volo alto, non affondare mai

di VeganWanderingWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** e tutto il resto, dopotutto ***
Capitolo 2: *** e sarà il gioco ***
Capitolo 3: *** fianco contro fianco ***
Capitolo 4: *** spezzarci le gabbie a vicenda ***
Capitolo 5: *** e io posso essere ***
Capitolo 6: *** e un giorno il gioco delle ombre ***
Capitolo 7: *** lo dirà il tempo ***
Capitolo 8: *** due regni diversi ***
Capitolo 9: *** in fiamme ***
Capitolo 10: *** cerchio spezzato ***
Capitolo 11: *** e tutte le volte che ***
Capitolo 12: *** lascia che ***
Capitolo 13: *** l'albero del pesco bruciato ***
Capitolo 14: *** vento + ognuno per sé ***
Capitolo 15: *** sguardo sgombro ***
Capitolo 16: *** strange dreams ***



Capitolo 1
*** e tutto il resto, dopotutto ***


.e tutto il resto, dopotutto.

 

rincorrevo un sogno che ti assomigliava

per vie di luna tagliate da una notte nera

ed ogni fruscio era scintillio di occhi di gatto

e ogni canzone era un gutturale di un lupo lontano

mi richiamavano indietro a dove sanno i miei piedi

luoghi cui appartenevo, luoghi che fossero casa

non come quelle strade, cemento a grattuggiar sudore di sangue

e il lamento stretto in pugno in rettifiche dirette

di una rabbia feroce che bruciava via l'anima ad ogni passo

rendendoti la pupilla di brace o nera di deserto chimico

 

non eri la mia oasi, ma un miraggio abbastanza valido

per cercare di lavarsi in un crogiolo di poche ore sante e salve

c'era una linea di fuoco molto netta, come una cicatrice su strada

solcava la distanza che gettavo tra chi era con noi e chi

sarebbe potuto vivere o morire centinaia di volte per quel che mi riguardava

 

e ricordo il volo del corvo che ci teneva uniti facendoci alzare

lo sguardo al di sopra dei palazzi, ad un cielo che forse, che dopotutto...

e m'arrampicavo sui tetti se necessario, pur di dirgli, sfacciata sfida reciproca

guarda che anch'io volo, guarda che anch'io posso andare in alto

e ti confidavo, e lo sapevi: quanto si può precipitare per lungo tempo

senza mai sentire altro schianto, solo l'eco prolungato della caduta

ma tu eri andato a solcare la melma fognaria, spuntavi tra i tombini

occhieggiavi con parole in tono basso un mormorio stanco

e ogni volta che mi fermavo per ascoltarti mi rendevo conto

che non potevo soffermarmi, che dovevo tenere dietro a me stesso

e che non ti volevo più rendere alcun favore, nessun trascinarti

solo un richiamo testardo e insistente, vittorie preziose e rapide e brevi

ogni volta che ti si riusciva a coinvolgere in uno scherzo di corsa

e tutto il resto del tempo, e il corvo lo sapeva meglio di me, e tutto il resto del tempo

guardare mentre tornavi sotto il terreno a dannarti l'anima

 

era forse solo un cielo nero di notte, di tempesta, di sogno e rivalsa

al di sopra di tutti gli altri che pretendevano

di dormire sonni imbottiti con pasticche di illusioni e sostanze vane

al di sopra di gesta complici che scaldavano il sangue che corresse in senso avverso

a tutto ciò che faceva il veleno in cui si affondava per la maggior parte del tempo

 

la scommessa era diventata dolorosa e il banco della punta era vuoto

e imparai penna a penna insieme al corvo, come non contare mai più

su quello che potevi fare ma, stato per stato, momento per momento

cercare, provocare, scovare, cavarti la risposta di vita brano a brano

per questo continuava, l'insegnarci una pazienza di volta in volta più grande

e che gli altri rimanessero a guardare, cuore in mano e sguardo sgombro

la meraviglia, l'illusione, la vittoria, la rovina, la miseria, la fortuna

e tutto il resto dopotutto, e tutto il resto dopotutto...

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Capitolo 2
*** e sarà il gioco ***


.e sarà il gioco.

 

poiché ogni via con cartello è solo una strada

che puoi percorrere ripetutamente fino alla nausea

se trovassi sempre la forza di non tradire questo flusso

non fare l’errore della volpe che voleva gli orologi

che se insieme possiamo lasciare vuoto lo scranno

rischiamo pure insieme d’infilarci in gabbia

 

ma per gioco ti dirò che posso aver ragione solo io

e per gioco scaravoltami dal gradino

e per gioco mi dirai che tempo fa oggi a occhi chiusi

e per gioco replicherò che menti mentre sappiamo ch’è vero

e il cielo punto fermo sopra di noi a dettar colore

ma questo terrore di non aver più quasi niente che vale senza di te

e di once di paura evitate addormentandomi il cuore per ore

finché i tuoi occhi non lo ritrovano e lo dichiarano battente

di tutte le preziose lucidità, voglio quella del coraggio

di avventurarmi accanto a te in ogni luogo ci guidino

le nostre intenzioni quando trovano tutt’uno

 

non sarà che aspettiamo il giorno che ciò che unisce ci separi

sarà quel giorno a dover aspettare che abbiamo tutto il tempo

di fare i nostri comodi, vivendoci a piacimento

che se fosse gara per fregare il destino

allora la combineremmo senza che nessun rischio

ci paia non valga la pena d’essere colto

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Capitolo 3
*** fianco contro fianco ***


.fianco contro fianco.

 

 

e ho bisogno di altra veste epidermica

mai luccichii ma unghie spezzate a decoro

 

e ho bisogno di mantenermi a distanza di sicurezza

dai nemici che mi rivolgono le punte delle lance

sanno che l'odio mi tradirà, facendomi infilzare da solo

e so che l'amore mi tradirà, mi da alla testa

se non sono abili a fronteggiarmi, morderò perché m'appartengano

 

coloro che non comprendono, conosco il vizio

crearsi cerchi per poi infrangerli

sabbie di percorsi da soffiare via col vento

e tu dimmi, se hai infranto quella clessidra

che dice che solo uno di noi due può averla vinta

 

riconosco le tue attenzioni, che io son peggio di nitroglicerina

non fragile, eppure pieno di crepe da capo a piedi

e considero le linee delle mani qualcosa che ha senso in sé

il modo in cui sai che se sbagli il come starmi vicino

dovrò farmi brutalmente strada attraverso le tue malcomprensioni

 

e mi offri fianco contro fianco, come se non chiedessi altro

rendendomi conto, che tu mi hai capito: non accetto altro

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Capitolo 4
*** spezzarci le gabbie a vicenda ***


.spezzarci le gabbie a vicenda.

