erano raggruppati molti studenti. Mano a mano i due amici riuscirono ad arrivare davanti ai cinque fogli, cercando i loro nomi e pregando che fossero capitati insieme.
«Gruppo uno.», lesse George, «Janet Devlin, Hallie Sanders, Josh Cuthbert, Callie Jones, Lily Collins, George Shelley, Callie Fray, Elaine Gold, Conor Maynard, Evan Moore.»
«Sì!» esultò Josh, battendo il cinque all’amico. «Siamo insieme a riverniciare la palestra.»
«Meno male.», concordò George, «Ehi, hai visto che siamo con due Callie.»
«Questa questione si fa sempre più interessante.»
«E le altre Callie dove sono?» chiese curioso George, sporgendosi in avanti verso le liste.
Josh fece lo stesso, aguzzando la vista. «Allora, ce ne sono due nel secondo gruppo. Oh, guarda, con loro c’è anche la ragazza di JJ! E poi ce ne sono addirittura tre nel terzo gruppo. Accidenti, non avrei mai detto che Callie fosse un nome così comune.»
«Già nemmeno io.»
Il biondo tirò fuori il telefono, facendo una foto a ognuna delle schede perché non si sarebbe mai ricordato i cognomi di tutte le Callie e dubitava che l’amico ci avrebbe anche solo provato a ricordarseli.
«Nel gruppo che riordina la biblioteca ce ne sono altre due insieme a una ragazza che si chiama Chloe, e per il resto sono tutti maschi lì, poi altre due nel quinto gruppo. Avevo contato bene, sono undici.» affermò Josh, portando lo sguardo sul suo amico.
«E io come faccio a capire quale sia quella giusta?»
«Devi sforzarti.», rispose Josh, «Se la vuoi trovare veramente devi pensare il più intensamente che puoi a quella serata e a Callie. Poi magari vedendola ti ricordi tutto, ma devi provarci. Provarci sul serio.»
«Ho capito. Ci proverò.» disse George, cercando di assumere un atteggiamento positivo.
«Adesso andiamo al punto di ritrovo, che è … la palestra.» lesse Josh sul foglio, avviandosi con passo deciso giù per le scale.
George intanto si chiese se sarebbe mai potuto sembrare così determinato, perché questa situazione gli stava facendo venire una crisi d’identità.
 
 

*

 
 
«Grandioso, non siamo insieme.» affermò Hallie, tornando dalle due ragazze che la stavano aspettando vicino alla rampa di scale principale.
«Chi?» chiese Laine, smettendo di spolverarsi il vestito nero a fiori rosa.
«Io e voi, cioè noi. Cioè,» Hallie prese un bel respiro, cercando di formulare una frase adatta. «Voi due siete nel secondo gruppo, mentre io sono nel primo a riverniciare la palestra.»
June abbassò gli occhi, mentre Laine aggrottò le sopracciglia. «Non è possibile!» sbraitò.
«Non ho intenzione di mettere a posto cose d’antiquario nel seminterrato pieno di muffa e di polvere. Per giunta senza di te!»
«Almeno tu hai June!», esclamò Hallie, «Io sono capitata con quella stronza di Callie Fray e quel palo della luce di Janet.»
«Mi dispiace un sacco.» rispose Laine.
«C’è qualcuno di simpatico con te?» chiese June, cercando un lato positivo.
«Beh, c’è Elaine con cui ho parlato un paio di volte.»
«Elaine Gold?» chiese Laine.
«Sì, lei.»
«E’ simpaticissima, ed è pure bella, non ti preoccupare. Facevamo arte insieme l’anno scorso ed eravamo vicine di banco e parlavamo sempre. E’ quella alta, bionda, con gli occhi azzurri e le gambe lunghe tre metri con un sorriso da favola.» continuò Laine.
«Buono a sapersi.» replicò Hallie, sedendosi sugli scalini sconsolata.
«E sai con chi siamo capitate noi?» chiese June per cambiare un po’ argomento.
«Con Callie Blue ed Emma Roberts, poi un’altra Callie e alcuni maschi.» rispose Hallie dopo averci pensato un secondo. «La sfortuna mi perseguita, deve essere una specie di punizione divina che mi insegue dopo aver fatto quella cosa in discoteca.»
«Il karma dici?» chiese June.
«Sì quello, deve avercela con me.»
«Ma no, non è per quello. Probabilmente è un periodo un po’ schifoso per tutti date le condizioni in cui siamo.» disse poi la ragazza dagli occhi verdi.
«Magari.» ipotizzò la mora.
«Comunque dobbiamo andare.», le interruppe Laine, «Oppure ho paura che la Bellwood venga a tirarci per le orecchie.»
«D’accordo, io devo andare giù in palestra, mentre voi dovete prendere la rampa dall’esterno. Ah, e fatemi sapere come sono i sotterranei.» disse Hallie prima di avviarsi dalla parte opposta.
«Te lo dico già: schifosi.», la interruppe Laine, alzandosi. «Tu facci sapere di che colore dobbiamo comprare le magliette quest’anno per abbinare le nuove pareti della palestra.»
Hallie annuì, girandosi e cominciando a correre per paura di essere in ritardo. Sperava con tutta se stessa che avrebbe trovato gente simpatica perché si trovava già abbastanza a disagio così. Entrò in palestra e vide alcuni ragazzi seduti in cerchio sugli spalti. Si affrettò verso di loro, sperando di non venire troppo notata. Si sedette dove trovò un buco vuoto su una panca, fra Elaine e un’altra ragazza che aveva i capelli lilla. Cercò di non guardare troppe persone in faccia, ma dovette farlo quando Elaine cominciò a parlarle. «Ciao! Io ti conosco… tu sei l’amica di Laine Mavor? Piacere, sono Elaine Gold.» disse, tendendo una mano verso di lei.
«Ciao, sono Hallie  Sanders.» disse la mora non troppo ad alta voce.
«Almeno conosco già qualcuno.», affermò Elaine sorridendo a quarantadue denti. «E Laine in che gruppo è finita?»
«Nel secondo, a fare qualcosa nei sotterranei.»
«Siamo state fortunate, quello era forse l’unico gruppo in cui non sarei mai e poi mai voluta capitare.»
Hallie si strinse nelle spalle. «Per me è indifferente.» “A patto che sia con le mie amiche” avrebbe voluto aggiungere.
«Aspetta, io ti conosco.» a parlare era stata una voce maschile da dietro Hallie, costringendola a girarsi. «Tu sei l’amica di Laine!»
«Già, sono Hallie, l’amica di Laine.», disse leggermente a disagio. «Tu sei Josh, vero?»
Hallie si ricordava del ragazzo biondo che aveva parlato con la sua amica due giorni prima al bar.
«Sì.», disse lui sorridendo, «Piacere di incontrarti.»
«Anche per me.»
Quando i dieci ragazzi si furono sistemati tutti in cerchio, un ragazzo dai capelli quasi neri si alzò in piedi. «Ciao a tutti, io sono Evan e sono stato nominato capogruppo. Mi sono stati consegnati questi fogli dalla Bellwood dove dovrebbero esserci tutte le informazioni necessarie per affrontare questo compito.»
Tutti annuirono, poco interessati. «Direi di cominciare da un giro di presentazioni, e poi possiamo metterci al lavoro. Vuoi iniziare tu?» chiese, facendo un cenno a un ragazzo moro con in capelli leggermente mossi che annuì, alzando le spalle.
«Ciao, mi chiamo George Shelley, ho diciassette anni e non ho nessuna intenzione di rimanere bloccato qui per tutta l’estate.» disse senza scomodarsi dalla sedia. Hallie pensò subito che fosse un pochino maleducato, perché stava masticando una gomma con la bocca spalancata ed era seduto come se fosse stato stravaccato sul divano di casa sua, con le gambe spalancate davanti a sé e le spalle quasi dove doveva stare il bacino. In più non aveva mai tolto il cellulare da sotto gli occhi.  Seguì un risolino da parte delle ragazze presenti, evidentemente attratto da George.
Dopo di lui si presentarono delle altre persone, e Hallie vide che George aveva tirato su gli occhi solo a un paio di presentazioni. Arrivato il turno della ragazza non disse molto, se non il nome e l’età.
Era l’unica, a parte George, Josh e una ragazza che si chiamava Callie ad avere diciassette anni.
Finito il turno di presentazioni, Evan si alzò di nuovo in piedi. «Allora, negli spogliatoi delle femmine ci sono dei grossi secchi di pittura color verde acqua. Dobbiamo portarli qui in palestra insieme al nastro adesivo, ai pennelli, ai giornali e ai teli. Io e Janet andiamo a prendere i vostri camici nello spogliatoio maschile.»
Tutti acconsentirono annoiati, poiché nessuno aveva voglia di ribattere. Hallie si avviò dietro a Elaine verso lo spogliatoio femminile, cercando di non pensare a quanto sarebbe stato terribile stare lì a tempo indeterminato. Avrebbe tanto voluto lamentarsi per il caldo, così avrebbe avuto una scusa per uscire all’aria aperta, ma purtroppo la scuola aveva fatto installare di nuovissimi impianti di condizionamento e non trovava altre scuse plausibili senza che esse la facessero sembrare una ritardata mentale.
Agguantò una scatola marrone contenente dei giornali e di pennelli e seguì gli altri fuori dallo spogliatoio. Era molto grossa e molto pesante che quasi le sembrava di portare in braccio un piccolo elefante; entrò in palestra barcollando lievemente, non vedendo nulla oltre la carta spessa della scatola e quasi non inciampò nei suoi stessi piedi, se non fosse stato per due mani salde che l’afferrarono appena in tempo.
«Attenta!», disse George. «Non spingere le tue capacità più del dovuto.»
A Hallie sembrò quasi che il castano volesse snobbarla mettendola in imbarazzo. George prese la scatola e la posò per terra. Nel farlo, sfiorò le mani di Hallie, e questa quasi ebbe un sussulto; George le aveva fatto venire i brividi. Ringraziò il ragazzo, ma senza dargli troppo credito, e si allontanò per raggiungere Elaine, la quale stava trascinando un barile di vernice insieme a Lily.
Dopo pochi minuti avevano portato tutto l’occorrente al centro della palestra, e Janet e Evan arrivarono con camici e guanti di plastica per non sporcarsi e mascherine per non inalare la vernice in grandi quantitativi. Alcune ragazze cosparsero il pavimento di teli e giornali e altre andarono a prendere le scale che sarebbero servite per pitturare le parti più alte della palestra.
Hallie si legò i capelli in una coda e si infilò la mascherina, successivamente si infilò dei sacchetti di plastica sulle scarpe e i guanti sulle mani, e infine si infilò il camice bianco latte sopra i vestiti.
Solo che nel  farlo, si accorse di avere ancora i brividi.



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Ciau mele!
Come state? :3 Io distrutta, però mancano tre giorni e arriva l'estatee.
Avete visto che ho detto 'aggiornamento settimanale' e allo scoccare della settimana ho aggiornato?
Speravo di farvi aspettare di meno però ho fatto quel che ho potuto, dato che ho avuto un sacco di compiti e interrogazioni ultimamente.
Passando alla storia: com'è? Come non è? Cosa va? Cosa non va? Ditemi tuuutto.
Ringrazio ancora 200000 volte la gente che recensisce e che segue questa storia asdfgh love you :))
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Un bacione eeenormous,


Apple.

 




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«Problemi in paradiso?» scherzò Laine.
June sorrise lievemente. «No, è solo che il mio ragazzo dovrebbe imparare a bere un po’ di meno.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


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(
5)




«Ammetto che ieri non è stato tanto male quanto pensassi.» commentò Hallie, non appena incontrò la sua amica Laine quando scese dall’autobus.
«Spero proprio che tu stia scherzando.» rispose lei.
Hallie alzò lievemente le spalle; a parte per un paio di inconvenienti la giornata non era stata affatto male.
«Vorrei ricordarti che ho avuto un attacco di claustrofobia là sotto!» esclamò scettica Laine, mentre evitava di inciampare a causa di una buca nel bel mezzo del marciapiede.
«E io vorrei ricordarti che non hai mai sofferto di claustrofobia e che l’attacco te lo sei fatta venire apposta per essere spostata di gruppo.»
«Ah beh, allora scusami se cercavo di farmi spostare nel gruppo insieme a te.»
Hallie scosse la testa, ridendo. «Non potevi lasciare June da sola, e tanto non ti avrebbero messo comunque nel nostro gruppo, siamo già in molti.»
«Siete in dieci, come tutti.» replicò Laine con fare ovvio.
«Sì, ma noi dobbiamo aiutarci a vicenda con le scale e il resto e non c’è né spazio né materiale.»
«Si, si, come vuoi.» disse la bionda, agitando una mano davanti al suo viso e fingendosi offesa. «Comunque alla fine ho chiesto che non mi spostassero solo per non lasciare June.»
«Sicuramente», commentò Hallie ridendo. «A proposito, June è simpatica, no?»
«Sì, molto.», rispose Laine. «All’inizio era un po’ timida ma adesso non più. Comunque ha detto che ci avrebbe aspettate davanti alla scuola.»
«Mh, okay. E cosa fate giù nei sotterranei?»
«Nulla di che, a dir la verità. Spolveriamo, lucidiamo, riordiniamo, cose del genere.»
Hallie annuì, era una gran scocciatura quello che era capitato a loro e probabilmente un evento più unico che raro (per la fortuna di molti studenti).
In breve arrivarono a scuola e videro June seduta sulle scale, la testa appoggiata su una mano con fare assorto.
«Problemi in paradiso?» scherzò Laine, avvicinandosi.
June sorrise lievemente, alzando lo sguardo per incrociare gli occhi delle due amiche. «No, è solo che il mio ragazzo dovrebbe imparare a bere un po’ di meno.»
«Oh, mi dispiace, e cosa gli è successo?» si intromise timidamente Hallie.
«Beh, adesso che ha smesso di andare a scuola beve sempre, in continuazione. E’ convinto che aver smesso di andare a scuola sia una decisione saggia. Lavora in un locale alcune sere durante la settimana, e questo lo induce a bere perché dice che “gli serve qualche distrazione, soprattutto perché ha tutte quelle bevande sottomano”, e quando non lavora esce a bere.» rispose June, tornando a posare la tempia sulla sua mano. «Vorrei solo che provasse ad ascoltarmi… che mi parlasse almeno una volta sapendo quello che dice.»
Hallie le posò una mano sulla spalla. Era strana come rivelazione da parte di June; le due amiche l’avevano etichettata come ragazza piuttosto tranquilla, e mai si sarebbero aspettate che si potesse fidanzare con un tipo simile.
«A volte le persone migliori sono quelle che si rialzano dopo cose del genere.» disse Hallie, colta da un’improvvisa folgorazione, sicura di aver letto questa frase da qualche parte.
Laine ridacchiò. «Hal, non sai fare il supporto morale.»
«Apprezzo lo sforzo.» disse June, sorridendo sinceramente.
«Beh, grazie tante allora.», rispose Hallie, alzando le mani e poi lasciandole cadere lungo i fianchi. «Comunque dovremmo entrare perché è appena suonata la campanella.»
Annuirono, salutandosi e avviandosi ognuna per la propria strada.
Hallie scese la stessa rampa di scale che aveva percorso appena il giorno prima e si precipitò in palestra, temendo di essere in ritardo. Non appena vide che gli altri ragazzi si stavano ancora mettendo i loro camici in modo impacciato, rise.
Andò ad aiutare la ragazza dai capelli viola, vedendola in difficoltà. «Ehi, hai bisogno di aiuto?»
«Come scusa? Ah, se riesci a tirare fuori il colletto di questa –»
«Fatto.» disse Hallie, sorridendo.
«Grazie.», rispose l’altra. «Io sono Callie, e tu Hallie, vero? Me lo ricordo visto che abbiamo i nomi simili.»
«Già.», sorrise la mora. «C’è anche un’altra Callie nel nostro gruppo.»
«La simpaticissima Callie Fray.» commentò la ragazza dai capelli lilla.
Hallie ridacchiò. «Quindi tu ti chiami Jones di cognome?»
«Corretto.» rispose la ragazza.
«D’accordo. Avresti voglia di aiutarmi con quel secchio? Dobbiamo riverniciare quel punto là in fondo.» cambiò poi argomento Hallie.
«Certo.»
Hallie non ne era certa, ma poteva quasi essere sicura che il ragazzo che si chiamava George la stesse osservando, o forse guardava Callie?
 
 

 

*

 
 
«Tu sei scemo.» ribadì George per l’ennesima volta.
«Senti, non è difficile. Vai lì e la baci, se ti piace è lei, se no non lo è.»
«Non ha senso il tuo ragionamento, e dire che di solito ti ascolterei anche.»
Josh prese un respiro profondo, passandosi una mano fra i capelli. «Scusami. E’ che non ti avevo mai visto così.», disse allacciandosi il camice bianco. «Sei sempre scontroso, brontolone e con il muso. Per una volta ti avevo colto partecipe e attivo in qualcosa, ma mi dispiace, forse ho spinto un po’ troppo.»
«Non fa nulla, e forse hai anche ragione. Però stanotte ci ho pensato bene, e ho pensato che potrei aver sentito male il nome della ragazza.»
«Che vorresti dire?» chiese Josh confuso, voltandosi per guardarlo negli occhi.
«Beh, ieri sera sono andato a prendere JJ al bar, che tra l’altro sta molto male, ma comunque, ho incontrato due ragazze che vengono in questa scuola.», fece una pausa per vedere se il biondo stava prestando attenzione. «Si chiamano Kim e Chloe.»
Josh annuì, incamminandosi verso una parete con in mano un pennello sporco di vernice, seguito da George, il quale intanto continuava a parlare. «E mentre parlavamo ho pensato che forse una di loro poteva essere la ragazza misteriosa, però entrambe rispondono ai requisiti e non so come fare.»
«Sei sicuro di volerla trovare?» gli chiese poi alla fine l’amico.
«Sì, Josh, non capisci. Lei è diversa, quella giusta. Devo assolutamente ritrovarla.»
«Allora c'è solo un modo: devi baciare le tredici ragazze sulla lista e capire qual è quella che cerchi.»
«E' un'idea stupida, ridicola e incasinata... ma è pur sempre un'idea.» ammise alla fine George, facendosi convincere.
«Abbiamo tredici obbiettivi e una di loro è il bersaglio giusto. In fondo, mal che vada avrai baciato qualche persona in più.» disse poi Josh, alzando le spalle.
«Hai capito!», esclamò il castano. «Non ti facevo così sveglio.»
«Si può essere svegli e pure romantici.», constatò Josh. «E se serve appoggiarti nel fare questo perché una ragazza alla fine ti rimetta la testa a posto, facciamolo.»
George rise, battendo un cinque all’amico.
«Quindi hai intenzione di andare a baciarla o no?» chiese poi Josh.
«Cosa? Adesso?»
Il biondo annuì, guardandolo in attesa.
«E quale delle due?»
Josh si girò, analizzando entrambe le Callie.
«Prova con la Jones. Anzi, te la porto io qui, visto che conosco l’amica.»
«No, ma dove stai –»
Però Josh era già partito a passo spedito per andare incontro a Hallie. Lei lo vide arrivare con le guance arrossate e il fiato corto dall’emozione. «Ehi Hal, posso parlarti un secondo?»
Hallie lo guardò un po’ stranita. Era la seconda volta che le rivolgeva la parole e già la chiamava ‘Hal’ e poi non le piaceva molto quando qualcuno assumeva quel falso aspetto da ‘buone notizie in arrivo’.
«Ehi?» più che dirlo, Hallie lo aveva chiesto.
Josh non le era sembrato per nulla il tipo di ragazzo che si sarebbe preso tutta quella confidenza con una semplice conoscente, però avendo visto prima che anche June in realtà era diversa da come appariva, non volle pensarci più di tanto. Il ragazzo la guardò in attesa.
«Ehm, certo. Okay.» rispose, posando il pennello confusa e seguendo Josh nel punto in cui la stava aspettando.
«Allora, ho bisogno di te.» esordì il biondo, posandole due mani sulle spalle.
«Pensavo che Laine ti avesse già dato il suo numero…»
«Ma no!», esclamò Josh, ridendo. «Intendevo per lui.» concluse girandosi per indicare George, che stava imbarazzatamente guardando il vetro di una finestra, fingendo di essere davvero interessato alla sua attività.
«Ah, lui vuole conoscere Laine?» chiese, sempre più confusa. Ma la sua amica l’aveva almeno visto una volta quel ragazzo?
«No! Mi vuoi ascoltare?»
Hallie lo guardò stranita, aspettando che Josh le esponesse per bene la sua idea.
«Allora, a George piace Callie.»
«Davvero? Ma quale delle due?» chiese ancora più stupita Hallie, sgranando gli occhi.
«Quella con cui parlavi prima, mi sembra ovvio…»
La mora alzò le spalle. «E io che c’entro?»
«Nulla in realtà. Dovevo solo portarti via perché lui potesse fare questo.» appena pronunciate queste parole, Josh la tirò per un braccio, facendola voltare per guardare i due ragazzi.
«No! Lei è –» urlò Hallie, ma venne velocemente zittita dalla mano di Josh.
Intanto George si era avvicinato pericolosamente a Callie e l’aveva attirata a sé, stampandole un bacio sulle labbra. La ragazza all’inizio era rimasta immobile con gli occhi spalancati, ma poi aveva appoggiato le sue mani sul petto di George, spingendolo con una forza tale da cadere lei stessa all’indietro.
«… fidanzata con Evan.» concluse Hallie, non appena Josh le lasciò il braccio per raggiungere il suo amico.
«Ma cosa stai facendo?» urlò Evan, rivolgendosi a George e precipitandosi ad aiutare Callie a rialzarsi. «Cos’hai in testa?»
Evan si avvicinò a George, spingendolo con forza. «Devi starle lontano, hai capito?»
Hallie corse a separare i due che avevano iniziato a prendersi a manate. «Basta, basta!»
«Dillo a lui basta!» urlò il ragazzo di Callie.
George non aveva detto una parola, forse perchè non aveva nulla da dire.
«George?» chiese Hallie, guardandolo confusa. «Che succede?»
Il ragazzo fece una smorfia abbattuta prima di guardarla negli occhi. «Niente.» disse, voltandosi e uscendo dalla palestra.
Ci fu un momento di silenzio, in cui Hallie si voltò e notò che tutti i ragazzi presenti in palestra avevano assistito alla scena. La mora rimase interdetta sul da farsi mentre Callie era rimasta scioccata dall’accaduto. «Io… torno subito.» disse, allontanandosi anche lei.
Evan si girò verso Hallie. «Tu sapevi qualcosa?» domandò ad alta voce, accusandola.
«No! No che non sapevo nulla!» ribatté lei, offesa.
Come poteva accusarla di qualcosa che aveva colto alla sprovvista perfino lei?
«Certo… allora perché stavi parlando con il suo migliore amico?»
«Ma che cosa stai dicendo?», chiese la mora, «Pensa a calmarti un pochino prima di accusarmi di cose che non ho fatto. Sei arrabbiato, e lo capisco, ma non è di certo con me con cui devi arrabbiarti!» detto questo, girò i tacchi (in quel caso delle scarpe da ginnastica) e uscì infuriata sbattendo la porta. Doveva calmarsi, non era da lei perdere le staffe in quel modo, forse avrebbe potuto scusarsi... ma, un momento. Lei non doveva scusarsi proprio con nessuno. Ecco un’altra cosa che le aveva detto il ‘cattivo ragazzo’ quella sera; nessuno la possedeva, e in quel caso chiedere scusa era proprio l’ultima cosa che doveva fare.
Prese un bel respiro e si avviò verso l’atrio, poiché dopo pochi minuti sarebbe suonata la campanella, e pensò a una cosa: che non le dispiaceva proprio per niente.
 
 

*

 
 
Non era lei, certamente non era lei.
Era durato pochi secondi, forse uno solo, ma George aveva capito che non era lei la ragazza che stava cercando. Aspettava Josh camminando avanti e indietro per lo spogliatoio maschile, e appena suonò la campanella lo vide comparire sulla porta.
«Non è lei.» disse subito il moro.
«L’avevo capito.» replicò Josh, prendendo una bottiglietta d’acqua dal suo zaino e sedendosi su una delle panchine sgombre. «Ma non ti dispiace?» chiese poi.
«Per cosa dovrei dispiacermi?»
«Per aver baciato una ragazza fidanzata?» suggerì Josh, pentendosi di aver spinto il suo amico a compiere un’azione così sconsiderata senza essersi informato prima a dovere.
«No.», rispose l’altro. «Andava fatto.»
Josh alzò le spalle, non pienamente convinto della risposta datagli dall’amico. Poi avvicinò il suo zaino a sé e ci rovistò per qualche secondo, infine né tirò fuori la sua fedele cartellina e una matita grigia.
«Callie Jones, no.» affermò tirando una riga spessa sopra il nome della ragazza.
«Sai, con quella Callie – anche se adesso non siamo convinti che si chiami così – è stato proprio diverso, è stato… bello.» sputò fuori George, noncurante dell’amico lì seduto.
«E adesso come farai con Evan?» chiese Josh.
«Anzi, è stato stupendo, impossibile da dimenticare.» affermò il moro, ignorando la domanda precedente.
Josh sospirò, quello era un atteggiamento tipico che assumeva George quando faceva il menefreghista.  L’unica cosa che potè trattenerlo dal ripetere la domanda fu una sola. La ragazza andava trovata, e in fretta.



_____



Ciau mele!
Sono in ritardo, ma è successa una cosa: mi si sono cacellati tutti i capitoli! Yay. Esultate con me. NO.
Dovrò riscriverli tutti e trenta tipo e asfghjkjhgf sono incavolata da morire. Però sono successe anche delle cose belle che sappiate che hanno compensato abbastanza questa tragedia della storia.
Anywayyy, recensite e come al solito fatemi sapere eventuali errori (controllo tremila volte ma qualcosa può sempre scappare) e apprezzo tutto ciò che mi dite :))
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Un bacio enorme,

Apple.




 

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«Sei nel gruppo insieme a Josh?» chiese Laine.
«Vuoi dire l’amico di quello che ha baciato improvvisamente Callie Jones davanti a tutti?»

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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(6)





«Sei nel gruppo insieme a Josh?» chiese Laine, incrociando Hallie nell’atrio della scuola.
«Vuoi dire l’amico di quello che ha baciato improvvisamente Callie Jones davanti a tutti?»
«Che cosa?»
«Già. Ero venuta a raccontarti cos’era successo.» disse la mora, avviandosi verso i distributori di merendine.
«Io te lo chiedevo perché mi ha mandato un messaggio.»
«Davvero?» chiese stupita Hallie.
«Sì, mi ha chiesto se volessi uscire con lui sabato.» rispose Laine con nonchalance.
«Mh.» detto questo, la mora le raccontò tutto l’accaduto in pochi minuti, intanto era arrivata anche June, così Hallie raccontò tutto anche a lei. Intanto era suonata la campanella e ognuno era tornato al proprio gruppo, ma Hallie decise che nessuno l’avrebbe uccisa se fosse stata in ritardo di qualche minuto.
«Quindi cosa farai? Cioè con Callie ed Evan?» chiese June, mentre accompagnava Hallie alle macchinette che dispensavano cibo.
«Quindi niente.» rispose la ragazza, chinandosi e prendendo la barretta di cereali dal fondo del piccolo distributore. «Farò quello che mi sembra più giusto.»
«Ovvero?» la spronò Laine.
«Ovvero fare finta di nulla.» disse, addentando la merendina.
«Non credo proprio, Hal. Tu non puoi fare finta quando Evan ti ha praticamente accusata davanti a tutti.»
«Non lo so, non voglio fare una scenata…» cominciò a dire Hallie, ma scorse con la coda dell’occhio una chioma lilla che si avvicinava a lei.
«Callie Davis del gruppo tre ha detto che avrebbe fatto cambio con me.» disse Callie, mettendosi davanti alla ragazza. «E Chloe Wolf fa cambio con Evan, lo abbiamo già chiesto alla preside. A proposito, Evan ha detto che gli dispiace e che non avrebbe dovuto accusarti, ma comunque preferiamo stare lontani da quel George con cui non ho mai parlato e con cui non ho intenzione di farlo.» disse tutto d’un fiato, per poi allontanarsi dalla parte opposta da quella da cui era venuta. Stava andando verso il teatro, luogo di ritrovo per il terzo gruppo.
«Questo è stato…» cominciò Hallie.
«Strano.» concluse June.
«Imbarazzante.» aggiunse Laine.
«Non so se voglio conoscere le mie nuove compagne di gruppo, a quanto pare non vado molto d’accordo con le Callie.»
«Certo che è proprio una sfortuna, e siamo solo al secondo giorno.», commentò Laine. «Mi duole dirlo, ma dovremmo tornare di sotto.» disse poi rivolta a June. Subito dopo si voltò e si incamminò verso le scale.
«E da quando Laine ha tutta questa fretta di tornare a lezione? Ma soprattutto, da quando conosce il verbo dolere?» chiese stupita Hallie, guardando June.
La ragazza sospirò. «Da quando poco fa ha ricevuto quel messaggio da Josh. Mi ha raccontato di quanto sia saggio e intelligente e legga dei libri che non contengano solo illustrazioni e allora per impressionarlo è andata da Jesse, il secchione del nostro gruppo e gli ha chiesto di insegnarle qualche frase a effetto. Lui l’ha presa malissimo e le ha detto ‘mi duole dirtelo, ma non ho intenzione di aiutarti’, quindi adesso all’appuntamento di sabato penso che ripeterà a memoria la coniugazione del verbo dolere.»
Hallie ridacchiò. «Sono felice che vada all’appuntamento.», disse poi. «Anche se è bravo a ingannare le persone, penso sia un ragazzo a posto.»
«Io non so proprio chi sia questo Josh, dovresti farmelo vedere.»
La ragazza annuì. «Certo. Però adesso dobbiamo veramente andare, o la Bellwood potrebbe arrivare. Ciao!»
«Ciao!» le urlò, allontanandosi.
Hallie cominciò a correre, ormai erano passati quindici minuti, un tempo decisamente lungo per assentarsi da un gruppo che aveva bisogno di lei. Però sulla strada per la palestra incontrò George. Dapprima pensò di sorpassarlo senza nemmeno battere ciglio ma cambiò idea non appena fu proprio il ragazzo ad afferrarla per un braccio. Sentì un qualcosa di fastidioso, ma allo stesso tempo non voleva che quel contatto finisse troppo presto.
«Tu sei Hallie, giusto? Ti stavo cercando.»
La ragazza non voleva fare l’acida, non era proprio da lei, quindi decise di fare finta di nulla. «Ah sì, e perché?» chiese con tono neutro.
«Ho bisogno del tuo aiuto.»
Hallie sbuffò. «Ho già detto al tuo amico di risolversi da solo le cose con Laine.»
«No! Non mi servi per quello.» disse ridendo.
«Beh, allora per cosa ti ‘servo’?» chiese, leggermente più alterata. «E non dirmi che vuoi baciare qualcun’altra.»
George impallidì. «In realtà è proprio per quello.»
«Stai scherzando, spero.» disse, più seria.
«Sinceramente no. Ho qui una lista delle persone che tu e la tua amica dovrete aiutarmi a baciare. So che conosce molta gente qui a scuola.» detto questo tirò fuori un foglio dal suo zaino, porgendolo a Hallie.
La ragazza rimase estremamente colpita dalla freddezza con cui George aveva pronunciato quelle parole. Un po’ gli invidiava tutto quel distacco che il ragazzo riusciva ad assumere in ogni situazione. Nessun coinvolgimento emotivo, nessuna emozione compromettente.
«Non hanno certo mancato a insegnarti a essere schietto.», disse lei sospirando e prendendo in mano la lista. «Callie Jones è fuori e ne vorresti baciare altre dodici? Tu sei pazzo.»
«Per nulla. Mi aiuti?»
«Non ci penso proprio.», rispose Hallie con naturalezza. «Anzi, ce l’hai una penna?»
George arricciò il naso confuso, prima di porgerle una penna.
«Ti sei macchiato.» constatò Hallie, prendendogli la biro dalle mani e indicando delle macchie blu che si erano formate sulle dita del ragazzo.
«Oh, mi succede sempre, non ti preoccupare. Comunque a cosa ti serve la biro?»
«Per fare questo.» disse Hallie, cominciando a scarabocchiare sopra il foglio. «Ecco.» e gli porse il foglio.
«Sei un deficiente.» lesse George ad alta voce. «Ehi!» urlò, quando si accorse che la ragazza si stava allontanando. «Mora, torna qua!»
«No, grazie, non sono interessata ai tuoi giochetti che faranno stare male ben dodici persone.» esclamò, camminando all’indietro.
«Undici! Se trovo quella giusta, undici.»
Hallie si fermò, storcendo la testa. «Mi sta dicendo che la tua anima gemella si chiama Callie, Kim o Chloe? Spiegati meglio.»
«Potremmo dire così, sì.»
«Ti piacciono le Kardashian?» chiese scherzosamente Hallie.
George rise. «Giuro che non l’ho fatto apposta.»
«Non vorrei entrare nella tua setta, ma questa cosa m’incuriosisce e non poco.»
«Beh, meno male.» disse George, sorridendo al vederla tornare indietro sui suoi passi.
«Però ti propongo una sola condizione, se accetti ci sto, se no ti dico grazie e arrivederci.»
«Ti sto ascoltando.»
«Non devi assolutamente coinvolgere Laine. Non so se sai che sabato esce con Josh, ed  già abbastanza in crisi. In più è la persona più stronza che io conosca, quindi sarebbe troppo cattiva in questo giochetto, e da quanto ho capito qui ci vuole tecnica, tattica e metodo, ma soprattutto tatto. Allora, ci stai?»
George sembrò valutare attentamente la proposta. «Sei furba.» disse infine.
Hallie alzò le spalle, attendendo una risposta concreta.
«Sì, ci sto.»
«Io non ti conosco.» disse d’impulso Hallie.
La ragazza si sentiva diversa, si sentiva come se non dovesse pensare due volte alle cose che uscivano fuori dalla sua bocca. Si sentiva schietta e forte con quel ragazzo. «Già, non ti conosco proprio per niente. Chi sei tu e come mai mi chiedi una cosa simile visto che nemmeno tu mi conosci?»
George sorrise. «Non lo so. Adesso che la tua amica è fuori tu sei solo una ragazza che mi aiuta a raggiungere il mio obbiettivo.»
«Piacere, mi chiamo Hallie Sanders, e d’ora in poi ti dirò le cose più crudeli che penso in faccia, sfogherò la mia rabbia repressa su di te e assumerò un atteggiamento che condanno a morte quando lo vedo sugli altri.» disse decisa, tendendo la mano.
«Io sono George, George Shelley.» rispose lui, stringendole la mano. «Il tuo ragionamento mi sembra giusto ed era da una vita che aspettavo di fare una presentazione del genere.»
«Beh, James Bond, sono felice di poterti aiutare.»
George sorrise, scuotendo lievemente la testa. «Non sei abituata a questo tipo di richieste, vero?»
«Chi lo è?» chiese Hallie.
«Hai anche ragione.» constatò George.
«Allora, quando cominciamo?»
 
