Mille modi per provarci con Colin Morgan e non riuscirci

di Relie Diadamat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mi spalmeresti la crema, Col? ***
Capitolo 2: *** Ehi, Col. Ho una maledettissima voglia di Brooklyn! ***
Capitolo 3: *** Babbene, Col. Grazie ber i cioccoladini ***
Capitolo 4: *** «Fa un po’ Merlin e Morgana, non trovi?» ***
Capitolo 5: *** «Grazie per essere sopravvissuto per me, Col.» ***
Capitolo 6: *** «Sì, e tu sei… Cody Morgan?» ***
Capitolo 7: *** «E tu, Colin? Cos’hai da raccontarci?» ***
Capitolo 8: *** «Concedimi almeno questo momento, Colin». ***
Capitolo 9: *** “Non mi va di restare da sola, Col.” (Se posso stare con te) ***
Capitolo 10: *** «Non sei solo un collega per me, Col». ***



Capitolo 1
*** Mi spalmeresti la crema, Col? ***


Note d'autrice: piccolo sclero senza pretese, avuto solo in un piccolo momento di non lucidità e dalla mia ossessione per questi due attori.



MILLE MODI PER PROVARCI CON COLIN MORGAN E NON RIUSCIRCI
( Mi spalmeresti la crema, Col?)
 
Caldo e torrido Agosto. Poteva esistere mese dell’anno più caldo e ardente di Agosto? No, Katie ne era convinta.
Amava starsene in costume tutta la giornata, lasciandosi scottare dai raggi cocenti del sole. Adorava sentirsi ribollire ogni centimetro di pelle, ma soprattutto amava mettersi in mostra.
Amava sfoderare il suo bikini nuovo di zecca, seducente ed invitante.
Ovviamente era rosso, come la passione ed il divieto.
Eh sì, ad Agosto diventava anche lei piuttosto cocente.
Hard, oserebbe dire.
Quella giornata sarebbe andata bene, continuava a dirsi. “Non si è accorto di me per tutto il tempo delle riprese, okay, ma adesso sono QUI. Insomma, DEVE notarmi. Altrimenti inizierò seriamente a pensare che abbia una storia segreta con Brad.”
La sua mente non ce la faceva a non navigare verso quel meandro oscuro che era diventato il suo collega, Colin Morgan.
La sua attrazione nei suoi confronti le sembrava abbastanza palese. Insomma, durante le interviste gli rivolgeva quelle occhiate fisse, troppo durature, troppo perenni. Le sue labbra s’incurvavano sempre in un dolce sorriso. “Questo caro il mio Colin, non ti dice niente?!”
Chiuse d’istinto gli occhi, avvertendo più forte l’odore di salsedine.
Adorava quell’odore.
Sentì qualcuno sedersi di fianco a lei, avvertendone il contatto con la pelle bagnata.
Si rigirò piano, cercando di capire chi fosse e un sorriso le illuminò il volto quando riconobbe la figura, ormai più matura del suo adorato Colin.
«Com’è l’acqua?» chiese, cercando di mascherare l’entusiasmo nel vederlo.
Sorrise a mezza bocca, muovendo piano il capo «Salata.»
Ecco. Il solito umorismo firmato Morgan. Qualcuno avrebbe dovuto dirglielo che non era poi così divertente, anzi… era alquanto…squallido.
Con un pugno gli spintonò la spalla, nonostante tutto il sole preso, ancora bianca e di colpo si accorse che la sua probabilmente sarebbe andata a fuoco.
Sorrise maliziosa, indirizzando il suo sguardo negli occhi dell’amato «Mi prendi la crema dalla borsa?»
Vide il ragazzo sporgersi verso il borsone, sorridendo educato, per poi catapultare i suoi occhi azzurri in quelli smeraldo di Katie. Con un gesto della mano le fece notare la crema solare che stringeva con le dita, ma qualcosa lo sorprese.
La ragazza difatti, invece di prendere l’oggetto dalle sue mani, si distese nuovamente, cercando la posizione più adeguata sul suo telo ambrato.
«Me la spalmeresti?» disse soddisfatta, sapendo che non si sarebbe tirato indietro. E diciamocelo, a quanti uomini una cosa simile avrebbe mandato su di giri qualcuno ai piani bassi?
Era fatta.
Il ragazzo titubante, aprì il flacone di crema, ambrato esattamente come il telo sulla quale Katie era stesa, e si cosparse la mano con una noce di prodotto.
Nel sentire quel rumore, Katie sentiva sempre più vicina la sua vittoria, ma doveva almeno accentuare la possibilità di una buona riuscita.
«Aspetta…» gli disse d’improvviso, fermando la sua mano a mezz’aria. La ragazza con un gesto secco, si slacciò il bikini, lasciando al ragazzo campo libero, su cui far scivolare fluidamente la sua mano pallida e affusolata «Così è più comodo.» disse, con un tono che Colin non riuscì ad individuare tra lo scherzoso e il malizioso.
Quando, finalmente, la ragazza si fu rimessa comoda, prona sul suo telo da mare, Colin decise ad avvicinare la sua mano alla schiena rovente della giovane.
Il tocco arrivò, lento e estasiante sulla sua pelle. Ogni suo muscolo si distese, lasciando la sua mente libera di viaggiare oltre con la fantasia.
Le sue narici si riempirono di brezza marina, che le arrivò dritta al cervello, offuscandone ogni sano pensiero.
Il massaggio però, sembro dilungarsi per le lunghe, quindi si decise a proferire parola «Dove hai imparato a massaggiare così?» disse, quasi con voce assuefatta.
Un lieve sussurro si levò accanto al suo orecchio sinistro «Sulla dolce linea del tuo fondo schiena.»
Gli occhi di Katie si sgranarono innaturalmente, riconoscendo la voce, assolutamente non appartenente a Colin.
Girandosi, si ritrovò infatti ad un passo dalla bocca di Eoin, che sensualmente le stava sorridendo. Sconcertata, guardò verso la riva, dove Colin affiancato da Bradley, si accingeva ad una partita di… beach volley, forse.
Quando i loro sguardi si incrociarono, vide l’amico scrollarle le spalle in segno di resa, con un mezzo sorriso in volto.
Mai possibile? Era mai possibile che Colin non si accorgesse dei mille tentativi di lei per avvicinarsi? Mille, mille modi per provarci e non ci era riuscita.
Irritata, quanto sconcertata, si alzò di scatto, dimenticandosi che, qualche minuto prima, si era slacciata il bikini…

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Capitolo 2
*** Ehi, Col. Ho una maledettissima voglia di Brooklyn! ***


Note D'autrice: Inizio premettendo che questa raccolta è frutto della mia mente malata, in totale noia, per tanto è senza pretese.
Ringrazio Greenwood, marghevale123, maryro92 per aver inserito il mio piccolo sclero nelle seguite! Siete adorabili!!
Vi lascio a questo capitolo, ovvero il tentativo numero due di Katie Mcgrath di provarci con Colin Morgan, senza , ovviamente, riuscirci!
Vi auguro una buona, si spera, lettura!
 
 

“Ehi, Col. Ho una maledettissima voglia di Brooklyn!”
(MILLE MODI PER PROVARCI CON COLIN MORGAN E NON RIUSCIRCI)
 
Era venerdì e le riprese della quinta stagione procedevano bene, tranne per un piccolo particolare: Katie Mcgrath, stava impazzendo!
Ogni giorno, quando si recava sul set, rimaneva cinque minuti in disparte per guardare il suo collega Colin Morgan, da lontano.
In quei cinque anni lo aveva visto maturare, non solo nel comportamento, ma anche fisicamente. Inizialmente era un ragazzo mingherlino e, doveva ammetterlo, le faceva tanta tenerezza. Ora però, le cose erano cambiate: Colin Morgan era più maturo, più uomo. Aveva le spalle più larghe e delle mani che… Dio, cos’erano quelle mani!
Quella giornata, non era ancora riuscita a cogliere la sua figura tra gli altri colleghi. Si guardò intorno per qualche istante, appena un minuto prima che i suoi occhi furono coperte da due palmi caldi.
«Prova ad indovinare…»
La voce volutamente rauca – probabilmente una finta imitazione di vecchiaia – sfiorò l’orecchio sinistro della bella corvina, facendola sorridere d’istinto.
«Emrys!» ridacchiò lei, stando al gioco, mentre sentiva le mani del ragazzo abbandonare i suoi occhi, rendendole nitida la visuale.
L’altro la imitò, sorridendo divertito, sempre con quel minimo di imbarazzo che lo caratterizzava.
Colin era un tipo riservato, introverso, però quando si aveva l’onore di conoscerlo, si era sicuri di aver a che fare con una persona speciale.
«Merlin!» ricalcò lei, imitando goffamente un Bradley irato «Quando la smetterai di prendere in giro una povera strega, dal cuore provato?!»
Sorrise, con quel sorriso che tanto piaceva a Katie, quel sorriso che era contagioso. Ogni dannatissima volta che sorrideva, qualcosa si smuoveva nel corpo della donna, ed un’irrefrenabile voglia di saltargli addosso si faceva sempre più viva in lei.
«Chiedo venia, mia signora.» canzonò l’altro, con un fare impacciato, maledettamente firmato Colin Morgan.
L’altra, in tutta risposta, imitò uno sguardo altezzoso «Per stavolta lascerò correre, cercando di consolare il mio cuore infranto.»
Risero complici. Dio, pensò Katie, perché non la smette di sorridere?!
“Ora lo bacio!” decretò sicura di sé.
«Ma che diamine vi bevete la mattina?!» i pensieri della ragazza furono interrotti da un Bradley James piuttosto insonnolito, che si ritrovava a passare di lì.
«Scusateci, sire.» continuò a giocherellare il corvino, stavolta con più enfasi e più complicità «Non era nostra intensione urtare la vostra sensibilità.»
Ecco.
In quell’esatto momento, Katie comprese di aver perso nuovamente la sua occasione. Adesso tutto l’interesse e tutto il mondo di Colin Morgan ruotava intorno al suo amico.
Nervi. Nervi a fior di pelle!
Sapeva che nella sua vita avrebbe dovuto competere con qualcuno, ma non avrebbe mai pensato di contendere l’uomo che desiderava con Bradley!

*
 
Un lampo di genio oltrepassò la giovane corvina quando, durante la pausa, Colin portò una mano alla sua tasca, estraendone una Brooklyn alla menta.
Un sorriso trionfante si materializzò sul volto della ragazza: a quanti uomini non avrebbe fatto un certo effetto stare a pochi centimetri dalle labbra di una donna, nel tentativo di spezzare una Brooklyn – che ovviamente sarebbe passata in secondo piano, alla fine. –
«Ehi, Coli…» lo colse alla sprovvista lei, fantasticandosi già molteplici esiti positivi «Ho una maledettissima voglia di Brooklyn!»
Il giovane si riguardò tra le mani il chewingum, facendo cenno con la mano «Metà?» un sorrisetto si materializzò sul suo volto.
Katie si sentiva spumeggiante!
Era ancora scettica, ma stando a ciò che le sue orecchi ed i suoi occhi avevano udito, Colin Morgan aveva colto a pieno il suo piano, diventandone complice!
Lei gli sorrise di rimando, soddisfatta del quasi buon esito del suo piano; l’amato Colin intanto, stava scartando quel chewingum, quasi come se fosse un regalo di Natale.
 «Aspetta Katie.» fece eco Angel, porgendole una Brooklyn a menta intatta «Intatta è meglio, no?»
Katie si sforzò di sorridere all’amica, ringraziandola cortesemente della gentilezza – anche se in quel momento avrebbe solo voluto strozzarla – per poi riguardare in volto il suo collega.
Quest’ultimo scrollò le spalle, portandosi il chewingum tra i denti, per poi masticarlo, tutto. Da. Solo.
Un’ira funesta attraversò il corpo della giovane, non accorgendosi nemmeno che, la sua mano sinistra, stava stritolando la Brooklyn, ancora incartata.
«Tutto bene, Katie?» chiese curiosa l’amica, accorgendosi della tortura immane che la sua povera gomma da masticare stava sopportando.
«No.» rimarcò l’altra «Odio le Brooklyn!»