 

ti vedo dritto attraverso gli occhi

e mi vedi dritto attraverso lo sguardo

puoi sentirmi quasi sempre a che punto di caduta sono

e hai imparato a non farti ingannare dai miei possibili travisamenti

o abbiamo sempre saputo come farlo così vicendevolmente

dovessi diventare cieco domani ti tenderei la mano senza dubbio

ammaestrandomi le zampe a non diffidare del cuore

ammaestrandoti le danze a non tirarti indietro e non restare a parte

ammaestrandomi le stanze a non provare nemmeno a seminarti

ammaestrandoti le insicurezze quali minanti falsità

 

di tutte le volte che hai scartato le mie parole ingannevoli

e di tutte le volte che ho scoccato freccia attraverso le tue nebbie

di tutte le volte che ho interpretato esattamente ciò che pensavi di dire

e di tutte le volte che mi hai ripescato da moltitudini in cui mi creavo il nulla

qualsiasi cosa tu sia, volerai alto o ti farai pesce

da altezze vertiginose a profondità buie

 

ah, ma tu, accenderti la luce negli occhi per vedere limpido

e bruciando calorosamente le mie vuote innumerevoli ombre

senti questo vento che spira, a sconvolgere le foglie?

ti solleverà per partire, strega o miracolo di illusione

non sei la mia, e non sei la tua, non sei di nessuno

 

continuerò a correre su questo terreno sempre aperto dinanzi

ed è corsa che non si presta più a trappole e lacci

le infrangono i denti, schegge ma senza spezzarsi

di tutte le penne, abbi fiducia, ricresceranno una ad una

e quelle altre le raccatterò e le masticherò, tinte di inchiostro e veleno

 

digerirò le sferzate di tempesta, cadendo e rialzandoci

purché noi, come che sia, in qualche modo, a fianco a fianco

fregherai le mie corde ogni volta che cercherò di stringerle

lascerò vuote le tue costrizioni ogni volta che cercheranno di soffocare

in questo gioco continuo, spezzarci le gabbie a vicenda

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Capitolo 5
*** e io posso essere ***


.e io posso essere.

 

e io posso essere il tuo sparviero da caccia

capriole nel vuoto in volo, graffiando le nuvole

ma calando come un proiettile

pettinando il terreno in un soffio rapido

carpendo ciò che desideri per portartelo

non calarmi addosso paraocchi, mai,  non funzionano con me

e dovrai fidarti, che ritornerò da te dopo ogni lancio

ti servirà un guanto spesso perché gli artigli non sono retrattili

e tu, sarai sempre lì dove dovremo reincontrarci senza richiamo?

 

e io posso essere il tuo gabbiano messaggero

percorrere distanze indicibili, al di sopra di marose tempeste

ma recando messaggi in ogni dove, tuoi o miei, o d’entrambi

facendo il solletico agli spruzzi d’acqua dolce o salata

attraversando discariche pullulanti di cose mute

non pretendere che dimentichi ciò che ho visto, ti narrerò

e dovrai ascoltarmi, digerire tutte le storie

ti servirà uno sguardo lucido per capire dove taccio o mento

e tu, sarai sempre lì quando torneremo per cercarci?

 

e io posso essere il tuo cavallo nero come la notte

da far invidia al destriero della morte

come se avessi sguazzato nel caffè che affila i nervi

impennandomi davanti ad ogni costrizione

o scalpitando con la coda in fiamme mentre degenera la guerra

non bardarmi per farmi tirare determinate carrozze

e dovrai affidarti, che io abbia sempre il modo di non sprofondare su sentieri melmosi

ti servirà una grande naturalezza, per vivere la sfida sempre aperta

e tu, sarai sempre lì a comprendere la natura della reciprocità anche quando fa male?

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Capitolo 6
*** e un giorno il gioco delle ombre ***


.e un giorno il gioco delle ombre.

 

Il coltello gira su se stesso a velocità folle sul vetro

di un tavolo per qualche misterioso motivo non ancora infranto

e tu mi guardi come se aspettassi per cortesia che decida io

chi lo afferrerà per primo cercando di ferire l’altro

sorrido per ricordarti che ho scelto di aver zampe per correre

 e non mani per afferrare lame da poter rivolgere

ma lo sguardo che  mi getti negli occhi mi dimostra

una cartina di cicatrici impressionantemente somigliante

e mi prende l’ansia di staccarmi da questo gioco

e il terrore che un giorno uno di noi due perderà, perderà

afferrerà il coltello e lo rivolgerà contro l’altro

afferrerà il coltello e ci giocherà con la punta tra le dita della mano aperta

come se non importasse più di perdere un dito, mentre l’altro

mentre l’altro, con le orbite vuote in un muro di silenzio

giacerà senza vedere cosa succede, sentendo solo il suono dei colpi mancati  ripetuti, da far impazzire

e il dolore lacerante senza fine

richiederà che quella lama infine affondi in qualcheduno

o scorra su ciò che ci unisce

recidendo via

 

e un giorno il gioco delle ombre l’avrà vinta su di noi

vorrei pensare che calerà come un caldo e dolce mantello

e che potremo bruciare in un tramonto di fuoco

prima di andarcene in una notte che prometta un riposo amico

ma tu, tu mi guardi negli occhi e mi dai il fuoco troppo presto

ma tu, tu che desideri la morte troppo presto

e io, io che vi ho trovato una compagna di danze ammaliante

e il mio odio che mi brucia come fuoco che scorre su lama di falce

ed è una luna che si apre in mezzo alla pupilla, frammentandola

ed ogni scheggia taglia via pelle aprendo nuovi squarci di lucidità

i denti richiedono qualcosa da stringere in morsa e la lingua il sale della pelle

se non dobbiamo più morderci fino a fare male a noi stessi

autolesioni per tenerci viva l’anima in queste gabbie

se non dobbiamo più spaccarci le vene schizzando di sangue nostro

i muri di una città che giace silenziosa…

 

lascia perdere, lascia perdere

il silenzio di chi rimane a guardare mentre ci portano via

lascia perdere, lascia perdere

la rassegnazione in quegli occhi spenti che non sanno far altro che muovere bocca per lamentarsi

e se gridiamo noi…

quando gridiamo noi di dolore e paura e rabbia e odio e di essere dopotutto ancora vivi

ti regaleranno una camicia per adattarti, e la farai a pezzi

ti imporranno una camicia per rinchiuderti: ma non ti avranno mai

 

lascia perdere, lascia perdere

quel loro scuotere la testa pensando che ce la siamo andata a cercare

loro scorgono le gabbie contro cui ci scagliamo, e non ciò che vi sta oltre

loro vedono ciò che ci fa cadere, e non ciò verso cui corriamo

loro non sono più capaci di gettarsi nel baratro piuttosto che stare ad aspettare…

ciò che li ucciderà mentre sono ancora in vita

e non li invidio più, non li vedo nemmeno più…

e li sento, sento addosso la rabbia e la frustrazione di tutti loro, e grido finché non mi spezzo

sperando che tu non mi senta, sperando che tu mi senta e mi dica tu

il turno è tuo, è la tua mossa, dirmi di lasciar perdere

sorridendoci nella complicità di sapere che comunque non ci riusciremo mai davvero

a far finta di niente, a far finta di che, a far finta di tutto e di nessuna cosa

 

e un giorno il gioco delle ombre ci circonderà

lo fa molto spesso, e mi ci butto di mezzo

rompi il cerchio, spezza il cerchio, mi ci diverto

rido dello sfregio sul muso tagliatomi da un brandello di stoffa vuota

se effimera era la stoffa, mi rimane da farmi fregio di ciò che ho addosso

e non voglio andare a dormire senza poter sapere che domani mi ritroverò

e non voglio andare a dormire senza poter vedere che domani non sarà ricominciare da capo

ma partire da zero in una volta in cui noi possiamo anche ritrovarci

sapendo che un giorno il gioco delle ombre ci vincerà

il correre a filo di burrone ti tiene vivo, e se scivoli son già in scatto per riafferrarti

e se precipito, sai già, che ti chiederò di lasciarmi andare,e che non lo farai mai

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Capitolo 7
*** lo dirà il tempo ***


.lo dirà il tempo.