 

*

 
 
«Come sto?» chiese per l’ennesima volta Laine.
«Bene, bene, stai benissimo, sei bellissima come sempre.» sbuffò in risposta Hallie, che la osservava a testa in giù dal letto dell’amica. Si trovavano a casa di Laine dove quest’ultima stava cercando l’abito perfetto per uscire con Josh. Più tardi Hallie avrebbe incontrato George per studiare una tattica all’insaputa di tutti tranne che di Josh. George aveva insistito nel coinvolgerlo spingendo molto sulle sue qualità di investigatore e di psicanalista. La ragazza aveva sbuffato, ma aveva acconsentito per fargli sapere dei loro incontri ‘segreti’. Inoltre, l’appuntamento dei due ragazzi cadeva a pennello, così Laine non avrebbe sospettato dell’assenza di Hallie – non era sicura che l’avrebbe sospettata comunque, però, nel caso – e Josh non avrebbe potuto esprimere la sua opinione così avrebbe potuto analizzare a fondo il punto di vista di George.
«Non lo so, forse quello verde sarebbe più adatto.» disse Laine, interrompendo il corso dei pensieri dell’amica, riferendosi al suo vestito.
«No, Laine, questo bianco e rosa va benissimo, fidati.» rispose esausta Hallie.
Laine sapeva di essere bellissima e Hallie non si ricordava l’ultima volta che l’amica si fosse sentita insicura e sotto la media. Forse quello era davvero un avvenimento molto significativo per lei.
«Okay, allora ripassiamo le frasi. Gradisco molto questo –»
«No, no, no!», l’interruppe Hallie. «Basta adesso! Devi rilassarti. E smettila di parlare come mia nonna. Andate a pranzo, che cavolo, non a un incontro di golf con la regina.»
«Sì, hai ragione.» disse Laine, sedendosi nervosamente. «Forse dovrei solo respirare.»
Hallie ridacchiò. «Andrai benissimo, ne sono sicura.»
Entrambe sentirono il campanello, ma la mora fu più veloce a scattare in piedi. «Vado io!», urlò. «Tu stai solo calma e aspetta che io ti chiami.»
«Okay, okay.» rispose Laine, cominciando a camminare avanti e indietro per la camera, mentre Hallie si precipitava al piano di sotto.
La ragazza aprì la porta, ritrovandosi davanti Josh, impettito nella sua polo azzurra e i jeans scuri.
«Laine, è per te!» urlò a squarciagola, facendosi poi di lato quando la sua amica dovette uscire di casa.
«Ciao.» disse Laine imbarazzata.
«Ciao. Andiamo?» rispose altrettanto imbarazzatamente Josh, scortandola fuori dalla porta. Laine annuì, arrossendo e abbassando la testa.
Era strano; Hallie non aveva mai visto Laine imbarazzata o arrossire.
«Allora, divertitevi.» disse Hallie, chiudendo la porta con un tonfo.
Corse al piano di sopra ad afferrare la sua borsa e poi si precipitò di nuovo giù per le scale. Doveva uscire per incontrare George. Lui le aveva dato un indirizzo stranissimo di una via che non aveva mai sentito nominare e non sapeva esattamente quanto ci avrebbe messo ad arrivarci. George era stato molto vago sulle indicazioni stradali, così Hallie aveva pensato di riuscire a cavarsela da sola.
«Nulla di più sbagliato.» constatò, tre pullman e una svariata quantità di vie dopo.
Si era persa, e non aveva la più pallida idea di come tornare indietro, tantomeno di come andare avanti. In situazioni normali sarebbe rimasta ferma lì e avrebbe chiamato Laine, ma non voleva assolutamente rovinarle l’appuntamento, e non sapeva a chi altro chiedere indicazioni. Hallie era piuttosto timida, non certo il tipo di ragazza che chiede con facilità a uno sconosciuto la strada giusta. Però in quel momento era l’unica cosa da fare. Chiamare sua madre era fuori discussione e suo padre lavorava fino a tardi, quindi si sarebbe dovuta rimboccare le maniche e cavarsela da sola. Aspettò che passasse un signore, ma poi pensò che avesse l’aria pericolosa. Poco tempo dopo passò un altro signore, ma questo sembrava avesse fretta e non voleva trattenerlo. Dopo dieci persone che passavano decise che si sarebbe dovuta alzare dalla panchina se non voleva passare la notte lì. Proprio quando aveva preso un respiro profondo un ragazzo le si avvicinò.
«Ehi, scusa, hai da accendere?» chiese questo, con una sigaretta a fior di labbra.
«No, non fumo.» gli rispose, neanche guardandolo in faccia.
«Oh, okay, ciao e grazie.» disse allontanandosi.
«Aspetta!», parlò poi Hallie. «Mi sapresti dire dov’è questo posto?» chiese, facendogli vedere il foglio sopra cui c’era scritto l’indirizzo.
La faccia del ragazzo si stupì, ma poi s’incupì. «Chi te l’ha dato questo?» chiese strappandogli il foglio dalle mani.
«Un ragazzo.» rispose sincera Hallie.
Il ragazzo dai capelli neri aggrottò le sopracciglia scure. «Non sei della polizia, vero?» chiese con fare circospetto, esaminandola.
«Cosa? No!»
«Ah, e si può sapere il nome del ragazzo che te l’ha dato?»
«Non credo io possa –»
«Senti.», cominciò il ragazzo. «Io so dov’è e ci stavo appunto andando, ma questo non è un indirizzo che la gente che frequenta dà in giro.»
«Oh.», disse la ragazza. «Beh, in tal caso si chiama George.»
«Ah Georgey!», esclamò il ragazzo. «Ma certo. Comunque io sono Jaymi.»
«Piacere di conoscerti Jaymi, io sono Hallie.» Hallie sorrise.
«Piacere. Adesso ti porto lì, è distante due isolati da qui, ci eri quasi arrivata.» disse Jaymi, cominciando a camminare.
«Grazie mille.»
«Hallie, quanto è importante il motivo per cui ti ha dato l’indirizzo?» chiese poi il moro, mentre stavano attraversando la strada.
La ragazza si strinse nelle spalle. Era già abbastanza strano il fatto che chiacchierasse e comminasse per strada con uno sconosciuto, non aveva anche considerato il fatto di dover rispondere a domande più o meno personali.
«Non ne ho idea…» rispose, confusa sull’origine della domanda.
«Te lo dico io, deve essere molto importante.»




_____



Ciau mele!
Come va? Io me la cavo asdfgh tra poco rifaccio la bio e un sacco di altre cose per rinnovarmi un po' :))
Un grazie eeeeenorme a tutte le persone che recensiscono/preferiscono/seguono/ricordano, siete il mio sorriso asdfgh
Fatemi sapere come vi sembra che prosegua la storia o cosa vi aspettate, insomma, un vostro parere.
Un bacione enorme,


Apple.

 



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«George, dovresti sorridere un po’ di più.» disse Hallie, incitandolo.
«Io sorrido quando ne ho voglia.»

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


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(
7)





«L’ho sognata stanotte.», esordì George, dopo qualche minuto in cui era stato fermo in piedi e in silenzio davanti a Hallie. «Non è mai una bella giornata quando sogno la mia ex ragazza Riley.»
Hallie lo osservò senza dire una parola; era la prima cosa che diceva da quando l’aveva vista arrivare con Jaymi. Non si era mosso né per salutarla né per ringraziarla di essere venuta, era semplicemente rimasto appoggiato alla staccionata di ferro visibilmente rovinato che si trovava vicino a un muretto di cemento pieno zeppo di mozziconi di sigarette. Non appena il ragazzo pronunciò quelle parole, Hallie si chiese se faceva sempre così quando aveva una cattiva giornata, ovvero iniziare la conversazione con uno strano fatto personale che non c’entrava nulla con lei o il motivo per cui era andata in quel luogo. Per un attimo pensò di chiedergli di più, ma venne interrotta da Jaymi che passava di lì con un pacchetto di sigarette e la testa fra le nuvole.
«Jaymi!», urlò George. «Passamene una!»
Jaymi si fermò, guardandolo incuriosito. «Tu non fumi!» urlò di rimando.
«Per oggi sì!»
Il moro fece un segno con la testa, passandogli una sigaretta e un accendino prima di andarsene. George la accese, visibilmente inesperto e fece un tiro, tossendo un pochino. Fece finta di niente, ritornando ad appoggiarsi alle sbarre di metallo e guardandosi intorno, osservando quella landa di cemento. Hallie pensò che non sembrava affatto il ragazzo solare e divertente che aveva conosciuto in corridoio della sua scuola.
«Odio le persone che fumano.», commentò Hallie. «Le fanno sembrare dipendenti da qualcosa di cui non hanno bisogno.»
George le lanciò un occhiata non molto amichevole, ignorando il suo commento e continuando a fumare. Hallie si voltò e si sedette sul muretto di cemento che si trovava proprio dietro di lei, infine si mise a succhiare con una cannuccia dalla bottiglietta d’acqua che Jaymi le aveva offerto poco prima di arrivare.
«Eravamo in un parco, è solo che… è sempre lo stesso sogno ogni volta. Io e lei al parco, tutto è perfetto e poi arriva Lucas, ah, dannato Lucas.»
La ragazza continuò a osservarlo in silenzio.
«Beh, non dici niente?» chiese stupito George.
«Che dovrei dire?» chiese quasi scocciata Hallie.
«E che ne so io?! Mi dispiace, ti capisco, o  anche un semplice gesto con la testa andrebbe bene.»
Hallie sospirò, posando la bibita e tornando a guardare George. «Ricordi quando ti ho detto che sarei stata schietta e sincera e avrei assunto un comportamento che di solito ritengo fastidioso?»
«E come dimenticarlo?»
«Bene.», disse Hallie. «Questo è il momento di metterlo in atto.»
George la guardò interrogativo, in attesa.
«Piangere sopra la tua ex ragazza non la farà ritornare. Se la rivuoi vai a riprendertela, se no smettila di piangerti addosso e possibilmente butta tutti gli oggetti che ti ricordano lei, perché so che ne hai. E questa situazione da cane bastonato non ti fa sembrare più figo e impenetrabile, ma solo più depresso.»
«Okay ora basta.» disse serio George. «Sembra che quella che si debba sfogare qui sia tu»
«George, dovresti sorridere un po’ di più.» disse Hallie, incitandolo e ignorando la frase precedente.
«Io sorrido quando ne ho voglia.», rispose il ragazzo con il broncio. «Ehi, e non cambiare argomento.»
«Tu l’hai cambiato per primo.», ribatté lei. «Comunque, possiamo parlare del vero motivo per cui sono venuta qui?»
George prese un respiro profondo. Forse aveva dirottato la conversazione di proposito perché non era pronto a lasciare andare l’argomento ‘Riley’. Hallie capì che qualcosa non andava. «D’accordo, questa Riley è ancora il centro del tuo mondo, ma allora perché ti sei tuffato in questo pasticcio?»
La ragazza aveva ragione; George voleva fare il passo più lungo della gamba, lanciandosi in qualcosa di enorme senza essere pronto. «Tu pensi ancora a lei e speri che trovando quest’altra ragazza dimenticherai Riley?»
George si morse entrambe le labbra, abbassando la testa. «Già. Sono patetico. Pensavo che trovando questa ragazza sarei potuto, che so, cambiare, migliorare, o anche solo andare avanti. Pensavo avesse qualcosa di particolare e io… non lo so cosa stessi pensando. L’ho conosciuta e tutto è cambiato. Ma forse è stato solo un momento di debolezza. Solo un momento e… non conta.»
«Conta invece.», disse Hallie, alzandosi dal muretto. «Se tu lo pensi davvero, allora conta. Ascoltami, forse non sei ancora pronto per una nuova storia, però ci puoi lavorare, e io ti posso aiutare, se ti va.» la ragazza prese un bel respiro. Non si sarebbe mai permessa di parlare in quel modo a una persona qualunque, ma aveva promesso di essere sincera con George. «La tecnica ‘chiodo scaccia chiodo’  non è mai funzionata né funzionerà mai, ma possiamo vedere cosa si può fare.» disse infine, posando una mano sulla spalla del ragazzo che, per delusione di Hallie, la scansò. Egli buttò il mozzicone della sigaretta a terra, accanto a tutti gli altri che giacevano ai loro piedi.
«Come no.» disse semplicemente lui, evitando di guardare la ragazza negli occhi.
Hallie deglutì; forse aveva sbagliato ad aprirsi così tanto, avrebbe fatto meglio a rimanere dove le avevano insegnato a stare.
«George, secondo me è meglio riprendere quando sarai davvero convinto di quello che fai.» riuscì a dire Hallie, prendendo la sua borsa da terra e voltandosi.
George non era il tipo di ragazzo che l’avrebbe rincorsa, non era il tipo di ragazzo che avrebbe messo da parte il suo orgoglio per pregare Hallie di aiutarlo, quindi fece la cosa che sapeva fare meglio: non lo fece, e la guardò allontanarsi finchè non sparì dietro al grosso muro grigio.
 
 

*

 
 
«Sono felice che tu abbia accettato di uscire con me.» disse Josh, una volta arrivati sulla soglia di casa di Laine.
«Già, anche io.» rispose lei, sorridendogli e suonando il campanello.
«Se ti va possiamo uscire ancora qualche volta.»
Laine si morse le labbra. «Ehm, non lo so proprio… ti farò sapere.» La madre della bionda aprì improvvisamente la porta, interrompendoli.
«Beh, allora io vado.» disse velocemente lei, stampandogli un rapidissimo bacio sulla guancia senza neanche voltarsi indietro.
Josh rimase un po’ impietrito da tutta quella freddezza, insomma, si erano piuttosto divertiti e Laine non aveva mostrato segni di non gradimento quando lui le aveva circondato le spalle con un braccio. Poteva essere turbata per l’interruzione di sua madre? No, la mamma di Laine non sembrava nemmeno interessata agli affari della figlia, le aveva solo aperto la porta d’ingresso.
La ragazza si precipitò al piano di sopra, afferrando il telefono e chiamando la sua amica. «Hallie, ho bisogno del tuo aiuto.» disse semplicemente, senza nemmeno un ‘ciao’.
Laine sentì dei suoni di sottofondo, prima che la sua amica replicasse. «Cosa ti serve?»
Hallie aveva una voce scocciata e stanca, come se stesse camminando e l’ultima cosa di cui avesse voglia era dispensare consigli in giro ma la bionda finse di non accorgersi di nulla.
«Penso che mi piaccia Josh.» sputò lì all’improvviso, ammettendolo per la prima volta anche a se stessa.
«Mh, bene.» commentò Hallie dall’altra parte, non pienamente attenta alle parole dell’amica, e turbata per i suoi buoni motivi.
«Solo che ho fatto un casino.», continuò Laine. «Non mi era mai capitato di sentirmi così in imbarazzo alla fine, così penso di avergli fatto capire che non mi piace quando in realtà non mi è mai piaciuto nessuno tanto quanto lui. Diciamo che alla fine potrei averlo liquidato un po’ di fretta.»
«Quanto di fretta?»
«Il ‘ti farò sapere se possiamo uscire un’altra volta’ e il bacio rapidissimo sulla guancia sono tanto di fretta?» chiese dubbiosa Laine.
«Sei da ricovero.», rispose l’amica. «Secondo me ti sei presa qualche rara malattia e ora non potrai flirtare mai più con i ragazzi.»
«Non scherzare!»
Hallie rise di gusto, finalmente aveva trovato un argomento con cui distrarsi. «Ma tutto sommato è andato bene l’appuntamento?»
«Sì, dai. Solo che mi sembra di essere andata nel panico alla fine e ho cominciato a dare i numeri.»
«Ma sì, stai tranquilla. Puoi sempre parlargli lunedì, oppure mandagli un messaggio.» suggerì Hallie, che intanto era appena salita sul pullman per ritornare a casa.
«Adesso vedo cosa fare.», disse Laine. «Ehi, ma tu dove sei?»
«Ehm, sono andata in centro a prendere due cose, sto tornando a casa adesso.» mentì Hallie. In fondo era a fin di bene; la sua amica aveva già abbastanza cose di cui preoccuparsi, una piccola e innocente bugia non le avrebbe cambiato la vita.
«Oh, okay.» rispose Laine, senza indagare più di tanto.
«Senti, cosa ne dici di vederci domani? Magari invita anche June e andiamo a pranzo fuori così ci racconti per bene, no?» propose Hallie.
«Certo. La chiamo subito. Ci vediamo domani a mezzogiorno davanti allo Scottish Bar.»
«Okay, ciao.» rispose la mora, prima di chiudere la chiamata e rinfilarsi il telefono nella borsa. Improvvisamente la sua testa venne affollata nuovamente dal ricordo di George e quello che era successo alla cosiddetta ‘piazza’ (che poi così tanto piazza non era). Perché aveva avuto quella reazione così eccessiva? Forse la sua ex-fidanzata era un argomento talmente fragile che persino una minima allusione a lei lo faceva rabbrividire.
Il suo telefono prese a squillare di nuovo e Hallie rispose velocemente a un numero che non aveva salvato nella sua rubrica.
«Pronto?»
«Hallie, sono George.» disse una voce maschile dall’altro capo del telefono.
«Come hai avuto il mio numero?»
«Non importa.», commentò lui. «Possiamo vederci lunedì pomeriggio di nuovo?»
«Credevo non mi volessi in mezzo ai piedi.» rispose Hallie, improvvisamente più distaccata.
«Non ho mai detto questo. E’ che ho  bisogno di te per fare una cosa.»
«Una cosa? Di che si tratta? Se è uno scherzo non penso di voler partecipare a –»
«Sei tu che mi hai detto che il primo passo per questa nuova avventura è dimenticare quella vecchia.», la interruppe George. «Quindi ho bisogno che tu mi aiuti a sbarazzarmi di quella vecchia.»
«Mi stai dicendo che brucerai tutte le cose di questa Riley?» chiese Hallie, non curandosi di tenere il nome nascosto.
«Già.»
«Okay, ci sto. Però George…» cominciò Hallie, appena prima che lui premesse il tasto rosso.
«Sì?»
«Possiamo vederci da qualche altra parte?»
«Ti direi di sì. Ma non conosco nessun’altro posto in cui fare un falò indisturbato.» rispose George.
«Hai anche ragione.», disse Hallie. «Va bene, a lunedì. Tanto ci vediamo al gruppo al mattino.»
«Giusto, ciao!» la salutò il ragazzo.
«Ciao.» rispose lei.
Bene. Nulla di cui preoccuparsi. Laine avrebbe sistemato tutto con Josh, George avrebbe avuto la sua principessa prima o poi, e lei? Lei aveva avuto talmente tante cose a cui pensare che non si era presa nemmeno un secondo per il ragazzo anonimo che ormai si era quasi rassegnata a cercare. Hallie era convinta che non l’avrebbe mai più trovato, quanta gente c’era in quel locale  e quanto ci sarebbe voluto per rintracciare tutte le persone che erano andate quella sera? Sarebbe stato difficile farlo, se non impossibile.
 
 

*

 

«E secondo te come l’ha presa?» chiese comprensiva June rivolgendosi a Laine, mentre sorseggiava un sorso del suo thè al limone.
«Beh. La sua faccia era piuttosto chiara.», rispose Laine sconsolata. «Non so cosa mi sia preso. Io… non sono mai stata così insicura e in imbarazzo. Non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi!»
Hallie ridacchiò. «Eh, Laine, benvenuta fra i comuni mortali con una cotta gigantesca.»
La bionda si sedette contro lo schienale, lo sguardo perso nel vuoto. «Che deficiente.»
«Ma no, è completamente normale.» la rassicurò June.
Laine fece una smorfia molto poco convinta. «Certo. E’ normale andare via di corsa quando un ragazzo cerca di essere gentile con te.»
La mora trattenne un’altra risata. «Sono seria!» la fulminò Laine.
«E’ che ti sembra ridicolo ma in realtà è proprio quello che si fa. E’ un buon segno.»
L’interpellata scosse la testa, disapprovando. «Sono una stupida.»
«Vuol dire che ti piace veramente.», si intromise June. «E’ così che funziona.»
«E’ orribile.» commentò Laine.
Le due amiche si guardarono rassegnate, prima o poi anche Laine avrebbe capito come funzionava quando il cuore batteva così forte da bloccare ogni altro suono.
«Gli hai scritto?» chiese curiosa June.
«No. Ho paura.»



_____



Ciau meleee!
Allora ho dovuto aggiornare così tardi per questioni di tempo e il perchè ve lo spiego subito: domani mattina parto per Parigi (asdfgh) e non sono sicura di avere il wi-fi per aggiornare . Non potevo pubblicarne due in una settimana perchè so che non ce l'avrei fatta e non volevo lasciarvi per più di tre settimane senza nulla. La bella notizia è che se non potrò aggiornare potrò andare avanti a scrivere illimitatamente e chi lo sa, magari finire anche la long :) 
Passando alla storia, vi piace? Non vi piace? Cosa ne pensate? Come al solito grazie mille a tutti i recensori-sguitori e non perchè sappiate che mi migliorate le giornate (la rima ahaha)
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Comunque, un bacione enormisssssimo,


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«Hai bisogno di uno psicologo.»
«Di uno bravo.» commentò Laine ridendo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


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(
8)




«Ehi Hallie!» esclamò una voce piuttosto fastidiosa alle sue spalle.
«Ciao Janet.» disse gentilmente la ragazza, cercando di non dare a vedere la sua più che evidente scocciatura.
Palo-della-luce di solito non parlava con gente che fosse al di fuori della sua cerchia stretta di amici, a meno che non fosse per chiedere in prestito dei soldi che non avrebbe mai restituito, quindi Hallie si preparò a qualche richiesta di questo genere.
«Stasera faccio una festa, per, come dire, festeggiare la fine della scuola, anche se per noi non è proprio finita.», disse la bionda, parlando facendo un milione di pause e masticando rumorosamente la gomma al gusto di ciliegia. «Quindi… pensavo di invitare un po’ di gente, e visto che sei nel mio gruppo qui, porta chi vuoi, è inteso sicuro, questa sera, al Mighter, vieni sul tardi che è meglio, faccio entrare tutti.»
Hallie la guardò leggermente stupita. Un po’ perché non aveva capito metà delle cose che la bionda aveva detto e un po’ perché non si aspettava quel tipo di richiesta.
«C-certo.» riuscì a balbettare Hallie, sentendosi presa alla sprovvista.
Janet scrollò le spalle allegramente e si allontanò trotterellando con le sue converse lilla.
La mora rimase un attimo interdetta, prima di riprendere l’attività che aveva interrotto a causa di Janet, ovvero diluire la vernice verde acqua con dell’acqua. Si rimise il camice e la mascherina per le inalazioni e prese un secchio di vernice in mano, prima di doverlo posare nuovamente poiché una figura gli aveva picchiettato sulla spalla. Alzò lo sguardo, incrociando il viso di George.
«Ciao.», disse lui seriamente, come se avesse una certa fretta. «Allora per oggi pomeriggio?»
Hallie trattenne per un attimo il fiato, cominciando a pensare furiosamente. I suoi l’avrebbero lasciata stare fuori tutto il pomeriggio, prima con George e poi alla festa? Sicuramente no. Per il pomeriggio si poteva rimediare dicendo che andava da Laine ma per la sera non se la sarebbero bevuta, senza contare che era già andata a dormire dalla sua amica pochi giorni prima . Pensò furiosamente a una soluzione, per poi alzare di nuovo lo sguardo verso George. «Certo, sempre alla piazza?» disse sorridendo lei.
Il ragazzo si guardò nervosamente intorno, quasi come se non volesse che gli altri studenti lo vedessero parlare con Hallie. «Sì, vieni verso le sei o le sette… quando puoi.»
La mora annuì, mentre George si voltava velocemente per tornare da dove era venuto.
«Vengo alle sei e mezza allora.» rispose Hallie, ma lui era già lontano. La ragazza scosse la testa, tornando finalmente al suo lavoro.
Hallie cercò di trovare una via d’uscita al groviglio in cui si era cacciata; quella sera sarebbe rimasta a casa fino all’ultimo, facendolo sapere per bene sia a sua madre – che avrebbe chiamato al telefono, dato che non viveva con lei poiché i suoi genitori erano divorziati – sia a suo padre, che sperava con tutte le sue forze essere a casa. In seguito avrebbe pregato il padre di andare a una festa scolastica con le sue amiche, lui probabilmente avrebbe detto di sì, dicendole di essere a casa all’una. Quindi Hallie gli avrebbe detto che sarebbe andata a prepararsi da Laine alle sei, quando invece andava da George, e avrebbe trovato un posto per cambiarsi sulla via, probabilmente un bar. Il piano era perfetto, doveva solo essere messo in azione.
La campanella suonò, costringendola così a posare tutto e a correre fuori dalla palestra, per andare davanti ai distributori automatici, dove aveva dato appuntamento a Laine e June.
Le scorse poco dopo essere entrata nell’atrio e sventolò una mano in aria per farsi notare. Le due amiche la raggiunsero con passo svelto.
«Hal, hai una faccia sconvolta.» le fece notare l’amica bionda.
Hallie rispose con una smorfia. «Questa  mattinata non sta andando un granché bene, sembra che ci sia qualcuno pagato per mettermi i bastoni fra le ruote. Tra l’altro, hai parlato con Josh?» chiese tanto per cambiare argomento.
«No.», sbuffò Laine,. «Come avrei potuto? E’ in gruppo con te e io non l’ho nemmeno visto.»
«Sono tutte scuse, avresti potuto chiamarlo.» disse Hallie.
«Non mi mettere pressione.» rispose Laine sulla difensiva.
La mora ridacchiò, era davvero esilarante vedere Laine ridotta in quel modo per un ragazzo. «Comunque.», disse riprendendo fiato. «Siamo state invitate alla festa della Devlin questa sera. Verso le nove al Mighter.»
«Oh, il mio ragazzo me ne ha parlato.», disse June, facendo un passo avanti. «Pensavo di andarci con lui, va bene se ci vediamo là?»
«E’ ancora meglio.», rispose Hallie. «Io devo accompagnare… una persona, un mio amico prima della festa a comprare alcune cose e poi vi raggiungo.»
«Ho già capito che ci andrò da sola.» disse drammaticamente Laine, portandosi i capelli dietro le spalle con una mano.  
June scosse la testa. «No, se ci vai con Josh.»
La bionda la fulminò con lo sguardo. «Spero che tu stia scherzando?!»
«Affatto. Ho sentito la Devlin parlare con lui e il suo amico questa mattina, e loro hanno accettato di andare alla festa volentieri.»
«Bene, allora io non ci vado.»
«Non fare la stupida. Tu non ti perderesti mai una festa.», commentò Hallie. «Ehi, June, aspetta un secondo, hai detto che c’era anche l’amico di Josh?»
«Sì, il moro ricciolino… penso siano amici del mio ragazzo, mi è capitato di vederli alcune volte insieme adesso che ci penso. Credo che si chiami George.»
«Oh, sì, so come si chiama, è nel mio gruppo, è solo che è molto strana come cosa.»
«Tu sei strana.» si intromise la bionda.
«E tu hai bisogno di uno psicologo.» ribatté l’altra.
«Di uno bravo.» commentò Laine. «Sono un caso perso.»
«Sarebbe un’occasione per cercare di ritrovare il ragazzo misterioso.», propose June. «Anche l’ultima volta era al Mighter, no?»
Hallie annuì. «Già, anche se ormai ho davvero perso le speranze.»
«Mai perdere le speranze.» disse June, prendendole la mano e stringendogliela delicatamente.
 
 

*

 
 
Hallie si agitava dentro la sua stanza ormai da parecchi minuti. Sua madre e suo padre avevano detto di sì, non ci poteva credere. Era un perfido genio, e ne era perfettamente a conoscenza. Si sentiva leggermente in colpa per le bugie che aveva dovuto dire, ma erano piccole e insignificanti e se tutto fosse andato davvero bene nessuno se ne sarebbe mai accorto.
Le sei si stavano avvicinando e il cielo si faceva sempre più scuro, probabilmente uno dei tipici temporali di giugno si stava avvicinando, ma Hallie non se ne preoccupò più di tanto. Infilò l’unico vestito che possedeva nella sua borsa, insieme a una giacchetta di pelle; le sarebbero serviti per la festa. Poi si mise ai piedi degli stivaletti neri e uscì di casa, correndo verso la fermata dell’autobus. Hallie sperò che non si sarebbe persa questa volta, ma non era pienamente sicura delle sue capacità orientative. Proprio mentre saliva sul pullman, sentì un tuono alle sue spalle: stava cominciando a piovere. Sbuffò, sedendosi su un sedile vuoto; il viaggio sarebbe stato piuttosto lungo. Aveva infatti scoperto che poteva prendere un solo pullman invece che tre, e sarebbe scesa alla fermata dove aveva incontrato Jaymi. Durante il tragitto pensò a molte cose: per prima, come avrebbero fatto a bruciare le cose di Riley dato che pioveva, e per seconda se oggi George sarebbe stato di buon umore. Hallie aveva addosso quella stessa sensazione che aveva la sera che era andata alla festa, un misto di eccitazione e paura del non sapere cosa sarebbe successo. Era ridicola come cosa per una diciassettenne, ma Hallie si sentiva agitata praticamente la metà del tempo, non sapendo mai incontro a quale situazione si sarebbe ritrovata. Sorrise, magari George era davvero pronto ad andare avanti, forse avrebbe davvero trovato la sua anima gemella fra quelle dodici persone che doveva baciare. Era un’idea stupida, questo lo aveva capito persino Hallie, ma se si valutava la questione fino in fondo non lo era così tanto.
Scese dal pullman esattamente quaranta minuti dopo esserci salita, riconoscendo il posto, nonostante fosse inondato di pioggia. Si coprì con la sua borsa e corse verso l’angolo in cui si ricordava di aver svoltato con Jaymi. Percorse velocemente quelle stradine e ben presto si  ritrovò dinanzi alla piazza. Erano le sette meno dieci e Hallie si aspettava di trovare George già lì, invece la piazza era deserta. Tolse la borsa dalla testa e si addentrò ancora di più verso il centro del campo. Una volta lì roteò su se stessa, per avere una visione più amplia della piazza; non c’era assolutamente nessuno. Le gocce cadevano sempre più forti e ben presto le fu impossibile vedere oltre il proprio naso. Aspettò ancora qualche minuto, completamente fradicia e senza fiato. Non poteva, non voleva credere che George l’avesse lasciata lì senza avvisarla. Hallie aveva una maglietta nera a maniche corte, e dovette spremerla parecchie volte prima di capire che non stava sognando. La strizzava e la pioggia la continuava a bagnare, era un po’ come George quella maglietta, ogni volta che Hallie pensava sarebbe stato fedele alle sue promesse lui scappava da esse. Prima di rendersene conto Hallie stava piangendo, ma non tanto perché non avrebbe potuto vedere George, ma perché sentiva di aver fallito ad aiutare un amico, e forse anche un pochino perché si era fatta fregare, di nuovo. Tirò su con il naso un paio di volte, doveva farsi forza, doveva andare via da lì. Proprio quando stava per muovere il primo passo, sentì una voce che la chiamava; ci mise poco a capire che era Jaymi.
«Hallie? Sei tu?»
La ragazza si passò una mano sul viso per vederci meglio a causa della pioggia e dei capelli.
«Sì!» gridò poi, cercando di scorgere la figura del ragazzo
«Cosa ci fai qui?» chiese, sempre gridando, Jaymi.
«Cercavo George!» urlò Hallie. Capì che il ragazzo le stava parlando da una delle finestre in alto, quindi alzò lo sguardo, ma come risposta ricevette solo delle grosse gocce di pioggia negli occhi.
«E’ già partito per andare alla festa insieme a Josh!»
«Sì, ehm, lo so… stavo andando anch’io, ciao!» si liquidò frettolosamente, correndo in fretta via da quel posto.
Hallie si convinse che non sarebbe più tornata alla piazza, ogni volta che ci andava succedeva qualcosa di brutto, inoltre non sapeva perché continuasse a dare fiducia a George, che non faceva altro che ingannarla. Non era lui quello che le aveva chiesto per ben tre volte di aiutarlo? Evidentemente non era abituato ad avere rapporti con le persone che non fossero Josh, la sua truppa e la tanto discussa Riley.
Tutto quello che voleva fare Hallie in quel momento era andare a casa sua, asciugarsi e andare a dormire. Dopo una quarantina di minuti si ritrovò dinanzi la sua porta d’ingresso, che non esitò aprire velocemente. Si lanciò sul letto di camera sua, digrignando i denti. Era solamente una stupida illusa, lei non era nessuno per poter aiutare George, che cosa credeva? Sbuffò, tirando fuori i vestiti dalla sua borsa.    
Si interruppe un istante. Non era ancora finita. Hallie poteva ancora andare alla festa, lei poteva fare quello che voleva. Nessun ragazzo l’avrebbe mai costretta a ridursi così. Lei sarebbe andata a quella benedetta festa, avrebbe bevuto quel che voleva, avrebbe detto quel che voleva, e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questo.
 
 

*

 
 
«Dovrei andare a parlargli?» chiese a bassa voce Laine a June, indicando Josh.
June sbuffò, spingendola leggermente. «Vai.»
La bionda fece un lungo respiro, cominciando a camminare verso la figura alta e slanciata che stava seduto sul bancone, chino sulla sua bevanda rosea.
«Ciao.» disse Laine, come se non si aspettasse davvero che Josh rispondesse.
«Non pensavo ti saresti più rifatta viva.», disse lui freddamente, senza distogliere lo sguardo dal suo bicchiere. «Sai, dovevo capirlo prima. Avrei dovuto sapere che Laine Mavor non è una ragazza da storie serie, ma nemmeno da storie semplici, se per questo.»
«No, Josh, non è affatto vero, io–»
«Tu cosa? Cosa? Tu mi hai solo illuso, potevi dirlo subito che non eri interessata.», disse il ragazzo, che adesso guardava Laine dritto dritto negli occhi. «Che stupido. Dovevo saperlo che uno come me non avrebbe mai avuto possibilità con… una come te. Quindi tu cosa? Dimmelo.»
«Io ero così.» fu l’unica cosa che Laine fu in grado di dire. Avrebbe voluto spiegargli tutto, di come pensava che Josh fosse il ragazzo più bello e gentile del mondo, e non avrebbe mai potuto trovare di meglio, e di come non sapeva cosa gli fosse successo da quando lo aveva conosciuto. Ma non disse nulla, perché aveva la gola stretta e un buco nello stomaco, e quando guardava negli occhi del ragazzo non riusciva a capire più nulla.
«Non mi sembra che tu sia cambiata molto.» disse Josh come ultima cosa, prima di alzarsi e sorpassarla, non senza averle dato una spallata.
Laine rimase immobile, non sapendo assolutamente cosa dire.
Alle sue spalle, Hallie aveva raggiunto June. «Mi sono persa qualcosa?»
June si strinse fra le spalle. «Laine ci ha provato, ma non è andata bene… ehi, questo vestito ti sta bene.» disse, guardando velocemente Hallie.
«Grazie.», rispose imbarazzata lei. «Dov’è il tuo ragazzo?»
«Oh, JJ è proprio lì. Vieni che te lo presento, sperando che non sia di già ubriaco.» aggiunse, cominciando a camminare verso il lato opposto della sala.
June indicò un ragazzo alto, che aveva i capelli neri e li portava fissati con del gel in un ciuffo. Era molto magro, e la giacchetta nera che portava lo faceva sembrare ancora più pallido. Accanto a lui c’era un ragazzo che Hallie conosceva molto bene, ma fece finta di nulla e si avvicinò.
«JJ, ti presento Hallie, Hallie, questo è JJ.» disse June, indicando prima l’uno e poi l’altra.
«Ciao Hallie… Juju mi ha parlato un sacco di te!» esclamò sorridendo e dandogli due baci sulle guance.
«Mi fa piacere.» rispose la ragazza con un sorriso.
«Questo è il mio amico George.» disse poi JJ, indicando il ragazzo che non aveva aperto bocca fino a quel momento.
«Sì, lo conosco.», disse Hallie distrattamente. «Ma JJ dimmi tutto sul fatto che hai trovato un nuovo lavoro, June me ne ha parlato molto.»
Hallie si allontanò con JJ e June continuando a parlare animatamente e ignorando George, che aveva tentato di aprire bocca, ma non gli era stata data la possibilità di parlare.
Il ragazzo si allontanò, andandosi a sedere su uno dei divanetti vermigli del Mighter. Si ricordò improvvisamente che era esattamente in quel punto che aveva conosciuto la misteriosa Callie, o qualunque altro nome fosse. Esattamente su quel divanetto era successo tutto.
«George.», disse Josh, accomodandosi vicino all’amico. «Jaymi mi ha chiamato. Perché non sei andato oggi alla piazza da Hallie?»
George sbuffò, adesso anche l’amico si metteva a fargli la predica su come avrebbe dovuto comportarsi. Toccò lievemente la pelle del divano con la sua mano. Già, come avrebbe dovuto comportarsi?



