Etaine

di TheAntlers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo; ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1; ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2; ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3; ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4; ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5; ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6; ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7; ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8; ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9; ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10; ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11; ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12; ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13; ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14; ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15; ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16; ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17; ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18; ***



Capitolo 1
*** Prologo; ***


Ogni città, molte volte, possiede un proprio segreto.

Qualcosa che non sospetti, che non ti aspetti, o a cui semplicemente noi fai caso, che ignori, per qualche insolito motivo.

Nella piccola città di Madleft, quel qualcosa era un piccolo bosco, il cui ingresso era proibito e per qualche insaputo motivo, nessuno sembrava essere incuriosito dal perchè, o interessato a scoprire cosa quel buio e tenebroso bosco nascondesse, tranne Winter.

Ogni giorno, puntualmente, al ritorno da scuola, la ragazza percorreva lo stesso sentiero, osservando quel triste bosco che le teneva compagnia.

E se tutti sembravano pienamente disinteressati, come dovessero compiere un dovere a non farsi domande o, a dirittura, non guardarlo nemmeno, per lei era esattamente l'opposto. Doveva e deve tutt'ora lottare alla tentazione di entrarci, di esplorarlo, come se un qualcosa tentasse ogni volta a spingerla dentro.

Fin da piccola le capitava di star minuti interi a fissarlo, di alzarsi in piena notte con l'incessabile pensiero di incamminarsi verso il bosco... Senza un motivo valido. Ma da quando compì i suoi 17 anni, la tentazione aumentò notevolmente, come le domande.

Perchè nessuno è mai entrato? Perchè nessuno non ha mai solo tentato?

Perchè nessuno chiede spiegazioni alle autorità? È forse sbagliato?

Si sistemò lo zaino alla spalla, mentre abbassò lo sguardo all'asfalto umido, sospirando, continuando il suo cammino.

I suoi pensieri furono interrotti dalla suoneria del suo cellulare, che fece irruzione tra il silenzio sovrano.

"Pronto" rispose poco dopo, con calma.

"Winter, è tardi, il pranzo è pronto. Dove sei?" chiese sua madre, affievolendo la voce.

"Sono arrivata vicino al bosco, sto arrivando" rispose lei, continuando a fissare l'oscurità che avvolgeva i numerosi alberi del bosco. Splenditi e maestosi pini.

La donna rimase in silenzio alcuni secondi, facendo illudere alla figlia di aver riattaccato immotivatamente; ma alla fine si decise a rispondere. "Ti raccomando, non entrare e vieni subito" parlò velocemente.

"Si" esitò un attimo prima di rispondere, con tono inspiegabilmente tagliente. "Arrivo."

***

"Andrai a cavalcare oggi?" Chiese d'un tratto la madre di Winter, interrompendo il silenzio.

La donna teneva il viso abbassando, e i suoi lineamenti erano dolci; oserei dire, quasi intimiditi.

La ragazza si limitò ad annuire, mettendo in bocca l'ultima forchettata di pasta. Non voleva allungare il discorso.

"Tirerai anche con l'arco?" Continuò a chiedere, curiosamente. Questa volta alzando lo sguardo e ammiccando un sorriso forzato.

"No, oggi no."

"Dove andrete con Sharon?" Domandò quasi ansiosamente, osservando il piatto vuoto della figlia.

Winter la guardò con riguardo, non spiegandosi il suo tono e il motivo di tutte quelle domande a raffica.

"Al fiume" rispose poi d'un fiato.

La osservò, e quest'ultima parve risvegliarsi da un sonno invisibile.

"Al fiume? Non mi va che tu stia vicino al bosco, Winter" disse scattante, cercando di rimanere imparziale allo stesso tempo.

La ragazza sbuffò, iniziando a giocherellare con la forchetta.

"È un posto pericoloso Win-"

"Oh, smettila, Alex!" quasi le sputò, interrompendola, lasciando cadere la forchetta sul piatto ormai vuoto, per poi lanciarle uno sguardo scocciato ed irritato.

In seguito, accorgendosi di essersi avvicinata bruscamente alla faccia della madre adottiva, prese un gran respiro e tornò come prima, consapevole di aver notevolmente esagerato.

Alex la guardò per qualche istante, con la bocca leggermente aperta e con aria che pareva un mix tra irritazione e frustrazione.

"Perchè ti comporti ogni volta in questo modo, Winter?" chiese lei, con un fil di voce, guardandola dritta negli occhi.

Perchè sei così estremamente e maledettamente irritante.

Winter non riuscì a tenere il suo sguardo. "Io..." cercò le parole, variando lo sguardo al suo piatto "non lo so" continuò con voce roca, fissando il vuoto, scandendo ogni parola.

"Winter-"

Alex non ebbe il tempo di pronunciare altro, che la vide alzarsi dalla sedia con uno balzo, provocando un rumore fastidioso, che la seguì lungo le scale che la conducevano verso la propria camera.

La donna aprì la bocca per dir qualcosa, ma fu bloccata dal rumore assordante di una porta chiudersi.

"È solo l'adolescenza, Alex, le passerà, vedrai."

"Si, ma quando? Non ce la faccio più,-"

Le conversazioni tra la Alex e l'amica Rose arrivavano fino alla camera della figlia che, tentando di nasconderle, aumentò il volume della musica che ascoltava. Riproduceva "A line in the Sand", dei Linkin Park, per la terza volta consecutiva, scocciata del dover attivare la ripetizione dell'intero album. Contemporaneamente si preparava per andar a cavalcare, uscendo decine e decine di maglie dal suo armadio, intenta a sceglierne una.

Deciso l'abbigliamento e risistemato il tutto, si legò i lunghi capelli rossi in una treccia.

Ammirò il suo riflesso sul grande specchio fissato alla porta della sua camera per qualche secondo; si sistemò un ciuffo ribelle di capelli dietro un'orecchia, togliendolo dalla compagnia delle accennate lentiggini che coprivano le sue guance. Poi si riempì i polmoni e chiuse la porta dietro di lei.

Scese le scale, quasi correndo.

"Io sto uscendo" avvertì la madre una volta arrivata alla soglia della porta di casa, salutando invece con un cenno della testa l'amica, mostrandole un sorriso.

"Ok, stai attenta al fiume, Winter, e non fare tardi" si limitò a rispondere lei, per quanto avrebbe voluto aggiungere altro.

La ragazza parve innervosirsi al tono della donna, o forse per quella frase che le veniva ripetuta ormai così tante volte. In ogni caso, il motivo del nervosismo che ogni volta quella scena le trasmetteva era per lei sconosciuto ed inusuale.

La giovane si limitò infine ad annuire, uscendo dalla casa.

***

I luminosi occhi smeraldi di Winter ruotarono verso la figura dell'imponente e fiero Andaluso che tese le orecchie alla presenza della ragazza.

La stalla era molto ampia, ma anche abbastanza vuota e poco illuminata; alle pareti erano appesi alcuni quadri e foto incorniciate e impolverate, la maggior parte delle quali raffiguravano cavalli, campioni; alcuni dei quali appartenevano probabilmente al padre adottivo di Winter.

Si contavano circa una ventina di box, ma solo una di queste era occupata.

"Sharon!" quasi esultò la ragazza, in quello che doveva essere un allegro saluto.

Il cavallo in sua risposta si divincolò nel piccolo box, eccitato all'idea di poter riassaporare la 'libertà'.

"Si, Sharon" rise lei, cercando di trasmetterli un po della sua calma.

Presi copertina, sella e finimenti, Winter aprì il box, intenta a sellare il cavallo argentato.

Con uno scatto fulmineo, la giovane salì in groppa allo stallone, partendo ad trotto medio.

Usciti dalla grande stalla, partirono al galoppo, impiegati a raggiungere il piccolo fiume che circondava il bosco, nel minor tempo possibile. Winter amava infatti gareggiare con se stessa sul fare il minor tempo possibile in un lungo fascio di terreno; un passatempo inusuale.

Era una sfida in due, in realtà.

Il vento le accarezzava dolcemente il viso.

Winter era immedesimata ad osservare il percorso che stavano seguendo, senza distrarsi un secondo per ciò che la circondava, come un buon fantino porta a termine la propria gara.

Arrivati al corso d'acqua, la ragazza permise a Sharon di abbeverarsi, riprendendo così le forze perse.

Lei ne approfittò di questi secondi per dare un'occhiata al bosco, che oggi appariva un po più luminoso, il che era una novità, visto che il più delle volte godeva solo della compagnia della nebbia e delle tenebre.

Gli alberi erano molto alti e ricchi di foglie, quindi poca luce filtrava da essi.

Ad un tratto, il vento sembrò soffiare più forte. Esso, sbattendo contro i rami degli alberi, parve farli cantare.

Non solo a Winter sembrò di sentire come piccoli sussurri, che sembravano provenire dai rami degli alberi che tenevano compagnia al bosco, vibrando sotto l'assedio del vento; anche Sharon li sentì, alzando di scatto la testa verso la direzione di quel suono... quasi una dolce melodia cantata da qualche strano essere.

Lo stallone si irrigidì, alzando di colpo la testa, girandola di scatto; le orecchie tese e vigili, lo sguardo fisso e penetrante, come quello di una gazzella che individua il proprio aguzzino.

"Sharon, va tutto bene, è solo il vento" disse dolcemente Winter, dandoli affettuose carezze sul collo, nel tentativo di farlo calmare. Ma si guardava attenta, sentendosi a disagio.

Lo stallone continuava a star piazzato, con lo sguardo vigile e le orecchie tese, come stesse ascoltando qualcosa che lo interessasse davvero.

Sentiva l'affanno dell'animale.

Insospettita dal comportamento dell'Andaluso, guardò nella sua stessa direzione, ma non vide niente di strano, né di interessante, né che potesse spaventarla o metterla in una situazione di pericolo. Solo distese di alberi.

"Shar-"

Non ebbe il tempo di continuare, che Sharon riprese a galoppare.

Uno scatto così improvviso che neanche i diversi anni di equitazione che la giovane si portava alle spalle servirono ad evitarle un violento strattone che la fece smuovere dalla sella.

"Sharon!" urlò svuotando i polmoni e sgranando gli occhi, cercando di non perdere aderenza dalla sella.

Tirò le redini, portando la schiena indietro, nel vano tentativo di farlo rallentare; ma non servì a nulla, il cavallo non obbediva. Non sembrava minimamente interessato ai voleri della ragazza.

Continuò a galoppare, come un cane corre adrenalinico verso il proprio padrone, in vena di feste. Non sgroppava, non pareva interessato a disarcionarla.

Voleva solo decidere lui il percorso da seguireGuidarla.

E senza accorgersene, avevano già varcato di parecchio la soglia del bosco.

"Sharon!" lo rimproverò, continuando a tendere ben strette le redini.

Ma l'andatura dello stallone non diminuiva, bensì aumentava.

Diversi rami bassi graffiarono e squarciavano i leggeri pantaloni di Winter, che si lasciava sfuggire qualche lamento, di tanto in tanto.

"Sharon!" urlò lei, non riuscendo più a mantenersi calma.

Dannazione!

E dal nulla apparve un muro, alto circa un metro, ricoperto da diverse piante arrampicatrici. Winter sgranò gli occhi e, non pensando ad altro, tirò ancor di più le redini, strattonandolo quasi, non sapendo cos'altro fare. L'Andaluso abbassò la testa per la forza usata, ma non gliela diede vinta.

Non voleva fermarsi.

Ora si fermerà, ora si fermerà. Deve per forza fermarsi, ora. Maledizione.

Ma notando che Sharon non pareva minimamente interessato a cambiare andatura, Winter si lasciò sfuggire un'imprecazione.

Il cavallo saltò, e tutto fu risucchiato dalle tenebre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1; ***


"Secondo voi è morta?" 
"No, respira ancora."

I nitriti e i ripetuti tonfi che Sharon provocava agitandosi sotto il controllo di un uomo barbuto e tozzo, fecero svegliare Winter.

Era sdraiata a terra, d'un fianco, i suoi occhi si aprirono cautamente, mentre una mano si muoveva curiosa sopra l'erba umida.

"Chiamate le guardie!"
"Stanno già arrivando."
"Guardate il braccio!"

Diversi contadini bisbigliavano tra loro.

Quando la ragazza fu in grado di aprir gli occhi, il suo sguardo era ancora appannato, a causa della violente botta alla testa, che sanguinava leggermente alla fronte.
Si lamentò leggermente mentre cercava di rimettersi in piedi, ma invano. Quando i suoi occhi le permisero una vista migliore, Winter indietreggiò di poco, strisciando, vedendo una folla di persone che la circondavano ad ogni lato.
Per la maggior parte di loro erano uomini barbuti, con vestiti che parevano stracci rotti e alquanto sporchi. Le donne, invece, la squadravano cautamente e con indifferenza; molte di loro portavano diverse bisacce contenente acqua, e sembravano parlarle tra loro.
Non riusciva ad elaborare le loro parole, ne ad elaborare tutto il resto, ancora confusa da quella botta e da ciò che riusciva a vedere.

Ne strade, ne macchine, solo distese di verde. Intravide del fumo, proveniente probabilmente da un villaggio in valle.

Provò ad alzarsi, ma ciò che riuscì a fare fu solo di metter forza sulle braccia, stringendo i denti, prima di cadere esausta sul terreno erboso.

"Guardate, ha un marchio al braccio!"
"Un marchio!"

Furono le prime parole che riuscì a sentire pienamente.

Marchio?

Una donna fece cadere una borraccia di acqua a terra, correndo via, seguita da alcuni bambini.

Poi un acuto dolore al braccio la fece urlare dal dolore, come lamine affilate che le squarciavano la carne. Il dolore era allucinante e stremante; ed esattamente come tutto era iniziato, Winter tornò in un buoi tenebroso.

***

"Sveglia, ragazzina!"

Un uomo sui 30anni, snello, altro e bruno, diede lievi schiaffi a Winter, cercando di svegliarla. Ma la ragazza sembrava avvolta in un sonno profondo, e non reagiva.

"Svegliati!" urlò allora la guardia, colpendola più forte.

Winter aprì gli occhi di scatto, respirando velocemente. Si guardò intorno, confusa e spaventata.
Si sentiva la testa bollire, come potesse scoppiare da un momento all'altro.
Era inginocchiata su un pavimento duro, lucido e freddo. I polsi dolevano, e solo dopo pochi ma interminabili secondi capì di essere stata legata strettamente con una corda.

I muri erano decorati da affreschi e quadri, raffiguranti quelli che dovevano essere Re e Regina.
A terra erano presenti diverse pellicce di animali, adagiate sul marmo del pavimento.

"Dove mi trovo?" chiese, prendendo un po di coraggio, ma spaventata dalla sua stessa voce.

"Alle corte del Re" rispose una voce al suo fianco.

Si accorse solo allora di avere una mano adagiata sulla spalla sinistra, stringendogliela.
Guardò la mano, risalendo fino al volto dell'uomo che le aveva parlato. Il suo sguardo era rivolto in avanti... così, quasi inconsciamente, anch'essa si girò alla sua visuale.
Trasalì quando si accorse della presenza di un uomo sulla cinquantina, con un'aria minacciosa e severa, seduto comodamente su un trono. Indossava una veste rossa, ed una pelliccia nera alle spalle. La barba leggermente mozzata, gli occhi di un grigio metallico e le labbra lievi e sottili.
Adagiata alla testa, una corona dorata rivestita da quelli che sembravano essere diamanti. Strizzò gli occhi, portando l'indice della mano destra sulle labbra.

"Cosa... Dove..."

Pensieri contrastanti le giravano per la testa, vietandole di compiere una frase sensata.

"Chi ti ha inviata, chi sei?" l'uomo in corona le parlò, alzandosi impetuoso.

Il respiro di Adele era irregolare, i battiti aumentavano.

Sto sognando, sto solo sognando, è un sogno.

"Allora? Parlami!" urlò il Re, spoderando una spada.

La ragazza guardò l'arma, paralizzata, sgranando gli occhi.

"Non te lo chiederò un'altra volta, ragazzina!" le parlò lui, avvicinandosi pericolosamente alla ragazza.

"Io non lo so, non so come sono arrivata qui!" disse lei di un fiato, in totale panico.

Sto sognando.
Continuava a ripetersi, quasi cercando di auto-convincersi.

Il Re la guardò sospetto. Le girò intorno, alzando la spada a mezz'aria, puntandogliela.

''Sei una spia, vero?"

"Io...Cosa?" disse sconvolta e ancora confusa, guardandolo negli occhi.

"Abbassa lo sguardo, bambina" sputò lui, in un ringhio.

"Sua Maestà, porta un marchio" aggiunse ad un tratto la guardia, scoprendole il braccio.

Sulla carne di Winter, impresso dolorosamente, appariva uno strano marchio, che sembrava essere stato inflitto con lame affilate.
Una T al contrario, circondata e soffocata da quelli che sembravano essere piccoli serpenti, con denti aguzzi.
La pelle doleva, bruciava come il carbone ardente. Winter strinse i denti, cercando di cacciare quel dolore in un piccolo e sperduto angolo della sua mente.

"Sembra il simbolo dei-"

"Thuata" continuò il Re, confermandolo più a se stesso, che alla guardia.

Visibilmente agitato, chiuse gli occhi, cercando di evocare la calma.

"Quei maledetti! Non avranno mai il loro tributo!" ringhiò, con gli occhi ardenti di rabbia, ed i pugni stretti.

Thuata. Tributo. Re. Marchio. Dove mi trovo? Cosa succede?

Stormi di pensieri migravano dalla mente di Winter, che, confusa com'era, non riusciva ad aprir bocca per dire qualcosa.

"Alle segrete, che venga giustiziata domani, all'alba. E riempite le segrete di guardie, sia fuori che dentro!" comandò il Re, cercando di mascherare, senza risultati, il proprio nervosismo.

"Agli ordini, Sua Maestà" si inchinò il moro, aiutando bruscamente la ragazza ad alzarsi.

"Cosa?" pensò quest'ultima ad alta voce, con tono basso, quasi sussurrando.

***

"Dentro." Le ordinò la guardia che l'aveva scortata alle segrete, spingendola dentro una cella.

È vero. E' tutto vero!

Le si riempirono gli occhi di lacrime. E sul suo viso pallido una lacrima le rigò una guancia.
Le parole del Re le vagavano per la testa, infondendo in lei paura e, per lo più, confusione.

La sua confusione era così ampia che non aveva spazio per accogliere anche il terrore, fortunatamente.

"Il tributo dei Thuata" sentì dire ad un tratto da un uomo alla cella accanto, con un tono scherzoso, accompagnato da uno sbuffo incredulo.

La ragazza si girò verso di lui.
Il prigioniero guardava il vuoto, come interessato ad osservare qualcosa di preciso, tanto che Winter si girò con lui, ma non trovò niente di interessante.

"Chi sei?" sbottò allora, guardandolo curiosamente.

Si accorse che la voce le tremava, come una foglia.

Il prigioniero sembrava essere sui venti anni. I capelli leggermente lunghi e castani. Gli occhi grandi, color cioccolato, visibili appena sotto i ciuffi di capelli.

"Oh, nessuno" rispose lui sorridendo appena, con tono menefreghista.

Si sedette ad un lato della cella, ticchettando ritmicamente sulle sbarre della cella.

Ci furono secondo di silenzio, poi il ragazzo girò lo sguardo verso Winter.

''Mi chiamo Bress" la informò con tono esageratamente cortese,
sorridendole.

Ma il suo sorriso nascondeva più di un apparente gesto amichevole e confortevole. La ragazza infatti, a tale comportamento, ne fu solo più intimidita.

"Il tuo nome, invece?"

Lei esitò un attimo, come avesse dimenticato anche quello.

"Winter" si decise a dire poi, abbassando lo sguardo per rialzarlo subito.

"Winter" ripeté Bress in un mormorio melodioso, ammiccando nuovamente un sorriso, mentre l'espressione della ragazza rimaneva sempre priva di emozioni. Pietrificata.

"Non ti preoccupare, Winter. I tuoi arriveranno a momenti."

Il giovane guardò oltre le sbarre che sigillavano quella che doveva
essere una piccola finestra che affacciava al cortile esterno.

"I miei?" ripeté interrogativa, agitando la testa e avvicinando le sopracciglia tra loro.

La giovane rossa parve confondersi ancor di più. Iniziò a tirarsi nervosamente alcune ciocche di capelli.

"I Thuata!" specificò allegramente Bress, agitando le mani in
quello che poteva sembrare un abbraccio all'aria.

Winter non poté far a meno di notale la muscolosità delle sue braccia, deglutendo al pensiero di ciò che avrebbe potuto farle, se solo avesse voluto.

E' pazzo. Pazzo.

"Oh, tranquilla. Ti spiegheranno tutto loro" aggiunse poi, con tono che poteva sembrare quasi ironico.

Poi distolse lo sguardo da lei, sedendosi nuovamente sopra il suolo pietroso. La sua espressione parve cambiare radicalmente, per alcuni secondi. Come colpito da pensieri confusi.

"Spiegarmi cosa?" chiese lei, insicura della sua stessa voce, che le uscì infatti in un sospiro.

Bress la guardò per qualche istante, sospirando... come se in fondo in fondo, nella sua paura e curiosità, la compatisse. Si passò una mano tra i capelli rossi, quasi identici a quelli della ragazza.

Non sa proprio nulla, allora.

"A ciò a cui sei destinata, Winter. E' normale che tu mi tema in modo innato, pur non
conoscendomi nemmeno."

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Capitolo 3
*** Capitolo 2; ***



"Co-cosa?"
Winter si alzò, con aria affannosa.

"Si" annuì lui. "Il resto te lo spiegheranno loro" preferì dire poi, con aria di sufficienza.

"Impazzirò" pensò ad alta voce, sedendosi nuovamente.

Si portò una mano alla tempia, rielaborando le sue parole.

È normale che io lo tema? 
A quel pensiero rialzò il capo verso il ragazzo, guardandolo stranamente. Ma lui non si girò a guardarla.

"Ah, no, non impazzerai!" Bress rise, dando uno sguardo veloce oltre le sbarre della finestra. "Mmh" mugolò. "Hanno fatto presto."

Il silenzio venne interrotto dal rumore infastidente di diversi cavalli al galoppo.
Allora Winter si alzò, avvicinandosi anch'essa alle sbarre della finestra della propria cella, intenta a capire cosa stesse succedendo.

"Credo che voi abbiate qualcosa che ci appartiene."

Diversi uomini a cavallo, armati di spada e muniti di elmetti, circondavano metà del reame.

Primo di tutti, in groppa all'unico cavallo nero che Winter riuscisse a vedere, un ragazzo che poteva avere la stessa età di Bress. Con aria severa e la mascella tesa, sguainò la propria spada.

"Dov'è il vostro Re?"

Decine di guardie arrivarono a piedi, mentre altri a cavallo li sorpassarono con gran fretta, fermandosi a pochi metri di distanza dal popolo invasore.

"Cosa volete?" chiese una guardia a cavallo, sguainando anch'esso la spada.

Il ragazzo sul cavallo nero si tolse l'elmetto, liberando i capelli neri.

"Il nostro tributo" rispose poi secco e deciso, dando l'elmetto ad un suo uomo. "Cosa altrimenti?" chiese retorico.

Winter trattene involontariamente l'aria, udendo quelle parole.

Vogliono me!

Indietreggiò, rischiando di cadere buffamente all'indietro.

"Calmati" rise Bress, divertito da ciò che vedeva.

Winter lo guardò, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma non trovò le parole.

Bress indicò con un cenno della testa al di là della cella, lungo la fine del corridoio. La ragazza si girò per osservare quel punto. Un uomo spuntò dal nulla, con la stessa armatura verde scuro che la giovane aveva già visto addosso ad alcuni uomini invasori.

"Sbucano come i funghi!" esclamò con tono ironico e scherzoso Bress, tornando indietro di qualche passo.

"Va tutto bene."

L'uomo dei Thuata cercò di calmare Winter, che intanto aveva indietreggiato, sbattendo sul muro freddo della cella.

Solo avvicinandosi ancor di più alla cella, Winter poté osservare la sua faccia, che era sfregiata duramente, appena sotto l'occhio sinistro.

Altri due uomini raggiunsero le segrete, anch'essi dei Thuata.

Winter si girò un attimo, per osservare ciò che accadeva fuori.

Tutti lottavano.
Schizzi e pozzate di sangue sembravano tingere il terreno di un rosso scuro e malinconico.
Lei non si impressionava facilmente, ma alla vista di fiumi di sangue che scolavano veloci dalle gole squarciate delle diverse guardie, si sentì cedere le gambe e le braccia per alcuni secondi, cadendo in ginocchio, mentre il senso di vomito la assaliva.

"È sotto shock" mormorò un uomo, dandosi un'occhiata intorno ed affrettandosi ad aprire la cella.

Tutto sembrava appannato ed irregolare per Winter, tutto ruotava insensatamente, come stesse per essere risucchiata da una vortice invisibile.

"Hey, hey."

L'uomo sfregiato riuscì a raggiungerla prima che crollasse a terra, senza sensi.

"È svenuta. Roru, pensa tu a portarla al sicuro" ordinò all'uomo più anziano dei tre. "Io e Losi penseremo ad altro" continuò, girando gli occhi verso Bress che, per questi interminabili minuti, era rimasto immobile, silenzioso come un muto e con lo sguardo abbassato, in un piccolo angolo buoi della cella, sperando di rendersi invisibile, o meglio, inesistente.

Il moro alzò lentamente lo sguardo, ed incrociando gli occhi dell'uomo sfregiato imprecò appena, sotto voce.

"Bene, bene!" esclamò quest'ultimo, avvicinandosi alla sua cella. "Tu devi essere il tributo dei nostri cari avversari!" sorrise gioioso lo sfregiato, nel modo meno rassicurante che potesse imitare.

Bress si alzò velocemente, ammiccando un sorriso distinto. "Io? Scherzi?" disse ironicamente, guardandosi intorno, cercando una via di uscita tra le sbarre della cella. "Cioè, noto anch'io una certa somiglianza... Ma... Ma addirittura scambiarmi per lui!" continuò scherzosamente, gesticolando buffamente con le mani, cercando di prendere tempo per studiare una fuga.

"Mmh" mormorò Rick. "Osserva Losi, il tributo è in vena di scherzare."

"O magari di farci solo perdere tempo" continuò Losi, aprendo la cella e riponendo le chiavi in una tasca.

Non sarà difficile.
Bress sorrrise, sospirando.

"Il nostro Re sarà onorato di scambiare quattro chiacchere con te, tributo" continuò lui, avvicinandosi a lui.

"Oh, davvero?" domandò, fingendosi sorpreso ed entusiasta, continuando ad indietreggiate, aspettando che entrambi varcassero la soglia della cella.

"Perchè io ne sarei davvero lusingato, ve lo giuro, ragazzi..." disse poi, camminando verso il lato opposto della cella. Piccole gocce di sudore li colavano giù dalla sua fronte.

"Solo che..."

Con uno scatto fulmineo, oltrepassò Losi, rischiando di cadere da un lato. Rick li si avventò al collo, cercando di farlo crollare a terra.

"Ho già un impegno!" continuò con voce affannata a causa della stretta al collo, tirando un pugno di sabbia in faccia a Rick. Che staccò la presa da lui per tempo sufficiente a far si che Bress richiudesse la cella dietro di lui.

"Sabbia?" urlò infuriato Losi, passando il palmo della mano sugli occhi, vergognosamente. "Scherzi?!" Sbottò, con gli occhi ardenti di rabbia, scrollando ripetutamente le sbarre della cella.

Bress scrollò le spalle, sbuffando. "Non avevo armi, amico" disse infine, con tale calma che riuscì a far infuriare ancor di più i due, che ringhiarono a denti stretti.
"Dovreste vergognarvi: sconfitti da un pugno di sabbia!"

Losi portò le mani in tasca, cercando insistentemente qualcosa.

"Oh, cerchi queste?"

Bress sorrise maliziosamente.

"Figlio di puttana" mormorarono entrambi gli avversari, battendo un pugno sulle sbarre della cella, osservando le chiavi che penzolavano dal dito del ragazzi.

***

"Il loro tributo?"

"Scappato" rispose Rick, abbassando lo sguardo.

Come ci è potuto scappare così? Dannazione! 

L'uomo dai capelli neri annuì, sospirando.

"Lo prenderemo in seguito. L'importante è che la ragazza stia bene" disse poi, rivolgendo uno sguardo a Winter.

Era stata adagiata sopra ad un tavolo, avvolta da un sonno profondo. Alcune donne erano impegnate a curarle le diverse ferite che si era procurata, e a fasciarle il braccio in cui era impresso il marchio che le sue stesse carni le avevano inciso, per allietare il bruciore provocato.

"Sappiamo qualcosa di lei?" continuò dopo, osservandola ancora.

"No, Naoise. Mi è svenuta tra le braccia...è abbastanza shoccata per tutto ciò che le è e che le sta accadendo" rispose Rick, osservandola.

Naoise rimase in silenzio per alcuni secondi.

"È comprensibile" rispose poi, distogliendo quasi forzatamente lo sguardo da lei.

"Io... Io non le spiegherei tutto per filo e per segno oggi, Naoise" suggerì Losi.

Le crollerà il mondo addosso.

"Certo. Sarò graduato" rispose lui, con aria comprensiva. Poi sospirò amaramente, abbassando lo sguardo. "Ma veloce, non possiamo aspettare molto."

Losi inizialmente parve titubante riguardo alle ultime osservazioni di Naoise, ma in seguito annuì, approvando.

"Ci sono state vittime durante lo scontro?" cambiò discorso Rick.

Naoise li rivolse lo sguardo. "No. Fortunatamente, no" rispose poi, tirando un sospiro.

"Meglio così."

Il giovane annuì.

"La ragazza si sta svegliando" li interruppe la voce calma di una donna, che teneva due dita sul polso di Winter, controllando il ritmo dei battiti.

"Bene, grazie. È meglio che ora voi tutti andiate" mormorò Naoise in risposta, avvicinandosi al tributo.

"Come volete" risposero a coro le donne, accennando un inchino prima di dileguarsi tra le mura del castello.

"A dopo" rispose Losi, mentre Rick accennava un saluto col capo, che Naoise imitò.
Poi si sedette su una sedia, picchiettando nervosamente le dita sulle proprie cosce.

Winter mosse le labbra, strizzando gli occhi. Le mani si muovevano senza una meta precisa, sopra il tavolo.
Poi, faticando, aprì gli occhi, che parvero infastiditi dalla luce del sole.

"Dove mi trovo?" chiese tremando. Mentre lentamente cercava di alzarsi da quel tavolo.

Ma non appena alzò la testa, questa sembrò farsi pesantissima, e la ragazza fu costretta a ribassarla velocemente, lasciandosi sfuggire un piccolo lamento.

"Al sicuro, alla fortezza dei Thuata" le rispose con calma.

"Tu... hai... ucciso delle persone" disse poi lei, riconoscendo vagamente quella figura, che aveva già visto in groppa ad un cavallo nero.

A Naoise scappò un mezzo sorriso, che cercò di nascondere abbassando lo sguardo. "Si, mi capita di farlo" disse sbuffando, voltandosi verso di lei.
"Va tutto bene" si affrettò a dire poi, vedendo la ragazza irrigidirsi.
"Come ti chiami?" chiese in seguito, cercando di rassicurarla, cambiando discorso.

"Winter. Mi chiamo... Winter" rispose, voltando la punta degli occhi a desta e a sinistra, curiosa da ciò che la circondava.

"Winter" ripeté tra se e se, con tono caldo. "Raccontami: cosa ti ricordi di ciò che ti è successo?" le chiese infine, sorridendole.

La ragazza lo guardò confusa e spaventata, pensando a tutto ciò che le era e le stava accadendo. Abbassò lo sguardo, portandosi una mano alla fronte.

"Winter, guardami" parlò nuovamente, sperando che la ragazza non cadesse tra il panico. "Va tutto bene" continuò poi, con tono vellutato, una volta avuta la sua attenzione.

"Io... Non lo so... Stavo galoppando... Sharon..." storse le labbra, corrugando la fronte. "Sharon! Dov'è il mio cavallo?" chiese poi alzando la voce.

Dopo tutto quello che le è accaduto, ha i suoi pensieri sul cavallo?

"Calmati" disse lui, guardandola dritta negli occhi. "Il tuo Andaluso sta benissimo, i miei uomini l'hanno scortato alla mia scuderia" le spiegò poi.

Winter parve gettar via un po si ansia. Poi si dedicò alle sue parole.

suoi uomini? 

"Cosa ci faccio qui? Come... Come ci sono arrivata?"

Naoise sospirò lungamente, abbassando lo sguardo, cercando di trovare le parole giuste.

Era l'ultima domanda a cui voleva rispondere, ma la prima ad aspettarsi.

"Credi nel destino, Winter?"

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Capitolo 4
*** Capitolo 3; ***


"In che senso?" chiese la ragazza, portando una mano al braccio fasciato.

Naoise sospirò, osservando la fasciatura al braccio di Winter, poi abbassò lo sguardo, alzandosi.

"Il mondo in cui vivi non ti appartiene, Winter. Non ti senti a casa, non riesci a farti degli amici, a socializzare... a crearti una famiglia" si fermò, vedendo gli occhi della ragazza arrossire.

"Cosa stai dicendo?" chiese lei, a denti stretti.

Alla ragazza bruciavano gli occhi, che brillavano di un lucido intenso.

Naoise si avvicinò alla ragazza, ma vedendo che questa indietreggiava ai suoi passi, tornò in marcia indietro.

"Sei scontrosa, il più delle volte aggressiva, come un animale fuori dal suo habitat di appartenenza" le disse, stando in silenzio per alcuni secondi.
Vedendo che non apriva bocca, continuò. "E sei sempre stata attirata inconsciamente qui, Winter."

"No... non è vero. È stato il mio cavallo... lui... lui era spaventato e-"

"Ha fatto ciò che tu nel profondo volevi."

"No" si affrettò a negare lei, portando una mano alla fronte.

"Si" controbatté con tono calmo e melodico il ragazzo.

"No, senti... Avete sbagliato persona" disse lei, affrettandosi ad asciugare una lacrima che le aveva solcato solo metà viso.

Perchè mi viene da piangere?

"No, ed il marchio che ti sei ritrovata sul braccio varcando il limbo ne è l' inconfutabile prova."

"Limbo?" ripeté interrogativa, strizzando gli occhi e scrollando la testa.

Basta. Smettila! Oh, Dio, la mia povera testa!

"Si. Il nulla che si trova nella via di mezzo tra il mondo in cui vivevi e il mondo in cui ti trovi ora. Il marchio che hai impresso sulla tua pelle segna il tuo... destino", e pronunciò quest'ultima parola con un velo di sollievo, indicandole il braccio fasciato.

"No, è... è impossibile, dannazione!" pensò ad alta voce, scuotendo la testa, incredula.

"No, è reale" la corresse lui.

"Sai cosa, allora? Non mi interessa" disse allora lei esasperata, avviandosi verso l'unica porta che vedeva.

"Come faccio a tornare a casa?" li si rivolse poi, freddamente, dandoli sempre le spalle.

Naoise sospirò e fece per raggiungerla quando la ragazza si girò di scatto verso lui.

"Non ti avvicinare" li ordinò puntandoli un dito contro, cercando di mantenersi calma.

Il ragazzo si fermò, portando una mano al rispettivo fianco, mentre la osservava.

Winter prese un gran respiro prima di parlare. "Senti, non so perchè e soprattuto come io sia arrivata qui. Quindi, facendo finta che tutto ciò sia, per qualche insolita spiegazione, reale... dato che tu mi sembri molto più ragionevole rispetto agli altri individui che precedentemente volevano..." si interruppe, deglutendo. "...ammazzarmi... potresti, gentilmente, spiegarmi come tornare indietro?"

Se sono entrata, posso anche uscire.

"Non puoi sfuggire per sempre dal tuo destino, Winter" commentò lui calmamente, dopo una lieve riflessione.

"Come faccio a tornare indietro?" scandì ogni parola, non riuscendo a coprire un po di irritazione ed ansia.

"È pericoloso."

"Non mi interessa" ringhiò.

Lui si passò una mano in faccia, sospirando lungamente. La sua mascella si tese. Gli occhi color ghiaccio si fecero più scuri; il busto più imponente.

"Vuoi tornare indietro? Puoi! Di al tuo cavallo di tornare a casa e lasciali libertà di scegliere. Lui saprà dove andare, ma non saprà come difenderti dal popolo invasore che ti aveva presa in ostaggio, e che aspetta solo di ucciderti, come hai ben capito!" disse alzando il tono di voce, cercando di dissuaderla.

"Non mi interessa!" imitò il suo tono esasperato.

Oh, ma sentitela!

Naoise parve quasi infuriarsi udendo quella risposta, infastidito dall'abbondante testardaggine della ragazza. 
La raggiunse di scatto, afferrandola per il braccio illeso.
La ragazza non li rivolse lo sguardo. Aprì la porta, che venne immediatamente richiusa dal ragazzo, con un tonfo così rumoroso che le fece serrare gli occhi, di scatto, per lo spavento.