 

mi pesavano le catene spezzate che ancora indosso

le facevo tintinnare a ritmo ballando per prendermi gioco di me

e poteva funzionare in un modo tutto suo, di lasciare che scorresse

che portasse dentro e fuori dolore, incertezze e tristezze

ma la corrente tirava sempre forte, senza lasciarmi cadere mai

imparare la fiducia dell'affidarsi al vento d'alta quota

i vuoti che ti fanno precipitare per piedi e piedi

e poi arriva l'altra coda ascendente a risollevarti alto

 

all'agilità delle zampe affinata dal correre e saltar torrenti e fossi

quella pietra che mi incidevo per piantarmela su buca e morire

me la trascinai dietro per miglia prima che la rabbia la mandasse in ciottoli

da disseminare mentre camminavo spargendo frammenti rotti

rotolavano via come una frana che non mi aveva più travolto

ed ero, dopotutto, aldilà e nonostante tutto, ancora dritto in piedi là

risi, gridai, alzai un urlo di battaglia e un canto di dolore

guardai per bene tutto quanto, scossi la testa divertito e continuai

 

e questo tempo che corre selvaggio, facendoci a gara

quasi mai la pazienza di aspettarlo o di lasciarlo andare

non preoccuparti che il vento arriverà, dovesse passare alba una dopo l'altra

ma arriverà per sicuro, abbi fiducia - se non in me - in questo

ti gonfierà le penne risvegliandoti, te le asciugherà dai mulinelli ingoianti

pregandoti solo di non affondare in te stesso, che non se ne esce più

 

ma riconosco l'inganno, dell'indurti un favore ad entrambi

che ci uccida sul momento per non prolungare l'agonia

 

ti terrà vivo finché non ti ritroverai, ti terrà abbastanza salvo

in tutto ciò in cui non riesco, guarda bene, riprendi il vento

se non noi, quello sempre rifunzionerà

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Capitolo 8
*** due regni diversi ***


.due regni diversi.

 

se restassi fermo solo un momento, pazienta, anche se farà male

ti leccherò via la bava di illusione che ti sta marcendo gli occhi

riaprili prima che i sogni abortiti ti tessano un cotone avvelenato

io non ho buona vista, e molte volte ciò che fiuto non lo so spiegare

e ho la vista in due dimensioni più che in tre, come invece te

 

ci sono solo le mie impronte su certi sentieri, cancellate presto da tanto altro

e poi rifatte, che le riveda anch'io nel caso

ci sono solo i tuoi giri d'ala in alto a mezz'aria, non riesco ad afferrarli sempre

non ne rimane traccia se non nell'immediato, ma mi rimangono negli occhi

come segni vividi da poter rivedere se li si chiude un momento nel ricordo

 

era ghiaccio acuto, solo due facce, una verso l'esterno e una verso l'interno

con espressioni talvolta completamente diverse, al punto che

incrociandosi lo sguardo si disdegnavano profondamente

e il ghiaccio m'aveva coperto il buco nel cuore, una cicatrice come una crepa

poche diramazioni, unica linea più volte spezzata, senza precisa direzione

se non quella datale dallo sfregio, dal colpo

dormivo. non ricordo altro. o pretendo d'aver sognato molto a lungo.

ora sogno quasi solo da sveglio. e tu non ci sei la maggior parte delle volte.

ho bruciato tutte le foglie secche accumulate, quelle tra cui danzava lei specialmente.

tu non eri che giochi nell'aria, splendidi davvero, ma alla prima freccia che tirarono...

 

non so cosa facevo, danzavo sulle mie strade come sempre

ma le portavo a incrociarsi sempre più spesso con i tuoi voli

eravamo in ogni caso su due livelli diversi

potevo arrampicarmi abbastanza in alto, potevi scendere a volo abbastanza radente

in modo che ci potessimo incontrare su una mezza via abbastanza disponibile

ma abbiamo due regni diversi, sai... due regni diversi...

 

è solo che non riconosco il modo in cui affondi nel fango, tu che sei di cielo

è solo che non mi riconoscevo il modo di spiccare balzi nel vuoto

rimanevo incantato sul vuoto e precipitavo a metà del salto

forse t'invidiavo le piume, perché potevano volare senza di te

il cerchio si chiude, come un cucciolo sciocco che insegue la sua coda

possiamo giocare ancora come cuccioli, ma non siamo più tali il resto del tempo

siamo cacciatori, abbiamo sangue che scorre per questo

altrimenti non è vita, altrimenti non siamo noi

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Capitolo 9
*** in fiamme ***


.in fiamme.

 

sembrano passati secoli

o forse sono miglia che sono scappate via

mentre ero voltato dall'altra parte

avevo un riflesso di sole a bucarmi la retina

squagliandomi la pupilla

e il terrore che tu non ci fossi

 

e tutte quelle persone

a offrire consigli e suggerire appigli

nessuno ad avere pietà di dirmi

che forse se n'era andato per sempre

il momento in cui potevamo incrociarci

senza di mezzo tutto ciò che ci avrebbe diviso

perdonami se ho dato a fuoco a tutto

avevo un fiammifero in mano

ricordo che avevo un fiammifero in mano

 

le dita macchiate di polvere nera

ricordo che vagavo pescando cose scartate da altri

suppongo cercando giusto la mia carta

o chi l'avesse vista almeno andare in fumo

se lei non mi rideva in faccia

la maggior parte del tempo non avevo più idea

con chi avevo a che fare, e che cosa poi...

 

e quando osservarono il colore dei miei occhi

lo trovarono bello, inorridii in un gelo senza fine

sai, non era il mio, scolorito come annacquato

come ghiaccio sciolto che s'è ritrovato svuotato

chiedendomi dove avevo lasciato indietro le mie spoglie

mi volevo convincere che tu avresti saputo dirlo

che non erano i miei occhi

oppure che non ero dopotutto affatto io

 

ho tagliato le corde della nave che bruciava

e se dovrò dirmi che t'ho lasciato affogare

mi si inciderà la morte sulla mano

e saprò d'andare a cercare un albero

corda in mano

passo leggero, sicuro e lesto

 

finirò a pregarti come un oracolo

di non trasfigurarti mai

ma quanto spesso sai ritrovarmi meglio di me

ed è già la fine, o un altro inizio

 

attraverso le nostre stesse parole

giaciamo terribilmente esposti

ritrovo la traccia per intuito innato

e ti perdo tutto il resto del tempo

e ti ritrovo tutto il resto del tempo

ho iniziato a farmi ballare intorno il cerchio

in cui mi rinchiudevo fuori dal mio stesso nulla

soffio via la cenere e ne rido

si rispecchia biancoluna sulle ossa linde

piove cenere da mezzanotte a mezzanotte

non mi sto sacrificando a nessuno

mi sto dando in pasto a me stesso

 

...e tu vai in fiamme, poco più - poco meno - quanto me

...e tu vai in fiamme, con o senza me

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Capitolo 10
*** cerchio spezzato ***


.cerchio spezzato.

