Fino alla fine del mondo

di Earth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritrovato ***
Capitolo 2: *** Acchiappafantasmi ***
Capitolo 3: *** Un po' più vera ***
Capitolo 4: *** Volo di corvi su un campo di grano ***
Capitolo 5: *** Biscotti, fiori di campo e zucchero filato ***
Capitolo 6: *** Se cambia il vento ***
Capitolo 7: *** Davanti alla notte ***



Capitolo 1
*** Ritrovato ***


Dove&Quando: 6x07 “A Good Man Goes to War “ (Un uomo buono va in guerra).
Chi: Lorna Bucket.
Note: Vi ricordate di Lorna? La ragazza della Foresta Gamma che, dopo il aver incontrato il Dottore quando era una bambina, decide di arruolarsi come Chierico della Chiesa per ritrovarlo? ( vi prego ditemi che qualcuno si ricorda di lei T.T ). E bene se avete capito di chi sto parlando ricorderete anche che rimarrà uccisa durante la battaglia di Demon's Run.
Questa flash è su di lei ^.^ ( I «dialoghi» sono quelli del doppiaggio in italiano).
Parole: 353.



Ritrovato

I demoni correvano.
Erano arrivati lì in massa, tra le stelle, per quella che, a loro dire, era una buona causa. E adesso scappavano via, via da un uomo buono.
Quando si era arruolata, un numero di anni fa che non riusciva a mettere a fuoco, Lorna Bucket lo sapeva. Era certa che quello sarebbe stato l'unico modo, e la sola idea le sembrava ripagare tutto: tutto il tempo passato lontano da casa, dalla sua Foresta, da coloro che le avevano voluto un po' di bene.
E quando i Monaci Senza Testa avevano rivelato il loro volto... beh, un volto non l'avevano.
A Lorna era sembrata una promessa: non aveva esitato, non avrebbe potuto, non adesso che lo aveva trovato. Ritrovato.
E pensare che stavano facendo tutto quel gran disastro solo per una bimbetta appena nata e per la sua mamma dai capelli rossi. Forse un po' meno rossi di come se li aspettava e sicuramente meno rossi di tutto il sangue che era stato versato.
« Dottore, una persona vuole parlare con te » era la voce della donna lucertola « si chiama Lorna, è venuta ad avvertirci. »
Strano, come mai non si sentivano più le grida, gli spari e i rumori della battaglia?
Forse avevano deciso di fare una pausa per il tè...
« Hei » eccolo, era lui. « Ciao » era la sua voce.
Lorna aprì gli occhi, strano anche questo, non ricordava di averli chiusi.
Era lui, un po' sfocato, ma sicuramente lui. La Tempesta Imminente, il pericolo che... No, tutte storie. Era il suo Dottore.
« Dottore » disse, ma si accorse che era solo un sussurro.
« Hai aiutato i miei amici, ti ringrazio. »
« Io ti ho già incontrato: nella Foresta Gamma. » cercò di dire « Ti sei dimenticato di me? »
Gli occhi del Signore del Tempo la scrutarono, erano antichi, stanchi e pieni di storie: buoni.
« No, non mi sono dimenticato » le sorrise « io mi ricordo di tutti » la sua voce diventava sempre più lontana « Abbiamo corso noi due insieme, te lo ricordi Lorna? ».

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Capitolo 2
*** Acchiappafantasmi ***


Dove&Quando: 7x09 “Hide“ (Universo nascosto).
Chi: Monsters.
Note: Ogni volta che metterò la dicitura “Monsters” nella voce “Chi:” significherà che la ff parla degli gli alieni/mostriciattoli che appaiono nei vari episodi e di cui io non sono riuscita a scoprire il nome (se poi qualcuno lo sa ed è così gentile di farmelo sapere apprezzerei molto ^.^ ).
Questa ff è appunto sui due “Romeo e Giulietta” alieni che sono stati separati in quanto Romeo è rimasto intrappolato nell'universo tasca.
Ci sono due POV (intervallati dai «dialoghi» che sono quelli del doppiaggio in italiano).
Parole: 325.