"Guardami!" le ordinò con tono duro, strattonandole leggermente il braccio, facendola girare verso di lui.
"Ho cercato di essere comprensivo, con te. Ma ora sii ragionevole" le parlò, cercando di tenere un tono calmo, questa volta... ma l'agitazione non glielo permise. "Non ti lascerò andare a morire" continuò, penetrandola con lo sguardo.

La giovane rossa li rivolse uno sguardo sconfitto. Lacrime le riempivano gli occhi smeraldi, ancora più chiari, in quel momento.

"Voglio tornare a casa! Fammi tornare a casa!" urlò in lacrime, agitandosi sotto la stretta di Naoise. 
Quest'ultimo separò le labbra per dir qualcosa, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

"Sh, va tutto bene" si convinse a dire poi, tenendola stretta per i polsi e cercando di allontanarla dalla porta.

Continuava a singhiozzare, tremando, mentre Naoise faticava a trattenerla.

Fantastico... ci voleva solo che-
Un dolore acuto alle costole li strappò un lamento, preso di sprovvista.
Li ci volle un po a capire che era stata la ragazza; lei, disperatamente, aveva iniziato a prenderlo a gomitate, nel faticoso tentativo di crollarselo di dosso.

"Losi!" urlò, vedendo che la ragazza non era disposta a calmarsi. "Losi!" Ripeté, cercando intanto di parare i colpi della rossa.

Era abituato a reagire, non a difendersi. Infatti, fu faticoso per lui trattenere l'istinto di controbattere alle mosse azzardate di Winter.
La porta si aprì in un lampo.
Losi apparve sguainando la spada, che ripose poco dopo, capendo che non c'erano vere minacce.

Naoise, intanto, liberò la presa dalla ragazza.

"Hey, hey" mormorò Losi, bloccando la corsa impicciata di Winter.

"Portala nella sua stanza. Ha bisogno di calmarsi."

"No! Ho solo bisogno di tornare da mia madre!" li urlò lei a squarcia gola, a qualche centimetro di distanza dal suo volto impassivo.

Il ragazzo alzò il capo a quel gesto, rivolgendole uno sguardo privo di ogni espressione.
Lei in sua risposta si dimenò inutilmente sotto il corpo possente di Losi.
I suoi occhi, ribollenti di rabbia e di timore, restavano incrociati a quelli di Naoise, che non mostrò espressione.

"Hey, calmati" le sussurrò Losi, scortandola fuori.

***

"Ho cercato si essere comprensivo verso di lei, di darle del tempo... Ma è già il secondo giorno che non vuole parlare con nessuno, che tenta di fuggire disperatamente, Padre."

L'anziano uomo, dai capelli grigi e dalla barba riccioluta e corta, sospirò, riflettendo.

"Non mi aspetto che capisca, ma che almeno rifletta... Che dia ascolto a ciò che le dico, a ciò che tento di spiegarle" continuò, con tono quasi disperato.

"È questo il problema" lo interruppe l'uomo, accarezzandosi lievemente la barba. "Tu parli, figliolo..." 
Si alzò, avvicinandosi alla finestra, e guardando altrove. "Spiegarle come stanno le cose lo trovo più che giusto, ma a volte bisogna passare subito alla pratica, e saltare la teoria" commentò, rivolgendo uno sguardo al figlio.

Quest'ultimo lo guardò con fare interrogativo.

"Portami da lei" continuò infine, ammiccando un allegro e caloroso sorriso.

***

Winter era seduta sul letto della stanza, scrutando ciò che riusciva a vedere al di fuori della finestra.

Capendo che era inutile tentate di fuggire, era sprofondata tra la rassegnatezza.

Non capiva perchè delle persone l'avevano prima salvata, e poi resa prigioniera... ciò la rendeva, oltre che rassegnata e impaurita, ancora più confusa.

Io non credo nel destino. Un marchio non può segnare il mio destino.

Con la punta degli occhi diede uno sguardo al marchio impresso duramente sulla pelle, ormai curato perfettamente.
Lo toccò lievemente con le dita, seguendo le linee del disegno.

Poi una porta si aprì.

L'uomo dai capelli grigi entrò, accennando un sorriso alla rossa, che sembrava più interessata ad osservare la porta aperta dietro di esso, ma che si chiuse nello stesso momento in cui la ragazza aveva pensato di poter riprovare a scappare.

Sospirò rassegnata.

In ogni caso, sarebbe stato inutile.

"Winter, giusto?" chiese gentilmente l'uomo, sedendosi a qualche centimetro di distanza da lei.

La ragazza annuì in risposta, senza degnarlo di uno sguardo.

"Piacere di conoscerti, mia cara, io sono Nuada, tuo Re."

Winter si sentì gelare udendo la parola 'Re'.

Si girò verso di lui, guardandolo con timore ed allontanandosi istintivamente da lui.

Re. Non mi piace più questa parola.
Deglutì nervosamente.

"Tranquilla. Quando capirai che non siamo noi le persone che devi temere?"

"Mi avete rinchiusa" lo incalzò.

"Ti abbiamo salvata" la corresse.

"E poi resa prigioniera!" controbatté a sua volta, non sapendo con quale coraggio.

Nuada si lasciò scappare una piccola risata, abbassando lo sguardo sulla pavimentazione.

"Aveva ragione mio figlio, quando parlava della tua testardaggine" confermò.

Quindi è il Principe, quel ragazzo.

Winter girò il volto altrove, con fare irritato.

"Vuoi fare un patto con me, Winter?"

Questa volta si girò per guardarlo, inarcando un sopracciglio.

"Che tipo di patto?" chiese, con tono disinteressato.

"Tu risponderai alle mie domande, farai ciò che ti dirò di fare, non tenterai di scappare, e..." ci furono secondi di silenzio. "Ed io, domani mattina, se ancora lo vorrai, ti farò scortare dai miei uomini fuori da questo mondo che tanto disprezzi."

Gli occhi di Winter si riempirono di speranza. Ma anche di numerosi dubbi e riflessioni, che si scontravano tra loro.

"Perchè dovrei credervi?"

"Perchè sono un Re, e mantengo sempre la parola data."

Lei lo guardò, studiandolo, come se cercasse di leggerli i pensieri. Avrebbe pagato con qualsiasi cosa pur di sapere con certezza cosa li passasse per la testa, in quel momento.

Non vedo altra scelta, comunque.

Ci furono interminabili secondi di silenzio.

"D'accordo."

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Capitolo 5
*** Capitolo 4; ***



Nuada sorrise soddisfatto.
"Benissimo!" esclamò poi, allegramente, portando in alto le mani. "Inizieremo con semplici domande. Pratichi sport?" le chiese, con aria curiosa.

"Cosa?" si lasciò scappare, non capendo l'utilità della domanda.

"Sport, hobby..." ripeté Nuada, con fare curioso, cercando di spronare la ragazza a rispondere.

Winter inarcò un sopracciglio.
"Si... Io... Ehm...Equitazione classica, e tiro con l'arco... di tanto in tanto" si decise a rispondere poi, impacciatamente, con tono quasi interrogativo.

"Bene" annuì lui, grattandosi la barba, pensieroso. "Andiamo fuori!" esclamò poi, alzandosi e invitando la ragazza ad uscire dalla stanza.

***

"Dove andate?" chiese interrogativo Naoise, piazzandosi impetuosamente davanti il grande portone della reggia.

"Fuori" rispose semplicemente il padre, continuando ad incamminarsi.

"Padre, cercherà di scappare. Si metterà nei guai" disse il Principe, parlando con risolutezza, e guardando la ragazza negli occhi.

"Non lo farà. Ora, gentilmente, ostacoli il passaggio" parlò Nuada, indicando il portone alle sue spalle.

"Padre-"

"Naoise!" urlò severamente il Re, fulminandolo con lo sguardo.

Il ragazzo alzò le mani in segna d'arresa, abbassando lo sguardo mentre si allontanava dal portone. 
"Come volete" aggiunse poi con aria sconfitta e frustata.

Mi toccherà pedinarli, ora. Che irritazione!

Solcata la soglia della reggia, le porte si richiusero.

Fuori, diversi contadini impegnati a lavorare il terreno, rivolsero uno sguardo curioso alla straniera, che in risposta guardò altrove, osservando l'enorme giardino fiorito che circondava la reggia.

Distese di verde si intravedevano oltre il centro abitato, ricco di piccole case e piccoli edifici vari.

Oltre il giardino della reggia, una piccola stradina sembrava portare ad un piccolo bosco.

"Winter..." la richiamò il Re, cercando di attirare la sua attenzione. "Mi sto fidando di te. E voglio che tu faccia lo stesso con me. Perciò, per favore, non provare a scappare... ti metteresti solo in pericolo" continuò puoi, avuta la sua attenzione, con tono risoluto.

Lei annuì. "Non lo farò" disse, abbassando il capo in segno di approvazione.

Non avrebbe significato, farlo.

"Molto bene" le sorrise, continuando a camminare.

***

"Quindi, tiro con l'arco."
La rossa osservava il bersaglio che Nuada aveva accuratamente posto sopra la corteccia di una quercia.

Poco dopo, quest'ultimo si presentò con un arco e delle frecce tra le mani.

"Ti ha insegnato qualcuno o pratichi da sola?"

"Da sola, non sono brava" rispose, osservando l'arco in legno chiaro.

"Questo lo vedremo." 
E le allungò l'arco, osservandola.

Winter ricambiò lo sguardo, guardandolo interrogativa.

"Prendi" la incoraggiò.

La ragazza fece come detto.

"Prendi la mira e tira" continuò, indicando con un cenno del capo il bersaglio appeso all'albero.

"Non ne sono capace."

"Non importa. Provaci" le rispose, porgendole una freccia.

Lei sospirò, prendendo l'oggetto e guardando l'albero difronte a lei.
Prese un gran respiro, posizionò la freccia e tese il braccio, portando la gamba sinistra avanti. Cercò di concentrarsi, di far smettere al braccio di tremare, senza risultati. Poi socchiuse un occhio, dedicò diversi secondi a prendere la mira, e schioccò la freccia. 
Essa sfiorò solo il lato destro dell'imponente albero, andandosi a perdere tra l'abbondante vegetazione.

Winter buttò un sospiro di frustrazione, rivolgendo il suo sguardo al Re.

"Hai una buona postura, un ottimo assetto..." commentò lui, avvicinandosi alla ragazza. "Hai solo un vizio comune a tutti..." continuò, riprendendosi l'arco e posizionandoli una freccia. "Pensi troppo."

Ed in pochi e quasi inesistenti secondi, la freccia era conficcata perfettamente al centro del bersaglio.

Winter si girò sbalordita verso Nuada, che intanto si era già incamminato per andar a recuperare la freccia.

"Non devi pensare, devi agire" alzò la voce per farsi sentire, staccando la freccia dal legno. "Devi mirare al bersaglio ancor prima di avere un'arma in mano, perchè un nemico non ti da la possibilità di aspettare" continuò, dandole ancora le spalle. "Non pensare."
Le porse nuovamente l'arco, che Winter riprese con più desiderio, questa volta.

"Non essere tesa. Cerca di ammorbidire il corpo: le braccia, le gambe, il busto. Ad ogni respiro, ammorbidisci un muscolo. Quando non ti senti più tesa, prendi un gran respiro, visualizza il bersaglio, e senza pensar a nulla, tendi l'arco e schiocca la freccia."

Winter prese la freccia, la incastrò, e fece come da lui spiegato.
Respirò, e ad ogni respiro si sentì meno tesa, più rilassata, più leggera, fino a sentirsi quasi invisibile ed impercettibile. 
"Non badare a ciò che ti circonda. Non esistono rumori, o alberi, o qualsiasi cosa non sia quel bersaglio. Sei da sola, nel nulla, in compagnia del tuo bersaglio e del tuo arco. Ora, schiocca" parlò velocemente.

E senza accorgersene, la freccia aveva centrato di netto il bersaglio.

Con il braccio ancora piegato, guardò incredula la freccia, conficcata perfettamente.

Fu distratta dal rumore di due mani che si scontravano ritmicamente, provocando un applauso.
Si girò verso quel suono, con ancora la bocca leggermente aperta.

"Complimenti! Avevo inteso che eri brava. Ma centrare il bersaglio al primo vero tentativo..." sentì parlare Nuada, con tono che sembrava trattenere entusiasmo.
"Strabiliante!" commentò poi, andando a recuperare la freccia.

Poi si incamminò verso Winter, con la freccia in mano e con un'aria pensierosa, che trasmise alla ragazza un po di curiosità.

Cosa ha in mente, ora?

"Mi è venuta un'idea" la informò poi, oltrepassandola. "E' ora di andar a sellare il tuo splendido Andaluso!"

***

Nitriti e rumori di zoccoli scalcianti riempivano il silenzio.
La stalla dei genitori, in confronto a quella del Re, appariva piccolissima.
In oltre, tutti i box al suo interno erano occupati da cavalli di tutte le razze e manti.
Dall'imponente Frisone nero, al piccolo e fiero Arabo.
Tra i primi cavalli, Adele riconobbe il cavallo nero di Naoise, facendole tornar in mente tutto il sangue che lui aveva versato con la propria spada.

Rabbrividì.

"Winter?" 
Nuada alzò un sopracciglio, guardando la ragazza, impegnata ad osservare il vuoto davanti ad essa.
"Va tutto bene?" le chiese poi, avvicinandosi a lei.

La ragazza tornò in se. "Si" rispose prontamente.
"Sharon!" esclamò poi lei, non riuscendo a trattenere l'entusiasmo.

Nuada teneva strette le briglie di Sharon e di un Frisone dalla lunga e ondulata criniera, incamminandosi verso Winter.
La ragazza li fece l'incontro, rivolgendo a Sharon dolci carezze, non riuscendo a mascherare un sorriso.

Sta bene.

Quasi si tolse un peso, osservando le ottime condizioni del cavallo.

"Tieni."
Nuada le porse le redini del Lusitano. "Andiamo a fare due passi" continuò poi, salendo in groppa al suo cavallo.

Winter sistemò le redini e fece lo stesso, portando il cavallo al fianco del frisone nero.

***

"Puoi parlarmi, non mordo, giuro." disse ad un tratto Nuada, parlandole con tono quasi serio, mostrandole poi un debole sorriso, spezzando il silenzio.

Stavano trottando lungo un sentiero calpestato diverse volte, che portava al bosco. 
Il caldo iniziava a farsi sentire, insieme all'umidità.

Nuada li rivolse uno sguardo, poi si rigirò nuovamente, sospirando.

"Parlare di cosa?" chiese poi lei, disinteressata.

Il Re diede una carezza al proprio Frisone.

"Questo luogo, ad esempio, non ti suscita proprio niente?" chiese poi, rallentando un po il passo. Winter si guardò intorno, come nel cercare agli alberi una risposta.

"No, niente" mentì più a se stessa che a Nuada.

In realtà il mondo in cui si trovava le trasmetteva familiarità, una strana ed inconcepibile familiarità. E si chiedeva incessabilmente il perché, dato che l'ultima cosa che dovrebbe trasmetterle familiarità é un mondo che non dovrebbe neanche esistere, tra l'altro.
Già le parole 'altro mondo', insieme, la rendevano confusa, l'aggiungersi di 'famigliare' la rendeva anche ansiosa.
Forse per questo motivo cercava di negarlo a se stessa.

Perchè dovrebbe apparirmi familiare?

"Niente?" sembrò più un'affermazione che una domanda.

Lei non rispose, sospirò appena.

"Il marchio che ho al braccio... non se ne andrà più... neanche fuori da questo mondo, vero?" cambiò discorso, sperando che le sue supposizioni fossero sbagliate.

"Non se ne andrà, Winter. Quel marchio ti appartiene" le rispose, quasi con tono severo.

"Si, certo" mormorò, quasi involontariamente, non riuscendo a trattenere un sorriso dettato dall'ironia. 
"Solo una domanda: la T al contrario sta per 'Thuata', giusto? Ma i serpenti? Dovrebbero intimorire gli avversari?"

Parlò con ironia.

Nuada sbuffò. "I serpenti sono animali che sanno adattarsi perfettamente al loro ambiente naturale, sfruttandolo al massimo. Mentre, al contrario, si sentono confusi, facilmente irritabili e scontrosi se non nel loro habitat naturale" spiegò, studiando l'espressione di Winter, che si fece leggermente più cupa.

Questa l'ho già sentita, in un altro simile contesto. Tale padre, tale figlio.

"Sono animali che riescono a confondere le loro prede, a studiare stratagemmi per intrappolare e neutralizzare il nemico. Animali che restano minuti o anche ore intere nella stessa posizione a studiare il metodo migliore per annientare la preda, o la minaccia. Qualità importanti se vuoi sopravvivere in questo mondo" aggiunse poi, con tono saggio.

"Capisco" se ne uscì lei, freddamente.

Nuada tirò uno sbuffo, seguito da una piccola risata soffocata.

"Cosa c'è?"

"Niente, niente" disse, senza un'espressione comprensibile.

Winter non preferì non dire niente, forse perchè non le interessava, o forse perchè aveva compreso. In ogni caso la ragazza non aprì bocca finché non lo fece Nuada. "Eccoci qua."

Lui scese da cavallo con un balzo tanto agile, da procurare a Winter dei dubbi sulla sua anzianità.

La ragazza si rese conto di essere stata soprappensiero per tutto il tragitto, non dando importanza a ciò che la circondava, fino alle ultime parole del Re.

Si trovavano in bezzo al bosco. Al centro, il sentiero era assente di alberi, che in compenso si trovavano ai lati del largo sentiero. L'erba su di esso era bassa e più ingiallita rispetto a quella presente vicino agli alberi, il che faceva pensare che quel sentiero doveva essere stato calpestato parecchie volte, anche recentemente.

Winter fece per scendere, quando Nuada la fermò, alzando a mezz'aria il braccio.

"Ferma, tu devi stare a cavallo" la informò, passandole davanti, dandole le spalle. "Seguimi" le disse poi, girandosi un attimo verso di lei, prima di continuare a marciare.

In alcuni alberi erano stati posizionati bersagli, parzialmente usati; erano su di essi presenti alcuni segni di frecce, ma pochi erano stati compiti al centro, notò la ragazza. Gli alberi in cui essi erano appoggiati, invece, erano stati infilzati e scalfiti parecchie volte.

Gli arcieri devono allenarsi qui, mi sa.
Puntualizzò a se stessa la ragazza, osservandosi intorno.

Il bosco dava un che di inquietante, ma allo stesso sento la affascinava. Intorno agli alberi regnava piatta la nebbia. Nessun animale era udibile, tranne qualche corvo lamentoso.

"Voglio che tu faccia una cosa, Winter" le disse, attirando la sua attenzione.

Gli ondulati capelli della ragazza si mossero al suono del suo nome.

"Voglio che percorri questo sentiero. Arrivi fino all'ultimo bersaglio alla tua destra" le disse, indicandoglielo. "E poi ritorni. Devi osservare ogni singolo bersaglio, sia in andata che in ritorno, senza fartene scappare uno. Tieni un galoppo medio, è importante che non rallenti, ne acceleri" le puntualizzò.

Winter scrollò la testa, confusamente. "Perchè?"

"Fallo" ripose solamente.

Winter diede uno sguardo al sentiero, annuendo.

"Forza" la incoraggiò a partire lui, dando una lieve pacca al fianco dell'imponente Andaluso, che non sembrò infastidirsi.

La rossa diede un deciso colpo di tallone al cavallo, che bastò per farlo partire ad un trotto veloce, poi lo stimolò ad un galoppo ad andatura leggera, stando ben attenta a non farlo rallentare, ne accelerare, come spiegato.

La testa della ragazza si muoveva in ogni direzione, cercando ogni bersaglio con gli occhi. Ma non riusciva a non farsi distrarre da ciò che la circondava; un piccolo e silenzioso fiume si trovava al di là degli alberi, forse lo stesso che era presente nel suo vero mondo, nella sua piccola città, pensò lei.

"Non farti distrarre, Winter!" la rimproverò una voce severa alle sue spalle.

La ragazza tese il braccio, tirando la redine destra di Sharon, tornando indietro, osservando che non c'erano altri bersagli visibili.

Al ritorno fece più attenzione ai bersagli, cercando di non farsi tentare dal vedere altrove.

"Bene" commentò schietto Nuada, accarezzando il cavallo della ragazza.

Poi si diresse verso il Frisone, legato ad un ramo di un albero. Aprì quella che sembrava una grande e vecchia borsa di cuoio, estraendo un porta frecce a tracollo, anch'esso di cuoi scuro, decorato da alcuni disegni di cervi.

"Metti questo" le ordinò, avvicinandosi a lei.

"Un... Un porta frecce?" chiese, osservando l'oggetto, mentre lo afferrava.

"Si, non credo che riusciresti a tenerle tutte in mano" osservò scherzoso Nuada, porgendole anche l'arco che Winter aveva già utilizzato in precedenza.
"Ora dovrai semplicemente percorrere nuovamente il percorso, ma colpendo ogni bersaglio che incontrerai."

Winter non riuscì a trattenere una piccola risata. "Cosa? Non ne centrerò mezzo!" esclamò, cercando di smettere di ridere.

"Devi iniziare ad avere più stima di te stessa, ragazza" disse allora Nuada, con aria seria e leggermente tesa.

Lei smise di sorridere di colpo, come se quelle parole le pesassero, o quasi la ferissero. Allora si accorse che Nuada continuava a porgerle l'arco, fissandola ostinatamente. La ragazza lo prese, ancora un po esitante.

"Essendo la tua prima volta, potrai rallentare un po ad ogni ostacolo, se ti sembrerà d'aiuto" le spiegò, mentre osservava la ragazza sistemarsi il porta frecce. "Ma se non lo facessi sarebbe meglio" sospirò quasi.

"Perchè?"

"Perchè un bersaglio in movimento non ti da l'opportunità di rallentare per prendere la mira. Come ti ho spiegato prima."

Non colpirò mai un 'bersaglio in movimento'.
La ragazza annuì, e si risparmiò il discorso.

"Ricorda, libera i polmoni mentre lanci. Non pensare,-"
"Tira e basta."
Una voce interruppe Nuada, che si voltò insieme a Winter.

Naoise era in piedi dietro di loro, con le braccia portate dietro la schiena e il volto leggermente alzato, mostrandosi ancor più imponente sotto un mantello nero, dove era inciso, in un lato appena visibile del mantello, lo stesso marchio che Winter portava al braccio.

Perchè può trasmettere tanta ansia anche con un semplice sguardo? 

"Naoise."

"Padre" ricambiò il saluto, osservando però Winter. Lei abbassò lo sguardo sotto gli occhi del ragazzo, che sorrise, divertito forse da quella improvvisa reazione.

"Come mai qui, figlio?" Nuada lo guardò con dedizione.

"Osservo i progressi della ragazza, Padre. Mi sembra tesa ed agitata come l'avevo lasciata" notò, continuando a rivolgerle lo sguardo.

"Non lo era fino alla tua venuta" commentò allora il padre, quasi con tono interrogativo.

Naoise alzò un sopracciglio, guardandola ancora.

Winter sospirò lungamente, quasi tremante. "Posso procedere?" chiese poi, quasi avesse fretta, guardando Nuada per distrarsi dalla presenza del ragazzo.

"Prego." 
Multo chinò il capo in consenso, mentre il Principe continuava ad osservarla, ansioso di vedere il risultato della prova.

"Bene" sospirò lei. 
Portò le redini alla mano sinistra, impugnandoli insieme all'arco, con la stessa mano.

Perchè mi viene tutto in modo così naturale e spontaneo? 

Diede all'Andaluso un colpo di tallone, ed esso partì ad un galoppo scattante, che venne immediatamente corretto da Winter, tirando lievemente le redini, cospirando.

Devo calmarmi. Ho solo bisogno di calma.

Con estrema velocità estrasse una freccia e colpì il primo bersaglio, che centrò; poi il secondo, poi il terzo.

Winter si meravigliò, osservando le prime tre frecce, conficcate perfettamente al centro dei piccoli bersagli. Poi sentì un piccolo mugolio infastidito alle sue spalle; la ragazza aveva saltato un bersaglio a causa delle sue distrazioni, e Nuada non ne parve molto entusiasta.

Estrasse un'altra freccia, rischiando di farla cadere per la velocità con cui l'aveva uscita, e tirò anch'essa, centrando nuovamente.

Ma dai... Non può essere. Potrei decidere di proposito di sbagliare, ma centrerei lo stesso... se la mettiamo così!

Poi tornò indietro, centrando anche l'ultimo bersaglio che precedentemente si era fatta scappare.

"Ora mi spiegate come ho fatto a centrare ogni singolo bersaglio, quando non ho mai fatto una vera pratica" parlò, non appena arrivata, con tono quasi ringhioso, ma in prevalenza frustato. Incapace di darsi una spiegazione logica.

Naoise era rimasto nella stessa posizione in cui Winter lo aveva lasciato.

"Le tue doti qui aumentano in eccellenza, al contrario diminuiscono nel mondo in cui vivi" le spiegò allora il Re, con calma imparziale.

"È assurdo."

Nuada gettò un sospiro di frustrazione, risalendo a cavallo.

"Le fai fare tu il giro tra le abitazioni?" si rivolse al figlio.

"Certo, padre" rispose quest'ultimo, senza farsi supplicare.

"Bene. Io ho degli affari da risolvere. Ci vediamo presto, Winter" le rivolse un sorriso prima di dileguarsi in groppa al suo cavallo.

"Ma... Cosa..." borbottò lei confusamente, guardando Nuada allontanarsi velocemente, perdendosi tra i diversi alberi del bosco.

Perchè è scappato così?

"Tranquilla, non mangio le persone" sbuffò smorfiando il ragazzo.

"Ma le uccidi!" li ringhiò quasi, allontanandosi di poco.

Naoise abbassò lo sguardo, portando un dito al mento, mostrando un mezzo e piccolo sorriso nervoso. "Quindi è per questo" affermò, con tono che sfumava tra l'interrogativo e l'affermativo.

"Cosa?"

"Che mi temi" continuò con tono che esprimeva naturalezza.

"No" negò lei, quasi cercasse di autoconvincersi.

Lui sospirò, portando una mano ai capelli. "Erano dei nemici, Winter. Dei nemici."

"Non importa."

"Certo che importa!" quasi la sgridò, come un padre rimprovera il proprio figlio per stupidi capricci.

Winter lo guardò con fare furioso.

Odiava essere sgridata, specialmente in circostanze inadeguate come quelle.

Si sentì avvolgere da un'ondata di immensa confusione e terrore. L'ultima cosa che voleva era entrare in un stato di panico... non in quel momento, non con lui, avrebbe solo complicato le cose.

Solo un giorno, domani ritornerò a casa.

Deglutì e prese fiato, pensando ad articolare una frase compiuta.
"Tuo padre parlava di fare un giro... tra le abitazioni" li ricordò lei, cercando di cambiare discorso.

Il ragazzo chiuse gli occhi, cercando di evocare la calma. E per quanto, osservando il mento teso e il viso colorirsi di un leggero rosso, sembrasse in punto di scoppiare dalla rabbia, i suoi lineamenti divennero dopo pochi secondi più rilassati ed amichevoli. 
"Si" affermò poi velocemente, con tono quasi rude. "Andiamo."

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Capitolo 6
*** Capitolo 5; ***



"Stai temendo la persona sbagliata" interruppe il silenzio Naoise.

Winter lo guardò. Era evidente che tentare di cambiare discorso con lui fosse inutile ed inconcludente.

"Smettila" sibilò per stizzirlo, non sapendo cos'altro dire.

"No, smettila tu, piuttosto."

Lei corrugò la fronte.
"Io non sto dicendo niente" mormorò, guardandolo con aria confusa.

"Appunto. Parlami, dannazione! Smettila di nasconderti!" le alzò la voce, sbarrandole la strada, fermandosi tra la fitta vegetazione.

La ragazza lo guardò con aria frustata.

"Credi che continuare a non parlare con nessuno ti porterà a qualcosa?" le domandò, con lo stesso tono.

"No" rispose semplicemente, quasi canticchiando. Poi tirò la redine sinistra dell'andaluso, sorpassando il giovane cavallo nero che montava Naoise.

"No?!" ripeté furioso lui, non riuscendo o non volendo più darsi un contegno. "Come puoi essere così immatura e testarda?!"

Le sbarrò la strada, nuovamente.

Oh, ma basta!

"Io non sono immatura, ne testarda! Sono solo stanca! Mi sono ritrovata in un'altro mondo. In un altro mondo!" ripeté a se stessa, non riuscendo a trattenere una piccola risata ironica. "Circondata da... da... cosa siete? Stregoni? Magari fate? Ormai potrei aspettarmi di tutto. Pretendete che accetti tutto ciò... Come se fosse tutto normale! Pretendete che diventi la vostra... cosa?" sbottò, riducendo gli occhi a due fessure.

"Winter-"

"La vostra impavida arciera? O cos'altro? È abbastanza strano che non sia impazzita, caduta in paranoia. Pretendi anche di farmi la morale, ora?" continuò, stroncandolo.

Si rese conto solo allora che le bruciavano gli occhi. Ma non si sarebbe messa a piangere, non di nuovo. Si schiarì la voce, chiudendo gli occhi per cacciare via le lacrime; una volta riaperti, distolse lo sguardo dal volto impallidito di Naoise.

Non posso perdere le staffe, devo restare lucida.

"Winter..."
"Stai zitto" disse scandendo accuratamente le due parole, fulminandolo con lo sguardo. Poi chiuse gli occhi, cercando di evocare tutta la calma e la pazienza presente nel suo corpo. "Portami nel tuo maledettissimo villaggio... per favore", e pronunciò quest'ultime due parole quasi con tono supplicante.

Tornerò a casa, domani.

Il ragazzo la guardò attentamente, cercando di studiare una risposta. Ma sapeva che ogni sua parola l'avrebbe solo confusa di più, e non era ciò che voleva.

Si sentiva uno stupido, sottomesso da quella testarda e quasi arrogante ragazzina.

"In ogni caso, noi due saremo costretti tenere un discorso, presto o tardi."

***

Il silenzio sovrano fu interrotto dalla parlantina del popolo che si stanziava a pochi chilometri dai due.

Bambini, adulti, cavalli, zoccoli, abbai improvvisi, maniscalchi che lavoravano il ferro; diversi rumori invasero le orecchie dei due giovani.

"D'ora in poi, stai vicino a me" le ordinò, avvicinandosi al fianco del cavallo.

"Perché? È il tuo popolo, no?", avvicinò le sopracciglia.

"Ciò non toglie che possano esserci dei nemici tra i diversi cittadini" la informò, scrutando la folla, che non si era ancora accorta dell'arrivo del Principe.

Un ragazzo alto e muscoloso interruppe i pensieri di Winter.

"Principe" si inchinò, ai servizi di Naoise.

"Oris" lo salutò con un cenno del capo. "Porteresti questi due cavalli ad abbeverarsi?" chiese, scendendo dal cavallo nero, aspettando che Winter facesse lo stesso.

"Certo, ai vostri ordini!"

Naoise li accennò un sorriso di gratitudine, osservando la ragazza scendere dallo splendente Andaluso.

Intanto, alle porte della piccola città, diverse persone bisbigliavano tra loro.

"Il principe, il principe!" sentì esclamare sotto voce Winter, che si girò verso quei piccoli bisbigli.

Due donne se la diedero a gambe non appena lei sembrò condividere con loro uno sguardo privo di qualsiasi emozione.

Perchè sono scappate così?

Il Principe sembrava impaziente, ancora infastidito forse dalla piccola discussione avuta con la ragazza.

Aveva uno sguardo assente, ciò faceva intuire che stesse annegando tra i pensieri. La mascella tesa e gli occhi vigili, osservavano tutto tranne Winter, la quale lo seguiva attenta.

I suoi occhi volteggiavano alla ricerca di interessi, mentre Naoise pareva rivolgerle qualche sguardo, forse casuale, di tanto in tanto.

Il profumo di pane fu il primo odore che arrivò alla ragazza.

Diversi bambini erano fermi dinanzi un piccolo tavolino dove donne ponevano accuratamente del pane appena sfornato. Loro osservavano, con gli occhi ben aperti e lo sguardo fisso; la più piccolina, dai lunghi e biondi capelli boccolati, osservava quasi ipnotizzata il lavoro dei panettieri, accennando qualche piccolo e timido sorriso ai bambini accanto.

A Winter scappò un sorriso alla vista della piccola biondina, così innocente e dolce, con un sorriso angelico e magnetico.

"Principe."

Diversi uomini si erano fermati nel vedere il ragazzo, piegandosi in piccoli inchini.

La ragazza, invece, era ancora impegnata ad osservare la piccola dai capelli boccolati.

Quando l'ultima infornata di pane fu pronta, i bambini si allontanarono un poco, tranne la bambina bionda, che guardava con interesse. Una donna, portando un dito tra le labbra in segno di far silenzio, allungò un pezzo di pane alla piccola, guardandosi cautamente intorno.

La bambina allungò la mano, afferrando timidamente il piccolo pezzo di pane, che le doveva sembrare quasi uno squisito e succulente dolce. Sorrise, dondolandosi, mentre la donna ritirava via il braccio.

La bambina andò via, seguita dagli occhi attenti di Winter, che continuava a sorridere. Poi, dei bambini, forse li stessi di prima, si avvicinarono alla piccola e, senza quasi accorgersene, il pane nelle mani della bambina venne bruscamente tirato via. Lei parve piangere in un primo momento, ma restò solo ferma, osservandolo correrli via con il pane in mano.

Winter ne parve rimanere sconcertata, dalla vicenda.

Aprì leggermente la bocca ed aggottò le sopracciglia, osservando la scena con un filo di pena.

Naoise, al suo fianco, scattò a destra, fermando la corsa dei bambini, che lo guardarono con timore, riconoscendo in lui il Principe.

Erano tre. Piccoli, magri e veloci. Naoise allungò una mano, aprendola ed aspettando.
I tre si guardarono, poi uno di loro uscì il bottino, ponendolo lentamente e timorosamente sulla mano del Principe, deglutendo.

"Fermi" ordinò lui, scrutando dietro di loro. La bambina era ancora piazzata vicino al forno, osservando silenziosamente la scena. "Vieni, piccola" la invitò, facendole segno con la mano di avvicinarsi, mostrandole un sorriso. "Non aver paura."

Lei iniziò ad incamminarsi, visibilmente agitata.

"Tieni" disse lui, allungandole il suo pezzo di pane. La piccola sorrise, afferrandolo.

Oh, è così dolce!

Winter le mostrò un sorriso, non appena si girò verso di lei.

"Ora scusatevi" ordinò poi Naoise, guardando i tre con aria severa.

Questi abbassarono lo sguardo; poi, quasi canticchiando, chiesero scusa in coro, rivolgendo un piccolo sguardo alla bambina.
Lei, guardò il pezzo di pane sulle sue piccole mani, riflettendo; secondi dopo, decise di dividerlo in due piccoli pezzi, porgendone uno ai bambini, che lo accettarono con ritegno. Poi, il piccolo riccioluto che aveva afferrato il pane, si girò verso il Principe, con ancora una mano allungata, quasi stesse chiedendo un permesso.

"Andatevene, ora" disse in risposta lui, fulminandoli con lo sguardo.

I tre non se lo fecero ripetere due volte. Corsero a gambe elevate.

Winter guardò un'ultima volta la piccola bambina, che scattò a correre non appena una voce adulta la chiamò a casa.

Sorrise, poi si girò verso Naoise; la osservava, ma si girò altrove non appena i loro occhi si incrociarono.

"Che c'è?" chiese poi con un pizzico di fastidio Winter, non riuscendo più a sopportare l'indifferenza di lui verso i suoi confronti.

Il ragazzo le rivolse uno sguardo, inarcando un sopracciglio. "Niente, perchè?" parlò, con tono leggermente ironico.

Simpatico, lui.

"Non mi parli più" osservò la ragazza, cambiando visuale.

"Guarda, guarda! Ti da fastidio l'indifferenza! Beh, guarda caso, anche a me!" rispose, con aria irritata, gesticolando con le mani.

Winter sospirò pesantemente, stufa del suo comportamento. Si massaggiò le tempie, innervosita.
"Dovresti provare a metterti anche nei miei panni, sai" ammiccò lei, quasi sospirando, come se infondo non volesse farsi sentire.

"Ci sto provando."

"A me non pare" sibilò lei, dedicandoli un piccolo sguardo.

Naoise sbuffò.

"A proposito di 'mettersi nei panni altrui'..." parlò subito dopo, facendosi venire un'idea.

Abbassò lo sguardo, impegnato a calciate una piccola pietra accanto ai suoi stivali. "Ho visto che ti piacciono i bambini. O almeno, lo deduco da come sorridevi alla bambina di prima" continuò, alzando lo sguardo verso di lei.

Lei ricambiò, guardandolo con fare interrogativo. "Quindi?"

