.strange
dreams.
Ho
fatto un sogno strano l’altra notte, fratello
Te
lo canto nel vento della notte, che forse ho scambiato per giorno o viceversa
A
volte qui le cose non sono chiare, a volte i miei occhi non sono certi di cosa
vedono
A
volte sono su un altro livello, il mondo attorno si dipana e si appanna, e così
le persone
E
la mia considerazione è diventata una sfera di cristallo opaco
la
nebbia ci si arriccia dentro, mi da alla testa come un fumo tossico
in
cui vago a pugni bianchi chiusi, occhi spalancati, mani che cercano
E
il calore della pelle di qualcuno tante volte non lo ricordo, non so più che
sia
al
punto che diffido della sincerità del calore del mio stesso sangue
E
mi sfilerei la pelle di dosso, da gran che non ha più peso, da gran che mi
zavorra
Così
mi rapiscono le intuizioni, come rapaci, non so dove mi porteranno
il
loro nido è un luogo lontano in cui non puoi arrivare da sveglio e non sai cosa
ti succederà
forse
verrai fatto a brandelli senza falsa pietà, e i tuoi occhi rimarranno a fissare
spalancati
come un urlo muto su una lucidità spietatamente piana e perfettamente leggibile
Ma
ti parlavo di quel sogno, fratello, non lo ricordo chiaramente
Ma
ti parlavo di giorni in cui splendeva un sole nero, e che forse sono di notte
e
di notti in cui gli occhi sprofondano attraverso l’aria come in una trasparenza
di notturna visione
Perciò
non ti ingannerò, fratello, perché vedi, non sono completamente affidabile
Perciò
non te la starò a raccontare, fratello, perché vedi, non so più se sto dormendo
o sono troppo sveglio
In
quel sogno il corvo aveva perso le sue penne, gliele avevo strappate a forza di
cercarlo
non
faceva che volare per seminarmi e la cosa mi aveva stancato
e
non faceva che tornare quando gli pareva, per cercare rifugio, e la cosa mi
aveva avvelenato
Gli
strappai le penne, ma quando vidi la sua pelle così sottile e quel piccolo
cuore che batteva
con
spropositato coraggio, contrariamente a qualsiasi azzeccata predisposizione e
valutazione
ebbi
una specie di pietà, perché capii che aveva così disperatamente bisogno delle
sue illusioni
Come
tutti noi, fratello, lo so, come tutti noi, e non sono io che posso distruggere
quelle altrui
Così
aprii le mani, distesi le dita e disincofficcai le
unghie dei miei sguardi a rete di lama
Ed
esso se ne andò nudo com’era, a farsi ricrescere le penne dopo essersi
lamentato
Perché
non riuscivo più a perdonarlo abbastanza né a prendere ciò che voleva e dare
ciò che gli pareva
E
il corvo svolazza e scherza, schernisce e scherma, mi cerca con le sue lucide
nuove penne nere
Ma
ha un’ombra con la mia impronta sulla pelle e sotto lo sguardo e io non glielo
incrocio mai
Non
riesco più a giocare con lui come un tempo, quel tempo che ho bruciato fino
all’osso
Mi
sono scosso la cenere dal capo e ho soffiato via quella del suo fuoco rivolto
ad un cielo di tempesta
Ammiro
il suo volo attraverso i fulmini, ma ci siamo persi, e, oh, vorrei tanto sapere
il modo
in
cui questo potesse essere chiaro anche a lui senza ferirlo più, lasciandogli
tutte le sue nuove lucide penne
E
c’era il cervo che correva in una polvere dorata, ma ha sbattuto il muso fino a
farlo sanguinare
Strisce
di sangue impolverate sul suo muso troppo morbido per questo mondo che
scalfisce a roccia dura
E
io non trovo più le parole per dirgli che andrà tutto bene, anche se ci
vogliamo bene, ma credo
Che
un giorno capirà che non c’è niente di così veramente bello come possiamo
immaginare