 

mi sono stancato di fare il lupo 

che corre con la coda in fiamme nel circo di una piscina vuota

seminando tracce di sangue

se il fango di queste tempeste mi s'è asciugato disinfettando le ferite

cicatrici storte di lampi feroci su pelle come righe in palmo di mano

e che il dolore abbia finito il pasto o no

sottrattogli l'osso me lo porto via mio

ne ho avuto abbastanza di rizzare  le orecchie ad ogni richiamo di falco

mi scanso di poco ogni volta che scende in picchiata incerta

piovevano foglietti di biscotti cinesi di cui non riconoscevo le parole

ho afferrato il senso, sai, ho afferrato il senso

mi ha tagliato il cuore

 

non ho mai raccontato la storia di quella ragazza che si svegliò

sospesa in aria al di sopra dell'acqua nera di una piscina deserta

il vento le soffiava foglie multicolori dritto addosso, ma erano secche

lei non aveva idea, di quel lupo che correva sommerso in fiamme

che l'acqua fosse d'inchiostro, sentiva solo il lamento delle bolle esplose in superficie

gridò per far voce-coro a quell'urlo, assordante suddiviso in sfere brucianti

e quando l'acqua ghiacciò, si ruppero in frammenti lacrime di sangue congelate

precipitavano come comete, benché nessuno di loro credesse alla fine del mondo

e io ridevo del lampo verde intenso caduto sulle colline buie in lontananza

l'avrei scossa e morsa finché non si fosse svegliata

ma annegò in silenzio

 

anche quando sapevo che sarebbe andato

perduto per sempre

non facevo che girare in tondo

stavo al gioco delle ombre, girotondo d'illusioni

pervicace come i loro manti scuri di ottenebrazioni

mi gettai nella mischia

non credevo in nessuna di loro

e quando alzarono le braccia a farmi tenda scura

mi lanciai attraverso, superai l'inconsistenza

trattenendo il cuore tra le fauci

si spezzò il cerchio della gabbia falsa

scomparvero inghiottite dal ritorno d'imploso vuoto

 

avevo imparato a non pretendere mai più niente

già, tranne da me

come la mia volontà di sostenerti il fianco

solo per contraccolpo di gettarci avanti

non eri più la mia trappola, ed ero sempre

lo spronatore prima di tutto di me stesso

mai conosciuto migliore allenatore

della motivazione che ci farà agitatori delle nostre schegge impazzite

sottratti ai fili taglienti, crudeli

delle moltitudini dei burattinai completamente folli

queste lucidità che non scambierei più per niente al mondo

 

e comunque tu, che sai di che parlo...

lasciandoti cavare il velo dagli occhi

non tesserò più rete per catturarti seppur

tu capisci, solo per tenerti a galla

se vai giungendo l'anima alla fame dei pesci

ti raccomanderò agli altri affogati

loro che amano recitare la disgrazia delle loro navi affondate senza scialuppe

so nuotare da troppe vite, so bestemmiarmi tra troppe sfide, leccarmi da solo le ferite

non c'è più nessun luogo che aspetti il mio ritorno, sanno troppo bene chi sono

e non ne hanno mai capito, come io per primo...

possa affidarmi puramente alla dinamite

 

saltabeccando lettera per lettera, rifiutando le mani tese per afferrarmi

che mi lascino cadere e rialzarmi

scelgo solo chi corra con me

ricordi il trucco che hai sempre saputo?

io che, che chiamavo fuori dalle gabbie

a cui avevo spezzato un varco a suon di nudi denti

dammi solo il ritmo di corsa, ti darò il mio

e finché saranno sincroni

potremmo andare da qualche parte con lo stesso passo

o disgiuncerci, senza fare mai vincolo di promessa

giacché ci ritroveremo sicuramente, se si reincroceranno le strade

 

che il cerchio si spezzi in flusso, noi che non annegheremo mai

che il fiato si spezzi in balzo, noi che precipitiamo senza giacere mai

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Capitolo 11
*** e tutte le volte che ***


. e tutte le volte che .

 

mentre io ancora vado avanti perfettamente

qui manca la morte

è passata e mi ha lasciato qui, se n'è andata senza prendermi con sé

e non ricordo perché l'ho lasciata andare

 

e tutte le volte che

non era niente di speciale, ma il mio mondo chiuso in poche ore

ogni volta che ero davvero presente, e quando ero del tutto altrove

non mi sono mai raccontato la bugia che tutto girasse intorno a te

ma in qualche modo mi sono impegnato a crederci fermamente

strappandosi via la coscienza di dosso, abbracciando inconsistenze

di quelle che ci stavano così bene addosso, per non essere più noi

 

dimmi anche se lo so già, continuo a ripeterlo anche quando non va

volevo solo giornate migliori, e ho fatto di te la mia droga preferita

perché ti ho preso come se le tue complicazioni

mi permettessero di schivare le mie, così agilmente

ed eri una perfetta distrazione, per starmi il più lontano possibile

 

e tutte le volte che

non hai alzato il bicchiere con me

quando ho chiesto di brindare ai miei errori

tu che non hai mai creduto che stessi sbagliando senza motivo

sappiamo riconoscere tutte le nostre cause valide ogniqualvolta perse

sappiamo individuare a colpo d'occhio le nostre peggiori scuse

da pararci gli occhi quando stiamo sbattendo contro i nostri stessi muri

mi assomigli nel fare mirabolanti assoli

virtuosismi per mandarci fuori strada

 

ti ho preso a morsi ogni volta che

ti ho visto scivolare lasciandoti cadere

e ti ho preso a spallate ogni volta che

cercavi in ogni modo di sbandare

giusto per distruggermi usandoti

come peggiore arma e migliore inganno

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Capitolo 12
*** lascia che ***


.lascia che.

 

e volta per volta

rimani in angolo, rimani in ombra

in modo che io non ti possa vedere

quando indosso mantello rosso

e avanzo morte rossa

 

Scivola la falce attraverso l’aria

e si spacca la pelle debole che impugna il legno che trema nel colpo

E non c’è nessuno che risparmierei, non per odio

ma per non morire tra gente grigia che sfugge il vuoto pur creandolo

E non c’è nessuno di cui troverei lo sguardo

perché gli occhi velati di illusioni mi danno solo nausea e veleno

Ma quando mi giro per sputare negli occhi a chiunque sia venuto a fermarmi

i tuoi occhi bucano l’odio puro

Si incrina pericolosamente la lama

e seppure ancora non riconosco il riflesso che mi ritrae

riconosco i tuoi occhi

 

polvere alla polvere

se è nient’altro che niente quello che scorre sotto queste strade infernali

ma se il vento contenesse il tuo odore

sarebbe più doloroso strapparsi via da te

brace alla brace

lascia che il fuoco si spenga

che il tramonto scompaia senza promesse

e dal momento che se mi chiedessi di restare non sarei capace di andarmene

vado prima che tu possa parlare

 

chiaramente, cosa possiamo prometterci se non abbiamo più

nessuna certezza che valga fino a domani?

