Tokyo hime e il suo ninja di Joy B Cheshire (/viewuser.php?uid=450317)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno invernale come tanti...o quasi. ***
Capitolo 2: *** Messaggi, dubbi e insolita routine ***
Capitolo 3: *** Un lunedì da dimenticare... ***
Capitolo 4: *** Studente nuovo in auditorium ***
Capitolo 5: *** Nuove prospettive... e oscuri segreti ***
Capitolo 1 *** Un giorno invernale come tanti...o quasi. ***
Una
gelida mattina d'inverno. Erano le sei
del mattino. Pucca aprì lentamente gli occhi ancora un po'
assonnata. Un
piccolo fiocco di neve le si era posato sulla punta del naso, che
sporgeva
appena da sotto il piumino. Alzò leggermente il capo e vide
che la finestra era
aperta, perciò entravano i fiocchi di neve portati da un
leggero
vento. Quella mattina la scuola era chiusa per cui sarebbe
volentieri
rimasta a dormire, ma il fiocco di neve sul naso l'aveva svegliata da
un sogno
molto strano e confuso di cui ricordava solo questo: si trovava ai piedi di un
ciliegio in fiore, cosa già di
per sé strana considerato il gelo di quei giorni, con
addosso un kimono
tradizionale rosso e dorato. Mentre si rilassava ammirando quegli
splendidi
fiori appoggiata al tronco dell'albero, a un tratto sentì
una voce estranea che
la chiamava. Abbassò lo sguardo e vide un guerriero che
portava una katana con
sé; non riuscì a vederlo in faccia, ma ricordava
di
aver sentito queste parole:
«Non preoccuparti,
aspettami! Io ti proteggerò... Sempre!»
Ed
è stato a quel punto che lei si era
svegliata. Si alzò si mise la vestaglia e andò a
chiudere la finestra. Guardò
fuori e abbozzò un sorriso vedendo la bellissima Tokyo
coperta da un manto
bianco. Eh già! Tokyo! Era, da quattro anni ormai, diventata
casa sua, e non si
pentiva di preferire questa alla sua vecchia casa.
Se
ne andò da Sooga quando aveva 12 anni,
perché delusa da coloro che credeva fossero suoi amici.
Tutto cominciò quando
il suo amato Garu un giorno scomparve senza lasciare traccia. Lei, che
era
sempre stata in grado di trovarlo in qualsiasi situazione, quella volta
in
assenza di qualsiasi indizio per quanto cercasse non riusciva a
trovarlo da
nessuna parte e stava quasi per perdere le speranze. L’ultimo
tentativo che
fece fu quello di chiedere a chiunque se l’aveva visto o se
sapeva dove fosse
andato. Quando infine chiese aiuto a Ching, la sua migliore amica, lei
a
malincuore le raccontò che qualche giorno prima lei e Abyo
avevano saputo,
tramite gesti ovviamente, da quel ninja che due mesi prima aveva
cominciato a
fare delle ricerche e aveva scoperto dei delitti commessi da alcuni
membri
della sua famiglia. Questo aveva portato un grande disonore al suo clan
ninja,
e per porvi rimedio aveva deciso di intraprendere un lungo viaggio in
esilio volontario.
Disse loro che non poteva espiare quelle colpe avendo sempre attorno
continue
distrazioni, dato che ci aveva già provato invano. Ching non
aveva fatto nomi,
ma era evidente che le "distrazioni" a cui alludeva erano i continui
inseguimenti di Pucca. Il fatto che lei non gliel’avesse
detto l'aveva ferita
gravemente. Per un po' si disperò per la mancanza di Garu,
non sapendo quando e
soprattutto SE sarebbe tornato. Ma poi si convinse che piangersi
addosso non
era la soluzione. Con questo gesto il ninja le aveva fatto capire una
volta per
tutte che non era minimamente interessato a lei, e una persona
così, non
credeva nemmeno lei di averlo pensato, non meritava tutte queste
attenzioni.
Era arrivato il momento di cambiare vita. Chiese ai suoi zii se poteva
trasferirsi dai suoi parenti a Tokyo per studiare e loro le dissero
che, se
quello era ciò che desiderava, avrebbero fatto qualsiasi
cosa per realizzarlo.
Così andò a vivere dalla famiglia di una sua
cugina di nome Saki. All'inizio
era un po' timida, ma poi lei e la cugina diventarono grandi amiche,
frequentarono la stessa scuola e quando Saki divenne maggiorenne con
l'aiuto di
suo padre aprirono un locale tutto loro e si trasferirono
nell'appartamento al
piano di sopra. Siccome Pucca aveva ancora 16 anni continuava ad andare
a
scuola, che pagava con parte degli incassi del ristorante. In cambio
svolgeva
qualche commissione per la cugina, la aiutava servendo ai tavoli e ogni
martedì
e venerdì sera preparava gli spaghetti jajang come piatto
del giorno e avevano
un successo strepitoso. Alla sua vecchia vita ci ripensava poco, ma
quando
succedeva la prima domanda che le balenava in mente era: dove
sarà andato Garu
da quel giorno? Ma raramente si soffermava perché le faceva
venire una fitta al
cuore pensarci.
Quella
mattina si soffermò a guardare la
neve cadere. Aveva una stranissima sensazione riguardo a quel giorno,
ma non ci
diede tanto peso. Dopotutto la sua routine raramente aveva bruschi
cambiamenti,
perciò cosa poteva esserci di diverso quel giorno?
Andò
a prepararsi la colazione composta da
toast con la marmellata, taiyaki farciti con anko e té
verde. Mentre tutte
queste cose si riscaldavano, andò a svegliare la sua
"onee-chan"
Saki: «Onee-chan! È ora di alzarsi! Sto preparando la
colazione.... Onee-chan?»
«Mmmmmh
lasciami dormire Pucca sono le 6 del mattino, porca miseria!» ribatté l'altra con la
faccia nel
cuscino.
Allora
lei disse: «Va bene, vorrà dire che
mi mangerò
tutti e due i taiyaki che sto scaldando...»
Saki
in un attimo agguantò la cugina per la
spalla e le disse: «Eheheh...
Mannaggia a te, mi conosci troppo bene ormai! Alla fine riesci sempre a
farmi
alzare in qualche modo eh?»
Pucca si mise a ridere. Poi corsero in cucina per evitare che i toast e
i
dolcetti bruciassero.
Mentre
mangiavano Saki diede una lista di
commissioni da svolgere durante la mattina alla cuginetta. «C'è da fare la spesa, da
ritirare
i panni in tintoria e ho bisogno di tre pacchi da 5 chili di riso per
il
ristorante. Ieri sera ti ho preparato la lista della spesa e sul
tavolino
vicino alla porta ci sono le chiavi e i soldi per tutte queste cose. Io
devo
mettere in ordine qua dentro e verso le 11 andare ad aprire il locale
in modo
da mettere a lavorare quei lavativi dei camerieri per pulire e iniziare
a
preparare. Se poi quando torni non hai voglia di cucinare a casa da
sola vieni
giù che ti lascio da parte qualcosa, ok?» Disse strizzandole l'occhio e
sorridendo.
«Tutto
chiaro nee-chan. Però, il pomeriggio pensavo di andare a
fare una passeggiata
con Yomi....»
aggiunse la ragazza un po' titubante.
Dipendeva
infatti da ciò di cui aveva
bisogno Saki. Essendo maggiorenne in casa comandava lei.
«Mmmm» fece riflettendoci su un attimo «non credo di aver bisogno di altro
oggi. Ma sì! Oggi ti sei meritata un bel pomeriggio di svago
con le tue amiche.»
Pucca
felicissima chiese: «Davvero onee-chan?»
«Certo!
Però domani sera dovremo servire spaghetti jajang e
avrò bisogno della
supervisione della regina delle pentole!» rispose sorridente lei mentre si
accendeva una sigaretta.
«Grazie
Saki! Domani te ne preparo un quintale di spaghetti!» disse lei saltandole al collo e
ridendo.
Così,
dopo essersi messa un bel vestitino
rosso scuro, dei leggins bianchi pesanti, sciarpa, guanti e cappello
rosa, un
cappottino grigio con del finto pellicciotto nel cappuccio e degli
stivaletti
che facevano pendant con quest'ultimo, Pucca uscì con un bel
sorriso stampato
sulle labbra e i lunghi capelli sciolti che ondeggiavano nel vento
leggero. Gli
odango non li portava quasi più. Solo ogni tanto ricreava
quei buffi pon pon
con i capelli per non averli davanti agli occhi o quando doveva
studiare o
quando doveva cucinare. A volte quando stava da sola senza nulla da
fare.
Per
prima cosa decise che era più
conveniente andare a prendere i capi dato che la tintoria era proprio
dietro
l'angolo. In questo modo non avrebbe avuto l'impiccio di portarsi
dietro tutti
quei vestiti lasciandoli nell'ingresso. E così fece.
Poi
si incamminò verso la fermata del tram.
Vicino casa sua c'era un supermercato, ma a lei piaceva andare al
più grande
mercato del pesce di Tokyo: il mercato Tsukiji, che era un po' lontano
da casa
sua, ma per avere il pesce più fresco del mondo e prodotti
di qualità ne valeva
sicuramente la pena. Arrivata lì si mise gli auricolari e
iniziò ad ascoltare
la sua playlist di brani occidentali preferita. Cominciava con una
canzone che
amava ascoltare mentre andava in giro per la città: Rather
Be dei Clean Bandit.
Era
felicissima all'idea che sarebbe andata
a fare compere con Yomi, eppure non riusciva a levarsi di dosso quella
stranissima sensazione che l'aveva accompagnata sin da quando si era
svegliata.
Era sicurissima che la sera prima aveva chiuso per bene la finestra,
allora
perché era aperta e si sentiva un odore che le sembrava....
familiare...? Era maschile,
ne era certa. Vivere con tre uomini per dodici anni ti porta a
conoscere molto
bene l'altro sesso. Aveva paura che fosse entrato un maniaco....
Sciocchezze!
Probabilmente Saki nel sonno
l'aveva aperta.
Eppure
al mercato non riusciva a essere
completamente rilassata, si sentiva continuamente osservata. Nonostante
ciò
fece la spesa per sé e per il ristorante al ritmo dei Linkin
Park, dei Coldplay
e dei Gorillaz (mini nota d’autrice: abbinamento strano lo so
:P). Per
riportare tutta la spesa, compreso i pacchi di riso da 5 chili. Pucca
non fece
alcuna fatica. Era abituata già da tempo e, solo
perché non combatteva più
contro i ninja di Sooga, non significava che avesse perso la sua forza.
Fortunatamente
tornata a casa l'ansia
svanì. Dopo aver portato il riso al ristorante si
fermò a mangiare un boccone e
a chiacchierare con la cugina.
Dopo
pranzo chiamò Yomi e le chiese se le
andava di andare a fare compere e a mangiare qualcosa e lei
accettò.
Verso
le 17 si incontrarono davanti al
ristorante e andarono insieme a prendere la metropolitana.
Pucca
le raccontò di come si era sentita
osservata quella mattina. Yomi le disse: «Secondo me ti preoccupi troppo.
Stai tranquilla, se vedo qualcuno
di sospetto, ce ne andiamo subito, e se persiste chiamo mio fratello
e...»
«No,
Yomi!» ribatté Pucca «Se vedi qualcuno di sospetto, me
lo indichi e io lo distruggo. Così la prossima volta impara
a non pedinare le
ragazzine!»
«O-ok...» disse Yomi sorpresa. «Ora però non pensiamoci.
Pensiamo
a cosa andare a comprare.»
Andarono
a fare compere. Mentre Yomi voleva
comprarsi quasi tutto ciò che c'era nel negozio a Pucca non
piacevano molto
quei vestiti. Erano troppo dark per lei, mentre per Yomi quel negozio
era il
paradiso. Uscì carica di buste. Pucca non volle comprarsi
nulla. Si prese
direttamente un milkshake ad un bar dopo aver girato altri tre negozi.
Lei e la
sua amica passeggiarono per un po' ridendo e scherzando. Ogni tanto
Pucca
chiedeva se qualcuno le stava seguendo, ma Yomi non vedeva mai nessuno.
E
continuava a ripeterle che doveva stare tranquilla, ma lei ne era
sicura:
qualcuno le seguiva.
Alle
19.15 Yomi doveva tornare a casa e in
effetti anche lei doveva andare, oggi le toccavano le consegne a
domicilio
della sera.
Scese
dalla metropolitana si salutarono e
tornarono ognuna a casa propria.
Quella
sera non arrivarono tante
ordinazioni a domicilio. Verso le 22 arrivò un ordine che
veniva dall'altra
parte della città. Pucca prese lo scooter e
sfrecciò per le vie della città.
Arrivata all'indirizzo da cui avevano chiamato, si accorse subito che
la zona
era poco illuminata, infatti c'erano vicoli bui ad ogni angolo, e non
girava
un'anima per strada. Per fortuna doveva consegnare a un appartamento al
1°
piano, almeno sarebbe entrata e uscita velocemente. Effettuata la
consegna il
più in fretta possibile corse a prendere lo scooter, ma...
Le avevano rubato le
ruote... "Fantastico!" Pensò "E adesso?!" Chiamò
al
ristorante la cugina. «Saki!
Ma che cazzo! Potevi controllare prima di mandarmi in questa zona
orrenda! Mi
hanno fregato le ruote allo scooter! Come faccio a tornare adesso?!» Gridò lei spaventata.
«Pucca
calmati!» Le rispose lei «Fai un bel respiro e vai verso un
punto più sicuro. Ripercorri mentalmente la strada che hai
fatto...zzzzz
vaizzzznti non ferzzzzzzzz»
«Saki!
