Il Quokka

di S_a_r_a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Notte del Diavolo, 1986 ***
Capitolo 2: *** Notte del Diavolo, 1987 ***
Capitolo 3: *** Stayin' alive ***
Capitolo 4: *** Regina della notte ***
Capitolo 5: *** Flashback ***
Capitolo 6: *** Incontri ravvicinati del tipo quokka ***
Capitolo 7: *** Nel posto giusto, al momento giusto ***
Capitolo 8: *** Everybody needs somebody ***
Capitolo 9: *** Resa dei conti ***



Capitolo 1
*** Notte del Diavolo, 1986 ***


 

Notte del Diavolo 1986



 

"Ogni volta sempre la stessa storia" esordì il sergente Fitzroy in tono malinconico e sconfortato "Perché nei momenti meno opportuni? Maledetta notte del diavolo!". Roy Fitzroy era stato colpito dalla maledizione di Halloween. Alla vigilia del nefasto giorno, in concomitanza con gli incendi e i crimini dilaganti commessi dai peggio malviventi della notte, Roy Fitzroy provava l'apoteosi del dolore e della vergogna per un'acutizzazione del suo meteorismo cronico. Non sapeva perché, ma era così. E non poteva farci niente.

Il distintivo non rendeva certo i suoi peti più nobili di altri. Al massimo risultava tutto più imbarazzante. Si era conquistato una certa fama in distretto. Il suo capo, l'uomo più imbecille sulla faccia della terra, l'aveva soprannominato "sergente scoreggia, difensore dei venti del nord". Per fortuna Roy non lo sapeva. Ma adesso tutto ciò che sapeva per certo era di avere una mongolfiera di gas che svolazzava indisturbata nella pancia, cosa assai poco piacevole. Sperava soltanto che gli agenti distraessero tutti quanti e nessuno si accorgesse dell'epica sinfonia intestinale in corso.

 

"Ehm...si sente bene sergente?" chiese un agente, vedendo uscire un dolente Fitzroy dal locale dopo una sosta d'emergenza al bagno.

"Sì, tutto a posto Gibbon" fu la secca risposta del sergente, il cui viso solcato da fiumi in piena di sudore diceva tutt'altro. "Come va il morto?".

"Sempre morto, signore".

"Ottimo. Chi abbiamo quindi?"

"Christopher Morrins, ventinove anni, il decesso è avvenuto circa un quarto d'ora fa per soffocamento." Spiegò diligentemente l'agente Gibbon.

"Strano questo Christopher. Ha le poppe".

"Prego signore??" Chiese allarmato Gibbons. Era stato cresciuto da una famiglia oltremodo puritana, non era ammesso per le sue orecchie ascoltare un simile turpiloquio, anche se si trattava di un superiore. Peccato che la maggior parte delle volte in distretto entrava ammanettata la feccia della società ed era costretto a sentire parole molto peggiori di poppe. Rimpiangeva spesso il giorno in cui quel malsano del nonno Wilfred lo convinse ad entrare in polizia – che si fanno dei bei verdoni – e a lasciar perdere la carriera da chierico.

"Lo vedi anche tu no, è vestito da donna, sembra una drag queen che ha perso cento chili".

"Già..." Gibbons era abbondantemente raccapricciato dalla situazione. Ancor più impuro di poppe poteva essere solo uomo con poppe.

"C'è qualche testimone?".

"Nessuno, il proprietario è uscito a buttare la spazzatura e ha trovato la vittima, col juke box a tutto volume non si è accorto di niente nessuno".

"Mmhmhm....ehi ma c'è un uccello!" disse il sergente spezzando il silenzio meditativo "Che ci fa lì? Sembra morto!".

"Non lo so signore, il proprietario ha detto che lui e la vittima erano vicini di casa, lo vedeva spesso e aveva sempre con sé un uccello da compagnia"

"Forse si è ucciso per la perdita subita!" esclamò il sergente con orrore.

"Gli animali si suicidano?" Gibbon sgranò gli occhi, sembravano due palline da ping pong.

Fitroy venne circondato da un' aura argentata e mistica, mentre il suo sguardo si ammorbidiva pieno di carità cristiana "Certo, gli animali hanno un'anima! Questa creatura deve aver sofferto tantissimo, cos'avrebbe fatto senza il suo padrone?"

Gibbon lo fissava con sguardo interrogativo. Da quando sergente scoreggia era un sentimentalone?

"Comunque anche a questo pappagallino piacevano le poppe evidentemente, ha scelto un bel posto dove morire." continuò il sergente, ignorando la smorfia di Gibbon al suono di poppe "Ma non mi hai ancora detto cos'hai scoperto sull'assassino".

"Niente signore, in realtà non c'è un assassino".

"Come sarebbe a dire? Si è suicidato pure il padrone?".

"Potrebbe darsi, non ha segni di collutazione o ematomi sul collo".

"Allora è proprio una serata fortunata" concluse sarcasticamente Fitroy "Dovremo indagare ulteriormente".

Fitzroy fece per allontanarsi ma Gibbon lo fermò "Aspetti, ho trovato qualcosa nella tasca della giacca!"

"Che c'è scritto?" chiese il sergente, vedendo che Gibbon teneva in mano un foglietto un po' stropicciato.

"Se il cuoio fosse una bara, l'amaro sarebbe l'oceano dove vorrei mangiare, tetta che vile" Gibbon arrossì, che volgarità!

"Ma che stai dicendo?" Fitzroy strappò il foglietto a Gibbon "Se il cuore fosse una barca, l'amore sarebbe l'oceano dove vorrei navigare tutta la vita...ma sai leggere?"

Gibbon non rispose. Non aveva imparato bene alle elementari, no. Sperava non l'avrebbero mai scoperto. Dannazione!

"E così sei un poeta Christopher! Questo lo tengo io".

 

 

 

Roy non era affatto convinto che fosse un semplice incidente. In una città votata al degrado come Detroit in quei tempi, niente succedeva per caso. Specialmente se le vittime erano come Christopher, da sempre bersaglio di angherie e discriminazioni. Pensò al Dingy, quel posto era davvero squallido. L'olezzo speziato del bagno ancora meglio, non lo pulivano da almeno una settimana. Ne succedevano di ogni colore da quelle parti, non era proprio un caso che Christopher giacesse lì, doveva essere successo qualcosa.

E Roy Fitzroy l'avrebbe scoperto.

Ma ora aveva bisogno di riflettere e riposare. Si allontanò dal locale e, senza essere visto o sentito, si mise in una stradina laterale e buia. Voleva tornare a casa da solo per poter liberare definitivamente il demone dentro di lui.

Gridò "Motore a propulsione!" e in un lampo metano e fuoco vennerò espulsi con potenza dal suo di dietro, facendo partire il sergente come una razzo sulla rotta di casa. Lasciando una scia quasi invisibile, Roy sparì nel buio della notte.







Salve a tutti! A chiunque interessi questa storia e voglia farmi sapere cosa ne pensa, un caloroso invito a farlo. Spero sia di gradimento, rispetto all'originale indubbio è che non ci sia paragone, però è curioso vedere tutto da una prospettiva un po' più bizzarra e gioiosa :D

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Capitolo 2
*** Notte del Diavolo, 1987 ***


Notte del Diavolo 1987

 



 

Edwin solcava le onde della notte con ali leggere e l'orgoglio nel petto pennuto. Era il novecentocinquantaseiesimo discendente della stirpe dei corvi psicopompi. Molti suoi avi avevano avuto prima di allora il compito di traghettare le anime nell'aldilà. Ma non a tutti era stato concesso il beneficio di cui ora godeva lui: poter fare il viaggio a ritroso. Quale emozione!

Non vedeva l'ora di raccontare a mamma e al nonno Dwight la sua prima avventura. Questi fu un degno antenato, nonché appassionato novelliere dei tempi in cui era in carica, riempiendo la fantasia del piccolo Edwin. Poi va beh, il titolo passò anzitempo alla figlia perché si era invaghito di una giovane e conturbante corvetta, quantomai colpita dal fascino del maschio maturo (la prematura dipartita della moglie non potè fermare la nascita di una tal passione, a detta di Dwight solamente platonica). Il Comitato Supremo dei Corvi Regali non si esentò dal redarguirlo a dovere e successivamente a punirlo per recidiva. Non aveva più l'età per certi passatempi. Tutto ciò lo coprì al punto di vergogna che non potè perdonarsi se non con la solenne promessa di lasciar la sua fiamma libera di cercare amori più giovani e di essere un nonno esemplare.

