Storia su nulla e su niente:il mago e la sua amante

di TheNother6
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lontano da casa ***
Capitolo 2: *** Casa salata casa ***
Capitolo 3: *** Le persone rispettose vengono rispettate dalle persone rispettabili ***
Capitolo 4: *** Affari pressanti ***
Capitolo 5: *** Quello che non piace ai giappominkia ***
Capitolo 6: *** I sensei sono utili solo a sgridarti ***
Capitolo 7: *** Un popolo che mangia insetti ***
Capitolo 8: *** Lo zucchero si scioglie nell’acqua ***
Capitolo 9: *** Forgiare l'anima ***
Capitolo 10: *** Mai mentire ad una ragazza ***
Capitolo 11: *** Il massacro dell'amore ***
Capitolo 12: *** A che serve avere una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare ***



Capitolo 1
*** Lontano da casa ***


1.Lontano da casa

 

 

Era una bellissima giornata di sole in un importantissima città del nord Italia nonostante l’inverno fosse già incominciato da un pezzo. Ciò era intuibile dai gruppi di ragazzini zaino-muniti che si affrettavano lungo le strade della città per raggiungere la scuola più vicina, tutti con la stessa espressione assonata e malinconica appiccicata sul volto. Alcuni di questi però avevano la fortuna, nella sfortuna di andare a scuola, di essere accompagnati dai loro genitori in macchine più o meno costose. Tra queste spiccava una di color nero guidata da un certo Franco Leoni.

 Quest’uomo a differenza dei bambini era molto sorridente e quel giorno stava accompagnando sua figlia che stava smanettando con l’ultimo modello di Iphone, naturalmente di color rosa, regalatole dal padre per il suo decimo compleanno. Il padre arrivato davanti alla scuola fermò la sua costosissima macchina e fece scendere la bambina raccomandandole di chiamarlo all’uscita e si diresse verso un costosissimo ristorante, dove lo aspettavano due uomini in costosissimi vestiti. Franco con calma, si era seduto, si era tolto la sua costosissima giacca e aveva ordinato un costosissimo spumante (l’uomo era troppo contento e aveva un bisogno morboso di festeggiare quindi avrebbe brindato con qualsiasi cosa, in qualsiasi posto, in qualsiasi momento della giornata). Come poteva permettersi la sua costosissima vita? Semplice, era il boss della famiglia dei Leoni e come ogni boss di soldi ne aveva abbastanza da potersi permettere diverse costosissime azioni durante la sua routine giornaliera.

 Il boss era seduto coi suoi più fidati collaboratori, suo fratello Andrea e il suo braccio destro Alfonso Ferruccini e discutevano animatamente dell’ultimo affare.

-Le donne hanno un fiuto per gli affari impeccabile …be' forse non tutte, alcune hanno il fiuto solo per capire quando stanno bruciando il caffè ma quella è meglio di quei cagnoni antidroga che si porta appresso la pula- affermava Andrea.

-Mio cugino è stato preso da uno di quei cosi si è fatto 20 anni e quando è uscito gli hanno piazzato un proiettile in testa per un debito a carte, ah pover'uomo –rispose Alfonso che era conosciuto da tutti come “Ferro” poiché aveva un’incredibile incapacità nell’uso delle armi da fuoco e qualche volta anche nell’uso del cervello.

- Io l’ho capito da quando l’ho vista la prima volta – disse Franco –una che lascia il marito deve avere per forza un talento del genere, nessuno di questi tempi divorzia c’è troppa crisi, ehehehe -.

-Secondo me a quei cani viene data da mangiare una sonda, sai quelle cose super tecnologiche, poi vengono portati a spasso e quando la sonda rileva della droga emette un segnale che fa incazzare il cane e gli fa attaccare lo spacciatore se no come si spiega il fatto che questi individuano la droga? I cani sono stupidi per natura- dedusse Alfonso.

Franco ignorava quello che diceva Alfonso infatti, nonostante questi fosse uno degli uomini più fidati e vitali per la banda, mostrava sempre un’incresciosa stupidità che impediva qualsiasi tipo di conversazione realmente sensata.

-Ma arriva o no sto cazzo di spumante? Quanto ci mette quell’idiota! -esclamò Franco guardandosi intorno in cerca del ragazzo che aveva preso la sua ordinazione.

 

Carlo era un bravo ragazzo andava al secondo anno d’ingegneria e a causa della precaria situazione economica dei genitori era costretto a fare l’ingrato e faticoso lavoro del cameriere per pagarsi i libri e la retta scolastica.

Nel lavoro del cameriere le mance sono TUTTO poiché potevano alzare vertiginosamente i ricavi e Carlo sapeva che Don Franco in quanto a mance era molto generoso e quel giorno era anche particolarmente allegro. L’ultima volta aveva infilato nel suo taschino cinque banconote da 100 euro cosa che l’aveva fatto tornare a casa con un bel sorrisetto ebete stampato in faccia.

Quindi, quando sentì il Don urlare e lamentarsi Carlo cercò di affrettarsi ma il problema era che il vino ordinato dal boss, un costosissimo e pregiatissimo Franciacorta, era finito. La cosa era molto strana poiché l’ultima volta che aveva controllato era sicuro di avere più di 50 bottiglie di quel tipo. Carlo non si perse d’animo e continuò a cercare quando ad un tratto notò una cassa buttata in un angolo. Quando il cameriere aprì la cassa la sua gioia fu immensa nel trovare una bottiglia di Franciacorta che si affrettò subito a portare al Don.

Come abbiamo già detto Carlo era un bravo ragazzo, aveva fumato un po’ d’erba quando frequentava il liceo e da piccolo alle elementari usava le matite del suo compagno di banco per non rovinare le sue ma era un ragazzo puro e semplice anche un po’ tonto .Forse, per questo non si accorse  che il liquido contenuto all’interno della bottiglia era di un nero intenso e non del solito bianco-giallognolo e non si accorse nemmeno che la sostanza al suo interno non si comportava come un liquido ma come un gas che si dibatteva impetuoso in quella prigione di vetro.

Carlo quindi posò la bottiglia sul tavolo incurante (Franco apriva da se le bottiglie che gli venivano portate per paura che qualcuno potesse metterci sostanze chimiche per danneggiare lui o il gusto del vino) intascò la mancia, una viscosa sputata nell’ occhio, e se ne ritornò a preparare il locale per l’apertura incredibilmente deluso.

 I tre gentil’uomini si alzarono e si misero a pregare. Ogni mafioso italiano che si rispetta pregava prima di mangiare o bere; anche quando dovevano prendersi una mentina questi si alzavano, alzavano le mani al cielo e recitavano un ave o’ Maria, un padre nostro e ringraziavano del cibo offertogli. Alcuni, come lo stesso Franco pregavano anche prima di dormire e la mattina appena alzati.

Finito quindi di ringraziare, Franco stappò la bottiglia e riempi i tre bicchieri. Poi i tre alzarono i calici pieni di liquido bianco-giallognolo e bevvero. Quando però Franco fece per parlare, cercando di dire la sua sugli ultimi acquisti del Milan, si accorse che non riusciva più ad aprire la bocca.

 Gli altri due capirono che c’era qualcosa che non andava e Andrea domandò –Don, tutto bene? Che c’è ti è andato di traverso? -.

Franco si sforzò con tutta la volontà che aveva di aprire la bocca e questa volta ci riuscì…solo che sputò un liquido nero e appiccicoso e un paio di denti. Poi il braccio si sollevò meccanicamente e i due vice notarono che impugnava la costosissima e personalizzatissima pistola color verde pisello con un incisione d’oro sul lato destro, pistola di cui il boss andava fierissimo, dalla quale esplosero due colpi che colpirono Alfonso e Andrea alla testa uccidendoli sul colpo. Dopo Franco si alzò (anche se dire che Franco si alzò è sbagliato poiché questo non aveva più il controllo del suo corpo) e con ancora la pistola puntata davanti che faceva fuoco e il liquido nero che gli usciva per bocca, si mise a correre, ruppe la vetrata del ristorante e si ritrovò in strada.

 Qui sparò un ultimo colpo contro un cassonetto vicino al quale c’era un gatto nero appisolato che svegliatosi iniziò una folle corsa nella direzione opposta del Don il quale adesso fissava inebetito la pistola scarica. Poi il braccio di Franco esplose e da questo fuoriuscì una sostanza nera che iniziò ad avvolgere il suo corpo. Era terrorizzato ed iniziò a dimenarsi cercando di liberarsi dal liquido nero ma fu tutto inutile. Poi quando la sostanza nera lo avvolse completamente smise di muoversi e per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato. Si chiese se tutto quello stava realmente accadendo o era tutto frutto di un allucinazione causata dallo spumante scaduto.

 Si udì un “BLUFF”, la sostanza nera prese fuoco e una fiamma viola avvolse il corpo del Don che iniziò a provare un dolore anticò e abissale, un dolore inimmaginabile che non colpiva solo il suo corpo e la sua anima ma anche le sue emozioni. I suoi ricordi, i suoi affetti, il suo essere stesso bruciava e gli provocava un dolore intangibile e infinito quanto l’universo. Fu allora che Franco iniziò ad urlare, urla straziate ed emanate con tutta la forza vitale rimastagli. Poi calo un piacevole silenzio e di lui non rimase che una pozzanghera nera ed indistinta.

 

Il gatto nero correva come non aveva mai corso in vita sua e continuò a correre per un bel po’ finché incontrò quell’uomo.

Aveva due occhi verdi e portava un ciuffo vertiginoso da far invidia al principe del rock. Indossava un cappotto viola lungo e sotto portava una maglietta rossa con sopra un teschio bianco. Portava dei jeans strettissimi sotto i quali sbucavano dei mocassini a scacchi verdi e bianchi. L’uomo aveva un fisico perfetto, anche se non seguiva strane religioni, non era un fanatico della palestra e non usava sostanze chimiche che ti ingrandivano il muscolo fino a fartelo scoppiare, però non era un bel ragazzo. C’era qualcosa infatti nel suo sguardo, nei suoi lineamenti, nelle sue movenze, nel modo in qui parlava e respirava che suggerivano qualcosa di diabolico. Forse per questo non era mai stato fortunato con le ragazze che l’avevano rifiutato in modi via via più fantasiosi e le poche relazioni che aveva avuto erano state brevi ed infelici. Questa situazione era andata avanti fino a un anno fa, circa, quando aveva incontrato Clay della quale si era innamorato dal primo momento e con la quale stava portando avanti una relazione già da sei mesi.

Quando il gatto incontrò l’uomo questo stava fumando una black devil (sigaretta che fa schifo a tutti, quindi anche all’uomo stesso, ma dona un’aria da figo essendo completamente nera) appoggiato ad una macchina d’epoca rossa senza tettuccio sulla fiancata della quale c’era scritto a lettere nere “Unicorno della Morte “. Appena l’uomo si accorse del gatto nero che stava lì tremante ad osservarlo emise un sonoro “MIAO” (anche se quel verso non era ricollegabile ad un gatto anzi, non era ricollegabile a nessuna creatura del mondo animale) che fece spaventare l’animale che riprese la sua corsa nella direzione da cui era venuto. L’uomo sorrise alla vista della bestiaccia in fuga e si sforzò di convincersi che quegli ultimi giorni non erano completamente da buttare…però non ci riuscì e fece un altro tiro di sigaretta.

”Devi partire Pain, devi sistemare degli affari nel nord Italia Pain, e io non posso venire perché devo passare il weekend con Marta in Sicilia e sai che ultimamente con lei non sta andando bene, e sai che mi devi un favore ,e sai che sono un brutto culone con dei capelli incontrollabili che lascia agli amici le commissioni più noiose…maledetto -Gideon !-urlò attirandosi l’attenzione di una vecchietta di passaggio che lo guardò torva e sembrava sul punto di iniziare una predica quando vide Pain montare in macchina e puntare dritto su di lei per metterla sotto.

Per fortuna, o per sfortuna dal punto di vista di Pain, questa scattò di lato schivando la macchina che si avviava a tavoletta verso l edificio più alto di tutta la città, “LA SEDE DEL MAGNICOSTRO”.

 

Qualche anno fa in una cittadina isolata e poco importante del nord Italia nacque una bambina dagli occhi azzurri a dai capelli neri corvino. Questa aveva vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza allegramente in quel luogo semplice e puro finché al compimento del suo diciottesimo compleanno, un po’ come Aurora la principessa, conobbe Carlo Withman (lo so è strano che abbia il nome del cameriere di prima ma di certo non può esserci un solo Carlo in tutt’Italia).

Carlo era di origini italiane da parte della madre e americano dalle parte del padre e il nome “Carlo” era stato scelto dalla madre poiché aveva posseduto in tenera età un carlino caduto dal balcone di casa per aver tentato di scacciare un gatto appollaiato sul balcone dei vicini al piano di sotto. Carlo era molto amato dai suoi genitori un po’ perché era il primogenito e un po’ perché era l’unico figlio che avevano e quindi questi l’avevano cresciuto come un piccolo borghesino perfettino e viziato. Ciò era reso possibile dal patrimonio familiare costruito attorno alla vendita di saponette, profumi e asciugamani da bagno (attività che aveva registrato un notevole picco di vendite negli ultimi anni).

Quindi Carlo essendo uomo colto e piacente, capo di un’attività emergente e con un potenziale infinito poteva vantare di avere una quantità di spasimanti pari al numero di saponette vendute dalla sua famiglia nel corso delle generazioni. Infatti quando questo arrivò in quella isolata cittadina, Barbara rimase incredibilmente affascinata da quell’uomo misterioso ed esuberante e cerco in tutti i modi di conquistarlo. La cosa fu abbastanza semplice poiché anche Barbara era molto piacente e quindi i due si sposarono. Passarono gli anni, anni felici e anni tristi si alternarono finché Barbara non conobbe Azzurra. Il loro incontro avvenne in un motel decadente e fu proprio Carlo a presentarle solo che Barbara si mostrò molto contraria a stringere un amicizia con Azzurra, l’amante di suo marito, preferendo di stringerle attorno al collo il lenzuolo del letto. Il divorzio fu veloce e indolore e Barbara riuscì a conquistare un eloquente quota mensile da parte del marito e un pezzo della sua società, ovvero una piccola azienda in una grande e importante città del nord Italia.

 Barbara però non capiva niente di prodotti da bagno così decise di investire il suo piccolo capitale nel campo edile e in poco tempo riuscì a mettere insieme la più grande ditta di costruzioni di tutt’Europa il “MAGNICOSTRO”.

 

 -OLE- esclamò Federico aprendo la bottiglia di un costoso Franciacorta che produsse un sonoro TUM che rimbombò nella stanza semi vuota dove i due dipendenti e il loro capo stavano festeggiando la riuscita dell’ultimo affare. Federico riempì il bicchiere del boss poi quello di Mafalda la segreteria di questa che, borbottò qualcosa sul bere spumante a quell’ora del giorno, e infine riempì il suo di bicchiere.

Fatto ciò i tre alzarono i bicchieri molto teatralmente, esclamarono in coro-SALUTE- e poi bevvero. Federico alzò gli occhi e guardò Barbara, il suo boss, che se ne stava seduta sulla scrivania, alle spalle della quale c’era una vetrata di vetro scorrevole che dava su un balcone che si affacciava su tutta la città, a sorseggiare lo spumante. Federico aveva visto molte volte Barbara ma quella volta c’era qualcosa di diverso poiché in quasi dieci anni di lavoro non aveva mai visto il suo capo con quell’aria così allegra e rilassata. Se era per questo in dieci anni di lavoro questa era anche la prima volta che i tre brindavano ad un affare andato in porto.

Però quel giorno c’era qualcosa di speciale nell’aria qualcosa di strano e magico che riusciva a far sorridere anche la Gelida Regina Di Ghiaccio. Finito di brindare Barbara rimandò i due dipendenti alle rispettive postazioni congratulandosi ancora per il lavoro svolto (anche questa cosa era del tutto nuova a Federico) e uscì fuori sul balcone del suo ufficio per prendere una boccata d’aria.

 

-Lo sa, avrei utilizzato una magia di contenimento ed espansione anche su questo spumante solo che a me non piace fare la stessa cosa due volte. Diventa noioso e ci manca solo che questa commissione diventi ancora più noiosa –disse Pain che se ne stava in piedi sulla ringhiera accanto a Barbara rigirandosi il Franciacorta tra le mani che fino ad un attimo prima stava sulla scrivania dell’ufficio.

-Chi sei?- disse Barbara arretrando spaventata da quell’uomo misterioso –Io sono il DOLORE. Però mi faccio chiamare PAIN perché essendo l’inglese la lingua internazionale voglio che tutti capiscano come mi chiamo- rispose questo.

Barbara non capiva chi fosse quell’uomo ne perché fosse lì e neanche come avesse fatto ad entrare nel MAGNICOSTRO essendo questo controllato dai migliori agenti delle forze speciali italiane.

-Sa, a me non piace colpire le donne e quindi non mi piace ucciderle quindi la faremo semplice: lei deve saltare-e così dicendo indicò verso il basso.

Barbara sorrise –Ma che cazzo dici? Non so come tu abbia fatto ad entrare o chi tu sia ma io non salto giù-.

Pain allora sorrise, un sorriso malvagio che mostrò la sua dentatura perfetta, poi scattò verso Barbara bloccandola in un passionale abbraccio e le avvicinò la bocca all’orecchio-Zio Peppino- le sussurrò e finalmente Barbara capì.

-Oddio ma Franco mi aveva assicurato che non avremmo disturbato nessuno, che l’affare era sicuro e avrebbe fatto guadagnare tutti …aspetta quindi sei tu il killer di cui si parla, quello che ha ucciso i fratelli Marotta? -.

Pain sorrise ed annuì quella era stata una delle sue migliori operazioni seconda solo all’omicidio dell’ex sindaco Borretti molto bella ma anche sporca.

-La prego signor Pain, posso pagarla, io sparirò ho dei contatti in America non sentirà più parlare di me né della mia agenzia, la prego signor Pain- singhiozzava Barbara.

Pain non rispose si limito a indicare nuovamente il basso –NO!!! Non puoi finire così la pagherò per uccidere Zio Peppino deve esserci un modo per uscirne la prego entriamo dentro e parliamone-propose Barbara.

-Ci sono due modi –disse Pain-il primo è semplice lei salta si fa qualche secondo di caduta e la cosa finisce o…le farò provare qualcosa che nessun altro le farà mai provare in questo mondo – e dicendo questo sulla punta delle sue dita si accesero cinque fiammette violette. Barbara aveva gli occhi sbarrati dalla paura –Ha già ucciso gli altri vero? -Pain annuì-Loro non hanno avuto la possibilità che le sto dando – disse e si accese una sigaretta col dito indice grazie alla fiamma su questo.

Barbara allora salì sulla ringhiera e pensò a cosa sarebbe successo se non avesse mai incontrato Carlo se fosse rimasta quella ragazza pura e bella che tutti desideravano poi saltò e poco dopo i suoi pensieri si sparsero sulla strada sottostante insieme alla sua materia celebrale.

 

 

 

Notucce personali :)

Salve ragazzi questa è la prima storia che scrivo e quindi la prima storia che pubblico su efp ...sono un verginello :). Vi prego siate buoni con le recensioni XD farò uscire il prossimo capitolo il prima possibile.

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Capitolo 2
*** Casa salata casa ***


 

Le cose strane capitano

Se state leggendo questo capitolo vuol dire che avete letto il primo e avete avuto il coraggio di continuare...BUONA LETTURA!

 

 

 

2.Casa salata casa

L’Italia ogni anno attira una grande quantità di turisti da ogni parte del mondo e in egual misura perde cittadini che migrano in altri stati. Ora i turisti quando devono andare in Italia hanno un ampia scelta di città da visitare ognuna con le proprie peculiarità. Tra queste però c’è ne una che spicca su tutte le altre per tre elementi: il mare, la pizza e il senso dell’umorismo. Questa città, si trova un po’ fuori posto in Italia anzi si troverebbe fuori posto in qualsiasi stato. Bisognerebbe che questa città formasse un proprio stato a se stante perché è troppo peculiare per qualsiasi cosa e non può essere paragonata a nulla. La città in questione è la bella, controversa e bizzarra Napoli. Napoli è la città del fuoco e dell’acqua e si narra che la sua bellezza sia dovuta al fatto che sia stata costruita su una sirena morta. Quindi proprio come una sirena morta questa è bella e magnifica ma allo stesso tempo in decomposizione e piena di vermi che deturpano la sua carcassa contorcendosi nelle sue membra.

In una città come questa può vivere solo gente molto singolare e quindi l’uomo con la valigetta grigia lunga che si dirigeva verso l’entrata dell’aeroporto di Capodichino non faceva eccezione. I passanti che lo guardavano non riuscivano a capire in che modo quell’uomo si acconciasse i capelli perché gli sembravano letteralmente piovuti in testa senza che se ne accorgesse. Nessuno però osava rivolgergli la parola essendo profondamente spaventati dalla sua bellezza (ci sono molte cose che possono intimidire le persone): tralasciando i capelli l’uomo avrebbe potuto posare per le miglior riviste di moda e fitness.

-Gideon!!!-urlò un uomo con un ciuffo vertiginoso e la giacca viola seduto su una panchina. Gideon si arrestò di colpo si grattò il collo si passò una mano tra i capelli “arruffati” (definiremo così d’ora in poi i suoi capelli anche se non è il termine più adatto) e si avviò verso il suo partner, non che suo migliore amico, Pain.

 

-E comunque Zio Peppino mi farà avere UNICORNO direttamente sotto casa entro domani mattina mi ha dato la sua parola che se torna con qualche graffio metterà una bella bomba in un container della SeSTRASPORT. Ah comunque dobbiamo rivedere la spartizione delle commissioni non posso sempre fare io i lavori noiosi! -stava spiegando Pain a Gideon che annuì distrattamente mentre metteva in moto la macchina e partiva a tutta velocità.

 – Che hai ti vedo troppo silenzioso è andata male con Marta? - chiese Pain –Marta? A no …be’ insomma Marta è morta le ho tagliato la gola con la mia cuccicucci. Ti giuro un macello, non hai idea di quanto ha sporcato quella troia. -rispose Gideon ripensando alla scena che gli era costata la sua bellissima giacca blu a fiori neri.

-La gente tende a sporcare le cose quando le si taglia la gola, mi sorprende che tu non lo sappia –sottolineò Pain-insomma fammi capì, hai litigato di nuovo per quella storia dei tulipani? -.

Qualche mese fa infatti Gideon aveva regalato dei tulipani a Marta che offesasi aveva aggredito il suo povero fidanzato con il vaso di sua zia Assunta.

-Ma no,no questa volta ho preso le rose-si giustificò Gideon mentre scoccava una brutta occhiata ad un lavavetri che si stava avvicinando a pulire il parabrezza.

-Be’ allora manifestati, perché stai giù? - chiese spazientito Pain.

 Gideon si irrigidì poi disse –Perché sto cercando un modo per poter uccidere qualcuno più volte e più volte contemporaneamente-.

Pain sorrise –Ah ma quindi stiamo andando ad ammazzare gente? Grandioso era da tanto che non facevo un regolamento di conti vecchio stile. Ma racconta ch’è successo? - Gideon si grattò il collo si passò una mano nei capelli poi iniziò a raccontare.

 

La storia era molto semplice. Gideon e Marta erano andati in Sicilia e avevano prenotato un hotel (si intende un hotel intero naturalmente) per passare il weekend assieme e cercare di superare l’episodio dei tulipani. Dopo la prima notte di sesso calmo e riparatore, a cui Gideon si era ormai abituato, la situazione era sfuggita di mano.

La mattina del giorno dopo infatti Gideon si era risvegliato con due tizi che gli puntavano due pistole in faccia e Marta in piedi con la sua valigetta grigia in mano. La ragazza infatti spiegò a Gideon (un po’ come fanno i cattivi nei fumetti) che si vedeva già da due anni con un giovane boss napoletano Marco il Puma ed era entrata in rapporti confidenziali con lui solo per rubare la sua cuccicucci. Il piano ideato da Marco era perfetto poiché era risaputo della sfortunata vita amorosa di Gideon e della sua vulnerabilità sentimentale (si anche i ragazzi belli hanno problemi a trovare una ragazza) per cui aveva usato Marta per colpirlo e prendersi cuccicucci e venderla al mercato nero.

Però come diceva un certo Macchiavelli, le azioni degli uomini sono guidate per metà dal loro ingegno e per metà dalla fortuna. Questa volta, il caso giocò in sfavore di Marco poiché la sua fidata collaboratrice spinta dalla curiosità decise di aprire la valigetta grigia per vedere l’oggetto che il suo capo e amante desiderava tanto.

TRINITY.

Era questo il nome inciso sul fodero nero a strisce rosse della spada che estrasse dalla valigetta. Fin lì non ci furono conseguenze tranne Gideon che urlò -Puttana non toccare la mia cuccicucci ! Brutta troia non toccare la cosa più pura e bella al mondo! - quando però questa estrasse la spada dal fodero si senti un suono simile ad un pianto straziato e la mano che impugnava l’elsa cadde a terra in mille pezzi.

Tutti rimasero sbigottiti dall’accaduto tranne Gideon che corse a prendere la sua spada urlò-UNCUT- e i due bestioni armati caddero a terra tagliati come fettine di prosciutto. Poi Gideon si avvicinò a Marta che stava piangendo fissando il braccio monco,le mise un dito sulle labbra  e lentamente le fece passare la lama sulla gola che si squarciò andando a sporcare la sua giacca blu a fiori neri appesa lì vicino.

 

-Sapevo che Marta era cacca. Le finte bionde non la raccontano mai giusta stanno sempre lì a tramare qualcosa contro le vere bionde. SONO INVIDIOSE ecco- disse Pain mentre si passava una fiammetta viola da una mano all’altra.

-Credevo di aver trovato quella giusta Pain. Certo c’erano delle incomprensioni ma provavo qualcosa per lei e ora quello stronzo ha rovinato tutto! - Stava dicendo Gideon con le lacrime agli occhi.

Pain si accorse che l’amico stava piangendo e gli mise un braccio intorno alle spalle-Veramente lei già stava con lui e ti ha solo usato ma…prendilo come un nuovo inizio, poteva andare peggio. Poteva sporcarsi la tua giacca arancione coi pappagalli gialli-Gideon sembrò riprendersi.

La macchina si fermò in un vicoletto davanti al quale c’era il Bar HODIUS e i due scesero. Gideon prese TRINITY dalla valigetta e rimase fermo a fissare il bar, poi la sguainò. Questa volta ci fu un acutissimo CUCCINNN, che sembrò tagliare il silenzio circostante. La lama, attorno alla quale aleggiava una vivace luce rossastra, era leggermente curvata e su questa si muovevano dei piccoli teschi che si contorcevano e urlavano senza però emettere alcun suono. Pain guardò l’arma come sempre con molta ammirazione. Era stato proprio lui a regalarla a Gideon e per trovarla aveva dovuto scomodare un bel po’ di contatti giù all’inferno. Alla fine l’aveva trovata, TRINITY la spada taglia anime, si diceva che fosse stata forgiata con i pezzi della mannaia usata dal grande macellaio di Satana andati staccati dal corpo originale dell’arma durante la GRANDE GUERRA DELLA GRANDE CADUTA.

Pain schioccò le dita e nella sua mano si materializzò una revolver nero molto vecchia con delle parole gialle in latino scritte sulla canna– Mostriamogli tutta la nostra passione –disse e i due si incamminarono verso il bar.

 

Quando Marco nacque aveva sotto l’occhio un piccolo neo. A cinque anni iniziò a formarsi una piccola macchiolina. A dieci la macchiolina era diventata un cerchio perfetto che si allargava fino a raggiungere la guancia. A dodici anni uccise Ciro un suo compagno di classe con un paio di forbici dalla punta arrotondata (facendo anche cattiva pubblicità all’agenzia produttrice di queste che si vantava della sicurezza del suo prodotto per i bambini) per averlo preso in giro per il suo piccolo problema estetico. Era andato ad un costoso e inutile centro di detenzione minorile che aveva peggiorato la sua condotta e quando era uscito aveva messo su una piccola banda. Col passare degli anni e dei reati era riuscito ad accaparrarsi una piccola fetta di territorio. Anche i malavitosi più anziani iniziarono a temere quell’uomo che ormai era noto a tutti come il Puma per via del suo temperamento riflessivo ma allo stesso tempo brutale (e anche per via del suo colossale neo che gli prendeva metà faccia).

Una volta la settimana i membri della banda del Puma erano soliti riunirsi per complottare e sistemare questioni interne. Quella settimana avevano deciso di andare all’ HODIUS e se ne stavano lì a giocare a sette e mezzo placidamente parlando dell’ultima partita del Napoli.

Il luogo delle loro riunioni non era certo segreto anzi i membri della banda lo pubblicizzavano in modo da non avere nessun “disturbatore” tra i piedi. Per questo, quando i due sicari arrivarono in zona non c’era nessuno e quindi furono facilmente notati da Alfredo che corse subito dentro ad avvisare il capo che comunque si era già accorto di questi essendo un attento osservatore. Nell’edificio c’erano quindici uomini tutti armati, sudati e incazzati (per via della pessima giocata del Napoli) pronti al minimo segno di pericolo a scatenare una pioggia di piombo e distruzione. 

Ad un tratto i due si fermarono, solo allora Puma si alzò fece segno a tre uomini di seguirlo e uscì fuori. –Te la prendi con le ragazze checca? Marta era una donna e tu non ci hai pensato due volte a ucciderla, sei un verme! Vieni, combatti con un vero uomo! - urlò Puma cercando la pistola.

Gideon rimase immobile e continuò a rimanere immobile anche quando il proiettile sparato da Puma lo stava per colpire in faccia…magicamente però questo slittò bruscamente verso sinistra dove si disintegrò in tatti piccoli pezzettini di metallo. I quattro tizi rimasero sbalorditi e rimasero immobili.

Pain sfruttò l’occasione, alzò la pistola e premette il grilletto. Una fiamma viola uscì dalla pistola e incendio gli uomini di Marco che riuscì a salvarsi anche se con una grave ustione al braccio sinistro.

– Fuoco, ammazzateli! - urlò precipitandosi col braccio penzoloni verso il bar. Tutti i proiettili però erano inutili poiché venivano tutti deviati dall’aura di TRINITY. Pain aveva studiato per molto tempo la spada ed era riuscito a capire che il possessore poteva proiettare la forza di questa nello spazio circostante colpendo gli oggetti circostanti con grande velocità e precisione. Questo permetteva a Gideon di mantenere i suoi vestiti puliti dal sangue. C’erano tante altre abilità che la spada possedeva e Pain sapeva di aver graffiato solo la superfice per questo ogni tanto quando aveva tempo e nuove idee di sperimentazione se la faceva prestare per capirne di più. L’arma però aveva anche delle gravi limitazioni come la portata della sua aura e la maledizione che gravava sul suo possessore (natura della quale era tutt’ora sconosciuta anche se ultimamente Gideon non era stato molto fortunato con le ragazze).

” Cosa diavolo sono quei due? “  pensò Marco che stava salendo le scale per salire sul tetto .CLIK.  Pain ripremette il grilletto e dalla pistola uscì una nuvola di fumo nero che andò ad esplodere nel bar accecando gli uomini di Marco –UNCUT- e Gideon era dentro.

In un primo momento ci sentirono spari ed urla, poi tutto piombo nel silenzio –UNCUT- disse Gideon e il fumo si dissolse rivelando il massacro appena commesso.

Anche l’arma di Pain era strana ma a differenza di Gideon non era questa la fonte del suo potere. Infatti la sua pistola serviva solo per incamerare pezzi della sua magia ad alta pressione e spararli in diverse forme. L’arte di Pain è molto difficile da spiegare, un potere antico e oscuro che nel corso dei secoli è stato controllato solo da pochi maghi“LA FIAMMA DELLA PASSIONE “.

-Sta sul tetto –disse Gideon –non ho sentito il suo sangue, è meglio così ho altri piani per lui- si grattò il collo, si passò una mano fra i capelli e si avviò sulla rampa di scale seguito da Pain .

Quando arrivarono sul tetto l’uomo che videro non era neanche il ricordo del Puma: un uomo impaurito che si teneva il braccio ustionato e sanguinante piagnucolando. Alla vista dei due il Puma perse completamente il controllo e si fece pipì sotto.

-OH nononono –fece Pain avvicinandosi a lui e portandosi la sua testa al petto – non preoccuparti anch’io una volta dopo aver fumato un cannone d’erba svenni andai in morte bianca e mi feci pipi sotto. E semplicemente una funzione fisiologica naturale che non sei riuscito a controllare -.

Gideon alzò gli occhi al cielo –Anni e anni di terapia vero Pain ? Comunque spostati-. L’amico si alzò agitò la mano e la pistola scomparve, poi si andò a mettere in disparte lasciando un po’ di intimità a Gideon e Marco .

 –Sai mi sono divertito.La vendetta è molto liberatoria ti senti meglio di quando stavi meglio. - iniziò Gideon che mentre parlava faceva roteare la spada – Sai il tuo piano era perfetto. Era un po’ a cavallo di Troia, già visto, ma poteva andare . Il tuo problema e che hai scelto la ragazza sbagliata. Anzi il tuo problema è che hai scelto una ragazza – disse Gideon .

–Si,è gay non l’avevi capito?-esordì Pain che fu zittito da uno sguardo tagliente di Gideon conscio che il suo amico aveva interrotto il momento più epico della vicenda . Quindi si grattò il collo si passo una mano fra i capelli e riprese- Stavo dicendo …si, il problema è che tu hai usato una ragazza io ho usato TRINITY. E ti posso dire che tra una donna e TRINITY–e dicendo questo si mise ad accarezzare la lama- scelgo tutta la vita la mia cuccicucci –. Poi con un movimento deciso taglio l’aria e anche qualcos’altro.

–AAAAAAAAAA- urlò Marco guardando la macchia di sangue che iniziò a disegnarsi sul cavallo del suo pantalone. –No. Non sarai frocio ma in quanto uomo non puoi aver fatto una cosa simile – disse Pain toccandosi le parti intime. - Spero che senza distrazioni ora ragionerai meglio-concluse Gideon.

 

-Gideon non è stato divertente, noi siamo cattivi ma non puoi comportati così. Ci sono delle regole morali che perfino Satana rispetta-stava dicendo Pain mentre Gideon sfrecciava sulla sua Porsche sotto un sole morente che dopo una giornata di illuminazione si apprestava a cedere il passo alla sua amante luna.

-Mo’ che si fa? - chiese Gideon ignorando completamente ciò che Pain stava cercando di dire da più di dieci minuti.

- “Mo” manteniamo un basso profilo, niente commissioni per un po’,tre giorni basteranno .-rispose Pain.

- Passerai sti giorni con Clay? - chiese Gideon a Pain che annuì con uno strano sorrisino.

-Tu invece? - chiese il mago –Oggi mi ubriaco cercando di raggiungere il coma etilico e mettere fine alla mia esistenza.Se fallisco domani cerco di contattare qualche vecchia amica e organizzo un'uscita. Devo riparare il mio cuore spezzato, ci sarà bisogno di tanta colla e tanta fatica ma ci riuscirò. -rispose Gideon deciso.

 

Quando arrivarono sotto casa di Pain questo fu sorpreso nel vedere la sua UNICORNO lì parcheggiata in ottimo stato che brillava del suo rosso acceso nel buio della notte (Pain aveva alterato la vernice con la magia per avere quell’effetto). Il mago però non se ne curò molto. Salutò l’amico, si diresse velocemente verso la porta di casa, fece scattare la serratura ed entrò nel salone illuminato solo dalla luce del televisore. Davanti a questo se ne stava una donna molto magra ma incredibilmente bella sui diciannove anni (due in meno a Pain) a sgranocchiare una barretta dietetica tutta presa dal TG dove si parlava dello strano suicidio di una ricca imprenditrice del nord Italia.

-Mi stai trascurando ultimamente cuore vuoi abbandonarmi in questa casa tutta sola? - disse Clay –No, meglio in autostrada così mi tengo la casa-disse Pain togliendosi il cappotto e sedendosi accanto alla sua fidanzata-Dovresti smetterla di mangiare sta roba e mangiare qualcosa di più decente –aggiunse cercando di prenderle la barretta da mano fallendo miseramente.

- E tu dovresti smetterla di tagliarti- disse Clay in tono di sfida –Non lo faccio più lo sai ormai solo tu mi mandi in estasi-rispose Pain baciandola sul collo. Clay buttò la barretta –C’è la cena sul tavolo se hai fame – disse.

Pain la baciò poi le sussurrò-Non ho voglia di cibo adesso. Ora voglio solo tutta la tua passione-. Quella notte nessuno in tutto l’isolato riuscì a dormire bene tranne i due amanti che si assopirono in un caloroso e passionale abbraccio.

 

 

 

Notucce personali :)

Allora che ne pensate? Vi è piaciuto? Vi ha cambiato la vita? Avete cancellato il vostro account per non leggere più cose simili? Vi siete tagliati le vene e state morendo dissanguati in questo momento? Fatemi sapere le vostre impressioni con una piccola recensione:).

Nel prossimo capitolo parleremo finalmente di Zio Peppino ed inizieremo ad entrare nel cuore della storia. Al prossimo capitolo :D.

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Capitolo 3
*** Le persone rispettose vengono rispettate dalle persone rispettabili ***


3.Le persone rispettose vengono rispettate dalle persone rispettabili

 

In quella sala da pranzo c’erano più di dieci persone e solo una stava mangiando. Gli altri erano tesi e parlavano tra loro animatamente senza però a quanto pare rendersi conto che nonostante fossero seduti intorno al tavolo della sala da pranzo non stessero mangiando. Tra l’altro c’era anche un’altra differenza tra l’uomo e gli altri uomini: la tensione. Quest’ultimi infatti erano tutti visibilmente agitati e si asciugavano compulsivamente le grosse gocce di sudore che gli sgorgavano dalle fronti per la tensione coi loro fazzolettini ricamati a mano dalle mogli (tranne Luca che aveva perso il suo qualche settimana fa, con grande disappunto della moglie, ed ora era costretto ad usare quelli confezionati).

