Il Bucaneve gentile di Reagan_ (/viewuser.php?uid=510681)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distinti Saluti ***
Capitolo 2: *** Novità ***
Capitolo 3: *** Il Silenzio ***
Capitolo 4: *** La Soirée ***
Capitolo 5: *** Perduti ***
Capitolo 6: *** L'arte del Picnic ***
Capitolo 7: *** La Pioggia ***
Capitolo 8: *** Vita Agreste ***
Capitolo 9: *** La Debolezza ***
Capitolo 10: *** Una Scelta ***
Capitolo 1 *** Distinti Saluti ***
Il Bucaneve
Gentile
Capitolo I
Distinti
Saluti
È meglio
essere maschio,
perché
anche
il maschio più miserevole ha una moglie a cui comandare.
Isabel
Allende
Il chiavistello
sembrò
non voler collaborare più di tanto, malfermo sulle gambe
tentò di
appoggiarsi alla porta ma vi inciampò quando improvvisamente
si
aprì.
Confuso dai bizzarri
meccanismi dei moderni battenti, si tolse il cappello e il soprabito
che gettò senza cura sull'uscio di casa, barcollante e
irritato
dall'oscurità della sua casa da scapolo, salì le
scale e aprì con
forza la porta della sua camera e non si curò di chiuderla,
si tolse
le scarpe e si spogliò senza fare caso a dove lanciasse gli
abiti,
cercò a tentoni la camicia da notte che lei,
la sua novella
sposa, gli lasciava ogni giorno sotto il cuscino, una volta sdraiato
a letto, chiuse gli occhi abbandonandosi con un mugolio appagato al
sonno.
Fu solo il mattino
dopo
che Lord Grant Everstone si rese conto che qualcosa non quadrava.
Prima di tutto, nessuno lo aveva svegliato aprendo le tende, facendo
entrare bruscamente la luce del sole e secondo, non sentiva nessun
rumore dal pianoterra.
Era diventato
difficile
dormire il mattino da quando in casa vi era anche lei,
data la
sua abitudine a svegliarsi all'alba e a cominciare le pulizie ancor
prima di fare colazione.
Forse se n'era andata
al
mercato prima del solito ed aveva avuto la decenza di lasciarlo
dormire in pace, si disse, sistemandosi i pantaloni e la camicia.
Soddisfatto di sé come non lo era da molto tempo, scese in
sala da
pranzo, pronto a mangiarsi le croccanti focaccine al miele e le
diverse marmellate che ogni mattina trovava in tavola.
Non si accorse di
nulla
finché non si sedette.
Davanti a lui vi era
soltanto un piccolo piattino in argento con una lettera piegata in
due, un bricco d'acqua con una fetta di limone che vi galleggiava
sorniona, un vasetto di marmellata ai lamponi e il pane di ieri.
Niente burro, niente
frittelle, niente focaccine.
Si alzò
immediatamente e
corse in cucina, non notò nulla di strano, era immacolata
come
sempre ma non vi trovò la cameriera sboccata che aveva
assunto solo
tre settimane prima.
Con uno strano
presentimento, decise di perlustrare ogni stanza di quella modesta
dimora, gridando il suo nome e arrabbiandosi ogni volta che il
silenzio incombeva come risposta. Entrò senza bussare dentro
la
piccola stanza dove lei era solita dormire, non
aveva avuto né
voglia né tempo di arredarla, per cui vi erano solo i mobili
fondamentali.
Il letto era lindo e
perfetto, la sua vecchia scrivania che fungeva da toletta era coperta
da un telo bianco, così come il cassettone e il piccolo
armadio.
Insospettito, aprì le ante del guardaroba e non vi
trovò nulla.
I suoi abiti scuri e
mediocri erano scomparsi, i suoi semplici cappelli spariti. Non vi
era più nulla di suo. Era come sparita da quella camera in
cui aveva
vissuto più di un mese. Scese in salotto, girò
nuovamente in cucina
e alla fine si fermò in sala da pranzo. Raccolse tremante il
biglietto e lo lesse.
Lord
Everstone,
credo che
sia
necessario che io lasci la casa, almeno per ora.
Ho
notato come la mia
presenza sia frustrante e insopportabile per Voi e per la Vostra
famiglia, dunque ho deciso di stare da un'amica che da tempo non
vedo.
Ho
bisogno di
allontanarmi un po' dalla città, spero riuscirete a capirmi.
Non vi
angustiate per il denaro, non Vi ho sottratto grosse cifre. Vi
scriverò non appena troverò un impiego che mi
darà un'entrata
regolare, in modo da non essere più un peso per le Vostre
finanze.
Vi
ho lasciato nel
cassetto della vostra stanza, i gioielli che Vostra madre mi ha dato
il giorno delle nozze, nessun pezzo è mancante.
Mary Rupett,
la
cameriera che avevate assunto, se n'è andata la settimana
scorsa a
salario ridotto.
Domani
mattina, Denise
Pastron arriverà per un colloquio da cameriera tutto fare.
Ho
letto le sue referenze e sono buone, assumetela a vostra discrezione.
Distinti Saluti
Cathriona Mafton.
Grant Everstone si sedette
su una sedia, lesse e rilesse il tutto una ventina di volte.
Il suo più
grande
desiderio, quello di svegliarsi e scoprire che quella dannata donna
che aveva sposato controvoglia sparisse magicamente, si era avverato.
Un senso di vuoto e
confusione gli cresceva nel petto.
Era stato abbandonato
da
una donna che aveva sposato nemmeno due mesi prima!
Inaspettatamente si
ritrovò a chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi tutto
questo.
-Come ti senti cara?
Hai
dormito?-
A domandarlo fu Fanny
Brooke che avvicinò all'amica un bicchiere colmo di acqua.
Cathriona
accettò e ne
bevve un sorso con un sorriso. Era da tempo che non veniva coccolata
così. Strinse la mano all'amica, grata di averla nella sua
vita.
-Ho dormito molto
bene.
Era dai tempi della scuola che non dormivo così.- disse.
Fanny si
sdraiò accanto a
lei, sbuffando per il corsetto che le stringeva troppo i fianchi e
ridacchiò contenta.
Erano anni che non si
ritrovavano sotto il suo stesso tetto.
Le due giovani
ragazzine
piene di sogni, figlie della buona ma modesta borghesia, erano
istruite e gran lavoratrici, erano diventate donne. Fanny si era
sposata con un piccolo industriale di successo ed era diventata madre
per la terza volta un annetto fa. La sua vita era colma di gioie e
fatiche che non avrebbe cambiato con nessun'altra.
Si voltò
per fissare
Cathriona che se giocherellava con le maniche di una vecchia camicia
da notte. Aggrottò la fronte, quando l'amica le aveva
scritto per
dirle che si sarebbe sposata in circostanze non felici con un
ricco Lord, non aveva avuto il coraggio di chiederle per cosa
intendesse “infelici
circostanze”.
Passò una
mano sul ventre
dell'amica e notò che era piatto e normale. Nessun
rigonfiamento o
bozzo duro, la sua teoria di nozze riparatrici era definitivamente da
scartare.
Cathriona tolse la
mano di
Fanny dal suo grembo, posò il bicchiere sul comodino e per
la prima
volta da mesi o forse anni, pianse.
Fanny si sedette e
l'abbracciò forte.
-Mia cara
… Dolce e
buona Cath!- disse con voce spezzata. -Piangi tutte le lacrime che
vuoi, sei a casa ora.-
-E' inaudito ed
inammissibile!- gridò Lord Grant Everstone indicando
nuovamente la
lettera che sua moglie gli aveva lasciato. -Inammissibile!Altro che
divorzio, io le stacco la testa!- ricominciò a camminare in
circolo
per lo studio.
Suo zio, Lord Patrick
lo
guardò di sottecchi e rilesse la lettera.
Quella ragazza che
aveva
lavorato per un certo periodo nella sua casa, durante la
ristrutturazione della sua dimora di città, gli era piaciuta
fin da
subito.
Era di quelle rare
donne
con cui un uomo poteva parlare liberamente senza sentirsi giudicato o
etichettato. Cathriona Mafton era una donna sicura delle sue
capacità, brava nell'amministrare l'azienda edile del padre
defunto
recentemente mentre il fratello si dedicava ai bagordi e alla donne.
Timida, gentile e
alla
mano, non si era mai sentita in dovere di vantarsi o chiedere favori
a lui o a sua moglie, sembrava del tutto indifferente al bel mondo
ricco o aristocratico. L'unica cosa che sembrava animarla oltre il
disegno, che era alla base del suo lavoro nell'azienda paterna, era
la musica di cui era un'avida esecutrice.
Passò la
lettera alla
moglie che la lesse con un sorriso sghembo.
Gli bastò
farle un cenno
e la donna li lasciò dalla stanza.
-Figliolo
… Credo che
dovreste calmarvi, altrimenti non capirò un bel niente.-
disse lo
zio versandosi da bere.
Lord Grant Everstone
fissò
sconcertato l'uomo. -Calmarmi? E come diavolo posso, eh? Sono stato
svergognato da una poveraccia qualunque che crede di potermi
abbandonare così!-
-Poveraccia
… Avete una
bassa considerazione di vostra moglie. Ricordatemi come mai l'avete
sposata.-
Grant
avvampò e balbettò
qualche risposta che lo zio finse di non sentire, si voltò e
fissò
il sole tramontare.
La colpa era quasi
interamente sua, lo sapeva. Se solo si fosse sposato anni prima, con
una donna del suo rango, ora avrebbe avuto una compagna adatta e un
paio di eredi, ma non aveva voluto rinunciare alle sue
libertà.
Per una stupida
scommessa,
uno scambio di persona e troppo alcool in corpo si era ritrovato
nella stanza sbagliata, si era infilato nel letto sbagliato e aveva
rischiato la pelle in carcere per aggressione a sfondo sessuale.
Sotto la pressione di
suo
zio e della padrona di casa, aveva fatto una proposta di matrimonio
per salvare la reputazione di quella donna dai capelli scialbi e il
volto slavato.
Niente di
più nobile ed
idiota allo stesso tempo. I suoi amici ne ridevano ancora, i suoi
colleghi parlamentari lo fissavano schifati e lui non si era mai
sentito più miserabile di così.
-Non le
concederò il
divorzio.- sibilò girandosi a guardare serio il fratello di
suo
padre.
-Beh, allora dovrete
trovarla e convincerla. Qualcosa però mi dice che la cara
Lady Grant
Everston sia un osso duro e che nemmeno le lodi di un galantuomo
riusciranno a smuoverla.-
Cathriona sorrise e
salutò
con la mano i figli di Fanny che giocavano in giardino.
I due bambini
risposero
con slancio e si rituffarono nei loro giochi.
-Eccomi qui, la
piccola
Savannah oggi non ne voleva sapere di dormire. Hai già preso
il tè?-
le chiese sedendosi su una poltroncina.
Cathriona scosse la
testa
e si sedette vicino alla donna. Come l'aveva invidiata durante tutto
il giorno, si ritrovò a pensare sorseggiando la tazza colma
di tè
che Fanny gli aveva offerto.
I suoi bambini erano
educati e pieni di energie, il signor Brooke sembrava ringiovanito
anziché invecchiato e ogni volta che lasciava la casa per
andare a
lavoro chiamava la moglie davanti all'uscio per baciarla
appassionatamente come se fossero ancora freschi sposi. E a Fanny,
nonostante la stanchezza e il volto sciupato dalle gravidanze
ravvicinate, aveva gli occhi risplendevano di luce e brio.
-Allora, mi devi
raccontare tutto. Brooke mi ha assicurato che potrai rimanere quanto
vorrai e che farà le tue veci fino a quando non ti sentirai
pronta
per ritornare a controllare le cose in azienda.- le disse portandole
sotto il naso un piattino colmo di biscotti all'uvetta.
Cathriona
rifiutò, erano
giorni che ormai non riusciva a mandare giù quasi nulla.
Chiuse gli occhi per
un
secondo e cercò di raccogliere la forza necessaria per
mettere tutto
insieme.
-E' stato cattivo con
te?-
domandò Fanny avvicinando una mano al suo volto, aveva
notato una
piccola cicatrice ancora viva sotto l'orecchio. Doveva essere molto
recente. -Ti ha fatto questo? E' stato quel Lord?-
Gli occhi di
Cathriona si
riempirono di lacrime ma scosse la testa con fermezza.
-E' stata la sua
amante,
la signorina Violet Graham. E' entrata in casa una settimana fa, ha
travolto la cameriera e poi si è lanciata su di me. Per
fortuna che
sono abituata alle zuffe, quando l'ho spinta a terra mi sono accorta
della ferita.-
-E cosa ha fatto tuo
marito?- chiese sconvolta Fanny.
Cathriona
scrollò le
spalle.-Nulla, perché la sera stessa, quando ormai mi ero
ritirata
dopo averlo aspettato, si è portato in casa nostra quella
donna ed
ha fatto i comodi suoi sotto il nostro tetto. Mi ero accorta dai
rumori ma ho preferito non fare nulla o avrei perso il controllo di
me.- raccontò stringendo attorcigliando le dita sul grembo.
-Il
mattino dopo sono entrata tardi nella sua stanza ed ho notato che era
tutto sopra, vi era un cappello e un corsetto che non mi
appartenevano e i cuscini erano sporchi di trucco. Credo se ne sia
andata via all'alba per evitare di creare chiacchiere fra i vicini.-
Fanny le strinse le
mani
con forza, fece per parlare ma Cathriona la interruppe.
-Io non pretendo da
lui la
fedeltà. Mi aspettavo solo discrezione e rispetto almeno
della
comune dimora, è lui che mi ha messo in quella situazione.
Lord
Everstone non fa che bere, frequentare il letto di quella signorina e
sbraitare.- stranamente le venne da ridere. -E pensare che volevo
solamente denunciare l'aggressione alla polizia o almeno farglielo
sapere. La cameriera, Mary Rupett era così sconcertata dal
suo
comportamento che se n'è andata. Ora lavora dai Winfred. Mi
ha
scritto per ringraziarmi della raccomandazione.-
Le due donne si
guardarono
a lungo. -Io … Non so cosa dire, mia cara. E' una cosa
oscena
quella che hai subito. Credo proprio che manderò una let
… -
-Non farlo!-
sobbalzò
disperata Cathriona. -Non voglio che il nome di quella famiglia ed il
mio venga di nuovo trascinato nello scandalo. Voglio vendere la mia
parte dell'azienda di papà a qualcuno di meritevole e poi
andarmene
al nord, da zia Letha. Lì potrò ricominciare una
nuova vita.-
-Ma merita di essere
svergognato pubblicamente! E' un mostro!- disse Fanny indignata.
Cathriona si
alzò e
nervosa si mise seduta sullo sgabello del pianoforte. -No, è
solo un
uomo meschino che pensa solo a sé. Come tanti altri.- disse
prima di
sfiorare i tasti e suonare qualche motivo distratta. -Suo zio, Lord
Patrick e sua moglie, sono stati gli ultimi clienti di papà.
Sono
stati gentili così con me che non desidero assolutamente
vedere il
loro nome sbattuto in prima pagina. L'anonimato stavolta è
importantissimo.- si voltò verso l'amica sorridendole. -Ho
solo
bisogno di respirare di nuovo.-
Fanny le si
avvicinò
mettendole una mano sulla spalla. -Potrai stare qui per sempre.- le
baciò una guancia e si sedette ad ascoltare le note leggere
che le
sue mani delicate portavano in vita, con l'angoscia e la
preoccupazione nel cuore.
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Capitolo 2 *** Novità ***
Capitolo II
Novità
La moglie fa risparmiare per
qualche tempo la spesa delle puttane
ma tutte le puttane del mondo
non ci risparmiano il pericolo di prender moglie.
Giovanni Papini
-E' molto semplice. Devi solo disegnare le varie parti dei mobili,
così da inserire delle immagini chiare nel libro.- disse il
signor Edward Brooke facendole vedere un piccolo opuscolo.
Cathriona annuì ed esaminò attenta i disegni
preparatori di Brooke. Erano imprecisi e troppo semplici, forse il suo
tocco leggero e ricco avrebbero reso le immagini più
interessanti. -Quante tavole devo fare?- gli chiese.
Brooke le sorrise. -Solo nove.-
Aveva da sempre invidiato l'eccezionale abilità della figlia
del Signor Mafton con le tavole da disegno. Il suo tocco preciso e
chiaro valeva più di quello di rinomato ma costoso
architetto. Più volte negli anni, famosi disegnatori di
parti meccaniche si erano complimentati per il suo primo opuscolo sui
macchinari necessari per il taglio del legno, nessuno sapeva che il
maestro dal tratto leggero altro non era che una giovanissima ragazzina
di buona famiglia.
Molte volte venne contattato con urgenza da altri industriali
desiderosi di avere dei disegni esplicativi da mandare a meccanici che
avevano poca dimestichezza con tale arte ma rivelare
l'identità dell'artista, avrebbe portato il panico.
Le donne non avevano e non potevano avere capacità maschili,
un conto era il quadro paesaggistico, altra storia era la meccanica.
Cathriona intinse il pennello nella china e cominciò a
tracciare le prime linee seguendo il primo modello di un tavolo rotondo
che poteva ampliarsi. Era così assorta nel suo lavoro che
non notò il signor Brooke allontanarsi dallo scrittoio, il
disegno era sempre stato per lei un rifugio sicuro.
Le mani sporche di pittura, china e matita le ricordava le giornate
spese con il padre a sognare edifici eleganti e dimore maestose da
costruire. Con la guida sicura del padre e un metodo collaudato negli
anni, sapevano esattamente come lavorare in sincronia.
Quando la ferrea salute del padre venne a meno, suo fratello Robert
subentrò e da allora, la piccola florida azienda era
scivolata verso il fallimento.
La maggior parte dei soldi vennero spesi in pubblicità
inutile e in poco tempo, la Mafton Company perse tutta la sua
rispettabilità e con essa Cathriona vide distrutta ogni
speranza di avere una dote.
Per questo aveva accettato quasi con sollievo il matrimonio riparatore
con Lord Everstone, con quel semplice assenso si era procurata la
flebile speranza di avere dei figli e il repentino allontanamento dalla
brutta fama di suo fratello.
Posò il pennino e guardò la sua prima tavola
completata, sorrise notando i tratti decisi e
annottò in un foglio i numeri di pezzi da lei completati.
Il piccolo sorriso che aveva fra le labbra si spense non appena una
forte nausea le salì verso la gola e improvvisa come era
arrivata si ritrovò a bocconi sul pavimento a rigettare la
colazione.
Fu la cameriera di Fanny a trovarla per prima ed aiutarla, la piccola
donna gallese la trascinò su un divanetto e si fissarono a
lungo, poi la donna spostò lo sguardo sul suo ventre e
Cathriona impallidì.
“Piccola
festicciola” per Violet Graham voleva dire avere
la casa piena di gente. Era un lato del suo carattere che Lord Grant
Everstone cominciava a trovare poco affascinante. Non c'era nulla
d'intrigante nello stiparsi in un salone mediocre accanto a persone
come zitelle inacidite dal tempo, vedove facili da consolare e cicisbei
dell'ultima ora, per questo si stava gettando nell'alcool, gli rendeva
facile essere paziente.
Ma quella sera, quando a notte fonda si ritrovò seminudo
nella stanza di Violet si scoprì più sobrio del
solito. Osservò la donna sciogliere i capelli e stendersi
sul letto con fare voluttuoso, mostrando le gambe ed ammiccando.
Lasciò il bicchiere ancora pieno sul tavolino e si
avvicinò al letto.
-Allora, è vero quello che gracchia tua madre?-
domandò sorridendogli. -La poveraccia è scappata?-
Grant annuì distratto e si sedette dall'altra parte del
letto, si tolse la camicia lentamente e i pantaloni. Doveva immaginarsi
che sua madre, nota in società per le sue scenate e per la
sua bocca larga, non avrebbe avuto nessun tipo di descrizione.
-Quanti lo sanno?- le chiese gelido.
Lei sbuffò e appoggiò una mano sulla testa. -Per
ora solo io, ieri sono andata a prendere un tè da lei. Era
una confidenza stretta.- toccò con il suo piccolo piede la
schiena dell'uomo. -Quale sarà la tua prossima mossa?-
Grant si voltò. -La riporterò a casa per i
capelli, dove deve stare.-
Violet strinse gli occhi in piccole fessure azzurre. -Mi piace quando
fai il violento. Sai, due settimane fa sono andata a trovarla. E ho
… - ridacchiò a lungo prima di riprendere il
discorso. -E la sua insulsa cameriera ha cercato di bandirmi ma l'ho
schiaffeggiata. Poi la tua mogliettina ha osato dirmi di andarmene
… Beh, l'hai visto anche tu il taglio, no?-
Lord Everstone s'irrigidì.
All'inizio non aveva prestato attenzione a ciò che stava
dicendo la donna, era attratto da lei per come riusciva a compiacere un
uomo, non certo per il suo intelletto. -Taglio? Quale taglio?-
domandò confuso.
Violet con un balzo si mise a sedere, la questione si stava facendo
interessante. -Da quanto non guardi tua moglie?- sibilò
divertita. -Non mi dire che la prendi solo con il favore delle tenebre,
una volta ogni tanto.- L'idea le piaceva. Lei poteva avere l'accesso
alla sua vera natura passionale e furiosa mentre la donnina dal volto
triste si prendeva giusto il minimo necessario per avere un erede e il
resto del tempo, faceva da arredamento.
Squittì sorpresa quando Grant le afferrò un
braccio e glielo stritolò con rabbia. -Cosa hai fatto? L'hai
colpita? Dove?- l'uomo notò con soddisfazione le lacrime
offuscare quegli occhi da meretrice e strinse con maggiore forza. -Come
hai osato, stupida sgualdrina! E' colpa tua e della tua ingordigia se
sono ritrovato a sposare Mafton! Tu mi hai mandato un messaggio
sbagliato e tu mi hai lanciato fra le braccia di quella contadinotta!-
Violet arretrò di qualche centimetro.
Non gli piaceva lo sguardo cattivo dell'uomo, conosceva bene la
fermezza delle sue mani quando voleva rimetterla al suo posto ma si era
divertita talmente tanto a quella festa dei Lord Humphrey che aveva
deciso di giocare un brutto scherzo all'elemento più debole
della catena, la povera e noiosa signorina Cathriona Mafton.
La sua burla però aveva finito con l'allontanare per sempre
la possibilità di avere Lord Grant Everstone per
sé. Aggredirla, quel giorno, fu solo parte delle mille
ritorsioni che aveva in mente per renderle la vita un inferno.
-Era solo una piccola farsa, io non volevo certo … -
Lo schiaffo arrivò deciso, la torsione violenta del collo la
fece gemere di dolore; Grant la osservò incapace di
controllarsi. -Tu sei la mia rovina!- mormorò raccogliendo
le sue cose e vestendosi alla bene e meglio. -Lei sarà pure
una poveraccia ma almeno sa tenere chiuse quelle gambe.- le disse
conoscendo quanto dolente fosse quell'argomento per Violet.
Uscì a grandi passi dalla casa londinese dei Graham,
dimenticandosi persino di chiedere di preparare una carrozza, e
marciò a lungo verso il centro evitando piccoli gruppi di
malfattori che si aggiravano ancora tranquilli. Saltò sulla
prima carrozza e dopo aver fatto scivolare mezza sterlina fra le mani
del cocchiere gli ordinò di andare dirigersi verso la
campagna, alla sua casa paterna.
-Signora Brooke, temo che dovrete avere un occhio di riguardo per Lady
Everstone. Le sue condizioni mi sembrano piuttosto fragili.- disse
Thomas McCarter. -La settimana scorsa sembrava procedere bene ma queste
perdite sono un piccolo allarme. Ha bisogno di riposarsi e bere del
vino caldo la sera, anche se non è l'ideale per la
stagione.- disse picchiettando con gentilezza il braccio di Fanny.
-Bisogna avvertire il marito che non potrà muoversi
finché le piccole perdite non finiranno.-
Fanny annuì ed accompagnò il vecchio medico della
città nel salotto dove era seduto suo marito.
I due parlarono brevemente e si incamminarono verso la porta.
Fanny decise di rientrare nella stanza al primo piano che un tempo
fungeva da camera da letto della sua defunta ma non compianta suocera
invalida. Si sistemò su una sedia e rimase sorpresa quando
notò che non solo Cathriona era sveglia ma gli stava
tendendo una lettera piegata.