Acchiappafantasmi


Sembrava passata un'eternità da quando era caduto e invece erano trascorsi solo tre minuti.
Tre minuti prima era con lei e adesso era rimasto solo.
C'era qualcun altro che stava correndo, era là giù, tra gli alberi. Era caduto anche lui. Sembrava uno degli strani alieni che vivevano su quel buffo pianeta dove, fino a poco prima, era insieme a lei. Un'infinità di tempo fa.

« ...Io non sono felice... »

Sembravano passati solo tre minuti da quando lui era lì, con lei, e invece era trascorsa un'eternità.
A volte credeva di essere lei il fantasma.
Sì, lì cercavano fantasmi: nel tempo erano passati così tanti alieni a cercare di capire il mistero che si nascondeva dietro la vecchia Caliburn House e a volte capitava che ci si impegnassero, sembrava quasi che capissero, ma alla fine avevano sempre troppa paura...
Forse, però, questo qui sapeva di cosa stava parlando.

« ...Un universo tasca: un eco distorto del nostro universo. Capita, ma non durano mai allungo... »

Lui lo sapeva che quel mondo stava collassando, lo sentiva ad ogni passo, ad ogni respiro. Lo percepiva nelle foglie che cadevano e nel vento che aveva smesso di soffiare. Quell'universo stava morendo, lo aveva capito, non c'era bisogno che glielo spiegassero.
Poi, ad un tratto non c'erano più solo lui e l'altro piccolo alieno spaventato. Qualcuno era arrivato, qualcuno era venuto lì: a salvarli.
Ma... perché adesso stava correndo via?
Non scappare, fammi tornare avrebbe volto gridare sono io ad avere paura.

« ...Ti senti come se ti stessero osservando?»

E lei era lì, e li guardava da quell'alta finestra. Credeva che li avrebbero aiutati, per un attimo, un inutile istante, aveva sperato che li avrebbero salvati, ma non se ne erano nemmeno accorti.
Forse era veramente lei il fantasma.
E poi lo vide tornare indietro.

« ...Questa non è una storia di fantasmi: è una storia d'amore... »

Forse questo qui sapeva davvero di cosa stava parlando.

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Capitolo 3
*** Un po' più vera ***


Questo capitolo: Terzo classificato al Drabble e Flash-fic contest: For this one last time indetto da Stareem sul forum di EFP


Dove&Quando: 5x12 “The Pandorica Opens” (La Pandorica si apre) - In Roman Life! -
Chi: Rory Pond Williams
Note: Allooora... avete presente quando Rory viene risucchiato dalla luce dorata nella crepa? E vi ricordate di quando poi Amy e Eleven lo ritrovano a stonehenge come un centurione romano? L'ultimo centurione, l'ultimo centurione romano di plastica aggiungerei io :-) bene ora questo che segue vuole essere un momento nella vita del Rory romano, mentre è in marcia verso l'Inghilterra, ma noi tutti sappiamo che Mr. Pond si è sempre ricordato della sua Amy, anche se il mondo intorno a lui gli diceva il contrario, quindi...
Emm... riflettendoci potrei essere andata un po' OOC, non so, in caso siete stati avvisati ^.^
Parole: 495.