L’uomo invece era calmissimo e si stava gustando il pranzo, un piatto di cannelloni al sugo, ignorando la presenza dei suoi agitatissimi ospiti. Quella infatti era casa sua anche se definirla casa e riduttivo. Era più una reggia dove anche un re si sarebbe lamentato della sfarzosità dell’arredamento e del lusso generale. Però se si hanno dei soldi bisogna pur spenderli in qualche modo e poiché il proprietario non aveva a cuore il problema della fame nel mondo si era tolto qualche sfizio.

 La casa aveva tre piani senza contare i sotterranei (al proprietario piaceva chiamarli così) ed era possibile salire sul tetto per poter godere di una vista mozzafiato su tutta Napoli (è inutile dire che si poteva vedere anche il Vesuvio perché in qualsiasi punto di Napoli era possibile vedere il possente vulcano. Un po’ per ricordare ai cittadini che l’esistenza della loro città e di loro stessi era solo dovuta esclusivamente a lui).

 La casa aveva: uno studio, una camera da letto, una sala da pranzo, un salotto, un salone, una sala da biliardo, una da flipper, una stanza dove venivano tenuti gli animali, una cucina, un atrio, una sala da riunioni in ristrutturazione, un ingresso, un corridoio interno, due verande, e quattro bagni ognuno dotato di vasca idromassaggio e di televisore (anche se oramai il proprietario vi si recava solo per usare il gabinetto).

Il televisore principale però si trovava nel salotto, un costosissimo ed esclusivissimo Stuart Hughes Prestige HD Super Ultra Black Diamond Edition che veniva abbreviato da tutti in TV. La casa aveva anche una piscina aperta tutto l’anno poiché in inverno era possibile montare un capannone che la isolava dall’esterno rendendola incredibilmente calda e confortevole.

Già ad essere ospitati in una casa del genere si provava già un certo senso di smarrimento se poi però si calcolava anche chi fosse il proprietario ci si perdeva completamente anche con bussola e GPS. Naturalmente il proprietario non può essere altri che l’uomo più potente di tutt’Italia nonché uno degli uomini più potenti di tutto il globo: Zio Peppino.

 Su quest’uomo erano nate delle vere e proprie leggende più o meno fantasiose. In una di queste si diceva che il Boss era sceso nelle profondità del Vesuvio dove aveva trovato e catturato l’ultimo dei grandi draghi mangia fuoco che era attualmente tenuto a guinzaglio nella sua villa a Napoli. In un’altra (molto più plausibile della prima) Zio Peppino durante una riunione d’affari con i capi delle altre famiglie italiane aveva guardato così intensamente il notò Boss siciliano Carmine De Falco da fargli esplodere la testa rovinando così i costosi vestiti degli altri partecipanti. A vederlo però stranamente Zio Peppino non faceva molto paura. Era bassino e nessuno era mai riuscito a capire la sua età esatta anche se bastava un’occhiata per capire che aveva superato da un pezzo gli ottanta. Era sempre stato un tipo molto solitario e parlava poco anche se quando parlava riusciva facilmente ad avere l’attenzione dei suoi interlocutori.

Zio Peppino raramente aveva ospiti per pranzo e in generale non amava che qualcuno venisse a trovarlo a casa soprattutto se stava mangiando. Quel giorno però era una rara eccezione poiché era stato costretto a convocare tutti i membri della sua famiglia in vista della riunione del giorno dopo. I tre uomini più spaventosi e cattivi di tutt’Europa più i loro rispettivi sottoposti sarebbero venuti al porto di Napoli per parlare con lui di “affari pressanti”. Zio Peppino era già abbastanza annoiato, aveva da poco risolto una crociata di vendetta contro la famiglia Leoni che aveva cercato di rubargli dei contratti d’appalti mettendosi d’accordo con una ricca agenzia di costruzioni. La situazione però era stata risolta senza troppe complicazioni grazie a due suoi carissimi amici.

Luca si alzò –Ci sarà una guerra vogliono avere più potere. Abbiamo monopolizzato la situazione per troppo tempo dobbiamo dargli una parte dei nostri giri o ci sarà una guerra-disse. Zio Peppino posò la forchetta si pulì il muso poi disse- E chi credi che vincerà la guerra?-.

 Luca esitò –Lei ovvio- disse infine.

 La guerra tra bande era una brutta cosa c’erano molte morti ed era una rottura poiché era un continuo misurarsi il cazzo per vedere chi ce l’ha più grosso. Gli uomini di potere dalle guerre ci perdevano soltanto quindi i vari Boss cercavano sempre di evitare questo tipo di confronto. Lo Zio però era un’eccezione, fin dai primi anni di criminalità non si era mai tirato indietro davanti ad una dichiarazione di guerra e non a caso era il Boss più sanguinario e violento che l’Italia abbia mai conosciuto dai tempi di Giulio Cesare.

 Nella sala però calò un silenzio teso che fu rotto da Zio Peppino che disse-Ma pensate che loro possono venire qua e minacciarci perché non sanno fare affari nei loro paesi e richiedere tasse sulle nostre trattative estere? Se vogliono una guerra l’avranno e alla fine ci prenderemo anche le loro di trattative-. Gli uomini sembrarono convincersi avevano paura di quello che sarebbe potuto succedere ma avevano piena fiducia nello Zio. -Signore,c’è uno che vorrebbe parlarle dice di essere un certo “Puma”-disse Luigi entrando nella stanza. Peppino annuì e ricominciò a mangiare.

 
Quando il Puma entrò nella stanza fu colto di sorpresa, non si aspettava di trovare tutta la famiglia al completo e quindi rimase completamente immobile. Immediatamente cadde uno strano silenzio nella sala che fu interrotto da un colpo di tosse di Zio Peppino che riportò alla realtà Marco-Oh Zio ti prego. Oh magnanimo buonissimo misericordiosissimo Zio ti prego aiutami-.

Non ci fu alcuna reazione quindi Marco continuò-Ieri due pazzi furiosi hanno ucciso tutti i miei uomini e mi hanno reso un ...un…uno schifoso impotente eunuco. Ti prego in qualità di Boss io chiedo a te vendetta!-. Zio Peppino chiamò Luigi gli sussurrò qualcosa e questi uscì dalla stanza poi disse-Tu non chiedi un cazzo. Io in qualità di Boss dovrei tagliarti mani e piedi per poi buttarti a mare-.

Marco si senti tutta la villa di tre piani mancargli sotto i piedi-Ma Boss io sono come te un uomo fatto da solo sono partito da zero e ho ottenuto pian piano potere proprio come te. Ti prego ho bisogno del tuo aiuto-.

 Luigi rientrò nella sala con una gabbia di metallo. In questa c’era una gallina che guardava gli uomini nella stanza con aria interrogativa e diffidente.

-Mia madre diceva sempre: meglio un uovo oggi che una gallina domani poiché per domani la gallina potrebbe essere morta. Poi aggiungeva: non importa quanti soldi tu abbia, non importa quanto potere tu abbia e non importa chi tu sia se non hai una gallina in casa non puoi ritenerti uomo.- disse con aria nostalgica Zio Peppino mentre prendeva dalla gabbia un uovo( la mamma purtroppo era morta durante un brutto incidente coi carrelli del supermercato).

-Vedi bisogna mangiare le uova per crescere forte. Per questo le parole uova e uomo sono così simili. - stava dicendo mentre mescolava l’uovo con il piatto di cannelloni creando una strana poltiglia grigiastra. Quando questa raggiunse una buona consistenza si alzò e si mise davanti a Marco che era rimasto completamente in silenzio fino ad allora.

 Questi cerco di aprire la bocca per continuare la sua litania di preghiera d’aiuto ma lo Zio fu più veloce. Con un rapido gesto infatti imboccò Marco con la cosa che aveva appena creato. Marco di tutta risposta tossicchiò e sputò ma servì a poco poiché lo Zio lo imboccò un’altra volta …e un’altra…e un’altra ancora finchè il piatto non fu completamente svuotato.

-Tu dici di essere come me. Amico ne devi mangiare di uova per stare al mio livello- disse Zio Peppino appoggiando il piatto sul tavolo.

-Sai, come ho detto che dovrei buttarti a mare dopo averti mutilato ma io non sono un tipo che segue le tradizioni. Luca, Luigi prendete quest’eunuco e buttatelo nella lava del Vesuvio-.

I due sembrarono imbarazzati -Capo…be’ il Vesuvio è spento da un po’ vede…-stava dicendo Luca che fu zittito da un cenno del Boss. “Cavolo non si può neanche più fare i cattivi diabolici. Sta andando proprio tutto a rotoli in questo mondo di merda” pensò Zio Peppino , poi ebbè un lampo di genio.

Si avvicinò allo scaffale porta liquori e si mise a rovistare in uno dei cassetti sottostanti. Poi lo richiuse imprecando contro la donna delle pulizie e ne aprì un altro. Questa volta però estrasse una scatoletta nera sulla quale c’era scritto con un pennarello viola “BAM BY PAIN”. Lo Zio lo aprì ,dentro c’erano dei fiammiferi.

 Ne accese uno se lo mise nel palmo della mano e poi la chiuse, non si scottò. Andò dal Puma aprì la mano e soffiò. Una polvere nera colpì Marco che prese fuoco ed iniziò ad urlare in preda ad un dolore abissale che divora il suo essere. La cosa andò avanti per qualche secondo poi del Puma non rimase che una macchiolina indistinta sul parchè.

–Vedete signori quando pensate agli altri grandi INSENTIBILI dovete calcolare che noi abbiamo qualcosa che loro non hanno. Noi siamo italiani.-fece Zio Peppino andandosi a risedere a posto. Lasciò passare qualche secondo in modo che tutti assimilassero quello che aveva detto-Sapete qual’è la cosa più importante? L’unica vera cosa che conta?-chiese rompendo il silenzio. Gli ospiti rimasero immobili, nessuno osava parlare e si limitarono a scambiarsi occhiate cariche di tensione e paura ancora scioccati dalla vista dell’uomo che bruciava.

-Il rispetto-disse infine lo Zio-Il rispetto è l’unica cosa davvero importante per l’uomo. Ora chi rispetta le cose merita a sua volta rispetto perché è una persona rispettabile. Ma chi non ha rispetto non è meglio di un animale è non merita niente neppure la vita. Per questo amici miei se questi pensano di venire nella nostra casa e mancarci di rispetto con i loro “pressanti affari” io non ci penserò due volte a scatenare la più grande guerra che si sia mai vista dai tempi della guerra antiebrea-concluse.

 Luca pensò di correggere il Boss specificando che quella contro gli ebrei non era stata una guerra ma preferì stare in silenzio. I timori di tutti gli ospiti alla fine si erano dimostrati fondati: con la riunione del giorno dopo l’Italia malavitosa avrebbe dichiarato guerra a tutt’Europa.

 

 
Pain e Clay stavano stesi sugli scogli del lungo mare di Napoli a fumare buttando le ceneri lì intorno. Era buio e tirava un freddo venticello che accarezzava dolcemente i due amanti. I due però non avevano freddo .

–Oddio quanto amo questo posto è così romantico. E quanto mi è mancata quest’aria di mare. E quanto mi sei mancata tu Clay. Sai, Mergellina deriva dalle parole MAR e GALLINA per via del fatto che il mare bagna il Castel Dell’ Ovo. Poi a causa della pronuncia francese il nome è stato storpiato ed è stato privato del suo senso originale.- stava dicendo Pain.

 Clay sorrise poi tirò dalla sigaretta. Stavano fumando le solite Black Devil che Pain si portava sempre appresso. Col tempo Clay aveva iniziato ad apprezzare quelle sigarette (non che le piacessero sia chiaro) ma il sapore schifoso del tabacco era compensato dal fatto che queste erano collegate all’uomo che amava più di ogni altra cosa.

-Com’è andato il fine settimana ?-fece Clay spegnendo la sigaretta e girandosi verso Pain che continuava a tirare dalla sua-Be’ niente di che. Credo di aver fatto cattiva pubblicità ad un vino ed ho vendicato la giacca di un vecchio amico-rispose Pain–Le solite commissioni noiose lo sai. A te com’è andata invece ?- chiese.

-Uno schifo- rispose la ragazza- Le puttane ci rubano strada. Quanto odio quelle battone tutte truccante che vanno in giro sculettando. Io invece sono un artista e l’erotismo è la mia arte. Le mie ragazze sono come quadri ,un groviglio sensuale di colori e linee che trasmettono la passione del sesso. Il mio locale il WhiteHand è invece il mio palcoscenico dove la mia bellissima arte si sfoga e si consuma. Io ho come clienti politici, dottori ,magistrati , generali , scrittori mentre queste zoccole riescono ad acchiappare solo qualche tossico ignorante che non riesce a capire la filosofia della mia arte…-Okey ho capito- disse Pain cercando di fermare lo sproloquio della ragazza.

Questa sorrise-Scusa. Lo sai che su queste cose ci tengo-disse. Poi si mise a sedere-Pain ho paura che questo potrebbe finire. Io ho paura per te . lo sai che oggi sono arrivati degli uomini pericolosissimi. Gente davvero molto brutta-.

Pain si mise anche lui a sedere poi strinse la vita di lei col braccio- Sai chi sta arrivando ?-chiese. Clay annuì, da direttrice del locale più importante di tutta Italia non poteva non conoscere quegli uomini(anche se li conosceva solo di nome).

Erano chiamati da tutti INSENTIBILI poiché se si ascoltava una discussione in cui era presente il loro nome era meglio far finta di essere sordi (anche muti o ciechi per prudenza). Questi erano Feng Chin , Whapole lo Spagnolo e MR.Semedio.

Feng Chin era il classico orientale occhi a mandorla , bassino , cazzo piccolo ed era molto vecchio (anche se non poteva competere con Zio Peppino ) . Era famoso per la sua crudeltà e per aver sottomesso tutta la yakuza nel giro di qualche anno che poi aveva sbeffeggiato con l’omonima serie di videogiochi. Oltre a questo Feng Chin era famoso anche per l’esportazione all’estero di prodotti cinesi difettosi e per aver acquistato tutte le case produttrici di manga, anime e videogiochi giapponesi in modo da avere in pugno tutti i giappominkia e gli otaku.

MR.Semedio era invece l’opposto di Feng Chin. Prima di tutto era di colore quindi cazzo grande(è fan service scusate) , poi era un grande pacifista e aveva aderito a tantissime marce di pace. Per di più aveva contatti coi pezzi più importanti del WWF e di Greenpeace. Era vegano, non usava armi e non si poteva neanche considerare un vero e proprio gangster. Infatti come lui sosteneva la sua attività non era puntata al guadagno ma alla realizzazione del suo sogno ovvero la diffusione di quelle sostanze che il governo non vuole che si utilizzino poiché potrebbero svegliare le masse rendendole intelligenti ed attive. In breve MR.Semedio era il più grande spacciatore di tutti i tempi e secoli. Lo spaccio di qualsiasi tipo di droga dalla elaborata cocaina alla semplice erba era controllato da questo. Era così bravo e famoso che la gente iniziò a pensare che in realtà fosse un dio sceso in terra per portare gioia tra gli uomini. Questo portò alla nascita del Semedianesimo religione che superò ben presso il Rastafarianesimo.

D’altro calibro ancora era invece Whapole lo Spagnolo. Originario della Spagna naturalmente, a soli sedici anni vinse i campionati mondiali di poker. Fu allora che capì che la dea bendata aveva un occhio di riguardo nei suoi confronti. Con quei soldi costruì un casinò nella città del peccato dove ben presto si riunirono i più grandi giocatori di tutto il mondo poiché vincere qualcosa in quei casinò era praticamente impossibile. Dai casinò poi Whapole era passato alla politica ed ora aveva mani in pasta in tantissimi loschi affari.

-Clay non devi aver paura sai che nessuno può competere con la mia arte. E a te non succederà niente perché ci sono io a proteggerti. E se qualcuno dovesse sai…-e qui fece una pausa- Sappi che non ti perderesti nulla poiché distruggerei questa realtà per vendicarti. Tra l’altro ho imparato dei riti che potrebbero riportarti in vita forse però torneresti come zombie…-Clay sbarrò gli occhi –oddio no che schifo gli zombie no- Pain sorrise e baciò la sua amante. Non aveva per niente capito cosa avrebbe potuto nuocere alla ragazza.

 

 

 

Notucce personali :)

Eeeeeeee ecco il terzo capitolo. Lo so mi scuso sia perchè questo capitolo è uscito tardi sia perchè ho riletto i capitoli precedenti e...ho fatto un po' ... molti errori grammaticali e in un punto ho sbagliato una battuta :C . Tranquilli ho corretto tutto e non preoccupatevi sono solo piccolezze non dovete per forza andarvi a rileggere i capitoli. La storia invece sta lentamente ingranando ed ho introdotto altri tre importantissimi personaggi. Se vi piace il lavoro che sto facendo seguitemi, likatemi(nuova parola ) e fatemi sapere la vostra opinione in generale con una recenzione in modo da capire se sto sbagliando e cosa sto sbagliando(oltre alla grammatica .....ma di quello abbiamo già parlato) . Detto questo vi saluto al prossimo capitolo CUORICUORI.

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Capitolo 4
*** Affari pressanti ***


4.Affari pressanti

 

 

Il giorno dopo della fumata dei due amanti qualche ora prima però.

Come tutti i giorni dall’alba dei giorni il sole si stava tuffando nel mare lasciando il cielo alla sua compagna. Quel giorno però sembrava che questo si muovesse molto lentamente quasi come le macchine che, passate davanti ad un incidente mortale in autostrada, rallentano per godersi lo spettacolo rallentando anche la circolazione. In questo caso però non c’era nessun incidente da ammirare poiché anche la più spettacolare tragedia automobilistica non avrebbe potuto competere con la riunione segreta che stava avvenendo in quell’edificio vicino al porto di Napoli. In realtà di segreto questa riunione aveva ben poco poiché la data, il luogo e i partecipanti erano di dominio pubblico già da un pezzo. Nessuno però avrebbe osato interromperla o prendervi parte poiché con i quattro INSENTIBILI il modo più saggio di agire è il non agire.

La stanza nella quale si trovavano i quattro uomini non aveva finestre in modo da non avere distrazioni esterne. Tutte e quattro le pareti erano di un verde unto e sporco che veniva reso ancora più tetro dalla scarsa illuminazione della stanza affidata solamente ad una piccola lampada posta sul soffitto della stanza. Questa era molto piccola e conteneva solamente un tavolo quadrato, quattro sedie e gli INSENTIBILI. Questi se ne stavano in silenzio tutti presi a fare qualcosa che non aveva nulla a che fare con la riunione del giorno ignorando completamente gli altri partecipanti all’assemblea.

 Whapole ad esempio aveva disposto un mazzo di carte napoletane su tutto il tavolo e aveva iniziato un solitario che stava procedendo abbastanza bene (aveva girato più di venti carte senza mettere un solo re). Portava un elegante completo rigorosamente a scacchi, tranne la cravatta che era rossa (che come lui stesso affermava accentuava il contrasto tra bianco e nero del suo completo), ed aveva un lunghissimo codino che sfiorava di poco il pavimento. I suoi capelli lunghi e neri non erano la sola cosa lunga che aveva…infatti anche il pizzetto di Whapole era altrettanto lungo tanto da arrivargli al petto. Alla sua destra invece c’era Zio Peppino con una camicia sbottonata che mostrava il suo torace peloso e il pendente d’oro a forma di cornetto che portava sempre al collo. Lo Zio era tutto impegnato a finire un piatto di lasagne (quelle napoletane con carne, ricotta e fior di latte) col suo solito fare lento e sereno. Davanti a questo invece c’era Feng Chin che era impegnatissimo nell’atto del rimanere immobile. Aveva entrambe le mani sul tavolo una sull’altra (la sinistra, essendo un membro della yakuza, mancava di mignolo donato molti anni or sono al padre nonché maestro ) e la faccia era contratta in uno sforzo leggendario per rimanere completamente immobile e controllare ogni fibra del suo essere. Feng Chin infatti aveva studiato a lungo le tecniche di controllo del corpo e aveva fondato una scuola che si occupava proprio di questa nuovissima e potentissima pratica. Come lo stesso Chin affermava “solo chi comprende pienamente come rimanere completamente immobile potrà padroneggiare l’arte del movimento ed essere libero “. Aveva anche scritto tre libri e un manga sull’argomento e quello stesso anno sarebbe uscito un videogioco di simulazione. Il vestito che indossava, con tanto di papillon rosa, era bianco con sopra disegnati dei petali di fior di ciliegio che davano un aria molto vivace a quell’uomo vecchio e immobile. Quello che però era vestito in modo più elegante e bizzarro era MR.Semedio. Aveva una giacca verde scura aperta che mostrava una camicia verde acceso. Portava anche un capello nero con un fiocco verde sul lato sinistro e indossava dieci anelli tutti di colore diverso (questi erano: viola, rosso, arancione, giallo, bianco, celeste, blu, rosa, fucsia e nero) a forma di teschio semi trasparenti. Sul volto invece portava una maschera sempre a forma di teschio formata dalla fusione tramite voodoo di ossa di antichi e potenti stregoni (o così almeno sosteneva MR.Semedio). La maschera lasciava la bocca scoperta in modo da poter fumare liberamente pratica che MR.Semedio stava svolgendo proprio in quel momento. Intorno a lui quindi s’era formata una densa nebbia di fumo che copriva parzialmente l’uomo. La nebbia rimaneva sospesa intorno al Mister(cosa molto strana poiché i gas tendono ad espandersi e ad occupare tutto il volume disponibile ) quasi come se lo stesse abbracciando.

-Parlo io, parlo io. Buona sera a tutti voi qualcuno è così gentile da dirmi il motivo di questa riunione ?- disse Whapole girando l’ultima carta del solitario completandolo.

-Io sono per la guerra. Non avrete i miei racket. Il rispet…-aveva esordito Zio Peppino che fu subito interrotto da Mr.Semedio-Ma che guerra? Zio calmati è sempre la stessa storia con te. Anche l’altra volta hai minacciato di far scoppiare una guerra. E noi invece ci eravamo riuniti solo per l’anniversario della fondazione degli INSENTIBILI-.

-Si a proposito la paiella faceva schifo il cuoco l’aveva cotta troppo. Abbiamo organizzato in Francia da te Semedio e volevamo mangiare piatti francesi e non castrazioni culinarie di altri paesi. Io poi essendo spagnolo l’ho ritrovato anche un po’ offensivo-affermò Whapole.

I due (Feng Chin rimase completamente immobile a guardare un punto sopra la spalla dello Zio) fissarono Whapole con fare molto rabbioso tanto che questo ne risentì molto e mormorò delle scuse. Quando però MR.Semedio fece per riprendere a parlare si sentì un urlò e Feng Chin si sbloccò. Questo era scattato in piedi aveva indicato Zio Peppino e aveva iniziato ad urlare-Tu vecchio cacca, dammi TRINITY subito! Tu italiano ladrone! Sei solo cac…- ma fu interrotto poiché lo Zio aveva preso dal piatto la lasagna e l’aveva colpito in faccia. Feng Chin cadde di lato rompendo il tavolo e mancando di poco Whapole che era parecchio rattristato alla vista delle sue carte svolazzanti.

-Signori rimanete calmi!- sbottò MR.Semedio profondamente indignato-che sono questi modi animaleschi? Procediamo con ordine. Feng Chin per piacere illustra il tuo problema all’assemblea-.

Whapole sogghigno trovava incredibilmente ridicoli i modi di MR.Semedio. Erano boss, gente cattiva che ammazzava la gente e distruggeva la vita a milioni di persone non dovevano seguire alcun tipo di regole durante un’assemblea. Però MR.Semedio in fin dei conti aveva ragione se tutti si sarebbe comportati secondo i propri comodi non si sarebbe arrivati a nulla e quella noiosa riunione sarebbe andata avanti in eterno.

-Nell’epoca EDO-attaccò Feng Chin tenendosi la mandibola-Ci sono stati tantissimi samurai e guerrieri che hanno combattuto durissime e valorosissime battaglie. C’era un samurai il cui nome non deve essere pronunciato ne ricordato che combatteva con una spada rossa che si dice riuscisse a tagliare l’anima dei nemici. Si dice anche che proprio a causa della maledizione che gravava sul metallo usato per costruire la spada questo samurai senza nome massacro sua moglie e tutte le donne del villaggio. Infatti questa era stata forgiata con un antico e malvagio metallo trovato in una grotta delle montagne aguzze considerate uno dei punti di contatto del nostro mondo con quello dei demoni. Dei dieci fabbri che cercarono di forgiare quel metallo solo uno il grande Smuokinuow, forgiatore delle dieci katane d’oro per i maestri Shion, riuscì nell’impresa anche se perdette la vita durante la creazione dell’arma. TRINITY fu questo il nome che fu scelto sul letto di morte dal fabbro per l’arma. La leggendaria katana è rimasta nel tempio dedicato per molto tempo finché durante le guerre contro gli invasori occidentali ne fu persa ogni traccia. Ora a distanza di numerosi secoli abbiamo ritrovato la katana e questa appartiene ad un italiano di nome Gideon Agnello. Sappiamo che hai contatti con quest’uomo per questo devi ridarci la nostra TRINITY !-

Zio Peppino non rispose si limitò a rialzare la lasagna e a colpire di nuovo Feng Chin urlando qualcosa sul rispetto. Questa volta però il colpo si bloccò a mezzaria poiché dal terreno era spuntato un ramo di fior di ciliegio che gli aveva afferrato il braccio. MR.Semedio era indignato, aspirò profondamente dallo spinello e sputò un’ondata di fumo tra i due per dividerli. Il fumo avrebbe colpito anche Whapole se solo non si fosse alzato qualche secondo prima per raccogliere un asso di spade da terra (anche se non avrebbe potuto raccogliere tutte le carte avrebbe per lo meno conservato la sua preferita).

Il colpo del Mister aveva fatto effetto poiché adesso i due si erano allontanati nei due angoli opposti della stanza e sembravano essersi calmati. Il fumo stava lentamente ritornando da MR.Semedio che aveva ripreso a fumare con tranquillità.

-Perché siamo qui Semedio?-chiese Whapole con fare molto serio-sei stato tu a convocare questa riunione lo sappiamo ma quello che non sappiamo è il motivo. Questa scaramuccia tra questi due vecchietti è poca roba.-

MR.Semedio aspirò, trattene per qualche secondo il fumo e poi lo ricaccio nell’aria- C’è stata una retata e ho perso molti campi. E quando dico campi intendo quei “verdi campi”. Quindi la percentuale sui costi dei narcotici aumenterà momentaneamente. Sono venuto proprio qui in Italia per risolvere questo problema e pattuire con certi signori l’acquisto di nuovi campi. Dovete essere presenti anche voi per decidere in che modo comportarci-.

Non ci fu alcuna reazione nella stanza per questo MR.Semedio riattaccò con fare negativo cercando di sottolinere la gravità della situazione-Signori è una cosa molto seria se iniziamo a perdere terreno in questo campo avremmo un netto taglio sui nostri profitti e meno soldi ricaviamo ora meno soldi ricaveremo in futuro è tutto un circolo vizioso da cui è difficile uscire-.

Feng Chin parlò –Quando e dove ?-chiese-Tra una settimana a Venezia il posto ve lo comunicherò il giorno prima poiché mi è tuttora ignoto- rispose MR.Semedio. Sentito ciò Feng Chin se ne uscì lasciandosi una scia di petali rosa dietro.

-Io non posso esserci ho degli affari pressanti da risolvere- disse Whapole-Cosa? Cosa c’è di più pressante di questo? Perderai tutto!-sbottò MR.Semedio arrabbiato.

-Pensi che io mantenga il mio patrimonio sulla vendita di qualche sostanza chimica che allevia la gente dalla frustrazione sociale? Sei fuori strada, ho puntato su altre carte.-disse Whapole avviandosi verso l’uscita-Risolvete senza di me, datemi la percentuale più bassa non mi interessa ora devo andare in quel famoso locale di cui si parla ovunque speriamo solo che ci siano realmente delle ragazze carine e non sia tutta mera pubblicità. Hasta la vista amigos!-concluse uscendo.

Nella stanza rimaneva solo MR.Semedio e Zio Peppino che aveva ancora in mano la lasagna che stava sgocciolando sugo sul pavimento. MR.Semedio guardò l’uomo, era il più spaventoso di tutti e si era fatto ben tre generazioni di INSENTIBILI (ovvero gli INSENTIBILI avevano avuto tre successori ciascuno da quando lui era entrato). Si diceva non avesse mai perso una battaglia e se da una parte era un bene averlo come amico e come membro della banda dall’altra sapeva che non ci si poteva in alcun modo andare d’accordo, solo un pazzo ci sarebbe riuscito. Qualche anno fa iniziò a girare la voce secondo la quale durante una sparatoria lo Zio avesse avuto un attacco di cuore e che nonostante questo fosse riuscito ad eliminare i nemici mentre si colpiva il petto per mantenere il cuore in movimento. Fu proprio mentre formulava questi pensieri che qualcosa lo colpì in faccia rompendogli la sua affezionatissima maschera e spingendolo contro la parete. Quando lo stordimento passò capì che il colpo era partito dallo Zio che gli aveva buttato contro il pezzo di lasagna.

-Questa è la mia stanza. Questa è la mia città. Questa è la mia regione. Questa è il mio stato.-iniziò Zio Peppino-Pensi di poter venire qui ed organizzare incontri in casa d’altri? Io sono il boss di tutt’Italia e quindi anche di Venezia. Se ho capito bene vuoi alzare i costi dei narcotici, be’ io non ti darò niente di più di quello che abbiamo pattuito e se non ti sta bene stai certo che non ci sarà nessuna riunione con questi businessmen cosi importanti. Detto ciò gradirei che ti accomodassi fuori l’affitto di sta’ stanza si paga ad ore e la terza ora scatterà tra qualche minuto-fece Zio Peppino indicando la porta.

Mr.Semedio con una mano sul naso sanguinante e rotto si avviò verso la porta e iniziò a percorrere il lungo corridoio. Odiava quel mondo. Odiava quel modo di pensare e d’agire lui era un pacifista che si batteva solo per giusti ideali. Ma se voleva realizzare il suo sogno avrebbe dovuto convivere con quella realtà e faticare molto. Per questo si limitò ad uscire in silenzio, entrare in macchina, chiudere i finestrini, rollarsi una canna e mettersi a fumare. Il sangue dopo qualche tiro si fermò da solo, il naso sembrò tornare sano e in generale si sentì completamente rinvigorito. Era proprio il Dio del fumo.

 

 

 

 

Della struttura originale del WhiteHand oramai non rimaneva molto poiché col passare degli anni Clay aveva pesantemente modificato la struttura originale del locale. Anche il nome era stato cambiato per via della politica anti-gattara con la quale Pain aveva contagiato la ragazza poiché il nome originale era CatHand. Il locale era molto spazioso, aveva infatti un enorme palco per gli spettacoli più importanti e tre piccoli palchi sui quale ballavano le star minori della serata. Nell’angolo di destra c’era la zona d’arte dove venivano esposte le più importanti opere di dipinti erotici viventi. Questa pratica che era diventata famosa già da qualche anno consisteva nell’affittare una modella (di solito le stesse ragazze del WhiteHand) e dipinger il proprio quadro su questa. Il locale aveva anche una zona vip dove i clienti più esigenti potevano consumare i loro appetiti e un grandissimo parcheggio degno dei grandi supermercati americani. L’ufficio di Clay invece si trovava al secondo piano e aveva un balconcino dal quale, attraverso una vetrata blu, era possibile avere una vista totale di tutto il club così da tener sempre sotto controllo la situazione.

Clay si trovava proprio su quel balconcino in quel momento e fissava attraverso il vetro colorato l’importante uomo che se ne stava seduto circondato dai suoi scagnozzi al centro del locale. Clay aveva subito riconosciuto l’uomo e a quanto pare, non era stata la sola a riconoscerlo poiché appena questo era entrato il WhiteHand si era velocemente svuotato degli altri clienti.

Clay non voleva farlo per questo rimase a fissare il cellulare per un po’. Poi si ricordo della promessa e compose il numero-Vieni, ci sono problemi, lui è qui- aveva detto rapidamente per poi riagganciare. Infine aveva trovato il coraggio ed era finalmente scesa a parlare con quell’uomo.

-Buona sera sono Clay Pescino la proprietaria del WhiteHand sta passando una buona serata?- chiese Clay con un radioso sorriso.

Whapole guardò la ragazza. Era molto giovane non aveva più dei vent’anni. Portava dei capelli neri corti con un ciuffo tinto di blu ed era molto magra ed alta ma allo stesso tempo incredibilmente bella-Signorina mi hanno sfracassato los cojones con questo locale. Tutti a fare “guarda che quello non è sesso, tette e culi, quello è arte” ma devo dire che sto da venti minuti in sto posto è l’unica cosa che mi ha colpito è stata la noia. Ad esempio cosa dovrebbe rappresentare quella tizia tutta colorata di rosso?-disse Whapole indicando un dipinto erotico vivente che ritraeva una donna pitturata di rosso su un piede solo, con le mani intorno al collo e la bocca spalancata.

-Simboleggia come l’amore sia scomodo e di come questo sia completamente incontrollabile dall’uomo essendo un sentimento spontaneo-rispose Clay.

-Sarà…a me sembra una che ha pestato una cacca e si è messa ad imprecare. Invece quello simboleggia un uovo?-chiese Whapole indicando un'altra opera che rappresentava una donna dipinta di bianco rannicchiata.

-Be’…non esattamente quello è la rappresentazione della nascita e vuole indicare che quando noi nasciamo siamo tutti uguali come dei fogli di carta che verranno modificati dalle esperienze che andremo a vivere. -rispose la ragazza.

-E il ballo invece queste tre si stanno scatenando e quella si limita a camminare in cerchio. Ha avuto un crampo ?- osservò Whapole.

-Ma no signore queste tre ballerine rappresentano la passione mentre quella sul palco grande rappresenta il vortice nel quale questa spinge gli uomini e le donne. Serve da monito- spiegò Clay.

-Maria, ma non ci capisco una cabra di questo posto me lo aspettavo come quello di arancia meccanica con tanto di tavolini erotici e latte drogato. Non c’è una guida che posso consultare per capirci qualcosa, come quegli opuscoletti nei musei?- chiese Whapole a Clay che scosse lentamente la testa poi aggiunse-Signore, se vuole rimanere in questo locale deve per forza prenotare un ballo, affittare una ballerina o acquistare un opera d’arte non può rimanere lì seduto.-

-Oh mi dispiace ma non sono interessato a quelle cose lì. E poi sono l’unico cliente quindi non do molto fastidio se rimango qui a rilassarmi- rispose in tono di sfida Whapole lanciando una brutta occhiata alla ragazza.

Appena ebbe finito di parlare si sentì un botto e l’entrata si spalanco. Poi nella stanza entrò Pain, schioccò le dita e gli si materializzò in mano la sua revolver-Bang è questo il suono che farà questa pistola se non ti alzi e butti il tuo culo fuori da qui-disse Pain puntando la pistola contrò l’INSENTIBILE.

Gli uomini di questo cercarono di estrarre l’arma ma furono fermati da un gesto del capo. -Quante probabilità ci sono che un proiettile sparato da questa distanza possa uccidermi? – chiese.

-Be’ non so provo ad avvicinarmi- rispose Pain avvicinando la canna della pistola alla fronte di Whapole.

-Ora le probabilità di uccidermi sono aumentate ma anche qui c’è una piccola probabilità forse anche meno dell’uno per cento di non uccidermi. Tu devi solo provare poi vedremo quel…-si fermò di colpo. Poi la sua faccia si contrasse in una morsa di terrore e cadde all’indietro con tutta la sedia esclamando-El Diablo Macho Cabrio !-.

-Voi italiani siete pazzi non avete idea con che cosa giocate. Pazzo sai cosa significa il tuo potere ? Sai cos’è la fiamma della passione?- chiese Whapole, poi estrasse il crocifisso dal petto e gli diede un bacio che durò qualche minuto.

-Io non gioco con la magia io la pratico. So chi è il mio signore e so cos’è il mio potere e so esattamente come controllarlo.-rispose Pain facendo roteare la pistola.

-Ragazzi andiamo via questa visita è finita. Meglio non avere nulla a che fare con un mago viola le nostre anime ne potrebbero risentire-disse Whapole avviandosi verso la porta coi suoi scagnozzi-solo tre maghi sono riusciti ad usare il tuo potere caro mago viola e di questi tre uno è stato impiccato, uno si trova in un altro piano mentre un altro ancora è CADUTO. Non ti conviene giocare con il respiro di BACCO ragazzo-concluse facendosi il segno della croce e richiudendosi la porta alle spalle.

-Cos’è sta storia?-chiese Clay arrabiata-E che ne so questi spagnoli sono molto religiosi lo stile del tuo locale deve avergli provocato un conflitto religioso-rispose il ragazzo.

Poi si avvicinò a Clay la baciò e l’abbraccio. Poi Pain guardò la pistola e si soffermò sulla scritta gialla sulla canna di questa che aveva provocato tanto terrore a Whapole. Questa recitava in latino “Bacchus meam passionem manducat”.

 

 

 

 

 

 

Notucce personali :)

BAM quarto capitolo. Finalmente è entrata la gente figa u.u. Nel prossimo capitolo iniziano anche i combattimenti. Al prossimo capitolo :). Ciao CUORICUORI <3

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Capitolo 5
*** Quello che non piace ai giappominkia ***


5.Quello che non piace ai giappominkia

 

 

La parola “ninja” è formata dalle parole “nin” che significa piccolo e “ja” che indica lo stupore del piccolo intervallo di tempo che viene impiegato per fare qualcosa che normalmente impiegherebbe una quantità dello stesso molto maggiore. Gli studiosi di crittografia occulta nel corso dei secoli hanno dato al termine “ninja” numerosi significati ma nessuno in realtà e mai riuscito a capire con esattezza il significato di questo termine o la sua origine. Di certo non sarà il sottoscritto a dirvi il reale significato di questa parola ma bisognava aprire questa piccola parentesi per introdurre il prossimo personaggio.

Questo se ne stava appollaiato su un palazzo a scrutare l’orizzonte nel buio della notte completamente vestito di nero. Ebbene si lui era un ninja. Ma non come quelli nei fumetti o nei film o come quei bambini in costume. Lui era un ninja nella vita vera.

Fin da piccolo si era addestrato duramente, aveva sopportato allenamenti estenuanti e aveva imparato ogni tecnica di combattimento con e senza armi. Aveva imparato a osservare, a celare la propria aura vitale e a colpire nel momento giusto nel modo più stiloso possibile (per un ninja era fondamentale l’entrata in scena).