Tieni custodito qualsiasi cosa ti leghi a qualcuno, sempre e comunque

lascia che scorra sullo sguardo

ma non metterlo mai in lingua che possano leggere

Perché sono in caccia, sono in caccia di noi, come sai

e noi tutti conosciamo l’amore insieme alla paura solo

Ma io ho ancora troppo veleno accumulato

di un dolore che non riesco più a scrollarmi di dosso

E di osso in osso, danza degli scheletri

dove non hai bisogno di temere di perdere nulla

nel silenzio dove ballano i mantelli delle ombre

Quanto spesso non ho nessuna bugia che mi porti via

dai sabba in cui mi vesto dei suoi abiti, usurpandola

lei, la regina assoluta

E ho una corona di lacrime congelate in ghiaccio

e ho un nido di rovi al posto del cuore

‘Ghiaccio sottile’ sussurra la guida in avvertimento

sorridendo scuoto la testa

impugno quella parte di luna che si presta a lama storta

e parto alla ricerca di fili invisibili, miei e altrui

 

Già sappiamo come andrà a finire, ci condanneranno

per ciò che diciamo e per ciò che siamo, dopotutto

come se l’essere non meritasse giustizia

Parola in cui non crediamo, parole in cui non si crede più

quando troppo a lungo chiedono la tua pelle vuota

E allora togliti di torno

lasciami spazio per abbattere queste lame

che si infrangano su qualsiasi cosa ho intorno

se qualsiasi cosa rimane muta quando grido

E tu e gli altri che infrangete questa solitudine perfetta

su queste strade che vanno in un buio che scegliamo come complice

Vi terrei lontani se poteste fidarvi abbastanza di me da sapere

quale lama suscita la rabbia accumulata

e va cieco, e va cieco…

 

ghiaia alla ghiaia

se nient’altro ti tocca con familiarità quando passi giorni a strisciare

ma non potrei più illudermi di avere solo me stesso da giocare e perdere

se i tuoi occhi mi trovassero, come sempre

cielo al cielo

lascia che io spergiuri che tutto ciò che mi importa è non farti male

ma è la paura a dettar legge

E dal momento che so troppo bene spezzare le illusioni

e ritrovarmi davanti solo realtà e sogni

lasciami chiudere gli occhi un istante solo…

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Capitolo 13
*** l'albero del pesco bruciato ***


.l’albero del pesco bruciato.

 

non riesco più a scendere dall'albero del pesco

e sono abbastanza certo oramai, me l'ha detto la luna

ripetendomelo ogni volta, ogni singola notte

non eri là quando sono salito, eri un miraggio

ma tu vola via, non ascoltare i miei richiami, e non lo fai

ritorni a scrutarmi l'occhio nelle profondità delle occhiaie

 

c'era una freccia di fuoco piantata nel tronco in profondità

e il sangue di linfa scorreva a disegnare segni verdi

brillavano intricati, decoro su un tappeto di foglie morte

leggevo il futuro sulla polvere nera che delineava righe sulle mani

ed era come una serpentina che sibillava predizioni

polveriera, sempre vicino una fiamma per scaldarsi

a ricordare di che sangue ci scorre nelle vene, intolleranza alle catene

 

una ragnatela di cicatrici a scrivere sulla pelle bruna ciò che si è

attraverso ciò che si è fatto, e tra gli sbandi era un tutt'uno con noi

non tradire la tua natura, ti ucciderai lentamente, stringendo la corda

un cappio che scivola tra le correnti di vento, aspettando il momento

ascoltane il fruscio di morte certa, ti culla, ricordandoti che riposerai

 

dormi perciò amore, dormi con serenità

sì so dei tuoi piedi che non trovano appiglio a terra

con le tue penne preda di una vertigine perpetua

che hanno senso solo in volo

sono il tuo ausilio per aver a che fare col terreno scuro, sassi bianchi

come ossa di stelle arenatesi in comete frantumate dall'impatto antico

 

dormo perciò tranquillo, riposo le zampe per la prossima partenza

le tue piume vecchie mi rinnovano

un morbido sollievo in una tana sicura

di queste radici di cui so leggere ogni curva

di come si muovono con ritmi segreti

tu lo sai ormai, rinnovo il pelo attraverso i chiaroscuri

di una foresta infinita

e nel sogno disegno con corteccia bruciata

l'immagine di un cielo che i tuoi occhi attraversano anche per me

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Capitolo 14
*** vento + ognuno per sé ***


.vento.

 

una lacrima di benzina in un occhio

non cade mai, aspetta solo il fuoco

una scintilla sempre viva nell’altro occhio

sempre trema, cercando miccia da correre

lucentezza nera, al centro di un incendio rosso

 

balzo in volo, per scavalcare divorante abisso

freccia già scoccata, non si sa precisa mira

fino al termine di traiettoria effettiva

 

un vento putrido che reca sentore di marcio

un vento secco che asciuga il sale addosso

un vento aperto in ogni direzione valida

accarezza le montagne, evoca arboreo canto

 

un vento buono, gonfiarti le penne in alto

un vento pesante, ti trascinerà in tentato schianto

un vento complice senza distinzioni

distoglierà da te traiettorie amiche e nemiche

 

seguirlo ove si crede, lasciarlo a sé

riposare su quel terreno greve, che ululi da solo per stanotte

opporvicisi ove si vuole, ripulirsi lo sguardo dalla polvere

 

--- ° --- ° --- ° --- ° --- ° --- ° --- ° --- ° --- ° --- ° ---

 

.ognuno per sé.

 

Ti ho visto correre verso dove saettavo io

ma non sono più riuscito a crederti

Il momento in cui ti ho visto frenare te stesso

temendo la morte contro un infinito muro

Ti dirò, battere pietra su pietra

alla ricerca del punto debole, uno sempre ce n’è

cedendo lascerà scorrere dritto il raggio

E non è miraggio, l’ho visto davvero

E non è allucinazione, è già qui a scaldarmi il cuore

Ti recherà su strade morte se passiva

la volontà pervicace d’agire e reagire

ti terrà vivo e attivo attraverso ogni tempesta

 

Te solo, aldilà di ogni gabbia consolante

non sei più il mio appiglio mancato

non sei più mio oracolo, mio appoggio scontato

Non sei più niente per me, e perciò

così forse siamo di nuovo tu ed io

Potremmo incontrarci in un giorno sgombro

un lume acceso in un luogo che non esiste

brucia su se stesso

 

Ognuno cagione di propria gioia e di proprio dolore

di propria vittoria e di propria sconfitta

Non sono tua circostanza né salvezza

e tu non sei le mie, giacché no, la verità

non siamo mai stati più distanti

proprio quando ci siamo avvicinati troppo

Ci incontreremo un giorno di nuovo sole

o ci saluteremo senza niente in sospeso

 

La luna rossa mi gettò in nuova caccia

il sole nero era sorto sulle solite avverse ore

un sole pallido m’aveva reso idea di quanto prosciugato

un sole ardente cauterizzava via lo strappo delle cose perse

sacrificate a quell’unico sole, vivo e alto, che sapeva...

posso trovare la forza che già ho

Ad ogni svolta di labirinto, con sollievo

mi restituisco a me stesso

non ti trovo più, ti sento spesso

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Capitolo 15
*** sguardo sgombro ***


.sguardo sgombro.