Un po' più vera


Rory aveva sempre pensato che nel suo nome c'era qualcosa di strano.
Avrebbe dovuto chiamarsi Romulus o Antonius o Lucius oppure Sulfus come suo cugino. Invece si ritrovava quel nome straniero dal suono curioso e pieno di erre.
Così, mentre il suo io gli risuonava nelle orecchie, stonato e stridente, percorse a passo svelto il viale tortuoso che si annodava tra le tende bianche dell'accampamento che ormai, pian piano, andavano afflosciandosi, accompagnate dal vento di maestrale e dall'odore di erba secca.
Da lontano la voce roca del generale arrivava sicura e arrabbiata, confusa tra lo sbatacchiare delle armi, il luccichio delle armature e il continuo andirivieni dei fanti che si preparavano per la partenza.
Però, a pensarci bene, qualcuno che riusciva a rendere quelle due sillabe perfette e tutt'altro che fuori posto c'era.
E mentre lui raggiungeva la tenda del generale lei gli si intrufolò ancora una volta tra i pensieri.
Lei, la ragazza fulva, bella come una ninfa di Apollo.
Il suo nome, quello di Rory, le nasceva sulle labbra in un modo che lo spiazzava.
La sentiva, come una cantilena, tutte le volte che gli toccava stare di guardia.
Rory il Centurione non credeva negli inganni; aveva imparato a diffidare del brusio di chi leggeva gli auspici, ma la sua risata arrivava silenziosa, insieme al cantare dei grilli, e quando poi lui passava la torcia a uno dei suoi colleghi e si lasciava convincere dalle palpebre pesanti e dall'odore del cielo nero, lei era nei suoi sogni, in tutti i sogni.
C'era stata quella notte e la notte prima e quella prima ancora.
Lo guardava con quello sguardo accattivante, sicuro e saccente che sì, doveva ammetterlo, gli metteva un po' paura.
Perché, anche se lei correva sempre dietro a quell'uomo folle venuto dalle stelle, Rory non avrebbe potuto fare altro che raggiungerla per non lasciarla andare mai più.
E sarebbe andato in capo al mondo, avrebbe aspettato fino alla fine dei giorni, se solo avesse avuto il più piccolo sentore che quella ragazza che gli riempiva il cervello ogni volta che chiudeva gli occhi, tutte le volte che si distraeva, quando la gente parlava troppo, fosse un po' più vera di quello che non era, un po' più vera dell'ombra dai contorni confusi nei suoi ricordi sbagliati.
Così, mentre passava davanti al laghetto macchiato dalle foglie gialle che il vecchio melo si ostinava a perdere, pensò che forse era ora di smetterla con le fantasie e concentrarsi sulla vita reale. Perché l'Impero aveva chiamato e Roma aveva risposto; poi era iniziata quella marcia infinita che li avrebbe portati al nord: verso la Britannia.
E forse lì, occupato tra le centurie da organizzare, la propria vita da proteggere e altre mille noiose consuetudini militari da sbrigare, avrebbe finalmente dimenticato la bella puella dai capelli sconvenientemente rossi che dimorava in un angolo remoto e irraggiungibile della sua mente; anche se, forse, per quella sera ancora, gli sarebbe piaciuto cadere, un'ultima volta, tra le sue braccia.



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Capitolo 4
*** Volo di corvi su un campo di grano ***


Questo capitolo: Secondo classificato al contest "Award for best Drabble&Flashfic" indetto da Nirvana_04 sul forum di EFP


Dove&Quando: Dopo la 5x10 “Vincent and the Doctor” (Vincent e il Dottore).
Chi: Vincent Van Gogh.
Note: salve ^.^ allora questa ff è ambientata diverso tempo dopo l'episodio sopra citato, quando ormai il nostro pittore ha ripreso la sua vita, che forse è cambiata ( o forse no? questo non lo sapremo mai), dopo aver parlato con il tipo del museo... credo sia un po' triste come flash... spero si capisca tutto, e spero possa piacervi. Fatemi sapere! ( I «dialoghi» sono quelli del doppiaggio in italiano).
Parole: 357.

Volo di corvi su un campo di grano


Vincent amava i girasoli.
Erano così gialli, così ricolmi di gioia, carichi di vita, così tanto pieni di sole.
Una signora impettita attraversò la strada che costeggiava il campo, mentre tre bimbi le zampettavano intorno.
A Vincent non piacevano i bambini, erano così piccoli e curiosi. Lo scrutavano da capo a piedi come fosse un pericoloso giocattolo e poi, se la loro mamma non stava a guardare, iniziavano a fare tutte quelle domande e a disordinare tutti i colori; si sporcavano le mani e macchiavano tutto il mondo che si portavano appresso.
A Vincent sarebbe piaciuto avere dei bambini dai capelli rossi come il fuoco a colorargli il mondo.
Lanciò uno sguardo alle sue tele dimenticate sul ciglio della strada: forse non avrebbe dovuto lasciarle lì, ad adornarsi di polvere e malinconia, forse avrebbe dovuto tenerle con cura, sistemarle e rilegarle in belle cornici dorate. In fondo, prima o poi, sarebbero finite nella sala di un raffinato ed elegante museo dove un mucchio di occhi le avrebbero mangiate.
Un giorno lontano qualcuno avrebbe osservato, giudicato e approvato i suoi dipinti.
Chissà che ci avrebbero visto in quelle vecchie chiazze di colore.
Qualcosa di bello. Sicuramente. Perché lui lo sapeva, ci era stato.
« ... Il dolore è facile da rappresentare, ma usare la collera e il dolore per rappresentare l'estasi, la gioia e la grandezza del mondo... »
Ecco cosa avrebbero visto: un uomo selvaggio, triste e arrabbiato.
« ...Di sicuro un grande pittore, il più famoso di tutti i tempi, il più amato... »
Vincent osservò per un attimo il grano che si dondolava al ritmo del vento difronte a lui.
Poi ripensò al vecchio vaso sul tavolo disordinato di casa sua, alla sua vita fatta di notti insonni, di rimpianti e di giorni che non avrebbe voluto ricordare.
Ascoltò il tempo che avrebbe potuto essere e invece non era mai stato...
Una ciurma di corvi solcò il cielo macchiando le nuvole con le sue ali nere e il suo grido sinistro.
Pensò a quei fiori.
Erano così gialli, così ricolmi di gioia, carichi di vita, così tanto pieni di sole.
Vincent odiava i girasoli.