Con questi pensieri – in realtà la maggioranza gli erano sconosciuti -, Edwin planò delicatamente su una lapide, guardandosi circospetto attorno. Era essenziale che nessuno vedesse. Le conseguenze si sa, sarebbero state spaventose. In una sezione speciale degli archivi del Ministero della Difesa, cui faceva capo il Comitato, erano raccolte le storie più incredibili. Nonno Dwight aveva raccontato a Edwin di esserci sgattaiolato una volta. Aveva letto di gente che era impazzita in maniera irreversibile per aver assistito al Risveglio: chi rimaneva stitico, chi si credeva un petauro e tentava la fortuna gettandosi dalle alture più disparate o chi, in preda alla paramnesia reduplicativa, si chiudeva in casa col terrore di venire rapito dagli alieni.

"Ehi, sacco di piume, come te la passi?"

Edwin trasalì. Dall'ombra spuntarono un paio di occhi scuri che lo fissavano in tralice. Il proprietario di quegli occhi sembrava un gatto, o forse era uno scoiattolo obeso?

"E tu chi saresti, di grazia?" rispose Edwin.

"Sono Norman, il capo branco dei quokka della riserva dell'isola di Rottnest" spiegò tutto impettito lo strano essere.

"Mhm, che?"

"Sono un quokka, uno dei marsupiali più sottovalutati del pianeta. Ignorante di una cornacchia, comprati un'enciclopedia!"

"Ah, adesso è tutto chiaro. Non sei molto in forma, Norman, sei arrivato rotolando?" rispose sardonicamente Edwin.

"Spiritosissimo, non ti conviene piantar grane con me, sai?"

"E perché mai?" sfidò Edwin.

"Sono campione regionale di taekwondo e nazionale di karate. Soprattutto un discreto ballerino di salsa."

"E questo che c'entra?"

"Niente, però è un ottimo elemento in un curriculum."

"Oh certo" convenne seriamente Edwin. Poi proseguì "Non voglio problemi, ho solo molto da fare ora, se non ti spiace.."

"So benissimo che sei venuto a fare qua. E io non lo permetterò."

"Come puoi sapere?" rispose allarmatissimo Edwin.

"Ho i miei informatori." Spiegò Normann con un sorriso che turbò impercettibilmente Edwin. Era tenero e spaventoso insieme.

"Osi venir qui con tutta questa pomposità e pretendere di interferire con i miei doveri. Un affronto del genere non può restare impunito. Ti faccio AAAAAAAARGHHH!!!".

I quasi duellanti vennerò interrotti dal passaggio improvviso del sergente Fitzroy che facenva la ronda notturna, ma doveva aver deragliato un po' sulla rotta, il suo peto a propulsione era troppo potente da gestire a volte. Sparì in un lampo così come era apparso, lasciando la consueta scia dietro di sé. Edwin prese a tossire violentemente, il fetore era un misto tra uova marce, acqua sulfurea e morte. Sfortunatamente per lui, era decisamente troppo. Dopo neanche mezzo minuto di agonia svenne.

"Beh, questi sono i vantaggi di avere un cugino come Benny!" rise Norman tutto tronfio, ben avvezzo ad avvenimenti simili e con un impianto di purificazione nasale perfezionato dall'assidua frequentazione di Benny. Giurò che lo avrebbe ringraziato dopo questa storia. Finalmente, con quell'impiastro pennuto KO, poteva agire! Alzò le piccole zampe al cielo, concentrandosi con tutte le sue forze e blaterando un po' di parole a caso. Improvvisamente la terra cominciò a muoversi. Norman non si mosse e rimase in trepidante attesa. Una mano spuntò dall'erba fresca, portandosi dietro a fatica il resto di uno sbigottito e urlante Christopher Morrins. Quando fu fuori dal terreno e si rese conto davvero di respirare si guardò tutt'intorno. Si muoveva a fatica, come un bambino che ha appena imparato a camminare. Cosa ci faceva in quel posto freddo e tetro? Era come aver dormito per un sacco di tempo.

"Ehi bellezza, ben tornato!"

Chris si volse di colpo al punto da cui provenne quella voce. Poco distante da lui, ritto su due zampe, stava un buffo animale a guardarlo, con uno strano sorriso stampato sul musetto.

Era il sorriso del quokka.

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Capitolo 3
*** Stayin' alive ***


Stayin' alive





Christopher rimase un po' lì immobile. Qualcuno doveva nascondersi nell'ombra, ma non vedeva nessuno, tranne quello strano animale.

"Oh mio Dio! Chi è là? Dove sono? E che cos'è questo olezzo infernale?" Disse Christopher a naso storto, altamente allarmato.

"Va tutto bene, sei di nuovo in vita!" Rispose Norman combattuto tra l'eccitazione e un senso di disagio nel vedere che il ragazzo sembrava molto più una ragazza.

"Ma..ma cosa dici sciocchino, non è possibile". Chris fece vagare lo sguardo e notò di essere in un cimitero. Aveva anche abbastanza freddo. Ma che diavolo ci faceva lì?

"Ti dico di sì! Oggi è il 30 ottobre 1987, guarda tu stesso! Questa l'ha progettata mio zio George, è una forza, penso andrà molto forte un giorno!"

Norman estrasse dal marsupio uno strano aggeggio mai visto prima, assomigliava a una sveglia, ma molto più tecnologica. Aveva dei numeri rossi che indicavano esattamente la data che aveva indicato. Chris a quel punto soffocò ogni dubbio. In vita sua aveva imparato che verba volant, puzzette purem, ma scripta manent. Doveva essere vero!

Un brivido gli corse lungo la schiena nel leggere l'epitaffio sulla lapide. Osservò il luogo dove aveva albergato per un anno intero. Sembrava avessero trafugato la bara, pezzi di terra erano sparsi ovunque. Allora era proprio morto. E adesso non era più morto! Vivo, poi morto, ora non morto. Logico, era lì in piedi, parlava e pareva abbastanza vivo. Ma un pensiero più cupo si fece strada nella sua mente: 365 giorni senza scrub per il viso, crema idratante e tonico per la pelle! Niente trusse a portata di mano! Niente shampo alla calendula e miele d'acacia! Oh, se Janine lo vedesse in quello stato! Era la maga dei capelli, non una parrucchiera come le altre. Gli ricordava sempre che una volta a settimana era essenziale un bel bicchiere di birra per dare quel tono naturale ai capelli. Dunque, in un anno ci sono dodici mesi, ogni mese ha circa quattro settimane, quindi non aveva fatto il trattamento Bud dodici per quattro...

"Va tutto bene?" Cominciò Norman titubante, "Capisco che sia una shock scoprire che..."

"No che non va bene! Guarda qui che orrore! Sono davvero impresentabile!"

"Beh ok, non sei proprio una rosa al mattino, però non c'è niente di male, chiunque al posto tuo sarebbe.."

"Oh ma che figura! Accidenti, vorrei tanto nascondermi!"

"Ma scusa, davvero questo è il tuo problema principale ora?"

"Certo!"

"E non ti turba l'essere appena resuscitato?"

"Bisogna saper dare la giusta priorità alle cose nella vita. Mamma me lo diceva sempre. E ancora non mi hai detto chi sei e cosa vuoi da me. Non è ben educato importunare le signorine, specialmente a quest'ora tarda."

"Io sono il quokka, mi chiamo Norman, e sono qui per istruirti sulla tua missione."

"Quale missione?"

"Devi vendicare la tua morte e non solo!"

"Ah sì? Oh che sbadata, è vero che sono morta" sghignazzò il mezzo uomo.

"E non dimentichi anche qualcun altro?"

"Chi? Chi altri è morto?"

"Il tuo fedele amico, mentre tentava di salvarti!"

"Ooooh il mio Yogurt? No, non dirmi così, non può essere!"

"Invece così è" disse solennemente. Christopher rimase visibilmente turbato dalla notizia e non riusciva a far uscire un fiato dalla bocca. Ora che aveva davvero la sua attenzione, Norman approfittò per incalzare "Stavi soffocando mentre mangiavi, ricordi? Passavi in quel momento davanti a quel posto pieno di gentaglia, quei balordi hanno visto che avevi bisogno di aiuto e non hanno mosso un dito! Ridevano di te! E il tuo adorato pappagallino ha tentato invano di rinvenirti."

"Quindi non sono stato uccisa?" Chiese Chris un po' titubante.

"Tecnicamente no. Ma la tua anima sì." Rispose Norman in tono pratico.