-E' per il Lord mio marito.- disse con voce flebile. -Credo che sia
necessario che venga qui e sappia cosa … Cosa sta
succedendo.-
Le due donne si fissarono incerte, entrambe concentrare a non scoppiare
a piangere.
-Pensi … Pensi che una volta che saprà,
cambierà parte del suo atteggiamento?-
Cathriona tirò mestamente su con il naso e scosse la testa.
-Spero solo che il bambino non soffra. Non potrei sopportarlo.-
Fanny la strinse in un abbraccio materno e le baciò la
sommità del capo. Era terribile ciò che stava
succedendo alla persona più cara che aveva al mondo dopo la
sua famiglia. -Devi ubbidire ai consigli del medico e riposarti. Quando
Lord Everstone arriverà, obbligherò Brooke a
convertirlo alle buone maniere, così potrete conversare con
serenità e festeggiare l'arrivo di questa creatura.-
Cathriona annuì e le sorrise malinconicamente. Non si
aspettava nulla di gentile da Grant, forse si sarebbe calmato nei suoi
atteggiamenti libertini ma di sicuro non si sarebbero mai fermati del
tutto.
Si lasciò andare sui cuscini inamidati e si passò
le mani sul ventre, chiuse gli occhi e pregò Dio di
benedirla con la guarigione del figlio che portava in grembo.
Pochi semplici ghirigori che nascondevano qualcosa che non si aspettava
per niente.
Sua moglie, la fuggitiva così veniva chiamata dai suoi amici
più stretti, si era ammalata. Non solo non gli aveva detto
di essere rimasta ferita in uno scontro con Violet Graham, infestato la
sua casa da scapolo con il suo sguardo luttuoso, imposto la sua
presenza per poi levare le tende alla velocità della luce,
ma ora si era persino ammalata!
Sistemò le pieghe della redingote che si stava sgualcendo
intorno alle sue gambe, osservò il placido panorama
campagnolo e si domandò quante miglia lo separavano da
quella donna che aveva sposato. Per la prima volta, si accorse di
essere sinceramente preoccupato delle sue condizioni e la cosa non gli
piacque.
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Capitolo 3 *** Il Silenzio ***
Capitolo
III
Il Silenzio
La
sofferenza apre gli occhi, aiuta a vedere le cose che non si sarebbero
percepite altrimenti.
Quindi
non è utile che alla conoscenza, e,
all'infuori di essa, serve solo ad avvelenare l'esistenza.
Emil
Cioran
Lord Grant Everstone alzò un sopracciglio e fissò
con sdegno la crescente irritazione che colorava il viso del signor
Brooke.
-Lo ripeto un'ultima volta, è mia moglie e voglio vederla,
subito!.-
-Sua signoria sta riposando, le assicuro che non appena si
sveglierà verrà informata del vostro arrivo.-
rispose Edward Brooke irrigidendo le spalle e avvicinandosi al Lord in
modo da sovrastarlo con la sua altezza.
Grant Everstone scosse la testa cercando di nascondere un sorriso di
sfida. Quel piccolo borghese qualunque osava fare la voce grossa a un
Pari del Regno, riconobbe l'insensato coraggio dell'uomo.
-Bene, allora vorrà dire che siederò in camera
sua e aspetterò che si svegli.- le parole gli erano uscite
senza pensarci. Salì le scale con passo pesante e
seguì un'arcigna cameriera che osava guardarlo con malcelato
disprezzo, lo precedette in quella che doveva essere una stanza per gli
ospiti e si guardò intorno incerto.
Era una stanza piccola ma aveva ben tre finestre ad illuminare ogni
angolo della camera, i mobili erano pochi ma pregiati e due poltroncine
di velluto scuro erano poste davanti a un minuscolo caminetto in marmo.
Si chiese come potesse un industriale qualunque permettersi quel genere
di lusso.
La cameriera gli indicò una sedia imbottita ed
uscì inchinandosi profondamente al suo cospetto.
Grant sbottonò la giacca e si sedette lentamente, ancora
provato per la lunga nottata in carrozza.
I suoi capelli castani erano sciolti sulle spalle, il corpo coperto
dalla sua vista da un paio di lenzuola azzurre e bianche, il volto
rilassato, una mano sul ventre.
Era incinta.
Incinta di suo figlio.
Ed entrambi erano in pericolo.
Sospirò frustrato e allungò i piedi per
stiracchiarli. Notò con una forte apprensione il taglio
ormai rimarginato sotto l'orecchio e sentì una scossa in
fondo allo stomaco.
Nella sua vita non si era mai comportato bene, faceva parte di quel
gruppo di aristocratici disillusi che si gingillavano delle loro
ricchezze e delle loro libertà. Non aveva mai cercato di
frenarsi e cercare moglie, a cosa sarebbe servito in fondo? Non era
tutto destinato alla rovina? Sempre più nobili avevano perso
ricchezze e prestigio mentre i borghesi prosperavano e salivano di
grado. Era sempre riuscito ad allontanare madri spudorati di figlie
volgari che sbattevano i loro seni in faccia a qualunque maschio con un
titolo altisonante.
Ma quella notte era bastato qualche bicchiere in più, un
messaggio sbagliato e tanto bisogno di espletare i bisogni carnali e si
era fatto trovare dalle pettegole più conosciute
d'Inghilterra con le braghe calate di fronte a un'educanda
urlante che tutti stimavano. Colto sul fatto da un giudice baronetto,
sbronzo e nudo dalla cintola in sù, aveva dovuto promettere
sul quel poco di onore rimasto che avrebbe salvato la reputazione di
quella donna.
In meno di tre settimane aveva percorso la navata al braccio di quella
donna che non sorrideva e non lo guardava mai, al dito un anello
nuziale. Il suo peggiore incubo si era realizzato e lui era il
principale responsabile di tutto ciò.
Gli si mozzò il respiro quando la vide aprire gli occhi e
stiracchiare un braccio.
I loro occhi s'incrociarono per la prima volta e Grant lesse sorpresa
in quegli occhi così comuni.
-Buongiorno moglie.-
Con gesti nervosi allacciò i polsini delle maniche,
annodò due volte i nastri neri della cuffia marrone e con i
guanti da viaggio in mano, si concesse di guardarsi allo specchio.
Il vetro le restituì l'immagine di una donna triste e
malata. Scrollò le spalle e cercò di fare un
sorriso, avrebbe dovuto esercitarsi a lungo dato che era diretta a
Chester House, la tenuta ufficiale di suo marito. Una casa che lei non
aveva mai visto e di cui non sapeva nulla.
Scese con lentezza le ripide scale e una volta arrivata al piccolo
vestibolo, non riuscì a trattenersi dall'abbracciare la sua
cara amica Fanny. Si lasciarono con un sorriso sincero e le solite
raccomandazioni, salutò Edward con un bacio e una stretta di
mano e quasi pianse quando rivolse l'ultimo saluto ai tre piccoli
monelli che per quasi due mesi l'avevano fatta ridere.
Uscì e in piedi vicino alla carrozza vi trovò suo
marito, che parlava al cocchiere e fissava con aria annoiata le aiuole
in fiore.
L'aiutò a salire sulla carrozza e non disse nulla quando si
sporse per salutare con la mano i Brooke.
In pochi minuti, la campagna che aveva imparato ad amare stava
diventando un ricordo lontano.
Suo marito la fissava intensamente e la cosa l'agitò.
-Vi prego di … Perdonarmi per come mi sono comportata. Non
farò più niente del genere, vi
obbedirò d'ora in poi.- si ritrovò a dire
balbettando. Il Lord suo marito non disse nulla, preferì
fissarla gelido e con uno scatto deciso aprì il libro che
teneva sulle cosce e s'immerse nella lettura.
-Non appena arriveremo a Chester House vi farò visitare dal
medico della nostra famiglia. Quel ciarlatano venuto dalla campagna non
ha nemmeno idea di cosa sta parlando.- disse secco. -Vedi di startene
tranquilla ora che hai in grembo mio figlio.-
Quelle parole rudi colpirono Cathriona come uno schiaffo, si
appoggiò all'altro lato della carrozza e fissò
con crescente delusione il panorama che scorreva lento.
Il gentile dottor McCarter si era opposto fermamente alla
volontà di partire immediatamente espressa dal Lord.
Riteneva che le scosse continue avrebbero danneggiato irreparabilmente
la vita di quella piccola creatura.
Ma nessuno era riuscito a farlo ragionare e lei non aveva trovato il
coraggio di dirgli qualcosa. Era sempre più stanca,
l'amarezza che provava nel cuore risucchiava l'energia necessaria per
combattere, chiuse gli occhi sconfitta dalla sonnolenza e
pregò che il viaggio durasse solo due giorni.
All'inizio non si accorse che sua moglie era scivolata in un sonno
perpetuo per troppo tempo, il cielo era scuro e dopo quasi due giorni
di carrozza si stavano avvicinando a Chester House, mancavano poche ore
di viaggio su una strada poco battuta e irregolare.
Quando la carrozza quasi sobbalzò e furono sballottati, sua
moglie non si accennò a svegliarsi, il suo corpo si era
semplicemente spostato.
La osservò confuso e fu solo quando posò gli
occhi sul sedile che impallidito comprese.
Una macchia rossa e densa annunciava la tragedia.
-Si riprenderà?- chiese per la terza volta al medico.
L'uomo annuì con fermezza. -Come le ho già
spiegato, Vostra Signoria, il tempo curerà le ferite.
L'emorragia si è arrestata completamente, presto potrete
riprovare ad avere un figlio. Ma ancora non mi capacito di come sia
possibile che l'altro medico non vi abbia avvertito di quanto sia
pericoloso per una donna incinta, con già così
tante complicazioni, affrontare un viaggio … -
Grant fremette di rabbia e si stupì quasi nel notare che non
era rivolto al medico ma a sé.
Era lui ad aver insistito contro il parere di tutti nel fare quel
viaggio immediatamente. La sua alterigia che lo caratterizzava aveva
condannato a morte il suo primo figlio.
Si sedette sul letto dove la moglie riposava.
La sua arroganza l'aveva quasi uccisa e lei aveva persino cercato di
farlo ragionare. Solo ora stava ricordando i tanti particolari che
aveva ignorato. Il volto sempre più grigio della moglie, la
difficoltà con cui stava sveglia, la preoccupazione che le
solcava gli occhi. Ma anche la gentile premura con cui preparava la
colazione ogni mattino, la docilità con cui si era lasciata
prendere senza mai gridargli contro quando le faceva violenza, la
compostezza con cui aveva reagito nello scontro con Violet, evitando
uno scandalo di proporzioni enormi, la dignità con la quale
gli aveva risposto quando era andato a riprendersela.
Avvicinò una mano sulla sua e la toccò. Rimase
sorpreso nel sentirla calda e ruvida.
Le mani di una donna operosa, si ritrovò a pensare.
Durante il breve colloquio di due giorni prima, sua moglie aveva fatto
di tutto per scusarsi ma lui l'aveva zittita con sgarbo e le aveva
intimato di vestirsi.
Non si era nemmeno congratulato per il bambino, non gli era passato per
il cervello di farlo, in quel momento voleva solo fuggire lontano da
quella casa banale e dagli sguardi furenti dei suoi amici.
Ed ora eccolo lì, il diretto assassino di suo figlio.
Rabbrividì e posò un delicato bacio sul dorso
della mano della moglie ed uscì dalla stanza.
Cathriona si pulì l'ennesima lacrima con fare scocciato.
Da quanto tempo se ne stava confinata in quel letto con la sola
compagnia di sé stessa e di un libro?
Ogni tanto una cameriera a lei sconosciuta compariva e le portava un
vassoio pieno di leccornie ma il suo stomaco sembrava rifiutarle per
principio. La sua mente, appesantita dai pensieri sul suo bambino mai
nato, non sembrava più essere lucida, le sue membra erano
stanche tuttavia desiderose di camminare e muoversi liberamente.
Decise di vestirsi con un abito scuro che trovò nel baule ai
piedi del letto che le fu portato qualche giorno prima, si
sistemò i capelli in una severa acconciatura e con uno
scialle sulle spalle e il passo incerto, s'incamminò per
quella casa che non conosceva.
Il corridoio era immenso e appoggiandosi ai muri, si ritrovò
a passare davanti a una porta aperta.
-Ma cosa … ?-
Cathriona riconobbe la voce del marito che qualche secondo dopo
uscì in corridoio e la fissò arrabbiato.
-Chi vi ha detto di alzarvi?- domandò.
-Ormai sto bene, signore. Volevo solo sedermi all'aria aperta.- disse
con un filo di voce. -Ma se insistete vi lascio e torno in camera.-
Grant venne investito da un'ondata di tristezza.
Quella donna riusciva a non mancargli di rispetto anche se aveva tutto
il diritto di prenderlo a schiaffi. La prese per un braccio con
delicatezza e la portò nel suo piccolo studio, era
lì che la sera leggeva o sorseggiava un bicchiere di brandy,
ma in quel periodo vi aveva trasferito molta roba per poterle stare
vicino ed essere il primo a soccorrerla.
-Sedetevi qui.- la portò su una poltroncina e con qualche
intoppo aprì una finestra lasciando che l'aria fresca della
prima estate rinvigorisse il viso di sua moglie.
Strinse una corda e qualche minuto dopo ordinò a un valletto
di portare del rinfresco, si voltò per scambiare un cenno
con la donna ma lei era interessata al panorama che poteva ammirare
dalla finestra.
Trascinò una sedia vicino alla moglie e le prese una mano,
aveva intenzione di comportarsi come si deve, di scusarsi e prometterle
che non avrebbe mai più commesso errori del genere.
Cathriona impallidì al contatto e svincolò la
mano con forza. Abbassò lo sguardo mentre sentiva il suo
corpo scosso da tremori.
Disprezzo.
Ecco cosa provava, un profondo disprezzo e rabbia nei confronti di un
uomo meschino e crudele. Come poteva anche solo starsene lì
ad ascoltarlo cianciare? Cercò la forza di alzarsi ma un
senso di vertigine la colse e rimase seduta.
-Cathriona … - disse Grant. -Vi prego, ascoltatemi. Voglio
solo chiedervi perdono.-
Una strana sensazione di gelo congelò il volto e le speranze
di Grant non appena vide gli occhi marroni di sua moglie colorarsi di
una sorta di disdegno.
-Mi dispiace … - mormorò a bassa voce interrotto
dall'arrivo di una cameriera con il tè e delle focaccine.
-Vi prego mia signora, mangiate qualcosa.-
Cathriona strinse le labbra in una smorfia disgustata. -Non ho
più motivo di mangiare così tanto ora.-
Quelle parole mozzarono il respiro di Grant che ammutolì a
lungo.
-Vi spiace se torno nella stanza? Improvvisamente sento il bisogno di
andare a stendermi.- con le ultime forze Cathriona si alzò e
barcollò velocemente verso l'uscita, ignorando il braccio
prontamente offerto dal marito. Chiuse la porta con uno schiocco deciso
e si sdraiò sul letto, portò una mano sul ventre
e pianse nuove, disperate lacrime.
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Capitolo 4 *** La Soirée ***
Capitolo IV
La Soirée
È più
facile consigliare di sopportare che sopportare.
Robert
Browning.
Lady
Diane sventolò il ventaglio sotto il viso e
sospirò di piacere sentendo l'aria fresca pungerle il viso,
da tempo a Londra la temperatura era salita, un gentile avviso di Madre
Natura a lasciare la città, terminando gli eventi mondani
della Stagione. Osservò dalla finestra una carrozza fermarsi
dai vicini e una serie di donne uscire ridacchianti, riconobbe qualche
viso familiare, le nuore e le figlie della sua vicina.
Fece
una smorfia di sufficienza e rivolse il suo sguardo alla sposa di suo
nipote, la fissò attentamente mentre la giovane se ne stava
ferma in balia di due sarte.
-Credo
che vada stretto leggermente sul lato sinistro.- disse indicando con il
ventaglio il punto che intendeva alla sarta che subito
punzecchiò l'abito con una spilla.
Camminò
intorno alla ragazza, sollevando con il ventaglio l'abito, cercando
delle imperfezioni. Una volta soddisfatta si ritrovò a
guardare il volto pallido e stanco di Cathriona, con del leggerissimo
trucco, avrebbero mascherato quell'aria rigida che il suo volto aveva,
con una acconciatura graziosa avrebbe ridato vita a quei capelli dal
colore spento. La costituzione troppo magra rendeva evidente la sua
condizione sociale ma aveva già fatto mormorato a qualche
pettegola la sfortunata storia della ragazza.
-Avevate
ragione, l'ametista vi dona, Lady Everstone. Stasera incanterete la
folla.-
La
ragazza le fece un cenno rispettoso del capo e Lady Diane le sorrise
incoraggiante.
Ricordava
anche lei la prima volta che era stata presentata come Contessa di
Falloden, molti anni prima. Le mani le sudavano mentre camminava al
braccio del marito, che già ubriaco all'ora del
tè, imprecava e calunniava chiunque lo fissasse meravigliato.
Grazie
Iddio, non aveva dovuto presenziare a molti eventi con il Conte dato
che ebbe la decenza di morire pochi anni dopo, lasciandola vedova,
ricca e con erede maschio in grembo. Una volta smesso il lutto, si era
goduta la vita ed infine si era sposata con Lord Patrick Cunningham, un
uomo pacato e gentile, che quand'era giovinetta non aveva potuto
sposare.
Si
sedette di fronte al tavolino del tè, aspettando l'arrivo
della nipote acquisita.
Certo
che tre mesi prima, il suo adorato ma stupido nipote, si era cacciato
in un grosso guaio macchiando la reputazione di una donna che
discendeva da una onesta famiglia di lavoratori. I Mafton si erano
sempre occupati di costruzioni e di palazzi, ottenendo il consenso di
molti esperti fra l'aristocrazia e la borghesia operosa. Sperava che
una volta sposati trovassero un buon equilibrio ma suo nipote aveva
preferito deliziarsi nella vita notturna senza mai farsi accompagnare
dalla moglie, costringendola a subire le sue angherie ed a spingerla
alla fuga fino al triste epilogo.
Quando
Cathriona si sedette davanti a lei, vestita con un abito grigio e
sformato degno di una istitutrice borghese, le spinse sotto il naso un
piattino colmo di focacce dolci.
-Avete
un aspetto debilitato. Dovete mangiare con regolarità, fra
poche ore debutterete alla mia ultima festa della Stagione, da domani
tutti fuggiranno verso il mare o la campagna. Non potete fare brutta
figura al casato degli Everstone.- disse secca mentre assaggiava il
tè caldo. La ragazza annuì con forza e
s'infilò in bocca un po' di focaccia, bevve avidamente il
tè per aiutarsi a buttare giù il boccone.
Lady
Diane la osservò per lunghi minuti con un sopracciglio
alzato.
Questa
era la prima volta che l'ascoltava quando le indicava del cibo, doveva
essere tremendamente irrequieta.
Non
erano solite a chiacchierare durante i pasti, ognuna si trincerava nei
suoi pensieri. In quella settimana, Lady Diane aveva fatto un intenso
corso di buone maniere, di storia dell'aristocrazia e cultura
domestica, notando con una certa soddisfazione la velocità
di apprendimento della ragazza e della sua insolita ma alquanto vasta
formazione. Poteva passare dal tedesco al francese con
facilità ed era rimasta stupita dal sapere che riusciva
persino a comunicare in russo, per non parlare della bravura con cui
disegnava, le aveva regalato un quadretto paesaggistico delizioso della
campagna intorno a Chester House. Tutte qualità interessanti
tuttavia le mancavano la grazia e la formale affabilità
tipica della nobiltà e lei si era premurata di insegnarle in
un settimana scarsa.
Qualche
risultato lo aveva ottenuto, doveva solo sperare che durante la serata
nessuno tentasse di coglierla in fallo a tutti i costi.
-Verranno
tutti gli invitati, eccetto gli Stuart che sono già partiti
per la campagna lunedì.- disse Lady Diane. -Il che ci lascia
un margine di vantaggio, Lady Stuart e suo marito sono piuttosto restii
ai matrimoni misti di ogni genere.-
Cathriona
assentì e intinse del latte nella sua tazza. -Spero di non
rovinare tutto, Lady Diane.-
-Non
lo farai mia cara. Siete una donna fatta tutta d'un pezzo, riuscirete
in questa impresa, così come nel matrimonio.- le disse
colpendola affettuosamente al braccio, notò che il volto
della giovane si era incupito e per nulla stupita decise che era venuto
il momento di darle consigli sul matrimonio.
-Mio
nipote è un uomo vile, come molti giovanotti della nostra
classe sociale è sempre stato persuaso a non occuparsi di
nulla. Balli, club privati, donne malaffare e abitudini impudiche lo
hanno portato a finire ingarbugliato in un matrimonio che nessuno vede
di buon occhio date le diverse condizioni sociali.- le disse facendo un
cenno al suo abito dozzinale. -Dovete stringere i denti e tentare di
dare un senso a tutto questo trambusto. Sono certa che potete presto
concepire un altro figlio e con le dovute precauzioni arriverete al
termine della gravidanza. Ma oltre ai figli, è importante
che voi conosciate i difetti e i pregi di vostro marito.-
-I
pregi e i difetti, dite?- domandò con un sorriso mesto
Cathriona fissando le sue mani in grembo. -Mi sembra un'impresa
ercolana. Temo di non riuscire a suscitare in mio marito null'altro che
fastidio.-
Lady
Diane strinse le labbra in una smorfia scontenta. -Posso immaginarlo
cara, eppure ciò che vi chiedo è molto semplice;
lasciate a Lord Grant Everstone la possibilità di farsi
conoscere. Voi siete una donna retta ed onesta, sono convinta che col
tempo, anche lui riuscirà ad apprezzare le vostre
virtù.-
Cathriona
la ringraziò con filo di voce e chiedendo il permesso decise
di riposarsi un'ora prima di cominciare a prepararsi per il grande
ballo.
Lady
Diane la seguì con lo sguardo e si appoggiò allo
schienale, la riuscita o la debacle della serata avrebbero inciso
profondamente sul matrimonio più ondeggiante che avesse mai
visto; e lei non poteva permettere di vedere altra tristezza trasparire
dagli occhi di Grant.
Violet
Graham si sistemò lo scialle in bengalina che le adornava le
spalle, lasciandolo scivolare civettuolamente sulla schiena fasciata da
uno stretto abito di seta gialla.
Aspettava
con impazienza che la fila di persone davanti a lei salutasse i padroni
di casa per scivolare in qualche angolo buio dell'immensa dimora di
Lord Cunningham, accerchiata dalla solita corte di uomini squisiti.
-Buonasera
Lady Diane, è sempre un piacere rivederla in queste felici
occasioni.- disse accennando un inchino e stringendo con
affabilità la mano guantata della donna.
Non
ascoltò neppure le parole di saluto dell'anziana
proprietaria, pietrificata com'era quando intravide Lord Grant
Everstone accompagnato da sua moglie, al centro dell'ingresso a
salutare ogni ospite.
Strinse
le mani in piccoli pugni tremanti e con passo risoluto
s'incamminò verso la coppia.
-Grant
mio caro! E io che ti credevo a un incontro di boxe in centro con
Francis e James!- disse ad alta voce, inchinandosi di fronte all'uomo.
Grant
la fissò sconcertato ma si riprese subito, tese una mano
sulla schiena della moglie che fece un piccolo passo inchinandosi di
fronte a Violet.
-Signorina
Graham, le presente ufficialmente mia moglie, Lady Cathriona
Everstone.- prese il braccio della moglie e lo infilò sotto
il suo. -Mia signora, questa simpatica signorina è Violet
Graham, figlia del Colonello Graham e di Lady Anne Spencer.-
Violet
alzò un sopracciglio e decise di ignorare le presentazioni.
Rivolse un piccolo sorriso a Grant e lo colpì al petto con
il ventaglio. -Vi prenoto per la seconda quadriglia, mio vecchio
amico.- gettò uno sguardo di sufficienza a Cathriona. -Sono
certa che vostra moglie non sia abituata alle danze della nostra gente,
il nostro esempio le sarà d'aiuto.-
Senza
aspettare una risposta lasciò i due alle prese con i nuovi
arrivati e quasi le scoppiò il cuore di gioia quando colse
lo sguardo cupo di Grant e l'avvilimento negli occhi di quella scialba
della moglie.
Aspettò
sua zia che era rimasta a chiacchierare ed annoiata intavolò
una conversazione con la signorina Caroline Patterson, un'ereditiera
affascinante alla ricerca di un marito titolato, nota per la sua lingua
biforcuta.