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Capitolo 5
*** Biscotti, fiori di campo e zucchero filato ***


Dove&Quando: Prima della 6x04 “The Doctor wife” (La moglie del Dottore).
Chi: Idris.
Note: Perché è da un bel po' che avevo in testa questa cosa. E, sia chiaro, non sto parlando della nostra Idris, no no. Sto parlando della Idris Idris, quella che c'era prima. Spero che un po' vi piaccia, accetto qualsiasi commento, consigli e sconsigli! Vi prego ditemi quello che ne pensate..
Parole: 477.



Biscotti, fiori di campo e zucchero filato


Il sasso sfiorò l'acqua per un millisecondo, poi cadde giù e, con lo stesso lento andare di una bolla di sapone, fluttuò verso il fondale.
Idris osservò per un po' l'acqua del fiumiciattolo correre via con i suoi spruzzi e gorgoglii tipici dei ruscelli di montagna, poi raccolse un altro ciottolo e se lo rigirò lentamente tra le mani.
A dire il vero, a voler essere del tutto sinceri, quello che Idris stava per far volare in direzione del fiume non era un sassolino bianco, piatto e liscio, ma un bullone. Un bullone triste, vecchio e arrugginito. E, se vogliamo proprio dire le cose come stanno, lei non era seduta sulla sponda di un ruscello di montagna, perché lì non ce ne erano ne di monti ne di torrenti.
Quella su cui Idris lanciava bulloni grigi era invece una strada storta e piena di crepe.
Ma d'altronde a lei le strade non erano mai piaciute, con quella loro fretta di partire, andare e arrivare...
Così a volte, quando Zio e Zietta sonnecchiavano tranquilli, sgattaiolava nel suo personale angolo di quel “al di fuori dell'universo”.

Una folata di vento portò con se quello che Idris si ostinò a pensare essere odore di biscotti, di fiori di campo e di zucchero filato.
Poi sentì la voce di Casa: « Idris, cara, ti andrebbe di dare una mano al tuo vecchio amico? » Una nota d'insolita allegria, come un ghigno, un impossibile sorriso storto, accompagnava quelle parole.
« In cosa posso mai esserti utile? » chiese lei incuriosita alzandosi e dandosi una sistemata alla gonna.
« Vieni, cara, te lo spiego strada facendo ».
E Idris pensò che doveva sbagliarsi, perché Casa non aveva un sorriso da far diventare maligno.

Erano passati davanti all'armadio delle piccole scatole e alla valle delle lavatrici impolverate. E ora Idris se ne stava in piedi su una specie di pedana traballante con il naso all'insù.
« Non ho capito, Casa potresti ripetere quello che devo fare? » chiese facendo un giro lento su se stessa.
« Oh, tesoro, non ti preoccupare » disse la voce gracchiate di Zietta « fidati di Casa ».
Idris abbassò lo sguardo e vide Nipote che si avvicinava.
« Se lo dici tu... » sussurrò a mezza voce « spero solo che funzioni ».
E poi sentì come uno strappo, e uno strano fischio; le gambe le cedettero e credette di gridare.
Una mano invisibile l'aveva afferrata e lanciata via, con forza, verso l'alto.
Stava forse volando? Guardò giù ma non vide nulla, dove erano finiti gli stivali? Erano lì un attimo fa...
Qualcosa le passo accanto. Correva veloce, come lei, ma nella direzione opposta, brillava, forse, e odorava di stelle, di meraviglia e di un insolito mix di bastoncini di pesce e crema. Poi sparì.
E Idris pensò che forse stava funzionando, finalmente ci era riuscita: stava scappando.