Saki!! No! Non può essere! Aaaaah cazzo! La
linea… D'accordo Pucca c'è la puoi
fare, respira. Ora muoviti, cerca di ricordarti la strada...» Si disse cercando di
calmarsi.
Non
si riconosceva nemmeno lei in quella
ragazzina timida e impaurita, ma arrivata a Tokyo nella scuola nuova
era stata
presa in giro da molti suoi compagni per i suoi atteggiamenti. Si era
semplicemente adeguata a quella situazione eliminando la sua esuberanza
infantile. E insieme ad essa la sua sicurezza.
Comunque
cominciò a ripercorrere a piedi la
strada che aveva fatto. Dopo un po' iniziò a vedere dei
gruppetti di ragazzi
sbucare dai vicoli che la seguivano con occhi minacciosi. Lei allora
alzò il
passo. A un certo punto si ritrovò circondata.
«Bene
bene! Guarda un po' che abbiamo qui! Una topolina di città...» disse uno di loro riferendosi
agli odango che Pucca si era fatta ai capelli per le consegne. «Che ci fa da queste parti una
bella topolina come te, eh? Non è che sei venuta in cerca di
una bella
salsiccia da assaggiare?»
aggiunse un altro facendo un gesto che alludeva a un pompino.
Pucca
all'inizio era troppo spaventata per
rispondere poi alla vista di quel gestaccio non seppe trattenersi e
iniziò a
menare calci e pugni acrobatici a quei manigoldi. Era un massacro: a
uno
volavano via i denti, un altro sputava sangue per terra per via dei
calci nello
stomaco, un altro ancora si piegò in due dopo aver ricevuto
un calcio
schiaccianoci sui gioielli di famiglia e altri quattro colpi in faccia
che gli
avevano rotto il setto nasale. Ma sfortunatamente erano troppi anche
per lei è
in un attimo gli altri le furono addosso. Iniziarono a strattonarla da
una
parte all'altra e a strapparle i vestiti e a tirarle i capelli. Lei
gridò aiuto
con tutta la forza che aveva con le lacrime agli occhi.
A
un certo punto si sentì il rumore di uno
sparo. Gli aggressori si fermarono e si girarono in direzione del
rumore.
Videro un giovane uomo vestito con un impermeabile, dei pantaloni e
mocassini
tutti neri. I capelli erano lunghi fino alle spalle, neri e spettinati.
Quei
ragazzacci non ebbero nemmeno il tempo di capire chi fosse che quello
aveva già
sfoderato una bellissima katana dalla lama nera e li aveva tutti messi
k.o. con
due colpi non letali.
Pucca
ancora esterrefatta era rimasta in
ginocchio per terra con i vestiti strappati e gli odango disfatti.
Lo
sconosciuto allora iniziò a parlare: «Si può sapere cosa avevi
in mente
di fare?!»
«Eh?» Disse per tutta risposta Pucca
che ancora non ci capiva nulla.
«Volevi
farti ammazzare?»
Gli chiese lui in tono di rimprovero.
Pucca
abbassò lo sguardo e non rispose.
«Vabbè,
non fa niente. Ormai è andata così. Ora
c'è una cosa più importante che devo
chiederti.» Disse aiutandola ad
alzarsi.
«Ci
conosciamo?»
chiese lei titubante.
«Beh
direi di sì.»
Disse lui con un sorrisetto. La sua voce era calda, sensuale e
lievemente
rauca.
Dato
che erano sotto un lampione Pucca
riuscì a vederlo meglio. Aveva dei guanti rossi e un
bellissimo viso dai
lineamenti leggermente squadrati, ma lo stesso tempo molto giovanili;
gli occhi
erano profondi e neri, aveva un orecchino a sinistra e dietro le
orecchie
spuntavano due piccoli codini fatti con dei nastrini rossi...
Pucca
nel vederli sbarrò gli occhi. Non
c'erano dubbi, solo una persona portava quei codini e avrebbe tanto
voluto che
non fosse lui.
Ancora
in preda allo stupore balbettò: «G-Garu?!»
Lui
le mostrò un sorrisetto malizioso e le
disse: «Ciao Pucca! Ti sono
mancato?»
Angolo
dell'autrice:
Salve
a tutti,
questa
è la mia prima fic su Pucca, e volevo che fosse speciale.
Fatemi sapere se vi
piace e cosa ne pensate. Tengo molto al parere di chi legge.
Appuntamento alla
prossima settimana! *w*
From
abyss with love
Joy
B Rabbit
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Capitolo 2 *** Messaggi, dubbi e insolita routine ***
Pucca era
senza parole. Era lì in piedi sotto la luce del lampione a
guardare con occhi sgranati il ragazzo che aveva davanti. Non poteva e
non voleva crederci. Non era possibile che il ragazzo che quattro anni
prima l'aveva fatta soffrire così tanto adesso fosse
lì in piedi davanti a lei. Dopo qualche attimo di silenzio
si fece coraggio e col cuore in gola chiese: «Garu...?
Ma sei veramente tu?»
«Sì, Pucca.-Disse
lui accennando un sorrisetto malizioso.- Sono proprio io.»
«M-Ma
che cosa ci fai tu qui?» Chiese lei indietreggiando
spaventata di qualche passo.
«Beh...
È una storia abbastanza lunga...» Disse il ragazzo
distogliendo lo sguardo un po' imbarazzato.
Pucca lo
guardò attentamente. Era cambiato, su questo non c'era il
minimo dubbio. Non solo l'aspetto, sembrava diverso anche
nell'atteggiamento: era più estroverso e spontaneo, anche se
conservava ancora il solito orgoglio da ninja, per il quale provava
vergogna per qualsiasi cosa considerata immeritevole per il suo codice.
Dedusse quindi che non era lì per affari da
ninja,
dato che dopo la sua domanda era diventato rosso in viso e non la
guardava in faccia. “ ‘È una storia
lunga’, tipica scusa
che usano tutti. Caro mio, non
mi basta sentirti dire questo.... Un attimo: SENTIRTI DIRE?! DA QUANDO
GARU PARLA?!” Pensò la ragazza sempre
più confusa. Mille domande si affollavano nella sua testa
turbinando, ma quelle che fece erano, secondo lei, le più
importanti in quel momento. Gridò in un impeto di
rabbia e sgomento: «Ma dico:
scherziamo? Prima te ne
vai senza
neanche venirmi a dire in faccia il motivo. Pronta
a farmi una nuova vita me ne vado e trovo la città dei miei
sogni: Tokyo! E poi quando tutto è perfettamente normale e
non potrebbe andare meglio, spunti
tu dal passato per rovinarmi di nuovo la vita?! Perché sei
venuto qui?
Che cosa vuoi da me? Per
quale cazzo di motivo adesso parli?!»
Lui
scoppiò a ridere a
quelle parole, mentre la
ragazza arrossiva piccata. Poi, una volta che si fu calmato, disse asciugandosi
una lacrima: «Scusami
*eheheh*.
Mi rendo conto che ti
senta un po'
confusa al riguardo. Credo che però ora
non avremo tempo per le spiegazioni. Dobbiamo andarcene prima che ne
arrivino altri... Pucca,
ti senti bene?»
La ragazza barcollò e svenne dicendo
affaticata: «Sì... Tutto.... Benissimo... Garu....!».
Il ragazzo lasciò la katana per terra e la prese al volo per
non farla cadere nella neve.
La guardò e sorrise: tutte quelle emozioni in una volta sola
e la stanchezza avevano vinto su di lei. Disse dolcemente
accarezzandole i capelli scompigliati: «Tranquilla, mia Hime,
ti spiegherò tutto prima di quanto pensi...»
Quando
si risvegliò, Pucca era nel
suo letto con le coperte tirate fin sopra le orecchie. Si
alzò piano piano sentendosi la testa pesante. «Meow»
si girò verso il miagolio e vide Mia, la sua gattina rosa
che si poggiava al lato del letto. La accarezzò e
disse: «Ohayo,
Mia.»
Guardò
la sua camera e per un po' pensò di aver sognato
finché non vide un pacchetto colorato con un fiocco sopra e
un biglietto con su scritto "per Pucca"
che sbucava appena da sotto il
cuscino.
Prima che potesse prenderlo entrò Saki in
camera sua che infuriata le diede uno schiaffo e disse: «Ma
sei impazzita? Che ti è saltato in mente? Potevi farti
ammazzare!»
Pucca si
toccò la guancia dove aveva appena ricevuto
lo schiaffo e con le lacrime agli occhi disse:
«Onee-chan?!»
Saki si
calmò e, vedendo la cugina piangere, la
abbracciò forte e disse: «Su, stai tranquilla, è
tutto apposto. Krishna, Pucca!
Mi hai fatto prendere un colpo, però!»
L'esclamazione
della cugina fece sorridere Pucca tra le
lacrime che continuavano a rigarle
il viso. Ogni tanto si dimenticava che sua cugina era induista,
anche perché non aveva mai capito perché avesse
scelto quella religione. Quando se ne usciva con imprecazioni come
questa le veniva da ridere. Cercando di
asciugarsi le lacrime,
disse:
«Mi dispiace, Onee-chan,
ho avuto tanta paura anche io!»
Dopo
qualche minuto passato in silenzio abbracciate, Saki si
sciolse dall'abbraccio per guardare in faccia la cugina e disse: «
Non ho idea di come tu
abbia fatto a
ritrovarti nel letto ieri,
ma sono felice che tu stia bene!»
Riprese
l'altra dandole
un bacino sulla fronte.
Pucca sbarrò
gli occhi e disse: «Cosa?!»
«Piccina
mia, ti posso solo dire che ieri per la
preoccupazione…» cominciò a rispondere, ma si
interruppe mordendosi
il labbro inferiore;
poi aggiunse un po' imbarazzata: «beh,
ho alzato un po' il gomito. Ho i ricordi un po' sfocati, ma so che ad
un certo punto stavo svenendo nel retro del locale e per fortuna c'era Kiku Soma -
sai, quel ragazzo che ogni
weekend viene a
dare una mano a lavare i piatti - che mi ha presa al volo e mi ha
scortato al piano di sopra…»
«Kiku ti ha
portato di sopra?!» la interruppe Pucca con
un'espressione che sprizzava malizia da tutti i pori.
Saki arrossì
vistosamente, si mise una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio
destro e schiarendosi la voce riprese: «Ehm, sì mi
ha portato in casa. Ovviamente non prima che gli delegassi il compito
di chiudere il locale, in
assenza del mio vice che si è preso la giornata libera per
andare a un matrimonio.»
«E proprio tu
ti fidi di un perfetto sconosciuto per chiudere il tuo prezioso
ristorante quando
non affideresti neanche a tuo fratello un compito del
genere?»
rispose la brunetta continuando ad avere un'espressione maliziosa.
«Per
prima cosa, lui non è uno sconosciuto: viene spesso a
fare da gavetta. In secondo luogo, è stato l'unico ad
ascoltarmi quando ero preoccupata per te e anche l'unico
così gentile da offrirsi di portarmi su quando sono crollata,
non credo avessi molta scelta nei fumi dell'alcol.»
Ribatté la cugina.
«In
più è molto carino...» Disse Pucca ridacchiando. Saki le
assestò una cuscinata in faccia dicendo con
un sorriso nervoso:
«Ma piantala!»
«Ahahah…
Oh, quindi ti
sei addormentata prima che io tornassi giusto?» Riprese la
ragazza.
Saki tornando
seria disse:
«Sì. Prima di addormentarmi, mi
ricordo di aver pianto, perché mi sei
tornata in mente e il pensiero di non sapere dove fossi mi aveva
spaventato a morte…» distolse lo sguardo triste.
Aggiunse trattenendo le lacrime: «Poi la mattina ti trovo a
dormire nel tuo letto così beata, e mi chiedo se tutto
quello che è accaduto l'ho sognato fino a che non vedo i
lividi sulle tue braccia e allora…» strinse le
palpebre mentre calde lacrime le rigavano
le guance.
«Tranquilla, Saki,
non succederà più.» Disse l'altra
abbracciando la cugina. Aggiunse: «Devo
aver battuto la testa perché ho la memoria un po' offuscata:
ricordo che mi avevano rubato le ruote del motorino, è
arrivato un uomo piuttosto giovane a salvarmi da dei maniaci che mi
stavano aggredendo e dopo qualche minuto credo
di essere svenuta. Non
ricordo nient'altro e anche questi ricordi hanno icontorni sfocati.» Non
raccontò di Garu perché
se sua
cugina avesse saputo che era lui il suo salvatore, probabilmente
sarebbe andata su tutte le furie. Saki odiava Garu per
ciò che aveva fatto passare alla
sua Pucchan.
(Nota
d’autrice: Sì, Saki la
chiama anche così, soprattutto per farla innervosire come di
seguito.)
«Beh,
dovrò ringraziare il tuo salvatore allora...»
Disse lei sorridendo.
Pucca chiese alla
sua Onee-chan se
c'era ancora la colazione, ma con sua enorme sorpresa scoprì
che era passata da poco l'una. Allora chiese allarmata: «Saki,
perché non mi hai mandato a scuola? E che ci fai qui all’ora
di pranzo? E il locale?!»
Lei
rispose sorridente: «Tranquilla, l'ho lasciato al mio vice.
Avevi bisogno di riposo, così ho preferito lasciarti
dormire e rimanere
qui finché non ti saresti svegliata. Infatti adesso
dovrò andare giù a controllare la situazione. Fra
tre quarti d'ora ti manderò su il pranzo. Tu riposati
adesso.»
«Ma,»
ribatté Pucca preoccupata.
«e gli spaghetti jajang?»
«Rilassati.
Li serviremo domani. Tu hai bisogno di stare a riposo e di studiare
oggi. Giornata libera per la mia Pucchan.»