_____



Ciau meleee!
Quanto tempo OMG qua a parigi piove e HO TROVATO UN WIFI! (u don't say)
Come va gente? Io ho delle novità spettacolari sulla storia: ragazzi grazie a voi che la mettete nei preferiti e che la recensite è la sesta delle storie più popolari degli Union J aka la mia morte! Mi sono messa a strillare - letteralmente - quando l'ho visto.
Siete dei fantastici lettori, love you <3 Come al solito fatemi sapere se ho commesso degli errori o delle vostre idee per la storia :)
Un bacione enorme,
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«Non venire da me a chiedere consigli.»
«George, ti prego, ti sto chiedendo una mano.» disse Josh, alzando lo sguardo per incrociare quello dell’amico.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


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(9)





«Ha ragione,  non sono cambiata.» esordì Laine, entrando in camera di Hallie e buttando la sua borsa nera sul letto.
«Non dire cavolate, sei cambiata eccome. E ne sono grata.» le rispose l’amica, facendosi cadere con un tonfo accanto alla borsa.

«No, sai, ieri sera, durante quella chiacchierata con lui ho capito di non essere cambiata nel momento in cui volevo vendetta per il modo in cui mi aveva trattato.» disse Laine, guardando un punto indefinito oltre la finestra.
«Questo si chiama il passaggio da una cottarella a qualcosa di più serio. Prima eri tutta su di giri e non riuscivi a dire nemmeno due parole, adesso ti sei ripresa ma sei ancora innamorata di lui.»
Laine sbuffò, come se l’affermazione di Hallie non la riguardasse minimamente. «C’era stamattina?»
La mora deglutì. «Sì.» rispose semplicemente. Non aveva il coraggio di dirle che in realtà era scappata da lui tutto il giorno per paura che le parlasse di George, o con George.
«Ha detto qualcosa… ha fatto qualche strana allusione a noi?» chiese con noncuranza Laine. In realtà Hallie sapeva benissimo che cosa stava passando per la testa della sua amica; Laine non avrebbe mai permesso a un ragazzo di cambiarle l’umore, tantomeno di trattarla in quel modo. Lei si stava odiando per il modo in cui Josh la faceva comparire: più sensibile, quasi più debole. E voleva autoconvincersi che non era cambiata, che era stata solo una piccola fase di transizione per diventare ancora più spietata con i ragazzi.
«No, non ha fatto né detto niente.», rispose Hallie, atona. «E sai perché?»
«Che cosa vuoi dire con– »
«Perché hai sbagliato.», Hallie la interruppe, guardandola negli occhi. «Avete sbagliato entrambi, e tu hai la possibilità di farti perdonare. Per questo non ha detto né fatto niente, perché sta aspettando.»
«Ma io ci ho provato l’altra se–»
«Oh, certamente.», si intromise nuovamente la mora. «Sono sicura che tu l’abbia pregato in ginocchio di poter chiarire le cose.»
«Hallie, qual è il tuo problema?!», sbottò Laine, alzandosi in piedi. «Io e Josh non stiamo nemmeno insieme, vuoi spiegarmi cosa c’è di tanto grave in una stupida lite? Sei sempre tanto brava a dare consigli, eppure quando si tratta di te non capisci mai un tubo, dannazione! Ho i miei problemi anch’io, d’accordo? E vorrei riuscire a capire da sola come risolvermeli, anche senza la babysitter!»
Hallie si sentì gli occhi bruciare. Abbassò lo sguardo, si alzò in piedi e afferrò la borsa. «Io stavo solo cercando di aiutare.» disse, cercando di sembrare meno sul punto delle lacrime possibile. Non voleva innescare una lite, ma lei si sentiva profondamente ferita e soprattutto delusa dal comportamento dell’amica. Non avrebbe mai volute sembrare una saccente, eppure evidentemente era apparsa in maniera diversa a Laine.
Appena chiusa la porta d’ingresso si accorse di essersene andata dalla sua stessa casa, ma non ci fece caso più di tanto, dal momento che la sua preoccupazione maggiore era diventata che nessuno la vedesse piangere. Forse Hallie non avrebbe dovuto essere così sgarbata con Laine, avrebbe dovuto capirla, dato che si trovava in una posizione davvero scomoda. Procedette per le strade di Bristol con sicurezza, a testa alta, perché lei non ne poteva più che le persone se la prendessero con lei per qualunque tipo di ragione non giustificabile.
Laine si stava comportando da imbecille, e lo sapeva pure la ragazza. Era talmente ovvio che Josh sarebbe stato pronto a perdonarla non appena avesse visto qualche sforzo da parte di lei. Non così ovvio, a quanto pareva.
Sbuffò, spingendo la porta di un bar qualsiasi. A Bristol tutto era così monotono e uguale che Hallie non avrebbe potuto distinguere una zona da un’altra. Si sedette su una sedia leggermente in disparte e appoggiò la grande borsa sul tavolino di legno, appoggiandoci la testa sopra. Dato che la sfortuna sembrava perseguitarla, non si stupì quando vide George seduto vicino al bancone, e vicino a lui Callie Fray. Evidentemente stava procedendo con il suo piano, ignaro di essere osservato da quella che inizialmente doveva essere una sua complice. Hallie si domandò se Callie Fray sarebbe stata quella giusta, sperava con tutta se stessa di no, dal momento che era davvero insopportabile.
Proprio quando stava per alzarsi perché non voleva più assistere a quella scena, George si avvicinò di scatto alla ragazza, che sicuramente non rifiutò il bacio. Hallie non riusciva a muoversi, un po’ perché non voleva fare rumore, e un po’ perché era immobilizzata dai movimenti di George, così delicati, al contrario di quelli bruschi di Callie.
D’un tratto George si tirò indietro, alzandosi e scappando fuori dalla porta, lasciando una Callie senza parole.
«Fuori due.» sussurrò sottovoce la mora, seguendo George di corsa fuori dal locale. Non poteva dire di essere contenta, ma se non lo avesse fatto avrebbe solo continuato a mentire a se stessa. Per un secondo decise di mettere da parte il fatto che il ragazzo si fosse comportato da vero stronzo con l  ei, e lo chiamò.
«George! Ehi!», gridò, richiamando l’attenzione di tutti i passanti. «Non era quella giusta, eh?» chiese Hallie, facendo finta che fra loro mai nulla fosse andato male.
«Non proprio.» rispose lui, con altrettanta nonchalance.
Era strano il rapporto fra quei due ragazzi. Strano, sì, ma per qualche ragione nessuno dei due avrebbe voluto vederlo mutare.
«Quante ne rimangono sulla lista?» chiese lei, voltandosi per guardarlo negli occhi.
«Undici.»                                                                                                                                                                               
«Beh, siamo sulla strada giusta.» scherzò Hallie.
«Speriamo.», rispose George, poi fece una pausa, quasi come se avesse timore di parlare. «Senti, Hallie… per la storia di ieri –»
«Non importa. Capisco, tranquillo, non c’è bisogno di spiegare, tu hai bisogno di tempo e io sono un po’ stressante a volte. Mi dispiace.»
I due trattennero il fiato per qualche istante. «E’ tutto okay. In realtà vorrei riprovarci.»
«Davvero?» chiese curiosa la ragazza.
«Sì, ma non subito.» puntualizzò George.
«Vuoi aspettare di trovare la ragazza giusta?»
«Non ne ho idea.»
Hallie capì che quella era la fine della conversazione, volle però chiedergli solo un’ultima domanda. «Non mi hai mai detto perché devi baciare quelle tredici ragazze.»
George fece ancora qualche passo, spostando lo sguardo sul terreno. Camminavano fianco a fianco per i viottoli di Bristol.
«E’ una lunghissima storia, diciamo solo che so che una di loro è quella giusta.»
 

 

*

 
 
«Non venire da me a chiedere consigli.»
«George, ti prego, ti sto chiedendo una mano.» disse Josh, alzando lo sguardo per incrociare quello dell’amico.
«Fidati se ti dico che non sono la persona giusta.»
George era corso a casa dell’amico non appena aveva ricevuto la sua chiamata, appena poco dopo aver lasciato Hallie sulla strada di casa sua. A pensarci, quella ragazza era davvero bizzarra, ma in maniera piacevole.
«Com’è andata con la Fray?» chiese Josh, cambiando argomento.
«Male.», sospirò l’altro, sedendosi sul gradino di fianco a Josh. «Ma non importa. Ne abbiamo altre undici. Tu piuttosto con Laine hai chiarito?»
«Non credo ci sia molto da chiarire… in fondo non ho ancora capito com’è fatta quella ragazza e tantomeno non ho capito le sue intenzioni con me. Spero che la sua amica l’abbia fatta ragionare.»
«Beh, se ti interessa hanno litigato proprio per questo motivo, Hallie me l’ha detto oggi. Dice che Laine sta cambiando radicalmente e deve prenderci l’abitudine, ma le passerà presto.» rispose George.
«Ti parla ancora dopo che le hai dato buca?»
«Non è che le ho dato… senti, concentriamoci su altro.» affermò l’amico, cercando il più possibile di evitare ogni argomento che potesse avvicinare minimamente Riley. E se avesse dovuto spiegare a Josh del perché Hallie si trovava alla piazza Riley sarebbe stata nominata ben più di una volta, quindi preferiva girare ben lontano da quella zona.
«Dici che con Laine andrà a finire bene?»
«Non lo so.», rispose onestamente George. «L’unica cosa che ti posso dire è che Hallie è intelligente. E sa far capire le cose alle persone.»
«Lo spero davvero.» concluse Josh, lasciando cadere la testa all’indietro con aria afflitta.
In quell’istante gli squillò il telefono. Dopo aver assunto un’espressione confusa passò il telefono a George.
«E’ per te. E’ un maschio.» sussurrò.
Il castano prese in mano il telefono e se lo mise all’orecchio con aria circospetta.
«Sì?» chiese imbarazzato.
«Ascoltami.», disse Laine. «Adesso ripeti: ciao Conor.»
«Ciao Conor.» ripeté George, non molto convinto.
«Bene, adesso allontanati da Josh e vai da qualche parte in cui puoi parlare senza che ti senta.»
George fece una faccia perplessa, ma obbedì sotto lo sguardo circospetto di Josh. Entrò nella cucina e si chiuse la porta alle spalle.
«Laine, la tua voce da maschio che hai fatto, cosa stai –»
«Zitto e non dire il mio nome.», la ragazza aveva acquisito il suo tono autoritario. «Devi portare Josh al parco davanti a casa di Hallie, lo aspetto di fronte al cancello verde, trova una scusa.» e riattaccò prima che il ragazzo potesse aggiungere una sola parola. Non gli aveva detto quando, ma George figurò che doveva agire subito. Tornò da Josh e gli disse che sarebbero usciti.
«Chi è Conor?», chiese il biondo, prendendo il suo inseparabile zaino azzurro. «E perché ti chiama sul mio cellulare?»
«Lunga storia.» chiuse lì la conversazione. Ultimamente George non era molto incline alle spiegazioni.
 
 

*

 
 
«Torniamo indietro.» esordì Josh, guardando un punto indefinito di fronte a sé.
«Non penso proprio.» rispose George, senza staccare gli occhi dal telefono, prendendo l’amico per la manica e trascinandolo con sé.
«C’è Laine.» sussurrò Josh.
«Proprio per quello non ce ne andiamo.» rispose l’altro, alzando finalmente lo sguardo.
La bionda era in piedi di fronte all’entrata del parco, appoggiata con eleganza al cancello verde. Ogni tanto alzava la testa per vedere se arrivava qualcuno, per poi riabbassarla verso i suoi piedi.
«Vai a parlarle.»
«Non ci penso proprio.» si rifiutò Josh.
«Senti, mi pareva di capire che volevi che facesse lei il primo passo, no? Quindi adesso che ha preso la situazione in mano cosa c’è che non va?»
«E’ che non saprei nemmeno cosa dirle. “Ehi, ciao, l’altra sera ho fatto il duro solo perché ero lievemente ubriaco e volevo riacquistare la mia mascolinità, però sono comunque arrabbiato con te”?»
George sospirò. «E’ lei che mi ha chiesto di farti venire qui. Se proprio non vuoi parlarle, ascolta quello che ha da dirti.»
«Non ti riconosco più, amico.», disse Josh. «Da quando fai questi ragionamenti? Non eri tu il primo a fregarsene?»
Il castano fece finta di non aver sentito. «Vai.» ribadì.
Josh sbuffò, ma poi si decise ad attraversare la strada e a raggiungere la ragazza, che intanto aveva alzato nuovamente lo sguardo.
George si girò, lasciandoli soli a parlare, e si ritrovò davanti a casa di Hallie. Istantaneamente gli vennero in mente tutte le cose positive che lei aveva fatto per lui, ma che non aveva mai ricambiato. Lo aveva perdonato senza che lui le chiedesse nemmeno scusa, aveva cercato di aiutarlo oltre i suoi limiti, senza ricevere nemmeno un grazie come risposta. Però sentiva che Hallie avesse capito che in realtà lui la pensava. Anche se non lo diceva, la ringraziava davvero molto, e magari un giorno gliel’avrebbe anche detto, ma intanto sapeva che Hallie aveva capito. Sorrise, grato di avere quella ragazza nella propria vita.
D’un tratto gli suonò il telefono e rispose senza nemmeno guardare la persona che telefonava.
«George?»  sentì una voce flebile, quasi sofferta.
«Sì?» rispose lui, allarmato.
«Ho bisogno di aiuto.» disse la persona dall’altro capo, prima di riattaccare la linea.
George guardò in fretta il destinatario della chiamata: JJ.



_____



Ciau mele!
SBABAM con questa conclusione, direi. Ditelo che vi ho sorpreso.
Allora, ho una bella notizia, una brutta e una media. Comincio con la media (che in realtà è supermegaipermirabolante) ovvero: TANTI AUGURI A GEORGEY E JOSHEY! Yay. Non è una notizia sconvolgente però gli auguri dovevo farli lo stesso (anche se un pochino in ritardo lol)
La brutta è che parto fino al 31 per andare in Germania cwc e non ho idea se avrò il wifi oppure no. Pregate in turco - o tedesco, è uguale - per me.
La bella è che alla fine di questa fan-fiction ne ho altre due in programma. La prima è una Missing Moments della coppia Jaine (Josh e Laine) e diciamo tutto quello che accade fra loro ma che non viene mai specificato in questa long. La seconda è - ahimè per voi Jcats - una long sui 5 Seconds Of Summer. Però prometto che ne ho altre in programma anche per questo fandom meraviglioso <3
Grazie mille ancora per essere delle lettrici fantastiche, le migliori che potessi desiderare. Fatemi saere i vostri pareri e raccontatemi un po' quello che vi pare :)
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Un bacio enorme,


Apple.





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«Io… non lo so. Ho paura.» ammise June.
«Ne abbiamo tutti.»

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


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(10)





«Avrei dovuto capirlo.» si incolpò George per la millesima volta.
«Non potevi…» disse Hallie, cercando di calmarlo.
Erano passate ormai due ore dall’ultima volta che avevano ricevuto notizie su JJ. Sapevano semplicemente che era andato in coma etilico, nient’altro. I medici avevano chiamato il primo numero che avevano trovato sul telefono di JJ, ovvero quello di George, ed erano accorsi tutti lì, compresi June e Jaymi.
«Certo che potevo.», sospirò lui. «Anzi, dovevo.»
Hallie si tirò su con la schiena, sbuffando. «Non ci voleva proprio.»
«Lo so.» rispose George.
La ragazza spostò lo sguardo sugli altri presenti. I genitori di JJ non sarebbero arrivati prima del mattino dopo, dato che erano partiti per un viaggio di lavoro quindi per ora c’erano solo loro a poter dare un po’ di forza al ragazzo che si trovava nella stanza di fronte. June era in lacrime, arrabbiata con JJ per il modo in cui si era ridotto, ma soprattutto triste perché non aveva potuto fermarlo prima di dover arrivare a quel punto, e anche perché si sentiva estremamente impotente. Josh era in uno stato di shock, e sedeva vicino a Laine, intento a fissare un punto sul pavimento, mentre la bionda gli accarezzava comprensiva una spalla. Erano arrivati insieme all’ospedale dopo essersi chiariti, e a quanto pare sembra che avranno un secondo appuntamento. Jaymi invece ha in mano il suo cellulare e sta probabilmente cercando su google i possibili effetti di un coma etilico.
Hallie si avvicinò a June, prendendole una mano fra le sue.
«June, ascoltami, andrà tutto bene. Adesso verrà un dottore a darci delle buone notizie.» disse, cercando di aiutarla.
June scosse la testa, singhiozzando. «E’ terribile… questa sensazione che ho addosso. Io non potrei vivere senza di lui, perché l’ha fatto?» chiese disperata, nascondendo il volto sulla spalla dell’amica. Continuò a singhiozzare e piangere mentre Hallie cercava di tirarle su il morale. Sapeva che un coma etilico era molto frequente come caso nell’ospedale di Bristol e i medici sicuramente sapevano cosa stavano facendo, ma quello che non sapeva era quanto fosse grave la situazione di JJ.
«Io… non lo so. Ho paura.» ammise June, asciugandosi le lacrime.
«Ne abbiamo tutti.», commentò Hallie, stringendole una mano. «So che persona fantastica sia, anche se gli ho parlato solo ieri sera, e so quanto i ragazzi siano legati a lui. Siamo tutti qui a fargli forza.»
“Noi due siamo qui a fargli forza, gli altri sono semplicemente fermi a fare nulla.” avrebbe voluto aggiungere Hallie. Gli altri ragazzi e Laine non avevano nemmeno detto una sola parola a June, che era quella che stava espellendo ogni liquido dal suo corpo, ma forse era solo lo shock. Stavano tutti in silenzio, seduti demoralizzatamene su quelle sedie verde menta in quei corridoi fin troppo bianchi davanti a una porta chiusa a chiave.
«Basta così.» disse Hallie alzandosi.
«Dove vai?» chiese piano June, tirando su con il naso.
«A cercare qualcuno che ci dia delle risposte.» concluse, cominciando a correre.
Hallie non ne poteva più di quella tensione che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Nessuno parlava, nonostante quella fosse una situazione in cui lo stare uniti sarebbe stata la cosa migliore. La ragazza corse al bancone d’informazioni che aveva scorso quando erano entrati nell’ospedale e guardò per qualche secondo la signora che vi sedeva dietro, scalpitando e aspettando di ricevere la sua attenzione.
«Posso aiutarla?» chiese l’altra, notando l’evidente l’impazienza della ragazza.
«Sì, grazie, vorrei sapere dove si trova e come sta Jamie Hamblett.» rispose Hallie, cercando di non scomporsi di un millimetro e miseramente fallendo.
«E’ una parente?»
«Sì, sono sua sorella.» rispose prontamente lei e con la massima serietà. Aveva calcolato che probabilmente alle undici di un martedì triste piovoso la signora non molto invogliata nel suo lavoro non le avrebbe chiesto alcun documento. Nel caso lo avesse fatto avrebbe detto che nella fretta aveva dimenticato la borsa a casa.
Per un momento credette che la signora non se la sarebbe bevuta, dato il suo sguardo indagatorio. Hallie aveva visto usare questa tecnica nei film, e non aveva alcun indizio se nella realtà questa scusa funzionasse o meno. Alla fine però la donna digitò il nome di JJ nel computer e le disse che l’avrebbe accompagnata da qualcuno che poteva dirle qualcosa.
La ragazza annuì, ringraziando mentalmente chiunque aveva inventato la scusa della sorella e seguì la signora attraverso dei corridoi completamente differenti da quelli da cui era arrivata. Possibile che avessero trasferito JJ in un altro reparto e loro non se ne fossero nemmeno accorti? A quanto pare era successo proprio così. Le due presero l’ascensore per il terzo piano e Hallie seguì la donna ancora per un paio di svolte prima di fermarsi davanti al banco informazioni di quel piano. Confabulò con una infermiera bionda, prima che quest’ultima raggiungesse Hallie.
«Salve, lei è la sorella di Jamie Hamblett?» chiese con fare cordiale – tutto il contrario dell’altra – mentre cominciavano a camminare. Teneva in mano alcuni fogli pinzati insieme e li armeggiava con molta destrezza. Fosse stata Hallie al suo posto li avrebbe già fatti tutti cadere.
«Sì, sì, sono io.» mentì la mora, sentendosi completamente in colpa. Si ricordò mentalmente di stare facendo questa scena per June e tutti gli altri che erano estremamente preoccupati.
«Benissimo. Allora Jamie sta ancora dormendo ma le sue condizioni sono stabili, era molto disidratato ma fortunatamente non uno dei nostri casi più gravi.»
Hallie annuì, facendo estremamente attenzione a ogni parola che la ragazza pronunciava, dovendo poi riferire tutto agli altri, e poi se necessario ai parenti.
«Gli abbiamo dato una dose di insulina per velocizzare il metabolismo e alcuni antibiotici per gli arrossamenti cutanei. La fase pericolosa dell’ipotermia è passata, ma ha ancora qualche disturbo respiratorio che però si può controllare grazie ai respiratori artificiali. Hai qualche domanda?»
«Questa situazione avrà delle ripercussioni permanenti nel suo futuro?» chiese Hallie, ricordandosi mentalmente le domande che sua madre – medico, naturalmente – si sarebbe fatta al suo posto.
L’infermiera la guardò stranita, come se non si aspettasse quel genere di domande, ma più qualcosa come “potrà uscire stasera?”
«No, non a lungo termine almeno.», rispose infine. «Ma dovrà sicuramente stare a risposo per almeno una settimana.»
«E posso vederlo?»
«Sì, anche se è sedato e non si sveglierà prima di domattina.» disse, aprendo una delle tante porte che davano sul corridoio.
Steso sul letto c’era JJ, dormiente. La sua faccia non sembrava affatto tesa o preoccupata, non aveva nemmeno una fasciatura, il che era un segno positivo. Per positivo si intende che questo era meglio che essere investito da una macchina.
«E potrà essere dimesso nel pomeriggio?» chiese Hallie, cercando di risultare il più professionale possibile. Non voleva sembrare né ingrata e nemmeno impaziente. Aveva solo bisogno di informazioni.
«Sì, anche se valuteremo la sua situazione nella mattinata.» rispose la bionda con uno strano tono, quasi sospettoso della domanda posta dalla ragazza. Si voltò per afferrare dei liquidi nei flaconi e inserirli con una siringa nelle sacche di flebo di JJ.
«Sono le soluzioni saline e il bicarbonato?» chiese Hallie, mentre scostava dei capelli dalla fronte di JJ.
«Sì… scusi, ma lei è un medico?»
«No, affatto, ho solo diciassette anni. Mia madre lo è.», rispose gentilmente Hallie. «Cioè nostra madre.» si corresse.
«Ah, strano che con una madre medico lui non sappia i rischi di un coma etilico.» commentò l’infermiera, controllando che a macchina respiratoria di JJ funzioni ancora.
«Già.», rispose Hallie, sospirando. «Tutti dovrebbero saperlo.»
La bionda annuì. «Comunque lo chiedevo perché credo che saresti un buon medico, davvero.», disse, cominciando a dare del tu a Hallie. «Ne ho viste poche calme come te qui in giro, soprattutto a quest’ora della notte e della tua età. Poi mi sembri già abbastanza preparata su come ci si comporti in situazioni del genere, e dato che il coma etilico è il nostro caso più frequente sarebbe perfetto.» scherzò lei.
Hallie rise. «Non vedo perché non dovrei stare calma, lei mi ha detto che è fuori pericolo, poi ha fatto tutto quello che mi ricordavo dovesse essere fatto per questa situazione… non vedo davvero il bisogno di agitarmi.» rispose la mora, lanciando un’occhiata al ragazzo che dormiva pacificamente sul letto. «In fondo ci pensano già i suoi amici a dare di matto, e poi anche JJ sembra stare più che bene, quindi adesso vado ad avvertirli. Grazie mille per tutto.»
«Figurati.», le rispose l’infermiera dalla stanza mentre Hallie stava uscendo. «E ricordati di quel che ti ho detto, saresti un buon medico!»
Hallie sorrise, ripercorrendo il percorso inverso che l’aveva portata alla camera di JJ. Aveva una discreta memoria e non fu difficile – seguendo le informazioni  sui muri – ritornare al pian terreno. Da lì le ci vollero solo un paio di svolte per arrivare ai suoi amici. Il suo volto rilassato sembrò calmare subito l’animo dei ragazzi. Non voleva sembrare menefreghista, ma non era nemmeno tanto preoccupata, quindi perché mai avrebbe dovuto allarmarli di qualcosa di infondato.
«JJ non è in questa camera.» disse come prima cosa, indicando la porta verde davanti alla quale sedevano.
«Dove sei stata?», sbraitò George. «Sei sparita per mezz’ora!»
«D’accordo, ma calmati. JJ è al terzo piano, l’ho visto facendo finta di essere sua sorella, e sta bene. Tutte le procedure sono andate alla grande e si sveglierà domani mattina.»
«Certo, e tu come fai a dirlo, sei un medico?» chiese stizzito George, che evidentemente non era contento della scappatina di Hallie che non aveva incluso nessun’altro.
Hallie non era maleducata, e nemmeno di malumore, pertanto cercò davvero molto di calmarlo. «No, ma mia madre lo è, e ha avuto molti casi come quello di JJ e so cosa si deve fare.»
«Ovviamente tu sai tutto.» ribatté piccato il ragazzo.
«Se sei così furbo allora perché non sei andato tu di sopra fingendoti suo fratello?» chiese Hallie, non arrabbiata, semplicemente con tono stanco.
George scosse la testa mentre June si avvicinò lievemente a Hallie.
«Starà bene?» chiese asciugandosi le lacrime.
«Sì, assolutamente sì. Hanno detto che domattina si sveglierà e se starà bene potrà già uscire da qui nel pomeriggio. Te l’ho detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi, starà benissimo, come nuovo.» rispose sorridendo Hallie. L’unica cosa che poteva fare era rassicurarli, e voleva farlo bene.
Josh, Jaymi e Laine annuirono, ascoltando in silenzio. Poi Laine si sedette nella sedia accanto a Hallie, opposta a  June. «Tuo padre ha chiamato dicendo che andava fuori a cena con la sua fidanzata e di non aspettarlo alzato, io gli ho detto che saresti rimasta da me a dormire. Ha detto che andava bene e di raggiungerlo domani per pranzo.»
«Va bene, grazie.», sorrise la mora, stringendo la mano di Laine. «Ragazzi, non vorrei smontarvi gli animi, ma non potrete vedere JJ fino a domani, quindi io proporrei di andare a casa. Qui non concludiamo nulla comunque.»
«E lasciare JJ da solo quando si sveglia? No grazie.» commentò George.
«Come preferisci.» rispose Hallie alzandosi. Non aveva voglia di ribattere ed era veramente tardi, forse era solo la stanchezza a fare dire quelle cose a George. Dopotutto quel ragazzo era davvero molto lunatico, quindi non si sarebbe mai potuto dire cosa gli stesse passando per la testa.
«Laine andiamo a casa tua?» chiese Hallie.
La bionda annuì, sbadigliando e stampando un bacio sulla guancia di Josh, che cercò di non arrossire. June rimase un attimo interdetta.
«June, hanno chiamato genitori che arriveranno alle sei domattina, quindi fra sole sei ore, e probabilmente JJ starà ancora dormendo. Non sei di aiuto a nessuno se stai qui, anzi, nuoci alla tua salute perché domani dovremmo andare a scuola se vogliamo che la Bellwood non chiami casa.»
Hallie non voleva fare l’insensibile, semplicemente non vedeva il bisogno di tutto questo allarme generale. D’accordo che lei non conosceva molto bene JJ e non poteva giudicare da un punto di vista sentimentale, ma onestamente non voleva nemmeno vedere June così abbattuta da passare una notte sulla sedia in un ospedale.
«June, starà bene, mentre tu non starai bene se stai qui seduta.», disse Laine, appoggiando la scelta di Hallie. «Devi riposarti. Domani è mercoledì e finiamo il lavoro a scuola a mezzogiorno, dopodiché ti prometto che noi due ti accompagneremo qui.»
Quest’ultima affermazione sembrò convincere finalmente June, che afferrò la mano di Hallie e si alzò.
«Voi ragazzi cosa fate?» chiese la mora, senza scomporsi.
«Io non ho nulla da fare, rimango qua.», rispose Jaymi, accomodandosi meglio sulla sua sedia. «Domani vi dispiacerebbe chiamarmi all’una? Ho un appuntamento con mia madre alle due e ci vado se JJ non si è ancora svegliato.»
Hallie annuì, avvicinandosi a lui. «La stanza è la 301, al terzo piano, vedi se riesci a entrare o sederti nella sala d’attesa di quel piano.» disse sorridendo.
Jaymi la ringraziò, mentre Josh si alzò. «Penso di andarmene anche io. Domani devo andare a scuola.» rispose allo sguardo inceneritore di George.
«Buona notte anche a voi.» rispose quest’ultimo con una smorfia.
«Notte.» risposero Josh e Laine. June era troppo lontana per sentire anche una singola parola.
«Vai a dormire.» gli rispose Hallie, allontanandosi.
 
 

*

 
 
George non era venuto quella mattina a scuola, ma Josh aveva detto a Hallie di non preoccuparsi perché probabilmente a casa del ragazzo non c’era nessuno per poter rispondere alla telefonata della Bellwood e dato che gli archivi elettronici erano andati persi non avevano il numero di telefono di genitori.
Erano usciti a mezzogiorno come previsto e Josh si era preso l’incarico di telefonare a Jaymi all’una, come aveva chiesto la sera prima.
Hallie si diresse frettolosamente verso casa, curiosa di sapere come mai suo padre volesse pranzare con lei. Prima di tutto suo padre non era mai a casa per pranzo, seconda cosa non si ricordava l’ultima volta in cui lei e suo padre avessero avuto una vera e propria conversazione. Con questi pensieri Hallie aprì la porta di casa, trovandosi davanti un trafelato padre.
«Ciao papà.» disse lei, facendogli distogliere l’attenzione da alcuni quadri che stava appendendo.
«Ciao Hal.» rispose il padre, prendendo un dipinto ed esaminandone i particolari.
«Allora, come mai a casa così presto?» 
Il papà di Hallie prese un sospiro, posando un quadro e guardando la ragazza.
«Beh, vedi, ultimamente non sono stato molto a casa…», cominciò, grattandosi una tempia. «E, insomma, pensavo sarebbe stata ora di presentarti Kelly.»
«Oh.» disse semplicemente Hallie.
Kelly era la ragazza di suo padre da più di un anno ormai, ma stranamente non l’aveva mai incrociata. Inizialmente pensava che suo padre se la fosse inventata, ma poi aveva visto alcune foto dal suo telefono e allora aveva cominciato a credere che esistesse effettivamente una Kelly in carne e ossa. In quel momento non voleva mandare tutto in aria, quindi si affrettò ad aggiungere un «D’accordo.»
«Abbiamo una prenotazione al ristorante per le due. Preparati che andiamo.»
«Papà è solo mezzogiorno e mezza.» commentò Hallie, sorpassandolo e andando al piano di sopra in camera sua.
«Sì, tu pensa a vestirti bene.»
 
 

*

 
 
«Papà smettila di mangiare il pane.» lo rimproverò Hallie. Di solito era compito del padre distoglierla da quel vizio fastidioso che aveva prima di mangiare al ristorante, ma in quel momento il papà di Hallie non sembrava nemmeno più lui stesso.
«Tutto okay?» chiese casualmente Hallie.
«Sì.», rispose lui. «Anche se non ti ho detto una cosa.»
«Cioè?» chiese Hallie curiosa. Sperava davvero molto che non fosse che i due si sarebbero sposati. Non potevano farsi bastare il rapporto che avevano?
«Kelly ha un figlio.»
Hallie per poco non sputò l’acqua che stava bevendo.
«Cosa?!» esclamò lei.
«E’ tutto okay. Non devi diventare la sua migliore amica, niente del genere. Verrà anche lui oggi e vi incontrerete.»
«Oh maria santa.» commentò Hallie. Ci mancava solo il figlio di Kelly. Un marmocchio a cui badare.
«Ha poco più della tua età, non ha tre anni.» disse il padre, leggendo nei pensieri della figlia. Quest’ultima sbuffò sonoramente.
«Eccoli.» disse lui, indicando un punto della sala dove una donna e un ragazzo moro stavano appendendo i loro cappotti – nonostante fosse giugno – e dove il padre si stava recando.
«Paul!» sentì un voce squittente. Non poteva che essere Kelly.
Il papà di Hallie li abbracciò entrambi prima di scortarli al tavolo. Solo quando furono più vicini la ragazza si rese conto di conoscere il ragazzo.
«Jaymi?!» esclamò incredula.
«Hallie? Sei la figlia di Paul?» chiese di rimando lui, senza parole.
«Vi conoscete?» fecero in coro gli altri due.
«Oh certo.», intervenne Jaymi. «Esce con il mio migliore amico.»



_____



Ciauu melee!
Che bello ritrovarvi tutti qui riuniti (mi sento un prete), vi mando un salutone dalla bellissima Germania (adesso piove).
Come vedete la storia di JJ non è poi così grave come sembra e verrà approfondita nel prossimo capitolo. Volevo mandare un piccolo messaggio con questo episodio: non bevete fino a quel punto, siate furbi. Inotre - #funfact - mia madre è davvero un medico e quelle cose le so davvero a memoria. Sì, sono strana, ma almeno so cosa fare in caso di troppo alcool. 
Mi sto mettendo all'opera con altre fan fiction (non solo mie) perchè molte persone (3 .__.) mi hanno chiesto di collaborare con loro e naturalmente ho accettato perchè un aiuto non si nega mai. Vado a rispondere alle vostre meravigliose recnsioni :)
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«Cosa succede?» chiese allarmata Hallie, tastando le pareti intorno a sé.
«Quello che succede sempre quando ci sono i temporali a Bristol.»