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Capitolo 6
*** Se cambia il vento ***


Dove&Quando: Dopo lo speciale di Natale del 2012 “The snowman “ (I pupazzi di neve).
Chi: Francesca e Digby Latimer.
Note: Chiedo perdono per il ritardo con cui aggiorno, ma ultimamente sono incasinata :-( Ringrazio con il cuore tutti coloro che hanno recensito e che seguono questa raccolta scollacciata :-* Thanks! Questo capitolo non mi soddisfa proprio per niente, ma ci tenevo a pubblicare qualcosa sui bambini, ora grandi, a cui Clara faceva da governate nella Londra vittoriana ecco... Spero che qualcuno legga e che mi faccia sapere come posso migliorare :-)
Parole: 498.



Se cambia il vento


Francesca attraversò la piazza facendosi spazio tra bambini che sgambettavano, cappellini colorati che spettegolavano e cilindri che discutevano d'affari.
Svoltò a sinistra sul viale dove i rami degli alberi si allungavano fino all'argine della strada, abbracciando i lampioncini e solleticandole il velluto smeraldino della gonna.
E più la scalinata ghiacciata si avvicinava più il chiacchiericcio sfumava via.

Arrivò al vecchio cancello dai disegni in ferro battuto che, al suo tocco, scricchiolò.

Natale era tornato distribuendo, come di consueto, una cospicua, gelida e incantata, manciata di neve scintillante sui tetti di Londra.

Francesca procedette tra i sentieri silenziosi scorgendo, di tanto in tanto, qualche ombra sparire dietro i cespugli. Poi, giunta davanti alla lastra nera e lucida, si fermò.
«Salve, sorellina.»
Una voce la fece sussultare.
«Digby!» lo rimproverò portandosi una mano al petto «mi hai spaventata.»
Il ragazzo si avvicinò baldanzoso, berretto calato sugli occhi e giacca sbottonata.
«Non è bello che una giovane come te se ne vada in giro da sola» ironizzò «Cosa penserà Billy della sua promessa sposa che va a passeggio nel Camposanto? »
Fracesca alzò gli occhi al cielo: «per prima cosa io a Billy non ho promesso proprio nulla, la nostra e solo una frequentazione.» E Digby sogghignò sfilandosi il cappello e facendolo roteare su di un dito.
«Secondo: sono venuta a portare dei fiori a nostra madre.»
«Fra...» lo sentì sbuffare «questa non è la tomba di nostra madre. Lei è lì» e indicò verso nord «nella cappella di famiglia.»
«Lo so» sorrise lei facendo scivolare via dalla lapide di marmo scuro un ricamo di neve «ma anche alla signorina Montague servono fiori ogni tanto.» E così dicendo si chinò per appoggiare una ghirlanda di agrifoglio sotto la scritta "Oswald".
Digby rimase zitto per qualche secondo.
«Ti capita di ripensare a quella notte?»
Francesca sospirò: «non più tanto spesso.»
Lui le porse una mano aiutandola ad alzarsi.
«Secondo te è stata colpa sua?»
«Sua?»
«Sai di chi sto parlando.»
La ragazza osservò il cielo, azzurro e infinito, affacciarsi tra i rami rugosi degli alberi che, comele dita di una vecchia strega, si accartocciavano nell'aria: «Dell'uomo che vive su una nuvola...»
Digby annuì: «Senza di lui la signorina Montague sarebbe ancora viva.»
La giovane si strinse nelle spalle «Lo so, l'ho pensato» ammise «Ma papà non sarebbe mai più uscito dallo studio.»
«E la cuoca non avrebbe crisi di panico tutte le volte che nevica. È possibile che dobbiamo saltare la cena anche solo se cambia il vento?!»
Francesca rise: «Solo la cuoca ha crisi di panico?» lo stuzzicò prendendolo sotto braccio.
«Cosa vorresti insinuare?»
«Nulla, assolutamente niente.»

Così i due fratelli si avviarono verso casa, sperando che, almeno per quell'anno, la neve fosse finita.