"Pfiu, meno male. Ricordo qualcosa, quella sera non avevo ancora toccato cibo, ero stata impegnatissima al lavoro, sono la tuttofare del teatro sai? Cucio, rammendo vestiti di scena, ma mi diverto un sacco anche a truccare, specialmente le ragazze, perché con gli uomini mi imbarazzo un po', specialmente quel Michael, è bello da far male e anche molto gentile! Speravo tanto mi chiedesse di uscire, però è così riservato! Ti dicevo, faccio tante cose, sai per arrotondare un pochino, visto che di questi tempi non si sa mai, ho fatto tardi ma per fortuna mi ero portata un panino.."

"Ehi ehi ehi, dove ce l'hai il tasto di spegnimento? Torniamo al punto principale, Yougurt."

"Oh il mio piccolo Yogurt! Una creaturina così dolce, viene sempre con me ovunque vada, se ne sta tranquillino e mi tiene compagnia. Perché il destino deve essere tanto crudele da avergli riservato una così brutta morte?"

"Se vogliamo essere precisi non ve la siete passata bene nessun dei due ultimamente. Per questo devi fare qualcosa."

"Io? Ma che posso fare?"

"Devi trovare quel branco di energumeni che si è preso gioco di te. Uccidili. Fallo per te e per Yogurt". Il quokka aveva assunto un'aria molto seria e decisa.

"Ma loro non mi hanno fatto niente. Forse non avrebbero potuto salvarmi. E poi, uccidere? Sei impazzito? Non me lo sognerei mai!"

Ok, la faccenda iniziava a diventare spinosa. Va bene l'eccentricità, va bene un po' di bla bla di troppo, però così non andava bene per niente. Si aspettava un po' di rabbia recondita in più. Lui, che vedeva ogni giorno parte della sua gente morire a causa del pane che i visitatori della riserva elargivano ignari delle conseguenze, non poteva sopportarlo. I quokka si stavano estinguendo a causa di una leggerezza tanto assurda. E ora un'altra vittima tra gli umani era stata segnata. Beh, non che il pane fosse letale per gli umani come per i quokka, per quel che ne sapeva era uno degli alimenti principali per loro. Ma un momento di distrazione era stato sì fatale. Insomma, come poteva quell'uomo-donna non capire la gravità della situazione? Era così ovvio!

"Ti aiuterò io nell'impresa, non devi temere." Dichiarò Norman, riavutosi dalle proprie considerazioni.

"Ma io non voglio fare del male a nessuno, voglio solo vivere felicemente con il mio Yogurt!"

"Per farlo dovrai prima sistemare questa situazione. Yogurt ti aspettà già ansioso, ma gli faresti un torto non assumendoti le tue responsabilità."

Christopher ci rifletté su per un po', poi disse "D'accordo. Però io sono una persona pacifica."

"Stai tranquillo," lo rassicurò subito Norman, illuminatosi per la brillante idea balenatagli in quel momento "non dovrai far male a nessuno. Ma giustizia sarà fatta, fidati di me. Adesso dobbiamo andare, Christopher."

"Mi chiamo Regina. Chiamami Regina, per favore."

"Va bene, Regina" rispose un po' contrariato Norman. Non capiva proprio perché un maschio dovesse voler fare la femmina. Poi pensò a suo fratello Larry con il rossetto e ancheggiante davanti allo specchio quando sapeva di non essere visto, e in effetti ammise che poteva capitare qualche tendenza strana in tutte le specie.

Il maledetto uccellacio nero era ancora a terra, conveniva fuggire presto da lì prima che si svegliasse o arrivasse qualcuno. 

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Capitolo 4
*** Regina della notte ***


Regina della notte

 



"Ma quindi spiegami un po', cos'è successo a Yogurt? Non ricordo."

"Voleva ripristinare il tuo battito cardiaco, deve aver avvertito subito il pericolo, ma qualcosa è andato storto. E quel qualcosa è il malefico impasto di silicone che hai sul petto, deve essersi incastrato ed è soffocato anche lui." Spiegò tristemente Norman, che faceva strada a Regina.

"Terribile, terribile! Non avrei mai voluto una cosa del genere" si lamentò Regina.

"Lo so, ma rimedieremo" la rassicurò il suo nuovo amico peloso. "Adesso ascolta." Si fermarono in un vicolo. "Per rendere il tutto più convincente vorrei darti un'aria un po' più..sicura".

"Che intendi dire?" Domandò Regina confusa.

Norman estrasse dal suo favoloso marsupio così tante cose che non si poteva capire come stessero lì dentro. Anfibi, pantaloni, maglia e giacca in pelle.

"Mettiti questi".

"Scherzerai? Io non indosso cose del genere, ti sembro una teppista?" Protestò subito Regina, pensando che nella borsa di Mary Poppins c'erano cose molto più graziose.

"Per favore, cerca di collaborare, ne va della missione! E poi non dovrai tenerli così tanto. Quando tutto sarà finito tornerai ad essere te stessa."

"Uff, e va bene! Pensa che tocca fare a una signorina per bene come me!" Sbottò Regina, che prese controvoglia tutta quella roba e cominciò a infilarsela.

"Trovo che il nero ti doni! Adesso manca ancora una cosetta per completare il quadro." Norman rovistò ancora un po' nel marsupio in cerca di qualcosa che sarebbe stata la gioia di Regina, lo immaginava. "Ecco qua". Aveva nella zampa dei pastelli per il viso "Abbassati un po', se non ti spiace"

"Uhuhu, finalmente un'idea brillante, ho bisogno di essere ravvivata un po'!"

"Lascia fare a me" disse estasiato Norman, che cominciò a rendere terrificante Regina. Le colorò il viso di bianco, poi passò ai dettagli in nero. Riempì le labbra e tracciò due belle righe ai lati della bocca a formare un sorriso disumano che arrivava quasi alle orecchie. Due bei cuori con centro gli occhi e per finire un po' di rosso sulle guance. "Sei stupenda!"

"Dici davvero? Voglio proprio vedermi!" esclamò Regina tutta emozionata.

"Non c'è tempo, dobbiamo proseguire".

Regina obbedì un po' delusa. Se c'era una cosa che le dava più noia di non aver un po' di trucco in viso, era averlo messo male. Le piaceva molto essere bene in ordine. "Non è che hai una spazzola lì dentro?"

"Forse sì, ma dovrai farne a meno per ora, vai benissimo così"

"Ma come? Sembrerò ancor più una di quelle ragazzacce sulla cattiva strada, sei proprio crudele!"

"Dai, non fare il muso, è tutto a fin di bene! Anzi, adesso devo chiederti un grande favore: sarebbe meglio che da ora in poi sorridessi. Chiunque ti vedrà, dovrà vederti sorridere, mostra quei bei dentini che hai."

"Come, così?" E subito Regina si mise diede sfoggio della sua più gioconda espressione, che purtroppo la faceva sembrare la sorella psicotica di Joker per tutto quell'intruglio che aveva in faccia.

 

Gillette era uscito da poco dal Dingy e ora vagava per la città, senza una vera meta. Non è troppo difficile immaginare perché i suoi compagni lo chiamassero così. Era una specie di vichingo in scala ridotta, si era sviluppato molto in larghezza più che in lunghezza. Si raccontavano leggende sul fatto che potesse essere nato così, nessuno aveva visto mai al di là di quel folto pelo. Chi ipotizzava che quella foresta nascondesse il passaggio segreto per Atlantide oppure che vi conservasse gelosamente il Santo Gral. Di certo, nessuno più di lui credeva che avrebbe perso in virilità nel deflorare quel magnifico componimento naturale che era la sua immensa e immonda barba.

Vide un'ombra lontana che si avvicina. Un'ombra scura con qualcosa di sinistro. C'era anche un animale che camminava al suo fianco, forse un gatto.

 

"Eccolo! Quella è la prima preda! Tu devi distrarlo, al resto penso io." Ordinò Norman.

"Ma poi penserà che sono una poco di buono!"

"Non abbiamo altra scelta, hai fatto un patto, adesso vedi di mantenere la parola!"

"Oh sì, mamma lo diceva sempre, non fare promesse che tu non possa mantenere. E allora andiamo." Regina ormai non poteva più tirarsi indietro o deviare senza destare sospetti, quel tizio era a non più di dieci passi da lei. Cercò di risultare naturale e disse "Buonasera signore, non è magnifico poter girare all'aria aperta?" Cercò di mantenere il suo sorriso migliore. Certo che visto da vicino era proprio brutto, un barile di lardo e pelo senza un minimo di classe. Ben lungi dal suo adorato Michael.

"Ehi pupa, che hai fatto alla faccia? Il circo non è più in città, sai?" Gillette mostrò i suoi orrendi denti gialli, che davano un tono ancor più disgustoso alla sua risata.