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Capitolo 3
*** Babbene, Col. Grazie ber i cioccoladini ***


Nda. E dopo non so nemmeno io quanti mesi... Rieccomi qui!
Non so voi, ma io amo questi due cucciolotti. Vi lascio, dunque, alla lettura del tentativo numero tre della nostra Katie per conquistare il suo amato Col.
Grazie a tutte le persone che mi hanno lasciato le loro recensioni, grazie a chi addirittura ha inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate e grazie ancora a chi legge le mie assurdità.
A voi, questo terzo tentativo!
 


“Babbene, Col. Grazie ber i cioccoladini.”
 MILLE MODI PER PROVARCI CON COLIN MORGAN E (NON) RIUSCIRCI
 





Rabbrividiva, Katie, sentendosi scossa fin dentro le ossa da ondate gelide.
Il naso tristemente arrossato, le guance più colorate del solito, se ne stava raggomitolata sul letto del suo appartamento difendendosi da quella meschina febbre traditrice.
C’era anche bisogno di dire che, col pigiama larghissimo di lana ed i capelli che parevano non avere una forma concreta, non volesse essere vista dall’amato collega – sbarra idiota cuccioloso incapace di notare i suoi sforzi di corteggiamento? NO. Certo che non c’era bisogno di sottolinearlo!
Eppure, l’adorato Colin, sembrava in combutta con lei a riguardo di buone occasioni…
Il dolce collega irlandese, infatti, quella mattina aveva pensato bene di farle un’improvvisata, presentandosi sulla soglia di casa sua con un tenerissimo rifornimento di cioccolato ed un dvd – passatogli da Brad.
La povera e disperata Katie, tuttavia, si era alzata dolorante dal suo rifugio accogliente qual era il suo lettone caldo e soffice, e si era trascinata in una camminata altamente antiestetica alla porta, domandando con voce nasale: «Chi è?»
«Sono io, K. Con cibo e svago.» La voce miracolosa di Colin sembrava un miraggio sceso dal cielo per l’ammalata Katie – che intanto aveva sbarrato gli occhi innaturalmente, sfidando qualsiasi sketch animato, improvvisamente presa dal panico.
Non può essere qui, dannazione! Non può vedermi in questo stato… scapperà!
Colin, il sorriso ancora stampato in volto, si chiese se Katie non fosse stata rapita dagli alieni… O forse, in modo molto più pratico, se fosse impegnata. «Kat?»
«Eh».
«M- Mi hai chiamato tu… Ricordi?»
Sì, certo! La sventurata Katie adesso ricordava. Ricordava di aver telefonato al suo amato collega, stando come minimo una buona mezz’ora a parlarci senza accorgersi del tempo; il guaio era che, dopo essersi accordata con Colin per quell’appuntamento speciale – ed aver esultato peggio di un ultras dopo un goal al novantesimo -, il termometro aveva dato di matto misurandole un dannato 38.9.
Si era così spogliata dei suoi vestiti per indossare un pigiama orrendo mettendosi a letto, a causa del fortissimo mal di testa, dimenticandosi di avvertire il dolce Col. (A cui ancora non aveva aperto la porta).
«Se vuoi… Posso andare via».
«NO!» squittì lei, con un’improbabile venatura influenzale. «Non andardene bia!»
Colin corrugò la fronte stranito. «Sicura di stare bene, Katie?»
In quel momento, l’attrice non seppe chiedersi se la domanda fosse dovuta per colpa della sua voce orripilante o per disperata insistenza e, francamente, non sapeva dirsi quale delle due opzioni avrebbe preferito.
Ma se non gli apri, cara Katie, quello va via. V-I-A!
«Demo di no…» Prendendo una considerevole boccata d’aria, la donna aprì la porta, mostrandosi in tutta la sua oscenità.
Colin – il dolce e innocente Colin -, profumato di menta nella sua giacca di pelle e i jeans sbiaditi, schiuse leggermente la bocca comprendendo il problema, lasciandosi tuttavia sfuggire una risatina. «La febbre ti dona».
«Diverdende», s’infastidì lei, già abbastanza afflitta per quell’umiliazione.
Sorrise divertito, portandosi un dito affusolato al mento. «Devo appuntarmelo: se mai i fans mi chiederanno se ho visto Morgana in pigiama, dirò loro che sembrava proprio una vecchia strega!»
«Smeddila!»
Inutile dire, che ogni parola la rendeva sempre più ridicola.
Le risa di Colin si acquetarono, lasciando sul volto rasato dell’attore solo la linea rosea di un sorriso. «Ad ogni modo, mi dispiace che tu stia male.»
Katie fu costretta a trattenere il fiato nel vedere il collega porle impacciato la scatola di cioccolatini ed il dvd. «Mi sa che devi riposare, ne hai bisogno».
La donna accettò quel dolce – o stupido? – pegno d’amore amicizia, tentando di sorridergli di riflesso. Eppure, il punto clou arrivò quando, il docile Colin, si chinò leggermente verso di lei, avvicinando miracolosamente le sue labbra alla sua guancia e…
MALEDIZIONE!
L’incontenibile starnuto di Katie fu abbastanza efficace da bagnare il ragazzo, allontanandolo dalla sua pelle.
«Scuda!» pigolò lei, nascondendosi la bocca con le mani.
Non la stava guardando disgustato, vero?
Colin fece retro-front, pulendosi sulla giacca. «Tranquilla… Ti lascio in pace».
Sorridente e con una mano alzata in segno di saluto, l’amato Col fuggiva via, augurandole un: «Guarisci presto».
«Babbene, Col», fu costretta a dire. «Grazie ber i cioccoladini».
Una volta chiusa la porta, Katie fu tentata nello scoppiare in un pianto stizzito e picchiarsi la faccia… Ma trovò conforto nello zucchero amaro di quel cioccolato…
Avremmo dovuto mangiarlo insieme, dannazione!
Appena terminò l’imprecazione, un altro sonoro starnuto le fece cadere il dolcetto dalle mani, costringendola a piagnucolare indispettita.

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Capitolo 4
*** «Fa un po’ Merlin e Morgana, non trovi?» ***


Nda: Buon salve!
Sono passati secoli e, visto che chi non muore si rivede, ho pensato bene di aggiornare questa raccolta comico-sentimentale. Io amo troppo questi due attori per potermi dimenticare di questa fic!
Ringrazio tutte le persone che seguono la fic, quelle che l'hanno generosamente inserita nelle preferite e quelle anime pie che mi fanno sapere i loro pareri. Mi diverte molto!
Dunque vi lascio a questo tentativo numero quattro... molto insolito.
A voi, ovviamente, la parola!
Buon divertiment... ehm... lettura! :)
 
MILLE MODI PER PROVARCI CON COLIN MORGAN E (NON) RIUSCIRCI
«Fa un po’ Merlin e Morgana, non trovi?»
 




Quella notte di Gennaio era la più buia e tempestosa che Londra avesse mai conosciuto. La pioggia batteva con forza contro le finestre serrate e i lampi illuminavano con il loro bianco l’intera stanza dominata dall’ombra.
Katie sonnecchiava tranquilla nel suo bel lettuccio comodo, quasi rilassata dall’acquazzone che padroneggiava l’intera capitale inglese. Lei, irlandese da capo a piedi, amava simili manifestazioni furente della natura. Quasi, le attendeva con ansia, come d’altronde aspettava da una vita che quei due ingenui e meravigliosi occhi cielo si accorgessero di lei…
Ecco, l’aveva rifatto!
Certo, sarebbe stato un peccato se tra i suoi buoni propositi del nuovo anno ci fosse stato smetterla-di-pensare-a-quell’-idiota-di-Colin-ogni-cinque-secondi, ma in realtà Katie aspirava ad altro: riuscire nell’impresa più ardua della sua vita, ovvero, farsi notare dal suo amico e collega Mr Morgan.
Arricciò il naso nel sonno, rigirandosi tra le lenzuola. Strofinò la guancia sul cuscino mentre un tuono rimbombava nella stanza, dopodiché ci fu solo il rumore della pioggia battente e… uno squillo.
Katie sobbalzò goffamente, tirandosi frettolosamente a sedere per riprendere coscienza. Perché non si trovava alla Fabbrica di Cioccolato, vero?!
Una volta constatato che no, Willy Wonka non era nelle vicinanze, decise di lanciare uno sguardo al cellulare che tremava come un gattino bagnato sul comò, raggiungendolo con un’allungata del braccio. Quando però si portò l’aggeggino all’altezza degli occhi, dovette schiaffeggiarsi due volte la faccia (o forse aveva sognato anche quello?) per credere alle sue pupille.
C’erano due opzioni: o stava letteralmente uscendo fuori di senno, o il nome impresso sullo schermo era davvero quello di Colin. COLIN.
Katie esaminò il suo cellulare come se non le appartenesse e, prima ancora che si alzasse in piedi sul materasso squittendo frasi senza senso, si schiarì la voce ancora impastata dal sonno, rispondendo con un calibrato e normalissimo: «Pronto?»
«Katie».
«Colin?» chiese, come se non lo sapesse che fosse lui!
«Sono davvero desolato per l’ora tarda… ma ho bisogno di parlare con te o… Mi sento così stupido».
«No, ma figurati Col! Sono solo…», Katie diede una fugace occhiata alla sveglia deglutendo in silenzio, «le tre del mattino. Cos’è successo?»
«Io… ehm… so che ti sembrerà strano ma… posso entrare?»
Dove? Quando? Perché?!
«E-Entrare?»
«Lo so è assurdo. Sono sotto casa tua come un delinquente mentre Londra è invasa dal Diluvio Universale, ma ho bisogno di te».
Katie, che intanto ripensava a quanto alcool avesse ingerito quella sera, si alzò piano dal letto avvicinandosi alla finestra, appurando che l’auto di Colin era materialmente parcheggiata sotto la pioggia incessante di Londra. «C-Certo».
Con il cellulare ancora accanto all’orecchio ed il cuore in gola, Katie si diresse alla porta calzando le sue ciabatte rosa con i gattini e la sua chioma indomata di capelli, aprendola con la trachea palpitante.
L’accolse la figura di un Colin mezzo fradicio con i capelli spettinati ed il giubbotto bagnaticcio. Un timido sorriso gli allargò le labbra piene e Katie credette seriamente di sognare.
«Fa un po’ Merlin e Morgana, non trovi?» lo sentì dire ironico, volendo smorzare l’imbarazzo.
Impreparata e con un tamburo nel petto, Katie lasciò entrare l’amato Colin nella sua umile dimora, offrendosi svelta di preparargli qualcosa di caldo.
«Mi dispiace di essere piombato così in casa tua…» aveva iniziato quello con un’aria da cagnolino bastonato e Katie dovette voltarsi a forza verso la cucina, reprimendo l’insano impulso di saltargli addosso e tappargli la bocca a modo suo.
«Non preoccuparti. Io… non riesco mai ad addormentarmi la notte. Mi hai fatto un favore.» Detto ciò, scomparì verso i fornelli prima che la sua libido avesse la meglio su di lei.
 