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Capitolo 7
*** Davanti alla notte ***


Dove&Quando: 10x12 "The Doctor falls". ATTENZIONE: SPOILER FINALE 10^ STAGIONE!!!
Chi: Missy.
Note: Ammetto che sono due anni quasi che non aggiornavo questa raccolta, ma ora eccomi qui XD salve a tutti nuovi e vecchi lettori! Missy è un personaggio che non credo di aver capito fin in fondo, ma in ogni caso ha il suo fascino! quindi ecco qui questo piccolo frammento immaginato da me ambientato nell'ultimo episodio della decima stagione... spero si capisca ^.^ ( la questione del fatto se i signori del tempo abbiano bisogno di dormire come noi non l'ho mai capita bene... ma facciamo finta che sì :-) ). Buona lettura! 
Parole: 500.

 

Davanti alla notte

 

Missy schiuse un poco un occhio: aveva sete.
Quella sottospecie di stufato melmoso, propinatole dalla signora Walton, le aveva lasciato un saporaccio in bocca. E pensò che a quell'ora della notte nessuno stava dicerto controllando la credenza degli alcolici — e dei dolci: aveva intravisto una meringa alla crema che le faceva l'occhiolino ogni volta che vi passava davanti.
Si stiracchiò e scese giù dalla scaletta.
In quella stanzetta ammuffita, infatti, c'erano un divano bucato, una brandina cigolante e un letto a castello. E lei, come unica ragazza del gruppo (anche se era arrivata in ritardo, ma dei marmocchi stavano giocando a mosca-cieca e lei adorava dare indicazioni sbagliate), si era presa il diritto di scegliere il meno peggio. Così il posto in alto, lontano da quell'inutile marmaglia, era stato suo — nonostante le piagnucolanti lamentele di Nardole. 
Missy lanciò un'occhiata nella penombra: solo Nardole russava beato sulla brandina.

Il silenzio della fattoria era nervoso. 
E lei con un piatto di meringa e un bicchierino di sherry in mano passeggiava verso la veranda.
Era un silenzio di brusii e scricchiolii. Se stava attenta poteva quasi udire i sogni dei bambini — i loro respiri che si accavallavano e si incrinavano al richiamo degli incubi — e i bisbigli degli adulti, in riunione segreta nel seminterrato. 
Raggiunse la veranda dove il Maestro stava seduto su di un gradino.
«Tesoro!» quasi gridò rivolgendole uno dei suoi migliori e seducenti sorrisi — Missy ricordava bene tutte le ore passate allo specchio a perfezionarlo, a mirarsi e compiacersi.
«Non dorme nessuno!»
Ma quando si sedette anche lei davanti alla notte provò una sensazione strana, quasi una risata incastrata sulla punta della lingua, come una memoria, confusa e sfocata.
E mentre il Maestro blaterava amabilmente del loro piano perfetto Missy rivolse lo sguardo alla valle. Ed eccolo lì, il Dottore, che marciava verso il fienile. Avanzava con quella sua andatura sicura, ossimoricamente traballante. Quasi Missy poteva sentirne i pensieri così moralistici, tragici, drammatici. Impregnati di quell'inutile senso di colpa, pieni dell'ostinazione di fare del bene, saturi di quella speranza che si ostinava ad elargire a tutti quando non c’era una goccia neanche per lui. 
«Allora? Che ne pensi?»
Si era distratta.
Fece roteare lo sherry nel bicchiere e ne prese un sorso, poi si voltò. 
E si ritrovò ad alzare un sopracciglio: quella biondina e giovincella versione di sé continuava guardarla — con il sorriso migliore e seducente stampato in faccia — con una sigaretta accesa e sfumacchiante tra le dita. Da quando il Maestro fumava? Missy non si ricordava di aver mai fumato. Ma sapeva che quello era il momento perfetto per smettere.
«Ti sì ingialliranno i denti» e gli lanciò un sorriso, beffardo e ammaliante (anche lei aveva fatto le prove). 
Il Maestro la guardò da prima sorpreso e poi inorridito; aveva fatto centro: il suo lato vanesio e con manie di grandezza era stato colpito e affondato.
E Missy rise passandogli il piattino con la meringa — cercando di mandare via quella sensazione strana e amara. Rise tentando di ignorare la disperazione nascosta da qualche parte tra i suoi due cuori.

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