Tra le varie accademie e gruppi ninja si sussurrava il suo nome con grande terrore e con ancora più terrore si sussurrava delle sue leggendarie imprese. Aveva numerosi soprannomi tra qui bisogna ricordare: “la notte omicida “ o  “il punitore dell’oscurità” o ancora il più elaborato “colui che viene da non si capisce dove e uccide ogni cosa”. Il suo vero nome invece era… - Kakashiruto-senseidono siamo pronti ad ingaggiare l’obbiettivo -.

Kakashiruto smise di scrutare l’orizzonte nel buio della notte e si girò verso il sottoposto che aveva parlato inchinato nella classica mossa di sottomissione e rispetto. Il maestro Kakashiruto annuì, schioccò le dita e altri dieci ninja li raggiunsero con la loro tipica velocità fulminea. Kakashiruto guardò i suoi sottoposti o meglio sembrò farlo poiché portava come sempre delle fasce nere che gli coprivano tutto il volto (alcuni motivavano queste con la presunta cecità del maestro, altri invece sostenevano che servivano a coprire una brutta cicatrice di guerra mentre altri ancora vociferavano che fosse semplicemente brutto).

-Zanzara, tilacino, tyrannosaurus rex, quagga, dodo- disse il capo agitando in modo strano le mani. Poi urlò con tutta la forza che aveva in corpo e fischiò due volte. Alla fine del secondo fischiò tutti i ninja scomparvero.

 

 

 

Gideon stava cercando i pop-corn quella sera. Lui amava i pop-corn non a caso li mangiava in qualsiasi momento anche dopo il sesso e dopo aver ucciso qualcuno. Aveva sostanzialmente sostituito le sigarette coi pop-corn a differenza che questi ultimi erano molto più economici e facevano meno male. Quella sera tutto era pronto: poltrona, film, bibite, TRINITY. Mancavano solamente quelle dannatissime e buonissime palline bianche (anche se non avevano la forma di vere e proprie palline) soltanto che quella sera non riusciva a trovarli. Poi si ricordò che l’ultimo pacco l’aveva aperto quando aveva visto l’uomouccello (non è un porno ma un famosissimo film vincitore anche di qualche piccolo premio) e si avviò in salotto molto rattristato.

 “Sarà una serata piatta, più piatta di una ballerina anoressica vero cucci? “pensò guardando TRINITY messa su una delle due poltrone del salotto “Ovvio Gideon credo che domani mi sarò arrugginita “ continuò Gideon.

Gideon premette play e si sedette, il film si preannunciava una noia mortale ma essendo un grande appassionato della cinematografia doveva vedere ogni aspetto di quest’arte. Ci fu il solito motivetto di presentazione della casa produttrice poi ci fu un rumore più forte e molto più vicino.

In un primo momento Gideon pensò che l’audio fosse sfasato (cosa che capitava spesso quando si scaricavano film da internet) quando però vide le dodici sagome nere che lo circondarono puntandogli le loro ninjato iniziò a realizzare che stava succedendo qualcosa e che quella serata non sarebbe stata così piatta come aveva immaginato.

-Gideon Agnelli sei accusato di aver rubato la preziosissima TRINITY dal tempio sacro delle 100-passioni-sessuali ed ora devi restituirla !- disse Kakashiruto estraendo le sue due ninjato.

-Io sono solo quindi è Agnello. Ragazzi però devo dire che mi avete fatto saltare e di certo non siamo su una rivista fumettistica per ragazzi- disse Gideon prendeno velocemente TRINITY lì accanto che sguainandosi emise il suo caratteristico suono ovvero un acutissimo CUCCINNN.

I ninja sembrarono impauriti alla vista dell’arma poiché tutti conoscevano la leggenda del samurai il cui nome non deve essere pronunciato ne ricordato. Sapevano che avrebbero dovuto recuperare la sacra arma ma non avrebbero mai immaginato che il possessore potesse maneggiarla.

-Per tutte le sacre tecniche dei ninjutsu segreti dell’eremita. Riesci a impugnare la spada taglia anime?- disse Kakashiruto stupito per la prima volta in tutta la sua vita.

-Io e la mia cuccicucci ci vogliamo tanto bene e ci diamo forza nei momenti tristi della vita. Quindi e ovvio che riesca ad impugnarla e non riesco a fare solo questo…UNCUT-disse Gideon, agitò la spada e i tre ninja che gli stavano davanti furono tagliati a metà (Gideon rimase molto deluso come se si aspettasse di colpire dei tronchi).

Kakashiruto fischiò e tutti i gli altri sottoposti si allontanarono uscendo dalla finestra- Non posso permettere che mi sfugga l’occasione di sconfiggere il possessore di TRINITY in duello. Potrò finalmente testare la mia fantastica tecnica nascosta super segreta il BYURIGAN !- Gideon sogghignò-Si peccato che non siamo in Giappone ma in Italia-disse prendendo la pistola dal fodero della giacca.

-Merda BYUR…-ma Kakashiruto non riuscì a completare la frase poiché due proiettile lo colpirono alla pancia e alla gamba facendogli scappare un urlo. Gideon era un po’ deluso per la breve durata dello scontro se non altro avrebbe potuto vedere il film. Quindi mirò con calma e si apprestò a dare il colpo di grazie al suo avversario. Quando però premette il grilletto non successe niente.

-Eh si è inceppata- fece Gideon guardandosi la mano. Poi si accorse che non impugnava più la pistola poiché questa stava a terra tagliata in mille pezzi. Mentre la sua mente realizzava tutte queste osservazioni sulla realtà un calcio lo colpì scaraventandolo contro la parete.

-Un ninja rimane sempre un ninja anche in Italia- disse Kakashiruto menando un altro calcio volante che Gideon parò con TRINITY che emise un intenso bagliore rossastro.

-Dai cuccicucci non ti arrabbiare il film ce lo vediamo un altro giorno-promise Gideon-ma no, lo sai che userei solo te come arma non devi essere gelosa. Si ho capito che mi hai tagliato la pistola solo perchè mi vuoi tutto per te. Non preoccuparti ho capito che l’hai fatto con amore…ora però…UNCUT-finì Gideon scattando in avanti menando un fendente con la spada contro il ninja che stava cercando di dare un senso alla discussione.

Si senti un forte CUCCINNN e TRINITY fu bloccata dalla ninjato del ninja che estrasse una seconda ninjato e la conficcò nella gamba sinistra di Gideon che indietreggiò dolorante risbattendo con le spalle al muro.

Kakashiruto però aveva appena iniziato poiché si riscaravento su Gideon affondando l’altra arma nella spalla destra di questo. Gideon provò a contrattaccare ma il fendente andò a vuoto poiché il suo avversario vece una veloce capriola all’indietro.

Le cose si stavano mettendo male per Gideon poiché aveva sempre sfruttato molto l’aura di TRINITY tralasciando così completamente il combattimento con la spada vero e proprio. Avrebbe preferito combattere un robotkiller armato di razzi nucleari e lancia fiamme che un affrontare un combattimento all’arma bianca.

-Chiasmo! Sei stato colpito a chiasmo, ora tutta la tua aura si è bloccata nei tuoi punti vitali rivelandomeli. Inoltre anche i tuoi riflessi sono stati rallentati lo scontro è finito … BYURIGAN!- disse il ninja correndo verso Gideon per dargli il colpo finale.

Gideon fin da piccolo aveva fatto molte risse. Quando si fa una rissa ci sono due atteggiamenti che possono essere adottati: quello del combattimento e quello della fuga. La fuga nonostante molti la associno ai vigliacchi è la scelta migliore che il soggetto può adottare in situazioni pericolose. Il motivo e che con questa scelta il soggetto ha il 95% di probabilità di preservare la propria integrità fisica.

Quindi seguendo la seguente tesi e fatto qualche breve calcolo Gideon si decise. Con la punta di TRINITY tocco la parete che andò in mille pezzi poi allargò le braccia e si buttò di schiena nel vuoto schivando per un pelo una mortale combo che il ninja stava eseguendo volteggiando i ninjato (un ninja che si rispetti ha sempre due ninjato di scorta) e urlando parole incomprensibili.

La caduta un po’ per l’aura di TRINITY e un po’ perché Gideon abitava al terzo piano non fu mortale. Anzi si rimise rapidamente in piedi e mentre si sfilava gli spadini si avviò verso la sua macchina.

 

 

 

Finita la combo Kakashiruto riaprì gli occhi. Quello che però vide lo deluse non poco. Era lì da solo in quella stanza distrutta con tagli su pareti e mobili. Era solo…Gideon era scappato.

-Signore abbiamo già mandato una macchina ad inseguirlo e un’altra macchina è pronta in questo momento giù per partire-stava dicendo un ninja subordinato a Kakashiruto che annuì distrattamente affrettandosi a scendere.

“Il possessore della leggendaria spada è un incapace cronico” stava pensando “com’è possibile che possa anche solo impugnare un qualcosa di così potente?”si chiese. Ripenso ai giorni in cui era ancora un piccolo shinibi e si ricordò del suo maestro che gli raccontava di un uomo dal nome che non deve essere ne ricordato ne pronunciato che eliminava ogni nemica tagliandogli l’anima negandogli così la pace eterna e condannandoli al vuoto eterno. Poi ripenso a quell’uomo che era scappato da un duello all’ultimo sangue e gli si gelò il sangue nelle vene dal disonore. Doveva recuperare TRINITY prima che quell’animale potesse infangare il nome della spada più di quanto stesse facendo in questo momento.

 

 

 

 

Gideon stava guidando l’auto alla massima velocità guardando nervosamente nello specchietto retrovisore la piccola macchina nera che si stava avvicinando sempre di più. In questa c’erano cinque sagome nere schiacciate l’una sull’altra per le ridotte dimensioni del veicolo. Una di queste si sporse dal finestrino ed iniziò a lanciare degli shuriken avvelenati cercando di colpire Gideon che li schivo senza troppi problemi.

I ninja capirono di dover cambiare strategia d’attacco. E abbandonarono il veicolo saltando sul tettuccio della macchina di Gideon pronti per fare irruzione nel veicolo. La loro preda però fu più veloce, prese TRINITY dal sedile del passeggero davanti -UNCUT- e il tettuccio della macchina volò via. I ninja però essendo preparati fisicamente e psicologicamente ad ogni evenienza con rapido balzo e con una mossa che metteva in seria discussione molte leggi della fisica liceale si ritrovarono due sul cofano davanti due sul sedile posteriore e uno su quello anteriore.

Gideon guardò i suoi cinque passeggeri -Ma se vi piace tanto sta macchina tenetevela, io me ne posso comprare un’altra tanto i soldi non mi mancano- aprendo lo sportello e saltando con impugno TRINITY giù dalla macchina.

Questa continuò la sua folle corsa ed andò a sbattere contro un autobus dall’altra parte della carreggiata. Il motore prese fuoco e ci fu una pittoresca esplosione che illumino la faccia sorridente di Gideon e la sua spada che brillava di un rosso più acceso del solito.

-Un samurai non scappa mai dal campo di battaglia!-urlò Kakashiruto che aveva raggiunto l’uomo che aveva disonorato tanto la usa cultura e la sua arte di combattimento.

Gideon si girò e fissò quell’omino che trasudava odio e rancore dal vestito nero-E tu che ne sai? Sei un ninja no? – fece

Kakashiruto ne aveva abbastanza scattò in avanti …poi si fermò. Davanti a lui era comparso un vecchietto bassino che gli lanciò una brutta occhiata.

-Ora è guerra!- urlò Zio Peppino estraendo un cannolo ripieno di ricotta. Lo puntò verso il ninja e la ricotta fu sparata ad alta velocita contro questo aprendogli un grosso buco in testa. Gli altri tre ninja dietro di lui guardarono il corpo del loro sensei cadere a terra come ricotta.

I ninja che avevano sopportato prove e allenamenti di ogni tipo ebbero un crollo emotivo e lanciarono un urletto soffocato scoppiando a piangere.Fu allora che Luca, Luigi e altri tre uomini fecero il loro e sparando un paio di raffiche dai loro AK-47 cancellarono ogni ricordo di quell’antico ordine ninja.

 

 

 

 

 

Clay e Pain quella sera erano andati al cinema. Clay non aveva avuto delle prenotazioni rilevanti quella sera ed aveva affidato il locale ad un amica. Il film che avevano visto era tratto da un libro (come la maggior parte dei film ultimamente) e aveva un nome che criticava apertamente l’astronomia e la fortuna. Clay aveva pianto per tutta la durata della proiezione anche durante i titoli di coda. Pain invece aveva apprezzato la prima oretta di film ma si stava ancora chiedendo cos’era lo schifo che aveva visto passata questa. Sembrava quasi che il regista si fosse scocciato ed abbia girato scene a caso per riempire il resto della pellicola. Il solito caso di una bella storia che veniva rovinata per essere più “appetibile” al pubblico e far piangere le bambine depresse che non avevano mai baciato un ragazzo.

Quando i due amanti entrarono erano tutti appiccicati pronti a spogliarsi ed a tenere svegli i vicini per tutta la notte come sempre. Quando però Pain vide Gideon tutto fasciato e Zio Peppino che stava facendo un discorso sul rispetto capì che quella sera il divertimento era finito.

 

 

 

 

-Cinese…no forse è giapponese. Ma, valli a distinguere quegli occhi a mandorla- stava dicendo lo Zio-resta il fatto che se lui attacca noi, noi distruggiamo lui-

-Restiamo calmi, calmi, calmi. Andare in giro ad ammazzare ogni cinese o quello che è non risolve niente. Siamo realisti Zio io e Gideon non possiamo competere contro Feng Chin e i suoi uomini- disse Pain.

Gideon scoppiò a ridere –Maghetto mio tu non sai quanto siamo in coesione ora io e TRINITY. Abbiamo assaggiato un po’ del loro sangue e ora vogliamo tutta l’enoteca!- disse con un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

-Pain l’unico modo che abbiamo per eliminare Feng Chin e attaccarlo ora nell’hotel-nave-tempio giù al porto…andremo io e Gideon e gli mostreremo cosa significa rispetto!- annunciò Zio Peppino- tu devi partire per Venezia, devi incontrare MR.Semedio e contrattare sul fatto dei campi. Sarà l’unico INSENTIBILE presente quindi non dovresti aver problemi ad affermare la nostra posizione-finì.

-NO! Ma cosa Gideon va a fare combattimenti e vendette ed io vado alle riunioni gestionali? Non se ne parla prop…-si fermò di colpo, Clay gli aveva preso il braccio e lo stava guardando con due tenerissimi occhioni – Io non sono mai andata a Venezia- disse con voce calma e seducente.

Pain sbuffò-Gideon deve avere la sua vendetta è una questione di rispetto vero Gideon? – chiese lo Zio.

-No Zio non è questo. TRINITY si è eccitata credo che abbia percepito come un richiamo di morte verso questo Feng Chin …anzi credo che questo Feng Chin abbia come sottoposto qualcuno che TRINITY vuole tagliuzzare. Siamo entrambi troppo eccitati per lasciare perdere- rispose Gideon sempre con la stessa espressione sanguigna.

Pain aveva notato che l’amico non si era toccato fino ad allora ne i capelli ne il collo. Infatti da quando Gideon aveva iniziato ad usare TRINITY aveva iniziato a soffrire di uno strano tic che si manifestava quando bramava l’utilizzo della spada. Ora sembrava diverso, sembrava quasi come se non avesse più bisogno di usare la spada poiché entrambi erano diventati una cosa sola.

-Andiamo a Venezia! Venezia! Venezia!-iniziò a strillare Clay. Pain guardo la usa ragazza che stava saltellando per la stanza urlando come un cagnolino che ti chiede di lanciargli la pallina- Va bene, andiamo a Venezia, Clay aiutami con le valige- si arrese alla fine.

 

 

 

 

 

I ninja avevano fallito, c’era d’aspettarselo. I ninja possono solo scrutare nella notte e inventarsi allenamenti strani. Praticamente sul campo di battaglia sono inutili come il ketchup senza le patatine (la senape e la maionese sono inutili anche con queste). Lui invece era come un hot dog andava bene con ogni cosa.

Avrebbe tanto voluto mangiare un buon onigiri ma era arrivato in Italia e doveva mangiare il cibo del posto. Per questo era andato in uno di quei posti che gli animalisti di turno cercano sempre di chiudere e aveva ordinato un piatto che in qualche modo potesse ricordargli la cucina giapponese. Il problema era che in quel panino il cane non si sentiva proprio. Diede un altro morso all’hot dog poi incarto il resto e lo butto nel cestino lì vicino.

Aveva fatto un lungo viaggio in aereo ma non aveva alcun tipo di bagaglio ad eccezione di una valigetta lunga nera sulla quale erano disegnati due draghi che si mordevano la coda a vicenda creando un cerchio nel quale c’era un panda seduto in meditazione. Feng Chin aveva dovuto usare un bel po’ di contatti nel ramo dei trasporti per far arrivare lì quella valigetta.

Aspirò a pieni polmoni l’aria del mare napoletano e sorrise. Da lì a poco avrebbe fatto uno dei duelli più belli di tutta la sua vita ed avrebbe dimostrato di essere il miglior samurai in vita e di tutti i tempi.

Era molto eccitato della prospettiva di scontrarsi con la TRINITY, finalmente avrebbe dimostrato di come la tecnica di spada che aveva affinato nel corso degli anni era superiore a qualsiasi altra tecnica usata in qualsiasi altra scuola.

Aprì la valigetta e prese la sua spada, la sguainò e la puntà contro l’orizzonte infinito del mare. La Masamune brillò di un blu intenso per un attimo e sul mare comparvero delle piccole increspature, aveva fiutato la TRINITY.

 

 

 

 

 

 

 

 

Notucce personali :)

Finalmente il nuovo capitolo yuppie yeah! Lo so ci ho messo troppo ma la scuola, la musica (la mia povera esperienza chitarristica) e i momenti di depressione filosofica mi hanno riempito la giornata. Ora dovrei essere più costante….anzi che di fare una super RUN e finire la storia :)…non prometto niente però hahahahaaha.

Be’ che dire la storia ha preso forma e ho già in mente come farla finire devo solo mettermi a riportarla in forma digitale. Ci saranno ancora un po’ di capitoli e posso solo dirvi che il finale non è il finale è che inizia finendo e che continuerà nel finale che in realtà è un inizio (?).

Se vi è piaciuto il capitolo recensite! Se vi ha fatto schifo recensite (ma mettete un cuore alla fine così capisco che mi volete bene :3)! Se avete capito quello che ho scritto sopra nsul finale spiegatemelo …no davvero …vorrei saperlo…

Alla prossima CUORICUORI <3!

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Capitolo 6
*** I sensei sono utili solo a sgridarti ***


6. I sensei sono utili solo a sgridarti

 

Quel rumore rimbombò in tutto il tempio come non aveva mai fatto da secoli. Immediatamente tutti i samurai si guardarono pieni di tensione e stupore. La maggior parte di questi non comprendevano la gravità di quel suono essendo giovani e ignoranti per quanto riguarda le vecchie leggende. I più vecchi invece rimasero molto spaventati poiché conoscevano bene cosa significava quando qualcuno apriva in quel modo la porta del cielo.

Ora il suono aveva smesso di far vibrare le pareti del tempio e tutto era calato nel silenzio quasi come se si fosse trattato tutto di un brutto sogno…ma purtroppo non era così.

La porta della sala del trono si aprì e i due massimi maestri entrarono di corsa nella sala della meditazione. Tutti i samurai si alzarono e si inchinarono in segno di rispetto ma i due li fecero rialzare velocemente con un rapido movimento della mano.

-La porta del cielo è stata aperta è nostro compito come guerrieri di Yanto punire i colpevoli- disse Kaneki ai presenti che risposero in coro con un urlo di battaglia. Shiniki, l’altro guardiano, era al suo fianco ed annuì deciso guardando la porta che dava sull’atrio del drago.

Nessuno poteva ricordare dell’ultima volta che la porta del cielo era stata aperta completamente poiché di quell’epoca non rimanevano che poche e confusionarie leggende. Si diceva che questa fosse stata aperta dall’esercito reale che, comandato da un re invidioso della tecnica di spada Yanto avesse ordinato di uccidere tutti i samurai e bruciare il tempio. Così quella notte tremila uomini aprirono la porta del cielo ed invasero il tempio…venendo brutalmente massacrati dal Yanto e dai suoi due guardiani aiutati solamente da un centinaio di samurai.

 

 

I due guardiani (quelli attuali poiché quelli della leggenda ormai sono solo polvere d’ossa) indicarono le due pesanti manopole ai lati della porta agli allievi samurai che sbuffarono e iniziarono ad avviarsi verso queste. Il gemito di sforzo dei poveri allievi fu coperto dal rombante suono che emise il pesante portone spalancandosi. Il suono poteva essere ricollegabile al ruggito di un drago (anche nessuno sa se i draghi ruggiscono ne tanto meno che suono facciano quando lo fanno) ed era diverso dal boato udito poco prima poiché la porta era molto più leggera di quella del cielo. Questa infatti veniva aperta tre volte l’anno per le principali feste Yanto a differenza di quella del cielo che doveva rimanere categoricamente chiusa.

 

 

La storia della porta del cielo è molto bizzarra e nonostante gli Yanto nel corso dei secoli le abbiano costruito attorno le più epiche leggende che il Giappone possa vantare la sua vera storia farà sorridere molti lettori.

Diversi secoli e secoli fa prima della venuta degli Yanto, addirittura prima che le prime katane venissero forgiate. Il tempio apparteneva ad un gruppo di monaci che era solito pregare all’interno del tempio tenendo tutte e tre le porte aperte.

Ora molti di questi morivano. Non perché il tempio era posseduta da qualche forza maligna e neppure per le brutali incursioni che i banditi erano soliti fare a quei tempi ma per l’umidità. Infatti la penicillina (e siano lodati il nerdissimo Fleming e le vacanze brevi per la scoperta) verrà scoperta solamente nel novecento inoltrato. Quindi all’epoca il numero di monaci morti aveva allarmato i cittadini dei villaggi circostanti che avevano pensato di isolarli chiudendo la porta principale del tempio. Da quel giorno miracolosamente il tasso di mortalità nella cittadina calò drasticamente…

Oggi l’accesso al tempio era reso possibile da due porte laterali costruite in corrispondenza alle due stanze principali della struttura ovvero l’atrio e la sala della meditazione.     

 

 

 

Quando la porta del drago fu aperta i due guardiani preceduti da trecento samurai (col passare del tempo il tempio aveva aumentato il numero degli iscritti grazie una serrata e mirata campagna pubblicitaria) si precipitarono urlando mantra di guerra nell’atrio.

Come temevano la porta del cielo era aperta ma non trovarono nessun esercito, solo un uomo con i capelli neri acconciati all’indietro con una valigetta in mano. Questo vedendoli si avviò verso di loro e si fermò proprio sotto la rampa di scale sopra la quale rimaneva paralizzato il piccolo esercito.

-Ho bussato troppo forte credo, non ci sono più le porte solide di una volta- disse con aria nostalgica che non si addiceva alla sua giovane età. Poi con un rapido movimento mise la lunga valigetta in verticale mostrando ai samurai il lato decorato con due draghi e un panda seduto in meditazione.

Kaneki e Shiniki si fecero avanti- Chi sei? Sai cosa significa il tuo gesto di blasfemia?- dissero estraendo le loro katane.

-Rog e Wor le due katane gemelle sono belle proprio come raccontavano le leggende ma...poste in questa stanza sono nulla-disse il ragazzo.

-Ragazzo! Ti sei macchiato del reato di blasfemia nei confronti di Yanto! L’unico modo per pulire questo peccato e pagare col sangue- dissero i due guardiani in coro.

-Oh ma forse non avete capito, io sono qui proprio per uccidere lo Yanto. I peccati sono appena iniziati-fece questo aprendo la valigetta colpendola con la mano.

I guardiani alzarono i pugni facendo così cenno ai samurai rimanenti di chiudere la porta del drago alle loro spalle poi con un rapido balzo furono sul peccatore. Quando però si accorsero che il loro colpo era stato fermato da qualcosa di duro e metallico capirono che quello scontro sarebbe stato molto più impegnativo di quanto avessero immaginato.

-Io sono Ronkudo Musushi e sono l’erede Zanto!- disse il ragazzo e con rapido colpo respinse il doppio attacco. I due si resero conto solo allora della vera identità del loro nemico(se non l’avrebbero capito neanche in quel frangente definirli stupiti sarebbe un offesa per le FacebookStar).

Le leggende narravano di un'altra casata oltre a quella Yanto ma pensavano che questa si fosse estinta dopo che l’ultimo discendente ovvero il samurai il cui nome non deve essere ne ricordato ne pronunciato si tolse la vita dopo aver sterminato tutti gli abitanti del suo villaggio sotto la possessione di una spada maledetta.

-Quindi quella dovrebbe essere la leggendaria Masamune?-chiese Kaneki scoppiando in una sonora risata -La vedo un po’ fragile e non ha neanche un aura-continuò per lui Shiniki sogghignando.

Ogni samurai che si rispetti infatti riesce ad infondere la propria spada con la propria aura spirituale in modo da rinforzala conferendogli anche una particolare fosforescenza(per il samurai medio questa luminescenza è molto importante poiché gli permette di superare le piccole difficoltà quotidiane come quando si arriva tardi al cinema e bisogna cercare il proprio posto nell’oscurità della sala).

Ronkudo guardò la spada crepata su un lato che spauriva di fronte agli strumenti di morte dei suoi avversari -Sarà anche vero ma io ho ancora il mignolo sinistro- rispose mostrano il suddetto dito ai suoi avversari. Tutti i samurai mancavano del mignolo sinistro poiché era tradizione, compiuti i diciotto anni, donarlo al proprio maestro in segno di riconoscimento e rispetto.

I due guardiani si scambiarono un’occhiata profondamente preoccupata ciò poteva solo significare che quel samurai aveva imparato e perfezionato il suo stile di combattimento completamente da solo...che razza di mostro avevano davanti?

Ronkudo fece roteare la spada poi con un rapido scatto in avanti diede inizio al combattimento.

Fin da subito i due guardiani cercarono di puntare sulla superiorità numerica ma dei sei attacchi che fecero non riuscirono neanche in uno a colpire il loro nemico che si era limitato a parare gli attacchi senza neppur provare a contrattaccare.

-Ci prendi forse in giro? Combatti! –gli urlò Kaneki profondamente umiliato ed arrabiato. Ronkudo da parte sua si limitò a sorridere, un sorriso freddo e calcolato (come quei sorrisi che ti vengono nei compiti quando copi dal compagno secchione riuscendo così a risolvere il problema senza che il prof se ne accorga).

I due vedendo l’espressione del loro nemico sferrarono un settimo attacco e per la loro gioia Ronkudo contrattaccò. Kaneki perse solo l’orecchio destro mentre il suo amico perse tutte le dita della mano sinistra, l’occhio e un po’ di intestino.

-Shiniki!- urlò Kaneki spostandosi a destra così da mettere tra loro l’avversario-Zanna del drago d’oro velonoso- finì.

Ronkudo aveva gestito quel combattimento nel miglior modo possibile, aveva parato gli attacchi dei guardiani per capire in che modo si muovessero e in che modo reagire e quando l’aveva fatto era stato efficace e devastante.

Ora però la situazione era molto pericolosa poiché lui aveva una sola spada ed avrebbe dovuto parare due attacchi provenienti da due direzione completamente opposte.

Ispirò ed espirò senza farsi prendere dal panico. I due attacchi non lo avrebbero colpito nello stesso momento: avrebbe avuto una finestra d’azione molto breve ma l’avrebbe avuta e questo gli bastava per pianificare una strategia di movimento.

Parò quindi l’attacco di Shiniki ma non si voltò, non perse di vista Kaneki che aveva finito la sua folle corsa e adesso stava eseguendo un attacco verticale dall’alto verso il basso. Sul suo volto ricomparve ancora quello stesso sorriso freddo e calcolato: aveva vinto anche quello scontro.

Con un rapido movimento, senza rompere il contatto tra la Masamune e la Wor, si mise sul lato schivando di qualche millimetro il colpo, quel tanto che bastava perché Kaneki colpisse il suo compagno tagliandogli il braccio. Quando sentì l’urlo di dolore misto a stupore Ronkudo capì di poter finalmente muovere il braccio, così con un altro gesto fulminio affondò la spada nella schiena di Kaneki che dopo aver emesso un suono rauco di dolore ed aver sputacchiato un po’ di sangue cadde a terra morto.

Shiniki era rimasto pietrificato vedendo il suo compagno morire davanti ai suoi occhi. Ronkudo stava venendo verso di lui e si affrettò a chiudere gli occhi pregando che la spada che il suo nemico ora gli aveva conficcato in petto lo uccidesse il più velocemente possibile.

Ronkudo roteò la spada pulendola dal sangue e guardò la grande porta d’oro davanti a lui che si ergeva sopra una lunga rampa di scale. Era arrabbiato: la sua tecnica era troppo perfetta. Aveva cercato per anni qualcuno che potesse mettere in difficolta il suo modo di combattere ma non aveva mai avuto concreti risultati. Ora sperava che quell’ultimo samurai, quell’ultimo Yanto rimasto potesse finalmente dargli il combattimento che aveva da anni cercato. Un combattimento dove avrebbe dovuto dare tutto se stesso per uscirne vittorioso.

Salì le scale senza fretta godendosi pienamente il momento che precedeva la battaglia poi si fermò davanti alla porta d’oro massiccio e guardò le grandi incisioni. La porta era divisa in quattro sezioni e in ognuna di queste quattro sezioni era rappresentato lo stesso disegno: due draghi che si mordevano la coda formando un cerchio perfetto all’interno del quale c’era un panda in meditazione.

Ronkudo sapeva che pochi individui nel corso dei secoli erano riusciti a capire il reale significato di quel disegno e sapeva anche di essere l’unico di questi ancora in vita.

Il guerriero fece scorrere la mano sull’incisione della FORZA CELESTE CONTINUA e fermò la mano sul panda meditante. L’incisone era una chiara rappresentazione di una storia popolare giapponese che raccontava di come un panda fosse riuscito a domare i due draghi eterni facendogli credere di essere una roccia parlante. Questa nonostante sia solo una storiella per bambini depressi senza troppe pretese vuole insegnare qualcosa di molto più utile e profondo.

Il panda infatti rappresenta l’uomo forte che fa di tutto per accrescere la sua abilità e la sua forza ma con l’ausilio dell’intelletto riesce a dominare i due draghi eterni che rappresentano le sfide di tutti i giorni.

Questo insegnamento calato nella nostra storia nell’ambito samurai significava che non era importante la mole dei mezzi ma il modo con il quale questi venivano utilizzati. A Ronkudo era molto caro quell’insegnamento.

Staccò la mano dal disegno e colpì la porta con l’elsa della sua spada provocando lo stesso rumore che aveva scosso le mura del tempio qualche minuto prima. Anche quella porta era stata aperta rivelando trecento volti impauriti che indietreggiarono urlando vedendolo.

-Fermi non scappate mantenete almeno la vostra dignità di uomini se non riuscite a mantenere quella di guerrieri- disse un uomo in piedi sulla soglia della porta della sala del trono.

Questo aveva dei lunghi capelli che gli donavano molto l’aria di un sedicenne emo depresso e indossava un vestito a spolverino nero coi bordi bianchi. Al suo fianco pendeva la Marusaki completamente nera che sembrava brillare di un nero ancora più intenso.

-Uscite dal tempio avete infangato la sacra tradizione dei samurai per troppo tempo!- urlò indicando la porta alle spalle di Ronkudo. I samurai spaventati si affrettarono verso l’uscita urlando qualcosa su un risarcimento per l’iscrizione e lasciarono i due guerrieri soli nel tempio.

-Il mio nome è Kirito sono l’ultimo discendente degli Yanto. Io sono il RE. So perché sei qui, non pensavo che esistesse ancora uno Zanto in vita. Vuoi dunque il titolo di RE vero? Vuoi ridare onore alla tua decaduta casata? Capisco il tuo odio ma non posso accettarlo-disse l’uomo vestito in nero prendendo la spada.

-Io non ti odio, ne te ne la tua casata se è questo che vuoi sapere. Non sono qui per vendetta ne per riscattare titoli o onori- disse Ronkudo-voglio solamente provare se la mia tecnica è realmente imbattibile, le altre questioni non mi interessano-finì.

Quando l’invasore smise di parlare ci fu un suono acuto e metallico che rimbombò nella sala vuota. Le due katane si erano incontrate ed entrambe emanavano la luce della loro forza. Marusaki brillava di un nero inteso e vuoto: sembrava che la lama fosse diventata della stessa sostanza con cui era fatta il buio. La Masamune invece emanava delle fiamme blu, come quelle che si trovano all’interno di un buon fuoco che si diramavano lungo la lama sputacchiando scintille tutt’intorno.

Ci fu di nuovo lo stesso suono e le due katane si separarono. Kirito aveva visto il combattimento dei due guardiani e aveva rapidamente compreso che non avrebbe potuto neanche lontanamente competere con la tecnica di quell’uomo: doveva combattere dalla distanza. Agitò la katana e da questa uscirono due folti fiammate buie che caddero sul pavimento prendendo la forma di due tigri giganti. Queste con un poderoso ruggito si diressero verso Ronkudo che con due rapidi fendenti le dissolse in un tripudio di fiammette e scintille. Kirito cercò di evocare altre tigri ma la sua katana incontrò quella di Ronkudo che la respinse facendolo cadere all’indietro.

Ronkudo menò un affondo al suo avversario che ora se ne stava sdraiato sulla schiena inerme. Questo però  con un rapido taglio orizzontale colpì la gamba del suo avversario che sbilanciato mancò il suo nemico ed andò ad affondare la spada nel pavimento lì vicino rovinando il pavimento di pietra millenaria. Kirito ebbe tutto il tempo di alzarsi e allontanarsi dal suo nemico che cercava di estrarre la spada dalla roccia.

-Hai una tecnica di combattimento perfetta. Ma il combattimento non è solo tecnica- disse Kirito a Ronkudo che aveva finalmente estratto la spada e aveva riassunto la sua posizione di combattimento.

-CAMERA-BUIA-DEI-SENSI –fece Kirito e iniziò a ruotare la sua katana creando un denso vortice nero. Questo iniziò ad espandersi fino ad avvolgere ogni cosa nella stanza e tutto divento buio.

Ronkudo riusciva a vedere soltanto la sua arma che brillava di un intenso blu che però non riusciva in alcun modo a dissipare la densa oscurità. Ora era calato uno spetrale silenzio così silenzioso che a Ronkudo sembrò di essere già morto e che quello era solo il transito verso l’aldilà… “POUFF” il pesante silenzio fu scosso da un pesante tonfo e da un successivo borbottio imprecante ed arrabbiato. Poi ci fu un altro suono pesante come di metallo che colpiva un muro di pietra che fu seguito dallo stesso suono brontolante.

Ronkudo chiuse gli occhi, era ovvio: se lui non vedeva niente neanche Kirito avrebbe potuto fare altrimenti. Ripenso a tutte le volte che la lampadina si era fulminata e lui era stato costretto a cambiarla al buio e capì come avrebbe dovuto agire. Urlò con tutta la forza che aveva in corpo, un urlò forte e indemoniato poi fece tre passi indietro. Poco dopo Kirito si scaraventò davanti a lui affondando la katana nella pietra del pavimento contento ed esultante. Ad un tratto però fu preso da un dubbio straziante ed alzò la testa e il suo volto fu illuminato dalla luce blu della Masamune.

Non riuscì in alcun modo ne a parare ne a schivare il colpò che gli stacco il braccio destro. La Marusaki cadde a terra e l’oscurità si dissolse.

Preso dal panico cercò di raccogliere l’arma da terra ma un altro fendente gli staccò il braccio sinistro che cadde poco distante dall’arma. Allora provò con un calcio orizzontale che si dimostro molto inutile poiché la sua gamba fu prima fermata e poi tagliata dalla Masamune che ora brillava come non mai.

Rimasto solamente con un arto inferiore Kirito si girò e provò una rapida fuga. Però dopo qualche saltello cadde privo di forze (Kirito non aveva mai avuto molto equilibrio). Ronkudo si avvicinò al suo avversario e con un rapido colpo mise fine alla vita dell’ultimo discendente di Yanto mentre Marusaki esplodeva i mille pezzi.

I suoi antenati avevano aspettato quel momento per secoli. Anni e anni passati a combattere e morire per sconfiggere la dinastia Yanto e finalmente la grande guerra era finita con un esito vittorioso per la casata di Zanto. Ronkudo invece era triste e pensieroso, il combattimento gli era piaciuto ed l’aveva messo in serio pericolo un paio di volte, però ora aveva un grandissimo dubbio.

La sua tecnica affinata in trecento anni di allenamento era perfetta questo ormai era assodato. Ma allora come era stato possibile che Kirito fosse riuscito a tenergli testa ? Questa domanda lo stava divorando. Era chiaro che Kirito non aveva ne i mezzi ne le capacità per tenergli testa. Aveva una spada leggendaria e temibile questo era vero ma la sua tecnica era fin troppo confusionaria ed approssimativa. Era fin troppo chiaro che il re Yanto non si era allenato molto negli ultimi anni dando maggiore priorità alle feste spendaccione che venivano organizzate con le copiose offerte che i cittadini versavano al tempio per la “protezione”.

Eppure quell’uomo era riuscito a metterlo in seria difficoltà, c’era qualcosa che non aveva minimamente considerato. Qualcosa che non riguardava la tecnica o l’arma ma era qualcosa di molto meno materiale e razionale…doveva continuare a cercare.

 

 

 

 

 

Zio Peppino fermò la macchina d’epoca di fronte alla nave che secondo i suoi informatori e alla targa che mostrava sul lato apparteneva a Feng Chin. Fece segno ai suoi di scendere poi prese la valigetta di pelle rossa al suo fianco e aprì lo sportello. Quando fu fuori si diresse verso il tavolino che Luca aveva appena montato e vi ci appoggio la valigetta che poi aprì con un rapido scatto.

Al suo interno c’erano due cannoli molto lunghi e decorati e un sacchetto per la farcitura tipico dei pasticcieri. Lo Zio con calma riempì i due cannoli poi richiuse la valigetta e mentre Luca metteva via valigetta e tavolino si rivolse a Gideon che camminava avanti e indietro agitando TRINITY- Sai che in Italia ci sono i dolci più dolci del mondo? E non usiamo nemmeno lo zucchero- fece.