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


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(11)






«Scherzi?» chiese per l’ennesima vota Laine, aprendo il suo ombrello prima di uscire dal pullman.
«No, affatto. Credimi, è stato uno shock anche per me sapere che mio padre sta con la madre di un ragazzo che conosco.»
June rise. «E’ destino che quei tizi ci siano sempre in mezzo ai piedi.»
«Già.», annuì Laine. «A proposito di tizi, come sta JJ?»
«Oh, meglio del previsto. Tornato come nuovo a saltare peggio di una cavalletta.»
«Te l’avevo detto.», commentò Hallie, saltando una pozzanghera piuttosto profonda. «Tu gli hai detto che deve riposarsi, vero? O credi che dovremmo avere un consulto di uno psicologo?»
«Ci ho pensato anch’io a quella soluzione, ma per ora ho buttato via ogni traccia d’alcool da casa sua, e sono sicura che non uscirà a comprarne dell’altro dato questo tempo schifoso.» rispose June.
Effettivamente aveva ragione. Nonostante fosse giungo inoltrato, questo temporale era uno dei peggiori che si fossero mai visti a Bristol, e le ragazze erano praticamente le uniche coraggiose che si inoltravano per le strade della città.
«Se non dovessi andare a scuola resterei a casa tutto il giorno o andrei ai tropici per una bella vacanza.» disse Laine, stringendosi nell’impermeabile giallo quanto i suoi capelli.
«A chi lo dici!», gridò l’amica mora, saltando un’altra pozzanghera e proteggendosi con una mano gli occhi dalle grandi gocce di pioggia. «Di solito mi piace la pioggia, ma adesso stiamo esagerando.»
Cercando di bagnarsi il meno possibile le tre riuscirono ad arrivare a scuola giusto il tempo per sentire la campanella suonare insieme a qualche altro tuono. Hallie rabbrividì, aveva sempre avuto paura dei suoni troppo forti.
«Ci vediamo dopo.» le disse June, stringendole velocemente la mano, prima di lasciarla correre giù per le scale verso la palestra. Aveva sentito dire che in caso di allagamento tutti si sarebbero dovuti dirigere in palestra, quindi era parecchio rasserenata dal poter partire avvantaggiata. Entrò nell’ampio spazio e subito un odore pungente di vernice le pervase le narici. Starnutì un paio di volte prima di arrivare alla sua postazione.
«Salute.» disse George, che era proprio lì di fianco a lei.
«Grazie.» rispose atona Hallie. Non si erano parlati dal giorno in cui lui si era comportato come una ragazza in fase premestruale e Hallie non aveva ancora ben capito da che lato doveva essere preso quel ragazzo per non essere trattata come uno straccio.
«Figurati.»
«Ti è passato il broncio?» chiese lei. C’era già il temporale a metterla di malumore, sperava davvero di non dover affrontare anche il caratteraccio di George. “Andiamo, sorridi, sorridi, sorridi.” pregò mentalmente la ragazza.
George sorrise e Hallie ebbe un sussulto interiore. «A quanto pare.» rispose lui.
«Oh, bene. Allora pensi di potermi dare notizie su JJ e su Laine e Josh oppure no?»
Il ragazzo rise, buttando la testa all’indietro. Era davvero di buonumore. «Su, non parlarmi come se fossi una tigre che è calma solo quando ha la pancia piena.»
Hallie non capì a fondo quella comparazione ma gli fece cenno di rispondere alla propria domanda.
«Beh, JJ sta alla grande, nulla di grave, avevi ragione tu.»
Per poco la ragazza non si strozzò con la propria saliva, le stava dando ragione, ma che giornata era mai quella?
«E Josh e Laine usciranno insieme sabato, a quanto pare la tua amica è riuscita a convincerlo.»
«Non mi sorprende per niente. Se Laine vuole una cosa, la ottiene.» aggiunse Hallie
«Sì, ma Josh non è una cosa.»
La ragazza fece spallucce, in fondo non erano affari suoi. «Senti, mi accompagni a prendere la roba così ci mettiamo a verniciare qui?»
«Okay.» rispose George, seguendo la ragazza fuori dalla palestra, verso lo spogliatoio femminile dove erano riposti tutti gli utensili. Hallie accese la luce, dato che non penetrava molta luce dalla finestra, sia perché fuori il tempo era letteralmente nero, sia perché era una finestra talmente piccola che non sarebbe dovuta nemmeno essere chiamata tale. I grossi secchi di vernice e i camici sparsi un po’ ovunque lasciavano solo un piccolo angolo vicino alla porta per muoversi liberamente. Hallie stava raccogliendo un camice da terra, per non calpestarlo, quando le luci si spensero all’improvviso.
«Cos’è successo?» chiese allarmata Hallie, tastando le pareti intorno a sé.
«Quello che succede sempre quando ci sono i temporali.», rispose George, aprendo la porta e uscendo da quello spogliatoio. «E’ solo un blackout.»
Hallie deglutì rumorosamente. “Solo un blackout” si ripeté. Non aveva paura, lei non aveva paura di niente, ma onestamente rimanere a scuola senza la luce con un temporale simile fuori non era sulla sua lista dei desideri.
I due tornarono velocemente in palestra per vedere Callie Davis e Chloe Wolf – che tra l’altro erano due delle listiate di George – che prendevano in mano la situazione, raggruppando e contando tutti i presenti. George scorse Josh nel gruppetto e lo raggiunse a passo svelto.
«Potrebbe essere lei.», disse il moro all’amico, indicando con la testa Chloe. «Mi ricordo che era decisa.»
«Chi era decisa?» li interruppe Hallie, che lo aveva seguito.
«Una ragazza.», la liquidò George, per poi tornare a rivolgersi a Josh. «Me la ricordo decisa.»
«D’accordo, sono contento che tu ti sia ricordato qualcosa, ma possiamo riparlarne dopo?» chiese Josh, evidentemente a disagio con la situazione del buio.
In realtà non era proprio buissimo, poiché una luce fioca azzurra e grigia filtrava dalle grosse porta-finestre che davano sul cortile della scuola.
«Chi era decisa?» chiese nuovamente Hallie, a bassa voce.
«Una delle tredici ragazze della lista, che adesso sono undici.» rispose George, senza dare troppi dettagli, ma facendo innervosire Hallie. Quest’ultima annuì, riportando l’attenzione su Chloe, che cercava disperatamente di calmare il gruppo di adolescenti.
«Ma cos’è questa storia della fidanzata di tuo padre che è la madre di Jaymi?» chiese lui, cambiando argomento. A quanto pare le notizie viaggiavano in fretta.
«E’ una storia interessante. Si chiama la storia di come la fidanzata di mio padre sia anche la madre di Jaymi.»
George voleva giocare? Sicuramente aveva trovato pane per i suoi denti.
 
 

*

 
 
«In che senso “non ci fanno uscire”?», chiese allarmata Laine. «Io ho paura del buio.»
«E da quando?» chiese ridacchiando Hallie.
«Da quando siamo bloccate a scuola  al buio perché non ci fanno uscire!» esclamò sul punto di una crisi di nervi la bionda, che si era aggrappata un po’ troppo forte al braccio di June, la quale sopportava silenziosamente.
Hallie rise. Non voleva prendere in giro la sua amica, ma da quando aveva conosciuto Josh era diventata molto più sensibile e questo la faceva ridere costantemente.
«Hal, non sto scherzando, perché non ci fanno uscire?»
«Beh, se tu vuoi tornare a casa con questo tempo, fai pure.» rispose la mora, indicando una finestra vicino a sé. La tempesta si stava trasformando in una vera e propria tempesta. Capitava abbastanza di rado che il tempo fosse così brutto, ma dal meteo inglese ci si poteva aspettare proprio di tutto. Hallie non la vedeva poi come una grande cosa, in fondo le era già capitato alle elementari un’esperienza del genere, lo aveva già vissuto e piuttosto che andare a casa preferiva stare a scuola con i suoi compagni, non lavorando nemmeno.
Laine sbuffò. «Sì, ma non c’è nemmeno la corrente.»
«Sono sicura che l’abbiano tolta per ragioni di sicurezza.» rispose calma Hallie.
June si guardò intorno poco convinta. «Ragazze, perché ho l’impressione che siamo le uniche calme?»
Anche le altre due si voltarono, per vedere una scena a dir poco drammatica: ragazze – e anche alcuni ragazzi - in lacrime, qualche baldo giovane che cercava di consolare al meglio una ragazza con tanto di telefonate degne da superstiti ai propri genitori.
«Che esagerati.», commentò Hallie. «Io ho scritto un messaggio ai miei e loro mi hanno risposto con ‘Okay’.»
«Hallie, allora perché Jaymi mi ha appena scritto che tuo padre è in pensiero per te?» chiese June.
«Ah, questa è una storia interessante. Quando abbiamo fatto per la prima volta ‘il pranzo di famiglia’ la prima cosa che Jaymi sputa fuori è che io e George usciamo insieme. Non so se si fosse bevuto il cervello o cosa, fatto sta che adesso mio padre pensa di essere stato troppo assente e di non sapere nulla sulla mia vita. Con me continua a comportarsi normalmente ma segretamente penso abbia ingaggiato Jaymi per farmi da spia personale.» rispose lei, sbuffando sonoramente.
Questa volta fu Laine a ridere. «Hallie e George? Ma se lui è lunatico come una donna incinta!»
«Lo so! Per carità, è carino, ma non ha un carattere esattamente ‘semplice’.»
«Se usciste insieme però potremmo fare la grande famiglia, Laine e Josh, io e JJ, tu e George, non sarebbe male.» si intromise June.
«Mi dispiace Ju, ma dovrai abbandonare le tue speranze di grande famiglia felice.» commentò Hallie.
June si finse dispiaciuta, aggiungendo poi. «D’accordo, allora dico solo a Jaymi che stai benissimo.»
Hallie annuì, riportando lo sguardo sulla folla. L’unica che sembrava calma e pacata era Chloe Wolf, la sua compagna di laboratorio nella palestra. Si avvicinò a lei, dicendo alle sue amiche che sarebbe tornata subito da loro.
«Ciao, mi chiamo Hallie, sai per caso –»
«Oh mio dio, mi ha baciata!», strillò questa, rompendo la sua facciata tranquilla. «Eravamo lì, da soli e… oddio ho sempre desiderato che qualcosa di così inaspettato mi capitasse durante una situazione del genere.»
«Io non capisco…», farfugliò Hallie. «Io e te non ci conosciamo…»
«Sì, ma tu conosci il ragazzo che mi ha baciata, vi ho visti parlare.» disse eccitata Chloe.
«Come? Non… non capisco.»
«George, George, ecco come si chiama! Mi ha baciata e poi è scappato via, mamma mia, è stato così coinvolgente!» continuò Chloe, sorridendo e saltellando.
Hallie non capiva più nulla. Era andata da lei a chiederle delle informazioni, dal momento che era una responsabile, e Chloe aveva riversato addosso a Hallie la confessione che George l’aveva baciata solo perché aveva visto i due parlare insieme.
«Va bene.», riuscì a dire Hallie alla fine, schiarendosi la mente per un secondo. «Mi potresti solo dire cosa dovremmo fare con il blackout?»
Chloe sembrò ricomporsi. Si tirò indietro i lunghi capelli e prese un bel respiro. «Dato che nella scuola non c’è nessuno che possa prendere le decisioni, né bidelli né la Bellwood, per ora siamo in carico io e gli altri quattro responsabili dei gruppi.»
«Come mai non c'è la Bellwood?» chiese Hallie, abbassando il tono di voce.
«Non ne ho idea.», sospirò Chloe. «Si pensa che abbia avuto una riunione fuori città, ma dato che non ci sono nemmeno i bidelli oggi, in tutta onestà ti dico che secondo me se ne sono rimasti tutti a casa.»
«E chi ha detto che non potevamo uscire dalla scuola allora?»
«Il sindaco ha gentilmente suggerito di non uscire di casa, quindi se io ti facessi uscire da quella porta e tu per qualunque ragione non ce la facessi fino a casa, finirei nel carcere minorile. Puoi intuire perché dico in giro che la Bellwood l’ha ordinato, inoltre, incute molta più paura lei di qualunque altra persona.»
«Già.» commentò Hallie, sbirciando i fogli che teneva in mano Chloe.
«Oh, solo il registro delle presenze.» le disse la ragazza, intercettando lo sguardo di Hallie.
«E quindi cosa pensate di fare ‘voi responsabili’?» chiese con una leggerissima nota d’ironia la mora, che però non venne percepita da Chloe.
«Oh, credo che manderemo qualcuno nella cantina a ristabilire la corrente, perché se non riattiviamo il sistema elettrico, le pale di emergenza per far uscire l’acqua dall’edificio non funzionano, e questo potrebbe causare l’allagamento della scuola.»
«Ma questa cosa non ha senso.», commentò Hallie. «Se c’è un allagamento, è probabile che l’acqua faccia saltare il sistema elettrico, quindi non vedrei il senso di creare un sistema d’emergenza collegato fra i due. E’ pericolosissimo.»
«Vallo a spiegare a quelli che hanno costruito la scuola.», rispose Chloe. «Comunque, dato che sai tutte queste cose e non ho voglia e tempo di mettere al corrente altra gente perché lo faccia, potresti andare tu a riattivare la corrente?»
«E rischiare di morire soffocata o folgorata? No grazie, aspetto gli esperti.»
«Gli ‘esperti’ non arriveranno perché non abbiamo campo telefonico da circa due minuti.», rispose controllando il suo orologio da polso. «Hallie, è più rave di quanto tu creda.»
«E’ proprio per questo che eviterei di andare da sola di sotto a fare qualcosa che non sono capace!» esclamò Hallie, cercando di non alzare troppo la voce.
Si era per caso ritrovata nel film di James Bond? Perché non avrebbe sicuramente fatto l’eroina della situazione. Tutta quella situazione era sbagliata, perdere i registri elettronici era sbagliato, andare a scuola d’estate era sbagliato, lasciare degli adolescenti incustoditi durante un temporale era sbagliato. Hallie avrebbe solo voluto buttarsi a terra e chiedersi il perché di tutta quella situazione assurda. Di solito un episodio assurdo all’anno, forse ogni due, era più che abbastanza, ma lì in un solo mese ne poteva già contare diversi. Le venne in mente il primo vero episodio, quello scatenante, la sera in cui era uscita con Laine e aveva baciato il ‘ragazzo cattivo’. Forse quella era una punizione divina per essere uscita quella sera. Cos’avrebbe fatto lui in quella situazione? Avrebbe affrontato spavaldo l’acqua della cantina per salvare la scuola – che probabilmente odiava – oppure avrebbe sperato nel meglio e aspettato che qualcuno venisse a portarlo fuori da lì?
A distogliere Hallie dai suoi pensieri ci pensò una gran tuono, accompagnato da un fulmine di colore violaceo.
«Senti, ci andrei io, ma ho un sacco di cose da fare, pratiche da eseguire e gente da avvertire. Non è pericoloso, tu non sarai a contatto con le corrente direttamente. Per favore, guardati in giro, non posso mandare nessun’altro.»
Un bel respiro. Adesso due. Dentro, fuori, dentro, fuori. Ricordò di quando le dicevano che era importante aiutare le persone in ogni modo possibile.
«Dimmi.»



_____


Ehilà mele,
come state? Io sono molto combattuta, da un lato i ragazzi si sono creati i profili personali e sono contentissima perchè ci sono più possibilità di farsi seguire (egoismo al massimo ahaha) e dall'altro sono molto molto molto triste perchè George si è messo con Jesy delle Little Mix. Ora, so che sono "solo" stati visti baciarsi e non ci sia nulla di sicuro, e che non dovrebbe importarmi della loro vita sentimentale eccetera, ma............. LE LITTLE MIX? Per dio, ce ne sono mille là fuori, e lui si va a prendere quella......... Okay, ho chiuso con lo sfogo. Basta, torniamo alla storia.
1) Siete splendide magnifiche, scintillanti. Le vostre recensioni mi fammo piangere per quanto siano belle e scritte con il cuore. Ringrazio ogni singola di voi per aver messo questa storia fra le seguite-preferite-ecc. I love you all so much <3
2) Uuuhh la storia si fa interessante fra George e Hallie, mentre i Jaine si stanno ricostruendo lentamente. Vi anticipo che sarà MOLTO interessante.
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«Cosa ci fai qui?» sibilò Hallie, facendosi strada a tentoni.
«Scappo da una psicopatica.»

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


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(
12)





Non doveva essere poi così tanto difficile. Scendi le scale, entra nella stanza, trova l’interruttore, attivalo e torna indietro. Veloce e indolore, rapido e senza paura. Chloe l’aveva rassicurata più volte sul fatto che non ci fossero rischi e l’aveva anche pregata di farle questo favore, dato che lei aveva altre cose per la testa.
Per altre cose intendeva forse ‘George Shelley”? Probabilmente la risposta sarebbe stata affermativa, ma non le sembrava il caso di discutere in un momento delicato come quello. Hallie aveva salutato brevemente le sue amiche, accennando al fatto che doveva aiutare Chloe in un certo affare, e ci avrebbe messo un po’. Non era nemmeno sicura che a loro gliene importasse qualcosa di dove andasse lei in realtà, ma prevenire era sempre meglio che curare una di quelle crisi di panico che solo Laine sapeva mettere in atto.
Hallie aveva silenziosamente preso le scale opposte a quelle in cui erano seduti gli altri ragazzi ed era scesa, seguendo la scia d’acqua che si andava pian piano allargando. La ragazza cercava con tutta se stessa di autoconvincersi di non avere paura e che ogni passo che muoveva era uno più vicino al porre fine al panico degli altri. Ma mano a mano che scendeva, il buio si faceva sempre più sentire intorno a lei, così come l’acqua gelida cominciava a infiltrarsi nei suoi stivaletti neri e lei non poteva fare a meno di pentirsi della scelta troppo istintiva che aveva fatto.
«Questa me la segno. Chloe non mi sta nemmeno simpatica.» sussurrò a se stessa, mentre sguazzava letteralmente in un unico tappeto d’acqua che sperava la conducesse al piccolo ripostiglio a cui le aveva accennato Chloe. “Non ti puoi sbagliare. E’ una porta blu con un grosso segnale giallo che avverte il pericolo.”
‘Il pericolo’. Quindi esisteva il pericolo che non sarebbe più tornata indietro. Rabbrividì al solo pensiero. No, certo che no, Chloe non l’avrebbe mai lasciata andare giù sapendo che poi poteva finire lei stessa nei guai per non aver rispettato delle norme di sicurezza.
Era quasi sicura di aver trovato la porta giusta, quando sentì un inconfondibile rumore di passi. Ormai il buio era più che profondo, e l’acqua le arrivava alle caviglie, quindi forse non era esattamente il momento perfetto per una qualsiasi distrazione.
«Chloe?» provò a chiamare Hallie, sperando che l’altra avesse finalmente deciso di andarle a dare una mano.
Non sentendo una risposta, Hallie cominciò a tremare lievemente. Poteva dimostrarsi senza paura quanto volesse, ma in quel caso avrebbe sfidato chiunque a rimanere impassibile. Sapeva che aveva sentito dei passi, sperò solo vivamente che fosse l’eco dei suoi.
«Laine? June?» chiamò di nuovo, incrociando le dita, sperando di ricevere una risposta.
Quando questa non arrivò, Hallie prese un respiro profondo. Ormai era lì, tanto valeva portare a termine il compito e scappare il più in fretta che poteva da quel posto. Strizzò gli occhi, cercando di identificare se sulla porta di fronte ci fosse un cartello giallo. Non fu difficile trovarlo, dato che era piuttosto grosso. Senza fatica aprì la porta, trovandosi in una stanza tanto piccola quanto piena. Era pieno di interruttori, e in basso c’era anche uno degli impianti che avrebbero dovuto far filtrare l’acqua fuori dalla scuola, ma che non avrebbe funzionato senza la corrente. Hallie provò a muovere i piedi, ma il pavimento era ricoperto di fili, e poteva rischiare di inciampare a ogni passo.
Proprio in quel momento, li sentì di nuovo, e questa volta poteva giurare che non fossero i suoi di passi. Si congelò sul posto, cercando di non muovere nemmeno un muscolo. Si schiacciò il più possibile contro una parete lontano dalla porta, sperando di passare inosservata a qualunque persona che entrasse in quella stanza. Smise perfino di respirare. Aveva la faccia incollata alla parete, quindi quando sentì dei passi avvicinarsi potè solo pregare che fosse qualche tecnico venuto a riparare il sistema.
«Ti si vede benissimo.» disse una voce maschile, quasi ridendo.
Hallie tirò un sospiro  di sollievo forse un po’ troppo pesante.
«Cosa ci fai qui?» sibilò Hallie, facendosi strada a tentoni per tornare indietro.
«Scappo da una psicopatica.», rispose George. «Sai, si chiama Chloe.»
«Già, la numero undici, gran bella scelta.» commentò la ragazza.
«Sì, ma non è lei quella giusta.» rispose lui, non cogliendo la nota d’ironia nella voce di Hallie.
«Quanto mi interesserebbe in questo momento stare ad ascoltarti, ma starei cercando di riattivare la corrente.»
«Intendi alzare quelle levette che ci sono lì?» chiese lui con fare ingenuo, indicando una scatola di plastica attaccata al muro a pochi centimetri da loro. Era talmente buio che Hallie la riusciva a vedere a malapena.
«Non esistono delle torce?» chiese indispettita Hallie, aprendo la scatola ma non riuscendo a leggere le etichette sopra le piccole leve blu.
«Forse è solo perché sei cieca come un topo.» scherzò George, non muovendosi dallo stipite della porta dello sgabuzzino.
«Adesso basta.» disse Hallie duramente, alzando lo sguardo. «O mi dici cosa ti succede oppure hai chiuso con me e il patto che abbiamo fatto.»
«Come cosa mi succede?»
«Sai essere antipatico come pochi un secondo, e la persona più gentile del mondo nell’altro. Cosa non va in te? Cosa ti turba?» chiese alzando leggermente il tono di voce.
«Non so a cosa ti riferisci. Adesso comunque sono leggermente urtato perché c’è una psicopatica che mi insegue.»
«Credo che dovrai farci l’abitudine se continui ad andare in giro a baciare ragazze a caso.»
«Pensavo fossi dalla mia parte in questa storia.» disse George, tornando serio.
«Quale storia, George? Quale?», esclamò Hallie, cominciando a innervosirsi. Erano in piedi in una pozza d’acqua e al buio più completo e lui riusciva comunque a risultare irritante. «Non me l’hai mai spiegata questa storia. E poi cosa sei venuto a fare qui da me se non mi aiuti nemmeno?»
Hallie cominciò a respirare affannosamente. Non un attacco di panico, non lì, non adesso, doveva solo respirare, l’aria dentro, fuori, dentro e fuori.
«Mi avevi detto che non avresti fatto domande…»
«D’accordo, senti, se tanto non concludiamo nulla puoi anche tornare di sopra.», aggiunse Hallie, passandosi una mano sulla fronte sudata. «Qua me la caverò da sola in qualche modo.»
«Ti aiuto.» si offrì George, forse pentito del suo comportamento stupido e immaturo, ma Hallie quella volta aveva davvero perso la pazienza.
«No, no, grazie.», rispose scuotendo la testa e mordendosi le labbra. «Vai solo via.»
Il ragazzo non l’ascoltò e andò vicino a lei, scavalcando qualche cavo, cercando di aiutarla a capire quale leve avrebbe dovuto attivare.
«George, no, non ho bisogno del tuo aiuto. Non sei nemmeno mio amico.»
Hallie si stupì della freddezza con cui aveva sibilato quelle parole. Lei non era mai stata una ragazza che si legava le cose al dito o le rinfacciava, o che non perdonava facilmente, ma c’era qualcosa in George che faceva sì che tutto in lei fosse diverso. Dal modo di pensare al modo di agire, e quando lui le posò una mano sopra la sua si sentì vicina alle lacrime. Forse per lo stress dell’intera situazione, o forse solo perché non riusciva più a stare al passo con gli balzi d’umore del ragazzo.
«E’ così difficile da capire? Vai via, noi non siamo amici, non mi interessa dei tuoi problemi, vai a chiedere a Josh qualunque cosa tu voglia, lasciami stare.»
George non riusciva nemmeno a parlare, si sentiva dispiaciuto e mortificato ma allo stesso tempo sapeva che se se ne fosse andato avrebbe perso una persona speciale come la ragazza che aveva di fronte. Non riusciva a capire cosa fosse di Hallie che lo continuava a far ritornare a lei per ogni futile motivo. Sicuramente la sua gentilezza e il suo spirito di sopportazione anche nei momenti come quelli – in cui perfino George arrivava a odiarsi – erano dei grandi pregi che il ragazzo le rendeva merito.
«Io pensavo che fossimo amici…» cominciò George.
«Oh davvero? E quando lo pensavi? Quando mi hai dato buca alla piazza? Quando non sei mai stato completamente sincero con me? Quando non mi hai nemmeno chiesto scusa e hai fatto finta di nulla?», esclamò Hallie, alterandosi leggermente. Anche se erano al buio George poteva immaginarsi la sua faccia innervosita perfettamente. Perché Hallie era così, non si arrabbiava, ma ti pestava a parole. Stavano a pochi centimetri l’uno dall’altra, a causa dello spazio, e accanto avevano quella dannata scatola di plastica che dovevano cercare di decifrare. «O forse quando mi hai trattato male all’ospedale? O forse ogni giorno, ancora e ancora. Perché tu pensi di pensi di potertela scampare, sempre, ma spero davvero che tu un giorno o l’altro tu sbatta la testa davvero forte perché se continui così non –» e arrivò come un fulmine a ciel sereno. O forse vista l’occasione sarebbe stato più corretto dire ‘come un lampo nella tempesta’. Il bacio che George aveva sulle labbra di Hallie per qualche secondo era proprio questo. Non fu un bacio carico di emozioni, e Hallie si ritrovò appiccicata contro il muro dalla sorpresa, ammorbidendo le labbra solo leggermente. Durò un paio di secondi, un niente, il tempo di togliere il fiato a Hallie e far realizzare a George che quello era un bacio di gran lunga migliore degli ultimi tre che aveva dato.
«Perché l’hai fatto?» chiese Hallie, la prima a parlare.
«Non lo so.» rispose, sincero. Era vero, non lo sapeva, non riusciva a spiegarsi il motivo per cui aveva voluto baciarla.
Hallie accese con un colpo secco tutte le luci, superando il ragazzo e correndo letteralmente fuori dalla stanza. Rischiò di inciampare un paio di volte e correndo l’acqua schizzava da tutte le parti, ma grazie al fatto che le luci erano accese ci mise molto meno a trovare le scale e scattare al piano di sopra.
«Hallie, grazie per aver acceso le luci!» le gridò Chloe, mentre la mora e passava accanto correndo, senza degnarla di uno sguardo. Probabilmente aveva pensato che Hallie avesse visto un fantasma giù in cantina, ma il panico che attraversava il corpo della ragazza si poteva facilmente paragonare a quello di quando si vede un fantasma. Non sapeva nemmeno cosa stesse facendo, ma di una cosa era sicura: voleva andare il più possibile lontana da George. Quella creatura le aveva incasinato la vita più di quanto già non lo fosse e in quel momento stava solo peggiorando le cose.
Si fiondò in palestra, il posto che le risultava più lontano dall’atrio principale. Cominciò ad andare nervosamente su e giù per il lato orizzontale del campetto verde, mangiandosi nervosamente un’unghia.
Perché le persone avevano sempre bisogno di esagerare? Tutto quello che Hallie voleva era un ‘mi dispiace’, non una seduta di ‘spalmiamo-le-mie-labbra-contro-le-tue’. L’aveva stupita, questo di sicuro. Quale persona non si sarebbe stupita se in una situazione come quella, l’unica persona che vorresti a kilometri di distanza è fisicamente la più vicina del mondo? Non poteva dire che fosse stato tremendo e devastante, però non ne capiva il vero motivo. La ragione perché – normalmente – si bacia una persona, è perché quel qualcuno ti piace, o almeno, hai un qualche interesse nei suoi confronti, ma questa ipotesi sembrava ridicola agli occhi di Hallie. Lei non sarebbe mai potuta piacere a un ragazzo come George. Lei non piaceva a George, a nessuno piaceva Hallie, e ormai quell’idea le si era spalmata nel cervello da qualche mese a quella parte. Forse era per quello che era rimasta così colpita dal ragazzo misterioso che l’aveva baciata in discoteca, perché era stupita che lei potesse mai piacere a qualcuno.
Si sedette per terra, le gambe lunghe distese davanti a sé.
«Hallie, sei un cosciotto di pollo. Non piaci a nessuno.», si disse ad alta voce, convinta di star delirando. «Non saresti nemmeno sulla lista delle più brutte del mondo e –» la sua voce si fermò di colpo. La lista! Come aveva fatto a non pensarci prima? Che stupida che era stata a credere che George avesse mai potuto provare un minimo di interesse per lei! Era così ovvia la soluzione al problema che si sentì così ingenua per essersi fatta ingannare per tutto quel tempo.
Così come era corsa in palestra ritornò al piano di sopra, cercando una persona bene in particolare. Quando la vide, la prese per un braccio trascinandola in un angolo.
«Hallie, hai visto George? Devo –»
«Devo vedere la lista.» lo interruppe Hallie. Josh sembrò per un attimo confuso, o forse era solo un grande attore.
«Quale lista?» chiese il ragazzo, tenendo bene la sua immagine da tonto.
«Sai benissimo quale. Quella delle ragazze di George.»
«E tu come fai a saperlo?» chiese incredulo Josh.
«Lunga, lunga storia. Adesso me la puoi dare per favore?», domandò la ragazza, allungando la mano verso lo zaino azzurro di Josh, che lo tirò prontamente indietro. «So che ce l’hai tu, sei tu l’ideatore di questo piano idiota.»
«E’ stato George a dirtelo?»
«Sì.», mentì lievemente Hallie. In fondo era stato George a dirle tutto del piano, ma non aveva mai approvato il fatto che lei vedesse fisicamente la lista. D’altronde non gliel’aveva mai chiesta, e questo voleva dire che non le aveva mai detto di sì, ma nemmeno di no. «Faccio parte di questo piano da un bel po’, e se voglio aiutarvi dovete dirmi tutto. Compresi nomi che ci sono su quella lista.»
Josh rimase un attimo a bocca aperta. «Vorrei parlarne un attimo con George se non ti dispiace…»
«No!», esclamò Hallie, facendo voltare un paio di presenti. «Dovrei vederla adesso. Forse ho capito come abbordarne un’altra.»
Ormai era diventata un fiume di bugie, ne diceva una dietro l’altra, ma la lista era la cosa più importante di tutte. Una volta vista quella, avrebbe avuto tutte le risposte che cercava.
«Josh, cosa stai facendo?» chiese George, raggiungendo i due che erano in piedi vicino alle scale.
«Io, non so, mi ha chiesto della lista…»
«Non darle la lista!» esclamò quest’ultimo.
«Perché non posso vederla?», chiese Hallie, fulminando con lo sguardo George. Lo odiava, si sentiva ingannata, stupida e uguale a tutte le altre. «Forse perché c’è il mio nome sopra?»
«No che non c’è il tuo nome sopra! Cosa stavi pensando?!» sbottò subito George.
«Allora perché mi hai baciata? Per la tua stupida lista, no?» rispose arrabbiata Hallie.
«L’hai baciata?» si intromise Josh, ma venne ignorato completamente.
«Ti ho baciata, così, perché… non lo so, okay, ma non sei sulla lista!»
«E allora fammela vedere questa lista!» esclamò Hallie, piantando i suoi occhi in quelli del ragazzo.
«Josh tira fuori la lista!» ordinò George, senza distogliere lo sguardo da quello di Hallie.
Il biondo si mise a frugare immediatamente nel suo zaino, tirando fuori il foglio spiegazzato che avevano iniziato a riempire quel giorno nella piazza, quando ancora non sapevano che gli sarebbe successo tutto questo. Lo porse a George, che immediatamente lo diede a Hallie. Lei lo prese con mani frementi e cominci a scorrere la lista velocemente, notando che solo tre nomi erano sbarrati, e che il suo non c’era.
«Visto?» chiese George, riprendendosi il foglio.
«Credevo che fossi una delle tredici ragazze, e fosse per questo che mi ronzavi intorno. Pensavo che lo facessi con tutte prima di doverle baciare.» ammise lei, mentre notava solo in quel momento che le sue scarpe avevano lasciato una lunga scia d’acqua dietro di lei, e ai suoi piedi si stava formando una piccola pozza.
«No, non lo faccio con tutte.» aggiunse il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli.
Hallie sospirò, questa rivelazione non semplificava comunque le cose.
«Comunque non mi hai ancora detto perché te le devi baciare tutte.»
Questa volta fu George a tirare un lungo sospiro. «Josh, ci puoi lasciare un attimo?»
Il biondo, che non aspettava altro che togliersi da quella situazione imbarazzante, si alzò velocemente mormorando: «Vado a chiedere a June come sta JJ.»
Lasciati da soli i due si sedettero sulle scale, e Hallie non si era mai sentita tanto tesa in vita sua. L’idea che George l’avesse baciata pochi minuti prima non le si era ancora depositata nel cervello.
«Non è semplice come sembra.», cominciò George. «Forse non mi crederai nemmeno, è solo che non so come sia successo, ma è successo. Un giorno ho baciato una ragazza, ed è stata l’emozione più forte della mia vita, e adesso cerco di trovare quella ragazza.»
«Non è così complicata.» commentò Hallie con una smorfia.
«Tu dici che baciare tredici – adesso dieci – ragazze non sia complicato?»
«Te la stai cavando piuttosto bene, no?» chiese Hallie, come se la questione non fosse un granché importante. La verità è che avrebbe volentieri tirato un pugno a George. Per la maggior parte di quelle ragazze forse il bacio che gli aveva dato il moro, o che ancora gli doveva dare, sarebbe stata una cosa poco importante, un gioco che agli adolescenti piaceva fare; ma alle restanti, che magari erano più sensibili o che non baciavano gente a caso, George sarebbe stato un vero e proprio uragano di preoccupazioni. Ad esempio Chloe non sembrava voler chiudere la questione lì ma si aspettava qualcosa di più da George, magari anche solo una spiegazione.
George fece spallucce, e Hallie si alzò dal posto. «Devo andare, ci vediamo.» disse velocemente, senza nemmeno rivolgere un ultimo sguardo al ragazzo. Lo trovava disgustoso illudere una ragazza in una maniera così viscida. Ringraziò che lei non fosse sulla lista, ma non potè nascondere comunque una sorta di fastidio nel fatto che George avesse baciato anche lei. Era come se in un certo senso anche Hallie avesse mosso qualche pedina di quel gioco sleale.
Ritornò da Laine e June, che in quel momento stavano parlando con Josh.
«Penso che il tuo amico abbia bisogno di te.», disse Hallie, con un tono non esattamente simpatico. «Comunque congratulazioni, continua anche tu ad appoggiarlo in questa schifezza che sta facendo.» aggiunse sottovoce, così che solo il ragazzo potesse sentirla.
Quest’ultimo assunse un’espressione piuttosto allarmata, ma non disse nulla, e si limitò a raggiungere George sulle scale.
Se pensavano che avrebbe fatto la spia, si sbagliavano. Non li appoggiava, certo, ma avrebbe preferito vederli affondare miseramente nel loro stesso orto che prevenirli dalla scemenza che stavano facendo.
«Hai finito di scorrazzare in giro?» le chiese scherzosamente Laine.
«Sì, almeno lo spero. Ci sono novità?»
«Beh, forse, oggi pomeriggio ci lasciano andare a casa.», rispose June, guardando lo schermo del cellulare. «E adesso c’è campo se volete chiamare.»
Hallie alzò le spalle. «No, credo che aspetterò di tornare a casa per dare mie notizie.»
«Hal, smettila di fare così. C’è gente che si preoccupa per te.»
«Certo.» rise la mora, annuendo enfaticamente.
«Sono seria!» esclamò Laine, tirandole un pugno amichevole sul braccio.
«Da quando hai imparato a usare le mani?»
«Io la conosco la risposta.» si intromise June.
«Non mi dire che adesso vuoi sembrare colta e maschiaccio allo stesso tempo per piacere di più a Josh.»
«Taci.» la incenerì Laine.
Hallie rise. Forse tutto quello in cui credeva stava crollando, ma era bello vedere che la sua amica rimaneva sempre la stessa.