-Ho
sentito dire che la moglie di Everstone è la figlia di un
costruttore! Un banale e povero costruttore qualunque! Dio, quanto deve
essere umiliante per Lady Diane!- esclamò con finta
costernazione Caroline.
-Ci
credi se ti dico che ha avuto il coraggio di andarsene un mese fa da
Londra, alloggiando da un'amica sposata a un industriale del legno! Tu
dimmi se è normale che questa ragazzina dei bassifondi
pretenda il trattamento di una duchessa!-
Gli
occhi chiari di Caroline ardevano dalla contentezza per il valore della
confidenza appena fatta. -Pensi che abbia pestato i piedi
affinché venisse presentata all'ultimo ballo della
Stagione?- domandò eccitata quest'ultima.
Violet
nascose il volto dietro il ventaglio paglierino ed annuì
entusiasta.
Osservò
divertita la ragazza sedersi con un gruppo di comare che le faceva da
chaperon e cominciò a spiattellare ogni dettaglio sulla
signora Everstone.
Con
occhi trionfanti sorrise mentre salutava con sua zia qualche amico e
fissava gli occhi turbati di Grant ancora al braccio della moglie,
nascosto da un gruppo di colleghi del parlamento.
Aprì
il ventaglio e lo sventolò veloce, scacciando ciocche di
capelli e inarcando la schiena per mostrare il suo seno abbondante.
Poche ore ed avrebbe nuovamente distrutto la reputazione di Cathriona
Mafton.
Il
maestro dell'orchestra annunciò con voce chiara
l'approssimarsi dell'inizio della seconda quadriglia. Grant
fissò prostrato sua moglie che sembrava seguire passivamente
la conversazione fra due coniugi suoi amici, che discorrevano di
cavalli e carrozze.
Era
rimasto incredulo quando la vide uscire dalla biblioteca vestita con un
abito da ballo violetto con dei ricchi pizzi sulle maniche a sbuffo che
le donavano una sorta di freschezza sbarazzina, i capelli erano
intrecciati in maniera complessa ma piacevole da ammirare, persino la
camminata era diversa, aggraziata e flemmatica.
Le
aveva appena rivolto la parola durante il breve tragitto alla villa
cittadina dei suoi zii, Cathriona sembrava immersa in profondi pensieri
e lui non faceva che scorrere il suo sguardo sulla dimessa scollatura,
sul lungo collo, le braccia eleganti e il soprabito stretto.
Com'era
possibile che non avesse mai notato quel fascino moderato?
Non
aveva mai esitato dal definirla un topo di città, una donna
insignificante, la paladina della borghesia che annaspava alla ricerca
di luce e spazio, per tutta la durata del matrimonio.
Eppure
si era ritrovato a dover ritrattare ogni suo pensiero maldisposto su
sua moglie. Con i giusti abiti e la guida ferrea di Lady Diane,
qualcosa in lei stava sbocciando.
Ogni
sua ulteriore riflessione fu sospesa dall'arrivo di Violet che
inchinandosi al suo gruppo gli ricordò della quadriglia
promessa.
Fece
un sorriso tirato alla moglie che sembrò disperata all'idea
di stare da sola in mezzo ai suoi più noiosi amici e
accompagnò Violet al centro della sala, prendendo posizione.
-Mi
sei mancato Grant.- disse lei sorridendogli. -Ti trovo stanco e
inappagato, dovresti passare stasera alla mia dimora.- gli si
avvicinò pericolosamente, strusciando il ventaglio sulle sue
parti intime con finta noncuranza. -Sai che conosco più di
un modo per saziare l'appetito.- sussurrò mentre l'orchestra
suonava le prime battute.
Per
tutta la durata del ballo, Grant lottò con il forte
desiderio di sollevare le gonne di Violet in mezzo alla folla
rispondendo alla sua provocazione e spingendosi in lei con furia. Era
più di un mese che non giaceva con una donna, quasi si era
dimenticato di questo suo appetito visto che era afflitto dalla perdita
di quella creatura e dall'analisi delle sue colpe.
Era
da un anno che faceva a meno delle cortigiane, insulse e spesso malate,
in quanto Violet riusciva a saziarlo come nessuna donna del mestiere e
aveva la straordinaria capacità di non rimanere gravida.
Una
fitta di desiderio lo percorse quando sentì il corpo della
donna sfiorare troppo languidamente il suo. Se fosse stato un evento
qualunque, l'avrebbe portata nella sua carrozza per darle un anticipo
di tutto ciò che quel corpo conturbante gli ispirava di
fare. Convenne con sé stesso che era meglio ignorare certi
bassi istinti e comportarsi per una volta da uomo onorevole.
La
fine della quadriglia giunse e Grant tirò un sospiro,
s'inchinò a Violet e la piantò nel bel mezzo
della sala, cercando sua moglie.
Ella
se ne stava accanto a Lady Diane, in silenzio, spostando lo sguardo
sulle pareti, le decorazioni e la pavimentazione.
-Che
cosa vi ha colpito?- le domandò giunto alle sue spalle
facendola sobbalzare.
-Nulla.-
s'affrettò a dire con voce sommessa.
Grant
rimase in silenzio e le prese la mano, baciandole le nocche.
Non
vi era nemmeno una piccola possibilità che sua moglie gli
confidasse qualcosa, un pensiero o un'osservazione. Ciò che
la animava o le piaceva, gli erano preclusi.
Intravide
nella folla i lucenti capelli rossicci di Violet e non poté
non pensare a quanto divertente e sereno sarebbe una loro ipotetica
unione, se solo lei non si fosse rovinata così giovane.
Deglutì ila forte brama e si accinse a portare la moglie a
conoscere alcuni parlamentari della Camera dei Lords.
-Devo
dire che sono soddisfatta, miei cari. La festa è riuscita e
le maldicenze su Cathriona sono in parte finite.- disse soddisfatta
Lady Diane, sedendosi nel salotto dei piccoli ricevimenti. -La Duchessa
di Allegdon ti ha già invitato per un tè
martedì prossimo, adora l'arte e chi riesce a tenere un
pennello fra le dita.- sorrise a Cathriona che stanca si appoggiava
allo schienale del divanetto. -Grant, porta tua moglie a dormire. Nei
prossimi giorni deve mangiare e riposare.- ordinò al nipote
che si sciolse la stretta cravatta e con una mano tesa,
portò lentamente Cathriona di fronte alla sua stanza.
-Avete
scelto voi la stanza blu, giusto?- le chiese cortese. -Era la mia
stanza preferita da bambino. Spero non sia cambiata nullo.-
-Non
credo mio signore. E' una bella stanza.- disse Cathriona lesta.
Davanti
alla porta, Grant le prese entrambe le mani e rimase a lungo in
silenzio, fissando l'abito, l'acconciatura e la bellezza discreta di
sua moglie.
-Vi
siete comportata in maniera splendida, stasera.- le disse stringendole
le mani. - Avete tutta la mia gratitudine e la mia ammirazione, spero
di poter avere un giorno anche il vostro perdono.-
Cathriona
lo osservò a disagio mentre s'inchinava a baciarle i dorsi
delle mani, le aprì galante la stanza e si
congedò lentamente. Avrebbe voluto dire qualcosa,
confessargli il suo sollievo sul risultato appena ottenuto, ma rimase
in silenzio ad osservare quella schiena ampia scomparire nel buio del
lungo corridoio.
Grant
faticò a prendere sonno, troppo eccitato, stava quasi per
rivestirsi per seguire il consiglio di Violet e trovare qualcuno che lo
soddisfasse, evitando l'alcova di Violet, magari qualche donnina
burrosa che viveva in qualche bordello raffinato del centro che
frequentava da adolescente. L'idea lo intrigava, la notte era ancora
giovane ma un senso di colpa lo investì.
Aveva
una moglie che dormiva a pochi metri da lui, poteva finalmente scoprire
cosa celassero quegli abiti scadenti con cui si copriva, se quelle
forme che aveva intravisto quella sera corrispondessero al vero.
Si
alzò e con passo spedito, munito di una candela e vestito
con solo la vestaglia lunga, entrò nella stanza.
Cathriona
trasalì, seduta sul letto con la sola compagnia di una
candela, quasi gridò dalla sorpresa.
-E'
successo qualcosa?- domandò con voce incerta.
Grant
scosse la testa e posò la sua candela su un ripiano accanto
al lato libero del letto. La fissò in volto e sorrise quando
notò il rossore sulle guance.
I
capelli erano intrecciati in una lunga coda, il corpo nascosto da una
camicia da notte senza fronzoli.
S'infilò
a letto e si tolse la vestaglia, rimanendo nudo sotto le lenzuola.
-Sarò
gentile, Cathriona.- le disse mentre si avvicinava.
Lei
si sdraiò ubbidiente, Grant le si coricò sopra e
con la mani sollevava la camicia oltre la vita. Toccò i seni
acerbi, passò sul ventre piatto pensando ai giorni in cui
aveva cullato una vita, sfiorò i glutei e le cosce con
carezze ardite.
La
penetrò quasi subito, rendendosi subito conto di quanto la
sua impazienza stava costando ad entrambi. Cathriona
sussultò e strinse le labbra in una smorfia dolorante, un
gemito di sofferenza le uscì dalla bocca quando
sentì lo spingersi ulteriormente dentro di lei.
Grant
rimase a lungo fermo, lasciando che Cathriona si abituasse a lui. Non
appena sentì il suo membro scivolare con meno attrito, perse
ogni riguardo e si tuffò nell'amplesso con una foga
inconsueta. Vide sua moglie rifuggire il suo sguardo, tenendo gli occhi
chiusi e voltandosi, tcon le labbra serrate accoglieva passivamente
ogni suo colpo. Grant sentì l'orgasmo farsi vicino,
sprofondò in sua moglie con rapide stoccate, le
regalò il suo seme ed esausto si abbatté sul suo
corpo.
Chiuse
gli occhi e cercò di allontanare dalla mente il viso
stravolto dal piacere di Violet o il modo in cui il suo corpo si
accendeva di passione non appena lo sfiorava.
-Scusami.-
disse alzandosi e rotolando accanto a lei.
Cathriona
rimise a posto la camicia e si rimboccò le coperte, gli
voltò le spalle nel più totale silenzio. Anche
quella volta, Grant non aveva avuto riguardi.
Il
Lord, assonnato, non se la sentì di alzarsi e uscire dalla
stanza, rimase nella sua parte di letto e si addormentò
pensando a quanto fosse deprimente accoppiarsi con una donna che
provava solo odio nei suoi confronti.
Si
svegliò all'alba, ritrovandosi ingarbugliato in uno strano
abbraccio con il corpo di sua moglie. Il calore del suo corpo lo
sorprese. Osservò a lungo il profilo deciso del suo volto,
il naso dritto, le labbra sottili e gli zigomi affilati. Si rese conto
che non aveva mai visto un sorriso sincero increspare quelle labbra ed
illuminare quel volto.
Posò
il mento sulla sua spalla e con una mano percorse il suo corpo,
assaggiandone le ben poche forme e massaggiando con premura il ventre.
La sentì muoversi contro di lui e la sdraiò sul
dorso, sovrastandola e arricciando la lunga camicia oltre i fianchi.
Lei ubbidì ancora assonnata.
La
prese con più cautela, assaporando il modo in cui s'apriva
per fargli spazio, appoggiato sui gomiti le baciò il collo
e, reso agitato dall'orgasmo, si spinse con forza, rimanendo a lungo
fermo ad assaporare la sua resa.
Non
si parlarono mentre entrambi riordinavano il loro aspetto, Grant si
mise la vestaglia e si fermò in piedi sul letto.
-A
voi andrebbe di uscire a fare una passeggiata oggi pomeriggio?- le
chiese.
Cathriona
alzò il viso verso suo marito e sbigottita cercò
una via d'uscita. Poi si ricordò le lapidarie parole di Lady
Diane e decise di fare un tentativo. -Ma certo, mio signore.-
Grant
le sorrise mesto. -Allora, vi aspetto per le due, mia cara.- le disse
aprendo la porta. Scivolò lungo il corridoio e si chiuse
nella sua stanza. Sua zia sarebbe stata contenta di quel piccolo
tentativo e forse, se Dio l'aveva assistito, nel ventre di sua moglie
sarebbe cresciuta presto una nuova vita.
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Capitolo 5 *** Perduti ***
Capitolo V
Perduti
Fragilità, il tuo
nome è matrimonio
James Joyce
Lady Diane alzò il sopracciglio mentre sorseggiava il suo
tè caldo.
-Ne siete sicura, cara? Non volete aspettare un paio di giorni? Ci sono
arrivate molte candidature.- disse rivolgendo alla ragazza uno sguardo
duro.
Cathriona s'irrigidì, scosse la testa lentamente ma non
alzò gli occhi dai fogli che stava sistemando.
-Confermerò la ragazza gallese, l'ex cameriera dei Parker e
l'unico uomo come tutto fare. La casa non è grande, non ha
che otto stanze in totale e sinceramente non me la sento di spendere
così tanto denaro in camerieri quando non saranno utili.-
-Avete ragione sulle dimensioni della casa, eppure sono convinta che le
due signorine non siano adatte alla vostra casa. Dovete pensare a
Grant, mio nipote è pur sempre un uomo.-
La frase arrivò delicata come uno schiaffo improvviso sul
volto della giovane.
Cathriona strinse le mani che accartocciarono i fogli e
fissò con una certa insistenza i motivi floreali del
tappetto. Le era sfuggito quel particolare, troppo concentrata nel
tentare di salvare dall'indigenza e dalla povertà giovani
fanciulle che potevano e dovevano sperare nel futuro. Aveva ignorato
volutamente i consigli di Lady Diane in un eccesso di determinazione e
senso d'indipendenza; in quella settimana aveva cercato di comportarsi
come una Lady qual'era grazie al matrimonio scordando,
però, la primissima regola di una neo-signora: eludere ogni
volgarità alla radice.
Una casa piena di giovani cameriere dall'aria innocente e graziosa, un
marito abbastanza piacente, una casa che offriva piccoli angoli bui
potevano distruggere la sua nuova rispettabilità;
già minata dalle sue origini.
Per un attimo si domandò che cosa accadrebbe se Lord Grant
Everstone si fosse perdutamente innamorato della bella cameriera
nemmeno diciottenne dai capelli scuri e gli occhi chiari?
L'avrebbe tradita nuovamente sotto lo stesso tetto?
Avrebbe generato dei figli che avrebbe disconosciuto con leggerezza?
L'avrebbe presa sullo stesso letto in cui prendeva lei?
Sentì prossime le lacrime e con stizza rivolse alla donna
uno sguardo di sfida.
-Qualunque saranno le conseguenze, sono sicura che non si
arriverà a tanto.- disse sistemando le pieghe della gonna.
-Ora vado a prepararmi, il Lord mio marito mi ha chiesto di essere
pronta per le due.-
Lady Diane sventolò il ventaglio e lo richiuse con un colpo
di polso, attirando l'attenzione.
-Mia cara, in questi giorni vi ho osservato molto e penso di conoscervi
bene. Siete una donna sicura delle vostre capacità e sono
convinta che la vostra educazione di tempra maschile vi abbia donato
un'enorme quantità di difetti da uomo. Siete testarda,
severa e granitica. Niente vi sfugge e niente vi commuove.-
Cathriona la osservò con muta sorpresa, incapace di muoversi
e di ribattere, l'ascoltò inorridita demolirla fin dalle
fondamenta. -Nonostante tutto, vostra madre deve avervi dato un buon
esempio da seguire, non avete mai mancato di rispetto a vostro marito
né in pubblico e da quel che so, nemmeno in privato.
C'è una cosa che vi manca però: la felice
rassegnazione di una donna sposata. Rinunciate alla vostra dura scorza:
civettate, ridete, sorridete!- ordinò Lady Diane aspramente.
-State per compiere diciannove anni, eppure avete disegnato in volto il
tripudio di una fresca vedova di settant'anni! Avvizzita e triste, ecco
cosa vediamo noi. Ecco cosa vede Grant!- disse Lady Diane. Perdere la
calma non era fra le sue priorità quando si era messa in
testa di discutere l'atteggiamento ostile della sposa del nipote. Aveva
riconosciuto alla ragazza una certa bravura nel mantenere un
comportamento regale degno di una Pari del Regno, ma era
così borghese nel modo in cui viveva e giudicava il
matrimonio e suo marito.
La vide fare riverenza in modo perfetto e sentì dei passi
pesanti sulle scale.
Scrollò le spalle e si dedicò ai pasticcini che
la cameriera gli aveva servito sul tavolo e decise che il giorno dopo
avrebbe smesso di fare da mentore a quella donna così
risoluta.
-Lord Everstone, qual'è la vostra opinione?- Sir James
Pierce si voltò verso il collega parlamentare ed amico, gli
offrì un bicchiere di brandy e del tabacco.
Lord Grant rifiutò il tabacco ma bevve in poco
più di un sorso il brandy. Si sistemò di fronte
alla finestra da cui poteva scorgere Westminster e il traffico
cittadino.
-E' necessario continuare l'assedio. Sono solo un branco di selvaggi
con qualche fucile di contrabbando. Non andrà per le lunghe.-
Sir Pierce scrollò le spalle con un sorrisetto.
-L'Afghanistan sembra un paese orrendo dai dispacci che ho letto
settimana scorsa. Un paese freddo e senza molte materie prime. Io
rimango dell'opinione che abbiamo speso troppi soldi in questa farsa.
Abbiamo ancora i conti da pagare del matrimonio di Sua
Maestà. Credo sia necessario avere delle priorità
precise quando si tratta di fisco.- sorseggiò soddisfatto il
suo brandy. -Ma d'altronde siete nuovo alla commissione delle spese
statali, avete passato troppo tempo negli affari esteri.-
Lord Grant Everstone si girò per fissare il vecchio amico e
si domandò silenziosamente quand'è che assunse
quel tono compiaciuto. All'università era sempre stato
quello interessato agli sport violenti e alla birra, cresciuto in
campagna aveva i modi e gli atteggiamenti di un mezzadro discretamente
ricco ma alquanto rumoroso.
Ora sembrava un uomo completamente diverso.
Grant gli sedette di fronte, il bicchiere vuoto in mano e una strana
consapevolezza sull'evoluzione dell'animo umano. Se James era cambiato
così tanto, anche lui poteva mutare drasticamente il suo
animo?
-Avete ragione, devo estirpare l'abitudine di ragionare come
diplomatico e diventare un contabile, giusto?- disse vagamente
irritato.
-Giusto, pensati come un contabile che ha molto tempo libero.- rispose
Sir James Pierce guardandolo allusivamente. -Di sicuro in questi
giorni, il mio tempo libero è stato speso in modo molto
intrigante. E il vostro?-
Grant alzò il sopracciglio interessato. -Leggo molto,
suppongo.-
-E non frequenti più il club di sera e nemmeno gli altri
luoghi di ritrovo. Il matrimonio rende così docili e
appagati?-
-Non capisco ciò che mi vuoi dire. Io e mia moglie ci siamo
sposati di recente, è naturale che voglia spendere del tempo
con lei.- mentì Grant cercando di assumere un tono
disinvolto.
Sir James Pierce scoppiò in una risata stridula, tentando di
darsi un contegno soffocò le risa in un sorso di brandy.
-Diamine Grant! Potrebbero nominarti marito dell'anno dopo questa
manfrina!- disse ridacchiando. -Quindi asserisci che non frequenti
nessun altro letto che quello della tua adorata borghesuccia? Forse
è vero altrimenti come mai ho dovuto consolare la disperata
Violet Graham?-
Lord Grant Everstone rimase alquanto scioccato. Cercò di
nascondere il suo stupore alzandosi e voltando le spalle all'uomo che
ancora ridacchiava.
-Non sapevo che fossi in confidenza con la signorina Violet Graham.
Buon per te.- rispose prudente. -La signorina Graham è una
ragazza piacevole.-
Sir James Pierce fissò l'amico con un sorriso sbarazzino in
volto. Negli anni aveva rivalutato molto i diversi amici che aveva
frequentato all'università, la fanciullezza lo aveva reso
cieco a lungo e non si era mai accorto delle profonde contraddizioni
che rendevano le loro vite diverse dalla sua. Lui ripudiava l'eccesso e
la noia con forza, dedicandosi piuttosto ai club e all'arte, alle cene
nei migliori ristoranti e alle notti passate con la sua cortigiana
mentre il suo amico si era invischiato in un matrimonio contratto per
sordidi motivi e una lunga relazione con una donna sfacciata quanto una
sgualdrina di strada, nonostante tutto continuava a comportarsi con
solida dignità, come se le sue colpe non fossero poi
così gravi.
-Piacevole, dici?- chiese distratto. -Piacevole quanto la sua pelle
diafana. E' una bella donna, mi domando come mai tu non l'abbia chiesta
in moglie anni fa.-
Lord Grant Everstone appoggiò il bicchiere sul tavolino.
-Come ho già detto, è una piacevole donna.- gli
rivolse un inchino frettoloso all'amico, borbottando un saluto brusco.
Uscì dagli uffici e si ritrovò nel bel mezzo di
una strada trafficata da signore ben vestite, carrozze e mendicanti.
Decise che una passeggiata lo avrebbe rasserenato e si gettò
nella mischia.
Ripensò alla prima volta che aveva visto la bella Violet
Graham, ai suoi capelli rossicci, all'aria allegra che sembrava emanare
persino camminando, al vezzoso cappellino pieno di fiori freschi.
Se solo non avesse atteso così tanto per parlarle, per
confidarsi, lei ora indosserebbe l'anello di famiglia, porterebbe il
suo nome e sarebbe sua di diritto.
Invece si era astenuto, la graziosa signorina Graham non si era esposta
più di tanto e lui aveva creduto che non volesse legarsi
ancora in matrimonio, in fondo non aveva neanche vent'anni. Si era mai
chiesto la natura di quello sguardo malinconico che ogni tanto spezzava
la delizia dai suoi occhi? Davvero era stato talmente inconsapevole,
così stupido, da non rendersi conto in anticipo
dell'angoscia e la vergogna con cui Violet aveva convissuto?
E ora era tutto perduto.
Lui era legato a una donna che mai avrebbe mai voluto avere, Violet
aveva perso ogni possibilità di avere un buon matrimonio e
le speranze di avere una serena vita famigliare erano da buttate via.
Si ritrovò improvvisamente di fronte a un palazzo che ben
conosceva.
Le imposte chiuse e gli alberi intorno quasi lo coprivano alla vista
dei più, Grant rimase incerto a lungo davanti al cancello e
calando il cappello sul viso per non farsi vedere da qualche conoscente
per strada, entrò e bussò.
Ad aprirgli fu Madame Chartier, con un largo e sorpreso sorriso.
Madame Chartier si tolse con delicatezza le diverse forcine che
tenevano i lunghi capelli biondi in una complessa acconciatura.
Lasciò la vestaglia slacciata e si mise seduta accanto a
Grant, gli fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia e gli
massaggiò la folta chioma con tocchi delicati.
Grant le prese una mano e le baciò il palmo,
annusò con ardore il delicato profumo di rose che Madame
Chartier aveva sempre indosso.
-Saranno almeno un anno e mezzo che non vi vedo, Grant.- gli
sussurrò la donna sorridendogli. -Mi siete mancato.-
-Anche voi mi siete mancata, Pauline.- rispose Grant.
Madame Chartier si chinò per baciargli la fronte. -Che cosa
vi affligge mio caro?-
Per un attimo Lord Grant Everstone non seppe cosa rispondere.
A cosa dare la precedenza? A Violet? A Cathriona?
Alla società altolocata in cui sguazzava? A suo padre? A sua
madre? A Sir James Pierce?
-Io … Mi sento, mi sentivo … perduto.- disse
sommesso.
Pauline lo fece alzare e lo abbracciò. -Finché vi
starò accanto, voi non vi sentirete solo.- disse prima di
baciarlo appassionatamente.
Grant l'abbracciò con impeto e si lasciò sedurre
dalle burrose forme della francese e dimentico del mondo,
annegò in un mare di piacere e di sentimenti effimeri.
Era facile spogliarsi e giacere a letto, abusare di quel corpo
profumato che gli veniva offerto senza esitazioni da una donna che
faceva di tutto per compiacerlo.
Prenderla era come affondare nella più totale lussuria, non
riusciva a pensare a niente di più bello e confortante
dell'abbandonarsi, senza un perché, al sesso, per cui si
gettò a capofitto fra le cosce di una donna che in quel
momento la voleva.