 

Prova ancora a contare su di te

prima che su chiunque altro

perché posso spazzarti gli occhi

chiedendoti di aprirli sulle tue mosse

E posso soffiarti sulle ciglia per invitarti

al gioco di fregarti quando vuoi farti male

al gioco di concentrarti su ciò che vuoi veramente

e prendertelo senza dover mai contrattare

 

Ma non mi permetterò di aiutarti

se partissi ti sgombrerei il cammino, e lo sai

ma non verrò a trascinarti fuori da nessun luogo

in cui ti auto-rinchiudi a fissare le finestre

senza più vedere le sbarre su cui…

tirerò sassi contro per fartele risuonare all’orecchio

chiaramente, limpidamente, sperando tu le veda di nuovo

e rimane atroce il dubbio, se per te le spezzeresti

fosse anche per lei, fosse per un giorno che aspetta fuori

 

I nostri giorni contati e maledetti

strisciati su fogli che aspettano di vederci incatenati

sgocciolati in ore in cui raduniamo le nostre migliori

risorse e possibilità, ho il coraggio che mi batte nel polso

una paura terribile che mi àncora meglio i piedi al terreno

mi aiuta a definire i passi, l’ho bistrattata fino a farne la mia alleata

e mi rende lucido lo sguardo, mi rende chiaro il senso

della preziosità di ogni ora che sono libero

 

Mi do in pasto a me stesso, non aspetto nemmeno più

la scintilla che mi incendia continuamente il sangue

momento per momento, fosse anche liquido nero d’un sole bruciato

si spalanchino crepe nel terreno, come rigature fogliate

come linee di percorsi non ancora tracciati su pelle

definiscono un tutt’uno che tesse una rete paziente

resiste ai peggiori colpi, non temo il giorno che si spezzerà

se non qui e ora, non abbiamo senso

se non rialzarsi dopo ogni batosta, non siamo più vivi

 

E sono qui, sono qui con te, a guardare di volta in volta

se ti stai rialzando o se continui ad affondare

ma hai un cervello troppo acuto, da stare sempre in guardia

di non usarselo contro per assecondare i timori

per riprendere fiato dalle guerre continue ci sarà sempre il tempo

E ritornando a camminare per queste strade spazzate da misto vento

ho il terreno a contatto, ho l’aria tra le dita e il fuoco sotto pelle

lo sguardo rivolto dritto in avanti, non ho bisogno di voltarmi

per sentirvi con me anche quando sono in una battaglia solo

mi reco insieme la vostra complicità, e lo spunto delle critiche

ad ogni mossa, ad ogni movimento, ad ogni contromossa

Ed ogni volta che ti vorrei con me, come se valesse una

sostanziale differenza, ne rido, ne sorrido, ne piango

e mi maledico e mi trascino e me ne traggo fuori

ondeggi tra le mie migliori forze e le mie peggiori debolezze

 

Sai, non tengo più il conto, ho altri spazi da riempire

non mi bastano le ore che scorrono vive su questi passi

racimolati, collezionati, gettati in avanti con azzardo di mossa

sei la mia maledizione e la mia liberazione

continuo rischio di prigione e di trucco spoglio

Non riconosco più le tue mani, ti pesco nello sguardo

cercandoti e perdendoti, come sempre, ritrovandoti e lasciandoti perdere

la fiducia si è trasformata in qualcosa a cui non so

mai più dare un nome definito, come a ciò che ci leghi

o ci separi, ci avvicini o ci disperda, suppongo solo cammini

 

Credo di diventare cieco molte volte, e di non vederci

sempre così chiaramente, tentando a tentoni

Ricordo chiaramente quei momenti in cui non me ne importava niente

in cui mi sarei lasciato divorare completamente

dalla fiamma che mi bruciava via in un attacco scoperto

E ricordo nettamente gli arrovellamenti, giochi spontanei

di dadi gettai un frammento davanti a me

scelte aperte, tutta l’astuzia e la fortuna a decidere

che fare degli errori e delle azzeccate, di lasciate per perse

di prese per puro desiderio di avere e riuscire

E dove la sfida si mistura con l’abilità, e le sciocchezze scivolano libere

non me ne fregò più niente di lasciarmi sconfiggere dalla paura

e della prudenza feci un gomitolo accurato con cui svolgermi attraverso

per limare ogni strada scelta a filo di rischio e azzardo

 

Non eri mai la mia garanzia, non ero mai le mie certezze

eri qualcosa di molto di ciò che avevo

ma mi rifiutai di metterti in gioco sul tavolo sbagliato

La cartomante poteva suggerirmi esattamente come mi sarei fatto male

ma ne risi spontaneamente, come se fosse senza peso

come se si trattasse di qualcosa che potevo perdere senza avere

ed era così alla fine, quando andavo al fondo delle strade già scelte

e non c’era veramente altra scelta, a meno di non tradirsi completamente

 

A sguardo sgombro potevo riconoscere ciò che ci rendeva

un tutt’uno laddove lo eravamo, e completamente altrove dove non reggeva

Potevo abbattere le mie stesse infide sbarre, spezzare i fili costringenti

potevo passare attraverso i teli alzatisi improvvisi a reggere una paura accecante

ed essi andavano a fuoco mentre il balzo mi rendeva in qualche modo bianco sporco

una purezza strana, che era un tutt’uno tra l’azione e il proposito

che era esattamente il continuo di ciò che avevo dentro

E mi piaceva contare il tempo tra il cuore e il timore

misurare lo spazio tra le illusioni e una pupilla lucida

lavata da lacrime e pulita da sorrisi che mi trovavo già addosso

con un momento di ritardo rispetto al proposito di rincorrerli

E lo feci, feci questo ed altro, e certe volte era veramente ad ogni costo

mentre altre non ne valeva nemmeno tutta questa pena

 

Ma non riuscivo più a rilegarti in alcuna finalità

e non avevo più nessuna speranza che riguardava la tua libertà

Stavo per metà del tempo a vedere che riuscivi a combinare

e l’altra metà a solleticarti i soliti piani maligni che potessero

fiorire in un giorno di quelli in cui giocavamo al mercato nero

Come se ci fosse da qualche parte una promessa che non sapevo

e mi andava benissimo non saperne più niente

non avendo comunque mai idea di come potesse essere possibile

procedere pur senza inerzia, completamente al buio

senza più finalità, senza più scopo né disegno

fino a scoprire che non me ne importava più davvero niente

Trincerato dietro le mie stesse menzogne, per riscoprire

alfine che potevi valere aldilà di ogni immediata riuscita

e tuttavia avrei continuato, sapendo che un giorno sarebbe arrivato

il lasciare perdere ogni cosa che ti riguardasse

avendo consumato completamente ogni scorta e riserva

di insistere a proporti giochi che forse non avresti più toccato

 

Ed ogni volta che sentivo come potevi descrivere le sbarre

e allo stesso dipingertele di propositi morti ancora prima di nascere

forse ti riconoscevo addosso qualcosa che ero stato

Non avevo più timore di mandare al diavolo qualsiasi cosa

e tutto ciò che non avrei distrutto mentre mi sbarazzavo di tutto

sarebbe stato solamente ciò a cui tenevo veramente

 

Sai… mi chiedevo talvolta…

se ti avrei allora risparmiato

o se saresti stata la prima cosa a cadere sotto i miei colpi

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Capitolo 16
*** strange dreams ***


.strange dreams.