*

 
 
Katie ritornò in salotto con due tazze fumanti di tea, accorgendosi che l’adorato Colin si era sfilato il giubbotto.
I capelli corvini scompigliati gli ricadevano sulla fronte mentre se ne stava impacciato sul divano, tamburellando le dita sulle cosce.
Sembrava un cucciolo zuppo d’acqua dagli occhioni dolci!
Katie si morse la lingua, ammonendosi per quei stupidi e sempre più ricorrenti pensieri.
«Stai, stai», gli disse vendendolo alzarsi; gli andò incontro per sedersi al suo fianco e porgergli la bevanda.
Per un brevissimo istante le loro mani si sfiorarono e Katie temette di rovesciare il liquido bollente sul povero e caro Col.
«Allora», prese forza Katie. «Cosa è successo?»
«Ho pensato molto».
Katie si lasciò scappare una risata: «E questo fa molto Merlin!»
L’ingenuo collega però scosse il capo, rimanendo serio. «Dico davvero, Kat».
Katie lo guardò intensamente. «A cosa?»
Lo vide sistemarsi sul divano, carezzando col pollice il manico della tazza. «Ho pensato a Merlin e Morgana. I giorni passati sul set… le interviste, il cinema della domenica e qualche libro che mi hai prestato».
Non sta dicendo sul serio, Katie! Non illuderti!
«E… tutte queste cose mi hanno riportato a te».
Smettila Katie! Non è reale!
Katie, immobile come una statua, aveva smarrito il suo sguardo sulle curve perfette di quelle dannate labbra carnose, rosee e seducenti.
«Forse non sarei dovuto venire, ma se c’è una cosa che mio padre mi ha sempre insegnato è che non bisogna avere rimpianti ed io non voglio che tu lo sia».
Non è reale. Non è reale. Non è reale.
«Quindi…»
«Quindi?!»
L’amato Colin abbassò gli occhi azzurro cielo sulle sue labbra e la povera Katie sentì di essere andata in fibrillazione. A separarli, c’erano solo venti stupidissimi e insulsi centimetri!
«Se io…»
Adesso poteva persino respirare il profumo del suo alito: menta artica. Quanto amava avere quell’odore a poca distanza dal volto?
«… Se tu?»
Non ci cascare Katie! Ricordati del Merthur!
La mano di Colin scivolò verso la ragazza, mozzandole il fiato.
Ricordati il Brolin!
Chiuse gli occhi resettando il cervello, aspettando solo che le labbra di Mr Morgan si adagiassero sulle sue. Lei che le avrebbe accolte ben volentieri gustandole, cibandosi della sua lingua con dolcezza, immergendo le mani in quel cespuglio nero disordinato, osando di più, facendogli capire quanto lo desiderasse e quanto lo aveva desiderato, con tutta la passione di cui era capace…
«Pensi che ci sarebbero dei dissapori tra noi se decidessi di uscire con Gemma?*»
… cadendo rovinosamente a terra.
Cadendo rovinosamente a terra?!
Katie spalancò di scatto quei due smeraldi sconcertati, ritrovandosi spalmata sul tappeto a mo’ di sottiletta.
Un lampo squarciò il cielo seguito da un tuono che riecheggiò in tutta la stanza avvolta nel buio.
McGrath, accortasi che no, l’amato Col non era mai corso a casa sua nel cuore della notte nel bel mezzo di un temporale, per parlare di una loro collega, piagnucolò come una bimbetta capricciosa, battendo i pugni in quella posa assai discutibile. «Non è possibile!», si lagnò. «Neanche nei sogni!!»









* Per chi non lo sapesse, Gemma Chan è stata collega di Katie in un film (non ricordo quale) e co-protagonista della serie Humans con Colin Morgan. C'è chi mormora di un possibile flirt tra i due. Io e Katie speriamo siano solo rumors! 

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Capitolo 5
*** «Grazie per essere sopravvissuto per me, Col.» ***


Nda: Buon salve a tutti!
Nulla, ogni tanto mi rifaccio viva. Non mi dimentico di questa raccolta, sappiatelo!
Non ho molto da dire, solo che ne avevo bisogno.
Un po' di dolcezza ci vuole.
Vi aspetto a fine capitolo se vi va.
Pareri sempre graditi!
Buona, spero, lettura!
 
 
«Grazie per essere sopravvissuto per me, Col.»
 
 
 
Si passò una mano tra i lisci e lunghi capelli corvini, alzandoseli in una coda che profumava di pesca, lasciando la pelle chiara e liscia delle sue gote ben visibile.
 


Mi spiace, Kat. Non so se riuscirò a liberarmi per le sette.


 
Mollò la presa, lasciandoli scivolare sulle sue spalle in un’onda nera e piastrata.
Avrebbe voluto nasconderlo e negarlo con tutte le sue forze, Katie, ma era palesemente evidente che quel messaggio l’avesse gettata un po’ a terra. Un po’, la giusta dose per farle sparire il sorriso dalla faccia.



 
Ma passa lo stesso da me. Conto di essere ancora in piedi per il teatro.



 
Si guardò allo specchio tenendo gli occhi fissi sul suo riflesso.
Le labbra colorate leggermente con una tonalità chiara di rosso, gli orecchini pendenti e il collo che profumava del miglior Chanel di cui fosse in possesso.
Era inutile essere ipocrita: Katie ci sperava ancora. Era un’inguaribile sognatrice ad occhi aperti, un’incurabile caso perso.
Katie era felice solo all’idea di poterlo rivedere, di poter risentire il suo profumo a qualche centimetro di distanza dal suo corpo.
L’elettrizzava il pensiero della sua voce, e si sentiva più viva quando c’era lui. Si sentiva nel posto giusto, al suo fianco.
 

Sorrise alla sua immagine riflessa allo specchio, sistemandosi per un’ultima volta il vestito scelto per l’occorrenza, rosso come le sue labbra.
E continuava ad illudersi, Katie. Continuava ad illudersi che quella fosse la loro sera, il momento magico in cui avrebbe incatenato i suoi occhi verdi a quelli meravigliosi di lui, guardandolo come tanto avrebbe desiderato essere guardata da lui.
Ma non se ne importò, Katie, decidendo che anche quell’occasione dovesse essere presa al volo.

 
*
 


Katie bussò al citofono con la sensazione di vuoto nello stomaco, un misto incoerente di paura e desiderio, ansia e timore.
Voleva che Colin comparisse dietro quella porta con le sue orecchie a sventola e i capelli un po’ trasandati, ma temeva anche di non essere in grado di parlare e di dirgli ciò che realmente avrebbe voluto.
E si dannava di essere così terribilmente stupida e paranoica quando si trattava di sentimenti, di uomini. Lei, lei che era sempre stata la reginetta del liceo. La regina di cuori di tutti gli uomini della sua vita.
Ma Colin Morgan non era uno qualsiasi. Lui era Colin, il collega di una vita, l’amico che le asciugava le lacrime isteriche dal volto e il confidente più intimo e quotidiano che conoscesse.
Katie non si era mai sentita la reginetta del liceo al suo fianco.
 

«Ehi…»
Katie si sforzò inutilmente di non sorridere, cercando di camuffare l’euforia che sentiva nascere dentro di sé, concentrandosi sull’espressione buffa e trafilata del suo amico-collega. «Ma cosa hai combinato?»
«Sono sopravvissuto», fu la sua risposta scherzosa.
Colin spalancò la porta invitandola ad entrare. «Ma… sarebbe tanto chiederti altri cinque minuti di attesa?»
Colin non piegava mai la bocca in un labbruccio infantile e pietoso, né guardava con occhi dolci la persona che aveva davanti. Colin parlava con naturalezza, con sincera spontaneità.
Com’era possibile negargli qualcosa?
«Lo spettacolo inizierà a breve», gli fece nota puntigliosa Katie, accomodandosi tuttavia nella dimora del suo adorato Morgan.
Colin abbassò lo sguardo scuotendo il capo, sorridendo colpevole. «Solo cinque minuti, poi sarò tutto tuo McGrath».
Normalmente ne avrebbe riso, Katie, rispondendo per le rime a chiunque avesse dinanzi. Ma quello era Colin.
Per una ragione a lei ignota provò l’impulso di nascondersi il viso, guardare altrove e scomparire. Invece assunse un’aria seria e distaccata, schiarendosi la voce.
«Posso andare in bagno?»
«In bagno?»
«Sì, devo… incipriarmi il naso», mise lì.
«Oh, certo. Fai pure. Io ti aspetto di là».
 

Ma cosa si aspettava?
Non si era nemmeno accorto di lei, del suo vestito…
Katie s’ammonì immediatamente per quegli stupidi pensieri. Perché mai avrebbe dovuto notare il suo vestito?!
 

Katie si diresse verso il bagno sorpassando il collega, adagiando la mano attorno alla maniglia, finché non lo sentì parlare ancora: «Ah, Katie!»
Si girò distrattamente verso di lui. «Uhm?»
«Per inciso, stai veramente bene stasera».
Colin sorrideva innocente, come sorrideva a tutte le persone alle quali era amico, ma c’era dell’altro dietro quel sorriso… Una sottile briciola di speranza, la possibilità di un qualcosa di nuovo.
Katie ricambiò il gesto con altrettanta gentilezza, illudendosi, come sempre, che non stesse sognando ad occhi aperti. Che non fosse tutto frutto della sua mente. «Grazie».
Ancora un mezzo sorriso sul volto di Colin, poi Katie si eclissò oltre la porta in legno del bagno.
 

Non l’aiutava.
Essere così vicina ad una delle cose più intime di Colin, non le faceva bene.
Il suo accappatoio, appeso in bagno, conservava il suo odore. Sul lavandino c’era ancora la boccetta di dopobarba che si passava sulla pelle, quel profumo che Katie ricordava a memoria e che amava follemente.
Si guardò distrattamente allo specchio, notando del rossore sulle sue gote chiare.
Colin ce l’aveva fatta. Per lei. Per la loro serata.
Forse, si disse a quel punto, quella sarebbe stata la volta buona per dirgli ciò che sentiva.

 
Katie si diresse raggiante in salotto, con l’adrenalina ormai recuperata del tutto. «Spero che tu sia pronto, altrimenti mi sa che dovrai subirti le mie battute per un bel po’, mister Morgan-»
Si azzittì d’un botto, fermandosi accanto al divano, sul quale Colin si era seduto.
Katie si mordicchiò il labbro, alzando di poco un angolo della bocca.
Il collega, il gomito del braccio destro sul bracciolo del divano, la guancia rasata contro il dorso della mano, si era appisolato stremato dal lavoro.
Era sopravvissuto per lei, si era reso presentabile per la loro serata e si era anche accorto del vestito che lei aveva scelto per lui… ma era stanco morto e non poteva nasconderlo a lungo.
Katie gli riservò un altro sorriso intenerito, guardando dentro la sua borsa; prese un post-it, scrivendo fugacemente qualcosa con una penna nera.
Si avvicinò al corvino, sentendo il suo cuore accelerare di qualche battito. Gli scostò i capelli dalla fronte con una carezza leggera, attaccandogli il foglietto colorato alla pelle stando attenta a non svegliarlo.
«Grazie per essere sopravvissuto per me, Col.» Fu solo un soffio fuoriuscito dalle sue labbra truccate di rosso, ma riuscì a farle tremare le corde vocali.
L’affetto che provava per Colin non variava mai e mai sarebbe cambiato, come avrebbe potuto essere altrimenti?
Lei avrebbe continuato ad illudersi che, forse un giorno, il suo collega si sarebbe accorto di lei e l’avrebbe guardata come avrebbe voluto, ma per quella notte Katie decise di rinunciare al suo ennesimo tentativo per arrivare al suo cuore.
Si sistemò la borsa sulla spalla e uscì dall’appartamento di Colin chiudendosi la porta alle spalle.