Rispose Saki con un
sorrisetto dolce stampato sulle labbra.
La
brunetta sentendo salire la rabbia iniziò a prendere i cuscini
e a lanciarli alla
cugina urlando: «Non mi chiamare Pucchaaan!!!»
L'altra corse fuori dalla stanza della sedicenne ridendo e disse:
«D'accordo, PUCCHAN, ti manderò il pranzo fra un
po'! *ahahahahah*»
Pucca rimasta
sola nella sua camera pensò: “Grrrrr,
perché continua a chiamarmi così dopo tutti
questi anni? Quanto dovrò aspettare prima che si renda conto
che non sono più una bambina?”
«Meow!» Pucca si
girò e prese in braccio Mia. Disse in tono ultra smielato:
«Scusami, piccolina,
hai ragione. Adesso andiamo a fare la pappa.» e si diresse
verso la cucina dove aveva messo la ciotola.
Dopo
aver dato da mangiare a Mia, si sedette sul letto, non vedeva il motivo
per cui dovesse riposare
dato che non era malata, ma in fondo le piaceva il fatto di potersi
rilassare almeno una volta evitandosi
un sabato,
anche se adesso le toccava andare a recuperare gli appunti presi
durante quella giornata. Doveva
assolutamente studiare chimica per il test che avrebbe dovuto
affrontare di lì a poco e chiamare Yomi per sapere
se poteva passare da casa sua nel pomeriggio per gli appunti e i
compiti assegnati.
Prima che si potesse rialzare per organizzare il lavoro l'occhio le
ricadde sul pacchetto che spuntava da sotto le coperte. Nel vederlo
sentì un brivido lungo la schiena. Poteva immaginare come ci
fosse finita una cosa del genere nel suo letto, allo stesso modo
immaginava come fosse tornata a casa dopo quell'episodio terrificante.
Piano piano lo prese in mano e lentamente iniziò a
scartarlo. C'era una scatolina di metallo rosso
chiaro con dentro delle fotografie che la ritraevano in vari momenti:
al bar con Yomi e le
sue compagne di classe, Haru e Fuyumi; al
parco seduta a una panchina mentre leggeva un libro circondata da
alberi con le foglie rosse e gialle in
parte già cadute per terra; una
la ritraeva affacciata alla finestra
in camicia da notte a
osservare il
paesaggio innevato; l'ultima mentre
passeggiava insieme a Yomi sorridente
con gli stessi vestiti con cui era uscita il giorno prima. Nel
vedere quelle foto rabbrividì.
In
allegato alla scatolina c'era un foglio ripiegato. Lo aprì e
iniziò a leggere la breve lettera che conteneva:
mi
sarebbe piaciuto incontrarti in una maniera meno brusca, ma se ti fosse
successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato. So che hai tante cose
da chiedermi, come ad esempio il motivo per cui sono qui,
perché io mi sia voluto mettere in contatto con te, come io
ti abbia trovato, dove io sia stato in tutti questi anni…
Vorrei tanto poterti dare una risposta, ma non mi sembra giusto dirti
tutto questo via lettera. Sappi per ora che non ho mai smesso di
tenerti d'occhio da quando sono a Tokyo, come penso avrai dedotto dalle
foto, principalmente perché, come ho già detto,
se accadesse qualcosa di male alla mia Hime,
non potrei sopportarlo. Ho incontrato i tuoi zii un po' di tempo fa, mi
hanno detto che a loro manchi molto. Anche a Ching e
agli altri manchi... Se vorrai te
ne parlerò. Se vorrai
avere delle risposte,
mi troverai lunedì pomeriggio alla
tua panchina preferita al parco. So
di non avere il diritto di piombare all'improvviso nella tua nuova
vita, perciò se non verrai lo capirò.
P.
S. Sei molto sexy con quel pigiama...
Quando
lesse l'ultima riga arrossì violentemente e
accartocciò il foglio stizzita. Se questo non era stalking,
non sapeva come altro chiamarlo. Si alzò dal letto,
buttò la lettera nel cestino e nascose le foto in uno dei
cassetti vicini alla scrivania. Rifece il letto, si vestì e
si sedette alla sua scrivania intenzionata a studiare senza badare a
ciò che aveva appena letto e visto. “Che cazzate!
Perché dovrei riaprire un capitolo della mia vita che
pensavo di aver chiuso una
volta per tutte tanto
tempo fa? No! Non gli darò questa soddisfazione!”
Pensò arrabbiata. Appena aprì il libro di chimica
sentì suonare il campanello e andò ad aprire
pensando: “Questo deve essere il fattorino con il
pranzo.”
Aprì
e vide un ragazzo alto con i capelli lisci biondi a caschetto e gli
occhi verdi, con indosso la tenuta da lavoro da lavapiatti del
ristorante di Saki,
che teneva in mano una porzione da sporto coperta. Riconobbe
il volto sorridente di Kiku
e lo salutò sorridendo a sua volta: «Ciao, Kiku.»
«Ciao, Pucca.» Le
rispose il ragazzo. «Sono
venuto a portarti il pranzo. Oggi serviamo ramen al
tavolo vip. *ahahah*
Come stai? Eravamo tutti in pensiero ieri.» Anche
lei rise.
«Va
molto meglio, devo mangiare così che possa riprendermi.» Disse
sentendo il suo stomaco brontolare.
Il
ragazzo sorrise e dandole il pranzo disse: «Capito.
Allora ti lascio, sicuramente Saki mi
ucciderà se non torno subito da lei.»
«Ah,
a proposito, grazie mille per averla riportata a casa.» Disse,
e aggiunse lanciandogli un'occhiata maliziosa: «Stamattina
non faceva che parlare di quanto fossi stato gentile e comprensivo con
lei.»
Lui
arrossì e rispose un po' imbarazzato sorridendo
nervosamente: «N-non
c'è di che. Era così preoccupata che mi sono
sentito in dovere di aiutarla... Scusami, ma devo scappare: il lavoro
mi chiama. Ci vediamo, Pucca-chan.»
«Ciao, Kiku.» rispose
la ragazza sorridente.
Chiuse
la porta e si avviò in cucina. Dopo aver sistemato sul
tavolo una tovaglietta, una bottiglia d'acqua e un bicchiere
posò il piatto. Prese un paio delle sue bacchette preferite,
nere con alle basi delle else di katana rose e dorate, e il cucchiaio saimin di
ceramica, facente parte dello stesso set di posate,
nero con sopra disegnato un dragone con le scaglie rosse e dorate e gli
occhi smeraldo. Le ricordava un po' il suo amico dragone del villaggio Sooga,
mentre le bacchette le ricordavano la sua amica Ching per via
della sua passione per le spade… improvvisamente le vennero
in mente tutti i ricordi belli della sua infanzia: i suoi zii, i suoi
amici… Garu...
Sentì
un po' di nostalgia, anche se continuava a serbare rancore verso di
loro. Si
sedette e chiudendo gli occhi giunse le mani e disse: «Itadakimasu!»
Mangiando
ripensò alla lettera di Garu.
Non le piaceva l'idea di rivederlo, perché non voleva che la
sua vita fosse stravolta di nuovo da quel ragazzo; però era
l'unico modo per sapere qualcosa su come stessero le persone a Sooga. Non era
affatto sicura su cosa scegliere, ma aveva ancora un giorno per
decidere e nel frattempo decise di non dire a nessuno la
verità finché non fosse stata sicura se
andare o meno.
Dopo
pranzo si mise a studiare chimica e fortunatamente riuscì a
finirla abbastanza presto. Mandò un messaggio a Yomi per
chiederle se poteva passare da casa sua più tardi, sperando
che, anche
se impegnata col club di basket, riuscisse a riceverlo e a rispondere
in tempo utile. Con sua
sorpresa rispose subito dicendo che non c'erano problemi e che se
voleva poi poteva rimanere a cena,
così si diedero appuntamento per le 18 in punto. Nel
tempo che le rimaneva ne approfittò per farsi una doccia e
preparare la borsa con tutto quello che le serviva.
Non
fu difficile convincere Saki a farla
uscire dato che era per la scuola e si fidava della sua amica. Quando
disse che sarebbe rimasta a cena da loro, in mezzo alla confusione del
ristorante rispose
solamente: «Va
bene, ma devi avvisarmi mezz'ora prima se ti devo venire a prendere.»
Una
volta arrivata, Pucca suonò
il campanello di casa Nakajima,
una villetta che era a 10 minuti
da casa sua. Aprì la
madre di Yomi, Asako,
che la fece entrare. Lei si tolse le scarpe e, dopo aver salutato sia
la donna che
il fratellino Shinichi di 4
anni, si fece da sola strada
verso la stanza della ragazza al piano di sopra.
La
stanza aveva tutte le caratteristiche
tipiche del gusto punk: le
pareti quasi non si vedevano quasi più per via della marea
di poster di band punk, rock e
metal che vi erano attaccati; l'armadio
era a più ante di colore nero, sulle quali erano attaccati
degli sticker a forma
di teschietti, con gli
interni viola; la scrivania era molto in disordine, così
come la libreria, salvo per gli scaffali dei libri Horror, che erano
accuratamente catalogati per autore in ordine alfabetico; infine sul suo puff violaceo
troneggiava la figura alta e magra di Yomi,
che aveva i
capelli scuri mesciati di viola raccolti in due codini un po'
spettinati con un ciuffo che le copriva l'occhio sinistro e indossava
una maglietta a
maniche lunghe nera
con su scritto in rosa "Stressed depressed but well dressed",
dei jeans grigio topo strappati qua e là con le borchie
sulle tasche e dei calzettoni
a righe rosa e nere.
«Pucca-chan!
Come sono felice di vederti!»
disse la ragazza abbracciando forte l'amica e subito aggiunse: «Come
mai oggi non sei venuta a scuola? Stavi male?»
«Beh,
è una lunga storia...»
disse lei un po' imbarazzata iniziando a raccontare ciò che
era successo il giorno prima,
evitando accuratamente di parlare di Garu.
«Oh
mio Dio, Pucca!
Mi dispiace tanto, non ne avevo idea!»
esclamò, quando ebbe finito, Yomi che,
sinceramente preoccupata, la abbracciò. «Tranquilla, Yomi.
Ora sto bene, anche se credo che Saki non mi
permetterà di fare le consegne per un po' da quanto si
è preoccupata... anche perché non ho idea di dove
sia il mio scooter... Ma basta parlare di questo, abbiamo dei compiti
da fare.» rispose
l'altra sorridendo.
Si
misero a lavoro e nel giro di un'ora e mezza avevano finito. Giusto in
tempo per sentire la signora Nakajima chiamarle
dal piano di sotto per la cena. Quella sera Asako aveva
preparato riso gohan e zuppa
di miso con tempura di
gamberi e di verdure e sashimi di salmone.
Dopo
aver mangiato a sazietà le ragazze tornarono in camera di Yomi a
chiacchierare. La coreana si mise a pensare di nuovo a quel ninja da
strapazzo che era costretta a considerare suo salvatore:
non riusciva a credere che proprio lui le
avesse fatto stalking e
continuava a rimuginarci diventando improvvisamente silenziosa.
La
piccola punk guardò l'amica che era entrata in
trance e le chiese: «Pucca,
sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' sovrappensiero,
c'è qualcosa che ti preoccupa?»
Lei
abbassò lo sguardo arrossendo e non rispose.
Yomi allora
con un'espressione maliziosa sul viso disse: «Non
è che per caso c'entra un ragazzo?»
Pucca arrossì
violentemente e disse sbraitando: «Ma
che dici? Sei impazzita per caso? Nessun ragazzo, come ti viene in
mente?!»
«Cara
mia non mi inganni: conosco l'espressione
che hai quando
ti prendi una cotta, e tu ce l'hai in questo momento. Dai, dimmi: chi
è?? Non dirmi che è Kaito,
altrimenti mi impicco.»
disse la piccola punk quasi tutto d'un fiato.
La koreana guardò
l'amica con aria perplessa e ribattè: «Seriamente
mi stai chiedendo se mi sono presa una cotta per tuo fratello maggiore?
Ma che hai in testa!
Piuttosto dov'è adesso?»
«Ah
boh!- rispose l'altra con una punta di indifferenza- Probabilmente
sarà in giro a tentare di abbordare qualche ragazza con quei
deficienti dei suoi amici... Ma tornando all'argomento di prima, se non
è Kaito,
non sarà per caso il senpai Ryoichi Aijima?!»
aggiunse a metà tra lo stupore e la malizia.
Pucca arrossì
violentemente al pensiero e urlò: «EH???
AIJIMA-KUN?!»
Ryoichi era il
ragazzo più carino di tutta la scuola, il tipico superfigo che ha
un esercito di ragazze ai suoi piedi. Anche lei lo trovava attraente, ma dire
che era innamorata di lui sarebbe stato un errore, perché,
soprattutto per il fatto di averci provato
con lei invano svariate volte, non riusciva a sopportare gli
stronzetti, narcisisti figli di papà come lui che pensano di
poter avere tutto. Ogni volta che lo sentiva nominare le montava una
rabbia...
«Ti
sfido a ripeterlo se hai il coraggio!- disse Pucca in tono
minaccioso- Quello
stronzetto, spocchioso
e viziato: ma come ti viene in mente?! Sarà anche bello, ma
resta un pervertito e un maniaco.»
«Mi
piacerebbe tanto sapere una buona volta che ti ha fatto...» rispose Yomi un
po' seccata. Ma vedendo
come la guardava
storto la sua amica aggiunse: «Suppongo
che anche oggi non me lo dirai, vero?»