"Oh no, che cos'ha la mia faccia, sono sbavata?" Reagì preouccupatissima Regina. Lo sapeva che non doveva far fare ad altri ciò che le riesce meglio. "Ha per caso uno specchietto, caro?"

"No, non ce l'ho uno specchietto, ma che ti salta in mente? Comunque non è oggi Halloween."

"Ehi Regina, vieni al sodo, rinfrescagli la memoria, ricordati quel che ti ho detto!"

Un sussurro arrivò da un punto imprecisato, Regina colse al volo il remind di Norman e tentò di non pensare allo stato sicuramente pietoso in cui si trovava il suo aspetto.

"Già, nemmeno un anno fa era ancora Halloween, quindi probabilmente si ricorderà di me, giusto?" Regina aspettò impaziente una risposta. Gillette non capiva perché sta scema non la piantava di sorridere, faceva ancora più paura. Come fisico non si buttava via, forse un po' mascolina, ma niente da dire sulle tette. Però che la piantasse di guardarlo così, lo metteva a disagio. E perché uno donna mettesse a disagio il gagliardo Gillette ce ne voleva.

"Penso che una conciata così me la ricorderei, ma direi proprio di no." Fu la risposta deludente dell'uomo.

"Accidenti, ma come no? Stavo passeggiando tranquillamente mangiando il mio panino prosciutto, pomodoro e insalata. Aspetta, forse non era pomodoro, quel giorno li avevo finiti e quindi ho aggiunto dei sottaceti. Ad un certo punto mi è andato un pezzo di traverso e non riuscivo più a respirare. Non ricordo molto bene la dinamica, ma il mio amico Norman mi ha detto che è andata più o meno così, poi il mio dolce Yogurt – sa, ho un pappagallino da compagnia, tutto bianco, per questo l'ho chiamato così – mi ha soccorso perendo nel tentativo. Quindi siamo morti entrambi, Norman glielo confermerà. E io adesso sono tornata perché...ah sì, perché devo fare giustizia, per il mio povero Yogurt. Si starà chiedendo, e io cosa c'entro? Beh, io le rispondo che era lì in quel momento, dovrebbe rivedere la scena vividamente. Un fatto molto spiacevole, sa. Mi creda, non volevo coinvolgerla, però in effetti si potrebbe parlare di omissione di soccorso, non è roba da scherzarci. In questi casi.."

"Tu saresti quella bionda demente, quindi? Ma dai, non è possibile! Io mi ricordo che con gli altri eravamo abbastanza breschi, e sì, c'era questa che si contorceva come una matta per la strada con un pennuto che le ronzava intorno. Poi però non si muoveva più. Tu invece mi dici che ce l'ho davanti agli occhi."

"Esatto, ero proprio io!" Regina cominciò a trovare le speranze.

"Io non sarò pulito, ma tu di sicuro stai messa male. Sei sotto acidi o cos'altro?"

"Ma cosa sta insinuando, il mio racconto è veritiero!" Regina si sentiva oltraggiata.

"Ahahah, tu davvero sei scoppiata, e poi chi diavolo è Norman?" Gillette era sinceramente divertito dalla faccenda.

"Un...un...oh perbacco, non mi ricordo. Come si chiama pure...un quokka! Sì, è un quokka, è stato lui a riportarmi in vita!"

"E che cazzo è un quokka?"

"Te lo faccio vedere io! ASTANA FOGANA BANANAAAA!" Norman gridò dall'ombra il suo maleficio e in un istante Gillette si trasformò in un banana boat. Regina rimase a bocca aperta e non disse nulla.

"Per una volta il tuo cianciare mi è tornato utile, non trovavo più il libro di fatture di papà. Nella nostra comunità è lo stregone più potente, sono riuscito a fregargli questo prima di partire. Immaginavo potesse servire. Certo che è forte, sai cosa sia? Aveva un nome buffo."

"L'ho visto al mare quest'estate per la prima volta, ci salgono un sacco di ragazzini sopra e viene trascinato da un motoscafo. Deve essere una nuova attrazione." Regina continuava a fissare la nuova forma di Gillette, ma ormai di cosa poteva stupirsi, dopo essere lei stessa il frutto di un incantesimo?

"Che fico! Adesso ancora una cosina e poi ci siamo." Norman tirò fuori dal marsupio un pennarello indelebile rosso mentre si avvicinava alla banana gonfiabile. Ci fece uno scarabocchio sopra e poi disse "ora sapranno che siamo stati qui. Il tempo vola, proseguiamo."

"Quindi la vendetta è questa?" Chiese Regina alzando le sopracciglia.

"Certo, non trovi sia magnifico?" Norman fece gli occhioni dolci, per una volta il suo sorriso si poteva definire innocente.

"Di più, è strabiliante! Te lo dicevo che non c'è bisogno di ammazzare nessuno, è da barbari! Così lo trovo molto migliorato invece!"







Sto cercando di mantenere un ritmo decente con gli aggiornamenti, siamo già entrati nel vivo dell'azione, incredibile! Un saluto a tutti quanti, se c'è qualche sopravvissuto (alla lettura) che volesse raccontarmi qualche impressione sulla storia si faccia avanti, non siate timidi, è sempre interessante scambiare due parole. In ogni caso, buona lettura e proseguimento a chi avesse cominciato! E se non rientrate in nessuna categoria, allora fatelo! Abbiamo i cookies! (No non è vero, non penso basterebbero, o forse sì? Non c'è molto "traffico" sulla storia in fin dei conti).
Spero vi soddisfi :)

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Capitolo 5
*** Flashback ***


Flashback


 

 

Un pomeriggio tranquillo in spiaggia. Yogurt si godeva il sole insieme a Regina, nella calda aria di luglio. Lei sorseggiava un bicchiere d'acqua fresca mentre il suo adorato pappagallino beccava dalla ciotola di broccoli. Come andava pazzo per i broccoli! Regina gliene aveva preparati un po' quella mattina stessa come suo speciale pranzo al sacco. Quanto gli voleva bene. Erano proprio felici.

Si rilassò sulla sdraio portatile rosa shocking per un po', ma quando aprì gli occhi il suo campo visivo fu invaso da un enorme pacco dentro un paio di slippini da mare blu. Arrossì all'istante, poi scrutò meglio il proprietario di cotanta sostanza, e vide la sua futura cotta: Michael. Allora non sapeva che si sarebbero rivisti a teatro, ma già era persa di lui. Aveva anche un gran bel fisichino, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di andare a parlargli in quel momento. Quando chiese il parere di Yogurt, lui mosse la testolina bianca in segno si approvazione, e si guadagnò un po' di grattini sulla pancia pennuta. Poi Regina tornò a guardare Michael, che stavolta era girato verso il mare. E che chiappe d'acciaio! Sicuramente..

"Ehi pronto, ci sei? Mi stai ascoltando?". Norman guardava Regina perplesso.

"Scusami tanto, ero persa nei miei ricordi". Aveva un'aria ebete e perduta in chissà quale pare dell'universo, quindi non aveva capito una parola del discorso.

"Stavo dicendo che il mio sesto senso è in allarme, vuol dire che ormai siamo vicini a dove si trova la prossima vittima!"

 

 

La polizia era accorsa alla chiamata urgente del sergente Fitzroy. Lo spettacolo che avevano davanti era qualcosa di raccapricciante. Avevano già messo il nastro sul luogo del delitto, Roy e Gibbon all'interno a osservare per trovare indizi.

"Che diavolo è questo simbolo?", esordì l'agente Gibbon.

"Non ne ho la più pallida idea", ammise il sergente. Ora che si era un po' sgonfiato dai gas infernali con la sua ronda purificatrice, era tornato operativo e vigile.

"Però se guarda bene, queste due stanghette verticali vicine possono essere un paio di occhi, e questa specie di 3 orizzontale la bocca di un gatto. Non trova che sia carino?". Gibbon aveva un sorriso idiota, come di chi anziché occuparsi di pratiche di casi in ufficio si divertiva a disegnare stupide faccine agli angoli dei fogli. Un giorno avrebbe controllato per confermare i sospetti.

"Non lo trovo carino, non ti rendi conto della gravità della situazione? Dobbiamo scoprire che vuol dire per risalire al delinquente!". In quindici anni di servizio aveva visto molte cose strane. Alcune truci. Ma questa era sicuramente la più strana e truce di tutte. Un banana boat giallo e azzurro in mezzo alla strada con uno strano simbolo disegnato sopra.

In più, la nonna di un tale Gillette – che nome insolito -, aveva da poco denunciato la scomparsa del nipote, che doveva tornare a casa presto come promesso, e il fatto che avesse già trentadue anni non lo giustificava dal fare il nottaiolo.