Relie's Corner
Hi guys!
Buona Pasqua (in ritardo!) e buona pasquetta a tutti!
Niente, spero che vi sia piaciuto questo tentativo numero... 5 di Katie, un po' diverso dal solito. Insomma, c'è molto fluff e nessuna risata. Lo so, mi spiace, ma un po' di dolcezza ci vuole nella vita! Talvolta strappa anche più sorrisi di certe battute... O no?
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Ah, e prima di lasciarvi, vorrei farvi presente la mia pagina facebook ---> click
Grazie a chi passerà, grazie a chi recensirà. Grazie a chi ha solo letto.
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** «Sì, e tu sei… Cody Morgan?» ***


Nda: Buon salve a tutti! Sì, ogni tanto mi rifaccio viva... 
Non ho molto da dire nemmeno questa volta. Spero solo di potervi strappare anche un mezzo sorrisino. 
L'unico avvertimento che voglio darvi, è quello di tenere in considerazione che questa shot - ovvero il tentativo numero 6 - è ambientato all'inizio della meravigliosa avventura di Merlin.
Grazie a chi leggerà, grazie a chi mi farà sapere cosa ne pensa. Grazie a voi che ci siete sempre!
Buona, spero, lettura!
 

«Sì, e tu sei… Cody Morgan?»
 
 
 
 
Quel giorno, era decisamente un buon giorno.
Katie lo aveva deciso dal momento in cui aveva lanciato un’occhiata distratta all’orologio e si era accorta che il mezzogiorno era passato da un pezzo, e sul suo viso era già apparso uno di una lunga serie di sorrisi.
Quello era stato il primo giorno. Il primo giorno nei panni di Morgana, il primo giorno in Francia, il primo giorno di ciò che aveva sempre desiderato.
Quando si era presentata ai provini, l’irlandese ci aveva sperato, ma non creduto sul serio. Diciamo che era già pronta a tornarsene dietro le quinte, con la sua costrittiva coda alta e scura da assistente costumista, modella e laureata in storia al Trinity College. E invece qualcuno si era alzato in piedi, dopo la sua performance. Qualcuno aveva battuto le mani. Qualcuno aveva creduto in lei.
Katie non avrebbe mai potuto dimenticare quegli occhi azzurri che la guardavano con sincera ammirazione, quella che solo le persone vere e genuine sanno dedicare. Come avrebbe potuto?
L’adorato ragazzino era stato il suo primo sostenitore, il primo che avesse sentito dalla sua parte.
Si era alzato in piedi ed aveva applaudito.
Katie aveva risposto a quel gesto inaspettato con un sorriso, abbassando lievemente il capo per quel briciolo d’imbarazzo che in tutto l’arco della sua vita non l’aveva mai abbandonata.
Colin Morgan.
Era quello il nome dell’angelo celestiale che aveva combattuto per lei, e con lei – perché, suvvia, anche Katie si era fatta in quattro per ottenere quel ruolo! -, come un vero cavaliere errante… Solo un po’ più smilzo e con un simpatico accento irlandese.
Così, dopo questa spiegazione, anche Katie si rese conto di non esagerare con i suoi sorrisi grati e indirizzati al giovane corvino impacciato, che intanto girovagava per il set con la sua videocamera.
Non aveva fame, Katie. Era fin troppo euforica per provare uno bisogno così primitivo come quello di nutrirsi: Katie aveva bisogno del suo cavaliere errante, scambiarci qualche parolina e…
È solo un ragazzino, Katie. E la tua è solo gratitudine, un gesto di ovvia cortesia.
Chiunque farebbe lo stesso!
La McGrath cacciò aria dalla bocca come un’atleta che si prepara ad una prestazione olimpica, raddrizzando per benino la schiena e sistemandosi il maglione un po’ troppo largo.
Il cortese ragazzino irlandese era seduto al suo tavolo, a schiena ricurva e un pollice alla bocca mentre ripassava il suo copione.
Portargli qualcosa da mettere sotto i denti non era poi un disastro ambientale! Avrebbe apprezzato per forza. Per forza.
Così, la coraggiosa Katie si diresse verso le pietanze che l’equipe aveva fornito all’intero cast, sforzandosi di non sembrare un sadico cacciatore che tiene d’occhio la sua prelibata e preziosa preda… Perché sarebbe davvero da ipocriti fingere che la McGrath non lo stesse guardando in quel modo!
Sembrava andasse tutto bene, almeno finché non andò a sbattere contro una sedia di plastica, imprecando a bassa voce, accorgendosi solo in un secondo momento di aver attirato l’attenzione di parte dei presenti. Compresa quella di Morgan. Che lei stava già fissando. Come un cacciatore sadico.
Un sorriso privo di malizia, privo di derisione, fu esattamente ciò che nacque sulle labbra carnose del cordiale e generoso nuovo collega.
Una perfetta idiota, fu ciò a cui si paragonò la povera Katie. Ma la neo-Morgana non si perse d’animo e, dopo aver mascherato l’imbarazzo con una risata – leggermente isterica – e con un impreciso gesto della mano, si assicurò di non far più cadere i suoi occhi verdi sulla figura ancora acerba del caro irlandese, dandogli le spalle e avvicinandosi al bancone, continuando nel frattempo a ripetere nella testa meccanicamente la parola “shit”.
Una volta giunta a destinazione, Katie guardò le varie pietanze indecisa, del tutto ignara sulle preferenze alimentari del nuovo e generoso, amorevole e blablabla collega irlandese.
«Punterò sull’hamburger. Tutti amano gli hamburger», farfugliò tra sé e sé, non accorgendosi di aver meditato tali riflessioni a voce abbastanza alta affinché l’uomo dall’altra parte del bancone, con una divisa verde, la guardasse come se avesse qualche problema.
«Vuole anche dell’insalata?», sentì chiederle, quasi come un suggerimento spassionato.
«Pane!» Ordinò convinta la McGrath, recuperando una certa lucidità. «E salsa. Tutti amano le salse».
L’uomo, con una carnagione molto simile a quella dei pellerossa dei film western, sollevò le folte sopracciglia nere, acconsentendo alle richieste della giovane cliente. «Che salsa devo mettere?»
Il sorriso di Katie s’incrinò.
Che cavolo di salsa doveva metterci?!
Che caspita di salsa piaceva a Colin? La salsa greca o preferiva la senape?
Ketchup o maionese?
«Non lo so», lagnò sconfitta quella. «Qual è la salsa più amata dalle persone?»
Nemmeno ci fece caso, la povera Katie, alla lunga curva all’ingiù che era diventata la bocca dell’uomo. «Ketchup?»
«Ma lui non è come le altre persone.» Katie scosse il capo, totalmente assorta dai suoi complessi e articolati ragionamenti. «Ha applaudito. Non posso scegliere il ketchup. Vada per la maionese!»
L’uomo dalla carnagione che ricordava una musica di Morricone, prese a preparare il tutto sul vassoio della ragazza, almeno fino al momento in cui questa lo riprese: «Senta… facciamo così: mi incarti tutto!»
«… Con carta normale o riciclata?»
Katie sbuffò una risata, trattenendosi dall’incrociare le braccia al petto. «Mi prende in giro?»
L’uomo incartò il tanto difficoltoso panino, adagiandolo sul vassoio dell’attrice. «Solo un po’».
 
**

 
Poco le importava dell’umorismo scadente di quell’uomo, Katie doveva portare a termine la sua missione… di gratitudine.
Sorridente, si diresse verso il tavolo del ragazzo, posando il vassoio ad un passo dal suo braccio. «Ciao!»
Colin, che qualche minuto prima era assorto dalle parole nere del copione, spostò lo sguardo verso la sua nuova interlocutrice, riservandole un cordiale sorriso.  «Ciao… Katie, giusto?»
Rise. Rise per non strangolarlo. Cosa voleva dire quel “giusto?”, non si ricordava di lei?! «Sì, e tu sei… Cody Morgan?»

Stupida.
Cretina.
Imbecille.

«Colin», la corresse.
«Giusto! Colin.» Katie si morse l’interno labbra dalla tensione; non era mai stata una tipa ansiosa quando si trattava d’interagire con altre persone, ma quel Colin la faceva sentire stupida, e a disagio. Eppure era solo un ragazzino! … Da ringraziare.
«Volevo dirti grazie».
Il viso di Colin era pulito. Senza barba, senza trucco, senza maschere. «Per cosa?»
Colin possedeva quel genere di viso che Katie amava osservare. E questo poteva essere un male, specie quando qualche minuto addietro ci si è resi più ridicoli di un Voldemort ossessionato dai micini. Riprese fiato in silenzio, guardandolo bene negli occhi. «Per- Per quello che hai fatto. Per esserti alzato, per aver apprezzato… insomma, per avermi fatto pensare di valere molto di più, almeno per un momento».
Il sorriso. Il sorriso sul volto snello di Colin era contagioso. Era piacevole. Era quasi benefico. «Figurati. Scartare te sarebbe stato un grave errore da parte loro».
Contagioso e gratificante.
Katie sollevò le labbra all’insù senza neanche rendersene conto. «Lo pensi davvero?»
«Certo».
Guardò i suoi occhi azzurri ancora per un po’, anche se avrebbe desiderato più tempo per studiarli. Per conoscerli. Per goderseli. Ma se avesse continuato a fissarlo in quel modo, probabilmente, l’avrebbe denunciata o presa per pazza. «Anche tu non sei male… e per dimostrartelo, visto che non ho potuto dedicarti un applauso, ti ho preso questo.»
La McGrath fece scivolare il vassoio verso il ragazzo, indicando il panino incartato. «So che non hai ancora mangiato».
«Ma non do-»
«E non puoi permetterti di rifiutare!»
Colin la ringraziò, regalandole un mezzo sorriso impacciato, prendendo tuttavia quell’involucro di carta unta tra le mani, addentando senza guardare una volta scartato.
Era filato tutto liscio, costatò ad ogni modo Katie, almeno prima di vedere la mascella di Colin muoversi in slow motion, come se stesse addentando letame, anche se la povera attrice scambiò quel gesto come un tentativo di comprendere cosa ci fosse in mezzo al pane. «Questa è… carne».
«Certo che è carne! Ho scelto l’hamburger. Tutti amano l’hamburger… io preferisco il roast beef, ma tu mi sembravi un tipo da hamburger».
Katie non ebbe neanche il tempo di terminare la frase, che Colin aveva sputato riluttante il cibo dalla sua bocca, sul vassoio. «Carne!»
«Oh, no. Sei vegetariano…»
«Sono vegano!» Precisò il corvino, pulendosi per bene la bocca, come a voler eliminare ogni traccia di hamburger dalle sue labbra.
«Ah».

Scema.
Cretina.
Imbecille.

Katie non si sognò nemmeno per un secondo di nominare la presenza della maionese, decidendo invece di fare retro front, dandosela a gambe levate. «Io… Io vado a vedere a che punto sono Angel e James».
Si alzò dalla sedia di plastica lentamente, come qualcuno che era stato vittima di un gelido gavettone, sentendo ad ogni suo passo l’acqua gelida sulle spalle.
 
Scema.
Cretina.
Imbeccile.