"Quindi, tutti i bambini che vedi e che hai visto, compresa la piccola biondina, moriranno, se il nostro tributo non si unirà a combattere con noi contro il popolo nemico. Mi chiedevo, se riuscissi a metterti nei panni delle madri che piangono i loro figli perduti" parlò quasi sfidandola.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6; ***



"No, sono sicurissima che il vostro tributo riuscirà nel suo intento!" lo spiazzò lei, quasi velenosamente, guardandolo con aria seccata.

Lui la guardò zittito, poi scrollò la testa nervosamente; si prese alcuni secondi, fissando il vuoto, ed infine accennò un sorriso, a viso basso.

"Che c'è?"

"Sei così ingenua" sospirò, continuando a non rivolgerle lo sguardo e a sorridere, quasi nervosamente. "Vai a cavallo, riesci a tirare con l'arco da cavallo, senza prendere neanche la mira..." parlò guardandola, studiando la sua espressione.

Winter abbassò lo sguardo, visibilmente agitata.

"E neghi ancora a te stessa la consapevolezza di appartenere a questo mondo."
Alzò un sopracciglio. "Buffo" continuò poi, sussurrando, e riprendendo a camminare.

Winter sospirò, guardandosi intorno, confusamente. Il Principe non aveva tutti i torti, forse nessuno; e lei, pur non volendo affermarlo, ne a se stessa ne a Naoise, principalmente lo sa.

"Vuoi sapere cosa dice l'antica profezia sul tributo?" chiese poi, spezzando il silenzio tra loro due, qualche minuto dopo.

Winter sbuffò divertita. "A cosa serve chiedere" bisbigliò, tra un'affermazione ed una domanda.

"Vuoi che te lo spiego teoricamente o praticamente?" chiese poi, distogliendo la sguardo da lei.

"In nessuno dei due modi, ad esempio?" chiese, ironicamente, dedicandoli uno sguardo.

"Scegli. O scelgo io per te" disse serio, quasi infastidito dalle risposte cocciute della ragazza.

Lei scrollò le spalle, sospirando.

"Bene" mormorò tra se e se, quasi canticchiando.

Iniziò ad allungare il passo. Più i due si addentravano nel villaggio, più l'entusiasmo del popolo aumentava nel vedere il Principe.

Si iniziava a spargere la voce che, l'atteso tributo, era finalmente arrivato per salvare il popolo.

Naoise era estremamente teso, non badava nemmeno agli inchini della popolazione. Il suo mantello svolazzava alla velocità della sua andatura, Winter quasi faticava a seguirlo.

La ragazza si fece più tesa, forse a causa del ragazzo o degli sguardi che i cittadini le mandavano, o forse per entrambi i motivi.

"Dove stiamo andando?" chiese poi, a bassa voce.

"Non ti piace la vista del sangue, vero?" chiese, con nervosismo, e quasi malignamente, continuando a tenere lo stesso ritmo del passo.

La ragazza non aprì bocca, il che fu una risposta sufficiente per Naoise.

Poi il suo passo diminuì, ma non la sua irritazione, che sembrò invece aumentare. Le rivolse uno sguardo quasi malvagio.

Winter sentì attraversare il suo corpo da brividi quando incrociò i suo occhi che sembravano due abissi di ghiaccio.

Era in ansia, non capiva il perchè del suo comportamento.

Poi guardò dinnanzi a lui: una folla di persone circondava un piccolo rialzamento in legno; un ragazzo su per giù dell'età di Winter si trovava sopra quella struttura in legno, con i polsi legati, inginocchiato, lo sguardo perduto e malinconico, quasi tremante. Cercava di nascondere la propria paura.
Vicino ad esso, una guardia vestita di nero li afferrava un braccio, per vietarli di alzarsi, e sembrava parlare col popolo.

"Che... Che sta succedendo?" chiese Winter, tremando. Sembrava avesse capito già tutto, e sperava di sbagliarsi.

"Osserva" le disse Naoise, indicando col volto un punto preciso.

I suoi occhi erano più scuri del solito, diventati di un blu oceano; la mascella tesa e le spalle drittissime lo rendevano estremamente serio ed autoritario.

Winter guardò nella sua direzione: la guardia al fianco del ragazzo inginocchiato continuava a parlare.

"Chi è?" chiese curiosamente lei, rivolgendosi a Naoise.

Il ragazzo la guardò intensamente, poi abbassò il capo, come stesse riflettendo sul darle una risposta o meno. Alla fine si decise ad aprir bocca, portando le braccia dietro la propria schiena.

"Un nemico" rispose velocemente, sospirando appena. "Un prigioniero di guerra" specificò poi, con tono amaro.

Winter vide l'uomo in nero afferrare un coltello, avvicinandosi impetuosamente verso il ragazzo che, sembrava non mostrare nessuna espressione percepibile. Né paura, né ansia, né altro. Si limitò solo a chiudere gli occhi; il suo petto iniziava ad alzarsi e ad abbassarsi in modo irregolare, come quello di Winter. La ragazza si portò una mano alla fronte, girandosi di spalle.

No. No. No! 

"Lo state... Lo state uccidendo" capì, parlando con tono glaciale, affermando le sue teorie.

Perspicace.

Chiuse gli occhi, nervosamente. Si sentiva tremare ad ogni respiro.

"Perchè mi hai portata qui?" chiese nervosamente, sempre di spalle, con tono irritato.

Cercava di mantenersi calma, non voleva entrare in uno stato di panico, non voleva darli tale soddisfazione.

"Per mostrarti ciò che potresti fermare se ti unissi a noi" si fermò, facendo una smorfia accompagnata da un sorriso dettato dalla cattiveria. "Se ti unissi a noi ora, e non solo dopo aver assistito a svariate esecuzioni come queste" si corresse, con un filo di irritazione.

"Guarda, Winter. Girati" le ordinò, questa volta con tono calmo e risoluto.

No, non succederà mai.

"No" rispose lei prontamente, passandosi una mano in faccia. "Oh, Dio, Naoise..." mormorò poi, con la voce che le tremava.

Era in ansia. Non voleva vedere l'esecuzione di un 'ragazzino'.

"Voglio andare via" si decise a dire, riaprendo gli occhi di scatto.

"Non puoi" la zittì Naoise di ricambio. "Hai un patto con mio padre, devi mantenerlo."

"Io... Ti prego" lo supplicò, a denti stretti.

Continuava a darli le spalle.

"Girati."

"No, non voglio."

"È un ordine. Girati!" alzò la voce questa volta, il suo tono divenne improvvisamente estremamente autoritario e quasi rabbioso.

Cercava di mantenersi il più calmo possibile, ma il fatto che la ragazza lo disubbidiva lo faceva andare su tutte le furie.

Lei fece un gran respiro, prima di girarsi, molto lentamente, spaventata da ciò che avrebbe potuto vedere.

Il ragazzo era ancora in ginocchio, legato. L'uomo in nero li teneva la lama del coltello sotto la gola.

"No" sussurrò tra se e se, coprendosi gli occhi con le mani. Il suo respiro si fece più pesante, più irregolare. Tremava.

"Potrà avere la tua stessa età. Esegue semplicemente gli ordini dati, come i nostri guerrieri. Siamo costretti a toglierli la vita, come a lui anche ai suoi compagni prigionieri" le spiegò, guardando il prigioniero.

"Ti prego" continuò a supplicarlo, quasi in preda ai singhiozzi.

Naoise non la degnò di uno sguardo, non sembrò scomporsi affatto al tono supplicante della ragazza.

Lei si girò nuovamente di spalle, ma il ragazzo la fece immediatamente girate alla sua visuale, strattonandola per un braccio.

"Non ci fa piacere uccidere i prigionieri, ma questo servirà a dissuadere altri attacchi. Se solo tu potessi affiancarci, con le tue doti, la profezia si avvererebbe e daresti fine a questo bagno di sangue" la guardò, osservando le sue mani scivolarle dagli occhi; continuava a osservare il ragazzo in ginocchio. "Daresti fine a queste morti."

Dette queste parole, la lama del coltello squarciò il collo del ragazzo, che cadde agonizzante, sotto le urla sia di entusiasmo che di disprezzo del popolo. Winter si girò velocemente di spalle, e questa volta non venne fermata.

Le bruciava la gola, come gli occhi, che iniziarono ad arrossire. Poi un profondo senso di vomito e disprezzo la invase.

Naoise invece parve non rimanere minimamente sconvolto, ne colpito in alcun modo. Rimase in silenzio, ad osservare il vuoto.

Come può non rimanere minimamente sconcertato?

"E potremmo rimanere qui per ore, altre persone verranno uccise" ammise, con tono stuzzicante, camminando lentamente in cerca del suo volto, come se li desse fastidio farsi dare le spalle.

"Non voglio restare ad osservare" lo guardò dritto negli occhi, parlando silenziosamente, con tono stanco e supplicante.

"Non ti costringerò. Non più, almeno" la calmò, parlandole con tono comprensivo, rivolgendole uno sguardo quasi dispiaciuto. "Ciò non toglie che altri ragazzi moriranno come lui" le indicò il corpo privo di vita, che veniva caricato sulle spalle di un uomo tozzuto.

"È sbagliato" parlò quasi inconsciamente. Le parole le scapparono di bocca.

"Cosa?" mormorò sorpreso Naoise, alzando un sopracciglio; non si aspettava una sua risposta.

"Ucciderli. È... immorale" commentò poi, confusa dalle sue stesse parole. 
Parlò con tono estremamente colmo e melodico.

"Cosa proporresti, quindi?" chiese, abbassando lo sguardo; era pensieroso.

Winter scrollò la testa, osservando che un'altro ragazzo stava per fare la stessa fine del precedente. Si sentì avvolgere dall'ansia, come se la sua futura risposta dipendesse dalla sorte di quella vita.

Una qualsiasi risposta. Parla, Winter, parla.

"Parlarci."

"Parlarci?"

"Si" confermò, confusamente. "Cercare di convincerli ad allearsi con voi... Ad esempio" continuò, nervosamente.

Cosa sto dicendo?

"Cosa stai dicendo?" la sua coscienza parlò con la voce di Naoise, che aggrottò le sopracciglia, visibilmente confuso e sorpreso dalle parole quasi insensate di Winter.

"Io... Io non lo so. Ma ti prego, fermali" lo supplicò, indicando l'uomo che appoggiava la lama insanguinata del coltello sotto il collo del ragazzo.

Naoise le rivolse uno sguardo confuso, poi si fece serio, sospirando profondamente. E proprio quando la guardia stava per uccidere l'ennesimo ragazzo, il Principe alzò un braccio. "Fermatevi" ordinò ad alta voce, certo di farsi sentire.

La folla di gente si girò a guardare i due, e il silenzio che li circondava fu rubato da incerti bisbiglii.

Il prigioniero riaprì gli occhi, non aprendo bocca, svuotò i polmoni, non riuscendo a mimetizzare un lungo e gelido brivido che li attraversò la schiena, non appena la lama del coltello li si allontanò dal collo.

"Riportate i prigionieri alle segrete, in attesa di nuovi ordini" continuò poi, con freddezza.

Tutti obbedirono con dedizione.

Winter parve buttar via un peso, si sentì improvvisamente bene e più leggera. Ammorbidì il suo corpo, buttando un sospiro di sollievo. Guardò Naoise quasi come se potesse scrutargli l'anima.

"Grazie" bisbigliò poi, abbassando lo sguardo come se fosse imbarazzata.

Il ragazzo si irrigidì a quella parola, alzò il viso per guardare i prigionieri che tornavano verso le segrete, incamminandosi lentamente.

"Non ringraziarmi. Non so neanche io cosa ho fatto" sorrise nervosamente, camminando tra la folla.

"Hai salvato quei ragazzi."

"Li stessi che hanno ucciso i miei uomini in guerra" le spiegò, rivolgendole uno sguardo irritato.

"Hai detto tu stesso che eseguono solo ordini. Come i tuoi uomini, alla fin fine" lo incalzò, guardando la sua espressione.

Lui non rispose; continuava a 'scappare' dalla folla, tenendo Winter per un braccio, per evitare di perderla tra i diversi cittadini.

Le persone parevano dispiaciute per la mancata uccisione dei prigionieri. Sbuffi di impazienza e irritazione si mescolarono tra il popolo; altri, invece, parvero più sollevati e nascondevano con cura la loro contentezza per il mancato spargimento di sangue.

In pochi minuti, la folla di persone si spezzò, ed ognuno tornò ai propri lavori e alle proprie case; Naoise e Winter, finalmente, poterono prendere un po di aria, liberi dalla gigantesca folla.

"Cosa farai dei prigionieri?" parlò poi Winter, quando Naoise le lasciò il braccio.

Il Principe si guardò intono, sospirando. "Non lo so, ancora" ammise, con ritegno.

Winter annuì, sospirando anch'essa.

Si incamminarono per le strade del villaggio. La ragazza osservava interessata tutto ciò che le passava per gli occhi, e per il naso: un succulente profumo di pane caldo le invase le narici.

"Hai fame?" chiese d'un tratto Naoise, vedendola osservava il pane con interesse.

Winter distolse immediatamente lo sguardo dal cibo, guardando un punto immaginario davanti a lei.

Continuavano a marcire, senza meta.

Lui gettò un sospiro di frustrazione, fermandosi; la ragazza lo imitò, osservandolo.

"Non devi dimostrare niente, Winter. Non risolvi nulla lasciandoti morire di fame" la rimproverò, cercando di moderare il tono. "Quindi ti ripeterò la domanda: hai fame, Winter?"

Lei abbassò lo sguardo, e quando il Principe parve star per aprire nuovamente la bocca per parlare, lei lo zittì.

"Si, ho fame."

Naoise sorrise, soddisfatto. "Hai visto? Non era così difficile" disse, procurandosi velocemente una ciabatta di pane. Winter si lasciò scappare un sorriso.

"Winter che sorride, a me. Una benedizione!" esclamò con sorpresa, alzando buffamente le mani.

Lei cercò di trattenere un ennesimo sorriso, ma insieme ad esso uscì anche un piccola risata strozzata.

Naoise porse il pane alla ragazza, che lo accettò senza obiettare, limitandosi ad un piccolo "grazie".

"Intanto mangia quello, arrivati alla reggia avrai altro."

Lei non disse niente, dando un morso al pane; era squisito.
Non amava mangiar il pane senza niente, perciò dedusse di essere veramente affamata quando comprese di aver ingoiato quasi metà panino con due soli morsi.

"Parlavi di una profezia, prima" disse titubante, tra un boccone e l'altro.

Lui sorrise, mostrando una fila di denti brillanti. "Mangiare ti ha fatto diventare curiosa, fortunatamente" disse, sistemandosi un ciuffo di capelli neri.
Winter accennò un sorriso forzato.

Non dovrei sorriderli. Non dovrei.

Ripresero a camminare. Mentre la ragazza aspettava una risposta, Naoise riempì i polmoni con velocità, svuotandoli poco dopo, elaborando una risposta adeguata.

"Sul tributo, la profezia narra che, esso, è un abile guerriero, e che riesca a stendere il proprio avversario in pochi e sfuggenti secondi" parlò, riprendendo fiato. Winter lo osservava con infinito interesse. "In oltre, esso si dimostra caritatevole con i propri avversari... E, solitamente, preferisce dissuadere il proprio avversario con le parole anziché con le armi, cercando quindi di non arrivare ad uno spargimento di sangue" continuò, con tono cristallino.

Ovviamente. Cos'altro poteva inventarsi, dopo l'accaduto.
Sbuffò.

Lei non parlò, limitandosi ad ascoltare.

Quando concepì che il ragazzo, dato lo sguardo con cui la fissava, aspettava una sua risposta, non riuscì a reggere il suo sguardo, variandolo verso destra.

Il Principe rise, ammiccando un sorriso spavaldo. "Ed anche abbastanza cocciuto, aggiungerei" commentò, distogliendo lo sguardo dagli occhi smeraldi della ragazza.

Winter sbuffò, osservando nella sua direzione; i suoi occhi si ridussero a due fessure, cercando di mettere a fuoco delle figure a cavallo che galoppavano verso il villaggio; erano incappucciati, coprendo quasi tutta la testa, e vestiti di nero. Galoppavano velocemente.

"Chi sono?" domandò lei, continuando a fissarli. Il suo tono era sospettoso e curioso.

"Chi?" chiese a sua volta Naoise, voltandosi, con ancora il sorriso in faccia, verso ciò che osservava la ragazza.

Si fermò. E il suo sorriso svanì pian piano, portando, forse inconsciamente, una mano alla cotta della spada.
Il suo sguardo divenne improvvisamente serio ed imponente.

Winter percepì la sua tensione, assorbendola.

"La gita è finita. Torniamo alla reggia" disse d'un tratto, freddamente, continuando ad osservare quelle figure a cavallo.

Riprese a camminare, ma nella direzione opposta, avviandosi all'uscita del villaggio.

"Chi sono?" chiese nuovamente lei, con impazienza.

"Banditi, Winter. Sono dei banditi" le rispose, con tono irritato. "Ribelli che cercano di mettere disordine" specificò, allungando il passo. "In altri casi avrei preso a mio vantaggio questa occasione. Ma non posso metterti in pericolo" continuò velocemente, afferrandola per un polso. "Dobbiamo correre, Winter."

Si girò per guardarla, e lei annuì in consenso, aumentando il passo in una piccola corsa.

Non erano gli unici a scappare; la popolazione era in subbuglio: chi correva a destra e a sinistra per rientrare dentro le proprie case, chi chiamava i propri figli disperatamente, chi si affrettava a far rientrare il bestiame.

Naoise aveva un'aria glaciale, quasi sofferente. Questa volta avrebbe potuto tenderli lui stesso un agguato, sfruttare questa occasione a suo vantaggio; ma non poteva mettere in pericolo il tributo, non ancora, almeno.

"Sella il tuo cavallo, sii veloce."

La ragazza annuì nuovamente, correndo verso la selleria, seguita ad ombra da Naoise.

Osservarono le diverse selle e riconobbero le loro; veloci a sellare ed imbrigliare i due cavalli, salirono in groppa quasi contemporaneamente, partendo ad un piccolo galoppo.

Ma non appena uscirono dalla stalla, Naoise tirò violentemente le redini, osservando i ribelli avvicinarsi velocemente alle porte del villaggio. A quella andatura, si sarebbero scontrati tra loro, sicuramente.

Il Principe imprecò sotto voce, tenendo a bada il proprio equino, che sembrava essersi agitato a sua volta, percependo la sua agitazione repressa.

"Uscita secondaria" si limitò a dire quest'ultimo, girando abilmente di mano.

Mentre entrambi galoppavano veloci, Naoise osservava il viso di Winter, cercando di intravedere qualche stato d'animo. Ma né timore, né ansia, né terrore sembravano aver colpito la ragazza, impegnata a spronare il proprio cavallo.

Naoise fu sollevato e soddisfatto alla reazione calma ed imparziale della ragazza; sembrava aver ripassato situazioni come queste già decine di volte.
Eppure non era così.

"Ed ora cosa succederà?" chiese Winter alle sue spalle, col fiato corto.

"In che senso?"

"Alla tua gente, intendo" specificò allora lei, cercando di tenere un tono disinteressato.

Naoise non rispose, fu solo tentato di tornare indietro, per affrontarli. Ma dovette ripensarci, frustato.

"Non credo tenteranno di uccidere qualcuno. Il loro obiettivo è di terrorizzare, ma non uccidendo" spiegò.

Le porte dell'uscita secondaria vennero spalancate da due guardie armate, non appena riconobbero il Principe.

"Perchè?" chiese lei, 
avvicinando le sopracciglia e scuotendo la testa, non trovando un senso logico al loro comportamento.

"Semplicemente vogliono far credere alla popolazione che vengono con l'obiettivo di uccidere" rispose fluidamente Naoise, come se fosse tutto normale e giustificato.

"Ma perchè?"

"Attirare la nostra attenzione, provocarci. Semplicemente perchè non condividono il nostro modo di governarli. Sono cittadini ribelli."

Naoise rallentò non appena sentì le porte chiudersi dietro di loro. Insieme ad esso, diversi suoni archeggiavano nell'aria: tonalità di urli.
Il terrore iniziava a divulgarsi tra i cittadini.

Si fermò di scatto, girando il cavallo verso le mura ormai chiuse; sul suo volto era riconoscibile la rabbia e la rassegnatezza. "Quei maledetti" bisbigliò a denti stretti, osservando perdutamente le porte dinanzi ad esso, come cercasse di guardare attraverso ad esse.

La ragazza sospirò. "Magari ignorandoli-"

"Non puoi scegliere sempre la decisone più scontata, Winter. Ignorandoli magari si placherebbero, magari no. In ogni caso, popoli nemici scambierebbero questo nostro comportamento come un atto di debolezza. E ci attaccherebbero in massa, a loro volta" la interruppe, irritato.

"Giusto" rifletté Winter, abbassando lo sguardo.

Potrei essere più stupida?

Il Principe spronò il proprio cavallo a ripartire in un piccolo galoppo, seguito a ruota da Winter, che lo imitò.

Man mano che si avvicinavano alla reggia, il cielo sopra ad essi sembrava ingrigirsi sempre di più. "Tra poco inizierà a piovere" ne dedusse Naoise, osservando le nuvole sopra di lui. "Ed i cavalli sono stanchi."

Per motivi di sicurezza, il ragazzo aveva deciso di intraprendere una strada più lunga dell'andata, ma più sicura, anche se più impegnativa per i giovani cavalli.

"Che facciamo?" chiese la ragazza, guardandolo attentamente.

Naoise sospirò, osservandosi intorno, perlustrando il luogo. "Contadini."

Indicò col capo una casetta in pietra nascosta da alcuni alberi alti e imponenti, poco distanti da noi.

Piccole leggere gocce d'acqua pizzicarono le guance dei due giovani.

"Chiederemo ospitalità fin quando il tempo non si scatenerà" continuò lui, rivolgendo uno sguardo al cielo. "Affrettiamoci" disse appena, riprendendo il galoppo, accertandosi che la ragazza facesse lo stesso.

Alcuni lampi tuonarono in cielo, accompagnando una pioggia più fitta e tagliente. Winter socchiuse gli occhi; la pioggia le appannava la vista. Si chiedeva come Naoise riuscisse a distinguere il percorso per arrivare a destinazione.

La ragazza si abbassò lungo la criniera del cavallo, sperando solo che quest'ultimo si impegnasse a seguire il nero stallone davanti ad esso.

"Siamo quasi arrivati" alzò la voce il Principe, alle spalle di Winter, per farsi sentire tra l'assordante rumore della pioggia che batteva il terreno.

Un altro lampo fece irruzione nel cielo, dividendolo.

***

"Principe" un contadino aprì la porta della piccola casa di pietra, salutando il Naoise con tono inusuale e forse confuso. "Cosa..." si bloccò, non riuscendo a compiere una frase.

"Buon uomo, sareste così gentile da ospitarci fin quando la tormenta non cesserà?" chiese gentilmente il Principe, con tono elegante.

"Oh, certamente. Entrate!" lo invitò, facendosi da parte.

Mentre Naoise entrava, il contadino accennò un inchino.

Winter osservò la piccola casetta.

Al suo interno era tutto in legno.
Un caminetto riscaldava l'aria, ed anche ciò che sembrava essere un delizioso stufato. La casa era divisa in due, la cucina e il dormitorio, dove dalla porta socchiusa si potevano intravedere pochi letti rustici, ammucchiati tra loro.

"Avete fame?" chiese educatamente l'uomo, stando attento a non guardare negli occhi il Principe.

Quest'ultimo girò gli occhi verso Winter, che scrollò il capo in un 'no'.

"No, ti ringrazio" sorrise al contadino, sedendosi sulla prima sedia che li capitò.

L'uomo ricambiò lo sguardo, osservandolo negli occhi per pochi secondi che parvero quasi impercettibili.
Sembrava nervoso, così tanto che Naoise lo percepì, rivolgendoli uno sguardo sospetto e indagante. 
"Tutto bene?" chiese allora, con risolutezza, inclinando un po il capo.

Winter puntò gli occhi sul contadino, osservandolo con decisione. Notò che esso variava lo sguardo ripetutamente ad un piccolo angolo della casa, e che per ogni sguardo ad esso, sembrava diventare sempre più nervoso e ansioso.

Winter guardò nella sua direzione, era ovvio che nascondesse qualcosa, e la ragazza parve capirlo immediatamente. Girò lo sguardo verso Naoise, impegnato anch'esso ad osservare curiosamente quel punto della casa. Entrambi si guardarono negli occhi, come cercassero conferme silenziose, poi rivolsero lo sguardo nuovamente all'uomo.
Era ancora più teso, ed immobile come una statua di marmo, e nessuna espressione facciale parve essere riconosciuta.

Naoise portò istintivamente una mano alla spada, limitandosi ad averla a portata di mano. "Cosa stai nascondendo?" domandò poi, con tono teso e severo, alzandosi dalla sedia. Incamminandosi di pochi passi verso quel punto, continuando a fissarlo. "Cosa c'è dentro quel sacco?" domandò indicandolo, capendo cosa il contadino stesse osservando.

L'uomo sospirò amaramente, deglutendo. "Solo del pane" rispose con voce tremante, guardandolo con aria sincera.

A quel punto Naoise sguainò la spada, osservandolo per secondi che parvero interminabili. Senza volerlo, il contadino e Winter indietreggiarono contemporaneamente di qualche passo, temendo una futura reazione.

Ma Naoise non si avvicinò all'uomo, come entrambi pensavano, bensì a quel sacco marrone. Il Principe lo aprì delicatamente servendoli della punta affilata della lucente spada. Al suo interno: pane. Tanto fresco pane.

Allora lui ripose la spada, aprendo ancor di più il sacco, facendosi un'idea di quanto pane contenesse. Poi si allontanò da questo, sospirando pesantemente. Guardò negli occhi il contadino, che sembrò impaurirsi ancor di più di prima, quasi infilzato da quel penetrante sguardo. "Hai moglie? Bambini?" chiese, incrociando le mani dietro la schiena, camminando a cerchio vicino a lui, osservando il pavimento.

"Ho moglie e quattro bambini, uno nato da poco, Principe" rispose, abbassando anch'esso lo sguardo.

"Mh" mugolò in risposta, continuando a fissare il pavimento, pensieroso. 
"Come ti chiami?" chiese poi, fermandosi per rivolgerli uno sguardo. "Lupp, Principe" sospirò in risposta lui, non rivolgendoli alcuno sguardo.

"Lupp" affermò a se stesso Naoise, parlando con le mura. "Lupp, sai qual'è la pena prevista per chi ruba?"

Il contadino alzò lo sguardo di scatto per guardarlo, ma lo riabbassò immediatamente, strizzando gli occhi.

"Si, Principe" rispose, con tono agitato.

"Quindi, cosa è previsto?" continuò a domandarli lui, con tono leggermente innervosito.

Si incamminò di pochi passi verso di esso.

"La morte" parlò più con se stesso che con il Principe.

"Cosa?" si lasciò scappare Winter.

La sua bocca assunse una perfetta 'o'.

"Ma è assurdo!" continuò, osservando quel pover'uomo, che sembrava tutto, tranne una minaccia da eliminare. 
"Hai rubato quel pane. Perchè?" li chiese poi Winter, cercando di addolcire le parole per aiutarlo a calmarsi.

"I miei bambini. Non riesco a produrre abbastanza" spiegò poi, rivolgendole uno sguardo così sincero e supplicante che Winter sentì un brivido attraversarle il corpo.

"Non potete uccidere un uomo che cerca solo di sfamare la propria famiglia, è assurdo" commentò poi, rivolgendo uno sguardo disperato a Naoise, che non sembrò cambiare ne pensiero ne opinione.

"Non possiamo neanche lasciare impuniti questi reati. Ha rubato del pane a persone che ne avevano di bisogno quanto lui."

"Non è un buon motivo per ucciderlo" controbatté immediatamente Winter, scrollando il capo per l'agitazione.

"Forse nel mondo in cui vivevi, ma qui lo è" rispose Naoise, osservandola scrupolosamente.

La ragazza guardò Lupp con tristezza.

Dietro di lui, osservò che una piccola bambina bionda sbriciava da dietro la porta del dormitorio. Winter capì immediatamente chi era. La stessa bambina a cui Naoise aveva ridato il pane, e la stessa bambina a cui lui avrebbe fatto uccidere il padre.

"Uccidi il padre di quella bambina, ed avrò un solo ed unico motivo per uscire da questo mondo una volta e per tutte, e non tornare mai più" ringhiò con aria determinata Winter, linciandolo con lo sguardo. "Rubare non lo trovo corretto" continuò, osservando Lupp. "Ma non trovo corretto neanche uccidere per punire."

Naoise sospirò, non consenziente alle parole della ragazza. "Winter-"

"Naoise" lo interruppe lei, alzando una mano per zittirlo. "Se davvero intendi farlo uccidere, a diavolo il patto con tuo padre. Tornerei da sola nel mio mondo, ora stesso" lo mise in guardia, osservando la porta di uscita. "Tu lo sai, che ne sarei capace. A rischio di farmi catturare da qualcuno."

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Capitolo 8
*** Capitolo 7; ***



Il contadino aveva salutato Winter con grande vivacità, limitandosi invece ad un inchino per il Principe. I due erano stati ospitati fino al cessare della pioggia, e, in quella interminabile ora, nessuno dei tre osò scambiarsi una parola, limitandosi a lanciarsi qualche occhiataccia, di tanto in tanto.

Il contadino fu costretto dal Principe ad uscire con la tormenta per riconsegnare il pane rubato.

Una volta tornato a casa, corse verso la ragazza, non riuscendo a trattenere un abbraccio di commozione verso colei che li aveva salvato la vita. Lei fu presa in piena sorpresa, e ricambiò il caloroso abbraccio con ritegno, ma si sciolse non appena la piccola bambina dai capelli d'oro corse per contribuire a quel tenero abbraccio, sotto gli occhi impassivi e noncuranti di Naoise, che si limitò ad abbassare sospirante il volto, con uno sguardo indescrivibile.

***

"Se non ci fossi stata io con te in quella casa, avresti condannato a morte quell'uomo sotto gli occhi della bambina" la sua domanda sfumò in un'affermazione.

Erano saliti in groppa ai cavalli da pochi minuti, allontanandosi dall'abitazione del contadino.

Naoise si sistemava il mantello, stropicciandosi i capelli, visibilmente umidi.
Guardò Winter profondamente, affondandola con i suoi occhi cristallini. Uno sguardo così intimidatorio che lei fu costretta a cambiare direzione visiva.

"Non l'avrei fatto con leggerezza, Winter."

"Ma l'avresti fatto" concluse lei, tra una domanda ed un'affermazione.

Lui sospirò, annuendo appena. Il suo sguardo era inchiodato a terra.

Non si era mai fatto scrupoli per firmare la condanna di un nemico, o di un suo stesso cittadino. Ciò era giusto, ciò veniva fatto.

Ma le parole di Winter navigavano nella sua mente causandoli strani pensieri e domande, che non riusciva a controllare, a mandarle via in alcun modo.

E per quanto cercasse di convincersi di aver agito con cognizione, di non essersi fatto intimidire dalle parole della ragazza, aveva in ogni caso lasciato vivere quell'uomo. Quel ladro. Negandoli alcuna punizione per il male fatto.

"Chi era il ragazzo rinchiuso nelle segrete, nella cella vicina alla mia?"

I pensieri di Naoise vennero interrotti da quella domanda inaspettata.
Si svegliò dal suo subconscio e rivolse alla ragazza uno sguardo incuriosito.

"Come mai ti interessa saperlo?" le chiese, cercando di orientarsi tra gli alberi del bosco che stavano attraversando.

"Curiosità" ammise lei, scrollando le spalle.

Naoise la guardò con un'espressione irrigidita, pochi secondi dopo ammorbidì il corpo, guardando il percorso dinanzi ad essi.

"Il tributo dei Nemediani, ovvero del popolo nemico che ti aveva rapita" le spiegò con tono neutrale.

Ora, si spiega tutto. Ma, perchè era in una loro cella?

Naoise sembrò leggerle nel pensiero la domanda non formulata.
"Un tributo un po ribelle" commentò allora. "Un po come te. Probabilmente ti comporterai come lui da qui a poco" continuò tagliente, sopprimendo un sorriso.

Cosa?
Winter rimase zittita, non capendo dove volesse arrivare con tale affermazione.

"E rinchiuderete in una cella anche me?" domandò ironica, ma non riuscendo a nascondere un po di timore.

Lui non riuscì a trattenere una piccola risata. Quando smise, guardò Winter con aria spavalda. "Non dovrai preoccuparti di ciò. Mi sembra che tu voglia andartene domani, giusto?" le ricordò, spiazzandola.

Lei non rispose, non trovando una frase adeguata. Si concentrò sul paesaggio che la circondava.

Si trovavano ai margini di una prateria; in lontananza erano visibili alcuni cavalli. Winter ne dedusse che fossero selvaggi, forse dei Mustangs. 
Apparivano come una piccola macchia marrone tra il verde; e per quanto fossero lontani, si voltarono di scatto all'udire i giovani a cavallo. La ragazza ne rimase affascinata, come una bambina che riceve il suo primo giocattolo.

"Incantevole, non trovi?"

Naoise osservava i maestosi cavalli riprendere a pascolare, non badando ai due intrusi in lontananza.

Winter annusò l'aria, chiudendo gli occhi. Amava l'odore di umido e bagnato che si spargeva dopo un lungo temporale. Quel leggero e soffice profumo che ti inondava le narici, dandoti per un secondo l'illusione di poter assaporare l'umidità.

Naoise sorrise, mentre Winter riapriva gli occhi, noncurante del comportamento che aveva assunto.

Osservando il sorriso divertito del ragazzo, divenne nuovamente più tesa ed attenta. Si schiarì la voce. "Stiamo tornando alla reggia?" domandò d'impulso, pur sapendo esattamente la risposta.

Lui sfumò il proprio sorriso, nell'osservare la visibile irritazione della ragazza. Si schiarì anch'esso la voce. "Si. Tra poco saremo arrivati" le confermò, cercando di tenere un tono imparziale.

La ragazza annuì in risposta, dando una pacca affettuosa al collo del proprio cavallo.

***

"Padre."

Naoise saturò Nuada con tono melodico, accennando un inchino con il volto.

L'anziano uomo di voltò senza fretta, portando le mani dietro il busto. "Naoise" lo salutò con tono che pareva spento, sospirando.

Rimase immobile, rivolgendo nuovamente lo sguardo oltre l'elegante finestra che affacciava al giardino.

"Qualcosa non va?" chiese il Principe, preoccupato dal tono con cui li si era rivolto il padre.

Nuada lo guardò per intensi secondi, poi si decise a muoversi, sedendosi sul proprio trono. "No, figliolo" rispose semplicemente. Con una tale semplicità che sembrò quasi indubbiosa. "Piuttosto, dov'è la ragazza?" si affrettò ad uscire da un discorso non ancora intrapreso.

Vizio di famiglia, il nostro.

"Sta riposando" lo informò lui, appoggiando il peso ad un tavolino posto dietro ad esso.

Sembrò voler aggiungere altro, ma per qualche ragione preferì non aprir bocca.

"Mh" mugolò il padre in risposta, abbassando pensierosamente lo sguardo. "È andato tutto bene?"

No.

Ci furono interminabili secondi di silenzio e di sguardi indescrivibili.

O magari si...

"Certo" si affrettò poi a rispondere, stando ben attento a non tradirsi abbassando lo sguardo dal volto indagante del padre.

In realtà neanche il ragazzo aveva inteso se fosse andato tutto bene o male; dipendeva dai vari punti di vista. Ma, se sommava il tutto, il risultato sembrava essere una parità tra il 'bene' e il 'disastro'.

Poi Naoise prese fiato, intento ad affrontare un discorso che, ben sapeva, avrebbe irritato il padre, nuovamente. Allentò il proprio peso dal tavolino, che produsse un lieve e quasi impercettibile rumore.

Si passò una mano tra i capelli, nervosamente, prima che il padre lo interrompesse non appena lo vide aprir bocca. "No, Naoise" canticchiò, rispondendo alla domanda non ancora formulata. "Non possiamo costringerla a rimanere qui. Se vorrà andarsene, è giusto che vada. Tornerà, Naoise. È il suo destino. Deve compierlo da sola, non puoi forzarla. Costringendola non arriverai assolutamente a niente", pausa. "Sarebbe solo uno spreco di tempo" li spiegò con infinita calma, alzandosi dal trono per dirigersi nuovamente verso la grande finestra.

Il ragazzo, alle sue spalle, respirò profondamente cercando di mantenersi il più calmo possibile. "È pericoloso, padre. Se qualcosa andasse male nell'attraversare il limbo? Rischieresti di perdere il tributo per dei suoi capricci?"

A quelle parole, o forse semplicemente al tono usato contro, Nuada si girò di scatto guardando il figlio con uno sguardo di fuoco. "Credo che tu stia prendendo tutto con troppa leggerezza" lo ammonì lui, ritornando visibilmente più calmo e risoluto.