 

Ho fatto un sogno strano l’altra notte, fratello

Te lo canto nel vento della notte, che forse ho scambiato per giorno o viceversa

A volte qui le cose non sono chiare, a volte i miei occhi non sono certi di cosa vedono

A volte sono su un altro livello, il mondo attorno si dipana e si appanna, e così le persone

E la mia considerazione è diventata una sfera di cristallo opaco

la nebbia ci si arriccia dentro, mi da alla testa come un fumo tossico

in cui vago a pugni bianchi chiusi, occhi spalancati, mani che cercano

E il calore della pelle di qualcuno tante volte non lo ricordo, non so più che sia

al punto che diffido della sincerità del calore del mio stesso sangue

E mi sfilerei la pelle di dosso, da gran che non ha più peso, da gran che mi zavorra

Così mi rapiscono le intuizioni, come rapaci, non so dove mi porteranno

il loro nido è un luogo lontano in cui non puoi arrivare da sveglio e non sai cosa ti succederà

forse verrai fatto a brandelli senza falsa pietà, e i tuoi occhi rimarranno a fissare

spalancati come un urlo muto su una lucidità spietatamente piana e perfettamente leggibile

 

Ma ti parlavo di quel sogno, fratello, non lo ricordo chiaramente

Ma ti parlavo di giorni in cui splendeva un sole nero, e che forse sono di notte

e di notti in cui gli occhi sprofondano attraverso l’aria come in una trasparenza di notturna visione

Perciò non ti ingannerò, fratello, perché vedi, non sono completamente affidabile

Perciò non te la starò a raccontare, fratello, perché vedi, non so più se sto dormendo o sono troppo sveglio

In quel sogno il corvo aveva perso le sue penne, gliele avevo strappate a forza di cercarlo

non faceva che volare per seminarmi e la cosa mi aveva stancato

e non faceva che tornare quando gli pareva, per cercare rifugio, e la cosa mi aveva avvelenato

Gli strappai le penne, ma quando vidi la sua pelle così sottile e quel piccolo cuore che batteva

con spropositato coraggio, contrariamente a qualsiasi azzeccata predisposizione e valutazione

ebbi una specie di pietà, perché capii che aveva così disperatamente bisogno delle sue illusioni

Come tutti noi, fratello, lo so, come tutti noi, e non sono io che posso distruggere quelle altrui

Così aprii le mani, distesi le dita e disincofficcai le unghie dei miei sguardi a rete di lama

Ed esso se ne andò nudo com’era, a farsi ricrescere le penne dopo essersi lamentato

Perché non riuscivo più a perdonarlo abbastanza né a prendere ciò che voleva e dare ciò che gli pareva

 

E il corvo svolazza e scherza, schernisce e scherma, mi cerca con le sue lucide nuove penne nere

Ma ha un’ombra con la mia impronta sulla pelle e sotto lo sguardo e io non glielo incrocio mai

Non riesco più a giocare con lui come un tempo, quel tempo che ho bruciato fino all’osso

Mi sono scosso la cenere dal capo e ho soffiato via quella del suo fuoco rivolto ad un cielo di tempesta

Ammiro il suo volo attraverso i fulmini, ma ci siamo persi, e, oh, vorrei tanto sapere il modo

in cui questo potesse essere chiaro anche a lui senza ferirlo più, lasciandogli tutte le sue nuove lucide penne

E c’era il cervo che correva in una polvere dorata, ma ha sbattuto il muso fino a farlo sanguinare

Strisce di sangue impolverate sul suo muso troppo morbido per questo mondo che scalfisce a roccia dura

E io non trovo più le parole per dirgli che andrà tutto bene, anche se ci vogliamo bene, ma credo

Che un giorno capirà che non c’è niente di così veramente bello come possiamo immaginare

Noi e la nostra immaginazione distorta dalle nostre ambasciate di auto-inflitto sforzo per tenerci a galla

‘E guarda’, gli vorrei dire, ‘il corvo sfida i fulmini e gioca coi venti, ma vola basso e teme le nuvole scure’

Quelle che solcherei come freccia ogni volta che ho lo spirito di infilarmi in una nuova tempesta

E ad ognuno che ci abbia chiesto cosa è accaduto, cosa è andato storto e come ci siamo fatti male

Schernendo un sorriso dico che non è più niente ormai, e lui mente e distorce su qualcosa che non  ha importanza

E poi, sai, tutto andrà bene quando meno te lo aspetti, girerai un angolo e non sarai più morto

Girerai un angolo e ti ritroverai stecchito dallo schizzo di qualcuno impazzito nella gabbia delle lancette a ghigliottina

 

Ma tu non farci pensiero ora, e impara a colare diversamente l’oro fuso dall’acqua limpida

Perché i gioielli non potranno più essere scambiati con l’acqua un giorno della tua vita

Avrai scelto gli uni o gli altri, starai andando a fondo con gli uni o il tuo corpo correrà via con la corrente, dormendo in pace su qualcosa che hai seguito fino alla fine

E poi il ragazzo della foresta continua a sognare a occhi aperti, eppure vede tutto chiaramente

O non vede niente, nemmeno in se stesso, perché si perde negli echi tra gli alberi, e ogni voce ha ragione

Ma egli le ascolta credendo che dicano tutte una cosa diversa, sindrome del lupo della steppa

Non ha quattro zampe ma diecimila, e in qualche modo devono tutte essere del suo pelo

E della sua schizofrenia rinchiusa nelle stanze a labirinto, cercando il trucco per susseguirsi nella propria mente

Chissà se troverà la porta dell’uscita di sicurezza, alla quale lo aspetto ogni tanto con la sigaretta in bocca

E un sottile sorriso di traverso, che non dice proprio ‘te l’avevo detto, no?’, quanto piuttosto ‘hey, eccoti qui, in fondo lo sapevi fin dall’inizio, sai?’

Come tutti noi, come noi tutti, ognuno a suo modo, e alla fine rinunciamo al vello d’oro per reindossare la nostra pelle

 

Come quel lupo che seppellì il suo cuore nella terra calda della foresta, che glielo tenesse da conto

Sarebbe tornato a dormirci sopra quando sarebbe caduto per sempre, rotolato giù per qualche china di guerra e morte infine

Tuttavia non riusciva più a correre a perdifiato verso il nord senza cuore, non riusciva più, non era più

E tornò a capicollo a riprenderselo e a ringoiarlo, chiedendo scusa alla terra per quella sciocca richiesta

E lei, ridendo senza alcuna ironia, disse che era tornato appena in tempo, e che non ci sarebbe stata una seconda volta

Certi errori non si possono ripetere, e per quanto sanguini e si trascini, ognuno che non si porti dietro il suo spirito è fregato in partenza

Attraverso la pioggia di coloro che più non sono, si può sempre tornare a casa, a casa dove riposare finalmente, per sempre

Ma non si può tornare a cercare ciò che di sé si è abbandonato, ormai un mucchio putrefatto, di cui qualcun altro si è cibato

Allora conservami il cuore in un luogo sicuro, che sia dentro me stesso e in nessun’altro

E quando provai a raccontarglielo, il ragazzo della foresta sapeva già tutto e mi venne da ridere

Perché mai dovremmo dirci cose che sappiamo entrambi così bene, in fondo? Se non per trovarci e ritrovarci all’infinito

 

E sai, fratello, so che ti ho perso, e mi dispiace, perché correvamo così bene nel buio insieme

E tu sapevi farmi ombra intorno, in modo che fosse come non risplendesse più  alcun mattino