_____



Ciau mele!
How are y'all? Io qua in Germania sono distrutta.
Comunque, questo capitolo tanto atteso è arrivato. Sbebem, bacio Gellie e rivelazioni inaspettate.
Onestamente questo è stato il capitolo più difficile da scrivere, veniva sempre troppo surreale, troppo drammatico, troppo superficiale. Quindi non so consa ne possiate pensare, quando non so nemmeno io cosa pensare..... Lasciatemi dei commenti e io provvederò a rispondere come sempre :)
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«Rimaniamo qui sotto per sempre.» disse Laine., pregando la sua amica con lo sguardo.
«Niente affatto. Ci alziamo e tu ti prepari a passare una serata fantastica.»

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


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(13)



«Dovresti parlarci.» esordì Laine, posando la sua felpa sudicia d’acqua sulla lavatrice.
Le due ragazze erano finalmente arrivate a casa, dopo una lunga permanenza a scuola che era durata abbastanza da aver lasciato tempo a Hallie di raccontare tutti gli avvenimenti della mattinata alle due amiche. Ormai fuori si era fatto buio, e il temporale era quasi cessato. Si trovavano nella zona lavanderia della casa di Laine, che fortunatamente era munita di un impianto di riscaldamento.
«Da che pulpito.», commentò Hallie, togliendosi a sua volta le scarpe. «Chiama June e chiedile se è arrivata sana e salva a casa sua.» le disse, cambiando argomento.
«Mi ha già mandato un messaggio dicendo di sì.», rispose la bionda. «Comunque, seriamente, parlarci sarebbe la cosa migliore.»
«Per dirgli cosa? “Ehi, ciao, scusami se mi hai baciato”?»
«Quanto la fai tragica. Insomma, sarà stato stanco di baciare le ragazze solo per gioco e avrà deciso di volerne baciare una sul serio.»
Hallie non aveva potuto raccontare l’intera storia omettendo dei dettagli, quindi era stata costretta a raccontare anche della lista delle tredici ragazze. L’unica cosa che Hallie aveva effettivamente tralasciato dal racconto era che anche Josh ne facesse parte. Non sarebbe stata di certo lei a riferire a Laine che il suo quasi-ragazzo si era immischiato in una enorme cavolata.
«Beh, poteva scegliere qualcun’altra. Comunque quello non lo chiamerei un bacio “serio”.» rispose quasi infastidita Hallie.
«Quindi vorresti ribaciarlo in maniera più seria?» chiese divertita l’amica, prendendo la pila di vestiti delle due ragazze e infilandola nella lavatrice.
«Non ho detto questo. Ho detto che non mi sembrava serio. Non vedo il motivo perché l’abbia fatto.»
«Io dico che gli piaci.»
«In quale universo?» chiese Hallie, infilandosi una tuta.
Laine sbuffò, fingendo di non aver mai iniziato quella conversazione. «Andiamo a dormire che domani andiamo a scuola.»
«No, io direi che andiamo a dormire perché domani devi uscire con Josh.»
«Guarda che se continui a fare queste battutine potrei tranquillamente cacciarti fuori di casa, ultimamente stai passando un po’ troppo tempo qui.» rispose ridendo Laine.
«Beh, a mio padre sicuramente fa piacere non avermi intorno.»
«Indovina un po’, anche a me!»
 
 
 
 
«Rimaniamo qui sotto per sempre.» disse Laine, pregando la sua amica con lo sguardo.
«Niente affatto. Ci alziamo e tu ti prepari a passare una serata fantastica.»
La sveglia aveva appena scoccato le sette di mattina, e le due ragazze si trovavano sotto le coperte del letto di Laine a parlare da ormai mezz’ora.
«Guarda che prima di stasera c’è un’altra giornata. E questa giornata non mi promette nulla di buono.»
«Non si sa mai cosa potrebbe accadere.»
Hallie si alzò, preparandosi velocemente e continuando a stuzzicare la sua amica.
«Datti una mossa.»
Laine mugolò qualcosa di incomprensibile, alzandosi finalmente dal letto. Dopo vari lamenti e torture – a detta della bionda – furono fuori di casa.
Il sole splendeva e non sembrava esserci traccia dell’acquazzone del giorno prima, se non un paio di pozzanghere sparse qua e là lungo il marciapiede.
Arrivarono a scuola con il solito morale svogliato, ma quel giorno c’era qualcosa di diverso. Il modo in cui gli studenti aspettavano pazientemente fuori dalla scuola indicava che qualcosa era cambiato.
Hallie corse da June, che aveva intravisto fra la piccola folla appostata di fronte la scuola, e la prese da parte.
«Ehi June! Cosa sta succedendo?» chiese in maniera eccessivamente preoccupata.
La bruna però le rispose con un sorriso. «Apparentemente riattivare l’intero sistema elettronico ha resettato tutti i dati, quindi è come se i nostri file non fossero mai spariti.»
«Mi stai dicendo che non dovremo più venire a scuola d’estate?» esclamò Hallie stupita.
Poi chiamò Laine con un cenno della mano perché le raggiungesse.
«Ho sentito bene? Abbiamo finito la scuola?» chiese la bionda.
«Si spera.», rispose June, alzandosi in punta di piedi per avere una visuale migliore sul resto degli studenti. «La Bellwood dovrebbe uscire a momenti.»
Appena pronunciate quelle parole, la donna bassa e bionda che avevano visto per la prima volta tre settimane prima fece la sua comparsa. Era sempre seguita a ruota dal bidello che le portava il piccolo sgabello su cui la signora metteva i piedi sopra per sembrare più alta.
Questa volta si appostò sulle scale, tenendo alcuni fogli in mano. Si schiarì la voce, prima di cominciare.
«Sono felice di annunciare che i vostri dati sono stati recuperati.»
Bianca Bellwood non fece in tempo a terminare la frase che un grande applauso si levò dalla folla. Tutti avevano un gran sorriso stampato in faccia.
«Le vostre pagelle più resoconti scolastici e crediti sono stati spediti stamattina a casa vostra. Adeso siete liberi di fare qualunque cosa vogliate. Buona estate!»
Hallie non poteva crederci. Indirettamente aveva salvato la scuola. La gente intorno a lei gridava di gioia, saltano a destra e a sinistra e Laine la strinse anche in un abbraccio.
«Finalmente!» esclamò, contentissima.
Josh raggiunse il gruppo di ragazze, cominciando a festeggiare con loro. Hallie vide anche George in lontananza, che sembrava guardarla, e forse sarebbe dovuta andare a parlarci. Decise che quella però era una bella giornata e non le andava di farsi venire il malumore solo per quell’individuo che probabilmente aveva ben di meglio da fare che discutere sulle sue azioni poco premeditate. Scrollò le spalle, no, non sarebbe andata da lui.
 
 
 *
 
 
«Mi vuoi spiegare questo schifo?» sbraitò la madre di Hallie, non appena posò la sua borsa per terra.
Quello era uno dei giorni della settimana in cui Hallie dormiva da sua madre e in quel momento non c’era nulla che rimpiangesse di più di suo padre che stava tutto il giorno rinchiuso in camera sua e non le rivolgeva quasi la parola.
«Cosa succede?» chiese ingenuamente la ragazza, guardando la donna che aveva di fronte, la quale era evidentemente rossa in viso.
«Questo, succede.» rispose la madre di Hallie, sventolandole davanti un foglio che era particolarmente familiare a Hallie. Era di un color crema e aveva il logo giallo e blu della scuola della ragazza.
«E’ arrivata la pagella.» constatò. «Com’è andata?»
Aveva fatto quella domanda sapendo benissimo la risposta. Diciamo che ultimamente aveva preferito non pensare al fatto che alle ultime interrogazioni aveva avuto degli attacchi di panico che le avevano impedito di rispondere correttamente e lucidamente.
«Male. Malissimo. Molto peggio di quanto mi aspettassi.»
L’espressione di su madre era furibonda. Hallie non l’aveva mai vista tanto arrabbiata, se non per quella volta che si era persa sulle piste da sci e l’aveva colpita con il bastoncino da sci per la rabbia. Sadie, la madre di Hallie, era tutto il contrario di sua figlia; lei sfogava la sua rabbia urlando e minacciando di picchiare e colpire qualcosa, invece Hallie riusciva a tenere la sua frustrazione al guinzaglio.
«Sono stata bocciata?» chiese la ragazza, visibilmente preoccupata.
«No.»
«E allora cosa c’è che non va?»
«C’è che i tuoi voti fanno schifo.» disse Sadie.
In quel momento Hallie desiderò davvero di avere sottomano una qualche bottiglia contenente qualcosa di alcolico. Si sentiva frustrata, presa in giro e dannatamente triste e arrabbiata.
«Non puoi pretendere che io sia come te.» disse piano, con le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all’altro.
Si era sempre sentita diversa, ma diversa in una maniera peggiore. Quasi come se tutto quello che facesse  o quello che toccasse fosse sbagliato o rovinato da lei.
«Bastava studiare.»
«Ma io studio!»
Ed era vero. Solo che non era una di quelle persone che tutto quello che fa lo fa bene. Anzi, non riusciva proprio a trovare una sola cosa che facesse bene. Poteva studiare davvero, ma poi quando si ritrovava con una scelta da fare tra le mani, quello che si era preparato di meno aveva sempre la meglio. Il confronto era una cosa che odiava fino alla morte. Preferiva fare le sue cose da sola, piuttosto che con qualcuno che l’avrebbe comunque fatta sentire peggio.
«Non è affatto vero, Hallie. E non ripiegare sulla scusa delle crisi d’ansia.»
«Ma io ho le crisi d’ansia!  E non me ne frega niente che altra gente ce le abbia più di me, io le ho, mi si chiude la gola, e se la apro, escono cavolate!»
«E tuo padre le sa queste cose? Cioè si interessa della tua vita scolastica? A lui non gliene frega niente! Devi impegnarti e basta se vuoi un futuro decente.»
«Perché tutti gli altri genitori non sono così ossessionati dalla scuola come sei tu?! Perché, perché?»
«Perché non hanno figli che portano una pagella del genere a casa.»
«Cosa vuoi di più, cosa? Mi hai tolto tutto. E non fai altro che mettermi in imbarazzo davanti ai miei amici e dirmi quanto loro siano meglio di me. E perché gli chiedi costantemente come vanno a scuola? Cosa te ne frega?»
«Lo chiedo per semplice curiosità, per vedere se è soggettivo –»
«E’ logico che è soggettivo! Mi stai dicendo che pretendi  di conoscere una persona in base al suo rendimento scolastico? Non saranno dei brutti voti a decidere il mio futuro!»
«E invece è proprio così! Le università accettano solo i migliori, e bisogna arrivarci a essere i migliori.»
«Non sono te, okay? Non lo sono. Peccato se non verrò accettata ad Harvard, davvero.»
«Non sto dicendo quello. Dico che già che ti faccio fare quello che vuoi, almeno mi aspettavo un po’ di gratitudine nei voti.»
«Ma cosa vuoi di più? Non esco, non bevo, non mi drogo, mi sfogo in maniera costruttiva…»
«Anche io mi sentivo sola e mi sfogavo, per questo studiavo.»
«Bene, tu studiavi e io scrivo.»
«Anche per fare la scrittrice bisogna avere accesso a un’università e –»
«Basta, okay! Ho capito, diamine! Sono stupida, ignorante e pure brutta, va bene? Lasciami in pace! E se è destino che io vada a spazzare le strada, farò così. E non capisco ancora perché quando vengono i mei amici a casa tu ti metti a spiegargli tutte le materie snobbandomi come se fossi un batterio. E cavolo, basta, smettila di stressarmi con questa cosa!»
Hallie prese la borsa che aveva appena posato in ingresso e se la ricaricò in spalla.
«Dove credi di andare?»
«Non lo so!»
«Dove vai?!»
«A casa mia!»
Sbattè violentemente la porta dietro di sé, lanciando un grido di rabbia.
Si odiava, odiava la sua famiglia, odiava quello che era diventata. Un padre che c’era ma in realtà non c’era, una madre che c’era troppo e gente sparsa da tutte le parti che credeva di sapere cosa fosse meglio per lei.
La verità è che non lo sapevano affatto, e il pensiero che in quel momento lei avrebbe dovuto affrontare un altro anno in quel modo le balzò in mente, intimandola ancora di più a versare quei lacrimoni che avevano nostalgia delle sue guance.
Perché la vita doveva essere così crudele con lei? Perché dei problemi così insignificanti in confronto al mondo reale le venivano posti davanti come se fossero delle montagne invalicabili?
Niente scuola, niente università, niente lavoro, scarse probabilità di trovare un partner, niente soldi in casa, nessun sogno realizzato, e tutto troppo in fretta.
Non sapeva nemmeno se sarebbe vissuta abbastanza per riderci su. Quelli erano gli anni migliori della sua vita e lei li sprecava andando in giro con un groppo in gola e preoccupandosi per tutto e per tutti al posto di godersi la vita. Perché la gente normale non pensava così tanto, perché le era toccata quella tortura? Non sapeva se le cose belle fossero effettivamente belle, o viceversa, e non capiva certi atteggiamenti che giudicava piuttosto infantili delle sue coetanee, quasi come a sentirsi un passo avanti alle altre avendo capito come andava avanti il mondo.
Si odiava per essere così stupida, ma allo stesso tempo così maledettamente pensierosa e attenta. Forse alla gente intorno a lei alcuni pensieri non sfioravano nemmeno.
Cosa ne sarebbe stato di lei e del suo peso sullo stomaco? Povera illusa la gente che pensava che l’amore fosse il più grande dei beni o dei mali. L’amore era, sì importante, ma forse non ricopriva un ruolo fondamentale nei veri problemi della vita.
Quanto avrebbe voluto dirlo al ragazzo misterioso. 



_____



 
Ciau melinde!
Finalmente ho il wifi qua a casa miaaaaaaa.
Questo capitolo è assoutamente di passaggio, data la quantità delle informazioni che vi avevo precedentemente inculcato nel cervello ho pensato di farvi fare una pausa perchè presto ne sentirete di peggio.
E volevo dirvi una cosa: GRAZIE. Grazie per le  80 recensioni che mi avete lasciato. Sono meravigliose tutte quante, dalla prima all'ultima e spero di riuscire a rispondere a tutte al più presto. Un grazie speciale a TTTOBY, Georgesmonkej_ e JustNeedLove che si prendono sempre del tempo per recensire e wow, ragazze, lo apprezzo davvero tantissimo. Vi adoro tutte/i, dal primo all'ultimo. Grazie grazie grazie, non credevo così tanto in me da quando ho imparato a fare le bolle con il chewing-gum.
Se vi va lasciatemi qualche commentino :)
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Un bacione enorme,
 
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«Destra, sinistra, no, sei sempre stupido.»
«Meno male che ero io quello maleducato.» rispose George, sbuffando divertito.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


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(14)



Hallie non si sarebbe più voluta alzare dal letto. Era da un paio di giorni che non usciva più dalla sua camera, se non per andare in bagno o in cucina per mangiare qualche chicco d’uva. Era estremamente strano che la ragazza non avesse fame, ma quando suo padre glielo fece notare lei gli rispose che probabilmente la ragione era perché – nonostante giugno fosse quasi giunto al termine – Bristol non aveva ancora visto un singolo raggio di sole e il freddo non le conciliava l’appetito. Suo padre aveva alzato la spalle, prima di uscire dalla stanza di Hallie, richiudendosi la porta dietro. Sicuramente il fatto che il meteo non fosse dei migliori non aiutava, ma anche il bacio che George le aveva dato faceva il suo lavoro. Aggiungiamoci anche la sfuriata di sua madre e la sua confusione mentale e si arrivava all’umore nero istantaneamente.
Hallie si tirò le coperte fin sopra alla testa, cercando di scacciare quell’umidità persistente che aleggiava nell’aria. Il cielo grigio si stagliava al di fuori della sua finestra e regnava in tutta la sua inquietudine. Era semplicemente uno di quei giorni, o settimane, in cui si sentiva inutile all’umanità e avrebbe potuto volentieri diventare una pianta e nessuno se ne sarebbe accorto. Laine non l’aveva nemmeno chiamata per raccontarle come fosse andato il suo appuntamento, o forse era andato talmente male che nemmeno lei voleva parlarne con nessuno. Neanche June si era fatta sentire, né per aggiornarla sulla salute di JJ e nemmeno per fare semplicemente due chiacchiere. Jaymi, in compenso, era al piano di sotto, ma non aveva questo gran rapporto con lui. L’unica cosa di cui poteva ringraziarlo era che mentre lei si prendeva una pausa temporanea dal cibo, ci pensava lui a non far sembrare il frigo troppo pieno. Josh non lo vedeva dall’ultima volta che gli aveva parlato a scuola e l’aveva guardato con sguardo truce. Hallie non credeva che lui avrebbe mai detto a Laine di essere la mente organizzatrice dell’intero piano riguardante George. Non appena pensò a lui le venne una stretta allo stomaco.
“Altro che farfalle, questo è acido muriatico.” pensò, rigirandosi per l’ennesima volta sull’altro lato, tenendosi le ginocchia rannicchiate al petto.
Si passò una mano fra i capelli mori che erano sparsi ovunque sul cuscino e sospirò.
Quella mattina aveva deciso che sarebbe andata in biblioteca, giusto per passare un pochino il tempo. Aveva scelto la sua meta meticolosamente, sapendo che la biblioteca era, per prima cosa, silenziosa, e nessuno avrebbe potuto disturbarla, e seconda cosa, nessuno dei suoi amici era solito frequentarla. Alla peggiore avrebbe potuto incontrare June, ma la cosa non le sarebbe dispiaciuta più di tanto.
Non sapeva bene cosa andasse a fare in biblioteca, probabilmente ci sarebbe andata solo per uscire di casa. Sicuramente non avrebbe studiato. Sapeva che se avesse aperto anche un solo libro scolastico le sarebbe venuta la nausea istantanea. Probabilmente avrebbe letto il retro di una qualche copertina a caso, oppure avrebbe trovato fra gli scaffali un vecchio libro che voleva leggere qualche tempo prima ma di cui le era passato il titolo di mente. In seguito si sarebbe persa nella lettura di quel libro fino a tarda sera, momento in cui qualcuno con l’espressione stanca veniva a dirle che l’orario di chiusura era passato da un bel pezzo e la sollecitava di tornarsene a casa. Avrebbe poi preso quel libro in prestito e l’avrebbe letto tutta la notte fino a finirlo e il giorno dopo avrebbe ripetuto tutto da capo, fino a che i libri erano finiti oppure avrebbe trovato qualche altra ragione per cui valeva la pena alzarsi dal letto la mattina per il resto dell’estate. Hallie si chiese se funzionasse per tutti così, sentirsi tremendamente soli e confusi dal mattino alla sera. Forse no. Forse solo quelli che amavano qualcuno vivevano veramente e lei non aveva mai amato nessuno. Solo il ragazzo misterioso si poteva considerare “serio interesse”, ma non poteva amarlo, dato che non era una persona fisicamente presente. Si poteva amare qualcuno che non si conosceva quasi? O forse Hallie lo conosceva. Come prima cosa sapeva che era reale, sapeva che era una persona in carne e ossa e sapeva che lui le aveva lasciato un grossa impronta sul suo cuore.
Pensò a questo fino a farsi venire il mal di testa, fino al momento in cui ne ebbe abbastanza ed ebbe la forza di tirarsi fuori dal letto e indossare un paio di jeans sformati, gli stessi che possedeva da ormai due anni. Tirò fuori dalla pila di vestiti che aveva buttato disordinatamente su una sedia una maglietta e una felpa qualunque. I suoi capelli marroni le ricadevano disordinatamente sulle spalle, così decise di raccoglierli in uno chignon disordinato, che di chignon aveva ben poco, e coprì la sua pelle olivastra con un leggero fondotinta, giusto per non sembrare uno zombie che si era appena tirato su dal letto.
Fece una smorfia al suo riflesso nel suo specchio, dicendo: «Sei sempre più brutta, Hal.»
Constatò che l’isolamento non le portava tanti vantaggi, ma in compenso la faceva risultare sempre più squilibrata mentalmente.
Con la sua solita borsa nera raggiunse la biblioteca, che distava, sì e no, dieci minuti a piedi da casa sua. Molti suoi compagni avrebbero giudicato quella distanza “esagerata”, “fuori dagli schemi” o “scherziamo, facciamoci dare un passaggio”, ma a Hallie era sempre piaciuto camminare. Certo, l’umidità le dava leggermente fastidio ma poteva conviverci senza tirarne fuori un dramma.
La signora che sedeva dietro il bancone non alzò nemmeno la testa quando Hallie la sorpassò per dirigersi nella grande sala principale, dove non c’era quasi nessuno. Controllò velocemente l’orologio verde che era appeso sulla grossa parete grigia della biblioteca. Quasi sbiancò quando vide che erano solo le otto, e capì il motivo per cui non c’era nessuno in giro. Afferrò un libro che ormai aveva già letto e riletto almeno un milione di volte, ma che non si stancava mai di rifarlo: Harry Potter e la pietra filosofale. Lo avrebbe saputo recitare a memoria, pensò, mentre si sedeva intorno a uno dei grandi tavoli della sala.
Passò le successive due ore a leggere, e solo quando udì un rumore alle sue spalle osò alzare la testa dal libro. Vide entrare una ragazza molto magra, dai capelli rossi e gli occhi grigi. Aveva una carnagione davvero molto chiara, e quando si sedette al tavolo accanto al suo, potè notare che aveva anche una spruzzata di lentiggini sul viso.
Hallie cercò di non dare a vedere che la stesse osservando, portandosi nuovamente il libro davanti al viso e facendo finta di niente.
Non l’aveva mai vista in giro, e dire che frequentava quella biblioteca spessissimo e c’erano sempre le solite persone: anziani che venivano lì con i badanti che gli leggevano i libri ad alta voce, e le due ragazze del corso di storia di Hallie – Lara e Taylor – che per mantenere la loro sfilza di voti altissimi, ritenevano necessaria una documentazione più che profonda. Probabilmente la madre di Hallie le avrebbe adorate.
Il fatto era che quella biblioteca era relativamente piccola, e solitamente tutti gli studenti della Bristol High frequentavano quella enorme che si trovava in centro. Più che un luogo per studiare, quello, era diventato un ritrovo per gli amanti nascosti e le gare di chi portava il vestito più corto e faceva finta di voler davvero studiare. La scuola di Hallie era così: non c’erano persone che avevano una grande ambizione intellettuale – escluse Lara e Taylor, che frequentavano tutte le materie avanzate e volevano diventare rispettivamente giudice e chirurgo – ma solo gente che per la maggior parte sarebbe andata a lavorare nel locale ereditato dal padre o avevano degli agganci per inserirsi in un’attività di famiglia, come in un ristorante. Hallie sperava davvero di sbagliarsi, sperava che in realtà qualche persona intelligente nel suo quartiere di Bristol ci fosse.
La ragazza fu scossa dai suo pensieri quando si accorse che un’ombra le oscurava la pagina che stava leggendo, o meglio, quella che stava fissando inconsciamente da dieci minuti.
«Ciao.» disse piano Hallie, alzando la sguardo, per incontrare quello della ragazza dai capelli rossi. Non sapeva perché l’avesse salutata, ma il fatto che quegli occhi grigi la scrutassero non la metteva molto a suo agio, quindi aveva pensato di rompere il ghiaccio.
«Ciao.», rispose lei. «Sai dove si trova la sezione grandi classici?» chiese, con un tono quasi glaciale. Aveva un aspetto quasi austero, che la faceva sembrare più grande dell’età che le avrebbe dato Hallie quando era entrata nella stanza.
«Quello scaffale là.» indicò la mora, con tono decisamente più cordiale.
La ragazza si portò una mano ai capelli liscissimi e se li aggiustò dietro all’orecchio, avviandosi allo scaffale senza dire una parola. Afferrò un libro e tornò con lo stesso passo veloce alla sua sedia. Hallie cercò di dare un senso al comportamento della ragazza, ma quando non ne trovò uno, decise di ignorarla e riprendere la sua lettura.
Non fece in tempo a leggere due pagine, che la ragazza parlò di nuovo. «Tu sei Hallie Sanders della strada vicina, vero?»
La bruna arricciò il naso, confusa. «Sì… come fai a saperlo?»
«Semplice, sei nel mio caso.» rispose, continuando a sfogliare le pagine del suo libro, senza effettivamente leggerle.
«Cosa vuol dire “sei nel mio caso”?»
«Sei una degli alunni della Bristol High che è stata trattenuta a scuola fino all’altro giorno?» chiese, sempre più annoiata.
«Sì, ma – »
«Mi chiamo Bonnie River, sono qui per indagare sul caso di Bianca Bellwood.»
«Cosa ha fatto la Bellwood?» chiese ingenuamente Hallie.
«Insomma, ma non li leggi i giornali?» sbottò infine Bonnie, voltandosi finalmente per guardare l’altra ragazza negli occhi.
Hallie assunse un’espressione decisamente confusa. Si strinse nelle spalle, non poteva semplicemente dirle che aveva passato i giorni precedenti in uno stato comatoso nel suo letto.
«Non ti sembra strana tutta la storia dei registri elettronici che hanno perso i dati?» chiese Bonnie, come se fosse una cosa ovvia.
Effettivamente nessuno aveva provveduto a raccontare agli studenti l’intera versione dei fatti, se non per dir loro che alcuni ragazzi avevano cancellato i loro registri dal database. «Dimmi una cosa Hallie», cominciò la rossa, sporgendosi lievemente per avvicinarsi di qualche centimetro al tavolo di Hallie. «Avevi mai visto Bianca Bellwood prima dell’ultimo giorno di scuola?»
Hallie ci pensò per qualche secondo, mentre Bonnie la scrutava minuziosamente. La prima aprì la bocca per dire qualcosa, ma aveva qualche sensazione che l’investigatrice avesse già capito la risposta. Non sapeva perché non ci avesse pensato prima al fatto che una perfetta sconosciuta stesse dando ordini che non erano scritti da nessuna parte. La Bellwood aveva detto loro di essere uno dei membri del consiglio degli insegnanti ma nessuna l’aveva effettivamente mai vista. Che fosse così in alto nella scala gerarchica da non essersi mai fatta vedere in giro? Hallie lo sospettava fortemente. Persino la preside era stata intravita qualche volta per i corridoi.
Eppure i loro genitori da qualcuno di ufficiale dovevano pur essere stati avvisati. Hallie sapeva per certo che sua madre non sarebbe passata sopra la questione così facilmente, e si stupiva del fatto che non avesse trovato nulla di sospettoso in tutta quella storia.
Bonnie si chinò, prese dalla sua borsa un taccuino e una matita e si sedette di fronte a Hallie con espressione seria.
«E dire che volevo passare una mattinata tranquilla.» borbottò sottovoce la mora.
«Allora.», cominciò Bonnie, schiarendosi la voce. «Da quanto non senti i tuoi amici?»
«Da qualche giorno, dal giorno in cui la Bellwood ci ha detto che eravamo “liberi”.» rispose Hallie, mimando le virgolette con le mani.
«Beh, non devi preoccuparti per loro, sono andati in centrale.» disse tranquillamente Bonnie, annotando alcune cose con la matita e riavviandosi i capelli con un colpo della mano.
«In centrale?», esclamò Hallie. «Perchè mai? E perché nessuno mi ha detto niente?»
«Se leggessi il giornale o guardassi il notiziario avresti saputo dello scandalo della truffatrice che adesso si trova in un altro stato.»
Hallie era rimasta senza parole, completamente allibita.
«Non abbiamo la televisione in casa e in questi ultimi giorni siamo stati piuttosto impegnati.» rispose, con un filo di voce.
«Comunque, nessuno ti ha detto niente perchè tu non sei fra i sospettati che potrebbero essere accusati di favoreggiamento e quindi tu non hai l’obbligo di venire interrogata, ma dato che io sono un’investigatrice, devo fare delle domande a tutti.»
«Perchè io no e i miei amici sì?» chiese, cominciando ad agitarsi Hallie.
«Apparentemente tu non eri presente nella grande entrata della tua scuola quando è saltata la corrente e i database hanno ripreso a funzionare.»
«Non capisco niente, mi arrendo.» disse infine Hallie, abbandonandosi sullo schienale della sedia, cercando di mettere un ordine a tutte quelle informazioni che le giravano per la testa.
«E’ molto complicato, lo so.» rispose Bonnie, continuando a passare il suo sguardo dal viso di Hallie al suo taccuino, per poi scribacchiare qualcosa.
«Quanti anni hai?» chiese Hallie, strizzando gli occhi.
Bonnie cominciò ad agitarsi sulla sedia e il suo viso cambiò espressione all’istante.
«Ventisette.» rispose, deglutendo.
«Non è vero, che bugia enorme, avrai si e no la mia età.» disse Hallie, questa volta fu lei a scrutare attentamente la sua espressione.
«Sì, che è vero. Lavoro al dipartimento di polizia di Londra.» continuò la rossa.
«La tua carta d’identità?»
Bonnie si morse le labbra. «Non ce l’ho qui con me adesso.»
Hallie percepiva il suo nervosismo e sorrise lievemente. «Vuoi dire che ce l’hai ma non hai ventisette anni? Insomma, non puoi crollarmi proprio sulla carta d’identità. Da una finta investigatrice mi sarei aspettata perlomeno questo.»
La bruna sapeva di averla ormai in pugno. Doveva solo continuare a insistere per ottenere qualche altra informazione.
Bonnie esitò un attimo, ma poi decise di continuare con la sua evidente recita.
«Davvero, Hallie torniamo alle domande, non ha senso quello che stai dicendo…»
«Oh, per favore. Vuoi davvero mentire così spudoratamente?», le chiese la mora, inclinando lievemente la testa. «Non capisco solo perchè una ragazza come te debba venire qui a spacciarsi per una investigatrice.»
La rossa sbuffò. «Va bene, non sono una vera investigatrice.»
«Lo sapevo!» esultò Hallie, saltando in aria.
Bonnie la guardò con fare infastidito, così Hallie si ricompose e si risedette sulla sua sedia scricchiolante. «Comunque, perché hai messo su tutta questa scenata?»
All’inizio Hallie pensò che Bonnie si sarebbe semplicemente alzata e se ne sarebbe andata via senza dire una parola. Invece, si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Evidentemente aveva bisogno di parlare alla ragazza con più urgenza del previsto.
«D’accordo. C’è questo caso su cui sta investigando la polizia di Bristol e dato che è un grande scoop volevo farne parte, sarebbe un vantaggio immenso per l’università.»
Hallie rabbrividì al solo sentire quella parola, ci pensava già sua madre a farle una testa grande come una capanna sull’università che non voleva davvero sentirla nominare.
«Spiegami un secondo, tu sei una ragazza che viene da…»
«Londra.» completò la ragazza dagli occhi grigi.
«… Londra, che ha diciassette anni.»
«Diciotto.» la corresse Bonnie.
«Bene, diciotto.», riprese Hallie. «E un bel giorno hai deciso di venire a fare una vacanza a Bristol per cercare di trovare un posto in un caso già in mano alla polizia, senza una laurea né alcuna qualificazione per farlo, e decidi di andare in giro a seguire e a fare domande a delle persone che non conosci e che potrebbero benissimo denunciarti per stalking.»
«Non credo potessi trovare un modo migliore per spiegarlo.» affermò Bonnie, che intanto aveva cominciato a rilassarsi, appoggiandosi allo schienale della sedia.
«Non male, davvero. Sono seriamente impressionata. Tutta questa messinscena per un posto in un’università.»
«Grazie. E tu non male davvero con l’intuito.»
«Quindi, cosa stavi dicendo esattamente sul fatto che io non sono una sospettata?»
 
 
*
 
 
«Destra, sinistra, no, sei sempre stupido.»
«Meno male che ero io quello maleducato.» rispose George, sbuffando divertito.
«E’ mezz’ora che continui a chiedermi come stai con quella giacca. Stai bene, fidati.», disse Josh, sbuffando e passandosi una mano fra i capelli. «Non che tu debba impressionare nessuno a eccezione della polizia.»
«Che ti prende, Josh?» chiese George, sedendosi accanto all’amico.
Aveva una faccia stanca e molto stressata, per non parlare del suo tono scocciato che aveva usato per tutto il giorno. George capiva che quella non era stata una giornata ideale, o forse avrebbe dovuto dire nottata, però il suo amico sapeva di non avere nulla di cui lamentarsi a parte la mancanza di sonno.
 Era vero che avevano trascorso le sette ore prima in centrale a essere interrogati su un caso non sapevano nemmeno esistere, ma perlomeno non erano fra i maggiori sospettati.
«Questa cosa mi distrugge. Siamo andati a scuola tre settimane più degli altri e inoltre,» disse con gran fastidio, «adesso ci incolpano anche di essere alleati con la Bellwood in questa grande recita che non ha né capo né coda. Miseria, come cavolo abbiamo fatto a farci fregare così? Che presa per i fondelli.»
«Lo so, Josh, ma ci hanno fatto due domande e basta. Non farne una tragedia adesso. Pensa al tuo appuntamento con Laine e falla finita.» rispose George, cercando di calmare il suo amico.
Josh, fortunatamente, sorrise a quel pensiero. «E’ andata alla grande con lei.»
«Sono contento. Io però devo uscire con Callie Reesey e tu mi devi dire se questa giacca dice “baciami” oppure “fottiti”.»
Il biondo rise. «Coglione.»



 


_____


 
Ciau melinde!
Chi fa la conga con meeeee... sono tornataa. Sono in stramegasuper-ritardo e giuro che non lo farò mai più, ma efp mi stava dando sui nervi - oltre al fatto che questa fanfic è stata plagiata nel fandom delle simpatiche directioners (questa è un'offesa rivolta esclusivamente alle scrittrici di storie copiate, eh, chiariamo.)
Che dire, grazie mille a tutti tutti tutti per tutte le bellissime parole che scrivete e per i preferiti e le seguite... wow. Grazie infinite. Spero di non deludervi con il prossimo capitolo che arriverà presto, giuro.
Mi lasciate un commentino su questo bel colpo di scena nella storia? Tranquilli, poi torneremo a seguire le intrigate storie d'amore dei protagonisti ;)

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«Dico solo che non è giusto che mi tieni nascoste queste cose.» disse June, assumendo un tono un po' offeso.
«Mi dispiace. Mi dispiace davvero tantissimo.»