Si svegliò quando sentì una mano accarezzare il
petto.
-Grant … E' tardi.- mormorò Pauline. -Sicuramente
siete atteso da qualche parte.- si chinò sul suo viso per
lasciargli un bacio impercettibile sulle labbra.
Grant alzò gli occhi verso la finestra e
stiracchiò languido gli arti indolenziti, fare l'amore con
Pauline era come congiungersi con una donna che sapeva come trattare e
farsi toccare da un uomo, riusciva ad accendere il suo desiderio con
poche mosse ma poi lo lasciava stremato e senza più memoria
del mondo.
Il sole era scomparso e solo dopo qualche secondo di riflessione si
ricordò dell'appuntamento che aveva concordato con sua
moglie.
Balzò in piedi, mezzo nudo e si rivestì in tutta
fretta, la disperazione rendeva i suoi gesti frettolosi,
ignorò gli sguardi e le domande meravigliate di Madame
Chartier, uscì e saltò sulla prima carrozza
disponibile con la giacca slacciata, la cravatta perduta e il cappello
di traverso e urlò l'indirizzo di casa all'uomo.
Il sole stava tramontando in fretta, Cathriona si sporse per vedere la
finestra ma la schiena dolorante per la lunga giornata passata seduta
su una seggiola rigida del soggiorno la fece desistere.
Era stata seduta in quella posizione dalle due del pomeriggio. Per la
prima mezz'ora si era dedicata a sistemarsi il cappellino e il
soprabito nuovo, poi si era immersa nella lettura di un romanzo e di un
giornale vecchio ed infine lo stomaco si era stretto in una morsa di
preoccupazione.
Incidenti con la carrozza erano l'ordine del giorno nella caotica
Londra e nemmeno tre anni fa, suo padre e lei erano rimasto
imbottigliati a causa di un carro pieno di materiali che si era
rovesciato addosso ai loro cavalli, uccidendoli e facendo sbalzare i
passeggeri per il marciapiede. Forse Grant era rimasto coinvolto in un
incidente ed era per questo che ancora non si era presentato.
Impensierita mandò la cameriera a informarsi, dandole
l'indirizzo di Westminster dove il marito si recava di solito il
mattino.
La cameriera, contenta di concedersi un viaggio in carrozza
già pagato, fu svelta a tornare con la brutta notizia. Era
certo che all'una il Lord suo marito aveva lasciato l'edificio e
nessuno dichiarava di averlo incontrato successivamente.
Con il passare delle ore si era calmata, un valletto o un collega di
suo marito l'avrebbero avvertita nel caso Grant fosse rimasto ferito o
ucciso, già da tempo.
All'imbrunire si tolse il cappellino, che posò sul tavolino
e il complicato soprabito violaceo che lasciò sul divano.
Fece accendere il piccolo camino e rimase in piedi, vicino alle sedia
ad attendere suo marito.
Fin dalle prime ore del giorno, si era messa a fantasticare su cosa
avrebbero fatto durante quella passeggiata. Magari, se fossero andati
verso Mayfair, che non era molto distante, avrebbero preso il
tè in uno dei tanti piccole pasticcerie della zona di cui
aveva sentito parlare Lady Diane e avrebbero finalmente parlato.
Persino conversato amabilmente, se fossero stati capaci di trovare dei
punti in comune.
Forse sarebbero passati di fronte ai recenti palazzi che la Mafton
Company e lei avrebbe potuto indicargli quali erano basati sui suoi
disegni preparatori.
Ed invece fu costretta ad attenderlo per oltre un pomeriggio per
vederlo entrare in casa, con la cravatta slacciata, il cappello in
mano, un solo guanto stretto in mano e la giacca posata su un braccio.
Lo fissò intensamente mentre si avvicinava a lei e gettava
tutto ciò che lo intralciava su un divano.
-Mi dispiace molto … Sono stato trattenuto al Parlamento.-
disse trafelato accostandosi di qualche passo.
Cathriona fece un mesto sorriso, ridendo di sé stessa. Tutte
quelle modeste speranze erano da buttare fuori dalla finestra.
-Mi dispiace Cathriona.- mormorò Grant prendendole la mano
che teneva appoggiata alla sedia. -Domani … Domani ti porto
a fare compere in centro, che ne dici? Chiederò al mio
segretario di annullare ogni appuntamento per il resto della settimana,
potremmo andarcene a Brighton! Dicono che l'estate sia già
arrivata lì.-
Per un solo attimo Cathriona si concesse di pensare a quanto sarebbe
stato bello accettare quel ramoscello d'ulivo e fingere contentezza;
tuttavia la verità delle sue azioni erano uno schiaffo alla
sua morale.
Si scostò e solo allora notò gli occhi arrossati,
il profumo di donna che impregnavano i suoi vestiti, lo sbafo di trucco
pesante sulla cravatta un tempo immacolata.
Gli stava offrendo la stessa immagine di suo fratello quando tornava
dalle bische e dai bordelli il mattino successivo, pretendendo la
tavola imbandita e gli applausi.
-Non vi preoccupate tanto, mio signore, alla fine sono solo una
moglie.- disse alzando le sguardo e riuscendo a malapena a trattenere
le lacrime di rabbia. -Vi faccio chiamare una carrozza così
potrete tornare dal luogo in cui siete venuto, sono sicura che i vostri
amici e le vostre amiche vi staranno aspettando.-
-Cathriona, ascoltami quando ti parlo, sono stato trattenuto
… - Grant le afferrò un braccio e
l'avvicinò a sé, livido di collera.
Odiava il modo controllato e serio con cui gli rispondeva da sempre,
facendogli fare sempre e comunque la parte del cattivo.
Perché non poteva fare come le altre mogli?
Perché non poteva fingere di credere alle sue scuse e
lasciarsi tutto alle spalle?
-Vi ripeto, mio signore, che non siete costretto a passare del tempo
con me. Potete benissimo tornare dalle vostre amiche.-
Lo schiaffo arrivò preciso e quasi la fece cadere, Cathriona
si aggrappò alla schiena della sedia e si toccò
tremante la guancia arrossata. Nessuno l'aveva mai picchiata prima.
Si voltò verso il marito che sembrava inorridito dalle sue
stesse mani.
Cathriona tornò in posizione eretta, fece un inchino e
uscì quasi correndo dal soggiorno.
Grant restò a lungo in piedi a fissare le proprie mani e a
domandarsi come mai, in quasi trentuno anni di vita, fosse arrivato a
picchiare per la prima volta una donna.
Aveva sentito più volte l'impulso di strapazzare Violet ma
non era mai sceso tanto eppure stavolta si era trovato ad infliggere un
violento schiaffo non
a una donna qualunque, bensì a
sua moglie.
Sentì una porta chiudersi lentamente e scioccato si sedette
di fronte al camino.
Si rese conto di aver rovinato quel poco di decente che vi era in quel
matrimonio. Stizzito decise che una lunga bevuta nel suo studio gli
sarebbe stata d'aiuto, il giorno dopo avrebbe fatto le sue scuse e non
le avrebbe mai più consentito di farlo sentire in colpa.
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Capitolo 6 *** L'arte del Picnic ***
Capitolo 6
L'arte
del Picnic
Il legame del matrimonio
è così pesante che si deve essere in due per
portarlo, spesso in tre.
Alexandre Dumas Senior
Cathriona
raccolse le trecce in una severa crocchia, pose dietro le orecchie
alcuni riccioli corti e sistemò la cuffia chiara con i
nastri azzurri con tocchi delicati.
Da qualche giorno aveva notato come le cuffie all'ultima moda
nascondessero il suo anonimo viso e i diversi strati di blu che le
erano spuntati sotto gli occhi, dormire era diventato difficile negli
ultimi giorni e i diversi impegni giornalieri la occupavano fino allo
sfinimento. Si alzò e scese le scale velocemente; ad
attenderla vi era Patrick Smiths, il nuovo maggiordomo.
-Milady, Lord Everstone chiede che lo raggiungiate a tavola.- disse
pacato mentre le apriva la porta di casa.
Cathriona gli sorrise e gli diede un colpetto sul braccio.
-Signor Smiths avvertite Lord Everstone che sono uscita e non so quando
tornerò. Emmeline preparerà la cena per le sette
come sempre, se vorrà cenare in casa.- disse, recitando la
frase che da ben due settimane il maggiordomo doveva riferire al suo
padrone.
Cathriona uscì e respirò con forza l'aria calda
dell'estate.
Londra si era quasi spopolata e soltanto le mogli di qualche
parlamentare importante erano rimaste in città, dato che le
riunioni del corpo legislativo non erano ancora finite.
Dato l'estrema vicinanza con Hambler Park, la residenza mondana dei
Duchi di Bedwyn, si concesse una lenta passeggiata fra i quartieri
altolocati della città.
Salutò con un cenno più di una persona ma si
fermò solamente quando notò una mano sbracciarsi
dall'altro lato della strada.
Salutò con un cenno e facendo attenzione alle carrozze
attraverso per andare a porgere i suoi saluti alla signorina Lady
Hunter e al fratello.
-Lady Everstone!- gridò Lady Hunter avvicinandosi a grandi
passi. -Stavo giusto per bussare alla vostra porta e darvi la notizia!-
disse sorridendole da orecchio a orecchio.
Cathriona fece una profonda riverenza agli Hunter e si
accostò per sentire la lieta novella.
-Io e il Conte di Falloden ci siamo fidanzati ufficialmente!- Lady
Hunter non riuscì a controllarsi e l'abbracciò,
Cathriona rispose alquanto incerta ma si lasciò contagiare
dall'entusiasmo della sua coetanea.
-Vi auguro tutto il bene del mondo.- le disse stringendole le mani. -Il
Conte di Falloden è un uomo gentile e premuroso. Sarete
felici insieme.- le fece piacere vedere una sua coetanea essere
così felice da irradiare la città con il suo
sorriso sincero.
Il Conte di Falloden, figlio di primo letto di Lady Diane, era stato
molto gentile con lei durante il ballo di qualche settimana prima, le
aveva parlato spontaneamente di suo padre e dell'azienda che un tempo
aveva costruito bellissime dimore per gentiluomini dalle parti di
Regent Street, quasi tutte vendute e abitate dalla élite
della società britannica, dove vi aveva vissuto per qualche
tempo. Le era sembrato un uomo ben educato e con la rara
virtù di avere un gentile animo, il suo aspetto non
particolarmente alla moda e la sua parlantina pacata sembravano
scoraggiare le belle fanciulle dell'aristocrazia da quanto diceva sua
madre, Lady Diane. Ma a quanto pare i suoi timori di madre e nobildonna
erano finiti, la simpatica Lady Amelia Hunter avrebbe presto preso
posto nella società come Contessa di Falloden.
Si scambiarono alcuni convenevoli e presa da una estranea euforia, le
promise in regalo di nozze un ritratto degli sposi con gli abiti da
cerimonia.
Lady Hunter aveva spalancato gli occhi sorpresa e si era profusa in
migliaia di ringraziamenti fino ad imbarazzare il silenzioso fratello.
I tre camminarono parlando di cose futili legati alla festa di nozze da
organizzare e dalle diverse lettere da scrivere prima di sera per
avvertire i parenti lontani del matrimonio.
L'accompagnarono fino alla piazza circolare dove sorgeva in parte
l'immensa dimora dei Duchi di Bedwyn.
Di recente, la Duchessa sembrava talmente infatuata della sua
abilità nel disegno che le aveva chiesto di insegnarle
qualche trucco del mestiere.
Così si era trovata nella bizzarra condizione di tenere
lezione a una donna di rango elevato che in tanti avevano descritto
come impassibile e intransigente e che invece aveva trovato
semplicemente discreta.
Il maggiordomo le fece un bel sorriso e le chiese di prenderle
l'ombrellino e il cesto in cui aveva i colori e qualche schizzo
preparatorio.
L'uomo le annunciò che Sua Grazia l'aspettava nel suo studio
al primo piano e che era già pronta con il camice. Il
maggiordomo la fece entrare nella bellissima sala e Cathriona fece
riverenza alla donna minuta che le fece cenno di avvicinarsi mentre si
dedicava al una raffigurazione di un ponte in chino su carta normale.
-Come vi sembra, Lady Everstone?- domandò la Duchessa
porgendole il foglio.
Cathriona spostò il foglio vicino alla finestra per
esaminare alla luce del sole il disegno. Strinse gli occhi meditabonda
e seguì con il dito le diverse linee ancora umide del ponte.
-Vostra Grazia, le proporzioni sono perfette ma qui avette fatto un
errore di prospettiva, non è perfettamente lineare.- le
disse allungando il foglio e facendole notare i diversi errori.
-Avete ragione, non ho rispettato la profondità.
Sarà meglio non fare errori sulla tela.- le disse
leggermente imbarazzata.
-Sono sicura che non vi saranno errori; inoltre il bello dell'arte
è quello di poter ricominciare daccapo.- disse Cathriona
spogliandosi della cuffia, dei guanti e del soprabito leggero.
Per il resto della mattinata, le due donne si concentrarono sull'arte e
sulle sue sfumature, parlando poco e sorridendo molto.
-Credo di non poterne più, Lady Everstone. Che ne pensa di
uno spuntino nel salotto blu?- domandò la Duchessa
togliendosi il camice da pittore.
Cathriona rimase alquanto interdetta ma rispose con cenno d'assenso.
Nelle due settimane in cui si erano incontrate per le lezioni, non si
erano mai rivolte più di tanto la parole. Discorrevano
soprattutto d'arte e di letteratura, di tempo e di malanni stagionali
di cui il Duca sembrava affetto in continuazione, non avevano mai
pranzato assieme.
Cathriona si sistemò i capelli con una forcina che teneva in
tasca per ogni evenienza e lisciò le pieghe mentre seguiva
la Duchessa che la precedeva. Si concesse un piccolo sorriso di
vittoria.
A parte Fanny Brooke e Margareth Rothshild, che preferiva pensare a
loro come sorelle, non aveva amiche e ancor meno conoscenti con la
quale chiacchierare. La sua nuova posizione le impediva di fare
amicizia con quelli del suo rango con cui si sentiva a suo agio e la
costringeva a ridursi a cercare qualcuno di affine nella
nobiltà inglese. La Duchessa di Bedwyn e la famiglia Hunter
erano gli unici che l'avevano invitata per il tè dopo il
ballo. Si era affezionata molto all'allegra famiglia Hunter che le
ricordava con una stretta al cuore l'affetto che un tempo aveva trovato
nella casa paterna.
-Ho saputo dal Duca che il giovane Conte di Falloden ha finalmente
trovato una sposa.- disse la Duchessa mangiando dei tramezzini che una
cameriera aveva provveduto a portare all'istante.
Cathriona annuì. -Se posso permettermi di farvi una
confidenza, conosco la donna promessa al Conte.- la Duchessa la
pregò di continuare. -Si tratta di Lady Amelia Hunter.
Figlia di Lady Georgiana Hunter edi Sir Horace Hunter.-
La Duchessa alzò il sopracciglio sorpresa. -Beh, questa
quasi non me l'aspettavo! Sono stupita e piacevolmente colpita dalla
scelta del giovane Conte, un ragazzo di buone maniere ma osteggiato da
una famiglia alquanto arrogante. Pensavo stesse corteggiando la frivola
Lady Spencer.-
-Non conosco tale Lady Spencer ma so per certo che Lady Hunter
sarà una buona moglie e una brava madre. Il Conte non poteva
scegliere donna migliore.- rispose Cathriona sorprendendosi per
l'ardore delle sue parole.
-Una favola a lieto fine, direbbero alcuni.- la Duchessa
osservò con occhi attenti la giovane donna che le sedeva di
fronte. -Mi chiedo se anche voi vi sentiate come Cenerentola alla fine
della storia, felice e contenta.-
Lady Everstone preferì rimanere in silenzio, fissando le sue
mani in grembo tremare.
-No, non sono affatto felice e contenta, Vostra Grazia.- si
ritrovò con orrore ad ammettere.
La Duchessa appoggiò il suo bicchiere sul tavolino, le tese
una mano stringendo quelle dita fredde. -Dato il vostro sposo, lo
immaginavo mia cara.-
Le sedute del Parlamento erano ufficialmente finite, i lavori della
camera sarebbero ricominciati verso settembre e questo lasciava Lord
Grant Everstone fin troppo tempo libero.
Dopo il terribile giorno in cui aveva alzato le mani su sua moglie,
viveva in uno stato di continua ansia. Il suo splendido piano di scuse
che doveva attuare il giorno dopo fin dalla prima colazione fu demolito
prima dalla sbronza epocale che lo indispose, poi dalla fuga di sua
moglie all'alba verso chissà abitazione ed infine
dall'aperta ostilità dei suoi domestici. Non aveva mai fatto
caso alla servitù prima di quel momento, inoltre erano stati
assunti tutti da sua moglie, con eccezione del suo fide valletto
Thomson che lo seguiva da quasi un decennio, ma quella cozzaglia di
gente sembrava essersi schierata contro di lui.
Erano tutti formali e ben educati ma estremamente sospettosi.
Il suo dubbio venne fugato quando una sera rientrando prima del solito
sperando di trovare in soggiorno Lady Everstone, sentì
stralci di conversazione fra le due cameriere che pulivano dalla
polvere il corrimano delle scale.
-Avete visto che segno rosso aveva in viso quel giorno la nostra
milady?- domandò una voce con forte accento gallese.
-Iddio non farmi ricordare! Sono profondamente dispiaciuta per la
signora, è così buona con tutti noi mentre sua
signoria non le dedica nessuna gentilezza. E dire che sono sposati da
poco meno di quattro mesi!- rispose una voce con cadenza popolare.
-Sono contenta nel sapere che milady si distrae dalla Duchessa. Non
avrei mai immaginato che anche i nobili battessero le loro donne.-
Quell'ultima frase lo aveva colpito e gli aveva irrigidito ogni muscolo.
No, gli uomini nobili non avrebbero dovuto nemmeno sfiorare le proprie
donne.
Il club Brooks's era pieno fino a scoppiare, tutta la
nobiltà e i diplomatici inglesi si erano riversati nei suoi
salotti eleganti per bere e conversare sulle ultime novità
prima della fuga verso le campagne.
Grant ascoltò distratto i racconti spavaldi di Lord Nicholas
Boffle parlare delle diverse feste a cui aveva partecipato da Madame
Robertson, la proprietaria del bordello più costoso di
Londra, in occasione del prossimo matrimonio con una lontana cugina. Si
ritrovò a pensare se Cathriona avesse mai avuto
un'infatuazione prima che lo loro strade s'incrociassero. Forse anche
lei avrebbe voluto avere un'intensa relazione amorosa, non disdegnando
i doveri coniugali. Da un paio di sere aveva notato come Lady Everstone
spingesse un pesante mobile contro la porta tutte le sere prima di
dormire, impedendogli così di entrare e parlare e cose di
questo genere. Quel silenzioso atto di guerra lo aveva mandato su tutte
le furie, aveva un disperato bisogno di calore umano, era nella sua
natura di uomo vizioso. Ma quello che più desiderava era
avere dei figli, stava invecchiando e ultimamente il pensiero di morire
senza aver conosciuto le gioie di una famiglia lo faceva rabbrividire.
Prima che suo padre si dedicasse all'alcool e alle sue amanti vacue,
era stato un buon genitore e ancora prima un marito buono. Si era
ritrovato più di una volta, in quelle sere solitarie nella
sua grande stanza, a rileggere le diverse lettere che sua madre aveva
conservato durante il lungo fidanzamento con suo padre. C'era affetto,
amore, devozione e rispetto. Tutte cose che adesso anelava ad avere ma
che probabilmente aveva distrutto due settimane prima.
-Lord Everstone!- lo chiamò qualcuno. Si girò e
vide il Duca di Bedwyn con il solito naso rosso e gli occhi lucidi.
-Ah, buongiorno Bedwyn!- gli rispose andando a stringergli la mano.
-Volevo ringraziarvi per aver permesso a vostra moglie, che tra l'altro
è proprio una signora a modo, di passare del tempo a Hambler
Park e per il bellissimo quadro che ci ha regalato. L'ho appena fatto
incorniciare e presto lo metterò nello studio di mia moglie.-
Studio? Quadro? Regali? Ai Duchi? La sua espressione confusa doveva
aver sorpreso il Duca che gli diede una pacca sulle spalle.
-Nel senso che vostra moglie ha rallegrato la mia passando quasi tutte
le mattine ad insegnarle a dipingere. E' stata così gentile
da offrirsi volontaria e ha persino rifiutato di farsi accompagnare con
la nostra carrozza ogni volta. Dice che preferisce passeggiare dato che
abitiamo così vicini.- disse entusiasta il Duca. -Comunque
tutta questa manfrina per dirvi che siete invitato domani a un picnic
con alcuni amici, i soliti quattro gatti. Ci sarà il Conte
di Falloden e la famiglia della fidanzata. Verrete? Con vostra moglie
ovviamente!-
-Ovviamente!- rispose meno incerto di prima. Ecco dove si recava ogni
giorno sua moglie, a fare la istitutrice in una delle famiglie
più influenti d'Inghilterra!
Un senso d'indignazione lo fece irritare ma sorrise mesto al Duca
assicurando che si sarebbero trovati tutti al cancello di casa sua per
le undici.
-Bene, bene.- rispose lui soffiandosi il naso. - Sono contento di
averla conosciuta l'altro giorno, i pettegolezzi non le rendono
giustizia.- disse lasciando solo Grant con un bicchiere in mano e molti
pensieri in testa.
Decise che per scrollarseli addosso avrebbe dovuto farsi visitare dalle
mani esperte di Madame Chartier.
Licenziò la cameriera appena il sole tramontò,
ricordandole che domani in vista del picnic, la servitù
poteva ritenersi in vacanza pagata naturalmente. La sua gentilezza
venne salutata con una serie di esibizioni di esagerata stima, tra cui
la bizzarra richiesta del signore Smiths di sistemargli le ante di un
armadio che cigolava. Cathriona si sentì in dovere di
obbligarli all'ozio e al riposo per un'intera giornata.
Decise di scendere in cucina dove prese nota dei vari ingredienti e in
preda da una gioia infantile pensò di fare la sua buonissima
torta alla frutta secca di cui aveva notato i Duchi andavano ghiotti
data la sua costante presenza fra le focaccine varie.
In quei giorni, passati ad evitare minuziosamente suo marito, si era
sentita felice. Appagata dalle piccole cose che le mancavano della vita
precedente come le mattine passate a disegnare, l'aria fresca
dell'alba, le passeggiate e il silenzio sereno della sua stanza da
letto dove riposava con le porte sprangate.
Così la mattina successiva scese all'alba e con un grembiule
usurato e una certa frenesia si mise a cucinare due torte. Le stava
sistemando in un cestino quando vide suo marito, vestito di tutto
punto, fissarla dall'entrata.
-Dove sono la cuoca e le cameriere?- domandò secco Lord
Grant Everstone.
Cathriona si asciugò le mani in un panno e riprese il suo
lavoro. -Le ho congedate. Il signore Smiths riprenderà i
suoi doveri il pomeriggio. Oggi ho preferito fare da me.-
Grant si mise a strusciare la punta dello stivale contro il pavimento
grezzo della cucina. Ecco come mai le focaccine erano così
buone quel mattino. Quando era sceso e aveva trovato la tavola
imbandita eppure nessuno nei paraggi aveva pensato a un disguido sugli
orari e ne aveva approfittato lungamente. I sapori decisi e libidinosi
che il cibo aveva quel giorno, lo avevano riportato alle prime
settimane di matrimonio quando non si curava che fosse la moglie a
spaccarsi le mani in cucina dato che non aveva assunto nessuna cuoca.
Per un attimo ripensò con una fitta di rimpianto a quei
giorni, poi incuriosito dall'inconsueto silenzio era andato nelle
cucine a verificare che tutti fossero ancora vivi e vegeti.
Ed eccola lì, Cathriona, con i capelli spettinati, le mani
sporche di farina, uno sbuffo sul mento e sulla guancia, il grembiule
macchiato e due torte fumanti che aveva coperto nei cestini.
-E' per il picnic dei Bedwyn?- le chiese, lei lo guardò
sorpresa. -Bene, vi aspetto fra mezz'ora, vi basta?-
Cathriona scosse la testa. -Non serve che mi accompagniate, sua
signoria. Andrò a piedi e poco distante.- disse abbassando
il mento.