Pucca annuì
e disse: «Yomi non
è per un ragazzo che sto così. O meglio
è per un ragazzo non sono innamorata
di lui.- “Non
più almeno...” pensò
e aggiunse- Pensavo
al mio salvatore di ieri: mi ha mandato un messaggio dicendo di volermi
incontrare perché deve rivelarmi alcune cose.
Tu che faresti: lo incontreresti o faresti finta di niente?
Ho bisogno di un consiglio...»
Yomi ci
pensò su un attimo,
poi disse: «Beh,
il fatto che ti abbia lasciato un messaggio del genere è un
po' inquietante. Però, io andrei
almeno per ringraziare l'uomo che ha rischiato la sua vita per salvare
la mia. Cosa ti preoccupa: hai paura che ti tampini?»
«No,-rispose
preoccupata-
ho paura che mi dica qualcosa che non voglio sapere...»
Salve
a tutti, dopo ere geologiche sono finalmente
riuscita a finire e pubblicare questo capitolo. Spero che vi piaccia, e
soprattutto spero di riuscire a pubblicare
il prossimo in meno tempo. Se
avete bisogno di chiarimenti, sarò felice di rispondervi
tramite le recensioni.
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Capitolo 3 *** Un lunedì da dimenticare... ***
Lunedì. Poteva esserci giorno peggiore? Normalmente Pucca avrebbe risposto di no senza esitare, ma dopo aver passato la domenica a studiare e rimuginare su quel biglietto, non sapeva decidere se fosse peggio il test di scienze o le ore di sofferenza psicologica trascorse ieri. Rimaneva il dilemma: andare o non andare al parco? Cercava di consolarsi pensando che aveva ancora tempo fino al pomeriggio per decidere. Le prime due ore passarono velocemente agli occhi della sedicenne. Alla terza ora aveva il compito di scienze, ma non solo non se ne preoccupava, non le importava nulla del voto che avrebbe preso. Nonostante tutte le risposte fossero giuste, lei era con la testa da un’altra parte. Aveva il morale a terra. Yomi non era neanche in classe quel giorno perché aveva preso l’influenza giocando con Shinici sulla neve. Si sentiva sola, triste e malinconica, tanto che si era fatta gli odango ai capelli per andare a scuola dove di solito li teneva sciolti. E come se non bastasse mentre pranzava col suo bento in cortile -opportunamente coperta con cappotto e sciarpa di colore marrone/bordeaux- per conto suo, arrivò sua maestà il principe dei deficienti (come le piaceva chiamarlo nella sua testa), Ryoichi senpai. «Bene, bene! Guarda un po’ chi c’è! Cosa ci fai qui tutta sola, dolcezza?» esordì quello. «Mangio.» rispose Pucca seccata. Aggiunse: «Che vuoi, Ryoichi?» Con un sorrisetto stampato sulle labbra cominciò a stuzzicarla: «Uuuuh, che caratterino, eh? Perché mi tratti così, Pucca-chan?? Non lo vedi che siamo fatti l’uno per l’altra? Non è possibile che io non ti piaccia!» “È possibilissimo invece!” Pensò questa, poi disse spazientita chiudendo di scatto il coperchio del bento: «Vattene, Ryoichi! Oggi non è giornata!» Ryoichi la guardò stupito e disse con una punta di preoccupazione nel solito tono di voce pieno di malizia: «Ehi, che hai? Ti sei alzata con la luna storta? Ci sono certe giornate nere anche per me, sai? Posso capirti!» Pucca, mentre lui parlava si era alzata e aveva iniziato a camminare verso la porta per tornare dentro per non strangolarlo. Aveva il corso di cucina, l'unico lato positivo di tutta la giornata perché la rilassava molto, era l'unica soluzione contro il fastidio che provava in quel momento. Sentiva la rabbia montare ogni parola che pronunciava e cercava in tutti i modi di ignorarlo, di non reagire, di auto-convincersi che non valesse la pena dargli corda: voleva solo andare al corso di cucina e non sentirlo più. Questo finché lui non disse: «Si vede che stai male: ti sei fatta quella pettinatura assurda! Sembri un topolino! *ahahahah*» Era troppo. Poteva scherzare su tutto, ma non sui suoi capelli, non quel giorno. Si girò di scatto con uno sguardo omicida e nel giro di 10 secondi aveva preso Ryoichi e l'aveva sbattuto contro una colonna del porticato prendendolo per il bavero della giacca. Dopo averlo guardato negli occhi col suo sguardo che aprizzava fiamme dall'ira, disse in tono minaccioso, quasi demoniaco: «Come hai detto? Chiedo scusa non ho sentito bene. Prova a ripeterlo se hai il coraggio! Sembro un topo secondo te? Beh sappi che questa è la vera me stessa: c'è qualche problema per te, Baka-senpai?» All'inizio Ryoichi era rimasto un po' interdetto e non riusciva a capire come mai non riuscisse a liberarsi dalla presa d'acciaio della ragazzina che aveva davanti, che era più bassa e minuta di lui. Da gran egocentrico quale era ovviamente attribuiva la causa di ciò alla velocità con la quale la brunetta lo aveva colto di sorpresa e che quindi si trovasse in posizione di svantaggio. La realtà era che Pucca lo spaventava, ma avrebbe preferito spararsi in un piede piuttosto che rinunciare alla sua immagine. Con una vena di spavento nella voce disse: «Ma no! Certo che no! È solo che non vieni mai a scuola così. Di solito porti i capelli sciolti. Credimi, non volevo ferire tuoi sentimenti, volevo solo farti sorridere: stavo scherzando....» Fece un sorriso nervoso. Pucca guardandolo pensò che forse non era del tutto insensibile, ma che comunque rimaneva uno scemo di prima categoria e alzando gli occhi al cielo lo spinse un ultima volta contro la colonna e disse in tono seccato prima di andarsene: «Non era divertente...» Finalmente era cominciato il corso di cucina. Pace, tranquillità e qualche chilo di farina qui e là. Amava quel corso perché le permetteva di sperimentare ricette nuove e soprattutto ricette di dolci buonissimi. Quel giorno avevano carta bianca su cosa cucinare e lei scelse di fare dei "dango" tricolori, ai gusti ciliegia, vaniglia e menta, e dei piccoli "manju" classici a forma di pulcini, gattini e piccoli panda. Lei era talmente brava in cucina che ormai qualsiasi cosa facesse aveva automaticamente il permesso del professore di portarsi le sue creazioni a casa per farle assaggiare a Saki. Scelse di portarsi due dango e due manju a forma di gatti a casa, delle versioni in miniatura di Mia e Mio. Stavolta però erano per lei: ne aveva bisogno per darsi coraggio. Aveva finalmente deciso di andare all'appuntamento con Garu. Pensava: “Tanto la giornata non poteva andare peggio... Almeno scoprirò come stanno...” Arrivò a casa alle 17.15, essendo molto vicina alla scuola; subito si mise a fare i compiti che le erano rimasti dopo che se li era in parte anticipati il giorno prima. Alle 18.30, dopo aver finito i compiti, si fece una doccia veloce; era così malinconica che si rifece gli odango, questa volta lasciando i capelli fuoriuscire da sotto in due piccole treccine, si vestì e, non sapendo bene il perché da sé, si truccò un po’ con del mascara un velo di lucida labbra magenta, non le piaceva truccarsi troppo. Poi scese per avvertire Saki. «Vuoi uscire?! Ma sei matta? Dopo tutto quello che ti è successo venerdì?» Sbraitò la cugina già stressata per conto suo. «Dai, Onee-chan! Ho finito i compiti e a casa da sola mi annoio, voglio solo andare a fare una passeggiata al parco qua vicino e leggere un po'. Per favore, non mi trattare come se fossi una malata terminale.» Disse la piccola brunetta in tono supplice facendo degli occhioni da cane bastonato che avrebbero intenerito perfino un serial killer. Saki, che a quella faccia non sapeva dir di no, sbuffò e sbottò: «Bene, fai pure! Io ho troppe cose a cui pensare in questo istante- Ehi, Subaru, che cazzo fai? Quel piatto è sporco puliscilo per bene! Yudai, quello va al tavolo 10, non al 7- Pucchan, quello che voglio dire è: non fare tardi, torna qui entro e non oltre le 21.00. Stasera c'è una sorpresa per te.» «Una sorpresa? Lo sai che manca ancora molto al mio compleanno, vero?» Disse lei con una risatina. La sua Onee-chan sorrise e disse: «Tranquilla, credo che ti piacerà. Su, vai adesso.» «A dopo, Saki-chan!» Salutò l'altra e si avviò fuori dal locale. Pucca cominciava seriamente a pentirsi della scelta che aveva fatto. Era seduta alla sua panchina preferita da 20 minuti completamente da sola. Sentiva freddo, anche se si era preoccupata di imbacuccarsi per bene. Indossava una maglietta nera a maniche lunghe con sopra disegnato un teschio decorato in stile "dia de los muertos" con i disegni viola, blu e fucsia,- un regalo di Yomi ovviamente, era l'unica cosa di quello stile che le piaceva- con sopra un cardigan grigio di lana, un paio di jeans grigio scuro con qualche strappo qua e là, un paio di stivali neri con della pelliccia finta, un piumino scuro con cappuccio e dei guanti bianchi che si era ritrovata nelle tasche. Si maledisse per essersi dimenticata la sciarpa, ma ormai era tardi per tornare a prenderla. Siccome si stava annoiando, si mise a mangiare uno dei 'dango' che aveva con sé e a leggere il libro che si era portata: "Cloud Atlas" di David Mitchell. Lo stava leggendo perché interessata vedere il film che i fratelli Wachowski avevano realizzato qualche tempo prima. Era arrivata alla quinta delle sei storie narrate, la più bella secondo lei. Ambientata nel 2141, questa storia parlava di una ragazza coreana come lei, di nome Sonmi, che ad un certo punto si rendeva conto di vivere in una Corea corrotta e schiavista nei confronti delle persone come lei, perciò decide di allearsi con la resistenza per diventare l'icona del loro movimento. Lesse i primi versi del discorso fatto alla nazione di Sonmi~451: “La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad altri, passati e presenti. E…” «… da ogni crimine e ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro.» Pucca si girò di scatto verso la voce maschile che aveva terminato la frase. Vide, seduto sulla panchina accanto a lei, un ragazzo alto con i capelli neri spettinati, con ciuffi che ricadevano sul viso e dei codini legati con dei nastrini rossi poggiati sulle spalle. Indossava una giacca di pelle scura con un cappuccio, dei jeans invernali, mocassini neri e una sciarpa grigia intorno al collo. Si girò a guardarla con un piccolo ghigno malizioso sulle labbra. La ragazza chiuse il libro e lo rimise nella sua borsetta a tracolla grigio chiaro e disse seccata: «Sei in ritardo…» «In teoria no, siccome non ti ho dato un orario preciso.» Rispose sogghignando e, addentando un pezzo del 'dango' che le aveva sfilato di nascosto dal contenitore, aggiunse: «*Mmmmh* Che buono! Alla ciliegia, giusto? Uuh c’è anche un piccolo Mio!» Pucca con finta noncuranza disse: «Non credo di averti dato il permesso di prenderli. Siamo in vena di ritorni al passato?» indicò i codini. «Senti chi parla...» ribatté l’altro. Pucca cercò di cambiare argomento: «Comunque, posto che è maleducazione spiare i libri degli altri, conosci questo romanzo?» «Sì, l'ho letto di recente e mi è piaciuto molto. Sai, per via del significato che nasconde.» Rispose semplicemente. Aggiunse: «Suppongo, però, che tu non sia qui per parlare di libri, o sbaglio?» La ragazza abbassò lo sguardo un po' imbarazzata. Poi guardò negli occhi Garu e disse: «Ci ho pensato a lungo e voglio per prima cosa farti tre domande che mi tormentano da un po'. La prima è: come stanno al villaggio?» Garu fece un lieve sospiro con e si allungò sullo schienale della panchina incrociando le braccia dietro la testa, che era rivolta verso il cielo plumbeo. Poi rispose: «Tutto sommato stanno bene. I tuoi zii hanno ampliato il Goh-Rong e hanno creato un'area dove c'è un bar/pasticceria. Ci lavora Ching: è diventata molto brava a fare i cupcakes e le torte. Forse è per questo che Abyo ogni mattina passa da lì per fare colazione.» Fece una risatina. Poi aggiunse in tono un po' triste: «Però, sentono la tua mancanza, Pucca. Glielo vedo scritto negli occhi. I tuoi zii non fanno più acrobazie quando cucinano, non hanno più neanche l'energia per sgridare Dada quando sbaglia a portare i piatti. Anche Ching non è più la stessa: le piace molto lavorare alla "Goh-Rong Cupcake's factory" e fa quel che può per tirare su il morale dei tuoi zii, ma si vede che le manchi. Si è chiusa in se stessa e l'unico con cui si confida è Abyo. Forse l'unica persona alla quale non importa della tua assenza è Ring Ring, ma agli altri non importa nulla di lei. Sono tutti cambiati molto: ad esempio Ching adesso ha i capelli più corti, ogni tanto li raccoglie in una piccola treccia. Anche Abyo ha cambiato look: adesso porta i capelli un po' più corti a spina, ma caratterialmente è cambiato solo di un decimo. *ahah*...Però, mancano a tutti e tre i bei vecchi tempi...» Pucca si sentì uno po' in colpa e malinconica, ma disse decisa e facendo in modo che lui la guadasse: «La seconda domanda è questa: da quanto tempo parli, eh? Che fine ha fatto il voto inviolabile del ninja a caccia di onore?» Garu rimase un po' spiazzato da quella domanda sul momento. Poi fece un sorrisetto e disse: «Beh, durante l'esilio ho capito molte cose che mi hanno fatto cambiare. Dopo due anni di esilio decisi di tornare e di non dare più tutta