Poi unì i due cannoli formandone uno e lo puntò contro la grande nave-tempio-hotel. Ci fu un rombo e dal Cannolonnone (come lo chiamava Zio Peppino) fu sparato un chilo di ricotta che colpendo la nave-tempio-hotel provocò una feroce esplosione.

Zio Peppino sorrise e si ficcò il Cannolonnone in bocca e iniziò a masticare di gusto. Gideon invece era triste si aspettava un combattimento epico ed impegnativo e per un attimo fu tentato di buttarsi in acqua per infierire sui cadaveri galleggianti.

-Feng Chin non è più qui- fece un uomo con i capelli pettinati all’indietro con una valigetta nera decorata in mano che stava guardando l’esplosione mangiando un gelato-è partito qualche ora fa con un aereo privato per il Giappone- fece lanciando una busta da lettere chiusa allo Zio.

-Un invito. C’è scritta la sua attuale posizione. Feng Chin segue molto le tradizioni e vuole dimostrare la sua ospitalità come voi avete dimostrato la vostra. Per questo ha deciso che il combattimento si dovrà svolge…-ma il suo monologo fu interrotto poiché Gideon gli si scaraventò contro menando un fendente mortale.

-Piano, piano, piano TRINITY non è ancora giunto il momento del nostro scontro- disse Ronkudo mentre schivava il colpo e metteva qualche metro di distanza tra lui e Gideon.

-Scusi signoruccio mio ma io e la mia cucci abbiamo visto il tuo corpo morto coperto di sangue e non siamo riusciti a resistere- si scusò Gideon scoppiando in una risata sguaiata e ridicola che fece rimanere profondamente turbato l’uomo.

-Alla fine eccoti qui. Io sono Ronkudo della famiglia Zanto possessore della Masamune. Domani quando il sole inizierà la sua caduta nell’abisso dell’oscurità a piazza del Plebiscito io sarò lì per prendere la tua anima TRINITY, se vuoi il mio sangue dovrai guadagnartelo- annunciò poi con un rapido movimento scomparve in una scia blu infuocata.

-Questi ninja e le loro uscite di scena-disse Zio Peppino profondamente arrabbiato- come fa un paese che mangia gatti e scarafaggi dire di avere una tradizione. E la cosa più spaventosa e che la gente compra le cose da un paese così- osservò lo Zio.

Gideon non stava ascoltando era troppo impegnato a mantenere TRINITY che si dimenava reclamando morte e sangue.

 

 

 

 

 

 

 

Scuse e prostrazioni personali T_T

Devo scusarmi. Mi scuso a tutti i miei lettori (se ho lettori) poiché in questi giorni non ho potuto scrivere neanche messaggi su facebook. La scuola sta andando male e ho dovuto impiegare ingenti quantità del mio preziosissimo tempo per recuperar alcune materie. Inoltre il PC si è preso una vacanza mentale decidendo di non riaccendersi più. Poi comunque dovevo mangiare u.u.

In realtà non posso dirvi “hey don’ t worry tra qualche settimana scrivo tutto …poiché siamo a maggio e solo chi va a scuola capisce cosa succede a maggio T_T.

Quindi mi scuso con tutti voiiiiiiiii !!! Vi prometto che questa storia finirà…un giorno.

Per il resto vi ringrazio come ogni volta per aver letto e vi saluto dandovi appuntamento al prossimo capitolo! BYE CUORICUORI <3.

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Capitolo 7
*** Un popolo che mangia insetti ***


7. Un popolo che mangia insetti

 

Quelle enormi scatole di metallo volanti che l’opinione comune chiamava aerei non piacevano per nulla a Zio Peppino. Nella sua lunga e vecchia vita aveva avuto modo di visitare i posti più strani e lontani ma le volte che aveva preso l’aereo si poteva contare su una mano monca: quella era la sua prima volta.

Nonostante i suoi uomini si erano curati di informare il pilota della presenza dello Zio (che aveva prontamente liberato i posti dietro, davanti e vicino il suo importante passeggero e dato ordine allo staff di portagli tutto il cibo di cui aveva bisogno) questo era tesissimo.

Ogni volta che l’aereo vibrava minimamente questo si aggrappava con le rugose mani alla sedia, spalancava gli occhi e si guardava intorno in preda al terrore. Ma Zio Peppino non aveva paura che l’aereo precipitasse (o meglio non aveva paura solo di questo) ma era terrorizzato da quello che sarebbe potuto succedere a bordo.

I film e i cartoni gli avevano profondamente segnato l’immaginazione che ora vagava incontrollata. Ad un tratto infatti iniziò ad avere l’innaturale paura che un insetto del deserto mangia lingua controllato telepaticamente da un vecchietto (più vecchio di lui) iniziasse a sterminare i passeggeri.

Battette il pugno sul tavolino spaccandolo- Donna mi porti tutto il caffe e tutti i dolci che avete è un emergenza ne va delle nostre vite- disse alla bellissima hostess che alzò gli occhi al cielo annoiata. Aveva sopportato le richieste e le paure di quell’uomo per tutto il viaggio per fortuna il volo era quasi finito.

-Subito carissimo rispettabilissimo cliente- disse con un sorriso che scomparve subito una volta girata e avviatasi per prendere quello che quel vecchio bisbetico gli aveva chiesto.

Quando l’hostess tornò aveva con se una grande busta di dolci e un barile di caffe che erano stati portati sull’aereo direttamente dagli uomini dello Zio per precauzione e per comodità.

Lo Zio prese quello che aveva chiesto e lo posò sui suoi sedili poi fece segno all’hostess di andare via. Questa risorrise energicamente e se ne andò via sbuffando e imprecando sul fatto che la pagavano troppo poco per quel lavoro. Però in cuor suo era felice, tra qualche minuto avrebbe dato disposizione ai passeggeri di allacciare le cinture e quell’orribile viaggio sarebbe giunto al termine.

Zio Peppino passò una mano sul barile poi lo aprì e ne tirò fuori la sua gallina che lo guardò con un’ espressione calma e rilassata tipica di chi si era svegliata da un bel sonno (tutti sanno che il caffe sulle galline non ha alcun effetto). Poi con calma si iniziò a sbottonare la camicia sudata iniziando a spogliarsi.

Quando fu completamente nudo (i passeggeri, le hostess, Dio e la gallina in quel momento facevano finta di niente poiché nessuno avrebbe mai potuto sfidare la volontà di uno degli INSENTIBILI, Dio si in realtà ma in quel momento era indaffarato come sempre) prese il piccolo zaino magico a forma di unicorno regalatogli da Pain e vi ci infilò la grande busta di dolci. Con lo zaino in spalla prese il barile di caffe caldo e se lo buttò addosso. Il caffe scottava per questo stette qualche secondo fermo immobile aspettando che il suo corpo si abituasse alla calda temperatura del liquido. Dopo prese la gallina e tirandole il collo le fece uscire sette uova che prontamente si andò a rompere e spaccare in testa in modo che l’interno di queste colasse su tutto il suo corpo. Infine si schiaffeggio la pancia per vedere se l’impasto che aveva creato aveva una buona consistenza. Proprio in quel momento una voce presa dal panico annunciò a tutti di sedersi.

Zio Peppino sorrise alla vista delle maschere d’ossigeno che cadevano dagli scomparti superiori. Si guardò intorno, lo stupore e il divertimento dei passeggeri era scomparso lasciando spazio al panico e alla paura.

C’era chi pregava, chi urlava, chi piangeva, chi baciava il fidanzato per dare a quell’orribile momento un che di romantico e fatalista e c’era lo Zio che se ne stava in piedi chiedendosi se la sua scorta di dolci gli sarebbe bastata per quel lavoretto.

Tra le urla dei passeggeri improvvisamente si sentì un suono rauco e stanco un “COOCK” che scosse dalle sue preoccupazioni e dal suo divertimento lo Zio. La gallina era ancora lì e ora fissava lo Zio chiedendogli quale sarebbe stato il suo destino.

-Vorresti venire anche tu con me Cocchina mia? Be’ dai se sopravvivrò a questo brutto incidente aereo è anche grazie a te- le rispose Zio Peppino. Poi con calma la prese per il collo le accarezzo la testa e la lanciò contro il finestrino che si spaccò in mille pezzi aspirando fuori dall’aereo la gallina che emise di nuovo il suo “COOCK” rauco e stanco.

-Vedetela in questo modo. La prossima volta che andate in un paese straniero vi consiglio di portarvi il caffe da casa a meno che non sia pasqua poiché in quel caso il casatiello ha la massima priorità- consigliò lo Zio saltando nel piccolo oblò.

 

 

 

 

Quando le guardie Romoure entrarono nella stanza trovarono Feng Chin seduto completamente immobile con gli occhi chiusi. Le guardie non si meravigliarono della sua postura e si affrettarono ad inchinarsi in segno di rispetto. Poi si rialzarono aspettando qualche segnale o almeno un qualche tipo di saluto da parte del loro amatissimo Kumicho (per coloro che non hanno internet: kumicho indica il “padrino” orientale che in questo caso è Feng Chin appunto) ma questo continuò a rimanere nella sua immobile posizione senza neanche degnarsi di aprire gli occhi.

-Maestro l’areo su cui viaggiava Zio Peppino è precipitato- disse la guardia Romoura Gialla cercando di attirare l’attenzione del suo interlocutore. Sentendo queste parole, con gran sollievo delle quattro guardie Romoure, il Kumicho aprì un occhio e guardò i quattro poi lentamente aprì anche l’altro ed infine spalanco la bocca lanciando tutto il suo corpo in una risata isterica e sguaiata.

-Vecchio merdaccia morto! Vecchio merdaccia morto! – Iniziò ad urlare e si sarebbe anche messo a ballare la tipica danza della scimmia ubriaca (danza molto strana che consiste nel prendere una banana nella mano destra, allagare le gambe e saltellare urlando versi strani) se la guardia Romoura Blu non si fosse affrettata ad aggiungere-No... l’areo è precipitato lui è semplicemente volato via…giù dall’ aereo Maestro-.

L’entusiasmo del maestro si arrestò di colpo e un ombra comparse sul suo volto che ora era contratto dalla rabbia -Cosa significa? Lui era nell’areo se aereo cade lui cade! Il vecchio merdaccia non aveva le ali! – osservò Feng Chin lanciando una brutta occhiata alle quattro guardie Romoure che adesso si stavano nuovamente inchinando supplichevoli.

-Vede maestro, lui non aveva ali e questo è certo ed assodato ma è sopravvissuto. Alcuni testimoni e alcune nostre spie ci hanno avvisato che un vecchio completamente nudo con una gallina intontita in mano abbia rapinato con un cannolo al cioccolato un noto negozio di vestiti poco distante da questa villa. Ma non si preoccupi…- disse la guardia la guardia Verde -…noi la proteggeremo! –finirono in coro le quattro guardie Romoure mettendo decisamente troppa enfasi per solo quelle tre parole.

 

 

La perfetta sincronia di questi quattro individui non deve in alcun modo meravigliare il lettore poiché quando un gruppo di persone si allena e vive insieme per anni fin dalla tenera età viene sviluppata all’interno del gruppo una coordinazione e una complicità senza pari. Così era sempre stato fin dall’antichità poiché le guardie Romoure erano considerate l’ultima speranza del re, l’arma finale che si poteva scatenare in caso di attacco per proteggere la famiglia reale anche se ora erano criminali al servizio dell’uomo con più soldi del Giappone.

Le katane di questo corpo speciale naturalmente, erano state commissionate dall’imperatore allo stesso grande fabbro che aveva realizzato altre grandi spade come TRINITY e la Masamune: il grande Smuokinuow.

Giallo, Blu, Verde e Arancione erano questi i quattro colori delle quattro leggendarie katane e questo colore non era solo una scelta stilistica ma simboleggiava la via che la vita del possessore avrebbe dovuto seguire. Almeno così dicevano le leggende, ma poiché nel corso dei secoli le cose si perdono nessuno sapeva a quale tipo di via corrispondessero i quattro colori. Si decise così che per adempiere a questo fato i possessori avrebbero dovuto vestire dello stesso colore della loro katane e portare lenti colorate del medesimo colore per il resto della loro vita.

 

 

-Dov’è Sakura?- chiese Feng Chin ignorando le ultime parole delle sue guardie del corpo. Queste si guardarono preoccupate non potevano permettere che il loro Maestro scendesse in battaglia dovevano essere loro a dover eliminare ogni possibile minaccia per il Kumicho.

-Signore, Sakura è nella sala del tempio. Lei però non deve preoccuparsi le guardie Romoure hanno perso solo una volta nella loro lunga stor…-ma furono interrotte da un cenno del maestro- Andate e fate quello che vi pare. Se volete morire morite, se volete combattere combattete, se volete scappare scappate e se volete darvi alla mietitura dei campi siete in ritardo di giorni. Ma-e qui comparve un ombra oscura e omicida sul volto -smettetela di rovinare la mia meditazione immobile con queste faccende mondane o vi mando a pulire i gradini di ogni tempio presente in Giappone come l’ultima volta!- disse e riassunse la sua solita posizione di immobilità.

Le guardie si ririnchinarono- Noi come guardie Romoure daremo la vita per l’imperatore! – annunciarono esultanti e si affrettarono verso l’uscita.

Feng Chin non si curò della sfarzosa uscita di scena dei quattro, sapeva bene che non avrebbero potuto competere con un INSENTBILE poiché solo un INSENTIBILE può ucciderne un altro.

Di lì a poco sapeva che avrebbe dovuto sostenere un combattimento duro ed impegnativo ma con Sakura al suo fianco avrebbe potuto fare qualsiasi cosa perfino tagliare i fior di ciliegio che cadono da un albero in autunno, come del resto faceva ogni anno.

Ricordava che anche suo padre in autunno usciva fuori e cercava di fare la stessa cosa stando lì ore e ore trascurando la famiglia e il suo dovere di genitore. Ricordava che il padre gli imponeva di provare e gli dava una frustata ogni volta che non riusciva a tagliare un petalo. Peccato che suo padre non fosse vissuto abbastanza da vedere suo figlio tagliere il suo primo petalo.

Suo padre, Feng Shinoda, che grandissimo uomo. Si diceva che fosse riuscito a staccare le ali ad una zanzara con un cucchiaio superando così i vecchi samurai che usavano le bacchette. Non aveva mai perso un duello, in realtà nessuno l’aveva mai visto combattere ma era sempre il capo del dojo quindi doveva avere abilità superiori a tutti.

Feng Chin invece era sempre stato il figlio stupido quello che doveva stare fermo zitto immobile è modestamente era il migliore a farlo. Poteva rimanere giorni, mesi o addirittura anni (anche se era molto noioso) completamente fermo immobile senza mangiare, bere, fare pipì e cacca. Era la sua abilità migliore il meglio della sua arte.

Era come un albero che lentamente mette le radici poi cresce allungando il suo busto ed infine si dirama in mille direzioni diverse producendo fiori e frutti. Lui non era tato diverso da quegli odiosi alberi che gli avevano procurato tante frustate in gioventù.

Si passò una mano lungo la schiena e sentì i rami dell’albero della sua vita scricchiolare e attorcigliarsi risvegliandosi. Si ricordava di quei giorni bui dove i suoi rami non erano ancora robusti quando suo padre era appena morto e lui non era ancora pronto ma aveva superato quei momenti avrebbe superato anche questo con l’aiuto di Sakura.

 

 

 

La spada Sakura non era stata forgiata da un essere umano poiché nessun essere umano potrebbe forgiare tanta perfezione ed equilibrio. Era stata trovata dal grande fabbro Smuokinuow durante uno dei suoi lunghi pellegrinaggi sulle montagne per procurarsi materiali per la forgiatura (Smuokinuow odiava questa noiosa pratica, in realtà reputava noioso tutto ciò che lo faceva uscire dalla sua officina. Amava quei fumi puzzolenti e amava il secco calore, sarebbe rimasto in quel posto ogni secondo di ogni giorno per questo tutto ciò che non riguardava la forgiatura per lui era inutile e stupido. Condannava perfino il combattimento poiché reputava che le armi dovevano essere osservate e ammirate anziché sporcate e scheggiate. Per questo si era dato come compito nella vita il dover realizzare le spade più belle al mondo, in modo che tutti abbagliati dalla loro bellezza smettevano di usarle per combattere. Smuokinuow era un grande pacifista) e fin da subito il grande fabbro si accorse della singolarità dell’arma.

Questa era stata ritrovata incastonata in un grande albero di fior di ciliegio che aveva col tempo avvolto i suoi rami intorno alla spada in un abbraccio come quello di un amante geloso iperprotettivo. Smuokinuow dovette faticare non poco per tagliare quegli alberi e quando riuscì finalmente a tirare fuori la spada rimase profondamente deluso dalla sottilissima lama di questa tanto che l’avvolse in un panno per paura che il vento potesse danneggiarla (è quel giorno di vento ne buttava molto poiché era da poco passata una brutta tempesta).

Arrivato a casa (ovvero nella sua fumosa fucina) e posati i materiali si adoperò per rinforzare l’arma con il miglior metallo a sua disposizione ma per quanto martellasse il corpo originale dell’arma non subiva alcun cambiamento.

Dopo diverse ore di colpi ripetuti e sempre più incazzati ne diede uno con tanta di quella forza da far scivolare la spada dall’incudine che andò a colpire la Masamune (che aveva completato solo qualche giorno prima) scheggiandola brutalmente. Alla vista della spada scheggiata Smuokinuow svenne lanciando il martello in aria e nella caduta, sbattete con la testa contro l’incudine di metallo divino infrangibile.

Si risvegliò la mattina del giorno dopo e fu subito colto dal panico poiché avrebbe dovuto consegnare la Masamune alla casata Zanto quello stesso giorno. Quindi maledicendo gli alberi e le ciliegie si mise all’opera per salvare il salvabile.

 

 

Qualche ora dopo consegnò la spada in perfetto orario come sempre e quando il re Zanto estrasse la spada e vedendo la crepatura chiese spiegazioni Smuokinuow recitò la sua parte.

-Per tutti i fabbri imbronzati d’oro e per tutte le spade fatte di cielo bruciante. In tutta la mia vita non ho mai visto una venatura di potere- esclamò cercando di assumere un’espressione di sbigottimento e incredulità come di chi ha appena visto Dio raccontare una barzelletta sconcia-Oh sua maestà Zanto non capisce la usa energia è fluita nella spada spaccandola poiché lei è degno di usare tale spada- continuò inchinandosi contento dell’espressione perplessa e fiera del re.

-Ma no buon fabbro non dire così su via si rialzi-disse il re imbarazzato facendogli cenno di rialzarsi-No non capisce? Io posso forgiare le migliori spade ma senza che qualcuno possa utilizzarle bene sono inutili. Ma lei quando ha impugnato la spada ne ha scaricato dentro la sua energia che ha scombussolato le particelle di questa scheggiandola. Oh buon Re domani nella battaglia contro Yanto la prego risparmi quei poveri guerrieri poiché si son trovati a combattere un potere che non gli compete non potrei mai perdonarmelo ne va della mia dignità di forgiatore- continuò il fabbro buttandosi a terra in un inchino di sottomissione totale.

-Ti prometto ciò che chiedi mio caro fabbro. E guardie portate a questo umile e bravo fabbro non uno ma due carri d’oro poiché quest’oggi ha favorito la vittoria Zanto-annunciò il re poi si girò e se ne andò.

A Smuokinuow non piaceva mentire in quel modo anzi non gli piaceva mentire in generale ma in quel momento i suoi pensieri erano rivolti ad altro: doveva capire che cos’era quella cosa che aveva trovato nell’albero. Quindi prese le due carriole d’oro (che fece portare ai suoi servi naturalmente poiché, nonostante fosse un uomo muscoloso e grosso, Smuokinuow aveva pur sempre una certa età) e se ne ritorno nell’officina dispiaciuto della sicura sconfitta degli Zanto.

 

 

 

In realtà qui si può aprire un grosso capitolo sulle strategie militari poiché la battaglia del giorno dopo sarà vinta come la storia ci insegna dalle truppe Zanto proprio grazie alla performance del loro re che secondo le leggende uccise più di tremila soldati.

Le parole supplichevoli di Smuokinuow che avevano come unico scopo quello di rimediare all’errore commesso salvandogli la vita infatuarono così tanto il re che verso metà battaglia si convinse di essere un discendente degli dei della guerra. I soldati nemici alla vista di quel vecchio a cavallo che urlava parole senza senso a capo di un esercito ancora più eccitato del Re stesso, ebbero una folle paura e lentamente iniziarono a perdere la guerra. Un uomo con una spada crepata era riuscito a mettere fine alla secolare guerra tra clan soltanto col potere della convinzione (inutile dire che questa storia è molto cara ad un certo Ronkudo Musushi). Lo Zanto infine memore della promessa fatta a Smuokinuow deciderà di non sterminare il clan rivale optando semplicemente di una scomunica totale ed incondizionata (che rendeva gli sconfitti meno importanti dei cani randagi che affollavano il regno).

 

 

 

 

Per quanto riguarda invece lo sfortunato ma ora ricco Smuokinuow, questo una volta messo a sicuro i soldi nella usa cassaforte privata diede disposizione ai servi di lasciarlo da solo.

Rimase ore a fissare la spada cercando di capire come avesse fatto a tagliare la Masamune ma non riusciva in alcun modo a darsi una risposta sensata. Infine si decise e andò a chiamare uno dei suoi servi per provare la spada (Smuokinuow essendo un grande pacifista non aveva mai provato una katana).

Lo schiavo però non era un samurai e come se non bastasse era anche un po’ maldestro. Quindi abituato a scope e carri pesanti mise troppa forza nell’agitare l’esile spada che gli scivolò da mano. Vedendo la spada volare Smuokinuow non si preoccupò più di tanto, erano all’aperto non avrebbe danneggiato nessuna spada pensò. Poi si andò ad accarezzare la sua bianca e lunga barba di cui, come ogni fabbro, andava profondamente fiero solo che non la trovò. La vide a terra solo per qualche secondo poiché la solita folata di vento la fece volare via come tanti piccoli fiocchi di neve.

Inutile dire che la rabbia di Smuokinuow fu funesta, prese la spada la mise nel peggior fodero che aveva e la chiuse con un pesante catenaccio. Ormai non gli importava più del potere della spada, anche se la spada avrebbe potuto tagliare il cielo in due ormai non gli importava. Lui amava la sua barba, era la seconda cosa che amava di più dopo la forgiatura e non poteva permettere che un tale gesto rimanesse impunito.  

Quindi la Sakura rimase su uno scaffale a prendere polvere per molti e lunghi anni finchè dopo la morte di Smuokinuow e dopo le tante guerre che avvennero nel pacifico Giappone feudale non se ne perse ogni traccia.

 

 

Nessuno sa come la famiglia Shinoda sia entrata in possesso della leggendaria spada si sa solo che un giorno questa si ritrovò sulla mensola del loro dojo. A differenza di Smuokinuow a Feng Chin piaceva molto Sakura. Ora non possiamo paragonare questo affetto a quello di Gideon e TRINITY ma c’era comunque un bel rapporto.

Quando il padre di Feng Chin morì l’intera famiglia si riunì nel dojo per la lettura del testamento come da tradizione. Tutti i più grandi spadaccini e maestri nonché i più alti funzionari governativi presidiarono alla lettura e quando lessero del destinatario della Sakura al dojo arrivarono quattro autoambulanze, cosa molto singolare poiché al dojo nel corso dei secoli mai un autoambulanza era lì giunta.

Quello che provocò diversi svenimenti e quattro arresti cardiaci fu che il nuovo possessore della spada non era altri che Feng Shinoda. Nessuno aveva nulla contro il figlio del deunto sia chiaro, il problema era che il figlio era malato: era un OTAKU.

 

 

 

Molti lettori ora si chiederanno perché un OTAKU susciti tanto terrore mentre altri avranno sentito questo nome per la prima volta quindi ora mi sento in dovere di spiegare, a chi è arrivato fin a questo punto del racconto, il motivo di tanto stupore e morte (si poiché l’arresto cardiaco del povero Ashiniki maestro pluripremiato di judo gli sarà fatale). Spiegare il termine OTAKU non mi compete e non interesserebbe nè il lettore nè chi non sta leggendo questa storia quindi partiremo subito dal significato…anche se la parola non ha neanche un vero significato.

L’OTAKU è quella persona che si interessa di cose futili e inutili e le segue morbosamente. Queste futilità sono fumetti, cartoni animati (i manga sono fumetti e gli anime sono cartoni animati cambiare il nome a qualcosa non la rende più figa prima si accetta questa verità prima si riesce a comprendere quello che ci circonda) videogiochi e le Idols (che tutti conosciamo come tettone giapponesi con un microfono in mano sulla quale gli uomini sono soliti fantasticare le peggiori fantasie erotiche). Non bisogna confondere l’OTAKU col GIAPPOMINKIA poiché presentano enormi differenze poiché i secondi sono solo un piaga del nuovo secolo che puntano tutto sull’apparire come OTAKU per far parte di un qualcosa mentre i primi sono malati di OTAKUTEZZA. L’OTAKUTEZZA può colpire chiunque e non può essere curata in alcun modo un po’ come il cancro, l’AIDS e la FRIENDZONE. Il soggetto quando contrae la malattia non è più cosciente ed inizierà a leggere il peggio delle opere Giapponesi e a cercare di collezionare tutte le stelline in quei videogiochi dove si salta solo. Per non parlare dell’amore che questo inizierà a provare per i cosplay (travestimento come quello di carnevale solo più altezzoso e che fa sentire chi lo indossa onnipotente e onnisciente) che realizzerà ma non indosserà mai essendo un individuo molto timido.

Sulla vita sociale degli OTAKU si può aprire un grosso dibattito poiché, nonostante sia assodato che un OTAKU non parlerebbe neanche con un cane che gli sta mordendo le palle, molti si chiedono come questo possa comprare dei fumetti o fare le cose che tutti fanno senza aprir bocca. I più importanti studiosi del fenomeno sono riusciti a teorizzare che questi soggetti siano riusciti a sviluppare uno spazio telepatico attraverso il quale comunicare con gli altri essere viventi senza naturalmente aprire bocca.

Inoltre il soggetto sarà condannato ad eccitarsi alla vista di disegni erotici di ragazzine con fattezze irreali che avranno tette più grandi della pagina sulla quale vengono illustrate. Inutile dire che il soggetto non troverà mai una ragazza per non perdere tempo che potrebbe essere dedicato alle sue passioni anziché ad un inutile rapporto amoroso (e qui posso capirli, compatirli ed essere perfettamente d’accordo).

 

Chiarito questo punto possiamo in parte comprendere il motivo di tanta disperazione da parte dei presenti. Feng Chin che all’epoca si chiamava ancora Feng Shinoda, poiché la casata non aveva ancora avuto modo di compilare i moduli per disconoscerlo e cambiargli cognome, (cosa che comunque avrebbe salvato solo l’apparenza poiché non potevano privargli in alcun modo della sua eredità) sentendo il suo nome non si mosse di un centimetro.

I presenti quindi rimasero tutti immobili (tranne quelli che caddero a terra presi dall’attacco di cuore e gli inservienti che si affrettavano a chiamare un’autoambulanza) a fissare quel tipo occhialuto coi capelli a caschetto molto magro. Quando la madre però gli diede una forte gomitata che lo fece oscillare pericolosamente si decise a prendere di nuovo contatti con la realtà circostante e si avviò verso l’altare su cui era posta fior di Sakura.

Un uomo bassino vestito col classico kimono gli offrì l’elsa della spada che Feng agguantò solo al terzo tentativo poiché tremava troppo. Quando però l’estrasse fu come guardarsi allo specchio: anche la spada sottile e debole proprio come il suo braccio che usciva dalla T-shirt dell’ennesimo fumetto di moda. Fece passare una mano lungo la lama accarezzandola (gesto che aveva visto più volte nei suoi fumetti) e si sentì sicuro di se e delle sue capacità come non mai e capì ben presto che lui e quella spada sarebbero dovuti crescere insieme ed insieme avrebbero alimentato il proprio mito.

 

 

Feng Chin (ora possiamo chiamarlo così poiché la famiglia era riuscita a far approvare quei documenti sul cambio di cognome) non sapeva nulla di come gestire un dojo. Certo suo padre gli aveva insegnato tutti i segreti della spada ma una cosa è sapere, una cosa è insegnare. Quindi decise di vendere il dojo ad una ditta di alimentari che lo trasformò in un ristorante francese che dato l’odio dei Giapponesi per la cucina francese fallì dopo soli tre mesi.

Coi soldi della vendita del dojo Feng Chin iniziò a finanziare le sue attività illegali che poi l’hanno portato ad essere uno degli INSENTIBILI. Quando parliamo di attività illegali non parliamo di traffico di droga, di prostituzione o tutte quelle altre cose losche che fanno gli uomini loschi ma qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima.

Essendo un OTAKU Feng sapeva quello che gli OTAKU volevano e sapeva anche quanto un OTAKU voleva qualcosa. Nel mondo OTAKU esistono dei miti, dei prodotti leggendari, delle edizioni di manga molto particolari che ogni OTAKU vorrebbe. Quindi il nostro boss emergente iniziò a pagare mercenari in modo che gli procurassero queste preziose cose futili per poi rivenderle a cifre esorbitanti sul mercato nero. Nessuno naturalmente comprerebbe la statuetta della nota principessa dei videogiochi senza gambe o il manga del tizio che scrive nomi e ammazza gente con la copertina stampata male. Nessuna persona normale si intende poiché gli OTAKU trovarono pane per i loro denti nel mercato nero di Feng Chin mostrandosi acquirenti più validi dei drogati di eroina.

Tutte le altre bande cercarono di entrate nel nuovo settore emergente di criminalità ma fu tutto inutile poichè solo Feng riusciva a capire cosa comprare, in che momento comprarla e quando comprarla e quindi ben presto riuscì a diventare l’uomo più ricco del Giappone e solo qualche anno dopo si trovo a rilevare tutte le attività della Yakuza diventando il nuovo Kumicho.

 

 

 

Il rumore delle esplosioni e delle urla iniziò lentamente ad arrivare alle orecchie di Feng Chin che ruppe di nuovo la sua immobilità e si tolse il kimono che portava. Completamente nudo si guardò allo specchio. Dei grossi rami gli uscivano dal petto nel punto in cui dovrebbe stare il cuore e si allungavano lungo tutto il braccio destro. Quella sera avrebbe usato Sakura come non faceva da anni il momento era giunto, il momento di alimentare il suo mito. Sarebbe stato lui ad uccidere Zio Peppino il Mangiatore di Zucchero.

 

 

 

Notucce personali :)

Salve di nuovoooo a tutti i miei lettori…spero che siate lettori e non gente che visualizza per darmi false speranze...

Un altro capitolo è uscito ed è un po’ lunghetto sperò non vi annoi troppo ma non credo dovrebbe farlo e se l’ha fatto mi scuso poiché non era mia intezione :C. La storia si fa stupida ma fidatevi stiamo lontano dal succo poiché la cosa importante di questa storia è il dolore e di questo abbiamo parlato poco. Cercherò di far uscire i prossimi capitoli il prima possibile (e chi mi crede più) e vi do appuntamento al prossimo capitolo. BYEEEEE CUORICUORI <3!

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Capitolo 8
*** Lo zucchero si scioglie nell’acqua ***


8. Lo zucchero si scioglie nell’acqua

 

Perché era dovuto arrivare fin lì per ammazzare un tappo giallo con gli occhi a mandorla? Perché dopo una lunga rapina ad un negozio d’abbigliamento era riuscito a prendere soltanto un kimono verde con delle stelline gialle sopra? Perché la villa di Feng Chin era stata costruita su una collina? Perché nonostante i soldi e il potere del suo avversario questi non aveva costruito un ascensore preferendo una lunga fila di scalini della quale non si vedeva la fine? (ma soprattutto perché era lì se la sua storia doveva essere interamente ambientata in Italia?)

La risposta a tutte queste domande è: “il fato è mutevole” (come le idee di uno scrittore). Ed era proprio questo che Zio Peppino si stava ripetendo salendo gli spessi scalini della villa di Feng Chin.

Avanzava lentamente su per quell’abbominevole costruzione malvagia che sono le scale. Aveva Cocchina sotto il braccio destro e portava il sacco dei dolci sulla schiena mantenendolo con la mano sinistra, poiché lo zainetto magico di Pain a forma di unicorno si era dissolto, distrutto, smaterializzato.

Quel suo modo di salire le scale lo faceva assomigliare tanto ad un paffuto Babbo Natale fuori periodo anche perché proprio come questo ad ogni scalino esclamava il caratteristico “OH OH OH” (suono rassicurante per ogni bambino) per lo sforzo sovraumano che stava sopportando.

Naturalmente un osservatore attento si sarebbe accorto immediatamente che quell’individuo non poteva essere Babbo Natale poiché era visibilmente molto più vecchio. Se poi Zio Peppino avrebbe incontrato un bambino su quelle scale avrebbe accentuato ancora di più quella differenza. Infatti non ci avrebbe pensato due volte a mettere uno sgambetto alla piccola creatura facendola cadere a faccia in giù per la lunga scalinata di pietra, in modo da rendere quella salita se non meno faticosa almeno più divertente (rassicuro tutti i bambini dicendo che Babbo Natale non vi farebbe mai una cosa del genere… se fate i buoni ovviamente).

Arrivato in cima Zio Peppino mise giù Cocchina, prese una fetta di pastiera (più fuori periodo di Babbo Natale) e se la mise a mangiare per riacquistare le forze. Finito il lauto pasto raccolse Cocchina che si era completamente addormentata in un sonno d’oro e si avviò verso l’enorme porta della villa.

La villa di Feng Chin era un antichissimo tempio lustrato e ristrutturato con tutti i servizi che i covi malefici potevano offrire ai più grandi Boss della malavita. Dalla sauna alla sala cinema (nella quale venivano rigorosamente proiettati ogni giorno dozzine di anime) era tutto minuziosamente decorato per dare a quelle stanze il lusso che un uomo della sua posizione meritava.

Vista da fuori la Villa era enorme, con un tetto a spiovente e non aveva alcun tipo di finestre ma, come per compensare questa mancanza, presentava un ampio cortile che si apriva all’interno della villa tra le stanze di Feng e la grande biblioteca posta a nord dalla posizione dello Zio. Questa era sicuramente una dei punti forti di tutta la villa ed era lì che il Kumicho passava la maggior parte del suo tempo poiché conteneva i suoi preziosissimi manga collezionati nel corso degli anni.

Dalla biblioteca inoltre si poteva accedere alla sala del tempio il luogo più importante di tutta la villa. Come il cortile questa era scoperta anche se più piccola del cortile. Lì in quella stanza riposava Sakura sotto l’ombra di un grosso e antico albero di fior di ciliegio. I rami di questo, lunghi e nodosi, la proteggevano dalla luce del sole di giorno e l’abbracciavano con le loro ombre di notte come un amante premuroso.

L’albero sacro nella sala del tempio però non era l’unico albero presente nella villa. Ai lati di questa infatti si aprivano quattro file di alberi che formavano due piccoli boschetti ai lati della villa. I petali di questi (erano naturalmente fior di ciliegio), che cadevano nella buia notte sparsi dal vento tutt’intorno, donavano una bellezza spetrale alla villa.

Zio Peppino però non era un tipo che dava tanta importanza all’atmosfera o al romanticismo non essendo né poeta né un emo depresso. Quindi la sua attenzione fu subito catturata dalla porta d’ingresso. Questa come da tradizione era incisa ma a differenza delle porte degli altri tempi che avevano sopra rappresentate storie e miti della cultura Giapponese quella rappresentava solo due lettere: la F e la C.

Alla vista di quelle due lettere la rabbia prese il sopravento su Zio Peppino che tirò fuori un altro pezzo di pastiera per calmarsi. Il comportamento dello Zio Peppino è completamente giustificato a poiché quelle due lettere rappresentavano un affronto al suo orgoglio e al suo stile di vita.

Qualche tempo fa aveva cercato anche lui di mettere il suo nome fuori il portone di casa che essendo a sbarre non poteva essere inciso in quel modo. Il problema che nulla aveva funzionato. Né la vernice, né un enorme cartello pubblicitario, né degli uomini che cantavano in coro di chi fosse quella casa e neanche le scimmie che cavalcavano elefanti in monociclo sui quali c’era inciso il suo nome e la sua foto erano riusciti a dargli un risultato (l’ultima prova aveva anche avuto risvolti tragici tanto che il WWF era riuscito ad ottenere il riconoscimento mondiale di alcune piccole leggi tra cui quella che proibiva alle scimmie di cavalcare elefanti mentre usano il monociclo). Quindi aveva rinunciato convinto che la sua impresa era impossibile.

Ora però alla vista di quelle due lettere poste lì in bella vista con semplicità e naturalezza non poteva lasciar correre. Quindi urlando contro al cielo cose che non stiamo qui a riportare per non scombussolare l’equilibrio psicologico del lettore che è già messo a dura prova, si affrettò a prendere qualcosa che potesse demolire il trionfo del suo avversario sulla realtà e su lui stesso.

Sorrise al contatto con la sua arma segreta ma decise di prendere qualcosa di più leggero poiché non bisogna mai partire dalle portate principali senza prima stuzzicare un po’ l’appetito. Quindi prese la millefoglie, la guardò e la lanciò verso l’aberrante portone che aveva tanto offeso il suo intelletto.

 

 

 

La millefoglie è un dolce formato da più strati con sopra delle zucchero che presenta una farcitura tra uno stato e l’altro. Se viene mangiata velocemente o mentre si parla c’è il rischio che dei pezzetti di sfoglia possano attaccarsi al palato provocando una sensazione per nulla piacevole. Non sono pochi i casi in cui questa ha provocato dei piccoli tagli lungo l’esofago togliendo l’appetito a molte persone. Per questa sua caratteristica si dice che veniva mangiata quando si stipulavano le tregue tra fazioni rivali. Maneggiata dalla particolare arte dello Zio è inutile dire che questa suo proprietà si accentua diventando molto pericolosa.

 

 

 

Il portone di acciaio e pietra rinforzato non potette nulla contro il dolce che attaccatosi all’intera superfice della porta la ridusse velocemente in un ammasso incongruo di gelatina e zucchero come se fosse fatto di acqua e graffite.