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


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(15)


«JJ, quello che stai dicendo non ha alcun senso.» disse June, voltandosi verso il ragazzo.
I due erano seduti sul divano della casa del ragazzo, coperti da un leggero plaid di tela verde a guardare uno di quei gialli televisivi che trasmettevano il sabato pomeriggio da ormai vent’anni.
«Sto solo dicendo che avreste dovuto pensarci prima.»
«E io sto dicendo che la tua teoria è assurda. Non potevamo metterci a indagare sulla questione. Insomma, se a scuola ti dicono di fare una cosa, tu teoricamente la fai.» rispose lei, spostandosi nervosamente una ciocca di capelli mori dietro l’orecchio.
«“Teoricamente”… Ah, sei una così brava ragazza.» sospirò scherzosamente JJ, passandole un braccio intorno al corpo e stringendola affettuosamente.
June però, si divincolò infastidita. «Smettila…»
«Andiamo, vuoi dirmi che il fatto che degli studenti siano stati trattenuti a scuola durante l’estate sia plausibile? Aggiungiamoci che si tratta solo di studenti con determinate iniziali… June, ti credevo più furba.»
Probabilmente JJ avrebbe fatto meglio ad annuire e acconsentire, invece di mettersi contro una ragazza che con le parole ci sapeva fare piuttosto bene.
«Ah, davvero? Da che pulpito.»
JJ rise. Quando i suoi amici scherzavano sul suo “piccolo vizio” non se la prendeva più di tanto, in fondo sapeva di star facendo la cosa sbagliata.
«Infatti non ho mai sostenuto di essere più intelligente di te.»
June sbuffò, discutere con il suo ragazzo era come parlare a un muro. «A proposito, come stanno andando le visite al centro di riabilitazione?»
Il ragazzo alzò le spalle. «Sempre uguali, va tutto bene.», rispose tranquillamente.
Doveva aver visto sulla faccia di June un’espressione alquanto triste, perché l’abbracciò ancora un po’ di più. «Ehi, stai tranquilla. Sto facendo del mio meglio, okay? So di non essere ancora guarito del tutto, ma sono sulla buona strada e ci sto lavorando ogni giorno.»
«Lo so, lo so.» rispose June, rilassandosi un pochino e appoggiando la testa sulla spalla di JJ. «Dico solo che non è giusto che tu mi tenga nascoste queste cose.» disse June, piagnucolando lievemente.
«Mi dispiace. Mi dispiace davvero tantissimo. Vedi, ognuno ha le sue grane… tu con la tua prof schifosa e truffatrice e io con i miei problemi da ubriacone.» disse il ragazzo, per sdrammatizzare un po’ la situazione.
June scosse la testa, sorridendo. «Stai facendo la cosa giusta, JJ. Io invece non ho fatto altro che rispondere a uno stupido interrogatorio con domande del tipo “dove ti trovavi all’orario bla bla e con quali persone” eccetera eccetera, insomma, non mi ricordavo la metà delle cose, non credo di essere stata molto d’aiuto.»
«Sono sicuro che la polizia riuscirà a mettere insieme i pezzi del puzzle.»
«Speriamo.» rispose June, accarezzando la guancia del moro.
«Hai più sentito gli altri?» chiese improvvisamente JJ, spostando il suo sguardo su quello della ragazza.
Lei, per tutta risposta, arricciò il naso. «No, l’ultima volta che li ho visti è stato venerdì, cioè ieri, in centrale. Ci chiamavano in gruppo e poi ci separavano, nulla di che.»
«C’erano George, Josh, la sua ragazza e Hallie?»
June rise, di nuovo. «Non credo stiano insieme, ad essere sincera. Sono usciti un paio di volte ma la loro storia è davvero molto complicata, più di quello che sembra. E Hallie, no, non c’era, non so perché.»
«Forse era in un altro turno.» suggerì JJ.
«Non ne ho idea. So solo che quando Jaymi è venuto a prenderci ci ha detto che non esce dalla sua stanza da qualche giorno.» rispose June, cercando di ripercorrere mentalmente quelle ultime due giornate. Erano state un subbuglio generale per Bristol, e quello era il primo momento in cui si fermava a ripensare a tutto.
«Non siete amiche? Perché non ci parli?»
La ragazza assunse l’espressione classica di quando si tocca un argomento delicato, come se qualcuno le avesse tirato un pizzicotto sul braccio e lei stesse facendo una smorfia di dolore. «Laine è arrabbiata con lei e mi ha praticamente minacciata se mai l’avessi chiamata.»
«Hanno litigato?»
«No, è questo il punto. Non credo che Hallie sappia nemmeno che Laine è arrabbiata con lei.»
JJ era confuso. «Donne.», disse sospirando tragicamente. «Ti ha detto che cos’ha fatto Hallie di così sbagliato?»
«Laine dice che Hallie è cambiata, è più triste, non la supporta più come una volta insomma.», rispose ambiguamente June. «Secondo me è arrabbiata con lei perché non le ha chiesto di com’è andato l’appuntamento con Josh.»
«Non sta leggermente esagerando?» chiese JJ, corrugando la fronte. Per lui quegli argomenti erano sempre stati qualcosa di molto misterioso, come se il sesso maschile fosse arretrato in quel campo della vita.
«Forse, anzi, probabilmente sì, ma so che Hallie è intelligente e la affronterà al meglio.»
«Non lo so proprio.» rispose il ragazzo, alzando le spalle. Non conosceva Hallie così bene da poterlo affermare con sicurezza, ma sicuramente sapeva che a essere amica di George ci voleva un bel fegato, questo glielo doveva riconoscere.
«E con George? Non si vedevano quei due?»
«Non dovrei dirtelo probabilmente. Anzi, non dovrei dirtelo assolutamente, ma per seguire bene tutta la storia devi sapere tutta la storia.» iniziò June, interrompendosi poi, indecisa sul da farsi.
«Quindi?» chiese impazientemente JJ.
«Lui l’ha baciata. E non solo. Il fatto è che l’ha baciata – nulla di serio, ha detto lei – quando erano già nel seminterrato, e questo la polizia non lo sa. Stanno indagando sulle persone che erano nell’atrio, senza sapere che George in realtà non lo era perché era con Hallie di sotto.» le parole le erano uscite dalla bocca come un fiume in piena, e non era stata capace di controllarle.
«Quindi ha mentito alla polizia?»
«Praticamente sì. Ha detto solo di essersi allontanato per cercare Hallie, ma non credo che questo gli sia di grande aiuto.»
«Wow.», commentò JJ, seriamente stupito, questa sì che è una notizia. «Comunque non ci vedo niente di male a dire che erano entrambi nei sotterranei.»
«E’ qui che ti sbagli. Chloe afferma di aver mandato esclusivamente Hallie nel seminterrato e l'unica chiave la custodiva lei stessa, essendo rappresentante d’istituto. Nell’esatto momento in cui hanno acceso i generatori sono tornati anche tutti i dati del sistema, il che andrebbe in serio svantaggio di Hallie, se non fosse per il fatto che i due interruttori d’accensione si trovano in due zone completamente diverse dello scantinato e Hallie non avrebbe potuto proprio fisicamente accenderli entrambi nello stesso momento e –»
«… E quindi se la polizia sapesse che George era nella sala con Hallie lui diventerebbe all’istante il sospettato numero uno.», JJ concluse la frase per lei. «Che gran casino.»
«In ogni caso, si pensa che la Bellwood avesse degli “alleati” dentro la scuola che avevano il compito di fare questa cosa, e per ora stanno cercando loro nella speranza di risalire alla Bellwood.»
«Dagli alleati al capo, fanno sempre così.» constatò il ragazzo, alzando lievemente le spalle.
In quel momento squillò il telefono di JJ, e lui si allungò oltre il corpo di June per riuscire a pescarlo dalle pieghe del divano. «Pronto?» rispose ormai a quello che doveva essere l’ultimo squillo.
Il ragazzo rimase in silenzio qualche istante, per poi cominciare a rispondere con dei monosillabi alla persona all’altro capo del telefono. June intanto lo guardava interrogativa, nella speranza che lui lasciasse trapelare qualche informazione da quella che conversazione – che a giudicare dalla faccia di JJ, doveva essere piuttosto importante. Quando dopo qualche minuto riattaccò, June non aveva ancora perso quella sua espressione interrogativa.
«Era Jaymi.», disse JJ, rispondendo finalmente agli interinabili sguardi della bruna. «Dice che non sa cosa fare dato che Hallie non è più in casa e mi ha chiesto di venire qui, e già che c’era ha invitato pure gli altri due.»
«E Hallie non viene?» chiese June, allungando il collo.
«A quanto pare Laine deve aver raccontato una bla storiella anche a Jaymi.» rispose JJ, ridendo sommessamente.
«O forse non la vuole disturbare dato che è uscita di casa dopo un sacco di tempo?» propose June, cercando di difendere la sua amica. In fondo, sapeva che l’avrebbe chiamata al più presto comunque.
«Forse.» convenne JJ, tornando a pensare razionalmente.
«Vai a prendere da mangiare.», ordinò June al ragazzo, cambiando argomento. «Io sistemo la casa.»
«Ma è già sistemata.» protestò il ragazzo.
«Sistematissima.» rispose June, alzando da terra con il pollice e l’indice un pezzo di formaggio che era caduta da una pizza mangiata in precedenza.
 
  
*
 
 
«Forse avremmo dovuto avvertire.» provò a dire, Josh, prima che il suo amico cominciasse a prendere a calci la porta dell’appartamento di JJ.
«Ho già avvertito.» rispose con un sorriso tirato Jaymi, tirando un altro pugno alla porta.
Si sentirono delle voci all’interno della casa e un “arrivo” detto da JJ.
«Alla buon’ora!» esclamò Jaymi, quando il moro ebbe aperto la porta.
«Scusa se stavamo preparando da mangiare.» rispose alquanto ironicamente JJ, lasciandoli passare.
Jaymi si fiondò sul divano, prendendo il telecomando e accendendo la televisione, mentre George si sedeva accanto a lui, prendendo ad armeggiare con il telefono. Josh aveva seguito JJ fino in cucina e Laine sembrava essere tornata la stessa ragazza spavalda di sempre, che non si faceva problemi a stravaccarsi sul divano di casa altrui o a fare commenti non proprio carini ad alta voce riguardanti l’appartamento di JJ.
Poco dopo June, Josh e JJ tornarono nel salotto, con in mano dei salatini e dei pop-corn che avevano preparato solo alcuni istanti prima, allungandoli agli altri ragazzi.
«Quindi, dove l’abbiamo lasciata Hallie?» chiese JJ, tirando fuori l’argomento jolly.
Nessuno rispose, né staccò gli occhi dal telefonino che aveva davanti, e solo qualcuno si limitò a stringersi nelle spalle.
«Andiamo, siete venuti qui per parlare o per messaggiare?» continuò il ragazzo, palesemente curioso di voler sapere com’erano andate veramente le cose.
«Come se June non ti avesse già detto tutto.» commentò Laine, senza scomporsi di un centimetro.
«Se è per quello ti stai comportando davvero in maniera strana.» disse JJ alla ragazza, senza paura di sembrare troppo invadente. Proprio perché la conosceva poco, si sentiva di poter dire quello che pensava senza nulla da perdere, dato anche che Hallie gli stava piuttosto simpatica rispetto a quella bionda che dava del filo da torcere al suo amico Josh.
«Sarei io la strana? Ma per piacere.»
«Ehi, ragazzi, non iniziamo, c’è la partita.» si intromise infastidito Jaymi, alzando il volume della tv e zittendo tutti.
«George, tu non sei suo amico?» chiese JJ, sapendo di toccare un tasto dolente.
June tirò una lieve gomitata nel fianco del suo ragazzo, che lui evitò di proposito, continuando a fissare il suo amico negli occhi.
Se c’era una cosa che tutti sapevano, era che JJ poteva essere il ragazzo più disponibile del mondo in un momento, ma se si metteva in testa di sapere una cosa non avrebbe badato ai sentimenti contro cui remava. Quando il moro stava per rispondere, Josh lo interruppe prima ancora che potesse aprire bocca. «Amico, adesso ti vuoi davvero mettere contro di noi per una che non conosci nemmeno?» chiese, scocciato dalle continue domande del moro. In condizioni normali Josh non avrebbe mai risposto in tono così a nessuno, tantomeno a un suo buon amico.
«Sto solo chiedendo.» rispose in tono pacato JJ, voltandosi per un nanosecondo verso June e facendole capire che doveva difendere la sua amica.
«E’ solo che è strano vedere Laine senza Hallie, tutto qui.» riuscì a dire June, cercando di sembrare il più naturale possibile, quando sapeva di star dicendo la cosa più stupida del mondo. Andare contro Laine era l’ultima cosa che voleva fare, non che non l’adorasse, perché lei sapeva essere una persona estremamente gentile alcune volte, ma quello non sembrava essere uno di quei giorni.
«Beh, la prossima volta la smette di mettere nei casini George.» rispose nuovamente Josh. «Sappiamo tutti che è solo gelosa delle tredici ragazze sulla lista e vorrebbe esserci anche lei.»
 
Rimasero tutti molto sorpresi dal cambiamento di carattere repentino di Josh, che era passato da anima caritatevole sempre pronto ad aiutare tutti a cane agguerrito.
«Ancora con questa storia della lista? Al ritorno dalla centrale non parlavi d’altro.» si lamentò Jaymi, staccando solo per un secondo gli occhi dal grande schermo.
«E poi non credo sia colpa sua se George l’ha seguita nel sotterraneo.» aggiunse JJ, sempre più infervorato da quella storia, nonostante l’avesse appresa solo pochi minuti prima.
«Stavo scappando da Chloe.» puntualizzò George, parlando per la prima volta.
«In un posto in cui casualmente si trovava anche Hallie.» aggiunse l’altro.
June intanto cercava di trattenere JJ dal fare affermazioni troppo punzecchianti e di non scaldarsi troppo, ma il moro sembrava gestire la situazione alla perfezione.
«Non ne avevo idea.» affermò il riccio, sbuffando., «Poi scusatemi, mi pare che la polizia non l’abbia nemmeno interrogata, quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi se non le fanno domande.»
«Se non l’hanno interrogata fino ad adesso, credimi, lo faranno presto.», disse June, prendendo le difese di JJ. «Sembra che lei sia il personaggio principale di tutta questa storia, non credo la lasceranno fuori ancora per molto, e a quel punto nessuno l’avrà avvisata di nulla e lei dirà delle cose su George che nessuno le aveva avvisato di non dire.»
«Ingannando la polizia, livello dieci.» annunciò con voce robotica Laine.
«Sta’ un po’ zitta.» disse sottovoce JJ, solo perché lei e June potessero sentirlo.
A un certo punto, Jaymi, che non ne poteva più di tutte quelle lamentele, si alzò in piedi e prese quasi a urlare. «Basta! Smettetela tutti! Sembrate un gruppo dei bambini dell’asilo che litigano per dei giocattoli. Stiamo parlando della polizia, ragazzi! Insomma, non ci sono bastate tutte le volte che ci hanno beccato alla piazza? O quando ci hanno quasi sbattuto tutti dentro per un errore di Riley? George, parla con Hallie, che se dovete ingannare gli sbirri su qualche cretinata fatelo bene, o rischiate di finire doppiamente nei casini! Laine, tu smettila di fare così e parlaci con la tua migliore amica, che sarà una settimana che non esce di casa, esclusa stamattina. E poi con ‘sta cavolo di lista, avete finito? Ne avete ancora dieci oppure possiamo saltare il passaggio e ne troviamo un’altra che faccia “quella giusta”?»
«Nove, Callie Reesey è ufficialmente esclusa.» aggiunse George, a bassa voce, cercando di ignorare la voce di Jaymi nella sua testa che ripeteva la parola “Riley”.
«Non me ne frega niente, voglio che questo anno finisca e voglio andarmene, perché onestamente non vi riconosco più, amici miei.» concluse Jaymi, tornando a sedersi sul divano e alzando il volume di molto.
«’Fanculo.» sussurrò George, prendendo la sua felpa e andandosene dall’appartamento sbattendo le porta.
Era tutta colpa sua, e lo sapeva.
 
 
*
 
 
«Bonnie, a me sembra una pessima idea.» disse onestamente Hallie, mentre attraversavano con passo lento il corridoio grigio della centrale di polizia di Bristol.
«Vedrai che invece è una grande idea, non per nulla sono a capo del giornalino della scuola da ben quattro anni e guadagno anche un bel po’.» ripose la rossa, pavoneggiandosi per le sue doti di furbizia.
«Non credo c’entri molto questo perché –»
«Fidati di me.», la interruppe Bonnie. «Vai dentro e dici che ti sembra strano che non ti abbiano interrogata e che vuoi solo sapere se va tutto bene. Probabilmente ti interrogheranno e uscirai di qui con più risposte di quel che credi e io saprò qualcosa di più su questa questione.»
«Invece secondo me penseranno che sono una pazza che ha i sensi di colpa e mi rinchiuderanno in una cella.» disse non fiduciosa Hallie.
«Non dire cavolate.» la zittì Bonnie, spingendola ad aumentare il passo.
Si trovavano ormai a metà strada per arrivare al banco d’accettazione quando furono interrotti da un rumore di passi svelti dietro di loro.
Hallie si voltò, confusa dal rumore, per vedere la figura di George accasciarsi a terra senza fiato. Alzò lo sguardo verso di lei, puntandole l’indice addosso.
«Non muovere un altro passo.» fu l’unica cosa che sentì forte, detto con una lentezza estrema, prima che il ragazzo riprendesse a respirare a fatica.

 


_____


 
Ciauu melinde!
In questa tristissima giornata di settembre ho deciso di aggiornare ... e vorrei sapere cosa ne pensate di questo capitolo :)
Ho deciso di dedicare un capitolo agli altri nostri bei personaggini perchè credo di aver lasciato troppe domand senza risposte. Dotemi se ci sono altre cose che non capite e io vedrò di rispondervi al più presto. Grazie mille alle persone che preferiscono, recensiscono e seguono, mi fa piacerissimo <3

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Un bacione enorme,

Apple.



 
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«Quindi ha mentito alla polizia?»
«Praticamente sì. Ha detto solo di essersi allontanato per cercare Hallie, ma non credo che questo gli sia di grande aiuto.»

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


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(16)



 

Hallie sapeva perfettamente che quello che stava facendo era immorale e stupido, ma era stufa di stare lì con le mani in mano – cosa che aveva fatto per tutta la sua vita.
«Va bene.» acconsentì finalmente Hallie.
George, Bonnie e Hallie erano seduti in quel bar da ormai tre ore, e finalmente sembrava che fossero giunti a un accordo. Inizialmente Hallie si era categoricamente rifiutata di mentire alla polizia, mentre Bonnie osservava la scena deliziata, prendendo appunti sul suo taccuino e mangiando pane e informazioni. Il ragazzo aveva provato a convincerla in tutti i modi, ma alla fine era stato solo un repentino cambio d’umore di Hallie a ribaltare la situazione.
«Davvero?» chiese incredulo George, spalancando gli occhi e le orecchie.
«Qualcosa andrà storto, me lo sento.» rispose scoraggiata la mora, passandosi una mano fra i capelli.
«Oh, anche io.» aggiunse Bonnie, sorridendo e continuando a scribacchiare.
La rossa si beccò degli sguardi torvi da parte dei due ragazzi.
«Hallie, andrà tutto bene.» la rassicurò George, posando una mano sopra la sua. La ragazza ritirò la mano velocemente, appoggiando la testa sul tavolo. «Stai zitto.» disse, piagnucolando lievemente.
Una smorfia di sconforto attraversò il viso di George, mentre il suo telefono prendeva a squillare. Hallie non mosse la sua testa di un centimetro, tenendola bene incollata al tavolo, non curandosi di sembrare una drogata in piena fase di crisi, mentre Bonnie sorrideva soddisfatta, in estasi dalla quantità delle informazioni che stava raccogliendo.
George si allontanò per rispondere al telefono e Bonnie aprì la bocca, colta dalla felicità. «Ho fatto proprio bene a cercare te per prima, questo sarà un vero e proprio scoop.»
In risposta però ricevette soltanto un grugnito da parte della ragazza che ormai si era arresa alle persone intorno a lei.
«Ragazze, ho una buona notizia.», annunciò George, tornando al loro tavolo. «Si va in campeggio!»
«Eh?! Cosa?» esclamò Hallie, alzando la testa e risvegliandosi improvvisamene dal suo stato comatoso.
«Evviva!» squittì Bonnie, lanciandola sua matita per aria.
«Dov’è finita la gelida e impassibile ragazza di ieri?» chiese la mora, voltandosi verso Bonnie.
«Sono una brava attrice.» rispose lei in sua difesa, assumendo per un secondo la stessa espressione del giorno prima e togliendosi i capelli da una spalla con una mano. Hallie tornò a fare il broncio, nascondendosi il volto fra le mani.
«Non credo io abbia le forze per andare in campeggio. Dopo tutto questo disastro non ho le forze nemmeno di pensare.»
«Per questo lo dico. JJ ha proposto di andare a fare una gita e di invitare chi vogliamo, per svagarci un po’ data la situazione in cui ci troviamo.» disse George, camminando avanti e indietro davanti al piccolo tavolino di metallo.
«Ma che cavolo di ragionamento è questo?», esclamò Hallie. «Proprio data la situazione in cui ci troviamo proporrei un riposino generale.»
Hallie aveva deciso di perdonare temporaneamente George, e di stabilire una breve tregua fra loro due. E per “perdonare” intendeva “dimenticare temporaneamente che mi hai baciato”, ma andarci in campeggio insieme le sembrava un po’ eccessivo.
«E dove avete intenzione di andare?» chiese Bonnie, ignorando le occhiatacce che la intimavano di tacere da parte della ragazza seduta al suo fianco.
«Non lontano. Solo nella pineta qui davanti a dir la verità.»
Hallie si lasciò sfuggire una risatina sommessa. «Che campeggio.» disse, sarcasticamente.
«Appunto, non è un campeggio vero e proprio. Vieni e ci divertiamo. Faranno una festa e ci saranno un sacco di persone, e poi dormiremo in tenda.» disse George, cercando di convincerla.
Hallie non se la sentiva di dire a George che in realtà non voleva andarci perché non voleva parlare con le sue amiche e i suoi amici. Si sentiva una codarda, perché dopo averli ignorati – ed essere stata ignorata anche lei a sua volta, sia chiaro – aveva semplicemente pensato di lasciar trascorrere un po’ di tempo e di dar la colpa a qualche rara malattia congenita venuta a galla solo negli ultimi tempi. Eppure sembrava che il destino non fosse esattamente dalla sua arte e che avrebbe dovuto affrontare le sue paure prima del previsto.
«Con questo tempo?» chiese Hallie, alzando gli occhi verso il cielo grigio.
«Ci divertiremo.» promise lui.
George non l’avrebbe mai ammesso, ma la verità era che nemmeno lui sarebbe voluto andarci. Sentiva che ultimamente aveva perso ogni legame con i suoi amici e pensò che avere una persona come Hallie lì con lui l’avrebbe rincuorato e non poco. Si disse che se Hallie non fosse andata, anche lui a sua volta avrebbe trovato qualche scusa per mollarli all’ultimo secondo e fare una capatina a casa della mora con una scusa altrettanto stupida. Dal momento in cui Jaymi aveva fatto il nome di Riley, George aveva immediatamente pensato a Hallie, e di come lei fosse stata l’unica persona a preoccuparsi del rapporto fra lui e la sua ex fiamma.
«Dai, per favore.», la pregò lui, cominciando a saltellare sul posto. «Anche la giornalista viene.» disse, alludendo a Bonnie.
«Puoi scommetterci.» rispose lei, con un enorme sorriso.
Hallie aveva un’espressione piuttosto scocciata sul viso, ma sbuffando riuscì ad acconsentire, come sempre. «Va bene…»
«Grande!»
Hallie annuì, consapevole del fatto che stava compiendo una sfilza di scelte sbagliate, una dietro l’altra, e se lo sentiva.
«Quando e dove ci vediamo?» chiese Bonnie, ponendo le domande che sembravano ovvie.
«Alle otto davanti al cancello blu vicino alla pineta.», decretò il ragazzo, cominciando ad allontanarsi. «Mi raccomando!» gridò lui.
«E se piove?» chiese urlando Hallie.
«E’ previsto bel tempo!» rispose George, ormai lontano.
«Se lo dici tu.» sussurrò a bassa voce la ragazza.
 
 
*
 
 
«Bel tempo eh?», chiese indispettita Hallie, stretta nel suo impermeabile verde mela, mentre guardava George con sguardo torvo. «Non basta che tutte le persone qui presenti, compresi la mia migliore amica e il mio quasi fratellastro, mi odino, ma anche a madre natura non sembro stare molto simpatica.»
Per tutta risposta un tuono rombò nel cielo, rompendo il monotono ticchettio della pioggia e facendo sobbalzare alcuni dei presenti.
«Non ti odiano, gli passerà in fretta.» rispose il ragazzo scuotendo con una mano l’acqua fuori dal ciuffo che era esposto alla pioggia, camminando con lo sguardo rivolto verso i suoi piedi, attento a non inciampare nel fango del terreno.
«Beh, in questo momento non mi stanno parlando.» constatò lei, indicando distrattamente le figure dei suoi amici, che camminavano in testa alla fila.
«Sono solo i capricci di Laine.» si limitò a dire George, saltando una grossa pozzanghera.
Hallie sbuffò. Normalmente non era una ragazza pessimista, ma quell’insieme di eventi la stavano mettendo davvero di cattivo umore. Con George aveva concordato che si sarebbero rivisti il giorno seguente, e fino ad allora non avrebbero tirato fuori la questione “Caso Bellwood” con grande dispiacere di Bonnie. Hallie si voltò per qualche secondo per guardare la rossa, che con le sue gambe corte stava facendo fatica a mantenere il passo del gruppo, composto da almeno una quindicina di persone. Aveva un impermeabile blu che le si era appiccicato in fronte, insieme ai capelli e strizzava gli occhi per vederci tra le gocciolone di pioggia che le cadevano in viso. Aveva un’aria proprio comica, e Hallie avrebbe riso volentieri, se non fosse stato per il fatto che la sua situazione non era tanto migliore.
Hallie camminava al fianco di George, che però sembrava aver perso la sua positività del pomeriggio, e si limitava a tenere gli occhi fissi davanti a sé, occasionalmente guardando dove mettesse i piedi. A un certo punto il ragazzo alzò la testa e Hallie vide i suoi occhi illuminarsi, mentre si strizzava gli occhi con una mano.
«Callie, ehi, sei venuta!» esclamò George, aumentando il passo e raggiungendo una ragazza bionda che camminava circa due metri avanti a loro.
“Ah, è per quello che gli si erano illuminati gli occhi.” pensò, leggermente delusa dal comportamento che assumeva il ragazzo in quei casi. Insomma, riusciva a essere la persona più ragionevole del mondo in un momento, e quella più superficiale in un altro; proprio non riusciva a capirlo. Evidentemente aveva sottovalutato la motivazione che spingeva George a voler trovare quella ragazza speciale.
Hallie non fece in tempo ad alzare gli occhi, che si scontrò con la persona che camminava davanti a lei.
«Oddio, scusami!» esclamò lei, mettendo le mani avanti, quasi avesse paura che quella persona potesse colpirla per il fatto che le avesse pestato il retro della scarpa.
«Figurati! Sono già un disastro, peggio non può andare…» rispose una voce maschile.
Il ragazzo si voltò, mostrando una carnagione molto chiara e degli occhi scurissimi. Sul corpo portava una mantella blu elettrico che si tolse dal capo con una manata infastidita, per scoprire dei capelli i media lunghezza altrettanto scuri.
«Io sono Dylan.», si presentò, stringendole la mano fradicia. «E tu hai le mani congelate.»
«Piacere, Hallie.», sorrise di rimando lei. «E lo so.»
I due ripresero a camminare, per non rimanere indietro.
«Di chi sei amica?» chiese lui, indicando il gruppo davanti a loro.
«George, Jaymi, JJ, Laine…» iniziò lei.
«Ah, la fidanzata di Josh.» concluse Dylan. Hallie sospirò, quel ragazzo aveva sentito almeno uno degli altri nomi che gli aveva detto?
«Già… non so se stiano insieme o meno, comunque.»
Ultimamente sembrava che la gente non volesse sapere altro che la situazione sentimentale della bionda e di Josh.
Il ragazzo annuì, per poi cambiare argomento, con grande sollievo di Hallie. «Hai una tenda?» chiese poi, guardando lo zaino di lei, il quale sembrava piuttosto piccolo.
«No, io e Bonnie dovevamo stare con George, ma a quanto pare sembra aver trovato qualcun altro.» lo indicò, qualche metro avanti, mentre circondava con le spalle una ragazza che stava sorridendo.
«Oh, Callie.» disse lui, identificandola.
«La conosci?» chiese la mora, sorpresa. Forse questa “ragazza sulla lista” sarebbe potuta diventare più di un semplice nome, forse era più interessante della altre, forse era quella giusta per George.
«Sì, Callie Rovers, è una mia amica.» rispose sorridendo sinceramente.
«Ti piacciono le bionde?» chiese curiosa, sperando di sembrare troppo invasiva o pazza-paranoica.
«Perché?» chiese lui, con una risata.
«No, dico, prima quando ti ho detto che sono amica di Laine hai fatto una faccia tutta compiaciuta, e adesso lo stesso con Callie…»
«Ah, beh, diciamo che ho sempre avuto un debole per Laine, e Callie, beh, è una mia amica.» rispose, onesto, ripetendo le sue stesse parole, quasi per paura di fare un passo falso.
Era esattamente per questo motivo che Hallie non aveva rifiutato l’offerta del campeggio. Perché dopo una certa ora, se si camminava al buio e sotto la pioggia, si cominciava a dire tutto quello che si pensava. Ci sono quei dieci minuti di confessioni ogni volta che un gruppo di ragazzi si ritrova insieme – non importa se si siano già incontrati prima oppure no – e in qualche modo si finisce a dire ogni pensiero più profondo. Per esempio, Hallie ebbe l’impressione che Dylan stesse attraversando uno di quei momenti.
«Beh, non so quanto ti farà piacere, ma ti dirò che credo che per un altro po’ Callie rimarrà solo una tua amica.», gli confessò, facendo spallucce e saltando sopra una grossa radice. «E Laine, in realtà non so nulla su di lei ultimamente, a parte per il fatto che è cotta di Josh, quindi non so se hai tutte quelle speranze.»
«Non mi stai affatto consolando.» affermò Dylan, senza però smettere di sorridere.
«Mi spiace.» rispose Hallie, senza essere realmente dispiaciuta.
Dylan scosse la testa, quasi sconsolato. Eppure rideva. «Fai troppo morire.»
Hallie non seppe se prenderlo come un complimento oppure no. «Puoi sempre provarci con Bonnie.» gli propose lei, indicando con la testa la ragazza minuta che avevano alle spalle.
Dylan scosse la testa. «Non sono così disperato da farmi raccomandare, non esageriamo.»
«Dicono tutti così.» lo prese in giro Hallie.
«Sono serio.» ribatté lui, senza smettere di ridere.
La ragazza per tutta risposta alzò le spalle, quasi a prenderlo in giro. Dylan sembrava proprio la copia di George quando parlava, solo che a lui piacevano le bionde.
«L’ho già sentita questa frase.», sussurrò lei sottovoce, quasi sconsolata. «Comunque scherzavo, era solo per dire.» riprese a un tono di voce udibile al di sopra del rumore della pioggia ininterrotta.
Il ragazzo rise, per poi saltare sopra un tronco d’albero e poi aiutare Hallie a fare lo stesso, prendendola per una mano. I quindici ragazzi erano finalmente arrivati alla loro destinazione, una radura lontana dagli alberi che potevano risultare pericolosi durante un temporale e mentre tutti si cominciavano a sistemare, Hallie sembrava essere spersa fra quelle persone che non le rivolgevano nemmeno una parola. Dylan sembrò notare il suo disagio, e le offrì un aiuto. «Ho una tenda abbastanza grossa, vi unite a me e il mio gruppo?»
Hallie esitò un attimo, ma fu quello che vide con la coda dell’occhio a farle dare la risposta definitiva. «Certo, grazie.» disse, prima di chiamare Bonnie.
Meno un’altra ragazza, adesso era arrivato a baciarne cinque in meno di tre settimane. Certo che George ci sapeva davvero fare.