quella importanza al fatto di essere un ninja. Una delle cose che decisi di cambiare era il mio atteggiamento schivo e il fatto che non parlavo. Rimasi molto sorpreso dal fatto che avevo difficoltà ad esprimermi quando ripresi. Per fortuna durante l'esilio avevo conosciuto un ragazzo che era figlio di un logopedista e mi aiutò a superare tutto ciò… Aspetta un secondo! Anche tu parli!» osservò il ragazzo girandosi a guardare con gli occhi sgranati Pucca, che in risposta diventò paonazza in volto e, con un'espressione a metà tra lo stupore e lo spavento, si limitò ad annuire. «Tu invece perché hai ripreso a parlare?» Chiese curioso lui. Lei riprese coraggio e, anche se ancora un po' rossa in volto, disse seccata: «Chiedo scusa, ma oggi sono io che faccio le domande e ne ho ancora una: perché sei qui e perché mi spii? Vuoi forse riportarmi indietro? Se è così stai solo sprecando il tuo tempo, perché io...» Garu si era guardato intorno e, vedendo che in giro non c'era nessuno, si stava avvicinando a lei piano piano con uno sguardo serio e rilassato allo stesso tempo. Quando i loro visi furono a pochi centimetri l'uno dall'altro, Pucca avvampò spalancando gli occhi e disse di nuovo, quasi sussurrando: «Io...» l'altro le premette un dito sulle labbra e sussurrò, guardandola nei suoi grandi occhi marroni e scostandole dolcemente una ciocca di capelli bruni dal viso: «Sono qui per proteggerti, mia Hime. All'inizio volevo riportarti al villaggio, ma quando ti ho vista così felice a Tokyo, non volevo rovinare tutto costringendoti a mollare la tua nuova vita per tornare. Eri così bella quando studiavi e ci mettevi tutto quell'impegno, quando ridevi con le tue amiche al bar e al centro commerciale, quando andavi a fare le consegne per tua cugina Saki… Sai? Sei bellissima anche adesso…» arrossì lievemente e iniziò ad avvicinarsi piano piano chiudendo gli occhi. Ma invece di ricevere ciò che pensava, ebbe uno schiaffo in faccia così forte da lasciargli il segno della piccola mano di Pucca sulla guancia. Si massaggiò il segno sul viso perplesso e guardò la ragazza furente che si era alzata di fronte a lui. «Ma sei completamente impazzito?!» Sbraitò arrabbiatissima. «Cosa ti fa pensare che io possa ricambiarti dopo tutto quello che mi hai fatto passare? Prima te ne vai all'improvviso dicendo che a Sooga ci sono "troppe distrazioni": lo so benissimo che era colpa mia, è inutile che ci prendiamo in giro! Poi torni a Sooga dopo due anni di esilio volontario, non sei più un ninja e parli, e poi dopo altri due anni vieni qui, facendomi stalking, con la pretesa di riportarmi indietro, e adesso vorresti dirmi che ti piaccio?» concluse esasperata. Lui leggermente spaventato, con le gote rosse e guardando da un'altra parte rispose piano e incerto: «Circa...?» Allora gli si avvicinò e, costringendolo a guardarla, rispose: «Beh, sappi che non basta tentare di baciarmi per farmi innamorare di te. Vuoi sapere come mai ho ripreso a parlare? Dopo che mi hai spezzato il cuore non aveva più senso restare zitta ed era l'unico modo per sfogarmi. Parlare con la mia nuova famiglia, con la mia Onee-chan, con la mia amica Yomi. Sono le uniche persone che mi sono state vicino tutto il tempo e tu non me le porterai via adesso! Vattene, non voglio più vederti!» La ragazza cercò di ricacciare indietro le lacrime che si facevano strada sulle sue guance mentre si allontanava a passo svelto. Il moro, nel vederla così, si sentì un nodo intorno al cuore. La raggiunse mettendole una mano sulla spalla. La fece voltare e l'abbracciò stretta. Lei cercò di liberarsi dalla sua presa dicendo "Lasciami!" finché lui non disse: «Mi dispiace tanto. Hai ragione, non ho alcun diritto di farti questo. Sfogati, anche picchiandomi se vuoi, non importa. Ma ti prego, non posso vederti così.» La ragazza allentò un po' la tensione. Ancora un po' scettica disse in tono calmo: «Come posso fidarmi di te? È come se fossi un estraneo per me ora come ora.» Questo allentò la presa e disse guardandola negli occhi: «Dammi una possibilità. Ti posso dimostrare che sono cambiato.» Pucca lo osservò. Non aveva il sorrisetto strafottente di prima, aveva un sorriso un po' imbarazzato e gli occhi le sembrarono sinceramente preoccupati. Non era mai stato bravo a dissimulare le emozioni per quanto si sforzasse. Lei allora sorrise e disse: «Va bene. Ti darò una possibilità. Ma ad alcune condizioni.» Il volto di Garu si illuminò ed esclamò entusiasta: «Certo, tutto quello che vuoi!» Poi rendendosi conto dell'eccessiva enfasi con cui lo aveva detto, si corresse schiarendosi la voce: «*Hem Hem* Volevo dire: ti ascolto.» La ragazza fece una risatina che fece arrossire l'altro, poi disse: «Numero uno: devi smetterla di farmi stalking!» «Ma devo proteggerti!» Protestò lui. «Devo ricordarti che posso cavarmela benissimo da sola?» Rispose lei scrocchiandosi le dita. «Ok ok, niente "stalking". Ma se dovessi incappare in qualche pericolo, come quello di venerdì sera?» Chiese lui preoccupato. Pucca ci pensò un attimo e poi disse: «Potremmo inventarci un segnale d'allarme. Per ora non importa, tanto Saki chiederà a qualcun altro di fare le consegne al posto mio per un po' di tempo, per cui non corro pericoli rientrando per le 21. Seconda condizione: ti devi far perdonare un intero anno di sofferenze causato da te, perciò per tre mesi farai tutto ciò che ti dico.» Garu sbuffò e disse: «Giustamente non basta un "mi dispiace". Va bene, vedrò che posso fare.» «Terza cosa: non cercare di convincermi a tornare, è una mia scelta. Tutto chiaro?» Concluse la ragazza. L'ex ninja sospirò e disse: «Comincia a mancarmi la Pucca che mi saltava addosso ogni volta che mi vedeva.» La ragazza impassibile ripose: «Abituati, siamo a Tokyo adesso. Questo implica niente effusioni di nessun genere in pubblico.» A quel punto guardò l'orologio del cellulare e sgranò gli occhi: le 20.40. Pucca cominciò ad agitarsi, si mise le mani tra i capelli: «Merda! Sono in ritardo! Non ce la farò mai ad essere alle 21 a casa. Adesso chi la sente Saki?» Garu le mise le mani sulle spalle e disse: «Calmati, ti accompagno io. Ho la moto qui vicino.» «Non voglio disturbare.» Disse la ragazza attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno al dito imbarazzata. Il moro fece un sorrisetto: «E che disturbo? Sono qui per servirti, mia Hime. Su andiamo adesso, o farai tardi.» E mentre correvano nella direzione in cui lui aveva indicato lei disse facendo ridacchiare l'altro: «Dovrai anche spiegarmi questa faccenda della 'Hime' un giorno di questi...» Garu aveva una Kawasaki ninja 300 nera, una moto che si poteva guidare anche a 18 anni. Riuscirono ad arrivare appena in tempo, anche se Pucca lo pregò di non avvicinarsi troppo, altrimenti avrebbe dovuto delle spiegazioni a sua cugina. Gli lasciò il suo numero di cellulare e corse dentro. Saki la aspettava a braccia conserte e disse: «Era ora! Stavo quasi per annullare la tua sorpresa.» «Di che sorpresa parli Onee-chan?» Chiese un po' perplessa l'altra. Saki fece un ghigno malizioso e annunciò: «Gentili clienti! Questa sera la mia cuginetta Pucca canterà al karaoke!» i clienti applaudirono per incitarla a cantare. Pucca sbarrò gli occhi e a un tratto si ricordò: il venerdì di solito c'era il karaoke, ma lei era sempre in cucina a cucinare gli spaghetti. Saki l'aveva incastrata questa volta. Si avvicinò al palchetto per cantare, quando vide Garu entrare e sedersi a un tavolo infondo. Si era alzato il cappuccio sulla testa e le fece segno di fare silenzio per non tradirlo davanti a Saki, che probabilmente lo avrebbe disintegrato. Pucca con il cuore in gola per l'agitazione cercò di pensare a una canzone. L'unica che le venne in mente fu "Stand by me" di Ben E. King. Partì la base e cominciò a cantare: When the night has come And the land is dark And the moon is the only light we'll see No I won't be afraid Oh, I won't be afraid Just as long as you stand, stand by me Si girò a guardare Saki. Era vero: non aveva paura quando era con lei, le dava un forte senso di sicurezza sapere che lei ci sarebbe sempre stata per lei. So darling, darling Stand by me, oh stand by me Oh stand, stand by me Stand by me If the sky that we look upon Should tumble and fall All the mountains should crumble to the sea I won't cry, I won't cry No, I won't shed a tear Just as long as you stand, stand by me Avrebbero affrontato qualsiasi ostacolo insieme, sicuramente l'avrebbe aiutata moltissimo il suo appoggio. And darling, darling Stand by me, oh stand by me Oh stand now, stand by me Stand by me So darling, darling Stand by me, oh stand by me Oh stand now, stand by me, stand by me Whenever you're in trouble won't you stand by me Oh stand by me, oh won't you stand now, stand Stand by me Una volta terminata la canzone tutti in sala applaudirono e Saki si asciugò una lacrima per la commozione. Non lo vide ma Garu era rimasto senza parole e pensava: “Wow, che voce…” Angolo d'autrice: Salve a tutti, Lo so, ci ho messo secoli, ma devo dire che sono soddisfatta del mio lavoro. Chi vuole sapere come andrà a finire? Fatemi sapere nelle recensioni che ne pensate! Un bacio da Abyss Joy B Rabbit |
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Capitolo 4 *** Studente nuovo in auditorium ***
Giovedì, il giorno più bello della settimana per Pucca, perché aveva materie semplici e la maggior parte delle volte la giornata scorreva liscia. Ma quel giovedì si sentiva particolarmente felice, perché aveva saputo che la classe di Ryoichi era a un corso di orientamento per l’università, e quindi non lo avrebbe visto per tutto il giorno. Erano passati alcuni giorni da quando aveva avuto il suo accordo con Garu e dopo la canzone che aveva cantato la sera del karaoke si era volatilizzato per poi non dare notizie fino a quel momento. “Chissà che gli è preso?” pensò Pucca mentre camminava lungo il corridoio verso la sua classe in largo anticipo, “Perché chiedermi di vederlo e poi sparire all’improvviso come… be’, come un ninja? E poi perché diavolo avrà cominciato a chiamarmi ‘Hime’? Seriamente che problemi ha? *sigh*Speriamo che almeno mantenga la sua promessa di non farmi più stalking…” non ebbe neanche il tempo di finire di pensarci che passando davanti alla classe dell’ultimo anno della sua sezione sentì un insegnante che diceva: «Ragazzi, ho un annuncio da farvi: da oggi avremo con noi un nuovo studente. Prego si alzi e si presenti alla classe.» Pucca si fermò, incuriosita dal fatto che ci fosse un nuovo studente tese l’orecchio e sentì una voce maschile che le suonò molto familiare «Ohayo gozaimasu minna.» Quando lo sentì spiò dal vetro della porta chi si era alzato e un brivido le corse dietro la schiena quando lo vide che pronunciava il suo nome in tono calmo e quasi gentile: «Mi chiamo Jikashido Garuji, spero di trovarmi bene con voi.»
L’insegnante a quel punto disse che poteva sedersi e così fece. Pucca non riusciva a distogliere lo sguardo dal ragazzo moro seduto in seconda fila urlando nella sua testa: “COSA CI FA LUI QUI?” finché quest’ultimo non si girò nella sua direzione offrendole un sorriso che la fece arrossire e scostare di scatto dalla porta in modo che non potesse vederla. Poi iniziò a camminare a passo più svelto verso la sua classe sentendo le guance in fiamme. Pensò: “Perché lui è qui? Perché si è girato verso di me? Da quando il suo cognome è Jikashido? Ma soprattutto, perché il mio cuore sta battendo così forte dopo averlo visto?!” Una parte di lei non voleva sapere la risposta all’ultima domanda. Le stava montando dentro una rabbia mai vista “Non faccio più stalking, un corno!” pensò stizzita. Durante la giornata cercò di prestare ascolto alle lezioni, ma invano. Ogni 10 minuti il suo pensiero ritornava alla classe affianco e al ninja bruno al suo interno.
A pranzo decise di mangiare gli onigiri e noodle saltati del suo bento con Yomi in cortile, nonostante il freddo, e chiacchierare un po’. Fece finta di non aver saputo dell’arrivo di un nuovo studente nella classe accanto, ma a un certo punto Yomi le chiese: «Hai saputo l’ultima novità?»
«Di che parli?» fece lei sentendosi all’improvviso diventare molto tesa e cercando in tutti i modi di dissimulare.
«Di che parlo?! Dello strafigo nuovo della classe affianco. Non l’hai visto?» fece l’altra in tono esuberante.
«Ehm.. no! Non l’ho visto, Yomi. Me lo descriveresti? Così magari lo riconosco se lo vedo… un momento… HAI DETTO STRAFIGO? TU?!» Pucca spalancò gli occhi. Yomi era la tipica ragazza sicura di sé, punk e un po’ maschiaccio della quale si innamoravano in molti (nella squadra di basket ad esempio, dove era l’unica femmina a giocare ed era anche più brava di molti suoi compagni), ma che difficilmente si prendeva una cotta per via di suoi particolari standard esageratamente elevati. Non si era mai sbilanciata nel dire che un ragazzo era “strafigo”, salvo nel caso di qualche cantante rock.