Noi
e la nostra immaginazione distorta dalle nostre ambasciate di auto-inflitto
sforzo per tenerci a galla
‘E
guarda’, gli vorrei dire, ‘il corvo sfida i fulmini e gioca coi venti, ma vola
basso e teme le nuvole scure’
Quelle
che solcherei come freccia ogni volta che ho lo spirito di infilarmi in una
nuova tempesta
E
ad ognuno che ci abbia chiesto cosa è accaduto, cosa è andato storto e come ci
siamo fatti male
Schernendo
un sorriso dico che non è più niente ormai, e lui mente e distorce su qualcosa
che non ha importanza
E
poi, sai, tutto andrà bene quando meno te lo aspetti, girerai un angolo e non
sarai più morto
Girerai
un angolo e ti ritroverai stecchito dallo schizzo di qualcuno impazzito nella
gabbia delle lancette a ghigliottina
Ma
tu non farci pensiero ora, e impara a colare diversamente l’oro fuso dall’acqua
limpida
Perché
i gioielli non potranno più essere scambiati con l’acqua un giorno della tua
vita
Avrai
scelto gli uni o gli altri, starai andando a fondo con gli uni o il tuo corpo
correrà via con la corrente, dormendo in pace su qualcosa che hai seguito fino
alla fine
E
poi il ragazzo della foresta continua a sognare a occhi aperti, eppure vede
tutto chiaramente
O
non vede niente, nemmeno in se stesso, perché si perde negli echi tra gli
alberi, e ogni voce ha ragione
Ma
egli le ascolta credendo che dicano tutte una cosa diversa, sindrome del lupo
della steppa
Non
ha quattro zampe ma diecimila, e in qualche modo devono tutte essere del suo
pelo
E
della sua schizofrenia rinchiusa nelle stanze a labirinto, cercando il trucco
per susseguirsi nella propria mente
Chissà
se troverà la porta dell’uscita di sicurezza, alla quale lo aspetto ogni tanto
con la sigaretta in bocca
E
un sottile sorriso di traverso, che non dice proprio ‘te l’avevo detto, no?’,
quanto piuttosto ‘hey, eccoti qui, in fondo lo sapevi
fin dall’inizio, sai?’
Come
tutti noi, come noi tutti, ognuno a suo modo, e alla fine rinunciamo al vello
d’oro per reindossare la nostra pelle
Come
quel lupo che seppellì il suo cuore nella terra calda della foresta, che glielo
tenesse da conto
Sarebbe
tornato a dormirci sopra quando sarebbe caduto per sempre, rotolato giù per
qualche china di guerra e morte infine
Tuttavia
non riusciva più a correre a perdifiato verso il nord senza cuore, non riusciva
più, non era più
E
tornò a capicollo a riprenderselo e a ringoiarlo, chiedendo scusa alla terra
per quella sciocca richiesta
E
lei, ridendo senza alcuna ironia, disse che era tornato appena in tempo, e che
non ci sarebbe stata una seconda volta
Certi
errori non si possono ripetere, e per quanto sanguini e si trascini, ognuno che
non si porti dietro il suo spirito è fregato in partenza
Attraverso
la pioggia di coloro che più non sono, si può sempre tornare a casa, a casa
dove riposare finalmente, per sempre
Ma
non si può tornare a cercare ciò che di sé si è abbandonato, ormai un mucchio
putrefatto, di cui qualcun altro si è cibato
Allora
conservami il cuore in un luogo sicuro, che sia dentro me stesso e in
nessun’altro
E
quando provai a raccontarglielo, il ragazzo della foresta sapeva già tutto e mi
venne da ridere
Perché
mai dovremmo dirci cose che sappiamo entrambi così bene, in fondo? Se non per trovarci
e ritrovarci all’infinito
E
sai, fratello, so che ti ho perso, e mi dispiace, perché correvamo così bene
nel buio insieme
E
tu sapevi farmi ombra intorno, in modo che fosse come non risplendesse più alcun mattino
Come