Come se fosse tutto già finito ed esattamente all’inizio di ogni cosa, quando ancora non esiste niente

Perciò non c’era da affannarsi da nessuna parte, si poteva stare lì a girarsi su se stessi,

E se vivevamo con tanto lusso di indifferente imperturbabilità

Mi chiedo come mai quei momenti ci si siano incisi tanto profondamente addosso

Come se niente potesse più avere significato a quel modo, come se fosse diventata una parentesi di esclusiva esperienza

E io avevo le mie lame sottili con cui saettavo in quell’oscurità misericordiosa e assassina

E avevo paura che la morte mi trovasse davvero per vendicarsi dell’usurpazione, e sai

Non ho mai provato il desiderio di uccidere per  indifferenza o per noia, ma solo per disperazione e odio e rabbia

Mentre tu non avresti sopportato la vista del sangue sulle tue o sulle mie mani, e le apersi per mostrartele pulite

‘Vai’, ti dissi, perché volassi via libero e integro e leggero, ad affondare nel tuo nero sangue liquido di speranze abortite

Tu che non hai illusioni e non sai raccogliere nemmeno un sassolino di opportunità

 

Oh fratello, ti amo come nessun’altro fratello, ma conosco bene la tua scelta, e come non potrà mai essere la mia

‘Vai’, ‘vado’, e tu affondasti senza nemmeno più dibatterti, e non so più dove sei da tanto tempo

Anche se ogni volta reincontrarci è così chiaro e limpido, perché sai che non possiamo fare a meno di volerci così bene

E tuttavia saremo per sempre bastardi, diversi come giorno e notte, già, quelli che più non distinguo così bene

Ma non credo sia grave, no, credo non lo sia, solo profondamente triste, inconsolabile e chiaro e libero come il senso delle cose reali

E tu, fiamma di buio intenso e chiarezza sibillina persa nei tuoi multiformi veleni per addormentarti un cuore troppo vivido e fragile

Sei per sempre cosa persa per me, in queste strade dei nostri amici che crescono e si dividono con le loro mal comprensioni

Noi almeno avemmo tutto chiaro, e tu volasti al centro della tua pozza, e io corsi lontano, promettendoti che ti avrei voluto bene per sempre

Ed è ancora così fratello, lo sai, che ti vorrò bene per sempre, e ti racconterei i miei sogni incompresi e inconcludenti

Quelli che gli altri credono siano solo sciocchezze, ma tu capiresti che ogni sciocchezza incide strane vie sul palmo delle nostre strade infide

E poi, dopotutto, non siamo che orfani perenni di noi stessi e degli altri, chiudendo i tracciati che percorriamo a volte con certa incongrua noncuranza

E tu sai, cosa voglio dire, quando il licaone pensava di poterti dichiarare perso dopo la prima messa alla prova

E io dovevo rifiutarmi di ascoltarlo, come sempre, e nessun’altro capiva, tra chi ti abbandonava alle tue scelte e chi voleva persuaderti ad altre

Che stavi già volando via al centro della tua spirale senza fondo, ma sai, fratello mio, tu sai, che non potevo spezzare un tozzo della mia linfa da donarti

E ognuno ha la sua, come ognuno degli alberi della foresta, come ognuno dei fili d’erba che nascono e muoiono ad ogni stagione

Ed ogni sottigliezza pare inconsistente, ma ha uno spessore acuto che si infiltra tra le pieghe del mondo

Scomparendo alla vista superficiale e andando a conficcarsi con lievi ramificazioni nel battito perpetuo che mi tambura nelle orecchie e contro le pareti delle vene

 

L’altra notte ho fatto un sogno strano , fratello, e lo canto nel vento perché ti sfiori la nuca come una carezza scherzosa e provocatoria

C’era una ragazza che cantava su un tram, andandosene, e la strada era buia, i lampioni erano saltati, un sussurro stupendo che sputava la meravigliosa parola blackout

Tutto era immobile e silenzioso, a parte il vento che squarciava il tempo spazzando la via spazzatura, e ogni nefandezza quotidiana volava in mulinelli fin troppo disordinati

E le persone erano morte perché rincorrevano i loro pensieri stanchi, chiuse in se stesse, insignificanti come comparse stracciate in un quadro a due dimensioni piatte

E io ne ho sorriso fratello, perché vedevo solo io quella ragazza che cantava sul tram, e solo io sentivo il suo canto

Oh, avresti dovuto sentire, perché cantava dal cuore della tristezza di ogni essere umano, come se risorgesse quel ritmo della pelle di schiena spezzata sotto il sole cocente e di quella delle caviglie e polsi sfregiate dalle catene

Oh, avresti dovuto sentire fratello, perché cantava di tutto ciò che si è perso per sempre e che si porterà comunque per sempre con sé, e brillerà finché si avrà vita di propria preziosa luce

E io ne ho sorriso fratello, come quando sorridiamo senza credere alla nostra stessa capacità di mostrare denti eppure non in ringhio per quanto ci sferzi in  faccia tutta la vita da cima a fondo

E io ne ho urlato fratello, dritto nella tempesta,e i mulinelli di venti impazziti hanno rapito il  tormento e l’hanno portato a disperdersi nel cielo nero di tempesta

Ho pensato che i corvi l’avrebbero afferrato, ma è sfuggito persino a loro e si è disperso più lontano

E ho pensato ai gabbiani che volano intorno al grande blu liquido e fanno picnic nelle spazzature con i loro occhi inespressivi e le loro limpide penne bianche bordate di nero e di gialle zampe

Per questo ho pensato a te, e al mio altro fratello di penne bianche che andava cercandosi il tesoro inconsistente risalendo il fiume al contrario

Non distinguo più il giorno dalla notte molte volte, fratello, e so che tu mi puoi capire meglio di quasi chiunque altro

A parte forse il nostro amico che si gioca le ore nel cercare di avere moneta corrente per cui andare a cercare la sua altra metà di cuore là dove la trova

A parte forse quel corvo che non riesce mai a posarsi su nulla ma corre a sorvolare tutto e giocherebbe per un nonnulla e calerebbe a fulmine ogni volta che ne valga la pena

Vorrei imparare il trucco di girare il tempo come il cielo sotto al mare, capovolgere la cronologia per rincontrarti ancora quando potevamo camminare sugli stessi passi

Ma il tempo deve essere più saggio di noi nel negarci ogni udienza

 

E sai, ho fatto molti strani sogni fratello mio, e in nessuno d’essi riesco mai a rincontrarti, ma so che tu puoi capirmi nel raccontarteli

Vivi in pace con te stesso fratello, dopotutto ne vale ogni pena, e se avessi una vita migliore da confezionare te la regalerei

Ma la vita dev’essere spietatamente saggia, fratello, perché non si lascia delineare col righello e si imbizzarrisce continuamente come fuoco nelle nostre vene

Non dormire mai senza sognare, fratello, perché ci sarà il tempo in cui potremo dormire in pace

E non smettere mai di cantare le tue parole di marcio e di strade malsane, giacché almeno possano alzarsi verso il cielo e spirare via

Giacché almeno possiamo ancora condividere la precisa sensazione di tutto il veleno che ci circola addosso e intorno, mordercelo fuori dal sangue e sputarlo via

Anche se non possiamo più condividere lo spirito di rivalsa o la speranza che avremo prima o poi, una per una, nostra sincera vendetta

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