Distrutto lo stemma di trionfo del suo avversario lo Zio, attraversò la porta calpestando l’ammasso gelatinoso con le sue pantofole gialle, per sottolineare la sua vittoria, e si ritrovò all’interno dell’atrio. La stanza era molto grande e presentava ora davanti a lui una lunga rampa di scale che portavano ad una porta scorrevole di vetro che dava sul cortile.

L’attenzione di Zio Peppino però fu fin da subito catturata da quattro statue ferme immobili che gli sbarravano il passaggio essendo poste all’iniziò delle scale. Quello che colpì lo Zio non erano le statue in sé, che rappresentavano quattro guerrieri in armatura pesante e una spada ancora più pesante in mano colorati di quattro colori diversi, ma la posa di queste.

La statua gialla stava davanti a tutte in ginocchio aveva la spada poggiata a terra in orizzontale e la testa buttata in avanti come per vedere una bella ragazza che passa in topless. La verde stava direttamente dietro questa e stava in punta di piedi con le braccia incrociate e la spada in equilibrio su queste. Le altre due di color arancione e blu stavano rispettivamente alla destra e alla sinistra di quella verde ed avevano tutto il corpo slanciato con le spade puntate nelle rispettive direzioni di posizione e sembravano stessero per cadere da un momento all’altro poiché stavano su un piede solo mezzo alzato da terra.

Allo Zio scappava quasi da ridere e pensò che cultura potesse mai avere un paese che permetteva la costruzioni di statue davanti alle scale se pur belle ed ben colorate. Ma mentre pensava a che razza di vita vivesse la gente di quello stato l’opera artistica contemporanea si mosse ed il movimento non fu per nulla amichevole.

Zio Peppino si trovò quattro colpi da quattro direzioni diverse e il suo cervello non riuscì neanche ad elaborare il comando di schivata. Fu colpito in quattro punti vitali e le spade gli rimasero conficcate in corpo facendolo sanguinare copiosamente

-Muori peccatore, non sei degno di entrare nel tempio del Kumicho- urlò la guardia Gialla estraendo la spada e preparandosi per dare il colpo finale ma ad un tratto si fermò poiché la testa del vecchio si stava gonfiando pericolosamente. Si senti un Bloub e questa esplose schizzando pezzi d’impasto sui quattro guerrieri. Poi dal collo della cosa uscì Cocchina che svegliatasi guardò i tre conscia che sarebbero stati l’ultima cosa che avrebbe visto per un po’ e gracchiato per l’ultima volta con la sua solita noia e calma fece detonare la bomba.

 

 

 

-Giallo, Arancione, Verde! -  urlò la guardia Blu che aveva da poco ripreso i sensi dopo l’esplosione della trappola. Tutt’intorno c’era un denso fumo nero che gli impediva di vedere i compagni quindi alzò la spada e la roteo velocemente in aria per far disperdere il fumo.

-Blu siamo qui- urlò Verde alzandosi con fatica e trascinando Arancione per il braccio che ancora aveva attaccato poiché l’altro era volato via diversi metri lontano dal suo proprietario.

-Aiutami a tamponare il sangue, qui lo perdiamo- fece Verde avvicinando la spada sacra vicino al braccio monco - Hai visto Giallo? –chiese l’altro facendo lo stesso ma ricevette solo un cupo silenzio come risposta. Fu allora che vide che sul pavimento c’erano pezzi di armatura gialla tutt’intorno e aguzzando la vista riuscì a vedere la metà inferiore del suo amico. Trattene a stento le lacrime e nella sala calò un silenzio mortale.

-Oh ma fate con calma raccoglietevi tutti i pezzi possiamo aspettare, anzi rimettete pure insieme l’altro vostro amico tanto metà già l’avete- disse Zio Peppino rompendo il silenzio mentre indicava le parti inferiori di Giallo. Sedeva nudo sulla rampa di scale, l kimono era andato distrutto ma aveva ancora il sacco di dolci- povera Cocchina un animale non dovrebbe mai essere un eroe. Un animale deve vivere la propria vita tranquilla da animale e animaleggiare tutto il tempo-aggiunse alzandosi. Mise la mano nel sacco e buttò fuori diverse pastiere e altri dolci completamente ridotti in briciole per via dell’esplosione finchè non trovo un lungo pacchetto rosa da pasticceria che si mise a tracolla. Fatto ciò rinfilò la mano per cercare qualcos’altro ma dovette scartare di lato e rotolare giù dalla rampa di scale accucciato come un cagnolino per schivare altri due affondi mortali.

Quando arrivò alla fine della rampa, si rialzò: aveva in mano quello che voleva. Si affrettò quindi a stappare la Sprite e a svuotargli dentro il pacchetto di Mentos.

 

 

Le Mentos e le cose frizzanti in particolare la Sprite non vanno molto d’accordo e questo è risaputo in tutto il mondo. Sono molti i video sul tubo dove ragazzini esaltati cercano di sfruttare quest’odio nel modo più fantasioso possibile mettendo a segno scherzi che a volte possono risultare mortali. Nessuno sa perché le Mentos e le cose frizzanti non vanno d’accordo alcuni pensano che sia dovuto al fatto che le Mentos vengono chiamate così poiché sono state inventate da una donna infedele che aveva coiti casuali con gente casuale. La donna creando queste caramelle ha infuso la sua creazione con le proprietà negative del suo carattere che a contatto di qualcosa che non fa passare nulla liscio (e di certo non perdona le infedeltà) tipo la Sprite si ribellano e chiedono il divorzio esplodendo creando fontane alte diversi metri.

 

 

Il dolore della guardia Blu raggiunse apici ricercati dallo stesso Pain nel suo periodo emo quando il liquido della Sprite corrosa l’armatura iniziò a divorare la pelle. La morte quando arrivò fu per lui un sollievo come lo è per pochi. La guardia Verde invece vedendo il getto era riuscito, se pur per una frazione di secondo prima, a schivarlo e ora stava per avventarsi sul suo nemico che però era già ben lontano dalla sua portata.

-Verde, amico, dammi la spada combattiamo insieme. Insieme possiamo farcela- disse Arancione con voce tremante.

 –Ecco tieni grande guerriero e amico- rispose Verde porgendogli la spada ed aiutandolo ad alzarsi, avevano ancora qualche speranza erano comunque in superiorità numerica e i loro animi erano animati da una nuova forza bruciante.

-Che palle, siamo già arrivati alle paste- bofonchiò Zio Peppino aprendo il grosso pacco rosa. Al suo interno conteneva tre dolci avvolti in carta da pasticceria per non farne perdere il gusto e le proprietà nutritive.

-Sapete e tutta colpa vostra, potevate rimanere a posare in quella posa artistica io avrei deriso per un po’ la cultura di questo strano paese e avrei ucciso il vostro capo. Voi invece sareste tornati a casa e avreste continuato questo vostro rapporto pseudo-gay facendovi tutti una bella doccia insieme. Ma a quanto pare siete gente senza rispetto!- fece prendendo il pacchetto più grande.

 

 

 

I dolci Italiani sono molto buoni non a caso i turisti che visitano l’Italia tornati nei loro paesi devono pagare un team di dietologi per perdere la massa grassa acquistata. Molti pensano che vivere in Italia in particolare a Napoli o in Sicilia dove i dolci sono particolarmente riconosciuti per la loro mortalità e bontà possa essere un grande vantaggio. In realtà questo è un errore poiché nonostante sia vero che vivere in questi luoghi possa permettere la facile reperibilità di queste leccornie questo stesso vantaggio permette alle persone di ingrassare proporzionalmente più rapidamente (questo vale in particolare per le povere ragazze che sono costrette sempre a mantenere la linea). Cannoli siciliani, millefoglie, pastiere, cassatine, tiramisù sono solo alcune delle tentazioni che un cittadino italiano deve sopportare ogni giorno per il resto dei suoi giorni (naturalmente evitiamo di citare la pizza poiché nonostante non sia un dolce è diventato il più importante simbolo di questa bellissima nazione al pari del Big Ben e della Tour Eiffel).

Alcuni dolci italiani però sono stati inventati da pasticcieri di altre stati ma per la loro irriverenza non sono stati molto apprezzati in patria e sono stati sponsorizzati in un posto con gusti più particolari come Napoli. Uno di questi, anzi il re di questi dolci nato un po’ per scherzo e per irriverenza è sicuramente il Babà. La nascita di questo dolce risale alla corte di quei re francesi chiamati tutti Luigi che passavano le loro giornate tra orge, oppio e alcolici. E sarà proprio per la passione di un Luigi, in particolare il 15° (il cui figlio perderà la testa letteralmente), verso questi a desiderare un dolce “al passo con la vita di corte”. Quindi il cuoco decise di prendere una pasta molto morbida poiché all’epoca pochi avevano i denti per masticare qualcosa di più duro e di immergerla nel Rum in modo da donargli quell’effervescenza che doveva avere un dolce per una corte così raffinata come quella francese. Al re questa innovazione piacque così tanto che incomincio a mangiare unicamente il suddetto dolce tanto da guadagnarsi il soprannome di Babbasone poiché il dolce veniva chiamato Babà (nome azzeccatissimo poiché era facile da pronunciare anche dai nobili ubriachi e strafatti d’oppio). L’amore per questo dolce però porterà la Francia alla rovina.

Il re infatti deciderà di comprare una grossa scorta di Babà in modo da averne sempre a disposizione e decise di sovvenzionare questo acquisto con i soldi dello stato. Scialacquati i fondi statali Luigi si trovò impossibilitato a pagare i costi di guerre e tutte quelle altre cose che lo stato dovrebbe curare: fu costretto ad aumentare le tasse. Così iniziò il periodo delle rivoluzioni. Durante questo periodo il Babà fu condannato e la super scorta fu restituita indietro per saldare il debito pubblico ma poiché non bastava ancora si decise anche di usare gli stipendi dei preti con grande disaccordo di Gesù e del Papa. Per quanto riguarda il nostro dolce la ricetta fu riutilizzata dai pasticcieri italiani non per il dolce in se ma perché si pensava, essendo stato creato per il re, che portasse orge e ricchezze desideri di ogni italiano. 

 

 

 

Quando Zio Peppino puntò l’arma finale verso le due guardie Romoure queste sarebbero scoppiate a ridere ma memori della morte dei loro due compagni si limitarono ad assumere una buffa espressione facciale.

-Il Babà l’arma finale e perfetta. L’arma che ha condannato la Francia e permesso l’onda rivoluzionaria gicobina e girondina e fogliante e tutte quella gente che si uccideva per una minima differenza di ideali- fece lo Zio ondeggiando il gigantesco Babà formando cerchi perfetti nell’aria.

Le guardie non si lasciarono intimidire e scattarono verso il vecchietto brandendo le lunghe e affilate armi. Ma nonostante la lunghezza e l’affilatezza di queste furono facilmente bloccate dal Babà.

-Le armi non posso niente contro il potere del cibo. Voi siete gente senza rispetto che non ha mai mangiato rispettabilmente non potete competere contro una corretta e sana alimentazione- disse lo Zio facendo ruotare il Babà respingendo il doppio attacco.

Le guardie non riuscivano a capire. Le loro armi erano incantate e super affilate non potevano essere respinte così facilmente da un dolce morbidoso che deve il novanta per cento della sua consistenza al Rum e al limoncello. Quindi ripreso l’equilibrio, poi riscattarono verso il loro avversario sferrando un altro attacco. Zio Peppino però fu più veloce e con un corpo circolare (tanto energico da fargli perdere l’equilibrio facendolo cadere col culo nudo a terra) fece volare via i nemici che si andarono a schiantare diversi metri lontano.

Questi rimasero a terra qualche secondo doloranti chiedendosi cosa li avesse colpiti dando tutto il tempo a Zio Peppino di buffare la sua arma. Le diede un morso alla base avvicinò la bocca ed iniziò a soffiarci dentro finché questa non si allargò di diversi metri. A quel punto Verde era già in piedi pronto a continuare il combattimento a differenza di Arancione che a causa del suo braccio mancante stava impiegando un bel po’ di tempo per rialzarsi cosa che non riuscì mai a fare. Lo Zio gli piombò addosso all’improvviso o meglio il Babà gigante lo schiacciò all’improvviso con la sua enorme punta tonda e di lui si sentì solo un sonoro SPUOLT.

-Arancione! –urlò Verde cercando tagliare il Babà per liberare il suo amico (anche se ormai di lui era rimasta sola una grossa macchia di sangue che si andava ad allargare da sotto il dolce). Ma la sua spada una volta incontrata la pasta morbida del dolce rimase bloccata. Verde cercò di liberarla usando tutta la sua forza sviluppata in anni e anni di allenamento ma fu tutto inutile.

-Un buon Babà deve essere bene spugnato e ‘nzuppato nel Rum- dichiarò lo Zio premendo il piede sulla parte inferiore del Babà sulla quale stava in piedi fieramente in tuta la sua nudità. Fu in quel momento che lo scontro si concluse, dalla base infatti ricadde verso il basso una cascata di Rum che andò a cadere su Verde. In un primo momento questo cercò di liberarsi dal liquido che lo schiacciò a terra poi l’aria iniziò a mancargli e l’ultima guardia morì affogata.

Zio Peppino scese mise un dito nel Babà lo estrasse e questo iniziò a sgonfiarsi. Quando ritorno alle dimensioni normali (anche se comunque più grandi di un Babà normale) lo Zio prese l’arma e la guardò soddisfatto. Poi si avviò dove giaceva la parte inferiore di Giallo guardò un po’ intorno e raccolse il suo pendente d’oro a forma di cornetto. Lo aprì prese una mentina, se la buttò velocemente in bocca poiché il suo alito stava iniziando a puzzare di brutto (una persona rispettabile aveva sempre un profumato in modo che quando parlava le sue parole erano dolci e zuccherate) e se lo mise al collo. Un “COOCK” richiamo la sua attenzione verso la scatola rosa e fu molto contento nel vedere che su questa se ne stava appollaiata stanca la sua Cocchina.

-Come fa una semplice gallina come te a sopravvivere a tutte queste cose non lo capirò mai- le disse Zio Peppino. La gallina per tutta risposta lo guardò nel modo in qui lo guardava sempre ogni volta che lo Zio mostrava sorpresa alle sue resurrezioni che erano iniziate da quando la nonna del Boss la comprò molti anni prima ed erano ormai naturali per lei come anche la paura della morte.

Della sua infanzia Cocchina ricordava veramente poco e non perché gli animali, come molti erroneamente pensano, hanno una memoria poco sviluppata ma per il semplice fatto che non c’era molto da ricordare di quegli anni. Era nata in una fattoria napoletana molti anni fa e aveva passato i sue primi anni in quella calma piatta che regna in tutte le fattorie rurali d’epoca, beccando semini e spettegolando con le amiche galline degli altri animali, finché un giorno non era stata comprata da una donna molto vecchia. Con questa signora aveva vissuto molti anni e per anni aveva fornito questa di uova per i suoi buonissimi dolci e quando la sua padrona passò a miglior vita passò al suo piccolo nipotino con cui viveva tutt’ora. Cocchina, nonostante aveva vissuto molti anni con la nonnina, non aveva mai saputo per intero il suo nome poiché tutti erano soliti chiamarla Donna Agnese.

Zio Peppino aveva sempre voluto molto bene a sua nonna Donna Agnese, ogni volta che gli veniva da pensare alla sua dolcissima nonnina a stento riusciva a trattenere le lacrime. Quando era piccolo (e qui si parla di una grande mole di anni fa) passava intere giornate a casa delle sua nonnina in quell’atmosfera di allegria e felicità che riescono ad evocare le persone anziane nei bambini piccoli.

Donna Agnese come ogni nonna amava il suo piccolo nipotino e faceva di tutto per non fargli mancare niente e si preoccupava molto della sua crescita. Questa fu molto problematica poiché lo Zio come ben sappiamo a stento riesce a superare il metro e sessanta di altezza e da piccolo era quello che si poteva definire: “quattro ossa e un bicchiere di sangue messe in un bicchierino di caffè”.

La nonna che aveva vissuto più di due grandi guerre sapeva che cos’era la fame e sapeva anche quanto era fondamentale una corretta alimentazione. Vedendo quindi il suo nipotino magro e tarchiato si sentì in dovere in quanto a nonna di dover intervenire. Iniziò quindi a cucinare al piccolo i grandi piatti napoletani usando le ricette segrete che la sua famiglia usava da generazioni e con le quali anche lei era stata sfamata per anni.

I piatti che la nonnina faceva però non erano umani poiché mischiavano elementi supercalorici e mortali che solo uno stomaco ben allenato riesce a digerire. Le prime volte che lo Zio mangiò a casa della nonna fu accompagnato all’ospedale per intensive iniezioni di insulina e di altri farmaci per abbassare lo zucchero nel sangue. Col passare del tempo, dei dolci e delle iniezioni lo stomaco dello Zio si abituò alle supercalorie mortali anzi, iniziò ad apprezzare i dolci tanto che la sua stessa costituzione iniziò a cambiare donandogli capacità che solo una super dolce buona alimentazione può conferire. Zio Peppino deve però ritenersi molto fortunato per il suo adattamento, il nonno ad esempio non sarà altrettanto fortunato e morirà per un blocco intestinale totale a causa della grande quantità di cibo assorbito senza che il corpo avesse il tempo di digerirlo.

-Mangia, perché se mangi sei forte. E se sei forte tutti ti rispettano- gli diceva sempre la nonna –poiché devi sapere che il rispetto è tutto- aggiungeva dandogli un pizzicotto sulla guancia per poi imboccarlo con una fetta di pastiera.

La morte della nonna era avvenuta nel peggior modo possibile e aveva travolto l’intera famiglia segnando in particolare lo Zio. Una mattina fredda mattina di dicembre Donna Agnese era uscita per andare al supermercato (lo stesso supermercato dove morirà sua figlia ovvero la madre dello Zio altra importantissima figura per la sua educazione) per prendere del latte. Il caso volle che tutto il latte del supermercato era finito a causa delle feste natalizie. Quindi molto arrabbiata contro il governo decise di recarsi alla fattoria più vicina per comprare una mucca in modo che i potenti non avrebbero più potuto controllare la dieta della sua famiglia. La nonnina però non arriverà mai alla fattoria poiché dopo diverse ore di macchina avrà un brutto incidente con un furgoncino che trasportava latte diretto proprio a quel maledetto supermercato. Le dinamiche dell’incidente sono molto singolari. Il furgoncino infatti non si è, come il lettore potrebbe pensare, scontrato contro la machina di Agnese provocando l’ennesimo incidente stradale evitabile ma perderà, a causa di una buca sulla strada (quindi a causa del sistema fallace di governo), una scatola di latte che andrà a spaccare il cranio della nonnina uccidendola di colpo.

Donna Agnese però era sopravvissuta in un certo senso. Tutti i suoi insegnamenti e i suoi dolci erano sopravvissuti nello Zio che avrebbe portato per sempre il ricordo di quella vecchietta tarchiata e rugosa che agitava un grosso mestolo imboccandolo.

Non bisogna quindi stupirsi della brutta fine delle guardie Romoure poiché un gruppo di persone che mangia male non può competere con una persona che ha mangiato uova fresche fin dalla tenera età.

 

 

 

 

Zio Peppino mise Cocchina nel pacco di dolci e si mise tutto in spalla e nudo solamente coperto dal suo cornetto d’oro si avviò verso la sala del tempio passando per il cortile e la biblioteca. Arrivato in questa sorrise nel vedere tutti quei pezzi di carta colorata e si promise, una volta ammazzato il tappo giallo, di bruciare quei coriandoli a fumetti.

Una volta aperta la porta scorrevole della sala del tempio lo Zio si ritrovò travolto da un vento di petali di fior di ciliegio. Questi cadevano dal grosso albero al centro della stanza che ormai aveva formato un tappeto di petali che arrivava fin all’altezza delle caviglie e non dava alcun segno di volersi fermare.

Davanti a questo c’era il tappetto giallo di Feng Chin in equilibrio con gli occhi chiusi sulla sua spada completamente immobile. Era anche lui nudo ad eccezioni dei rami uscenti dal cuore che gli avvolgevano saldamente il braccio destro ed era seduto in equilibrio su Sakura con la punta dell’elsa in un posto che gli permetteva di mantenere quella posizione.

La stanza era piccola ma avrebbe comunque permesso un brutale combattimento epico e senza esclusione di colpi costruito su strategie improbabili. Se poi avrebbero avuto bisogno di più spazio c’era un intera villa da distruggere.

-Benvenuto nel tempio delle 100-passioni-sessuali-disse Feng Chin aprendo gli occhi ma senza muoversi di un nanometro- scusa ma noi OTAKU ci facciamo spedire le cose direttamente a casa. Preferiamo ordinare le cose di cui abbiamo bisogno su internet o farle comprare da altri anziché parlare col negoziante- aggiunse sorridendo spiegando uno dei misteri più singolari del uovo millennio che era già stato accennato nel capitolo precedente.

-Stai onorando il nome di questa chiesa mettendoti la spada nel culo quindi? E pure bella sottile…-fece Zio Peppino sogghignando alla vista del volto del suo nemico incupirsi.

-Ignorante! -urlò Feng Chin indignato- questo è il tempio più importante di tutto il mondo e non è una “chiesa”. Qui sono state custodite le più importanti katane maledette della storia fin dal lontano periodo EDO. Un luogo tabù chiuso perfino al re in carica che serviva per oscurare il potere di queste armi. Armi protagoniste dei più grandi manga e anime di tuti i tempi che con le loro ideologie hanno formato una generazione di lettori. Dovresti sentirti onorato a essere in un luogo così carico di storia! –spiegò.

-Sarà ma se queste spade venivano usate in questo modo non mi sorprende che nessuno voleva entrarci-gli rispose Zio Peppino.

I due si erano sempre odiati fin dalla formazione degli INSENTIBILI e ora il loro rapporto stava esplodendo. Stavano già facevano scintille mancava poco prima che si accendesse il bruciante e travolgente fuoco della battaglia.

 

 

 

 

 

Notucce personali :)

Nuovo capitolo, nuovo capitolo. Come vedete i capitoli si stanno un po’ allungando poichè ormai a chi sta facendo schifo la storia ha già lasciato da un pezzo e io posso osare di più. I prossimi capitoli saranno di fuoco…quando usciranno…BYE CUORICUORI <3

 

PS: Questo capitolo doveva uscire molto prima ma il computer è entrato in pieno ciclo mestruale ed è diventato intrattabile

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Forgiare l'anima ***


9. Forgiare l’anima

 

Il sole illuminava con i suoi ultimi raggi morenti Piazza del Plebiscito a Napoli donandole quell’aria epica che dovrebbe anticipare ogni scontro epico e mortale. Ronkudo sedeva sui gradini della Basilica reale pontificia di San Francesco di Paola sotto la grossa scritta che recitava “D.O.M.D. FRANCISCO DE PAULA FERDINANDUS I EX VOTO A MDCCCXVI”. Questa aveva lasciato dibattere i più grandi esperti di lingue morte per interi secoli soprattutto sul significato dell’acronimo “D.O.M.D.” e solo grazie ad un codice cifrato ritrovato in un antico scavo si è riuscito a comprenderne interamente il significato. L’iscrizione era una maledizione lanciata dal re contro una sua ex amante dove l’acronimo sopra citato significa: “Domizia Orazia Morire Deve”.

A Ronkudo Musushi non interessava nulla di tutto questo. Aveva scelto quel posto solamente per lo spazio e non sapeva nulla della sua storia o del significato che aveva avuto per il popolo napoletano. Si era esattamente comportato come aveva fatto il governo napoletano per lunghi anni. Infatti nonostante questo avesse ospitato le più importanti manifestazioni della regione nessuno aveva mai speso due parole per parlare della storia di quell’importantissima piazza. Noi non faremo eccezione alla regola poiché urge raccontare la nostra storia anziché quella di atri ma invito tutti i lettori a fare una ricerca sull’argomento.

Nella piazza regnava sempre un innaturale calma (tranne quando venivano organizzate le manifestazioni poiché in quel caso il caos regnava sovrano) che veniva rotto solamente dai versi emessi dagli innamorati che si sbaciucchiavano emettendo i loro caratteristici Smack, Sluoom o Mluomm.

Nonostante questa sinfonia di goffi tentativi di bacio a Ronkudo piaceva stare lì sotto i raggi del sole in quella calma innaturale e rilassante. Non poteva fare a meno di pensare allo scontro che avrebbe dovuto sostenere da lì a qualche ora. Sarebbe stata la sfida definitiva che lo avrebbe decretato come maestro indiscusso dell’arte della spada o l’avrebbe condannato ad accrescere la fila di volti urlanti della TRINITY.

Poco gli interessava del suo possessore, un'altra anima condannata che era stata plagiata dal potere della spada, non era che una marionetta guidata da odio e violenza verso tutto quello che è l’amore e l’equilibrio, e come tutti gli altri possessori della spada avrebbe anche egli perso la vita per servirla.

Stupido Smuokinuow, nella tua ricerca della bellezza hai realizzato proprio ciò contro cui combattevi e condannavi tanto in vita. Ronkudo come pochi conosceva tutta la storia, certo non sapeva cosa fosse successo dopo il rapimento della TRINITY dal sacro tempio e non sapeva neppure come faceva Gideon ad averla ma conosceva le origini di questa come pochi.

 

 

 

Tutto era iniziato con una guerra, una guerra di cui nessuno ha memoria ma che ha lasciato segni indelebili su tutto il creato. Questa, nata da una rivolta del cui esito già era segnato cambiò radicalmente l’idea dell’universo come se fosse stato solamente un semplice esperimento. Le fazioni in gioco erano quelle del bene e del male che si affrontarono guidati dai più grandi guerrieri di tutti i tempi. Dal lato della luce c’era l’angelo Gabriele mentre dal lato dell’oscurità c’era il macellaio Xambraxis (lascio al lettore l’attribuzione del bene e del male poiché il tutto può essere considerato molto strettamente relativo). I due guerrieri si affrontarono nell’apice del combattimento e le loro rispettive armi ORACILE e SKRATOGAR furono messe a dura prova per i mortali fendenti menati. Alla fine della battaglia è inutile dire che Xambraxis risultò vincitore e riuscì a ferire l’angelo cavandogli l’occhio destro. Ma la volontà di Dio per quello scontro fu ben altra e come sappiamo l’esercito dei dannati CADDE due dimensioni sottostanti raggiungendo l’INFERNO. Questa era una realtà embrionale non ancora formata e toccò alla magia oscura del re dei dannati SATANA renderla più accogliente e vivibile con esiti bizzarri e fallimentari.

Non voglio dilungarmi troppo su questi eventi poiché spiegare IL CONTRATTO DELLE ANIME non ci servirebbe a niente e conferirebbe il lettore di conoscenze per il quale non è ancora pronto e che non gli servirebbero per comprendere questa storia dunque preferisco rimandare queste spiegazioni ad un'altra storia sul nulla e sul niente.

Devo però dire che durante la CADUTA delle cose sono andate a finire nella dimensione presente tra l’INFERNO e il PARADISO. Tra queste c’è un pezzo della SKRATOGAR. Quando infatti il SUPREMO diede il comando di CADUTA ai ribelli, Xambraxis si oppose e conficcò la sua mannaia all’interno della realtà PARADISO. Ma nessuno può opporsi alla volontà del SUPREMO che con il VERBO colpì la SKRATOGAR rompendola su un lato condannando anche l’ultimo ribelle alla CADUTA. Il pezzo staccato dal corpo originale dell’arma passo il portale ma non riuscì a raggiungere la dimensione INFERNO rimanendo bloccata nella nostra dimensione. Per questo Xambraxis nel corso dei secoli ha cercato il pezzo mancante della sua mannaia possedendo e plagiando anime ripiene d’odio e morte. Anche il metallo cerca il suo padrone essendo stato l’unico a dargli l’ebrezza della morte e del combattimento. Finora questa ricerca non è andata a buon fine da nessuna di tutte e due le parti. Forse però un giorno Xambraxis riuscirà a trovare un corpo che potrà ospitarlo per molto più tempo, un corpo con l’anima di un guerriero.

Per quanto riguarda invece la storia del metallo questa si diresse contro l’INFERNO come abbiamo già detto ma rimase bloccata fuori dal portale. Il punto in cui rimase ferma fu il Giappone in particolare le montagne aguzze. Maledetto il giorno in cui Smuokinuow si diresse in quel punto in quella caverna. Se quel giorno il fabbro avesse avuto la febbre o una ragazza l’umanità si sarebbe risparmiata tanti inutili guai.

Il caso però volle il contrario, e in quel giorno caldo ma allo stesso tempo piovoso, Smuokinuow decise di uscire per sgranchirsi un po’ le gambe avendo passato gli ultimi tre anni nella sua fucina a lavorare. Il Smuokinuow di cui stiamo parlando è molto più vecchio rispetto a quello presentato nei capitoli precedenti. Era oramai riconosciuto come il miglior fabbro di tutti i tempi. E aveva una barbetta incolta che non gli era più cresciuta bene dal giorno che fu tagliata da Sakura.

 

 

Smuokinuow si era guadagnato completamente da solo ogni elogio e complimento per la usa arte seguendo un lungo e faticoso cammino. Aveva iniziato fin da bambino ad avere un grande amore per le spade ma un grande ribrezzo per il sangue. I suoi primi lavoretti di fabbricazione furono un coltello per tagliare il pane e un rozzo taglia unghie (che fu subito sequestrato dalle guardie reali perché era troppo pericoloso). I genitori di Smuokinuow erano poveri e volevano che il figlio prendesse la via delle armi (il guerriero dell’epoca non differiva molto da una pop-star per fama e ricchezza), lui si oppose odiando lo sforzo fisico e la gente fatta a pezzi. Quindi un freddo giorno piovoso decise di abbandonare i genitori e iniziare a vagabondare per il mondo in cerca di qualcuno che apprezzasse la sua arte.

Il caso (che oramai è molto strano nella nostra storia) volle che il mitico fabbro raggiunga un villaggio preso sotto assedio da dei banditi. Smuokinuow che non aveva armi, e anche se ne avesse avute non le avrebbe mai usate, decise allora di tagliare per il bosco che si apriva alla sua destra in modo da non incappare in qualche ladro pazzo esaltato in vena di stupri e massacri. Non cammino neanche per cinque minuti che arrivò nel fulcro della battaglia.

Dopo un primo brutale assalto la milizia era riuscita a scacciare i banditi dal villaggio confinandoli in quel bosco in modo da dare il tempo agli abitanti superstiti di evacuare. La battaglia ora stava infuriando come non mai.

Mortali frecce fendevano l’aria seguite da urla di morte e di agonia. Tutt’intorno echeggiava il suono metallico delle spade che facevano tremare gli alberi tutto intorno. Si poteva sentire la morte in ogni angolo di quel posto come se stesse abbracciando tutti i guerrieri cullandoli per farli addormentare nel sonno eterno. Forse questa descrizione è un po’ esagerata ma sta il fatto che Smuokinuow fu colto dal panico ed incominciò a correre come un forsennato attorcigliandosi la barba. Il fabbro non essendo pratico di battaglie invece di ritornare suoi propri passi decise di buttarsi in avanti entrando ancora d più all’interno del combattimento.

Durante la sua folle corsa travolse un paio di samurai che imprecarono citando il codice della spada, schivò una dozzina di frecce e quando si trovò davanti ad un brigante alto quattro metri che brandiva una mazza borchiata alta il doppio (anche qui ci possono essere delle esagerazioni), urlò così tanto che disorientò l’omone dando tutto il tempo ad un samurai della milizia di staccargli la testa con un fendente.

La folle corsa di panico del nostro fabbro continuò per diversi chilometri finché esausto decise di fermarsi vicino ad un fiume che scorreva lì vicino. In quel luogo c’era una notevole calma e si poteva benissimo sentire il suono emesso da ogni singola goccia che fluiva nel letto del fiume.

Smuokinuow credendo di essere fuori pericolo decise di sedersi su una roccia che stava lì vicino per riposarsi le stanche membra ma appena poggiato il culo sulla roccia fu costretto ad rialzarsi rapidamente molto spaventato. Ai piedi di questa c’era un soldato della milizia (cosa deducibile dal fatto che vestiva la tipica divisa blu) che portava un elegante codino all’indietro e un bel taglio verticale sul petto. Il fabbro ripresosi dallo spavento iniziale cercò di avvicinarsi per capire se quel l’uomo era morto ma non ne ebbe il tempo. Dal bosco alla sua sinistra uscirono tre banditi armati di tutto punto.

Vedendoli Smuokinuow capì che non avrebbe avuto speranze in un combattimento con tre uomini, del resto neanche la fuga era possibile, i tre erano troppo vicini e le sue gambe ormai si rifiutavano di muoversi. Decise allora di fare quello che bisogna fare in questi casi ovvero portarsi una mano sul volto e chiudere gli occhi.

Passarono un paio di minuti e non successe niente. Dopo un altro paio di minuti poiché la morte non arrivava Smuokinuow incuriosito decise di riaprire gli occhi. Davanti a lui c’era il tipo con lo squarcio sul petto che stava combattendo con due di quei briganti, il terzo già stava a terra decapitato. Il miliziano menò un fendente che taglio la gamba ad un brigante e parò il colpo inferto dal secondo brigante. Questo non riuscì a resistere al contraccolpo che lo fece cadere a terra dando tutto il tempo al miliziano di infilare la spada nel petto del suo compagno uccidendolo. Quando infine riuscì ad alzarsi imbracciò la spada con entrambe le mani e si avventò sul miliziano ma questo con due rapidi fendenti gli tagliò le braccia e lo decapitò prima ancora che riuscisse ad alzare la spada.

-Avevamo fatto evacuare il villaggio che cazzo ci fai qui incosciente !- urlò il miliziano arrabbiato. Smuokinuow balbettò confusi monosillabi, era troppo scioccato anche solo per pensare una risposta.

-Seguimi, la battaglia è persa. Ci stavamo ritirando quando hanno assaltato il mio gruppo e sono riuscito a rifugiarmi qui. Fai tutto quello che ti dico e ti faccio uscire vivo da qui quanto è vero che mi chiamo Yashuo Koalla! - gli disse il miliziano facendo qualche passo, si fermo infatti di colpo e si guardò il taglio che aveva in petto che aveva preso a sanguinare-A giusto. La scarica di adrenalina è finita- disse piombando di faccia a terra.

 

 

 

Quando Yashuo riprese i sensi si trovava steso su un letto di foglie all’ombra di un grosso albero. Si guardò intorno davanti a lui c’era il civile che non aveva evacuato. Questo se ne stava seduto su una roccia a spuntare una pietra con un coltellino.

-Su forza civile, dobbiamo andare in una zona sicura- fece Yashuo cercando di rimettersi in piedi ma un forte dolore al petto gli impedì di alzarsi facendolo ricadere a terra.

-Non ti conviene muoverti, quella ferità era brutta ma sono riuscito a farci qualcosa dovresti cavartela. La ferita è d’aura non di spada sei stato molto fortunato. Certo il tuo petto non sarà più quello di prima ma alle donne piacciono le persone con le brutte ferite di guerra più di quelle con quelle belle- gli disse Smuokinuow senza alzare lo sguardo dalla sua pietra.

Yashuo si toccò il petto e sbarrò gli occhi. Senti infatti qualcosa di molto duro che non gli piaceva affatto quindi si tolse velocemente la parte di sopra del vestito. Quando vide la grossa placca di metallo guardò il fabbro con fare omicida.

-Uomo! Cosa mi hai fatto, cos’è questa cosa? Sono un mostro, altro che brutta ferita questa è orribile-fece cercando la sua spada per uccidere l’uomo che aveva deturpato il suo aspetto.

-Oh samurai la prego rimanga fermo- disse Smuokinuow cercando di nascondersi dietro la roccia- ho dovuto applicare quella placca per fermare il sangue e richiudere la ferita è solo una soluzione provvisoria-spiegò.

-Ho capito ma non potevi semplicemente ricucirmela come fa ogni creatura di Dio che abita sotto questo cielo?- gli domando Yashuo iracondo.

-Mi era impossibile. Sono un fabbro mica un sarto io-gli spiegò mettendo fieramente enfasi sulla parola “fabbro”.

Yashuo, che non aveva ancora trovato la usa spada, iniziò a calmarsi quell’uomo in fin dei conti l’aveva sempre soccorso e poi era un civile da proteggere non un drago a tre teste da ammazzare per la gloria eterna. La via della spada inoltre proibiva di attaccare e uccidere i propri soccorritori e quindi il samurai non ebbe altra scelta che riacquistare lentamente il controllo di se. Dopo che si fu calmato si senti pervadere da una profonda curiosità e chiese al suo salvatore- Mi perdoni fabbro ma da dove ha preso il metallo per richiudermi la ferita non vedo miniere nei paraggi-.

Smuokinuow aveva temuto quella domanda ma si era già preparato una risposta- vede signor samurai i fabbri del mio tipo sono specializzati nella forgiatura di katane quindi ho usato queste conoscenze per adattare quel tipo di metallo alla ferita-disse.

Yashuo non riuscì a capire quello che il fabbro voleva intendere quindi ignorò la sua risposta bollandola come un semplice vanto di un artigiano borioso. Quindi si accinse a chiedere al fabbro dove fosse la sua bellissima katana orgoglio della sua famiglia per generazioni ma non riuscì a pronunciare la domanda. D’un tratto aveva capito l’affermazione del fabbro e aveva finalmente collegato la placca di metallo con la sua katana spiegandosi anche perché quel metallo gli era così familiare.

-Demone! Solo un demone può riuscire a danneggiare così tanto un uomo in così poco tempo e così gravemente. Ah se solo quel brigante selvaggio avesse affondato un po’ di più la spada ora potrei nuotare tra le nuvole del cielo invece di subire tutte queste umiliazioni- gli urlò Yashuo.

-Ma signore il metallo della sua spada era l’unica cosa a portata di mano e l’aura della katana di un samurai se usata correttamente può avere ottime capacità curative senza le quali questa conversazione non sarebbe possibile- gli disse Smuokinuow scusandosi.

La via della spada consentiva, anzi incoraggiava, l’omicidio di chi danneggiava, rubava o faceva cosce oscene con le spade di altri samurai. Quindi seguendo questa norma Yashuo cercò di togliersi la placca di metallo per usarla come arma contundente anche a rischio di riaprire la ferita procurandosi un’emorragia mortale.