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Capitolo 7
*** «E tu, Colin? Cos’hai da raccontarci?» ***


Nda: Dopo anni e anni, secoli e secoli, ecco un mio ritorno!
Non potevo di certo abbandonare questa raccolta, non potevo di certo abbandonare voi amati lettori che continuate a sperare in un aggiornamento!
Questo settimo tentativo è tutto per voi.
Grazie mille per sostenermi, per aver inserito la raccolta nelle varie categorie e per aver recensito.
Spero di poter  leggere altri pareri. Ci conto!
Questo settimo tentativo nasce da un prompt estrapolato dal Gioco Estivo 2016 del gruppo Facebook "Il Giardino di Efp": «Pretendo un bacio.» «Qui? Davanti ai tuoi genitori?»

Detto questo, spero che questo settimo tentativo possa piacervi.
A voi la parola.
Buona, spero, lettura! (Scusate eventuali errori!)
 


«E tu, Colin? Cos’hai da raccontarci?»​


Erano molte le cose di cui Katie si era pentita nel corso degli anni, quali ad esempio non aver dato la buona notte a Rocky, il suo bel cagnolone, prima che i suoi genitori le inventassero una scusa qualsiasi sulla sua assenza; essersi ubriacata alla sua festa per il diploma, e poi…
Gli ex.
La nostra cara eroina sapeva benissimo che tutto nella vita aveva un senso – anche se nel preciso momento in cui si compie una determinata azione sembra una colossale stupidaggine -, e sapeva altrettanto bene quale fosse l’unica cosa da evitare come i parenti a Natale: fingere di essere in buoni rapporti con un ex ed invitarlo ad unirsi allo stesso tavolo con i tuoi amici.
 
Katie abbassò le palpebre con stanchezza.
Ancora non riusciva a capacitarsene, ancora non credeva di averlo fatto sul serio.
La risata di Angel sovrastava di poco quella di Brad, mentre la puzza di tutto quell’alcool consumato al tavolo del bar non riusciva ad avere la meglio sul suo imbarazzo e le sue orecchie rosse come un peperone.
 


«Avanti, Beth!»
La povera McGrath finse una risata quasi isterica verso l’artefice del suo incontrollato desiderio di sparire dalla faccia della Terra – o, per meglio dire, del desiderio di possedere un potere sovrannaturale simile all’invisibilità. Restava a capo basso, non azzardandosi neanche per un secondo di alzare lo sguardo e ritrovare il viso di lui.
Perché sì: la causa di tutti i suoi problemi era sempre lui, Colin Morgan.
L’adorato collega, infatti, sembrava ridere di gusto delle sue disgrazie, al punto che la quasi-morta-dalla-vergogna Irlandese avrebbe preferito alzarsi dal suo posto e mollare tutti lì, senza neanche pagare il conto.
Ma non era da lei. E la colpa era sua.
Era stata lei a proporre quel gioco, prima che il suo stupido ex si facesse vivo con la sua simpatia, la sua gentilezza ed i suoi modi così coinvolgenti da spingere gli amici di Katie ad offrire ad Alan di unirsi al gruppo.
Lo aveva proposto, ovviamente, per via del dolce ed ingenuo Colin.
Katie non ci sarebbe mai riuscita a guardarlo negli occhi, dirgli chiaramente tutto ciò che provava, senza pensare alle conseguenze di un possibile rifiuto. «Mai mischiare i sentimenti col lavoro», le diceva sempre sua madre, e l’attrice aveva cercato di rispettare quel mantra… talvolta fallendo.
Fatto stava che il mattino prima, mentre lei e Colin si erano diretti al Comicon per firmare autografi, si era presentata una ex del giovane attore, sorridendo e miagolando come una gattina bisognosa di affetto, toccando ripetutamente il braccio di Morgan e ridacchiando come una iena diabolica e adulandolo come se non ci fosse un domani.
Katie l’aveva tenuta d’occhio per tutti i due interminabili minuti che la gatta dai riccioli d’oro aveva impiegato per fare l’oca con il docile e amorevole Colin, alzando smaniosamente le sopracciglia per l’irritazione, tanto che un bambino le aveva chiesto se fossero stregate.
La povera Katie aveva riso, spiegandogli che le sopracciglia di Morgana agivano di volontà propria tutte le volte che Merlin la indispettiva.
Il bambino aveva aperto la sua piccola boccuccia con stupore, guardando meravigliato l’attore Irlandese seduto a poca distanza da Katie, ridacchiando: «Forte!»
Katie invece non aveva fatto altro che ripensare a quella biondina, e a quante fossero le ex di Colin. Non che la cosa le interessasse: erano entrambi maturi e vaccinati, e di certo l’attrice non era gelosa dell’ovvio passato del suo collega.
Eppure, quella sera, appena le birre arrivarono al tavolo, Katie colse l’occasione per guardare dritto negli occhi il suo adorato amico Col, e porgergli la fatidica domanda: «Qual è la cosa più imbarazzante che ti – vi- è capitata con la vostra ex?»
Bevve un sorso dal suo bicchiere, lanciando qualche occhiata ad Angel e Brad seduti vicini. «O col vostro ex», si corresse, notando l’espressione stranita dell’amica e quella più imbarazzata di Colin.
Brad sembrava perfettamente a suo agio.
Il biondo co-protagonista dello show aveva infatti un sorriso sbruffone disegnato in volto, gli occhi velati da una malizia malcelata. «Non credo ci siano mai stati momenti imbarazzanti, visto che si parla di me».
Colin rise metà imbarazzato e divertito alla volta dell’amico, tendendo più volte le mani verso il suo bicchiere, senza mai tuttavia prenderlo tra le mani.
«Che arrogante», commentò ironica Angel, seguita da un’occhiata scettica della McGrath. «Ricordo, invece, che una volta al liceo-»
«Oh, quanto mi dispiace, Angel», la interruppe l’Irlandese voltandosi velocemente verso l’amico. «E tu, Colin? Cos’hai da raccontarci?»
La faccia stupita di Colin, le sopracciglia folte e nere arcuate verso l’alto, la pelle chiara illuminata dalla luce calda del locale… tutto aveva fatto ben sperare la sfortunata Katie che Morgan avrebbe presto ceduto, che avrebbe fatto il nome di qualche stupida ex quando…
«Non ci posso credere!»
Katie aveva voltato il capo alla sua sinistra, distogliendo mal volentieri gli occhi dal bel viso dell’adorato Colin, ritrovandosi faccia a faccia con Alan, la causa del suo futuro più grande problema… il suo stupidissimo ex.
«Sei proprio tu Beth?»
Katie era sorpresa di rivederlo, ma anche un po’ a disagio. L’ultima volta che lei e Alan si erano parlati era passato molto tempo… come dal giorno un cui la nostra cara Irlandese gli aveva lanciato dell’aranciata dritto negli occhi, scambiando una cugina di Alan per una sua nuova fiamma.
«Alan?»
Passarono qualche minuto a dirsi cose che nessuno dei due avrebbe mai pensato di dire all’altro, finché la voce di Angel non li riportò nel presente, invitando il giovane dai capelli d’ebano a sedersi al loro tavolo.
Alan era magnetico. Ti catturava con i suoi modi garbati, con la sua dentatura perfetta e i suoi muscoli ben pronunciati sulle braccia. Katie ne rimase ammaliata anche quella volta, notando che quasi niente era cambiato in quel ragazzo esuberante. Quando spostò lo sguardo dinanzi a sé, Katie fu ben lieta di notare del lieve disagio sul volto di Colin.
Smanioso, l’attore irlandese continuava a richiudere e distendere il palmo della mano, bevendo dei sorsi più o meno lunghi dal suo bicchiere.
Ma Katie non voleva illudersi.
Ci sono cascata troppe volte, devo smetterla.
Così, dopo qualche discussione sul cibo di strada migliore del mondo, l’idiota di Brad pronunciò la condanna a morte di Katie: «Sai, Alan, prima stavamo facendo un gioco», disse beffardo alla volta del moro. «Si chiama “Qual è la cosa più imbarazzante che ti sia mai successa con un tuo ex”».
Katie gli lanciò un’occhiata truce prima che Alan abbassasse il capo ridacchiando.
«Beh, una cosa imbarazzante è successa. Beth ricorderà bene».
La povera McGrath si mosse smaniosa sul suo posto, iniziava a sentirsi scomoda. «Il gioco è finito, nessuno sta più giocando, Brad».
La cosa peggiore non fu sentire quegli idioti incitare Alan nel divulgare il suo sapere, né tanto meno essere a conoscenza di quanto vergognoso fosse il sol ricordo di quell’episodio, no. Il peggio era che Colin sorrideva, tenendo gli occhi fissi su di lei.
Katie voleva morire.
Nascondersi.
Sparire.
Tanto da non accorgersi che Alan avesse già ripreso a parlare.
«Era quasi Natale. Io e Beth avevamo litigato per una sciocchezza e non eravamo sicuri di trascorrerlo insieme. Ci frequentavamo da un bel po’ ed i nostri sapevano della nostra relazione. Così, la mattina di Natale, i genitori di Katie vennero a farmi visita… ma lei non lo sapeva», e ghignò.
Katie si portò una mano a coprirsi il volto.
«Così, quando lei cominciò a spogliarsi dicendomi “Pretendo un bacio”, i suoi comparvero in salotto sbigottiti prima che io potessi dirle: “Qui? Davanti ai tuoi?”».
Risero, tutti risero.
Katie chiuse gli occhi, come se con quel solo gesto potesse nascondersi dal resto del mondo, dai suoi ricordi e dalla stupida risata di Colin!
 
 
*
 



Quando Katie rimase sola, fuori dal bar, ripensò a quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che aveva visto Alan. Poi i suoi pensieri si diressero tutti verso Colin, ad ogni singola cosa che lo riguardasse.
Erano due universi opposti, lui ed Alan.
Eppure per entrambi Katie provava ed aveva provato qualcosa di forte, incondizionato, irrefrenabile. Ma con Alan era qualcosa di reale, tangibile. Colin era e sarebbe sempre rimasto un sogno, il suo collega-sbarra-amico speciale.
«Ehi… Beth».
Quando Colin le fu accanto, Katie si rese conto di aver pensato così intensamente a lui da non averlo sentito arrivare. «Sei venuto qui per gongolarti, Colin?» lo rimbeccò lei, con una smorfia strana.
Lui sorrise a testa bassa. «Era simpatico quel tipo», disse senza guardarla negli occhi.
«Già, uno spasso. L’ho capito dal modo in cui ridevi, sai?!»
Katie si morse la lingua, realizzando di aver parlato con una voce piuttosto isterica e di essere imporporata. Sentiva caldo e si sentiva dannatamente stupida.
«È successo anche a me, sai, una cosa simile. Solo che in salotto non c’erano i miei…»
La voce di Colin era diventata più bassa, più intima.
Katie si accorse che il suo amico non le stava solo parlando di una situazione imbarazzante: si stava aprendo a lei, si stava confidando.  
La giovane attrice provò l’impulso irrefrenabile di prendergli la mano, stringerla forte e annusare la sua pelle pallida, ma non lo fece. Lo guardò negli occhi chiari, donandogli tutta l’attenzione che meritava. «Colin…»
«Già».
«Questa…», scosse il capo corrugando la fronte,  «è la cosa più imbarazzante che io abbia mai sentito!»
Bastò poco e i due risero senza amarezza, ma fu quando Colin le sfiorò una braccio con la sua mano fresca e affusolata che Katie lo capì.
«Buona notte, Kat».
L’attore si allontanò accompagnato dal suo sguardo, come se si tenessero per mano guardandosi negli occhi.
Katie avvertiva tutto di lui, ogni singola traccia del suo essere imprimersi nella sua mente e sulla sua pelle.
Colin non era solo un sogno. Colin era il suo più reale e imbarazzante delirio.
Colin era vero, come il suo affetto.
«Notte, Col», soffiò quasi, lasciandolo andare via di schiena.