"Non possiamo aspettare. Abbiamo già aspettato troppo."

"Ma a quanto pare non abbastanza" lo incalzò il padre, con tono più rigido del precedente. "Non succederà niente, Naoise. Nè a lei, nè al popolo. Abbi fiducia."

***

"Ti ho svegliata?"

Naoise fece irruzione nella camera in cui era ospitata Winter senza chiedere alcun permesso, fu un'azione quasi involontaria.

Sarebbe tornato indietro di alcuni secondi per ripetere la scena correttamente, se solo avesse potuto.

Quando entrò, la ragazza era sdraiata sul letto, si sedette a braccia conserte non appena sentì la porta aprirsi, senza alcun preavviso.

"Scusami, avrei dovuto bussare."

"Non fa niente, non stavo dormendo" rispose lei, sistemandosi la maglietta.

"Dovresti" quasi la rimproverò in risposta lui, osservandola per così tanti secondi che Winter crebbe di aver fuori posto qualcosa.

Poi il ragazzo si leccò le labbra, appoggiandosi al muro dietro di esso, guardandosi li stivali per alcuni secondi. "Hai riflettuto su cosa far domani, quindi?" si decise a chiedere, incrociando i suoi occhi cristallini con i suoi.

Winter notò che era ancora in mantello; i capelli erano asciutti ma arruffati, e splendevano di un nero magnifico, risaltato dal colore dei due grandi occhi, coperti in parte da alcuni ciuffi neri. Il busto era ben dritto, la postura fiera e decisa, accompagnata da imponenti e risaltanti muscoli che mettevano inspiegabilmente Winter in un pauroso disagio. Era così piccola ed indifesa sotto la sua enorme sagoma.

"Winter?" la richiamò lui, inclinando curiosamente il capo.

Lei scrollò la testa, cercando di tornare alla realtà. "Si, si..." rispose semplicemente, una volta ricordata la domanda fatta.

Il Principe sospirò lungamente, abbassando distrattamente lo sguardo e passandosi nervosamente una mano tra i capelli. "Immagino quindi che tu ci lascerai, domani" confermò poi, cercando di tenere un tono scorrevole e leggero, rivolgendole nuovamente lo sguardo.

Winter annuì semplicemente, osservando la sua reazione disinvolta.

"Riposa, domani mattina partiremo" parlò d'un fiato, come se avesse voluto aggiungere altro, ma un qualcosa glielo impedisse.

Sembrava fosse in collera e dispiaciuto allo stesso tempo; in ogni caso, non fece trapelare nessun stato d'animo alla ragazza: rapidamente si girò verso la porta, varcandola. "Se hai bisogno di qualcosa, puoi chiedere alle guardie fuori. Se preferisci chiuderti in stanza durante la notte, la chiave è sopra il tavolino vicino al letto" le appuntò, tirando la porta verso di se per chiuderla.

***

Winter si era addormentata come un sasso, profondamente, qualche secondo dopo aver riflettuto se chiudere o meno la porta a chiave.

Intanto, dalla camera della ragazza si udivano lievi voci provenienti probabilmente da qualche stanza poco lontana.

Nuada e il figlio discutevano animatamente sul da farsi per l'indomani mattina; e a giudicare dal tono di voce, i due non dovevano essere in accordo.

"Se tornasse e capitasse direttamente sotto gli occhi di Nemed?" chiese Naoise, strizzando gli occhi.

"Non succederà. Basta spiegarle la teoria" spiegò risoluto il Re.

"Una teoria" specificò quasi schifosamente Naoise, marcando quest'ultima parola con assoluto sarcasmo. "Solo una teoria."

Nuada annuì, sospirando, avvicinandosi al figlio. "Hai forse altre idee?" chiese a denti stretti.

"A quanto pare le mie idee non hanno molta liberà di espressione" rispose il figlio imitando lo stesso tono irritato del padre.

Si guardarono, i due volti erano pericolosamente vicini, e per pochi istanti, osservando lo sguardo penetrante di Nuada, sembrò che esso stesse per lanciare uno schiaffo al figlio, o forse stava per accadere l'esatto contrario.

"È tardi. Domani vi aspetta una lunga giornata, è meglio che tu vada" se ne uscì poi il Re, spezzando il silenzio.

Lo spazio tra i due non diminuì.

"Certo, padre" si decise a rispondere poi, con tono vicino alla sottomissione.

Naoise tenne ancora per pochi secondi lo sguardo del padre, prima di dileguarsi tra il lungo corridoio, lentamente.

***

"È una pazzia" confermò le sue teorie anche Roru, sorseggiando un boccale di vino. "È questa la sua vita. Lo accetterà. Assecondarla è solo un perditempo pericoloso... Per lei, e per noi" continuò poi, posando il boccale a terra, osservando il sole che dava spazio alla luna.

Naoise sospirò, distogliendo lo sguardo dalla guardia di turno, per osservare anch'esso il magnifico tramonto.

"Dovrei oppormi a mio padre? Al Re?" chiese retorico Naoise, con voce tremante.

Sarebbe stato un disonore enorme, un'offesa spudorata.

Roru scrollò la testa, aprendo la bocca per dir qualcosa, ma si bloccò all'udire un urlo gelido provenire dalle stanze del Re.

Naoise sembrò sobbalzare, preso allo sprovvista, istintivamente portò una mano alla spada, prontamente.

Fece un passo avanti, dando le spalle alla guardia.

Winter.

Poi si girò velocemente, osservando Roru con fare interrogativo. Il ragazzo ricambiò lo sguardo, avvicinandosi al Principe.

"Le sentinelle?"

Iniziò ad incamminarsi all'interno dell'edificio.

"Piazzate ad ogni lato della reggia, Principe. Come da voi imposto" il tono di Roru sembrò farsi sempre più sottomesso, quasi caritatevole alle presenza del Principe; quasi avesse a che fare con una persona diversa da quella che prima aveva chiesto lui consigli e comprensione.

I pensieri di Naoise passarono immediatamente a Winter: senza ombra di dubbio, era stata lei a sfoggiare quel terribile grido, e lui rimproverò se stesso per non aver fatto più attenzione al suo tributo, come avrebbe dovuto.

Ma quando arrivò alle porte della camera della ragazza, le trovò ancora ben serrate, come lei aveva ben pensato di chiuderle ore prima. Quindi nessuno sarebbe potuto entrare dall'esterno. Ma qualcosa impauriva Winter, tanto da farla singhiozzare.

Guardie erano impegnate nel tentativo di buttar giù la porta in qualche modo possibile, ma la porta non sembrava voler cedere al peso.

"Cosa è successo?" li raggiunse correndo Naoise, seguito da Roru.

Le due sentinelle si girarono all'udire delle sue parole, mostrando al Principe degli sguardi confusi e impotenti.

"Si è messa ad urlare, di punto in bianco" rispose poi il più alto tra i due a denti stetti, continuando a far pressione alla porta.

"Questo lo so" parlò irritato, smorfiando.

Si guardò intorno, indeciso su come agire, confuso da come il suo tributo tanto atteso potesse dedicarli così tanti problemi ed ansia.

Cercò di apparire il più calmo e possibile, intenzionato a non far dileguare la confusione tra il reame.

"Non abbiamo chiavi di-?"

Non riuscì a finire la frase che la porta cedette sotto il peso delle due sentinelle, provocando un forte boato che si prolungò per tutto il lungo corridoio dell'edificio.

Naoise si fece strada dentro la camera, urtando distrattamente una sentinella di spalla, intenta anch'essa a scoprire il perchè di quell'urlo.

Ma il busto impetuoso ed irrigidito del ragazzo parve calmarsi vedendo la giovane illesa a pochi metri da lui, con la testa tra le ginocchia, tentava di strozzare alcuni singhiozzi.

Lui sospirò, guardandosi intorno; osservò che tutto era intatto ed ordinato, eliminò quindi la possibilità che qualcuno potesse essere entrato ed uscito, confermando allora i suoi sospetti.

"Winter" la chiamò poi, incamminandosi cautamente verso di lei, fermandosi poi a pochi passi dal letto in cui era accovacciata.

La ragazza parve incerta sull'alzare il viso, cui rimase abbassato una volta scoperto. Si passò una mano in faccia, velocemente, cercando di asciugarsi le lacrime, o forse in un misero tentativo di nascondersi; si girò da un lato, trattenendo il respiro e chiudendo forzatamente gli occhi, cercando di controllare i singhiozzi che scappavano numerosi dalla sua gola.

"Winter-"

"Sto bene, sto bene" parlò d'un fiato, con ancora gli occhi chiusi.

Naoise la scrutò cautamente, osservando i suoi pugni affondare nel materasso del letto, ancora tesi, nonostante cercasse di apparire il meno rigida possibile.

"È stato solo... un incubo" esitò un attimo prima di pronunciare le due ultime parole. "Ora vattene" si lasciò scappare poi, con tono sgarbato. "Andatevene tutti" si corresse pochi istanti dopo, tagliente.

Naoise si portò una mano alla cotta della spada, sospirando a gran pena; poi si girò verso le guardie, accorgendosi dunque che varie persone della servitù si erano avvicinate con fare curioso, dando vita ad una piccola folla bisbigliante.

Il Principe alzò il capo distintamente.

"Aria. Lasciateci soli" ordinò severo, rivolgendosi alle due sentinelle, che accennarono ad una approvazione prima ci cacciar via la folla, con un po di ritegno.

Non appena le porte furono chiuse il ragazzo girò lo sguardo verso lei, che di tanto in tanto non riusciva a trattenere qualche silenzioso singhiozzo.

"Immagino cosa sia successo."
Naoise aveva abbassato lo sguardo e camminava senza meta nella stanza. "Allucinazioni" continuò poi, fermandosi per rivolgere uno sguardo noncurante a Winter, che lo guardò con sorpresa e curiosità.

"Come fai a..."

"Non sei il primo tributo che abbiamo avuto a nostro fianco, Winter" parlò con estrema semplicità, schiarendosi la voce. "Ora dimmi..", si avvicinò a lei, con passi lenti ma decisi. "Cosa hai visto?"

A quella domanda la ragazza scrollò la testa, in preda alle lacrime che tentavano di evaderle. "Vai via, ti prego" parlò col fiato in gola. "Ti prego" ringhiò poi, nuovamente, vedendo il fare indisposto del Principe, che la guardava cercando nelle sue labbra una spiegazione al perchè quasi temesse la sua presenza.

Poi un ghigno sdegnoso le uscì dalla bocca, portandosi le mani alla testa. Cercava di scacciare quella allucinazione che ancora le annebbiava i pensieri.

"Winter, qualsiasi cosa tu abbia visto, è fuori da ogni qualsiasi realtà" le spiegò dolcemente, cercando i suoi occhi, mentre si sedeva accanto a lei.

"Parlami" la incitò, afferrandole delicatamente un braccio nel tentativo di scoprirle la faccia.

"Stavi... Stavi uccidendo mia madre..."

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Capitolo 9
*** Capitolo 8; ***


Ci furono attimi di silenzio, probabilmente dedicati ad una elaborazione del discorso da parte del Principe, che sembrava fosse entrato in uno strano stato di panico, o di semplice pietà.

"Winter, ascoltami..."

Si sedette accanto ad essa, a stretta distanza. "Può capitare che ciò accada. Che pensieri dedicati ai due diversi mondi si mescolino tra loro dando vita a delle allucinazione come quella che hai appena avuto" ci fu una pausa, accompagnata solo da alcuni singhiozzi. "È una conseguenza... Non appena attraversi il limbo tra i due mondi, i tuoi ricordi possono mescolarsi tra di loro, e giocarti brutti scherzi in futuro" le spiegò, guardandola.

La ragazza contava mentalmente in un disperato tentativo di calmarsi, e sembrò funzionare, col tempo.

"Fantastico" commentò poi lei, non riuscendo a trattenere un po di ironia. "E succede spesso?" chiese smorfiando, sistemandosi i capelli che le coprivano ancora il viso.

Naoise sospirò amaramente. "No. Solitamente le allucinazioni sono frutto di pensieri simili ad essi. Ma sono soprattutto frutto di stress ed ansia. Quindi ciò è normale... ma non si ripetono spesso, solitamente."

E non capisco perchè tu possa quasi credere che io abbia una qualsiasi intenzione di far del male alle persone a cui tieni, anche volendo e potendo. 

Cercò di cacciar via quel pensiero dalla mente. D'altronde, non poteva sapere con esattezza se fosse quello il motivo della allucinazione, e forse non teneva neanche a saperlo. Ma dovette rassegnarsi all'idea che ancora la ragazza non avesse nessun riguardo di fiducia verso di lui, o di tranquillità in sua compagnia.

L'aria della ragazza, infatti, era estremamente tesa ed ansiosa; e per quanto cercò di mascherarla agli occhi di Naoise, fu inutile.

Il Principe comunque la assecondò, comportandosi neutralmente, sotto lo sguardo distratto ma in realtà ben vigile della ragazza, che non si lasciava sfuggire nessun minimo comportamento di lui.

"Ti sei calmata, ora? Stai meglio?"

Il ragazzo si alzò, guardandola in attesa di una risposta.

Lei annuì, tenendo lo sguardo basso. "Si" disse solamente, asciugandosi il viso con la mano.

Naoise sospirò, abbassando anch'esso lo sguardo. "Non so..." mormorò poi, indeciso sul da dirsi. "Vuoi che faccia stare qualcuno della servitù qui con te o...", non continuò, osservando Winter scuotere la testa in dissenso.

"No", quasi lo mise in guardia, con tono irritato, massaggiandosi le tempie.

Naoise alzò le braccia in segno di arresa, non riuscendo a trattenere un ghigno di pura esasperazione.

La ragazza era davvero cocciuta.

"Come vuoi" si arrese, indietreggiando di qualche passo verso l'uscita. "Se cambiassi idea, chiedi alle guardie ai lati della porta" continuò a spiegarle, ammiccando un sorriso prima di lasciare la camera.

***

Winter non riuscì più a chiudere occhio dal precedente episodio.

Sdraiata sul letto, era immersa tra i suoi pensieri; così tanti che parve non riuscire più a gestirli tutti. La testa ormai le doleva.

Se i miei genitori, i miei genitori biologici, avessero a che fare con ciò? Con questo mondo?
Era la domanda che più si poneva; era ormai il suo chiodo fisso.

Si portò una mano alla tempia. Sembrava che la testa le potesse scoppiare da un momento all'altro.

E poi, improvvisamente, l'incessante desiderio di uscire all'aperto, l'incessante desiderio di una distrazione. Era stanca di rimanere in quella stanza, in balia del nulla e dei suoi pensieri contorti.

Ho bisogno di uscire da qui dentro, o impazzirò. 

Si alzò, senza una meta precisa.

Devo uscire. Devo uscire.

Si guardò intorno, individuando la porta. Velocemente, si avviò verso essa, bloccandovisi davanti.

Afferrò la maniglia e fece per aprire quando le tornò in mente che la porta era ormai stata schiusa esternamente. Così, non del tutto sicura, si decise a bussare.

Due guardie le aprirono poco dopo, e a studiare il loro sguardo, sembravano increduli o forse semplicemente impreparati al gesto della ragazza. Così si limitarono a guardarla con fare interrogativo.

"Voglio uscire a prendere un po d'aria."

La ragazza era tesa, parlò con freddezza.

La guardia esitò un attimo prima di rispondere. "Mi dispiace signorina, è pericoloso per lei stare fuori da queste mura. Non possiamo accontentarla."

Winter, in realtà, si aspettava una risposta del genere. "Bene. Allora portatemi dal Principe."

Le parole le uscirono con ritegno e sgarbatezza.

Le due guardie si guardarono a vicenda; forse per il tono usato o per la domanda espressa, o per l'insieme della vicenda.

"Ma, signorina-"

"Ho bisogno urgente di parlare col Principe" lo interruppe, facendo una pausa. "Credo sia un vostro dovere portarmi da lui. D'altronde, ve lo chiede il vostro tributo."

Ripeté quest'ultima parola in tono glaciale, sentì un brivido attraversarle il corpo.

Ci fu un lungo silenzio, interrotto da un sospiro di rassegnazione di una guardia. "Come desiderate" disse poi questa, alzando il capo. "Venite" continuò, facendole segno di seguirla.

Finalmente!

La ragazza lo affiancò, e la seconda guardia li raggiunse poco dopo, occupando il fianco libero di Winter.

La stanza del Principe si trovava a poca distanza dalla sua; Winter non capì perchè doveva essere scortata anche per un percorso così semplice e breve, ma non fece domande.

La guardia bussò alla porta, parlando. "Naoise, il tributo ha bisogno di parlare con te."

Il modo in cui la parola "tributo" era stata pronunciata portò Winter a condividere uno sguardo indagatorio contro la guardia che aveva parlato.

In realtà neanche lei capì cosa significasse quel tono usato, e lo scrutò come cercasse una risposta; poi rivolse lo sguardo nuovamente dinnanzi ad essa, osservando Naoise aprire la porta.

Quando uscì, indossava una camicia bianca stropicciata e dei pantaloni larghi, marroni; le scarpe, a poca distanza da lui, erano ammucchiate insieme ad altra roba, che Winter non riuscì a mettere bene a fuoco; da ciò ne dedusse che si stesse cambiando.

"Winter" fu più un richiamo di attenzione che un saluto.

Lo sguardo della ragazza risalì pian piano verso la faccia del Principe. I suoi capelli erano ancora più arruffati di prima, e gli occhi parevano stanchi ed assonnati.

Che stesse dormendo?

"Come mai desideri parlarmi? Qualcosa non va?" chiese con dolcezza, indietreggiando, aspettando che entrasse.

Winter prese un gran respiro, mentre attraversava la soglia della stanza. 
"Si" mormorò decisa, girandosi un attimo indietro, osservando le porte richiudersi dietro di essa.

E si sentì, in quel momento, un animale in trappola, nuovamente.

"Voglio uscire fuori, all'aperto" disse d'un fiato, cercando di sembrare più calma possibile.

Determinata.
Naoise non riuscì a trattenere una piccola risata.

"Uscire?" le sorrise in conforto, portandosi una mano alla fronte.

"Si."

"No!" esclamò lui, con aria ironica ma pur sempre sincera. La guardò attentamente, osservando ogni sua minima reazione.

Era divertente, stare lì a fissarla, per lui.

"È fuori da ogni discussione" cercò di tornare serio. "Siamo in allerta attacco. È escluso che ti faccia uscire da queste mura" e questa volta parlò con estrema severità.

Winter abbassò lo sguardo. "Essendo il vostro tributo, non dovrei essere io a proteggere voi, e non il contrario?" parlò senza cognizione, le parole le scapparono di bocca.

Naoise in risposta inclinò la testa, alzando un sopracciglio. "Oh, ma questo accadrà" pausa. "Tutto a suo tempo, Etaine."

Winter alzò di scatto la testa, come fosse stata colpita da qualcosa, fisicamente e mentalmente. Sentì il marchio pizzicarle la pelle, ma solo per pochi e quasi inesistenti secondi.

"Come... Come mi hai chiamata?" chiese poi, aggrottando le sopracciglia.

"Etaine" ripeté, quasi melodicamente. "Etaine è il tuo vero nome" le spiegò risoluto.

Parlava con una tranquillità tale da poterti innervosire.

"Co...cosa? Come?" scrollò la testa, non riuscendo a capite.

Allora Naoise le si avvicinò di un passo, e la ragazza, a sua volta, indietreggiò.

"Ti fu scelto da tua madre, tanti anni passati fa."

Ennesimo passo avanti, ennesimo passo indietro.

Winter sgranò gli occhi, ed un brivido le attraversò la schiena.
I suoi pensieri ebbero conferma, le sue domande una risposta.

"Mia madre? La mia... vera madre? Ha a che fare con tutto ciò, vero? Questo mondo... L'altro mondo... I miei genitori, anche loro hanno a che fare con questo?" chiese con voce strozzata, e la schiena sbattè contro il muro per un ennesimo passo indietro.

Si accorse che le tremavano le mani.

Il ragazzo la osservo profondamente, prima di mormorare qualcosa in conferma. "Ma non ne parleremo ora, Winter..."

E si sentì uno stupido, ad aver iniziato per sbaglio un discorso minato come quello.

Lei si sentì ribollire dalla rabbia. "Come puoi accennarmi un discorso del genere per poi chiuderlo così?" quasi li urlò, infuriata.
Strinse un pugno, sospirando a gran pena. "Erano dei tributi anche loro?" chiese poi, cercando di calmarsi.

"Lascia stare, Winter."

"Io non lascio stare proprio un bel niente. Hai iniziato un discorso, ora lo finisci!"

Naoise non potè far altro che mostrare un sorrisetto nervoso al tono ostinato della fanciulla.

Lo divertiva così tanto stare li ad osservarla, ad irritarla.

"Ti chiedo scusa per averti accennato un discorso che non avevo assolutamente intenzione di iniziare. Ma fidati, se ti dico che non è ancora tempo di parlarne."

Il ragazzo sembro più che sincero e risentito. Era consapevole dell'errore che aveva commesso.

Ma la ragazza non se la dava per vinta.

"Quindi io ora dovrei stare con questo pensiero in mente? Tornare a casa con la paura di non poter avere mai delle risposte e per sempre delle domande? Ti diverte ciò?" chiese irritata, osservando il sorriso del ragazzo sopprimersi lentamente.

"No, Etaine, non è questo che mi diverte" disse con la sua solita calma piatta. "Ma guarda il lato positivo: avremmo tutti la certezza che tornerai" osò ironizzare la vicenda, con sgarbo.

E fu un passo falso.

Attimi di silenzio invasero la stanza.

Ma tu senti un po il suo bel piano! 
Winter alzò lo sguardo su di lui per guardarlo con aria piena di risentimento e puro disprezzo; e per quanto cercasse una alternativa alla sua conclusione, aveva capito.

"Quindi era questo il tuo unico scopo!" li disse con rabbia, avvicinandosi lei, questa volta, pericolosamente a lui. "Avere la certezza che tornassi!" continuò, quasi ringhiandoli, a denti stretti.

"No, no... Winter-"

"No. No! Và al diavolo, Naoise!" si lasciò scappare, tra una parola e l'altra.

"Mh" mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo e alzando un sopracciglio. "Direi di essermelo meritato" aggiunse poi, quasi sussurrando, tra se e se.

Lo odio.

Winter sentì di poter scoppiare da un momento all'altro. In quel momento non trovava nessuna differenza tra una granata e lei. Il nervosismo la divorava, strani pensieri iniziarono a frullarle per la testa; poi pronunciò la frase che più le appariva in mente. "Voglio uscire", e parve più una riflessione che quant'atro.

Indecisa, iniziò a camminare, avviandosi verso porte a caso, sperando di beccare l'uscita ad un giardino, o a qualsiasi cosa non comprendesse un tetto.

Iniziò nuovamente a sentirsi soffocare; odiava essere così soggetta ad attacchi di panico.

"Winter" si sentì chiamata alle sue spalle, udendo dei passi veloci, sempre più vicini a lei. "Etaine."

"Non mi chiamare così" lo avvertì lei, con fare calmo, mentre osservava diverse porte dinanzi ad essa.

Sono troppe. Troppe

Si fermò, non sapendo cos'altro fare. 
Poi si girò, accorgendosi che Naoise era proprio dietro di lei, con la mascella tesa ed il busto rigido, sembrava volesse metterla in guardia nel caso decidesse di riprendere la sua camminata infondata.

"Portami fuori."

"No."

"Portami fuori" ripetè, questa volta, scandendo le parole.

"Ho detto, no" rispose allora lui, con naturalezza.

Winter non riuscì a trattenere un ghigno di frustrazione. Si portò una mano alla fronte, strizzando gli occhi per la rabbia.

"Dannazione, Winter! È mattina presto, cosa vorresti fare fuori?" le chiese lui, non riuscendo più a trattenersi calmo. "Piuttosto, torna a dormire" continuò poi, afferrandola per un braccio nell'intento di ricondurla nella sua camera.

Ma lei non si mosse di un passo, rimanendo piazzata. Naoise tirò un sospiro di frustrazione. "Smettila, Winter. Ora smettila."

"Ti chiedo solo 30 secondi."

"Ma è una ossessione la tua? Non capisci che rischieresti la vita anche per soli 5 secondi?"

"Suvvia, Naoise!" si lamentò lei, esasperata. "Non accadrà nulla!"

I due si guardarono, e non udendo nessuna riposta da parte di lui, la ragazza continuò. "La mia non è una ossessione, ma una necessità. Mi sto sentendo soffocare, qui dentro."

Rischio di avere un ennesimo attacco di panico, se non trovo una distrazione, quindi portami fuori.

Il Principe scrollò la testa, alzando le mani in segno di arresa, poi la guardò intensamente, per infine abbassare lo sguardo. "Sei esasperante" le confessò, facendole segno con la testa di seguirlo.

Winter non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto e vittorioso.

***

"Grazie."

La ragazza avrebbe di gran lunga preferito uscire in giardino, fare una camminata in un bosco... ma si ritrovò in una veranda occupata da decine di guardie piazzate ad ogni centimetro scoperto.

In ogni caso, la lei parve capire la situazione, ed anche accettarla; o almeno, cercava di farlo.

Ma tutte queste guardie rimangono ugualmente una esagerazione. 

"Prego."

Winter si schiarì la voce, tipico atteggiamento copri-imbarazzo.

"Riguardo i miei genitori-"

"No."

La ragazza girò di scatto il volto verso di lui, guardandolo con fare deluso e allo stesso tempo accanito. "Ho bisogno di risposte" li ringhiò a denti stretti.

"E le avrai. Su questo non devi aver dubbi."

Winter sbuffò, smorfiando.

E Naoise sembrò imitarla, divertito. "Il tuo carattere sta subendo la trasformazione in modo alquanto veloce" parlò più all'aria che a Winter.

La ragazza inclinò la testa.

"Trasformazione?"

Lui smorfiò, grattandosi la nuca. "Forse il termine 'trasformazione' non è il più adatto. Semplicemente si sta sviluppando in te un carattere che ti permetterà di sopravvivere in questo mondo. Un carattere più... definito" le spiegò, con lo sguardo basso.

Poi la guardò e li scappò un sorriso.

"Possiamo definirlo un 'adattamento della specie'. Un 'adattamento all'ambiente'. Non sopravviveresti un giorno da sola in questo mondo con col carattere che avevi nell'altro" concluse quasi con tono glaciale.

"Quindi ormai... ho due caratteri?" chiese lei con aria che non pareva nè ironica nè seria.

Naoise aggrottò le sopracciglia, abbassando lo sguardo da lei. E quest'ultima annuì, mormorando qualcosa di inaudibile.

"E una volta tornata al mio mondo? Avrò... entrambi i caratteri?" chiese togliendo il peso dalla trave del balcone, per poi sedersi a terra, sopra un gradino affianco alla porta.

Lui lentamente la imitò, sedendosi a pochi centimetri di distanza da lei.

"Si, avrai entrambi i caratteri" le confermò, e sospirando continuò, "questo mondo ti ha semplicemente svegliato un nuovo modo di pensare... di agire. Che hai comunque avuto sempre con te, Etaine."

Le rivolse uno strano sguardo.

Winter odiava essere osservata, non poter sapere cosa una persona intendesse con uno sguardo, cosa pensasse... cosa giudicasse.

Così abbassarono entrambi li sguardi.

"Il fatto che accetti il tuo vero nome è un fattore di questo tuo nuovo carattere."

Ecco perchè mi guardava in quel modo. Mi studiava. 

"Ed è molto importante" continuò poi, abbassando le mani sulle proprie cosce per aiutarsi a rialzarsi.

Winter innalzò un sopracciglio.

In effetti, non aveva fatto nemmeno caso a come il ragazzo l'aveva chiamata. "Perchè è importante?"

"Lo capirai."

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Capitolo 10
*** Capitolo 9; ***



Winter non dormì esattamente bene, quella notte. Un dolore al braccio le fece compagnia per tutta la nottata, e solo al suo risvegliò capì che ciò era causato dal marchio, che le bruciava insistentemente.

La ragazza non aveva ancora aperto gli occhi quando si portò una mano al braccio, sfiorandolo lentamente. Ma ciò le causò altro dolore; così si lasciò sfuggire un lamento, mentre si metteva velocemente a sedere sul letto, scoprendosi il braccio.

Maledizione, fa male. 

Osservò la pelle, visibilmente rossa ed irritata.

Magari se non ci penso, se mi illudo che non faccia così dannatamente male, passerà. 

Si alzò quindi dal letto, avviandosi alla finestra.

Le pesavano gli occhi, e la luce la infastidiva.

Non sapeva che ore fossero, ma a giudicare dalla posizione del sole, ne dedusse fossero le 5, o forse le 6.

Poi le porte si spalancarono, facendola sussultare.

"Buongiorno" la salutò Naoise, richiudendo le porte dietro di se.

Winter intanto si era girata, guardandolo assonnata. "Buongiorno."

"Pensavo dormissi ancora" disse, portando le mani dietro la schiena prima di inarcare un sopracciglio.

Winter scosse la testa, abbassando per alcuni secondi lo sguardo, prima di tornare a fissarlo. "Mi sono svegliata da poco."

"Meglio così. Tra poco partiremo", e il suo tono di voce divenne più roco e pungente. "A meno che... tu non abbia cambiato idea" finì dedicandole uno sguardo speranzoso.

Ma lei non rispose, e ciò servì a Naoise a farli intendere.

"Come pensavo" rispose alla fine, annuendo. "Fuori fa freddo, non puoi andare così. Nell'armadio c'è roba più adeguata, metti quella" le ordinò, indicandole l'armadio "quando sei pronta, fatti scortare dalle guardie nella mia stanza."

"Farmi scortare? Ma Naoise, non saranno neanche 10 metri!"

"Non importa, qui le cose funzionano in questo modo."

Non poté replicare, che una dolorosa fitta al braccio la trapassò. Strizzò gli occhi portando il braccio sotto il seno e soffocando alcuni lamenti.

"Winter? Tutto bene?" chiese lui avvicinandosile velocemente, preoccupato.

"No. Continua a farmi male" non riuscì a mentire, parlando sotto il dolore che non sembrava volesse cessare, o darle tregua.

"Fammi vedere."

E senza nessuna risposta le scoprì il braccio, tirandolo leggermente dal polso per distenderlo.

Winter lo guardò, studiando i suoi occhi. E capì.

Deve essere grave. 

"Si è infettato."

Ecco.

L'espressione del Principe si fece dunque dura, e il suo sguardo salì lentamente sul volto ancora sofferente della ragazza. 
"Dannazione Etaine, perchè non ci hai messo a corrente? Non può essersi infettato in poco tempo! Quando è successo? Sai che se non me ne accorgevo l'infezione avrebbe potuto estendersi ancora?!" parve quasi sgridarla, come un padre sgrida la propria bambina.

Ma io me ne sono accorta solo 15 minuti fa...

Abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente un labbro, sotto un estenuante sospiro di Naoise.

"Scusa" ammiccò poi lei, silenziosamente, sentendosi patetica per il tono utilizzato.

Ma per cosa mi starei scusando? 

Il ragazzo si portò una mano alla tempia prima di scomparire dalla stanza mormorando qualcosa, di fretta, lasciandosi la porta spalancata alle spalle.

Winter approfittò di quei secondi per riprendere fiato. Poi si guardò il braccio.

A me non sembrava così grave, dannazione. 

Sospirò, aspettando il ritorno del ragazzo, che non sembrò farsi attendere.

"Siediti" le ordinò non appena entrato, indicandole il letto.

Winter sobbalzò, non lo aveva minimamente sentito arrivare.

Nella mani portava una borraccia contenente acqua, delle bende bianche, una pezza e delle strane erbe.

Lei lo guardò, accigliata.

I suoi occhi erano più scuri del solito, e la sua mascella era estremamente tesa.

È irritato. Fantastico. 

"Siediti" le ripeté, questa volta più severamente, e le si fermò davanti.

Winter annuì, facendo come detto.

La ragazza lo seguì con gli occhi mentre vagava per la stanza, trascinando una sedia verso la sua direzione. Una volta arrivato davanti ad essa, si ci sedette.

"Allungami il braccio" le chiese, questa volta con tono più gentile.

Lei lo guardò a lungo prima di avvicinarli il braccio.

"É grave?"

"No, non lo è. Ma poteva diventarlo" sospirò, afferrandole il polso con una mano e passandole un panno inzuppato d'acqua sul braccio arrossato e scottante. "Solitamente i marchi non si infettano. Vanno curati per pochissimo tempo. Ed anche sotto l'assenza di cure, si rigenerano ugualmente. Per questo mi hai preso alla sprovvista" continuò, continuando a rinfrescarle il braccio.

"Oh" fu l'unica parola che le passò per la bocca.

"Quindi ti raccomando, Etaine, di fartelo curare una volta arrivata nel tuo mondo. Io te lo fascerò soltanto, insieme a delle erbe mediche che eviteranno che peggiori durante il tragitto, ed allevieranno il dolore. Ma nel tuo mondo potrai andare direttamente in un pronto soccorso, o comunque da qualcuno che possa curartelo per bene."

Winter fu particolarmente interessata a quell'ultima frase.

Pronto soccorso? Quindi conosce il mio mondo. Ci appartiene, forse? O forse no. Cosa sa? 

"Winter?" la richiamò lui, con la fronte corrugata.

La ragazza alzò lo sguardo su di lui, non riuscendo a nascondere un'aria confusa.

Lui sembrò non farci caso. Ma sospirò, sperando che non facesse domande e se le tenesse per se.

Non avrebbe risposto, ad ogni modo.

"Mi hai ascoltato?"

La ragazza annuii, "si" disse poi.

Voglio sapere. Devo sapere.

"Bene" mormorò lui.

"Naoise-"

"No" la interruppe, facendole segno di star zitta, alzando un dito.

Lei alzò un sopracciglio. "No? Cosa?" chiese.

"Non formulare quella domanda. Non avrai alcuna risposta" rispose risoluto, mantenendo il suo sguardo, che sembrò divenire quasi intimidatorio.

Winter si grattò il collo, sgranando leggermente gli occhi. "Cos'è? Un vostro potere?" chiese ironicamente, ma con una sfumatura di incertezza "sapete... leggere nel pensiero o cose simili?" e questa volta la voce la tradì, diventando puramente seria.

Naoise non riuscì a trattenere una allegra risata.

Quanto sono stupida? 

"Oh, si, Etaine" ansimò lui, tra una risata e l'altra. "Abbiamo il potere di essere molto perspicaci!" ironizzò, sorridendole e mostrandole due file di denti bianchissimi.

Lei non riuscì a trattenere un sorriso in ricambio.

***

Il viaggio fu tranquillo ed ordinato. 
I due non parlarono molto; Il principe, di tanto in tanto, le chiedeva aggiornamenti sul suo braccio. Parlava con tono teso, e delle volte pareva addirittura irritato, ma la ragazza parve non darci importanza. Quest'ultima, infatti, aveva in mente un chiodo fisso: i suoi genitori biologici. Non le andava giù il fatto che, molto probabilmente, non sarebbe riuscita a strappare a Naoise le informazioni che tanto bramava. Ed il pensiero che forse non avrebbe mai saputo niente di vero su di loro, la innervosiva parecchio.

In oltre, il precedente saluto col Re le aveva trasmesso altra agitazione; in sintesi, non era successo assolutamente nulla di preoccupante. Il Re l'aveva salutata con aria estremamente sorridente e cordiale. Winter si sarebbe aspettata tutt'altro. Aveva immaginato il Re supplicarla di restare, trattenerla con forza, o qualsiasi altra cosa riguardasse ciò. Ma non era successo nulla di simile. Nuada pareva inspiegabilmente contento di questa decisione. E lei non se ne spiegava il perchè. Forse, in fondo, avrebbe preferito essere convinta a restare.

Mentre, al contrario, Naoise, malediva se stesso per essere così inerme alle sue decisioni. Per non poter prendere le sue decisioni. 
E forse era proprio questo il punto. L'essere così irritato e teso, l'essere così soggetto a scariche di rabbia e alla frustrazione, tutto è solo dovuto al fatto che Winter è la prima e unica persona a non essere sotto le sue decisioni, sotto i suoi severi e indiscutibili comandi da Principe.

Non avere il controllo su di lei lo metteva a disagio, lo spaventava.

"Naoise" si sentì chiamato, tra un pensiero e l'altro.

"Dimmi."

Winter abbassò lo sguardo, l'affermazione l'avrebbe irritato.
"Voglio che mi parli dei miei genitori" parlò poi, riempiendosi i polmoni.

Andavano piano. I cavalli avevano la testa abbassata, e di tanto in tanto la alzavano, osservandosi intorno.

Naoise accennò un sorriso nervoso, accompagnato da uno sbuffo. E la ragazza non riuscì a trattenere un sospiro, alzando gli occhi al cielo.

"Non è leale, il tuo gioco."

"Non esistono giochi leali, in questo mondo" ribatté lui.

Winter lo guardò aggrottando la fronte.