Che ci fosse un collegamento tra i fatti?

 

 

Regina si ricompose, doveva stare attenta per il bene della missione. Cominciava ora a ricordare stralci di vita e di conseguenza a sentire sempre più forte quel nodo in gola al pensiero di Yogurt. Ma doveva resistere, perché presto si sarebbero rivisti.

Lei e Norman giunsero nei pressi di un parco pubblico, e videro due uomini parlare e ridere con una bottiglia di birra a testa in mano dall'altra parte della strada. Norman drizzò le orecchie e il suo passo si fece più cauto. Regina rallentò di fianco a lui, e mentre osservava quello dei due più alto, un vero energumeno di quasi due metri, senti delle voci provenire alla sua destra. Erano di un uomo e una donna. Si girò e vide la coppia seduta su una panchina, vicino all'entrata del parco. Sembravano molto intimi, davvero molto molto, adesso lui la stava baciando. Quando Regina mise bene a fuoco il volto di lui, che emerse dai capelli della sua compagna fu uno shock. Michael.

Il resto fu tutto molto veloce. Norman si accorse che i due uomini avevano notato Regina e cercavano di attirare la sua attenzione, ma erano troppo ubriachi per dire cose sensate. Regina invece era tutta presa da una coppietta che pomiciava nel parco e riusciva a stento a pronunciare anche lei parole comprensibili. Cercò di riportarla nel mondo reale ma non lo ascoltava nemmeno. Dovette agire in fretta, o ci sarebbero stati testimoni! Prese fuori il libro di incantesimi e bloccò il tempo per gli intrusi, - "SIM SALA STOP!" - in modo che non potessero assistere. Tutti tranne il bersaglio. L'uomo allora, nel vedere che il suo amico non rispondeva più e che la ragazza bionda non lo degnava di attenzioni, attraversò la strada, per chiederle se voleva un po' di birra e dov'era il bagno. Ma non fece in tempo ad arrivare al marciapiede di fronte che passò una macchina a tutto gas che lo prese in pieno. Fece un discreto volo, mentre il veicolo inchiodava. Dal posto di guida scese un signore anziano, che andò subito a vedere cos'era successo. Si scusò tremendamente col cervo che aveva appena investito, d'altronde capitava spesso che si spingessero oltre i boschi folti attirati dai fari di qualche passante.

Norman guardava la scena come ipnotizzato, quel tipo era tutto matto. Parlava da solo e malediceva l'avventatezza dei cervi del Nebraska, però aveva fretta perché doveva raggiungere il più in fretta possibile Norfolk per trovare Bobby, era risaputo che l'avrebbero portato lì. Detto ciò rimontò in sella alla sua Cadillac e sparì, stirando ulteriormente Mallock, che ormai era più di là che di qua.

Prima che Norman potesse interiorizzare il tutto, cominciò a tirare i pantaloni di Regina facendole capire che dovevano fuggire. Stranamente questa volta sembrò accorgersi di lui. Gli chiese "ma che è successo? Ho sentito dei rumori, un gran trambusto, ma avevo occhi solo per il mio Michael..", e un velo di tristezza le calò sul viso.

"Dopo ti spiego, però adesso dobbiamo andare via di qui, veloce!".

Regina seguì Norman ancora confusa, con ancora negli occhi la delusione. "Ma quindi adesso a che punto siamo?". Stavano quasi correndo lungo la via, poi girarono a sinistra. "Beh, fuori due", rispose soddisfatto Norman.

Regina non capì, perse un po' di terreno su Norman mentre rifletteva. Lui studiò le prossime mosse e accelerò istintivamente per paura che qualcuno li scovasse. Nel guardarsi indietro per vedere dov'era rimasta la sua discepola, andò però a sbattere contro qualcosa di duro. Regina non era in formissima – senza sgranchirsi le ossa per un anno è comprensibile - e non riusciva a stargli dietro. Quando lo raggiunse vide che si era fermato accanto a un uomo.

Era il sergente Fitzroy.






Un po' a rilento, ma la storia continua! Le avventure di Norman e Regina non sono ancora finite. Quindi se ci speravate, mi dispiace, o se siete contenti, io lo sono di più! Un arrivederci al prossimo capitolo coi lettori, sempre graditi :)

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Capitolo 6
*** Incontri ravvicinati del tipo quokka ***


Incontri ravvicinati del tipo quokka




 

Il sergente Fitzroy si voltò, aveva sentito delle voci e qualcosa aveva urtato la sua gamba, procurandogli un grande spavento. Appena vide che si trattava di un animale insolito per trovarsi in città si chinò a studiarlo. Era paffutello e la luce di un lampione gli illuminava bene gli occhietti dall'aria furba. Norman non si mosse, aveva l'impressione di aver combinato un guaio. Si era fatto prendere eccessivamente dal successo dell'impresa; tutto stava andando liscio e proprio ora incappavano in uno sconosciuto. Cercò di mantenere la calma e si lasciò osservare dall'individuo. Questi all'improvviso gli strizzò le guance e lo accarezzò emettendo gridolini da donnetta: "Ma ciao bel cucciolino, ti sei perso? Guardati come sei carino! Quasi quasi ti porto a far una perlustrazione con me!", e non la finiva più. Norman cominciò a sentirsi in imbarazzo, tutta quella manfrina su quanto fosse coccoloso era insopportabile, ci era ormai avvezzo alla riserva, ma sempre tortura era. E ora non sapeva come togliersi d'impaccio.

Nel frattempo Regina, che stranamente il sergente non aveva notato, tutto concentrato sul curioso marsupiale, si avvicinò e prese in braccio Norman: "Mi scusi signore, Norman è un giocherellone, si diverte a scorrazzare qua e là" e mantenne il suo miglior sorriso come le era stato chiesto. Allora il sergente la fissò per un lungo minuto, un po' indeciso su se pensarla più come una che voleva anticipare Halloween per far la diversa oppure una passeggiatrice della notte dal pessimo gusto estetico.

"Ahhh quindi ha un nome la simpatica creatura! Stia attenta a non perderlo d'occhio, succedono cose strane questa notte," e la squadrò con sguardo arcigno, "posso farle qualche domanda? Sono il sergente Roy Fitzroy, dipartimento di polizia di Detroit, ha sentito anche lei strani rumori provenire da laggiù?"

Il tizio si aspettava una risposta e Regina restò imbambolata lì senza emettere alcun suono. Perché non reagiva? Norman iniziò a sudare freddo. Non poteva dire nulla per non dare nell'occhio! Ma era un quokka pieno di risorse, si sa. Aveva la testa appoggiata alla spalla di Regina e dava le spalle allo sconosciuto. Vedendo l'orecchio a portata di muso decise di dirigere il gioco e le venne in aiuto bisbigliando “ripeti esattamente tutto quello che ti dirò, niente panico!”

“Tutto bene signorina?” Il sergente alzò un sopracciglio e si chiese se quella ragazza non fosse assolutamente strafatta con quel sorriso scemo, forse non aveva capito la domanda.

“QUESTA È LA NOTTE DELLA VENDETTA!" Esordì Regina, con voce più stridula che solenne e un pizzico di enfasi, "TUTTO CIO CHE ACCADE STANOTTE È IL DISEGNO DIVINO DELLA GIUSTIZIA! IO SONO L'ANGELO DELLA MORTE E SONO VENUTA A PURGARE LA CITTÀ!".

Roy Fitzroy strinse le labbra e non le staccò gli occhi di dosso. Non mosse un muscolo. Dopo aver provato pietà per il genere umano si limitò a dire "Senta, forse è meglio che lei vada a casa, la accompagno io, parleremo quando si sarà ripresa..."

PROOOT.

Merda. Questa era una di quelle scoregge belle toste. Il sergente era passato alla fase più temuta: la perdita del controllo sfinterico; la maledizione imperversava ancora più subdola, dopo l'ultima ora di calma piatta. Abbassò lo sguardo, poi controllò la reazione della giovane.

“Accidenti signore, che tanfo terribile, lei deve alimentarsi meglio! Lasci che le dia qualche consiglio, un mio amico aveva lo stesso problema, sa...”

“Non ho bisogno di alcun consiglio, la ringrazio”, il sergente cercò di mostrare tutto il contegno di cui era capace, “adesso andiamo per favore.”

“Ma io non abito più qui. Ora ho residenza in paradiso. No, questo forse non dovevo dirlo..”

“Come si chiama? Che tipo di sostanze ha assunto questa sera? Era da sola anche prima che la incontrassi?”. Roy provò a testare i suoi riflessi. Doveva essersi sfasciata.