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Capitolo 8
*** «Concedimi almeno questo momento, Colin». ***


Nda: Buon salve bella gente!
Da quanto tempo non aggiorno un po' questa raccolta? Non ne ho idea, ma sicuramente sarà molto tempo.
Ultimamente avevo messo carta e penna in pausa e poi, di colpo, Colin e Katie sono venuti a bussare nei miei pensieri ed io non ho potuto mandarli via.
Questo, dunque, è un ottavo tentativo... molto esitvo, ecco.
Spero possa spensieratamente piacervi.
Ringrazio tutte quelle belle persone che hanno inserito la raccolta nelle preferite/ricordate/seguite; chi continua a leggerla dopo tutto questo tempo e chi mi lascia il proprio parere.
Conta molto per me.
Bando alle ciance, orbene, e vi lascio a questo ottavo tentativo della nostra Katie.
Buona, spero, lettura!
 
 
«Concedimi almeno questo momento, Colin».
 
 
 

«Niente storie con i colleghi» e «mai infettare un buon lavoro con stupidi sentimenti», erano stati i mantra con i quali sua madre – santa donna – l’aveva cresciuta. «Non ne esce fuori mai niente di buono», le ripeteva.
Katie era sinceramente grata a sua madre per tutto quello che aveva fatto e che continuava a fare per lei; poteva considerarla come la migliore amica che avesse mai avuto e la rispettava, davvero.
La giovane attrice sapeva che sua madre voleva solo metterla in guardia e che le sue erano sacre raccomandazioni – anche se ripetute un po’ troppo spesso, ma questa è un’altra storia.
Il punto era che Katie venerava i consigli della madre… eppure, quello che indossava, era il terzo prendisole cambiato nel giro di quindici minuti.
Si girò di schiena, osservando la gonna sollevarsi leggermente a quel piccolo movimento, controllando la pelle scoperta e ancora troppo pallida per metà Luglio.

Non sembra male, disse tra sé e sé, ripensando ai fiorellini vintage del prendisole precedente. È abbastanza sobrio da non fargli pensare che voglia mettermi in mostra.

Storse le labbra, mordicchiandosele nervosa.


Perché mai dovrebbe pensare una cosa del genere?! Sono anche una modella, è giusto che voglia apparire.


Fece un giro su se stessa, facendo ricadere la coda corvina su parte della spalla sinistra. La treccia che si era premurata di farsi fare da Patty – goffa e invadente amica d’infanzia – non l’era sembrata poi tanto adeguata ad una normalissima, amichevole senza doppi fini – giornata al mare con l’amato Colin… e l’immancabile aggiunta di Angel e Brad.
Tutte quelle paranoie l’avrebbero fatta diventare matta… parlare da soli non era molto normale, figurarsi discutere con se stessi!


No, Katie. Tu sei una McGrath, una donna di discreto successo, una sfilza di letterine da adorati ammiratori – che abbiano meno di dieci anni, non conta più di tanto -, e sei un’irlandese!


Auto-incoraggiata, Katie si rimirò fiera allo specchio prima che il suo cellulare vibrasse avvisandola del messaggio in arrivo.
 
1 Messaggio da Angel
Siamo sotto casa, Kat.
… E Brad ha detto di prendere un sandwich in più. Solo se preparato da tua madre, aggiunge.

Katie scosse il capo, ridacchiando.


Chissà Colin cosa avrebbe potuto aggiungere…
 



 
*



Il viaggio in auto era stato gradevole, se non per qualche piccolo battibecco tra Colin e Bradley.
«Se giri a destra arriviamo prima», aveva proposto il corvino, seduto accanto all’amico. «È una scorciatoia simpatica. Ti allunga la strada, ma ti salva dal traffico e-»
«Un fiver che siamo in spiaggia prima delle dieci».
«Perché non hai svoltato?!»
Bradley gli dedicò un ghigno di chi credeva di saperla lunga, ignorando le lamentele delle ragazze. «Bradley James non ha bisogno di scorciatoie fasulle, Morgan. Guarda e impara».
Ovviamente, rimasero imbottigliati nel traffico.
E la povera Katie maledisse Brad per aver consentito a Colin di sedersi accanto a lui.
 


 
*



Una delle cose che i fans del giovane attore biondo, noto per il ruolo di re Arthur nella serie televisiva britannica “Merlin” non sapevano, era che Bradley, una volta in spiaggia, si comportava come un bambino in astinenza da mare.
Ad assecondare la richiesta di «dimostrare al mare che il corpo di un vero inglese non è questione da niente», fu Angel. La mulatta lo seguì verso la riva, mentre Katie si godeva il sole di Luglio sulla sua pelle, seduta sul suo telo da mare… lasciando ricadere – un numero poco preoccupante di volte – lo sguardo sul corvino intento a sfilarsi la maglietta a maniche corte.
Katie osservò le sue clavicole chiare mentre venivano baciate dal sole, le spalle più atletiche a dispetto di qualche anno addietro e infine il suo petto chiaro…
«Ti spiacerebbe passarmi la crema, Kat?»
La ragazza continuava a fissare il petto e le spalle scoperte, come in catalessi.
«Katie?»
«Certo», scosse il capo distogliendo lo sguardo, arrossendo e dannandosi da sola. Frugò nello zaino del ragazzo, porgendogli il flacone. «Pensavo una cosa».
«Quanto sono diventato affascinante?»
Il tono utilizzato dall’amico, il mezzo sorrisino che gli allargava parte della bocca piena e il modo in cui l’aveva guardata, spinse Katie a rispondere in uno sbuffo: «Figurati».
«Grazie!»
Katie si morse la lingua.


Mai possibile che non ne azzecchi una, McGrath?!


Riprese fiato, drizzando la schiena.


Puoi farcela a dire qualcosa di sensato, Katie!


Con una manciata di coraggio, si voltò a guardarlo negli occhi con la sua solita aria di sfida. «Dovrei forse ricordarti che l’ultima volta mi hai abbandonata per Brad?»
Katie non poté fare a meno che deglutire poco convinta udendo la risatina del collega, vedendolo spalmarsi la crema sul corpo. «Non credi di dovermi delle scuse?», mise lì, guardandolo di sottecchi.
Il momento che seguì fu particolare nella sua semplicità, agli occhi di Katie.
Le montagne rocciose e il verde alle loro spalle, le urla giocose di qualche bambino sulla spiaggia e il leggero vento che accarezzava i loro capelli corvini, si mescolarono con la mano affusolata che Colin le porse. «Mi farò perdonare», le disse.
Non c’era una vera spiegazione a tutti quei sorrisi strappati, all’incontrollata felicità che le invadeva il corpo anche solo vedendo un pezzetto di Colin, anche da lontano. Era un sentimento che tentava di frenare con tutte le sue forze, un sentimento invisibile agli occhi del suo amico.
Strinse la sua mano, lasciandosi issare in piedi. «Vedremo».
 



 
*



Amava passare del tempo con Colin.
Amava le acque spettacolari della sua Irlanda, ma ancora di più Katie amava poter godere di entrambe le cose allo stesso tempo, almeno per una volta.
Non si accorse nemmeno di ciò che fece fin quando non sentì il suo corpo aderirsi a quello del corvino.
Era una cosa che faceva spesso, da piccola: Katie s’immergeva sott’acqua, nuotando fino alla gamba di suo padre, per poi aggrapparvisi come una scimmietta.
Era piacevole, divertente… ma quella a cui si era aggrappata con le gambe non era la coscia di suo padre, ma la vita di Colin.


Colin.


Le braccia bagnate sulle sue spalle umide e cocenti, gli occhi verdi speranzosi in quelli azzurri e confusi di lui… Katie desiderava tante cose in quel momento, ma ogni suo pensiero veniva spezzato dalla vicinanza inusuale dei loro corpi.
«Per favore», soffiò appena, spostando le iridi chiare sulle labbra carnose e schiuse dell’attore. «Concedimi almeno questo momento, Colin».
Non credeva fosse possibile: dimenticarsi del resto del mondo, eppure in quel momento Katie lo fece. Non esisteva più nulla oltre quel contatto tanto atteso, non c’era più niente dopo gli occhi di Morgan che ricadevano sulle sue labbra senza opporsi.
Non c’era assolutamente nessuno al di là di quell’agognato silenzio… se non Brad.

Brad.

Quanto avrebbe odiato quel ragazzo, Katie, da quel momento in poi?
Successe nell’arco di un secondo: il biondino si gettò sulla schiena dell’amico, obbligandolo verso il basso… sommergendo Katie nelle acque fredde del mare d’Irlanda.
L’unica soddisfazione che l’attrice ricevette, fu la totale disperazione disegnata sul volto del giovane James il giorno dopo, ustionato come solo un marshmallow arrostito poteva essere, mentre McGrath sghignazzava chiusa in bagno, svuotando l’intero flacone di crema nel lavandino.
 
 

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Capitolo 9
*** “Non mi va di restare da sola, Col.” (Se posso stare con te) ***


Nda: Buon salve a tutti!
Mi fa così strano aggiornare così "presto" e la cosa ancora più spaventosa è che il nuovo tentativo potrebbe arrivare anche tra breve. (E poi non la rividero per mesi interi...)
Voglio che sappiate che dopo questo nono tentativo, i capitoli che verranno saranno collegati.
Detto questo, vorrei ringraziare tutte le splendide persone che hanno aggiunto la raccolta nelle preferite/ricordate/seguite - non vi aspettavo così numerosi! -, tutti coloro che hanno letto in silenzio e in particolar modo Jenny80_big che ha recensito lo scorso capitolo. Sei un tesoro!
A tutti voi, questo nono tentativo.
Spero lo apprezziate, anche se un po' romantico.
A voi - se vi va - la parola.
Buona, spero, lettura!
 
“Non mi va di restare da sola, Col.”
(Se posso stare con te)
 



 
Quella era l’estate più tediosa che Katie avesse mai trascorso. Lo pensò mentre si alzava dal letto, muovendosi come un’atoma verso il bagno, notando le occhiaie un po’ vistose comparse sotto gli occhi chiari - evitando di trascrivere il momento in cui era andata a sbattere contro la porta perché, davvero, non è un passo fondamentale per il lettore.
Serrò gli occhi riducendoli a due fessure, avvicinandosi in maniera sospetta allo specchio. A dire il vero, sembrava più una nonnina con problemi di vista. Ma, effettivamente, questa era soltanto un’altra osservazione superflua.
Così è questa la faccia che vedrà chiunque si sveglierà al mio fianco, rifletté la corvina. E la sua mente non era volata subito all’idea di un Colin ancora intontito dal sonno con i capelli in disordine, nossignore!
Aprì il rubinetto, gettandosi dell’acqua gelida sulla faccia. Al massimo lo immagino con un pigiama pieno zeppo di cagnolini.
«Un pigiama pieno zeppo di cagnolini…» fece eco ai suoi pensieri, dedicando allo specchio un’espressione di disgusto. «Ma cosa vai a pensare, McGrath?!»
Si diede una rinfrescata, poi indossò dei jeans e un’anonima maglietta regalatale dalla sua cara mamma l’inverno scorso. A Colin piace molto.
Katie digrignò i denti, maledicendosi all’istante.
 