"Lascia stare, Etaine."

Avrebbe voluto continuare a domandare all'infinito, provare a persuaderlo, pregarlo, implorarlo in ginocchio, se fosse servito a qualcosa.

Ma non mi dirà nulla, non li conviene. Non conviene a lui. Che vada al diavolo, maledizione. Forse è meglio così, forse non dovrei scoprire niente. 

"D'accordo. Non dirmi nulla, assolutamente nulla. Avrò un motivo in più per chiudere una volta per tutte questo capitolo della mia vita" sbottò lei, ad un tratto.

Lui alzò un sopracciglio, lontano dall'espressione che Winter si era immaginata.

"Mmh" mormorò poi, distogliendo lo sguardo da lei. "Quindi, non ti interessa sapere?" chiese poi, per conferma.

"No. Non più."

Lui non riuscì a trattenere una piccola risatina.

"Perchè ridi, ora?"

Scrollò la testa, passandosi una mano tra i folti capelli, continuano a ridere. "Perchè... sei così..." si bloccò, fermando la risata con un lungo sorriso. 
La guardò intensamente, pendendosi quasi tra i suoi occhi smeraldi, prima di continuare. "Ostinata."

Ammiccò un sorriso, questa volta meno evidente e più sforzato.

Winter sbuffò, sconfitta. "Non sono ostinata; sono scocciata. È sbagliato, quello che stai facendo" disse poi, con tono leggero e con lo sguardo leggermente abbassato, ma ben vigile ad ogni stimolo.

"Ad ogni modo... sono sicuro che riprenderemo questo discorso, un giorno non lontano."

Lei grugnì, storcendo le labbra.

"Siamo arrivati" continuò poi, scendendo atleticamente da cavallo, afferrando le redini del proprio animale, prima di cercare il volto confuso della ragazza.

"Stai scherzando? Siamo in mezzo al nulla."

"Appunto."

Winter alzò un sopracciglio, distaccando di poco le rosee e sottili labbra.

"Tu sei arrivata dal nulla, e tornerai nel tuo mondo attraversando nuovamente esso."

"Non ti seguo" disse allora lei, guardandosi intorno.

Erano circondata solo ed esclusivamente da erba verde. Nè alberi, nè fiumi, laghi, rocce, mura. Assolutamente il nulla.

"Scendi da cavallo" le ordinò, facendole un lieve cenno con la mano.

Mentre lei scendeva cautamente, Naoise portò una mano alla stretta tasca dei pantaloni, faticando prima di trovare ciò che cercava.

Uscì una collana di cuoio ed un ciondolo, che fece scorrere lungo il laccio di pelle.

Il ciondolo era rotondo, piccolo e molto semplice; di colore tendente all'arancione.

Glielo porse, allungando la mano. 
Lei lo guardò dubbiosa prima di riabbassare lo sguardo sul suo palmo aperto.

"Cos'è?"

"Un ciondolo di Bronzo, di origine Celtica, che rappresenta il sole. È un antico simbolo divino. Rappresenta la vita e la morte" le spiegò, prendendo le due estremità del laccio di cuoio. "Devi indossarlo. Esso eviterà totalmente che tu possa perderti nel Limbo. Tirati i capelli" le ordinò poi, camminando dietro di lei.

Lei fece come detto, con aria ancora titubante. Socchiuse gli occhi mentre sentiva le dita di Naoise muoversi sul suo collo, nell'intento di allacciare per bene la collana.

Quando finì, le afferrò un polso, tirando lievemente in braccialetto di cuoio intrecciato che indossava. "Quando attraversi il Limbo, sia per tornare in questo mondo che nel tuo, devi tenere legati a te almeno due oggetti che appartengano ai due diversi mondi. Ciò, oltre ad evitare che tu ti perda nel nulla, eviterà anche lo stato di incoscienza causato dal Limbo. Ti girerà un po la testa, ma nulla di più" le spiegò con naturalezza, giocherellando qualche secondo col laccio pendente del bracciale, prima di tornare a guardarla.

Il suo volto era teso. I suoi occhi più scuri del solito, si abbinavano perfettamente al nero dei suoi capelli, che li coprivano appena. Le ciocche erano spettinate e lucide.

Winter si sentì in suggestione sotto lo sguardo attento del Principe. Deglutì, storcendo il naso.

Potrebbe cambiare ancora idea, magari. Odio questa situazione. Tornerà nel suo mondo, impotente ed inerme, ora. Odio non poter decidere per lei, per la sua sicurezza. Doveva rimanere qui, capire, allenarsi... prepararsi. È impreparata a tutto. A tutto.

I pugni di Naoise si chiusero con forza, mentre il suo sguardo calava lentamente. "Etaine... Sei... Sei sicura?" le chiese, tentennando un po, con ancora lo sguardo distrattamente abbassato.

Doveva alzarlo, doveva combatterla.

Lei esitò un attimo prima di annuire, con decisione. "Si."

Naoise sospirò a gran pena, e questa volta sostenne il suo sguardo, attento a non abbassarlo.

"Quindi..." mormorò, chiudendo gli occhi qualche istante, prima di riprendere il discorso. "Mi eviterò il discorso del: 'le nostre strade si dividono qui'... Perchè non è affatto vero, non finirà in questo modo, Winter. Sarebbe tutto troppo semplice. È bene che tu lo sappia."

Dove vuole arrivare? 

Lui sospirò. Le si avvicinò, continuando a tenere il suo sguardo. Fin quando la loro distanza non divenne quasi impercettibile.

Per Winter il mondo parve fermarsi. Tutto si fece silenzioso. Sentiva solo il fiato del ragazzo. Lo sentiva e lo percepiva, le accarezzava lievemente la pelle, riscaldandola appena.

"Che tu lo voglia o no, tu tornerai da noi. Tu tornerai da me" disse con tono ricco di dolcezza e gentilezza.

La ragazza si sentì trapassare il corpo da gelidi brividi, udendo quelle ultime parole.

Tu tornerai da me. 
Quella frase le balenava in la testa, provocandole strani e indescrivibili effetti.

Si morse il labbro. Ed in quel preciso momento, gli occhi di Naoise scesero sulle sue sottili labbra, ma risalirono immediatamente in cerca dei suoi occhi.

"Hai capito, Winter?"

Sentiva il suo fiato talmente a contatto con la sua pelle, da darle l'illusione di poterlo assaporare tramite essa.

Lo guardò intensamente. Osservò i suoi lineamenti tesi, i suoi zigomi, le sue labbra carnose, i suoi folti capelli neri, la sua carnagione scura, le braccia così possenti e piazzate ai fianchi. Ed infine, tornò ai suoi occhi.

Dannazione, sono bellissimi.

Sotto la luce del sole splendevano ancor di più, sembravano due lastre di ghiaccio. Due abissi di ghiaccio.

Siamo così diversi.

Si sentì perdere il respiro, inspiegabilmente.

I battiti iniziarono ad aumentare, e la sua respirazione sembrò diventare irregolare. Si sentiva sudare, per l'agitazione.

Perchè siamo così vicini? Sto avendo un ennesimo attacco di panico.

Socchiuse gli occhi, scrollando la testa. "Naoise..."

Non ebbe il tempo di dir altro, o di indietreggiare, che, prontamente, lui la tirò a se, varcando così quel sottile velo invisibile che separava i due corpi.

Fu ciò che potrebbe definirsi, un bacio rubato.

Le labbra dei due aderirono perfettamente, e il ragazzo non intensificò molto il bacio. Per questo, non lo si poteva quasi definire un 'vero bacio', ma comunque qualcosa che si avvicinava ad esso.

Le mani di lui le tenevano strette le braccia, vietandole di sfuggirli in alcun modo, e di non rifiutarli quel tenero gesto che, in cuor suo, tanto bramava.

Lei, in ogni caso, non provò minimamente a resisterli. E per pochissimi istanti, sembrò ricambiarlo.

Poi riaprì di scatto gli occhi, come fece Naoise, nello stesso e medesimo momento, prima di lasciarla libera dalla sua stretta, osservandola indietreggiare di colpo, staccandosi dalle sue carnose labbra.

Una volta aumentata la distanza tra di loro, la ragazza rimase un po in silenzio, osservando il sorrisetto soddisfatto del ragazzo, che aveva incrociato le braccia.

"Perchè l'hai fatto?"

Si portò un palmo alle labbra, istintivamente, coprendole.

Aveva un fastidioso nodo alla gola, e non riusciva a far a meno di osservare quelle morbide labbra. Ma cercò di darsi un contegno, alzando lo sguardo ai suoi occhi cristallini.

Lui in risposta scrollò le spalle.
"Non mi sembravi così indisposta" commentò poi, con tono malizioso.

"Non mi hai dato altra scelta! Mi tenevi per le braccia!"

"Non hai provato neanche a ribellarti, però" rispose di rimando.

Lei non osò dir altro, osservandolo ancora, con la bocca leggermente divaricata.

Naoise non riuscì a trattenere un ghigno divertito, avvicinandosi lentamente a lei.

"Smettila di fissarle in quel modo" disse poi smorfiando, con tono caldo e seducente

Lei capì di cosa stesse parlando soltanto quando, istintivamente a quell'ironico rimprovero, alzò lo sguardo nuovamente ai suoi occhi. In quel momento si accorse che la loro distanza era nuovamente e tremendamente vicina, quasi nulla.

Così, come ciò che potrebbe avvicinarsi ad un flashback, Naoise si fiondò per la seconda volta sulle labbra di lei. E questa volta, la baciò davvero.

Non fu più riservato e ben curante verso i suoi confronti e il suo volere. Ma, questa volta, il Principe diede piena libertà alla sua foga, esplorando la bocca di Winter con la sua lingua, mordendole un labbro.

Portò un braccio dietro la schiena della ragazza, posizionando l'altro dietro la nuca, accarezzandole i capelli, mentre la spingeva lievemente a se, intensificando quel bacio.

Sorrise appena, quando notò che per la seconda volta, la ragazza, non sembrava voler opporre resistenza a quel bacio strappatole via. Ma proprio in quel momento, Winter aprì gli occhi, e questa volta, inaspettatamente per Naoise, portò le mani al suo petto, strattonandolo via da se.

Oh, proprio quando mi stavo per convincere.
Sorrise soddisfatto, per la seconda volta.

Lei deglutì, serrando gli occhi.
Ed ora... cosa dovrei dire? 

La rabbia la avvolse, quindi chiuse i pugni, respirando quasi con affanno.

"Sei... sei..." mormorò. Ma troppi pensieri le offuscavano la mente, evitandole di parlare con senso.

"Cosa sono?" la intimò lui, raggiungendola al suo fianco e mostrandole un sorrisetto avido e divertito.

Lei si allontanò all'istante, questa volta.

"Solo un piccolo arrogante!"

"Oh" mormorò, coprendole le ultime parole, mentre una lunga risata li uscì dalla gola.

Winter sospirò esasperata, non riuscendo a trattenere un ringhio di pura frustrazione.

Mantieni la calma, mantieni la calma.

Dopo parecchi secondi si girò, tornando a cavallo.

Naoise la osservò attentamente, mentre cercava di studiare quel comportamento di difesa.

"Quindi... cosa dovrei fare, ora?" li chiese, cambiando velocemente discorso e mostrandoli un sorriso soddisfatto, di ripicca.

Lui la imitò, salendo a cavallo con il volto abbassato, nascondendo un lieve sorriso.

"Perchè sorridi in quel modo, Winter?" parlò retoricamente, come sapesse già perfettamente il perchè.

"Perchè, ho distrutto i tuoi piani, no? Non rimanendo qui con te, dopo quel che è successo", li sorrise a cattivo gioco.

Lui ricambiò il sorriso, inclinando lievemente il capo. "Oh, mia cara Winter..." mormorò, sospirando. "Sta andando e andrà sempre tutto secondo i miei piani."

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Capitolo 11
*** Capitolo 10; ***



"Quindi...", cercò di ritornare al discorso precedente. "Cosa dovrei fare, ora?"

Il tono usato non era più pieno di se, ma quasi sottomesso.

E lui sembrò notarlo, infatti rise sotto i baffi, irritandola. 
Poi si schiarì la voce. "Avvicinati all'orecchio del tuo cavallo, e sussurra lui di tornare a casa."

Divertente.

Winter inclinò la testa, inarcando un sopracciglio. "Cerchi di prenderti gioco di me?"

Naoise liberò una debole risata compiaciuta, prima di tornare serio. "No, Winter. Quel cavallo è di nostra proprietà. Siamo stati noi a portartelo. Quindi sa bene come arrivare ed andarsene da questo mondo..."

La ragazza spalancò gli occhi.
"Aspetta, aspetta... cosa?"

Lui sorrise, e proprio quando stava per risponderle, lei fece lui segno di star in silenzio.

"Anzi, no. È meglio che tu non mi dica altro."

"Saggia decisione."

"Ma, in ogni caso, è un cavallo..." lo incalzò, parlando con tono diffidente. Forse cercava pietosamente una banale conferma.

"Abbi fiducia, per una volta."

"Ma è irreale!"

"Come tutto ciò che ti è accaduto in questi ultimi giorni, no?" la zittì, parlando con naturalezza.

Effettivamente, in confronto a tutto ciò... sembrerebbe quasi la normalità.

"Ma se ti sembra così strano, puoi sempre non farlo" le fece notare, sorridendole con sgarbo.

Winter li lanciò un'occhiata di fuoco, prima di girarsi ad osservare le orecchie tese del cavallo.

Lo accarezzò, imbarazzata, prendendo tempo.

Non capiva le intenzioni del Principe. Era serio? O cercava solo di prendersi gioco di lei? Non si voleva ridicolizzare.
Non voleva farlo. Ma per timore di essere sotto scherzo? O per timore, al contrario, di non esserlo?

Si guardò intorno, mentre la sua mano continuava a muoversi tra la criniera del fiero Andaluso. 
Era tutto così semplice, intorno a loro. Tutto così silenzioso. Così silenzioso da poter sembrare innaturale.

Questo luogo, sembra infinito. Potrei galoppare e perdermi tra il vento, e non fermarmi mai. Oh, il vento, l'ebrezza... provarlo qui sarebbe imparagonabile a tutto. So che sarebbe così, lo sento, lo percepisco. 

Scrollò la testa, cercando di cancellare quel pensiero che cercava di prendere forma.

"Winter."

Non fu un richiamo, sembrò una riflessione. Un suono melodioso e dolce.

"Il tuo nome ti rappresenta così tanto, non è vero?"

Gli occhi della ragazza incrociarono quelli di lui. Lo guardò a lungo, come persa tra i suoi occhi grigi, prima di abbassare il viso.

"Il vento assedia, Winter. E tu, in questo momento, non sei altro che un vento immobile. Muori dalla voglia di darti sfogo, vero, Winter?" parlò con provocazione, aprendosi in un sorriso complice.

Le mani della ragazza tremavano. Forse per il freddo che iniziava a farsi sentire, o per le parole del Principe; Winter, ad ogni modo, non riusciva a darsi una decisa spiegazione.

Abbassò lo sguardo, guardandosi le mani che non riusciva a far stare ferme. 
Serrò gli occhi, mentre stringeva i pugni, tirando di poco, per sbaglio, le redini del cavallo, che in risposta piegò le orecchie, per pochi secondi.

Quando riaprì gli occhi, le mani avevano cessato di tremare, e Winter tirò un sospiro di sollievo, ammorbidendo il busto. 
Poi girò la visuale verso Naoise, che ancora la osservava, ma con molta serietà, questa volta.

"Devi prendere una scelta, ora."

"L'ho già presa da un pezzo."

"Bene, allora" sussurrò in risposta, quasi spazientito, avvicinandosi a lei.

La ragazza sospirò, guardandosi ancora per qualche secondo intorno, prima di dedicarsi nuovamente all'Andaluso. Lo accarezzava ancora, quando accompagnò la mano sù per il suo collo, allungandosi verso la testa.

"Torniamo a casa, Sharon" mormorò infine, decisa.

Detto ciò, girò lo sguardo velocemente verso Naoise, accertandosi, finalmente, che non si trattava di uno scherzo. Infatti, lui, continuava a tenere uno sguardo serio e ben lontano da un sorriso. Guardò i suoi occhi argentati, scendendo infine alle sue labbra.

"A presto, mia cara Etaine" mimarono queste.

Sentì brividi invaderle il corpo, e non ebbe tempo di incrociare gli occhi ai suoi, quando sentì il cavallo impostarsi ed irrigidirsi sul posto.
Prontamente, si strinse alla sella, accorciando le redini e guardando dinanzi ad essa.

Respirava pesantemente ed irregolarmente, appesantita da quella situazione che tanto la stava mettendo a disagio.

Il cavallo partì, senza alcun preavviso ed alcuna calma; a Winter sembrò di poter partecipare ad un'esperienza già vissuta.

Tutto sembrava star per finire proprio come tutto era iniziato. Ammesso però, che qualcosa era concretamente finita, o iniziata... Forse, tutto ciò, significava semplicemente la fine di un inizio, o l'inizio di una fine.

***

Ricordava i suoi occhi. Era l'unica e l'ultima cosa che ricordava. 
Si era girata ad osservarlo, un attimo prima di ritrovarsi nel suo mondo. 
Non aveva sentito o percepito nulla; si aspettava un salto, o qualcosa del genere. Magari era successo, magari no; ma a lei non tornava nulla in mente.
Tranne i suoi occhi. Quelli non riusciva proprio a toglierseli dalla testa. Non erano stati tanto gli occhi in sè, a catturarla, bensì la loro espressione. Un'espressione disinvolta, lontana da quella che si era immaginata. 
Erano così chiari e brillanti. Erano il ghiaccio puro. La congelarono, infatti. Se ancora tornava a pensare ad essi, poteva sentire gelidi brividi percorrerle la schiena.

Naoise aveva avuto ragione solo in parte: non era svenuta, ma la testa le doleva da impazzire, e presto sentì essere invasa da un allucinante senso di vomito. Quindi scese da cavallo, portando una mano alla fronte, ed una al ciondolo appeso al collo, accarezzandolo.

La mia testa, scoppierà. 

Strizzò gli occhi, accovacciandosi a terra, e inghiottendo istintivamente. Non voleva vomitare.

Si guardò intorno, ed osservò di essere accovacciata a terra con le spalle appoggiate ad un muretto. Lo stesso muretto che avevano saltato prima di trovarsi nell'altro mondo, ne dedusse.

Poi, sotto le foglie, scorse qualcosa a lei familiare, e non le ci volle molto a capire di cosa si trattasse. Il suo cellulare. Allungò la mano, scoprendolo dal fogliame che lo aveva coperto solo in parte.

Quanto avrebbe pagato in quel momento per una chiamata. Ma, ovviamente, il cellulare era scarico. Ciò voleva significare nessun aiuto.

"Andiamo, Sharon" mormorò in un sospiro, incamminandosi.

Non se la sentiva di risalire a cavallo. L'ultima cosa che voleva era perdere i sensi mentre si trovava in sella. Perciò afferrò le redini del proprio destriero, e proseguì lentamente.

Mentre proseguiva per il sentiero, le tornarono in mente vecchi pensieri.

Quel cavallo è di nostra proprietà, siamo stati noi a portartelo, le ricordava una vocina nella sua mente.

Quel magnifico cavallo le era stato regalato, quando era ancora un puledro, dal suo padre adottivo. Lo avevano cresciuto insieme, addestrato insieme.

Si girò verso Sharon, guardandolo ambiguamente. "Cosa mi nascondi, tu?" mormorò in una riflessione, aggrottando la fronte.

Che siano coinvolti anche i miei genitori adottivi? Che sappiano tutto anche loro? 

Il dolore alla testa, intanto, si era finalmente placato, come il senso di vomito. Ma tutto ciò era stato rimpiazzato dalla stanchezza, ora. Si sentiva debole, e non vedeva l'ora di tornare a casa. Per riposarsi...

Per dare spiegazioni assurde, per aspettarmi auto della polizia piazzate sotto casa e strani interrogatori... e le domande assurde di assistenti sociali, quelle non potrebbero mancare mai. Non vedo l'ora di tornare a casa per riposarmi, certo.

Sospirò, portando una mano alla fronte.

Cosa mi invento? Potrei non dire nulla, magari. No, devo pur dare una spiegazione. Mi inventerò qualcosa al momento. Funzionerà.

Cercava di tranquillizzarsi, con l'aiuto dell'autoconvinzione.
D'altronde, era l'unica carta che poteva giocarsi, quella.

Era talmente immersa tra i pensieri, che non si accorse neppure di essere arrivata già vicino casa. Ed improvvisamente la dormiente calma che l'aveva avvolta precedentemente, si ruppe.

Coraggio. In confronto a tutto ciò che mi è successo, questo non sarà nulla.

Arrivati alla stalla, scortò il proprio cavallo all'interno.

"Augurami buona fortuna, Sharon" mormorò in soprappensiero, dedicando all'Andaluso dolci e leggere carezze, prima di richiudere il box.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11; ***


Era passata circa una mezz'oretta da quando Winter si era nascosta dietro casa, davanti all'uscita secondaria, con ben a vista l'auto della polizia parcheggiata nel vialetto.
Il posto più a vista, e per quello, anche il meno guardato.
Non si sarebbero accorti mai della sua presenza, lì. Sarebbe stata al nascosto fin quando la polizia non sarebbe andata via.

Riflettendo a lungo, la ragazza arrivò alla conclusione che qualcosa non quadrava, in quella situazione.

Era mancata tre giorni esatti; solitamente, denuncia e ricerca vengono avviati 24 ore dopo la scomparsa della persona in questione. Quindi, o la polizia aveva ritardato di un giorno, o era passata una seconda volta. E ciò non era spiegabile, dato che eventuali aggiornamenti (semmai fosse realmente quello il motivo della visita) vengono affrontati telefonicamente, quando non sono di fondamentale importanza. Era quella la prassi, per quanto poco ne sapeva.

Poi passò lo sguardo al cellulare scarico, aggrottando la fronte.

Non hanno trovato nemmeno il mio cellulare. Che diamine di ricerche hanno attuato? Bastava seguire il sentiero che giornalmente percorro, e che mia madre conosce, per l'appunto. Tutto ciò è alquanto strano. 

Ad un tratto sentì una porta chiudersi, e prontamente si abbassò dalla visuale dei poliziotti che immaginava finalmente rientrare in macchina, ed andarsene.

E così proseguì. La coppia di poliziotti rientrò nella loro vettura, farfugliando qualcosa prima di accendere il motore e sparire dal luogo.

Winter tirò un sospiro di sollievo, alzandosi lentamente.

Ora doveva rientrare in casa, ed era la parte della situazione che più la spaventava.

Fece il giro della casa, raggiungendo il portone principale. E mentre l'ansia la assaliva, sentiva uno anche strato di menefreghismo tentare di farsi spazio. 
Sembrava essere una reazione di auto-difesa per la sua incolumità mentale. Così pensò bene di lasciar salire a galla un po di menefreghismo verso quella confusionale situazione, e bussò.

Prese un grande respiro, mentre sentiva dei passi impetuosi avvicinarsi alla porta.

Non era preparata ad alcuna reazione. Non era preparata per nessuna spiegazione. Ma soprattutto, non era preparata alla situazione che si presentò non appena la porta venne divaricata.

Rimase un attimo imbambolata, prima di alzare la visuale all'uomo dinanzi ad essa.

Sembrò rimanere totalmente spiazzata, guardandolo come avesse appena visto un fantasma. Staccò le labbra, sgranando gli occhi.

Lui, inizialmente irritato, sembrò lasciarsi alle spalle il suo stato d'animo, non appena incrociò gli occhi della ragazza. Non era la persona che si aspettava. Per questo, i suoi occhi gioivano di felicità repressa.

"Winter" mormorò poi, non riuscendo a trattenere un tono sorpreso.

"Papà" sospirò seria lei, aggrottando la fronte.

***

"Oh mio Dio, Winter. Non ti azzardare mai più!" le urló tra i singhiozzi la madre, in lacrime.

Poi le corse incontro, soffocandola con un caloroso abbraccio, che la ragazza non parve ricambiare, inizialmente.
Infatti, era ipnotizzata dalla presenza del padre. Lo guardava quasi con rabbia, mentre ricambiava il gesto della madre. Non amava essere abbracciata, soprattuto in situazioni anonime come quelle.

"Cosa ci fa lui qui?" chiese d'un tratto la ragazza, staccandosi dalla madre, non distogliendo però lo sguardo dall'uomo.

"Sono qui, Winter. Ti sento" rispose allora lui di rimando, incrociando le braccia.

"Oh, mi senti" ripetè con sgarbo Winter, ringhiandogli quasi contro.

Alex allora si allontanò dalla velocemente ragazza, con frustrazione.

"No, no. Tu, signorina, non sei in situazione tale da poterti arrabbiare con qualcuno, in questo momento. Chiaro? Tuo padre ha dovuto fare un lungo viaggio per venire qui."

"Oh, poverino. Non c'era bisogno che ti scomodassi."

"Winter!" la rimproverò la madre.

E prima che continuasse a parlare, il marito la bloccò, facendole segno con la mano.

Poi si avvicinò alla figlia, fulminandola con lo sguardo. Lei sostenne i suoi occhi, con pura decisione.

"Vai di sopra. Calmati, ed elabora questa situazione come meglio desideri. Saliremo noi" disse con calma innaturale.

Winter lo guardò a lungo, come con aria di sfida. E prima che il padre rispondesse a quella provocazione, lei gli voltò le spalle.
Non amava ubbidire ai suoi ordini, come un cane; ma, ad ogni caso, sarebbe salita in camera ugualmente.

Mentre percorreva le scale, agitazione e frustrazione iniziarono a farsi spazio in lei.

Quell'uomo che appena stentava a riconoscere, era tornato dopo anni. E non era preparata a ciò. 
Aspettava da molto quel momento, però. Lo desiderava con ansia. Ma non per gettarsi amorevolmente tra le braccia del padre che non vedeva da anni; per l'esatto contrario.

L'amore che aveva per quell'uomo si era lentamente rivoltato in puro odio. Un odio dettato dalla frustrazione e dall'esasperazione.

Aveva deciso di allontanarsi dalla figlia, per un motivo che mai le aveva spiegato. Le si allontanò per gradi, fin quando non decise di andar via per questioni lavorative. Questioni che non motivarono mai la figlia, però. Sapeva che non era quello il motivo, infatti.

Aveva amato tanto quell'uomo. Quando era ancora una bambina, i due stavano sempre insieme. Aveva più rapporti col padre, che con la madre, infatti. Stravedeva per lui, e lui per lei. Il padre era stato sempre premuroso e rispettoso verso la ragazza, anche quando le si allontanò.
Le inviava lettere e video, di tanto in tanto, per cercare di restare in contatto con lei. Ma la ragazza non li rispose mai, per la collera presa. 
Voleva rimuoverlo dalla mente, e sembrò quasi riuscirci, in un primo momento. Ma i pensieri del padre le tornavano in mente senza che lei riuscisse a bloccarli in alcun modo.

Questo la esasperava.

Si gettò sul letto, coprendosi la testa col cuscino, soffocando un ghigno.

Non doveva venire... non ora, almeno. Posso elaborare solo una questione alla volta.

Si mise a sedere, guardandosi allo specchio. Era un disastro. Aveva ancora i vestiti che le erano stati dati precedentemente nell'altro mondo. 
I capelli era arruffati e spettinati. 
Doveva cambiarsi, ed aveva bisogno necessariamente di una lunga doccia. Sperando che riuscisse a lavarsi via anche un po di rabbia.

Si alzò dal letto, approfittandone per mettere a caricare il cellulare, pur essendo quello l'ultimo dei suoi pensieri, in quel momento. 
Ma trovava conforto nel fare le piccole cose, illudendosi così che fosse tutto normale e regolare.

Non è tutto normare e regolare, le ricordava però la sua mente.

Portò lo sguardo alla maglietta e ai pantaloni che ancora indossava, sospirando amaramente.

No, non è affatto tutto normare e regolare. 

***

"Winter, cosa è successo? Dove sei stata?"

Era già la seconda volta che la donna le poneva quelle domande, di fila.

Ma lei sapeva esattamente dove era andata... sapeva tutto.
A giudicare dal modo in cui entrambi la guardavano, era palese che cercassero solo una misera conferma delle loro studiate conclusioni.

E qui la volontà della ragazza si divideva in due esasperanti vie; voleva raccontare tutto l'accaduto. Lo voleva davvero. Voleva spiegazioni e certezze. Era quella la via che aveva già deciso di percorrere, fin da prima che tornasse nel suo mondo. La via più semplice e quasi indiscutibile.
Ma da quando era tornato il padre, tutte le cellule del suo corpo sembravano essere contrarie a percorrere quella via tanto ovvia. Perchè avrebbe ricevuto solo altre menzogne, delusioni e persuasioni. Sembrava che il corpo le volesse imporre di non dare alcuna spiegazione che riguardasse il vero. Doveva cercare da se le risposte che tanto bramava. 
Ma in che modo? 
Iniziò, in quel momento, a rimpiangere il fatto di essere ritornata a casa. Doveva restare nell'altro mondo, almeno fin quando non avrebbe ottenuto più informazioni a riguardo. Perchè sapeva che, almeno lì, nessuno le aveva mentito, e nessuno l'avrebbe mai fatto.

Il modo in cui mi guardano... loro sanno! Hanno sempre saputo! Ed hanno sempre mentito. Le loro spiegazioni non mi sarebbero d'aiuto. Non servirebbero a placare le mie domande, ma a formularmene di nuove. Come potrei fidarmi, ormai? 
Troverò un modo per sapere.

"Winter" la richiamò il padre, cercando di attirare la sua attenzione. "Cosa è successo? Hai varcato il bosco, non è vero?"

Bosco. Il modo in cui tutti ripetevano quella parola, poteva farti rabbrividire. Doveva farti rabbrividire, infatti. Doveva toglierti ogni pensiero a riguardo.

Winter sapeva bene come mentire, soprattuto se ciò riguardava il bosco... l'intoccabile bosco.
Sapeva essere brava, se si ci metteva d'impegno.

"Bosco?" ripeté, corrugando la fronte. "Perchè sarei dovuta entrarci?"

L'uomo sospirò, abbassando lo sguardo.

"Winter, sappiamo tutti bene che-"

"Che ho questa innata tentazione di entrarci. Fatto sta che è severamente proibito entrarci. E l'ultima cosa che voglio è mettermi contro qualcuno" parlò in fretta, bloccando il discorso del padre, che sapeva, non sarebbe stato quello da lei continuato.

Lui la fissò a lungo negli occhi, dubbioso. E lei non sbagliò, sostenendo per bene lo sguardo dell'altro. Se la menzogna sarebbe stata creduta o meno, infatti, dipendeva da quel gesto.

Mai abbassare lo sguardo quando si vuole convincere qualcuno, le ricordava la sua mente.

Sembrò funzionare, infatti, dopo intensi secondi. Il padre si rilassò, ancora un po incerto su quelle parole.

"Dove sei stata, allora?" riprese poi a domandare, incrociando le braccia.

"Da un mio amico."

"Da un tuo amico?" ripeté con sgarbo, alzando un sopracciglio.

Prima che la situazione potesse peggiorare, Winter si sbrigò a continuare. "Si, in un ranch qui vicino. Aveva organizzato un raduno a cavallo... insisteva che partecipassi."

"Perchè non mi hai messa a corrente?" domandò questa volta la madre, e Winter variò il suo sguardo verso lei.

"Perchè temevo mi avresti detto di no..."

"Saresti andata ugualmente, Winter..." esitò un attimo prima di continuare, sospirando "dove sei stata?" formulò nuovamente la domanda, guardandola con scrupolo.

"Ti sto dicendo la verità. Avevo solo voglia di staccare un po. E, sinceramente, mi seccava litigare con te" le spiegò con calma, osservandola attentamente.

"Quindi secondo te questo sistema tutto? Una scappata da casa?" si intromise nuovamente il padre, parlando severamente.

Lei lo guardò intensamente negli occhi, prima di rispondere, non riuscendo a trattenere un sorrisetto nervoso e quasi compiaciuto. "Domanda che non dovresti rivolgere a me" gli fece intendere, sbuffando con divertimento.

***

Probabilmente nessuno dei due genitori si era fatto ingannare dalle parole della ragazza. Probabilmente sapevano tutta la realtà dei fatti, ma conveniva loro far finta di essersi fatti ingannare. 
O, magari, nessuno sapeva nulla, e la ragazza era stata tanto brava da convincerli con tali parole ed atteggiamento.

Stai attenta, Winter, l'aveva messa in guardia il padre con tono ammaliatore. Lasciando la frase incompleta e libera di svariate interpretazioni.

Ciò, infatti, venne interpretato da Winter come una concreta conferma alle sue supposizioni; loro sapevano.

Loro sanno, ma non vogliono rischiare. 

Fu quella l'unica spiegazione che la ragazza riuscì a darsi.

Ma non riusciva a dedicarsi ai genitori, per quanto cercasse di farlo. Infatti, per la mente aveva un altro pensiero; Naoise.

Esattamente, non era Naoise in se ad annebbiarle i pensieri, bensì i suoi occhi, che sembrava averli ben stampati in testa. D'altronde, era il suo ultimo ricordo di lui; due occhi argentei che si incrociavano ai suoi, così belli da poterla totalmente spiazzare.

Sospirò, non capendo perchè in quel momento, tra tutti i pensieri contorti che le frullavano per la testa, quello più in rilievo sembrasse riguardare degli occhi.

Lentamente, sonno e stanchezza iniziarono e mescolarsi tra loro, avendo la meglio sulla ragazza, che si addormentò di botto, senza neanche accorgersene.

***

"Winter, Winter" sentì chiamarsi in un mormorio.

Aveva ancora gli occhi chiusi, quando dopo istanti di riflessione, girò il viso verso quella voce.

"Winter!" la chiamarono nuovamente, due persone contemporaneamente, questa volta.

Non riusciva a collegare quelle voci. Troppo assonnata per poter ragionare con cognizione.

"Winter."

Aprì gli occhi di scatto, questa volta, stimolata per il tono usatole contro. Un tono freddo, distaccato, e che così tanto le era familiare.

Non aveva ancora messo a fuoco le due figure dinanzi ad essa, quando le sentì nuovamente parlare in coro.

"Ricorda il tuo nome, Winter" le sentì mormorare in un canticchio.

A quelle parole sobbalzò d'istinto, rendendosi conto solo in quel momento che la realtà in cui si trovava non esisteva.
Tutto iniziava a farsi confuso, innaturale ed insensato. 
Era circondata dal buio, e le uniche due sfogate sagome a colore presenti nella sua visuale avevano iniziato a mescolarsi con le tenebre, dissolvendosi lentamente.

Si sentiva estremamente leggera e quasi inesistente. Abbassò così lo sguardo al suo corpo, e si rese conto di essere sospesa a mezz'aria, sdraiata sul nulla, in quel mondo astratto.

I pensieri le si raggrupparono in una sola ed unica certezza.

Cadrò.

Accolse l'ansia non appena si sentì precipitare nel nulla; ma prima che potesse gettare un urlo o dedicarsi al terrore, si risvegliò.

___________________________

Salve a tutti! Vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo della storia, e spero sia riuscita a coinvolgervi durante il racconto :) 
Sentitevi liberi di commentare. Recensioni positive o negative, se costruttive, sono sempre ben accette. Sarò ben felice di leggerle e rispondervi.
Alla prossima!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12; ***


Si svegliò di soprassalto, col cuore in gola, e prendendo un gran respiro, come fosse rimasta in apnea per parecchi minuti. 
Sentiva i battiti del cuore battere irregolarmente nel suo petto, e sudava eccessivamente. 
In crisi ad un attacco di panico, cercò di rassicurarsi mentalmente. D'altronde, era stato soltanto un sogno.

Un sogno con un che di inquietante, pensò la ragazza... ma pur sempre un sogno.

Si mise a sedere e chiuse gli occhi, portando una mano alla fronte, rimanendo così per alcuni secondi.

Ricorda il tuo nome, le tornò in mente la strana frase.

Dio mio, ci volevano solo i sogni enigmatici.

Poi, corrugando la fronte, portò lo sguardo al suo cellulare, controllando l'ora. 
Era ancora pomeriggio, ma a lei pareva fosse già mezza notte. Sembrava aver perso la concezione del tempo, ormai.

Persa tra i pensieri, e con ancora il cellulare tra le mani, si dedicò a fissare un punto indefinito della stanza. Poi, dopo innumerevoli secondi, sbloccò il cellulare, e fece ciò che, come d'abitudine, le veniva meglio; andò nell'applicazione Note, e descrisse il sogno in tutti i suoi piccoli particolari che ancora riusciva a tener in mente. Perchè sapeva, avrebbe dimenticato tutto, o parte di tutto, da lì a breve.
Infatti, le veniva difficile ricordare l'accaduto. Era già tutto frammentato e confuso. Quel poco che ricordava, non aveva un gran senso logico; ma, essendo un sogno, ciò era abbastanza normale.