“Mi chiamo Regina, ma che cosa sta insinuando? Io sono una brava ragazza, ci mancherebbe altro! Ho solo un po' di cose da fare, e dovrei sbrigarmi, devo tornare al più presto nell'aldi..cioè, volevo dire nel posto dove devo andare, che è molto lontano.”

Datti un freno Regina, potrebbe crearci dei problemi questo qui, Norman si disperava.

“Senti Regina, non posso lasciarti andare, c'è stato un omicidio meno di mezzora fa e sei la prima persona che incontro. Lucida o no, ho bisogno di informazioni”

“Ma io non sono un'assassina, sono una persona pacifica e molto per bene sa! Sappia che è molto maleducato mettere in dubbio la mia integrità!”

“Senti cocco, senza offesa, ma ci stai mettendo i bastoni tra le ruote! Ci penso io Regina!”. Norman prese di petto la situazione, confidando nella buona sorte.

“MA TU PARLI!” Gridò il sergente facendo un passo indietro stupefatto.

“Sì, e quindi? Non è mica tutta sta gran cosa, stai calmino”, replicò Norman con fare quasi annoiato.

“Cavolo, non devo più bere porto in vita mia prima del servizio!” Fu l'unica cosa che riuscì a dire, più a sé che all'inaspettato interlocutore. Cavolo, il suo intestino era di nuovo in moto! Non sapeva se sentirsi più a disagio per quello o per il fatto di conversare con un animale. Da piccolo l'aveva sempre sognato, ma la maturità lo aveva portato ad accantonare le speranze..e invece aveva sempre avuto ragione!

“Guarda, noi qui s'ha un po' da fare. Questa che vedi è una poveretta che s'è soffocata un anno fa da sola, pace all'anima sua, e non è stata l'unica vittima. Dobbiamo fare piazza pulita di un po' di gentaglia che anziché dare una mano se ne stava in panciolle e sbronzissima a ridersela di gusto. Queste cose non si fanno. Sai come funziona no, occhio per occhio, da cosa nasce cosa, chi la fa tira lo sciacquone, e via dicendo. Ecco, per farla breve noi andiamo a tirare lo sciacquone, questa città è più marcia del bagno quando zia Betty ha fatto le sue cose di bisogno dopo i pranzi in famiglia. E soprattutto è il pane che porterà all'estinzione mondiale!

Spero di esser stato chiaro, non c'è tempo di farti un disegnino.”

“Cristallino..niente più vino, assolutamente no!” Fitzroy era un misto di incredulità e imbarazzo inscindibili. Eppure non gli era mai presa una sbronza di quel genere in vita sua, né aveva mai sentito le voci, per un solo bicchiere! Non stava sognando, era proprio vero!

“Comunque ho sentito che ne hai sganciata un'altra, meglio se ti liberi al più presto, a giudicare dall'odore.”

Oh cavolo! Pensò subito Fitzroy, sperava di averla fatta franca con una performance silenziosa. E se Norman aveva quella parlantina, figurarsi che fiuto.

“Meglio se sloggiamo da qui, con permesso amico”, Norman estrasse dal marsupio il suo magico libro, “Mmmm dov'era il teletrasporto, mi sembrava ci fosse un modo..ah eccolo! HALA KAZAM, SHALALALÀ”, e sparì con Regina in una nuvoletta rosa.

Fitzroy rimase un po' lì. Certo che quella palla di pelo era curiosa. Tutta la serata era oltremodo curiosa.

Si guardò intorno velocemente e diede sfogo al turbine ventoso che tratteneva da un po'. Si godette il sollievo per un minuto, poi si avviò alla centrale, deciso a rispolverare gli archivi alla ricerca di Regina. Se credeva di aver sentito quell'animale parlare davvero, tanto valeva credere anche alle sue parole.






Quanto tempo è passato, veramente troppo. Inutile chiedere perdono, ormai non lo merito u__u mi limito a lasciare qui un altro capitolo della storia, che come vedete è giunta a un punto cruciale. Un saluto a tutti, peace and love

 

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Capitolo 7
*** Nel posto giusto, al momento giusto ***


Nel posto giusto, al momento giusto

 

 

 

Regina e Norman si trovarono in un luogo buio e stretto. Ma proprio molto buio e molto stretto. Le braccia di lei non riuscivano a stendersi da nessun lato, aveva un quadrato di pareti ad imprigionarla e un fortino di manici di scopa. Sentiva Norman muoversi ai suoi piedi, più altri oggetti indefiniti a bloccarle le gambe.

“Ma Norman, perché siamo finiti in questo posto? Fa parte del piano?”

“Non proprio, bionda. Non so come funzionasse l'incantesimo o come decidere la meta. Non ho avuto abbastanza tempo di studiarlo” aggiunse Norman frettolosamente, a mo di scusa, “ma intanto abbiamo guadagnato tempo”.

“E quel poliziotto? Sicuro sia stata una buona idea dirgli tutto?

“Accidenti, ce la siamo vista brutta! Non ho avuto altra scelta. Devi migliorare un po' sulla prontezza di spirito Regina. Mica puoi resuscitare una seconda volta se falliamo!”. Norman la rimbeccò a dovere. Teneva molto alla missione. E anche a non farsi più strizzare le guance da sconosciuti amanti del suo aspetto...morbido.

“Mi dispiace, ma non me lo aspettavo! Tu dovresti stare più attento a dove vai! Sai, la mia mamma lo diceva sempre: guarda bene la strada davanti a te, per il passato non c'è tempo! Infatti poi ho passato l'esame della patente in modo esemplare. Dopo essere stata bocciata una volta perché mi sono distratta a guardare un bel ragazzo e son passata col rosso. E una seconda perché ho sfondato il finestrino di una macchina in doppia fila. Ma non ci passavo! Ho provato a spiegare che non era colpa mia, ma delle persone scorrette che non rispettano le regole...”, ma Norman già non la ascoltava più, perché aveva una strana sensazione. Quella di aver dimenticato qualcosa.

Dannazione! Non ho lasciato il marchio sulla seconda vittima! Così non si capirà mai che è stata opera nostra!, pensò con rabbia. Era molto grave. Si era scordato proprio ciò che avrebbe potuto renderlo più orgoglioso di tutta quella avventura: ricordare al mondo che i quokka si battevano per i diritti animali. Era lo stemma di famiglia ideato generazioni antecedenti la sua, all'epoca della grande guerra di indipendenza dei quokka dai canguri nel 1532. E così avrebbe anche potuto provare al Comitato dei Corvi Regali di aver portato brillantemente la missione a termine al posto di quello sfigato che aveva atterrato facilmente. Probabilmente ci sarebbero stati un po' di screzi e proteste per l'insubordinazione – erano degli uccellacci troppo orgogliosi -, ma poi avrebbero riconosciuto il suo valore e magari appeso un suo ritratto nel grande salone delle onorificenze. Il primo quokka tra i corvi. Ah sì, la mamma sarebbe tanto fiera di me..

“...però poi alla fine è andato tutto bene. Ma mi stai ascoltando?”. Regina aveva interpretato il silenzio di Norman come rapimento verso le sue storie, ma non era troppo convinta. “Sì sì certo, ma parliamone fuori da qui.”

Regina allungò la mano cercando a tastoni qualcosa che assomigliasse a una maniglia. Non lo trovò, ma c'era una serratura nel buio davanti a lei. Allora spinse per aprire la porta. Niente. Provò a fare scorrere da entrambi i lati.

“Ehm Norman, credo abbiamo un problema..”

“Che genere di problema?”,

“Siamo bloccati qui dentro”, disse Regina in un soffio di voce.

“Come sarebbe a dire bloccati?”.

“Probabilmente hanno chiuso a chiave da fuori. Prova a riutilizzare il teletrasporto”.

Norman provò una fitta in un punto da qualche parte nelle budella. “Non si può”.

“Ma come no? Con tutto quello che hai fatto finora è assurdo dire non si può”, concluse logicamente Regina. Accidenti, non si ricordava di essere così sveglia a volte.

“Ripetere lo stesso incantesimo entro un'ora ha conseguenze terribili! Una volta mio padre l'ha provato sulla sua pelle. Per una settimana al posto di parlare cantava e non poteva muoversi senza fare un passo di casatchok suonando la balalaika. Il tutto 24 ore su 24. Però si è fatto un fisico pazzesco”, ammise Norman con nostalgia e un po' di invidia.