*
 
Katie stava fissando lo scaffale immenso della libreria all’angolo della strada, quando il suo cellulare vibrò nella borsa. Si chiese annoiata chi potesse mai essere a cercarla – forse la sua dolce e petulante amica Patty? O la nonna che le chiedeva se le fossero piaciuti i dolcetti della domenica scorsa? – e sentì un colpo al cuore quando lesse chi era il mittente.
Colin.
COLIN.
Il messaggio non era nulla di eccezionale: il suo collega le aveva chiesto se stesse bene e se stesse lavorando ad altri progetti.
Niente di eccezionale., confermò a se stessa McGrath, ricordando le monotone risposte dell’attore ad ogni intervista: “Mi piace dividere la vita privata dal lavoro.”
Katie non si accorse nemmeno di averlo detto ad alta voce, scimmiottandolo. Un colpo di tosse e il rumore di qualche passo bastò a farla imporporare come un peperone.
Finse, stupidamente, di aver letto quella frase sulla copertina di uno dei tanti libri in bella mostra, accorgendosi da sola quanto potesse essere stupido e insensato. Morta dalla vergogna e le guance così rosse da far invidia al mantello del Principe Arthur, la McGrath si spostò verso i gialli – sempre ignorati – digitando velocemente una risposta all’ adorato e amato Colin.
Adesso, quante possibilità possono esserci che nell’intero universo accada un fatto inspiegabile e contro ogni legge della logica? Nei film horror quasi sempre, fu costretta a constatare la bell’attrice irlandese, ma questo proprio no!
Dopo averlo brevemente informato sulla sua ottima salute – nonostante la noia infernale di quell’estate – e della sua completa inattività nel campo lavorativo, il suo collega quasi non le fece mancare un battito ribandendo che sì, anche lui stava bene, ma era curioso di sapere che impegni avesse per la sera.
«Nope, non ci casco Morgan», aveva fatto presente l’attrice… al suo telefono. «Tanto lo so che tra un po’ mi sveglio spalmata sul pavimento… o tutto si rivelerà uno scherzo di Brad – e non so ancora come ucciderlo, stavolta».
Katie desiderò ardentemente di sparire nell’esatto momento in cui scoccò un’occhiata alla sua destra, incontrato due occhietti castani incuriositi. La bambina la fissava con attenzione, le manine lungo i fianchi.
McGrath esalò mentalmente un sospiro di sollievo. Era solo una bambina. «Ciao» la salutò, regalandole un bel sorriso cortese – anche se la situazione cominciava a farsi scomoda. Quella bimbetta la fissava come una bambola di porcellana.
«Tu sei Morgana?»
L’espressione della bambina non era variata di una virgola, il suo tono era eccessivamente apatico.
Katie soppesò bene che risposta darle. «Beh… sì», optò per la più semplice.
«C’è anche Merlin con te?» chiese, gli occhi così innocenti che per qualche ragione seppero intenerire l’attrice. Magari, piccola, magari…
Tuttavia non le andava di infrangere in un qualche modo i sogni della bambina, così sollevò il cellulare sorridente. «Ci sto parlando proprio adesso».
«Me lo fai conoscere?»
«Io…»
Katie stava pensando a cosa dirle quando il cellulare squillò, facendola sobbalzare. Quasi sbiancò quando vide che a chiamarla era proprio l’oggetto dei suoi pensieri. Impreparata, sapeva che se avesse risposto di punto in bianco avrebbe balbettato come una liceale alla prima cotta, così diede libero sfogo alla sua arguzia accettando la chiamata per poi poggiare il cellulare sull’orecchio della bambina. «È lui» sussurrò, vedendo spuntare sul viso della piccola un enorme sorriso. Non sono l’unica a cui fa quell’effetto, allora!
Sghignazzò della breve scenetta comica che si era creata, decidendo di porvi fine dopo pochi minuti, immaginando Colin grattarsi il capo imbarazzato da tanto affetto improvviso. Per fortuna, la madre della bambina le venne incontro, prendendo la figlia per mano trascinandosela via con sé dopo essersi scusata con l’attrice. Con un cenno del capo Katie le fece capire ch’era tutto a posto, poi rispose al collega in attesa – e confuso: «A quanto pare ti adorano tutti». Oltre me.
«Per un po’ ho temuto di aver sbagliato numero.» confessò lui.
Katie capì dal tono di voce quanto fosse imbarazzato.
«Scusa, so che non ti piacciono questo genere di cose».
«Non è vero», la sorprese. «Non ne vado matto, ma certe dimostrazioni di affetto – e ammirazione – mi fanno piacere».
Oggi hai davvero deciso di uccidermi, eh, Morgan?
«Nah, stai tranquilla», la voce di Colin raggiunse l’orecchio di Katie, imporporandola fino alla punta dei capelli. «Ucciderti non rientra nelle mie priorità», scherzò.
La corvina si chiese cosa le stesse succedendo quel giorno: dava voce ad ogni suo singolo pensiero e, visto che si trattava del caro e adorato Colin, poteva essere un grosso problema. Ma lei era una McGrath e non amava essere colta in fallo, così prese la palla al balzo: «Quale sarebbe la tua priorità, allora? Sentiamo».
Era stata abbastanza convincente, vero?
Katie non poteva vederlo, ma qualcosa le disse che il collega avesse appena sorriso dall’altra parte della cornetta.
«Tu».
Con un grande sforzo e grande volontà d’animo, l’attrice si costrinse a rimanere calma mentre le sue labbra carnose s’incurvavano all’insù senza che se ne accorgesse. «Hai voglia di prendermi in giro, Morgan?»
«Kat, non potrei mai prendermi gioco di te».
Okay, quel ragazzino aveva deciso di troncarla con quelle frasette belle e fatte che recitava al telefono, ma non bisognerebbe mai illudere in tal maniera una donna innamorata!
«Oh, te ne sono grata».
Una lieve risata, poi ci fu una pausa. Sentì Colin schiarirsi la voce prima di riprendere a parlare: «Ehm… allora stasera te ne starai tutta sola?»
Fosse stato un altro ragazzo, un qualsiasi altro uomo, Katie non avrebbe esistato a rifilargli una battutina squallida da due soldi a doppio senso, ma ad ascoltarla c’era Colin. E lui non era come tutti gli altri. A malincuore, Katie pensò che il suo collega fosse anche immune al suo fascino, ai suoi mille e più tentativi per avvicinarsi a lui. Amareggiata senza motivo, percepì chiaramente il suo sorriso sparire dal volto. «Credo di sì».
«È un peccato», commentò Colin. «Le stelle saranno stupende questa sera».
Oh già, come avrebbe potuto dimenticarsene? Quella stupida notte stupidamente romantica, spesa da molti stupidi a guardare stupide stelle.
«Non mi va di restare sola, Col.» Katie glielo disse come se si stesse confessando, emettendo però la parte più bella e importante: “Solo se posso stare con te.” «Tu, invece? Cosa farai?»
Probabilmente il corvino si era stretto nelle spalle. «Niente di eccezionale, una piccola uscita tra amici e colleghi».
«Oh…» Possibile che fosse tanto amareggiata? Era una sensazione così stupida, quella che provava. Colin non poteva di certo restarsene chiuso in casa solo perché lei faceva altrettanto! Lui sarebbe uscito, avrebbe bevuto un drink e magari avrebbe parlato con una bella ragazza. E Katie si sentiva così idiota nel rattristarsi per questo. «Beh, allora divertiti».
«Anche tu. Buona serata, Kat».
Come no.
«Buona serata, Col».
 

*

 
 
Fu mentre si portava un bicchiere di vino alla bocca che il pensiero di Colin tornò a bussare alla sua mente… No, in realtà non se n’era mai andato da lì. Katie lo pensava in continuazione.
“Si sarà già fatto la doccia?”, e andava a sbattere contro il tavolino di legno. “A quest’ora sarà già uscito…” e inciampava rovinosamente sul suo povero gatto.
Probabilmente avrà già incontrato la ragazza dei suoi sogni, pensò, avvertendo un nodo stringerle la gola e gli occhi appannarsi. Colpa dell’alcool.
Beveva senza sosta, con movimenti meccanici… talvolta non troppo precisi. Sgranò gli occhi verdi sollevando le braccia, quando il vino le macchiò la maglietta. «Oh, stupendo. Grazie universo!» sbraitò irata, piagnucolando poi al limite della disperazione. Perché, per una volta, non esaudisci un mio desiderio. Perché?!
Bussarono alla porta.
Katie si ricompose in fretta, chiedendosi chi potesse mai essere a quell’ora della sera. Quella sera.
Quella visita inaspettata l’aveva colta di sorpresa abbastanza da farle dimenticare la grossa macchia di vino sulla sua maglietta; Katie aprì la porta e la mascella quasi non le cadde al suolo – ma stavolta, il povero micio ai suoi piedi fu graziato.
«Sorpresa!»
«Ma…»
Katie sentì i suoi occhi diventare lucidi, le gambe tremare e un’innaturale voglia di ridere senza un apparente motivo di fondo, ma nel ritrovarsi Colin Morgan ad un passo da lei desiderò solo una cosa: gettarsi tra le sue braccia e stringersi così tanto a lui fino ad confondersi col suo odore.
Eppure restò ferma.
«Compra una vocale, McGrath!»
Ovviamente, l’universo non poteva essere così magnanimo.
Katie non badò molto alla battutaccia di quell’idiota biondo di Brad, né tanto meno al sorriso genuino spuntato sul viso mulatto di Angel. Non importava che Colin si fosse dimostrato – per l’ennesima - volta solo un amico speciale.
Colin era lì, con lei. Le sarebbe bastato per quella notte.
«Sono così felice di avervi qui!»
Ma nel dirlo, gli unici occhi che Katie cercò furono quelli di Colin.
 

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Capitolo 10
*** «Non sei solo un collega per me, Col». ***


 
Nda: Buon salve a tutti!
Sì, sono ancora viva e sì, sono tornata.
Non mi sono dimenticata di questa raccolta, ogni tanto troverete sorprese come questa.
Come già anticipato in pagina, questo decimo tentativo conserva una bella sopresa. Un po' lunghetto e più romance che humor, spero lo gradiate lo stesso.
Lo dedico a tutte le persone che hanno recensito, aggiunto la raccolta nelle preferite, ricordate e seguite.
Grazie mille, davvero. Non vi aspettavo così numerosi.
Ho avuto un po' di problemi con l'interlinea... ma spero che il risultato non sia penoso.
Vi ricordo che questo tentativo è collegato al precedente.
Spero sia di vostro gradimento.
Buona, spero, lettura!
Ps. Vi aspetto in pagina per ulteriori informazioni --> click

 



«Non sei solo un collega per me, Col».
 
 
Ci fu un festival, molto tempo fa, una specie di sagra del paese a cui Katie non aveva mai preso parte. Fu suo nonno, il suo Cavaliere d’Oro, a portarla in mezzo a tutte quelle persone sorridenti, il buon profumo di mandorle caramellate e il colore delle luminarie che sapevano far spalancare gli occhi chiari della piccola Kathrine di sincera meraviglia.
Fu proprio quel giorno che conobbe una vecchia signora; di lei ricordava soltanto due occhi dello stesso colore delle foglie secche che riposavano sull’asfalto e i capelli brizzolati raccolti in una treccia trasandata.
Fu lei a parlare di energia positiva e negativa per la prima volta: “ogni persona, ogni pensiero porta con sé o l’una o l’altra”, le disse. “Meglio che ti tenga stretta solo il bello.”
Ignorava il motivo per cui quel ricordo fosse riemerso a galla in quel momento, mentre distrattamente aveva alzato lo sguardo al cielo limpido.
In tutti quegli anni aveva evitato d’interrogarsi su cosa l’attraesse così tanto a Colin, perché le piacesse incondizionatamente.  Aveva paura della risposta che si sarebbe data, dell’ovvia conclusione che avrebbe tratto.
Allora si era limitata a pensarla in questo modo: Colin Morgan le trasmetteva energia positiva.
Come si può restare indifferenti di fronte a qualcuno che ti fa stare così bene?
Eppure c’era dell’altro.
C’era anche il lato oscuro della felicità.
«Sicura che non t’importi?»
 «Ti ho detto di no».
 