Quando ebbe finito, o meglio, quando si accorse che non poteva scrivere altro, perchè non le tornava nient'altro in mente, sospirò con frustazione, alzandosi dal letto. Aveva bisogno di una doccia fredda, per rinfrescarsi un po le idee.

Ma non appena aprì la porta, le si presentò davanti un altro problema.

"Cosa ti serve?" si convinse a chiedere, dopo secondi di silenzio.

"Un po del tuo tempo per parlare con te" le rispose l'uomo, non parlando più con il suo solito tono estremamente autoritario, bensì quasi pietosamente.

La ragazza sbuffò, e lo sorpassò da un lato, non degnandolo di uno sguardo.

"Winter-"

"Ho già dedicato abbastanza del mio tempo per te, nel corso della mia vita. Non intendo sprecarne altro."

L'uomo sospirò, abbassando lo sguardo. "Winter-"

"Non ho voglia di ascoltarti-"

"So tutto" affermò con decisione, alzando la voce.

La ragazza si bloccò, ancora girata di spalle, con la mano serrata sulla maniglia della porta del bagno.

"So dove sei stata. Non saprò tutto nei particolari, ma so dove sei finita."

La ragazza allontanò la mano dalla maniglia, ma non si voltò ancora. Non sapeva come comportarsi, ora. Negare, o non negare?

"E so benissimo che hai tante domande e pensieri a riguardo. Io posso chiarirti ogni dubbio-"

"No che non puoi!" rispose ringhiando la ragazza, voltandosi a guardarlo. Fu un gesto involontario e privo di riflessioni.

Prese un gran respiro; ormai, non poteva tornare più indietro.

"I miei genitori non sono morti per un incidente stradale, non è vero?" chiese lei, guardandolo con scrupolo.

L'uomo rimase a fissarla per una decina di secondi, prima di dare una decisa conferma all'ipotesi della ragazza. "No, non sono morti per un incidente stradale."

La ragazza variò visuale, e non riuscì a trattenere un mezzo sorriso dettato dal nervosismo e dall'irritazione.

"Ovviamente!" esclamò quasi con scalpore. Ironizzando in un disperato tentativo di non urlare per la frustrazione e la rabbia.

"Posso spiegarti ogni cosa, Winter."

"Puoi spiegarmi ogni cosa, certo. Ed io sarò disposta a crederti, per l'appunto!" finì la frase alzando di molto il volume, urlando quasi.

"Cosa sta succedendo?" fece irruzione in quel momento, dalle scale, Alex, guardano entrambi con preoccupazione e agitazione.

"Oh, nulla. Papà stava per raccontarmi un'altra favola. Dimenticandosi che sono cresciuta di parecchi anni, dall'ultima volta che mi raccontava favole. E non amo più farmele raccontare, preferisco crearmele da me. Difficile, ma soddisfacente."

***

Tra le cose che più odiava, era cenare tra quel silenzio che si creava in poche ma delicate situazioni.
Per lei non era imbarazzante, ma solo dannatamente frustante. Per questo, cercava sempre di aprire un discorso, per quanto stupido poteva essere; ma questa volta, non ne aveva proprio voglia.

Il padre, seduto difronte ad essa, ad un tratto si schiarì la voce. E, automaticamente, Winter portò gli occhi al cielo, sospirando. Non voleva sentire la sua voce.

"Dunque... come sta Sharon?" cercò di aprire un discorso il padre, sorridendole quasi sotto sforzo.

Winter alzò lo sguardo per guardarlo meglio.

Sharon. Tra tutti gli argomenti che poteva tirarmi fuori, ovviamente, tira quello collegato all'altro mondo. Che mi stesse provocando?

Intanto, la madre la guardava con aria che sembrava volesse pregarla di rispondere al padre.

"Sta bene" si limitò a rispondere infine, con tono gelido, ed osservando il padre con pacata diffidenza.

Che vadano al diavolo lui e i suoi stupidi giochetti.

"Bene..." mormorò in risposta, riprendendo a mangiare.

La ragazza lo fissò a lungo, quasi persa tra i pensieri, prima di imitarlo.

Ma pochi minuti dopo, l'uomo riprese a schiarirsi la voce, e Winter gettò energicamente le posate sul piatto, sospirando con frustrazione.

La sua voce mi nausea.

Prima che potesse riprendere la parola, la ragazza strisciò la sedia indietro, e si alzò da essa.

"Non ho molta fame" aggiunse poi, prendendo a camminare verso la propria camera.

***

La musica le era stata sempre amica, in queste situazioni. L'aiutava a calmarsi, a rilassarsi, e a riflettere.

Le capitava spesso, negli ultimi mesi, di reagire in quel modo a tali situazioni. La madre pensava fosse dovuto ad ormoni incontrollati, mentre la figlia insisteva nel dire che si trattasse di puro e semplice carattere.

Forse, entrambe le spiegazioni erano errate.

Ad ogni caso, aveva trovato come scaricare le proprie ansie, ormai.

***

Fortunatamente ed inaspettabilmente, i due genitori non aveva negato alla figlia di uscire di casa. Era da dire, però, che non era da loro mettere in punizione la figlia. Per i due, infatti, le punizioni erano inutili, ed inconcludenti. 
Comunque, non parevano certo contenti di veder la ragazza allontanarsi da casa, consapevoli del fatto che non avrebbero saputo mai con certezza dove sarebbe andata veramente. Ma sapevano che, negandole tale richiesta, avrebbero solo peggiorato la situazione. Quindi la lasciarono andare.

È stato uno sbaglio, ritornare qui. 

Più la ragazza passava ore nel suo mondo - che ormai, tanto suo non sentiva -, più le saliva la necessità di scapparne via. In oltre, la presenza del padre, non migliorava affatto la situazione.

Ma sarei dovuta tornare, prima o poi, cercava di giustificarsi, con solidarietà.
Cosa avrei dovuto fare, lì? L'eroina della situazione? 
Sbuffò a tale pensiero, scrollando lievemente la testa. 
Combattere per un popolo che mi è sconosciuto... perchè mai? 

Eppure, diverse scene le tornarono in mente; ricordandole che, sotto tutto, non si sentiva così indifferente verso quel popolo e, perfino, verso il popolo nemico.
Ricordò le persone condannate a morte, i bambini che rubavano pane, ed il contadino che cercava di sfamare esausto la propria famiglia. Ricordava le sue emozioni e i suoi atteggiamenti. Non era disinteresse, quello. Anzi, era pieno interesse a riguardo.

Solo atti di pietà, cercava però di convincersi la ragazza, mentre smontava da cavallo.

Mentre cercava di cacciar via pensieri indesiderati, si dedicava a rimontare il proprio arco.

Amava tirare con l'arco, perchè era una disciplina che impiegava molta pazienza, ma soprattutto, molta concentrazione. Fattori che la distraevano, per quelle poche ore, dai problemi che tal volta la assalivano.

Aveva schioccato la sua prima freccia durante l'ora di Educazione Fisica. E da allora, non smise più. 
Continuò ad esercitarsi da autodidatta, con risultati più o meno buoni. 
Provò a prendere lezioni di tiro con l'arco, ma la madre glielo negò. Troppi impegni, si giustificava lei.

Ennesima bugia.
Winter sbuffò a quel pensiero, mentre tendeva l'arco, quasi del tutto montato, ormai.

Quando finì, girò visuale verso Sharon, osservando che stava già con la testa abbassata, a brucare erba. Era un ottimo cavallo, addestrato alla perfezione. Non mancava di un comando.

Tagliando quella volta che mi trascinò inerme nell'altro mondo, annotò Winter, smorfiando.

Si trovavano a qualche chilometro di distanza dalla stalla, in quello che lei ben definiva "il triangolo", per via del fatto che una serie di alberi delimitavano uno spazio vuoto a forma di triangolo. Dove, alla punta di esso, si trovava un albero su cui era appeso un grande bersaglio, costruito dalla ragazza stessa. Ormai era sbiadito e consumato per via dell'usura, ma reggeva ancora.

Fece alcuni passi, prima di fermarsi ed avanzare con la gamba destra, estraendo una freccia dal porta frecce, incastrandola tra la corda. 
Fissò il bersaglio per alcuni secondi, prima di tendere la corda, piegando il braccio. Chiuse un occhio, prendendo la mira, e respirando quasi irregolarmente. Ma erano già passati più dei dovuti secondi da quando aveva teso la corda, e il braccio cominciava a tremare per la tensione.

Devi mirare al bersaglio ancor prima di avere un'arma in mano, perchè un nemico non ti da la possibilità di aspettare, le tornarono in mente le parole di Nuada, quasi come se la sua mente cercasse di consigliarla sull'agire.

Mollò la tensione dalla corda, lentamente, rilassando il corpo, e cercando di ricordare le parole dell'uomo. 
Calcolò la sua posizione e la sua distanza dall'obiettivo, e senza pensarci ancora, tese nuovamente la corda, schioccando la freccia, questa volta.

Sorrise con soddisfazione, nel rendersi conto che la freccia aveva tirato a segno.

Si avviò verso il bersaglio, per recuperare la freccia. Ma prima che potesse fare un terzo passo, sentì Sharon nitrire nervosamente dietro di lei. Girandosi notò che, oltre ad essersi avvicinata alla ragazza, il cavallo stava piazzato e teso, annusando l'aria e guardandosi intorno, con la testa ben alzata e le orecchie tese. 
Non era un buon segno, e prima che il cavallo potesse prendere l'iniziativa di far qualcosa di azzardato, la ragazza si avvicinò ad esso, con estrema cautela.

"Sharon" mormorò lievemente, quasi con tono interrogativo.

Respirava affannosamente, ciò voleva suggerire che era parecchio agitato.
Una volta afferrate le sue redini, gli accarezzò la criniera, osservandolo attentamente. Capì che era innervosito da qualcosa che aveva avvistato.

Forse uno strano animale, pensò lei. Ma, solitamente, nessun animale riusciva ad innervosirlo in tal modo.

Così, intenta a capire, variò lo sguardo verso il punto che pareva osservare con tanto timore.

Sobbalzò, quando notò, con sua grande sorpresa, di non essere sola.

Staccò le labbra, irrigidendosi, e socchiudendo gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco quella figura che, secondo i suoi sensi, conosceva.

E prima che potesse aprir bocca per chiedere spiegazioni, il ragazzo la precedette.

"Sei proprio brava, Winter."

Pur non avendolo ancora del tutto riconosciuto, in un primo momento, nemmeno con la sua voce, il suo corpo associò quel timbro a qualcosa di negativo, e pericoloso. Immediatamente abbandonò il proprio destriero, sollevata dal fatto di aver ancora l'arco in mano. Velocemente sistemò la freccia, tendendo la corda e puntandolo con estremo nervosismo.

Soltanto una volta avvicinatole ancor di più, poté dar ragione alle sue temute conclusioni.

Bress.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13; ***


Deglutì amaramente, aggrottando la fronte, mentre pensieri confusi iniziavano a prendere spazio nella sua mente.

Cosa ci fa lui qui? 

Lo guardò intensamente, cercando di capire se fosse solo la sua immaginazione a giocarle un brutto scherzo. Disperatamente, restò nella speranza che quella sagoma potesse sparire nel nulla... ma ciò non accadde. 
Lui era lì, non era una finzione.

All'ennesimo passo verso di lei, ad ormai pochi metri di distanza, lei arrivò al massimo dell'ansia.

Sono armata, lui no, ripeteva in continuazione nella sua mente, cercando di calmarsi.

"Fai un altro passo, e giuro che schiocco la freccia" lo mise in guardia, parlando con estrema tensione.

Mentre cercava di calmarsi e rilassarsi, lo vide trattenersi dal ridere, mentre si bloccava sul posto, col sorriso in faccia.

"Non credo tu sia capace di uccidere un uomo disarmato. Andrebbe contro i tuoi fondati principi, suppongo" mormorò con tono cortese, portando le mani dietro la schiena, mentre le sorrideva ancora.

Winter, invece, era all'estrema della frustrazione. Ma cercava di non darlo a notare, nascondendo il terrore con un tono duro e deciso.

"Hai ragione. Ma potrei mirare a tante parti del corpo che non comprendano organi vitali" rispose con semplicità, inclinando lievemente il capo, mentre abbassava la mira verso le gambe del ragazzo.

Bress parve meravigliato ed impreparato alla risposta della rossa. 
Non era più la ragazzina impaurita ed inerme che ricordava. Sembrava essere più determinata e sveglia, ormai.

Sorrise con sgarbo, sotto gli occhi attenti della fanciulla, che sembravano studiare ogni suo movimento ed atteggiamento.

"Brava e determinata. Un'accoppiata vincente" commentò, iniziando a girarle intorno, con le dovute distanze. "Davvero interessante."

Il braccio della ragazza iniziò a tremare per la tensione, e Bress la sentì imprecare silenziosamente.

Da lì a poco, il braccio avrebbe ceduto allo sforzo.

Avrei dovuto ascoltare i miei sensi ed allenarmi di più, dannazione.

Allentò la presa, ma continuò a tenerlo sotto tiro, mentre lo seguiva nei suoi movimenti.

"Cosa ci fai qui? Come mi hai trovata?"

"Presentimenti."

"Presentimenti?" ripeté con riluttanza, alzando un sopracciglio.

"Esattamente, presentimenti. È normale, per i tributi, avere presentimenti sul dove si trova il proprio nemico" spiegò.

Non potrò mai tirarmi fuori da questa storia, pensò immediatamente a tale spiegazione, mentre le si creava un nodo in gola.

Sentì l'ansia crescerle, mentre le picchiettava in mente l'ennesima domanda a riguardo.

Cosa vuole? 

Ma cosa poteva volere, una persona che, secondo ciò che le era stato detto, era destinata a combattere? 
Cosa poteva volere, se non la sua morte?

Aprì la bocca per dir qualcosa, ma nessuna parola uscì da essa. Non aveva il coraggio di chiedere. Non aveva il coraggio di sentire tale conferma alle sue semplici supposizioni.

Sospirò, guardandosi intorno con la punta degli occhi, per non far intendere nulla. 
Non sapeva neanche lei, infatti, se le era conveniente fuggire via. 
Ma doveva pur far qualcosa.

"Rilassati, Winter. Se avessi voluto ucciderti, l'avrei già fatto, non credi?"

La ragazza sospirò, mentre vedeva Bress avvicinarsi nuovamente a lei. Immediatamente tese l'arco, puntando verso il cuore, questa volta.

Lui alzò le braccia, in segno d'arresa.

"Non sono armato, Winter. Non hai da temere. Voglio solo parlare" le spiegò, facendo scendere le braccia lentamente lungo i fianchi.

"Puoi farlo anche da lì" gli fece notare allora, mentre sentiva il suo corpo irrigidirsi.

Bress sospirò con esasperazione, indicandole poi l'arco.

"Abbassalo, allora" ordinò, questa volta, molto severamente.

"Perchè mai?" chiese lei, guardandolo sospettosa.

"Non vedi? Il tuo braccio trema sotto la tensione accumulata. Non sei abbastanza allenata. Quanto tempo passerà ancora, prima che il tuo braccio cederà allo sforzo, senza il minimo preavviso?"

Winter si sentì offesa ed irritata da quelle parole, dette con tanto sgarbo. 
Non era molto allenata, quello lo sapeva bene. Ma non era stupida, non lo avrebbe colpito per sbaglio, se era quello che voleva farle intendere. Sapeva controllare il suo corpo, sapeva come agire.

"Vattene. E sarò lieta di abbassare l'arco."

Bress sorrise a tale risposta, abbassando lo sguardo, mentre avanzò, forse distrattamente, di due miseri passi.
Si notava in lui un filo di irritazione.

"Sul serio, Winter, abbassa quell'arco" ordinò nuovamente, ed ancora sorridente. Era nervoso.

"Se mi temi tanto, vattene" ringhiò tra l'esasperazione.

A tale esclamazione, Bress rise di gusto.

Sciocca ragazzina.

"Non è te che temo, Winter. È la tua inesperienza, che temo" spiegò, tornando più serio.

Poi, guardò verso un determinato punto dietro di lei, e distendendo le spalle ed alzando il volto, parve mostrarsi in tutta la sua imponenza, mentre irrigidiva il corpo, e rendeva gli occhi a due minuscole fessure.
Osservò con determinazione, mentre la ragazza lo teneva ancora sotto tiro. Non poteva permettersi di girare a guardare ciò a cui lui pareva tanto interessato, sarebbe stata una distrazione.
Le sue orecchie percepirono strani versi alle sue spalle, e le ci volle poco per capire che si trattava di Sharon. 
Il cavallo nitriva con accanimento, sbarrando gli occhi con terrore, mentre i possenti arti anteriori si sollevavano a mezz'aria.

La ragazza si girò un attimo, vedendo il proprio animale in un puro stato di terrore. 
Si lasciò prendere dall'ansia. Il suo respiro era irregolare e pesante, si sentiva sudare.

Come ci riesce?

Si girò nuovamente verso il ragazzo.
"Cosa stai facendo? Smettila!" alzò un po la voce, ma non di molto, per non peggiorare quella situazione.

Bress non aprì bocca. In risposta, abbassò di poco il viso, guardando negli occhi Sharon con tale determinazione, da mettere terrore.

Prima che la rossa potesse dire o far qualcosa, il cavallo abbassò le orecchie, e corse verso il suo fianco destro. Lei lo osservò, persa tra i pensieri e le numerose domande. Bress approfittò di quella situazione per avvicinarsi ancor di più a lei.
E quando la ragazza si girò ad osservarlo avvicinarsi impetuosamente, capì il piano. Ma, ormai, era troppo tardi per contrattaccare.

Accadde tutto molto velocemente e confusamente. 
Il cavallo la travolse da un fianco, scaraventandola a terra, e oltrepassandola, dirigendosi verso Bress, che lo schivò con estrema facilità.

Cadde di pancia, imprecando. Le era andata abbastanza bene, però. Il cavallo poteva calpestarla con gli zoccoli e provocarle gravi fratture o contusioni. Ma, fortunatamente, se la cavò con poco. Infatti era tutta intera. Dolorante, ma intatta.
Chiuse gli occhi non forza, mentre alcuni ghigni di dolore riuscirono a scapparle dalla gola.
Portò le mani sul terreno duro, facendo forza sulle braccia, cercando di rialzarsi.

La prima cosa che le arrivò in visuale, mentre era ancora sdraiata sul terreno, fu il suo arco.
Sgranò gli occhi, non appena notò che, dietro di esso, si presentava Bress. La ragazza risalì il suo corpo con lo sguardo, fin ad arrivare ai suoi occhi castani, quasi tendenti al verde, sotto la luce.
Sul suo volto, un sorrisetto vincente e compiaciuto, che appariva quasi arrogante.

Winter fissò il suo arco, più vicino al ragazzo che a lei. Era fisicamente impossibile arrivare solo ad alzarsi prima che lui.

"Ah-ah!" fece Bress, non appena capì le intenzioni abbastanza ovvie della giovane.

Si piegò sulle ginocchia, e raccolse l'arma, rialzandosi lentamente. 
La scrutò attentamente, girandola per ogni lato. Osservandone il peso e la forma.

Inarcò un sopracciglio, prima di parlare. "Un giocattolino" commentò infine, con un ché di delusione. Abbassò la visuale alla ragazza, ancora inerme sul terreno. "Quante libbre?" chiese con interesse, guardandola fissa negli occhi.

La ragazza sospirò, notando che le tremava il respiro. 
Le aveva portato via l'unico motivo di sicurezza. Si sentiva così inerme ed indifesa, ora, sotto lo sguardo del nemico. 
Non poteva difendersi in alcun modo. Doveva trovare un modo per fuggire da quella situazione.

"Come hai fatto a... insomma... il mio cavallo..." mormorò, cercando intanto di rimettersi in piedi.

"Persuasione mentale" rispose con semplicità.

La ragazza si girò a guardarlo di scatto, distaccando le labbra. "Certo. Come ho fatto a non pensarci..." mormorò tra sé e sé, non riuscendo a non cogliere l'ironia della situazione.

Quando riuscì a rimettersi in piedi, lo guardò con timore, mentre lui sospirava, abbassandosi sul terreno per sedersi.

"Ora che non sei più sotto il mirino della mia inesperienza, dimmi quello che volevi dirmi, così potrai andartene" si convinse a dire infine, parlando con irritazione.

Bress rise silenziosamente, strappando un pugno di erba dal terreno, mentre si rimetteva in piedi, con in faccia un ghigno di puro divertimento.

"Non qui. Guarda il cielo" le disse, indicando le nuvole scure che promettevano pioggia. "Tra poco pioverà. Meglio rintanarsi" propose.

Winter serrò i pugni, stringendo i denti. "Non andrò da nessuna parte, insieme a te. Parla ora, o ridammi il mio arco" parlò seria, allungando il braccio verso lui.

Bress la guardò sorridente, prima di abbassare lo sguardo all'arco che teneva ben in pugno. Poi curvò le labbra in una smorfia. "Non accadrà nessuna delle due cose."

Lei ritirò il braccio.
"Bene. Vuol dire che resteremo qui per sempre, allora!" parlò con tono stuzzicante e puramente serio.

"D'accordo!" imitò il suo tono, rimettendosi a sedere sull'erba, mostrandole un sorriso avido.

"Fantastico!" esclamò lei, imitandolo.

Il silenzio iniziò a regnare sovrano, mentre i due erano impegnati a non dedicarsi alcuna attenzione. 
Era una situazione alquanto inusuale ed imbarazzante, per entrambi. Solo che il ragazzo, al contrario di lei, riusciva a gestire l'imbarazzo, in modo tale da convertirlo in puro divertimento. Winter, invece, tentava invano di nascondere la tensione accumulata.

Erano passati parecchi minuti. Ed ancora, nessuno dei due, osava solo aprir bocca. Si guardavano intorno, come attendessero il nulla.
Ad un tratto, Bress abbassò il viso, passandosi una mano tra i folti capelli. Winter, sbadatamente, posò i suoi occhi su di lui, osservandolo. Quando il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, forse perchè sentitosi osservato, lei variò lo sguardo con una velocità tale da apparire quasi patetica, con quel gesto involontario.

Quella situazione alquanto imbarazzante venne distratta da un tuono, che fece irruzione tra il silenzio. E, puntualmente, una lieve pioggia iniziò a bagnare il terreno.

Bress iniziò a fischiettare uno strano motivo, e Winter dovette lottare con se stessa per non dedicargli uno sguardo perplesso.

Fin quando durerà, questo gioco? 

La pioggia, intanto, iniziava a farsi più forte. E Winter sapeva, che non avrebbe resistito ancora per molto, sotto l'acqua. 
Si strinse col giubbotto, coprendosi i capelli col cappuccio.

Bress, invece, non si scomponeva in alcun modo. Guardava il cielo, continuando a fischiettare.

Potrei alzarmi ed andarmene. Potrei correre. Ma dove andrei? Non posso dirigermi verso casa, e rischiare che trovi anche dove vivo. Non posso neanche chiamare aiuto, cosa spiegherei? 

Sospirò, mentre portava una mano al viso, coprendosi gli occhi. Le tremava il respiro, come tutto il suo corpo, e non solo a causa del freddo. Si sentiva in trappola. Si sentiva inerme. 
Gli occhi iniziarono a riempirsi di timore e terrore, lacrime cercavano di evaderle, mentre lei tentava di bloccarle.

La pioggia iniziava a farsi davvero incessante.

Ora basta. 

"È ridicolo" mormorò lei, in preda alla disperazione.

Bress rise, ancora con lo sguardo rivolto alla vegetazione. "È stata una tua idea" le ricordò, mettendosi sdraiato, e portando le mani sotto la testa.

Winter inarcò in sopracciglio. "Cosa stai facendo?"

"Mi metto comodo" rispose con semplicità. "Per godermi questa eternità" aggiunse poi, chiudendo gli occhi, e sorridendo alla pioggia.

Trattenne un urlo di rabbia, mentre si torturava le labbra, per il nervosismo. Non riusciva a gestire quella situazione. Non sapeva come comportarsi. Voleva andarsene da lì, ma non con lui. 
La vegetazione era troppo vasta, sarebbe diventata un bersaglio facile se avesse provato a scappare, lei lo sapeva bene. Non poteva permettersi di fuggire. 
Doveva provare ad assecondarlo, ma non aveva alcuna minima idea a riguardo.

"In quale luogo vorresti parlarmi?" iniziò a dar segni di resa, quando il freddo sembrò aver la meglio su di lei.

Per quanto non lo vedesse in viso, sapeva che in quel momento, sulla faccia di lui, era appena apparso un sorriso compiaciuto.

"Ti arrendi, quindi."

"Non ho detto che sono disposta a seguiti. Dimmi solo dove dovremmo andare."

Entrambi si alzarono. La pioggia iniziava a diventare tagliente. Winter dovette quasi urlare per accertarsi di farsi sentire.

"Proporrei di andare a casa tua."

Scherza?

"Toglitelo dalla mente."

Bress scoppiò a ridere con gusto. "Scherzo, scherzo, per carità. Andremo in un bar" rispose, tornando serio.

Lei annuì in consenso, con aria sconfitta.

"Dammi il tuo porta arco" le ordinò poi, allungando un braccio, in attesa. "Non credo sia il caso di entrare in città con un arco in mano."

"Puoi sempre lasciarlo qui."

Bress sbuffò divertito, inclinando il volto. "Dammi quel porta arco, Winter" le ordinò nuovamente, ridacchiando.

***

Il viaggio verso la città sembrò ancora più lungo del solito, quasi interminabile, sotto quella estenuante pioggia. 
Winter prese una seconda strada, che allungava il percorso, ma non passava davanti alla sua residenza, ed era quello che più le importava.

Quando arrivarono finalmente in città, Bress le fece strada, tenendola ben sott'occhio. Non le sfuggiva un suo minimo atteggiamento o movimento.
Entrarono nel primo locale che incontrarono, con ancora i visi abbassati, per proteggersi dalla pioggia. Si augurarono soltanto di aver azzeccato un bar, dato che non badarono nemmeno a capire di che edificio si trattasse. 
In ogni caso, la fortuna giocò a loro favore; è un bar, notarono entrambi, una volta alzati i visi.

Il locale era praticamente vuoto. 
Tre uomini di mezza età stavano seduti ad un tavolo, sorseggiando Tè. Intorno a loro, la desolazione. 
L'attenzione parve essere rivolta tutta verso loro. L'addetto alle pulizie fu il primo ad accorgersi della loro presenza. Smise di lucidare i tavoli, rivolgendo loro un'espressione sorpresa. E non c'era da biasimarlo, osservando come erano conciati.
Il giubbotto di Winter era ormai fradicio. Sembrava aver fatto una doccia, non badano però di togliersi i vestiti. 
Bress sembrava essere messo meglio, in confronto a lei. Il suo giubbotto era impermeabile, fortunatamente per lui. Ma i capelli erano sudici d'acqua.

"Sediamoci." Le fece segno col viso di seguirla, e raggiunsero un tavolino piazzato in un angolo.

Si tolsero i giubbotti, ancora sotto l'attento sguardo dei presenti. 
Winter iniziò ad irritarsi, sotto quegli occhi indagatori. 
Abitava in una piccola città, in cui tutti si conoscevano. Perciò, il motivo di tutti quegli sguardi, non era dovuto solo al modo in cui entrambi erano combinati. Era dovuto, in prevalenza, alla presenza di Bress, ne dedusse lei.

"Salve. Volete già ordinare?" si sbrigò a presentarsi la cameriera, armata di penna e carta per appunti.

Bress si voltò a guardarla, mentre prendeva posto.

"Certo. Un Tè classico per me e..." variò lo sguardo verso la ragazza, attendendo.

"Non voglio nulla,-"

"Due Tè classici, grazie" sorrise alla cameriera, che fece lo stesso, mentre girava verso la direzione opposta, non riuscendo a non corrugare la fronte, assistendo a quella inusuale situazione.

"No...", non ebbe il tempo di continuare, che la donna era già lontana dal suo campo visivo.

Girò lo sguardo verso Bress, vedendolo sorridere ancora. "Non volevo nulla!"

"Ah! Smettila." Le dedicò una smorfia, mentre si guardava intorno, con curiosità.

Winter sbuffò. Ma non riusciva ad arrabbiarsi con lui, perchè distratta dal freddo che sentiva. I vestiti, al contrario del giubbotto, fortunatamente, non erano bagnati, ma erano comunque umidi. Motivo per cui sentiva tutto il suo corpo tremare, come una foglia sotto il vento.

"Stai tremando" notò lui, parlando con tono morbido e caldo. 
Si girò, afferrando il suo giubbotto. "Non credo sia dovuto ad un solo motivo. Tieni, metti questo" le porse l'indumento, facendole gesto di prenderlo.

Non capisco. Perchè lo fa?

Aggrottò la fronte, mentre lo sentiva sospirare.

"Suvvia Winter, il giubbotto è innocuo, giuro" parlò con spirito, mostrandole un sorriso.

Al diavolo, fa freddo.

Senza pensarci ancora, accettò quel gesto, ed indossò il largo capo, abbracciandolo a se. Potè finalmente scaldarsi.

"Non capisco..." mormorò secondi dopo, abbassando lo sguardo. "Noi due, secondo ciò che ho capito... per quanto ci tenga a dire che stento a credere a tutta questa situazione... Comunque... dovremmo essere nemici, no?"

"Lo siamo, infatti."

"Perchè mi aiuti, allora?"

Bress sorrise. 
Un sorriso, oserei dire, con dei tratti che parevano richiamare tenerezza. Ma quest'ultima sembrò però sfumare, infine, in semplice arroganza.
"Perchè non dovrei?" domandò a sua volta.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14; ***



Perchè a tutti loro piace darmi risposte enigmatiche? È così interessante vedermi in confusione? 
Corrugò la fronte, a tali pensieri. Mentre abbassava lo sguardo, sentì il cellulare nella tasca dei pantaloni iniziare a vibrare. Lo tirò fuori, osservando l'espressione pacata di Bress, mentre accettava la chiamata. 

"Mamma" mormorò, vedendo Bress raddrizzare la schiena.

Winter, fuori piove tantissimo. Dove sei?, la sentì parlare con un filo di preoccupazione. 

"Mi sono riparata in un bar, mamma. Appena cessa di piovere, torno a casa." 

Dove sei? Vengo io a prenderti. Continuerà così per un bel po. Sei con qualcuno?, le chiese, sotto agitazione.

Winter sospirò, serrando gli occhi, mentre si copriva il viso con una mano.
Parlava così velocemente che sembrava impossibile bloccarla.

Si trovava nuovamente in una situazione alquanto spiacevole: voleva farsi venir a prendere, ma c'era Bress. Non aveva intenzione di dare alcuna informazione, né su di lei, né sulla sua famiglia. 

"Mamma...", mormorò indecisa, zittendosi, cercando di riflettere; ma prima che potesse aggiungere altro, una mano le strappò via il cellulare.
Sgranò gli occhi, osservando un sorriso divertito farsi largo sul viso del ragazzo, che intanto le faceva segno di star in silenzio. 
Si alzò, vedendo Bress imitarla. 

"Salve Signora, sono Simon, un amico di scuola di sua figlia" parlò lui, con tono tanto cortese da sembrar appartenere ad un'altra epoca. 

Winter inclinò in capo, alzando un sopracciglio, interrogativa.

"Non si preoccupi, il tempo di prendere un Té per riscaldarci, e gliela riporto io." 

"No!" mimò lei con le labbra, facendo per raggiungerlo. 

"Arrivederci!", sorrise infine, chiudendo la chiamata per poi allontanare il cellulare dalla ragazza, alzando il braccio. 

"Ah, Winter. Te lo consegnerò dopo" le spiegò poi con calma, portando l'oggetto in tasca, mentre si riaccomodava. 

Ma la ragazza non si mosse di un millimetro, guardandolo con aria scocciata ed irritata. Poi prese un grande respiro, chiudendo gli occhi per evocare la calma. "Ridammi il mio cellulare" ordinò, cercando di parlare con un tono calmo e deciso, mentre allungava una mano, aspettando. 

"Dopo." 

Imprecò, in una crisi di nervi.
"No, non dopo. Ora! O giuro che...-"

"Che? Che cosa, Winter?" cercò di spronarla a continuare la frase, guardandola con aria divertita. 

Lei sospirò, notando Bress osservarsi intorno, mentre lo vedeva alzare un sopracciglio. "E voi? Cosa avete da guardare? Aria" parlò con zelo, notando che tutti erano impegnati ad osservarli, con distinto interesse. Quasi stessero assistendo ad uno spettacolo.
"Ficcanasi" bisbigliò infine, girando nuovamente lo sguardo alla ragazza. Alzò gli occhi al cielo, nel notare che non si era mossa di un millimetro. "Winter" mormorò, seccato. 

Restò ancora alcuni secondi a fissarlo, prima di ritornare al suo posto, vedendo Bress sorridere con soddisfazione. 

"Ora, parlarmi. E che sia una conversazione veloce, preferibilmente" parlò lei, velenosamente. 

Bress sorrise, stiracchiandosi, mentre sbadigliava con noia. "Aspettiamo il nostro Té, prima." 

"Insomma, smettiamola con questo teatrino! Inizio seriamente a stancarmi..." rispose lei, arrossendo per il nervosismo.

Vide riaffiorare sul viso di Bress l'ennesimo sorrisetto nervoso. Al rivedere tale gesto si insospettì. Invasa da un'ondata di pensieri, storse le labbra in una smorfia. Forse, aveva capito.
"Tu non sai cosa dirmi" mormorò decisa, perchè non aveva bisogno di alcuna conferma.

Bress rimase a guardarla per alcuni instanti, immerso nei suoi occhi, prima di iniziare a ridere lievemente, in uno sbuffo. Inclinò leggermente il capo, mentre abbassava il viso.

Intanto, una cameriera fece irruzione nella loro visuale, servendo il Té. Pochi istanti dopo, era già andata via.

La ragazza restò imbambolata, immersa tra i pensieri, aveva gli occhi puntati sulla tazza di Té, e non parve decidersi a cambiare visuale, fin quando non prese parola Bress. 

"Hai ragione, non so cosa dirti" mormorò. Questa volta era lui quello immerso tra svariati pensieri. Guardava il vuoto, parlando con tono che pareva quasi rammaricato. Sospirò, cercando nuovamente gli occhi della ragazza. "In realtà, avrei ben poco da dirti." Ad un tratto prese a ridere, nervosamente, passandosi una mano in faccia. 

Winter liberò un'espressione incuriosita. Lo guardò con interesse, corrugando la fronte, mentre giungeva ad una conclusione. 
È confuso?

"In realtà, non avrei ragione di parlarti" mormorò infine, pensando ad alta voce. 

Con lo sguardo ancora abbassato, teneva il viso tra le mani, suggerendo confusione ed indecisione. 

"Ma insomma, Winter! Perchè sei voluta tornare in questo mondo? Mi metti in una situazione alquanto instabile, sai? Cosa dovrei fare, ora? Diavolo, sei davanti a me. Una situazione che non mi sarei mai neanche immaginato. Ah, sono stati degli stupidi, a lasciarti libera di andare. Guarda in che situazione ti sei cacciata. Non saresti dovuta tornare..." disse, guardandola con riguardo. 

Winter rimase in silenzio, ancora impegnata ad elaborare quelle parole, ed il loro significato nell'insieme. Sentì una fitta travolgerle lo stomaco.
No, non sarebbe dovuta tornare. Il ragazzo che aveva dinanzi a lei era un valido motivo. Più che un motivo, una conseguenza. 
Se solo avessi saputo... Perchè non mi hanno messa a corrente?, pensò, stranita da quella situazione. Magari, non sapevano nemmeno loro. 
Ad un tratto tutti i suoi pensieri si spensero in un istante, come soffocati da quella situazione. 
Pensò alle parole precedentemente pronunciate, osservandolo intanto sorseggiare Té. Lui, indisturbato e relativamente calmo, ora, attendeva una sua risposta.

È inspiegabile che io me ne stia qui, a sorseggiare Té, con lui. Questa situazione non può continuare, né tantomeno dopo le sue ultime parole. Devo trovare un modo per andarmene. Devo trovare un modo per sparire.

"Parla, Winter. Libera i tuoi pensieri. Riesco a fare diverse stranezze, ma non ho ancora appreso l'arte di leggere nella mente" le spiegò, cogliendo l'ironia della situazione. 

"Io... devo..." mormorò lei, consapevole di non poter risultare in alcun modo convincente, appesantita da quella situazione. 

"Respira" le consigliò allora lui, vedendola sbiancare. 

"Devo andare in bagno. Ho bisogno di un attimo di tregua." 

Bress rise, sollevando un lato della bocca. 
L'ho messa in difficoltà con così poco?, si chiese. Non mi ero nemmeno messo d'impegno, pensò, sospirando appena. Ma si, meglio darle un po di guinzaglio. 

"Aspetti un mio consenso?" la stuzzicò, vedendola limitata a rimanere alzata, piazzata sul posto. 

"No" mormorò in risposta, tra uno stato di imbarazzo ed agitazione. 