“Quindi dobbiamo aspettare qui? Io ho paura del buio”, piagnucolò Regina, persa anche l'ultima speranza. “Qualcuno ci tiri fuori di qui!” e perse il controllo in un pianto isterico. Norman non aveva mezzi di consolazione e si vide costretto a passare all'artiglieria pesante: dolcezza e premura. Odiava farlo, ma doveva. "C'è un gran silenzio qui, non so nemmeno se qualcuno possa sentirti. Ma intanto parliamo, così ti dai una calmata, va bene?”

“Ok”, soffiò Regina asciugandosi gli occhi e sparpagliando il trucco.

 

Intanto Fitzroy scorreva il breve fascicolo di un caso di apparente suicidio risalente all'anno precedente. Ricordava bene. Per lui era ancora un mistero irrisolto, ma non si era trovata alcuna prova a sostegno di un omicidio. Alla fine era stato archiviato come incidente perché dall'autopsia avevano trovato un pezzo di pane incastrato nella gola della vittima, un certo Christopher Morrins – che aveva molto poco del Christopher e molto di tettona bionda. Il sergente teneva in una mano un foglietto stropicciato con una poesia scritta sopra, quello che aveva trovato sul luogo del reato, e una foto di Christopher. E come dimenticare il piccolo pappagallino bianco come la neve che giaceva sopra di lui? Qualcosa non quadrava. Le cose più distanti spesso sono collegate nel modo più semplice. Aveva avuto da poco la prova che tutto poteva accadere quella notte. E il resoconto di quell'animaletto aveva un senso logico. Come sapeva che Regina e il trans dell'incidente erano la stessa persona? Infatti non lo sapeva.

Un breve moto delle sue viscere lo fece piegare in due, riportandolo alla realtà. Non adesso, dannazione! Erano tutti nei loro uffici, la notte del diavolo c'era sempre lavoro extra con tutti i disastri che succedevano. Doveva andare in bagno assolutamente. Si alzò dalla scrivania e si diresse agli orinatoi, ma c'era troppa gente! Gli serviva un luogo tranquillo dove rifugiarsi per espellere la bestia di gas. Voleva ancora cercare di salvare la reputazione, stando lontano dai pettegoli che l'avrebbero messo in ridicolo con tutto il distretto. Ma certo! Gli archivi nel sotterraneo! Corse giù per le scale con l'intestino in fiamme, le trombe di guerra stavano per suonare. Purtroppo per lui fu notata la sua fuga improvvisa, e si sparse la voce all'istante che Sergente Scoreggia stava andando in missione. Entrò, chiuse la porta dietro di sé e, verificato di essere solo, si liberò sonoramente. Ah, che sollievo!

“Chiunque l'abbia tirata, per piacere, ci faccia uscire!”. Ma che diavolo? Era sicuro di aver sentito una voce ovattata invocare aiuto. Ma non c'era nessuno. Continuava a sentire rumori e una coppia di voci provenire..dallo sgabuzzino! Si avvicinò circospetto, estraendo la pistola dalla cintola. Allora non era infondata la diceria sul mostro della rimessa delle scope! Molto piano, tese la mano verso la maniglia e aprì di scatto puntando l'arma contro...due individui dall'aria familiare.






Rieccomi qua! In un tempo incredibile rispetto agli standard ecco che l'avventura di Regina e Norman continua. Cosa succederà ora? Ehhh, si vedrà! Un saluto a tutti, cari efpiani, come sempre aspetto pareri cui rispondo più che volentieri (beccatevi questa rima baciata involontaria)

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Capitolo 8
*** Everybody needs somebody ***


Everybody needs somebody



 

“E voi cosa ci fate qui??”. Il sergente era allibito e incuriosito allo stesso tempo.

“Corpo di mille marsupiali, questa è sfiga!”, sbottò Norman incredulo.

“Sembra proprio che per una volta la notte del diavolo porti miracoli. Avevo bisogno di voi ed eccovi qui. Stavolta sarà meglio che non fuggiate da nessuna parte o dovrò arrestarvi per resistenza ad un pubblico ufficiale!”. Oddio, ho sempre desiderato dirlo, pensò Roy gongolante. Ci fu un attimo di silenzio, seguito da un fruscio del pelo di Norman che tentò di lanciarsi verso le scale, ma venne placcato all'istante dal sergente, buttatosi a terra con uno slancio degno di un vero giocatore di football. Fu allora che Regina decise di optare per il buon senso. Si avvicinò a Roy e disse “sergente, lei è un uomo davvero affascinante, lo sa?”, per poi improvvisare un grottesco balletto sexy, usandolo come palo da lap dance.

“Che accidenti stai facendo? Non ve la caverete certo con questi metodi!”. Fitzroy si scostò inorridito, cercando di nascondere il rigonfiamento che era spuntato nei pantaloni della sua onorevole divisa da incorruttibile poliziotto. Che disonore, era pur sempre stata uomo!

“Mi scusi, non so cosa mi sia preso, è solo che non voglio finire nei guai! Io sono una brava ragazza, mi creda. Lei non ha idea di quello che ho passato! Se ci arresta sarà anche peggio, quello che le ha detto Norman è la verità, abbiamo una missione! E lei potrebbe aiutarci! Le spiego meglio...”

“Ehi, frena frena frena. Come faccio a crederti? Finora non ci sono grandi elementi a tuo favore”. Fitzroy adorava usare il gergo poliziesco con i sospetti per mostrare tutta la sua autorevolezza ed estorcere confessioni. Ma non lo prendevano mai molto sul serio.

“Perché non dico mai bugie, io! Mamma ha sempre detto che la verità è la via della vita”.

Ed ecco che Fitzroy ebbe un'idea. “Questo è tuo?”, disse porgendo a Regina un piccolo foglietto stropicciato.

“Non ci posso credere, l'avevo dimenticato! Questa è una delle tante poesie che ho scritto per Michael...ma non ho mai avuto il coraggio di fargliele avere, avrebbe pensato che sono una pazza!” rise istericamente Regina un po' affranta. Roy le gettò un'occhiata da capo a piedi, ma soprattutto al viso, così malamente conciato. Non sembrava pazza, solo appena fuggita da qualche casa di cura.

“Quindi sei davvero tu la ragazza che morì l'anno scorso! Mi sembra incredibile...e quel pappagallino? Non ho mai capito cosa c'entrasse”.

“Il mio Yogurt! Tanto caro, ha spirato insieme a me. Sento già la sua mancanza, non mi separo mai più di un giorno da lui”, sospirò Regina.

“Allora le vittime di stanotte sono collegate con tutto questo?”, finalmente veniva fuori l'intuizione dell'investigatore che tanto rendeva Roy fiero di se stesso.

“Certo genio, te l'ho detto io prima che finissimo intrappolati in questo posto! - ah già, pensò Fitzroy - Sono solo dei balordi che non hanno aiutato Regina in un momento cruciale, meritano una bella lezione! Anche se in realtà li abbiamo sistemati quasi tutti”, confessò Norman con una punta di orgoglio.

“Il destino è stato crudele con noi, non ci meritavamo tanta sofferenza. Voglio Yogurt, sono stanca di tutta questa storia!”

Regina fu sopraffatta da tutto il peso della nottata. Non aveva avuto il tempo di scaldare un po' la tomba che già veniva ricatapultata tra i vivi per fare cose che mai si sarebbe sognata. Ora rischiava persino di sporcare la fedina penale e vivere...o meglio, riposare in pace dietro le sbarre. Tutto ciò non era tollerabile per una creatura delicata come lei. Pianse dal cuore gettandosi in ginocchio, riuscì persino a intenerire un pochino Norman, per davvero. Preso dallo spirito d'avventura che da sempre lo accompagnava, rischiava di dimenticare lo scopo di quella che doveva essere la più grande di tutte: risanare anime la cui tragedia era d'esempio. Con zampate goffe, andò ad appoggiarsi sulle cosce di Regina, per la prima volta senza nemmeno un accenno di sorriso sul volto da quokka. Roy non potè trattenere una lacrima e si chinò ad abbracciare Regina. Il suo lavoro lo costringeva a dover fare i conti col peggio dell'umanità il più delle volte. Ma quando i più deboli invocavano l'aiuto di un salvatore, ecco che la professione lo premiava lautamente. In quell'esatto momento capì che doveva fare qualcosa e aiutare Regina. Aveva aspettato un anno per poter risolvere un mistero il cui segreto ora custodiva tra le braccia. Era arrivato il suo momento.

“Va bene, adesso però calmati. Vi darò una mano”.

“Dice davvero?”. Regina lo guardò come se fosse un piccolo cucciolo di gatto quando emette il suo primo miagolio stridulo. Il suo sguardo dolce faceva a pugni con le sbavature di trucco che le incorniciavano i lineamenti felici.