Smuokinuow vedendo quella scena si inginocchiò davanti a questo prendendogli entrambe le mani bloccandolo-Signore non faccia così io sono un fabbro posso far ritornare la vostra spada come prima mi dia la possibilità di rimediare a questo mio errore. Le forgerò la sua katana esattamente come era prima se non migliore. Se non riuscirò nella mia impresa allora potrete farmi decapitare o uccidermi nel modo che più vi aggrada- gli disse.

Yashuo cercò di liberarsi dalla presa ma era debole, la battaglia e la ferita l’avevano indebolito, quindi decise di acconsentire alla richiesta del fabbro. Tanto sapeva che quel misero fabbro spuntato dal nulla non avrebbe mai potuto forgiare un qualcosa che poteva paragonarsi alla sua Caliptica forgiata da uno dei più grandi fabbri che sei mai esistito (vorrei riportare il suo nome ma dopo che Smuokinuow diventò il miglior fabbro in assoluto il nome di tutti gli altri fabbri è stato inevitabilmente oscurato).

 

 

 

I due allora raggiunsero il villaggio più vicino ma poiché gli abitanti erano stati tutti massacrati e l’unica cosa viva era un maialino che scappò alla loro vista decisero di andare nel prossimo villaggio.

Il nome di questo era Kyram (il nome non è conosciuto da nessuno perché dopo qualche anno verrà anche questo distrutto dai banditi) che non significa assolutamente nulla. Il villaggio era abitato da povera gente che viveva la sua vita stancamente aspettando la morte come in molte piccole cittadine italiane. La cosa importante era che questo villaggio aveva un officina che fu noleggiata da Yashuo per poche monete e diede tempo al fabbro di due settimane per completare la spada.

-Due settimane? Yashuo dovresti sapere che per creare qualcosa serve solo una settimana- gli disse Smuokinuow ridendo.

Yashuo prese quelle parole come una protesta contro il poco tempo offertogli per realizzare la spada. Quindi decise di affittare una stanza alla locanda per le prossime due settimane (anche qui spese pochi soldi) anche se sia spettava che il fabbro scappasse quella notte stessa.

Il giorno dopo però Smuokinuow era ancora lì e anche quello dopo e quello dopo ancora. Yashuo meravigliato decise di assoldare degli uomini  per spiarlo e questi gli riferivano che il fabbro stava tutto il giorno a martellare, spuntare, benedire e a fare strani diagrammi magici.

Quando arrivò il settimo giorno, Yashuo si recò alla bottega dove trovò il fabbro che dormiva abbracciato ad una spada. Gli diede una breve scrollata ma questo non si destò. Diede allora ordine a un paio di curiosi che si erano radunati lì vicino di portagli un secchio pieno d’acqua ma neanche l’impatto col getto di acqua fredda svegliò Smuokinuow. Arrabbiato Yashuo prese dalla fornace un tizzone ardente e lo poso sulla mano del fabbro. Questa iniziò a fumare pericolosamente e ad arrossarsi ma il fabbro non si mosse di un centimetro.

Qualsiasi uomo in quel momento avrebbe perso la speranza e di certo Yashuo non era da meno quindi per non rischiare di uccidere il fabbro prima del tempo decise di mettersi comodo e di aspettare.

 

 

-Yashuo non puoi dormire nell’officina di un fabbro- lo svegliò Smuokinuow sette ore dopo. Yashuo aprì gli occhi e vide il fabbro che aveva la faccia di chi si era svegliato da poco ma non volle indagare di più e gli chiese con malignità- Allora? Sai che tra una settimana devi consegnare tutto? A che punto stai? -.

-Oh la spada è finita se la vuole provare sta sul tavolo-rispose Smuokinuow indicandogliela. Yashuo rimase molto colpito nel vedere la sua Caliptica così brillante. Dovette addirittura chiudere gli occhi perché la luce della lama era così tagliente che rischiava di danneggiarglieli.

-La provi. Io sono un pacifista- gli disse Smuokinuow sorridendo vedendo la faccia stupita del miliziano. Yashuo si avvicinò alla spada e la impugnò. Fu subito pervaso da un senso di leggerezza e coesione sembrava che il suo essere si fosse infuso nella spada e che il suo corpo era solo un semplice mezzo per usarla. Si affrettò ad assumere la posa di combattimento samurai e menò qualche fendente. L’aria in cui passava la spada si divideva e vorticava. E quando in fine l’abbassò soddisfatto della prova un forte profumo di eucalipto pervase la stanza.

-Fabbro lei è proprio un demone poiché solo un demone può offrire tanto ad un uomo per salvarsi la vita- disse Yashuo con le lacrime agli occhi-Grazie! –finì inchinandosi. Quel giorno i due diventarono migliori amici.

Yashuo parlò a tutti del potere di Smuokinuow che riusciva a dar vita alla katane e ben presto tutti iniziarono a contendersi i sui servigi. Iniziò così a guadagnare più soldi e importanza di un re e uso i primi (poiché con l’importanza e la fama non si fa niente) per costruire la sua mitica fucina che poi ampliò nel corso degli anni. Ormai di questa non rimane più nulla ma secondo alcune fonti avrebbe contenuto ogni sorta di materiale e strumento da lavoro per fronteggiare ogni avversità.

Yashuo dal canto suo non fu da meno del suo amico e diventò uno dei più grandi samurai che siano mai esistiti sia per la sua abilità nell’uso della spada sia per la bontà del suo cuore (l’eroe manga perfetto insomma).

Ma la nostra è una storia di morte e cattiveria quindi Smuokinuow trovò il metallo maledetto.

Aveva raggiunto una caverna dove si era fermato per riposarsi e ad un tratto il pavimento aveva ceduto. Si era così ritrovato in un luogo buio illuminato solamente da un leggero bagliore rossastro che proveniva dalle venature di una roccia che usciva dal pavimento. Smuokinuow una volta alzatosi si avvicinò a questa brandendo il suo miglior piccone.

Il luogo in qui era andato in gita veniva chiamato da tutti “montagne aguzze”. In quel luogo infatti tutto era appuntito e tagliente. Persino quel poco di vegetazione che cresceva da quelle parti aveva un aspetto aguzzo e mortale. Non c’era però un divieto sull’esplorare quelle montagne nonostante si pensasse che fosse uno dei punti di contatto con l’inferno. Il metallo che veniva estratto in quel posto era ottimo anche se Smuokinuow preferiva scavi più vicini per limitare il tempo passato fuori dalla sua fucina. Quel giorno si era avventurato come non aveva mai fatto né lui né nessun altro essere vivente e aveva raggiunto un luogo completamente nuovo. Più precisamente il centro di quel luogo maledetto…

“Cavolo quanto è duro questo metallo sarà una Sakuradue?” pensò il fabbro ripensando a quello straordinario e odioso episodio che gli era costato la sua bellissima barba. Dopo numerose picconate però il pezzo della SKRATOGAR si svegliò e capendo la stoltezza di quell’uomo decise di sfaldarsi per arrivare in superfice. Vedendo la roccia andare in frantumi formando un piccolo blocco il fabbro non si insospettì anzi baciò il piccone dicendogli tenere parole d’amore.

 

Quando il fabbro (dopo diversi giorni di cammino) tornò a casa trovò un ospite inatteso. Yashuo infatti stava seduto vicino alla porta d’entrata della sua fucina con la spada poggiata su una spalla. Alla sua vista Smuokinuow si lasciò scappare un urlo di felicità. Vedeva raramente il suo migliore amico poiché questo era sempre in giro a fare missioni pericolose per gente pericolosa.

I due quindi si abbracciarono per qualche minuto. Anzi è più corretto dire che Smuokinuow piombò addosso a Yashuo e lo bloccò a terra senza dargli la minima possibilità di rialzarsi (il fabbro infatti era molto più grosso e muscoloso del samurai dato l’intensa attività fisica che faceva rispetto questo).

-Piano sono appena tornato da una missione che ha messo a dura prova ogni parte del mio corpo-gli fece Yashuo cercando di spingere via il fabbro ma inutilmente.

-Oh che bello, da quanto tempo non ci vedevamo finalmente posso parlare con una persona con un buon ingegno. C’è da perdere il senno sempre a parlare con rozzi contadini, altezzosi nobili e malinconici guerrieri- gli disse Smuokinuow sollevandolo di peso e portandolo nella fumosa fucina.

Appena entrati Yashuo tossì e sputacchiò per liberarsi i polmoni da quell’aria malsana e puzzolente. Il fabbro invece amava quella sensazione e aspirò a pieni polmoni, trattene il fiato in modo che questo entrasse nei suoi polmoni e infine buttò fuori Il resto.

-Che odore, che sapore e che amore, amo questo posto- disse Smuokinuow posando Yashuo su una sedia lì vicino che continuava a tossire facendosi aria con una mano. Il fabbro si preoccupò un po’ vedendo l’amico con gli occhi fuori dalle orbite che emetteva versi strani cercando di prendere il respiro e decise di aprire una finestra che cigolo felicemente essendo la sua prima volta. Fatto questo grande sacrificio andò a posare in un angolino i materiali che aveva raccolto durante il viaggio.

-Non capirò mai come tu faccia ad essere ancora vivo nonostante respiri ogni giorno questi fumi pestilenziali- osservò Yashuo riacquistando il suo regolare ritmo respiratorio -ma non sono qui per piacere fabbro…ci sono stati degli sfortunati eventi anzi fortunati ma visto il risultato posso solo dire che sono stati sfortunati…anche se tu li vedrai diversamente…-ma non riuscì a finire la frase poiché il fabbro arretro velocemente sbattendo contro la parete degli attrezzi. Da questa caddero centinai di cose che non sto qui a riportare poiché questo racconto non deve diventare un manuale sulla forgiatura vi basti solo sapere che il rumore che fu provocato fu udito da un gruppo di banditi che si trovava a diverse leghe di distanza che, interpretandolo come un segno d’ira da parte di Dio, si diede alla fuga.

-Il tuo occhio- balbettò Smuokinuow profondamente scosso. Solo allora si era accorto della grossa cicatrice che passava sull’occhio di Yashuo che fino ad allora era rimasto chiuso. Incuriosito quindi gli si avvicinò tendendo una mano per aprirgli l’occhio e veder l’orbita vuota.

Yashuo si accorse delle brutte intenzioni del fabbro e si alzò sguainando la spada-Non sono cieco, ho ancora l’occhio- disse aprendolo -ma tenerlo chiuso rende la mia immagine più tenebrosa. Ora però siediti- continuò senza mai abbassare la spada per un secondo. Smuokinuow fu contento della risposta dell’amico anche se era un po’ rattristato poiché non avrebbe avuto l’opportunità di vedere un orbita vuota.

-La cicatrice che porto l’ho ricevuta nell’ultima battaglia per proteggere una ragazzina da un gruppo di mercenari che l’avevano rapita. Sai quella bambina era la figlia dello Shogun…e lo Shogun è un uomo molto importante …-stava spiegando Yashuo ma Smuokinuow fu più veloce e capì tutto- Ho capito. Quindi sei venuto qui per uccidere lo Shogun perché avrebbe dovuto stare più attento alla vita della propria figlia poiché per colpa sua tu hai perso un occhio. Hai tutto il mio appoggio e ti dico che mi occuperò personalmente delle tue armi-.

-No. No. No! Amico non voglio uccidere nessuno e poi come farei ad uccidere lo Shogun? Un uomo solo non può fare una cosa del genere. Lui ha un esercito personale che presidia la usa villa costantemente. Tra l’altro ha in questo momento risiedono a corte il Barbaro e Shinighi…ma qui stiamo sfuggendo al punto io non voglio nulla di tutto questo-gli disse Yashuo arrabbiandosi- Allora parla senza interromperti su che ho un nuovo metallo che richiede di diventare spada- gli fece Smuokinuow spazientito.

-Sei tu rozzo ignorante che continui ad interrompere il filo logico dei miei pensieri!-gli urlo- Comunque per intenderci lo Shogun non è mio nemico anzi…-provò a continuare ma fu di nuovo interrotto dal fabbro- Io? Sei tu che ti pavoneggi con le tue ferite di guerra e fai capire altro agli altri! Dovresti parlare come: “la pecora è sparita” e no “indovina un po’ cosa manca nell’universo creato da di Dio, su indovina un po’, qualcosa che prima c’era e adesso non c’è più e non ho la minima idea di dove potrebbe mai essere ”- gli fece.

-Per tutti gli i samurai caduti sule loro spade mentre combattevano. Sono qui rozza creatura solo per dirti che lo Shogun mi vuole come sua guardia del corpo e che da ora in poi vivremo a stretto contatto poiché lo Shogun ha la sua magione poco lontano da qui!- gli urlò Yashuo. Smuokinuow sentendo ciò corse ad abbracciarlo e lo riempi di baci mettendo a dura prova il concetto di eterosessualità- Che bello andremo a pesca, correremo nei prati e parleremo male delle vecchiette del paese inventandoci strane storie sul loro conto-gli disse con le lacrime agli occhi. Yashuo provò a tagliargli via le braccia con la katana per liberarsi dalla presa ma questa gli era caduta a terra e non riusciva in alcun modo a raggiungerla.

Gli abbracci e le incomprensioni andarono avanti per molte ore finchè Yashuo non disse che doveva tornare a casa da Fedekira sua moglie e Suokizo suo figlio e se avrebbe fatto tardi la moglie gli avrebbe cavato lei stessa l’occhio e il fabbro avrebbe avuto la sua orbita vuota. Quindi il samurai si congedò dicendogli che sarebbe passato il pomeriggio del giorno dopo per raccontargli delle sue ultime missioni.

 

 

 

Smuokinuow si sentì triste quando Yashuo se ne uscì dalla porta della fucina. Era sempre stato un tipo molo solitario. Di amici ne aveva pochi, forse Yashuo era in realtà il suo unico vero amico. Non aveva mai avuto tempo per farsi degli amici. Ora però doveva mettersi al lavoro quindi si tolse dalla mente ogni pensiero negativo e iniziò la progettazione della spada.

Preparò quindi dei fogli e dell’inchiostro e iniziò ad abbozzare il progetto. Ma dopo qualche secondo si ritrovo seduto all’incudine a martellare la spada. Il martello gli cadde da mano. “Com’è possibile? Un attimo fa stavo facendo il piano della progettazione e ora mi trovo qui a batterla col martello” pensò portandosi la mano sulla bocca per lo stupore. Si sentiva come se gli ultimi minuti non fossero mai esistiti. Si alzò e si mise a riflettere su quello strano avvenimento finchè il suo sguardo non fu catturato dalla finestra. Smuokinuow corse verso di questa e l’aprì di botto (l’aveva infatti chiusa non appena l’amico era uscito per non far perdere consistenza al suo amato fumo). Per strada ormai non c’era più anima viva. Fece quindi un rapito calcolo e dedusse che aveva perso la memoria per tre ore. Ma mentre faceva questi pensieri l’occhio gli cadde sul foglio della progettazione della katana che era stato completamente colorato di nero. Il fabbro si avvicinò per osservarlo meglio, era assurdo, il foglio era stato colorato minuziosamente a mano da qualcuno poiché presentava i classici solchi di piuma. Smuokinuow intuì subito chi avrebbe potuto fare una cosa del genere e si guardò le mani per verificare la veridicità dei suoi pensieri. Raggelò alla vista delle macchie nere sulla punta delle dita che lo dichiaravano colpevole di quella follia. Il filo dei suoi pensieri fu interrotto e si ritrovò a continuare la forgiatura.

Questa volta il martello non gli cadde da mano ma l’inquietudine fu maggiore. La spada infatti stava prendendo sempre più forma ed aveva iniziato a brillare di un rosso sanguigno innaturale. Smuokinuow sbattete con tutta la forza che aveva il martello sull’arma per la frustrazione di quella situazione.

-Ahioarghhhh-urlò il fabbro mantenendosi l’occhio. Qualcosa che gli uscì dall’occhio sinistro scivolò lungo la rispettiva guancia e andò a finire sul pavimento. Erano grosse gocce di sangue che spaventarono molto il fabbro che prese un fazzolettino e cercò di tamponare l’occhio per fermare la perdita. Fu proprio quando chiuse l’occhio che ebbe la visione.

 

 

Non sapeva esattamente dove si trovava. Forse era meglio non saperlo. Quel luogo era orribile era interamente fatto di sangue. Sangue trasparente creava grossi alberi che circondavano un lago di sangue. La stessa terra su cui posava i piedi il fabbro era un grosso grumo di sangue. La cosa più inquietante era però il ragazzo che stava emergendo dall’acqua. Aveva dei lunghi capelli neri che gli coprivano il volto ed era bianchissimo di pelle (l classico adolescente emo che si taglia per la FRIENDZONE). Smuokinuow lo osservava impaurito mentre questo veniva lentamente verso di lui.

CERCA IL RAGAZZO È LUI IL GUERRIERO IO TI ASPETTERÒ DA LUI.

Ci fu una malvagia risata e una folata di vento sollevò i capelli al ragazzo. Il suo volte sconvolse Smuokinuow tanto da farlo svegliare. Una volta sveglio provò e riprovò a scacciare via quell’immagine ma fu tutto inutile. Un volto senza volto. Non aveva né palpebre né labbra né guance. Era un volto consumato che veniva direttamente dall’oscurità.

Cerco di controllarsi e riacquistò di nuovo il controllo di se e guardò la spada ormai completa posata sul banco da lavoro. Rimase un po’ a fissarla, l’aveva fatta realmente lui o si era creata da sola? Doveva distruggere quella cosa. Aveva qualcosa di sbagliato qualcosa che non doveva esistere. Prese allora un paio di pinze e la mise nel fuoco bollente per farla sciogliere. Si sentì un urlo e Smuokinuow cadde col sedere a terra. Ci fu un getto incandescente, quella fu l’ultima cosa che riuscì a ricordare. Si fece tutto confuso. Sapeva di star rifinendo la spada, le stava dando vita come faceva con le altre armi anche se qui era diverso poiché non le donava propriamente una vita ma qualcosa di più profondo: un’anima ...la sua anima.

Gli sembrava di lavorare sotto un intensa pioggia di sangue e con il costante suono di urla femminili. Non seppe quanto lavorò alla spada ma riconobbe l’uomo che gli stava tenendo la testa immediatamente.

-Smuokinuow tutto bene? Per i santissimi Dei cosa è successo?- stava dicendo Yashuo versando sofferenti lacrime sul corpo dell’amico. Smuokinuow non riusciva a parlare era troppo debole. La forza gli era stata completamente sottratta dal suo ultimo lavoro. Ora stava lì steso bianco e smorto cercando di utilizzare l’apparato fonatorio per emettere qualche suono. Il vigore che aveva mostrato qualche ora prima aveva completamente abbandonato il suo corpo.

-Comandante Yashuo c’è una spada qui sul tavolo e ha qualcosa di molto strano venga a vedere- gli fece Azakiu il vicecomandante delle guardie reali. Yashuo si alzò e si avviò verso il vicecomandante ma fu fermato dal fabbro che con una mano si appese alla sua divisa.

-No! Yashuo devi nascondere quella spada solo tu puoi farlo. Sangue. Morte. Violenza-disse Smuokinuow poi i fermò-la spada contiene queste cose e si nutre di esse. Il suo nome sarà TRINITY-finì dando il nome alla spada e spirando. Yashuo si abbassò vicino all’amico e iniziò a piangere.

-Com’è ha detto che si chiama la spada?- fece una delle due guardie che avevano accompagnato i comandanti all’altra.

-Ha detto che si chiama Trinity-gli rispose l’altro guardando la spada che ora stava brillando di un rosso intenso cosa che intimorì molto le due guardie.

La paura però durò poco poiché appena la seconda guardia smise di parlare la luce scomparve e il fabbro riprese la parola direttamente dal mondo dei morto- Ma sei sordo? Ho appena detto che si chiama TRINITY non Trinity. Devi mettere enfasi nel pronunciarla! TRINITY! Prova un po’ TRINITY!-.

La guardia rimase molto stupita e spaventata ma sapendo che non bisognava far irritare gli spiriti si schiarì la gola ed esclamo -TRINITY!-.

-Niente male solo non farla sembrare un esclamazione è solo TRINITY e basta. L’importante è intendersi-concluse il fabbro spirando definitivamente.

Azakiu si avvicinò a Yashuo e gli poso una mano sulla spalla -Scopriremo chi ha fatto questo ti aiuterò a farlo-gli disse.

Yashuo si riprese- Orgrui, Frekiu prendete la spada e portatela al castello è l’unico posto sicuro e sbrigatevi- disse alle due guardie che stavano di nuovo guardando la luminescenza rossa della quale era tornata a brillare TRINITY.

Dopo si rivolse a Azakiu-Caro amico non credo che nessuno uomo abbia potuto fare niente del genere questa è opera di diavoli quindi poiché non possiamo attaccare le armate demoniache e conquistare l’inferno ti chiedo solo di aiutarmi a seppellire il mio caro amico nella fucina che ha tanto amato. Lui vorrebbe così-gli disse trattenendo le lacrime.

-Non farò solo questo. Ti do la mia parola che non avrò pace finchè quella spada non sarà messa al sicuro come ha chiesto questo povero uomo nei suoi ultimi attimi di vita. Anzi più precisamente nei suoi penultimi attimi ma ormai poco importa- gli disse Azakiu- e spenderò anche due paroline co lo Shogun per far costruire in questo posto una tomba degna dello Shogun stesso. In modo tale che la sua storia venga ricordata nel corso dei secoli-.

-Grazie sei un amico Azakiu e ora seppelliamolo non facciamo soffrire oltre la sua anima- disse Yashuo- poi metteremo quella spada al sicuro poiché ha un potere che non compete agli uomini ma ai diavoli-.

 

 

 

Orgrui e Frekiu stavano odiando quel momento. Fino a qualche attimo fa si stavano ubriacando al bar privato dei samurai ed ora erano costretti a portare a spasso una spada demoniaca luccicante. L’avevano anche coperta con un panno ma che faceva poco poiché la luce usciva comunque. Addirittura portavano il fagotto con delle corde per non toccare il corpo dell’arma.

-Non capisco perché dobbiamo essere noi povere comparse samurai a fare queste cose così pericolose- disse Frekiu- tanto alla fine sono sempre i comandanti e i re a prendersi il merito delle grande imprese. A noi poveri guerrieri neanche qualche ballata burlesca in rima ci spetta-.

Orgrui annuì fermamente –Già e poi tocca a noi parlare con gli spiriti. Mica il comandante ha detto una parola quando quel fabbro mi ha corretto la pronuncia della spada? Ma che! Fa tanto il valoroso e poi tocca vedercela a noi coi diavoli- disse.

Quanto avrebbero voluto i due guerrieri essersi messi un po’ più infondo nella locanda o essere già svenuti per il troppo bere. Invece il destino aveva voluto che il loro sguardo fosse catturato da quei lampi rossi che uscivano dalla fucina del fabbro seguiti da urla di donna e furono costretti dalla sempre mal consigliera curiosità a di uscire dal bar. Il comandante era passato di lì e loro erano stati costretti a seguirlo.

-Odio questo bosco, ci siamo persi già due volte e non abbiamo neanche dei cavalli con questo terreno così scivoloso manca solo un attacco di qualche bandito…-stava dicendo Orgrui ma fu interrotto poiché due pugnali gli saettarono poco sopra la testa.

-Ci attaccano!- disse Frekiu -No stavamo giocando al tiro del pugnale per vedere chi lo lanciava più lontano e siete apparsi voi- disse un brigante apparendo dal buio del bosco.

-Non dovremmo attaccarli hai sentito l’ira di Dio questo pomeriggio dovremmo farci tutti pastori secondo me- fece un secondo bandito uscendo dallo stesso punto.

-Ma stai zitto quello era semplicemente l’ululare dei lupi- gli fece un terzo brigante- Sarà ma io non ho mai sentito ululare tanto i lupi e poi era giorno e non credo ci siano animali  tanto stupidi da confondere il sole con la luna. Secondo me invece è caduto uno di quei signori celesti lì sopra noi possiamo cadere perché loro non possono farlo? Non è forse vero che a loro è permesso fare tutto quindi poiché non gli dovrebbe essere permesso di cadere qualche volta?- osservò un quarto brigante.

La questione sul rumore finì lì poiché la battaglia ebbe l’urgenza di iniziare. Le due guardie reali posarono a terra la spada maledetta e sguainarono le loro katane che iniziarono a brillare infuse della loro energia spirituale. Dopo di che si scaraventarono sui banditi menando mortali fendenti. La battaglia sarebbe stata vinta da Frekiu e Orgrui se uno dei briganti incantato dal colore rosso della fosforescenza della spada maledetta non avesse sollevato il panno.

Mentre i suoi compagni combattevano per la loro vita questo brigante impugnò la spada e iniziando ad estrarla dal panno nel quale era avvolta iniziò ad emanare un sonoro “OHHHH” di stupore tanto forte da fermare la battaglia in corso.

Tutti i contendenti erano ora rivolti verso quell’uomo che non smetteva di estrarre la spada emettendo quello strano suono. La situazione duro alcuni minuti poi tutto piombò in un irritante silenzio. L’uomo ormai aveva estratto completamente la spada e ora se ne stava zitto.

Ci fu un urlo acutissimo che scosse tutta la foresta tanto forte da far tappare le orecchie ai due samurai temprate da anni di allenamento e il brigante si scaraventò su gli altri senza distinguere amici e nemici.

I briganti furono velocemente fatti a pezzi tra urla e suppliche mentre i samurai vendettero cara la loro vita ma comunque non potevano nulla contro la violenza mortale della spada. Le loro katane per un po’ tennero testa a quei lampi rossi mortali emanati dalla spada demoniaca. Ma dopo un po’ la luce verde delle loro katane iniziò a scemare mentre TRINITY brillava sempre più di un rosso mortale (qui la situazione è comica poiché il verde è simbolo di speranza quindi il fatto che questa affievolisca significa la fine della loro speranza. Una bella metafora Dio complimenti).

Ad ogni affondo ad ogni parata la spada diventava più forte nutrendosi del caos della battaglia e della paura dei nemici. Orgrui raggiunse il proprio limite e non riuscì a parare un guizzo rosso che gli provocò una ferita sul braccio col quale impugnava la spada causando l’ilarità del posseduto che buttata la testa indietro in una terribile e sadica risata, iniziò a lievitare girando in senso orario circondato da un aura rossastra proveniente dalla spada. Ormai l’uomo era parte della spada stessa infatti non impugnava neanche più l’arma che ora fluttuava a qualche metro da terra davanti a lui.

-Dannazione Orgrui! Attuiamo una difesa totale non ho mai visto una katana che combatta unicamente con la propria aura senza neanche essere impugnata dal possessore- disse Frekiu.

Orgrui provò a rispondere ma un dolore tagliente gli tolse il fiato. Il taglio che si era provocato era molto superficiale ma ora guardandosi il braccio notò che da questo iniziava a uscire tantissimo sangue come se fosse stato colpito direttamente al cuore. Provò a fermarlo con la mano ma il sangue usciva così forte che fu respinta. Non ebbe altro tempo per preoccuparsi della ferita poiché due lampi rossi lanciati dalla spada vennero verso d lui. Il primo fu parato senza problemi ma a causa della ferita il suo braccio fu troppo lento e non riuscì a parare il secondo che lo tranciò in due. Dalle due metà del samurai uscirono grossi getti di sangue che si fermarono solo quando il povero Orgrui ormai già morto non fu completamente dissanguato.

Frekiu alla vista della morte dell’amico non si perse d’animo anzi si avventò sulla spada riuscendo anche a raggiungerla. Menò un fendente contro questa ma la sua spada fu respinta e con un movimento rotatorio la spada gli stacco la testa.

Dal corpo senza vita di Frekiu sgorgava del sangue che emettendo il suono di tutte le cose che sgorgano rompeva il silenzio nel quale era caduto tutto il bosco. Il brigante scese lentamente a terra e impugno la spada. Sull’elsa di questa si contorcevano volti urlanti che non emettevano alcun suono. Sorrise beffardamente con nostalgia individuando quelli che sarebbero dovuti essere i volti dei suoi compagni. Per anni non era stato nessuno non era neanche il capo della sua banda ma ora tutto era cambiando. La gente avrebbe ricordato il suo nome con paura e magari qualche importante imperatore avrebbe anche messo qualche tabù sulla pronuncia dello stesso.

Ci sarebbe stato un massacro e lui lo sapeva poiché la spada glielo suggeriva, gridava quelle parole con forza con la usa voce tagliente e stridula. Lui le avrebbe dato tutto quello che voleva ormai era un samurai maledetto e come ogni samurai maledetto doveva compiere un genocidio. Quindi si inoltrò nel bosco a pensare come metterlo in atto e dove mentre lanciava urlanti risati malefiche.

 

 

 

 

Notucce personali :)

Ormai i capitoli escono a caso…perdono :(

In questo periodo sono stato molto occupato ma non ho dimenticato i miei funz su efp <3…anche se nessuno mi segue o legge quello che scrivo…

Questo capitolo come il prossimo spiegheranno un po’ di cose e sono fondamentali per lo sviluppo generale della storia. No scherzo, sono un po’ slegati dalla trama principale poiché danno un po’ di colore alla vicenda. Spero solo che non siano troppo noiosi. Detto questo vi saluto CUORICUORI<3

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Capitolo 10
*** Mai mentire ad una ragazza ***


10. Mai mentire ad una ragazza

 

 -Allora non è difficile capirsi. Stiamo cercando di comunicare nella stessa lingua e non abbiamo fonti che disturbano il suono che emettiamo come funzione comunicativa. Dobbiamo solo cercare di regolarci sulla stessa frequenza celebrale di comprensione è solo questione di secondi. Riproviamo ancora lo so che possiamo farcela ho fiducia nell’intelligenza umana- stava spiegando Yashuo- Allora quei due sono arrivati? Hanno portato la spada qui?- chiese scandendo ogni singola lettera in modo da far capire bene il concetto che esprimeva un po’ come si fa con i bambini e gli stupidi.

Il suo interlocutore era una giovane ragazza di nome Jiiko era molto bella ma aveva qualche pezzo di cervello in meno che comunque gli era stato ricompensato da due enormi tette famosissime in tutto il Giappone. Era la segretaria personale del sovrano anche se come segretaria non valeva niente e si limitava a imbambolare chi entrava a palazzo in modo da renderlo più malleabile dalle idee del suo capo.

La donna guardò per po’ il samurai senza capire poi riordinò le poche idee che aveva in testa e disse-Non so dove sono. Io sto qui solo per ordinare pergamene e annunciare gente-.

-Appunto se tu annunci le persone che entrano a palazzo e loro fossero venuti qui tu avresti dovuto annunciarli. Quindi li hai annunciati si o no?- chiese Yashuo felice di aver finalmente capito come comunicare i suoi pensieri a quella donna dopo ore di tentativi.

-Emmm scusa a di chi stavamo parlando? Non è che non ti stavo ascoltando ma non ho prestato più attenzione di quella che mi avrebbe permesso di capire cosa sta succedendo quindi non sono riuscita a capire- fece Jiiko sorridendo con fare ebete.

Yashuo voleva uccidere quella donna. Dopo ore di sforzi non avevano risolto niente. Iniziava a chiedersi che utilità potesse avere una donna del genere al palazzo dello Shogun anzi si stava chiedendo che utilità potesse avere nel piano universale celeste. Se fosse stato un uomo l’avrebbe sfidato immediatamente a duello mortale a singolar tenzone per vendicare il tempo e le energie sprecate. Per suo sfortuna però Jiiko era donna e Yashuo era uno di quei tipi che non avrebbe mai toccato una donna neppure con un fiore per paura di graffiarla con le spine o di provocarle una brutta allergia.

-Signore ho perlustrato tutto il palazzo, chiesto in giro e alla fine ho chiesto udienza dallo Shogun e mi ha detto che non si è presentato nessuno a palazzo- irruppe Azaiku entrando di corsa nella stanza-Dovete venire con me sua altezza vuole sapere i particolari e abbiamo poco tempo-.

La voce di Azaiku scosse Yashuo dai suoi pensieri omicidi e insieme alla tanta odiata Jiiko guidati dall’amico si avviarono verso la sala del trono dove lo Shogun era seduto sul suo trono con sguardo perso e pensieroso.

 

 

Mi piacerebbe dirvi il nome dello Shogun ma nessuno lo conosce. Posso dirvi invece che quello non era uno Shogun come gli altri poiché era dotato di una bontà e di una saggezza eguagliate da ben pochi sovrani. Viveva per il suo popolo e avrebbe fatto di tutto per questo pure dare la vita della sua tanto amata figlia. Quando infatti fu rapita decise di tenere tutto segreto poiché non voleva in alcun modo turbare il popolo. Non volle d'altronde neanche mobilitare le guardie reali poiché non voleva privare del suo popolo di difensori in vista dei sempre più insistenti attacchi di briganti. Aveva quindi contattato il più grande guerriero e questo con solo una decina di uomini, tra cui il vice capitano Azaiku, era riuscito a riportargli sua figlia. Per questo quando Yashuo entrò nella sala non potette fare a meno di sorridere ripensando a quanto quel valoroso uomo aveva fatto per lui.

-Alzatevi vi prego che noia quando vi inchinate è una perdita di tempo inutile e questa sera di tempo già ne abbiamo poco. Inchinarsi davanti al sovrano è un segno di rispetto ma il rispetto vuol dire così poco quando non è naturale e deve essere così forzato. Comandante Yashuo mi spieghi cosa sta succedendo voglio vederci chiaro una volta per tutte- fece lo Shogun scendendo dal trono e iniziando a passeggiare nervosamente per la sala.

Questa era povera. Non c’è un aggettivo migliore per la sobrietà e la pochezza dell’arredamento di questa. Una povertà che però non simboleggiava in alcun modo miseria ma bensì più sinonimo di umiltà e praticità. Aveva un trono, delle sedie, una finestra, delle candele per illuminarla e una statua rappresentante qualche dea benedicente della quale ormai non si sa più nulla. Lo Shogun odiava infatti la sontuosità tanto da aver fatto abbattere la lunga rampa di scale sulla quale era posto tanto tempo fa il trono che adesso si trovava sopra un piccolo rialzo collegato al pavimento da tre scalini di legno.

La preoccupazione del sovrano era palpabile quindi Yashuo decise di raccontargli tutta la storia senza tralasciare nulla neppure il nome della spada pronunciato correttamente. Quando ebbe finito lo Shogun si risedette e rimase in silenzio a riflettere. Aveva sempre saputo che un giorno quel fabbro asociale nel cercare di creare la bellezza sotto forma di oggetto avrebbe suscitato l’ira degli dei. E ormai il peccato della sua creazione gravava su tutti loro.

-Eccoci qui. Ha chiamato Capo?- disse un uomo con una folta e lunga barba che si univa tutt’uno con i suoi capelli lunghi entrando nella sala. Era molto muscoloso e portava una pesante armatura di metallo arancione con rifiniture gialle che lo rendeva ancora più muscoloso e forte. Sul pettorale di questa c’era l’incisione di un grosso lupo con le fauci aperte mentre sui bracciali e sui gambali erano raffigurati degli artigli. L’uomo era accompagnato da un altro strano personaggio molto esile che portava i capelli neri a caschetto e aveva per tutto il corpo piccoli segni rossi che ad una vista superficiale potevano sembrare morsi di zanzara. Non indossava un vero e proprio vestito, il suo corpo infatti era coperto da delle bende che comunque non servivano a molto poiché a stento riuscivano a coprirgli le parti intime. Lo Shogun vedendoli li fece segno di rimanere fermi per evitare che si inchinassero ma non fu abbastanza veloce e questi ormai già si erano sdraiati sul pavimento.

-No!- sbottò Yashuo- non bisogna coinvolgere nessun altro in questo affare la questione deve essere risolta internamente non sappiamo come si potrebbero comportare dei mercenari di fronte al potere e alle tentazioni della spada. Il Barbaro e Shinighi sono più utili qui per proteggere la città. E poi Smuokinuow si è raccomandato personalmente a me per il recupero, ormai è diventata una questione di onore personale. Non mi importasse se ciò mi farà perdere titoli e fama. Io non posso tradire un amico e ci andrò da solo-e fece per avviarsi verso la porta ma fu fermato dal suo vice.

-Io verrò con te ho promesso, lo sai. Non puoi chiedermi di abbandonarti capitano qualsiasi cosa dobbiamo affrontare la faremo insieme. Non ti conosco da molto questo è vero ma so di potermi fidare riesco a sentire la tua anima e posso dirti che non c’è nulla di più puro e valoroso di te. Se c’è qualcuno che può fermare quella cosa sei tu. Ma non posso permetterti di andare da solo ne va del mio onore, che razza di vice sarei se lascassi il mio capitano combattere da solo contro qualcosa di qui non conosciamo niente e quel poco che sappiamo ci inquieta tanto da farci tremare ogni singolo palmo del nostro corpo?-gli disse Azaiku.

Yashuo rimase senza parole davanti a quella prova di fedeltà da parte del suo vice e stava per ringraziarlo per la sua grande prova di affetto dicendogli grandi parole di elogio ma fu interrotto dal Barbaro- Cosa significa che non sai come potremmo comportarci? Sai chi siamo noi? Hai la più pallida idea con chi stai parlando samurai monco?- disse ma fu interrotto da Yashuo - Non sono monco chiudo l’occhio perché fa figo ma cosa ne può capire una bestia come te?-.

Il Barbaro sentendo ciò gli si avventò contro il samurai e il re dovette chiamare le guardie Romoure per togliergli le mani dalla gola di questo-Chi ti credi di essere? Avere un posto a corte e ondeggiare un pezzo di metallo per mettere in fuga i banditi non ti rende un guerriero. I guerrieri sono coloro che hanno consacrato la propria vita alla guerra e per loro l’unico luogo nel quale trovare pace e gloria è il campo di battaglia. Loro non hanno paura, hanno sofferto ogni sfaccettatura della sofferenza e sopportato ogni genere di fatica sul campo di battaglia ma non si sono mai tirati indietro. A un guerriero non importa quanto è numeroso il nemico, se è forte o se ha tutte le ossa rotte e le armi spezzate. Lui ha un unico obbiettivo ovvero la vittoria. Hai di fronte il guerriero più forte che abbia mai solcato il campo di battaglia. Io sono il Barbaro. Da solo ho distrutto le sacre armate del Sole Bianco col solo ausilio del mio scudo a torre- disse l’omone battendosi il petto con fierezza mentre parlava provocando un rumoroso tonfo metallico che faceva tremare il pavimento della sala-E lui, sai chi è lui? Shinighi il morto nero. Ogni segno rosso che vedi una ferita mortale che ha rischiato di spedirlo all’inferno. Eppure lui è ancora qui, guarda-  continuò avvicinandosi al compagno sollevandogli i capelli dalla fronte scoprendo una x di colore nero- qui è entrata una freccia che è rimasta conficcata in quel punto per quattro giorni prima di essere estratta dal medico della compagnia. Ma come puoi vedere lui non  ha subito il minimo danno…ah ma che fai!- Shinighi infatti aveva la testa poggiata sulla spalla e aveva iniziato a sbavare sulla mano del compagno.