-Ma io vengo in qualità di ospite del Duca.- rispose Grant
avvicinandosi notando la vera della moglie posata sul piano della
cucina. -Perché ve la siete tolta?- domandò
improvvisamente arrabbiato.
Cathriona la riacciuffò prima del marito e la
infilò al dita. -E' un po' larga e temevo di perderla. Dato
che oggi non c'era nessuno, ho ritenuto possibile toglierla, non
farò più … -
Grant fermò quel fiume di parole cortesi, le prese la mano
sinistra notando l'arrendevolezza con cui l'anello scivolava sul suo
anulare.
-Vi attendo nel soggiorno delle visite.- disse solamente andandosene.
Cathriona rimase immobile e pulì la mano sinistra con uno
straccio mentre assente vagava per le cucine.
Lo aspettò, venti minuti dopo, vestita con un abito
accollato malva e un cappello in tinta, al braccio il cestino e un
scialle damascato all'ingresso della casa, ignorò la sua
strana smorfia quando le ripeté che l'attendeva in
soggiorno, s'incamminarono verso Hambler Park in quiete.
-Quella torta era divina! Mi domandavo come mai non vi si vede
più al club la mattina a fare colazione, vostra moglie ha le
mani magiche.- disse Sir Reginald Montgomery addentando una fetta di
dolce alle mele.
Lord Grant Everstone ruotò leggermente la testa per
osservare sua moglie sorridere in modo meravigliosamente allegro mentre
teneva con fare materno in braccio il figlio dei Bedwyn e conversava
con la Duchessa. Per un attimo s'immaginò Cathriona con il
figlio che avevano perduto, una stretta al cuore gli fece distogliere
lo sguardo.
-E' molto brava.- disse solamente.
-Beh, credo che le donne del nostro ceto siano delle buone a nulla in
confronto a vostra moglie. Ho sentito che disegna splendidamente.-
continuò Sir Reginald Montgomery spazzolando i resti del suo
piattino.
-Posso confermare il talento della giovane.- s'intromise il Conte di
Falloden. -E posso aggiungere che è anche una brava
musicista, mia madre ha avuto il piacere di ascoltarla prima del
ballo.- disse versandosi da bere.
Grant li guardò dubbiosi. Erano tutti a conoscenza di
qualche sfumatura delle arti e dei talenti della sua moglie che a lui
non erano stati permessi di vedere.
Non l'aveva mai vista disegnare, non l'aveva mai sentita suonare e mai
l'aveva lodata per la sua cucina e le sue abilità di padrona
di casa.
-Anche Lady Hunter sembra una brava musicista.- disse con tono
svogliato Grant.
Il Conte di Falloden arrossì violentemente. -Lady Amelia ha
molti altri talenti ma non la musica. E' un'ottima ricamatrice,
però. Mi ha avvertito che inizierà a ricamare le
camicie e i fazzoletti con lo stemma di famiglia.- disse, con un certo
orgoglio sfilò dalla tasca un ricco fazzoletto in tessuto
chiaro, riccamente ornato.
Discussero per qualche minuto di cricket e poi, annoiati, decisero di
portare a passeggiare le loro mogli e fidanzate.
Grant aiutò Cathriona ad alzarsi e quasi gli
mancò il respiro quando la vide sorridere apertamente. Aveva
un riso gentile, una fila di denti piccoli con gli incisivi leggermente
sporgenti, gli occhi marroni sembravano più chiari.
Automaticamente le rispose con un sorriso gentile che venne sostituito
dallo sconforto quando notò che non si stava rivolgendo a
lui, bensì a Sir Reginald Montgomery che le aveva rivolto
una battuta sulla torta. La gioia dal viso di Cathriona si
smorzò non appena accettò il braccio e
s'incamminarono per il bosco.
-E' una bella giornata.- disse, cercando di fare conversazione.
Cathriona annuì distratta mentre osservava e salutava il
piccolo Bedwyn che le era corso accanto.
-Sai stata bene con le signore?- le domandò.
-Molto bene, mio signore. Sono tutte donne molto simpatiche e mi hanno
trattato con gentilezza nonostante i pettegolezzi.- disse con una nota
di amarezza.
-Immagino di dovermi congratulare per il tuo successo di artista.-
cominciò Grant inchinandosi leggermente. -Ho saputo del
quadro al Duca e della scenetta a mia zia. Tutti ben apprezzati.-
Cathriona s'irrigidì e quasi si fermò nel bel
mezzo del sentiero. -E' una critica, mio signore?- domandò
alzando il mento, virtualmente pronta a una sfida. -Se volete posso
smettere.-
-No, fai pure come credi.- ripose Grant scalciando con il bastone da
passeggio un grosso sassolino dal sentiero.
Raggiunsero una piccola altura e si sedettero su una vecchia e
malconcia panchina.
-Mio signore, credo che dovremmo tornare indietro.- disse Cathriona
dopo un po' mentre fissava le nuvole scure avanzare dall'orizzonte.
Grant si sedette meglio per osservarla. -Perché non mi
chiamate per nome e smettete di usare il voi. Siamo sposati da ben
quattro mesi ormai.- le prese una mano e gliela strinse nonostante
l'evidente ritrosia della moglie, sospirò e
cominciò il discorso che aveva composto in quelle settimane.
-Vorrei avere dei figli, finché sono ancora giovane,
Cathriona. Mio padre mi ha avuto a quasi quarantadue anni e spesso
rimpiange le mille cose che potevamo fare durante l'età
adulta.- omise che le grandi aspirazioni di suo padre erano per lo
più legate all'alcool e alle donnacce. -Ho meritato tutte le
punizioni che mi hai inferto in questi giorni. Sono io che ti ho messo,
mesi fa, in questa situazione. Chiedo solamente un po' di compassione,
proviamo a … far funzionare le cose.- mormorò
avvicinandosi a una distanza pericolosa. -Almeno prima del nostro
ritorno a Chester House.-
-Mi sento in dovere di dirvi che non mi sento a mio agio con l'idea di
sottomettervi a voi di nuovo. Preferirei aspettare qualche mese, giusto
il tempo per permettere al mio corpo di ospitare una nuova vita, se Dio
vorrà.-
-E' un modo raffinato di dirmi che dovrò attendere anni?-
domandò brusco Grant.
-E' un modo raffinato di dirvi di aspettare qualche mese.- rispose
piccata Cathriona sottraendo la mano dalla sua stretta. -Quanto al
resto, per favore abbiate l'onestà di tacere, mio signore.
Come spesso mi viene ricordato, sono una borghese e per i borghesi
valgono i fatti.- disse secca alzandosi e avvolgendosi nel pesante
scialle.
Grant la seguì mogio e segnò un altro punto a sua
moglie. Nessuna sua tattica sembrava riuscire a smuovere quella donna.
Una volta salutati con calore gli amici e si recarono in casa,
Cathriona gli rivolse la parola.
-Volete che chieda di prepararvi il camino in soggiorno? Per stasera
intendo.-
Grant fu tentato di annuire. Forse se avesse iniziato a condividere le
prime ore del crepuscolo, avvolti nella sicurezza di un soggiorno
caldo, magari conversando e leggendo, avrebbero trovato un modo di
stare insieme con serenità.
-No, purtroppo ho un impegno.- disse scandendo lentamente le parole.
-Mi dispiace, Cathriona.- notò con una punta di tristezza,
lo sguardo accusatore della donna.
La carrozza si fermò a pochi passi dal portone numero 15.
Grant salì con una certa fretta e consegnati il cappello e
il cappotto si precipitò all'ultimo piano.
Pauline era sistemata su una poltrona a leggere assorta, a malapena
coperta da una vestaglia broccata.
-Oh, siete già tornato! Oggi non vi aspettavo proprio.-
disse posando il libro a terra per abbracciarlo in tutta la sua
grandezza. -Ditemi il piano ha funzionato?- domandò la
donna, sciogliendo i bottoni della giacca.
Grant chiuse gli occhi per un momento, inebriato dal forte profumo di
Pauline. -In parte. Quando si tratta di mia moglie sono molto goffo.-
disse abbassando le spalline della vestaglia e baciando la pelle chiara
della cortigiana.
-Dovete raccontarmi tutto, così potremo rimediare la
prossima volta. Non dovete angustiarvi, nessuna donna può
resistervi, nemmeno una brutta e pudica borghese.- disse accentuando il
suo accento francese e scivolando in ginocchio.
-Credo che sia più giusto discutere di quella frigida di mia
moglie dopo.- le spostò i ciuffi di capelli dal viso e
accarezzò la bocca rossa con un pollice mentre si slacciava
i pantaloni. -Avete altre cose di cui occuparvi.-
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Capitolo 7 *** La Pioggia ***
La
pioggia cadeva nello stesso modo sul giusto e sul malvagio;
e per nessuno non esisteva un perché.
William
Somerset Maugham
-Vostra Signoria, ho sistemato tutte le provviste. Abbiamo moltissime
confetture preparate secondo la vostra ricetta.- disse la
governante della casa, la signora Musgrove.
Cathriona annuì e con un cenno le chiese di seguirla nel suo
salotto privato.
Chester House le sembrava ancora più grande ora che l'aveva
esplorata tutta e che godeva di buona salute. La servitù
l'aveva accolta con un certo sollievo in quanto Cathriona aveva
preferito seguire il ritmo consolidato da decenni e delegando quasi
tutto nelle mani della governante Musgrove ma presto sarebbero stati
messi alla prova, dato che sarebbero arrivati degli ospiti alla fine
della settimana.
Cathriona si sedette su un divano e chiese all'anziana donna di
accomodarsi davanti a lei, le versò del tè,
ignorando l'espressione stupefatta della donna e le spinse sotto naso
un piattino di dolci freschi.
-Volevo parlarle del nuovo maggiordomo, il signor Smiths.- disse
Cathriona sorseggiando la sua tazza. -Che cosa ne pensa? So che
è molto giovane ma è alquanto istruito e a Londra
si è comportato benissimo.-
La signora Musgrove fece una sorta d'imbarazzato inchino da seduta e
imbarazzata tentò di trovare le parole più
auliche del suo a volte ridotto vocabolario. -Il signor Smiths ci
sembra un uomo educato e un buon maggiordomo.-
Cathriona annuì. -Immagino che abbia bisogno però
dell'aiuto di qualcuno di più esperto come il maggiordomo
Deanson. La saggezza e l'esperienza che si accumula in oltre trent'anni
di servizio non andrebbe sprecata nella competitività,
bensì insegnata.-
-Avete assolutamente ragione, Vostra Signoria!- esclamò la
governante annuendo vistosamente. -E' proprio quello che dico da
giorni.-
Cathriona le sorrise, contenta di avere un'alleata per porre fine a
quell'insensata bagarre di cui aveva colto i mormorii delle domestiche.
-Vi è un altro problema. Ho compreso che il signor Smiths
sta facendo la corte alla signorina Alice Forrest, la ragazza gallese.
Crede che arriveranno al matrimonio?- domandò arrossendo
inspiegabilmente.
La signora Musgrove appoggiò con estrema delicatezza la
tazza e tentò di non cedere all'impulso di esprimersi con la
massima libertà.
-Credo … Credo che sia obbligatorio in questo caso. Sono
… Si sono comportati da irresponsabili.-
Cathriona si sistemò una ciocca sfuggita alla severa
acconciatura dietro l'orecchio.
-A questo punto se i limiti labili della decenza sono stati infangati,
è necessario che prendano i voti di fronte a Dio. Sono
sicura che il Lord mio marito troverà un'adeguata
sistemazione della coppia e si prenderà cura degli eventuali
figli.-
L'accenno al Lord suo marito fece sprizzare di gioia la governante.
-Noi non ci preoccupiamo della generosità di Lord Everstone,
siamo grati di averlo come signore. E' un uomo amabile.- disse la
donna. -Dovete sapere che siamo contenti di vederla … in
salute, Vostra Signoria.-
Cathriona strinse la mani in piccoli pugni e sciolse le dita
lentamente, in preda dall'angoscia. Era arrivata a Chester House da
poco più di tre giorni e quella era la centesima volta che
sentiva su di sé la sollecitazione da
parte della servitù di
dover dare un erede al più presto. Con gesti, sussurri,
auspici e vere e proprie confidenze quel piccolo mondo con cui si
scontrava ogni giorno e in ogni angolo della casa, ci teneva a farle le
condoglianze e allo stesso momento i più sentiti auguri.
Ogni volta le sembrava di essere sul punto di scoppiare a piangere ed
accasciarsi a terra.
-Grazie mille. Sono felice di essermi finalmente ripresa.- si
alzò, seguita immediatamente dalla governante. -Ringraziate
tutti quanti per esservi presi cura di me qualche mesi fa, ed
anticipate a loro che non appena i nostri ospiti lasceranno la casa, la
servitù potrà godere di alcuni pomeriggi di
riposo.- annunciò e quando vide il caloroso sorriso della
donna, sentì il cuore sciogliersi di contentezza.
Cathriona salì in camera, suonò il campanello
dello spogliatoio e in poco tempo si presentò la cameriera
per aiutarla a togliersi il colorato abito da casa e indossare uno dei
suoi vecchi abiti pratici.
Il grigio spegneva ogni colore del suo viso ma era fatto con buona
stoffa, l'ideale per camminare per i boschi. Nel caso si fosse
rovinato, poi, non si sarebbe sentita in colpa.
Le sembrava strano trovarsi in perfetto agio in biancheria alla
presenza di una sconosciuta ma aveva notato come la servitù
sembrasse incapace di voler accettare i piccoli cambiamenti che voleva
introdurre. La vedevano come un affronto alla storia del marchesato e
della casa; appena compreso questo, Cathriona, decise di lasciar
perdere i suoi desideri e le sue preferenze e lasciò che la
servitù la trattasse da nobildonna.
-Vostra Signoria, preferite il mantello blu?- domandò Alice
Forrest.
-No, è troppo bello per una passeggiata nel fango.
Preferisco il mantello nero, quello liso in fondo.- la cameriera lo
trovò e glielo consegnò insieme al cesto con i
libri, una coperta e un po' di focaccine e frutta.
Da quando era arrivata a Chester House, il brutto tempo l'aveva fatta
da padrona, obbligandola alla reclusione.
Lord Grant Everstone si era chiuso nel suo studio solo il tempo per
ricevere l'amministratore e qualche attendente e poi era fuggito dai
vicini, i Conti di Allingham, che avevano organizzato una battuta
estiva di caccia al cinghiale che da quello che aveva sentito era una
magra scusa per bere e gettarsi nei festeggiamenti tipicamente maschili.
Cathriona salutò con un sorriso il valletto che le
aprì la porta e si assicurò di ripetere a
quest'ultimo che non si sarebbe allontanata.
Aveva un disperato bisogno di sottrarsi ai loro occhi, al loro giudizio
e alla loro rammarico per la fuga di suo marito.
L'aria fresca, ancora carica di pioggia, il cielo limpido e il
bellissimo bosco che costeggiava il lato est della proprietà
l'avrebbe rinvigorita e calmata, in vista dei giorni difficili in cui
gli amici di Lord Grant sarebbero venuti in massa nella casa.
Le consolava sapere di poter essere utile ai domestici, come quando
aveva passato la ricetta di sua madre per confezionare le marmellate
che era decisamente più buona che tuttavia aveva offeso la
cuoca finché non si era resa conto dell'evidente carenza di
zucchero della sua.
Aveva spostato alcuni mobili, cambiato la disposizione di alcuni quadri
e si era preoccupata di portare all'interno del grande ingresso ogni
giorno fiori freschi, uscendo non appena la pioggia dava qualche minuto
di tregua.
Camminò a lungo, stupendosi di quanto si sentisse bene nei
panni della ricca nobildonna, non l'avrebbe mai nemmeno pensato
possibile, anni prima.
Sistemò la coperta in uno spiazzo ben raggiunto dal sole al
limitare della foresta, una volta seduta si gettò nella
lettura dei pochi romanzi presenti nel suo salotto privato, tutte opere
che probabilmente suo marito e suo suocero pensavano che fossero adatte
alla mente delicata di una donna.
Decise di cominciare con “Persuasione”
di Jane Austen, l'unico che non aveva mai letto e avuto quando era
adolescente.
Il mondo e le sue preoccupazioni scivolarono via dal suo corpo e dalla
sua mente.
-Aspettate! Avete visto la signorina dei Tumerset? Piccolina e piena di
brufoli sul viso, la sua mammina ha pensato bene che fossimo perfetti
insieme e quindi me l'ha appioppata decine di volte. All'ultima ho
detto alla ragazzina che sarei stato suo marito solo se avesse avuto la
decenza di tagliarsi la testa e spingere il corsetto in su, non sia mai
che abbia un bel seno, dopotutto!- gracchiò Lord Edmund
Capton scosso dalle profonde risa che tentava di trattenere. -In
compenso, la piccolina di quindici anni è un bocconcino da
leccarsi i baffi, mi sa che aspetterò che esca dalla nursery
per saltarle addosso.-
L'intera sala rise ma Lord Grant Everstone scrollò le spalle
e prese la sua stecca da biliardo. Era ben due giorni che tutti o quasi
si spanciavano dal ridere per le assurde storie di Capton, mentre lui
si era decisamente annoiato.
-Non so come facciamo a sopportare Capton.- disse rivolgendosi al Conte
di Allingham che stava sistemando le palline colorate. -E' la terza
volta che sento la storia dell'orribile Miss Tumerset. Avrò
gli incubi.-
Il Conte fece una strana smorfia e gli batté una mano con la
spalla. -Cerca di capirlo, è solo uno sbruffone. E'
probabile che non sappia nemmeno farci qualcosa con una donna.- disse
prima di chiamare gli altri al tavolo da gioco.
Si cimentarono fra grasse risate e allusioni nel gioco ma la comparsa
della pioggia e il malumore per la gita a cavallo perduta,
portò la gran parte degli uomini ad approfittare largamente
in anticipo delle signorine che alloggiavano ai piani superiori.
Quando Grant accettò il consueto invito di uno dei migliori
amici del padre si era aspettato di vedere un uomo in lutto per la
recente perdita di una moglie bella e gentile, che gli aveva dato ben
tre figli maschi sani e una femmina, circondarsi di amici ed
intrattenersi con attività maschili. Nulla lo avrebbe
portato qui se avesse saputo di che genere di intrattenimento il caro
vecchio conte aveva pensato.
All'ultimo piano, si erano trasferite alcune fanciulle provenienti da
un bordello da Londra, donne di navigata esperienza travestite da
ragazzine innocenti con abiti di mussola chiara.
Per la prima volta si era trovato a disapprovare i sollazzi del
frequentare il letto con una donna capace e quando la sera precedente
una di quelle ragazza gli era saltata addosso, si era ritrovato a
cercare una scusa qualunque per sottrarsi dalle grinfie di quella
ragazza volgare.
Per non offendere la suscettibilità del Conte di Allingham,
aveva ceduto a un veloce servizio da parte della prostituta che gli era
stata assegnata e per tutta la durata di tale servigio aveva dovuto
sognare di essere con un'altra. Per un attimo si domandò
come sarebbe stato avere Cathriona inginocchiata fra le sue gambe. Si
crogiolò a lungo intorno a quello strano pensiero e si
chiese se non fosse impazzito.
Durante il lungo viaggio di tre giorni verso il nord dell'Inghilterra,
avevano pernottato in alcune locande. Nell'ultima, una modesta tuttavia
pulita locanda gestita da un'allegra famiglia, si erano ritrovati a
dormire insieme, nello stesso letto.
Aveva notato fin da subito il rossore e il nervosismo di Cathriona e di
come cercasse in tutti i modi di svincolarsi da quella terribile
possibilità. Si era coricata nel letto per prima, lui aveva
preferito indugiare nei racconti sulla battaglia di Waterloo con il
proprietario in compagnia di qualche boccale di birra. Quando
entrò nella stanza, a notte fonda, la trovò
raggomitolata quasi sul bordo e profondamente addormentata.
Si era tolto solo il necessario e con molta accortezza si era sdraiato
accanto a lei, sentendo per la prima volta il naturale calore del suo
corpo e ammirando i riflessi argentei nei capelli castani. Si era anche
azzardato a sfiorarle un fianco prima di addormentarsi.
Grant si svegliò per primo, confuso e dolorante per la
rigidità del materasso.
Nell'incavo del braccio vi era posata la testa di sua moglie, che
dormiva rannicchiata su di lui. L'impulso di baciarle quelle labbra
socchiuse, passare le dita fra quei capelli, che fino a qualche giorno
prima aveva considerato anonimi, lo sconvolse a tal punto che stava per
alzarle la camicia da notte. La strinse a sé, saggiandone le
forme sode, domandandosi se sua moglie mangiasse abbastanza, ma
Cathriona si era svegliata, imbarazzata e turbata lo aveva allontanato.
Durante l'ultimo tragitto verso casa, si era dedicato a una lunga
osservazione del fisico di sua moglie, cercando di non tralasciare
nulla, beandosi di quel tipo di bellezza discreta.
Quello che prima era curiosità ora era diventato ossessione,
per quel motivo accettò di buon grado l'invito del Conte,
voleva evitare di macchiarsi di altri delitti nei confronti di quella
donna dalla morale irreprensibile.
Un paio di giorni passati a cacciare e bere avrebbero dovuto aiutarlo a
sfogare tutta la libido accumulata in quei giorni. Invece, si era
ritrovato circondato da pallide creature che si vendevano per poco.
Suo padre si sarebbe divertito enormemente e avrebbe dedicato ogni
minuto ai piaceri della carne e del vino ma più invecchiava
e più Grant comprendeva quanto vacua ed inutile fosse quel
tipo di vita.
Decise che sarebbe tornato a casa, subito.
Camminare sotto la pioggia non era né poetico, né
divertente; si disse Cathriona mentre cercava di ripararsi sotto una
grande quercia. Era stata una sciocca, si era decisa a fare una
passeggiata proprio dieci minuti prima che scoppiasse il temporale
più lungo e violento della storia. Con la coperta sul capo,
protetta dai rami e dal fogliame, si fermò ad aspettare.
Com'era stata sciocca ad uscire dal sentiero principale, avventurandosi
chissà dove!
La sua poca dimestichezza con la campagna e le sue consuetudini
l'avevano colta in fallo un'altra volta.
Rabbrividì per il gelo e le infinite gocce che le si erano
infilate sotto l'abito e tremò quando sentì il
frastuono di un tuono scagliarsi poco distante da lei.
Alzò la testa di scatto, non appena sentì una
voce gridare nel frastuono del temporale.
-Cathriona!- gridò la voce un'altra volta, mentre si
avvicinava velocemente verso di lei. Cathriona uscì dal
piccolo riparo e si guardò intorno spaventata. L'uomo che
gridava doveva essere un valletto o uno stalliere della casa venuto a
cercarla, per questo conosceva il suo nome, si disse poco prima di
gridare di rimando.
La prima cosa che notò fu il castrone nero che si avvicinava
al trotto, poi alzò il viso ed incontrò gli occhi
azzurri di suo marito.
-Cathriona!- disse nuovamente saltando giù dal cavallo,
correndole incontro. Il cappello volò a terra e gli stivali
s'inzupparono di fango subito.
-Grant.- sussurrò lei, lasciandosi stringere dal suo goffo
abbraccio.
-Stai bene?- le chiese mentre sfregava le mani sulla sua schiena.
-Dobbiamo andare, questo tempo … - ad interrompere la frase
fu nuovamente un tuono. Grant fissò con una certa
preoccupazione gli occhi spaventati di Cathriona e decise che sarebbero
stati al sicuro e all'asciutto alla vecchia casa del guardiacaccia.
Cathriona salì con una certa difficoltà sulla
sella ignorando l'occhiata esasperata del marito mentre lei sistemava
su entrambi la fradicia coperta.
Per Cathriona, quel momento sarebbe tranquillamente entrato fra i
ricordi più odiosi se non fosse che realizzò di
aver desiderato che suo marito, e non un valletto o uno stalliere
qualsiasi, la salvasse.
Avrebbe voluto mantenere una parvenza di freddezza e distanza ma i suoi
occhi sinceramente preoccupati le ricordarono quelli di suo padre,
intrisi di affetto e senso della responsabilità, l'avevano
colpita e quasi fatta piangere.
Grant l'avvolse fra le sue braccia e le sussurrò
all'orecchio che tutto sarebbe andato bene, con le redini saldamente in
mano, spronò il cavallo che partì al galoppo.
Cathriona scorse, qualche minuto dopo, una piccola casa con la porta
aperta, che doveva aver mancato mentre vagabondava per il bosco. Suo
marito la fece scendere in pochi secondi e la spinse verso la casa,
dicendole che sarebbe tornato subito.