Poteva immaginarlo sorridere, mentre gli girava le spalle, dirigendosi verso i bagni.

"Ah, Winter" si sentì chiamare alle sue spalle. 
Non appena si girò, incrociò lo sguardo con gli occhi penetranti di Bress. Seduto comodamente, e beatamente rilassato. "Cerca di non metterci molto" la avvertì, dedicandole uno sguardo provocatorio, mentre tornava a sorseggiare Té. 

*** 

Una fuga dalla finestra del bagno femminile è troppo banale e scontata, l'avvertiva una vocina nella sua testa, mentre era ormai arrivata all'interno della stanza.
Ma non vedo nessun'altra alternativa, pensò di rimando, sospirando, mentre apriva la piccola finestra, osservano che affacciava sulla desolazione.
Ma non appena sembrava star per allungare una gamba, arretrò invece d'un passo, e si bloccò. 
Sospirò, mentre deglutiva a vuoto.
No, non è intelligente. È davvero una mossa troppo scontata. Lui potrebbe benissimo avermi preceduta, aspettandomi già all'angolo. 
"Dio" mormorò distrattamente, mentre vagava senza meta dentro quel piccolo bagno. Appoggiò le spalle al muro, sollevando il mento, e respirando a fondo, stringendo i denti, mentre serrava gli occhi, in cerca di soluzioni. 
Il bagno maschile, pensò come alternativa, aprendo di scatto gli occhi. 
È pur sempre un'alternativa meno scontata di questa, cercò di convincersi dell'idea, incominciando intanto ad incamminarsi verso la porta accanto. 
Doveva essere veloce ed invisibile.
Per arrivare al bagno maschile doveva attraversare un piccolo angolo di corridoio, e per pochi secondi sarebbe stata visibile a tutti i clienti del bar. 
Vide un'opportunità: un ragazzo d'alta statura stava avvicinandosi al bagno, per aprire la porta. Poteva sfruttare quella occasione. Doveva entrare insieme a lui. La porta divaricata avrebbe coperto la visuale su di lei, e nessuno, tranne il ragazzo in questione, avrebbe notato nulla. 
Ora, doveva solo affrettarsi e non badare a strani ed ambigui sguardi, o domande. 
La porta di spalancò, e Winter entrò seguendolo. Entrò con tale velocità ed accanimento che spinse il ragazzo d'un fianco. Lo sentì farfugliare qualcosa, mentre si girava ad osservarla, con aria confusa. 
Non aveva tempo per spiegare, doveva andarsene. 
"Non fare domande, ti prego. Fai finta che non sia qui" mormorò, di spalle, mentre piombava verso la finestra. 

È da parecchio che nessuna la apre, ne dedusse lei, vedendo che tutte le sue forze per divaricarla erano inutili ed ininfluenti. 
Imprecò, mentre riprovava per l'ennesima volta, senza alcun risultato. 
Mentre l'ansia sembrava stare per aver nuovamente la meglio su di lei, venne distratta dal rumore di alcuni veloci passi, che sembravano aver l'aria di starsi dirigendo verso la sua figura. 
Si girò, confermano che si trattava del ragazzo con cui era entrata. Lo vide avvicinarsi a lei, raggiungendola infine, con ancora gli occhi puntati dinanzi a lui. Osservava la finestra. 

"Non so perchè tu preferisca uscire dalla finestra del bagno maschile, invece che dalla porta principale del locale..." mormorò poi, impegnato a forzare la maniglia della finestra. "Spero solo che non ti sia cacciata in strani guai" aggiunse, riuscendo finalmente ad aprire l'affare, con immenso stupore della ragazza, che sorrise con sollievo. 

"Ti ringrazio davvero. Mi hai salvata da una spiacevole situazione" mormorò lei. 

In pochi istanti, era già fuori dal locale. Respirava con aria affannata, dovuto più allo stress, che alla fatica, infatti nulla. 

"Hai bisogno d'aiuto? Ti chiamo qualcuno?" le domandò gentilmente il ragazzo, con voce roca. 

Lei gli mostrò un sorriso, accompagnato da un sospiro. "No, no. Ma ora devo proprio scappare..." 
In entrambi i sensi della frase, pensò, smorfiando. "Ti ringrazio ancora" aggiunse infine, accennando un saluto, e riuscendo a cogliere da lui un'espressione incuriosita e stranita, prima di allontanarsi velocemente dal luogo, in una leggere corsa.

*** 

Aveva dedicato più attenzione al guardarsi dietro le spalle, che all'osservare ciò che aveva davanti a lei. E per poco, per questo motivo, non venne investita da un'auto. Trattenne il respiro, chiudendo gli occhi, mentre un acre odore di gomma bruciata le inondava le radici. Riaprì gli occhi, liberando l'aria in un sospiro di sollievo, mentre osservava il finestrino del veicolo abbassarsi, sentendo il guidatore tirare imprecazioni. 
"Mi scusi" mormorò lei, abbassando lo sguardo per nascondere un'aria imbarazzata. 

"Stai più attenta a dove vai!" si sentì urlare alle spalle, mentre riprendeva la sua corsa. 

Non saresti dovuta tornare. Cosa dovrei fare, ora?, le tornavano in mente le parole di Bress, quasi cercassero di tormentarla. Non riusciva a tenere a bada i suoi pensieri, che non le davano un attimo di tregua. E più pensava alla precedente conversazione con Bress, più aumentava la sua sfrenata corsa. Che da lieve e delicata che era, ormai stava diventando adrenalinica ed estenuante. 
Stava scappando dalle sue preoccupazioni. Stava scappando dai suoi pensieri, che l'assalivano con ferocia. 
Presto l'adrenalina che le aveva permesso di correre così velocemente, si esaurì, e lei si sentì avvolta dalla stanchezza. 
Si fermò, voltandosi, prima di sedersi a terra, incrociando le gambe. Il cuore le batteva così velocemente e con tale forza, da darle l'impressione che potesse uscirle dal petto da un momento all'altro. 
Tremava, e respirava con fatica. Era talmente accaldata da desiderare di liberarsi d'ogni indumento. 
Si guardò intorno, cercando di riconoscere dove si trovasse, dato che aveva corso senza una meta precisa. 
Una volta individuato il luogo in cui si trovava, rimase sconvolta; aveva percorso un lunghissimo tragitto, in pochissimo tempo. 
Si trovava ben lontana dal luogo in cui aveva lasciato Bress, in un vicolo nascosto e poco frequentato. In realtà, non era stata una buona idea entrare in quel quartiere. Viveva in una piccola e tranquilla città; spesso, però, ragazzi di turno, amavano portare disordine. E quel vicolo era una delle loro mete più ambite. 
Era appena riuscita ad uscire da un guaio, non voleva rischiare di crearsene un'altro; deglutì, mentre si rimetteva in piedi, intenta ad uscire da lì. 
Mentre si incamminava verso la zona più popolata della città, la tremenda sensazione che qualcuno la stesse seguendo iniziò ad annebbiarle i pensieri. 
È soltanto una paranoia, cercò di convincersi. Probabilmente, era così. 
Si guardò intorno, ruotando la testa a destra e a sinistra, per un paio di volte, prima di riprendere la sua lenta camminata. Con la testa bassa, cercava di risultare invisibile. 
Ma, c'era una cosa che più poteva attirare l'attenzione del ragazzo da cui stava scappando: il suo cappotto. Che suo, per l'appunto, non era. 
Se non me ne sbarazzo, diventerei bersaglio facile di Bress. Se me ne sbarazzo, diventerei bersaglio facile del freddo. 
Sbuffò, mentre cercava una soluzione. 
Poi, davanti agli occhi, le apparve l'oggetto che più in quel momento era per lei sinonimo di gioia: una cabina telefonica. 
D'istinto portò le mani in tasca, alla disperata ricerca di monete. Una volta percepite, raggiunse di corsa la cabina, esitando un attimo, prima di attivare la chiamata. Non sapeva se fosse davvero il modo giusto d'agire. Aveva fatto tanto per nascondere la sua vita privata da Bress; attivando quella chiamata, avrebbe rischiato di bruciare tutto. I genitori l'avrebbero raggiunta, magari sotto gli occhi attenti del ragazzo. Magari l'avrebbe seguita, arrivando ad un suo ennesimo punto debole: la famiglia. 
Non aveva un bellissimo rapporto con i suoi genitori; anzi, ultimamente, non aveva nessun rapporto con loro. Ma non voleva rischiare di mettere in pericolo nessuno, che riguardasse uno sconosciuto o un familiare. 

Portò una mano alla fronte, serrando gli occhi con velocità. "Maledizione!" esclamò con rabbia, tirando un pugno al vetro.

Cosa faccio, ora? 

Ancora dentro la cabina telefonica, appoggiò le spalle e la testa sulla vetrata, cercando di regolare il suo respiro. 

Bress aveva ragione.
Sono scappata dalle uniche persone che potevano aiutarmi. Qui sono troppo inerme, ormai. Ho bisogno di qualcuno che sia in grado di aiutarmi.
E non vedo altra soluzione, se non la più ovvia. Devo tornare.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15; ***



Non aveva ben in mente uno schema ben preciso sul da farsi. In realtà, non aveva la più che minima idea del come agire. Non le era stato spiegato come ritornare, ma ripensando alle precedenti conversazioni con Naoise, iniziò a riflettere. 
Il cavallo è di nostra proprietà, aveva detto il ragazzo. 
Sharon potrebbe essere una sorte di tramite. D'altronde, mi sarà stato dato per un qualche motivo. Sono entrata ed uscita grazie a lui, fino ad ora.
Le sorgeva un unico grande problema: come raggiungere l'animale. 
Forse è rimasto intorno al bosco... ma è alquanto improbabile, sarà ritornato alle stalle, pensò con rammarico.
Non voleva dirigersi verso le stalle, ma se fosse stato necessario, l'avrebbe fatto. 
Arrivata al bosco, riuscirei ad accorgermi di un presumibile pedinamento, si convinse, mentre era già in cammino verso la meta. 
Camminava con passi svelti, voltandosi frequentemente. Nessuno la stava seguendo, secondo le sue osservazioni. Nonostante ciò, un nodo allo stomaco le si formava non appena occhi indiscreti di gente sconosciuta le si puntavano addosso. Ed ogni volta, credeva di poter riconoscere in loro quelli di Bress. Ma ciò non accadde. Lui infatti sembrava come essersi dissolto nell'aria. Winter non riusciva a gioire per ciò. Di certo, era consapevole del fatto d'esser stata davvero fortunata, per non essersi fatta trovare. Ma, forse, fin troppo fortunata, per essere vero. 
È davvero un bene che non mi abbia trovata, ma è così dannatamente strano ed insensato. Con tutte quelle cose che riesce a fare... o sono davvero io troppo fortunata, o a lui non interessa ritrovarmi, iniziò a sorgerle tale pensiero. 
Sospirò, mentre i suoi passi diventavano sempre più svelti. Lo sguardo abbassato, rivolto all'asfalto, cercava di nascondere incertezza. 
Si chiedeva se fosse davvero la giusta soluzione, se fosse l'unica percorribile.
Portò una mano al collo, toccando lievemente il ciondolo che le era stato regalato. Fu un'azione involontaria.
Lo aveva ancora appeso al collo. Per sua fortuna, aveva dimenticato di slacciare e riporre la collana; l'aveva completamente dimenticata, facendosi la doccia con essa, invece di togliersela.
Ringraziò la sua mente per tale distrazione. In caso avesse tolto il prezioso ciondolo, infatti, sarebbe dovuta tornare a casa per riprenderlo.
Strinse in piccolo oggetto tra le dita, girando il volto ancora dietro le sue spalle, con fare insicuro. Era ormai quasi arrivata al punto in cui Sharon era fuggito via, lasciandola sola, in balia del ragazzo.
Si bloccò, osservandosi intorno, mentre iniziava a fischiare, in un tentativo di richiamare l'animale.
Provò e riprovò, non dandosi per vinta, girando su se stessa, sperando di avvistare un qualsiasi movimento che potesse riguardare il suo cavallo.
"Dai, Sharon" sussurrò, pensando ad alta voce. 
Mentre continuava disperatamente a fischiare, iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli, segno inconfutabile della sua agitazione.
Coraggio, Sharon, pensò, quasi cercasse di evocarlo con la mente.
Proprio quando stava per chiudere i battenti, il suo fischio venne seppellito dal suono di un nitrito. 
Istintivamente avanzò di un passo, con le orecchie attente ad ogni suono, cercava di individuare la posizione del cavallo. 
Sorrise con sollievo, nel vedersi giungere contro, al galoppo, un bellissimo esemplare. Sharon. 
Oh, Dio, grazie, pensò, mentre sentiva lo stomaco alleggerirsi da tale macigno. 
Nel frattempo che il cavallo diminuiva lo spazio tra di loro, la ragazza sentiva il peso del dover prendere una scelta, ed alla svelta. Non doveva perdere tempo, doveva decidersi in fretta. 
Potrò tornare qui quando vorrò, pensò, cercando di motivarsi. Nessuno potrà impedirmi o impormi nulla. 
Accarezzò la ruvida criniera dell'animale, appena esso arrivò, sollevandosi sugli arti posteriori, prima di piazzarsi al suo fianco. 
Montò a cavallo con estrema velocità, maledicendosi per non essersi fatta spiegare come ritornare. 
Infatti, una volta in sella, non aveva idea di come comportarsi. 
Il cavallo, immobile, attento ad ogni stimolo, attendeva. 
Bene, ed ora?, si domandò la giovane, corrugando la fronte. 
Si sentiva una stupida, e lo sembrava pure. Con le redini molle alla mano, lo sguardo sperduto, sembrava attendere il nulla. Effettivamente, stava attendendo il nulla. 
"Va bene" mormorò, socchiudendo gli occhi, mentre accorciava le redini. 
Forse ho capito, pensò, schiarendosi la voce, mentre cercava di far mente locale.
Strizzò gli occhi per istanti indefiniti, prima di decidersi a parlare, con voce tremante ed insicura. Sapeva di star per prendere una decisione molto azzardata. 
Si piegò verso la testa di Sharon. "Torniamo da Naoise, Sharon." 
Si strinse alla sella, percependo l'animale irrigidirsi e tendere le orecchie. Lo sentiva respirare con affanno, liberando striduli nitriti. L'animale aveva capito, ma non sembrava volersi muovere. Qualcosa non andava, in quel comportamento.
Lei cercò di incitarlo, ma in risposta l'animale iniziò a scavare il suolo con uno zoccolo, energicamente, abbassando e rialzando il collo con violenza. 

"Non ti sembra tutto un po azzardato?" 

La ragazza si voltò di scatto, sentendosi quasi trafitta da quelle parole. Sgranò gli occhi, incrociando quelli di Bress, mentre l'animale tornava ad una calma quasi innaturale. 

Maledizione.

Lui, fermo a pochi metri da lei, teneva ben stretto il porta arco della ragazza, insieme alla sua felpa, ancora ben inzuppa d'acqua. Il suo volto non accennava irritazione, o rabbia. Al contrario, sfoggiava un suo tipico ed annebbiante sorriso. Pareva divertito da quella situazione.
"Vuoi già tornare?" domandò lui, con tono che voleva prevedere una risposta affermativa. 

"Smettila di manipolare il mio cavallo" rispose semplicemente lei, scandendo ogni parola. 

Bress inclinò il capo, sollevando un angolo della bocca. Poi abbassò lo sguardo, decidendo di ignorare la sua affermazione, avvicinandosi a lei, con passi lenti. 

La ragazza cercò di far muovere l'animale, ma questo non accennava ad alcun movimento. Si irrigidì, mostrandole irrequietezza.
Iniziò a proiettarsi nella sua mente l'opzione di smontare da cavallo. Ma prima che potesse far qualcosa, Bress era già al fianco dell'animale, e sembrava accarezzarlo.

"Mi scoccia tener il capo alzato per guardarti negli occhi. A furia di star così mi verrà un torcicollo. Smonta da cavallo" le ordinò con tono imparziale, continuando ad accarezzare l'Andaluso, non degnandola di uno sguardo. 

"Smettila di manipolare il mio cavallo" ripeté nuovamente lei, stando attenta a scandire nettamente ogni parola. 

Il ragazzo sorrise nervosamente. "Suvvia, Winter. Smonta. Non voglio far imbizzarrire il tuo splendido cavallo" le disse, accarezzando ancora l'animale, in modo alquanto interessato.

Lei iniziò a fissarlo con insistenza, sistemandosi, nel frattempo, sulla sella dell'Andaluso, come cercando di provocare il ragazzo, esprimendo la propria indiscutibile decisione. Non sarebbe scesa. L'animale era l'unico suo punto a favore, non se lo sarebbe fatto sfuggire un'ennesima volta. 
Non si sarebbe fatta disarcionare, sapeva bene come evitarlo. In oltre, qualcosa le suggeriva che il ragazzo non avrebbe osato molto. Non voleva la sua morte, sembrava intendesse solo rallentarla. 

"Perchè mi hai lasciata arrivare fin qui?", si fece scappare questa domanda, rendendo gli occhi a due fessure. 

Bress accolse il suo interrogativo con stupore ed allegria. Rise, mentre abbassava nuovamente lo sguardo, ancora divertito dall'inusuale domanda. 
"In realtà, ero solo curioso." 

"Curioso?", evidenziò lei la parola, inarcando un sopracciglio. 

"Si, curioso. Insomma... fuggire da una finestra? Da te mi sarei aspettato qualcosa di più architettato" mormorò con tono che imitava scontentezza. "Ma un punto a tuo favore per aver scelto il bagno maschile" annotò lui infine, liberando una lieve risatina. 

Winter sbuffò, scuotendo il capo. 
"Per te è tutto un gioco?", domandò con sdegno, pizzicandolo con lo sguardo. 

"Potremmo anche metterla così, si. Un gioco che prendo molto seriamente", parlò con pura serietà, questa volta, tralasciando un po di incoerenza. 

"Non mi sembra proprio", negò infatti la ragazza, determinata.

"Cerco solo di sdrammatizzare la situazione."

Sdrammatizzare?, pensò lei, inclinando leggermente il capo. Era confusa. Le risposte del giovane sembravano fuori luogo.
Insomma, cosa vuole mai? La mia confusione? O cos'altro?
Abbandonata tra i pensieri, abbassò lo sguardo. Notò, questa volta, un filo di tranquillità, negli atteggiamenti di Sharon. Bress aveva forse diminuito la sua manipolazione? 
Ma non appena essa rivolse lo sguardo -pur sempre basso- al ragazzo, sentì l'animale respirare con affanno. Lui ne aveva nuovamente preso possesso. 
La ragazza alzò lievemente il capo, storcendo le labbra, non appena le arrivò in mente una considerevole soluzione. Doveva distrarlo.

Ma prima che potesse aprir bocca, il ragazzo la precedette. Si schiarì la voce, richiedendo la sua attenzione, prima di parlare. "Curioso quel ciondolo che hai appeso al collo" le disse, indicando l'oggetto in questione con un dito. "Come l'hai ricevuto?" chiese poi, con interesse, avvicinando le sopracciglia, mentre osservava con insistenza il collo della ragazza.

Parla, Winter. Inventa, se è necessario, le suggerì la mente.
Deglutì. Non pareva più eccellere nell'inventarsi menzogne. Almeno, non in situazione simili a quelle. 
"Perchè mai dovrebbe interessarti?", decise di chiedere infine, con sgarbo.

Bress si lasciò sfuggire un ghigno, mentre elaborava il tono utilizzato dalla ragazza. 
"Non è carino rispondere ad una domanda formulandone un'ennesima" le fece notare, sorridendo lievemente.

Winter abbassò lo sguardo, nascondendo un sorriso, mentre storceva le labbra in una smorfia. 
Era forse la prima volta che si concedeva una risata -o qualcosa che, comunque, comprendeva storcere le labbra in un sorriso-, sotto la presenza del ragazzo. 
"Oh, potrei elencarti una lunga serie di cose non carine che ben ti riguardano."

"Oh, potrei fare altrettanto" rispose lui di rimando.

La teoria della ragazza pareva essere giusta. Parlare, infatti, sembrava rivelarsi una distrazione, per Bress. La sua manipolazione diminuiva. Volontariamente o involontariamente, essa sembrava indebolirsi pian piano. Svanirà, di questo passo, ne osservò la giovane. 
"Oh, non credo affatto" negò la precedente affermazione di Bress, socchiudendo gli occhi. 

Lo vide sorridere, mentre liberava un sospiro. Incrociando le mani dietro la schiena e chinando il capo, sembrava intento a cambiare discorso. "Perciò, vorresti tornare nell'altro mondo?"

La ragazza annuì. "Sarà ciò che farò."

"Perchè?" 

Alzò il mento, a tale domanda. Non si spiegava il perchè di tanta curiosità. Si costrinse a dare una qualsiasi risposta. La manipolazione era quasi nulla, ormai. Percepiva l'animale ansioso di comandi.
"Perchè... potrei ottenere risposte."

Il ragazzo corrugò la fronte, liberando un'espressione seria. 
"Risposte?"

"Si, risposte" ripeté pacata lei, schiarendosi la voce.

Bress rifletté per alcuni secondi, tenendo ancora la fronte corrugata. Poi annuì, lasciando intendere di aver capito.

"Potresti ricevere risposte anche in questo mondo. Potresti riceverle da me." La sua voce, ad un tratto, sembrava essersi raddolcita. Il tono utilizzato era caldo e -oserei dire- comprensivo.

Perchè mai dovrebbe?, si chiese mentalmente la ragazza, con stupore. Non capiva proprio. Ciò non aveva senso. Il suo tono, non aveva senso. Il suo atteggiamento, non aveva alcun senso. 
Quel ragazzo è mio rivale. Perchè si comporta così? 
Sentiva il suo corpo irrigidirsi, in modo innaturale, alla presenza di Bress. Un timore innato ed ingestibile. 
Lui, non doveva provare un medesimo sentimento? Timore, odio, rabbia?
"Risposte sincere", si costrinse ad annotare allora lei, torturando i suoi interni guancia per la sviluppata agitazione.

Vide sul volto di Bress crearsi un leggere sorriso, accompagnato da un sonoro sbuffo. Chinò il capo, mentre mormorava qualcosa di inaudibile. 
"Risposte sincere, certo" mormorò poi, sicuro di farsi sentire. Alzò il capo, curiosa di osservare Winter.

Quest'ultima aggrottò la fronte, non riuscendo a capire cosa il ragazzo volesse far intendere con tali parole. 
"Arriva al punto, Bress."

Il ragazzo inclinò il capo, trattenendo un'espressione sorpresa. 
Bress. Aveva pronunciato il suo nome, per la prima volta. Credeva ormai che non sarebbe mai riuscito ad udirlo, provenire dalla sua bocca. 
Abbassò lo sguardo, mentre si schiariva la voce, cercando di riprendere l'argomento in sospeso.

"In realtà, l'argomento in questione, è alquanto divertente, sai?" Sprigionò una debole risata, faticando mentre cercava di riapparire serio.

Winter aggrottò nuovamente la frote, stanca del dover ricevere banali ed inconcludenti risposte. 
Sospirò, mentre era ormai sicura dell'aver nuovamente possesso del suo animale. Il cavallo, già pronto a riprendere il precedente ordine da lei ordinatogli, attendeva. Ma, ormai, la ragazza, era diventata schiava della curiosità. 
"Parla" mormorò tra un sospiro.

Lui la scrutò con ritegno. In quel momento, la ragazza, avrebbe voluto saper intendere ciò che di nascosto Bress stava pensando. Pensieri contorti ed inusuali. Infine, quest'ultimo, scrollò la testa, sembrando essersi pentito di ciò che -sul serio- avrebbe voluto dire. 
"Non esiste alcuna sincerità, a riguardo, Winter. La sincerità è soggettiva, è il risultato della convenienza. Ogni individuo è pronto a dare una risposta differente, alla tua singola domanda. Con quale criterio sarai disposta a credere solamente ad una delle tante conclusioni che ti creeresti?"

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Capitolo 17
*** Capitolo 16; ***


Bress riuscì a zittirla. La ragazza, infatti, rimase spiazzata e, allo stesso tempo, incuriosita. Non si aspettava da lui un simile ragionamento, e per ciò ne rimase stupita. Non poteva far altro che dargli ragione -mentalmente, s'intende-, perchè, di fatto, l'aveva. Le parole le erano state pronunciate con tono talmente inusuale, che ne rimase persuasa e quasi affascinata. Aveva il potere di rendere interessante ogni argomento, col suo tono. 
Ora, piuttosto, doveva decidersi a parlare. Era rimasta in silenzio, con le labbra socchiuse, e gli occhi lievemente divaricati. Sfoggiava un'espressione bambinesca. 
"Beh..." cercò di iniziare a compiere una frase, schiarendosi la voce, per acquistare un po di tempo per riflettere. "Nulla da ridire a riguardo. Sono consapevole del fatto di dover trovare io stessa risposte alle mie domande. Sono stata sempre consapevole di ciò", spiegò, tacendo un attimo, per dedicarsi un sospiro. "Ma dovrò pur iniziare a cercarle -queste risposte-, no?" continuò, osservando la sua espressione interessata. "Tornando in quel mondo, seguo il mio istinto", parlò ancora, sollevando il capo. "Restando qui, invece, continuerò ad imbattermi in guai, a quanto pare...", si fece sfuggire infine tale frase che, in realtà, avrebbe voluto evitare.

Bress accarezzò le sue labbra con un pollice, mentre emanava riflessioni. 
"Quindi è questo, il vero motivo della tua decisione", osservò, abbassando lo sguardo alle sue scarpe, per pochi secondi, prima di incrociare nuovamente gli occhi smeraldi di Winter. 
Il motivo sono io. Se avessi evitato di espormi -ancora per un altro po-, probabilmente non sarebbe qui, in questo momento. Le cose avrebbero preso una piega migliore. 
Forse, avrei dovuto aspettare ancora.

Lei, nuovamente spiazzata da inaspettate parole, si auto-convinse di aver trovato un motivo in più per abbandonare il luogo. 
Era ansiosa, non riusciva a tenere un discorso con lui e, allo stesso tempo, preoccuparsi del come evadere da tale situazione. La logica le suggeriva di sbrigarsi. Bress avrebbe potuto riprendere il controllo della situazione in un qualsiasi istante. Doveva sfruttare quella distrazione.
Forza, cercò di incoraggiarsi, inghiottendo saliva. 

Vide Bress serrare gli occhi, ed i suoi pugni fecero altrettanto. Successe tutto con estrema velocità. Lo vide ancora sollevare il capo, mentre sembrava interessato ad annusare l'aria. Un brivido attraversò il corpo del cavallo, evitando alla ragazza di dar alcun comando all'Andaluso. Sembrò una scarica elettrica, che venne percepita anche dalla giovane. Lei, presa alla sprovvista, alzò il capo, con uno scatto felino.
Bress aveva nuovamente ripreso la situazione in mano.
A Winter scappò un sospiro frustato, consapevole della sconfitta subita.

Apparve sul volto del ragazzo un ghigno divertito. Inclinò la testa, mentre grattava lievemente la sua nuca.
"Effettivamente, avrei dovuto capirlo" disse, dopo aver riflettuto a riguardo. "Insomma, finalmente ti eri decisa a parlarmi, con interesse! Devo ammettere, che stentavo a crederci. Ero quasi meravigliato -si può dire-!" esclamò, muovendo le braccia in fine di gesticolare. "Ed infatti, cercavi solo di distrarmi" continuò a dire, passando ad un tono dispiaciuto e rassegnato.
In realtà, sembrava trattenere curiosità. Si chiedeva se davvero la ragazza potesse provare un tale risentimento, verso lui, da indurla a fuggire via. Una paura tanto grande da costringerla a prendere una decisione così avventata? Provava davvero ciò verso i suoi confronti, in modo tanto innato? 

"Oh, insomma, Dio. Cosa vuoi davvero, da me? Parla, ed io vedrò di risponderti, se solo mi prometterai di non assillarmi più!" esclamò la ragazza, ormai irritata e parecchio scocciata dal giovane. 

Bress sorrise avidamente, sembrando avesse appena avuto un lampo di genio. Si leccò le labbra, prima di parlare. "Una informazione, una sola. E ti prometto, sopra il mio onore, che non mi vedrai ma più", il suo tono si fece improvvisamente duro o fermo, indiscutibilmente veritiero. 
Guardò attentamente la ragazza, in attesa di una conferma, che non si fece attendere. Lei annuì, corrugando la fronte, incuriosita.

Bress sorrise ancora, trattenendo uno sbuffo. Portò le mani dietro il busto, e riprese un atteggiamento pienamente fiero. "Bene, allora. Saresti così gentile da illustrarmi dove si trova la seconda entrata della fortezza dei Thuata? Dato che, con rimmarico, devo confessare di non essere ancora riuscito ad arrivarne a capo. Perciò, mi toglieresti un enorme lavoro, Winter."

La ragazza trasalì, non riuscendo a nascondere un'espressione perplessa. Di certo, non si aspettava tale domanda. 
Sarebbe stato un tradimento meschino, quello. Si sentiva in dovere di non dare una così importante e segreta informazione. Eppure, il pensiero di tirarsi fuori da tale groviglio, alletta molto.
Ma non abbastanza.
Rimase in silenzio, anche perchè, spiazzata da quella domanda inaspettata. Non le riusciva nemmeno mentire. Prevedeva un fallimento, infatti. 
Ma tale silenzio, bastò come risposta. 

Bress sospirò, arrivando a capo delle sue conclusioni. 
Quindi, è già legata.

"Non lo so. Questo non lo so" mentì, costringendosi ad incrociare gli occhi con quelli dell'altro, cercando di non tradirsi. 

Bress appoggiò una mano al suo fianco, inclinando il capo, mostrando uno sguardo divertito, prima di chinare il capo. 
"Sei sicura?" mormorò interrogativo. "Sei sicura di questa risposta?" specificò la domanda, infine.
Non sentendo nessuna risposta arrivare, continuò a parlare, sotto un sospiro. "D'accordo" si limitò a dire, passandosi una mano tra la sua folta capigliatura rossiccia. 

Era strabiliante il modo in cui i due parevano assomigliarsi, per diversi e svariati tratti. I folti capelli rossi, gli occhi della stessa tonalità di verde. E notando bene, si poteva osservare in loro identici sguardi ed espressioni.
Ma il carattere -oh, quello- tradiva ogni accettabile somiglianza.

"Oh, Winter" mormorò d'un tratto il ragazzo, iniziano a muoversi in circolo, con fare pensieroso, intorno al cavallo. "Cosa devo fare? Cosa dovrei fare, con te?" 

La tentazione era davvero tanta. Avrebbe potuto annientare una dinastia, annientando il tributo. Avrebbe potuto vivere finalmente la vita tanto desiderata, tirandosi definitivamente fuori da tutto, consapevole del non essere più soggetto a richiami. Avrebbe completato il suo compito, ed ottenuta la sua ricompensa: la libertà. Quella che ormai, da tanti anni, bramava incessantemente.
Ma come avrebbe mai fatto a negare la vita ad una creatura, in modo tanto disonesto? In quale modo sarebbe riuscito a spegnere ogni suo sentimento a riguardo? Era fuori dalle sue capacità. 
Eppure, la sua predisposizione a riconoscere minacce, segnalava in modo marcato la ragazza. E pensieri contornati rubavano spazio nella sua mente, cercando di prendere forma. Ma riusciva a gestirli, a trattenerli, perchè, il buon senso, era maggiore a tutti loro. Non avrebbe rubato la vita della ragazza. Non in tal vigliacco modo, per lo meno.

Sospirò, diviso da pensieri contrastanti. Perse i suoi occhi sulla figura della ragazza, quasi cercasse silenziosi consigli. 

"E se ti lasciassi andare? Sfrutteresti tale occasione?" domandò retoricamente Bress, osservandola ancora. 

Winter rimase in silenzio per alcuni instanti, cercando di intendere al meglio ogni svariato significato della domanda. 

"Non ti resta che scoprirlo."

Alzò il capo per osservarla meglio, mentre uno sbuffo divertito evadeva dalla sua gola. Ma non ebbe interesse di ribattere. Perchè rapito dagli occhi della giovane. Il loro verde rispecchiava anche il suo carattere, la sua personalità. Un colore che, infatti, può benissimo collegarsi alla natura, alla sua magnificenza, al suo potere, al suo animo ribelle. Una natura in metamorfosi, era però, il carattere della giovane ragazza; esso pareva infatti mutare di giorno in giorno. 
Non era più la ragazza timida ed impaurita che Bress aveva incontrato per la prima voltà... bensì, pronta a combattere le proprie temibili paure. E Bress ne rimase affascinato. Colpito dalla velocità della metamorfosi. 
Lui, continuava a creare cerchi invisibili intorno al destriero di Winter, avvicinandosi pian piano, cercando di non darlo a notare. Rallentò il passo, fino a bloccarsi, sotto lo guardo vigile della ragazza, innervosita -come incuriosita- dalla netta vicinanza. E dai suoi occhi, infatti, capì, che era intento a far qualcosa. Qualcosa che lei -ben sapeva- non avrebbe voluto. 
Ed infatti, come preannunciato, accadde qualcosa di inusuale. 
Bress alzò una mano, afferrando il braccio di lei, scoprendolo leggermente, il necessario per aver una completa percezione della sua liscia e biancastra pelle. Tutto svanì in pochi secondi, non abbastanza per permettere alla ragazza di far qualcosa a riguardo. 
Bress aumentò la presa sul braccio di lei. In quel medesimo istante, Winter poté giurare a sé stessa di aver notato un soprannaturale inchiarimento degli occhi smeraldi del ragazzo, che per pochi e quasi impercettibili secondi avevano lasciato spazio ad un chiarissimo verde mela.

Sentì il suo corpo invaso da brividi e formicolii; se ciò fosse stato solo opera dell'agitazione, o di qualcos'altro, le era ignoto.

"Lo scoprirò" mormorò lui infine, liberandole in braccio, con velocità.

Prese un'abbondante manciata di secondi per ricollegare tale risposta. La sua precedente affermazione era stata -difatti- quasi dimenticata. Scavalcata dall'accaduto. 

"Che cosa... che cosa hai fatto?" domandò, irrigidendosi. 

Fu costretta a distogliere lo sguardo da lui quando, inaspettatamente, una dolorosa fitta al braccio le strappò una smorfia. Il marchio riscaldava la sua pelle, bruciando come il fuoco. Ma prima che potesse solo muovere il braccio verso la sua visuale, la fitta iniziò a sopprimersi, lentamente, fino a svanire, come il bruciore. Ed in pochi secondi, ogni traccia di dolore era svanita. 
Winter corrugò la fronte, interrogativa. Alzò il capo, rivolgendosi nuovamente verso la figura di Bress.

"È opera tua?", la domanda sembrò più un'affermazione. 

Ma nessuna risposta parve evadere dalle labbra del giovane che, con aria spavaldamente disinteressata all'accaduto, si limitava a sfoggiare inusuali sorrisi. 
Winter lo dive muoversi dietro la sua figura, e non riuscì ad intravedere altro, indecisa se girarsi o meno, ancora immersa tra innumerevoli e sconfortanti pensieri. 
Inspiegabilmente, non percepì più i suoi passi. Il silenzio -accompagnato solo dal suono melodico della natura- iniziò ad invadere le orecchie della ragazza. E per un istante, questa, iniziò ad illudersi che l'altro potesse essersene andato. Ma prima che riuscisse a confermare tale ipotesi, la presenza di Bress iniziò a tornare nuovamente attiva. Lo sentì e lo percepì interessato per qualcosa alle sue spalle. Un albero. Poteva immaginare le sue mani all'opera tra i rami della pianta. Ma non ne poteva altrettanto immaginare la ragione. 
Un acuto suono le invase le orecchie. Pareva aver appena spezzato un ramo.

"Ah!" Con una lieve mossa del braccio, il ramo squarciò l'aria, storcendosi, all'impatto contro l'arto posteriore dell'Andaluso. Quest'ultimo, incitato da quella -tanto improvvisa- azione, accennò uno scalcio, seguito da una drastica partenza al galoppo. 

"Appresto, Winter" mormorò Bress, sfoggiando un ricco sorriso.

La ragazza, priva di ogni controllo, non poté far altro che fidarsi del proprio animale, osservando il percorso da lui scelto, sperando che quest'ultimo potesse ricondurre a qualcosa di fondato. 
Non sapeva bene cosa fare, sulla sua fronte era apparso un evidente corrugamento. Voltò il capo, cercando la sagoma del ragazzo. I capelli le negavano una corretta visuale, mossi energicamente dal vento. 
Ad ogni caso, Bress era sparito. Di lui, nessuna traccia. Al suo posto, un cumulo di domande, e nessuna risposta. 

Non ebbe modo di scrutare al meglio il luogo nel tentativo di adocchiare il ragazzo, per quanto la curiosità la tentasse ancora. Doveva seguire il percorso, non doveva distrarsi. Almeno, era ciò che in mente si ripeteva svariate volte, cercando invanamente di concentrarsi su ciò che stava accadendo. 