Yomi arrossì leggermente e disse in tono allegro: «Che c’è? È carino…. comunque è alto coi capelli bruni e lunghi fino alle spalle. È molto atletico e agile all’apparenza e ha un’aria misteriosa da cavaliere oscuro. Sai che bell’acquisto sarebbe per la squadra di basket?»
«Non credo che entrerebbe nella squadra di basket…» disse Pucca prima di rendersi conto di quello che stava dicendo.
«Davvero? E come lo sai? Non mi dirai che lo conosci?» chiese l’altra insospettita.
Si affrettò a correggersi presa alla sprovvista: «Uhm, NO! Infatti non lo conosco! Solo che… ehm… da come me lo hai descritto,… ecco sembra un tipo solitario. Quindi… uhm… penso che non sceglierebbe uno sport di squadra nel caso.» le sembrò la scusa più campata in aria che potesse inventarsi, ma per fortuna Yomi non ci fece caso. A un certo punto le disse tutta eccitata di guardare verso la palestra esclamando: «Eccolo là! Lo vedi?»
Lo vide eccome, era impossibile non notare un ragazzo così alto e vestito di scuro poggiato contro la parete bianca esterna della palestra. Se ne stava lì con le cuffiette nelle orecchie a guardare un punto indefinito alla sua destra mentre i capelli gli ondeggiavano leggermente al vento.
«Non so te, Pucca, ma per me l’uniforme scolastica gli dà un aspetto più elegante, quasi nobile. Gli sta bene come a pochi altri ragazzi.» fece Yomi con le stelline negli occhi.
Pucca non lo avrebbe mai detto ad alta voce in quel momento, ma concordava a pieno con quello che diceva l’amica. “Chi l’avrebbe detto che in uniforme scolastica potesse essere così figo?... Ma cosa penso?! No-no-no-no-no! Pucca, datti una calmata! Non puoi permettergli di farti soffrire ancora. Anche se ti sembrava pentito, sta di fatto che non ha mantenuto la sua promessa!” Stizzita e arrossendo leggermente, sbuffò e prendendo il telefono per far finta di controllare i messaggi disse: «Se lo dici tu... non mi sembra tutto questo granché...»
Yomi la guardò sorpresa e ribatté: «Certo che hai gusti più complicati dei miei, eh! Bisognerebbe avere dei mochi negli occhi per non vedere quanto è figo!»
«Vuoi farti sentire da tutto il cortile, BAKA!» cercò di zittirla a bassa voce non accorgendosi che una figura si era avvicinata a loro due, finché quest'ultima non si rivolse alle due ragazze: «Scusate se vi disturbo.» entrambe si girarono di scatto e videro il ragazzo di cui stavano parlando fino a pochi secondi prima che rivolgeva loro un sorriso cordiale. Riprese: «Non ho potuto fare a meno di notare che voi siete nella mia stessa sezione. Sono venuto a presentarmi: Jakishido Garuji-desu.» disse chinando il capo rispettoso. Aggiunse, risollevandosi per guardarle negli occhi e passandosi una mano tra i capelli per spostare quelli davanti agli occhi: «Ditemi: chi sono le bellissime ragazze con cui ho il piacere di parlare oggi?»
Vedendo che la sua povera amica Yomi era diventata di un bel rosso ciliegia ed era andata completamente in brodo di giuggiole, al punto da riuscire a malapena a spiccicare qualche suono, Pucca corse ai ripari fingendo un sorriso a fare le presentazioni, cercando di nascondere la rabbia che le stava montando dentro non solo per la sua presenza a scuola, ma anche per l'evidente gusto che provava nel metterla in difficoltà: «Ehm, non fare caso alla mia amica, oggi si sente poco bene... eheh... comunque io mi chiamo Goh-Rong Pucca e lei invece è la mia amica Nakajima Yomi.» poi le diede una gomitata per farla svegliare dal coma e quest'ultima, anche se imbarazzatissima, capì. Così chinarono la testa simultaneamente dicendo: «Piacere di conoscerti.»
Quando rialzarono il capo lo videro sorridere e avvicinarsi. Al che Pucca pensò: "Ecco, ora manderà a puttane la copertura facendo qualcosa a me... oh Dio ti prego: fa che non decida di fare qualcosa di stupido davanti a Yomi!" Ma Garu, nonostante sembrasse intenzionato ad andare da lei, al contrario deviò verso Yomi, che era alla sua destra, le prese una mano e ridacchiando leggermente fece un lieve baciamano e con voce intensa disse guardando dritto negli occhi la ragazza punk di fronte a lui: «Il piacere è tutto mio...» e mentre Yomi stava morendo affogata nell'imbarazzo lui rubò qualche occhiata a Pucca, che continuava a fissare la scena come se fosse appena crollato un lampadario sui due, mostrandole un sorrisetto di sfida che sembrava dire: 'La tua faccia è impagabile in questo momento.'
Stizzita come non mai allora prese la mano della sua amica e la trascinò via prima che la situazione imbarazzante degenerasse dicendo: «Beh, Jakishido-senpai, perdonaci, ma i club di basket e quello di canto ci chiamano... Mata aimashou.» (A presto). Per tutta risposta Garu fece semplicemente un sorriso e un cenno con la mano prima di allontanarsi nella direzione opposta.
"Oh mio Dio, perché a me?! È come se la sua stessa esistenza sia stata pensata per farmi andare fuori di testa! Come se la vita stressante che ho non fosse già abbastanza!" Yomi sembrò riprendersi e Pucca ne approfittò per chiederle: «Ma si può sapere che cosa combini?! Vuoi che nel giro di secondi la scuola intera sappia che hai una cotta? Ricomponiti! Pensa solo a quello che succederebbe se i tuoi compagni di squadra lo sapessero!»
«Ahhh.... non puoi capire, Pucca, uno così lo incontri una volta nella vita!!»
"Sì, e sotto sotto speri di non incontrarlo più..." Pensò la brunetta sentendosi salire un groppo in gola e le gote diventare sempre più calde. Tuttavia provò a fare un bel respiro per aiutare la sua amica che sembrava aver perso la ragione: «Lo so che può sembrare affascinante, un gentiluomo o quello che vuoi, ma quel tipo non mi piace...» Yomi la guardò con fare sospetto: «Cosa ha che non va? Non sarà mica che sei gelosa? Piace anche a te non è vero??»
Rossa come un peperone Pucca spalancò gli occhi e si affrettò a ribattere: «Ma sei impazzita? Un bellimbusto come quello?! Sembra la versione spocchiosa e pervertita di Ryoichi-senpai.»
«Ma hai sempre detto che Ryoichi detiene il primato mondiale in quel campo...» rispose lei un po' confusa.
«Appunto...» rispose in tono seccato Pucca. Prima che Yomi potesse continuare la conversazione la campanella suonò segnalando l'inizio delle attività extracurricolari. «Sarà meglio che vada. Il professor Hyosuke non accetterà un ritardo dalla sua cantante migliore. Ci vediamo domani, Yomi.»
"Perché? Perché mi sento così arrabbiata nei confronti di Yomi? Non è che ha ragione? Sono gelosa di Garu?! No, non di nuovo non potrei sopportare di innamorarmi di lui di nuovo! No no no no!" Pensò Pucca mentre si avvicinava all'auditorium dove si svolgeva di solito l'attività canora. "Aspetta ma questa voce... e questa musica... IO LA CONOSCO!" Si mise a correre verso la porta e la aprì trovandosi davanti qualcosa che non avrebbe mai pensato di vedere.
I risk everything if it’s for you I whisper into the night Telling me it’s not my time and don’t give up I’ve never stood up before this time Down is not the way we go I feel a chance so I know that I can't give in
Non credeva ai suoi occhi: Garu stava cantando, in mezzo al palco, da solo accompagnandosi con una chitarra, proprio The Beginning degli One Ok Rock. L'unico gruppo "metal" che Yomi le aveva introdotto che la faceva impazzire.
So stand up, stand up (Just gotta keep on running) Wake up, wake up (Just tell me how I can) Never give up These moments of beauty drive me insane Just tell me why baby They might call me crazy For saying I’ll fight until there is no more Forget how we felt about each other It’s time to get over Blinded I can’t see the end So where do I begin?
Beh, forse era vero che voleva proteggerla, anche se il solo pensiero la faceva avvampare per l'imbarazzo. Nonostante ciò non poteva dimenticare che lui si era introdotto nella SUA scuola e ci aveva provato con la SUA migliore amica.
Say another word, I can’t hear you The silence between us Is starting to be louder than the word we scream I take this chance that I make you mine Taking in the fears I know, and knowing what I can barely say So stand up, stand up (Just gotta keep on running) Wake up, wake up (Just tell me how I can) Never give up These moments of beauty makes me somber
Garu dal canto suo credeva fermamente in ogni parola di quella canzone, stava veramente lottando per lei con tutte le sue forze e niente e nessuno lo avrebbe fermato
.Just give me a reason To keep my heart beating Don’t worry it’s safe right here in my arms Crying it's time to save the weaker Reaching for something So blinded I can’t see the end Look how far we’ve made it The pain I can’t escape it Remember a time when I was on the outs and had nowhere to go I know now that, no matter how I start I have to play my part All the way through So where do I begin?
Pucca non ce la faceva più doveva chiedergli che cosa ci facesse Lui qui.
This hand I've held tightly To keep it close to me I can't let it slip through these fingers I'll hold on It's away with those old days back when I had nothing or no one to lose I do now
«Ehi, PseudoTaka-San, che fine hanno fatto gli altri OOR? E non avevi più barba all'ultimo concerto?» Garu alzò la testa di scatto e vide Pucca in piedi sulla terza gradinata con un'espressione maliziosa che cercava invano di mascherare la furia che le stava per far esplodere una vena sulla tempia. Lui con un sorrisetto fece l'ultimo accordo cantando:
It finally begins
«Allora, GARUJI, che ci fai al club di canto? Non dovresti essere in un angolo del cortile a far finta che non ti importi nulla della vita?»
«Hoh-Hoh! Mi hai preso per un emo del cazzo, per caso?» ribattè lui ridacchiando.
Lei furente e senza potersi più trattenere sbottò: «No, caro mio, ti ho preso per un bugiardo traditore! Ti avevo chiesto di smettere di fare lo stalker e di lasciarmi vivere la mia vita senza dover affrontare per forza il fatto che Garu il ninja è tornato nella mia esistenza. E invece no! Indovina un po’ dove ti ritrovo? Nel mio stesso fottutissimo corridoio! Ora spero che tu abbia una spiegazione per tutto ciò, perché per quanto mi riguarda solo per questo potrei spedirti in orbita con un pugno! E sai che ne sarei capace...»
Garu ingoiò a fatica allargandosi il colletto della divisa scolastica e chiese: «Ehm, è così grave avermi nella tua vita? Wow e io che mi illudevo che ciò che mi avevi detto l'altro giorno fosse vero: ‘ti darò un'altra occasione’ hai detto, ‘ti perdonerò’ hai detto. Ma quanto sono stato idiota! E la vuoi sapere un'altra cosa? Non sono in questa scuola per te, ragazzina egocentrica che non sei altro!»
Pucca spalancò gli occhi e riuscì a balbettare solo: «C-Cosa?»
«Proprio così! Che tu ci creda o no, “Garu il ninja” ha bisogno di un diploma per poi trovare un lavoro decente. E la tua scuola è la migliore nel circondario.» disse lui.
Pucca non sapeva cosa dire sulle prime. Poi chiese: «Però tu mi hai pedinata per un sacco di tempo, sapevi sicuramente quale fosse la mia scuola!»
Garu sorrideva, non sapendo se ridere o mandarla a quel paese, e disse: «Ed è qui che ti sbagli. Non sapevo che tu venissi in questa scuola! La mattina ti osservavo solo fino a un certo momento, perché allo stesso orario in cui tu ti muovi di solito di casa per andare a scuola io dovevo andare dall'altra parte della città per un impegno.»
Pucca non sapeva più cosa pensare. Lui non la stava seguendo?! Viveva anche lui come i normali liceali?
«Vedo che non abbiamo più niente da dire, eh? Io ho solo una domanda: perché sei venuta qui se non c'è nessuno?» riprese lui con aria a metà tra il curioso e il trionfante.
Lei alzò lo sguardo verso di lui e rispose: «Oh, oggi non c'era lezione con il club. Il professore ha mandato una email ieri sera, dicendo che ha avuto problemi familiari e che quindi ha spostato a domani. Sono venuta qui perché… avevo voglia di stare un po’ per conto mio… a pensare…» detto ciò spostò lo sguardo sul libro di spartiti che aveva in mano con fare triste.
Garu non sapeva perché lei fosse triste, ma cercò di farla reagire dicendo così: «Posso raccontarti una storiella divertente se vuoi...
She's an Extraordinary girl
In an ordinary world
And she can’t seem to get away
He lacks the courage in his mind
Like a child left behind
Like a pet left in the rain
She's all alone again
Wiping the tears from her eyes
Some days he feels like dying
She gets so sick of crying
Cantate in tono canzonatorio, queste strofe fecero scattare Pucca in piedi che, mentre si faceva strada a grandi falcate verso il palco, disse: «Ah, è così, eh? Credi forse che mi sia messa a piangermi addosso tutto il tempo solo perché non ci sei stato?!» poi mettendo piede sul palco aggiunse: «Beh sappi una cosa:
You know the bed feels warmer
Sleeping here alone
You know I dream in color
And do the things I want
A questa strofa entrambi arrossirono vistosamente ma lei continuò facendo finta di nulla.