-Il punto è che noi abbiamo combattuto- riprese il Barbaro pulendosi la mano vicino all’armatura delle guardie Romoure- voi non avete idea di cosa si la guerra- finì poiché fu costretto a finire. Lo Shogun aveva tuonato un sonoro –Silenzio!- e la lunga arringa era finita.

-Yashuo e Azaiku andranno a recuperare la spada non possiamo permetterci di lasciare completamente la città scoperta. Loro due dovrebbero bastare e comunque ti sei visto come hai perso le staffe caro Barbaro credo che sei proprio la persona meno adatta a compiere questo tipo di lavoro. Resta solo il problema di dove trovare la spada. Non credo che Orgrui e Frekiu abbiano tradito la corona per averla per loro. Invece è molto più plausibile che si siano imbattuti in quel gruppo di banditi che si è stanziato da poco da qualche parte nella foresta e solo gli dei sanno cosi gli sia capitato-.

-Ah ora che me lo fa notare qualche ora fa sono arrivati strani rapporti su quel bosco si dice che verso la zona est vicino al laghetto ci sia qualcosa che emana un forte bagliore rossastro e alcuni affermano di aver visto un samurai e che la natura della strana luce sia dovuta alla sua katana che si dice abbia origine demoniache. Non so quanto potrebbe essere utile perché noi stiamo cercando la spada non un samurai però- disse Jiiko tristemente imbronciandosi.

Yashuo voleva ucciderla ma sapeva che se l’avrebbe fatto la ragazza non avrebbe potuto rispondere alla sua domanda-Per caso questi testimoni hanno anche riportato il nome di questo samurai?- si affrettò quindi a chiedere.

-Si- rispose Jiiko ma non continuo a parlare come la morale umana richiedeva (infatti quando si afferma o si nega qualcosa con una sola parola si è soliti specificare il motivo di quella risposta) e Yashuo fu costretto a chiederle –Chi è allora?- e lei rispose di uovo-Si-.

-No aspetta è stata una particella pronominale a rubare TRINITY? Poveri noi la nostra lingua si è alleata coi demoni per conquistarci e ucciderci tutti- disse il samurai portandosi le mani sulle guance per lo stupore- Presto bisogna proibire al popolo di affermare cose poiché corrono il rischio di generare tanti si che stermineranno la razza umana e conquisteranno ogni cosa. Bisogna anche bruciare le pergamene e i documenti in cui è presente la parola traditrice. Dobbiamo sbrigarci intanto mobiliteremo l’esercito reale in modo che questo inizi a tagliare l’aria poiché è in questa, secondo il mio ignorante parere, che il suono si propaga- continuo sempre più allarmato dalla prospettiva della fine del mondo e dei tempi.

-No, saggissimo Yashuo intendevo dire SI ovvero l’acronimo di Samurai Ignoto, non uccidete nessuna particella pronominale sono così piccole e tenere in confronto alle altre rumorose e lunghe parole come  Psiconeuroendocrinoimmunologia o Anticostituzionalissimamente- disse Jiiko buttandosi ai piedi del samurai piangendo (non so come faccia Jiiko a sapere il significato di queste parole sia perché è stupida sia perché questi concetti sono un po’ avanti rispetto al periodo storico).

Yashuo la fece rialzare dolcemente promettendola che non avrebbe fatto nulla del genere e se ne andò insieme ad Azaiku per prepararsi per la ricerca della spada maledetta maledicendo ancora il sesso di quella stupida fanciulla. Prima però si inchinò numerose volte per ringraziare lo Shogun per aver deciso di seguire i suoi consigli. Questo vedendo il samurai inchinarsi tante volte non la prese tanto bene e poiché non riusciva a convincere il samurai ad alzarsi ne con le parole ne con le minacce fu costretto a lanciargli il suo sandalo in testa.

 

 

 

 

Era pomeriggio inoltrato quando i due arrivarono nella foresta. Non ci volle molto prima trovassero il luogo in cui il brigante si era fermato a riflettere. In realtà sarebbe stato molto difficile non trovarlo poiché la luce rossa di TRINITY era visibile già al confine del bosco.

Quando i due arrivarono alla sorgente della luce trovarono il loro bersaglio steso sull’erba con le mani dietro la testa. La spada stava alla sua destra anche essa poggiata sul prato: sembravano quasi due fidanzati che dopo aver scopato si fermano ad osservare le stelle.

Yashuo e Azaiku decisero di non attaccare subito. Si nascosero quindi in un cespuglio per studiare la situazione e pianificare meglio il combattimento. Fermi lì in attesa capitò ai nostri eroi di sentire uno dei discorsi più strani e bizzarri mai elaborati da mente umana e mai pronunciati da labbra mortali. Il discorso era a tema amoroso e sono certo che non poche bambine leggendolo piangeranno rovinandosi il trucco.

-Guarda le stelle sono così tante sembra quasi che non ci sia nulla più numeroso di loro. Forse è vero non esiste niente di così numeroso e vasto. Ma se qualcosa non esiste è altresì vero che ciò che non esiste può essere creato. Per ogni stella che sta lì in cielo io ti prometto o mia adorata che un anima ti sarà regalata. E quando avrò ucciso ogni essere umano ti prometto che troverò il modo di raggiungere quei fuochi eterni e ti regalerò la loro anima-stava dicendo l’uomo accarezzando la spada al suo fianco.

-Ti farò bagnare nei più canditi e nei più sporchi corpi. Avrai ogni tipo di sangue su di te senza distinzione. Ucciderai il ricco e ucciderai il povero e soprattutto uccidere le altre donne poiché non sono degne di vivere in questa vita dove già esisti tu con la tua bellezza. Oh ti prego non arrossire così arrossisco pure io-disse il brigante portandosi le mani in faccia per coprire il suo rossore poi si zitti di colpo e si alzò-Sangue!- urlò e dei guizzi rossi colpirono la postazione dei due samurai.

Questi furono più veloci e schivarono i colpi mettendosi davanti al loro nemico-Ah bene volevo proprio fare un regalo di fidanzamento alla mia TRINITY! Avete due belle anime circondate da dell’ottimo sangue siete perfetti!- disse questo fluttuando verso il centro del lago che si trovava alle sue spalle. L’acqua di questo che fino a qualche secondo fa che era completamente piatta e calma iniziò ad incresparsi e a bollire rilasciando nell’aria un denso fumo caldo color nero.

-Come fai a sapere il nome della spada? Riesci a parlare con lei?- gli chiese Yashuo sbalordito. Quella cosa aveva realmente la capacità di comunicare nel loro idioma al suo portatore? Contro cosa diavolo stavano combattendo?

-Ma che dici? Le spade non parlano e chi dice che le sente parlare usa solo una metafora per fare il figo. L’ho letto qui vicino al manico vedi c’è scritto “TRINITY da leggere con enfasi fatta dal bellissimo Smuokinuow”- gli disse il brigante indicando il punto in cui si trovava l’incisione.

Azaiku si avvicinò al suo comandante e gli chiese senza che il nemico potesse sentirlo- Signore quel tipo sta fluttuando sull’acqua. Noi non possiamo camminare sull’acqua. Come facciamo a combatterlo? -.

Yashuo si rese solo allora conto della loro situazione. Stette qualche secondo in silenzio ha riflettere. Avrebbe voluto sfidare l’uomo a duello e combatterlo corpo a corpo ma non gli era possibile poiché a differenza dei non sapeva camminare sull’acqua. Valuto quindi la situazione, e prese la sua decisione- Lancio katana colpisci e taglia- urlò. Le due katane furono lanciate contemporaneamente e avrebbero colpito entrambe il brigante se questo non le avesse deviate con l’aura di TRINITY spedendole sulla riva opposta.

-Ah ho capito vi piace lanciare le spade? Avete visto il rosso e credete che sia un bersaglio da locanda. Be’ anche io e TRINITY sabbiamo farlo. Lancio mortale distruggente- urlò il brigante lanciando TRINITY.

La spada partì violentemente verso i due samurai poi ad un tratto si fermò a mezzaria e atterrò dolcemente davanti a questi. Non aveva alcun motivo infatti di continuare il combattimento dato che il suo padrone era morto. La capacità di svolazzare sulle cose di questo infatti era dovuta unicamente alla particolare aura della spada. Le aure però hanno un raggio limitato e quindi quando il brigante ha allontanato TRINITY lanciandola si è privato dell’aura della spada ed è caduto in acqua. Pochi all’epoca sapevano nuotare e di certo quel brigante non faceva eccezione quindi dopo essersi un po’ dimenato sulla superfice era rapidamente scivolato verso il fondo da dove non sarebbe mai più risalito vivo.  

-Cosa!- urlò Azaiku sbigottito alla vista dell’annegamento del suo avversario-come è possibile, finisce così? E noi che volevamo mobilitare l’intera legione imperiale. Abbiamo sopravvalutato troppo il potere della spada-.

-No Azaiku non è così. La spada è più pericolosa di quanto pensassimo in realtà- disse Yashuo preoccupato stringendo i pugni- Quell’uomo aveva promesso grandi cose a TRINITY dicendo che nulla al mondo è illimitato e che le avrebbe dato l’infinito. Ma poi non ha considerato che l’aura della spada fosse limitata e quindi è come se avesse dimenticato che le cose illimitate non esistono. Facendo ciò è come se avesse mentito a TRINITY poiché ha sostenuto per quel momento che qualcosa di infinito esistesse e lei poiché non sopporta le bugie l’ha ucciso!-concluse puntando il dito contro la spada che lanciò un bagliore rossastro come per confermare la teoria del samurai.

-Cavolo e quindi ora che è affogato nel lago è come se fosse affogato sotto il peso delle sue stesse menzogne. Il rapporto amoroso è come un lago e ogni menzogna è una goccia d’acqua. I due innamorati si trovano a darsi forza l’un l’altro per rimanere a galla ma quando uno decide che son state dette troppe bugie e si allontana condanna l’altro all’abisso freddo del lago- dedusse Azaiku stupito dall’alta retorica filosofica del maestro.

Yashuo annuì fermamente un paio di volte poi continuò- Vedi questa spada non è tanto diversa da quelle ragazzine capricciose che girano per il tempio interrogando uomini saggi su questione inutili facendoli perdere tempo e ingegno. E se qualcuno si innamora di una di loro perderà tutta la propria virilità poiché verrà sottomesso e la sua mente sarà plagiata dai complessi e dalle stranezze di questo tipo di ragazze. Diverrà un ghoul affamato di attenzioni che sarà disposto a tutto per avere un briciolo del tempo di lei-(in pratica il genere di ragazza a cui Yashuo si riferisce sono le liceali del biennio).

-Wow non l’avevo pensata così- disse Azaiku portandosi le mani al volto per scacciare via la visione di una ragazza del genere-le cose stanno peggio di quanto pensassimo dobbiamo avvertire lo Shogun-ma Yashuo scosse la testa e gli disse-Non possiamo rischiare che la spada venga a contatto con dei guerrieri poiché è essi che cerca per ricevere quello che vuole. Portarla al palazzo potrebbe incuriosire qualche mercenario che potrebbe rubarla e magari non sarà stolto come questo da mentirle. La terrò io domani mattina ci avvieremo verso un tempio qui vicino dove verrà nascosta per sempre. Ormai si è fatto tardi e Fedekira mi uccide se faccio tardi a cena-aggiunse con aria preoccupata.

I due samurai allora raccolsero le loro spade recuperarono il cadavere dal fondo del lago poiché Yashuo sosteneva che ogni tipo di uomo doveva avere una buona sepoltura e dopo averlo seppellito si avvicinarono a TRINITY per raccoglierla.

Questa venne avvolta con un panno nero e legata con delle corde creando un fodero provvisorio. Quando la spada fu raccolta da Yashuo vibrò leggermente felice di aver trovato un samurai così valoroso come quello: gli ricordava tanto il suo amato lontano ormai da tempo perso in chi sa quale corpo. Quindi placidamente si lasciò portare a casa del samurai come una ragazzina indifesa dopo aver ingerito dello zolpidem si lascia portare a casa dallo stupratore di turno con l’unica differenza che lei non era indifesa.

 

 

 

 

Fedekira era arrabbiata quella sera. Il marito era stato via tutto il giorno con le sue campagne e missioni di gloria mentre le era stata costretta a sistemare le ultime cose per il trasloco completamente da sola. Avrebbe tanto voluto che suo figlio, Suokizo, le desse una mano ma non era tanto diverso dal padre poiché tal padre tal figlio tal cane. Per sua unica fortuna non avevano un cane anche se come già detto avevano un figlio.

Suokizo non faceva niente dalla mattina alla sera. Non era produttivo a scuola e non sapeva neanche tirar bene di spada essendo un po’ grassottello. Viveva nell’ozio più totale e pensava unicamente ad uscire con le ragazze. Essere il figlio del più grande uomo del regno attira non poche stupide fanciulle. Sua madre sperava che si sposasse il più presto possibile con una nobildonna importante di ricca famiglia in modo che riuscisse comunque a fare qualcosa di produttivo.

Indipendente mente da questi pensieri però Fedekira amava suo figlio e suo marito. Certo si lamentava del fatto che nessuno le dava mai una mano in casa ma sapeva bene che l’ozio casalingo è un sentimento impossibile da estirpare soprattutto dall’anima di un uomo.

Quando suo marito entrò in casa era in riardo di dieci minuti per la cena quindi si preparò a fare una delle sue solite scenate. Fedekira sapeva quanto è importante il momento della cena. Cenare è il momento più importante della giornata per tutta la famiglia. Il momento nel quale tutti i membri dimenticano le loro contese e in simbolo di unione si siedono allo stesso tavolo vicini per consumare il pasto donatogli dagli dei. La cena è il massimo momento di dialogo e comunità della famiglia, un momento di massima armonia e pace spirituale.

Fedekira quindi odiava quando suo marito arrivava in ritardo poiché era come se distruggesse l’armonia familiare e rischiasse di sgretolare il nucleo familiare disperdendo i membri nelle tenebre della vita.

Per tutti questi motivi, vedendo il marito, gli andò subito incontro per rimproverarlo. Ma questa volta si fermò. Suo marito era visibilmente preoccupato e portava con se un lungo fagotto nero.

-Che succede tesoro?- fece adottando la stessa aria preoccupata del marito poi si scosse e aggiunse minacciosa –Non ti sarai portato il lavoro a casa!? Io ti lascio se continui a minacciare in questo modo l’armonia familiare!-(la minaccia era naturalmente un bluff poiché lasciandolo sapeva che avrebbe turbato ancora di più l’armonia della famiglia e tra l’altro Fedekira non avrebbe mai potuto lasciare quell’uomo tanto buono che era suo marito).

-Calmati amore. La situazione è diversa sono costretto a farlo sono insorte delle complicazioni- si scusò Yashuo poi le passo accanto e aggiunse- Metterò questa cosa nella stanza degli ospiti non voglio che nessuno ci curiosi dentro- e qui guardò suo figlio- due secondi e sono subito da voi- finì.

 

 

 

Quando ritorno da suo moglie e suo figlio vide che questi non avevano ancora toccato cibo-Potevate iniziare a mangiare non dovevate aspettarmi- disse procurando l’ira di Fedekira che sbottò- no hai fatto tardi e ora sulla tua anima graverà il fatto che hai costretto i tuoi familiari a mangiare un piatto freddo. Hai rovinato tutto! Non senti che aria di contesa filtra tra le mura della nostra dimora e guarda tuo figlio- e dicendo questo prese Suokizo per un braccio ed iniziò ad agitarlo mentre parlava -potrebbe morire ora! Lui deve crescere per essere forte come il padre e se mangia solo cibi freddi il suo steso cuore diventerebbe freddo e non potrebbe essere più un samurai-.

-Chiedo perdono!- disse Yashuo inchinandosi ai piedi della moglie (alla maniera che gli aveva insegnato Smuokinuow)- Ma non poteva arrivare prima. Ti spiegherò tutto ma ora mangiamo- disse rialzandosi e mettendosi a tavola davanti al piatto caldo che stava ancora fumando.

 

 

Dopo aver mangiato (non chiedetemi cosa perché non conosco la cucina giapponese posso solo dire che era una cosa bianca con sopra cose verdi e rosse avvolta in qualcosa di rosa) Yashuo raccontò alla moglie in parole povere quello che era successo risparmiandole i dettagli più cruenti e stupidi. Fedekira sentendo la storia del marito e della morte di Smuokinuow si rattristò molto ma riuscì a trattenere le lacrime. Conosceva da qualche anno il fabbro e l’aveva subito preso in simpatia per i suoi modi tamarri ma allo stesso tempo affettuosi.

Quando Yashuo smise di parlare calò un breve silenzio che fu rotto dalla donna- Quando ti sposai non lo feci per null’altro che per amore. Un amore non diretto alla tua bellezza, no che tu non sia bello, ma quello che mi ha colpito di più è stata la tua bontà. Sembrerò una di quelle moraliste quarantenne depresse ma è la verità, sei sempre stato buono con me e non è poco di questi tempi. Pochi sono come te, dotati di questa tua voglia di proteggere tutto, disposti ad immolarsi per un bene superiore. Ci sono ben poche persone che sono capaci di farsi carico dei dolori altrui e di trasportarli sorridendo e fieramente senza incurvare la schiena come fai tu. Io non posso aiutarti, anzi nessuno può farlo anche perché tu non glielo permetteresti. Ma se non potrò aiutarti a portare il tuo peso almeno ti indicherò la strada da percorrere in modo da non affaticarti con strada inutile da percorrere rischiando di far gravare solo di più il peso del tuo fardello. Ti indicherò le scorciatoie, ti verrò a prendere negli oscuri boschi e ti indicherò il sentiero di montagna per evitarti di farti scalare la montagna a mani nude. Questo è tutto quello che posso far per te mio amato- e dicendo questo bacio Yashuo –Ti amo- gli rispose lui e stettero così per un po’ abbracciati.

Andarono a letto presto quella sera tutti volevano che venisse il giorno per liberarsi il più presto possibile dalla spada. Non era ancora scoccata la mezzanotte quando Yashuo alzatosi senza fare rumore per non svegliare Fedekira prese la sua spada e si diresse nella sala degli ospiti.

TRINITY era lì ferma che brillava del suo rosso che filtrava attraverso il panno. Delicatamente il samurai sciolse i nodi delle corde e fece scivolare il via il panno nero scoprendo la spada. La guardò per qualche secondo tra un misto di odio e amore poi avvicinò le sue labbra all’elsa ed iniziò a parlare. Ciò che disse verrà riportato nel prossimo capitolo insieme alla fine di questa storia poiché questo capitolo contiene fin troppi elementi strani e disturbanti.

 

 

 

 

Notucce personali :)

Ragazzi miei e ragazzi vostri abbiamo raggiunto un punto cruciale. Tutti sanno cosa sta per succedere ma ci chiediamo succederà veramente? Il bene non potrà fare niente? Questa storia alla fine avrà una morale. Io non so niente so solo che mi sono dichiarato alla ragazza che mi piace e questa mi ha detto di no perché sta già uscendo con un altro. Quindi non mi interessa minimamente dei moralisti questa è la mia storia è succede l’inferno adesso!

BYE CUORICUORI<3

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Capitolo 11
*** Il massacro dell'amore ***


11. Il massacro dell’amore

 

Sono stato FRIENDZONATO non mi prendo alcuna responsabilità di quello che viene riportato in questo capitolo perché nel momento in cui l’ho scritto non ero lucido. Il lettore si assume tutta la responsabilità di leggerlo. Personalmente non sarò responsabile della restituzione di alcuna anima.

 

 

L’amore non è un sentimento puro e tenero come molti pensano. Quando ci si innamora di qualcosa iniziamo ad avere un bisogno morboso di quella cosa e siamo disposti a tutto per la felicità di quella cosa. Quindi l’amore non è un sentimento buono poiché può anche portare a fare atti malvagi e spietati a discapito di altre persone per l’oggetto amato. La vicenda che sto per raccontarvi deve essere proprio vista sotto quest’ottica di pensiero. Sfido qualsiasi ragazzina liceale a definire gli eventi riportati ed esplicati come “teneri”.

Detto questo ritorniamo alla nostra vicenda. Quella notte Yashuo si era alzato, aveva preso la sua spada se l’era legata in vita ed era andato da TRINITY. In realtà prendere Caliptica non aveva molto senso. Che il suo cervello volesse in qualche modo fermarlo impedendogli quello che aveva pensato di fare? La ragione di un individuo infatti riesce ad agire nei modi più disparati e strani ma riesce comunque a proteggerci anche se non ce ne accorgiamo. Nonostante questo però Yashuo si recò nella sala degli ospiti, si avvicinò alla spada e le iniziò a sussurrare queste parole.

-Quando ti vidi per la prima volta stesa sul tavolo della fucina di Smuokinuow pensai che fossi come tutte le altre spade. Come sono stato stolto in quel momento, tu avevi qualcosa in più ma ero troppo cieco per poterlo vedere. Per fortuna, anzi, per mia fortuna, ultimamente mi sono ricreduto e ho finalmente aperto gli occhi. Il tempo che abbiamo passato insieme significa molto per me, sono stati momenti bellissimi proprio come te. Ma non voglio fare complimenti alla tua bellezza essendo inutile poiché questa e fin troppo evidente e le mie parole risulterebbero fin troppo superficiali e scontate. Quello che provo per te va oltre il piano corporeo e materiale sento una coesione di spiriti. Non riesco a vedermi con nessun altra che non sia tu e sono stanco di uscire con altre per cercare di riempire il vuoto che provo per te. Hai acceso un fuoco dentro di me che mi sta divorando un brandello di carne alla volta. I nostri sguardi, le nostre chiacchierate e il tempo passato insieme l’hanno sempre più alimentato e ormai sto bruciando. Ora sta a te decidere se spegnere il mio fuoco o farlo tuo e metterlo nel tuo cuore. Per me sei la persona più importante, l’unica persona che valga qualcosa per me. Se me ne darai l’occasione te lo dimostrerò. Mi piaci ti prego non FRIENDZONARMI-

Una dichiarazione un po’ patetica ma TRINITY aveva visto anche essa nell’animo di quel samurai ed era tanto simile a quella del suo amato. Pensò quindi di ingannare un po’ l’attesa con quell’uomo. Brillò allora, e il luccichio fu tanto intenso da accecare Yashuo per qualche secondo. Si sarebbe divertita quella sera.

-Si ti amo. Non sai quanto significa questo per me-fece abbracciando la spada -ora TRINITY ti darò il mio regalo di fidanzamento- e dicendo questo si avviò verso la camera della ex-moglie brandendo la spada. Fedekira stava ancora dormendo ma appena Yashuo entrò nella stanza la luce rossa di TRINITY le fece aprire lentamente gli occhi finchè non fu completamente sveglia. Fu questo a salvarla.

Schivò di lato evitando il mortale fendente del marito e con gli occhi sbarrati dalla paura mista ad un angoscioso stupore gli disse- Sei impazzito. Yashuo sono io tua moglie Fedekira che succede?-.

Yashuo la guardò per qualche secondo sorridendo- TRINITY vuole il tuo sangue è gelosa. Anzi è gelosa di ogni ragazza quindi sarò costretto ad ucciderle tutte. Farla bagnare nel vostro sangue e l’unica cosa che può tranquillizzare la mia piccola-disse strofinando la guancia contro la spada. Staccò quindi la faccia dalla lama e menò un altro fendente che fu fermato dalla spada di Suokizo.

-Papà cosa diavolo stai facendo non è divertente. Smettila ci stai spaventando. Posa immediatamente quella cazzo di spada- disse questo ponendosi tra il padre e la madre.

Yashuo lo guardò con irritazione- Togliti TRINITY vuole solo il sangue di donna e per quanto tu possa essere fighetta non posso permettere che si bagni nel tuo sporco sangue- ma si fermò di colpo e avvicinò l’orecchio alla spada per sentire qualcosa che solo lui poteva udire. Mentre ascoltava annuì più volte e quando ebbe finito il colloquio riprese a parlare dicendo- Scusa TRINITY ama il sangue in generale, anche quello scadente va bene quindi puoi morire anche tu figlio-

Ci fu un guizzo rosso e le spade si incontrarono un paio di volte poi Yashuo saltò e si fermò a mezzaria e mentre faceva una capriola aerea colpì il figlio alla testa staccandogli l’orecchio e buona parte della faccia. Suokizo cadde a terra urlando un “scappa” emesso con quella poca forza vitale che gli rimaneva alla madre. Questa rimase per qualche momento impietrita difronte al figlio che perdeva grandi quantità di sangue dalla testa poi con le lacrime agli occhi si precipitò in strada per cercare aiuto contro il marito che aveva tanto amato.

Yashuo passò oltre suo figlio ma questo riuscì a prendere la sua caviglia con una mano bloccandolo dando così il tempo a sua madre di allontanarsi. Rimasero in quella posizione per un po’ finchè Yashuo senza neanche voltarsi agitò la spada in aria. Partendo dalle dita della mano che trattenevano la caviglia del padre il corpo di Suokizo fu triturato in tante piccole fette schizzando sangue ovunque.

-Patetico la tua vita è riuscita solo a rallentarmi. Ho sempre saputo che fossi solamente uno spreco di tempo e alla fine mi hai fatto sprecare solo tempo- fece Yashuo poi uscì in strada alla ricerca della sua ex.

La vide poco distante da lui che correva verso due guardie cittadine. La vide girarsi verso di lui con le lacrime agli occhi mentre lo indicava poi si portò la mano alla bocca e ricominciò la sua corsa diretta a palazzo. Ora le due guardie venivano verso di lui estraendo le spade, erano cinque ed erano completamente vestite di bianco. Pensò che quel colore era perfetto poiché risaltava ancora di più il rosso. Alzò la sua spada e la mise orizzontalmente in modo che formasse una linea perfetta col braccio li avrebbe fatti urlare in modo che sarebbero venuti altri soldati in loro soccorso.

-Vi consiglio di non estrarre le vostre spade potrebbero rompersi- disse Yashuo mentre camminava verso di loro con calma-preservate almeno la loro integrità se non potete salvare la vostra vita-aggiunse iniziando a correre tenendo la spada nel modo sopra detto.

Dopo qualche secondo di corsa si ritrovò di fronte al primo soldato. Si fermò e spostò la spada dalla sua posizione orizzontale posizionandosela di fronte in verticale- Un Taglio- disse e vi sconsiglio di leggere la descrizione di quello che successe riportata qui sotto.

Quel movimentò infatti alzò un vento caldo e tagliente che colpì i cinque soldati che iniziarono lentamente a sanguinare e a cadere a pezzi. Brandelli di carne volavano tutt’intorno seguiti da copiosi getti di sangue. I loro organi vitali uscivano dai loro corpi per poi esplodere in mille pezzi. Intere parti del loro corpo si staccavano scomponendosi a loro volta in tanti piccoli pezzettini. Tutta questo naturalmente avveniva tra le urla di dolore e paura dei soldati. La situazione però non durò molto con grande dispiacere di Yashuo anche se per quei poveri uomini sembrò durare un eternità. Alla fine, di loro rimasero solo poltiglie informi impastate col sangue e le loro urla che ancora echeggiavano nei dintorni. Yashuo stava sorridendo ma si mise ben presto a ridere quando vide che un altro gruppo di guardie cittadine veniva verso di lui attirato dalle urla dei compagni trucidati.

 

 

 

Quella notte tutte le guardie cittadine perirono e a nulla servirono gli appostamenti e le varie strategie di approccio. Tutti vennero brutalmente assassinati alcuni prima ancora che estraessero la spada mentre altri non si accorsero nemmeno che il samurai li avesse raggiunti. Ma la furia di TRINITY era incontrollabile e non si limitò a travolgere solo guardie. Mentre Yashuo correva verso il palazzo tutto ciò che incontrava veniva ucciso. Il numero di morti maggiori infatti fu quello dei civili. Uccise donne soprattutto ma anche bambini, vecchi, cani e gatti. Nulla poteva fermare quella furia omicida demoniaca sembrava una punizione divina per espiare al peccato della propria esistenza. Lo Shogun però non si interessava di ciò, avrebbe provato con ogni mezzo a fermare quel massacro.

 

 

Quando giunse a palazzo Yashuo era ricoperto di sangue e peccati. Sorrise alla vista di quegli uomini che gli sbarravano l’entrata capitanati da Azaiku. Iniziò ben presto a ridere quando vide quell’uomo nell’armatura scintillante da comandante con una faccia spaventata e scioccata. Il comandante vedendo il suo compagno cercò di parlare ma non riusciva ad aprire la bocca per via dello stupore. Ancora non riusciva a credere a quello che gli aveva detto lo Shogun. La spada era riuscita a corrompere un uomo tanto puro come Yashuo, ciò significava che l’uomo non poteva quindi in alcun modo opporsi al male poiché dalla nascita è già condannato a essere conquistato dall’oscurità e a niente serve resisterle.

-Dovresti posare quell’armatura rischi di romperla. Perché giocate con delle cose che non riuscite ad usare e che non vi competono? E il problema e che non ve ne accorgete nemmeno- gli disse Yashuo ridendo.

Queste parole diedero un immenso coraggio ad Azaiku che rispose- Infatti! Amico non ti rendi conto di avere la mente completamente plagiata dal potere della spada? Per tutti i samurai caduti sulle loro spade, questo massacro è inutile non macchiare ancora di più la tua anima. Deponi l’arma, basta. Lo Shogun capirà che i tuoi atti sono commessi sotto l’influenza di un potere demoniaco e malvagio- ma fu interrotto dal ex-compagno che sbottò- Malvagio? Voi siete malvagi non c’è nulla di più puro e buono di TRINITY. Siete solo invidiosi del nostro amore. Ci guardate e pensate che ci amiamo troppo mentre voi non avete mai amato qualcuno con l’intensità con cui ci amiamo noi-

-Ti prego Yashuo! Mi appello alla tua bontà fermati!- gli urlò Aziku supplicante. Yashuo si mise a ridere - Io mi appello al tuo sangue! Esci!- urlò muovendo il suo dito come se richiamasse qualcosa e fu in quel momento che Azaiku lo sentì.

Riusciva a sentire il sangue che scorreva in ogni sua vena premere contro le pareti di questa per uscire. Si sentì spingere in avanti verso Yashuo da una forza invisibile e fu costretto a mettere le mani davanti per non cadere di faccia a terra. Quando riuscì a rialzarsi Yashuo era sparito e i suoi uomini erano a terra brutalmente squartati.

-Non puoi opporti all’amore di TRINITY Azaiku. Perfino il tuo sangue ti si ribella contro. Parlo con te succo rosso che richiudi in te il segreto della vita…Esci!- disse Yashuo precipitandosi contro il comandante ed iniziando a menargli contro mortali fendenti mentre ripeteva la parola “ESCI”. Azaiku non riuscì neanche ad estrarre la lama sentiva solo i tagli sulla sua pelle e la sua armatura disintegrarsi sotto i fendenti della spada. Yashuo dopo un po’ fermò il suo folle assalto si portò la spada dietro la schiena emise un “Cuccinnnnn” e colpì Azaiku con un taglio verticale. Il corpo di questo si aprì in due e dal suo centro iniziò ad uscire un getto di sangue che si alzò tanto da superare l’altezza del palazzo. La fontana di sangue continuò così per poco, un uomo contiene infatti solo sei litri di quel rosso succo, quindi quello che era stato sparato in aria ricadde sul samurai che l’accolse con TRINITY alzata.

 

 

Le guardie del palazzo non furono più utili di quelle cittadine (quando mai le guardie sono mai state utili nella storia dei manga). Furono infatti anche loro travolte e squartate dalla furia sanguigna di TRINITY. Ma d’altronde come potevano competere con TRINITY con le loro spade che non avevano neppure un nome?

Yashuo quindi avanzò senza problemi per molte stanze limitandosi a menare distrattamente qualche fendente poiché quello bastava per uccidere quei numerosi ma deboli soldati. Il massacro continuò per numerose stanze finchè non incontrò le guardie personali dello Shogun: le guardie Romoure.

-Pagliacci di corte. Gli uomini sono finiti e rimangono solo questi buffoni. Ditemi avete una spada o si è arrugginita ed è caduta a pezzi qualche secolo fa-gli disse Yashuo roteando la spada schizzando sangue addosso ai quattro.

Questi rimasero impassibili nella loro posizione di combattimento e dissero in coro- Noi siamo le guardie Romoure. Non abbiamo mai perso una battaglia. Siamo al servizio della giustizia e dello stato. Proteggiamo l’uomo più importante del Giappone capo della giustizia e dettatore di leggi- ma furono interrotte poiché Yashuo menò un brutale fendente che ruppe la loro formazione.

-Voi non sapete combattere. Toglietevi siete solo un simbolo non molto dissimile dalla corona di un re o dallo scettro di un imperatore. La vostra unica utilità è quella di apparire accanto allo Shogun per dar colore e simboleggiare i grandi guerrieri del passato, ma potete solo simboleggiarli non impersonificarli. Dite di non aver mai perso una battaglia. Ma come può un uomo dire di aver vinto tutte le battaglie se non ha mai combattuto? Lasciatemi passare!- disse Yashuo minaccioso correndo verso la porta alle spalle delle guardie.

-Fermatelo, fermiamolo- dissero queste e si precipitarono su di lui brandendo le loro vecchie spade colorate. Ma la loro tenacia potette ben poco contro il potere della spada. Yashuo non guardò neanche i nemici si limitò semplicemente ad agitare quattro volte la spada ed a imboccare la porta.

Le guardie Romoure caddero a terra sanguinanti e morenti. Dissero a Yashuo di tornare indietro e combattere ma lui aveva perso fin troppo tempo con samurai mediocri. La gioia che provò quindi incontrando il Barbaro fu indescrivibile, un po’ come quando si passa la propria vita a mangiare verza e cavoli e si assaggia per la prima volta il cioccolato.

-Di qui non puoi passare e non passerai- gli disse questo colpendo la terra col suo scudo gigantesco provocando un rumore tonante simile al rombo del tuono stesso che riecheggio nella stanza tanto forte che sembrava stesse venendo a piovere -Cerca un'altra via. Io sono pagato per non farti passare per questa strada niente di più e niente di meno-continuò.

-Quindi dovrei tornare indietro e vedermela con altri tipi mediocri con le loro spade senza nome? No io passero per quella porta. Ma solo dopo averti squartato e aver bagnato TRINITY nel tuo sangue non preoccuparti. Cosi nessuno dirà che non mantieni la parola data e la tua reputazione da mercenario sarà salva- disse Yashuo mettendo la spada in orizzontale.

-Meno male. Avevo temuto fossi un codardo e che te ne saresti scappato. Ma per fortuna mi dai la possibilità di farti triturare le ossa col mio scudo. Voglio ammazzarti da quando sei arrivato a palazzo ma di solito non faccio qualcosa se non c’è nessuno che mi paga. Per fortuna la mia stella brilla ancora poiché non solo mi dà la possibilità di ucciderti ma anche di essere pagato per farlo- gli spiegò mettendosi il grosso scudo davanti preparandosi alla carica. Questo era d’oro massiccio e aveva sul davanti l’incisione della faccia di un leone con le fauci spalancate circondato da vampate di fuoco che si espandevano per tutto lo scudo.

Yashuo rimase qualche secondo fermo preparando ogni muscolo del suo corpo per il prossimo movimento. Iniziarono ad ispirare e espirare finchè il ritmo dei loro respiri fu il medesimo e quindi iniziarono la loro corsa.

Yashuo si fermò a metà del tragitto porto la spada in verticale e disse- Un Taglio- sollevando il vento tagliente. Poco dopo anche il Barbaro si fermò premendo lo scudo sul pavimento trattenendo il respiro pronto ad accogliere il colpo del nemico.

Lo scudo vibrò violentemente al contatto del colpo di Yashuo ma non si mosse di un centimetro. Yashuo era stupito ma lo fu solo per poco poiché con un salto era già a mezzaria per attaccare il nemico dall’alto. La strategia fu però inutile poiché al Barbaro basto inclinare di poco lo scudo per parare la sua scarica di colpi. Yashuo però non si arrese e poggiando i piedi sullo scudo si diede la spinta per fare una capriola e raggiungere la schiena del suo nemico.

Fu in quel momento che il Barbaro iniziò a ridere, una risata rauca e profonda degna di un uomo di quella stazza- Muro Roccioso Totale Della Montagna Bestiale- urlò mentre si portava lo scudo dietro vanificando anche l’ultimo assalto del suo nemico.

-Azzanna- disse poi il Barbaro e con movimento rotatorio fece piombare il grosso scudo su Yashuo che fu costretto ad usare tutta la forza dell’aura di TRINITY per deviare il colpo e allontanarsi-Mi dispiace ma io sono la difesa perfetta non importa dove tu mi colpisca o la forza che metti in ogni colpo nulla può attaccarmi. Per farti capire la tua situazione immaginati di essere come una formica che prova a sollevare un intera montagna-urlò ridendo mentre si batteva una mano sul petto facendo tremare tutta la stanza.

-Bene allora basterà non attaccarti- dedusse Yashuo sorridendo-se attaccarti è inutile vorrà dire che smetterò di farlo, semplice- concluse conficcando TRINITY ne terreno e posandoci le mani sopra.

-Hey, non puoi fare così. Non puoi smettere di attaccarmi, avanti fatti sotto- gli contesto il Barbaro battendo lo scudo a terra. Yashuo si limitò a scuotere la testa senza muoversi di un millimetro. Ciò provocò l’ira del suo avversario che iniziò a bestemmiargli contro e a dirgli cose che avrebbero fatto arrabbiare un intero tempio di monaci della pace. Quelle parole però non sortirono alcun effetto su Yashuo che si limitava a fissare il suo avversario scuotendo la testa.