se fosse tutto già finito ed esattamente all’inizio di ogni cosa, quando ancora
non esiste niente
Perciò
non c’era da affannarsi da nessuna parte, si poteva stare lì a girarsi su se
stessi,
E
se vivevamo con tanto lusso di indifferente imperturbabilità
Mi
chiedo come mai quei momenti ci si siano incisi tanto profondamente addosso
Come
se niente potesse più avere significato a quel modo, come se fosse diventata
una parentesi di esclusiva esperienza
E
io avevo le mie lame sottili con cui saettavo in quell’oscurità misericordiosa
e assassina
E
avevo paura che la morte mi trovasse davvero per vendicarsi dell’usurpazione, e
sai
Non
ho mai provato il desiderio di uccidere per
indifferenza o per noia, ma solo per disperazione e odio e rabbia
Mentre
tu non avresti sopportato la vista del sangue sulle tue o sulle mie mani, e le
apersi per mostrartele pulite
‘Vai’,
ti dissi, perché volassi via libero e integro e leggero, ad affondare nel tuo
nero sangue liquido di speranze abortite
Tu
che non hai illusioni e non sai raccogliere nemmeno un sassolino di opportunità
Oh
fratello, ti amo come nessun’altro fratello, ma conosco bene la tua scelta, e
come non potrà mai essere la mia
‘Vai’,
‘vado’, e tu affondasti senza nemmeno più dibatterti, e non so più dove sei da
tanto tempo
Anche
se ogni volta reincontrarci è così chiaro e limpido,
perché sai che non possiamo fare a meno di volerci così bene
E
tuttavia saremo per sempre bastardi, diversi come giorno e notte, già, quelli
che più non distinguo così bene
Ma
non credo sia grave, no, credo non lo sia, solo profondamente triste,
inconsolabile e chiaro e libero come il senso delle cose reali
E
tu, fiamma di buio intenso e chiarezza sibillina persa nei tuoi multiformi
veleni per addormentarti un cuore troppo vivido e fragile
Sei
per sempre cosa persa per me, in queste strade dei nostri amici che crescono e
si dividono con le loro mal comprensioni
Noi
almeno avemmo tutto chiaro, e tu volasti al centro della tua pozza, e io corsi
lontano, promettendoti che ti avrei voluto bene per sempre
Ed
è ancora così fratello, lo sai, che ti vorrò bene per sempre, e ti racconterei
i miei sogni incompresi e inconcludenti
Quelli
che gli altri credono siano solo sciocchezze, ma tu capiresti che ogni
sciocchezza incide strane vie sul palmo delle nostre strade infide
E
poi, dopotutto, non siamo che orfani perenni di noi stessi e degli altri,
chiudendo i tracciati che percorriamo a volte con certa incongrua noncuranza
E
tu sai, cosa voglio dire, quando il licaone pensava di poterti dichiarare perso
dopo la prima messa alla prova
E
io dovevo rifiutarmi di ascoltarlo, come sempre, e nessun’altro capiva, tra chi
ti abbandonava alle tue scelte e chi voleva persuaderti ad altre
Che
stavi già volando via al centro della tua spirale senza fondo, ma sai, fratello
mio, tu sai, che non potevo spezzare un tozzo della mia linfa da donarti
E
ognuno ha la sua, come ognuno degli alberi della foresta, come ognuno dei fili
d’erba che nascono e muoiono ad ogni stagione
Ed
ogni sottigliezza pare inconsistente, ma ha uno spessore acuto che si infiltra
tra le pieghe del mondo
Scomparendo
alla vista superficiale e andando a conficcarsi con lievi ramificazioni nel
battito perpetuo che mi tambura nelle orecchie e contro le pareti delle vene
L’altra
notte ho fatto un sogno strano , fratello, e lo canto nel vento perché ti
sfiori la nuca come una carezza scherzosa e provocatoria
C’era
una ragazza che cantava su un tram, andandosene, e la strada era buia, i