“Certo, ho bisogno di qualche spiegazione in più però...e devo andare un momento al bagno, scusatemi”, farfugliò imbarazzato il sergente.

“Lei è davvero un uomo gentile e buono, grazie di cuore”

“Dammi del tu per favore Regina, ormai non c'è più bisogno di formalità”, e si avviò.

“Aspetta un momento”. Regina lo guardò intensamente per qualche istante. Roy cominciò ad arrossire, un po' perché la maledizione addormentata stava risvegliandosi e voleva fuggire un momento e un po' perché gli sembrava di essere mangiato con gli occhi. Cavolo, non si era mai accorto di fare quell'effetto alle donne! O alle donne mezze uomini!

“Devo avere un aspetto orribile, potresti portarmi un pettine?”







Nuovo anno, nuovo capitolo! Restate sintonizzati per vedere come va a finire questa avventura, che barcolla ma non molla! Thanks for reading, come si dice :)

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Capitolo 9
*** Resa dei conti ***


Resa dei conti

 





Lo sgangherato trio sgattaiolò dalla finestra senza farsi notare, alla volta dell'ultima conquista. Dopo aver raccapezzato i fatti salienti, tutto tornava per il sergente.

“Avete fatto un bel lavoretto a quel Gillette, sapete che dovrei arrestarvi per questo? Era uno spettacolo terribile!”. Fitzroy ancora rabbrividiva al pensiero di quel banana boat.

“Lo pensi sul serio? Anche io credo sia geniale!”, e, a un'occhiata disgustata di Roy, aggiunse “tranquillo, gli incantesimi lanciati da un comune quokka si annullano da soli. Non mi sono mai diplomato all'accademia dei maghi, perciò non serve una controfattura per quel manigoldo. Per Mallock invece non so cosa si possa fare, l'hanno stirato per benino”.

“Ha una serie di fratture e una contusione cerebrale, è già in terapia intensiva. Se la caverà. Quando questa storia sarà finita, avranno quel che si meritano, ma se ne occuperà la polizia, intesi?”, disse Roy con un'alzata di sopracciglia.

“Mpf, per forza, il nostro tempo qui è limitato. Io ho un sacco di cose da fare a casa e dovrò trovare una spiegazione convincente per aver fregato il libro a papà, o sono guai! Se penso alla sua punizione preferita...il country club degli stregoni, è una tale noia! Giocano a carte tutto il tempo conversando riguardo ai grandi problemi della nostra comunità. E poi mi proibirebbe la balera del venerdì sera per un mese! Ho bisogno di allenarmi, presto ci sarà la selezione regionale per...miseriaccia, Regina mi ha attaccato la parlantina!”

“Non è una brutta cosa, sai, un po' di chiacchiere tengono alto il morale della squadra. Una delle prime regole all'addestramento per gli appostamenti: conoscere i propri partner e instaurare fiducia reciproca. Eccoci arrivati”. Il sergente si fermò davanti a un palazzo malandato. Il portone era aperto, magnifico. Entrando si trovarono al centro di una stretta tromba di scale. Salirono al secondo piano. Fitzroy era sul punto di suonare il campanello, ma decise di agire da vero agente di polizia questa volta. Caricò il colpo e assestò un calcio alla porta, sfondandola.

“Mani in alto, polizia!”. Ma nel buio di quel sozzo monolocale nessuno alzò le mani. Era vuoto. A un tratto qualcosa nel letto si rigirò, dalle coperte fece pigramente capolino una testa.

“Ehi, chi diavolo siete, che volete a quest'ora?”. Garfield si alzò strizzando gli occhi, un uomo gli puntava contro una torcia, non era solo.

“Faccio io le domande, bella addormentata. Sei Garfield, non è vero?”. Il sergente non aveva bisogno di una risposta. La figura, illuminata dal raggio artificiale, che si stagliava davanti a lui nel tetro della stanza era piccola e grassoccia, dal pelo rossastro e con un'aria più fiacca che preoccupata. Ai suoi piedi un cartone della pizza vuoto. Era proprio una versione umanizzata di Garfield.

“Sì, perché?”, rispose lui. La punta lucente e minacciosa di una Beretta 92 spiccava davanti al volto scuro di Fitzroy.

“Abbiamo da fare una chiacchierata, vieni con me”.

 

 

Regina e Norman aspettavano che il sergente interrogasse Garfield. La loro avventura volgeva ormai al termine, sapevano di essere in buone mani con Fitzroy al lavoro.

Con aria trionfale, comparve alle loro spalle, esultando:”ragazzi, il caso è ufficialmente di nuovo chiuso. Ora devo tornare dentro a compilare un po' di scartoffie, odio la burocrazia. Direi che siete liberi, vedete di non fare danni.

Buon ritorno a casa”. Accennando un sorriso, si diresse verso il suo ufficio tra l'acclamazione generale del dipartimento, un'ovazione a Sergente Scoreggia che aveva risolto un caso che nessuno ricordava. Da quella sera pretese che lo chiamassero Robocop Fitzroy. Ma ufficiosamente rimase Sergente Scoreggia.

 

I due eroi stavano per allontanarsi dalla stazione, quando lei notò un volto familiare uscire da lì.

“Michael?”, fiatò flebilmente.

“Ci conosciamo?”, rispose guardingo Michael, sentendosi apostrofare da una bizzarra ragazza.

“Sono Regina, non mi riconosci?”. Norman rimase in disparte. Ancora questo tipo? Che strazio!

Michael si avvicinò, studiò il suo volto. “Non puoi essere tu. Sono venuto al tuo funerale, lo ricordo bene!”

Si guardarono a lungo, la tensione saliva. Regina gli sfiorò una guancia. Avrebbe desiderato stare lì ore a raccontargli tutto, ma bastò quel gesto. Michael rimase di granito. Una sequenza di immagini si era disvelata nella sua mente, come fosse un deja vu e avesse vissuto tutto ciò che aveva vissuto Regina quella sera.

“Santa madre di dio, è un miracolo! Posso comunicare coi morti! Come te la passi, Regina? Santo cielo, è una cosa STRE-PI-TO-SA! E sei davvero in formissima!”. Michael divenne euforico.

“Dici davvero? Me la cavo abbastanza bene dai, non si sta poi così male, sai?”. Prima di farsi prendere dall'emozione di rivedere l'amato, Regina si rese conto che era diverso. Lo ricordava molto più contenuto. Prese in mano la situazione.

“Senti, cosa ci facevi qui?”

“Oh, guarda questa sera ne succedono di tutti i colori. Ero con un'amica quando ci accorgiamo di un incidente. Un pazzoide ha investito un poveretto e ha tirato dritto come niente fosse. Non sapevamo cosa fare, il ragazzo svenuto! Allora cerchiamo aiuto, e dopo poco compare un poliziotto che vuole sapere l'accaduto. Io ho finito di deporre proprio ora”.

“Aspetta un attimo. Hai detto amica?”. Regina drizzò le antenne all'istante.

“Sì, si chiama Natasha, uno zuccherino, guarda. Mi spiace averla delusa, ma per noi proprio non c'è storia”.

“Storia? Non state insieme quindi?”. L'attenzione di Regina era attiva come non mai.

“No cara, come potremmo?”, Michael diede un'alzata di spalle.

“Ma io vi ho visti su una panchina, eravate come una cozza allo scoglio!”. Regina non capiva.

“Beh, Natasha ha voluto fare di testa sua, le serviva una prova, mica mi credeva!”

“Non credeva cosa?”.

Michael sospirò. “Sono gay”.

COSA? Lui? E lei non se n'era mai accorta.

“Ti ho sorpreso? Vedi, è da quando ti conosco che ti ho preso a modello. Sei proprio il tipo di donna che vorrei essere io!”. Accidenti, ora vedeva chiaro. E la sua mente realizzò quel che l'inconscio già aveva recepito. Michael aveva la sua stessa gestualità. E anche una buona dose di logorrea. Certo che il destino era proprio beffardo.

Regina cominciò a ridere a pieni polmoni, a momenti soffocava. Così facendo, se ne andò, ansiosa di ricongiungersi a Yogurt. Norman la seguì, voltandosi a guardare uno sbigottito Michael, col suo terribile sorriso da quokka.

 

Per ogni grande storia, c'è una grande morale. In questo caso, di sicuro, è solo questo: le case bruciano, la gente muore, ma il vero amore è per sempre.

E la puzza. Quella sì che rimane.







Here we are, ladies and gentlemen. Grazie a chi ha seguito e a coloro che seguiranno!

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