Il Barbaro ridacchiò nervosamente, la risata questa volta era più debole quasi imbarazzata -L’hai capito allora- gli disse con un filo di voce che non si adattava per niente ad uomo della sua stazza-Si. L’ho notato quando ti sei fermato per parare il mio vento tagliente. Tu non puoi attaccare ma solo difenderti. Finchè qualcuno non ti attacca sei completamente inutile. Se provi ad ingaggiare il nemico attaccandolo ti esponi poiché generi una grossa finestra di contrattacco. Per questo lo Shogun non ti ha dato l’ordine di uccidermi ma solamente di non farmi passare perché tu non puoi attaccare nessuno se prima quella persona non ti attacca. La tua abilità potrebbe essere anche utile sul campo di battaglia ma in un duello non è più utile di due bastoncini nel brodo di manzo- gli rispose Yashuo (la sua espressione è equivalente alla nostra “servi come la forchetta nel brodo” ovvero sei completamente irreversibilmente inutile).

Il Barbaro era sconcertato menando solo qualche colpo di spada quell’uomo era riuscito a capire il punto debole della sua tecnica. Ma non perse la speranza poiché un conto è saper qualcosa un altro conto è fare quel qualcosa. Quindi ricominciò a ridere e disse- Allora dovrai aspettare finchè la fame e la sete non mi prenderanno amico mio- ma fu zittito dalla risata di Yashuo –Non ti preoccupare non mi occorre fare nulla del genere. Mi basta solo un colpo nel momento giusto- disse correndo contro il suo nemico che alzò prontamente lo scudo.

Ma Yashuo non l’attacco poiché si fermò qualche centimetro prima in modo tale che la sua scarica di colpi lo sfiorasse appena. Continuò a menare fendenti mentre diceva- Non puoi toccarmi!- e assumeva pose strane.

-Smettila subito-gli urlò il Barbaro con tanta forza da farsi quasi esplodere i muscoli della gola. Ma fu inutile poiché il samurai si era girato di spalle e stava urlando- Puniscimi tutto- mentre si sculacciava con la spada. Il Barbaro voleva farlo a pezzi ma sapeva che nell’esatto momento in cui avrebbe mosso il suo scudo avrebbe ricevuto un colpo mortale che gli avrebbe staccato la testa e, cosa peggiore, morendo in quel modo non sarebbe nemmeno riuscito a compiere la sua vendetta.

Yashuo si fermò e ridivento serio- Colpo Finale- urlò correndo contro il suo nemico che si irrigidì per ricevere il colpo che non arrivò mai poiché anche questa volta il samurai si era fermato qualche centimetro prima.

-Credevo che nonostante fossi indemoniato e stupido rispettassi ancora il codice della spada e dell’onore samurai avanti su combatti- gli urlò il Barbaro perdendo la pazienza. Yashuo era deluso le sue finte e le sue provocazioni non erano servite a niente doveva trovare un altro modo per combattere poiché l’attacco era impossibile. Fu pensando questo che ebbe l’idea: se non poteva attaccare avrebbe difeso. Con un rapido scatto si mise davanti al suo avversario, mise la spada in verticale e iniziò a spingerla contro il suo scudo come per parare un attacco.

La forza di Yashuo per via della spada era superiore a quella del suo avversario che per quanto potesse essere grosso e muscoloso non avrebbe mai potuto competere con TRINITY (ricordiamoci infatti che la TRINITY era un pezzo di quella spada così forte da resistere al comando di CADUTA da parte del SUPREMO). Quando quindi il samurai iniziò a spingere nonostante i suoi sforzi il Barbaro non potette opporsi in alcun modo.

-Se i miei fendenti non possono sconfiggerti sarà la mia parata a farlo- gli disse Yashuo mentre lo spingeva contro una finestra. Il Barbaro si girò e vedendo il luogo verso il quale era diretto iniziò spingere con tutta la sua forza mentre sbuffava e cacciava gli occhi fuori dalle orbite. Per un momento riuscì a fermarsi ma fu solo per un momento perché poco dopo si ritrovò a precipitare nel vuoto. Yashuo era sopra di lui- Una montagna per essere solida deve stare a terra. Una montagna in aria non vale niente. Le montagne traggono il loro potere dalla terra, senza terra perfino una formica riuscirebbe a sollevarla. Frana caro Barbaro frana. Ma non posso permetterti di schiantarti a terra, sarebbe uno spreco e TRINITY non me lo perdonerebbe mai- disse sogghignando (da questa parte del racconto possiamo dedurre che poiché Yashuo ha avuto tutto questo tempo per parlare ed agire possiamo teorizzare approssimativamente l’altezza del palazzo dello Shogun che è molto alta). Si portò quindi la spada dietro e con un rapido movimento usando l’aura di questa fu sparato ad alta velocità contro la sua preda che inutilmente cerco di sollevare lo scudo per pararsi.

Yashuo grazie all’aura di TRINITY non subì alcun danno da parte della caduta, quindi si affrettò ad alzare la spada per ricevere la pioggia di sangue che un tempo era stato il glorioso Barbaro. Sorrise nel vedere il modo in cui brillava la sua amata. Ma la gioia durò poco poiché guardandosi intorno si rese conto di essere ritornato nel punto in cui aveva ucciso Azaiku e quindi ora era costretto a riaffrontare la scalata del palazzo con tutte le sue stanze piene di samurai mediocri. Sbuffò ma gli bastò guardare di nuovo TRINITY e il sorriso di questa gli diede la forza di continuare.

 

 

C’è da dire una cosa su tutte le guardie che furono uccise in quel palazzo: nessuna di queste lasciò il luogo dello scontro se non per andare all’altro mondo. Sarà stato il carisma dello Shogun, o la voglia di uccidere quel mostro che ormai per loro era diventato il simbolo del male, ma nessuna di loro scappò dal combattimento. Il valore di un uomo però deve essere calcolato in entrambe le direzioni, poiché se è vero che quelle guardie erano valorose e fedeli, era altresì vero che erano allo steso tempo stolte e stupide. Era ormai chiaro che nessuno in tutto il palazzo poteva qualcosa contro Yashuo quindi la fuga di fronte ad una sconfitta così certa, è più che saggia. Non voglio però infangare con questi discorsi la memoria di quei valorosi soldati quindi finirò con questa questione perché ho già troppi incubi e mi manca solo che mi venga a visitare in sogno un intera guarnigione di samurai zombie. E poi non tutto era perduto poiché rimaneva un ultima carta ancora da giocare, l’ultimo guerriero al servizio dello Shogun: Shinighi il morto nero.

Questo stava seguendo dal suo primo ingresso il samurai cercando il momento giusto per attaccare. Faceva calcoli e applicava formule a tutto quello che succedeva per capire il momento giusto per entrare in scena. Aveva studiato per anni in un accademia ninja e quando si era accorto che le ideologie ninja predicavano la povertà e l’umiltà aveva abbandonato la sua confraternita per dedicarsi alla più retributiva via del samurai. Aveva combattuto molte battaglie ed era stato ferito nei modi più disparati possibili. Punture d’ape, kunai vaganti ed era addirittura sopravvissuto ad una scaricata di frecce durante un assalto. Per lui non importava il punto o il modo nel quale veniva ferito, trovava sempre il modo di ritornare in vita. In quel momento stava sorridendo per il risultato dei suoi calcoli, quindi si affrettò a rifarli tutti rapidamente e vedendo che otteneva di nuovo come risultato “zero” decise di agire.

Yashuo era appena entrato nella stanza quando una dozzina di spine gli venne in contro fendendo l’aria. Non era comunque in pericolo poiché gli bastò usare l’aura di TRINITY per deviarle. Si guardò intorno per capire da dove era arrivato l’attacco ma i suoi pensieri furono interrotti poiché un denso liquido verde gli colpì la spalla ustionandolo. Si affrettò a togliersi il chimono mentre questo veniva divorato da uno strano liquido verde appiccicoso poi alzò gli occhi e vide il suo avversario che si toccava il naso. Non ebbe neanche il tempo di lamentarsi di quanto quella tecnica di combattimento facesse schifo che Shinighi si stava soffiando l’altra narice lanciandogli contro un'altra ondata di liquido verde.

Con un profondo senso di repulsione saltò di lato alzando una gamba e le braccia assumendo una strana posa che però ci fa capire tutto lo schifo che provava in quel momento cosa deducibile anche dalla bocca che era contratta in una strana morsa di disgusto.

-Cavolo sono stato troppo lento il muco ci ha messo troppo tempo ad uscire e a quanto pare il mio obbiettivo ha cambiato la sua velocità entrando nella stanza quindi ho calcolato male la sua posizione- fece Shinighi tirando su col naso.

-No ora mi spieghi.- fece Yashuo- Quando eri piccolo venne il giorno nel quale avresti scelto l’arma nella quale ti saresti specializzato cosa che fanno tutti i ninja. Il tuo maestro ti portò ad un tavolo su cui c’erano tutte le armi dai nunchako allo scacciamosche e tu dove aver pensato per diverse ore ti sei avvicinato vicino ad una caccola lasciata da qualche tuo compagno e l’hai decretata come tua arma. Correggimi se sbaglio-.

-Ma cosa dici inutile uomo. Io sono un Saikè. Una delle lumache demoniache specializzate nei jutsu di melma. La mia un è un arte tramandata nei secoli conosciuta da pochi e padroneggiata da molti meno- gli rispose arrabbiato. Mentre parlava sputacchiò diversi getti di saliva addosso al samurai che fu costretto a pararsi con una mano per non rischiare di essere accecato per sempre.

-Si ma ora chiediamoci. Se abbiamo inventato spade e altri strumenti per ucciderci ci sarà pure un motivo. Non è un caso che la gente non si combatte buttandosi le caccole addosso. Si chiama morale generale di fondo e tu la stai infrangendo- si fermò di colpo poiché TRINITY lo stava chiamando. Avvicino quindi l’orecchio alla piccolina e stette a sentire quello che aveva da dire poi profondamente irritato conficcò la spada nel pavimento- Visto cosa avete creato tu e le tue caccole? TRINITY si rifiuta di combattere gli fate troppo schifo- poi si rivolse alla spada- Non ti preoccupare motivo-per-il-quale-il-mio-sangue-scorre, gli staccherò via quel brutto naso così potrai affondarti nel suo sangue felicemente e senza preoccupazioni-le disse dolcemente.

Shinighi non prese bene quell’atto di amore reputandolo un offesa ne suoi confronti. Buttò quindi la testa indietro e soffiò altri due piccoli getti di muco verso Yashuo che riuscì ad evitarli senza problemi. Questi infatti erano più piccoli e meno pericolosi poiché le suo narici non avevano ancora completato il ciclo di formazione del muco.

Il samurai sapeva che rimanere lì sotto il nemico, anche se privo di caccole momentaneamente, era molto pericoloso quindi decise di tornare nella stanza precedente e nascondersi dietro una colonna di questa. Shinighi però non lo segui e si limitò a lanciargli contro delle spine che però come spesso succede nei manga non sfiorarono neanche lontanamente il loro obbiettivo.

Yashuo ora doveva farsi venire un idea. Doveva trovare il modo di distruggere un naso senza esporsi troppo. Penso quindi a tutti i nemici del naso e uno in particolare catturò la sua attenzione: la polvere.

 

 

Jiiko tra le sue varie mansioni aveva anche il compito di super visionare le pulizie del palazzo. Come già il lettore saprà Jiiko non era una donna a cui si poteva affidare alcun tipo di compito. Le stanze principali erano pulite questo era vero ma quelle secondarie o quelle poco frequentate marcivano nella polvere e nella sporcizia. E per la fortuna di Yashuo loro si trovavano in una sala veramente poco frequentata.

 

 

-Hey, lumacone demoniaco dici che la tua tecnica è straordinariamente forte ma io continuo ad essere scettico e a considerarla inferiore a ogni cosa. Ti offro una sfida per dimostrarmi quanto il tuo muco sia forte prometto di rimanere in questa stanza mentre tu la svolgi-gli propose il samurai.

Shinighi pensò un attimo alle sue parole, i samurai sono persone valorose e se quello prometteva di non muoversi mentre lui faceva la prova di certo non si sarebbe mosso. Si ricordò di tutte le volte che gli altri l’avevano preso in giro per le sue peculiarissimi doti, ripensò ai bulletti ninja che gli riempivano di caccole il pranzo mettendogli un bigliettino con scritto sopra “tanto a te piace, buon appetito” e decise che quello sarebbe stato il momento del suo riscatto - Cosa dovrei fare samurai? Sappi che la mia arte può tutto- gli rispose.

-Be’ in sostanza è semplice devi solamente usare il tuo muco per calarti a terra. Attaccherai un pezzo di muco al soffitto e ti calerai fino al pavimento. Se toccherai il pavimento coi piedi e il getto di muco sarà ancora integro poiché non avrà ceduto sotto il tuo peso avrai vinto- gli spiegò il samurai. Shinighi iniziò a ridere, era semplicissimo il suo muco era super resistente, quello che quell’uomo gli chiedeva l’aveva fatto numerose volte da ragazzo per rubare la biancheria femminile dagli spogliatoi senza farsi scoprire- Ammira la super resistenza della melma delle lumache demoniache- disse ed iniziò a calarsi.

In men che non si dica era iniziato a scendere verso il pavimento e ormai si trovava a soli pochi centimetri da terra. Fu allora che il samurai iniziò a soffiare. Si era messo sul confine della porta per non rompere la promessa fatta e si era messo sdraiato sul pavimento a pancia in giù a soffiare la polvere del pavimento verso il suo avversario. Questo fece uno starnuto e ruppe il filo di muco per poi rovinare sul pavimento sbattendo la testa.

-Te l’avevo detto la tua tecnica è inferiore rispetto a tutte le cose di questo mondo. Perfino la polvere riesce a batterla- disse Yashuo correndo verso il suo avversario raccogliendo la polvere da terra. Shinighi si sentiva tradito cerco di rimettersi in piedi ma non potette fare nulla contro il getto di polvere che colpì le sue narici se non starnutire cercando di mandare via la polvere. Ma proprio quando si stava riprendendo Yashuo gli ficcò nel naso uno per narice un intero ammasso di polvere che rimase lì incastrato facendo starnutire ancora di più il povero Shinighi. Fu in quel momento che la cartilagine rinforzata del suo naso cedette e questo gli esplose creandogli un grosso buco sulla faccia.

Non ebbe neanche il tempo di piangere per aver perso quella preziosa parte del suo corpo che Yashuo aveva già raccolto TRINITY e con un taglio verticale lo stava dividendo a metà. La spada infatti stava scivolando tra la sua carne quando si bloccò di colpo.

-Cosa? Com’è possibile- fece il samurai cercano di estrarre la spada inutilmente. Shinighi aveva rigenerato il taglio e ormai TRINITY era rimasta bloccata nel suo petto-Credi che il muco sia l’unica abilità di una lumaca le lumache sono viscide e melmose per natura. Questo è il motivo del mio soprannome, le armi mortali non possono farmi nulla poiché nulla può tagliare la gelatina del mio corpo- spiegò il morto nero ridendo.

-Esci!- disse Yashuo caricando la spada con tutta la sua aura riuscendo finalmente ad estrarla. TRINITY brillò stranamente come se volesse urlare qualcosa al suo padrone che subito capì cosa voleva dire la spada-Dici che le armi mortali non possono ferirti? Be’ la mia è superiore a tutte le cose di questo mondo. Non sei fatto di melma. Quando la tua pelle ha avvolto TRINITY lei si è resa conto che in questa scorreva del sangue- gli spiegò Yashuo -Ciò significa che la tua melma indipendentemente da tutto può essere tagliata dalla mia spada. Mi basta unicamente tagliarla più volte- e dicendo questo si precipitò verso il suo avversario.

-Molti Tagli- disse e l’aria in quella stanza scomparve. La spada infatti si muoveva così velocemente che iniziò a far turbinare l’aria e ben presto la stanza si ritrovò senza. Mentre succedeva ciò migliaia di fendenti iniziarono a tagliare la pelle di Shinighi che in un primo momento rigenerò puntualmente i tagli ma gli bastò poco per capire che non poteva sostenere il ritmo di TRINITY. Ogni parte del suo corpo quindi fu tagliata e ritagliata, scomposta in componenti più piccoli che a sua volta si restringevano. Quando il suo corpo fu distrutto Yashuo continuò a tagliarlo finchè del morto nero rimase solo una nera polverina che si andò a mischiare con la polvere a terra.

 

 

Notucce personali :(

Be’ che posso dirvi sta cosa sta durando troppo. Ho già scritto la fine sotto effetto di FRIENDZONE solo che non volevo fare un capitolo troppo lungo perché potrebbe annoiare. Quindi credo un paio di giorni, il tempo di rileggere e metto anche la fine. Se non vi piace questa politica e preferite i capitoli lunghi fatemelo sapere. Mi piacerebbe avere un parere non una recensione un parere qualcuno che mi contatta e mi dice che pensa perché non ho la più pallida idea di come sta venendo a me sta piacendo ma una madre non può dire che suo figlio è brutto u.u.

Prometto che dopo il prossimo capitolo si torna alle nostre vicende scusate se mi sono lasciato troppo trasportare.

BYE CUORICUORI<3

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Capitolo 12
*** A che serve avere una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare ***


12. A che serve avere una ragazza se non puoi

tagliarle la gola e vederla sanguinare.

 

 

Lo Shogun aveva temuto quel momento per tutta la notte. Non riusciva a credere che quell’uomo, nonostante tutti i suoi sforzi, era riuscito ad arrivare nella sua sala del trono. Lì con lui c’erano le uniche altre tre superstiti: sua figlia, Jiiko e la moglie dell’uomo che aveva compiuto quel massacro Fedekira.

Avrebbe dato la vita per proteggerle ne valeva della sua reputazione e della sua virilità. Ma nonostante tutto era ancora atterrito dal fatto che quell’uomo era riuscito a sconfiggere ogni suo singolo uomo completamente da solo. Estrasse la spada e si preparò a combattere ma questa sua tenacia durò solo un attimo poiché un guizzo rosso lo colpì in petto facendolo cadere sulla schiena.

-Patetico, questo succede quando ci si cura di politica. Il potere fa perdere determinazione e forza di volontà una volta raggiunto. Si vive come amebe sanguisughe che si nutrono del sangue del popolo. Un'ingiustizia. Il forte e il valoroso guerriero riceve la medaglia e la fama, ma alla fin fine sono sempre i Re ad avere tutto il resto. Oggi ho ucciso molti samurai e ora brandendo quella spada stai solamente infangando la loro memoria- fece Yashuo entrando nella stanza.

-Ti prego risparmia queste ragazze, stanno venendo altri soldati. Ho inviato un messaggio ad un villaggio vicino per reclamare il mio diritto sulla sua forza armata. Verranno altri guerrieri che potrai dare impasto alla tua sete di morte ma ti prego non ferire queste deboli e innocenti fanciulle che non hanno alcun peccato soprattutto tua moglie- stava dicendo sputacchiando sangue lo Shogun. Era steso a terra e cercava di sfruttare tutte le forze rimastegli per quell’ultima supplica mentre la macchia di sangue sotto di lui si allargava sempre di più sul pavimento. Non riuscì però nel suo intento poiché Yashuo gli conficcò la spada in bocca zittendolo-Ti correggo, ex-moglie io ora sono sposato con TRINITY con un matrimonio di sangue celebrato con la morte dei tuoi uomini- gli disse il samurai ma fu inutile perché il suo interlocutore era già morto.

-Dovete sapere che non so il motivo per cui sono qui, in un primo momento sono venuto per uccidere Fedekira ma mi sono fatto prendere così tanto la mano nel fare a pezzi la gente che non conosco più il motivo della mia venuta- fece Yashuo grattandosi la testa con TRINITY- poco male, se sono qui e c’è un premio lo raccolgo- continuò sorridendo.

-Smettila! Yashuo riprendi il controllo di te stesso! Mio marito non parlerebbe mai in questo modo non sei più tu. Quella spada ti ha fatto il lavaggio del cervello ribellati. Non è possibile che tu abbia dimenticato completamente il nostro amore, io continuo ad amarti come ti ho detto a cena. Ti prego mi appello a tutto ciò che c’è di giusto in questo mondo marito mio, riprenditi! - gli urlò la moglie piangendo. Le sue lacrime potrebbero essere viste come un disperato attaccamento alla vita e un rifiuto verso la morte, ma non è così. Lei non piangeva per la paura di morire ma per la paura che ad ucciderla fosse il suo amato marito. Non aveva paura di essere fatta a pezzi, non le importava cosa quell’uomo voleva fare al suo corpo, temeva invece ciò che quell’uomo voleva fare al suo cuore che conteneva il suo preziosissimo sentimento d’amore.

-Hai detto bene forse tuo marito non l’avrebbe fatto ma io non sono più tuo marito, ormai sono sposato con questa bellissima tesoruccia- fece alzando la spada facendo cadere la moglie in ginocchio per la disperazione.

-Andate avanti- disse Jiiko avanzando contro quel demone- mi occuperò io di lui. Col passare degli anni ho affinato una straordinaria capacità nella lotta corpo a corpo. Vedete il mio lavoro consiste nell’intrattenere gli uomini che giungono a palazzo e come sapete c’è sempre chi tocca di più. Quindi ho dovuto imparare a difendermi dagli uomini per sopravvivere e adesso vi farò vedere il mio imbattibile stile di combattimento- finì iniziando a correre contro il loro aggressore.

Questo vedendo quella tipa venirgli incontro si piegò in due dalle risate fino a piangere e stette così finchè la povera Jiiko non fu a tiro di spada, quindi si asciugo le lacrime- Orizzontale e Verticale- e il combattimento era finito.

Sul volto di Jiiko si dipinse una smorfia di dolore poi il suo corpo si divise in quattro parti perfette e piombò a terra privo di vita. Yashuo le si avvicinò le prese la parte della gamba destra- Questo è vostro a TRINITY bastano tre- fece lanciando questa verso le due uniche superstiti che erano sotto shock per poi riscoppiare a ridere.

-No scusate era un po’ squallida. Povera Jiiko non aveva mai colto il punto delle cose, non ha mai capito la vera natura della vita. Ha vissuto nel suo mondo fantastico col suo corpo favoloso sognando di essere la principessa. Ma noi non viviamo in un sogno ma in un incubo- disse passando la mano insanguinata sulla lama della spada.

La morte di Jiiko fu devastante per le due donne. Più guardavano quel corpo senza vita più pensavano che tra meno di qualche minuto anche loro avrebbero fatto la stessa fine. Nonostante questa paura riuscirono a dominare il panico. Anzi la morte di quella donna se da un lato le aveva turbate dall’altro diede la forza alla figlia dello Shogun di muoversi.

Questa non aveva ancora raggiunto la maggiore età ma aveva un coraggio che neppure le vecchie possono vantare di possedere. Si mise così davanti a quell’uomo che la guardò sogghignando anche se il suo volto tradiva una punta di stupore e iniziò a parlare–Sei un mostro io so che prenderai la mia vita stanotte voglio solo che tu sappia che all’inferno la tua anima, o meglio, quello ch’è rimasto della tua anima brucerà tra le calde fiamme della giustizia alimentata da tutte le vite che hai spezzato stanotte. Parlò ora con te uomo buono che mi salvasti quella volta, non preoccuparti io ti perdono possa solo la tua anima trovare pace e che gli dei perdonino la tua stoltezza. Ora sono io lo Shogun, mi è di diritto, possiamo parlare alla pari demone. L’uomo che possiedi mi salvò la vita quindi può disporre della mia esistenza come più vuole io non mi opporrò ti chiedo solo di risparmiare sua moglie anche se lui la rinnega come tale. Un demone non può arrogarsi il diritto di distruggere l’amore degli uomini- disse con voce forte e chiara tanto che per un momento il samurai esitò.

Ma fu solo per quel secondo, per quel secondo qualcosa si sciolse e una calda lacrima scese lungo la usa guancia destra, quando però questo fu passato si sentì un tonfo e rimase un solo superstite in tutto il palazzo.

- Ora ho finalmente riparato all’errore che mi procurò questa brutta cicatrice. Come fui stolto quando mi misi in pericolo per salvare l’inutile vita di una bambina. Non raccoglierò il tuo sangue. TRINITY non lo vuole. Saresti stata una buona regnante ma ho dovuto assecondare il volere della spada -disse Yashuo con un lieve rammarico nelle ultime parole. Qualcosa lo stava facendo esitare si iniziava a sentire strano. Si asciugò la lacrima con TRINITY e scacciò via quei pensieri ma rimase stupito nel vedere che Fedekira ora gli stava davanti sorridendogli.

-Io non posso oppormi a te. Non che ne abbia la forza, ma anche se l’avessi non lo farei. Non posso permettere che ciò che amo si ferisca- disse avvicinando una mano verso il viso del marito dandogli una dolce e tremante carezza. Negli occhi di questo comparse qualcosa, la vista della moglie gli stava provocando una lotta all’interno del suo cuore. Sentì tutto il suo sangue ribollire e dimenarsi finchè tutto ritorno alla normalità. Mise un braccio intorno al collo della moglie e la strinse.

-Yashuo…ti amerò sempre Yashuo- disse questa sputando sangue per la spada che l’amato le aveva conficcato nel petto. Yashuo guardò il sangue scendere dalla ferita e scorrere lungo il bordo della lama- Io no. Mi dispiace. Non posso amarti poiché questo non è un amore. Un amore non è un amore se non si può bagnare nel sangue. Guarda i volti che urlano sulla mia amata le loro urla mute testimoniano il nostro amore. Cos’è un amore se non senti il bisogno morboso del tuo oggetto amato? Cos’è un matrimonio se non viene celebrato nel sangue? A che serve avere una ragazza se non puoi tagliarle la gola e vederla sanguinare?- e dicendo questo sfilò la spada.

La ragazza emise un docile verso di dolore e cadde all’indietro ma il demone la mantenne per i capelli. Lei ora stava in ginocchio davanti a lui sanguinante priva della forza di aprire gli occhi per vedere l’uomo che le faceva questo. TRINITY si mosse velocemente e la gola della ragazza si squarciò. Un getto di sangue colpì in volto Yashuo che rialzò la spada e con un netto colpo recise la testa di Fedekira. Fatto ciò la sollevo e la mise in modo che il sangue che usciva da questa cadesse sulla sua spada che mandava getti d’aura rossi. Questi si andarono ad allungare sempre di più finchè non raggiunsero e avvolsero la testa per poi farla a pezzi.

 

 

 

 

 

 

Ora se ne stava in silenzio difronte al lago nel bosco lì vicino ad osservare il modo in cui l'acqua si increspava creando dei cerchi che si espandevano, si scontravano e si restringevano. Stava aspettando l’arrivo di quei guerrieri che lo Shogun aveva menzionato aveva voglia di altro sangue. Gli aveva fatto piacere uccidere Fedekira ma il piacere era presto passato lasciando spazio ad un vuoto ancora più grande. Pensò a come avesse fatto fino a quel momento a vivere senza mai assaporare il gusto frenetico dell’omicidio. Sollevò la spada che gocciolava ancora sangue e si fece cadere un paio di gocce di quel liquido rosso sul viso e in bocca. Il sangue aveva proprio un sapore dannato non gli piaceva proprio a differenza di TRINITY. Erano così diversi, ma le differenze non contano niente in amore.

Abbassò la spada ed iniziò ad osservare i volti urlanti che si muovevano su questa quando ad un tratto la sua attenzione fu catturata da qualcosa che gli pendeva dal fianco. Era la sua spada della quale non riusciva ormai più a ricordare il nome. Sorrise alla vista di quel debole strumento di morte che spauriva difronte all’eleganze e alla mortalità di TRINITY. Come era possibile che fino ad allora non si era accorto di avere con se quell’infimo pezzo di metallo. Posò TRINITY alla sua sinistra e mise una mano sull’elsa per prendere la spada e buttarla nel fiume.

Appena la mano toccò la spada si ricordò subito il suo nome. Caliptica era un nome così confortante ed equilibrato, sembrava che ogni parola del nome trovava il suo giusto spazio e si univa perfettamente con le altre. Quel senso di pace e di equilibrio gli provocò una piacevole visione.

Smuokinuow si trovava davanti a lui, aveva una mano sulla fronte e il suo volto era il ritratto della tristezza –Amico io ho scelto te non per la vicinanza o per raccomandazione ma perché confidavo nel tuo animo temperato e buono. A quanto pare però la creazione ha battuto il creatore. A volte capita quando si è troppo bravi a creare cose. Ma la storia non finirà così, non possiamo darle un lieto fine ma almeno possiamo preservare il nostro nome. Gli oggetti per quanto potere possano avere non riusciranno mai a piegare completamente la volontà di un uomo buono. Stai dando troppo valore a quel pezzo di metallo, se ad una ragazzina dai importanza non importa la tua perseveranza la tua fine avanza poiché quando meno te l’aspetti lei t’azzanna e la tua volontà ammazza. Dai valore più a quello che desideri che a quello che ami- gli disse per poi scomparire in una nube di fumo.

Quando Yashuo tornò nel nostro piano spirituale vide che TRINITY stava brillando poiché voleva essere raccolta dalla fredda terra per essere d nuovo impugnata. Il demone si affrettò a raccoglierla con la mano sinistra poiché il samurai nella destra impugnava la sua Caliptica.

Non seppe cosa pensare quando le due spade davanti a lui si scontrarono sputacchiando scintille colorate. Non sapeva per chi fare il tifo e neanche cosa stava succedendo. Si limitò quindi a osservare il suo braccio destro combattere contro il sinistro e chiedersi se quella era la prova finale della sua follia.

Entrambe le braccia erano formidabili combattenti. Scartavano di lato per schivare i colpi, paravano, contrattaccavano e ferivano il rivale per poi ricominciare da capo. La situazione andò avanti per un po’ finchè il braccio sinistro sembrò dire al destro qualcosa del tipo –Che c’è non sai usare l’aura? Io non posso usarla se non la usi prima tu fifone lo sai, sono troppo sportivo-.

Si doveva essere proprio qualcosa del genere poiché in quel preciso istante le due braccia attivarono simultaneamente il loro potere. Le due spade iniziarono a brillare dei loro colori spirituali, rosso per TRINITY e azzurro per Caliptica, illuminando tutto il bosco e riflettendosi sul lago che sembrava scintillare. Yashuo vedendo l’intenzione dei due sfidanti si accucciò e sollevò le braccia il più in alto possibile in modo che non lo decapitassero con qualche fendente mal calcolato.

-Pensi di potermi in qualche modo sconfiggere? Siamo state forgiate dallo stesso fabbro questo è vero, ma io sono l’incarnazione della battaglia. Sangue, morte, violenza scorrono in me e sono parte di me. Come pensi di potermi sconfiggere in un combattimento se sono io stessa il combattimento- sembrò continuare TRINITY.

-Hai ragione, in me non risiede abbastanza forza per continuare a rispondere ai tuoi fendenti perché tu contieni al tuo interno il senso stesso del combattimento. Ma ricorda il fuoco selvaggio bruciante viene spento dalla calma acqua del lago piatto!- sembrò rispondergli Caliptica. Poi iniziò a tagliare l’aria in più punti con precisione chirurgica.

In poco tempo si crearono dei piccoli vortici d’aria che andarono ad avvolgere la spada e il braccio sinistro- Il nemico principale di una spada è l’aria, se la densità dell’aria intorno a questa aumenta, non può muoversi e quindi non può tagliare un bel niente. Essere il senso di qualcosa è inutile se non si riesce ad applicarlo! - sembrò urlare Caliptica trionfante alla vista di TRINITY che si dimenava per uscire da quella soffice presa.

Il braccio sinistro iniziò a stendersi verso l’esterno ma fu per poco poiché con un guizzo rosso TRINITY si liberò dell’aura del nemico- Che stupido. Non importa se io sono il fuoco e tu l’acqua finchè mi attacchi con la tua aura non potrai mai sconfiggermi poiché la mia aura è molto più forte- e intendendo questo la spada sparò una scarica di proiettili rossi contro la sua stolta avversaria.

Caliptica guardò quei getti rossi avvicinarsi lentamente, lo spazio che le divideva era poco ma quel colpo ci metteva così tanto ad arrivare. Rimase per quei secondi a guardare la sua amica con compassione poi con un rapido fischio si attivò il mulinello d’aria.

Da questo vortice parti un getto d’aria che andò a deflettere il proiettili di TRINITY respingendoli indietro. Questi colpirono il braccio sinistro spingendolo all’indietro verso la schiena con tale forza che Yashuo per il dolore dovette alzarsi e mettersi orizzontalmente rispetto alle due spade.

-A volte l’uomo buono e valoroso deve staccarsi il braccio senza pensare a quanto sangue possa uscire per adempiere alla giustizia- sembrò dire Caliptica prima d menare il fendente che pose fine a tutta quella storia.

Il braccio sinistro di Yashuo cadde a terra orizzontalmente con ancora TRINITY in pugno rivolta verso l’alto. Il massacro era finito, in quel momento la ragione era forse finalmente riuscita a prevaricare sul volere di morte e violenza che la spada instaurava nel suo portatore? Nessuno può saperlo, possiamo solamente conoscere il risultato delle leggi che regolano il nostro mondo non le leggi stesse se no l’uomo le seguirebbe per risparmiarsi tanti dolori e insuccessi. Nel corso dei secoli le menti più brillanti della nostra specie hanno teorizzato semplificazioni di queste leggi (fisica, matematica, chimica e kamasutra) ma solo uno è riuscito a comprenderle. Peccato che il caro Dr.Faust sia stato esiliato in un’altra dimensione, avremmo potuto chiedergli qualche spiegazione che ci avrebbe fatto capire meglio il senso di tutto questo anche se penso che la violenza può essere difficilmente spiegata.

Per quanto riguarda il destino di Yashuo questo può essere riassunto in un motto di spirito tanto usato dai samurai dell’epoca e riportato un paio di volte in questo racconto. Il terreno vicino al lago era scivoloso e bastò che Yashuo spostasse un po’ di più il suo peso verso sinistra per cadere rovinosamente.

Il caso, la giustizia, l’ingiustizia, la provvidenza, la beffa o quel che sia, volle che cadde proprio sulla TRINITY che gli trapassò il cuore uccidendolo sul colpo. Quando però i rinforzi lo trovarono il volto del samurai si presentava sereno con gli occhi chiusi e un leggero accenno di sorriso sulle labbra.

Il capo dei rinforzi aveva ricevuto una lettera molto dettagliata su TRINITY e sulle sue peculiari capacità e segui scrupolosamente tutte le precauzioni del caso. Non volle quindi neanche estrarre la spada dal corpo del samurai che fu deposto fuori al tempio più vicino dove già si erano presi accordi per custodire la spada.

Per controllarla meglio furono prese una serie speciali di misure di sicurezza. Prima di tutto fu avvolta in uno speciale fodero fatto con la pelle si scroto di monaci vergini. Fu poi stabilito che i guardiani della spada dovevano essere sterili, vergini e aver perso tutti i capelli per cause naturali poiché alla spada piacevano i capelli lunghi.

Le precauzioni tennero la spada lontana dagli stupidi per molto tempo finchè dopo una brutta guerra il tempio fu distrutto e la spada perduta. Le tracce di questa dopo quella devastante guerra si persero completamene e la sua stessa leggenda iniziò a essere dimenticata finchè un giorno un mago novellino grazie a delle conoscenze molto particolari e a molta fortuna mista a soldi riuscì ad ottenere la spada come regalo per un amico.

Gideon aveva sempre voluto una katana, fin da piccolo aveva letto molti manga e giocato a molti videogiochi in cui ogni protagonista ne aveva una. Quando Pain gli regalò TRINITY stava appena uscendo da una brutta storia amorosa (che avrebbe rimpianto in confronto a quelle che ebbe dopo aver avuto la katana) e quindi si sentì subito molto legato alla sua spada che soprannominò Cuccicucci per via del suono che faceva quando si estraeva dal fodero (il singolare suono era un urlò di liberazione e di respirazione perché, come Pain aveva già scoperto, la spada posta nel fodero era oppressa dalla inettitudine passiva della pelle di questo e si dimenava come un hippy in gabbia)

Ora però la coesione che provava per la spada era completamente diversa qualcosa di molto più profondo ma allo stesso modo pericoloso per la dipendenza che gli dava quella sensazione. Non ci fece però molto caso, aveva TRINITY da molto tempo e riusciva a controllarla come nessun altro mortale aveva mai fatto. Sarà stato per il fatto che la sua generazione non prende niente sul serio o perché il suo cuore ferito gli permetteva di capire ciò che provava il pezzo di spada spezzato ma bisogna riconoscere che oltre al suo proprietario era fin ora quello che aveva posseduto TRINITY per più tempo.

A proposito di tempo ormai era quel tempo. Si decise quindi ad entrare in piazza e notò subito che davanti a lui seduto sui gradini della basilica c’era il suo avversario calmo perso in chi sa quali ricordi. Estrasse subito TRINITY e buttò il fodero di lato. Il suono da questa emesso attirò l’attenzione di Ronkudo che si alzò brandendo la sua Masamune che iniziò a brillare di un blu profondo.

I due sfidanti erano l’uno di fronte all’altro con le loro katane fosforescenti a fissarsi e a studiarsi pensando a cosa dire o fare per iniziare lo scontrò. Fu in quel momento che il sole fu inghiottito dal mare facendo piombare tutto nell’oscurità illuminata solamente dalle aure delle spade dei due sfidanti (per un guasto tecnico i faretti posti sul pavimento lungo tutta la piazza non si accesero quella notte).

 

 

 

Notucce personali :)

 

Hey ma non l’avevi già scritto? Ho avuto problemi con internet e non ho potuto postarlo sono la tristezza sfigata. Tralasciando questo ora ci sarà un combattimento che vi ho promesso da bho non lo so be’ finalmente Gideon combatte col più grande samurai di tutti i tempi DIN DIN.

Nel prossimo invece ci sarà lo scontro tra altri due fuori classe Zio Peppino e Feng Chin e finalmente finiamo questo capitolo e ci rioccupiamo di Pain *-*

Vi ho schematizzato un po’ la situazione ma non dirò altro…dirò solo…capra magica, chi capisce capisce.

Detto questo vi saluto tutti

Bye

CUORICUORI<3

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