lampioni erano saltati, un sussurro stupendo che sputava la meravigliosa parola
blackout
Tutto
era immobile e silenzioso, a parte il vento che squarciava il tempo spazzando
la via spazzatura, e ogni nefandezza quotidiana volava in mulinelli fin troppo
disordinati
E
le persone erano morte perché rincorrevano i loro pensieri stanchi, chiuse in
se stesse, insignificanti come comparse stracciate in un quadro a due
dimensioni piatte
E
io ne ho sorriso fratello, perché vedevo solo io quella ragazza che cantava sul
tram, e solo io sentivo il suo canto
Oh,
avresti dovuto sentire, perché cantava dal cuore della tristezza di ogni essere
umano, come se risorgesse quel ritmo della pelle di schiena spezzata sotto il
sole cocente e di quella delle caviglie e polsi sfregiate dalle catene
Oh,
avresti dovuto sentire fratello, perché cantava di tutto ciò che si è perso per
sempre e che si porterà comunque per sempre con sé, e brillerà finché si avrà
vita di propria preziosa luce
E
io ne ho sorriso fratello, come quando sorridiamo senza credere alla nostra
stessa capacità di mostrare denti eppure non in ringhio per quanto ci sferzi
in faccia tutta la vita da cima a fondo
E
io ne ho urlato fratello, dritto nella tempesta,e i mulinelli di venti
impazziti hanno rapito il tormento e
l’hanno portato a disperdersi nel cielo nero di tempesta
Ho
pensato che i corvi l’avrebbero afferrato, ma è sfuggito persino a loro e si è
disperso più lontano
E
ho pensato ai gabbiani che volano intorno al grande blu liquido e fanno picnic
nelle spazzature con i loro occhi inespressivi e le loro limpide penne bianche
bordate di nero e di gialle zampe
Per
questo ho pensato a te, e al mio altro fratello di penne bianche che andava
cercandosi il tesoro inconsistente risalendo il fiume al contrario
Non
distinguo più il giorno dalla notte molte volte, fratello, e so che tu mi puoi
capire meglio di quasi chiunque altro
A
parte forse il nostro amico che si gioca le ore nel cercare di avere moneta
corrente per cui andare a cercare la sua altra metà di cuore là dove la trova
A
parte forse quel corvo che non riesce mai a posarsi su nulla ma corre a
sorvolare tutto e giocherebbe per un nonnulla e calerebbe a fulmine ogni volta
che ne valga la pena
Vorrei
imparare il trucco di girare il tempo come il cielo sotto al mare, capovolgere
la cronologia per rincontrarti ancora quando potevamo camminare sugli stessi
passi
Ma
il tempo deve essere più saggio di noi nel negarci ogni udienza
E
sai, ho fatto molti strani sogni fratello mio, e in nessuno d’essi riesco mai a
rincontrarti, ma so che tu puoi capirmi nel raccontarteli
Vivi
in pace con te stesso fratello, dopotutto ne vale ogni pena, e se avessi una
vita migliore da confezionare te la regalerei
Ma
la vita dev’essere spietatamente saggia, fratello,
perché non si lascia delineare col righello e si imbizzarrisce continuamente
come fuoco nelle nostre vene
Non
dormire mai senza sognare, fratello, perché ci sarà il tempo in cui potremo
dormire in pace
E
non smettere mai di cantare le tue parole di marcio e di strade malsane,
giacché almeno possano alzarsi verso il cielo e spirare via
Giacché
almeno possiamo ancora condividere la precisa sensazione di tutto il veleno che
ci circola addosso e intorno, mordercelo fuori dal sangue e sputarlo via
Anche
se non possiamo più condividere lo spirito di rivalsa o la speranza che avremo
prima o poi, una per una, nostra sincera vendetta