Sentiva il cuore accelerare pericolosamente. Lo stomaco le si contorceva ad ogni respiro affannoso. Tutto sembrò proseguire con un'assurda velocità, fin quando, inspiegabilmente, tutto sembrò tacere. Rumori, azioni, impressioni. Tutto parve essere avvolto da un'innaturale calma. 
I capelli della ragazza erano ancora sotto l'assedio del vento, si muovevano lentamente, delimitando un volto ben vigile. 
Gli arti dell'animale si muovevano con grazia, seguendo i lineamenti di un galoppo impossibilmente lento, che, per ciò, non seguiva nessuna esistente legge della fisica. 
Il bosco fingeva da cornice perfetta. Rami immobili ed incurvati dalla forza del vento esercitata, sostenevano alcuni volatili; ali divaricate, becchi che in maggioranza accoglievano piccoli insetti, artigli che ancora solo sfioravano il legno. Tutto illudeva ad una messa in pausa di un film.
Come incantato, il bosco, dipingeva gli unici due corpi che seguivano ancora un dolce e -se pur rallentatore- movimento.

"Appresto, Winter. Appresto, Winter" Il cielo, gli alberi ed il vento sembrarono pronunciare tali parole, imitando la risoluta voce di Bress, seguita dal suo ripetuto eco.

Una spaventosa ed inquietante frescura invase il luogo, seguita infine dall'arrivo delle tenebre, che parvero risucchiare ogni corpo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17; ***



"Winter", fu la prima ed unica parola che riuscì ad udire, tra l'immutabile chiasso e l'eterno fischiettio che ponderava sovrano nelle sue orecchie.

Inerme ed impotente a ciò che accadeva, la ragazza non riusciva a pensare con un fil di logica, ancora frastornata dal passaggio tra i due mondi.
La vista sbiadita pareva cercare immagini concrete. Essa si ri-assemblava, mentre tutto iniziava a tacere, dando spazio ai pensieri. Tutto riprese con meravigliosa velocità. 
Ora ricordava ciò che era accaduto. Ricordava la corsa sfrenata dell'animale che ancora montava; ricordava ciò che precedentemente le era stato detto. Ricordava ogni singolo dettaglio. 
Era riuscita a prendere quella temuta decisione, era tornata. C'era riuscita. Aveva messo da parte la paura, facendo ciò ch'era giusto. 
Sono qui. In questo luogo. È tutto reale, non c'è nulla di falso. Nessuna immaginazione. 

"Winter", si sentì chiamare nuovamente, quasi cercassero di svegliarla da un sonno invisibile. 

Cercò d'associare a qualcuno quella voce che, ormai, le era fin troppo familiare. Ed infatti, poco dopo, l'immagine del ragazzo in questione prese spazio nella sua mente.
Naoise. 
Cercò la sua sagoma tra la radunata folla -ancora con gli occhi ridotti a fessure-, cercando di mettere a fuoco i numerosi volti lievemente sbiaditi. Ma, durante questo processo, venne distratta. Sorpresa e sbalordita, osservò la scena che seguiva in silenzio, ascoltando i suoi occhi. 
E qui capì il perchè del sovrano silenzio che sembrava esser stato invocato appena dopo il sul arrivo. Il popolo si trovava radunato. Ognuno chinato su un ginocchio, imitava un inchino, insieme ad uno sguardo abbassato, in segno d'onore, verso colei che osservava con fare confuso.
Si inchinano a me?, si chiese la giovane ragazza, invasa da dubbi e domande. Perchè?

"Winter", si sentì richiamare per la terza volta. Le era stato usato contro un tono più duro e fermo, inconfutabilmente in cerca di attenzione. Che riuscì infatti ad ottenere, questa volta. 

Winter voltò il capo verso la direzione interessata. Teneva ancora le labbra socchiuse ed uno sguardo perplesso. Naoise, finalmente ben visibile alla ragazza, sembrava tener il suo stesso sguardo impietrito. Si avvicinava verso lei, con passo svelto e risoluto. Il mantello alle sue spalle, forse di tessuto impermeabile, svolazzava, tagliando l'aria.
Non poté giurarlo, ma credette di essere riuscita a scorgere nei suoi occhi un innaturale bagliore. 

Naoise era turbato. Di certo, aveva già previsto un futuro arrivo della ragazza. Ma non si aspettava un ritorno così prematuro.
Corrugò la fronte. 
Iniziarono a sorgergli drammatici prnsieri. Non si spiegava la sua venuta. Gli occhi della ragazza erano cupi; il Principe parve natorlo. E ciò motivò notevolmente i suoi pensieri negativi. 
Forse, pensò lui, qualcosa non va.
Si avvicinò ancora, e quando fu abbastanza vicino, la invitò a smontare da cavallo, porgendole una mano, attendendo. 

Winter osservò il palmo del ragazzo, soffermandosi ad osservare il suo polso che, lievemente scoperto, lasciava intravedere marcate vene. Con lo sguardo risalì il suo braccio, fin ad arrivare al suo viso. Lì, fu rapita dai suoi occhi. Erano come ricordava d'averli visti l'ultima volta. Quelli erano il suo ultimo ricordo. Due perfetti abissi di ghiaccio, capaci di pietrificarti. 

Naoise inclinò il capo, incuriosito dallo sguardo perso della ragazza. Ritrasse la mano, mentre era intento a parlare.

"Winter, stai bene?" domandò infine, attendendo spazientito una risposta.

Intanto, alcune guardie erano arrivate guardinghe, circondando l'area al galoppo. Tirarono le redini dei propri destrieri, mentre osservavano con stupore la scena che seguiva. 
Si inchinavano a lei. Il popolo non aveva mai sfoggiato tanto rispetto nemmeno verso il Re in persona. 

"Perchè fanno questo?" domandò la ragazza, tornando a guardare il popolo. 

Naoise si rilassò, sentendola finalmente parlare. Aveva temuto il peggio, per un istante. 
Ma la ragazza stava bene, non aveva subito traumi. 

"Ti mostrano rispetto, Etaine."

Alla pronuncia di quell'ultima parola, la ragazza voltò il capo verso Naoise, facendo ciò che quest'ultimo aveva già prevenuto, e voluto: attirare la sua attenzione.
La guardò per un lungo fascio di tempo, felice di incrociare nuovamente il suo affascinante sguardo. Poi tornò ad osservare punti imprecisi oltre la figura della giovane.

Etaine. Sbiancò nell'ludire nuovamente tale parola.
Scosse la testa, cercando di tornare alla realtà.

"Falli... falli smettere" mormorò, non capendo perchè la frase le era uscita tra un bisbiglio. 

Si sentiva a disagio. Imbarazzata da quel gesto che mai avrebbe pensato potessero dedicarle. Voleva incessantemente che smettessero.
Ma Naoise non era certo d'aiuto, impegnato com'era nel ridacchiare sotto i baffi. 
Winter si sentì parecchio infastidita dal gesto di quest'ultimo, che intanto cercava di sopprimere vaghi sorrisi, imitandosi serio.

"Il Tributo vi invita ad alzarvi. Tornate ai vostri lavori", il Principe si convinse finalmente a congedarli, parlando con tono duro ed autorevole. 

Entrambi osservarono la folla dileguarsi lentamente, riprendendo la loro vita quotidiana, prima di concedersi uno sguardo. 
Winter sospirò, cercando un punto d'appiglio per aprire un lungo discorso. Doveva spiegargli il perchè della sua venuta. Ma ciò era un dilemma a cui nemmeno lei era riuscita ad arrivarne a capo.

"Mi spiegherai in seguito, Winter. Questo non è il luogo più adatto" disse Naoise, zittendola ancor prima di parlare.

***

Era rimasto in silenzio, osservandola. Attento ad ogni suo comportamento ed atteggiamento, in cerca di indizi al fine di giustificare la sua venuta.
Era stato fin da bambino indirizzato verso questo tipo di comportamento. L'osservazione, secondo Nuada, era una tra le tante arti più importanti. Degna d'essere appresa. Degna d'essere insegnata.
Appare più semplice arrivare a conclusioni certe studiando il linguaggio del corpo, rispetto all'udire un'insieme di parole. Perchè, il primo, è incapace di mertirti, nella sua complessità. 

"Deduco sia successo qualcosa capace di sconvolgerti -in senso negativo, s'intende-, non è vero?" 

Arrivò a tali conclusioni, certo dei suoi pensieri.
Per Naoise rimaneva da scoprire, ora, cosa davvero era successo. E, notando lo sguardo contrariato della ragazza, dedusse che ciò che doveva essere accaduto, doveva anche essere evitato. 
L'interesse e la curiosità lo travolsero, ormai desideroso di spiegazioni.

"Cosa è successo, Winter?"

La ragazza sospirò, abbassando lo sguardo. 
Era divisa im due da pensieri sovrastanti. Perchè pensava che sarebbe stato sbagliato rivelare l'accaduto? Non voleva dar spiegazioni, né informazioni. Ma ciò non aveva alcun senso, e lei ne era consapevole. Quale perchè avrebbe avuto il suo ritorno, allora? 
Si osservò intorno, quasi cercando suggerimenti dagli alberi che tenevano compagnia ad un vasto e cupo paesaggio. Da quanto tempo percorrevano il sentiero che conduceva alla reggia? A Winter sembrò esser passata un'eternità. Ma non doveva divagare, aggrappandosi ad altri ragionamenti. Perciò inspirò, caricando i polmoni, decidendosi a parlare. 

"Bress..." mormorò, citando il soggetto in questione. Prima di continuare, alzò lo sguardo, cercando il volto di Naoise. Incontrò un'espressione rigida, farsi spazio nel volto del giovane. Attendeva con ansia un proseguimento. "Ho... ho incontrato Bress, vicino casa mia..." proseguì, con voce che tentava di tremare.

Naoise serrò gli occhi, mentre cercava di assimilare tali parole. 
Strinse i pugni, irrigidendosi sotto il proprio cavallo, che parve imitarlo. Quest'ultimo tentò di strattonarlo, abbassando e rialzando la testa per una serie di volte. 
Credette di sentirla parlare ancora, per quanto stentava a seguire la sua voce, perchè assalito da svariati e spiacenti pensieri.

"Beh... in realtà... lui... mi stava cercando, credo...poi-"

"Maledizione!" ringhiò il ragazzo, sfoderando uno stridulo urlo che fece trasalire Winter. 

Quest'ultima sospirò, mentre pareva intenta a torturarsi un labbro. Vide Naoise portare le redini ad una mano, mentre strisciava l'altra sul suo viso, colmo d'agitazione. 

Dannazione. Dannazione!, si ripeté mentalmente il giovane, vittima di una crisi di nervi.
"Ti ha toccata?" domandò d'un tratto lui. Ancora col viso coperto da una mano, porse la domanda tra un sospiro malinconico. 

Winter inclinò il capo, sollevando un sopracciglio. 
Picchiata, intende forse?
"Cosa intendi dire?-" 

"Ho inteso che non ti ha fatto del male. Ma hai avuto un qualsiasi altro contatto fisico, con lui, Winter?" continuò a parlare, bloccandola.

La ragazza scrollò il capo. Non per illudere ad una negazione, ma per cercare di far mente locale. E per spiegarsi il motivo di tale informazione. Perchè poteva mai interessargli? 

"Cerca di ricordare, Winter. È importante." 

Detto ciò, le tornò in mente l'ultima azione di Bress, e parve capire. 
Il ragazzo l'aveva afferrata per un braccio -senza un consapevole motivo-, provocandole strane ed oscure sensazioni. Forse, era proprio a tale azione che Naoise poteva essersi riferito. 
Si umidificò le labbra, prima di parlare. 
"Prima che tornassi qui, Bress, -inspiegabilmente- mi strinse un braccio..." mormorò, ancora insicura se fosse quella l'informazione che Naoise era intento a ricevere. 

E bene sì. Era l'informazioni che tanto avrebbe voluto non udire. Aveva provato ad illudersi, sperando che potesse esistere anche solo una minima possibilità che ciò non fosse accaduto. Ma, appunto, poteva rimanere solo un'illusione. Ed ora, doveva darsi da fare, cercando di rimediare.
Si girò alle sue spalle, mentre liberava un'imprecazione.

"Tu, ragazzo" cercò l'attenzione d'una delle due guardie intente a far da scorta. "Torna indietro e raduna più uomini lungo le mura cittadine. Che nessuno entri, od esca, senza urgenti controlli. Và, e sii veloce!" 

"Agli ordini, Maestà!" rispose con soddisfacente velocità, mentre voltava direzione, spronando il proprio destriero ad uno scattante galoppo. 

Winter osservò con perplessità la scena che susseguiva. Storse le labbra, sembrando intenta a dir qualcosa. Ma dalla dalla sua gola non uscì alcun suono.

Fu Naoise a strappare il silenzio, liberando un ghigno infastidito, dovuto a silenziose e nascoste riflessioni. 
"Dobbiamo allungare il tempo di marcia. Forza!"

***

"Che cosa succede?", aveva ripetuto più volte Winter, stanca del dover ricevere sempre la stessa silenziosa -nonché inesistente- risposta. 
Avevano smontato da cavallo, con una certa e marcata fretta. Naoise le aveva afferrato un braccio, invitandola a seguirlo, senza però annullare la presa.
La ragazza aveva corrugato la fronte, mentre osservava Naoise intento a dar ordini, camminando a passo esageratamente svelto, delimitando la vasta reggia. Winter stentava ad assecondare la sua andatura. Non ne capiva la necessità, così, irritata, si fermò, cercando di parare l'inevitabile strattone. 

"Voglio sapere cosa sta succedendo. Cosa... cosa mi ha fatto Bress, quando mi ha toccata?" 

Il ragazzo girò il volto verso quello di Winter, sospirando nervosamente. 
"Winter, non ora. Giuro che ti spiegherò tutto, ma non ora. Andiamo", parlò con tensione. 

"No. Tu mi spiegherai tutto, ora" rispose lei, con sgarbo, marcando notevolmente l'ultima parola pronunciata. 

Stupida ragazzina impertinente. Perchè vuoi farci entrare ancor di più nei guai?
Senza alcun dubio, Naoise non era abituato a ricevere tale tono contro. Solo il padre poteva abusarne. Nessun'altro, fatto eccezione per Winter, aveva mai solo osato andare contro i voleri di Naoise, il Principe. 
Per lui, il carattere di Winter, era una sconvolgente novità. E non era affatto gradita, di certo.
Le rivolse un gelido sguardo, illudendo ad uno spavaldo avvertimento. Ma la ragazza, beffarda, ricambiò il gesto, con aria di sfida. 

"Non ci siamo capiti. Non mi muoverò da qui fin quando non ti deciderai a darmi una risposta soddisfacente", sibilò lei, a denti stretti. Liberandosi -con un inaspettato strattone- dalla presa del ragazzo che, intanto, iniziava a perdere la pazienza, e la calma.

Quest'ultimo serrò le mani, cercando di incanalare calma. 
Iniziò a preoccuparsi, perchè sapeva di aver davvero poca pazienza. E già in maggior parte, quest'ultima, era stata consumata.
Se qualcun altro avesse solo osato parlargli in quel modo, avrebbe già chiamato le guardie nel fine di segregarlo in cella, al fresco. 
Infatti, la provocazione azzardata della ragazza, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

"Si, hai ragione. Forse non ci siamo capiti, ragazzina. Questo, mia cara, non è un gioco. Rischiamo di farci ammazzare, intendi? Qui non sei in un videogame. Non puoi giocarti un'altra vita. Se vuoi sopravvivere, devi ascoltarmi." La loro lontananza si era ennullata, ed ora si trovavano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro, sotto respiri affannosi. 
Winter trattenne un'espirazione, sgranando gli occhi, non appena due dita le afferrarono il mento, richiedendo attenzione. "Sarai pur il nostro Tributo, ma ciò non ti da alcun diritto speciale. Non permetterti mai più -e sottolineo mai più- di usare un simile tono contro di me, ne tantomeno di contraddire un mio ordine, intesi?" la mise in guarda, sollevandole il viso, nell'intento di ottenere più contatto visivo. "Intesi?" ringhiò, con tono che con accettava negazioni.

Winter percepì il proprio corpo essere invaso da fiamme ardenti. Il suo sguardo la fulminò, la incendiò. 
Si sentì così impotente, quando fu costretta ad annuire, schiava del timore. "Si, ho capito" mormorò, zittita, con la coda tra le zampe.

Naoise potè sentirsi finalmente soddisfatto. La ragazza aveva ceduto, e lui aveva recuperato il suo onore. "Molto bene" mormorò, annullando la presa dal mento della giovane. 

Winter lo vide storcere le labbra in un sorrivo. Non era un'azione da apprezzare. Non era un gesto affettuoso, confortante o rassicurante. Sfoggiò un sorriso arrogante, tagliente, e cattivo. Capace di farti rabbrividire. 
La ragazza si morse un labbro, mentre altri pensieri contrastanti si aggiungevano alla lunga lista. 
La sua apparente e dura sicurezza si spezzò in frantumi, liberando puro panico. 

Nemici, amici. Distinzioni faticose. A chi mai dovrei dare la mia fiducia?

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Capitolo 19
*** Capitolo 18; ***




Avrebbe potuto giurare di ricordare un Palazzo meno ampio, rispetto quello che ora le si ripresentava difronte. 
Probabilmente ora osservava il tutto con occhi diversi, cercando di strutturarsi in mente un preciso disegno del luogo. 
Osservò e ne ammirò la semplicità e la complessità dell'edificio. Il pavimento, di un lucente marmo nero, rispecchiava la sua figura. Le mura, di più svariati e marchiati colori, erano decorate con mosaici, raffiguranti numerose immagini astratte, tante vicine -nel loro inusuale motivo- alla modernità. Modernità, termine ben lontano dalle aspettative di un tale ambiguo mondo.

"Avrai modo di osservare l'edificio in seguito, Winter. Guardandoti intorno così, rischi di inciampare. Stai attenta." 

La ragazza si concesse un sospiro di disappunto, mentre assimilava il tono usatole contro. Irritato e scorbutico. 
L'unica persona a poter usufruire di tale tono, considerate le circostanze, sono io.
Pensò, in quell'istante, di poter considerare l'opzione di assestargli uno schiaffo. Sarebbe stato divertente. L'onore del Principe schiaffeggiato dal proprio Tributo. Probabilmente non sarebbe mai stato in grado di perdonale un tale gesto. 

"Posso almeno sapere dove stiamo andando, per favore?" lo supplicò, imitandosi il più gentile possibile, pur di evitare un ennesimo scarico di rabbia. "Mi stai spaventando", si lasciò sfuggire quella confidenza, ammessa con timore.

La sto spaventando. 
Naoise voltò il capo, distaccando le labbra. Incrociò l'espressione amareggiata della rossa, intenta a mordersi un labbro. 
Che la stesse spaventando, era -a dir poco- palese. Probabilmente, il ragazzo, ne era anche ben consapevole. Ma quella confessione lo spiazzò ugualmente. Lo colpevolizzò. 
Lui non era il nemico, non doveva temerlo. 

"Non devi aver timore di me."

"Ma questo non dipende da me" ribatté lei. 

Naoise abbassò lo sguardo, liberando un sospiro pieno di rammarico. Portò una mano ai capelli, scuotendoli, prima di impugnarli. Li strattonò lievemente, incanalando rabbia repressa. 
Si concesse un sospiro, ma non pronunciò parola, dedito invece a trovare una stanza sicura per la ragazza. 
Svoltò a destra, ruotando leggermente gli occhi in cerca dell'effettiva presenza di Winter, ed infine -dopo essersi accertato di quest'ultimo dettaglio- entrò in un ampio salone, bloccandosi al centro d'esso. 
La stanza era impolverata, poco illuminata ed in parte sgomberata. Al suo interno solo un letto, un comodino scheggiato ed una lanterna che aveva l'aria d'esser rotta.
Senza alcun dubbio una stanza ben poco frequentata.

"Siediti, così potrò spiegarti il tutto" le disse con cortesia, indicandole l'ampio letto piazzato al culmine della stanza.

"No, star seduta mi mette ansia" rispose prontamente la ragazza, scuotendo negativamente la testa, lasciando un'ambiguo sguardo alla strana stanza, prima di dedicare i propri occhi a quelli di Naoise. 

Quest'ultimo alzò un sopracciglio, ma decise di non soffermarsi affatto sulla bizzarra questione. 
"Dunque" iniziò a parlare, schiarendosi la voce "cercherò di andare al sodo della questione: tra poco saremo sotto attacco. I rapporti non sono ancora arrivati, me è inevitabile che attacchino." 

Il ragazzo si aggirava per la stanza, imitando un comportamento ossessivo. Sembrava sudare freddo, mentre elaborava le seguenti parole. 
"Con quella scarica elettrica che hai percepito durante il suo tocco, lui ha creato un legame con te. Sa dove sei, Winter. In questo momento percepisce parte dei tuoi pensieri e sensazioni." Pronunciate queste ultime parole, smise di girovagare per la stanza, piazzandosi a pochi metri da lei, sfoderando lo stesso sguardo duro, tipico dei suoi occhi. 

La ragazza boccheggiò. Per un'istante credette di poter perdere i sensi, ma ciò -incredibilmente e fortunatamente- non accadde. 
Fece alcuni passi indietro e, inspirando profondamente, decise di accettare il precedente invito del Principe, sedendosi. 

"In questo momento tu sei parte di lui." 

Winter abbassò lo sguardo ai suoi piedi. "E... Io... Lui... Insomma... Questa situazione non durerà per sempre, vero?"

Naoise scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli inumiditi dal sudore. 
"No, non durerà per sempre. Ma abbastanza per attirare guai. Enormi guai." Sfoggiò quelle parole con un velo di rammarico.

Winter parve essere sconvolta. Il suo sguardo era cupo ed intristito. 
Chinò il capo, trascinò le mani ai lati delle sue cosce ed afferrò avidamente il tessuto sotto di essi, stringendolo con forza. 
Era combattuta, infuriata con se stessa.  
Avrebbe dovuto avere più cura delle sue risposte, dei suoi atteggiamenti, e delle sue azioni. 
Aveva deciso -come sempre- di prendere la via più semplice ed occasionale, non curandosi degli essenziali dettagli. Ed ora si trovava difronte a brutti effetti collaterali. 

"Io... Non avevo idea...-"

Winter fu costretta a tacere. In parte zittita dalla delicata situazione, in parte interrotta dall'energico bussare della porta. 

La ragazza vide Naoise sospirare con estrema frustazione, portare una mano alla fronte con l'intento di far sparire tracce di sudore, prima di sussurrare un -quasi impercettibile- "avanti".

Le porte si spalancarono in pochi e quasi assenti secondi, incorniciando due figure esili ed armate. Guardie. 
Novellini, probabilmente. Il loro aspetto era minuto, e lasciava illudere a ragazzini con età compresa tra i 18 e i 20 anni.
I volti, compatti e rotondeggianti, avevano ancora diversi tratti bambineschi. La barba, lievemente accennata, incominciava delle labbra sottili e pesanti. 

"Vostra Maestà". I due si inchinarono, onorando il Principe. "Mi duole avervi interrotto. Ma è della massima imporanza. Vostra Maestà il Re vi aspetta urgentemente alla Sala del Trono. Vuole parlarvi, con entrambi." 

Il ragazzo aggrottò la fronte. 
"Posso saperne il motivo?" chiese allora, avvicinandosi di pochi passi verso le due guardie.

"Non ci è stato riferito altro, Sire" parlò una guardia, scuotendo la testa.

Naoise annuì, congedando poi i due ragazzi. 
"Probabilmente vorrà solo accertarsi di persona della tua salute" ipotizzò il Principe, facendole gesto col capo di seguirlo.

L'atmosfera pareva rifarsi allo svolgimento di un film horror. L'ambiente era cupo e drammatico. Nessuna voce si dava sfogo all'interno, ma diverse si udivano dall'esterno. 
Il popolo era attivo e dinamico, spaventato ed ansioso. Winter non era da meno. 

Qualcosa non va, pensarono entrambi, avvolti da un velo di incertezza. 
Naoise, da ben guardingo osservatore, fu il primo ad accorgersi di un mancante ed importante dettaglio. Arrestò la caminata, proprio a pochi metri dall'entrata della Sala del Trono. Mosse un braccio dietro il proprio finco, impedendo a Winter di scavalcarlo. 
Sospirò. Nessuna guardia all'entrata della Sala del Trono.
 Non pensò ad altro, non ipotizzò nulla.
Senza dare alcun preavviso o alcuna spiegazione, -con un'abile e fulminea mossa della mano- fece ciò che i propri sensi gli dettavano: sfoderò la propria spada. 
Winter sobbalzò, strozzando un urlo, presa alla sprovvista da quel gesto così inaspettato ed improvviso. 
Non capì, non poteva capire. Osservazioni che solo il tempo le avrebbe potuto dare.
"Che cosa...?-"

"Shh" la zittì prontamente lui, cercando il suo volto. "Resta qui" bibligiò, tagliando corto, non dando alcuna plausibile spiegazione. 

"No!" parlò in risposta la sua buona testardaggine. "Voglio sapere cosa sta succedendo!" vociò ancora, sotto lo sguardo impaziente del Principe. 

"Tieni a freno la tua stressante curiosità e taci!" ringhiò spazientito, lanciandole uno sguardo di fuoco.

E Winter non osò obiettare, abbassando lo sguardo usufruendo dello stesso sguardo di un cane stato appena bastonato. Ma una scarica di rabbia repressa le fece chiudere i pugni in un gesto fulmineo. 

Naoise si fece avanti, con la spada pronta ad assettare un colpo. Il respiro era diventato pesante ed i suoi occhi scrutavano ogni preciso angolo. I suoi passi erano lenti e studiati, completamente silenziosi e ben disposti, come un felino in ricognizione.
Un ringhio gli si strozzò in gola non appena si rese conto di esser solo in quell'ampia stanza. Sgombra. Il Re e  le guardie erano assenti. 
Si fece avanti, sfoggiando un passo più svelto ed uno sguardo essenzialmente guardingo. Ruotò la testa in cerca di qualcuno, ma la Sala era completamente vuota.

"Maledizione!" ringhiò a denti stretti. "Guardie!" vociò a squarcia gola. 
Poteva sentire la rabbia bollirgli dentro.
Ma non appena capovolse la propria visuale in cerca dell'arrivo delle guardie, una figura adagiata sul marmo della pavimentazione rubò la propria attenzione. 
La rabbia cessò -come tutto il resto- non appena pronunciò con voce spezzata il nome di Winter.

Avanzò di un passo, ma dovette bloccarsi non appena la lama di una spada levigò lievemente la pelle del suo collo. Istintivamente alzò il capo, serrando pochi istanti i propri occhi, evocando la calma. 
Non era spaventato. La paura era sua amica, ormai. Sapeva come sfruttarla a proprio vantaggio.
Era -più che altro- infastidito. 
Preso alla sprovvista e -per di più- alle spalle. Un atto da vigliacchi, da codardi. 
Guardò il corpo di Winter, accasciato a terra. Non riuscì a trattenere un ringhio. 
Nessuna traccia di sangue, lesioni o ferite. Il suo torace si alzava ed abbassava lentamente e ritmicamente. Ma la ragazza era priva di sensi, e giaceva a terra, inerme ed in pericolo. 
Passarono secondi interminabili. Ed alla fine, Naoise prese la decisione di parlare per primo, sfruttando la sua unica carta in tavolo ed interrompendo il silenzio e quell'atmosfera che sembrava essersi bloccata.

"Bene" mormorò, tra un sospiro. Il suo tono era talmente calmo da illudere stesse parlando con un vecchio amico. "Complimenti, bravo" si congratulò, alzando le mani in segno d'arresa. "Sei riuscito a prendermi alla sprovvista" disse, non riuscendo a trattenere un nervoso ghigno divertito. "Potresti e dovresti uccidermi, ora" senzionò, sospirando. "Insomma, ti manca davvero poco. Davvero -davvero- poco. Ma cosa farai, non appena svolto il lavoro?" chiese. "Insomma, non credi di aver svolto il tutto con davvero poca intuizione e prudenza?
Non hai alcuna via d'uscita. Le mie guardie hanno già circondato il Palazzo, piazzandosi ad ogni svincolo. Quindi, mi chiedo: marcire dentro una cella, torturato per il resto nella tua lunga vita, è davvero il prezzo della mia morte?" domandò, cercando di aggrapparsi alla persuasione. 
La sua unica risposta parve rivelarsi una debole risata. Il tizio che ancora lo teneva alle strette, stava ridendo beatamente, lasciando una lieve confusione nella mente di Naoise.  

"Persuadere non è mai stato un tuo pregio, fratellino!" 

Fratellino. Una semplice parola, un semplice tono scherzoso, capace di farlo imbestialire. 
Una burla. Suo fratello aveva organizzato uno scherzo. Uno stupido, insensato, fuori luogo ed indegno scherzo. E lui non poteva essere più infuriato. 
Con un veloce gesto della mano, afferrò la mano destra del fratello, e la torse dolorosamente, liberandosi dalla sua presa. Girandosi con grinfia accanita, piombò sul suo corpo, costringendolo a sbattere rumorosamente contro il muro. 
Ed in pochi istanti i ruoli si invertirono.
Naoise teneva ben stretta la spada del fratello, puntandola contro il suo stesso collo. 
Il Principe incrociò finalmente lo sguardo divertito del fratello, intento a sfoggiare un beffardo sorriso. 

"Oh, è un piacere anche per me rivederti, fratellino" ironizzò, ridendo di gusto.

"Taci!"

Naoise liberò un ghigno di puro disprezzo. La lama affilata della spada ancora pericolosamente vicina al collo del fratello, accarezzato da alcune ciocche di capelli castani.
"Tu... Tu sei pazzo. Folle!" urlò, andando di matto. "Ti sembra situazione adeguata per mettere in atto uno dei tuoi stupidi scherzi? Non siamo più ragazzini, Eogan!" continuò ad urlare, attirando le guardie che, intanto, erano corse nella Sala, sguainando le proprie armi. 
La loro presenza infastidì ancor di più Naoise, che dedicò loro uno sguardo infuriato. Strinse talmente i denti da sentir dolore. 
"Fuori da qui!" ordinò loro, sgridandoli a gran voce. Buoni a nulla! 

 E nessuno dei presenti osò sfoggiar parola a discapito. Le guardie uscirono, chiudendo le porte dietro di loro.

Era ben sicuro di aver perso il senno, ormai. Era su tutte le furie. Placare la sua rabbia si sarebbe rilevata un'impresa titanica. 
I suoi occhi erano sgranati, ricchi di risentimento. 
"Siamo sotto attacco, dannazzione! E tu? Dio! Tu ti diverti a fingerti un nemico?" Con un vile gesto, lanciò la spada alla sua destra, indietreggiando poi di un passo, per la paura di commettere qualcos'altro di avventato. "Ma cosa ti passa per la testa!"

Il ragazzo, in sua risposta, sbuffò, leccandosi le labbra. 
"Sempre ad ingigantire. Nessuno sta attaccando nessuno, fratellino. E nessuno attaccherà nessuno. Smettila con i tuoi complessi da sfegatato pessimista."

Naoise ringhiò, stringendo ancor di più i denti. Ma prese la saggia decisione di dedicarsi a Winter, e non a strani e burberi pensieri riguardanti ciò che avrebbe voluto fare a quel ragazzo che, per di più, stentava a definire fratello.
Si allontanò, inginocchiandosi vicino al corpo della ragazza. Allungò due dita verso il suo collo, controllando i ritmi del suo cuore. Fatta una stima della velocità, ne dedusse stesse per risvegliarsi. La prese in braccio, con estrema cura e cautela. Poi rivolse nuovamente lo sguardo al volto impassivo del fratello. 
"Perchè farle perdere i sensi?" 

"Perchè?" sbuffò divertito, divaricando le braccia. "Perchè mi avrebbe impedito questo stupendo e coinvolgente dialogo tra fratelli. Sai che riuscire a parlare con te si rivela sempre un'impresa! Beh, a quanto pare, da oggi in poi avrò un jolly a mia disposizione"  rispose sorridente, osservando scrupolosamente Winter. 

"Guardie!" Questa volta, con ansiosa felicità, Naoise ricambiò il vile sorriso del fratello, pronunciano le successive parole con puro e lodevole desiderio. "Rinchiudete Eogan nelle segrete." 

***

"Winter. Winter" continuava a ripete Naoise. Ansioso per l'attesa rinvenuta di Winter, ancora dormiente sul letto su cui era stata attentamente adagiata. Il suo respiro era lento, le sue labbra -lievemente pallide- erano distaccate.
 "I sali! Dove sono i sali?!" ringhiò il Principe alle sue spalle.

"Arrivano, Maestà!" si prestò a rispondere una giovane e femminile voce. 

Una ragazza fece irruzione nella stanza, stretta tra le mani teneva una boccetta.
La sua treccia bionda ondeggiava ai suoi movimenti. Timidamente alzò i propri occhi verdi, incrociando pericolosamente quelli del Principe. Il suo sguardo era cupo e furioso. Ancora infuriato per il precedente dialogo avuto col fratello. 
La giovane serva trasalì e d'istinto chinò il capo, avvicinandosi velocemente al letto, mentre inghiottiva aria.

"Principe, non ne ha bisogno" parlò allora la serva più anziana. Scrollò la testa, dimenando i suoi lunghi capelli ingrigiti dal tempo. Sul suo volto erano visibili appena poche rughe, che contornavano due profondi occhi affossati. "Guardate" indicò il volto di Winter, notando ch'essa stringeva le labbra e le inumidiva appena. I suoi occhi erano ancora serrati, ma brevi ad una schiusura. "Si sta risvegliando, Principe." 

Naoise tirò un sospirò di sollievo, afferrando con delicatezza una mano della ragazza. Ne studiò la sua morbidella, la sua pelle liscia e priva di imperfezioni. Incrociò le sue lunghe dita con quelle delicate e minute della ragazza. In quell'istante provò un così profondo e delicato sentimento, che stentò a decifrarlo. Un'insieme di felicità, senerità, tranquillità, gioia, tenerezza ed amore. 
Lentamente sollevò la mano, portandola alle sue labbra, dove la sfiorò appena, perdendosi nel suo delicato profumo. Ispirò profondamente, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, Winter lo osservava. Cautamente, silenziosamente e curiosamente. Non riferì parola, non osò muoversi. Ma il suo petto si alzava ed abbassava con ritmi che tendevano ad aumentare. 
Strinse la mano di Naoise. Forse inconsciamente, forse volutamente. Poi, delicatamente, la sottrasse alla presa del ragazzo, facendola scivolare lungo il suo fianco. I suoi occhi erano ancora prigionieri in quelli di lui.

"Come ti senti?" domandò Naoise, con voce più roca del solito. 

Ma la ragazza non riusciva a proferire parola. Non riusciva nemmeno a pensare concretamente, 
perchè persa nel suo sguardo. 
Strinse le labbra. Cosa le stava succedendo? Doveva aver preso una bella botta in testa. Si, doveva essere quello il motivo del suo comportamento. Stordita e confusa per una dolorosa botta alla testa. Eppure nessun dolore percepì sul suo corpo. Era illesa, priva di qualsiasi dolore. 

"Winter?" Naoise cercò di risvegliarla da quel sonno invisibile.

"Io... Si... Sto... Mi sento bene" mormorò, accorgendosi che le parole le erano uscite con tono quasi impercettibile. 
Si schiarì la voce, accorgendosi della secchezza della propria gola. Tossì freneticamente. 

Allora Naoise armeggiò per alcuni secondi dietro di esso.
Una schiena possente fece largo nella visuale della ragazza, fin quando due occhi azzurri tornarono a scrutarla con interesse.
Il ragazzo allungò un braccio e la invitò ad afferrare il bicchiere d'acqua che gentilmente le aveva riempito. 
Winter accettò volentieri il gesto, sorseggiando. Non aveva mai trovato così buona l'acqua.

"Cosa ricordi, Winter?" si affrettò a chiedere il Principe. La ragazza aveva ancora il bicchiere tra le labbra.

Deglutì un'ultima volta, prima di abbassare l'oggetto, ancora ricco d'acqua. 
Non ricordava molto, la sua mente era offuscata e le poche scene che aveva ancor in memoria erano disordinate e spezzate. Nessun senso logico le collegava.
Due mani che le cingevano il sul collo, due occhi dello stesso colore dell'erba che parevano perdere lentamente nitidezza.

Un brivido gelido le attraversò la schiena, provocandole un tremore. 

"Chi era quel ragazzo?" chiese. La domanda le uscì con tono inspiegabilmente neutrale. Eppure le sue labbra tremavano ancora. 

Naoise rimase un attimo ancora a fissarla, prima di compiere qualche passo lontano da lei, dandole le spalle, quasi volesse mascherare l'espressione del suo viso. 
"Lui è..." mormorò, stringendo ossessivamente ed avidamente il bicchiere di vesto che ancora teneva ben saldo in mano. Il liquido al suo interno oscillò. "Il Corvo."

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