Fece qualche passo nella piccola casa, si tolse immediatamente la blusa
completamente zuppa e il cappello che si era afflosciato sulla testa.
Stava togliendo tutte le forcine, quando sentì Lord Grant
Everstone ritornare e chiudere la porta con un calcio, fra le braccia
teneva dei ciocchi di legno che posò sul caminetto rozzo e
si apprestò ad accendere il fuoco.
-Togliti tutto. Non puoi startene con gli indumenti bagnati.- le disse
mentre si toglieva la giacca e il panciotto. I capelli biondi, intrisi
d'acqua, gli si erano appicicati in fronte e Cathriona si
ritrovò a voler disperatamente scostarli con la propria mano.
Si voltò imbarazzata dai suoi stessi pensieri.
Cominciò a togliersi i vestiti zuppi, cercando di non
guardarsi indietro per vedere cosa stesse facendo Grant.
Quando si voltò, malamente coperta da un'umida vestaglietta
che le arrivava al polpaccio, cercò di coprirsi. Suo marito
era rimasto davanti al fiacco fuoco, ravvivandolo con una stecca
arrugginita, i suoi abiti erano un mucchio bagnato di stoffa con
l'altra mano le tendeva una camicia da uomo.
-E' abbastanza asciutta. Togli la vostra biancheria e sistemati con
questa, per favore.-
Cathriona aggrottò le sopracciglia, confusa. Era la prima
volta che le rivolgeva parole educate e con un tono più
… Naturale del solito.
Fece come gli chiese e rossa per l'evidente stato di nudità,
dato che la camicia le arrivava a metà coscia,
tentò di darsi un contegno e si sedette vicino al fuoco.
Grant le si avvicinò e si pose dietro di lei, stringendola
in un confortante abbraccio.
-Sei fredda.- le disse solamente mentre la serrò le braccia
intorno al corpo quasi scheletrico della donna. -Sei così
magra, Cathriona.- le mormorò.
Cathriona sobbalzò e attese il seguente rimprovero. Era
stanca ed assonnata, completamente raffreddata da non riuscire
più a tenere gli occhi aperti. Avrebbe voluto sentir parlare
ancora il Lord suo marito, bearsi di quel tono preoccupato e gentile,
custodendolo come il più prezioso dei ricordi, ma il sonno
la prese e pochi minuti dopo si addormentò.
I muscoli della schiena di Grant chiedevano pietà. Non era
mai stato particolarmente forte, fare della boxe ogni tanto e senza
particolare passione non gli aveva donato nessuna abilità
speciale. Cercò di non svegliare Cathriona che dormiva sul
suo petto mentre strisciava verso il muretto del camino, dando
così sollievo alla sua schiena.
Sua moglie si mosse nel sonno e Grant si precipitò a
controllarle la temperatura del corpo. Passò una mano sulla
fronte e con un sospiro di sollievo notò che le febbri non
si erano presentate, non
ancora. Doveva essere vero che le donne borghesi non
andavano in mille pezzi così facilmente. Si
ritrovò a ringraziare Dio per avergli mandato una donna
operosa e conservatrice come Cathriona, così diversa da sua
madre.
Il ricordo della morte di sua madre, lo tormentava ad ogni temporale.
Era piccolo e tutt'oggi gli sembrava impossibile; cosa avrebbe potuto
spingere una donna quieta e dedita alla mondanità a
camminare per alcune miglia per la campagna intorno a Chester House
durante un giorno di pioggia e buscarsi un raffreddore che mal curato
dalla sua reticenza a stare a riposo, divenne una polmonite
che la consumò in pochi giorni?
Perché?
Quand'era piccolo si dava la colpa, magari la mamma era stufa di tutto
il casino che faceva quando giocava al pian terreno, si diceva.
Divenuto grande aveva sentito i pettegolezzi maligni e la storia
alquanto bizzarra di suo padre, lui aveva ignorato entrambi e
costringendosi a pensare che fosse tutto un caso, slegato da qualche
orribile verità o diceria.
Per questo quando era ritornato alle stalle di Chester House, poco
prima che impazzisse il temporale, e aveva trovato i domestici vestiti
con teli e gli stallieri a cavallo, era ammutolito dal dolore.
Stava rivivendo una sgradita replica.
Abbassò la testa per sfiorare con le labbra la fronte di
Cathriona, fortunatamente non calda.
La pioggia non scendeva più con la stessa violenza di prima,
forse avrebbe potuto avventurarsi oltre e cercare di tornare a cavallo
prima che tramontasse il sole ma non voleva esporre nuovamente al
pericolo la salute di sua moglie, lo aveva già fatto una
volta ed entrambi ne stavano ancora soffrendo.
La sentì muoversi e la osservò incantato
risvegliarsi dal sonno profondo in cui era caduta qualche ora prima.
Le labbra gentili, l'ovale appena appuntito del suo viso, gli occhi
castani e i ciuffi dei capelli bruni che la incorniciavano come un
putto di un antico affresco.
-Buongiorno.- le disse.
Cathriona sembrò indecisa se scostarsi e lasciarsi
abbracciare, si mosse per trovare una posizione più comoda
ma Grant era interessato alla eccitante porzione di pelle della donna
che la sua camicia mostrava, che la costrinse a rimanere fra le sue
braccia.
Le sorrise e spostò lo sguardo sui suoi occhi ancora
sonnolenti, abbassò il viso e la baciò.
Fu una strana esperienza per Grant.
Nel momento in cui toccò le labbra di Cathriona, si
ricordò di non averla mai baciata prima, nemmeno alla fine
della cerimonia nuziale.
Notò fin da subito la sua inesperienza e quasi ne
gioì.
Davvero quella piccola creatura dalle mani forti, decisa e operosa non
aveva mai baciato nessun in quel modo? Nessuno spasimante o gentile
cavaliere? Nessun lontano parente o compagno di giochi?
Cathriona sembrava a suo agio fra le sue braccia e Grant si concesse
qualche cosa in più, stuzzicandola con la lingua,
abbandonò le labbra gonfie per scorrere lungo il collo
mentre le mani si avventuravano sulle gambe scoperte.
Sentì una specie di gemito sfuggire dalle labbra di sua
moglie e questo lo riportò con i piedi per terra,
raffreddò i suoi gesti e riprese a baciarla con delicatezza
sulla bocca.
-Stai meglio.- disse Grant stringendola al suo petto.
Cathriona annuì leggermente, apparentemente incapace di
parlare.
Rimasero qualche minuto nel più totale silenzio che venne
rotto da una strana consapevolezza: il rumore della pioggia non li
accompagnava più.
Grant fissò la finestra e vide che l'ora del tramonto stava
avanzando. Posò un piccolo bacio sulla testa della moglie ed
in cambio ricevette un breve sfioramento delle sue labbra sul suo petto.
Improvvisamente l'idea di andarsene da quell'oasi gli sembrava stupido
e controproducente. Da giorni sognava di avere un'intesa del genere con
la sua riluttante moglie e proprio quando non ci sperava
più, lei lo aveva sorpreso.
-Dovremmo andare.- disse lei con voce arrochita dal sonno.
-Già, anche se ammetto che preferisco starmene qui.- rispose
lui.
Cathriona alzò il viso, con un'espressione seria che cozzava
con quella maliziosa di Grant. -Perché?-
-Perché qui sembra tutto più semplice. Ci saremmo
mai permessi tanta confidenza se non avessimo avuto questo temporale
improvviso?-
Cathriona non gli rispose e tuffò il viso nel suo petto.
Si alzarono poco dopo, vestendosi con difficoltà e montando
in sella con fatica. Gli abiti sembravano pesare dieci volte di
più del normale, Grant assaporò gli ultimi
momenti d'intimità che pensava non avrebbe più
avuto una volta ritornati alla vita reale, continuando ad annusare il
delicato profumo di donna e di pioggia direttamente dall'incavo del suo
collo.
Rimase alquanto sorpreso quando, dopo essersi lavato, vestito, aver
mangiato dello stufato bollente sotto le insistenze dell'anziana cuoca
e rassicurato tutti i domestici sulla salute di sua moglie, aveva
bussato nella sua stanza per sapere come stava e Cathriona lo aveva
fatto entrare subito, scarmigliata e in vestaglia.
Per la prima volta in tutta la loro vita matrimoniale, gli stava
sorridendo.
E Grant si accorse di quanto bella e preziosa fosse Cathriona Mafton
Everstone.
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Capitolo 8 *** Vita Agreste ***
Capitolo
VIII
Vita
Agreste
Amicizia
è solo una
parola, ma fedeltà è una parola vana.
Publio Ovidio Nasone
Lord
Grant Everstone si sistemò meglio sulla sedia e
portò alle labbra
il bicchiere colmo di brandy.
La
sera calava lentamente su Chester House mentre gli ospiti si
congratulavano con sua moglie che sedeva al piano.
Gli
occhi di Grant erano rimasti a lungo fissi sulla nuca di sua moglie
che libera dai capelli castani, si stagliava sottile e regale.
L'abito era tagliato in modo monacale ma lo sforzo di starsene seduta
al piano avevano fatto scivolare il tessuto di qualche centimetro e
dalla sua posizione, Grant, poteva osservare le spalle magre
contrarsi seguendo ritmo delle mani.
Nei
giorni seguenti all'arrivo dei suoi amici dalla città, non
aveva
quasi fatto caso a sua moglie talmente era impegnato a cacciare per i
boschi, giocare a biliardo e fumare sigari; se non fosse che quel
mattino si era scontrato contro di lei, l'avrebbe dimenticata.
Durante le cene, lei sedeva a capotavola e se ne stava seduta a
mangiucchiare timidamente, annuendo ai commensali che ogni tanto le
prestavano attenzione intanto che lui era troppo impegnato a
discutere di politica monetaria per rendersi conto di altro. Nemmeno
venti giorni prima era convinto di essere stato legato a vita con una
donna di ben poche virtù, scialba e noiosa, ed ora si
trovava nella
strana situazione di doversi rimangiare ogni pensiero.
Sua
moglie aveva qualcosa di speciale e di totalmente sconosciuto.
Non
era la bellezza, non era la socievolezza e neanche l'individualismo
ma una trepida scintilla di buon senso.
Il
soggiorno dei suoi colleghi parlamentari scapoli era stato perfetto,
ogni animosità era stata sopita e la servitù non
era mai stata così
efficiente. I fiori freschi, i rinfreschi dopo le passeggiate a
cavallo del mattino, la carta e i pennelli sempre pronti in piccoli
scrittoi disseminati negli angoli più intimi della casa, la
selezioni di testi appena usciti in soggiorno, tutti quei piccoli
accorgimenti,quei piccoli omaggi erano opera di Cathriona. Di quella
donna silenziosa e operosa che lui non aveva saputo apprezzare per
quasi tre mesi.
Grant
si alzò quando notò che alcuni degli ospiti
stavano salutando sua
moglie, che in piedi e davanti alla porta, era intenzionata a
congedarsi così presto. Per la prima volta in tutta quella
settimana, gli offrì il braccio per primo e le sorrise
gentile.
Fu
colpito dal notare l'apparente tranquillità della sua
risposta,
s'inchinò brevemente agli ospiti e camminò al suo
fianco con passi
misurati.
-Siete
molto stanca?- le domandò cercando di ignorare quell'aria
severa che
sapeva raggelare ogni spirito dal suo corpo.
Cathriona
scosse la testa decisa. -No. Sto solo pensando alle diverse cose da
preparare per domani. Lord Capton partirà sul tardi, quindi
pranzerà
con noi; tutti gli altri, invece, partiranno appena dopo la
colazione. Dovrò assolutamente supervisionare i diversi
cestini per
il viaggio.- disse lei sciogliendosi in un sorriso mesto.
Salirono
in silenzio le stanze e con un certo imbarazzo, Lord Everstone decise
di entrare nel piccolo salotto della moglie. Osservò
incantato
Cathriona togliersi un paio di forcine che fecero scendere delle
ciocche lisce intorno al suo viso e sfilarsi con grazia i guanti da
sera.
-Dovete
dirmi qualcosa?- chiese la donna fissandolo con malcelata confusione.
Grant
le si avvicinò incerto. -Volevo chiederti se ti piace l'idea
di fare
una passeggiata domani mattina. Lord Capton mi ha annunciato che
preferisce riposarsi in vista del ritorno e Sir Pierce sarà
impegnato con la corrispondenza. E' da molto tempo che non ci
concediamo un po' di tempo per noi.-
Entrambi
non poterono non arrossire, ricordandosi del temporale e delle molte
ore passate l'uno nelle braccia dell'altro. Cathriona aveva lo
sguardo assorto, notò Grant con rammarico, quella strana
sensazione
di comunione era svanita velocemente.
-Dopo
aver salutato i nostri ospiti, devo purtroppo fare un giro per le
botteghe del villaggio. La signora Musgrove mi ha fatto notare che i
negozianti si aspettano una mia apparizione.- disse la donna,
lasciando una nota di ironia colorarle la voce.
Grant
le sorrise gentile e le prese la mano, inchinandosi a baciarla.
-Allora, saranno piacevolmente stupiti nel vedermi sfilare accanto a
te.- disse Lord Everstone insistendo nel darle del tu. Lo irritava ed
eccitava l'idea che sua moglie fosse una donna dalla volontà
ferrea
e che non si piegasse a ogni piè sospinto di fronte alle
sfide di
governare una casa come Chester House e benché la signora
Musgrove
non sia mai stata mediocre, era palese che Cathriona riuscisse a
tirare il meglio di lei.
Cathriona
districò gentilmente le mani e s'inchinò
brevemente.
Si
fissarono per qualche istante, entrambi sembravano riflettere sulle
differenti circostanze che li avevano portati fino a lì.
Lord
Grant le si avvicinò di un passo, incrociò le
braccia dietro la
schiena tentando di impedire il desiderio di stringerla fra le
braccia e ringraziarla.
-Volevo
… Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto durante
questi
giorni. Credo sia il lungo ricevimento di soli uomini meglio riuscito
della storia della casata.-
si
passò una mano fra i capelli biondi. -In fondo non eri
… -
- …
Non ero tenuta a fare tutto questo?- disse lei terminando la frase
con tono secco. Cathriona si allontanò e si sedette su una
poltrona
mentre fissava distratta le braci del fuoco ormai avvizzito. -Solo
perché non sono nobile, di grande bellezza o abituata a
questo
genere di cose, non vuol dire che non sappia come ricevere ospiti,
mio signore.-
Grant
spalancò gli occhi sbalordito. Era venuto con l'intento di
ringraziarla e farle capire quanto il suo aiuto e la sua bravura
fossero stati d'immenso aiuto, di quanto fosse perfetta nel ruolo di
Lady, padrona di casa e moglie. Sì, anche moglie. Avevano
notato con
una certa soddisfazione come era riuscita a non metterlo in ombra con
nessun commento sarcastico o cattivo, di quanta pazienza aveva
sfoderato per andare incontro ad ogni suo capriccio o moina, di
quanta distaccata gentilezza aveva conversato con uomini che
solamente cinque mesi prima l'avrebbero trattata come pezza per i
piedi?
Cosa
faceva per scatenare ogni volta la sua gelida rabbia?
-Cathriona,
volevo solo farti un complimento e renderti partecipe della mia
soddisfazione. Era da molto che la casa non accoglieva così
bene
degli ospiti.- disse cercando di rimanere calmo. Cathriona
sembrò
non averlo ascoltato, si alzò e premette una mano sulla
maniglia.
-Vorrei andare a coricarmi, mio signore. Se vuole ci vediamo domani
mattina, nel primo pomeriggio, direi.- aprì la porta e gli
gettò
uno sguardo corrucciato prima di chiudersi la piccola porta dietro di
sé.
Lord
Grant fissò a lungo gli infissi dei muri, comprendendo
quanto
difficile fosse entrare nelle grazie di Lady Cathriona Everstone.
-Se ti
passo una lettera, prometti che non darai di matto?- chiese Sir James
Pierce l'unico dei suoi ospiti ad essersi auto-invitato raccontando a
Cathriona di quanto amasse la campagna intorno. Lord Everstone gli
aveva lanciato una brutta occhiataccia ed era stato tentato di
buttarlo fuori assieme al compare Capton ma a quanto pare, Cathriona
sembrava quasi deliziata dall'averli intorno. In fondo, Sir Pierce
era stato uno dei pochi a dedicarle qualche minuto di piacevole
conversazione durante il ballo di Lady Diane.
Grant
strappò dalle mani dal collega parlamentare la busta chiusa
e
s'incamminò furioso verso la silenziosa biblioteca. Aveva
riconosciuto il tenue profumo di rose, Violet Graham ripiombava sulla
sua vita.
Cathriona
si sistemò alla meno peggio le diverse pieghe dell'abito
sgualcito
che indossava, sorridendo al cesto pieno di fiori e al sole al
tramonto. Era andata a farsi una passeggiata rinvigorente fra le
diverse bellissime aiuole del giardino frontale, cogliendo qualche
fiore e strappando qualche erbaccia rinsecchita, canticchiando un
motivetto allegro e facendo una lista di diverse cose che doveva
comprare al villaggio.
La
governante della casa, la signora Musgrove, le aveva chiaramente
detto che gli abitanti di Chesterhall si erano aspettati una signora
diversa, una donna di alto rango e di qualche campagna intorno,
invece di una donna borghese sulla quale si aleggiava uno scandalo di
enormi proporzioni. Per cercare di ingraziarseli, doveva farsi vedere
al mercato, acquistare qualcosa lodando i fittavoli e i loro frutti,
salutando i bambini e trattando gli adulti con superbia confidenza.
Così,
dopo aver salutato la maggior parte degli ospiti del marito ben prima
della colazione, si era preparata per andare al villaggio con il
marito salvo poi riceve una comunicazione del valletto su un impegno
urgente in qualche fattoria. Era salita sulla piccola carrozza con la
governante e una delle cameriera e con l'abito migliore si era
preparata ad interpretare al meglio il ruolo della nobildonna.
E
strano ma vero, vi era riuscita. Come un cavallerizzo esperto aveva
saltato ogni ostacolo, ogni muretto di pietra, assaporando la
vittoria come mai prima.
Il
giorno successivo, la moglie del vicario, l'anziana signora Strug,
figlia di un Baronetto deceduto quasi un secolo prima, e la signorina
Kendall, la maestra della scuola, sarebbero state le prime ospiti
invitate personalmente dalla futura Marchesa di Chesterhall.
Era
quasi convinta che gli sguardi perplessi di alcune delle donne e la
strana ritrosia dei bambini a comportarsi da piccole scimmiette di
fronte a lei, avessero minato ogni possibilità di creare un
solido
rapporto. Cathriona non era stata educata per comportarsi da essere
superiore e mai avrebbe voluto diventare anche una pallida copia di
Lady Diane, per questo quando l'oste della città si confuse
e invece
di chiederle se voleva del tè, aveva parlato di birra, lei
aveva
insistito per assaggiare la bevanda servita in un boccale riccamente
intagliato. In quel esatto momento, Cathriona, vide gli occhi degli
abitanti del villaggio guardarla con stima. Forse da lei non si
aspettavano un comportamento altezzoso ed erano contenti nel vedere
che non si era montata la testa, pensò mentre sistemava i
fiori in
un grosso vaso di porcellana azzurra. Lei stessa non sapeva come
abituarsi ai diversi cambiamenti che avevano sconvolto la sua
esistenza. Fino a pochi giorni prima, considerava suo marito il
peggiore degli orchi e nonostante la sua tempra dura non era riuscita
a stare dietro alle tante umiliazioni che aveva subito, primo fra
tutte l'esistenza stessa di Violet Graham. Poi le cose erano mutate
bruscamente.
Suo
marito non era solamente un mostro ma un uomo che le ricordava a
tratti il fratello, appassionato, educato e gentile. E lentamente
Grant gli aveva concesso di vedere oltre l'apparenza meschina che la
società e lui stesso si erano così tanto
preoccupati di creare. E
ne era rimasta affascinata, quasi incantata.
Durante
gli ultimi giorni, con la casa piena di ospiti, l'aveva visto
scambiare con tutti qualche frase, ringraziare sempre i domestici e
cercare di venire incontro a ogni desiderio degli invitati. Lo aveva
visto ridere con gli stallieri, aiutare la signora Musgrove a
spostare un tavolino da tè nella sua stanza,
affinché potesse
ritirarsi in un ambiente femminile. Lo aveva visto preoccuparsi per
la sua salute, quella lunga giornata di tempesta dove la sua rigida
morale le era scivolata fra le mani e per la prima volta nella sua
vita era stata baciata.
Sì,
perché in ben cinque mesi di matrimonio, Lord Grant
Everstone, il
suo signore marito, non aveva mai sfiorato le sue braccia.
E lei,
sciocca Cat come la chiamava la mamma, si era sciolta come neve al
sole.
Ed era
stato facile scordarsi che quelle labbra e quelle mani signorili
appartenevano all'uomo che l'aveva aggredita nel bel mezzo di una
notte senza stelle, l'aveva sposata obbligato dall'integerrimo zio,
l'aveva presa fin dalla prima notte di nozze con prepotenza e
inumanità, lasciandola sempre tremante e piangente.
Aveva
stretto i denti, si era rincuorata di essere fortunata di avere un
tetto sulla testa e un marito abbastanza ricco ed era andata avanti,
nonostante l'amarezza prendesse posto della rabbia.
Per
questo si era chiusa in un religioso silenzioso e girava come una
gatta ferita, cercando di mantenere l'equilibrio con fermezza; non
poteva risalire il fondo se un'altra delusione si sarebbe aggiunta
alle altre, non dopo aver assaggiato poche ore di matrimonio felice e
d'amore.
Non
sarebbe più riuscita a ricomporsi e si sarebbe lasciata
andare alla
disperazione e al rancore.
Con
gesti di stizza, si scacciò le lacrime che ormai scorrevano
libere
sul suo viso e corse in camera a piangere quelle che si prometteva,
sarebbero state le ultime lacrime.
Non
poteva vedere lo sguardo colpevole di Lord Grant Everstone che
l'aveva osservata a lungo dalla porta della libreria.
-Credi
che sia possibile? Io non posso e non voglio crederci.- disse Grant
con stizza mentre cavalcava il castrone nero e seguiva pigramente il
cavallo arabo di Sir James Pierce.
-Quali
erano i patti? Io ricordo un certo Duca d'Ulster arrabbiato che fugge
imbarazzato a Parigi.- disse Sir James fissando il collega. -E'
davvero così grave?-
Grant
preferì non rispondere. Temeva le parole che potevano uscire
dalla
sua bocca.
La
breve lettera di Violet era carica di funesti presagi. La banca le
aveva revocato la possibilità di usufruire il conto a lei
intestato
dicendo che era ormai agli sgoccioli, l'equivoco Duca era
ufficialmente rientrato a Londra ed aveva avuto la sfacciataggine di
far riaprire la casa accanto a quella di Violet e come se non
bastasse suo padre si era stufato delle vedove di Bath e dintorni ed
aveva deciso di fuggire a Londra.
Se non
avesse agito in fretta, la città intera sarebbe esplosa.
Grant
fissò in cagnesco la casa in cui era cresciuto nell'allegria
e
nell'agio.
Fino a
qualche ora prima meditava su una piccola sorpresa da fare a sua
moglie in modo da cercarla di convincersi a concedersi a lui e a
concepire un erede ma vederla in lacrime il giorno prima lo aveva
abbattuto.
Qualunque
cosa facesse, Cathriona Mafton lo giudicava stupido e innalzava un
altro miglio di mura intorno a sé, cosa che lo frustrava e
gli
faceva capire quanto avesse penato suo padre a far contenta sua
madre, vent'anni prima.
Era
bastata una lettera profumata, però, a distruggere qualunque
piano
di vita coniugale. La donna che amava disperatamente poteva essere in
pericolo, e lui non poteva e non voleva trincerarsi dietro le scuse.
Non aveva colto la possibilità di rendere Violet sua moglie
anni
prima, condannandola a una vita d'inferno; ora doveva pagare pegno
per le tante sofferenze che si erano inflitti a vicenda.
-Qualunque
cosa intendi fare, stai attento.- disse improvvisamente Sir James
Pierce. -Il vecchio Duca avrà anche quasi sessant'anni ma
tre mesi
fa ha fatto fuori un irlandese in un duello.-
Grant
aggrottò la fronte. -Cos'era successo?- domandò
accarezzando il
manto lucido del cavallo.