Katie strinse forte la busta che aveva tra le mani, sperando che quel tormento finisse il prima possibile.
Da quando Colin si era presentato di soppiatto a casa sua – con appresso gli inseparabili Angel e Bradley -, l’estate era volata via in un baleno – tra incontri fortuiti in accappatoio e cene romantiche mandate a monte -; Katie aveva insistito affinché restassero fino alla fine di Agosto, cosciente che quello fosse l’unico modo per trascorrere una quindicina di giorni insieme a Colin. E così fu.
La permanenza dei suoi amici si era prolungata sino agli inizi di Settembre; Angel aveva dunque avuto la brillante idea di organizzare una cena di arrivederci, per salutarsi… lasciandola sola con Brad. A fare la spesa.
Il biondino non aveva perso occasione per parlare di Colin. L’adorato e dolce Colin… che aveva conosciuto qualcuno.
L’amico aveva insistito più volte nel ricordarle la sua cotta palese nei confronti dell’attore, ma Katie aveva prontamente smentito ogni sua insinuazione: James non doveva saperlo… o almeno, non doveva averne la conferma. O sarebbero stati guai.
Katie non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione.
«Affatto.» Fu la sua risposta. Potrei comunque origliare le sue telefonate.
Katie si sarebbe aspettata di tutto fuorché la risata di Brad all’ombra di uno splendido albero che affacciava sulla strada.
«Andiamo McGrath, l’hanno capito tutti!»
 
L’attrice rimase a bocca aperta, impreparata e col cuore a mille. Forse addirittura arrossita.
Si riscosse all’istante – l’istante più lungo della sua vita -, cambiando l’espressione da pesce lesso con una più adeguata alla sua recita.  «Non capisco di cosa parli, Brad».
 
 «Kat», la riprese come se fosse una bambina ottusa, «i tuoi occhi diventano due cuoricini quando lo guardi. È fin troppo evidente».
 
«Non dire sciocchezze!», si difese. «La mia è pura ammirazione professionale».
«Certo, come no.» Brad la sorpassò scuotendo il capo. «Anch’io sono professionalmente attratto da Anthony, ma non mi sognerei mai di saltargli addosso».
Katie arricciò le labbra indispettita, raggiungendolo a passo svelto, urlandogli contro che si sbagliava di grosso.
In effetti, la corvina desiderava molto di più che saltargli semplicemente addosso.
 
*
 
Le previsioni del dannato Bradley si dimostrarono vere a poco a poco, mettendo a dura prova l’animo sensibile della povera Katie.
Per cominciare, si era scottata con il manico bollente della pentola udendo la voce di Colin chiamare il suo nome, l’invitante profumo di menta ad annebbiarle il cervello; come se non bastasse finì col salare eccessivamente l’acqua sotto lo sguardo ammonitore di Angel – e quello decisamente più confuso del collega. Ciliegina sulla torta, l’adorato e caro Colin le aveva chiesto il permesso per invitare Charlotte – così si chiamava la strega cattiva la fantastica ragazza che aveva conosciuto – alla cena.
«Certo! Più siamo e meglio è», aveva risposto con un sorriso degno da Oscar, incurante del fatto che la lama del coltello non stava tagliando nessuna cipolla… ma il suo dito.
 
«Sicura che… non ti dia fastidio?»
Si erano fissati tutti con quella storia.
«Perché dovrebbe?»
«Giusto».
«Giusto».
E l’amato Colin si era allontanato così com’era comparso al bancone: senza far rumore, senza aggiungere altro. Col profumo di menta che Katie sentiva svanire man mano.
Guardò in basso sul ripiano in legno dove stava affettando l’ortaggio, notando affranta il taglio che si era procurata e sul quale Angel si era fiondata.
 
Avrebbe potuto dirle qualcosa, d’altronde, invece di parlarle di Charlotte.
 
Odiava quel nome.
Non lo sopportava.
 
Di sicuro non era così straordinaria come decantava l’innocente e perduto Colin.
 
*
 
Charlotte era straordinaria.
Adorabilmente straordinaria.
Katie lo aveva capito fin dal primo sguardo, dal primo passo che quella dolce irlandese dai capelli rossicci aveva mosso in casa sua; profumava di fiori, di buono e di grazia. Colin le sorrideva spesso, passandole un bicchiere di vino per metterla a suo agio.
Charlotte era perfetta agli occhi di tutti: Bradley aveva apprezzato fin da subito il suo senso dell’umorismo genuino; Angel si era perdutamente innamorata delle torte vegane ( perché la-perfetta-Charlie era anche vegana) che la ragazza le aveva mostrato dal suo cellulare; Colin sembrava essere fatto a posta per lei e per le sue lentiggini deliziose e Katie… si era odiata con tutta se stessa per la simpatia che nutriva nei suoi confronti dopo aver saputo del piccolo cagnolino che aveva salvata dalla strada.
 
DANNAZIONE.
 
Trangugiò un bicchiere di vino dopo l’altro, sgattaiolando in cucina ogni venti minuti per nascondersi, inventando scuse sempre più scadenti.
Tutta quella storia era nata per passare del tempo con Colin… ed era degenerata nel peggiore dei suoi incubi: Katie aveva incontrato l’anima gemella… di Morgan!
Sarà stata colpa di tutto l’alcool che cominciava ad annebbiarle i sensi, ma Katie avrebbe giurato di aver visto il suo collega smettere di sorridere tutte le volte che lei era nei paraggi.
Come se stesse disturbando il suo incantevole appuntamento con l’amore.
 
ASSURDO.
 
Niente aveva più senso: Patty, la cara vecchia amica d’infanzia di Katie aveva messo su della musica in grado di martellare anche i timpani di un sordo, rassegnata all’idea di non avere nessuna  chance con James; Russel, un tipetto che Patty si era portata dietro, continuava a fare la corte alla povera Angel e Katie… era rimasta in disparte, sconsolata, ad osservare Charlotte portare fuori in veranda Colin. Il suo Colin.
«Stai crollando, McGrath.»
Katie si accorse della presenza di Brad solo quando il biondo le sfiorò un braccio per allungarsi verso la ciotola di salatini, poggiata  sul tavolino dinanzi al sofà. «Si vede lontano un miglio.»
 
«Smettila, Brad.» Sospirò esausta lei. «Non è divertente».
«Non intendevo essere divertente».
Katie si voltò verso di lui a bocca spalancata, scuotendo il capo per poi ridere nervosa. «Sono quasi ubriaca, Bradley. Non parlarmi fino a domattina».
L’attrice tirò su col naso, guardando altrove. «Ti prego».
 
«È questo il tuo piano?» le domandò masticando noccioline. «Startene seduta qui, mezza sbronza, a non far niente?»
La testa cominciava a girare. La musica alta, il troppo vino, le lacrime che stupidamente sapeva di star per versare… Katie non sapeva con esattezza a cosa attribuire  la colpa  per la tristezza improvvisa che avvertiva come un nodo alla gola. Era patetico, insensato e completamente inutile.
Fu per questo motivo che si girò di scatto verso il suo amico, gli occhi lucidi e infelicità dipinta sul volto. «Sì, è proprio questo il piano», sbottò. «Mi dà fastidio, ok? Non riesco ad essere felice se lui incontra la donna dei suoi sogni, la ragazza perfetta che salva gli animali e mangia il tofu al posto degli hamburger, e questo mi dà i nervi. Il piano è restarmene qui a bere vino, a non far niente e a sembrare la strega cattiva con un falsissimo sorriso stampato sulla faccia perché è così che mi sento! Ci ho provato così tante volte, in mille modi… Lo ammetto: voglio saltargli addosso. Voglio saltargli addosso tutte le volte che lo vedo, va bene? Io voglio saltare addosso a Colin Morgan!»
Non si accorse nemmeno della faccia imbarazzata dell’amico; Katie si voltò indietro incontrando i volti imbambolati di Colin e Charlotte che la guardavano impietriti, congelati sul posto.
 
Merda.
Voleva sparire.
Era un’attrice, una fottutissima attrice.
La sua carriera si basava sulle sue capacità recitative… ma come avrebbe mai potuto fingere di fronte quegli occhi azzurri che tanto amava?
Abbassò lo sguardo, Katie, sentendo il peso della vergogna sulle spalle e fece l’unica cosa che le sembrasse sensata: corse via a capo chino.
 
Potrei emigrare verso i Poli: nessuno ne parla mai, persino il tg a volte li dimentica.
Potrei diventare la miglior amica di un orso polare…
Avendo esaurito la scorta di maledizioni da autoinfliggersi, Katie era passata al piano b: architettare minuziosamente la sua fuga. Non poteva di certo starsene tutta la vita seduta sul prato del suo giardino!
Non era per niente un nascondiglio sicuro…
O magari di un pinguino. I pinguini sono molto carini.
Sentì dei passi, ma non si mosse.
Katie sapeva che le ciocche corvine non l’avrebbero mimetizzata con il buio della notte, ma sapeva anche quanto ridicola sarebbe stata se fosse scappata. Ancora.
Cercò solo di guardare la luna, mentre un profumo di menta si faceva vicino tanto da farla sorridere.
Colin le sedette accanto, senza dire nulla. Sembrò aspettarla, concederle il tempo necessario per riprendere le parole , godendosi nel frattempo lo spettacolo del cielo notturno.
Katie si umettò le labbra, trovando il coraggio in quel silenzio accogliente.
«Non sei solo un collega per me, Col».
 
Ecco, gliel’ho detto.
Senza mezzi termini, senza giri di parole.
Gliel’ho detto.
 
Lo guardava, Katie, ripercorrendo con gli occhi le linee del suo volto.
Colin era serio mentre guardava la luna, ed era meraviglioso colorato dal suo bianco. I suoi occhi si posarono su di lei senza che se ne accorgesse, e per poco Katie non impazzì.
«Neanche tu sei solo una collega, Kat. Tu sei un’amica, un’ottima amica».
 
Bravo, Morgan. Colpita e affondata.
Ma poi successe una cosa che non si sarebbe mai aspettata, qualcosa che aveva atteso ardentemente come la pioggia nel deserto.
Erano le labbra di Colin, quelle adagiata sulla bocca, che premevano. Uno schiocco, un temporale dopo tanto caldo.
Si staccò piano, ma abbastanza da far male.
«Ti concedo questo momento».
Un sussurro che nuoce, ma a Katie non avrebbe mai importato. Si avventò sulle labbra che tanto aveva bramato, immerse le mani nei capelli che continuava a sentirsi tra le dita ogni giorno.
Colse l’attimo al volo, prima di sbarrare gli occhi.
Mi sta baciando. Con la lingua.
Impossibile, non ci casco.
Uno schiaffo.
Katie lo aveva colpito in pieno sulla guancia sinistra.
«Davvero?!» farfugliò lei ad occhi sbarrati. «Non sto per svegliarmi e… è tutto vero? Ci stiamo baciando?»
L’adorato Col si massaggiò la guancia offesa, riservandole uno sguardo confuso e sbigottito.
Durò solo un attimo.
Le labbra piene del collega, le stesse che secondi prima aveva assaporato, si allargarono in un lieve sorriso.
Katie sentì il sapore dell’amaro nel palato, un agrodolce retrogusto di menta.
Sorrise di rimando senza capirne il motivo, osservandolo alzarsi e tornare a quella piccola festicciola. 

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