You think you got the best of me
Think you had the last laugh
Bet you think that everything good is gone
Think you left me broken down
Think that I'd come running back
Baby you don't know me, cause you're dead wrong
Garu pensò: “Ha reagito piuttosto bene rispetto a come pensavo. Credevo mi avrebbe aperto in due la testa con la sola forza delle mani.” Cominciò ad accompagnarla con la chitarra.
What doesn't kill you makes you stronger
Stand a little taller
Doesn't mean I'm lonely when I'm alone
What doesn't kill you makes a fighter
Footsteps even lighter
Doesn't mean I'm over cause you're gone
What doesn't kill you makes you stronger, stronger
Just me, myself and I
Un po' gli faceva male sentirla dire questo e dopo aver sentito:
What doesn't kill you makes you stronger
Stand a little taller
Doesn't mean I'm lonely when I'm alone
S’intromise cantando:
But you didn't have to cut me off
Make out like it never happened and that we were nothing
And I don't even need your love
But you treat me like a stranger and that feels so rough
No you didn't have to stoop so low
Have your friends collect your records and then change your number
I guess that I don't need that though
Now you're just somebody that I used to know
Now you're just somebody that I used to know
Garu si fermò di colpo quando vide che Pucca lo guardava con un’espressione furiosa, ma che aveva allo stesso tempo due occhi che sembravano sul punto di scoppiare in pianto. Prima che lei avesse tempo per riprendere a sfidarlo a colpi di strofe, sentirono qualcuno applaudire. Si voltarono di scatto simultaneamente e videro che in cima alle scale dell'auditorium c'era il professor Hyosuke. «*Ahahahah* Bravi! Bravissimi! Non credo di aver avuto due ragazzi così portati per il canto per molto, moltissimo tempo.»
«Hyosuke-sensei! Come mai si trova qui? Non aveva avuto un contrattempo molto importante?» chiese Pucca esterrefatta. Il professore, che nel frattempo aveva iniziato a scendere le gradinate per raggiungere il palco, con un'espressione stupita e gioviale rispose: «Oh giusto! Scusatemi ragazzi se oggi non è stato possibile fare lezione, ma mia moglie stamattina ha partorito e non volevo abbandonarla in un momento così delicato. Sono venuto qui solo per prendere alcuni compiti da correggere che mi porterò in ospedale per starle accanto. Poi però sentendo le vostre voci in auditorium ho voluto passare a controllare e non credo di aver mai visto due ragazzi talentuosi come voi. Ma, Goh Rong-chan, non credo di conoscere il tuo amico.»
Pucca si ritrovò un po' spiazzata e balbettò una risposta: «Oh, um... non siamo esattamente amici... ci siamo conosciuti oggi, le presento Jakishido Garuji, nuovo alunno della terza classe.»
Garu fece un inchino rispettoso e aggiunse: «Sono onorato di conoscervi.» Hyosuke rispose: «Il piacere è tutto mio.» Poi rivolgendosi ad entrambi aggiunse: «Ho una proposta interessante da fare a tutti e due, ma siccome ora devo scappare da mia moglie e non sarò disponibile fino alla settimana prossima, manderò un'email a Goh Rong-chan, e lei ti informerà appena possibile. Intesi Jakishido-kun?»
«Hai, sensei.» fu la sua risposta. «Ottimo! Ora vi prego di scusarmi, ma ho una bambina da accudire. Arrivederci a entrambi.» e detto ciò il professore iniziò ad affrettarsi verso l'uscita. Pucca allora lo salutò a gran voce: «Arrivederci, sensei! E congratulazioni!» Egli si girò prima di andarsene mostrando un sorriso raggiante e, dopo aver fatto un cenno di saluto con la mano, uscì.
Pucca si girò a guardare Garu che stava rimettendo a posto la chitarra nella custodia. C'era aria di tensione tra i due e anche un leggero imbarazzo. Alzando lo sguardo il ragazzo disse: «Beh, allora ci vediamo domani suppongo.» e si avviò verso l'uscita con un'espressione fredda sul volto. Pucca, non sapendo bene come comportarsi, all'inizio rimase ferma sul palco. Ma quando lo vide arrivare a metà platea lo rincorse e gli afferrò un polso dicendo: «Aspetta!» lui si voltò a guardarla con evidente stupore in volto e chiese: «Che c'è?»
Avvampando come un peperone aggiunse: «Io, ecco... v-volevo scusarmi per... essere saltata a delle conclusioni affrettate. Q-quindi, um, volevo chiederti se...» Lo sguardo di Garu si addolcì e pensò: "Ahah, è inutile non riesco ad avercela con una ragazza così tenera." Poi mise una mano sulla testa della ragazza e le chiese mostrandole un sorriso gentile: «Ti va di studiare in biblioteca insieme? Immagino avrai altre domande da farmi a questo punto.» Il cuore di Pucca saltò un battito e lei non era sicura di volersi chiedere perché fosse successo. Cercò di ricacciare indietro le sensazioni che stavano riaffiorando dopo tanto tempo e rispose nel tono più convincente che riuscì a fare: «Ok. Ma non qui. Non voglio che girino voci su me e te. Già mi sono fatta un nome per svariati motivi qui dentro, non voglio che Ryoichi-senpai e Yomi-chan inizino a dare escandescenze.»
«Ryoichi-senpai sarebbe?» chiese lui sospettoso. «È una lunga storia... Vieni con me, conosco una biblioteca che fa al caso nostro. Tra l'altro è anche vicina a casa mia quindi posso passare a prendere i libri che mi mancano.» e detto ciò si avviarono verso l'uscita.
Durante il tragitto ci fu per lo più silenzio tra i due. Pucca si sentiva molto confusa, riguardo i suoi sentimenti e riguardo tutta la faccenda in sé. Garu piaceva a Yomi, lei non poteva rivelarle chi lui fosse e si sentiva con le mani legate. Il ninja dal canto suo si sentiva un po' ferito da quello che si erano detti cantando prima, ma quando guardò la ragazza accanto a lui con le guance rosse che guardava imbarazzata da un'altra parte non poté trattenere un sorriso e una lieve risatina che subito fece scattare lei: «Che c'è?»
«Ah, niente. Ho solo ripensato a una cosa divertente.» disse il re della dissimulazione. Ovviamente la brunetta non se la bevve: «Come no...»
«Ehi,- disse dandole un pizzicotto sulla guancia- non posso farci nulla se sei terribilmente tenera.» aggiunse arrossendo lievemente. Pucca sgranò gli occhi mettendosi una mano sulla guancia un po' dolorante. Poi scuotendo la testa, come per scacciare dei pensieri inappropriati, disse indicando la biblioteca pubblica: «*tsk* Siamo arrivati, baka.»
Angolo d'autrice:
Salve a tutti,
ebbene sì: sono ancora viva. Mi dispiace di non aver aggiornato questa storia tanto frequentemente come avrei voluto e soprattutto di averci messo così tanto ad aggiungere questo quarto capitolo. Ho avuto molte cose a cui pensare e tante idee confuse su questa fic e allo stesso tempo me ne venivano tante altre per altre storie che non volevo buttare nel dimenticatoio. Ma ora ho ritrovato la vena Un
creativa e cercherò di pubblicarvi capitoli più spesso.
bacio da Wonderland
Joy the Bloody Cheshire
PS: ho deciso di cambiare nome
|
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Capitolo 5 *** Nuove prospettive... e oscuri segreti ***
Presero i posti a un tavolo della biblioteca e, dopo che lei ebbe fatto una veloce corsa a casa per prendere i libri che le servivano, si sedettero uno di fronte all'altra. Presero ognuno un libro e un quaderno diverso e iniziarono a riguardare gli appunti per un po'. Per quanto si sforzasse la ragazza non riusciva a concentrarsi come avrebbe voluto. Erano troppe le domande che voleva fargli e a un certo punto non seppe più trattenersi e disse a bassa voce: «Senti, perché ti sei comportato così con Yomi?»
Lui alzò lo sguardo e rispose con lo stesso tono pacato: «Ehm, perché se avessi mostrato troppa confidenza con te si sarebbe insospettita, non credi? Non sarai mica gelosa eh?»
«Non essere ridicolo! - alzò leggermente il tono per poi ricomporsi arrossendo - È solo che non vorrei che lei soffrisse. Ti prego non ferirla. Non credo potrei perdonarti se lo facessi.»
«E come potrei mai ferirla? Certo a meno che...» si fermò a metà frase avendo realizzato cosa la ragazza volesse dire: «Oh...! Merda!»
«Già...» confermò l'altra un po' a disagio e aggiunse: «In più le hai fatto il baciamano e tutto il resto...».
«B-Beh farò il possibile per non illuderla. Forse ho un po' esagerato...» disse lui mordendosi le labbra.
"Vuoi vedere che lo ha fatto solo per farmi ingelosire...?" Pensò lei guardandolo contrariata prima di rimettersi a ripassare. Garu lo notò anche se solo di sfuggita e si ricordò che anche lui voleva chiederle una cosa: «Ora che ci penso, posso sapere perché hai tanta paura che "Ryoichi-senpai" ci veda insieme?» Pucca sbiancò per un attimo. Poi schiarendosi la voce rispose: «Ryoichi è un mio senpai che si è convinto che, solo perché è il ragazzo più popolare della scuola, possa avere qualsiasi ragazza voglia. Il che include... anche me...»
«Oh, e se ci vedesse insieme?» chiese lui incrociando le braccia in atteggiamento di sfida.
«Beh, essendo io a capo del club di cucina non credo mi darebbe vita facile nel consiglio d'istituto. E inoltre...» si bloccò in tempo, mordendosi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo sul libro. "Ma che fai, Baka?! Vuoi davvero raccontare una cosa così imbarazzante proprio a lui? Non l'hai nemmeno raccontata a Yomi, non è giusto che tu glielo dica. Oh, per favore, Dio, fa che cambi argomento!"
«Ehi, va tutto bene?» chiese Garu mettendole una mano sulla spalla, visibilmente preoccupato per lei. Pucca lo guardò negli occhi e sentì calore salirle alle gote. Li vide scintillare alla luce della lampada, quegli occhi così neri e profondi che le avevano sempre dato una sensazione di inquietudine e di attrazione quando non erano altro che ragazzini. Negli ultimi tempi cercava di autoconvincersi che le sue parole valessero poco, anche e forse soprattutto per il nuovo atteggiamento strafottente che aveva assunto. Ma in quel momento non vide nessuna maschera di falsità nella sua espressione: sul suo volto c'era solo sincera preoccupazione e vero affetto.
Lei scosse via i pensieri che si stavano formando nella sua testa e abbozzò un mezzo sorriso: «Non è niente. Però credo che sia ormai tardi, devo lavorare tra mezz'ora.» mentiva, non doveva fare le consegne ancora per un bel po'. «Beh allora penso ci vedremo domani. Cosa faccio con Yomi? E tu come farai con Ryoichi, da ora in poi?»
«Che vuoi dire come farò con Ryoichi?» chiese lei mentre si accingevano ad andarsene.
«Considera che adesso siamo un duetto nel club di canto, e lo sai che le voci gireranno in fretta e in men che non si dica...» rispose l'altro.
«Oh, hai ragione. Beh con Yomi potresti inventarti una scusa. Dopotutto sei lo studente nuovo, nessuno a parte me sa chi tu sia veramente.» disse prendendosi un momento per pensare. «Per quanto riguarda Ryoichi... ecco, io credo che mi servirà un po' più di tempo.» Detto ciò distolse lo sguardo scostandosi una ciocca di capelli dal volto, che poi cominciò a passarsi tra le dita, mostrando il suo imbarazzo riguardo all’argomento.
Nonostante volesse sapere di più al riguardo, si trattenne osservando quanto ogni fibra del suo essere gli stesse implorando di lasciar cadere l’argomento. Rischiò di rimanere incantato a guardarla, perché, mentre lei era lì tutta chiusa a riccio, lui la trovò incantevole e tenera come un tortino al cioccolato. Sentì un calore diffondersi dal petto e gli venne un sorriso spontaneo sul volto. Le diede una lieve carezza sulla testa, facendola sussultare per la sorpresa, e le disse con un sorriso dolce: «Tranquilla, mia Hime! Sono qui anche per far sì che tu ti senta a tuo agio e al sicuro. Perciò prenditi tutto il tempo di cui avrai bisogno. Io aspetterò e non ti farò pressioni di alcun tipo. È una promessa!»
Pucca sentì le guance diventare incandescenti e gli occhi sgranarsi mentre fissava il brunetto che le sorrideva così tranquillamente e spontaneamente. Poi si schiarì la voce distolse lo sguardo e balbettò agitata: «O-Ok. O-Ora però, s-se non ti dispiace, i-io dovrei a-andare a lavorare. A domani J-Jakishido-kun.» e dicendo ciò raccolse tutte le sue cose in fretta e furia e camminò velocemente verso l'uscita della biblioteca.
Una volta arrivata a casa si mise sul letto con il portatile a fare ricerche per il prossimo test di storia, che si avvicinava sempre di più, con il principale intento di distrarsi. Per un po' questo tenne la sua mente impegnata, ma non aveva pensato al fatto che, come al solito, nel fare i compiti era velocissima e che quindi nel giro di un'oretta e mezza aveva già finito di fare tutto. Quando si rese conto di aver completato tutto, guardò l'orologio del computer e vide che si erano fatte le 20.15. Decise quindi di prepararsi un panino leggero da mangiare e poi farsi un bagno caldo per distendere un po' i nervi.
Mentre stava a mollo nella vasca la sua mente cominciò a vagare. Pensò a tutto quello che era successo durante la giornata e a tutte le cose che rimanevano irrisolte con Garu. Povera Yomi, si sentiva terribilmente in colpa a sapere tutto di Garu e non poterle dire nulla. Magari questa situazione si sarebbe risolta entro il fine settimana.