Sir
James scrollò le spalle. -Semplice, il Duca si è
preso una
cameriera di una signora che frequentava, il fratello di quest'ultima
era un soldato e si sono sfidati a duello. Ulster ha eliminato con
grande facilità il povero tizio e si è portato la
cameriera a
Brighton, a forza.- raccontò con voce piatta. Si
voltò verso
Chester House che si stagliava lontano. -Siamo sempre stati buoni
amici e ammetto che farti irritare è il mio sport preferito
ma
credimi se dico che più che proteggere la tua donna cortese
e
pestare i piedi ai potenti, ti conviene tornare a casa e procurarti
un erede. Una volta avuto il figlio, potrai anche chiedere il
duello.- disse cercando di ignorare la crescente collera che colorava
il viso di Lord Everstone.
Grant
conficcò i tacchi degli stivali nel cavallo, spronandolo a
una corsa
selvaggia, certo di dimenticarsi i saggi consigli del suo vecchio
amico.
Era
necessario ripartire per Londra e proteggere la sua amata dalle
conseguenze delle malefatte della sua famiglia; dietro di
sé, però,
doveva lasciare che il seme germogliasse nel ventre della donna che
era stato costretto a sposare.
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Capitolo 9 *** La Debolezza ***
Capitolo
IX
La Debolezza
Due cose solleticano
la
vanità dell'uomo: la virtù della moglie e la
debolezza delle altre
donne.
Milan Begović
Su
Chester House era tornata la normalità. La
servitù godeva di molti
tempi morti durante il giorno e Lady Everstone si dedicava
principalmente alla lettura di sonetti e alla pittura; mentre il Lord
suo marito seguiva i lavori nei campi della proprietà.
Il
silenzio e la tranquillità regnavano sovrani da giorni
ormai,
annullavano ogni affanno e ogni tristezza che sembravano
caratterizzare ogni antro di quella grande dimora.
-Buongiorno
Smiths.- disse Grant porgendogli il cappotto e il cappello. -Come
vanno i preparativi per le vostre nozze?- domandò
sorridendogli con
esagerata cordialità.
Smiths
s'inchinò appena in segno di apprezzamento per la
confidenza. -Molto
bene, la signorina Forrest è molto lieta di ogni dettaglio.-
Grant
si fermò ad osservarlo. Aveva colto nella voce di quel
giovane
maggiordomo una sorta di tensione che stonava un po' con l'insana
allegria che aveva colto la servitù.
-Vi
vedo agitato, siete nervoso per le vostre nozze?- indagò
mentre
s'incamminava verso uno dei salotti.
Il
domestico strinse le labbra in una smorfia. -Spero di essere
all'altezza della mia futura moglie. Non vorrei mai deluderla.-
Lord
Everstone gli sorrise freddo. -Certo, è un'agitazione
comprensibile.- si voltò verso la finestra e vide sua moglie
seduta
su un piccolo sgabello, un cappello enorme le copriva il volto
interamente e le mani erano intente disegnare su una tela posta di
fronte alla serra.
Cercò
di ricordarsi se anche lui era stato agitato il giorno prima delle
sue nozze, ma ciò che rimembrava erano solo immagini confuse
di un
uomo troppo ubriaco e i rimproveri concitati di suo zio.
Sarebbe
stato diverso se si fosse semplicemente innamorato di quella donna
dai lineamenti anonimi, i capelli scialbi e la poca avvenenza, per il
suo buon carattere e la sua gentilezza?
Forse
sarebbe stato meglio, avrebbe potuto agitarsi come il buon Smiths e
tentare con ogni sforzo di essere un marito degno della moglie.
Ma lui
era stato beccato con le braghe calate, la mente confusa e le mani
che tentavano di strappare una vestaglia pesante dal corpo di una
spaventata ed innocente vergine.
-Smiths,
vado a salutare mia moglie, stasera ceneremo nel suo salottino
privato.- ordinò al giovane che si prostrò dopo
aver assentito
all'ordine.
Si
avviò verso il giardino con passi misurati e stanchi, la
schiena
dolorante per le lunghe ore passate a cavallo, si scusò
quando la
vide sobbalzare al suo tocco misurato alla spalla. Niente, non
riusciva mai a farne una giusta, pensò sedendosi a terra.
-Mi
avete spaventato!- disse Cathriona mascherando subito la sorpresa dai
suoi occhi. Posò con delicatezza il pennello sul piccolo
tavolino
mentre osservava il marito sedersi a terra, improvvisamente dimentico
delle buone maniere e della rigida etichetta.
Prese
un fazzoletto liso e pulì i pennelli sporchi di colore,
cercando di
ritrovare quello stato d'animo beato che fino a pochi secondi prima
l'aveva cullata.
-Immagino
la vostra giornata sia stata proficua.- disse sistemando la sua
attrezzatura.
Grant
le fermò una mano. -Non smettere di disegnare, volevo solo
guardarti
all'opera.-
Cathriona
respirò a fondo prima di voltarsi ad osservare la tela
imbrattata.
Come
avrebbe voluto avere la stessa disinvoltura del marito, ignorare i
peccati commessi o subiti e sorridere di fronte alle
malignità. In
quei giorni di apparente solitudine, si era creata uno spazio di
serenità, seppellendosi fra i libri, girando per l'immensa
casa
senza meta, dipingendo sull'onda di un bisogno emotivo.
Odiava
quell'aria determinata che il marito riusciva sfoggiare e quel tu
colloquiale che la poneva immediatamente su un piedistallo infamante
data la sua ritrosia a concedergli la stessa gentilezza. La
servitù
non faceva altro che gettarle sguardi eloquenti e strane domande
silenziose e lei era costretta nuovamente a chinare la testa.
-E' un
esperimento venuto male.- rispose Cathriona alzandosi dal piccolo
sgabello.
-E' un
esperimento delizioso.- disse Grant seguendola e porgendole il
braccio. Cathriona rimase un secondo di troppo ferma ad osservare
quel gesto gentile. -Dobbiamo parlare.- la incitò il marito;
e
Cathriona seppe immediatamente cosa il marito aveva deciso.
In
cuor suo Cathriona lo aveva sempre saputo. La libertà che le
aveva
concesso in quei giorni andava prima o poi pagata e la ferma
determinazione che leggeva nei suoi occhi non era che la conferma dei
suoi più tristi pensieri.
Gli
rivolse un sorriso mesto ed annuì mentre lui blaterava di
eredi e
gioie della maternità, fissò con una certa
insistenza il sentiero
ombroso in cui camminavano.
Non
era tenuta a partecipare, questo lo aveva già intuito
precedentemente. Mangiò qualche boccone di stufato e con
grande
difficoltà bevve il bicchiere di vino che Lord Everstone le
aveva
riempito, lasciando a lui la terribile responsabilità di
condurre i
giochi e intrattenersi da solo.
Non fu
complicato, quella volta.
Conosceva
tutti i passi del procedimento. La porta aperta della sua camera, la
vestaglia già appoggiata sul letto, i capelli legati in una
coda
sommaria, le sue mani che sollevavano la camiciola, il suo corpo
pesante che le mozzava il respiro, le mani che tremavano mentre
affondavano nel materasso, il suo grugnito finale e il suo tremore. E
le sue lacrime d'umiliazione e stanchezza che scendevano lente sulla
sua faccia rossa.
Non fu
doloroso come agli inizi, quello che più le faceva male era
la sua
passiva partecipazione e l'arrendevolezza del suo corpo davanti ai
piaceri della carne.
Pose
subito le spalle al marito, nascondendo il suo corpo sotto la
trapunta e il suo viso nel cuscino fresco, arrabbiata e confusa,
chiuse fortemente gli occhi cercando di scacciare quella strana
sensazione di distrazione che il suo corpo aveva provato.
-Cara
… Vi ho fatto di nuovo male?- chiese Grant avvicinandosi.
-No!-
sentenziò Cathriona allontanandosi dall'ombra della sua mano
che
voleva posarsi lungo il suo fianco. -Sto benissimo mio signore, spero
di avervi soddisfatto un poco.- rispose con ferma calma.
Non
poteva certo vedere l'espressione frustrata di Grant quando invece di
alzarsi ed accomodarsi nelle sue stanze, preferì rimanere
disteso
dall'altro lato del letto a fissare il soffitto scuro.
-Mi
dispiace … -si lasciò sfuggire Cathriona con voce
tremante.
-E di
cosa, mia signora?- chiese Grant stiracchiandosi le membra stanche.
-Sono io il bruto.- ammise seccamente.
Cathriona
trattenne il respiro e quasi fu tentata dall'assentire a tale
affermazione ma preferì, per il comune vivere, mordersi le
labbra.
-Io …
Sono solo una donna comune. Non so … Non so niente.- ammise
Lady
Everstone cercando di tenere a bada la nota lamentosa che colorava la
sua voce roca. -Io
… - mormorò confusa.
Nella
sua mente si ingarbugliavano pensieri e ricordi, parole e gesti,
rabbia e dolore. Come poteva continuare a vivere in quel modo? Con i
sensi all'erta, incapace di godere di quei pochi attimi di
felicità
che arrivavano inaspettati e desiderati ardentemente? Perché
tentava
di interpretare la parte della donna borghese dura e fredda come il
vento del Nord, afflitta solo da pensieri pratici e terreni? Nel suo
cuore, sotto lo strato di fredda cortesia e produttivi riflessioni,
vivevano i sentimenti comuni di una donna. Era il fatto che il suo
cuore palpitasse come le protagoniste dei romanzi femminili sui
giornali e delle ballate popolari che la irritava e la deludeva.
Cathriona Mafton si era sempre considerata forte e risoluta, fino a
quel momento non aveva avuto dubbi su quelle certezze e fiera aveva
attraversato situazioni complesse senza mai cadere nello sconforto.
Rendersi
conto di voler essere semplicemente amata, desiderata e stretta con
impeto, come qualunque altra donna, la stava distruggendo.
Per
questo lasciò che le mani del marito la cingessero contro il
suo
petto, racchiudendola in un abbraccio che sapeva di sconfitta e di
affezione vana.
-Tornerò
fra poco meno di due settimane. Pare che vi siano dei problemi grossi
con alcune disposizioni parlamentari che ho impartito prima della
pausa. E' necessario che tutto si sistemi, prima che il Primo
Ministro e la Regina aprano i lavori camerali.- recitò con
perfetta
cortesia. Si spostò per osservare meglio la moglie sotto la
luce del
sole augusteo. Notò con rammarico la faccia smunta e
l'irrequietezza
che traspariva dal suo sguardo poco lucido. Nell'ultima settimana
aveva insistito con i doveri coniugali ma si era sempre prodigato a
compierli appena dopo il tramonto del sole, dandole la
possibilità
di dormire serenamente per il resto della notte. Tuttavia ogni
mattina si ritrovava di fronte una donna spossata dalla stanchezza e
dal volto insonne.
Durante
il giorno si separavano per poi ricongiungersi a cena, nel tardo
pomeriggio, scambiando qualche parola e ignorando del tutto quella
notte che avevano passato stretti in un abbraccio intimo ed
amareggiato.
Gli
sembrava strano provare della tenerezza per l'aperto smarrimento con
cui Cathriona era solita fissarlo la sera mentre condividevano il
talamo nuziale con fini provvidenziali; così come stava
trovando
sempre più erotico il suo corpo casto, la sua peluria
castana, i
riccioli alla base del collo in cui affondava il naso durante le
ultime spinte, la strettezza del suo interno e la chiara ed eccitante
idea di essere il primo e l'unico. Non si era mai considerato
particolarmente possessivo con le donne, ma quella scialba moglie
sembrava portare alle estreme conseguenze ogni suo sentimento, ogni
sua tendenza.
-Fate
buon viaggio.- disse lei solamente, inchinandosi rispettosamente.
Grant
si chinò a baciarle la mano e sentì il suo cuore
invaso da uno
strano affetto. -Scrivetemi e prenditi cura di tè stessa.-
rispose
posandole un bacio lieve sulla fronte.
Si
congedarono frettolosamente, la mente di Grant gridava di
già un
altro nome e le sue narici odoravano fragranze di viole mentre la
carrozza s'incamminava fuori dai cancelli di Chester House.
Nessuno
dei due si voltò per salutare l'altro.
L'alba
era il suo momento preferito da molto tempo ormai.
Il
sole non ancora completamente sorto, colorava tenuemente la sua
camera dai toni rossi e i velluti scuri. L'aria fresca s'infiltrava
dall'unica finestra per pulire la viziata atmosfera di bordello che
inevitabilmente si creava la sera, rimpiazzando ogni vizio con una
finta apparenza di purezza.
Violet
districò le coperte che si erano attorcigliate alle caviglie
e si
guardò intorno assonnata.
-Horace,
svegliati.- disse smuovendo il braccio che le tratteneva lo stomaco.
L'uomo che le dormiva accanto, grugnì infastidito e si
spostò di
qualche centimetro.
-Devi
andartene.- ordinò mentre si alzava e si sistemava i lunghi
capelli
rossicci in una floscia coda. -Aspetto visite oggi.-
Horace,
un uomo di circa cinquant'anni con i capelli radi e i baffi
brizzolati, si sedette sul letto e la fissò indispettito. -E
chi
sarà mai? Uno dei tuoi damerini di città?-
domandò ridacchiando.
-O per caso il tuo cavaliere dall'armatura scintillante?-
Violet
si voltò e gli lanciò una forcina che cadde a
terra sul tappetto
facendo ridere l'uomo. -Povera piccola gatta! La vita è
stata così
ingiusta con te.- ululò l'uomo in preda dalle risate.
-Quando fai
così, mi ricordi quella patetica di tua madre.- Horace si
alzò e
indossò la vestaglia di broccato dirigendosi verso una
piccola
porta.
Violet
strinse i denti cercando di non mostrare la rabbia che la stava
invadendo. -Se era così patetica perché ti sei
scomodato tanto
nell'averla?- gli domandò. L'uomo non si voltò
per guardarla e con
la porta ormai aperta le rispose. -Perché io progetto sempre
imprese
proficue nel tempo.- chiuse la porta e lasciò una Violet
livida di
collera, al centro della sua stanza traboccanti di velluto.
-Spero
di dissuaderti da questa ingente spesa, figliolo.-
Grant
alzò gli occhi dal giornale per incontrare lo sguardo
accusatorio
dello zio.
Al
Whites' regnava uno strano silenzio assorto, dato che la maggior
parte degli iscritti era ancora nelle campagne a godersi la lunga
pausa parlamentare.
-Ho
abbastanza soldi per mantenere questa spesa.- rispose Lord Everstone.
Lord
Cunningham scosse la testa e si servì di un'altra tazza di
tè.
-Proprio non vuoi lasciar perdere? La signorina era conscia di non
dover spendere così tanto per cose così futili.
Chi ti dice che fra
cinque mesi non ricomincerà tutto daccapo? Non pensi a come
potrebbe
reagire Cathriona se venisse a saperlo?-
Al
nome della moglie, Grant si agitò. Ogni anno donava del
denaro a
Violet come pegno d'amore, in quanto si sentiva responsabile per la
fine dell'immacolata reputazione della ragazza, ma quell'estate
sembrava che i fondi fossero finiti con mesi d'anticipo. La casa era
della madre e riceveva una rendita dal fratello che viveva nel Galles
e raramente si vedeva in giro. A conti fatti, Violet non era una
donna povera, ma non appena incontrò il funzionario della
Banca si
dovette ricredere. Lo stato delle finanze della donna che conosceva
da quando era fanciullo era preoccupante.
Che ci
fosse dietro il gioco d'azzardo?
Difficile
da credere ma non per questo impossibile.
-Non
sono così accecato dal donare tutto quello che ho a Violet.
Ho una
moglie a cui pensare e degli eredi che arriveranno da sistemare.-
Lord
Patrick Cunningham alzò il sopracciglio e lasciò
cadere la
questione, tirandone fuori un'altra.
-Ho
incontrato tuo padre. Si trova al Carlton Hotel.-
Grant
sospirò stizzito. -Si tratta sempre bene il vecchio.-
Lord
Patrick annuì distrattamente. -E' invecchiato moltissimo e
anche se
lo nasconde, temo che la sua fine sia vicina. E' stanco.-
-Chiunque
sarebbe stanco se avesse vissuto anche solo un mese ai suoi ritmi.-
-Credo
che andare a Chester House possa aiutarlo a calmarsi, non
c'è molto
da fare là e sono sicura che Cathriona gradirebbe la
compagnia di un
uomo così … Lusinghevole.-
Il
nipote posò le carte che stava leggendo. -Sono sicuro che
Cathriona
non troverebbe per nulla gradevole mio padre con il suo bere e fare
casino. Persino io lo trovo estenuante.-
-E
allora perché non lo accompagni a Chester. Lì
potrai prenderti cura
di tuo padre, di tua moglie e della tua eredità. Lascia
perdere
questa giovinetta di città.- disse duramente Lord
Cunningham. -E'
chiaro che farà la stessa fine della sua povera madre.-
A
quelle parole, Grant si alzò in piedi offeso. -Non tollero
che si
parli di lei così, zio.- disse con voce sibillina. -Ho
già ubbidito
ai tuoi ordini e mi sono legato a una donna di basso rango con la
quale non riesco nemmeno fare una conversazione decente,
impresentabile a corte e che mi guarda come se fossi un rospo
gigante.-
-Dovevi
riparare all'errore che hai commesso. Cathriona Mafton
t'impedirà di
seguire la strada di tuo padre.- rispose Lord Patrick alzandosi
anch'esso. -Quando lo vedrai, potrai finalmente perdonarmi.-
Grant
lo guardò andare via e sprofondò nella poltrona
coprendosi il volto
con le mani.
Aveva
lasciato una moglie che sembrava non provare niente più del
rancore,
doveva proteggere la cara Violet dalle mani di Horace Ludor, Duca
d'Ulster, l'uomo che l'aveva rovinata anni prima e tentare di
raccogliere quel che rimaneva del padre gentile e premuroso che
l'aveva cresciuto e poi abbandonato poco più che adolescente
senza
tante cerimonie.
Scacciò
quei malinconici pensieri e si tolse il cappello non appena si
ritrovò di fronte alla deliziosa villa di Violet stava per
aprire la
porta quando una donna della servitù l'aprì per
far passare un uomo
alto e possente.
-Oh …
Qual buon vento di porta qui, giovanotto?- domandò
quest'ultimo. -Si
direbbe che non conosci altri bordelli.-
L'istinto
di sferrare un pugno fu fermato dal grido di sorpresa e orrore di
Violet che, in vestaglia e con i capelli scompigliati, si
precipitò
verso la porta.
-Grant,
ti prego non farlo!- urlò aggrappandosi al suo braccio.
Lord
Everstone ritirò il braccio e si scostò
trascinando con sé la
donna.
-Credimi,
giovanotto, non ho fatto niente che la ragazza non abbia
disperatamente voluto.- sussurrò prima di uscire senza
congedarsi.
La cameriera chiuse con un forte schiocco la porta e si
dileguò
velocemente.
Grant
osservò i segni sul collo e sulle spalle che la pelle
diafana di
Violet aveva, gli occhi pieni di lacrime e le gote arrossate dal
pianto trattenuto e non poté fare a meno di abbracciarla.
-Oh,
Grant!- gracchiò lei. -Sei venuto!-
-Niente
avrebbe potuto allontanarmi da te. Niente.- disse con ardore mentre
la stringeva in un abbraccio.
-Oh,
Grant! Non ho fatto nulla, mi ha solo picchiato. Lui vuole …
-
Lui
scosse la testa e le tolse le ciocche arruffate dalla fronte. -Non
importa, sono qui e sistemerò tutto.-
Violet
gli strinse il bavero del cappotto offrendogli le labbra. -Anche se
hai una moglie?-
Per un
attimo Grant fu tentato di rispondergli affermativamente ma
l'immagine di Cathriona che dipingeva all'aria aperta con un grosso
cappello di paglia lo ammutolì. Preferì assaltare
la debole
avversione all'erotismo di Violet, sfiorando con una mano inguantata
i seni pieni.
-Sono
tua, sempre e solo tua.- mormorò lei fra un bacio e l'altro
mentre
lo trascinava in salotto. Grant si tuffò e
rovistò nella vestaglia
alla ricerca delle forme piene della sua donna. Non riuscirono
nemmeno a svestirsi completamente, calati i calzoni Grant la prese
sul divanetto, sfogando su quel corpo accogliente mesi di
frustrazioni e privazioni.
Quando
tutto finì e gli ansimi diventarono normali, Grant
notò che per la
prima volta aveva prediletto un amplesso ad occhi chiusi, ignorando
le mute richieste d'attenzione di Violet e agognando di vedere non
quei occhi chiari, bensì quelli scuri di sua moglie.
Si
allontanò di scattò, si scusò
prontamente con Violet dandole
appuntamento nel pomeriggio e fuggì da quella casa che era
stata
troppe volte teatro delle sue sconfitte morali.
La
sensualità carnale ed adulta di Violet era stata cancellata
dalla
purezza e dalla tenacia di quella giovinetta di soli diciannove anni,
il chiaro segno di quanto il mondo a lui famigliare si stava
sgretolando.
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Capitolo 10 *** Una Scelta ***
Capitolo X
Una
Scelta
Le scelte si fanno in pochi
secondi e si scontano per il tempo restante.
Paolo Giordano
Novembre stava volgendo al termine, l'aria fredda rendeva impossibile a
Cathriona passeggiare per ore lungo i sentieri del bosco intorno alla
casa; le sue membra si stancavano dopo pochi minuti e il fiatone le
mozzava il respiro.
Uno dei pochi piaceri della sua solitaria vita a Chester House doveva
essere presto dimenticato. Storse la bocca in una smorfia e si sedette
sulla panchina indicata dalla governante che la seguiva con
apprensione, munita di cestino.
-Milady, dovremmo tornare a casa. Inizia a fare molto freddo.- disse la
signora Musgrove mettendole sulle gambe una coperta calda e
rimboccandola come una bambina. Cathriona lasciò che la
donna la viziasse e si godette gli ultimi raggi del sole, era quasi
tentata di togliersi il cappello e lasciare i capelli sciolti sulle
spalle.
-La cuoca ha trovato gli ingredienti segreti per il buffet di Natale?-
domandò alla governante. La donna annuì con fare
burbero. -Eh sì, per fortuna che il giovane Oliver
è tornato proprio oggi a Londra con tutti gli ingredienti e
in grande quantità.-
Cathriona le sorrise annuendo. Aveva notato una sfumatura d'incertezza
nella sua voce e fece finta di nulla. Era diventata brava a mettere la
testa sotto la sabbia e preferire le chiacchierate sul tempo e sul
Natale in arrivo che affrontare la realtà.
Quando il marito le aveva parlato del suo viaggio ed era partito con
una certa fretta, Cathriona era stata contenta di avere qualche
settimana da passare da sola a cercare di analizzare i sentimenti
contrastanti che provava nei confronti di Lord Everstone.
Se alla prima lettera, lunga e dettagliata, aveva sentito e letto una
sorta di acerbo affetto; le cose erano cambiate velocemente quando dopo
poche settimane le lettere erano diventate sempre più scarne
per poi scomparire del tutto.
All'inizio del mese scorso, si era decisa a partire ma poi seppe che
l'anziano maggiordomo in pensione riceveva costantemente delle piccole
missive dall'erede di Chester House che s'informava sullo stato della
casa e sulle spese mensili.
Nessun accenno alla sua salute e alla sua persona a quanto pare venne
fatto intendere all'anziano maggiordomo. Il pover'uomo sembrava
incapace di comprendere il padrone che aveva servito da una vita e
veniva sovente a Chester House portandole le missive scarne di Lord
Everstone.
Cathriona scosse la testa levandosi un ricciolo scuro, d'altronde non
poteva certo aspettarsi molto da lui?
Era solo stata una breve illusione, quel desiderio di poter aver un
matrimonio quanto meno tranquillo. Per una volta aveva lasciato che il
suo cuore si sciogliesse al romanticismo e alla speranza, e di questo
Cathriona si sarebbe sempre sentita un po' ingenua.
Scacciò quei pensieri avvilenti ed appoggiò una
mano sul suo ventre gonfio e sorrise, aveva altro a cui pensare,
qualcun altro da amare.
Rientrò in casa mezz'ora dopo,trascinata da una sempre
più preoccupata governante che la obbligò a
dedicare l'intero pomeriggio al riposo e alla lettura di un romanzo
gotico seduta davanti al camino scoppiettante.