_____



Ciao melinde :)
Mi dispiace averci messo più di una settimana ad aggiornare, ma ho dovuto pensare molto al fatto di cancellare questa fan fiction. Tranquille, non lo faccio, ma il commento di una ragazza su twitter mi ha sconvolto e non poco. Avevo chiesto consiglio a una mia amica e questa ragazza si è intromessa dicendo "la tua fanficiton non la segue nessuno perchè Hallie è noiosa e lei e George non fanno mai niente". Le botte che le avrei tirato. Caruccia, se stai leggendo, sappi che Hallie è ispirata a una ragazza normale con pensieri normali e George è un cazzone normale che vive la sua vita normale. Se vuoi leggere una fan ficiton hard sei pregata di cambiare autrice. 
Detto questo... mi fareste sapere se devo cambiare davvero qualcosa di questa fan fiction? Ne dubito sempre di più...
Alla prossima. Un bacione enorme,



Apple.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***



Hallie non si era mai sentita così dolorante fino a quel momento. Il suo letto e le sue lenzuola le sembravano qualcosa di irraggiungibile e inesistente, comparati al duro materassino su cui aveva passato le precedenti sei ore con gli occhi sbarrati. Non era riuscita a chiudere occhio, un po’ per il freddo che le penetrava nelle ossa, e un po’ per il russare fastidioso di Bonnie, ma soprattutto per i pensieri che le avevano ronzato in giro per la testa. Per esempio, non sapeva se avrebbe mai più parlato a Laine. Insomma, non avevano letteralmente litigato, eppure la bionda non sembrava aver intenzione di parlarle molto presto. La stessa cosa valeva per June, che alla cena della sera prima aveva palesemente evitato lo sguardo di Hallie, quasi avesse paura che se l’avesse incrociato sarebbe dovuta andare per forza a parlarle. Per non parlare di come avessero continuato a lanciare occhiatacce a Bonnie per tutta la serata, come se la detestassero solo perché stava rivolgendo la parola alla mora. Per quanto riguardava George, non l’aveva più visto dopo il bacio con la Callie bionda e la stessa cosa valeva per Laine e Josh, che dopo essersi scambiati alcune effusioni in pubblico non erano più stati avvistati da nessuno. Dylan aveva seguito la scena con lo sguardo e poi aveva fatto una faccia disgustata, probabilmente più per gelosia che per altro. In fondo, chi poteva dargli torto? Laine era proprio carina, ed era esattamente il tipo di ragazza che aveva la coda di ammiratori; a questo Hallie era abituata. Eppure, non si capacitava del fatto che la sua amica trattasse tutti i ragazzi – a eccezione di Josh, era sottointeso – come degli oggetti, stracci da cui ricavare affetto per poi lascarli in mezzo alla strada come se non ne avesse mai fatto uso, ed essere comunque desiderata dalla maggior parte di essi. Sbuffò, infastidita. Lei ci metteva tutto il suo impegno eppure non attirava l’attenzione nemmeno di un babbuino sottaceto.
Cercò di autoconvincersi che alla fine tutti ricevevano il loro momento di gloria, eppure le sembrava che quel momento non sarebbe mai arrivato per lei.
Dylan le aveva confidato che lui aveva avuto una cotta per Laine dal primo giorno di liceo, ma non aveva mai avuto il coraggio di parlarle. D’altronde, non era proprio come George.
Quest’ultimo aveva appena baciato un’altra ragazza, e dire che l’aveva conosciuta solo la sera prima. Ne aveva baciate cinque in tre settimane, una cifra piuttosto elevata, e se poi si conta che poi non aveva più voluto rivederne nemmeno una di loro, era proprio un comportamento scorretto e immorale, quello che violava tutti i princìpi di Hallie.
La ragazza si alzò, cercando di non fare rumore per non svegliare Bonnie e Dylan, che dormivano nei loro sacchi a pelo dall’altro lato della grossa tenda scura. Quel mini-appartamento di tela verde militare era davvero enorme e aveva ospitato altri due amici di Dylan la sera precedente.
Hallie uscì dalla tenda e una ventata gelida la colpì in piena faccia. «Perfetto.» sussurrò irritata sottovoce. Era giugno, e non si capacitava del fatto che nonostante ciò facesse un freddo polare. La ragazza si strinse nella sua felpa, la quale teneva ben poco caldo. Aveva smesso di piovere, ma le pozzanghere non erano ancora sparite dal terreno, e i suoi stivali da pioggia sprofondavano nel fango come se fossero sabbie mobili. Mosse qualche passo incerto, avvolta dal silenzio e dalla sottile nebbiolina che si era formata durante la notte.
Essendo solo le sei e trenta, stavano ancora dormendo tutti, e Hallie pensò per un secondo che sarebbe potuta tranquillamente tornare a casa, lasciando un messaggio o qualcosa del genere per non spaventare Bonnie. Prese il telefono nell’intento di farlo, quando vide un massaggio di suo padre che chiedeva se tutto stesse andando bene. Rispose velocemente di sì, e poi sobbalzò, sentendo un rumore alle sue spalle. Si voltò di scatto, sol per vedere George uscire da una tenda nera, stiracchiandosi.
«Ehi.», disse con voce assonnata lui, stropicciandosi gli occhi. «Che freddo.» commentò poi, non ricevendo una risposta dalla mora.
«Già.» si limitò a dire Hallie, non prestando particolare attenzione a George, trafficando con il suo telefono.
«Tutto a posto?», chiese lui, avvicinandosi alla ragazza e assumendo uno sguardo preoccupato. «Cosa ci fai fuori a quest’ora?»
«Non riuscivo a dormire.» rispose semplicemente, senza guardarlo negli occhi. Avrebbe forse dovuto dirgli che provava quasi ribrezzo per aver baciato così tante ragazze in così poco tempo e poi averle abbandonate tutte a se stesse? O forse era solo lei che si attaccava alle persone così in fretta. Bastava pensare a quello che era successo in discoteca: lei ci era ancora attaccata mentre probabilmente l’altro ragazzo se n’era già ampiamente dimenticato. Si diede della stupida per l’ennesima volta e scosse la testa. «George, era quella giusta?» chiese, sapendo di non dover spiegare nulla di più e sicura che lui avrebbe subito capito a chi si stesse riferendo.
«No.» disse semplicemente.
Hallie tirò un sospiro di sollievo, ma senza farsi notare dal ragazzo. Non riusciva a immaginarsi George vicino a una biondina tutta pepe e niente cervello.
«Vuoi mangiare qualcosa?» gli chiese lei, cambiando completamente argomento.
George annuì, muovendo qualche passo verso di lei e stringendosi anche lui nella sua felpa blu con il cappuccio. «Io voglio tornare a casa.» dichiarò Hallie, spostandosi una ciocca di capelli da davanti al viso.
«Anche io. Prendiamo la roba e andiamo.» concordò il castano.
Hallie rimase molto colpita dalla decisione improvvisa di George, e soprattutto per il fatto che per una volta non avesse nulla da ridire sulla proposta della ragazza.
«Come facciamo con tutti gli altri?» chiese poi Hallie, che non aveva nemmeno considerato l’idea che George potesse mai essere d’accordo con lei.
«I telefoni li hanno inventati per una ragione. Sono sicuro che l’inventore dei telefoni si trovasse in una situazione del genere quando ha deciso che qualcosa dovesse essere fatto per facilitare le cose alle persone come noi.»
Hallie ridacchiò. «Potremmo semplicemente lasciare un biglietto.»
«E se non lo trovassero? È esattamente questo quello di cui sto parlando, il messaggio è il sistema migliore. Lo leggeranno quando noi siamo già a casa, mentre il biglietto dove glielo lascio? Appeso a un albero?»
«Sei ridicolo.» ribadì la mora, sorridendo e prendendo in mano lo zaino che le stava passando George.
«Ho voglia di cioccolata.» affermò lui, infilandosi il giubbotto.
«Ma siamo a giugno.» osservò Hallie.
«Devi smetterla di pensare così tanto.» disse George, superandola e raccogliendo le ultime sue cose. Hallie fece la stessa cosa, prima di scrivere un breve messaggio a Bonnie e uno a Dylan, spiegando la situazione a entrambe. Lei e Dylan si sarebbero sicuramente rivisti, lei voleva sapere ancora molte cose sulla sua vita e sui suoi sentimenti, le sembrava un ragazzo davvero a modo e forse sarebbe riuscita a raccontargli qualcosa anche su Laine e dirgli che non si perdeva niente in quanto a cuori spezzati.
Hallie venne distratta da George che le disse che se volevano filarsela senza essere visti avrebbero dovuto andarsene in fretta.
Cominciarono a camminare in fila indiana, mettendo un piede dietro l’altro e cercando di non inciampare nelle radici umide che si nascondevano ovunque nel terreno. Hallie rischiò di cadere un paio di volte, mentre George si destreggiava abbastanza bene con il coordinamento delle gambe.
«Possiamo prima andare a casa e poi andare a prendere questa benedetta cioccolata?» chiese Hallie, quasi implorando il ragazzo e guardandolo come se si trattasse di una questione di vita o di morte. Più o meno in fin dei conti lo era. La mora era fradicia dalla testa ai piedi a causa un po’ dell’umidità e un po’ del sudore, e una fastidiosissima brina si era posata sui suoi indumenti, aumentando la percentuale di acqua che aleggiava intorno a lei. Non c’era niente di più che Hallie odiasse che sentire la sensazione di appiccicaticcio dietro al collo.
George annuì, «Posso cambiarmi da te?»
«Certo.»
Arrivarono a casa di Hallie prima del previsto, muovendosi spediti e senza voltarsi indietro. Per fortuna suo padre era andato a dormire dalla sua compagna e non era in casa, lasciandola quindi sola con un ragazzo. Non che si sentisse troppo in imbarazzo, solo che avrebbe preferito affrontare una situazione del genere con qualcun altro nelle vicinanze.
«Io vado a cambiarmi, se vuoi il bagno è di là. Fai pure con comodo.» disse Hallie, cercando di sembrare il più naturale possibile, come se si trovasse in situazioni simili tutti i giorni. Doveva solo calmarsi un attimo.
George annuì e poi si voltò, avviandosi verso il bagno. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, salendo le scale e chiudendo la porta della sua stanza. Tirò fuori dei vestiti puliti e in due minuti era pronta per uscire. Pensò per qualche secondo ai suoi amici che aveva lasciato al campeggio, distogliendo poi la mente da quello non appena si accorse che si stava rattristando. Non voleva sfogarsi con George, anche se avrebbe volentieri parlato con qualcuno di tutte le cose che erano successe. Si sentiva come se non potesse pronunciare una parola di troppo con nessuno che subito le si sarebbe ritorta contro.
«Sei pronta?», le urlò George, affacciandosi sul corridoio. «Bella casa comunque.»
«Eccomi. Oh, grazie.» gli rispose la mora, facendo capolino dalla sua stanza, afferrando solo il suo telefono e alcune monete e infilandosele distrattamente nella tasca della felpa.
«Andiamo al bar che devo parlarti di alcune cose.»
Hallie rimase basita dalle parole del castano, perché, per prima cosa, lui non sembrava esattamente il tipo che diceva “devo parlarti” – come aveva infatti precedentemente dimostrato – e secondo, se mai l’avesse mai detto, Hallie era convinto che potesse essere solo per la troppa vodka.
Si incamminarono velocemente verso il bar dove Hallie ricordava di aver visto Josh per la prima volta, con quel cappellino grigio topo e la sua aria spersa. La ragazza non ne poteva davvero più di camminare ma per ascoltare quello che George aveva da dirle forse ne sarebbe valsa la pena. Insomma, doveva ammetterlo, una minuscola parte di lei era affascinata dall’atteggiamento contorto del ragazzo, anche se avrebbe potuto farne a meno, e non poteva dirsi non attratta da lui, anche se solo in una minima percentuale. E poi non riusciva a togliersi dalla testa il bacio che le aveva dato nella cantina. All’inizio aveva cercato di rimuoverlo, catalogandolo come “errore assoluto da non ripetersi” ma poi, ripensandoci e vedendo che George si mostrava sempre più disponibile con lei e non portava avanti quella sua facciata da duro, Hallie aveva cominciato a pensare al bacio come a un qualcosa di giusto – affrettato, certo – ma comunque giusto. Forse di paranoie se n’era fatte veramente troppe ma in fondo non aveva analizzato la situazione e non aveva mai guardato positivamente tutta la storia. Aveva sempre escluso George dalla sua lista dei possibili ragazzi senza dargli nemmeno la possibilità di guadagnarsi la sua fiducia. George non era il ragazzo perfetto secondo Hallie, la quale avrebbe preferito molto di più un ragazzo in stile gentleman che non si sarebbe mai permesso di trattare male la sua ragazza. Un ragazzo gentile, sostanzialmente. O un’ameba, come l’avrebbe definito Laine.
Quindi, pensò Hallie, forse avrebbe dovuto cominciare a vedere George sotto un’altra luce, cercando di dimenticare il fatto che avesse baciato fin troppe ragazze e che probabilmente lui aveva ben altre idee in testa.
Per farla breve, era un casino. Hallie decise quindi – in quei cinque minuti di cammino che la separavano dal bar – che lei sarebbe stata gentile e senza pregiudizi verso George, ma che non avrebbe ostacolato i suoi futuri piani con le ragazze, poi, al momento opportuno, avrebbe cercato di conoscerlo meglio e vedere cosa pensava veramente lui. Si sentiva un genio per la pensata “furba”, ma allo stesso tempo un po’ triste perché George poteva cambiare idea da un momento all’altro lunatico com’era e non era possibile predire le sue azioni.
«Cosa vuoi prendere?» chiese il castano, sventolando la carta dei dolci sotto il naso di Hallie.
«Ehm…», pensò lei, riscuotendosi dai suoi pensieri. «Solo dell’acqua e una brioche.» rispose poi, abbassando con la mano i fogli che agitava George.
«Vado e torno.» disse lui, alzandosi e affrettandosi dentro il bar, dove non era presente anima viva, se non per il solito barista con i capelli neri che sedeva annoiato dietro il bancone con un giornale fra le mani.
Hallie si guardò intorno, ascoltando in silenzio tutto i sottili rumori di Bristol e cercando di captarne la provenienza. Scoprì ben presto di essere negata a quel gioco e non vedeva l’ora che George tornasse con la sua brioche. Si pentì di non aver preso anche qualcos’altro, ma si stava impegnando a non mangiare troppo e aveva cominciato a sostituire qualunque bibita con l’acqua.
«Grazie mille.» disse Hallie, quando George le porse le sue cose. Gli sorrise, ringraziandolo per aver pagato anche la sua parte.
«Volevo parlarti delle cose che stanno succedendo a scuola.», cominciò lui. «Secondo me siamo finiti in una specie di film d’azione e non ce ne siamo accorti.»
«Può darsi.» gli rispose Hallie, che in realtà con la sua testa stava pensando a tutt’altro. Quindi George voleva solo parlare di quello che era avvenuto a scuola? Il ragazzo cominciava a guardarla storto poiché Hallie stava strappando in maniera compulsiva l’etichetta della bottiglietta d’acqua.
«Dimmi tutto.» lo spronò la ragazza, alzando lo sguardo e tornando a concentrare tutta la sua attenzione su George.
«Allora. Stavo pensando di far scrivere un articolo alla tua amica giornalista, Bonnie.»
«Beh, aspetta.», lo interruppe Hallie. «Sai che non è una vera giornalista, vero? Cioè non lavora per un giornale o niente del genere.»
«Io non ha mai detto che lo deve pubblicare lei. Ho semplicemente detto che dovrebbe scrivere un articolo su questo fatto e poi ci penseremo noi.» disse George, con un sorriso che di rassicurante aveva ben poco.
«Non finiremo nei guai, vero? Ti ho coperto ben troppe volte. A partire da quando ho mentito e ho detto che non eri nel seminterrato con me.»
«No, per niente! Insomma, che male c’è a scrivere i fatti in maniera obbiettiva?» chiese lui, in maniera quasi retorica.
«Tralasciando qualche dettaglio?»
«Qualche dettaglio insignificante.» rispose George, cercando di convincerla.
«Va bene. Scrivile un messaggio.» concesse lei, allungandogli il suo telefono.
Lui sorrise, gratificante. Hallie pensò che erano poche le volte in cui l’aveva visto sorridere, e diamine, era proprio bello. Era ovvio che tutte quelle ragazze gli cadessero ai piedi.
«George, ma perché gli altri ce l’hanno con me?» chiese lei, senza apparente motivo.
«Beh, in realtà non c’è un vero motivo.», cominciò lui, alzando la testa . «Josh e Laine sono semplicemente troppo presi l’uno dall’altro per accorgersi del mondo che li circonda. JJ e June non credo ce l’abbiano con te e Jaymi… beh Jaymi è sempre troppo fatto per capire qualcosa.»
«Ah, odio le persone.» affermò Hallie, gettando la testa all’indietro.
George rise di nuovo, tornando a scrivere il messaggio a Bonnie. «Tu lo dici a me?»
«Cosa intendi dire?» chiese lei, che era convinta che vivere nei panni del castano fosse una pacchia.
«Voglio dire che la gente è complicata, litiga ma non sa nemmeno il motivo per cui lo fa, sparla di altra senza sapere assolutamente niente e crede di essere superiore a tutto e tutti. Pensano di conoscermi e mi odiano senza un apparente motivo. Meno male che tu non sei così.» le rispose, senza staccare gli occhi dal telefono della ragazza.
Hallie, dal canto suo, rimase senza parole. Riuscì semplicemente a ricominciare a prendersela con l’etichetta della bottiglia d’acqua. «Oh, non credo…»
«No, te lo dico io invece. tu sei sempre gentile e disponibile con tutti, e affronti le situazioni in maniera matura. A volte sono geloso, vorrei avere il tuo carattere.»
Se prima Hallie non sapeva cosa dire, adesso si sarebbe volentieri sotterrata due metri sottoterra. Non era abituata ai complimenti, men che meno da parte di George, con cui aveva un rapporto più che strambo.
«Grazie, non è vero, ma grazie.» riuscì semplicemente a sussurrare.
«Di nulla.» rispose lui, sorridendole.
«Quindi secondo te cosa dovrei fare con gli altri?» chiese Hallie, che moriva dalla voglia di spostare l’attenzione da lei a qualunque altra cosa.
«Come ho detto prima, sei tu l’esperta. Non sono la persona adatta per questo tipo di consigli.»
Hallie sospirò, cominciando a pensare. Poteva optare per un semplice “mi dispiace” e avrebbe risolto tutto in poco tempo. La sua migliore amica le mancava più di quanto avrebbe sospettato e le dispiaceva veramente non essere in buoni rapporti con Josh, che era sicura l’avrebbe perdonata se solo avesse chiesto scusa. Per quanto riguardava Jaymi, George aveva completamente ragione, era sempre troppo fumato per accorgersi di lei. Si chiese se sua madre e suo padre avessero mai notato la quantità di erba che nascondeva sotto la giacca. Probabilmente sì, dato che ovunque andasse si trascinava dietro una puzza inconfondibile di fumo.
Con JJ e June non aveva mai propriamente discusso e la tensione non era palpabile la metà di quanto lo fosse con Laine, quindi se avesse chiarito con quest’ultima avrebbe probabilmente risolto tutto anche con gli altri due. Si disse che avrebbe chiesto a Laine di uscire la sera stessa, prima si risolvevano i problemi, meglio era.
«Gli chiederò scusa per tutto, anche se non so cosa ho fatto davvero. ma lo farò.» decretò infine Hallie.
«Mi sembra la scelta giusta.», le disse George, toccando un paio di volte la mano di Hallie in segno di approvazione. «L’ho sempre detto che sei la migliore a dare consigli. Comunque, adesso devo andare. Ci vediamo presto, vorrei uscire altre volte con te. Ciao.» e con queste parole si alzò, lasciando il telefono di Hallie davanti a lei, e si allontanò come se si fosse ricordato che doveva fare qualcosa di estremamente urgente.
«Ciao.» disse Hallie, rimanendo imbambolata come solo una ragazza che aveva ricevuto ben troppi complimenti dal ragazzo sbagliato riusciva a fare.
Dopo alcuni istanti prese in mano il telefono e scrisse un messaggio a Laine che aveva ben poche parole, ma che ne lasciava intendere molte altre.
“Dobbiamo parlare.”



_____




Melinde,
notizia flash: non sono morta, ma solo il mio wi-fi. Sto aggiornando da casa di una mia amica perchè il mio non dona segni di ripresa purtroppo.
Volevate un momento Gallie, e anche se non era pianificato, in tutto questo tempo ho avuto il tempo di dedicarvene uno degno di essere chiamato tale. Mi sta piacendo un sacco il modo in cui si relazionano questi due e quindi volevo farvelo piacere anche a voi. 
Nnniente, spero non siate troppo arrabbiate con me e per farmi perdonare verrò a casa della mia amica più spesso per aggiornare :)
Grazie mille a tutte le bellissime recensioni a cui spero di rispondere prestissimo, ai messaggi privati pieni d'amore verso la storia e i bellissimi tweet (su twitter sono @tayrdrops) che mi scrivete. Love you all, e continuate a dirmi cosa ne pensate.
Un bacio,



Apple.

 
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***



Hallie si chiese se avesse fatto male a chiedere a Laine di incontrarla a casa sua, ma in fondo non ne poteva nulla se la sua voglia di uscire era inesistente. Pensò che forse, oltre a sostituire l’acqua alle bibite, avrebbe dovuto cominciare a praticare un po’ di attività fisica, ma la sua idea svanì di colpo quando sentì suonare al campanello.
«Ciao.» disse, non appena aprì la porta e si trovò davanti la sua amica bionda, con i capelli perfettamente ordinati e i vestiti puliti, che aveva sostituito alla tenuta fangosa che aveva usato per andare al campeggio.
«Ciao.» rispose l’altra, entrando in casa senza che l’altra lo invitasse a farlo. Era ormai un’abitudine e nessun litigio avrebbe potuto cancellarla.
«Perché mi hai ignorato?» chiese di getto la mora, senza aver nemmeno chiuso la porta.      
«Credevo che fossi tu quella che mi ignorava.»
«Laine, mi conosci da quasi quindici anni e sai perfettamente che non sono capace di ignorare le persone. Sai che mi viene il panico e non sono capace di non parlare volutamente con una persona. Se tu fossi semplicemente venuta da me, ti avrei parlato di tutto senza problemi, e questo tu lo sai perfettamente. Quindi se per caso negli ultimi giorni non l’ho fatto era per il semplice motivo che credevo tu non mi volessi intorno.»
Laine sospirò. «Lo so, la verità è che ero arrabbiata con te perché non capivo il tuo atteggiamento. Credevo fossi gelosa di me e Josh.»
«Ma che cosa stai dicendo?», la interruppe la mora. «Io ho sempre incoraggiato il rapporto tra te e Josh.»
«Lo so, e mi dispiace.», rispose sospirando la bionda, sedendosi con un tonfo sulla poltrona del salotto dell’amica. «Ti vedevo come un essere un po’ troppo depresso da avere intorno quando io al contrario ero felice. Scusami se non ti ho chiamato ultimamente, adesso che lo dico ad alta voce capisco che stupida che sono stata.»
Hallie sorrise sinceramente. Sapeva quanto a Laine pesasse scusarsi e quanto lo facesse di rado, per questo apprezzò infinitamente il gesto. Non era certo da tutti i giorni trovare la bionda che ammetteva i propri errori, anche se, per farlo, aveva dovuto dare la colpa anche ad Hallie. Non le importava neanche un po’.
«Dispiace a me.», rise Hallie, abbracciandola. «Forse ultimamente ho avuto un atteggiamento un po’ depresso ma giuro che non volevo.»
Sorrisero entrambe. «Grazie per avermi scritto questa mattina. L’avrei fatto io se il mio orgoglio non facesse così schifo.»
«Lo so, lo so, ma ti voglio bene comunque, anche se il tuo orgoglio è grosso come una casa.»
«Quindi posso chiamare tutti per fare una serata a casa tua?» chiese Laine, eliminando dalla sua mente la settimana appena trascorsa in lite con Hallie.
«È stato Jaymi a suggerirla?» chiese sospettosa la mora.
«Già. È un sì?»
«Sembra che ultimamente non sia più capace di dire di no. E se l’ha detto Jaymi probabilmente vuol dire che mio padre torna tardi per stare con Kelly.»
Hallie non si era accorta che Laine aveva già chiamato Josh per invitarlo, e adesso stava già componendo il numero di June.
«Vado a prendere da bere.» decretò Hallie, andando in cucina.
«Oh quasi mi dimenticavo di dirtelo. Ero con Josh in centro e abbiamo visto tua madre parlare con la preside.», disse Laine, facendo capolino da dietro la porta, ancora con il telefono incollato all’orecchio. «La vera preside.» aggiunse poi, dopo una smorfia di Hallie.
«Santa maria.», imprecò Hallie. «Credi sia grave?»
Laine fece una smorfia che lasciava poco ad intendere. «Diciamo che non aveva un’aria molto felice.»
«E quando mai?» commentò Hallie, accomodandosi vicino alla bionda, appoggiandosi al bracciolo della poltrona.
«Allora questo festino?» cambiò argomento l’altra, appoggiando la sua testa sulla spalla di Hallie.
«Si fa.», rispose di getto la mora. «Qui, domani sera.»
«Perfetto.»
«Però, ti prego, non invitare troppa gente che poi tocca a noi ripulire.» la pregò Hallie.
«Tranquilla.» rispose Laine.
 
 
*
 
 
«Abbiamo un problema.» la informò June, posandole una mano sulla spalla.
Hallie si girò per sentire più di quello che voleva dire. La sua conciliazione con Laine aveva fatto sì che automaticamente tutti i rapporti si riappacificassero, era come se lei e Hallie fossero i due pilastri che tenevano insieme quel grande gruppo e senza di loro sarebbe crollato tutto a pezzi.
«Che genere di problema?» chiese Hallie, portandosi il bicchiere d’acqua alla labbra e cercando di sovrastare con la voce il suono della musica. Non aveva intenzione di ubriacarsi proprio a casa sua e dato che Laine aveva ovviamente invitato più persone del dovuto, doveva tenere la situazione il più sotto controllo possibile.
«I ragazzi sono arrivati che erano già sbronzi.» disse tutto d’un fiato.
«Per ragazzi, intendi JJ, Josh, Jaymi e George?» chiese Hallie, quasi strozzandosi con la sua stessa saliva.
«Proprio loro. E meno male che JJ si è messo a bere di meno e sono riusciti ad arrivare qui sani e salvi.»
«Ma non sapevano che sarebbero venuti qui a bere? Perché e dove hanno bevuto? Cosa gli è preso? Cos’hanno detto?» le domande le uscivano dalla bocca come un fiume in piena.
«Sono andati in un altro pub da quanto ho capito, per seguire non so chi, e poi si sono messi a bere. JJ ha poi guardato l’ora e ha deciso di portarli qui perché Jaymi non si reggeva più in piedi.»
«Tipico.», commentò Hallie, roteando gli occhi. «E adesso dove sono?»
«JJ è qua intorno, Jaymi dorme nel suo letto, Josh l’ho affibbiato a Laine, che credo lo porti a casa sua, mentre George è andato in bagno e poi in camera tua.» rispose June, con tono agitato.
«Ehi, Ju, hai maneggiato la situazione perfettamente, però avresti dovuto chiamarmi prima. Adesso calmati.» le disse Hallie, accompagnando l’amica in cucina, l’unico posto della casa dove si poteva trovare una sedia ancora intatta.
«Lo so, ma non riuscivo a trovarti! E Laine è sparita subito con Josh e io non sapevo dove andare a sbattere la testa. Se succede qualcosa a loro è tutta colpa mia perché ho fatto una cosa che non avrei dovuto fare.» disse June d’un colpo.
«Ah, ecco da dove viene tutta l’agitazione.»
«Non mi uccidere. Non l’ho fatto apposta.» mise le mani avanti la mora.
«Sputa il rospo.»
Ci mise quasi cinque minuti, ma poi, non senza sforzi, confessò la sua colpa. «Non è vero che io non sappia dove e chi hanno seguito. Dopo il campeggio sono andata con Bonnie e il resto del gruppo a casa mia, mentre tu eri con George, e sulla strada abbiamo visto Callie Farrey e Kim Garrett, due ragazze del mio corso di scienze. Le ho salutate e loro ci hanno invitato ad andare con loro questa sera in un locale in centro. Quando se ne sono andate, senza pensarci ho detto ad alta voce che entrambe erano sulla lista di George. Credo sia inutile dirti che in pochi secondi lo avevano avvisato e…», vedendo la faccia sempre più delusa dell’amica si affrettò a cercare di correggersi. «Io non credevo ci sarebbero andati per davvero!»
Hallie non poteva nascondere la sua crescente rabbia, ma trovava inutile prendersela con June, che non aveva nessuna colpa della sempre più crescente stupidità dei loro amici. Prese un bel respiro prima di riuscire a risponderle. «Non importa, davvero. Adesso vado a vedere come sta.»
Detto ciò, lasciò June con alcune parole a mezz’aria, che la musica decisamente troppo alta copriva ma che lei non aveva comunque intenzione di ascoltare. Doveva trovare George e doveva farlo in fretta, prima che potesse combinare qualsiasi altro guaio.
Si precipitò al piano superiore e senza pensarci due volte spalancò la porta della sua camera cominciando a imprecare contro George, che dal canto suo giaceva inerme sul letto, con la testa penzolante da un lato.
«Ma che diamine pensi di fare?» sbottò Hallie, non sapendo nemmeno la causa di tutta quella sua rabbia. Non sapeva se fosse causata dalla preoccupazione che provava per lui sapendolo andare in giro ubriaco oppure semplicemente perché la mattina stessa aveva sostenuto una conversazione seria con lei e poche ore dopo si era ritrovato a pedinare due ragazze della sua famosa “lista”. Se Hallie fosse potuta tornare indietro nel tempo avrebbe buttato quell’idea giù per il gabinetto. Lei non era una ragazza che si arrabbiava spesso, anzi, non capitava quasi mai, ma in quel momento la frustrazione quasi l’accecava.
«Cosa?» chiese confusamente George, alzando di poco la testa e pulendosi disordinatamente la bava che aveva preso a scendere al lato della sua bocca.
«Guarda come ti sei ridotto.» continuò a guardarlo con aria disgustata, noncurante del fatto che quella conversazione non sarebbe andata da nessuna parte, visto lo stato del ragazzo.
«Ho bevuto un po’.» rispose tranquillo lui, sbattendo il mento sul letto e facendo rimbalzare un paio di volte la testa, mettendosi poi a ridere.
Hallie cominciò a passeggiare avanti e indietro per la stanza. «Dove diavolo siete andati?» chiese poi, con un tono di voce leggermente più calmo, che però non lasciava intendere nulla di tranquillo.
«Le abbiamo pedinate, Callie e Kim. Le ho baciate tutte e due.» disse George, componendo la frase a fatica.
«Sì, ma dove?»
Ora la voce di Hallie tremava visibilmente e quasi ringraziò che l’ubriachezza del ragazzo non gli avrebbe fatto ricordare niente il giorno successivo. Ormai era palese, se non a tutti, almeno a Hallie. Le interessava George e si preoccupava per lui e il fatto di sapere che fosse in giro a pedinare e baciare ragazze la faceva sentire quasi “inutile”. Come se la conversazione della mattina stessa non fosse servita a niente, come se gli sforzi di mantenere quell’amicizia impegnativa risultassero sempre più vani.
«Non lo so… in centro.» rispose con fare stanco.
Hallie non voleva davvero sembrare psicopatica o invadente in nessun modo, anche se si rese conto che era davvero troppo tardi per tornare indietro. «E quindi, dopo questa stupidaggine almeno l’hai trovata? L’hai trovata la famosa ragazza » chiese, e si rese conto che per pronunciare queste parole ci aveva messo più del dovuto sforzo, e quasi temeva la sua risposta.
George borbottò qualcosa di insensato, cosa che fece innervosire ancora di più Hallie.
«Che hai detto?»
«No.» si limitò a rispondere lui, senza alzare la testa dal piumone.
Ci mancò poco che Hallie si lasciasse scappare un sospiro di sollievo, ma riuscì a mantenere un tono arrabbiato. «Beh…», cominciò. «Dormi.» gli ordinò poi, uscendo velocemente dalla stanza senza aggiungere altro.
George assunse un’espressione ulteriormente confusa, ma non se lo lasciò ripetere due volte. Appoggiò la testa sul cuscino di Hallie e scivolò nel sonno.
 
 
*
 
 
«Se mio padre scoprisse cos’ho fatto –»
«Non lo scoprirà.», Laine interruppe bruscamente qualunque paura che poteva nascere in Hallie. «Jaymi mi aveva già avvertita per quanto riguarda i suoi orari e come vedi sono già tutti fuori di casa.»
«Sì, ma come la mettiamo con il fatto che abbiamo quattro persone ubriache in casa? In più ci siete tu e June, e tu non mi sembri proprio tanto lucida.» continuò la mora, finendo di sistemare l’ultimo bicchiere fuori posto.
Laine si lisciò la maglia che aveva indossato quella mattina stessa per aiutare Hallie a riordinare la casa. «Io me vado tra poco, insieme a Josh, June e JJ, quindi di noi non ti devi preoccupare. Jaymi abita qui e George…beh, lui è un problema.»
Hallie non nascose la sua frustrazione, sbuffando rumorosamente. «Okay, grazie mille. Tu sei un genio e io mi inventerò qualcosa. Adesso però andatevene che tra poco torna mio padre.»
L’amica le sorrise, porgendole la scopa che Hallie rimise subito nello sgabuzzino. «A domani! O dopo, insomma, vediamo. Ciao!» gridò la mora ai suoi amici che stavano lasciando la casa.
June le rivolse un saluto con la mano, mentre i due ragazzi erano troppo stanchi anche solo per guardarla.
«La gente di Bristol deve smetterla di bere così tanto.» disse Hallie fra sé e sé.
Si guardò intorno e non vide altro che una casa pulita e splendente, forse ancora meglio di come fosse prima della festa. Rimase ancora qualche minuto in silenzio, prima di voltare la testa verso l’orologio: segnava le otto di mattina. Questo voleva dire che era sveglia da circa ventotto ore. Si precipitò subito in bagno, dove guardandosi allo specchio per poco non urlò. Sotto gli occhi poteva scorgere chiaramente due enormi occhiaie viola, per non parlare degli occhi rossi. Proprio quando la situazione non sarebbe potuta diventare peggiore per Hallie, che tra l’altro non aveva ancora idea di cosa fare con George, sentì una macchina fermarsi nel vialetto.
Hallie cercò di pensare in fretta e lucidamente, ma tutto quello che riusciva a sentire era il suo respiro pesante e l’imminente attacco di panico che le sarebbe venuto. Cos’avrebbe detto suo padre, aprendo la porta e trovandola in quelle condizioni? Per non parlare della scenata che avrebbe fatto se avesse trovato un ragazzo nel suo letto. La ragazza aveva pensato di farlo andare in camera di Jaymi e fingere che il suo quasi fratellastro l’avesse invitato a dormire ma ormai non c’era più tempo. Si precipitò al piano di sopra ed entrò come un uragano in camera sua. Ignorando George che dormiva beatamente nel suo letto, si cambiò i vestiti infilandosi il pigiama, e poi andò al fianco del ragazzo, cominciando a scuoterlo violentemente.
«George, devi svegliarti! C’è mio padre! Svegliati!» gli urlò, ma ci volle qualche secondo prima che il ragazzo rispondesse alla sua chiamata.
Quando Hallie sentì la porta d’ingresso aprirsi, sperava che tutto fosse al proprio posto oche comunque suo padre non avrebbe notato nulla. Il papà di Hallie non era un tipo da ordine maniacale, non notava quando le cose erano fuori posto, e le scuse che a volte si era bevuto erano di dimensioni colossali, e questo accadeva perché Hallie non si era mai messa in alcun pasticcio. Però la ragazza non voleva che quella fiducia si rompesse, o se no sapeva che suo padre sarebbe diventato davvero molto severo.
George intanto aveva preso a mugolare qualcosa, ma Hallie non aveva più tempo per stare ad ascoltarlo e pensò a dove avrebbe potuto nascondere il ragazzo. «Vai sotto il letto!» gli disse poi, aiutandolo a infilarsi nello spazio fra le doghe e il pavimento.
Fortunatamente George non appose molta resistenza, o forse non ne aveva semplicemente la forza, comunque in pochi secondi Hallie era nel suo letto che faceva finta di dormire.
«Ti prego, non fare rumore.» fu l’ultima cosa che sussurrò Hallie, prima di chiudere gli occhi. Cercò di calmare il suo respiro, anche se sapeva che suo padre non sarebbe andato così vicino da potersene accorgere.
Sentì dei passi sulle scale, e le voci distinte di suo padre e della sua fidanzata. Per un attimo che parve interminabile, Hallie sentì la testa di suo padre fare capolino nella sua stanza e scrutarla scrupolosamente. Fortunatamente tirò la porta subito dietro di sé. Hallie aspettò un minuto prima di mettersi seduta, e subito si ricordò di un particolare a cui non aveva fatto attenzione: Jaymi! Sì che Laine le aveva detto che dormiva, ma se suo padre l’avesse trovato tutto vestito e con la bava agli angoli della bocca era sicura che non sarebbe stato molto contento. Il signor Sanders – il papà di Hallie – non si sarebbe mai intromesso nella vita di una persone che non era suo figlio, ma dato che la madre era lì presente non poteva garantire la totale protezione di Jaymi.
Non sentì nulla, quindi assunse che probabilmente Jaymi avesse la porta chiusa e i due fossero troppo stanchi per controllarlo.
Hallie si alzò dal letto e si chinò per raggiungere l’altezza di George. «Grazie, e scusami per la bruschezza, ma mi avrebbe ucciso.»
Lui alzò le spalle, non muovendosi di un centimetro. «Sono troppo distrutto persino per controbatterti.»
«Allora devi essere morente.»
«Non so chi abbia la faccia peggiore però.» rispose George sottovoce, sorridendole.
«Guarda che faccio ancora in tempo a lanciarti fuori dalla finestra.» lo ammonì scherzosamente lei, sdraiandosi completamente appena fuori dalla copertura del materasso.
George, sorrise di nuovo, poi però divenne serio. «Mi dispiace per ieri sera. Ho visto Riley e ho perso la testa, io –»
«Come? Aspetta, Riley? Non me l’avevi detto.»
Il ragazzo sospirò e tutta la rabbia che Hallie aveva provato per lui svanì in un istante. «Non so quanto ti abbiano già raccontato.», cominciò George, passandosi una mano fra i capelli e voltandosi un pochino più verso la ragazza. «Ieri, dopo che io e te ci siamo salutati al bar, mi hanno chiamato dicendo che avevano visto le ragazze della mia lista e che erano stati invitati ad una festa. Inizialmente non ci volevo nemmeno andare, ma poi mi sono lasciato convincere. Laine ci ha detto che subito dopo però saremmo dovuti venire qui e possibilmente di non bere troppo. L’unica cosa è che se io vado in discoteca mi lascio un po’ andare… insomma, bevo troppo. E il fatto che io abbia visto Riley mi ha, diciamo, istigato a bere. Ah, e non le avrei nemmeno baciate se non fosse stato per lei. Avevo intenzione di lasciar perdere questa questione della lista… ma mi sono detto che ormai ero lì e…» le sue parole gli morirono in bocca.
«Non ti devi giustificare con me.», lo rassicurò Hallie. «Riley ti ha visto?» chiese poi.
«Credo di sì, insomma, ma non sono nemmeno così sicuro. Mi ricordo poco o niente di ieri sera. Però mi ricordo benissimo che eri arrabbiata con me.»
Hallie scosse la testa. «Non ero arrabbiata, o meglio, lo ero, ma ero spaventata per te. Lo stato in cui ti ho trovato qui era… tremendo.»
«Lo so… mi dispiace un sacco.»
La ragazza sorrise lievemente. «Non importa, adesso pensiamo a questa questione di Riley. Sai quando se ne va? Sai qualcosa in generale?»
«No, nulla. Ma non ho visto Lucas al locale.», disse George, e dopo aver visto lo sguardo interrogativo di Hallie si affrettò ad aggiungere. «È il suo ragazzo.»
«Oh.» disse semplicemente Hallie.
«Già. “Oh” è la parola giusta.»
«Senti, che ne dici se vai a casa a sistemarti e poi possiamo sentirci così mi spieghi bene? Questa posizione sta diventando scomoda e ho paura che mio padre possa entrare e vederti.» disse Hallie, sperando di convincerlo. non voleva mettere nei guai nessuno, in più era stanca morta e avrebbe volentieri dormito qualche ora.
«Certo.» acconsentì George, strisciando fuori dal suo nascondiglio e alzandosi in piedi.
Quando fece per aprire la porta, Hallie lo fermò appena in tempo con un “No!” soffocato.
«Mi sono dimenticata di dirti che devi uscire dalla mia finestra.»