Quando finì di fare il bagno lanciò un'occhiata al telefono e vide che stava vibrando per l'arrivo di nuovi messaggi e una volta sbloccato vide che erano di Yomi:
YomiOOK: Ehi Pucca-chaaan!!!
PuccaFunLove: Yomiii, come stai? Mi dispiace non averti salutato a fine lezioni!
YomiOOK: Tranquilla, ho avuto degli allenamenti piuttosto intensi e alla fine sono anche dovuta tornare a casa a piedi, perciò una volta arrivata a casa sono letteralmente collassata sulla sedia davanti alla mia cena, che per fortuna era abbastanza abbondante da farmi riprendere.
PuccaFunLove: Sono contenta che tu ti sia ripresa. Avevi qualche cosa in particolare di cui parlare?
YomiOOK: Beh in realtà volevo solo invitarti a uscire sabato dopo la scuola per andare a fare un po' di spese, sempre se non hai impegni con Jakishido-kun *emoji arrabbiata*.
Pucca sbiancò appena lesse quel messaggio.
PuccaFunLove: Che??
YomiOOK: Non fare la finta tonta, vi ho visti uscire dall'auditorium insieme!
PuccaFunLove: Ma non eri ad allenarti?
YomiOOK: Il coach mi aveva mandato a prendere altre borracce e asciugamani dall'infermeria che è vicina allo stesso corridoio dove voi due stavate camminando uno vicino all'altra!
PuccaFunLove: Yomi, non è come pensi! L'ho trovato in auditorium e stava cantando, io mi sono messa a fare pratica con lui e il maestro di canto adesso ci ha fatti diventare un duetto!
YomiOOK: Tranquilla non ce l'ho con te. Ce l'ho con me stessa.
PuccaFunLove: Perché dici così?
YomiOOK: Perché di te si innamorano tutti, Pucca! Prima il nostro cestista Nagatsuka, poi Ryoichi-senpai e adesso anche Jakishido-kun. Ma che cosa ho che non va?!
PuccaFunLove: Yomi… *emoji triste* non ne avevo idea… Tu non hai nulla che non vada! Sei solo diversa da quello che i ragazzi stupidamente cercano o pensano di trovare in una ragazza.
YomiOOK: Cosa intendi? Non capisco…
PuccaFunLove: Ascolta questa, te la dedico perché mi fa pensare alla situazione in cui ti trovi *emoji ammiccante*.
E detto ciò Pucca decise di mandare un messaggio audio a Yomi con dentro la sua voce che cantava:
Boys seem to like the girls
Who laugh at anything
The ones who get undressed
Before the second date
Già un po’ come Ryoichi… Pucca sentiva che questo particolare brano forse avrebbe potuto mettere Yomi di buon umore anche perché inquadrava in pieno la sua situazione, oltre che la propria…
Girls seem to like the boys
Who don't appreciate
All the money and the time that it takes
To be fly as a mother
Got my both eyes out for Mr. Right
Guessing I just don't know where to find 'em
But I hope they all come out tonight
Le piacerebbe tanto sapere se Garu è tra i bravi ragazzi, di quelli che si nascondono, nel suo caso sotto un velo di arroganza e eccessiva sicurezza.
Hey!
Where do the good boys go to hide away, hide away?
I'm a good, good girl who needs a little company
Looking high and low, someone let me know
Where do the good boys go to hide away, hide away?
Boys seem to like the girls
Who like to kiss and tell
Talking them up about the things they do so well
But I'd rather find a boy
Who is down for the chase
Putting in the time that it takes
To be fly as a mother (Hey!)
To supply all of my heart's demands
Suit and tie cause under cover
He's gonna save my life like superman
Parte di lei voleva che Garu fosse veramente un salvatore come prometteva, anche se non era certa di quale fosse il pericolo in cui lei doveva trovarsi per dover essere salvata. In ogni caso voleva lei stessa proteggere Yomi da un’altra delusione…
Hey!
Where do the good boys go to hide away, hide away?
I'm a good, good girl who needs a little company
Looking high and low, someone let me know
Where do the good boys go to hide away, hide away?
Tell me where the good boys go
Tell me where the good boys go
Tell me where the good boys go
Won't somebody tell me, tell me
Tell me where the good boys go
Tell me where the good boys go
Tell me where the good boys go
Tell me where the good boys go
Hey!
Where do the good boys go to hide away, hide away?
I'm a good, good girl who needs a little company
Looking high and low, someone let me know
Where do the good boys go to hide away, hide away?
Hey!
Hide away, hide away
Hide away, hide away
Looking high and low, someone let me know
Where do the good boys go to hide away, hide away?
Aspettò che Yomi finisse di ascoltare il messaggio. Passò qualche minuto di totale e assoluto silenzio in
cui c’erano solo lei e la schermata della chat che rimaneva invariata. Yomi alla fine si decise a rispondere:
YomiOOK: Pucca apprezzo lo sforzo, e come al solito adoro sentirti cantare, ma attualmente penso di aver solo bisogno di stare da sola. Non credo di essere più arrabbiata, ma ho bisogno di un po’ di tempo per digerire la cosa. Ci vedremo domani a scuola. Ciao Ciao.
Pucca sospirò. Poteva dirsi tranquilla per il fatto che Yomi non le avrebbe portato rancore, ma non poteva fare a meno di pensare al fatto che in parte poteva essere colpa sua. In sostanza Garu era rientrato nella sua vita da qualche giorno e aveva già sconvolto tutto: la scuola, le sue amicizie, il suo club ... il suo cuore.
“CHEE? No! Non è possibile! Mi rifiuto di dargli tutto questo peso! Non l’avrà vinta così facilmente!! Parliamo dello stesso Garu che mi ha spezzato il cuore e costretto a cambiare completamente vita! Non posso essere di nuovo...! No! Mi rifiuto anche solo di ammetterlo nella mia testa! NO NO NO NO ...” pensava Pucca mentre malediceva le sue guance per essere diventate così rosse. Si lasciò sfuggire un lamento di frustrazione mentre si gettava sul letto e si nascondeva il viso sotto il cuscino.
Che stava facendo? Perché si preoccupava così tanto per una cosa del genere? Finalmente era riuscita a distaccarsi dal suo passato, perché si tormentava dalla paura di tornare alla sua vecchia vita? Si disse “A me piace questa vita a Tokyo. Ma i miei ricordi di Sooga ogni tanto riaffiorano e sento nostalgia. E se poi scegliendo di tornare dovrò dire addio a quello che ho trovato qui? Non voglio rinunciarci, ma non vorrei neanche precludermi la possibilità di rivedere tutti quanti: gli Zii, Ching, Abyo, che cavolo perfino quella gattamorta di Ring Ring.”
Mentre ci rimuginava il PING di una notifica del suo cellulare la distolse da questi pensieri: era una mail del suo professore di canto.
“Goh-Rong-chan,
Le scrivo per informarla che la performance di oggi mi ha dato un’idea per il concerto di fine anno. Come avrà potuto notare non si sono iscritti molti studenti al club di canto, questo perché non tutti hanno il talento, l’interesse o il coraggio di cantare in pubblico; inoltre tutti i veterani dell’anno scorso si sono diplomati. Stavo pensando già da tempo di rinnovare l’immagine del club per dargli un po’ più di attrattiva: avevo pensato di trasformarlo in un glee club dove fare musical, ma purtroppo esiste già il club di teatro per quello. Quello che invece ho pensato di fare è di renderlo un club musicale a tutto tondo, dove gli studenti possano formare delle band con i loro compagni e a fine anno potersi sfidare a una battaglia delle band. Per quest’anno vorrei rendere la cosa accessibile a tutti gli studenti per vedere se può funzionare. Se la cosa dovesse andare in porto dall’anno prossimo chi vorrà partecipare alla competizione o al semplice concerto dovrà iscriversi da noi. La invito come senpai del club ad incoraggiare i suoi compagni a partecipare. Chi vincerà la battaglia delle band riceverà crediti extra alla fine dell’anno che potrebbero salvare la media a qualcuno, non che lei ne abbia bisogno considerati i suoi risultati. Domani affiggerò un avviso sulla bacheca della scuola per avere delle audizioni. Chi fa già parte del club non ne avrà bisogno in quanto valutati in precedenza e questo vale anche per il suo amico Jakishido. Insieme avete un’energia e un talento invidiabili! Siete due animali da palcoscenico, e mi deluderebbe molto se non lo considerasse per la competizione.
La ringrazio per la gentile attenzione e le auguro una buona serata.
Prof. Hyosuke”
Pucca rilesse la mail più volte per essere sicura di aver letto bene. “UNA BATTAGLIA DELLE BAND?! Il professore deve aver battuto la testa! Va bene che non abbiamo molti membri ma rivoluzionare il club in questa maniera... dev’essere disperato... magari gli hanno detto che se non avesse fatto qualcosa avrebbero chiuso il club. Ma soprattutto io che canto con Garu? Cheeee? Siamo seri? N-non ci penso proprio! NOnoNOnoNonOnoNO NO!”
La brunetta di nascose la faccia sotto il cuscino mentre sentiva che le guance le diventavano bollenti. Sospirò e si disse: “Beh ormai siamo in ballo e bisogna ballare. Amo il club di canto e se questo è quello che serve per mandarlo avanti farò tutto ciò che è in mio potere per aiutare. Per prima cosa conviene girare questa email a Garu. Mi ha dato il suo numero quindi magari potrei semplicemente chiedergli l’indirizzo email e inoltrarla.”
Si sentiva un po’ nervosa a scrivergli, ma ricordandosi che si trattava di scuola riuscì a vincere il nervosismo e assunse un atteggiamento perfettamente professionale.
PuccaFunLove: Buonasera Jakishido-san, mi occorre il tuo indirizzo email per poter inoltrare un messaggio che riguarda anche te. Per favore rispondi il prima possibile.
Firmato Goh-rong Pucca.
Quando Garu sentì la vibrazione della notifica non era esattamente un buon momento. Si trovava a qualche isolato da casa di Pucca, katana alla mano, ansimante e con il labbro sanguinante. Davanti a lui c’era il risultato di un combattimento appena finito: 15 ninja a terra privi di sensi, nessun morto, sarebbe stato contro il suo codice, infatti colpiva solo con il lato piatto della lama per non uccidere. Gli unici ancora in piedi erano Garu e il misterioso mandante dei suddetti ninja. Era un uomo alto, distinto in parte avvolto nell’oscurità. Indossava un completo gessato nero simile a quello che avrebbe indossato un capo mafioso e fumando una sigaretta disse al giovane guerriero davanti a lui: «Notevole… Lo ammetto ero davvero sorpreso quando mi hanno detto che il guerriero prescelto per proteggere la nuova Asahi Hime (Principessa del Sol Levante) fosse un ragazzino. Ma devo ammettere che ti ho sottovalutato Jakishido. Strano però che un ninja usi l’arma e i modi dei samurai. Non va un tantino contro il tuo cosiddetto Onore?» Garu alzò la testa e guardò quell’uomo che stava a pochi metri da lui dritto negli occhi, che sembravano diamanti nell’oscurità. Prese un bel respiro e con risolutezza rispose: «Non sono più un ninja da molti anni. Non credo di essere un samurai perché ancora non ho un padrone. Questa missione l’ho accettata senza che Asahi Hime sapesse nulla perciò anche se volessi considerarla la mia padrona, ufficialmente non potrei chiamarmi tale. Sono solo un ronin, un guerriero senza padrone, senza clan e che non ha più un onore da difendere. Mi sono liberato della mia ossessione di mantenere l’onore intatto nel momento in cui mi è stato affidato questo cammino. Non vedo nessuno di voi come veri nemici, ma farò qualsiasi cosa in mio potere per proteggere Asahi Hime da quelli come voi che vogliono il suo potere per il male e che non rispettano l’equilibrio di questo mondo. Stia molto attento ad avvicinarsi ancora a lei, Shiroi Akuma…»(Demone Bianco) e mentre diceva questo strinse nella mano sinistra un ciondolo dorato che portava al collo e la sua lama e il suo occhio sinistro si infiammarono con del fuoco blu intenso. «… perché se c’è qualcuno a questo mondo che proteggerò anche con la mia stessa vita, quella è la mia Hime.» e, detto ciò, Garu sparì in una nuvola di fumo. L’uomo fece un ghigno e schiacciando la sigaretta sotto la scarpa rise e commentò: «Vedremo chi l’avrà vinta, Jakishido…» e schioccando le dita ordinò ai suoi uomini di recuperare i corpi svenuti sulla strada e si girò per andarsene. Su quel vicolo non rimase alcuna traccia di quello scontro se non un piccolo biglietto da visita nascosto in un angolo, impossibile da vedere su cui c’era scritto Aijima Inc.
Tornato a casa, Garu si mise una borsa di ghiaccio sul labbro e sprofondò sul divano del soggiorno. Ricordandosi del telefono lo controllò e vide il messaggio di Pucca. Nonostante il dolore non riuscì a trattenere un sorriso e rispose al messaggio con il suo indirizzo email. Poi aggiunse:
JakishidoG: Buonanotte Hime, a domani <3.
Angolo d'autrice:
Salve a tutti, benvenuti nel 2020. Wow ne è passato di tempo da quando ho pubblicato l’ultimo capitolo. Mi dispiace tanto per l’attesa. Ho avuto molti problemi a decidere dove portare questa storia e finalmente sono riuscita a decidere come concludere questo capitolo. Spero di non dover far passare altri 3 anni prima di pubblicare il prossimo capitolo.
Un bacio da Wonderland
Joy the Bloody Cheshire |
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