Le ci volle qualche minuto per accorgersi che il piccolo Oliver si era
avvicinato a lei portandole un poggiapiedi e un cuscino.
-Grazie mille, Oliver.- lo ringraziò lasciandolo sistemare
ogni cosa.
-Domani se è bel tempo, potrai imparare a cavalcare.
Avvertirò io gli stallieri.- gli disse con un sorriso.
Il piccolo Oliver era il terzo figlio del macellaio della
città e secondo tutti gli abitanti del villaggio era debole
di mente, ma Cathriona vi aveva visto un'anima gentile, quasi
visionaria dietro quella sorta di vena malinconica che traspariva dai
suoi occhi. Lo aveva assunto, ignorando le proteste della
servitù in casa e nei tempi morti gli introduceva allo
studio tecnico dell'arte e della grammatica.
Nei primi giorni aveva notato una certa ritrosia ad imparare tuttavia
la sua naturale curiosità emerse così come il suo
lato estroverso.
Cathriona covava, in segreto, l'idea che sotto quell'apparenza asociale
e timida si nascondesse un piccolo genio della pittura e
dell'architettura, il che spesso e volentieri le ricordava suo padre e
i collaboratori della Mafton Company, macchiando per un attimo il suo
umore con un po' di tristezza.
-Milady … Credo di aver fatto una cretinata.- disse il
ragazzo chinando il capo. -Io … Ho incontrato il
milord e … -
Cathriona si sedette meglio sul divano e cercò di anticipare
ciò che il ragazzo voleva confessare.
-Vai avanti, Oliver.- lo spronò pentendosi fin da subito
della crudezza con cui si era rivolta verso il ragazzino.
-Ho detto al Lord suo marito che aspetta un bambino … -
confessò con un filo di voce.
Cathriona impallidì all'istante e le ci vollero alcuni
minuti per rendersi conto che il giovanotto era scosso dai singhiozzi.
Gli fece cenno di avvicinarsi e lo abbracciò stretto a lei.
-Non ti preoccupare, Oliver. Vai a lavarti la faccia e torna in camera
tua a fare i compiti. Domani mattina passerai la giornata con gli
stallieri.-
-Non è arrabbiata con me, milady?- domandò
quest'ultimo alzando il viso e asciugandosi gli occhi con una manica.
Lady Everstone gli sorrise benevola, poteva anche essere una moglie
negligente e fredda ma il suo cuore si scioglieva di fronte al candore
dei fanciulli.
-Non ti preoccupare, non potrei mai arrabbiarmi con te. Ora
và, hai molto da studiare e fare prima di tornare a casa dai
tuoi genitori per Natale.- disse dandogli un buffetto sulla guancia.
Lasciò andare il ragazzino, respingendo l'insano impulso che
aveva di chiedergli quale fosse stata la reazione del Lord suo marito.
Violet si guardò intorno sbuffando.
La grande festa indetta da Madame Hollande si stava trasformando in un
tripudio di confusione, con fuochi d'artificio che stavano
bruciacchiando il giardino, bottiglie di champagne che rotolavano
vuote, gli antri della casa occupati da coppie in vena di
amoreggiamenti. Generalmente le dissolute feste in maschera di Madame
Hollande erano appuntamenti che attendeva con gioia, data la poca
presenza di donne che le permetteva di avere un crogiolo di
corteggiatori e ammiratori da sedurre per tutta la notte. Ma in
quell'occasione aveva voluto riservare ogni energia e arte seduttiva
per Grant che dal momento in cui erano saliti in carrozza non sembrava
dell'umore adatto nemmeno per uno scambio di battute.
Schivò una mano di un vecchio baronetto che tentava di
palpeggiarla e salò le scale verso il secondo piano dove
già molti si erano ritirati per la notte nelle diverse
camere, camminò lentamente per i corridoi sistemando la
maschera sul viso e origliò da ciascuna porta, ridacchiando
ogni qualvolta sentiva i gemiti degli amanti o i cigoli dei
letti. Aprì la porta di una stanza insolitamente silenziosa
e sospirò di contentezza quando vide Grant con la giacca
slacciata, seduto su una poltrona vicino al camino.
Le fece cenno di entrare e Violet chiuse la porta a chiave sorridendo.
Cercò di mantenere una sorta di freddezza mentre avanzava,
dato che da un po' aveva notato dei cambiamenti in Lord Everston.
Scostante e taciturno, poteva non rivolgerle la parola per ore e spesso
la prendeva in giro per cose ed aspetti che prima diceva di adorare. Le
criticava gli abiti, il modo di ridere, le amicizie, trovava qualcosa
da rimproverarle persino sul suo modo di fare l'amore: una volta era
troppo sfacciata, l'altra troppo chiassosa.
C'erano state alcune occasioni in cui Grant era stato villano e
violento, prendendola con forza e facendole volutamente male.
Ma la cosa che più la inquietava era il modo in cui le si
rivolgeva.
Violet non era più la sua amata, la sua cara. Violet era
diventata solo Violet.
Non c'era nulla di dolce prima del suo nome, nulla di gentile, nulla di
amorevole.
-Inginocchiati.- disse Grant secco bevendo l'ultimo sorso di liquore.
Le sorrise appena obbedì al suo ordine. -Abbassa il
corpetto, voglio vedere il tuo seno.-
Le mani di Violet tremavano per l'eccitazione e pregò che
quello fosse il preludio a un'intensa notte d'amore, era quello che le
serviva per tenere Grant intorno a lei prima che fosse troppo tardi.
-Striscia fino a qui e soddisfami.- comandò Lord Grant
slacciandosi le braghe.
Violet rimase interdetta per un minuto, con riluttanza
gattonò fino a trovarsi di fronte al suo uomo. Grant le
spostò le ciocche di capelli per avere una visuale maggiore
del suo seno e la prese per la nuca e l'avvicinò al suo
membro che spuntava eccitato dalle braghe.
La donna cercò di ribellarsi ma la salda presa e quella
strana espressione feroce che lo animava, spaventò Violet
che ubbidì ad ogni richiesta quella notte.
Non obiettò nemmeno quando lui la costrinse a prenderlo
dentro di sé mentre era del tutto impreparata, lacerandole
la carne o quando la morse più volte mentre raggiungeva
l'orgasmo.
Lasciò che abusasse del suo corpo e quando lo
sentì addormentarsi accanto a lei sorrise nel buio della
stanza. Poteva sopportare di venir trattata come una cortigiana
qualunque, Grant si sarebbe calmato e i suoi appetiti sarebbero tornati
alla normalità grazie ai suoi provvedimenti non si sarebbe
mai più allontanato da lei.
Cathriona Mafton poteva anche essere sua moglie agli occhi di Dio e
dello Stato ma solo lei lo avrebbe avuto veramente. Si passò
una mano sul ventre, presto gli intrugli che beveva avrebbero prodotto
un risultato regalandole il figlio di Lord Everstone e schiacciando
definitivamente quella scialba borghese dalla sua vita.
La carrozza partì non appena scese già e Grant
Everstone imprecò contro il cocchiere a nolo.
Entrò in casa di Violet e cercò di scuotere dalla
testa quell'annebbiamento dovuto al poco sonno e alla rabbia.
Doveva essere lucido. Doveva capire che cosa stesse succedendo.
Si era raccomandato di tornare a Chester House qualche settimana dopo
per godersi gli ultimi giorni di bella stagione con il cuore leggero
per aver sistemato gli affari e la strana situazione creatasi con
Violet.
Nei primi giorni era arrivato persino a pensare di congedarla per
sempre!
Tuttavia le cose si erano complicate fin dal primo giorno.
Il Duca d'Ulster sembrava veleggiare intorno a Violet Graham come un
avvoltoio impazzito. Era arrivato ad aggredirla in pubblico, durante un
piccolo ricevimento degli Hollande due mesi prima, il che gli aveva
fatto comprendere quanto amasse e tenesse a quella piccola donna
pestifera. Aveva sistemato gli affari con la banca, rimpinzando il
conto corrente dell'amante e poi si era deciso ad affrontare il Duca
che invece si rendeva irreperibile ogni volta oppure lo canzonava
ricordandogli il rapporto di amicizia che da sempre aveva con suo padre.
E suo padre, che ancora folleggiava in campagna a Chester House
stordito dall'alcool, in un piccolo casino di caccia lontano dalla casa
padronale, gli aveva scritto per intimargli di non dare fastidio agli
Ulster in nessun modo. Lui aveva ubbidito e lo aveva lasciato perdere
ogni volta, facendosi lisciare l'orgoglio da Violet e cercando
d'ignorare la grossa frustrazione nel non ricevere lettere dalla
moglie.
Si era impegnato tanto nello scriverle ogni giorno qualche aneddoto
cittadino e le prime volte aveva ricevuto da lei dettagliati resoconti
sulla casa e sui quadri che stava dipingendo per il soggiorno privato.
Si era ritrovato ad immaginarla seduta su uno sgabello con uno scialle
sulle spalle e il pennello in mano mentre disegnava con precisione
paesaggi lunari, campagne deliziose ed imponenti ritratti, con il suo
sguardo serio e concentrato.
Ma le lettere erano prima diventate rare e frugali e poi scomparvero
del tutto.
Lui scriveva e lei non rispondeva.
All'inizio si era convinto che stesse male ma il suo amministratore
riceveva le lettere settimanali dal suo maggiordomo anziano, da quello
giovane e persino dalla governante. Tutti raccontavano che Lady
Cathriona godeva di ottima salute e si dedicava alla pittura e alla
lettura. Aveva persino organizzato un ricevimento settimanale con le
mogli dei più ricchi del villaggio per decidere come aiutare
le famiglie bisognose della zona.
Prese molto male il brusco modo con cui sua moglie gli aveva voltato le
spalle, ma proprio quando si era deciso a farsi consolare per sempre da
Violet cercando una nuova dimora per la sua concubina; un garzone
proveniente da Chester House gli aveva sconvolto i piani.
Il giovanotto, dinoccolato e con le orecchie a sventola, si era
presentato in casa sua quella mattina come il figlio del macellaio
Dennison. Diceva di lavorare da poco nella casa padronale
come tuttofare e di essere stato assunto da Lady Everstone.
-Milord! Ho una cosa da dirle.- gli disse con un vocino flebile.
Grant lo invitò a parlare con un cenno brusco. Il ragazzo
prese un forte respiro. -Siamo tutti molto … Vorremmo sapere
quando tornerà a casa. Per festeggiare con Lady Everstone.-
gracchiò il ragazzino.
-Ovviamente ritornerò in tempo per le celebrazioni
natalizie, ragazzo.- disse Grant, irritandosi per il rimprovero e
provando l'impulso di sbattere fuori casa quell'insolente.
Oliver aggrottò la fronte e lo fissò cupo.
-Milord, mi scusi. Volevo solo portare la notizia a milady,
così smetterà di preoccuparsi.- disse il
ragazzino. -E che sta male e comincia ad essere grossa … -
-Grossa? Malata?- domandò confuso il nobile, trovando
difficile comprendere il quadro generale dato il forte accento popolano
e il balbettio continuo.
-Secondo mia madre nascerà alla fine della primavera.-
Quello che fece dopo, non lo ricordava. Sapeva solo che tutti quegli
strani presentimenti e quel senso di stordimento che provava da
settimane, acquistarono finalmente un senso logico.
Era stato fregato nel modo più idiota. Nel modo
più becero. Nel modo più semplice.
Una volta dentro la silenziosa casa di Violet, cercò in
tutti i cassetti dei mobili, fino a quando trovò un piccolo
scrittoio chiuso, lo spaccò gettandolo a terra e fra le assi
notò fin da subito la ferma e decisa scrittura di Cathriona.
Si sentì male più volte mentre leggeva
freneticamente le diverse e lunghe lettere che passavano
lentamente da allegre missive a malinconiche lettere di racconti vuoti,
fino a concludersi con le poche secche righe con cui gli annunciava di
aspettare un figlio e che la gravidanza sembrava procedere bene.
Lo invitava a tornare per Natale, annunciandogli inoltre che aveva
convinto il padre a presentarsi, di non preoccuparsi di nulla
perché lei era riverita e coccolata dalla servitù
e dal villaggio.
Cacciò la lettera in tasca e uscì senza curarsi
di chiudere la porta. Doveva fare chiarezza in sé, capire
cosa volesse veramente e sistemare i conti in sospeso con quella vipera
sibillina che nuovamente lo aveva danneggiato.
Salì sulla prima carrozza che passava e mentre attraversava
una Londra ancora addormentata, strinse quella preziosa lettera.
Il silenzio del pomeriggio venne rovinato dai colpi alla sua porta. Di
solito nessuna persona osava disturbarla quando ritornava dalle feste
in maschera di Madame Hollande. Mentre si alzava con ancora indosso la
vestaglietta coordinata con l'abito rosso che aveva indossato,
pensò che i suoi camerieri cedeva troppo spesso al dramma.
Aprì la pesante porta, girando la chiava in ottone, e si
ritrovò a fissare gli occhi chiari di Grant.
-Caro ...- non fece in tempo a finire di dire la parola, che un
violento schiaffo la fece cadere a terra. Stordita dal colpo, confusa e
spaventata, sentì due mani forti trascinarla lungo la stanza
per poi lasciarla a terra vicino alla toletta. Con la testa che
rimbombava e una mano premuta sulla guancia, notò lo sguardo
infuriato di Grant e deglutì bile d'angoscia.
-Come hai osato interferire con la mia vita?- disse sibillino Grant.
-Come hai osato ricattare i miei domestici per contraffare la mia
posta?-
Violent scosse la testa, tentando di parlare, ma Grant la prese per un
polso, avvicinandola a sé. -Come hai osato nascondere le
lettere di mia moglie? Di mia moglie!- il secondo schiaffo fu meno
forte del primo ma la lasciò comunque sgomenta e pallida.
Tentò di coprirsi mentre sentiva le mani di Grant alzarle la
vestaglia.
-Guardati … sei solo una sgualdrina.- le
urlò. -Cos'é avevi paura di non vedermi
più una volta sposato?-
-No, ti prego Grant!- gracchiò Violet scossa dai singhiozzi
mentre sentiva la stoffa lacerarsi. -Non volevo! Io ti amo!-
Le mani di Grant si fermarono improvvisamente. -Mi ami, eh? Mi amavi
anche quando ti chiesi di aspettare un anno perché non ero
pronto a sposarmi? Mi amavi anche quando ti facevi toccare dal Duca,
vero?-
-Ti amavo, ti amo ancora Grant! Lui mi ha preso con la forza!-
gridò Violet allontanandosi dall'uomo, strisciando verso il
letto.
Grant rise quasi istericamente. -Certo, giusto! Mi ero dimenticato
della presunta violenza, dimmi quando mi hai spinto nelle braccia della
borghese scialba che dormiva nella stanza sbagliata, era amore vero?-
-Io … Eravamo ubriachi me ne sono penti
… -Un altro schiaffo la fece tacere, sgomenta
Violet si raggomitolò su sé stessa.
-Mi amavi anche quando hai ordito questo piano assurdo? Non dirmi che
volevi solo prenderti gioco di lei! E' me che stai rovinando!-
gridò Grant allontanandosi di qualche passo.
Si guardò le mani e si pentì di aver usato
violenza, la sua parte razionale stava morendo.
Si avvicinò alla porta e si voltò a fissare la
donna che fin da giovane pensava di amare, la ragazza dalla risata
facile, il sorriso contagioso, i seni voluttuosi, l'ardore di una donna
di piacere.
Che cos'era successo a quella ragazza? Perché si era sempre
visto come il cavaliere dall'armatura brillante che non era riuscito a
salvarla?
Per anni si era incolpato di non averla sposata da subito, preferendo
ascoltare il consiglio della sua famiglia a non impegnarsi e a prendere
un anno di pausa prima di proporsi ufficialmente. Ricordò di
averle regalato un anello in oro e brillanti da indossare sulla mano
destra in attesa di spostarsi in quella sinistra. E poi, quando era
tornato a bussare a casa dei Graham, si era trovato di fronte a una
donna che piangendo gli raccontava della violenza subita da quello che
considerava un buon patrigno. Da quel momento si era
incolpato di ogni cosa e Violet aveva sempre avuto una spalla su cui
piangere, un corpo caldo con cui rannicchiarsi e un assegno con
l'inchiostro ancora fresco per ogni esigenza.
Forse suo padre aveva ragione.
La signorina Violet Graham era una donna che avrebbe dovuto
evitare fin dal primo giorno.
Cathriona fece riverenza non appena suo suocero si presentò
alla sua porta.
L'uomo ignorò tale consuetudine per stringerla in un
abbraccio goffo, aveva appena ricevuto una sua lettera che lo avvisava
della lieta novella.
-Mia dolce nuora, dovresti stare seduta.- disse il Marchese Henry
Everstone. -Andiamo nel salotto blu, così converseremo un
po'.- disse ricambiando il suo sorriso.
-Come ti senti, mia cara? Hai le nausee? Oppure ti senti intrattabile?-
chiese il Marchese sedendosi accanto alla nuora e lasciando che lo
sguardo vagasse per la stanza. Annotò con piacere i pochi ma
importanti cambiamenti approntati. Il ritratto di sua moglie stava
sopra il camino, imponente e regale, ma la nuova cornice, semplice e di
buon legno, donava al dipinto una sorta di freschezza.
-Volete del tè?- chiese Cathriona porgendogli una tazza.
-Ma certo cara.- rispose il suocero, gustandosi la calda bevanda, si
domandò come fosse possibile che suo figlio si fosse perso
nei meandri di Londra, invece di godersi di una bella casa padronale,
una moglie gentile e un figlio in arrivo.
-Siete contenta del dottor Gregson?- domandò cercando di
leggere qualche emozione su quel viso impassibile.
Cathriona gli sorrise e si chinò a prendere una pila di
fazzoletti ben piegati. -E' molto competente e gentile. Ed è
anche pulito e profumato, ci tiene ad essere una persona amabile.-
rispose compita Cathriona dividendo la pila in due.
Il Marchese la fissò con un sorriso bonario sul volto.
-Avanti mia cara, lasciamo la diplomazia da parte. Come ti sembra
questo dottore? Io conoscevo il padre e lo zio, due medici stimati ma
dalle idee antiquate e sempre in lite fra loro.- raccontò
beandosi per un attimo dei vecchi ricordi di gioventù. -Ma
ricordo come mia moglie si sia sentita serena solo all'arrivo di sua
sorella Lady Diane, e dalla levatrice del paese.-
-Una levatrice?- chiese speranzosa Cathriona. -Ho chiesto alla signora
Musgrove se ve ne fosse una al villaggio ma mi ha risposto che l'unica
levatrice rimasta ha una certa età e la vista rovinata.-
Henry Everstone tentò di reprime una piccola risata.
Com'era facile prendersi cura di una creatura così modesta
come quella di sua nuora! Non aveva l'aria altezzosa e capricciosa
delle tante ragazze che debuttavano ogni anno a Londra, né
la loro superbia o il loro conformismo.
Due settimane prima, l'aveva accolto con tutta la servitù in
atrio, indossando solamente un abito da passeggio dal taglio vecchio ma
comodo e un sorriso di circostanza. Non aveva cercato di conquistarlo
con moine o ingiustificato affetto. Quando le presentò la
sua amante, si occupò delle esigenze di entrambi preparando
una stanza per la signora e rivolgendosi a lei con il dovuto rispetto.
Non era stato contento nel sapere che suo figlio si era ritrovato
maritato con una donna di basso lignaggio e con un fratello che portava
in dote solo debiti; ma in quei giorni si era ricreduto. Cathriona
Mafton in Everstone era una donna di polso, profondamente rispettosa e
laboriosa. Non vi era giorno che non si dedicasse alla casa, ai
domestici o agli ospiti.
-Allora, sarete ben contenta nel sapere che il vostro suocero vagabondo
vi ha trovato una levatrice con ottime referenze. Una donna scozzese
che ha sposato un medico molto ricco e pratica da tempo
l'attività, vivono nella contea dei Conti Spencer ma si sono
già detti contenti di prestarcela.-
Cathriona lo guardò stupita. -L'avete già
contattata?-
Il Marchese le diede un buffetto sulla guancia. -Non ho mai avuto il
piacere d'incontrare vostro padre ma Lord Patrick ne ha sempre parlato
così bene che non potevo non sforzarmi di comportarmi in
modo onorevole e premurosi nei vostri confronti.- le passò
il piattino con i biscotti. -Questa gravidanza deve essere un momento
tranquillo per te. Dopo tutto quello che hai già passato, mi
sembra il minimo.-
Le parole del Marchese colpirono al cuore, si disperò nel
notare lacrime scendere sul viso ordinario della nuora, ma quando vide
spuntare un sorriso fra quelle labbra sottili, seppe di aver sciolto un
po' quel suo cuore ruvido e stanco.
Appena rientrato nel casino di caccia dove trascorreva la maggior parte
del tempo, avrebbe scritto a suo figlio.
-Dovresti uscire da questa topaia. Hai bevuto, dormito e fatto casino
per troppo tempo.-
Sir James Pierce se ne stava in piedi nei pressi della porta della
camera da letto, con un giornale in mano.
Grant rispose con grugnito e si girò per continuare a
dormire. Il mal di testa lo stava uccidendo e la luce del sole lo
infastidiva. Ebbe la forza di tenere un cuscino sul viso mentre sentiva
l'amico trafficare nella sua stanza.
-Hai presento quel giornale per pettegole e damerini?- chiese Sir
Pierce gettandogli il mensile. -Quel che leggerai non ti
piacerà assolutamente.-
Lord Everstone si alzò frettolosamente cercando di prendere
la pagina del giornale che gli era stata lanciata, ma la fretta con cui
si alzò fu il colpo di grazia e si gettò invece
alla ricerca del pitale dove rigurgitò molti litri di alcool.
Sir James Pierce fece una smorfia di fronte ai tumulti gastrici
dell'amico e si allontanò velocemente gridandogli di
scendere nel salotto.
Ci vollero ore, prima che Grant fosse in grado di camminare dritto,
un'abbondante colazione e un veloce bagno freddo gli avevano schiarito
le idee. Ma il motivo che lo aveva definitivamente spinto fuori dal
letto fu la lettura del piccolo trafiletto dove una certa Madame H.
denunciava la storia illecita e gli abusi fisici che una giovane donna
aristocratica nubile subiva da un uomo altrettanto nobile ma appena
sposato con una donna di ceto basso.
Lo scandalo non stava tanto nella violenza fisica contro una donna ma
chi la esercitava. Un uomo al di fuori della famiglia.
Un brivido freddo gli percorse la schiena. Grant incontrò lo
sguardo preoccupato di Pierce.
-Questo giornale arriva fino a Chester House, vero?-
-Ebbene sì. Se guardi la data è vecchio di due
giorni. E' in viaggio verso la tua dimora, assieme ad altri giornali,
come tutte le seconde settimane di Dicembre.- disse James Pierce con
tono impensierito. -La cosa brutta e che questo inserto viene
generalmente inserito inseme a quelli sull'arte e sulla moda femminile.-
Il cuore di Grant si fermò per un lungo momento. -Cathriona
potrebbe leggerlo nel giro di due giorni.- biascicò a causa
della gola secca.
Sir Pierce annuì gravemente e Lord Everstone si
lasciò cadere sulla poltrona, si passò le mani
sul viso e imprecò sommessamente.
-Non è grave, amico mio. Forse non si metterà
nemmeno a leggerlo.- cercò di rincuorare l'amico e collega,
a disagio per il modo in cui Lord Everstone stava impazzendo. -Anche se
lo leggesse, non è detto che si scandalizzi o si renda conto
di chi si sta parlando.-
Grant alzò gli occhi sull'amico e lo fissò
lungamente il panciotto marrone, senza mettere a fuoco a dovere. -E'
incinta, James. Incinta.- sussurrò. -E se dovesse sentirsi
male leggendo quella porcata, potrebbe perdere … potremmo
perdere il bambino … -
A quelle parole, Sir Pierce sbiancò e si alzò
allacciandosi i bottoni della giacca.
-Hai solo una cosa da fare.- disse quasi urlando. -Devi alzarti e
metterti in viaggio subito!-
Grant chiuse gli occhi cercando di contrastare la nausea. Non aveva
altri modi per rimediare; doveva correre a casa e cercare di impedirle
di leggere quel giornale e riuscire a spiegargli cosa gli aveva preso
in quei mesi.
Da troppo tempo era rimasto diviso da due donne e situazioni diverse
fra loro, ora doveva scegliere ciò che era meglio per lui: Cathriona.
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