_____



Ciau melinde!
Indovinate chi non è morta? Indovinate chi ha infiltrato la rete wifi di qualcun'altro? Io, già.
Allora, grazie mille per tutti i bei messaggi. Vi adoro e mi si spezza il cuore a non potervi accontentare.
Scrivetemi qualcosa nelle recensioni e io vi prometto che proverò a fare del mio meglio per aiutarvi in qualunque cosa. 
Fatemi sapere di come pensate stia andando avanti la storia. Love y'all.
ps. adesso su twitter sono
@tayrdrops
Baci,


Apple.
 

 
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


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Hallie non riusciva a capacitarsi della velocità con cui era caduta vittima di George. Era entrata nella sua rete praticamente consapevolmente, quindi cercare di affibbiare la colpa a lui era a dir poco inutile. Adesso ogni cosa che faceva, che pensava o che diceva la ricollegava a George. Era quasi frustrante dover nascondere i suoi sentimenti davanti a una persona che sapeva non essere quella giusta per lei. «A cosa stai pensando?» chiese Laine distrattamente, girandosi verso di lei, sorseggiando il suo thè freddo. Hallie venne riportata sulla terra dalla voce della sua amica, anche se non era sicura che questa volesse davvero una risposta, dato che stava guardando lo schermo del suo cellulare.
«Bah, a niente di che.» mentì la mora. Poteva forse dirle di come stesse pensando al sorriso di George o al modo in cui camminava o ai suoi occhi che si illuminavano quando parlava? Sorrise inconsciamente e fu grata del fatto che Laine non le stesse prestando più di tanta attenzione.
Si trovavano al solito bar da più di un’ora e ormai gli argomenti di cui conversare erano esauriti, quindi Hallie non si senti in colpa più di tanto quando si allontanò dal bar con una scusa banale. Si sentiva come se dovesse urlare i suoi sentimenti al mondo intero ed era conscia del fatto che si stava comportando in maniera a dir poco ridicola, ma non poteva farci nulla. Il pensiero di George le riempiva il cuore e la mente, impedendole di pensare ad altro.
Il giorno prima era uscito l’articolo scritto da Bonnie nel quale c’era scritta tutta la verità – o comunque tutta le verità conosciuta – riguardante il caso della scuola di Hallie e degli altri, ma quest’ultima non riusciva proprio ad interessarsene. La sera stessa Bonnie era ripartita per tornare dalla sua cittadina d’origine, e di nuovo Hallie non era riuscita a mostrare tristezza. Da un lato, non le dispiaceva molto dato che a malapena la conosceva, ma dall’altro si sentiva ingrata perché forse non l’aveva ringraziata abbastanza per aver scritto quella storia ed essere riuscita a pubblicare l’articolo, grazie al quale forse sarebbe riuscita a trovare delle risposte, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era George. Il modo in cui lui cercava di evitare di farla arrabbiare, anche se spesso il risultato non era pienamente soddisfacente, il modo in cui le sue chiamate sembravano una manna dal cielo e riuscivano a farle svuotare la testa da tutte le sue preoccupazioni la faceva impazzire e la parte peggiore era che Hallie fosse pienamente consapevole del fatto che sembrasse una ragazzina di dodici anni alle prese con la sua prima cotta, ma purtroppo era esattamente così che si sentiva.
Per poco non urlò quando vide il nome di George comparire sullo schermo del telefono.
«Sì?» squittì, cercando di contenersi.
«Ehi Hallie, devo parlarti di una cosa urgente, posso venire a casa tua tra più o meno un quarto d’ora?» chiese lui, accompagnato da un tono di voce sereno.
«Certo.» rispose la mora, lanciando un’occhiata all’orologio. Jaymi era fuori e anche suo padre quindi non ci sarebbe stato nemmeno il bisogno di chiedere il permesso.
«Grande, ci vediamo, ciao.» disse allora lui, chiudendo la chiamata.
Hallie sorrise inconsciamente e affrettò il passo, sentendosi come se potesse saltare talmente in alto da toccare la luna. La breve conversazione le aveva mandato il cuore in aritmia e ancora non si capacitava del fatto che avesse potuto cambiare i suoi sentimenti riguardo a George in così poco tempo. Un giorno negava assiduamente ogni suo interesse per il ragazzo e il giorno dopo non poteva far altro che pensare alla sua dolcezza. Riusciva quasi a dimenticare ogni torto che lui le aveva rivolto e si sentiva stupida per non aver quasi ricambiato quel bacio scambiato nei sotterranei il giorno dell’alluvione.
Voleva buttare la sua lista al vento e urlargli in faccia che nessuna ragazza sarebbe potuta essere meglio di lei per lui. George le aveva già accennato al fatto che volesse arrendersi con quella stupida cosa delle tredici ragazze dato che nessuna delle altre candidate gli stava molto simpatica e non aveva alcun interesse nei loro confronti. Hallie si chiese perché si fosse svegliato così tardi per accorgersene però tenne la bocca chiusa, annuendo e dicendogli che le sembrava un’idea ragionevole e che comunque non doveva sprecare il suo tempo rincorrendo galline starnazzanti. A quel commento George aveva riso di gusto e Hallie si era sentita ancora più felice. Erano trascorsi esattamente cinque giorni dall’ultima volta che si erano visti e non ne poteva più. Non voleva scrivergli troppo spesso ma non voleva nemmeno che lui si dimenticasse di lei. Era così frustrante cercare di non farsi scoprire mentre cercava di mandare piccoli segnali nella speranza che anche lui cominciasse a pensare a lei in maniera diversa.
Con questi pensieri che le ronzavano per la testa giunse a casa, solo per trovare un sorridente George aspettarla sulla porta.
«Ehi!», urlò lui, andando in contro per abbracciarla. «Come stai?»
Il suo buonumore era contagioso, quindi lei non poteva sentirsi in altro modo se non felice.
«Io bene, tu? Come mai sei così felice?»
George si limitò ad allargare il suo già ormai enorme sorriso, limitandosi a poche parole. «Muoviti ad aprire la porta che ti devo raccontare.»
«Okay, okay, entra.»
In meno di trenta secondi erano già appollaiati sul divano della ragazza, uno che non riusciva a stare fermo dall’emozione e l’altra con le gambe incrociate a guardarlo sorridendo. Non potendo più contenersi Hallie chiese a George che cosa lo prendesse da renderlo così fremente di gioia.
«Ho una notizia che non ti potresti mai immaginare.» disse lui, torturandosi le mani.
“Ti sei accorto di essere sempre stato innamorato di me?”, pensò Hallie, continuando a guardarlo curiosa.
«Ovvero?»
«Beh, sai che ormai ti considero una persona molto vicina a me e voglio essere completamente sincero con te.», continuò lui. La ragazza ormai non respirava più, non sapeva davvero che cosa aspettarsi. «E vorrei dirtelo io di persona.»
«George, muoviti, mi stai mettendo l’ansia.» lo rimproverò Hallie, omettendo di dire che aveva perso persino l’abilità di deglutire.
«Beh, sai che ho rivisto Riley, no?»
Hallie annuì, ma non capiva dove George volesse andare a parare. Fino a quel momento ogni frase che contenesse quel nome non era mai stata pronunciata con un sorriso.
«Insomma, pochi giorni fa l’ho incrociata di nuovo e abbiamo parlato. Sono andato un paio di volte a casa sua e beh… ci siamo rimessi insieme.»
Il divano sotto le gambe di Hallie tremò, e fu sicura di non esserselo solo immaginata. Dovette appoggiare i piedi per terra, ma non riusciva comunque a sentire nulla sotto le suole e la sua gola si era chiusa in una stretta così forte che le sembrava impossibile persino respirare.
George stava continuando a parlare, ma Hallie non riusciva a sentire nulla, se non una vocina che le rimbombava nella testa e le diceva “Come hai potuto anche per un secondo credere di essere migliore di qualcun’altra? Ti sei vista? Non sai fare assolutamente niente, è talmente ovvio che non ti avrebbe mai nemmeno presa in considerazione.” Era curioso come quella voce arrivasse dritta al cuore con parole che tagliavano più di coltelli.
Continuava a fissare la bocca di George che si apriva e si chiudeva. «Sei la mia migliore amica… la mia famiglia… grande aiuto… chiarito… grande sbaglio… brutta situazione… Riley…»
Hallie non seppe per quanto ancora George parlò ma di una cosa era grata: lui era talmente contento da non accorgersi che lei non stava affatto sorridendo. Continuava a ripetersi “Non piangere qui. Non adesso. Non davanti a George.”
L’aveva fatto di nuovo. Ci aveva messo un niente ad illudersi e a rimanere delusa. Doveva smetterla di affezionarsi alle persone che non avrebbero mai potuto darle ciò di cui lei aveva bisogno.
Fece finta di guardarsi intorno mentre ricacciava le lacrime da dove arrivavano, senza alcuna intenzione di farle uscire in un momento inopportuno. L’unica cosa che voleva fare era lanciare tutto in aria chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato in lei.
«Insomma, non potrei essere più felice. Si è lasciata con Lucas e abbiamo chiarito tutto.» concluse George, guardandola in attesa che Hallie dicesse qualcosa. Lui non aveva la più pallida idea di quello che stava succedendo nella sua testa e forse non avrebbe nemmeno voluto saperlo.
«Sono davvero… contenta per te.» fu tutto quello che riuscì a dire Hallie, stringendolo in un abbraccio per evitare che lui vedesse mentre le lacrime cominciavano a scorrerle lungo le guance. Non ce l’aveva fatta a trattenerle, ma almeno George non dava segno di voler staccarsi tanto presto dall’abbraccio quindi avrebbe ancora fatto in tempo a camuffarle per lacrime di gioia. Anche se le sembrava una scusa stupida era sempre meglio che dirgli la verità.
«Volevo che tu fossi la prima a saperlo, e volevo che sapessi anche che sono contentissimo. So che con tutto quello che ti ho detto su Riley forse non la sopporti ma sono sicuro che potreste diventare molto amiche.» disse George, mentre stringeva ancora Hallie fra le braccia.
Hallie si limitò ad annuire, perché sapeva che se avesse detto una qualunque cosa sarebbero usciti solo singhiozzi.
«E ho già organizzato un’uscita per sabato con tutti, quindi hai due giorni per farti bella e fare una buona impressione su Riley… conto su di te, dato che so che i ragazzi non la vedono molto di buon occhio. Dopo tutto, non posso nemmeno dargli torto, dato che sono stato io il primo a dire quelle cose orrende sul suo conto. Beh, l’importante è che io mi sia ricreduto.»
La ragazza si era ripresa un pochino e riuscì a staccarsi dall’abbraccio senza che lui notasse nulla di strano nel suo sguardo.
«Sei felice?» chiese lei.
«Credo che non potrei esserlo di più.»
«È questo quello che conta, buona fortuna allora!» disse lei con un mezzo sorriso, alzandosi con l’intenzione di farlo uscire brutalmente di casa.
«Hai da fare adesso?» chiese lui, speranzoso.
«Sì.», mentì lei. «Mia mamma passa a prendermi per andare a ritirare dei mobili.»
La bugia le scivolò fuori dalle labbra come se fosse olio.
«Starei tutto il giorno ad ascoltarti ma devo davvero aiutare mia madre.» disse con una nota d’ironia, facendo scoppiare a ridere George.
Se solo avesse saputo che la sua frase era la cosa più sarcastica che fosse mai uscita dalle sue labbra forse George avrebbe cambiato opinione su Hallie, non che le importasse più di molto a quel punto.
«Dai va bene, ci vediamo sabato eh!»
«Ovvio, ci vediamo.» disse lei chiudendo la porta.
 
 
*
 
 
«Laine non mi interessa che è estate, che siamo tutti amici, che tante belle cose, ti ho detto che non ho voglia.» rispose piccata Hallie alle insistenze dell’amica.
«Neanche io ho voglia di conoscere Riley, ma se fa piacere a George che è un nostro amico…»
«Digli che sono malata e basta.» la interruppe la mora, alzandosi dal divano e cominciando a raccogliere gli involucri vuoti delle merendine che aveva mangiato in tutta la giornata.
«Da quando in qua sono io quella che deve convincerti a fare la cosa giusta?» le chiese Laine, mettendosi le mani sui fianchi nel tentativo di minacciarla.
«Da quando io ho deciso che non me ne frega più niente di quello che pensano gli altri di me.»
«Hallie.», la richiamò Laine. «Dimmi cos’è successo. Tua madre ti ha fatto incavolare più del solito? Jaymi ha svuotato il frigo? Chi ti ha fatto sclerare?»
Hallie sospirò. Non avrebbe rivelato i suoi sentimenti per George a nessuno. Aveva fatto fatica ad ammetterlo perfino a se stessa, figuriamoci se l’avrebbe detto a qualcun altro.
«Nessuno. Sono solo stanchissima e l’unica cosa che voglio fare è andare a dormire.»
«Ma sono solo le sette!» ribatté Laine, sconsolata. Che cosa stava capitando alla sua amica? Sapeva che non era mai stata una grande fan dell’uscire ma le aveva detto che sarebbero andate a mangiare una pizza, e Hallie non aveva mai detto di no ad una pizza.
Nel vedere la sua amica così esasperata, decise di compiacerla.
«Va bene, va bene, vengo! E adesso per favore togliti dalla faccia quell’espressione da cane bastonato.»
«Meno male, stavo quasi per pensare che avrei dovuto affrontare quella Riley-dai-capelli-rossi da sola.»
Hallie la guardò con fare infastidito. «Ho bisogno di almeno tre ore per prepararmi.»
«Te ne dovrai far bastare una. Abbiamo appuntamento alle otto e mezza.»
La mora rispose con una smorfia prima di correre verso la doccia.
«Fai in fretta, io sto qua a guardare questo programma che non ho idea di cosa sia.»
Poco dopo Hallie uscì dal bagno – sempre correndo – e andò in camera sua, per poi comparire completamente vestita e pronta per uscire.
«Questa atroce serata, prima inizia e prima finisce.»
Laine la guardò un po’ confusa, ma poi acconsentì. «Se lo dici tu… Tra l’altro, stai benissimo con questi pantaloni. Sei dimagrita?»
«Non lo so.», Hallie scosse le spalle. «Non ho controllato.»
«Mi piace la tua maglia.», aggiunse l’altra. «Muoviamoci.» disse poi, aprendo la porta e facendo cenna a Hallie di andare prima di lei.
Le due passeggiarono fianco a fianco per un po’, quando poi Laine si stufò di stare in silenzio.
«E così… Riley.», iniziò, con un po’ di titubanza. «Da dove esce questa?»
Hallie si strinse nelle spalle. «Lunga storia. Non ve l’ha raccontata?»
«No. O almeno, Josh era molto sconvolto e non è riuscito dire nulla quando George ci ha invitati questo sabato. Sembrava avesse appena visto un fantasma.»
«Immagino.», affermò Hallie. «Ha avuto più o meno la mia stessa reazione.»
«E quindi hai intenzione di dirmi perché il fatto che George si sia rimesso con una sua ex sia così sconvolgente? Lui sembrava contentissimo.»
Hallie sospirò. Laine non si sarebbe arresa molto presto e la strada per arrivare al ristorante era ancora lunga, quindi preferì raccontargli per bene tutta la storia – tralasciando il fatto che lei fosse completamente cotta di George – e farle capire perché il fidanzamento fra lui e Riley fosse così sconvolgente.
Alla fine del racconto tutto quello che Laine poté dire fu un semplice «Ah.»
«Già.», concordò Hallie, cercando di non far sentire il tremolio nella sua voce. «Guarda, siamo arrivati.»
Ad aspettarle, seduti su di una panchina fuori dal ristorante, c’erano Jaymi, Josh, JJ e June. I quattro salutarono le due ragazze che si avvicinavano e decisero che sarebbe stato meglio entrare ed aspettare George e Riley all’interno. Nessuno disse una parola riguardo all’argomento, anche se tutti condividevano lo stesso pensiero.
Hallie si sedette fra Laine e Jaymi, e notò con orrore che davanti a lei c’erano proprio i due posti vuoti designati ai due piccioncini. Si odiava per aver scoperto i suoi sentimenti così tardi – o così presto, dipendeva dal punto di vista – e adesso era costretta a fingere che fosse contenta della felicità di George.
Non riusciva a smettere di pensare al bacio nel seminterrato della scuola, se solo non avesse reagito così male… ma fu costretta ad alzare la testa dal tovagliolo perché George si stava già apprestando a salutare Josh e JJ e presto sarebbe arrivato a lei.
Hallie cercò di mettersi sulle labbra il sorriso più finto che potesse nell’abbracciare George.
«Ciao Hal! Come stai?», esclamò lui, senza però attendere risposta. «Questa è la mia ragazza, Riley, di cui ti ho tanto parlato.»
E si fece da parte, per indicare la creatura dotata delle gambe più toniche, dei capelli più rossi – naturali, ovviamente – della carnagione più candida, degli occhi più brillanti e del sorriso più splendente che Hallie avesse mai visto.
«Ciao a tutti!»
  

 


_____



Ciau melinde!
SONO SEMPRE QUAAAAA. Avevo deciso di prendermi una pausa, ma mai, neanche per un secondo, avevo intenzione di lasciare questa storia incompiuta. Vi voglio troppo bene. Poi qualcuno mi ha scritto su ask e allora mi sono sentita in dovere di riprendere a scrivere.
Grazie per avermi aspettata :)
Adesso su ask sono
@iwearsneakers e su twitter sono @tayrdrops
Baci,


Apple.

 

 
 
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«Mi chiamo Riley, molto piacere.» disse lei, accompagnando la sua frase con una risatina.



 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


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«Mi chiamo Riley, molto piacere.» disse lei, accompagnando la sua frase con una risatina.
Aveva i capelli rossi che portava sciolti da un lato e gli occhi che non si capiva bene se fossero azzurri o verdi, ma erano comunque molto belli ed espressivi. Era inutile dire che Hallie si sentisse in imbarazzo, stretta nei suoi jeans scuri e la sua maglietta nera, costretta a guardare il ragazzo che le piaceva baciare dolcemente Riley sulla guancia, che invece portava un vestito blu svolazzante e aveva un corpo mozzafiato.
I due si accomodarono davanti a lei, e Hallie spostò i piedi perché George potesse mettere i suoi senza pericolo d’intralcio. Laine, seduta vicino ad Hallie, non sembrò notare tutto questo disagio e salutò Riley e George come se niente fosse.
«Allora, cosa ci siamo persi?» chiese lui, di evidente buon umore.
«Non molto, a dire la verità, solo un signore che nell’uscire è andato a sbattere contro la porta.» rispose Jaymi che aveva riso per dieci minuti buoni quando il povero signore era uscito dal ristorante.
In quel momento arrivò il cameriere e i ragazzi ordinarono delle pizze con svariati condimenti.
«Che schifo la pizza con i peperoni.» disse June a JJ, che come risposta le fece la linguaccia.
Laine aveva preso ad accarezzare la schiena a Josh che si girò per baciarla, e Hallie rabbrividì inaspettatamente a quella visione. Se solo avesse potuto teletrasportarsi nel letto di casa sua ne avrebbe sicuramente approfittato.
Proprio in nel momento in cui stava per congedarsi per andare in bagno, fingendo di doverlo veramente usare per scopi utili, le arrivò un messaggio. Stupita, dato che nessuno la cercava mai se non per chiederle di copiare i compiti, tirò fuori il cellulare.
 
Da: Dylan. Ore: 8.47
Ciao Hallie! Sono Dylan, il ragazzo che hai conosciuto in campeggio quella volta che pioveva un sacco e ti ho ospitato nella mia tenda. Volevo solo dirti che ho letto l’articolo che Bonnie mi ha mandato via mail che ha pubblicato sul giornale della sua università e sono rimasto sconvolto, mi aveva raccontato qualcosa ma non credevo che la situazione fosse così complicata. Mi sono informato e ho scoperto delle cose interessanti, ti va se una volta ci vediamo e ne parliamo?
 
A: Dylan. Ore: 8.51
Dylan! Come stai? Sì, la situazione è più complicata di quello che sembra e sì, certo che mi va di sapere cosa hai scoperto! Ma non tenermi sulle spine, dimmi qualcosa adesso… sono ad una cena e farei di tutto pur di distrarmi.
 
Da: Dylan. Ore: 8.58
Ahaha d’accordo allora. Intanto sapevi che Bianca Bellwood è stata arrestata? Hanno scoperto che è stata pagata da uno studente che si chiama Jack per disattivare lei stessa gli archivi elettronici con le vostre iniziali, poi per fortuna è intervenuta la preside originale che è tornata dalle vacanze e ha recuperato gli archivi cartacei e ha messo fine a quella baggianata.
 
A: Dylan. Ore: 9.00
Non ci credo! E come mai nessuno sa ancora niente di questa storia?
 
Da: Dylan. Ore: 9.03
Nessuno vuole coinvolgere così tanti studenti, ci sarebbero un milione di persone da intervistare e soprattutto la vostre preside non ha assolutamente voglia di aumentare le brutte voci che circolano sulla vostra scuola.
 
A: Dylan. Ore: 9.05
Sono sicura che tante di quelle brutte voci siano vere. Insomma, la nostra scuola non è mai stata ben vista, sia per la zona della città, che per la gente, e anche per queste tipo di situazioni che non potevano capitare da nessun’altra parte se non da noi.
 
«Hal, vuoi smetterla di fare l’asociale?», chiese Laine, costringendo Hallie ad alzare la testa di scatto.
«Eh?» chiese lei confusa. Era appena stata informata su notizie sconvolgenti e per un momento si era sconnessa dal mondo.
«Riley ti ha fatto una domanda.» le disse l’amica sottovoce.
«Ovvero?» chiese Hallie, non ancora pienamente cosciente di quello che la circondava.
«Se sei stata promossa.» continuò a sussurrare Laine.
«Sì, promossissima.» rispose Hallie ad alta voce, incrociando lo sguardo con quello di Riley. Lei le sorrise. «Meno male.»
Hallie le sorrise brevemente e anche falsamente, prima di riportare gli occhi sull’aggeggio elettronico che teneva fra le mani che intanto aveva ripreso a vibrare, segno che Dylan le aveva risposto.
 
Da: Dylan. Ore: 9.07
Già, ma non possiamo aspettarci nulla di buono da una scuola che a quanto pare è il regno dello spaccio. Io e te non ci siamo mai incrociati però, e non è un posto enorme.
 
Hallie sorrise. Non sapeva se dirgli o no che le classi che aveva scelto lei erano di una noia infinita e non era affatto sorpresa del fatto che le frequentasse chiunque avesse una vita sociale. Alla fine optò per fargli sapere con che genere di persona noiosa stava avendo a che fare.
 
A: Dylan. Ore: 9.08
Probabilmente tu fai delle classi divertenti tipo ceramica o scrittura creativa, o magari sei un tipo sportivo che fa ginnastica. Io frequento corsi intelligenti tipo matematica e storia avanzata come divertimento quotidiano, non sono stupita del fatto che non ci siamo mai incontrati.
 
Da: Dylan. Ore: 9.09
Mi stai forse dicendo che sono ignorante?
 
A: Dylan. Ore: 9.11
Ahaha no, affatto. Sto dicendo che non hai una madre che è una pressa e ti costringe a fare materie noiose.
 
Da: Dylan. Ore: 9.12
Mh, okay. Comunque hai indovinato… ginnastica e ceramica sono alcune delle mie materie preferite. Anche teatro mi piace.
 
A: Dylan. Ore: 9.14
Davvero? Teatro è l’unica materia che ho potuto scegliere. Io adoro Mrs. Briggs! Anche se teatro alla prima ora è una fatica…
 
Da: Dylan. Ore: 9.15
Alla prima ora? Ma allora fai teatro avanzato, io sono alla quarta e sono con quelli del primo anno e non facciamo nulla ahaha
 
A: Dylan. Ore: 9.15
...ti odio ufficialmente.
 
«Cosa ridi?», chiese Laine. «È un quarto d’ora che stai lì a ridertela, se continui a fare così Riley crederà che la stai evitando.»
«Oh, e non vogliamo che questo succeda, vero?» sussurrò Hallie, così che l’amica non potesse sentirla.
«Che hai detto?»
«Niente. Va bene, ma che vuoi che le dica?»
«Ma che ne so… che ti piacciono le sue scarpe, il suo rossetto, inventati qualcosa!» la spronò Laine, congedandola poi con un gesto della mano, per tornare a parlare con Josh.
Riley stava sorridendo a George, e quella visione fece venire la nausea a Hallie, che quasi non riuscì ad aprire bocca per dire una semplice frase. «Belle scarpe, b-bel r-rossetto.» balbettò, indicando le labbra di Riley in maniera inquietante.
La rossa però non sembrò notarlo e le sorrise riconoscente.
«Mi piace molto la tua maglietta.»
Hallie spostò lo sguardo sullo straccio nero che portava indosso, e si chiese se potesse anche solo essere classificato come maglietta. Probabilmente no, ma sorrise comunque per lo sforzo di Riley nel complimento.
Era una situazione talmente imbarazzante che l’avrebbe potuta trasformare in uno sketch comico, solo che in quel momento non rideva nessuno. Non sapendo cosa fare, Hallie abbassò nuovamente lo sguardo per vedere se Dylan le avesse scritto qualcosa.
 
Da: Dylan. Ore: 9.20
Ahaha no che non mi odi. Allora, domani sei libera?
 
A Hallie si strinse un pochino la gola; non sapeva cosa doveva rispondere.
 
A: Dylan. Ore: 9.22
Certo che sì.
 
Da: Dylan. Ore: 9.23
Alle undici alla pineta?
 
A: Dylan. Ore: 9.24
Va bene! Devo andare adesso, sono a una cena, ci vediamo.
 
Da: Dylan. Ore: 9.25
A domani!
 
Non doveva veramente da nessuna parte, ma gli sguardi acidi da parte di Laine la stavano sciogliendo e da un lato sapeva di star facendo la maleducata, ma non c’era nulla che nessuno potesse fare per farla sentire a suo agio in quella situazione. La pizza ormai le si era raffreddata davanti al naso, tutti avevano ormai finito, mentre la sua pizza fredda era ancora intatta lì sul tavolo. Ma nel guardare la sua triste pizza intoccata le venne un’illuminazione: stare mare per George e Riley era la cosa più stupida che le fosse mai capitata. Cos’era stare male per un ragazzo qualunque in confronto ai veri problemi che affrontava la gente ogni giorno nel mondo?
Hallie rimase talmente folgorata da quel pensiero che lasciò dei soldi sul tavolo per pagare la cena, si alzò in piedi, e scusandosi con tutti, uscì dal ristorante. 
«Mamma mi ha appena chiamato e devo andare a casa subito!» esclamò di fretta. Tutti conoscevano la madre di Hallie, e se chiamava, bisognava rispondere immediatamente. Hallie la usava di rado come scusa, ma le era sembrata una genialata in quel momento. Prese il telefono in mano e chiamò Dylan.
«Ehi, io sono libera anche adesso, tu puoi scendere?»
Hallie sapeva dove abitava Dylan a causa di una conversazione molto imbarazzante avvenuta in campeggio. Dylan le aveva raccontato di come dalla sua finestra potesse spiare la ragazza che le piaceva andare a correre al parco. Hallie aveva riso come una matta a quell’affermazione, ma il ragazzo ne sembrava piuttosto imbarazzato. Si era giustificato con un “a quattordici anni gli ormoni fanno brutti scherzi”. “Eh già, gli ormoni…” aveva risposto Hallie, continuando a ridere.
Si trovava proprio di fronte al parco, e l’unica casa che pareva abitabile doveva essere quella gialla. Non era troppo grande, ma decisamente non piccola quanto quella di Hallie, e il tetto era di un rosso mattone sbiadito.
«Certo, sono appena tornato dal bowling. Sono sotto in un attimo.»
Hallie si avvicinò alla casa gialla e attese che Dylan arrivasse. Per un nanosecondo pensò di aver fatto una cavolata enorme nell’aver lasciato i suoi amici al ristorante e poi aver chiamato Dylan un po’ a caso. Però non avrebbe potuto resistere un altro secondo seduta di fronte a Riley. Insomma, come poteva Laine non capire che la metteva a disagio. Oltre ad essere bellissima, si era rivelata anche molto intelligente, senza contare che George era innamorato di lei dall’era dei tempi, e che le aveva perdonato un tradimento, un trasferimento e quant’altro.
«Credevo che tu fossi a una cena…», disse una voce che scendeva le scale.
«E io credevo che tu fossi a casa a poltrire, e invece scrivevi a me invece di stare con i tuoi amici.» rispose Hallie, con gli occhi che cominciavano ad abituarsi al buio.
«Diciamo che non mi stavo divertendo.»
«Sì, ti capisco. Poi la pizza faceva schifo.»
Dylan rise, e si passò una mano fra i capelli. Proprio nel modo in cui lo faceva George, e Hallie glielo stava quasi per dire, ma poi cambiò idea.
«Allora, io non ho molta voglia di parlare di cose tristi perché la cena mi è già bastata per la depressione di un mese intero, quindi possiamo fare qualcosa che non sia parlare del furto a scuola o di qualche altra cosa dolorosa?» chiese Hallie, più affermando che domandando in realtà.
«E io che stavo quasi per chiederti di Laine.» ribatté Dylan scherzoso.
La mora gli diede un colpetto con la mano sul braccio, spingendolo amichevolmente. «È felicemente fidanzata, grazie. Adesso cambiamo argomento.»
«Beh, io conosco un locale giusto qui dietro dove possiamo andare quando inizierà a piovere.»
«Piovere?» domandò Hallie confusa.
«Tu fidati.»
Proprio in quel momento, un gocciolone enorme cascò sul naso della ragazza, che fece una smorfia.
«Okay, ma facciamo in fretta che ho sete.»
Si accorse di non aver toccato né cibo né acqua al locale, e cominciava a sentirne le ripercussioni.
Dylan sorrise nuovamente. Sembrava che sorridere fosse quello che faceva di mestiere. Stando con lui, Hallie non aveva voglia di parlare di cose tristi, né sentiva il bisogno di sfogarsi parlando di George, o di sua madre, o di qualunque altra cosa.
Entrarono nel locale e subito furono investiti da un’aria asciutta e calda. I due si avviarono verso il bancone, e Dylan ordinò due drink.
«Giusto perché sembra che tu abbia avuto una giornata no.» spiegò, porgendole una bevanda verde, che era molto forte, ma era comunque molto buona.
Quella era la seconda volta che beveva in tutta la sua vita, dopo quello che era successo quando aveva bevuto in discoteca con Laine aveva detto basta agli alcolici, ma le pareva maleducato rifiutare l’offerta di Dylan.
«Anche la mia giornata ha fatto schifo.»
«Davvero?»
Dylan cominciò a parlare di molte cose, della scuola, dei suoi genitori, dei suoi fratelli, dello sport, di ragazze, e Hallie non si perse nemmeno una parola del suo discorso. senza accorgersene i due avevano cominciato a scolarsi un drink dopo l’altro e ben presto non riuscivano a dire nemmeno una parola che scoppiavano a ridere. Hallie si sentiva bene, e la risata di Dylan era genuina, e si rese conto di quanto fosse fortunata Laine ad avere due ragazzi dalla personalità magnifica che gli andavano dietro. Ovviamente, Hallie pensò di dirlo a Dylan dato il suo stato mentale.
Il ragazzo in risposta cominciò a ridere. «Non puoi mettermi allo stesso livello di Josh, dai, le mie battute fanno molto più ridere, e poi tratterei Laine molto meglio di come la tratta lui. George è solo uno stronzo per non volerla.»
«George?», chiese Hallie. «Non stavamo parlando di Josh?»
«Eh, cos’ho detto io?» rispose lui, strascicando molto le parole. Hallie si lasciò andare in una risatina e batté la mano sul bancone.
«George… hai detto George!»
«Ah, beh, anche lui è uno stronzo patentato. Si rimette con Riley quando sei tu quella con cui dovrebbe stare.»
Hallie era sempre più confusa, così Dylan si spiegò. «Ho visto come lo guardi, fatto sta che ti meriti di meglio.»
«Lo so, credimi. Per questo ho deciso che ho chiuso con lo starci male per lui.» disse convinta Hallie.
«Sono contento per te, davvero, buon per te, davvero.»
La ragazza aveva l’impressione che Dylan non sapesse più nemmeno cosa stesse dicendo, così decise di chiamare un taxi che li portasse a casa. Non avrebbe lasciato che qualcuno di sconosciuto la trascinasse fuori dal locale, dato che Dylan sembrava stare peggio di lei.
«Ho dimenticato le chiavi.» disse, una volta sul marciapiede, mentre aspettavano il taxi. Si ricordò che sarebbe dovuta andare a dormire da Laine, ma era decisamente troppo tardi per chiamarla o per presentarsi a casa tua, senza contare che probabilmente era andata da Josh approfittando dell’assenza di Hallie.
Si sbatté una mano in testa e poi si sedette su uno scalino, che era ancora bagnato per la pioggia che aveva smesso solo poco prima.
Dylan era in piedi, con la testa appoggiata a un palo della luce.
«Puoi venire da me se vuoi. I miei sono in Grecia per almeno un altro mese, e Lucy e Bryan sono dalla nonna finché i miei non tornano, giusto se avevi paura che qualcuno potesse vederti in casa mia.»
«Grazie… sei sicuro?»
Dylan le fece vedere il pollice rivolto verso l’alto. Poco dopo si ritrovarono nel taxi, ma Hallie si ricordò molto poco del tragitto e della casa di Dylan.
Quando si svegliò però, aveva un mal di testa che era uno di quelli che non è facile da dimenticare.




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Ciau melinde!
Non mi odiate, non mi uccidete. Sto facendo il semestre negli stati uniti ed EFP non l'ho cagato neanche per scherzo.
Vi adoro, non mi ammazzate.

Baci,


Apple.

 

 
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«No, davvero. Sto dicendo la verità. E non ridere!»

 

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